Slaves to this Love

di AriCalipso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Back to Helsinki ***
Capitolo 2: *** Non posso dimenticarti ***
Capitolo 3: *** Il Vortice di Ville ***
Capitolo 4: *** Le sorti del Destino ***
Capitolo 5: *** Il Vincolo Inviolabile ***
Capitolo 6: *** Nelle mani del Destino ***
Capitolo 7: *** La gara di Skate ***
Capitolo 8: *** "Fidati di me" ***



Capitolo 1
*** Back to Helsinki ***


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Capitolo 1

Non sono mai riuscita a capire perché, quando si è lontani da casa, il tempo scorre via velocemente senza che nessuno sia in grado di accorgersene. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che già ben 2 anni erano volati via come uccelli migratori, pronti ogni volta a varcare nuove, rotte in cerca di habitat sempre più consoni per portar avanti la loro specie, ma io non ero uno di quelli … Ormai era giunto il momento di tornare a casa, di mettermi alla prova, vedere se questo lungo viaggio fosse servito veramente a dimenticare quegli occhi di ghiaccio, che mi penetravano dentro l’anima e la struggevano fino ad ucciderla completamente. Sì è vero … Scappare non è mai servito a niente, ma quel giorno era l’unica soluzione, tra le mille ipotesi che avevo pensato o udito dagli altri, più consona alla situazione … Ma il continuo nascondersi dalla realtà era ormai giunto al limite e, litigando più volte tra me e me, convincendomi una volta di tornare e l’altra volta di continuare a vagare lontano dalla realtà, decisi di prendere il volo per Helsinki, dove avrei verificato se questo allontanamento fosse servito almeno a qualcosa.

Il viaggio non durò moltissimo, all’incirca 3 ore, ma passarono piuttosto bene, anche perché non ero ancora profondamente convinta di quello che stessi facendo, ma una volta sull’aereo non potevo certo cambiare idea! Appoggiai  la testa al finestrino ed osservavo la magnificenza del cielo e di come tutto sembrasse minuscolo ed insignificante visto da lassù e tante volte avevo sognato di poter essere una componente del corpo celeste … una stella o una nuvola o perfino uno dei tanti anelli di Saturno, che con la loro maestosità ci osservano e ci vedono come i piccoli corpi del terzo pianeta più vicino al sole, ma purtroppo tutto questo immaginarsi un’ altra essenza non sarebbe servito a nulla. Distolsi lo sguardo dal cielo e mi osservai, vidi il mio volto riflesso nello specchio e solo così mi ricordavo di essere nient’altro che un essere umano e di dover adempire agli obblighi che il destino aveva prefissato. Continuai ad osservarmi, quando d’un tratto li vidi di nuovo … sì, purtroppo vidi di nuovo quegli occhi di ghiaccio ed intorno non vi era più la sagoma del mio volto, ma la sua, che abbozzava un piccolo sorriso. Chiusi rapidamente gli occhi e scrollai il capo velocemente, li riaprii e quel volto era già svanito. Mi tormentava continuamente, durante la notte poi, era il momento in cui riusciva a prendere il sopravvento sul mio inconscio e manipolarmi a suo piacimento, ma ormai era giunto il momento di affrontare a mani nude la situazione e dimostrare a me stessa quel pizzico di dignità e coraggio che ancora avevo in corpo.

L’aereo atterrò. Non potevo crederci, ero di nuovo a casa dopo ben 2 anni di totale assenza … quante cose potevano essere cambiate! In quel momento la curiosità e la voglia di riassaporare tutto il tempo passato mi fecero dimenticare il motivo del mio abbandono e per un istante scomparvero finalmente anche quei tremendi occhi di ghiaccio e ciò mi permise di accennare un gioioso sorriso in volto. Avevo una voglia matta di incontrare di nuovo tutti quanti, amici e conoscenti, anche perché non avevo fatto parola con nessuno del mio ritorno … nessuno tranne lui, l’amico più sincero e leale che abbia mai avuto … Lauri! Uscii dall’aeroporto e lo vidi, con il suo solito sorriso e la sua faccia da bambino. Non era cambiato di una virgola, rigorosamente vestito di nero, con quelle zeppe con cui cercava di illudere la sua altezza( o per meglio dire la sua bassezza). Si voltò verso di me e sgranò gli occhi, il suo volto era l’immagine esatta dello stupore misto ad uno stato di gioia assoluto. Corse incontro ad abbracciarmi forte

-Non ti sembra di essere stata via fin troppo tempo?- mi rimproverò sorridendo -non sapevo se darti un bel ceffone oppure abbracciarti, ma vista la tua gracilità ho preferito la seconda, anche se avevo paura di romperti un osso-continuò a sorridere prendendomi la valigia. Adoravo quel ragazzo, il suo modo unico di rasserenarmi lo rendeva davvero meraviglioso ed insostituibile. Risi alla sua battuta ed insieme ci incamminammo verso la sua macchina. Posai la valigia nel porta bagagli e Lauri mise in moto la macchina. Ci fu un attimo di silenzio, tante erano le cose da dire e nessuno dei due sapeva da dove cominciare, così mi limitai ad osservare il panorama attorno a me … non era cambiato nulla, tutto era intatto a tal punto da chiedermi se veramente fossi stata via così a lungo. Il tutto mi scorreva vicino come fosse un film, quando Lauri decise di rompere il silenzio.

-Sai benissimo che non sono riuscito a nascondere il tuo ritorno a Paula, riesce sempre a tirarmi fuori il segreto più minuscolo … sono proprio una frana- esclamò ridendo.

-Non preoccuparti-risposi  accennando un leggero sorriso –lo sai che a lei puoi dirlo... ma solo a lei-precisai voltandomi verso di lui. Non aggiunsi altro, sapevo con certezza che avesse capito a cosa mi stessi riferendo. Era fantastico il modo in cui riusciva a cogliere ogni mia singola sillaba e comprendere tutto quanto senza dover far ulteriori domande … forse era l’unica persona che mi era mancata più di tutti e di cui sentivo più il bisogno nel periodo del mio infinito girovagare. Durante il resto del viaggio parlammo del più e del meno, lui mi raccontò della bellissima novità,ovvero del fatto che sarebbe diventato papà, io gli dissi della mia crescita artistica come ballerina grazie alle varie scuole in cui mi sono misurata. In tutta la conversazione non comparve mai quel nome, perché Lauri sapeva meglio di me quanto potesse far male solo sentire la sua iniziale e di sicuro non voleva rovinare in nessun modo il mio ritorno.

Arrivammo al solito bar dove ci riunivamo gli anni passati. Anche quest’ ultimo era rimasto intatto, una piccola struttura in legno e a destra, si poteva ammirare un grazioso parco ricco di conifere e aiuole in fiore e al centro si stendeva un grazioso laghetto, dove, in alcuni periodi, si potevano osservare meravigliosi cigni.

Entrammo all’interno del locale e seduta ad un tavolo vi era Paula. Non era cambiata, soliti capelli biondi, il volto abbastanza rotondo con degli zigomi leggermente pronunciati e due enormi occhi azzurri. Solo una cosa era cambiata … la pancia iniziava ad essere piuttosto rotonda. Si alzò dalla sedia, ma non le diedi il tempo e corsi ad abbracciarla.

-Non affaticarti per nessun motivo al mondo-le dissi facendola mettere di nuovo seduta –Lauri mi ha raccontato della novità … non puoi capire quanto possa essere felice per voi!!- mi congratulai mettendomi seduta vicino a lei.

-E tu invece? Ti pare questo il modo di partire e poi tornare?-mi rimproverò in maniera scherzosa –non farlo mai più, è un ordine! Ah un’altra cosa … che ne dici di mettere su un po’ di carne? Hai fatto il digiuno questi due anni?-domandò toccandomi le braccia. Sorrisi. Ero felice … felice di averli ritrovati ancora insieme, felice della splendida notizia e soprattutto mi ritenevo fortunata del fatto che, anche se lontano, li ho sempre avuti accanto, perché loro hanno sempre vegliato su di me, notte e dì, in attesa del  giorno del mio ritorno.

Parlammo per ore ed ore, senza prendere mai fiato... è davvero incredibile cosa sono capaci di fare le donne quando non si vedono da un’infinità di tempo! La gente continuava ad entrare ed uscire dal locale senza che noi ce ne accorgessimo, perché la cosa più importante in quel momento era recuperare tutte quelle lacune che ci tenevano lontane. Ad un tratto si aprì di nuovo la porta. Di certo non mi sarei preoccupata, se non fosse per il fatto che Paula e Lauri sgranarono gli occhi ed irrigidirono improvvisamente. Forse avevo intuito cosa stesse succedendo e speravo con tutto il cuore che non fosse quello che stessi pensando, ma decisi ugualmente di voltarmi … non avrei dovuto farlo! Tutta quella felicità e spensieratezza che ero riuscita ad ottenere stando in loro compagnia svanì immediatamente non appena lo vidi poggiare il suo giaccone all’appendiabito. Un vortice di malinconia e tristezza mi travolse, smorzando ogni singolo sorriso che ero riuscita a produrre queste poche ore arrivata ad Helsinki. Nemmeno lui era cambiato, la sua bellezza eterea era rimasta intatta … mi faceva male ammetterlo, ma era davvero la creatura più perfetta che avessi mai incontrato. Il pallore della sua pelle gli conferiva un’aria regale e allo stesso tempo glaciale, un viso a dir poco meraviglioso e privo di barba lo rendeva ancor più fanciullesco, i capelli coperti da una semplicissima cuffia e due occhi di ghiaccio, contornati da un lieve rossore, scrutavano tutto il perimetro del locale. Mi voltai velocemente verso Lauri e Paula, cercai di nascondermi tra le braccia, non doveva vedermi … non volevo vederlo. Paula vide il terrore nei miei occhi, tanto che anche lei cercò di non farsi vedere, provando in tutti i modi a non incontrare il suo sguardo … ma tutto fu inutile, dato che nulla poteva sfuggire a quegli occhi. Fece un cenno a Lauri con la mano e avanzò verso il nostro tavolo.

-Merda … -sussurrò il mio amico. Tutto poteva accadere, tranne questo. Mi sentivo in trappola, una preda allo stremo delle proprie forze che non riesce a sfuggire al proprio cacciatore e quest’ultimo, invece di porre fine alla vita del suo bottino, continua a torturarla e martoriarla, finché non è la preda stessa ad invocare la sua morte.

-Beh cos’è questa storia?-chiese il cacciatore al suo amico –è da almeno un’ora che provo a chiamarvi ma sembra che entrambi non vogliate proprio saperne oggi-concluse sorridendo, era evidente che stesse scherzando.

-Ciao Ville- lo salutò l’amico abbassando lo sguardo –scusaci ma avevamo entrambi il silenzioso e quindi … -cercò di inventare una scusa, ma purtroppo non servì a nulla, dato che tutti sapevamo quanto fosse pessimo Lauri nell’inventarsi delle scuse plausibili.

-Sì certo come no- rise Ville –volevate tenervi la nuova conoscente tutta per voi, così da raccontarle quanto sia perfido e meschino Ville Valo- continuò sorridendo alle mie spalle. Il suo sorriso era un qualcosa di allucinante, riusciva a stregarti nel giro di un nano secondo e mandarti fuori strada a proprio piacimento. Mi sono sempre chiesta se fosse solo un essere umano o una sorta di creatura mistica. Non so cosa mi percosse in quel momento, un sentimento che mi risulta tuttora difficile da decifrare, so solo che mi alzai in piedi e,senza voltarmi, risposi alle sue battute.

-Non devono raccontarmi nulla, so già tutto quello che devo sapere- esclamai tremando come una foglia. Non so di preciso che faccia fece Ville, si limitò a poggiare una mano sulla spalla e voltarmi verso di lui. Li vidi di nuovo, quegli occhi di ghiaccio che per due anni mi avevano tormentato tutto il tempo, solo che ora erano talmente vicini, tanto che me li sentivo dentro fino nelle viscere. Ero completamente immobile, non riuscivo a muovere nessun muscolo o articolazione che sia, mi aveva paralizzato, ancora una volta.

-Sei … sei tornata- riuscì solo a dirmi penetrando dentro il mio corpo solo con il suo sguardo glaciale.

-Sai … -iniziai a rispondere, non sapendo nemmeno cosa mi facesse parlare in quel momento –dopotutto questa è casa mia, quindi non dovresti essere così sorpreso … - terminai il mio discorso. Uscii dal locale di fretta. Appena fuori, presi una sigaretta e l’accesi velocemente, ne avevo bisogno per scaricare tutta la tensione che mi si era accumulata in corpo durante la conversazione. Mentre portavo la sigaretta alla bocca, la mia mano tremava come percorsa da brividi di freddo, non riuscivo a tranquillizzarmi, il solo pensiero che in pochissimi istanti avrebbe varcato anche lui la soglia per venir a fumare, mi terrorizzava a tal punto da maledirmi per il fatto che ricordassi così bene ogni suo minimo gesto o abitudine.

Ed eccomi qui, in questo nuovo ambiente, pronti a deliziarvi (almeno si spera) con la mia prima storia. Tutto nasce da una notte insonne, in cui non riuscivo in nessun modo a chiudere occhio, la mente partoriva scene nella mia testa che ho deciso di imprimere, creando questa piccola "opera". Come si può ben notare, dentro c'è incastrato il bel finnico, Ville Valo, ormai mia ossessione personale e si può dire che l'ispirazione nasce grazie a Funeral of Hearts. Potete anche vedere che la protagonista sono io in persona, forse per egoismo, per la svogliatura di inventare un personaggio feminile, o forse perché la sento talmente nelle viscere da volerla vivere appieno, sia da autore, sia da protagonista!
E' da molto tempo che non scrivo più, quindi spero di non deludervi e che possa piacervi!
Buona lettura!!

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Capitolo 2
*** Non posso dimenticarti ***


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Capitolo 2

Come avevo presupposto, uscì dal locale per fumare. Il solo vederlo portare l’accendino verso la sigaretta e scrutare, con precisione,  la sua solita smorfia per accenderla mi fece rabbrividire, tutti quei ricordi che ero riuscita a cancellare, tornavano pian piano alla mente, come lame taglienti , le quali trafiggono il corpo con una velocità tale da non accorgerti di essere perforato in ogni punto da una ferita a dir poco mortale.

-Hai intenzione di ripartire di nuovo senza avere più tue notizie?- mi domandò buttando fuori del fumo molto denso. Rivolse lo sguardo verso me, guardando dentro ai miei occhi azzurri, entrando completamente nei miei pensieri come sapeva fare solo lui e, purtroppo, sapeva farlo anche troppo bene. Non sapevo più cosa rispondere, dentro mi stavo distruggendo pian piano, realizzai solo in quel momento che essere stata via per 2 anni non aveva risolto nulla, non aveva cambiato di una virgola i miei sentimenti nei suoi confronti … ero ancora innamorata di lui, anzi forse lo ero ancora di più e questo non andava affatto bene, dopo tutto quello che mi aveva fatto io non potevo amarlo ancora, non dovevo, tutto quello che si stava evolvendo nel mio corpo era assolutamente qualcosa di sbagliato che, però, non riuscivo a controllare in nessun modo. Deglutii e cercai di dargli una risposta più sensata possibile, quando arrivò d’un tratto una ragazza mora, dagli occhi azzurri, molto carina. Si buttò al collo di Ville e schioccò un bacio sulle sue labbra. Mi guardò, accennando ad un sorriso.

