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Passeggiava lento fra quelle strade poco familiari, ingombre
di gente e di musica a folle volume.
Non voleva fare ritorno nell’albergo anonimo in cui si
era registrato sotto falso nome, e non voleva entrare in qualche pub affollato e pulsante di musica isterica e di risa da
ubriachi del sabato sera.
Non sapeva nemmeno perchè aveva
scelto di tornare in quella città.
Ci era già stato, in passato
e solo pochi giorni prima.
Aveva ricevuto grandi onori in entrambi i casi…anzi, il
più grande che uno sportivo di qualunque
specialità e nazione possa mai sognare.
Come se fosse servito
a qualcosa..
Aveva anche rischiato la vita in un incidente d'auto,pochi giorni addietro.
Dormiva, sdraiato sul sedile posteriore, cullato nei suoi sogni
vittoriosi, e si era svegliato di colpo, quando ormai la macchina,come impazzita, era rimasta coinvolta nel tamponamento.
Sorrise amaramente fra sè e
sè, piegando le labbra con disprezzo.
Se fosse morto, quel giorno...
sarebbe stato meglio.
Che pensiero crudele eppure
ragionevole.
Non avrebbe avuto la delusione, la rabbia, lo sgomento.. tutto quello che al momento sembrava distruggerlo,
annichilirlo.
Fissando i volti allegri e spensierati che lo circondavano,
si sentì ancora più solo, più arrabbiato con la vita.Istintivamente strinse le mani nelle tasche, cercando il
cellulare. Avrebbe potuto chiamare qualcuno,forse.. Ma
rinunciò quasi subito all'idea: lo aveva spento ore prima, non appena
aveva preso la decisione che avrebbe cambiato la sua vita. Nel bene e nel male.
Non poteva lasciarsi rintracciare così facilmente.
Imprecò a mezza voce. Forse non era stata una buona idea andarsene così, senza riflettere.
Dopo quello sconvolgimento, quel
litigio senza senso. Aveva ancora davanti agli occhi quella scena disgustosa,
la sensazione di vuoto che gli si era improvvisamente spalancata dentro.
Ho
solo 23 anni, pensò. Dovrei
riuscire a comportarmi come tutti gli altri, a vivere nello stesso modo. Ad
affogare i dispiaceri nelle sigarette, nell'alcool, nelle avventure..
Nessuna di queste opzioni aveva
invece per lui la minima attrazione. Ora meno che mai.
Nascondendosi con cura dietro la sciarpa pesante ed il
cappuccio della giacca, si infilò in un bar e
comprò una birra. Non lo riconobbero, com’era ovvio. Faceva molto
freddo, e la maggior parte delle persone si nascondeva a quel modo dietro
strati di vestiti.
Non rimase a bere nel locale affollato, ma si infilò di nuovo per strada.
Uscì dalla strada principale e raggiunto un angolo
abbastanza tranquillo e poco illuminato, si lasciò cadere a terra, la
schiena contro il muro.
Sorso dopo sorso, sperò di
trovare sollievo in quell'ambrosia dorata.
Niente da fare. Le sue illusioni si infransero.
Neppure un barile d'alcool sarebbe riuscito a distrarlo,quella sera.
Socchiuse gli occhi.
Da quanto tempo non dormiva? giorni
ormai.. si era brevemente assopito in aereo, ma era stato un sonno
agitato,pieno di incubi. La hostess lo aveva
svegliato, perchè muovendosi convulsamente nel dormiveglia aveva
disturbato altri passeggeri.
Un tintinnio lo riscosse.
Una coppia, passando, lo doveva aver scambiato per un
barbone addormentato. La ragazza gli aveva gettato accanto
qualche monetina.
Come mi sono ridotto.
A questo pensavo non sarei mai arrivato.
Si rimise in piedi, barcollando più per la debolezza
che per la birra.
Stava per tornare sul corso principale, quando sentì
la voce di una ragazza.
"Toglimi le mani
di dosso!"
Non comprese appieno le parole pronunciate in quella lingua
straniera, ma avvertì la paura e l'angoscia che ne facevano vibrare il
tono.
E decise di intervenire.
Si diresse a passo svelto verso la fonte di quel grido
d'aiuto.
Provava inutilmente a liberarsi da quella stretta. L'altro
sembrava divertirsi per i suoi maldestri tentativi, e le biascicava
viscidamente qualcosa in russo,alitandole sul viso.
Evgeni non intese tutte le parole,ma il senso era
inequivocabile. Suo malgrado, arrossì per la rabbia.
La ragazza continuava a lottare coraggiosamente.
"Ti ho detto che non sono russa, imbecille! sono
I-TA-LIA-NA.. e non ho nessuna voglia di perdere tempo con te! lasciami.."
Le forze sembravano venirle meno, anche il tono andava
indebolendosi.
Evgeni aumentò il passo, fino a trovarsi a pochi
metri dagli altri due.
Si rivolse in russo all'aggressore, a bassa voce, cercando
di dominare la rabbia che gli montava dentro. "Credo che la signorina ti
stia chiedendo di lasciarla in pace. Fossi in te, lo farei."
Quell'enorme bestione si voltò lentamente, e lo
squadrò da capo a piedi, strizzando gli occhi come per metterlo meglio a
fuoco nella luce scarsa dei rari lampioni.
Poi, stupidamente, rise isterico, senza replicare.
Probabilmente pensava che stesse solo scherzando. L'alito puzzava
pericolosamente di alcool, anche a distanza.
Voltandogli di nuovo le spalle,strinse con maggior forza il
braccio della ragazza,cercando di trarla a sè. Lei emise un gemito di
dolore. Le aveva storto il polso.
Evgeni incontrò per un attimo gli occhi di quella
ragazza. Lo fissava,incredibilmente impaurita.
Evidentemente non parlava il russo, non aveva capito
ciò che si erano detti.
Forse credeva che fosse il compare di quell'animale,venuto a
dargli man forte.
E visto com'era conciato quella sera, non era il caso di
stupirsi. Lo avevano scambiato poco prima per un barbone, ora per un
aggressore. Di bene in meglio.
Ora basta,
pensò stringendo i denti.
Basta pensare che il
mondo sia un bel posto, che le persone siano buone, che tutto andrà per
il verso giusto. E’ora di agire.
