Abbandonati dal destino.

di RosiesRebels
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avevo dimenticato chi ero. ***
Capitolo 2: *** Non aveva più niente da dare. ***
Capitolo 3: *** La lasciarono. ***
Capitolo 4: *** Se solo avessi .. ***



Capitolo 1
*** Avevo dimenticato chi ero. ***


' Volevo davvero bene a mia madre, lei era tossicodipendente, alcolista, era diventata quasi ceca e godeva di un sussidio, era schizzofrenica, però io non avevo mai dimenticato che lei mi amava, anche se si faceva continuamente, io avevo ricordo solo di lei, mio padre, mia sorella ed io, il resto lo avevo cancellato, avevo dimenticato chi ero. '
 
 
- Dammi quei soldi, sono i miei.- Urlò, una donno dall'esile corpo, nascosto da dei vestiti umidi e malandati, inseguendo la figura esile di una ragazza dai lunghi capelli color nero pece raccolti in una coda, che correva intorno a quella piccola reggia, completamente piena di sporcizia, di disordine, niente era curato lì dentro. 
- Sei uno schifosa, le tue figlie non mangiano.- Replicò, la ragazza che venne afferrata dalla donna dai lunghi capelli color cioccolato che la fece cadere a terra.
- Dammeli, ti ho detto.- Urlò contro la ragazza che cercava di liberarsi dalla sua presa, rialzandosi dal tappeto fradicio dov'era caduta, afferrando una di quelle sedie di legno mettendosela, davanti per cercare di sfuggire alla presa, di quella donna che era completamente assetata del mazzetto di soldi che la ragazza teneva tra le mani.
-Ti ho detto di lasciarmi, mamma, devi lasciarmi.- Urlò, la ragazza tenendo i suoi occhi premuti contro il viso sciupato della donna.
Ma lei riuscì ad afferrare la piccola ragazza, buttandola contro il muro.
-Ho dato cento dollari ad ognuna di voi, per metterli da parte ma questi sono i miei hai capito?- Urlò, contro la ragazza che cercava di ribellarsi, tra le braccia della donna.
-Ci servono per vivere, mamma.-Replicò con lo stesso tono, liberandosi dalla presa della donna.
-Ogni mese è sempre la solita fottuta storia.- Urlò, una volta essersi liberata dalla donna che rimase poco distante da lei con il respiro affannoso, che la guardava.
Ma dietro di loro c'era una ragazza, così innocente, dall'aspetto angelico. Ma dagli occhi, distrutti. Dall'espressione, completamente ingenua, che avanzò lentamente con quel mazzetto di soldi, che stringeva nel pugno della sua mano dalla pelle bianca come il latte.
Teneva gli occhi premuti contro quella donna che si era messa le mani tra i capelli avvicinandosi a lei, come sottofondo il volume della televisione, dove un'uomo era seduto sul divano ad osservare quel piccolo schermo, ignorando cio che stava accadendo intorno a lui.
- Dammeli sono i miei.- Li afferrò improvvisamente, quasi da strappare il braccio alla ragazza che si ritrao subito dopo, aiutata dalla sorella che si mise tra di loro.
-Lasciali stare, ci servono per mangiare.- Esclamarono insieme, tentando di tener lontana la donna da loro.
- Voi cosa avete fatto per me eh? Io a voi in questi cinque anni ho dato la vita, cosa volete che vada in strada a prostituirmi, eh? - Urlò, osservando tutte e due, che cercavano ancora di ribellarsi.
Strattonandola, finì per terra ma rialzando di nuovo i suoi occhi color grigio scuro ritornò a guardarle entrambe.
-Mi servono.- mormorò con tono pacato, e distrutto da un pianto isterico improvviso.
La ragazza, a quella vista allungò il braccio verso di lei lentamente lasciandole afferrare quel mazzetto di dollari, che prese immediatamente accompagnando quel gesto con un suo lievo sorriso.
 
' Desideravo vedere quel sorriso, Dio quanto lo desideravo. Ero patetica?' 
 
 
- Non andare all'acquedotto, mamma!- Urlò, la ragazza dall'esile corpo e dai lunghi capelli di un color, caramello chiaro che lasciava sciolti morbidi caderle lungo la schiena.
Ma a quell'esclamazione la donna uscendo di socchiuse la porta dietro le spalle, violentemente.
- Papà muoviti, è andata all'acquedotto! la rapineranno!- Replicò la ragazza, mettendosi di fronte l'uomo dalla barba lunga folta, e dai capelli grigi folti, dall'aspetto completamente trascurato. La ignorò.
Riuscì a tirarlo dalla manica del capotto, e farlo rialzare in piedi. Insieme, s'incamminarono verso quelle strade completamente, orribili, e poco consigliabili della metropolitana inglese. 
 