-Ma sei tu!- disse sorpresa, venendomi incontro –sai tra Paula e Lauri ho sentito molto parlare di te … tu sei Arianna non è vero?- mi chiese squadrandomi dalla testa ai piedi. “Quindi tu sei Jonna” pensai tra me e me, per la prima volta conoscevo la donna con cui Ville mi tradì tempo fa. Lo guardai, cercando di esprimere tutto il disprezzo che avevo in corpo, anche se l’amore per lui era sempre più grande e io mi odiavo sempre di più.

-Sono io … -le risposi, quasi in tono arrogante, senza volerlo. Sarei voluta scomparire in quel momento, per un attimo pensai veramente di riprendere l’aereo e andarmene di nuovo, ma nessuna fuga avrebbe avuto senso, ora che i miei sentimenti si erano ribellati a qualsiasi tentativo di evasione dalla realtà.

In quell’istante uscirono Paula e Lauri, i miei due angeli di salvezza. Guardai  Lauri cercando di fargli intendere tutto, senza dover parlare.

-Noi accompagniamo Ary a riposare, è ancora scossa dal viaggio-disse il ragazzo accompagnandomi in macchina. Paula si affrettò a venirci dietro e partimmo verso la loro casa.

-Strana quella ragazza … -disse Jonna stringendosi a Ville –anche se me l’avevano descritta molto più in carne, che cosa le è successo?

-Quando l’amore ti consuma ti riduce così … -rispose il ragazzo, spegnendo la sigaretta con la scarpa. Aveva capito tutto, non gli era sfuggito nessun dettaglio come ben pensavo. Non doveva succedere, non doveva saperlo, ma tutto ciò era inevitabile, non solo io conoscevo bene lui … lui conosceva me, alla perfezione.

Arrivammo a casa di Lauri verso l’ora di cena, poggiai la valigia nella camera degli ospiti. Avevano deciso di ospitarmi fino a quando non mi trovavo un appartamento mio, ovvio non volevo recar loro così tanto disturbo, avevano già troppe cose a cui badare. Mi feci una doccia per cercare di scacciare qualsiasi pensiero negativo, ma era tutto inutile, l’acqua non riusciva a purificarmi dal dolore che mi affliggeva … non tanto per il fatto che Ville se ne stava ancora con quella ragazza, ma per il fatto che non ero riuscita a poter cambiare nulla nemmeno in due anni di assenza, sempre più innamorata di quegli occhi, sempre più affascinata dal suo sorriso e sempre più terrorizzata dal fatto che conoscesse ogni mio sentimento senza doverglieli raccontare. Uscita dalla doccia, mi vestii velocemente e poi mangiai con gli altri. Durante la cena regnò un silenzio quasi imbarazzante, interrogandoci ognuno su quello che era successo nel pomeriggio, ma nessuno osò domandare nulla, soprattutto a me. Finito di mangiare Lauri andò subito a dormire, dato che doveva alzarsi presto per lavorare, io aiutai Paula a sparecchiare la tavola e poi decidemmo di prenderci una tisana bella calda. Portai le tazze ancora bollenti in soggiorno, ne diedi una a Paula, che si era seduta sul divano, io mi sedetti su una sedia, così che la mia amica si potesse rilassare al meglio.

-Allora? Che cosa si prova?- le domandai annuendo al pancione, mentre sorseggiavo la tisana

Paula sorrise e si toccò la pancia con fare delicato e rilassato.

-Penso sia la cosa più bella dell’essere donna –rispose con tono gioioso e spensierato –è davvero incredibile come l’amore di due persone possa generare un qualcosa di così puro e meraviglioso- continuò sorseggiando un po’ della tisana. Erano le parole più belle che avessi mai sentito in vita mia, soprattutto perché l’amore la stava rendendo così felice e piena di vita, cosa che purtroppo non stava succedendo a me.

-E tu?- mi domandò facendosi seria –che cosa hai provato rivedendolo, soprattutto con lei?

Abbassai lo sguardo, non volevo toccare l’argomento, anche perché era stata una giornata davvero molto pesante e non sapevo davvero come avrei potuto gestire la situazione,in quanto lo avrei visto di frequente, poiché stava lavorando con Lauri ad un nuovo progetto musicale. Scese una lacrima che bagnò i miei pantaloni, stavo scoppiando, non riuscivo più a trattenere qualsiasi tipo di emozione, ma sapevo che con Paula potevo mostrarmi in qualsiasi modo, perché lei era in grado di capirmi in ogni mia espressione.

-Niente, non è servito a niente stare lontano per così tanto tempo … -risposi piangendo –io non riesco a farlo, non riesco a mandarlo via dalla mia testa. Giorno e notte ho lavorato cercando di farlo uscire, di scacciarlo con tutte le mie forze, ma non è servito a nulla … -.

Paula si alzò dal divano e mi strinse forte, carezzandomi i capelli. In quel momento avevo solo bisogno di questo, un abbraccio da un’amica sincera come lei, in grado di poter tirarmi su di morale in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione.

-Passerà tutto quanto, piccola –mi tranquillizzò, sussurrandomi ad un orecchio –lo sapevi benissimo anche tu che andarsene non sarebbe servito a nulla … l’unico modo per poter vincere tutto questo è cercare di vivere passo dopo passo accanto a lui e cercare di convivere con questa situazione, anche se è la cosa più complicata e impossibile che un essere umano sia in grado di compiere, ma ci riuscirai … lo so perché ti conosco e so che non hai mai mollato davanti ad una sfida … mai!- sorrise dandomi un bacio in fronte.

La ringraziai con tutto il cuore, senza di lei penso che non sarei mai riuscita a poter continuare questa miserabile vita.

 

 

Passarono circa 3 settimane, avevo trovato lavoro presso una scuola di danza, con i soldi che guadagnavo aiutavo Paula e Lauri a pagare le spese di condominio, ero ancora a casa loro, poiché Paula non voleva assolutamente che me ne andassi, o almeno non in questo momento, in quanto anche lei aveva bisogno di me, di qualcuno che, oltre Lauri, le facesse compagnia e inoltre voleva riguadagnare tutto il tempo perduto. In questo periodo, Ville passava molto tempo a casa di Lauri, a causa del nuovo progetto musicale. Fortunatamente, grazie al lavoro, lo vedevo molto poco e quelle poche volte che tornavo a casa ci scambiavamo pochissime parole, molto di fretta … cercavo sempre di evitarlo, di sfuggire a quegli occhi che mi catturavano senza lasciarmi più andare. Forse era solo l’inizio, ma vederlo così frequentemente non mi stava aiutando affatto, soprattutto per il fatto che quella Jonna era costantemente dentro casa di Paula e cercava in tutti i modi di essere gentile e cordiale con me, ma lo faceva in un modo così forzato che non riuscivo a tollerare nemmeno uno suo battito di ciglia. Era assurdo il modo morboso con cui si appiccicava a lui e, come se volesse farlo davanti a tutti noi, strisciare come un serpente a sonagli addosso al suo corpo. Una rabbia avevo in corpo, rabbia mista a disperazione … ecco adesso anche la gelosia doveva entrare in gioco? Non la definirei gelosia vera e propria, sinceramente mi faceva pena il modo in cui cercava di farmi capire che Ville era suo ormai ed io dovevo farmi di parte, come se in quel momento avessi il tempo di giocare … lei non poteva nemmeno immaginare quello che stavo provando io, anzi forse pensava che facendo così, fosse in grado di farmi soffrire, ma non aveva capito che il motivo della mia sofferenza non era lei … ma lui! Non comprendeva il potere che Ville aveva su di me, di come era in grado di capire ogni mio pensiero, gesto o sentimento senza che io professi parola e la cosa era insostenibile … perché nonostante non stessimo più insieme, era in grado di sapere ancora così tante cose di me, come se fossi la sua immagine speculare? Tutto ciò era inspiegabile e allo stesso tempo struggente … ma un giorno qualcosa accadde ed io ero completamente incatenata al vortice che Ville aveva creato.

Eccomi qui cari lettori!
Beh cosa ne pensate? Come potete vedere a quella povera disgraziata (che sarei poi io XD) non è riuscita a dimenticare quei tremendi "occhi di ghiaccio", ora troppo presenti nella sua vita.
Chissà in quale impiccio verrà coinvolta, sarà in grado di dimenticarlo o perlomeno odiarlo?
Lo vedremo in seguito, sì voglio tenervi sulle spine ahahaha
Alla prossima :)

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Capitolo 3
*** Il Vortice di Ville ***


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Capitolo 3

Quella sera erano circa le 19e30, ero appena tornata a casa e prima di aprire la porta tirai un sospiro di sollievo, poiché almeno per una volta non avrei visto Ville, in quanto Jonna voleva andarsene sempre molto presto. Aprii la porta di casa, appesi la giacca e mi diressi verso il salotto con un sorriso stampato in faccia.

-Faccio la doccia e ti vengo ad aiutare, Paula –dissi euforica, quando mi bloccai improvvisamente vedendo Lauri chiacchierare seduto sul divano insieme a Ville.

-Ehi Ary! Vai pure a fare la doccia con calma, oggi ci pensiamo io e Ville a cucinare... sai Jonna è partita per lavoro e così l’ho invitato a cena- mi spiegò Lauri. Rimasi pietrificata alla notizia, ma dovevo farmene una ragione, dopotutto era il suo migliore amico e non potevo certo impedirgli di invitarlo, specialmente a casa sua. Andai in bagno a fare la doccia, pensando a cosa fare per cercare di stargli il più lontano possibile, anche se quella sera ogni piano sarebbe fallito, in quanto era impossibile evitarlo. Feci un grosso respiro e decisi di affidarmi totalmente al destino. Uscita dalla doccia andai in camera ed aprii l’armadio, mi ci volle più di mezz’ora per scegliere che cosa indossare, non c’era nessun capo che riuscivo a sentire mio quella sera. Alla fine scelsi un vestito nero molto semplice con degli stivaletti dello stesso colore. Tornai in sala e la cena era già pronta. Fu una cenetta tranquilla e a dir poco squisita, i ragazzi raccontarono a me e Paula del loro progetto musicale e la serata andò avanti tranquillamente. Ero rilassata, pacata, per la prima volta in sua presenza non ero agitata e fortemente turbata … che stesse accadendo qualcosa? I discorsi del più e del meno andarono avanti fino alle due di notte, quando d’un tratto Ville si alzò dal divano.

-Beh ora dove vogliamo andare?- domandò stirandosi per bene le braccia.

-Come dove andiamo? Andiamo a letto non credi?- rispose Lauri facendo un enorme sbadiglio.

-Dai, ma non puoi esserti invecchiato così improvvisamente, eppure il più grande sono io- si mise a ridere dirigendosi verso l’appendiabito –io penso che vado a farmi un giro da qualche parte … -continuò mettendosi il giubbotto. Prima di aprire la porta per andarsene mi guardò con un leggero sorriso –vieni con me?-.

Sgranai gli occhi e cercai lo sguardo di Paula, la quale mi rispose con un gesto di approvazione. Forse era giunto il momento di affrontare la situazione e questa era l’occasione perfetta per poter verificare fino a che punto la forza di Ville potesse controllarmi ancora, oppure ero finalmente riuscita a svincolarmi dal suo potere penetrante. Uscii con lui e salimmo in macchina. Durante il tragitto regnò un profondo silenzio, che nessuno dei due ruppe, forse perché non c’era nulla da dire o forse le cose erano talmente tante da non riuscire a scegliere da dove cominciare. Rimasi sconcertata quando arrivammo a destinazione.

-Ville … ma questa è casa tua!- affermai in tono sorpreso, scendendo dalla macchina.

-Certo … -sorrise- ti pare che per farci una bevuta andavamo in un bar, quando a casa mia ho la raccolta di liquori migliore di tutti i bar di Helsinki?- domandò aprendo la porta di casa. Entrai e rimasi sorpresa di come fosse rimasto tutto uguale. A sinistra potevo trovare il solito divano in pelle bianca, con davanti un grazioso tavolinetto da salotto in vetro. Sempre in sala, vicino alla parete più in fondo, vi era la chitarra di Ville e vicino ad essa uno stereo, con accanto una raccolta di cd. Il salone era illuminato da una porta finestra che dava sul giardino di casa sua, sempre ben curato. Ville si avvicinò ad una credenza in legno scuro, da dove tirò fuori un Jack Daniel’s con due bicchieri.

-Beh, siediti no? –disse accomodandosi sul divano e poggiando la bottiglia ed i bicchieri sul tavolo. Più lo osservavo e più non potevo far a meno di notare quanto fosse bello, i capelli di media lunghezza cadevano delicatamente sul suo volto puro e pallido. I suoi vestiti rigorosamente neri andavano in contrasto con il candore della sua pelle e inoltre, quegli occhi penetranti marcati di rosso, gli conferivano un aria sempre più mansueta. Mi sedetti accanto a lui e mi offrì una sigaretta.

-Lo sai che puoi fumare qui –sorrise mentre mi avvicinava l’accendino,mentre lui già stava facendo il suo primo tiro. Accesi la sigaretta e poi rimasi in silenzio, in attesa di una sua domanda … sentivo che doveva dirmi qualcosa, doveva farlo.

-Per quanto tempo hai intenzione di evitarmi ancora, Ary?- mi chiese versando del liquore in entrambi i bicchieri.

Rabbrividii tutto d’un tratto, era tanto spaventoso quanto straordinario il modo in cui riusciva a comprendere in silenzio i miei sentimenti.

-Ville … - feci un grosso sospiro –lo sai che non è facile vero? So che lo sai, tornare qui … dopo due lunghi anni e capire che …. –non riuscivo a continuare la frase, la voce mi si stava rompendo in gola e non ero in grado di proseguire.

-Capire che nonostante tutto mi vuoi ancora?- chiese porgendomi il bicchiere pieno di Jack Daniel’s –alla salute, baby!- proseguì bevendo tutto d’un fiato il liquore.

Ne bevvi un sorso, per cercare di rompere quel nodo alla gola che non aveva intenzione di liberarmi, anche se parlare non sarebbe servito, dato che lui sapeva già tutto quanto, senza che io gli raccontassi nulla. Lo odiavo per questo, odiavo il fatto che nonostante il tempo passato, mi conosceva meglio di quanto potessi farlo io, era davvero allucinante.

-Pensavi davvero che starsene via per due anni, ti avrebbe aiutato a dimenticarmi? –chiese sghignazzando –lo sapevi benissimo che non sarebbe servito a nulla … non capisci? –proseguì avvicinando il suo volto verso me –tu mi appartieni ormai, sono dentro di te, giorno e notte, ogni minuto e istante e non riuscirai mai a scacciarmi dalla tua mente, non puoi farlo e anche se lo volessi, io tornerei sempre, perché tu vuoi che io ritorni … sempre –concluse poggiando la fronte contro la mia, poi delicatamente sfiorò il mio naso con le labbra, fino a darmi un bacio in fronte.

Raggelai, ero completamente pietrificata. Le sue labbra gelide si erano poggiate sulla mia pelle dopo tanto tempo e, insieme a quel gelo, divampò dentro me un fuoco incandescente che da troppo si era acquietato. Era davvero tutto così sbagliato e meraviglioso allo stesso tempo, non ero più sicura di nulla in quel momento, se avessi voluto davvero dimenticarlo ancora o se lo volevo ancora dentro di me, pronto a seguirmi e sorvegliare ogni mio movimento, gesto o sospiro … in quell’istante pensare era diventato impossibile, pian piano il mio cervello stava andando in standby e la passione stava rinascendo dai visceri più profondi.

-Ville … -sussurrai flebilmente. Era l’unica cosa che fossi in grado di pronunciare, anche perché qualsiasi parola era di troppo in quel momento, tranne il suo nome. Il ragazzo sorrise e portò di nuovo la sua fronte a contatto con la mia, sfiorandomi il naso.