Senza dire nient'altro, sferrò un poderoso pugno
sulla nuca dell'aggressore.
Ovviamente, non sortì l'effetto sperato. Era troppo
magro e allampanato per essere un eccellente boxeur, di questo era consapevole.
Ma aveva altre frecce al suo arco.
Ma perlomeno la ragazza smise di guardarlo terrorizzata. Ora
lo fissava soltanto con ansia, probabilmente comparando il fisico
del suo paladino con quello del bestione, che l'aveva
finalmente mollata, facendola cadere in malo modo a terra, e si massaggiava il
collo con aria decisamente infuriata, pronto a reagire.
Evgeni sorrise,per la stranezza della situazione.
Erano così tanti anni che viveva protetto e scortato
da essersi dimenticato l'ebbrezza di quelle situazioni da strada.
L'eccitante sensazione di combattere, così simile a
quella che provava quando
gareggiava.. eppure diversa, perchè lì da
troppo tempo ormai tutti lo temevano.
Tutti sapevano di cosa era capace, e stavano lontani da lui,
come da un mostro. Reverenti,distanti.
Qui invece...
Quell'idiota pensa di
ridurmi ad una polpetta, si vede dal suo sguardo. Mi fa quasi pena.
Il ragazzo scattò in avanti con tutto il suo peso,
pronto a colpirlo.
Ma prima che se ne rendesse conto, Evgeni con un salto gli
era alle spalle. Con un forte spintone, senza batter ciglio, lo spedì a
battere rumorosamente con la testa contro un cassonetto.
L'ubriaco si rialzò furibondo,ricoperto di sudiciume,
il viso escoriato dall'impatto, bestemmiando. Evegni roteò di nuovo per
aria, troppo veloce quasi per essere visto, e gli assestò un calcio
formidabile sul viso. Forse gli ruppe il naso, o ci andò comunque
vicino, a giudicare dall’espressione di profonda sofferenza che si
dipinse sul viso del ragazzo.
Questa volta il ragazzo non provò neppure a reagire,
stordito com'era. Lo guardò con gli occhi acquosi e spalancati,cercando
di credere a ciò che stava pensando.
"Ma tu.. tu.." bofonchiò a fatica.
"Non puoi essere.."
"Io non sono nessuno" rispose lui asciutto. Non
voleva essere riconosciuto.
"Nemmeno tu sei nessuno. Come ti chiami?”
“Ivan.” Balbettò quello, cercando di
asciugarsi il sangue che gli colava copioso dal naso.
Aveva perso la sua espressione da gradasso, e sembrava un
ragazzino impaurito.
“Bene,Ivan. Ti auguro una buona
serata. Ma sappi che se ti ribecco a comportarti in questo modo con una
ragazza, non te ne andrai sulle tue gambe. Fila."
Senza ribattere, probabilmente temendo di guadagnarsi altre
botte, quello scappò, senza nemmeno voltarsi indietro. Ci avrebbe
pensato due volte, prima di seguire una ragazza in un vicolo buio.
Piuttosto soddisfatto di sè per la prima volta da
giorni, Evgeni si aggiustò il cappuccio e la cintura, e si voltò
per aiutare la ragazza a rimettersi in piedi.
No,non aveva le allucinazioni. Il
vicolo era deserto, fatta eccezione per un gatto grigio che si
aggirava avido attorno al
cassonetto scoperchiato.
Gli si accoccolò accanto, e prese ad accarezzargli
distrattamente il pelo arruffato.
L'animale parve gradire quell'attenzione
e si mise a fare rumorosamente le fusa.
Assomigliava al gatto che aveva lasciato in Russia…no,si impedì di pensare alla sua casa, alla sua vita.
Non poteva permetterselo.
Eppure si sentiva inquieto.
Da una parte trovava formidabile la faccia tosta di quell'italiana.
Le aveva praticamente salvato la
vita da un pezzo di ubriacone chiaramente con cattive intenzioni, e lei non lo
aveva neppure ringraziato.
D'altro canto.. era ancora preoccupato
per lei.
Ricordava che anni addietro sua sorella aveva avuto
un'esperienza di quel
tipo, con alcuni bulli di
quartiere. Certo, alla fine avevano avuto anche in
quel caso quel che si meritavano.. ma Elena era rimasta sconvolta,
terrorizzata, per intere settimane.
Aveva paura perfino ad uscire di
casa per andare a scuola.
Forse era meglio raggiungerla, cercarla.
Assicurarsi che stesse bene, che arrivasse a casa incolume,
senza incappare in qualche altro svitato.
Si alzò di scatto, e a passo svelto tornò
sulla strada principale, invasa dalla solita folla che accompagnava le notti bianche
post-olimpiche. Non si accorse del gatto che si era messo a trotterellargli
dietro.
Non gli fu difficile ritrovarla, in ogni caso.
Aveva percorso appena qualche centinaio di metri quando riconobbe la sua giacca rossa in mezzo alla folla vestita di
scuro, quasi sbiadita a farle da contorno.
Camminò a passo sempre più veloce, fino a
trovarsi alle sue spalle.
Senza pensarci, le sfiorò il braccio con la mano.
Lei sussultò, irrigidendosi, e lui si accorse istintivamente
di aver commesso un errore.
"Scusami.." mormorò
imbarazzato in inglese.
La vide tirare un sospiro di sollievo
ed abbozzare un pallido sorriso, ma senza accennare a rallentare l'andatura.
Anzi, gli parve che cercasse di aumentare la propria velocità,
zigzagando fra i passanti
sempre più allegri e
numerosi.
"Pensi di potermi almeno dire il tuo nome?" la
incalzò.
Poi sorrise divertito. "O spiegarmi perchè indossi
una giacca della nazionale russa quando è
evidente che sei italiana?" concluse con una lunga occhiata.
Lei si bloccò e lo guardò fisso. Non aveva
evidentemente apprezzato la battuta.
"Indosso quello che mi pare e piace, grazie. Questa
giacca mi piaceva e l'ho comprata. Non credo di dover chiedere il permesso di
portarla ad ogni russo che incontro per strada!"
Parlava anche lei perfettamente l'inglese, per fortuna.
In un primo momento non aveva pensato alla barriera
linguistica.
Evgeni l'ascoltò deliziato.
Che caratteraccio!
