A new life has come

di SimoESunny
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


PROLOGO (FF: “A NEW LIFE HAS COME”)
Salve a tutti, io mi chiamo Lizzie, sono una ragazza di quasi 18 anni (17 anni e mezzo precisamente) e vivo a Londra coi miei genitori che sono quasi sempre assenti a casa per motivi di lavoro.
Ho i capelli ricci rossi (naturali), gli occhi verde chiaro, la carnagione bianca e le lentiggini sulle guance e sul naso (anche su altre parti del corpo, quasi su tutto) e sono magra. Amo vestirmi con colori chiari e pallidi, tipo rosa chiaro e pallido, o il verde chiaro e pallido, e così via.
Ho una bella casa/ villa grande, tutta arredata in legno bianco e roseo all’interno (fuori è anche tuta bianca e fiorita).
Io ho cinque migliori amiche tutte della mia stessa età e col mio stesso fisico (magre, ma con belle e piccole curve):
Una è Suzanne, ma da noi sue migliori amiche si fa chiamare Suzy. Lei ha i capelli biondo chiaro e lisci, gli occhi azzurro chiaro e la carnagione chiara quasi bianca, anche lei con le lentiggini sul naso e sulle guance (ma le ha solo li). Le piace vestire di azzurro, il suo colore preferito.
Un’altra è Sarah. Lei ha i capelli castano chiaro e mossi, gli occhi verde scuro, la carnagione chiarissima e le lentiggini sulle sue guance rosse e sul naso anche lei. A lei piace vestirsi con pantaloncini e top tutti colorati fluo d’estate e d’inverno con leggins colorati e con maglioni o felpe in tinta ai suoi tremiliardi di leggins.
Un’altra ancora è Charlie. Lei ha i capelli castano scuro e lisci, gli occhi azzurri quasi blu, la carnagione rosa ma lei è senza lentiggini. Lei ama vestirsi con colori un po’ scuri tipo il nero e le piacciono le robe con i teschi, ma ama anche vestiti colorati e un po’ vivaci. E’ molto rock e casual allo stesso tempo.
Un’altra è anche Morgan. Lei ha i capelli ricci e neri, gli occhi marroni, la carnagione marroncina e anche lei è senza lentiggini. Morgan ama vestirsi in modo un po’ stravagante, con cose che le capitano di qua e di là. Alla cazzus, insomma, ma ha stile.
Infine c’è Sinead. Lei ha gli occhi marroni quasi dorati, i capelli biondo scuro, mossi e quasi dorati e la carnagione quasi scura (dorata). Lei ama molto vestirsi casual, jeans di tutti i tipi e colori, magliette, magliettine, pizzo, colori fluo, gonne, leggins, vestitini, insomma, un po’ di tutto.
Noi siamo delle belle ragazze, davvero, abbiamo rubato il cuore a molti ragazzi nella nostra giovane vita, e credo che ne ruberemo ancora di cuori.
Noi siamo delle semplici ragazze che amano la vita, ma che amano anche divertirsi e scatenarsi, e a volte, trovarsi anche in pericolo.
Io, Suzanne e Charlie andiamo in classe insieme, mentre Morgan, Sinead e Sarah in un'altra.
Nonostante ciò ci vediamo tutti i santi giorni e stiamo sempre insieme a cazzeggiare per Londra in cerca di cuori da rubare, ahah.
Insomma, spero che la nostra storia vi piaccia. Baci!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


CHAPTER 1:
Eccomi qui. Nel mio bel lettino bianco latte. Sembra di stare su una nuvola, vagando coi pensieri di qua e di la, pensando a tutto, un po’ di tutto. Alla vita in generale, a come potrebbe essere il mio futuro ragazzo. A tutto.
Di solito, la mattina, faccio sempre così. Soprattutto alle 5.00.