-Sono qui, Ary –esclamò a bassa voce, avendo paura di rompere tutta l’atmosfera che si stava pian piano creando attorno a noi –non me ne sono mai andato … -concluse poi sfiorando la mia bocca con le sue labbra gelide. Era successo, di nuovo, dopo tanto tempo. Il cervello si fece sovrastare dal vortice della passione che stava esprimendo tutta la sua essenza. Non pensai più a niente, non mi importava più se stessi facendo la cosa giusta o quella sbagliata, in quel momento l’unica certezza che avevo era di non essere mai stata così bene, avvolta tra le braccia dell’unico uomo in grado di regalarmi tanta sofferenza e felicità allo stesso tempo, ciò che provavo in quell’istante era un misto di amore ed odio impossibile da controllare, anzi … non volevo controllare, avevo lasciato il cuore troppo da parte in questo lungo periodo ed ora era il momento giusto per fargli esprimere tutta la sua forza.

Ville mi prese in braccio e si alzò dal divano, continuando a tenere poggiate le sue labbra sulle mie. Arrivammo fino in camera, mi sdraiò sul letto, continuando sempre a baciarmi, delicatamente, ma allo stesso tempo con una passione che lo aveva sempre contraddistinto. Dalle labbra passò al collo, poi alle spalle, per poi tornare di nuovo alla bocca, mentre con le mani mi sfilava il vestito, gettandolo a terra. Gli carezzavo i capelli, intrecciando le dita tra le sue ciocche, mentre continuavo a baciargli il collo, con una foga tale che non era uscita mai prima d’ora. Alzai delicatamente la sua maglia, che dopo un istante era sul pavimento insieme al mio vestito. Feci correre le mie mani lungo le sue braccia, stringendolo sempre più a me, come se non volessi farlo andar via. Con la coda dell’occhio osservai i suo infinti tatuaggi, belli e perfetti come lui. Ville si abbassò delicatamente i pantaloni, fino a toglierseli completamente. Mi prese tra le braccia, alzandomi leggermente dal letto e stringendomi a sé. Sentii il suo profumo entrare in me, era tutto così meraviglioso, come tanto tempo fa. Stare tra le sue braccia era qualcosa di incredibile, ogni suo abbraccio era speciale e semplicemente unico, sia in passato sia ora. Il reggiseno cadde delicatamente lungo il mio corpo e Ville mi fece di nuovo stendere, mentre mi abbassava leggermente gli slip. A quel punto il tempo si gelò e tutto smise di respirare. Ero entrata nella confusione più totale, il cervello cercava in tutti i modi di sovrastare la forza del cuore, impedendomi di vivere tutto questo con leggerezza e spensieratezza … proprio ora dovevo ricordare tutto il male che mi aveva fatto? Aprii gli occhi e smisi di baciarlo improvvisamente. Ville mi guardò con una smorfia, volendo capire cosa stesse accadendo.

-Forse non dovremmo continuare … forse stiamo facendo la cosa più sbagliata della nostra vita –esclamai con voce flebile, mentre dentro di me cuore e cervello combattevano una lotta senza tempo, incredibile come due entità così estremamente connesse, potessero entrare in conflitto continuamente. Ville sorrise e per tutta risposta fece scorrere la mano lungo il mio corpo, fino a poggiarsi su uno dei due seni.

-Sai meglio di me che la cosa più sbagliata che possa accadere ora è quella di lasciarti andare, interrompendo tutto questo … -rispose mentre con l’altra mano si abbassava leggermente i boxer –inoltre sai già che te ne pentiresti per tutta la vita … -proseguì avvicinando la bocca al mio orecchio –e me ne pentirei anche io –sussurrò stringendo il seno dentro la sua mano. Senza darmi il tempo di rispondere, poggiò il suo bacino contro il mio e si accorse ti quanto stessi tremando, tanta era l’emozione quanto la paura. Mi carezzò la fronte delicatamente, sorridendo.

-Ehi tranquilla … sai che non ti farò del male, dopotutto non è la prima volta … -terminò la frase penetrandomi piano, delicato come non aveva mai fatto, nemmeno la prima volta. Mi morsi per tutta risposta il labbro inferiore, mentre il piacere stava vincendo su qualsiasi parte del mio corpo. Ville continuava a muoversi sopra di me, entrandomi dentro, finché la passione non lo travolse, tanto da sfogare tutta la sua energia, stringendo forte le lenzuola. Fu una notte magnifica, decorata soltanto dalla passione che disegnava un magnifico quadro idilliaco, dove i protagonisti erano soltanto i nostri corpi nudi, avvinghiati insieme, formando una cosa sola che nessuno dei due eravamo in grado di descrivere. Dopo tutto questo tempo mi sentivo finalmente rilassata, tranquilla, appagata come non mai, l’unica pecca era il fatto che, il responsabile della mia felicità, ero lo stesso che mi struggeva il cuore giorno dopo giorno e dopo quella notte le cose si sarebbero complicate ulteriormente, per il semplice fatto che lo volevo mio, ma non poteva esserlo. Questi pensieri pervasero la mia mente per tutta la notte, fino a quando non mi svegliai la mattina seguente.

Ciao Lettori :)
ecco a voi il terzo capitolo della mia pargola!
Beh che dite? Ve lo aspettavate? Suppongo di sì, dopotutto come avrebbe potuto resistere a Ville? Sarebbe stata una cosa più che impossibile, ed ora? Che cosa succederà con la partenza di Jonna? Come si evolverà la vicenda?
A presto il seguito!!

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Capitolo 4
*** Le sorti del Destino ***


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Capitolo 4

-Buongiorno, baby! –esclamò Ville seduto sul letto, con le lenzuola che gli coprivano dal bacino in giù, le ginocchia portate al petto, sulle quali poggiava i gomiti. Si accese la prima delle tante sigarette, che avrebbe poi fumato in giornata. Fece il primo tiro e buttò fuori il fumo, con fare così elegante da far innamorare qualsiasi essere umano, poi si voltò verso me, carezzò la mia fronte sorridendo. Gli feci anche io un leggero sorriso, poi cercai il mio cellulare tra le coperte e per terra, finché non lo trovai. Sgranai improvvisamente gli occhi … avevo ben 8 chiamate perse di Paula.

-Merda!- esclamai, mettendomi seduta sul letto –devo andare immediatamente, è tardissimo e poi saranno anche preoccupati e non voglio che … -proseguii cercando il mio vestito. Ville mi prese per un braccio e mi tirò a sé.

-Dove credi di andare? –mi domandò poggiando il mio volto sul suo petto –magari anche loro si trovano così, stretti l’uno a l’altro, che si interrogano sulla notte appena passata … -proseguì facendo correre la sua mano lungo il mio braccio.

-Perché è successo Ville?- gli chiese guardandolo dritto in quegli occhi di ghiaccio.

Lui fece un altro tiro, scrollando via della cenere che si era accumulata nella sigaretta e poi buttò fuori il fumo.

-Perché tu lo volevi, l’ho notato non appena siamo entrati dentro questa casa –sorrise mordendomi delicatamente la spalla destra.

-E tu Ville? –gli domandai con voce flebile. Avevo paura di qualsiasi risposta lui avesse dato, sapendo con certezza che non sarebbe stata quella che io mi aspettassi –è stato solo sesso?- gli chiesi ancora.

Il ragazzo schioccò un bacio sulla mia spalla e poi tornò a guardarmi in viso, sfiorando il mio naso, mentre poggiava la fronte contro la mia.

-Tu cosa credi sia stato? –mi rispose con un’altra domanda. Non riuscivo a farlo parlare, voleva che io intuissi da sola i suoi sentimenti, come lui era in grado di comprendere i miei. Stavo per rispondere, quando suonò il cellulare.

-Insomma si può sapere dove sei?- chiese Paula preoccupata.

-Paula scusa ma avevo il silenzioso. Ieri sera ho incontrato alcuni vecchi compagni e sono rimasta a dormire da una mia amica, tra una parola e l’altra il tempo è voltato e mi sono dimenticata di avvertirti. Arrivo subito!- terminai chiudendo la chiamata e rivestendomi velocemente. Presi la mia roba e mi avvicinai alla porta della camera.

-Ah Ary … Jonna è fuori per le prossime due settimane, se vuoi fare visita a quella tua “amica” … beh sai dove trovarla- sorrise accendendosi una seconda sigaretta.

Uscii da casa di Ville ripensando continuamente a ciò che era successo e non potevo far altro che constatare quanto fosse stato meraviglioso unirmi di nuovo a lui dopo tantissimo tempo. Non riuscivo però a comprendere il perché lo avesse fatto, sapevo benissimo che il motivo non era stato solo appagare un mio desiderio, c’era qualcosa in più … un qualcosa che però non riuscivo a decifrare con esattezza ancora, anche perché non ero brava come lui ad interpretare i pensieri della gente. Arrivai a casa e vidi Paula seduta sul divano, le raccontai la miglior scusa che avessi mai inventato in tutta la mia vita, mentirle non era quello che volevo, ma non mi sembrava il caso raccontarle ciò che era realmente accaduto quella notte.

Passarono due giorni, non vidi né sentii Ville, chiedendomi che cosa stesse facendo e perché quei giorni non si era fatto vedere a casa di Paula e Lauri. Volevo chiamarlo, avevo bisogno di sentire la sua voce più di ogni altra cosa, ma era ancora troppo presto per rivederlo, poiché ancora meditavo sulla sua domanda, che difficilmente riuscivo a decifrare, come fosse un messaggio criptato.

Il terzo giorno, uscita da lavoro, decisi di fare una piccola sosta al bar di Bam. Era tantissimo tempo che non lo vedevo, volevo approfittare per fare qualche parola con lui, oltre al fatto che avevo assolutamente bisogno di un caffè per portare avanti la giornata. Chiacchierai con Bam del più e del meno, mentre sorseggiavo la bevanda bollente, quando improvvisamente qualcuno entrò nel locale.

-Vuoi il solito? –chiese Bam al nuovo cliente, sorridendo, tirando fuori una bottiglia di Jack Daniel’s.

-Sì, metti anche il caffè della signorina sul mio conto- affermò avvicinandosi al bancone –baby non sei più andata dalla tua amica?-esclamò sorseggiando il liquore. Mi domandavo se fosse tutta una coincidenza o se qualcuno lo avesse informato o, semplicemente, mi conosceva talmente bene tanto da ricordare che dopo la mia lezione di danza avevo urgentemente bisogno di un caffè. Bevemmo in silenzio, non volevo iniziare una conversazione in un luogo aperto a tutte le orecchie dei clienti che entravano ed uscivano. Finimmo di bere, poi mi mise un braccio attorno al collo e, insieme, ci dirigemmo verso l’uscita.

-Segna tutto sul mio conto, Bam!- esclamò aprendo la porta. Uscimmo dal locale, stretti l’uno all’altra, come se avessimo paura che qualcosa ci avrebbe improvvisamente diviso.

-Beh, perché non ti sei più presentata? –mi domandò aprendo la macchina con il telecomando della chiave.

-Veramente nemmeno tu mi hai più chiamata- replicai spazientita.

Ville scoppiò in una fragorosa risata. Che cosa aveva da ridire ora? Ero confusa, cercavo in ogni modo di comprendere il perché di questo suo atteggiamento. Smise di ridere, si diresse verso me e si avvicinò talmente tanto, da essere in grado di contare ogni suo più lieve respiro.

-Chiamarsi o mandarsi messaggini idioti è una cosa da quattordicenni non trovi?- domandò mettendomi l’indice sotto il mento, alzandolo con delicatezza verso il suo volto –è arrivato il momento di viverci l’un l’altra, in ogni istante, senza sprecare nessuna occasione che questo misero scorrere del tempo ci offre … -proseguì avvicinando il suo volto al mio, poggiando le sue labbra sulla mia fronte –sono già passati due giorni e già se n’è andata metà della nostra vita … - terminò il discorso stringendomi forte a sé. Più stavo tra le sue braccia e più mi rendevo conto di quanto stessi bene, di come tutto il dolore che mi aveva recato, svanisse in un istante, dimenticandomi perfino del perché me ne fossi andata per due anni, lontano da tutto e da tutti e soprattutto … lontana da lui. Nella mia mente si creò una confusione tale da non essere più in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato, un vortice unico in cui si intrecciavano piaceri, emozioni, dolori e delusioni, tutti insieme, senza riuscire più a distinguerli gli uni dagli altri. Ville mi fece salire in macchina e andammo a casa sua.

-Avverti Paula … -esclamò attaccando il cappotto all’appendiabito –dille che sei stata invitata a cena dalla tua “amica” –proseguì sorridendo. Le sue intenzioni non mi erano del tutto chiare, forse mi stava semplicemente usando per soddisfare le sue voglie sessuali, data l’assenza di Jonna, però perché proprio io? Quando stavamo insieme conosceva così tante ragazze che gli facevano la corte, perché chiamare proprio me? Forse perché sapeva benissimo che non lo avrei rifiutato, che non sarei mai riuscita a dirgli di no, ma sicuramente sotto tutto questo c’era qualcos’altro di estremamente indecifrabile, che non riuscivo in nessuno modo ad interpretare. Uscii in giardino, mentre Ville stava facendo la doccia. Notai come non era cambiato nulla, sempre molto curato e privo di qualsiasi erbaccia. Mi avvicinai al cespuglio di rose rosse … le adoravo, erano semplicemente meravigliose e perfette, la loro delicatezza, la loro maestosità mi avevano sempre affascinato, in passato come ora. Ne odorai una, sublime leggerezza nel sentire il suo aroma entrarmi in testa e pervadermi tutta.

-Sono bellissime, non trovi? –domandò Ville mentre sorseggiava un liquore e, con l’altra mano, mi porse un bicchiere pieno. Calò un soave silenzio, veramente piacevole. Osservammo le rose, scambiandoci sguardi, sorridendo, mentre io finivo di bere il liquore e Ville stava fumando la sua … beh avevo perso ormai il conto di quante sigaretta avesse fumato! Il ragazzo si avvicinò a me e, con il braccio tatuato, mi strinse a sé, mentre con l’altra continuava a tirare la sua infinita dose di nicotina. Stavo bene, volevo chiedergli tante cose che ancora non riuscivo a comprendere, perché mi avesse tradita, perché non fece nulla per impedirmi di andar via tutto quel tempo e, soprattutto, volevo sapere perché desiderava a tutti i costi passare del tempo insieme a me, se poi sarebbe finito tutto, una volta che Jonna sarebbe tornata, ma non volli chiedergli nulla, poiché ogni singola e misera parola avrebbe rotto tutta quella bellissima armonia e intesa, che regnava nell’aria.

-Non è stato solo sesso, Ary –esclamò improvvisamente Ville, alzando il volto verso il cielo. Io lo guardai, osservando i suoi occhi, contornati da un infinito rossore che non se ne era mai andato –quando ti unisci alla persona che ti appartiene, non può essere solo dello squallido e insensato gioco di corpi, c’è e ci sarà per sempre qualcosa di più –proseguì posando il suo sguardo su di me – c’è complicità, affetto, passione … tutto quello che può trasmettere una persona innamorata –disse passandosi una mano tra i capelli, facendola scivolare dietro la nuca, per poi posarsi sul collo, sempre sorridendo. Si era finalmente rivelato, senza che io gli chiedessi nulla, perché era consapevole del fatto che lo volessi sapere ardentemente, per cercare di mettere in ordine i tasselli di una confusione mentale, che non aveva intenzione di placarsi in nessun modo. Non so perché, ma ascoltando quelle parole, una lacrima scese dai miei occhi, rigando il mio volto. Di getto mi buttai fra le sue braccia, comprimendo il viso contro il suo petto, soffocandomi in quell’immenso profumo.

