Lily, ti amo

di Death Lady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritardo ***
Capitolo 2: *** Saltare le lezioni: che divertimento! ***



Capitolo 1
*** Ritardo ***


Lily, ti amo

Ritardo
«Lily! Lily sbrigati, non vuoi fare tardi a lezione, no?!» la sua amica Alice le gridava da più di mezz’ora di alzarsi dal letto ma lei non ne aveva alcuna intenzione. La sera prima aveva fatto le ore piccole per colpa di quei … come si facevano chiamare? Ah, si, Malandrini. Avevano sparato Caccabombe nei corridoi del castello per tutta la sera e lei, da buon Prefetto, gli era dovuta stare dietro, fino a che non si era spazientita e non aveva chiamato la professoressa McGranitt.
«Lily, guarda che faccio venire James a svegliarti. Non penso che a lui dispiacerebbe.» la scimmiottò Alice che, come tutta la scuola, sapeva della cotta che il ragazzo aveva per la sua migliore amica.
«Lui non può salire. E poi non lo faresti mai …» le rispose girandosi la ragazza.
L’amica sbuffò: era arrivata l’ora di passare alle maniere forti.
Con passo deciso andò verso la finestra e la spalancò, poi, ancora più determinata, si avvicinò al letto di Lily e le tolse le coperte con un unico, fluido gesto.
«ALICE!» urlò la rossa scattando in piedi.
«Lily.» le rispose calma.
«Sei pazza?! Fa un freddo cane!» continuò, rabbrividendo e coprendosi le braccia con le mani.
«Non mi interessa, le parole “domani mattina devi svegliarmi a qualunque costo, non importa quello che ti dirò” sono tue.» le disse ostentando la stessa calma di prima.
La bocca della rossa si aprì come per dire qualcosa, ma si richiuse subito dopo: aveva ragione Alice.
Il vento infuriava fuori dalla finestra e la neve scendeva forte.
Un altro brivido percorse il corpo della ragazza.
«Arrivo tra cinque minuti. Tu comincia ad andare.» disse.
«Come vuoi, cara.» le rispose l’amica, uscendo saltellante dalla stanza.
La rossa, con passi pesanti, si avvicinò alla finestra e la chiuse, poi corse in bagno.
Nel giro di cinque minuti era pronta: la divisa, la sciarpa, il mantello, i guanti e la borsa dei libri. I lunghi capelli rossi le ricadevano elegantemente sulle spalle.
Scese nella Sala Comune che, a quell’ora, era deserta.
Si vedeva che non c’era un adulto a tenere a bada quel luogo. Prima dell’arrivo degli elfi domestici quel posto era un vero macello: bottiglie di firewhiskey sparse sui tavoli, pergamene ovunque, piume, carte di dolci, borse, sciarpe, perfino scarpe. L’odore delle Caccabombe che quei ribelli avevano tirato la sera precedente, aleggiava ancora per la stanza.
“ Che schifo” pensò la ragazza, attraversando a grandi falcate la stanza.
Anche i corridoi erano vuoti: se non si fosse sbrigata sarebbe arrivata in ritardo.
Cominciò a correre, cosa non affatto facile visto che si portava dietro un’enorme quantità di libri.
Dopo essersi fermata un paio di volte per riprendere fiato, arrivò finalmente all’aula.
«Buongiorno professore, mi scusi per il ritardo» disse tra una boccata d’aria e l’altra.
Il professore alzò i suoi occhi quasi trasparenti su di lei, guardandola con circospezione.
«Si sieda Signorina Evans, che non accada mai più. Mi sono spiegato?» disse.
La ragazza sospirò.
«Si professore.»
Si guardò intorno: l’unico posto libero era vicino a … NO.
«P-Professore!» esclamò.
«Si?» disse con tono scocciato.
«S-Scusi ma … dove mi siedo?» chiese.
Il vecchio fantasma alzò gli occhi al cielo. «Oh, per la barba del divino Merlino! Signorina Evans, non vede che l’unico posto vuoto è vicino al Signor Black?» rispose con tono veramente alterato.
«Si, lo vedo, ma …» provò a dire.
«Non accetto obbiezioni. Non credo che un paio d’ore accanto a quel ragazzo le facciano male. Si vada a sedere immediatamente!» disse.
La ragazza abbassò lo sguardo delusa. Poi, seguita dal borbottio del professore, andò a sedersi.
 