Non riuscivo a dormire bene, faceva troppo caldo, e dalla finestra bianca (come tutto il resto della casa, d’altronde) penetrava un filino di luce giallino, che mi illuminava una piccola ciocca di capelli rossi e ricci, posati lievemente sul mio cuscino bianco.
Cercai invano di addormentarmi. Gli occhi si chiudevano da soli, ma poi si riaprivano. C’erano troppi pensieri nella mia testa. Pensieri inutili, del tipo: “Se mi sveglio che vestiti mi metto? Rimango in pigiama o no? Mi lavo o no?” oppure “Con cosa faccio colazione? Con latte e cereali o con uova?”
Ecco, pensieri stupidi, che nonostante ciò mi occupavano lo stesso la mente.
Dovetti cercare assolutamente un modo per addormentarmi, e ci riuscii: chiusi gli occhi e cacciai con un soffio tutti i pensieri nella mia testa.

Mi svegliai di nuovo. Questa volta il sole che penetrava dalla finestra, però, era più forte, tanto da farmi bruciare gli occhi.
Presi il cellulare sul comodino e vidi l’orario: erano le 10:30. Wow, avevo dormito altre cinque ore e mezza in più, ma sembravano passate in un lampo.
Comunque, decisi di alzarmi dalla mia nuvola di letto bianca e di dirigermi in cucina per fare un po’ di colazione, in modo tale da riprendermi un po’.
Mi stropicciai gli occhi, feci un bel sbadiglio, sistemai i capelli di sopra raccogliendoli con una pinzetta lasciandoli sciolti sotto, mi misi le ciabatte, mi alzai dal letto e mi diressi in cucina.
Ero da sola a casa, come al solito, quindi c’era un silenzio assoluto, come se fossi in una tomba.
Presi tutto l’occorrente per fare colazione: una bella tazza bianca e celeste un po’ tonda sotto, poi dei tovaglioli, un cucchiaio e infine, la cosa più importante, i cereali.
Posai le cose sul tavolo e mi sedetti sulla sedia, pronta a divorare il mio pasto.
Quando finii mi andai a sciacquare un po’ in bagno.  
A lavoro finito, andai in camera, aprii l’armadio e presi i primi vestiti che mi capitarono: un toppino di spugna azzurro e un pantaloncino dello stesso tessuto e dello stesso colore, a mo’ di tuta.
Mi vestii e accesi la tv, buttandomi col sedere sul mio letto tutto sfatto, disordinato e bagnato del mio sudore notturno, per il troppo caldo. Oh, quanto odiavo il caldo.
Misi il primo canale a caso, che era capitato appena accesa la tv e mi sedetti, poi, a gambe incrociate sul letto. C’era un canale che trasmetteva un programma per ragazzi, niente d’interessante, ma non so perché la mia testa era in avanti puntata sulla tv come per seguire il programma fino in fondo al suo significato.
Tuttavia, dopo un po’, suonò il campanello.
“Sarà una di quelle cinque sceme” pensai tra me e me.
 Mi alzai svogliatamente dal letto, lasciando accesa la tv, e scalza, così come stavo, andai ad aprire la porta, facendo un bel sbadiglio, che manifestava ancora la mia voglia di sonno.
Davanti la porta c’era un ragazzo, mai visto in vita mia, che azzardava un mezzo sorrisetto, sciogli cuore.
Lui aveva i capelli ricci e gli occhi di un colore bellissimo, tipo i miei (se non lo sapete verde chiaro), per quel poco che potei e che riuscii a vedere, perché gli chiusi subito la porta in faccia.  
Rimasi a bocca aperta. Ero troppo bello, era mozzafiato.
Mi lasciai cadere scivolando sulla porta fino a cadere seduta giù.
Poi, ripresi conoscenza e riaprii la porta.
Io:” Ehm, ciao, scusa se ti ho chiuso la porta in faccia, ma volevo controllare se era apposto una cosa, quindi..”
Ero un po’ in difficoltà davanti a lui. Cavolo. Però il sole lo oscurava e non riuscivo a vedere oltre che la sua sagoma riccia e muscolosa.