-Perché devo essere ancora tua … perché Ville?- gli chiesi piangendo, anche se non sapevo nemmeno io il motivo del mio pianto. Lui per tutta risposta, mi strinse di più a sé, accennando ad un leggero sorriso, mentre socchiudeva leggermente gli occhi.

-Sai già da sola che, senza di me, saresti come una coltre di fumo incerta, che vaga ininterrottamente senza una guida che gli indichi la retta via. Tu hai bisogno di me, hai bisogno che io vegli costantemente su di te, senza mai lasciarti vagabondare da sola, stringendoti sempre la mano, qualsiasi sentiero tu voglia imboccare e, tutto questo, ti è possibile solo se continui ad amarmi come lo stai facendo ora- concluse dandomi un bacio in fronte. Erano le parole più belle che, in tutti gli anni passati insieme, fossero uscite dalla sua bocca, così perfetta. Le aveva  pronunciate con una sincerità ed una dolcezza tale da far sciogliere il ghiaccio più resistente e crearvi attorno un eden meraviglioso e puro.

-Come fai a sapere tutto questo? –gli domandai, asciugandomi gli occhi. Ville poggiò la mano gelida sulla mia guancia, carezzandomi la pelle con il pollice.

-Perché è stato già tutto prestabilito da entità talmente grandi e sconosciute a noi essere umani. Io e te siamo stati destinati e questo non può essere modificato da nessun’altra cosa al mondo, siamo legati da un vincolo inviolabile, un sigillo che non si aprirà, nemmeno dopo la morte –rispose sfiorando la mia bocca con le labbra. Un bacio leggero, delicato e del tutto inaspettato. I suoi discorsi mi fecero sempre più rabbrividire, mi spaventò come lui sapesse tutte queste nozioni, mentre io ero ignara di tutto quanto, non pensavo mai che il destino avesse un potere così grande e fosse così abile da nascondersi in qualsiasi persona o animale, senza farsi mai riconoscere. Si levò un leggero vento, il quale iniziò a danzare con i nostri capelli, mentre delle foglie cadute, circondavano le nostre due figure, ancora unite in quel bacio inatteso.

Eccoci di nuovo qui cari lettori :)
Beh che ne pensate? Spero di non deludervi!
Ma questo finnico filosofo e saccente proprio la nostra Ary doveva tormentare? E tu Ary proprio di lui dovevi innamorarti? Eh...quando si dice il FATO, che in questo caso sembra proprio il padrone di tutta questa vicenda!!
Alla prossima gente ;)

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Capitolo 5
*** Il Vincolo Inviolabile ***


Slaves
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Capitoli
Capitolo 5

Delle enormi nuvole scure coprirono il sole, fino a spegnere la sua essenza, e delle gocce di pioggia martellante iniziarono a colpirci al punto tale da svegliarci da quella magia e farci rientrare in casa. Mi sedetti sul divano, con il bicchiere ancora mezzo pieno. Ville prese la sua chitarra e si sedette vicino a me, iniziando a strimpellare qualche verso delle sue composizioni.

-Ricordi quando ti ho insegnato a suonarla?- domandò accennando un leggero sorriso, continuando a suonare –Dio che disastro che eri, povere le mie orecchie e la mia chitarra- esclamò. Lo guardai con una smorfia, dandogli una spinta al braccio. Il ragazzo, per tutta risposta, scoppiò in una fragorosa risata, posando la chitarra vicino al bracciolo del divano, iniziando a farmi del solletico sui fianchi. Lo implorai di smettere, avevo le lacrime agli occhi e intanto pensavo a come il tempo fosse tornato indietro rapidamente, facendomi rivivere tutti i gli attimi passati con lui in un meraviglioso flashback. Tante erano le cose fatte insieme, che diventava quasi impossibile ricordarle tutte, ma soprattutto, dimenticarle. Ville aveva proprio ragione, qualcosa ci aveva destinati, legandoci insieme in un patto inviolabile, che nessuno mai avrebbe potuto scindere ed ora finalmente riuscivo a capire, perché vedevo ovunque i suoi occhi di ghiaccio, il motivo per cui, durante la notte, sentivo la sua voce sussurrarmi di ritornare a casa, mentre con le mani mi avvolgeva nella sua volontà.

Continuammo a stuzzicarci, a giocare come dei bimbi, con dei sorrisi stampati sui nostri volti, che mai nessuno sarebbe stato in grado di spegnerli. Ridendo, mi ritrovai stesa sul divano, con Ville sopra di me. Calò il silenzio, il ragazzo spostò una ciocca dei miei capelli ricci dietro l’orecchio e mi diede un delicato bacio sul naso. Riuscivo a sentire il battito del mio cuore, che, nervosamente, pulsava nel mio petto, come se volesse uscire ed esprimere tutta la sua forza ed essenza.

-È davvero incredibile come, nonostante gli anni passati insieme, ti emozioni sempre come la prima volta –sorrise poggiando il suo orecchio a contatto con il mio petto. Alzò il capo, sorridendo, mentre mi abbassava leggermente i pantaloni.

-Ho bisogno di viverti, adesso –sussurrò al mio orecchio, togliendosi la maglia.

In un istante eravamo già nudi sul divano, di nuovo uniti come la notte scorsa, avvolti dal vortice della passione, che solo in quel momento riusciva a manifestare tutta la sua verità. Fu meraviglioso poterlo sentire dentro me, il suo profumo che mi entrava nella testa e mandava in confusione ogni parte vitale, il suo corpo che si muoveva cautamente sopra di me, cercando sempre con estrema attenzione di non farmi male, regalandomi sempre attimi di piacere immensi, come aveva fatto anni prima.

Consumammo il nostro amore in quel divano, ritrovandomi con il capo poggiato sul petto di Ville, mentre lui fumava, coperti entrambi da un plaid rosso bordeaux, che emanava un soffice calore. Il ragazzo buttò fuori del fumo dalla bocca e poi posò il suo sguardo su di me, sorridendo.

-Baby perché non vai a farti una doccia mentre io preparo qualcosa per cena? –domandò portando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio, carezzandomi dolcemente il volto. Feci cenno di sì con la testa, alzandomi dal divano, mentre Ville finiva la sua sigaretta. Entrai in doccia e lasciai che l’acqua mi entrasse dentro, con fare delicato, aiutandomi a capire tutto quello che stava succedendo. Mille domande mi frullavano in testa, domande che solo lui avrebbe saputo rispondere, ma non volli farlo … no, l’unica cosa di cui mi importasse ora, era poter rivivere tutto il mio passato in quelle due settimane, perché quando Jonna sarebbe tornata, tutto sarebbe andato a finire nel dimenticatoio della mia mente e, ancora una volta, avrei dovuto combattere tra me e me per cercare di non distruggermi.

L’unico modo per sfuggire a questa situazione, era quella di allontanarsi da lui, ma il mio cuore premeva talmente tanto da far in modo che gli ubbidissi ogni cosa decidesse per me, senza dover ascoltare nessuno, perché sapeva benissimo che solo Ville era in grado di farmi raggiungere quella felicità tanto attesa. Uscii dalla doccia, coprendo i miei capelli con un asciugamano. Andai in cucina e vidi Ville dietro ai fornelli, intento a cucinare il suo piatto forte, anche perché era l’unico che gli riuscisse bene. Mi uscì un lieve sorriso ed il mio corpo fu pervaso da una tale spensieratezza e leggerezza che non avevo mai sentito prima d’ora. il ragazzo spense i fornelli, lasciando raffreddare un po’ il pasto. Come suo solito, si accese un’altra sigaretta, mentre si avvicinava alla porta finestra, osservando il suo giardino.

-Riavverti Paula, dille che, oltre alla cena, quella tua “amica” ti ha gentilmente invitato a passar lì la serata, come la volta scorsa –esclamò buttando fuori il fumo, addosso al vetro. Dal volto riflesso nel finestrone, potevo intravedere un bellissimo sorriso, che era in grado di ipnotizzarti in una maniera davvero assurda e sconosciuta, ma in fondo adoravo essere catturata da quel sorriso, anzi avrei voluto essere sua prigioniera per tutta la vita. Mi avvicinai al divano e cercai sotto il plaid i miei vestiti, sparsi qua e là. Trovai i pantaloni e, da dentro le tasche, presi il cellulare. Mandai un SMS a Paula, scrivendole appunto che non sarei tornata per la notte. Mentire a lei, che si era sempre fatta in quattro per aiutarmi a superare ogni difficoltà, che cercava in ogni istante di farmi uscire un sorriso nei momenti più bui della mia vita, mi addolorava molto. Aveva davvero il diritto di sapere la verità, anche se ero quasi certa che lei sapesse già tutto quanto. Non avevo più segreti per Paula, era come se fossi un libro aperto, di cui lei conosceva benissimo ogni capitolo, parola e virgola.

Posai il cellulare sul tavolinetto e raccolsi i miei vestiti. Ville mi si avvicinò e mi cinse i fianchi con le sue braccia, stringendomi in un soffice abbraccio.

-Prendi dei vestiti puliti dal mio armadio, i tuoi lasciali qui che li metto in lavatrice io –esclamò, dandomi un delicato bacio sulla guancia. Gli sorrisi, ricambiando il suo bacio, poi mi sciolsi da quell’abbraccio e mi diressi in camera sua. Feci cadere l’accappatoio lungo il mio corpo con fare delicato, come se mi accarezzasse, lasciandolo giacere sul letto matrimoniale. Strofinai i miei capelli contro l’asciugamano con cui li avevo avvolti, cercando di asciugarli velocemente, dato che non avevo nessuna intenzione di accendere il phon. Lo tolsi dalla testa e, accuratamente, lo ripiegai sempre sopra il letto. Mi avvicinai poi all’armadio, lo aprii ed iniziai a contemplare gli infiniti vestiti che Ville si ritrovava, peggio di una ragazza. Non riuscivo a sceglierne uno, li provai e riprovai per circa mezz’ora, tanta era la voglia di apparire impeccabile  come lui. Mi ero sempre chiesta come ci riuscisse, come sapesse dire la cosa giusta al momento giusto, in che modo fosse capace di comprendere al volo ogni mio pensiero, dubbio o sentimento, come risultasse estremamente perfetto in ogni suo gesto o modo di fare ed io, purtroppo, ero tremendamente innamorata di quella perfezione, di quell’uomo che, anni fa, mi rapì e non aveva più intenzione di lasciarmi andare o, forse non volevo andarmene io. Il mio cervello voleva imparare a cavarsela da solo, ma il cuore mi implorava di non allontanarmi, poiché aveva bisogno della sua presenza … quanto aveva ragione! Ogni istante in cui sentivo Ville lontano da me, divenivo pian piano sempre più debole, fino a ridurmi ad un essere inanimato che, solo per la forza di inerzia, continuava miseramente a vivere. Imploravo la mente di non farmi pensare al futuro, di non proiettarmi al giorno in cui Jonna sarebbe tornata, perché al solo pensiero iniziavo a logorarmi dentro, uccidendomi poco alla volta, consapevole del fatto che la persona in grado di salvarmi, non avrebbe potuto fare nulla, poiché non era più mio.

Scrollai la testa e mi resi conto che, tra un pensiero e l’altro, era passata circa un’ora ed io ero ancora indecisa sul cosa mettermi. Tra i vari indumenti che avevo sparso sopra il letto, decisi di indossare una semplice maglia nera, che mi faceva quasi da vestito, considerando che Ville in confronto a me era un gigante. Mi specchiai più e più volte, per vedere come mi stava. Cercai di dare una sistemata ai miei ricci selvaggi, che si rifiutavano in tutto e per tutto di avere un senso. Presi una matita nera e la misi nella rima inferiori degli occhi e valorizzai le ciglia con un po’ di mascara, misi le mie vans old skool nere e sistemai dentro l’armadio i vestiti che avevo tirato fuori. Non volevo uscire dalla stanza, mi sentivo ancora troppo imperfetta per mostrarmi al suo cospetto, controllai la mia figura allo specchio non so quante altre volte, cercando di raggiungere almeno un briciolo della perfezione che caratterizzava quell’uomo. L’avevo sempre pensato che in lui c’era qualcosa di disumano, una sorta di divinità si rincarnava in lui, conferendogli quella bellezza eterea e regale, del tutto inimitabile. Mai in tutta la mia vita avevo conosciuto un uomo così e ancora mi chiedo perché il mio cuore aveva deciso di innamorarsi di lui, condannandomi in questo modo, lasciandosi imprigionare dalla sua volontà, rendendomi un essere incompleto senza di lui … sì, in sua assenza, era come un vegetale privo di vita, bisognoso della sua presenza, che mi faceva bene e male allo stesso tempo.

Decisi, però, che non potevo passare l’intera serata dentro la camera da letto, anche perché Ville sarebbe venuto sicuramente a cercarmi. Feci un bel respiro ed aprii la porta. Lo raggiunsi in sala da pranzo e lo vidi seduto di fronte alla tavola apparecchiata, i gomiti sopra al tavolo, le dita incrociate creavano una sorta di appoggio al mento, che si poggiava delicatamente sopra di esse. Era davvero la perfezione rincarnata in un solo uomo. Vestito rigorosamente di nero, dei pantaloni stretti mettevano in evidenza la magrezza delle sue gambe, indossava una camicia a maniche lunghe, che rimaneva leggermente larga sulle spalle. Ai piedi aveva le sue solite converse nere, mezze rovinate a causa dello scorrere del tempo. Tutto il suo abbigliamento andava in contrasto col pallore e la candidezza del suo volto, caratterizzato da dei lineamenti a dir poco meravigliosi. Ciò che spiccava in quel viso, era il rossore delle sue labbra, morbide e carnose, che avrei voluto sulla mia pelle, marcandomi per tutta la vita, impadronendosi di me. La cosa che più mi stregava di lui erano i suoi occhi di ghiaccio, che mi avevano sempre perseguitata, anche quei due anni in cui ero lontana da loro, cercando di dimenticarli in tutti i modi, ma è stato del tutto inutile, poiché ormai mi avevano segnata, entrando dentro di me senza più uscirne, per nessun motivo.

Ville mi guardò e, puntando l’indice contro la sedia posta davanti a lui, fece segno di sedermi. Mi avvicinai al tavolo e mi sedetti davanti a lui, saparati soltanto dal fumo lieve delle pietanze calde, già nel piatto.

Consumammo la cena in silenzio, senza proferire parola, anche se le cose da dire erano tante, almeno lo erano da parte mia, dato che la mia mente continuava a duellare con il cuore in una lotta infinita, facendo affiorare mille pensieri, dubbi e domande che in quel momento non volevo né risolvere né pormi, anzi avrei davvero voluto passare una serata tranquilla, libera da qualsiasi preoccupazione o sorte futura, concentrandomi solo nel presente che, senza accorgermene, stava scivolando via dalla mie mani, istante dopo istante, perdendo ogni suo attimo.  Volevo con tutta me stessa che il cervello dimenticasse il fatto che io e Ville non stessimo più insieme e che ricordasse, come il cuore stava facendo, di quanto ero felice assieme a lui, come la leggerezza e la spensieratezza pervadevano il mio corpo, ogni volta che mi trovavo in sua compagnia; ma purtroppo la ragione era in grado di valutare solo gli eventi che stavano accadendo ora, in questo presente così tormentato e invivibile, che mi torturava senza nessuna pietà.