"Hai ragione, non devi
chiedere il permesso. Ma non hai risposto alla prima
domanda. Vorrei sapere il tuo nome."
La ragazza si ravviò una ciocca dei lunghi capelli
scuri che le incorniciavano il viso.
Sembrava a disagio. "Mi chiamo Lara."
Stavolta Evgeni non riuscì
a controllarsi, e scoppiò a ridere.
Lei gli regalò uno sguardo verde e tagliente. "Oh,
immagino che sia divertente, se ti fa tanto ridere."
Lui recuperò il controllo e smise di ridacchiare, ma
non potè cancellare uno
lampo divertito nei suoi occhi.
"Perchè ti arrabbi tanto? sì..
la situazione è divertente,in effetti. Almeno questo ammettilo.
Ti vesti come se fossi russa, hai un nome di origine
russa.. e ti arrabbi se qualcuno te lo fa notare?"
La situazione cominciò evidentemente ad apparire
comica anche a lei, che si sciolse in un caldo sorriso. "Sono piuttosto
nervosa,stasera...per poco fa. Anzi,non
ti ho neppure ringraziato. Scusa."
Evgeni fece un cenno disinvolto
con la mano, come se prendere a calci i balordi nei vicoli fosse la sua
occupazione abituale.
"Ogni tanto capita che qualche stupido esageri ma.. stasera ho avuto davvero paura."
Sembrava timida ora,mentre parlava
tranquilla,senza quell'aggressività che doveva
essere parte del suo carattere. "Per fortuna ti ho incontrato. Sei anche
tu qui in città per le Olimpiadi?"
Evgeni improvvisamente smise di
sorridere.
"In un certo senso..sì, possiamo dire
che sono qui per questo. Ma sono arrivato solo questo
pomeriggio. Non ho girato molto.."
Lara lo guardò in maniera strana. Aveva colto
l'esitazione nella sua voce?
"Capisco.." esitò,
studiando i suoi vestiti vecchi e sdruciti, nettamente in contrasto con le sue
mani perfette, ceree e curate.
Dannazione, non aveva pensato a mascherarsi in modo
efficace.
Ma la ragazza proseguì. "Io
devo entrare in questo locale.. i miei amici si
saranno chiesti dove sono andata a finire,mi aspettano da almeno un'ora. Ti.. ti
va di entrare? vorrei offrirti qualcosa, giusto per
sdebitarmi.."
Evgeni si sentì a disagio,
di fronte alle esitazioni di lei. Forse non le andava
di raccontare come lo aveva conosciuto, ed era più che comprensibile.
Fuori posto anche lì, davanti a quella ragazza
diffidente ma gentile.
Si strinse le spalle nella giacca e scosse il capo.
"Meglio di no, grazie. E' già tardi, e ho ore di
sonno arretrato da recuperare. Ti auguro una buona serata, Lara." Pronunciò il suo nome con un tono un po' ironico, ma gentile.
Lei annuì, e aprì la porta del locale. Furono investiti da un rock assordante, ed Evgeni
si voltò, iniziando ad incamminarsi verso l'albergo.
"Ehi! non mi hai detto come ti
chiami!" gridò lei, ancora sulla soglia.
Lui non si voltò, per non mostrarle il sorriso che
gli aveva illuminato il volto.
"Puoi chiamarmi Zhenya."
"Zhenya.."mormorò
lei, corrugando lievemente la fronte. Le sembrava di aver già sentito
quel nome,da qualche parte. Ma
non ricordava dove…
"Zhenya, se è la prima
volta che visiti questa città...non so, potresti avere bisogno di una
guida!" aggiunse lievemente imbarazzata.
Lui si girò e le sorrise. Annuì solennemente,anche un po' troppo.
"Ne sarei lieto. Domani pomeriggio, qui davanti?"
Questa volta fu lei ad annuire.
"Esco alle tre dall'università. A domani allora,
karateka." e si
richiuse la porta alle spalle.
Evgeni rise di cuore.
Karateka!nessuno
lo aveva mai chiamato così.. ma non gli dispiaceva, tutto sommato.
Si lasciò inghiottire dal buio e dalla folla.
Ma per la prima volta da giorni,
non si sentì solo ed inutile.
Non era stata una buona idea. Anzi,
era stata una pessima ideaaccettare quell'invito.
Perchè di notte era facile nascondersi, seppellire il
viso in una sciarpa colorata o nascondere i capelli sotto un pesante cappuccio.
Sembrare uno qualunque.
Ma alla luce del sole tutto
sembrava diverso. Nitido,chiaro.
Riconoscibile.
Evgeni si guardò
attentamente allo specchio, quella mattina, prima di farsi la
barba.
Aveva appena fatto una lunga doccia calda, che non lo aveva ristorato un granchè.
Nemmeno quella notte aveva dormito. Il dolore continuava a
perseguitarlo.
No. Non era una buona idea davvero.
Decise di lasciarsi crescere un po' di barba. Dopo tutto aveva un viso troppo femmineo, l'aveva sempre pensato.
E poi lo avrebbe fatto sembrare uno di quei ventenni
alternativi che popolavano le strade della città.
Ma non doveva essere nel suo stile, avere la barba .Anche se gli era sempre piaciuta.
Altri lo avevano deciso per lui.
Così come avevano scelto i suoi costumi, i suoi orari, perfino i suoi tagli di capelli.
Gli venne un'idea quasi perversa di vendetta.
Era conosciuto ovunque per la sua pettinatura, per quella
specie di caschetto color oro liquido, a suo parere decisamente un po' eccessivo per un uomo.
Sorridendo crudele alla sua immagine allo specchio, prese il
rasoio elettrico.
Era andato all'appuntamento in anticipo.
Voleva studiare le reazioni della gente, prima di passare
fuori il pomeriggio. se anche una sola persona
l'avesse riconosciuto, per lui sarebbe stato meglio fare di corsa le valigie e
cambiare di nuovo città. C'era sempre qualche simpaticone pronto a
chiamare i giornalisti per una rucompensa.
Ammesso che i giornalisti avessero già subodorato la
sua fuga..certo,l'assenza agli ultimi Galà
post-Olimpici e ai Mondiali non sarebbe passata inosservata. Ma non aveva dubbi
che Alerei, per salvarsi la faccia mentre lo cercava
ovunque, avrebbe mentito in maniera convincente.