Lui mi disse: “Oh, non ti preoccupare bella. Sei tutta illuminata dal sole, il tuo viso e i tuoi capelli, sei splendida. Comunque, tornando a noi, ti volevo chiedere se volevi comprare queste caramelle per una beneficienza. Sono molto buone.”
Ero imbarazzatissima. Io che pensavo chissà cosa mi doveva chiedere e lui mi propone un pacchetto di caramelle rosa, verdi e celesti. Non male come idea però, poi i suoi bei complimenti, mi avevano invitata ancor di più a dirgli di sì.
Io:” Ehm.. ok sì.. va bene. Quanto viene?”
Ero tutta rossa sulle guance pe il complimento e per la timidezza.
Lui mi rispose, accennando un sorrisetto (quello lo potevo un po’ intravedere): “Ehm.. 50 pens.. ce li hai in casa?”
Io risposi convinta: “Certo. Non sono una poverella che non ha neanche un centesimino in casa! Ahah!”
Scoppiammo in una risatina complice, sincera e divertita tutti e due, nonostante io non potessi vedere il suo volto, coperto purtroppo dalla luce del sole. Rimaneva un mistero per me quel ragazzo dalla capigliatura riccia e il corpo muscoloso.
Entrai velocemente in casa e presi subito i soldi.
Riaprii la porta e glieli diedi, in cambio del pacchetto di caramelle. Dovevano essere davvero squisite, lo diceva il loro aspetto.
Comunque, fatto il baratto, ci salutammo, e quella porta fu chiusa alle sue spalle.
Oh, quanto volevo invitarlo ad entrare in casa per offrirgli da bere, ma purtroppo era un estraneo conosciuto solamente cinque secondi fa e senza aver neanche visto chiaramente il suo volto. Purtroppo era un estraneo, un semplice estraneo.
Comunque tornai alle mie faccende, pensando che quell’incontro mi aveva cambiato in ogni parte la mia giornata. Forse rendendola più speciale, non so. Quell’incontro misterioso e piacevole, di tarda mattina, senza conoscerci. Una cosa a dir poco sconvolgente. Restava solo da capire chi fosse quello sconosciuto, quel bel ragazzo che mi aveva incantato il cuore senza neanche averlo visto in volto, semplicemente per il suo carattere, al sua sagoma e la sua voce. Oh, la sua voce. Così roca e profonda, da farti svenire.
Quanto lo volevo conoscere, e chissà se lui pensava lo stesso di me.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


CHAPTER 2
Sole. Maledetto sole. Perché maledetto? Beh, primo perché mi aveva oscurato la visuale per vedere il volto di quel misterioso ragazzo e poi secondo perché mi dava alla testa e semplicemente mi uccideva. Mi uccideva nel senso che mi faceva avere sete ogni cinque secondi e dovevo avere sempre i miei lunghi capelli legati, il che mi dava i nervi.
Odiavo l’estate. Era ed è troppo caotico. Rende le persone più nervose, molto più nervose.
Ecco, ad esempio, immaginatevi una ragazzina/ragazza/donna col ciclo d’estate rovente com’è. La fine del mondo.
Non potevo immaginare a quanto poteva essere stato bello essere almeno amica di quel ragazzo. Con i suoi ricci e i suoi muscoli faceva invidia a tutte le ragazze della città se lo si portava con se in giro. Però ancora non conoscevo il suo volto, quindi ancora non potevo invaghirmi definitivamente di lui finché non vedevo il suo volto. Il suo carattere era molto bello per quel poco tempo che eravamo stati insieme, quindi per quella parte mi piaceva. Oltre che per i suoi ricci e il suo fisico, contro luce.