-Ary … -esclamò Ville, poggiandosi allo schienale della sedia, allungando sotto il tavolo le sue gambe chilometriche. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette, ne prese una e poi lo poggio sul tavolo. L’accese, aspirò un po’ di nicotina e poi buttò fuori il fumo , storcendo leggermente la bocca.

-Basta pensare, ti logorerai dentro e senza accorgertene, stai uccidendo la tua anima a poco a poco, lasciandole pochi istanti da vivere –concluse portando nuovamente la sigaretta alla bocca. Si alzò in piedi, avvicinandosi al mobiletto in legno, dove teneva i liquori, e tirò fuori due bicchieri di vetro ed una bottiglia di Jack Daniel’s. Seguii i suoi movimenti con lo sguardo, ruotando leggermente il capo, per studiare al meglio le sue azioni.

-Come fai a saperlo? –gli domandai torcendo leggermente la schiena, appoggiando il braccio sopra lo schienale della sedia –perché sei in grado di percepire tutte queste cose? –proseguii.

Ville non si voltò, intento a riempire i due bicchieri, ma potevo avvertire un leggero sorriso, formatosi d’un tratto sul suo viso pallido.

-Lo sai Ary, te l’ho già spiegato –rispose venendo verso di me, porgendomi il bicchiere pieno di liquore, tenendo sempre la sigaretta, sulla quale si era accumulata della cenere, in bocca. Si sedette davanti a me, poggiando il suo bicchiere sul tavolo, accavallò la gamba destra e con l’indice sinistro tolse la cenere della sigaretta, facendola cadere sul piatto ormai vuoto.

-Mi appartieni, sei legata a me da un vincolo inviolabile e del tutto inscindibile e che tu lo voglia o no, sono in grado di percepire ogni tua paura, pensiero e sensazione –disse sorseggiando un po’ di liquore –solo io posso rispondere alle migliaia di domande che il tuo cervello ti sta ponendo ininterrottamente, perciò ti consiglio di non dargli più ascolto –proseguì alzandosi in piedi, spegnendo la sigaretta dentro al piatto. Mi venne vicino e prese la mia mano. Mi attirò a sé, facendomi cadere tra le sue braccia, con le quali mi avvolse in un abbraccio infinito. Il suo profumo mi stregò ancora una volta, rendendomi schiava del suo volere, impedendomi di scegliere qualsiasi via di fuga si fosse presentata.

-Libera la tua mente da ogni pensiero o dubbio, a comandarti ora deve essere solamente il tuo cuore Ary, al quale hai dato poco spazio, cercando di trovare sempre una soluzione razionale a tutto quanto. Lui solo sa quanto grande è l’amore che provi per me, per cui è giunto il momento che tu lo ascolti –terminò il discorso, stringendomi di più a sé, come se volessimo diventare una cosa sola.

Odiavo il suo essere così saccente, il suo fare da psicologo mi faceva ribollire il sangue, ma la cosa che più detestavo era il fatto che, ancora una volta, avesse ragione. Troppe volte avevo provato a sottomettere il volere del mio cuore con quello della ragione tanto da ritrovarmi continuamente immischiata in una continua lotta senza fine, dove nessuno dei due riusciva a trovare un accordo pacifico e tanto più forte era l’astio, tanto la mia anima andava spegnendosi, perdendo giorno dopo giorno attimi vitali per la mia esistenza. Era davvero arrivato il momento di lasciare al cuore lo spazio di cui necessitava, senza più ostacolare il suo volere, lasciando esprimere completamente tutte le sue forme e sfumature. Solo lui sapeva quanto fossi innamorata di Ville, quanto avevo bisogno della sua presenza che mi accompagnava nel percorso della vita. Lui era consapevole del fatto che nessuna fuga, nessuna soluzione razionale, sarebbe riuscita a placare l’immenso amore che provavo nei suoi confronti; sembrava davvero che i due avessero escogitato una sorta di piano per farmi ritornare, riuscendo a vincere sulla ragione, che, imperterrita, continuava a portarmi lontano dalla mia linfa vitale.

 

Eccomi di nuovo qui cari lettori :)
Beh come potete vedere Mr. Valo non la smette di fare il filosofo, simbolista, psicologo della gente. Sempre più misterioso e sempre più contorto il nostro ragazzo.
E quella poveraccia lì, Ary, che si dimena cercando di capirlo, già che che deve capire che diavolo di intenzioni ha il finnico, in più ci si mette a fare pure i suoi discorsetti, non ne esce più fuori (quando mai ne è uscita?)
Ringrazio le persone che stanno seguendo questa vicenda ideata dalla mia contorta testolina, spero non rimaniate delusi!
Un grazie particolare va a Heaven_Tonight, la mia Beta e l'ideatrice della foto: Sei un tesoro <3
Vorrei anche ringraziare _TheDarkLadyV_ che mi da sempre sostegno morale, grazie pischellì :)
Alla prossima gente :)

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Capitolo 6
*** Nelle mani del Destino ***


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Capitolo 6

Fuori la pioggia continuava insistentemente a scendere, picchiando forte sul vetro della porta finestra e, ad intervalli del tutto sfasati, qualche lampo illuminava l’oscurità della notte, priva di stelle. La tavola era ancora apparecchiata, dalla sigaretta di Ville fuoriusciva ancora del fumo ed i bicchieri riempiti col liquore erano ancora mezzi pieni. Senza scioglierci da quell’abbraccio, ci dirigemmo verso il divano, sdraiandoci delicatamente. Poggiai il capo sul petto di Ville, stringendo con la mano destra un pezzo della sua camicia. Ero agitata, non riuscivo a rilassarmi, ad appagare il mio animo irrequieto, i miei muscoli erano in tensione e dei brividi gelidi mi attraversavano il corpo, facendomi sobbalzare continuamente. Il cervello non voleva saperne di essere messo da parte, troppo era stato il tempo in cui gli avevo lasciato il libero arbitrio su di me ed anche adesso, che per una volta in tutta la mia vita avevo deciso di godermi la spensieratezza, voleva mettermi i bastoni tra le ruote, facendo ronzare in testa la famosa domanda che ormai da tempo albergava nella mia mente, mi chiedevo continuamente perché, tra tutti gli uomini che avevo incontrato, il destino mi aveva affidata a lui, la perfezione incarnatasi in un essere umano e, inoltre, ero curiosa di sapere, per quale motivo riusciva a farmi stare così bene e male allo stesso tempo. Non riuscivo davvero a non pensare a cosa sarebbe accaduto poi, una volta che Jonna fosse tornata, il cuore non voleva accettare il fatto che si sarebbe allontanato da Ville ancora una volta e al solo pensiero iniziavo a sentirmi male, il fiato iniziava a mancare e sentivo l’anima uscire pian piano dal mio corpo, era davvero orribile.

Alzai lievemente lo sguardo e li incontrai, quegli occhi di ghiaccio che penetravano nelle mie viscere, con fare così delicato e diretto, da non sentir alcun dolore e quante volte ancora avrei voluto che si posassero su di me, senza mai lasciarmi. Ville mi carezzò la guancia con il dorso della mano, poi poggiò il pollice sotto al mio occhio, come per asciugarlo; senza rendermene conto stavo piangendo, in silenzio per non essere sentita, per non cercare la pietà di nessuno, perché dovevo cavarmela da sola a qualsiasi costo, solo che ora era impossibile uscire da questa situazione da sola e l’unico in grado di aiutarmi ce lo avevo proprio davanti agli occhi, la stessa persona che mi rendeva così misera e vulnerabile.

-Non continuare a chiederti che cosa succederà tra qualche giorno o domani o tra un’ora –disse carezzandomi con l’altra mano i capelli ricci che cadevano con fare leggiadro lungo tutta la schiena –siamo stati creati per cercare di vivere al meglio ogni istante di questo presente così sfuggevole, non per decidere le sorti del nostro futuro –proseguì cingendomi i fianchi e, con un gesto, mi ritrovai sotto di lui, come intrappolata –non andare ad immischiarti in compiti che non ti riguardano Ary, il destino penserà a gestire tutto questo, non puoi far altro che ubbidirgli –concluse unendo le sue labbra con le mie, in un bacio meraviglioso ed unico, che lo contraddistingueva da qualsiasi altra creatura. Sentii la passione travolgermi, impossessandosi di me, riuscendo ad acquietare il volere della ragione, finalmente. Mi lasciai trasportare dal desiderio, che guidava ogni mio movimento, come fossi una sua marionetta. Baciai Ville con più foga, passando al collo, mentre con le mani gli sbottonavo la camicia, fino a sfilargliela del tutto. Il ragazzo fece lo stesso con me, togliendomi per tutta risposta la maglia, continuando a baciare ogni parte del mio corpo, che pian piano riacquistava vitalità e vigore. Avevo bisogno di essere toccata da quelle labbra per sentirmi di nuovo viva, avevano il potere di farmi rinvigorire e di guarire ogni ferita più profonda e mortale … lui era la mia fonte di energia vitale, in grado di farmi ritrovare il senso di questo tormentato vivere e, in quel momento, ringraziai il fato per avermi legata a lui, per avermi permesso di comprendere chi davvero fosse Ville per me e quale ruolo avesse nella mia vita. Avrei voluto essere sua schiava per tutta la vita, intrappolata nel suo volere perché ora riuscivo solo a sentire tutto il bene e la leggerezza che era in grado di farmi riscoprire. Velocemente il ragazzo si tolse i pantaloni e sfilò i suoi boxer, mi diede un bacio delicato il fronte, mentre abbassava i miei slip. Io lo guardai, accennando un flebile sorriso, per poi stringerlo a me. Entrò in me, ancora una volta, facendomi tremare come una piccola foglia infreddolita dal vento gelido dell’inverno. Eravamo una cosa sola, due entità unite dal vincolo della passione e dell’amore che, insieme, stavano mostrando alla ragione la loro superiorità e nessuno, nemmeno la più grande sofferenza, avrebbe potuto rovinare quel momento così magico ed indimenticabile, avrei voluto restare così unita a lui per tutta la vita, mentre il tempo passava davanti senza che me ne accorgessi, perché l’unica cosa importante era poterlo avere, sentirlo mio per sempre.

Aprii gli occhi e mi ritrovai distesa sul divano, coperta da un plaid, i miei vestiti erano ancora a terra, mentre quelli di Ville non c’erano più. Mi voltai verso il tavolo e vidi il ragazzo in piedi, intento ad accendersi la sua ennesima sigaretta. Prese in mano i due bicchieri e si sedette accanto a me, porgendomene uno. Calò il silenzio, nessuno dei due sapeva cosa dire, forse perché non c’era nulla da confidarsi o almeno da parte mia, poiché era in grado di poter percepire ogni mia singola supposizione, senza doverla neppure pronunciare. Non so cosa mi mosse in quell’istante, so solo che d’istinto appoggiai la testa sopra le gambe di Ville, rannicchiandomi su me stessa. Il ragazzo fece un piccolo sorriso e nascose una mano tra i miei capelli

-Ville, davvero il destino ha scelto tutto questo per noi? –gli chiesi mentre sorseggiavo un po’ del liquore

La sua mano dai capelli passò poi alla spalla, scendendo lungo il mio braccio sinistro, tornando poi su, carezzandolo dolcemente, provocandomi dei piccoli brividi.

-Siamo ciò che lui ha ideato, ha segnato ogni percorso della nostra vita –rispose aspirando un po’ di nicotina dalla sigaretta –ecco perché è inutile che tu stia cercando risposte a tutte le domande che ti frullano in testa –buttò fuori il fumo con una leggera smorfia –perché nulla mai cambierà l’amore che provi per me –proseguì avvicinando il suo volto al mio –tu non smetterai mai di amarmi, nemmeno dopo la morte –concluse baciandomi le labbra.

Per l’ennesima volta aveva la ragione dalla sua parte ed io mi sentivo sempre più misera per il fatto che non riuscissi a comprendere al volo tutto questo, al contrario di lui. Il mio cuore, dalla prima volta che lo vide, aveva deciso di legarsi a lui e a lui soltanto, senza trovare alternative, non mostrandosi più a nessun’altro, tranne che a quell’uomo. Avrei voluto davvero domandargli se anche lui fosse ancora innamorato di me come lo sono io, oppure stava facendo tutto questo solo per trovare un appagamento, per riempire un vuoto di due settimane, ma non volevo meditare su questa alternativa, al solo pensiero sentivo il cuore affievolirsi ed il fiato soffocarsi, l’unica cosa che desideravo ora era stare bene, indipendentemente se Ville mi amasse ancora oppure no.

Per il resto della serata parlammo del più e del meno, raccontandoci le nostre avventure, in quanto la volta scorsa non ne avevamo avuto modo. Le nostre chiacchiere erano sempre accompagnate dalla pioggia che cadeva ora più flebilmente, come se volesse ascoltarci. Ridemmo, scherzammo e ci divertimmo a stuzzicarci per tutta la sera, facemmo l’amore un’altra volta e fu davvero meraviglioso, sembrava che il tempo fosse magicamente tornato indietro, permettendomi di ricordare quanto fosse bello stare con lui, facendomi dimenticare tutta la sofferenza arrecatami … era come se stessi rinascendo dalle ceneri e, come una fenice, pronta a vivere la nuova vita appena iniziata e potevo sentire il cuore manifestare tutta la sua gioia, per il semplice fatto che, per la prima volta, stavo ubbidendo al suo volere.

Il mattino seguente mi svegliai del tutto rilassata ed appagata, senza nessun pensiero che mi ronzasse attorno, era davvero piacevole. Mi stirai le braccia per cercare di diffondere energia a tutto il resto del mio corpo, poggiai le mani sul letto e girai lo sguardo verso sinistra e lo vidi accanto a me, dormire ancora beatamente. Era una creatura davvero splendida, il modo in cui abbracciava il cuscino lo rendeva assai fanciullesco, le sue labbra, sempre colorate di quel rosso infuocato, erano leggermente protese in avanti ed i suoi occhi, ancora chiusi, erano costantemente contornati da quel rossore che gli attribuivano quel velo di mistero e regalità. Sorrisi, adoravo osservarlo mentre dormiva, con una mano gli carezzai i capelli, per poi passare alla guancia, collo e scendere lungo tutto il suo braccio tatuato. La sua pelle così morbida e così candida lo faceva assomigliare sempre più ad una creatura mistica, lontana dal mondo degli umani.

Mi alzai dal letto e presi il cellulare che avevo poggiato sul comodino, si erano fatte le 10 di mattina. Senza far rumore mi rivestii, mi avvicinai allo specchio e, al buio, cercai di darmi una sistemata ai capelli, ancora tutti arruffati. Camminai verso la porta, poggia la mano sopra la maniglia, ma prima di aprirla girai lo sguardo verso Ville, per controllare se stesse ancora dormendo. Feci per andarmene quando sentii alle mie spalle le coperte muoversi ed un profondo sbadiglio rompere il silenzio

-Ehi dove stai andando? –domandò stirandosi le braccia, tirando indentro la pancia assente, mostrandomi tutte le sue ossa.

-Paula potrebbe preoccuparsi e non voglio che questo accada –risposi spingendo la maniglia della porta verso il basso, anche se non avrei mai voluto lasciare quella stanza per nessun motivo al mondo. Il ragazzo sorrise, prendendo da sopra il suo comodino una sigaretta.

-Lei sa che sei in buone mani, fidati di me, ma se vuoi andare vai pure, tanto so che non riuscirai a starmi lontana –concluse accendendosela, dopo svariate prove, ancora troppo assonnato per eseguire dei precisi movimenti.