' Mio padre, potevi sederti sul divano e parlare con mio padre. Solo che non potevi parlargli, a lungo. ' 
 
Si allontanò, anche lui insieme alla donna, lasciando la ragazza indietro che si soffermò di botto su quel marciapiede dall'asfalto umido, osservandoli allontanarsi insieme, avvicinandosi ad un'uomo dalla pelle scura, che donò loro quella polverina, chiusa in quella piccola bustina, e loro donarono quel mazzetto di dollari, per poi girare le spalle e allontanarsi insieme.
Continuava ad osservarli, da lontano, di spalle con gli occhi completamente lucidi.
 
'Così stanno le cose, i genitori sono i tuoi Dei, io li vedevo come l'esempio di quello che avrei trovato ovunque nel mondo. Ma davano così poco ai miei bisogni, ma io avvertivo che il loro bisogno era così forte, che non mi faceva ne soffrire e ne arrabbiare al fatto che non s'interessassero a me, io mi dicevo dev'essere la condizione umana che è fatta così. Poi arrivò la realtà. '   
 

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Capitolo 2
*** Non aveva più niente da dare. ***


- E' colpa tua se mi stanno portando via, Elizabeth, io ti ammazzo!- Urlò, la donna il suo nome era Miranda Murray, un passato difficile alle spalle, e un presente del tutto orribile. 
La ragazza, dai grandi occhi color verde smeraldo, dove si riuscivano ad intravedere quelle lentiggini, indietreggio scuotendo il capo, contro la donna tenuta da Lucas Murray, l'uomo che aveva sposato tenendola lontana, dalla ragazza.
-No non è vero .. mamma. - Replico lei, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.
- Non sono tua madre, ti ho fatto solo un favore, capito? tu sei solo una schifosa sgualdrina.- Replicò la donna, con tono del tutto arrabbiato, e del tutto sconsolato. 
- Avanti Liza, aiutami a ripulire altrimenti portano via anche noi.- Esclamò, Lena, urlando contro la ragazza che rimase in silenzio, mentre a far ingresso spalancando la porta ci fu un'agente della polizia, accompagnato da una donna dall'impermeabile marrone, e dai capelli corvini color biondo platino.
-No no no, io non ci vengo di nuovo con voi, andate fuori da casa mia.- Urlò, Miranda premendo la schiena contro la parete, togliendosi dalla presa di suo marito Lucas che rimase in silenzio.
Uno degli agenti, l'afferra per il braccio, tenendola stretta.
Si avvicinarono a lei, altri uomini che tirando fuori una siringa, gliela iniettarono al centro del petto, improvvisamente lei si calmò, la sua espressione si bloccò.
La donna dai capelli corvini invece iniziò a guardare intorno, per la casa. 
Il bagno sporco, le camere completamente disordinate. 
-E' un vero schifo.- Esclamò, infine dirigendosi nel piccolo salotto. Lucas prese posto sulla poltrona, leggendo un libro dalle pagine strappate, come se non gliene importasse nulla.
-Cosa ti sei fatta qui?- Esclamò, uno degli agenti afferrando l'esile braccio della ragazza scoperto che lasciò intravedere un livido, violastro.
-Sono caduta.- Esclamò, ritirando il braccio e guardando l'uomo.
- Voi dovreste aiutare vostra madre e pulire questo schifo, vivete in un porcile potrei portarvi via da un momento all'altro, non andate al college, non avete un lavoro.- Esclamò, la donna dei servizi sociale, guardando entrambe. Lena rimase ad ascoltare, Liza, invece lentamente seguiva con lo sguardo i movimenti degli agenti che uscivano portando via Miranda, seduta su quella barella. 
Avanzò con il passo, seguendola e uscendo dietro di lei.
-Vieni qui, torna qui.- Esclamò, la donna inseguendola. Liza, era già sulla rampa di scale, che scendeva velocemente.
-Andrete in un'istituto, hai idea di com'e fatto? - Esclamò, con la voce che rimbonmbava per tutto l'edificio, seguendola sulla rampa di scale.
-ci sono ragazze che ti picchiano, e ti derubano di tutto quello che hai, ti faranno lavare i bagni. - Urlò, soffermandosi infine nella ringhiera. Liza, aveva già sorpassato la soglia del portone d'ingresso.
-Mamma ..- mormorò, rimanendo dietro di lei, mentre la portavano dentro quell'ambulanza.
-Mamma ..- la sua voce venne soffocata, da delle lacrime improvvise, i suoi occhi gonfi e rossi.
La raggiunse, fino all'entrata dell'ambulanza, immersa tra la piccola folla intorno ad essa.
 