Già lo sentiva. "Evgeni
deve rivedere le sue priorità".
Oppure "Evgeni ha avuto una
ricaduta,deve essere di nuovo operato e fare una lunga
convalescenza."
Magari sarebbe stato così ipocrita da dire che aveva bisogno di stare più tempo con la sua
famiglia. Quella sì, le avrebbe battute tutte.
Una ragazza molto carina lo sorpassò, lanciandogli
un'occhiata penetrante.
"Sicuramente ha visto la mia foto su qualche giornale.. e ora mi ha guardato senza riconoscermi. Ottimo. Allora
la mia idea funziona."
Le sorrise di rimando, provando però un certo freddo
al cuore nel constatare quanto assomigliasse..
aMasha.
Aveva i suoi occhi grandi e neri...
"Spero di non essere in ritardo!"La voce alle sue
spalle era inconfondibile.
Lara era arrivata. Si voltò per salutarla, e del
tutto inaspettatamente lei lo baciò sulle guance,iniziando
a parlare senza sosta.
"Insomma, temevo di far tardi..e non aveva il tuo numero
per avvertirti. Oggi il mio referente per il tirocinio l'ha tirata così
per le lunghe..."roteò
gli occhi con fare teatrale.
"Capisco che la questione sia importante, ma meriterei
un po' più di autonomia,non credi?"
Si guardò nervosamente il polso, consultando
l'orologio.
"No, sono in perfetto orario. Mi prenderai per pazza,
ma detesto fare tardi ad un appuntamento.. di
qualunque genere" aggiunse in fretta. Forse troppo in fretta.
Lui scrollò le spalle. "Vuoi sentire una
barzelletta russa sull’arrivare in orario?"
Lei sorrise. "Spero di capirla..
me la racconterai in inglese però,vero?"
gli fece una specie di divertente
linguaccia.
"Tre russi sono al confino: "Io sono arrivato con
cinque minuti di ritardo e mi hanno accusato di sabotaggio".
"Io con cinqueminuti di anticipo e mi hanno
accusato di spionaggio".
"Io sono arrivato puntuale e mi hanno accusato di aver
comprato l'orologio in Occidente!".
Lei lo guardò perplessa. "E'molto divertente,da voi? Temo di non averla capita granchè."
Evgeni accennò di sì
col capo. "Era mia nonna a raccontarmi questo genere di barzellette,
quando ero piccolo. Lei era un po'...sovversiva. Negli anni sbagliati."
Proseguirono per un po' in silenzio.
Evgeni si accorse che lei non gli
toglieva gli occhi di dosso. E la cosa cominciava a
metterlo a disagio. La guardò a sua volta, e lei abbassò gli occhi imbarazzata.
"Scusa se ti fissavo ma..
posso farti una domanda?"
Il cuore di Evgeni
perse un battito. Era finita, lo aveva riconosciuto.
Sapeva di rischiare troppo, intrattenendosi a parlare con
una persona.
Un conto era il caos della folla, ben altra cosa una
conversazione a due.
Eppure non era riuscito a mancare, a quell'appuntamento..
"Dimmi pure" mormorò, pronto a sentire il
peggio.
"Perchè oggi ti sei tagliato i capelli in questo
modo orribile?"
Decisamente non era la domanda che
si aspettava.Incrociò le braccia, fissandola
con finta serietà.
"Perchè me lo chiedi? ieri
sera avevo un cappuccio in testa. Non puoi sapere da quanto tempo li porto
corti."
Fu lei a sorridere maliziosa. "Guarda caso, invece lo
so. Ieri sera portavi il cappuccio, mister Mistero, ma
alcune ciocche ti sono scivolate fuori mentre facevi KarateKid là nel vicolo. E
ho visto che avevi i capelli lunghi. Oggi invece...sembra che ti abbiano
tagliato i capelli con un'accetta."
Zhenya scoppiò a ridere
rilassato.
"Più o meno. Me li sono
tagliati io, con il rasoio per la barba.”
Perchè
glielo stava raccontando?Non doveva farlo.
"E'stato un po' un gesto di ribellione,non so. Certo che sei una brava
osservatrice..."
Lara continuò a guardare i corti ciuffi irregolari
che gli stavano dritti sulla testa.
" Mhh sì, osservare fa
parte del mio lavoro, in un certo senso. Non è che per caso ti va di fare un salto da un paio di mieamiche? Hanno un negozio di parrucchiere
a pochi isolati. Ti metterebbero a posto in un attimo. Ti renderebbero…
presentabile."
"Sono davvero così orribile?"le
domandò divertito, passandosi una mano sulla nuca. Non si era guardato granchè allo specchio,dopo.
Era troppo soddisfatto per aver
dato un taglio, lettarale, anche a quella parte del
suo passato.
Lei non provò nemmeno a mentire. Molto seriamente,scosse il capo.
"Sei anche peggio della tua barzelletta."
Dopo quella prova di sincerità, Evgeni
acconsentì a fare un salto dal parrucchiere.
"Si può sapere dove lo tenevi nascosto??? Incredibile quanto è carino... uscite
insieme?"
La voce di Antonietta VOLEVA essere
bassa, ma non ci riusciva. Per fortuna il russo sembrava capire poco o nulla di italiano.Sia
Lara che l'amica continuavano a guardare il ragazzo,
la cui capigliatura in quel momento stava sapientemente rinascendo sotto il
tocco esperto di Lucia.
Lara sbuffò. Di
nuovo!che seccatura...
"Te l'ho già detto Anto. Ci siamo incontrati
ieri sera,in maniera casuale.. mi ha dato una mano in
una ..certa situazione,una chiacchiera tira e l'altra ed eccoci
qui. Anzi,scusa se ve l'ho portato di domenica.. ma
sapevo che eravate in negozio per i lavori e.. mi sembrava davvero orribile con
quel taglio!" Sorrise, cercando di ignorare lo sguardo complice di Lucia
nello specchio.
Sapeva che l'avrebbero sottoposta
alla santa Inquisizione la volta successiva, ma non voleva che accadesse
davanti a lui.
"Hai fatto benissimo,ci
annoiavamo da morire, a litigare per il colore della tappezzeria.. comunque tu
non me la racconti giusta. So bene io in che situazione sarei lieta di dargli una mano, ad un tipo così" concluse Antonietta
con un sospiro svenevole.