Pensavo a quanto ero stata scema e idiota a non invitarlo dentro casa per prendere un po’ da bere, mi ero pentita di aver pensato che era solo uno stupido estraneo e che perciò non poteva entrare in casa mia. Lo dovevo far entrare. Magari adesso stavamo chiacchierando sul divano rosso opaco e scuro del salotto, con magari anche una bel bicchiere di aranciata fresca. Forse saremmo stati uno di fronte all’altro, faccia a faccia, a gambe incavalcate, pronti per darci un lieve bacio a stampo sulle labbra per continuare con un altro moolto feroce, intenso, passionale e rovente con la lingua e con tutta la forza e l’attrazione che potevamo provare l’uno per l’altro, e magari anche per finire nel letto matrimoniale dei miei genitori tutti nudi, con le coperte tolte uno poggiato all’altro parlando ognuno dei problemi dell’altro e confortandosi a vicenda.
Invece no, ero stata una babbiona e come tale adesso ero seduta sul mio letto a vagare coi pensieri nella testa, immaginando di tutto e di più su di lui, come poteva essere il suo volto, il suo naso, le sue labbra, come poteva essere stata la prima volta con lui, se mi poteva essere piaciuta o no, se saremmo rimasti semplici amici anche dopo quell’avvenimento o se saremmo stati qualcosa di più, magari anche fino ad essere marito e moglie.
Mi facevo tanti di quei film mentali che ormai potevo fare la regista.
Oh, quanto mi sarebbe piaciuto stare con lui, davvero.
Anche se non sapevo com’era il suo volto, ero convinta che mi sarebbe piaciuto tutto di lui. Tutto con lui. Davvero tutto.
Lo so, facevo pensieri un po’ troppo affrettati, ma avevo pur quasi 18 anni, era più che normale. E poi, sai quando il tuo cuore prende un balzo così grande e sente un tonfo dentro di se? Quando provi delle sensazioni stranissime dentro di esso? Quando hai le farfalle nello stomaco e sembra che tutto il tuo mondo vada per il verso giusto? Ecco, così.
Sembravo un po’ penosa perché pensavo sempre a lui, e questo mi dava la nausea. Ormai lui era parte della mia vita, dei miei pensieri, delle mie uscite (in cerca per ritrovarlo), e non ci potevo credere. Affatto.
Trovavo impossibile il fatto che un ragazzo ti dovesse condizionare la vita così tanto, perlomeno uno di cui non conoscevi né il volto, né la sua vita, né la sua storia, né il suo nome. Invece era successo. Incredibile.
Chi l’avrebbe mai detto che quell’incontro mi avrebbe scombussolata così tanto.
Comunque, tornando alla vita reale, erano le 16:45 ed io ero ancora stesa sul letto con una mano alla testa a vagare coi pensieri, su di lui.
Tornai in me e mi resi conto che non potevo più pensare a lui quella giornata, o almeno quel momento, perché l’avevo già pensato e sognato abbastanza, così presi il cellulare che stava sul comodino e vidi se mi era arrivato qualche messaggio, ma niente. Strano.
Di solito io e le mie amiche ci sentivamo tutti i santi giorni, ma quel giorno non si fecero per niente vive. Ah boh, chi le capiva era bravo.
Tuttavia, presi il telecomando e accesi la tv, per vedere un po’ cosa trasmettevano, quando suonò, per la seconda volta in quel giorno, il campanello.
Mi alzai moolto svogliatamente, dopo un lungo riposo di ben tre ore, da quel bellissimo letto nuvolato e soffice.
Mi misi le mie adorate ciabattine ed andai ad aprire, lasciando, come al solito, la tv accesa.
Nel tragitto pensavo a chi poteva essere, magari quel bel ragazzo che avevo incontrato quella mattina, non lo sapevo. O forse, più semplicemente, i miei genitori. Di solito tornavano sempre alle cinque, ed erano le cinque.
Aprii senza guardare dallo spioncino, volevo una sorpresa.
Aperta la porta, scoprii, appunto, che avevo ragione. Erano i miei genitori.