' Non se ne accorgevano. Eppure tutti potevano vederlo, lei soffriva così tanto. '
 
Si aggrappò agli stipiti di quell'ambulanza, con le sue docili mani, mentre lei se ne stava su se stessa, tremando rivolgendo i suoi occhi lucidi contro la ragazza che venne afferrata improvvisamente da uno degli agenti.
 
' I suoi sforzi erano così evidenti, ma nessuno si forava di capire. Non è che lei se ne fregasse, e che non fosse una brava madre. '
 
-Mamma .. mamma, fammi venire con te.- Mormorò, tra le lacrime, l'agente riuscì a strapparla da lei, le porte si chiusero, improvvisamente.
 
' Ma era che non aveva più niente da dare. '
 
Cercava di liberarsi dalla presa di quell'uomo, ma fu tutto inutile, era più forte di lei.
La vide allontanarsi, sopra quell'ambulanza che scomparve dietro l'angolo, le sue lacrime nascoste dalle ciocche dei suoi lunghi capelli. 
Socchiuse gli occhi, e dischiuse le labbra. 
Respirare, e vivere divenne più difficile senza di lei. 

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Capitolo 3
*** La lasciarono. ***


Erano passati sei mesi, da quanto Miranda Murray era stata portata via e chiusa in una clinica per tossicodipendenti.
 
' Mi avevano sempre detto: 'Tu sei troppo intelligente per non venire a scuola. ' Ma come facevo a dire a tutti, che la scuola mi rendeva triste? Non sapevo come parlarne, non sapevo come parlare con nessuno. Casa mia non era un posto da cui poter uscire, ed essere normale. '
 
Le avevano consegnato quel foglio, con scritto a lato 100. 
Ripercorreva i marciapiedi verso casa, con i soliti indumenti, li teneva fino a quanto non si fossero strappati. 
-Eva guarda.- Esclamò, sorridendo lasciando intravedere la sua dentatura perfetta.
La donna davanti a quel cassonetto dell'immondizia, annui osservando quel foglio, e sorridendo insieme alla ragazza.
- Oh, è un bel voto brava continua così, sarà dura visto che tua madre è tornata.- Mormorò, la donna ritornando a rovistare dentro il cassonetto, a quell'affermazione, Liza, sorrise ampiamente salendo velocemente la rampa di scale.
 
' Il lato positivo del fatto che mia madre era stata portata in quella clinica, e che tornò ad essere mia madre. 
Puliva, cucinava, si era messa anche a studiare per fare la stenografa in tribunale, quei due mesi furono tranquillo, ma poi ricomparve la droga.'
 
-Mamma ..- escalmò, con tono felice entrando in casa  e chiudendosi, la porta alle spalle.
La vide, seduta su quel divano ormai ordinato, stava in silenzio tenendo tra le dita quella sigaretta accesa.
-Mamma ..- mormorò, la ragazza avvicinandosi a lei e sedendosi al suo fianco. 
Miranda, portava degli occhiali da vista, i suoi indumenti erano puliti, sembrava tranquilla, sembrava lei.
- Liza ..- mormorò, sorridendo la donna voltandosi verso la ragazza.
-Stai bene?- chiese lei, cercando lo sguardo della madre.
-Si sto bene .. sei proprio bella, sai?- mormorò, sorridendo ampiamente premendo la sua mano contro i capelli morbidi, della ragazza.
-Sono felice che sei qui.- Ribattè, sorridendo fino a quanto i suoi grandi occhi non cadderro, nell'esile braccio della donna ricoperto di buchi, enormi violastri. 
- Io sarò sempre qui con te.- Mormorò, afferrando la mano pallida della ragazza fredda e stringendola contro quella calda della donna.
- Io ci sarò sempre, ricordatelo .. io, sono malata Liza. -Mormorò, infine con gli occhi lucidi dietro quegli occhiali da vista.
Liza, rimase in silenzio scuotendo il capo.
-Ho l'AIZ.- Ribattè, guardando di fronte a lei.
- No no mamma ..- mormorò, appena con gli occhi lucidi.
- No no .. non devi avere paura, loro dico che non bisogna averne, perchè dicono che io potrei anche sopravvivere ma non qui.- Mormorò, stringendole la mano fortemente.
-Devo andare a casa.-
-Tu sei a casa.- Mormorò, con tono completamente basso guardandola con gli occhi pieni di lacrime.
-No, a casa da tuo nonno.- Ribattè, guardandola negli occhi.
- No tu devi restare qui ..-
-Io devo smetterla con la droga e non posso con tuo padre vicino.- Mormorò, alzandosi in piedi afferrando il capotto, e il borsone.
-Ma lui rimarrà solo ..- mormorò, sussultando e alzandosi in piedi osservando la figura della donna allontanarsi.
-Ti prego mamma resta qui ..- mormorò, supplicandola.
-Non posso.- Rispose, uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Tenendo posati gli occhi rossi e pieni di lacrime contro quella base della porta ormai sbiadita, rimase in silenzio immobile.
 