Black. Quel Black: Sirius Black. Lo stesso che la sera prima aveva rincorso per tutta Hogwarts e fatto rimproverare dalla McGranitt.
Si sedette il più lontano possibile dal Grifondoro, poggiò il libro sul tavolo e cominciò a leggere. Anche quel giorno avrebbero parlato della guerra degli Elfi. Che puffola. Non che non le interessasse quell’argomento, ma quella mattina non le andava proprio di seguire quella lezione.
 
«’Giorno Evans.» le sussurrò il moro che, nel frattempo, si era avvicinato.
«B-Black! Stammi lontano.» disse.
«Uff! Evans. Cara, dolce, dispettosa, bella, antipatica Evans. Ti do’ veramente così fastidio? Non sei curiosa di sapere che cosa ci faccio qui, lontano dai miei amici?» le disse all’orecchio.
Arrossì: non era abituata a quel tipo di contatti con le persone.
Si guardò intorno: fortunatamente erano all’ultimo banco e nessuno poteva vederli. E quando dico nessuno, intendo proprio nessuno: il banco, infatti, era quello più infondo di tutti, lontano da sguardi indiscreti.
«N-No Black. Non sono interessata.» disse agitata.
Una leggera risata uscì dalla bocca del ragazzo.
«Come sei buffa!» esclamò.
La ragazza si girò indispettita.
Il ragazzo dagli occhi grigio-azzurro si avvicinò ancora di più a lei.
«Oh, andiamo Evans, non volevo offenderti.» disse.
«Black. Forse non mi hai capita. Non ho voglia di parlare di con te. Il fatto che io sia seduta qui, non ti autorizza a trattarmi come tutte le altre ragazze. Io sono un Prefetto, una studentessa di tutto rispetto e non ho nulla a spartire con te. Quindi lasciami in pace immediatamente, altrimenti mi vedrò costretta a far presente questo tuo atteggiamento alla McGranitt. Ora, allontanati da me e stai zitto.» sentenziò la giovane, guardandolo seria.
«Oh mi scusi, Miss Evans. Non la disturberò più! Perdoni la mia insolenza, non volevo mancare di rispetto ad una dama di così illustre rango.» disse ironico il ragazzo, alzando le mani in segno di resa e allontanandosi dalla giovane.
 
 
Salve! Primo capitolo! Come vi sembra? E’ la prima volta che scrivo su questa generazione.
Spero che vi sia piaciuto, se volete commentate e, se ce n’è bisogno, non risparmiatevi con le critiche!
Al prossimo capitolo!
§Death Lady§

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Capitolo 2
*** Saltare le lezioni: che divertimento! ***


Saltare le lezioni: che divertimento!
Era passata mezz’ora dall’inizio della lezione.
Le dispiaceva di aver trattato Black in quel modo ma lei non era abituata ad avere contatti con le persone, e soprattutto non si era mai avvicinata ad un ragazzo all’infuori del suo amico Severus.
Sospirò.
Forse doveva scusarsi, dopotutto era un Prefetto: doveva avere buoni rapporti con tutti.
Guardò il tavolo, la pergamena sulla quale la sua penna-prendi-appunti stava scrivendo era così bella, pulita, ordinata …
Strech!
Ecco, ora non lo era più: aveva stappato un angolino.
Si guardò intorno sperando che nessuno, soprattutto il professore, si fosse accorto del rumore e prese la piuma.
Scusa
Ripiegò il biglietto con cura e lo fece scivolare alla sua destra.
Il ragazzo lo prese sfiorandole la mano con le dita, e le guance della ragazza assunsero un colorito rosato.
Lo sentì scrivere: sicuramente avrebbe risposto con qualche insulto, dopotutto se lo meritava.
La pergamena le ritornò poco dopo.
Non fa niente.
Aveva scritto così e il cuore della ragazza era diventato più leggero.
                                               