Sgranai gli occhi, la sua troppa sicurezza mi mandava in escandescenza, possibile che doveva sempre ricordarmi il fatto che non sarei mai riuscita ad uscire dalla sua trappola? Forse però non volevo nemmeno io che mi liberasse da quella schiavitù, anzi il mio cuore premeva per essere suo tutta la vita. Lo salutai con la mano, se solo mi fossi avvicinata di un millimetro molto probabilmente sarei distesa di nuovo in quel letto.

Mentre me ne tornavo a casa ripensavo a tutto quello che stava accadendo in questo periodo, ero ritornata ad Helsinki nemmeno da un mese e già la mia vita si era arricchita di nuove vicende, anzi forse si era affacciata a vecchie questioni lasciate per troppo tempo in sospeso e che ancora non potevano essere risolte, anche perché non vi era una soluzione razionale a tutto questo, l’unica cosa di cui ero certa era che rigettarmi in quell’infinito labirinto mi faceva star bene ed appagata, anche se da una parte soffrivo come un povero disperso, alla continua ricerca della strada giusta per uscirne, solo che io più trovavo una via di fuga, più avevo la necessità di perdermi di nuovo, in modo tale da non terminare questo circolo vizioso. Avrei tanto voluto essere brava come Ville e poter comprendere i suoi pensieri e sentimenti, per scoprire che cosa provasse verso di me, ma io non ero in grado di percepirlo, troppo legata ancora al regno della razionalità.

Arrivai a casa di Lauri e Paula senza nemmeno accorgermene. Presi le chiavi dalle tasche dei pantaloni ed aprii la porta. Trovai Paula seduta sul divano, intenta a sorseggiare un bicchiere di tè alla pesca, mentre con l’altra mano si carezzava il pancione, il quale pian piano iniziava a farsi sempre più evidente. Si girò verso di me, facendo una faccia quasi sorpresa, non aspettandosi del mio ritorno.

-Ehi ma guarda un po’ chi c’è –esclamò sorridendo –vieni siediti cara –proseguì poggiando la mano sopra l’altro cuscino del divano. Andai verso di lei e mi sedetti, tenendo la testa bassa, come se aspettassi un rimprovero da un momento all’altro.

-Beh allora, che ti racconta di nuovo questa tua amica? –domandò bevendo ancora un po’. Mi chiedevo tra me e me se stesse giocando, oppure davvero non aveva capito che avevo passato la notte da Ville, ma era quasi improbabile, in quanto per lei ero come una strada fin troppo conosciuta, di cui anche il più nuovo sentiero era già stato marcato.

-Mah nulla di nuovo –risposi facendo finta di niente –sai siamo state compagne del liceo e, non so come, è venuta a conoscenza del mio ritorno, quindi … -cercai di continuare, se non fosse stato per Paula che mi interruppe subito.

-Ary, tesoro mio, ma credi davvero che io beva a questa bugia? –rise portando una mano alla bocca –sei peggio di Lauri quando devi inventare una frottola, si vede che siete amici –proseguì alzandosi dal divano, poggiando il bicchiere vuoto sopra la tavola da pranzo –riconosco quell’odore di sigaretta da lontano un miglio ormai, ma soprattutto conosco te Ary e sapevo per certo che non saresti riuscita a stargli lontana –continuò sedendosi su di una sedia, con un leggero sorriso stampato in volto. Mi aspettavo chissà quale rimprovero, quale avvertimento, invece sembrava quasi compiaciuta del fatto che avessi passato la serata insieme a Ville.

-Approfitta dell’assenza di Jonna finché puoi piccola, vivilo fino all’ultimo respiro, il tuo cuore ha bisogno di quell’energia per poter andare avanti, altrimenti si affievolirà, come è già successo –disse allungando una mano verso il mio volto, carezzandomi la guancia coperta dai capelli. Era incredibile, come tutti riuscissero a capire quanto grande fosse l’amore che provavo per Ville e più cercavo di tenerlo nascosto, più lui emergeva fuori rendendomi vulnerabile, svelando la mia debolezza.

-Paula … -esclamai flebilmente, mentre una nuova lacrima percorreva il mio volto scavato –non posso pensare che tra due settimane tutta questa magia finirà. Io ho bisogno di lui, il mio cuore ha la necessità di vivergli accanto, perché solo così il mio animo può sentirsi appagato –proseguii asciugandomi gli occhi, odiavo piangere, ma sembrava fosse l’unica valvola di sfogo –e più passo il tempo lontano da lui, più mi sento logorare dentro, come se stessi subendo le torture più violente di questo mondo … Paula io … io … -continuai balbettando, il mio cervello si rifiutava a farmi pronunciare quella parola, non l’avevo detto mai a nessuno, nemmeno a lui quando stavamo insieme anni fa, per orgoglio, per non passare dalla solita sdolcinata, ma il mio cuore ora aveva bisogno di gridarlo a gran voce, perché niente si poteva più nascondere. Paula si alzò dalla sedia, abbracciandomi forte, cercando di farmi sentire tutto l’appoggio possibile che solo una vera amica è in grado di regalarti, riuscendo a non farti sentire più sola.

-Dillo Ary, è giunto ormai il momento che tu lo dica –esclamò carezzandomi  la nuca.

Adoravo quella donna, per il semplice fatto che riuscisse a cogliere a pieno ogni mia debolezza, senza che io dovessi spiegarle nulla. Il suo modo di starmi accanto, la sua dolcezza nell’accompagnarmi lungo il tortuoso cammino della vita, mi fece realizzare che in qualsiasi parte del mondo io dovessi andare, avrò per sempre Paula al mio fianco, pronta a sostenermi ed aiutarmi.

-Io lo amo Paula, il mio cuore ha scelto lui e lui soltanto, non ha mai voluto alternative, non le ha mai cercate … non vuole più legarsi a nessuno che non sia lui –dissi guardandola negli occhi, mentre lei mi dava un delicato bacio sulla fronte –e se amarlo significa farmi raggiungere il limite massimo della pazzia … beh che diventi pazza, allora –conclusi abbozzando un leggero sorriso, mentre con una mano tentavo inutilmente di frenare le lacrime che, come gocce di pioggia martellante, picchiavano il viso. Nemmeno il più grande ostacolo vivente avrebbe impedito al mio cuore di amare Ville e anche se avessi provato a dimenticarlo, lui sarebbe tornato per sempre, perché il destino aveva ormai deciso così, di affidarmi a lui e di chiudere con un sigillo irrevocabile le nostre vite. Ero ormai segnata e forse non potevo chiedere di meglio, nonostante tutte le angosce e le sofferenze che mi aveva fatto passare e che stavo passando, io più di ogni altra cosa, avrei sognato di poter finire il resto dei miei giorni accanto a lui.

Feci un enorme sorriso, mi asciugai il viso con le mani e mi alzai in piedi. Paula mi guardò, con fare interrogativo, cercando di studiare i miei movimenti. Mi voltai e le sorrisi, facendole intuire che mi sentivo meglio dopo essermi sfogata, dopo aver rivelato la verità riguardo il mio sentimento più grande.

Salve a tutti cari lettori!!
Eccomi ritornata, dopo un po' con il continuo della mia pargolina!
Questi due non si staccano proprio più eh?
Ary non ci riesce proprio a stare lontano da quel saccentone presuntoso. Complimenti ragazza, continua pure ad autolesionarti così, ma del resto come dargli torto? Lui è così....così...beh avete capito no?
Come potete vedere è finalmente ritornata Paula, sta povera crista che si preoccupa e non sa mai dove diavolo finisce quell'altra....anzi lo sa e anche bene!
Voglio ringraziare le mie care lettrici più strette _TheDarkLadyV_ , katvil e LilyValo!!
Un ringraziamento speciale va alla mia Beta Heaven_Tonight che mi sopporta sempre!
E per i fantasmini che fanno visita, lasciate pure un vostro segno :)
Alla prossima :)

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Capitolo 7
*** La gara di Skate ***


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Capitolo 7
Slaves
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-Paula, vado a fare la doccia, poi pranziamo ok? Non ti azzardare a toccare pentole o chissà quale altra cosa, devi riposare –esclami mettendola in guardia che se mai avesse provato a prendere qualsiasi arnese da cucina, l’avrei fulminata solo con lo sguardo e fatto le peggio ramanzine. Si distese sul divano, poggiando bene i piedi su di un cuscino, emettendo dei grandi sospiri, era davvero bella e ciò che la rendeva ancora più meravigliosa era il pancione rotondo e ben delineato. Non potevo descrivere la felicità che d’un tratto pervase il mio corpo, ero davvero orgogliosa della mia amica e di Lauri, di come l’amore avesse potuto fargli realizzare qualcosa di così puro e perfetto e in un attimo pensai anche io al giorno in cui avrei avuto in grembo una creatura così indifesa, d’istinto mi toccai la pancia, del tutto assente per via della danza, ma sorrisi ugualmente, perché un giorno sarebbe cresciuta anche lei. Andai a fare una doccia veloce, senza lavarmi i capelli, altrimenti avrei fatto morire Paula di fame. Mi recai in camera e mi misi un paio di blu jeans ed una maglia rosso bordeaux a maniche corte, indossai gli anfibi e mi recai in cucina. Con la coda dell’occhio vidi Paula ancora sul divano, che stava riposando, almeno una volta mi aveva dato retta. Preparai un qualcosa di leggero, dato che nessuna delle due aveva molta fame. Apparecchiai la tavola con una tovaglia bianca, posi due bicchieri da birra sul tavolo, le posate e due piatti di porcellana bianca. Mi sedetti vicino alla ragazze, le spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le sussurrai leggermente che il pranzo era pronto. Paula si stropicciò gli occhi come un bambino e sorrise, ci alzammo entrambe dal divano per poi goderci il pranzo. Durante il pasto regnò un soave silenzio, a romperlo era solo il cantare dei dolci passerotti che svolazzavano sul tetto, era tutto così piacevole e leggero, mi sentivo appagata e soddisfatta, il solo passare del tempo con la mia migliore amica mi faceva dimenticare di tutto il caos che albergava nel mio animo, a cui ora non volevo pensare.

-Lauri sta lavorando? –le chiesi mentre mi accingevo a sparecchiare la tavola, portando in cucina le posate.

-Sì è a casa di Aki per un progetto musicale, sai è parecchio impegnato e si sente anche in colpa a lasciarmi da sola ogni tanto, ma io preferisco restare qui –rispose mentre mi passava i bicchieri con i piatti, restando seduta, anche perché altrimenti l’avrei sgridata.

-Ma che cucciolo che è –risi aprendo il lavello –si preoccupa il piccino –continuai pulendo per bene tutte le stoviglie.

-Ascolta Ary, questo pomeriggio c’è un’esibizione di skateboard al parco e dovrebbe esserci Bam a gareggiare, vogliamo andarci così esco da questa cella di isolamento? –mi chiese ridendo. Le feci cenno di sì con la testa, mi erano sempre piaciute queste esibizioni e poi ero contenta di scambiare quattro chiacchiere con Bam, era un pazzo scatenato, ogni volta ne combinava una delle sue ed io a piegarmi dal ridere come una iena. Finii di lavare i piatti, li asciugai e li riposi negli appositi ripiani. Aspettai Paula che si era andata a cambiare, mentre io mi mettevo un leggero filo di matita sugli occhi. La mia amica uscì dalla sua camera, indossava una maglia grigia, lunga fino a metà coscia, che evidenziava leggermente il pancione, un paio di legghins neri e delle converse rosse a stivaletto. Uscimmo da casa e ci dirigemmo verso il parco. Era davvero gigante, uno spazio verde contornato da alberi in fiori che coloravano tutto il dipinto, sulla destra c’era un piccolo chiosco in legno dove servivano delle bevande, a sinistra, invece si poteva notare un grazioso parco giochi, arricchito di altalene e scivoli. Ci inoltrammo nel verde, dove trovammo la pista da skate tutta allestita, nella rampa potevamo notare dei ragazzi che la stavano testando, erano davvero bravi.

-Dio ma questi ragazzi non hanno nulla di meglio da fare che trovare un metodo per rompersi le ossa del collo? –domandò Paula carezzandosi il pancione, come se volesse rassicurare la creatura che portava in grembo. Le sorrisi, mentre dalla borsa tiravo fuori il tabacco. Ne misi un po’ nella cartina e poi iniziai a rollarla.

-Stai tranquilla tesoro, ci sanno fare questi bimbi qua, soprattutto uno di mia conoscenza che però non vedo, molto probabilmente si è ritirato per paura di rompersi un’unghia –risi continuando a girarmi la sigaretta. La portai verso la bocca per leccare la colla, quando sentii improvvisamente un braccio cingermi il collo.

-Ma ci sono le mie due fan numero uno qui, che onore ragazze –esclamò Bam compiaciuto della nostra presenza. Era vestito come un classico skater, jeans larghi tenuti a vita bassa, delle vans old skool nere come quelle che avevo io, indossava una maglia nera a maniche corte ed in testa non poteva mancare la sua cuffia. Poggiò un piede sullo skateboard, facendolo saltare in alto per poi prenderlo al volo con la mano sinistra, dove portava un guanto con le dita tagliate. Adoravo quel ragazzo, la sua pazzia mi regalava sempre delle grandi e fragorose risate, facendomi dimenticare qualsiasi pensiero o problema che incombeva nella realtà. In un istante fui catapultata indietro nel tempo, ricordando le infinite serata passate insieme quando ancora io e Ville eravamo dei semplici conoscenti e se ora mi trovo in questa situazione, a vivere un intreccio tra gioia e dolore, devo odiare e ringraziare lui allo stesso tempo e nulla, come all’ora, mi farà cambiare idea sul fatto che lui fosse innamorato di Ville quanto lo ero io. Lo ammirava in tutto e per tutto, cercando di assomigliargli il più possibile, nei modi di vestire e di fare,  d'altronde come dargli torto? Fossi un uomo anche io cercherei di imitarlo, ma ogni tentativo sarebbe risultato vano per il semplice fatto che tutti gli altri erano solo degli essere umani, lui invece era la perfezione.

-Bam non spaccarti un osso –esclamai mentre leccavo la cartina –sai che non ti aiuterei –risi chiudendola. Dio quanto mi divertivo a prenderlo in giro, ci stuzzicavamo di continuo e puntualmente ci ritrovavamo piegati in due con le lacrime agli occhi, come due veri e propri idioti.

-Ary ma dai poverino, è pericoloso sai? –mi rimproverò Paula, preoccupata per la salute di Bam. Giorno dopo giorno veniva fuori il suo istinto materno, trattando tutti come fossero figli suoi e la cosa mi regalava un nuovo sorriso, consapevole del fatto che sarebbe stata una mamma perfetta, affiancata da un uomo che tutte penso avrebbero voluto come compagno e padre delle proprie creature … tutte tranne me, troppa era l’amicizia che ci univa da non riuscire mai a vederlo al mio fianco come l’uomo con cui condividere la mia vita, forse perché il destino lo aveva reso parte di me in ben altri modi, quasi che iniziavo a crederci a tutte queste nozioni trascendentali.

-State tranquille ragazze, sono un professionista –ci rassicurò il ragazzo, facendoci l’occhiolino, mentre si dirigeva verso la rampa. Dalla tasca dei pantaloni tirai fuori un accendino, lo portai verso la sigaretta per accenderla, ma ogni tentativo fu vano, probabilmente si era scaricato. Feci per cercarne uno nuovo nella borsa, quando d’un tratto me ne vidi uno davanti agli occhi con la fiamma accesa. Avrei riconosciuto quella mano da lontano un miglio, poiché il pallore che la contraddistingueva dalle altre era un qualcosa di sovraumano. Con la coda dell’occhio studiai quella figura, fino ad incontrare il suo sguardo glaciale, che mi entrò dentro come una lama tagliente, senza recarmi alcuna ferita.