' Tutto andava in pezzi, pensai che se fossi rimasta avrei fermato la distruzione. 
  O almeno che sarei riuscita a non far peggiorare le cose. '
 
 
Bussavano con forza la porta. 
Liza se ne stava seduta contro quel divano, torturandosi i bordi delle maniche della felpa che indossava da giorni.
Si alzò in piedi, andando ad aprire.
-Tua madre e tua sorella?- chiese l'agente di polizia, entrando insieme a due assistenti sociali.
- Sono partite.- Mormorò, a bassa voce, rimanendo poi in silenzio.
-E tuo padre?- chiese, infine.
-E' uscito a comprare del cibo.- Mormorò, infine tenendo lo sguardo basso.
- Non vai al college, non lavori e non tieni pulito questo posto quindi verrai in un'istituto con noi.- Mormorò, l'agente, guardando la ragazza.
- No no mio nonno lui puo' occuparsi di me, mia sorella e mia madre sono lì.- Esclamò, con tono alto osservando l'agente sentendo gli occhi nuovamente pieni di lacrime.
-Parlerò con tuo nonno e se lui ti prende sarai fuori in meno di ventiquattro ore.- Mormorò, afferrando la piccola valigia, e dirigendosi verso l'uscita.
-E se non lo fa?- chiese, degludendo appena.
- Avrai il tempo di pensare come vivere la vita.- Mormorò, aprendo la porta e aspettandola ai cigli di essi, suo padre non c'era. Era rimasta sola, così abbassando lo sguardo e tirando su con il naso li segui, entrando dentro quell'auto e scomparendo da quel posto, e da quella casa.
 
' Pensare a come vivere la vita, le persone lo fanno veramente? ci pensano mentre sprofondano in un buco nero? '
 
Tenendo le braccia incrociate al petto, scese dall'auto, e segui quell'uomo, che teneva la sua valigia, entrarono in quell'enorme edificio.
Si guardò intorno.
 
'Citofoni e ti rinchiudono. Era come andare a trovare mia madre, solo che adesso c'ero io in quella clinica. '
 
Piegata sulle ginocchia, con quei guanti alle mani strofinava più volte la base di quel water, di quei bagni completamente sporchi. Teneva i suoi lunghi capelli raccolti una treccia scompinata.
Strofinava, strofinava fino a farsi male le mani.
Sentì dei boati, dei rumori delle ragazze che tenevano una ragazza dal viso ricoperto da uno sacchetto marrone.
Erano delle donne, rivolse lo sguardo verso di loro, e rimase a guardarli mentre la distendevano per terra, e la picchiavano prendendo dalle sue tasche tutto quello che aveva.
Si ritrovò in quella mensa, dove le porsero quella ciotola con dentro quella minestra.
La prese, e si mise seduta accanto alle altre in quel lungo tavolo.
Giocava con il cucchiaio immerso in quella minestra calda, non aveva fame. Teneva lo sguardo basso.
 