Il professore parlava e la Grifondoro sbadigliava sempre di più. Che pizza quella lezione! Se avessero dovuto creare un sistema di tortura per giovani delinquenti, quello sarebbe stato perfetto, soprattutto se a tenere la lezione c’era un irritante fantasma di nome Ruf.
Sospirò.
Non c’era nulla con cui svagarsi, nemmeno una pergamena su cui fare disegni!
La rossa mise la testa sul banco e si coprì le orecchie: ne aveva veramente abbastanza della voce monotona e fastidiosa di quel non-vivo!
Stesso rumore di prima, nuova pergamena strappata.
Questa volta fu lei a ricevere un messaggio.
Ti stai annoiando, Evans?
Che buffo, si stava preoccupando per lei quando poco prima lo aveva trattato come uno straccio.
Decise di essere sincera.
Si.
Rimandò il biglietto e il ragazzo fece un sorriso vittorioso.
E se io, ipoteticamente, conoscessi un modo per saltare la lezione?
La ragazza lo guardò interrogativa. Non c’era modo di saltare la lezione. Ok, il professore era un fantasma ed era sempre troppo concentrato su quello che diceva per accorgersi di ciò che gli accadeva intorno, ma Lily dubitava che non si sarebbe reso conto di due giovani che uscivano dalla porta dell’aula. Tuttavia, decise di vedere cosa aveva in mente quel mascalzone.
E’ una proposta?
Scrisse.
Dipende da come la vedi tu. Vuoi provare?
Il ghigno sul volto del ragazzo non prometteva nulla di buono, ma lei si stava veramente annoiando! Di questo passo si sarebbe addormentata sul banco.
Si.
Ancora quel sorriso divertito.
Prima che la ragazza potesse anche solo immaginare cosa avrebbe fatto il Purosangue, un incantesimo la colpì in pieno facendola accasciare tra le braccia del suo compagno di banco.
Perfetto: nessuno aveva visto niente.
«Professore!» chiamo Sirius.
Uno sbuffo si levò dalla cattedra.
«Cosa vuoi ancora, Back?» chiese.
«Black, signore. Ecco, la Evans si è sentita male, posso accompagnarla in infermeria?» rispose.
Il professore lo guardò strano, come a voler capire se stesse dicendo la verità o no.
«D’accordo.» acconsentì, anche se malvolentieri.
Con la ragazza tra le braccia, il moro uscì.
La Sala Comune era il posto ideale per passare un po’ di tempo insieme senza essere scoperti.
Facendo attenzione a non essere scoperto dalla McGranitt, arrivò davanti al ritratto.
«Acromantula!» disse frettoloso.
«Oh, Black! Mascalzone, sai che ora dovresti essere a lezione?» disse la Signora Grassa con la sua voce acuta.
«Ah, zitta grassona. Apri la porta.» rispose sprezzante. Odiava quando qualcuno gli faceva la predica.
«Maleducato! Maleducato! Maleducato!» esclamò facendosi da parte e aprendo il passaggio.
Finalmente era riuscito a passare, ancora un po’ e avrebbe rischiato di farsi scoprire.
La Sala Comune era perfetta: ancora una volta gli elfi avevano fatto un bellissimo lavoro.
Appoggiò Lily sul divano e poi recitò il contro incantesimo.
La ragazza aprì gli occhi lentamente.
«Mmmh … Dove siamo?» chiese con voce impastata.
«Nella Sala Comune» rispose.
La ragazza si mise seduta velocemente.
«Come ti è venuto in mente di lanciarmi l’incantesimo del sonno?» esclamò guardandolo furiosa.
«Beh, tu hai detto che volevi saltare la lezione …» disse per giustificarsi.
«Si ma … Argh! Hai ragione …»
Il moro ghignò.
«Giusto! Ho ragione. Allora, Mademoiselle Evans cosa vuole fare?» chiese.
Già, cosa voleva fare? Non era mai scappata da un’ora di lezione, era lui quello esperto.
«Io … Io non lo so.» rispose abbassando lo sguardo.