“Noooo che palleeee!” pensai tra me e me. Dissi così perché non potevo più fantasticare perché mia madre diceva subito: “Lizzie vieni qua! Lizzie vai là! Lizzie fai il letto! Lizzie fai questo! Lizzia fai quest’altro!” e io dovevo obbedire per forza, quindi non avevo più tempo per me, per fantasticare sul ricciolotto sconosciuto.
Era una rottura di balle incredibile con loro in casa. Non potevi fare nulla, tranne tutto quello che ti obbligavano di fare loro.
Comunque, aperta la porta e vedendoli, dissi, accennando un sorrisetto:
“Heeeey, chi si rivede! Da quanto tempo! Non potevate stare di più fuori casa? Cavolo, andavate a fare delle passeggiate romantiche.. no eh.. dovete sempre rompere a me.. per quel poco che ci siete rompete sempre con obblighi”
Io non avevo problemi sul dire quello che pensavo su di loro ai miei genitori. Mi lasciavano libera di esprimermi, almeno quello.
Comunque, loro ribatterono:
“Sisi, vai entra dentro e fatti il letto, che so già che ce l’hai ancora tutto stropicciato da stamattina”
Oh cavolo. No. Lo sapevo. Non potevano. Non potevano rovinarmi proprio quella giornata così. Facendo i servizi. Servizi?! Io dovevo uscire alla ricerca di lui e delle mie amiche improvvisamente scomparse!
Uffa che rabbia i genitori. Meno ci sono, meglio è.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


CHAPTER 3
Finiti i lavori di casa trovai un po’ di tempo per me, fortunatamente.
Pensai che quel tempo mi poteva essere molto utile e quindi lo usai per chiamare la mia amica Morgan.
Volevo chiederle che fine avessero fatto. Se erano uscite ci potevamo incontrare, e magari avrei parlato con loro di quel bel ricciolotto sconosciuto.
Avviai la chiamata. Squillava, squillava, e alla fine rispose:
“Pronto?”
Io risposi, riconoscendo la sua voce:
“Hey Meggy sono Lizzie, dove siete finite oggi? Non vi siete fatte vive per nulla!”
Lo dissi con tono un po’ arrabbiato e un po’ preoccupato, perché poteva essere successo anche qualcosa a qualcuna di loro.
Comunque poi Morgan rispose:
“Scusami, anzi scusaci Lizzie, è solo che le altre volevano dormire parecchio sta mattina, alcune volevano anche ripetere qualche materia per la scuola che si fa vicina e alcune dovevano fare dei servizi, quindi non ti potevano chiamare. Io so questo perché poco fa le ho chiamate tutte io e ho chiesto a ognuna di loro, dandomi queste risposte. Quanto a me, io ti stavo per chiamare giusto adesso, perché ho chiesto alle altre anche se domani volevamo andare un po’ al mare e sono tutte d’accordo, tu lo sei?”
Mare. Mare?! Io dovevo andare alla ricerca del ricciolotto! Anche se poi, pensandoci bene, era una buona idea andare al mare, almeno non rimanevo chiusa in casa a fantasticare sempre su di lui o a guardare quella cavolo di tv dove non c’era mai nulla d’interessante, o uscire sempre per le stesse parti alla ricerca di lui, oppure a fare quei dannatissimi servizi che odiavo fare con tutta me stessa. Almeno mi sarei divertita con le mie amiche, avrei passato tutta una giornata con loro e mi sarei svagata parecchio. Ci voleva. Vedere un posto nuovo, conoscere gente nuova, divertirsi, chiacchierare. Ci voleva proprio. Forse almeno l’avrei potuto anche dimenticare.
Tuttavia, risposi, tutta contenta:
“Uh sisi certo! Buona idea! Brava la mia Meggy –così la chiamavo- è così che si fa! Almeno possiamo conoscere o incontrare dei bei ragazzi e svagarci un po’ ahah!”
Scoppiammo in una risatina divertita e poi lei mi rispose:
“Ahah, sei sempre la solita, sempre a pensare ai ragazzi stai! Comunque ti avverto che io prenderò il sole insieme a Sinead e Charlie eh!”