Lara si sentì le guance rosse. Zhenya
poteva non capire l'italiano,ma la mimica è
universale.
E lo vide sorridere.
"Et voilà!"
sbottò Lucia,rimirando soddisfatta il suo
lavoro.
"Abbiamo rimediato il più possibile al danno.
Però digli di non provare una seconda volta a tagliarseli da solo, o
dovrà scontare la mia ira."
Lara tradusse, strappando ad Evgeni
un altro sorriso imbarazzato e molti ringraziamenti.
Antonietta non permise loro nemmeno di pagare, sostenendo
che "per gli amici di Lara questo ed altro". L'occhiata maliziosa che
le rivolse,però, le diede l'impressione che
avrebbe dovuto pagare comunque. Con tutti i dettagli.
Uscirono in fretta dal negozio, immergendosi nella pigra
quiete domenicale.
Rispetto alla sera prima, le strade erano semivuote, invase
da un sole pallido ma caldo. Più che altro, in giro si
vedevano famiglie a passeggio, oppure coppie che si scambiavano effusioni.
Le grida dei bambini riempivano l'aria frizzante.
Evegni si specchiò in una
vetrina, e ciò che vide gli piacque.
Un estraneo, molto lontano dal riflesso
patinato che occhieggiava in foto e copertine di tutto il mondo. Lontano
da ciò che gli avevano imposto di essere.
Era trasandato, un'ombra di barba chiara,
i capelli così corti sembravano avere riflessi un poco più
scuri del normale.
Nel complesso si piaceva, proprio
perchè non si riconosceva.
"Allora...che programmi hai?
Vuoi visitare qualche museo, qualche monumento?"
Lara sembrava desiderosa di tuffarsi in mezzo alla gente,
forse per l'eccessivo imbarazzo che le avevano creato
le occhiate delle amiche.
Lui scosse il capo.
"Ti dispiace se continuiamo a passeggiare? Vorrei
tornare in riva al fiume.. ci sono stato ieri
sera."
"Certo. Ti porto in uno dei miei
posti preferiti."rispose lei.
Scesero lungo i Murazzi,in silenzio, fino a trovarsi sul Po.
Evgeni si appollaiò su un
argine, fissando l'acqua leggermente torbida che scorreva sotto di loro.
"Quando ho qualche pensiero mi siedo da qualche parte
in riva alla Neva, così, e rimango fermo a
riflettere anche per ore. Lo sciabordìo
dell'acqua mi rilassa."
"Neva? sei di San Pietroburgo?" domandò lei senza intonazione.
Come lui, fissava l'acqua. Come lui, forse, stava pensando a
qualcosa di brutto.
Un altro passo falso.
Era fin troppo facile aprirsi con lei.. doveva essere
più prudente. Indizio dopo indizio, avrebbe
reso fin troppo facile risalire alla sua vera identità.
Tentò di essere evasivo.
"No, ci vivo soltanto da qualche anno. Ma amo quella città. Sono stato in molti posti ma.. nessuna città al mondo può
competere con la sua magnificenza, la sua eleganza,la sua storia."
"Lo immagino. Io non ci sono mai stata, ma quando ero
piccola mio nonno era stato in Russia, e l'aveva
visitata: lo aveva incantato. Mi aveva portato moltissime cartoline, e guide
illustrate. Ogni sera le sfogliavamo come un libro di fiabe, ed io sognavo di
poterci andare,un giorno, in quei luoghi incantevoli. E
lui rideva, e mi prometteva che ci saremmo andati insieme."
Sembrava triste nel parlarne,chissà
perchè.
"Poi mio nonno è morto, e da allora non ho
più tirato fuori quegli album. Mi ricordano troppo lui, e tutte le cose
che non abbiamo più potuto fare insieme."
Evgeni si sentì dispiaciuto
per lei.
Aveva tirato fuori quel discorso per allontanarlo da sé
e dalla sua identità, e involontariamente aveva riaperto una vecchia
ferita.
Ma lei sembrava non volergliene, ed
aver già superato l'attimo di crisi.
"Che ne dici se ce ne stiamo
un po' qui a pensare? non so te, ma a me aiuta
moltissimo. Vengo sempre qui quando ho qualche ora di
pausa in Università.."
Lui fu contento di quell'offerta.
Era piacevole stare lì, senza fare nulla, senza nessuno che ti richiamasse all'ordine. Senza programmi, senza obblighi...
fare qualcosa per il puro gusto di farla, non perchè qualcun'altro
se la aspettasse da te.
"Perchè eri in Università oggi? Studiate
anche la domenica in Italia?"
Lara scosse il capo. "No, siamo disorganizzati anche la
domenica, in Italia. Dovevo consultare del materiale che in settimana è
sempre impegnato,così.. sfrutto i weekend.
Tanto, non ho mai grandi programmi. Ultimamente meno che mai."
Lui corrugò le sopracciglia. "Nessun
ragazzo?"
La risata di lei fu quasi uno
scoppio. "Dritto al punto,eh? tu
che ne pensi?"
"Ma questa non è una
risposta."
"E la tua non è una
domanda. La mia è una risposta da psicologa, ti dovrai accontentare."
"Studi psicologia?" Le cose tornavano, soprattutto
il suo spirito d'osservazione un po' fuori dal comune.
Anche la capacità di ascoltare.. dannazione,
per poco prima non le aveva praticamente detto chi era! doveva
essere cauto,molto più cauto.
"Affermativo. E mi piace.
Anche se quando lo dico, la gente comincia a parlarmi dei suoi problemi e passo
la serata a far finta che mi interessino."
Evgeni rise.
"Sei piuttosto diretta anche tu mi pare..
come dovrei prenderla? mi stai dicendo che ti ho
annoiata?"
Lara scosse il capo, senza staccare gli occhi dall'acqua del
fiume. Il vento le scompigliava i capelli sciolti.
"No,tu hai il problema
opposto: non mi hai parlato di nessuno dei tuoi problemi. Ma è
più che evidente che tu ne abbia.."
Evgeni si alzò, prese un
sassolino e lo fece rimbalzare sul pelo dell'acqua.
"Immagino che tu sia così in gamba da sapere
anche quali.. non vi sentite un po'onnipotenti voi strizzacervelli? o piuttosto non
tirate ad indovinare? chi al giorno d'oggi non ha
problemi?"