-Sembra che tu sia accorto di gas –esclamò con la sigaretta ancora in bocca, dalla quale usciva del fumo grigio. Paula si voltò verso di me e sgranò gli occhi, come se potesse percepire il mio stato d’animo, che era un misto tra felicità e disperazione allo stesso tempo, tanta era la voglia di vederlo quanta quella di evitarlo.

-Ville dì qualcosa al tuo amico, si farà male –esclamò la mia amica preoccupata, pregandolo con gli occhi. Il ragazzo per tutta risposta rise, scrollando un po’ di cenere dalla sigaretta, quasi terminata.

-Ha già battuto la testa quando era piccolo, qualche ossa rotta non sarà poi la fine del mondo –rispose buttando il mozzicone a terra, spegnendolo con una scarpa. Sorrisi anche io, non tanto per la battuta di Ville, quanto per la preoccupazione di Paula che stava vivendo un’angoscia assurda, eppure lei era voluta venire qui. Feci una carezza sulla guancia della mia amica, rassicurandola.

-Tranquilla, sì Bam sarà pure fuori di testa, ma non si farà male, è un professionista in queste cose fidati –esclamai cercando di infonderle tutta la mia energia positiva, quella poca che mi era rimasta. La ragazza si calmò e calò tra noi un soave silenzio, intenti tutti e tre ad osservare l’esibizione e sperare che il nostro amico non si facesse male. Dentro di me si stava scatenando una guerra cosmica, la ragione che mi consigliava di stare alla larga da Ville, vedendolo come un pericolo mortale per il mio animo, troppe erano le delusioni e sofferenze che mi aveva inflitto , dall’altra parte c’era il cuore, bramoso della sua presenza, necessitava di succhiare il nettare vitale che ogni giorno gli permetteva di battere per far funzionare ogni parte vitale del mio corpo e più mi convincevo a tranquillizzarmi, più questi due titani si scagliavano colpi violenti, che mi logoravano dentro, come se volessero uccidermi. Senza neppure accorgermene stavo sudando come un dannato in preda all’agonia e la cosa che più mi tormentava, era nel sentire quello sguardo infernale che continuamente vegliava su di me, non potevo nascondere nulla perché nessuna emozione sarebbe sfuggita a Ville, che con il suo potere percepiva qualsiasi cosa, anche il desiderio più innocente. Mi misi una mano sulle tempie, massaggiandole leggermente, cercando di placare tutto quel caos interiore, senza riuscirci.

-Vado a prendere qualcosa da bere, tu Paula vuoi qualcosa? –domandò il ragazzo prendendomi per un braccio, obbligandomi ad andare con lui. La ragazza ordinò un tè al limone e, senza opporre alcuna resistenza né proferendo parola, mi lasciò andare assieme a Ville, sapendo benissimo che l’unico modo per placare tutta quell’angoscia, che lei anche aveva avvertito, era stare assieme a lui.

Percorremmo il viale alberato in totale silenzio, con attorno al collo il braccio totalmente tatuato di Ville, che mi stringeva a sé, come per non farmi scappare via. Mi stavo riprendendo pian piano, in quell’abbraccio potevo avvertire tutta l’energia positiva che andava a toccare le viscere più profonde, conferendomi quella spensieratezza che solo in sua compagnia riuscivo a raggiungere. Il ragazzo mi diede un delicato bacio sulla guancia, facendomi rabbrividire a causa delle sue labbra tanto infuocate quanto gelide. Non appena le tolse, il mio corpo le bramava ancora una volta, schiavo della passione più che mai, sentiva il bisogno di unirsi al corpo del ragazzo, per appagare il suo desidero e tutto questo sarebbe stato meno angosciante, se non fosse per il fatto che il cervello mi ricordasse continuamente che quell’uomo non era mio e, scaduto il tempo, non lo avrei potuto più sentire dentro di me, lasciando che la tristezza mi uccidesse a poco a poco.

-Stai ancora pensando, se vuoi che tutta questa agonia cessi ti consiglio di smetterla all’istante –esclamò accendendosi un’altra sigaretta. Doveva continuare a puntualizzare il fatto che mi conoscesse così bene? Non vedeva che stavo soffrendo come un povero cane? Dio avrei voluto ucciderlo, ma non me lo sarei mai perdonato, non tanto per il reato, quanto per il fatto che senza di lui sarei diventata un vegetale. Senza ribattere alla sua affermazione, continuammo a camminare fino a raggiungere il chiosco. Ville andò a prendere le bevande, mentre io lo aspettavo, intenta a finire un’altra sigaretta, che riusciva a calmare il mio stato d’animo … i miracoli della nicotina! Forse era grazie a lei che quell’uomo era sempre così calmo ed appagato? Non credo, probabilmente era solo in grado di vivere appieno ogni istante del presente, senza tralasciar nulla e senza meditare ad azioni future o ricordare vicende passate e se ci fossi riuscita anche io sicuramente non starei così ora, ma per colpa del mio essere razionale cercavo continuamente risposte a temi del tutto trascendentali ed impossibili, sfidavo le sorti del destino, ed esso mi stava dando una bella lezione.  Posai la sigaretta nel posacenere di un tavolino, mentre Ville si avvicinava verso di me, porgendomi il tè di Paula e la birra per me. Ne bevvi un sorso, sentendo la freschezza pervadere il mio corpo accaldato dal desiderio,placandolo leggermente. Tornammo verso la rampa da skateboard, senza dirci nulla, poiché lui era in grado di sentirmi continuamente e di avvertire qualsiasi cosa, cosa che non ero capace di fare io, dovendo sempre rompere i beati silenzi con le noiose parole, troppo scontate e banali.

-Avevo ragione … -esclamò d’un tratto, prendendomi per un braccio ed appoggiandomi ad un tronco di un albero –non riesci a starmi lontana, so quanto desideravi vivermi non appena mi hai visto –proseguì avvicinando la bocca al mio orecchio sinistro, mentre con la mano destra mi carezzava la spalla, fino a scendere fino ai fianchi –quando capirai che evitarmi ti è impossibile? Placa questo caos, non lasciarti manipolare dal volere della ragione, lei non può capire le sorti del destino, il tuo cuore sì –concluse baciandomi, con una dolcezza e passione tale da renderlo forse il più bello che mi avesse concesso. Ma io come riuscivo a sopravvivere a tutto questo? Come potevo appagare il mio animo irrequieto sapendo che fra meno di due settimane tutta quella magia, quella spensieratezza, quella passione si sarebbero spente in un sovrastare di ricordi che mi avrebbero tormentato fino a straziarmi. Non volli chiedergli nulla, perché niente ora doveva rompere quell’attimo di pace che si era generato, tanto da non voler sciogliere le mie labbra da quel bacio. Fu Ville a staccarsi da me, sorridendo, carezzandomi delicatamente la guancia con il dorso della mano.

-Andiamo, altrimenti la tua amica chiama la polizia per tentato rapimento –rise prendendomi la mano, stringendola contro la sua. Avrei tanto voluto dirglielo, confessare il mio amore per lui a parole, ma forse non ce n’era bisogno, perché lui sapeva già tutto, l’unica a non capire cosa provasse nei miei confronti ero proprio io, perfino Paula conosceva i suoi sentimenti verso di me, ma la mia testardaggine era talmente forte da volerci arrivare a tutti i costi da sola, spremendo le meningi come dei chicchi d’uva pronti per divenire mosto. Arrivammo alla rampa e trovammo Paula intenta a chiacchierare con Bam, il quale si stava asciugando il sudore con un asciugamano da viso. Non appena vide Ville, gli saltò al collo, urlando come una quindicenne quando si trova faccia a faccia con il proprio idolo.

-Amico mio, mi sei mancato tantissimo –esclamò ridendo, anche se solo chi li conosceva veramente avrebbe capito che stesse scherzando, visto il modo con cui lo stringeva. Ville, per tutta risposta, gli diede dei colpetti sulla schiena, esprimendo in modo più sostenuto il suo affetto.

-Mamma mia non fare mai più tutte quelle acrobazie Bam, ero in pena per te –esclamò Paula, toccandosi il pancione –tu non hai visto nulla –sussurrò al piccolo che portava con sé. Era il più bel gesto che avessi mai visto in tutta la mia vita, rassicurare il proprio figlio ancora prima di darlo alla luce, mettendolo in guardia di tutte le avversità che avrebbe poi incontrato là fuori, consapevole già del fatto che avrebbe avuto due grandi figure meravigliose pronte ad accompagnarlo in qualsiasi percorso avesse intrapreso.

Fu davvero una bellissima giornata, che si concluse dentro ad un locale, tra una birra ed una chiacchiera qua e là, raggiunti poi da Lauri che, finalmente, aveva finito di lavorare. Era tutto esattamente come i vecchi tempi, quando nessuna preoccupazione affliggeva nessuno, o almeno non tormentava me. Le pazzie di Bam, le raccomandazioni di Paula e Lauri riempivano tutto il vuoto che si era creato in quei due anni di totale alienazione dalla realtà, facendomi ricordare tutte le risate e le emozioni che ogni giorno erano riusciti a regalarmi, solo standomi accanto, perché mi bastava la loro presenza per poter affrontare tutte le avversità che mi stavano colpendo. Erano davvero speciali, ognuno in un modo particolare ed io li adoravo più della mia stessa vita, che sarei stata pronta a rischiare qualora ne avessero avuto bisogno, come gesto di gratitudine per tutte le meraviglie che mi avevano permesso di provare.

 

Eccomi di nuovo tra voi miei carissimi lettori!!
Eh sì, è passato parecchio tempio, ma tra intoppi vari sono tornata di nuovoooo
Vi è mancato il caro presuntoso eh?
Lo so, fa questo dannato effetto a tutti il saccentone qui presente e fa salire alquanto il veleno, o come dice la pischellina "il nazismo"!!!
Beh prima di tutto volevo ringraziare tutte coloro che mi seguono e mi sostengono in questa mia storia un po' travagliata,
chiunque voglia buttarsi in questo "strazio" è ben accetto XD
Buona lettura!!!



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Capitolo 8
*** "Fidati di me" ***


Slaves
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Capitolo 8


Passarono due giorni, Ville stette parecchio a casa di Paula, dato che aveva ripreso a lavorare al progetto insieme a Lauri, così io ne approfittai per poter passare del tempo con la mia amica, che avevo trascurato quest’ultimo periodo, troppo intenta a cercare delle risposte impossibili. Avevo proprio bisogno di lei, di una figura femminile che, come una sorella, mi guidasse passo dopo passo, pronta ad affrontare qualsiasi pericolo. Era preziosa più del diamante più costoso e meraviglioso che si potesse trovare in natura. Nonostante la presenza di Paula, nel mio corpo continuava a regnare il caos, le due grandi entità a volte mi davano un momento di respiro, acquietando le loro forze irrequiete per un istante, per poi scatenarla in maniera più violenta, senza alcuna pietà per il mio povero animo, troppo stanco per sopportare ancora. Stetti poco insieme a Ville, anche perché avevo ancora bisogno della nostra intimità, nonostante Lauri e Paula avessero capito tutto, volevo conservare gelosamente il fatto che ci vedevamo, come un’adolescente che nasconde ai proprio genitori la sua prima infatuazione e anche perché la ragione, superiore e brutale, mi faceva ricordare tutte le sofferenze recatomi, facendomi sempre più male.

Quella sera me ne stavo seduta sulla sedia della sala da pranzo, intenta a chiacchierare del più e del meno con Paula e Lauri, entrambi abbracciati sul divano, quando ad un tratto ricevetti una chiamata da Ville, che mi diceva di scendere dato che era venuto a prendermi. Salutai i miei amici ed uscii di casa. Lo vidi dentro la macchina, con una mano fuori dal finestrino, in cui teneva una sigaretta fumante. Salii in macchina, senza dire nulla e lui fece lo stesso. Non riuscivo a capire cosa stesse accadendo, una confusione enorme si impossessò di me, riuscendo per un attimo a placare il combattimento interiore. Arrivammo a casa sua, Ville prese le chiavi ed aprì la porta. Vidi sopra il tavolinetto, posto davanti al divano in pelle bianca, due bicchieri di vetro riempiti con del Jack Daniel’s. Sembrava avesse programmato un qualcosa di cui io, come sempre d’altronde, non ne ero a conoscenza, la misteriosità che lo contraddistingueva però mi aveva sempre affascinata e fatto innamorare come non mai. Ville mi precedette, sedendosi sul divano, con la sigaretta ancora in bocca, fece cenno con la mano di avvicinarmi a lui. Sinceramente avevo paura, non potendo nemmeno immaginare che cosa avesse in mente, sentivo il cuore battermi in gola e il mio corpo iniziò a tremare tutto, impedendomi qualsiasi movimento netto e deciso, la mia mente fu pervasa da mille possibilità, centinaia di domande infastidivano il mio animo che cercava in tutti i modi di raggiungere la tranquillità tanto agognata. Per la forza di inerzia, riuscii a muovere i primi passi, raggiungendolo sul divano. Senza dire una parola mi porse il bicchiere pieno di liquore, mentre con l’altra mano buttava via un po’ di cenere, facendola cadere elegantemente dentro al posacenere. Avvicinò il suo bicchiere al mio, facendoli sbattere insieme delicatamente per poi portarselo verso la bocca e bere un po’ di Jack. Rimasi immobile, non avevo neppure la forza di avvicinarmi il bicchiere, ero troppo agitata per bere e rilassarmi, volevo sapere a cosa dovevo tutto questo. Ville spense la sigaretta dentro il posacenere, buttando fuori l’ultima coltre di fumo, poggiò il calice sul tavolinetto e mi guardò. I suoi occhi di ghiaccio mi lacerarono la carne, aprendo una ferita che difficilmente si stava rimarginando, fui catapultata indietro nel tempo, al giorno cui mi confessò il suo tradimento e tutto quel contesto sembrava essere talmente reale da far lacrimare i miei occhi ancora una volta. Posai il bicchiere sopra il tavolo e feci per andarmene, se non fosse per il fatto che Ville mi afferrò per un braccio e mi attirò a sé, stringendomi tra le sue braccia, come volesse proteggermi, ma purtroppo ora non ero in grado di vederlo come l’uomo capace di regalarmi la tranquillità, in mente mi era ritornata la figura dell’assassino che aveva ucciso il mio cuore e se aveva ora intenzione di farlo di nuovo, che lo facesse all’istante.

-Perché cerchi sempre di evitarmi? Non riesci ancora a capirlo che più ti nascondi da me, più il tuo cuore batte più faticosamente? –domandò poggiando le mani sulle mie guance, alzando il volto verso di lui. Notò i miei occhi bagnati ed arrossati, con i pollici li asciugò, accennando un leggero sorriso.

-Ville … -esclamai staccandomi dalla sua presa, abbassando lo sguardo, sfuggendo da quegli occhi di ghiaccio che continuavano a fissarmi con fare interrogativo, cercando di capire perché mi stessi nascondendo.

Il cuore mi implorava di rilassarmi, di stargli accanto, poiché aveva bisogno di ossigeno e linfa per poter adempire ai proprio compiti, mentre il cervello mi avvertiva di stargli lontana, mi stuzzicava tutti i lividi segnati sul mio animo, supplicandolo di smettere, tanto era il dolore e la pena che stavo provando.