«Oh beh, vorrà dire che deciderò io!» esclamò allegro il giovane, sfregandosi le mani.
Sotto lo sguardo curioso della giovane cominciò a farneticare tra sé e sé frasi senza senso.
«Allora, prima di tutto serve … - agitò la bacchetta – Poi meglio munirsi anche di quello, si. – altro movimento di bacchetta – Forse dovrei prendere anche … Ma no, sarà per un’altra volta.» concluse sedendosi anche lui sul divano.
«Black, cosa hai fatto?» chiese lei.
Il moro si girò.
Altro sorriso divertito, altro rossore sulle guance di lei.
«Girati» le sussurrò con gli occhi che brillavano.
Scatoline di Cioccorane, Gelatine tutti i gusti + 1, Api frizzole, bottiglie di Burrobirra, Firewhiskey, cioccolata calda, Scacchi dei Maghi e Gobbiglie stavano volando verso di loro.
«Black! Come … Dove … Cosa hai fatto?» chiese stupita.
Il ragazzo ridacchiò.
«Oh, quanto sei ingenua! Ho attinto dalla mia riserva personale, naturalmente!» rispose.
«T-Tu hai … Che? Come fai ad avere tutto questo?» chiese ancora più sorpresa.
«Beh, ecco, come spiegartelo … diciamo che ho le mie fonti.» rispose passandosi una mano dietro la tesa e guardando altrove.
Gli oggetti appellati si posarono sul tavolo davanti a loro.
«Le tue fonti, eh? Beh, ok … Posso mangiarle o rischio di morire avvelenata?» chiese sorridendo.
Il ragazzo la guardò: i capelli rossi disordinati, il viso sorridente e gli occhi verde smeraldo che lo guardavano divertiti.
«Non morirai avvelenata, ma se non ti fidi posso sempre provarci prima io» rispose.
E così fece: prese la Cioccorana che la ragazza si stava rigirando tra le mani, la scartò e la mangiò in un sol boccone.
«Black! Quella era la mia Cioccorana!» urlò la ragazza.
«Ora è la mia!» rispose, mandando giù il cioccolatino.
Ok, se voleva giocare, lei avrebbe giocato.
Adorava i cuscini della Sala Comune, le piacevano tantissimo: erano così … morbidi.
Un cuscino rosso finì sulla faccia del ragazzo.
«Evans!» urlò una volta essersi ripreso.
«Ho vendicato la mia Cioccorana» rispose con un ghigno.
Black sorrise divertito.
«Allora io vendicherò la mia faccia!» esclamò, tirando a sua volta un cuscino.
E così cominciò.
Si tirarono cuscini, si rincorsero per la Sala Comune, ogni tanto si rubavano i dolci a vicenda, si riposavano un po’ e dopo ricominciavano a lottare. Alla fine, sotto una pioggia di piume d’oca (proveniente da un cuscino rotto), si buttarono ridendo sul divano.
Erano esausti e continuavano a ridere.
La risata cristallina di lei riecheggiava per tutta la Sala Comune.
I loro occhi si incontrarono, le risate tacquero.
«Allora … ehm, dimmi … Come mai eri ad un banco solo soletto?» chiese lei.
«Vediamo … Ah, ecco, Remus ha detto che lo deconcentravo troppo e io e James abbiamo litigato …» rispose con tono non curante.
Tuttavia alla rossa non sfuggì l’ombra scura che passò negli occhi del giovane.
«Avete litigato? Posso … Posso sapere perché?» chiese.
«Oh, Evans, nulla di che. È solo il solito presuntuoso arrogante.» disse.
«Però gli vuoi bene.» osservò lei.
Spostò lo sguardo su di lei.
Sorrise.
Certo che gli voleva bene: era il suo migliore amico. Solo che quella sua voglia incontrollata di essere al centro dell’attenzione … a volte gli dava sui nervi!
«Si, gli voglio bene.» confessò.
«Vedrai che si sistemerà tutto» disse lei con un sorriso.
«Già …»
E il suo sguardo si spostò in giro per la stanza.
 
 
 
Secondo capitolo! Allora, vi è piaciuto?
Aspetto i vostri commenti, a presto.
§Death Lady§

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