Lara,alle sue spalle,
sospirò.
"Primo,non sono una strizzacervelli,grazie. E secondo..
non tiro ad indovinare. Lo leggo nel tuo sguardo, che hai
un mucchio di problemi..ma non ti va di
parlarne,quindi cambiamo argomento. Che ne dici di un
gelato? Qui vicino c’è un chiosco che li fa buonissimi. Possiamo
tornare qui a mangiarli, e vedere come te la cavi con i sassolini, karateka.. o se ti fai
battere da una donna.”
Si gustarono un gelato appollaiati
lì sull'argine, ed Evgeni scoprì che
Lara non aveva bluffato nel sfidarlo al lancio di sassi. Era davvero molto
più brava di lui...
Doveva averne passato di tempo, su quell'argine.
Doveva averne avuti, di pensieri.
Lara parlava e parlava.
Sembrava aver compreso il suo bisogno di silenzio, di non
scoprire le proprie carte, e così aveva preso in mano la situazione..e la
conversazione. Gli aveva raccontato diversi aneddoti storici sugli edifici che
dal punto in cui erano si riuscivano a scorgere, fra i più interessanti
di Torino.
La Gran
Madre, il monte dei Cappuccini, il Castello del Valentino.
Voltandosi verso la città, la Mole Antonelliana,
che si stagliava nitida coi suoi riflessi metallici in
mezzo alle case e agli edifici. E ancora, oltre la collina,l'imponente
Basilica di Superga.
Una specie di tour storico senza
muoversi di un passo.
Evgeni ammise di essere
affascinato da lei.
Dal tatto che sembrava dimostrare nei suoi confronti,dalla vitalità che sprigionava.
Ma ad onta di tutto questo, gli
sembrava molto triste.
E mai come in quel momento, quella
sensazione lo avvicinava a lei.
Anche lui si sentiva triste. Stava
bene con lei, certo. Si era perfino divertito.
Ma continuava a sentirsi oppresso,
umiliato.
Si rese improvvisamente conto che Lara taceva. Per quanto
tempo era rimasto così, a pensare, senza rendersene conto?
"Scusami..dicevi?"
Lei si era sdraiata sull'erba, lo zainetto dei libri sotto
il capo come un cuscino.
Aveva gli occhi chiusi.
"Dicevo che è inutile
parlare a chi sta pensando ad altro...ed è precisamente ciò che
facevi. Ma siccome non mi vuoi dire che c'è che
non va, il discorso è chiuso per la seconda volta."
"Non è vero invece. Ti ascoltavo. Ma stavo pensando..." cercò
una scusa per tirarsi fuori dai guai. "Hai detto
che si può salire fin lassù, vero?"e indicò con la
mano la punta della Mole.
Lara aprì gli occhi. "Certo. Da quando hanno
aperto il museo del Cinema all'interno dell'edificio, hanno anche riaperto
l'ascensore panoramico. Se proprio ti va ci andremo..ma un'altra volta.
E'tardi, devo prendere la metro e
tornare a casa. Stasera ho un impegno."
Non sembrava arrabbiata. O se lo era,
non lo dava a vedere.
Si incamminarono in quella
direzione. L'equilibrio magico delle ore precedenti però sembrava
spezzato. Evgeni era rabbioso con sè stesso: aveva rovinato tutto, se lo
sentiva.
"Zhenya..
lo so che non ne vuoi parlare. Né di te, né del
perché sei qui. Ma qualunque sia il tuo
problema, non risolverai molto ad ignorarlo. Faresti meglio ad affrontarlo
prima che diventi più grande di te."
Gli diede un velocissimo bacio sulla guancia ruvida, e
scomparve di corsa giù per la scaletta che conduceva ai binari.
Evgeni rimase un attimo interdetto,
incapace di rispondere davanti a tanta franchezza.
Solo allora si accorse che non le aveva domandatonè l'indirizzo, nè
il numero di telefono.
Non conosceva neppure il suo cognome.
Non so nulla di lei.
Ma so che voglio rivederla.
Torino, 15 marzo
Niente,niente e ancora niente.
Erano tre giorni che Evgeni
passava ore appostato davanti a Palazzo Nuovo,
l'Università degli Studi Umanistici della città.
Cominciava a credere che non l'avrebbe
più rivista.
Scrutava con attenzione ogni ragazza che entrava ed usciva
dall'immenso edificio.. ma niente.
O era malata, oppure in qualche
modo gli era completamente sfuggita.
E questo lo rendeva furioso con sè stesso.
Socchiuse gli occhi, invidiando profondamente il ragazzo
seduto accanto a lui sulla scalinata, che traeva profonde boccate dalla
sigaretta che si era appena acceso.
Evgeni non amava particolarmente
il fumo, ma in quel momento desiderò accendersene una.
Per sfogare il nervosismo che gli montava dentro, per tenere
le mani occupate forse.
Si calcò il cappellino da baseball sulla fronte.
Temeva ancora di essere riconosciuto da qualcuno.
Si chiese se gli animali braccati provassero le stesse
sensazioni, quando si trovavano vicino ai cacciatori.
La vide. D’improvviso, eccola là.
Usciva da una delle porte più laterali, in mezzo ad
un gruppo di amiche. Discuteva animatamente di
qualcosa con un ragazzo alto ed allampanato, che le indicava qualcosa su un
libro di testo.
Lei continuava a scuotere la testa, assolutamente convinta
di quanto diceva.
Era quasi più battagliera che il
sabato notte.
Evgeni si pentì di averla cercata. Cosa aveva a che
spartire con lui? Voleva veramente coinvolgerla nella sua fuga, mentirle su chi
era e pretendere da lei onestà, forse perfino amicizia?
In quel momento lei alzò gli occhi nella sua
direzione. Senza un motivo, ma lo vide.
E gli fece un cenno di saluto con
la mano, quasi a dirgli di aspettarla. Si congedò in fretta dai
compagni, lasciando il tizio con un'espressione piuttosto delusa in volto.
"Zhenya! ma
che coincidenza! cosa ci fai qui? Non credevo ti
fermassi in città tanto a lungo.."
Coincidenza certo..come
no...