Sole?! Io non potevo stare al sole. Con la mia carnagione chiara morivo ustionata. E non era uno scherzo, proprio ustionata. Al mare mi piaceva solo stare seduta ai tavolini al coperto, sempre col paesaggio marittimo però, a chiacchierare con le amiche, magari bevendo bevande fresche, oppure guardare insieme partite di beach volley, oppure stando in pineta, una sorta di mezzo boschetto con pini e tavoli in legno pronti per farti sedere sopra le loro sedie, al fresco. Mi piaceva così il mare. Però era anche meglio con qualche cotta estiva.
Tuttavia, le risposi:
“Uhm, okay, allora dato che io e Suzy non possiamo prendere il sole staremo anche con Sarah a cui non piace il sole. Fregata! Ahah”
Lei rispose con tono divertito:
“Ahah, sempre la solita. Allora facciamo così.. alle 10:15 di domani mattina sotto casa tua?”
Io risposi subito:
“Sisi certo! Ma un momento… noi non guidiamo… come ci andiamo?”
Ero un po’ preoccupata. Effettivamente nessuna di noi aveva la patente, solo Charlie e Suzy la dovevano prendere tra un po’, ma non domani. Cercai di trovare una soluzione da proporre ma non la trovai, e dato che Morgan supera sempre tutte, mi precedette dicendo:
“Andiamo con un pullman! Lo devo solo prenotare. Adeso chiudo e prenoto, poi vi faccio sapere, a ognuna di voi”
Io risposi tutta contenta e sollevata, visto che c’era sempre Morgan che risolveva e organizzava tutto:
“Uuuh come sei tenera! Grazie, meno male che ci sei tu Meggy!”
Lei mi disse tutta contenta e soddisfatta di se stessa:
“Ahah, e di cosa, io chiudo, a dopo, baciii!”
Chiuse il telefono senza darmi neanche il tempo di risponderle, tanta la fretta che aveva, e così mi alzai dal letto e andai in bagno per sciacquarmi un po’ il viso.
Una volta uscita dal bagno mi truccai (mi misi un lucido rosa/fuxia brillantinato, il mascara e un filo di matita verde chiaro sopra l’occhio e un filo di matita blu scuro sotto l’occhio) e presi dei vestiti a caso (toppino verde acqua che lasciava scoperta la pancia, degli shorts di jeans chiari, quasi bianchi sfilacciati un pochetto sotto, con delle borchie argentate sui bordi delle tasche, e delle scarpettine aperte bianche con un po’ di tacco), mi sistemai i capelli all’ingiù, poi mi alzai e legai solo la parte di sopra dei capelli con una pinzettina, lasciando tutto il resto sciolto e uscii.
Se non lo potevo cercare domani almeno cercavo di cercarlo oggi. Anche se dopo quell’incontro potevo dimenticarlo non m’importava, mi bastava vederlo almeno una seconda volta, ancora per caso.
Presi una mia borsettina bianca e ci misi dentro il cellulare, le chiavi di casa, un pacchetto di fazzoletti e degli spiccioli, se volevo comprarmi qualcosa da bere per strada, dato il caldo rovente che c’era fuori.
Uscii di casa e chiusi la porta alle mie spalle.
Iniziai a girare per Londra ma niente, non lo trovavo.
Giravo, giravo, ma era tutto invano. Le mie ricerche non funzionavano.
Mi sedetti su una panchina bianca di marmo posizionata in un bellissimo giardino a pochi chilometri da casa mia con uno Starbucks in mano.
Sorseggiando iniziai a pensare che forse lui non poteva fare parte della mia vita. Che non era scritto nel mio destino. Che dovevo rinunciare a lui e lasciarlo perdere, e insieme a lui anche tutte le mie ricerche invane.