' Non uscì, in ventiquattro ore e neanche in ventiquattro giorni. 
  Nessuno mi volle, mi lasciarono lì è basta. '

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Capitolo 4
*** Se solo avessi .. ***


Qualcuno le verso, della minestra sulla spalla sussultò dal bruciore, e rimase in piedi mentre, intorno a lei tutte le altre, risero.
Si ritrovò a ripulire, il lavandino di quei bagni, ma qualcuno fece ingresso. Era la ragazza, che avevano picchiato quelli della sezione maggiore. 
Afferrò la candeggina, immergendola nel bagnoschiuma della ragazza di quel gruppo che era sotto la doccia.
Poi uscì, con il viso ricoperto di lividi.
Liza, rimase ad osservarla prenderlo, e spargerselo nel corpo.
La sentì urlare, Liza indietreggio lentamente verso il muro freddo e premendo, la schiena contro di essa per poi lasciarsi andare per terra, socchiudendo gli occhi completamente.
Quel posto le metteva paura, quella vita le metteva paura.
Era passato un'anno, da quanto l'avevano rinchiusa lì dentro.
-Avanti, Liza scendi hai visite.- Esclamò, una ragazza che la richiamò dai bagni che lei aveva ripulito, dalla mattina a sera si alzò da terra, e sfilandosi quei guanti fastidiosi di gomma, raggiunse l'ingresso, scendendo lentamente la rampa di scale.
Vide la figura esile, che le sorrideva di sua sorella Lena. Era cambiata, portava adesso i suoi capelli lunghi, indossava degli indumenti puliti e nuovi.
- Sono in ritardo ma sono passata a salutarti.- Mormorò, allargando le braccia verso la sorella che scese l'ultima rampa di scale, velocemente.
-Lena.- Mormorò, sorridendo stringendo tra le sue braccia la sorella che ricambiò.
- Ti ho portato la mamma, ma non aspettarti nulla, sta morendo.- Mormorò abbassando lo sguardo, per poi sorriderle.
-Adesso devo andare a presto.- Riprese la parola, indietreggiando ed uscendo dall'edificio.
Liza annui con il capo, rimanendo in silenzio.
- Liza .. - mormorò, la figura esile e sorridente, di Miranda che aprendo la porta e sorpassandola si ritrovo dentro quell'edificio.
La ragazza, sorrise ampiamente e la raggiunse.
-Mamma ..- mormoro lei, accogliendola in un forte e tenero abbraccio.
La riempi di baci, stringendola a sè, Liza si sentì al sicuro di nuovo tra le sue braccia.
Premette la sua fronte contro quella della donna, che rimasero a guardarsi negli occhi.
Aveva ricevuto un permesso, per trascorrere del tempo con sua madre.
Si ritrovarono insieme, tra i marciapiedi della metropoli inglese, che camminavano abbracciate tra di loro.
 
' Quanto penso a metà della  mia vita è questo il momento che mi piaceva ricordare. 
  Quanto mia madre venne a trovarmi, la sua mente era lucida, non si drogava più.
Andavamo  al bar dell'angolo,ci sedevamo a parlare,  e mangiavamo Hamburgher, eravamo insieme.
E' per un po ebbi di nuovo mia madre. '
 
Tra una risata e l'altra, Miranda si bloccò.
-Tu devi sapere così tante cose, sulla tua nascita, su chi sei veramente.- Mormorò, la donna osservando gli occhi della ragazza che stava di fronte a lei.
Liza, rimase in silenzio guardandola.
- Cosa vuoi dire?- chiese, arricciando appena le sopracciglia.
- Qui, devi andare qui.- Mormora appena, mettendole sulla mano quel bigliettino con scritto un'indirizzo. 
Lo sfoglio lentamente e lesse: 'Helsham, street 123. ' dischiuse le labbra, sentendo qualcosa dentro di lei, scuoterla. Quel nome, non le era nuovo.
- Sappi che qualunque cosa accada, io ti ho voluto bene, e sei forte, sei molto forte troverai la tua vita.- Mormorò, infine Miranda sorridendo e afferrandole la mano, che Liza strinse fortemente, riposando quel biglietto nella tasca della sua felpa.
 
 
'Era proprio così niente più ritorno, non avevo risolto niente, avevo peggiorato le cose.
Se solo avessi .. è così quella parte della mia vita era finita ora ne stava incomminciando una nuova, almeno spero. '
 
Ritornai all'istituto, lei rimase davanti la porta dell'edificio.
- Ciao mamma ..- mormorò, Liza, vedendola allontanarsi.
-C'e la fai ad arrivare a casa?- chiese, guardandola di spalle, la donna si rivoltò.
- Si non ti proccupare, e rimani qui, altrimenti ti riportano di nuovo via, mh?- mormorò. sorridendo, mandandole un bacio, Liza sorrise annuendo e abbassando lo sguardo ritornando sui suoi passi dentro quelle quattro mura.
 
 
 

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