"Beh, questa è l'Università dove studi
allora? carina... cioè, non proprio carina ma..animata" si corresse di fronte allo sguardo ironico
di lei. Certo il palazzo architettonicamente non era
un granchè..
"Sì, io studio qui. Ma vuoi dire
che ci sei venuto apposta, stamattina? per vedere me? quasiquasi mi commuovo.." lo prese in giro, fingendo di svenire.
Mentire? mentire sempre, anche quando non era necessario?
"Sono tre giorni che vengo qui
ad aspettarti. Ma non ti sei fatta viva, ed io non
avevo il tuo numero di telefono. L'altra sera sei scappata senza darmi il tempo
di chiedertelo."
Studiò la reazione di lei.
Mi sta guardando come
se fossi completamente pazzo.
"Vuoi dirmi che sei stato qui
per ore, per tre giorni consecutivi, solo perchè sapevi che studiavo in
questa Università? dì un po, ma sei completamente matto? sai
quante mie compagne non vengono praticamente mai a lezione? avresti
potuto aspettarmi qui in eterno come un imbecille."
Lui le sorrise, ignorando la provocazione.
"Nessuna delle tue compagne però lavora al suo
tirocinio la domenica, vero?"
Lara gli diede un colpetto sulla spalla,divertita.
"Colpito e affondato. Ora, sarà meglio se
andiamo a berci un caffè, perchè come
minimo sarai mezzo congelato. E poi vorrei proprio sapere il motivo di tutto questo interesse a rivedermi, se non ti dispiace."
Poco dopo, davanti ad una fumante tazza di cappuccino,lui si strinse nelle spalle.
"Non avevo nessun motivo per cercarti..
voglio dire, nessun motivo razionale. Ma sono solo in
città, e tu sei l'unico viso amico che ho incontrato. Così
pensavo che, se non avevi molto da fare,potevamo
rivederci. Qualche volta. Se ti va."
Odiava quel tono leggermente supplicante col quale aveva concluso la frase.
Probabilmente le
sembro un bambino di due anni, bisognoso di compagnia e attenzioni!concluse
furibondo.
Lei lo fissò a lungo negli occhi chiari,indagando. Sembrava perplessa.
"Dunque, Zhenya..."
ripetè il suo nome
con una marcata espressione. "Sei solo in città, senza famiglia o
fidanzata al seguito. Sei così pazzo da andare in giro la notte a fare
il giustiziere, da rasarti i capelli a zero con un rasoio da barba, da
aspettare tre giorni per strada una ragazza che conosci appena. Se fossi una
persona pragmatica scapperei il più lontano
possibile." fece una pausa.
Evgeni si aspettò di
vederla alzarsi e correre via. Quelle parole avevano il sapore di un giudizio
inappellabile.
"Ma non lo sono mai stata.
Sento che sei un bravo ragazzo, anche se continui a mentirmi e a tacermi tutto
di te. E sei anche un ragazzo fortunato. Oggi
pomeriggio non ho lezioni, pensavo di andare in
biblioteca. Ma farò uno strappo alla regola e verrò con te a fare
un giro per la città.. Dovrò pure
sdebitarmi per il freddo che hai preso in questi tre giorni... fortuna che
stamattina ho avuto quel seminario,o saresti ancora lì a congelarti il
sedere sulle scale!"
Nei giorni successivi Lara, a dispetto degli impegni
universitari, riuscì sempre a trovare un po' di tempo libero da passare
con lui,ed Evgeni cominciò davvero ad abituarsi a quella vita comune.
Ma scoprì che non riusciva a liberarsi di tutte le
sue abitudini con la stessa rapidità con cui si era liberato del suo
taglio di capelli.
Per esempio l'idea di poltrire a letto fino a mezzogiorno lo
aveva sempre attirato,come un lusso mitico a cui non si può indulgere.
Provò a dormire fino a quell'ora,ma non ci riuscì: puntuale, alle
sette del mattino apriva gli occhi come se sentisse suonare una sveglia nel
cervello.
Scoprì anche che il suo corpo sentiva il bisogno
della ginnastica.
Dopo i primi giorni di indolente pigrizia in quella specie
di vacanza forzata, si rese conto con sorpresa di provare sollievo dopo qualche
chilometro di corsa, dopo qualcuno dei soliti, lunghi ed estenuanti esercizi
che avevano scandito i suoi ritmi per anni.
Tutto ciò lo sorprese. Era come se il suo corpo lo
volesse convincere a tornare indietro, a non commettere un simile errore.
Torna, Evgeni.
Riprenditi la tua vita, la tua carriera,le tue competizioni e i tuoi trionfi.
E riprenditi anche la
tua solitudine.
No, non voleva farlo. Se aveva avuto ripensamenti in quelle
due settimane, era bastato un pensiero fugace alle ore trascorse a spasso con
Lara per dissuaderlo dal prestarvi orecchio.
Ogni giorno lo stupiva.
Se all'inizio aveva avuto in qualche modo l'intuizione che
fosse una ragazza fuori dal comune,ora ne aveva la certezza.
Straordinariamente permalosa,riservata,testarda ed
orgogliosa.
Non era riuscito in nessun modo a sapere se lei avesse un
ragazzo, un fidanzato.. qualcuno che l'aspettava la sera, quando si dileguava
per tornare a casa. Ma Evgeni non poteva credere che fosse sola. E in un certo
senso questo gli dava una punta di gelosia.
Non voleva svelarle nulla della sua vita,eppure era
esasperato dal non sapere nulla della sua.
Poi, quel giorno, erano andati a visitare il museo del
Cinema, come gli aveva promesso.
Erano terminate anche le Paralimpiadi, e la città si
andava via via svuotando dalle migliaia di turisti che l'avevano animata.
Il museo era tranquillo, anche se non deserto.
Vagarono a lungo fra le sale,commentandole e discutendo
animatamente dei loro registi ed attori preferiti. Evidentemente condividevano
anche la passione per il cinema.
Ad un certo punto, Evgeni le rammentò la sua idea di
salire fino in cima alla Mole.
Certamente da lassù doveva godersi un paesaggio
splendido,specie a quell'ora.
Lara lo accompagnò riluttante alla biglietteria, ma
richiese un unico biglietto.
Lui la fissò perplesso, mentre lei glielo porgeva.
"Questo che significa? Mi vuoi spedire lassù da
solo?"