Dovevo abituarmi all’idea di lasciarlo perdere. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


CHAPTER 4
Ero ancora seduta lì. Su quella panchina. Pensavo a quanto mi poteva piacere l’idea di vederlo in giro, vederlo camminare sulle strade di Londra, magari con amici, o meglio, da solo. E se era fidanzato? Non potevo pensarci.
Tuttavia, scossi un po’ la testa per cercare di dimenticarlo anche solo per quell’istante e mi alzai dalla panchina, sorseggiando ancora il mio Starbucks.
La città era isolata, eppure erano le sei e mezza, ora in cui tutti i ragazzi e ragazzini escono. O forse, era solo la mia zona che era isolata.
Ecco, in quel momento volevo tanto avere la patente per spostarmi di più e anche più lontano, invece avevo solo i miei stupidi piedi con me.
Comunque, mi incamminai per casa e dopo circa una ventina di minuti arrivai.
Appena arrivata a casa chiusi la porta alle mie spalle, mi tolsi le scarpe, mi misi vestiti più comodi e mi struccai.
Indovinate cosa feci? Mi stesi sul letto. Come al solito. Che bella vita che facevo il pomeriggio, sempre stesa su quel letto, o a pensare o a dormire. Sembravo una depressa, cosa che non ero per nulla.
Anzi, forse lo stavo diventando, perché ero un po’ delusa di me stessa. Io riuscivo ad avere sempre tutto quello che volevo, ma con quel dannato ragazzo riccioluto non ci riuscivo. Non riuscivo a trovarlo più. Iniziai a pensare che quello che era successo quella mattina era un sogno. Ma poi mi ricordai che quelle caramelle le avevo mangiate davvero e che quei soldi li avevo dati davvero, quindi mi ricredetti. Non era stato un sogno, però era come se un angelo era voluto entrare in me, nella mia vita, in cambio di uno stupido pacchetto di caramelle rosa.
Perché sì, sembrava un angelo, così oscurato dalla luce del sole, tanto che riuscivo solo a vedere le sua sagoma.
Lo dovevo dimenticare. Dovevo riuscirci, come riesco sempre.
Tuttavia, mentre pensavo, pensavo e ripensavo, sentii un rumore.
Mi ricordai che ora fosse, erano le sette meno cinque e i miei dovevano essere già a casa, quindi ipotizzai che fossero loro.
Incuriosita mi alzai lentamente e silenziosamente –senza ciabatte- dal letto e camminai a passi silenziosissimi e brevissimi.
Accorgendomi che il rumore non era al piano di sotto, salii le scale fino ad arrivare al piano di sopra, avendo anche un po’ paura su chi poteva essere, perché di solito i miei genitori appena sentivano un rumore di porta proveniente di sotto, correvano subito.
Comunque, una volta salita a passi silenziosissimi, mi affacciai alla camera da letto e vidi mia madre che spolverava sul davanzale della finestra e mio padre che dormiva sul letto matrimoniale. Era tutto silenzioso, tranne per mia madre che spolverava e che faceva servizi.
Subito feci un sospiro di sollievo, capendo che erano i miei genitori.
Entrai in camera da letto e dissi:
“Ciao ragazzi! Sono vostra figlia e sono tornata”
Dissi la frase in modo ironico e feci una risatina. Mia madre rispose:
“Lizzie! Ciaoo! Dai, scendiamo al piano di sotto che tuo padre sta dormendo e poi lo svegliamo”
Scendemmo subito le scale e mia madre mi disse:
“Quindi amore, che hai fatto oggi? Anzi, che hai fatto in giro? Con chi sei uscita?”
Io risposi un po’ infastidita:
“Mamma! Poche domande eh –dissi in modo ironico, quasi ridendo- comunque sono stata sul letto a fantasticare e pensare e poi sono uscita un po’ per svagare la mente. Sai, si stava bene fuori, così avevo deciso di uscire”
In effetti dissi una cazzata. Si stava bene?! Si crepava di caldo! Mia madre temeva che le nascondevo qualcosa, e aveva ragione.