-Ho paura … paura che tu possa ancora farmi del male –risposi prendendo coraggio, sfiorando i suoi occhi, che mi penetravano sempre più fin dentro le viscere –cerco sempre in tutti i modi di poter vivere questo agognato presente, di rilassarmi il più possibile, ma puntualmente i pensieri riaffiorano, ricordandomi quanta sofferenza ho provato … -proseguii con voce tremante. Stavo piangendo di nuovo e mi maledii ancora, perché non volevo farlo davanti a lui.

Il ragazzo si avvicinò a me, facendomi indietreggiare sul divano, fino a che non fui bloccata dal bracciolo. Ero in trappola, qualsiasi tentativo di fuga fu vano. Sentii il respiro di Ville sopra di me, il suo corpo sopra il mio, la sua bocca a un centimetro dalla mia fronte. Carezzò la guancia, scendendo fino alle spalle, i fianchi, si spostò verso la pancia assente, andò sotto la mia maglia, salendo fino al cuore, dove poggiò la mano. Sorrise.

-Perché ti rifiuti sempre di ascoltarlo? Hai bisogno della mia presenza per far sì che lui batta senza nessuna fatica –avvicinò la bocca alle mie labbra, senza toccarle –Ary mettitelo bene in testa, sei stata affidata a me ed ogni volta che cerchi di evitarmi, diventi debole istante dopo istante, perché tu hai bisogno di me, tu … -proseguì poggiando l’altra mano sotto la mia maglia –non potrai mai smettere di amarmi –concluse baciandomi.

Colpita. Stesa. Affondata ancora una volta. La ragione continuava ad essere dalla sua parte, mostrando di nuovo la sua superiorità. Dannazione perché non poteva sbagliare almeno una volta? Perché doveva conoscere tutti i miei pensieri così bene? Più lo odiavo e più l’amore nei suoi confronti accresceva sempre di più, raggiungendo livelli estremi. Ero totalmente schiava del suo volere, imprigionata nel vortice del suo amore, senza nessuna via di fuga. Una passione immensa e incessante, coinvolse entrambi i nostri corpi, facendoci alzare dal divano, senza rompere quell’armonia, che si creava ogni volta che le nostre bocche si sfioravano, acquietando il dominio della ragione, lasciando libero sfogo al cuore e al desiderio. Eravamo totalmente estranei dal mondo terreno, catapultati in un universo tutto nostro. Senza neppur renderci conto ci ritrovammo in camera da letto. Ville mi adagiò sul letto, togliendomi i pantaloni, mentre io gli sfilavo la maglia, in meno di un secondo eravamo già nudi, pronti ad unirci di nuovo. Il ragazzo poggiò il suo bacino contro il mio, portando la sua bocca accanto al mio orecchio, mentre con una mano mi carezzava la fronte.

-Sei mia, ricordalo –mi sussurrò dolcemente, sorridendo.

Non ci furono più parole, tutta la magia che veniva creandosi era animata dal movimento dei nostri corpi che si dimenavano insieme, ubbidendo alla passione loro padrona, che li guidava nel tortuoso cammino del desiderio. Gli ansimi leggeri e delicati andavano rompendo il silenzio della stanza, colorando sempre di più quell’atmosfera di pace che finalmente era riuscita a mostrarsi, dopo un caos incessante, in tutta la sua essenza. I pensieri smisero di tormentarmi, completamente abbandonata all’amore e alla passione, mi dimenticai del male subito, del fatto che Jonna sarebbe tornata tra pochissimi giorni. Nulla, non mi importava più di nulla. Fare l’amore con lui mi faceva dimenticare ogni cosa, riuscivo solo a ricordare quanto stessi bene, quanto fosse essenziale per me sentirlo sul mio corpo, viverlo. Le ferite si rimarginavano, il dolore si placava, tutto quanto riacquistava forza e vigore, come tanti anni fa.

Dentro di me regnava la pace perpetua, il conflitto tra le grandi potenze sembrava essere cessato, interrotto dalla passione che con la sua saggezza e forza riusciva a trovare un compromesso tra le due. Stirai le mie piccole e corte gambe, intrecciandole con quelle chilometriche di Ville che mi guardò sorridendo, mentre con la mano sinistra giocava con i miei ricci castano ramato, intrecciandovi le dita come se fosse un bambino. Gli carezzai il braccio completamente tatuato con l’indice, mentre con la coda dell’occhio scrutavo il suo esile corpo, caratterizzato da un eccessiva magrezza, non che il mio fosse da meno in quest’ultimo periodo, dato che volevo raggiungere i canoni fisici di una ballerina. Il ragazzo sorrise, socchiudendo leggermente gli occhi. Avvicinò il volto al mio petto ancora scoperto, poggiandovi delicatamente.

-Ary, l’unico modo per uscire da queste ansie è fidarti di me –esclamò poggiando la mano destra sul mio seno sinistro –la ragione, non volendo essere messa da parte, cercherà sempre di ricordati tutto il dolore e le ferite che ti avevo provocato e che, purtroppo, so che sanguinano ancora –proseguì cingendomi i fianchi con le braccia –sappi che non voglio farti del male, non potrei mai perdonarmelo –mi strinse a sé, dandomi un leggere bacio sul ventre.

Per la prima volta, sentii la sincerità in quelle parole, entrandomi in testa e facendomi ricordare quanto io lo amassi alla follia. Ora come ora, l’unica cosa da fare era quella di accettare il fatto di essere sua, di appartenergli ormai fino alla morte, cercando di viverlo al meglio in questo arco di tempo, provvedendo dopo a leccare le nuove ferite che mi sarebbero state inflitte. Sì era certo che avessi sofferto di nuovo, perché Jonna sarebbe tornata a tormentare la mia vita, schiacciandomi sotto la sua prepotenza, ma mi resi conto che preferivo morire dal dolore piuttosto che non poter vivere al suo fianco in queste due settimane che il destino mi aveva regalato, quasi che iniziavo davvero a crederci a tutti questi concetti metafisici. Mi stirai le braccia, per sciogliere un po’ la tensione, mi accoccolai vicino a lui, sentendo il suo odore entrarmi nelle vene, il quale cullava ogni parte vitale fino ad addormentarla. Ville mi diede un delicato bacio sulla fronte, facendomi leggermente rabbrividire, tanto era la freddezza delle sue labbra, per poi stringermi in un abbraccio, poggiando il suo mento sopra la mia testa.

-Buonanotte Darling –disse per poi chiudere gli occhi assieme a me.

Fu la notte più bella che avessi mai passato assieme a lui, stretta al suo corpo perfetto, accoccolata in quell’abbraccio che non si sciolse fino al mattino. Ero riuscita a contare i suoi respiri, i battiti incessanti del suo cuore, che a volte sembrava battesse in sincronia con il mio, il quale appagato e soddisfatto, stava riacquistando tutta l’energia di cui aveva bisogno. Era tutto così perfetto, tutta l’atmosfera profumava di una vicenda già vissuta, che rinsaviva il mio animo, cullandolo nelle dolci braccia del passato, così lontano da poter raggiungere di nuovo. Il giorno seguente mi sveglia rilassata, poggiai una mano nella parte del letto dove dormiva Ville, per accertarmi della sua presenza. Vuoto, probabilmente si era già alzato. Feci un enorme sbadiglio e mi sgranchii le gambe, allungandole quanto più potevo. Girai lo sguardo verso il comodino, trovandovi una tazza di caffè latte, ancora fumante. Sorrisi felice, soffiai sulla bevanda e ne bevvi un sorso. Avvertii un leggero strimpellio di chitarra provenire dal salone, accompagnato da una voce cupa e penetrante che mi entrava in testa, risvegliando le viscere più profonde. Mi alzai dal letto, rivestendomi con i miei soliti jeans ed una maglia rossa bordeaux a maniche lunghe. Presi la tazza dal comodino e raggiunsi Ville in cucina. Lo ritrovai seduto sul divano, a dorso nudo, vestito solo un paio di pantaloni neri strettissimi. Le sue mani carezzavano le corde della chitarra con estrema decisione, ricercando l’accordo più perfetto per la sua prossima composizione. Non era solo, Bam era venuto a fargli visita, intento ad ascoltare con precisione la nuova melodia. Vestito sempre con i suoi jeans larghi ed una maglia a maniche lunghe grigia, dove la centro vi era raffigurato un Heartagram. Alzò lo sguardo verso di me, non sorpreso di vedermi lì, sorridendo.

-Buongiorno splendore! –esclamò salutandomi con la mano. Ville girò il capo in mia direzione, augurandomi il buongiorno con un soave sorriso che fece vibrare ogni parte del mio corpo, perfino le più piccole cellule in fase di duplicazione. Bam si alzò in piedi e, facendo come fosse a casa propria, andò in cucina per poi tornarsene con due bottiglie di birra ghiacchiate. Una ne tenne in mano e l’altra la posò sul tavolinetto per Ville. Ancora mi chiedevo come facevano a bere alcol a prima mattina, al solo pensiero mi saliva la nausea.

-Qualcosa non va, Ary?–chiese Bam annuendo alla smorfia apparsa sul mio volto. Ville per tutta risposta si mise a ridere, prendendo la bottiglia, sorseggiandone un po’.

-Lascia stare, è una leggerina –esclamò scherzando –è una creatura delicata lei, ha bisogno del suo bel latte e caffè caldo e fumante, al solo vedere un goccio di birra la mattina, le se attorcigliano i visceri, facendola quasi vomitare –concluse guardandomi di nuovo, colpendomi con quegli occhi.

Maledettamente ragione, di nuovo. Mi conosceva davvero troppo bene, non avevo ormai più segreti per lui, ricordava perfino le piccole gesta quotidiane che caratterizzavano il mio vivere. Per tutta risposta sorrisi, mi faceva piacere il fatto che rimembrasse ancora le cose più semplici, che non mi avesse mai dimenticato? Non potevo saperlo, non ne ero in grado, troppo ancorata al mondo della razionalità meschina.

Ville appoggiò la chitarra ad un bracciolo del divano, si alzò in piedi e, venendomi vicino, mi strinse in un abbraccio, come per aiutarmi a svegliarmi, ancora troppo assonnata. Bastò essere di nuovo tra le sue braccia per scacciare un altro nuovo dubbio dalla mia mente, facendo respirare il mio animo. Il mio corpo era totalmente rilassato, abbandonato in quella stretta che sembrava non allentarsi mai. Le sue labbra gelide si posarono sulla mia fronte, marcandomi con un delicato bacio, segnando a vita la mia appartenenza a lui.

-Buongiorno Darling –esclamò con la sua voce cupa e penetrante, svegliando pian piano anche le parte più dormienti del mio corpo.

-Ciao Ville –gli risposi sfiorandogli il naso, potendo avvertire il suo respiro ed il suo odore, tanto piacevoli quanto pericolosi allo stesso tempo.

La tranquillità, quanto l’avevo cercata ed era davvero incredibile che riuscissi a raggiungerla solo accanto a lui, all’uomo che mi uccideva e mi faceva sentire viva allo stesso tempo. Era tutto così strano, ma maledettamente perfetto, tanto da dimenticare che non fosse mio, ritornando indietro nel tempo, quando la mattina Bam si precipitava a casa nostra, facendo colazione con noi, interrompendo sempre la nostra intimità, ma a noi non importava, perché sapevamo che non lo faceva con cattiveria, consapevoli del fatto che avremmo recuperato una volta andato via. Mi fece male ricordare però, affacciarmi ad un passato ormai troppo lontano ed irrecuperabile, pieno di ricordi che mi logoravano dentro, facendomi sentire sempre più sola. Pianse il mio animo, esausto, pregandomi di smetterla. Voleva pace, almeno ora che Ville mi stava accanto.

Bevvi un altro po’ di caffè latte, che nel frattempo si era freddato, per cercare di rompere un groppo alla gola che si era creato a causa di quei pensieri assassini. Mi avvicinai ai ragazzi, poggiando la tazza sopra il tavolinetto, guardando Ville dritto negli occhi.

 Bam si alzò dalla poltrona, prendendo con sé la bottiglia di birra, non l’avrebbe lasciata lì per nessun motivo al mondo.

-Beh ragazzi, vi lascio, mi raccomando non mancate stasera, devo darvi un ultimo abbraccio prima che parta, so che non resisterete senza di me–rise salutandoci con la mano, uscendo dalla porta.

Quella sera dovevamo andare alla festa di addio di Bam, organizzata nel pub della città, dove passavamo le nostre serate. Il giorno dopo sarebbe dovuto partire per gli Stati Uniti. Avrebbe lasciato un grande vuoto, ma finalmente era riuscito a realizzare il suo sogno, andare nella grande Mela per potersi misurare con altri skater del suo livello, perfezionando sempre più la sua tecnica, diventando il migliore. Mi sarebbe mancato, perché nonostante la sua pazzia era un ottimo amico, sempre pronto a dedicarmi del tempo, a strapparmi un sorriso, convincermi che sarebbe andato tutto bene anche quando dentro mi sentivo di morire. Ricordo ancora il giorno in cui venni a conoscenza del tradimento di Ville, nonostante fosse un idolo per lui, Bam provò un odio immenso, una rabbia davvero incontenibile, più grande della mia delusione e sofferenza. Da lì capii che dietro a quel giullare si nascondeva in realtà un ragazzo sensibile, che mi voleva davvero molto bene.

Ville riprese la chitarra, ricominciando a strimpellare qualche nota, mentre canticchiava qualche verso. Io mi feci una sigaretta con quel poco di tabacco che mi era rimasto, aprii la porta finestra ed uscii in giardino. Il sole baciò il mio volto, irradiandomi di tutto il suo splendore. Portai la sigaretta alla bocca, mentre osservavo le piante del giardino di Ville, che rappresentavano la perfezione assoluta, come lo era lui del resto. Non sarei mai voluta andarmene da quella casa, volevo marcire il resto dei miei giorni lì dentro, solo che non era possibile perché un ostacolo troppo grande mi impediva la convivenza con quell’uomo, una barriera di cui non ero a conoscenza e che avrei tanto voluto buttar giù. Il cervello si rimise maledettamente in moto, facendomi ripensare al ritorno di Jonna, al fatto che lui ora era suo, alle mille ferite che, se prima avevano smesso di buttare, ricominciavano a sanguinare rapidamente, togliendomi sempre più energia per poter vivere il presente. Perché proprio ora che ero finalmente riuscita ad ascoltare il cuore, la ragione, offesa e gelosa, doveva ricordarmi la potenza e supremazia che aveva su di me, obbligandomi a mettere in moto il sistema nervoso che, incessantemente, partoriva domande su domande, sommergendo il presente, del tutto invivibile. Tremavo, ero agitata, cercavo di aspirare quanta più nicotina possibile per ricercare un minino di tranquillità nel fumo, ma niente, era tutto inutile. D’un tratto uscì fuori Ville, con una sigaretta fumante in bocca. Poté avvertire il mio stato d’angoscia, gli occhi sgranati, cercavo di fare degli enormi respiri per impedire al mio animo di morire da un momento all’altro.

-Fidati di me, è l’unico modo –si limitò a dire, senza toccarmi. Udendo quelle parole, mosso da non so cosa, il mio cuore iniziò a battere più velocemente, placando l’ira della ragione funesta. Solo con la sua presenza era in grado di dimostrare la sua forza.

Bene cari lettori, ecco qui un nuovo capitolo!!

Sì, lo so, sono un disastro, ma tra i vari impegni ho davvero poco tempo per scrivere e ciò mi fa davvero innervosire :(

Ringrazio come sempre chiunque leggerà la mia storia e vi prometto solennemente che non appena l'università mi concederà un po' di respiro, provvederò a scrivere!!

Un bacio a tutti e buona lettura :)

 

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