Tuttavia, mi disse in tono molto confuso:
“LIzzie ma stai bene?! Ma se si crepava di caldo fuori! Amore della mamma, vuoi un po’ di acqua fresca? Così ti riprendi un po’”
Rise, ma senza far ridere me, anche se mi veniva da ridere, ma mi trattenni.
Le dissi un po’ infastidita e ironica, perché faceva battute squallide :
“Mamma dai, non fai ridere! E poi non chiamarmi ‘amore della mamma’, è troppo sdolcinato –dissi con una faccia disgustata-“
Lei disse, sentendosi spiritosa (un po’ lo era, ma dovevo afre la parte della seria):
“Ups, allora scusami, biscottino mio!”
Mi prese e mi fece il solletico. Io lo soffrivo!
Iniziammo a ridere tutte  edue come delle pazze, e questo mi piaceva. Mi piaceva il rapporto che avevo con mia madre, che avevo coi miei genitori. Essendo figlia unica mancavo quando non c’ero e avevo tutte le loro coccole possibili per me. Anche se ormai, alla mia età, non le volevo più.
Mentre scherzavamo, giocavamo, ridevamo e ci picchiavamo delicatamente a vicenda per scherzare, squillò il mio cellulare.
Lasciai mia madre e andai in camera mia a rispondere. Era Morgan. Finalmente si rifaceva viva!
Comunque, dissi:
“Pronto?”
Lei rispose tutta felice:
“Lizzieeeeeee! Sono riuscita a prenotare il pullman alle 10:15! C’è voluto tantissimo tempo ma alla fine ci sono riuscita! Dimmi grazie! Ahah, devi vedere come sto adesso, prima di chiamare ero tutta asciutta, coi capelli sciolti, invece adesso sono tutta sudata e coi capelli legati e bagnati di sudore! C’è voluta tanta fatica per riuscirci”
Wow. Era veramente un fenomeno quella ragazza. E non scherzo. Riusciva sempre a fare tutto quello che voleva e soprattutto ad avere tutto quello che voleva.
Era il mio idolo da quel giorno, sul serio. Volevo tanto essere come lei.
Tuttavia, risposi tutta contenta e felice:
“Ma tu sei il mio idolo ragazzaaaaa! Ti amo! Meggy sei speciale, grazie davvero! Quindi domani si partee yeah! Non vedo l’ora! Ti va di venire da me così vedo come sei conciata? Ahah!”
Morgan era una ragazza ingamba. Una delle migliori nel gruppo, anche se lo eravamo tutte.
Comunque, lei mi rispose:
“Ahah! Eh non lo so.. chiedo anche alle altre così vengono anche loro, facciamo un bel pigiama party e poi domani partiamo già tutte insieme e puntualissime! Ti va?”
Oddio amavo sul serio quella ragazza. Aveva certe idee che le uscivano all’improvviso dalla testa! Migliorava ogni giorno il nostro mondo. Giuro, se ero un ragazzo la sposavo all’istante.
Le risposi subito:
“Certo! Mi va benissimo! Aspetta che chiedo a mia madre se potete dormire qui”
Corsi subito da mia madre e le chiesi tutta felice, esuberata e saltando se potevano venire e lei rispose di sì. Amavo anche mia madre! Poi, ripresi il cellulare e dissi:
“Meggy ci sei ancora?”
Lei rispose:
“Sìsì ci sono! Che ha detto?”
Io le dissi felicissima:
“Ha detto di sì! Ma io vi amo! Sia a te che a mia madre! Ahah! A che ora venite però? Sonogià le sette e mezza!”
Morgan mi rispose, risolvendo tutti i problemi come al solito:
“Alle otto da te! Baci, avviso le altre!”
Chiuse il telefono senza darmi neanche un secondo per risponderle.
La mattina dopo doveva essere un giorno bello e speciale.
Perché quando ci siamo noi sei insieme, tutto il mondo diventa colorato.

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