Lei annuì. "Non ci penso proprio a salire."
"Chi lo avrebbe mai detto... proprio tu, una fifona! Hai
paura dell’altezza …non ti succederà nulla!" la prese
ferocemente in giro.
Lei alzò gli occhi al cielo.
"Io fifona, tu straniero. Se fossi di qui sapresti
perchè non voglio salire. E'a causa della leggenda... se uno studente
universitario sale fino in cima, non si laureerà mai. E a me manca
troppo poco per rischiare,grazie!"
Ma Evgeni non le diede tregua.
Continuò a farle il verso del pollo fino ad
esasperarla, e a costringerla a comprare un altro biglietto.
Prima di salire nell'ascensore,però, la fermò.
"Scusami, ti stavo prendendo in giro. Non è
necessario che tu salga.. se credi a quella leggenda, è giusto che la
rispetti.. non volevo forzarti.. scherzavo…"
Ma lei gli diede uno spintone. "Non ho certo paura di
una stupida diceria!".
Ma lui vide che mentiva. Semplicemente non voleva
concedergli la soddisfazione di trattarla come una vigliacca.
Salirono pigiati con le altre persone,senza cercarsi con lo
sguardo.
Ancora una volta Evgeni ebbe l'impressione di aver spezzato
un delicato equilibrio.
Sulla terrazza in cima,la vista era da togliere il fiato. Il
sole arrossava l'intero panorama, tingendo di un caldo colore rosa le cime
ancora innevate delle Alpi.
Lara scrutava in silenzio il paesaggio sottostante. Aveva di
nuovo un'espressione triste.
"Sei arrabbiata con me?"
"Oh no" minimizzò lei. "Sono solo..
non so, malinconica. E'un posto splendido, una giornata splendida.. Ma questo,
come faccio a spiegarti.. Mi fa sentire.. sola."
Evgeni tacque, perchè erano le stesse sensazioni che
provava lui. Così forti da annebbiargli il cervello, da chiudergli il
cuore dentro un cerchio di ferro.
Afferrò Lara per un braccio, e la costrinse a
guardarlo.
Gli parve di vederla trattenere le lacrime.
Non resistette oltre, e si chinò per baciarla.
Era a pochi centimetri dal suo viso, poteva vedere le
pagliuzze dorate nei suoi occhi lucidi, poteva respirare quel suo profumo di fiori
primaverili. Poteva sentire fra le dita i suoi capelli morbidi.
Ma lei gli bloccò le mani che si erano posate delicatamente
sul suo viso.
"No, ti prego, non farlo." sembrava supplicarlo,
la voce flebile.
"Perchè?" potè soltanto sussurrarle
con voce roca.
Perchè,
perchè, perchè? Perché non mi vuoi quanto io voglio te?
"Perchè tu sei sposato, Evgeni Plushenko. Ecco
perchè."
Evgeni non riusciva a smettere di
guardarla negli occhi.
Le labbra le tremavano leggermente mentre
lo supplicava di lasciarla andare.
Era bellissima in quel momento,ma
incredibilmente fragile. Vulnerabile.
Non voleva, ma la lasciò libera.
Deglutì, abbassò le braccia, e le
scostò le mani dal volto.
Le lasciò ricadere lungo i fianchi, sentendosi
svuotato.
In un secondo soltanto tutti i suoi
aneliti di libertà, e quel fugace senso di benessere.. tutto era
svanito, ripiombandolo nella cruda realtà.
Quella familiare morsa allo stomaco..
era ritornata.
"Tu... tu lo sapevi. Perchè non mi hai detto
niente? perchè.. hai continuato a prendermi in
giro?da quanto? Da quanto lo sai?" La sua voce
era poco più di un sussurro, ma vibrava di rabbia.
Lara fece un passo indietro, scioccata.
"Parli a me di prendere in giro?" Lo guardò
con espressione delusa e ferita.
"Tu sei stato sincero forse? non
hai fatto altro che raccontare bugie.. o meglio, non mi hai mai voluto dire
niente. Niente di niente, eppure pretendevi che mi fidassi. Trovi strano che fossi un po' curiosa a causa di tutto questo riserbo?O forse
pensavi che fossi troppo stupida per arrivare a scoprire le tue menzogne?"
A quel punto fu lui ad abbassare gli occhi. Si mise a
fissare in lontananza le prime luci della sera, mentre la terrazza veniva lentamente inghiottita dal buio.
"Hai ragione, non dovrei
prendermela con te. Solo, mi dispiace che tu abbia scoperto tutto.
Ora invece me ne dovrò andare,anche
da qui. Speravo solo in un po’ di pace."
Bugiardo.
"Certo, vattene! scappa,scappa
di nuovo! sei proprio un'idiota...credi che se avessi
voluto annunciare ai quattro venti che EvgeniPlushenko si trovava qui, non avrei avuto modo di farlo in
queste due settimane? Che non avrei potuto contattare
tutti i giornalisti della città e darti in pasto a loro? Non hai capito
niente!" Lara era sul punto di piangere per la
rabbia, ma non voleva dargli quella soddisfazione. Quella di vederla piangere
come una mocciosa.
Gli voltò le spalle e rientrò nell'ascensore,che stava per scendere.
Lui non si voltò. E non
tentò di fermarla.
Evgeni rimase lì, a fissare
la sera che stava per scendere. Gli ultimi bagliori arancioni
del tramonto stavano sfumando in una calda tonalità di blu cupo, e
già si intravedevano le prime stelle
occhieggiare all'orizzonte.
"Ha ragione"pensò.
Se avesse voluto, avrebbe potuto tradire il
mio segreto in ogni momento.
Sarei stato sommerso
dai giornalisti ad uno dei nostri appuntamenti, e non l'avrei più
rivista.
Dopo tutto, ha conservato il mio segreto senza ottenerne nulla in
cambio.
Non mi ha fatto
domande, non ha preteso risposte..anche
se aveva capito chi sono.
Eppure forse, se me lo avesse chiesto, le avrei
raccontato tutto.
Perchè?
La conosco da poco.
Non so quasi nulla di lei.
Ma sai di poteri
fidare, razza di imbecille! non
lasciarla scappare così...
Senza indugiare un solo minuto in più, prese a sua
volta l'ascensore, determinato a raggiungerla.
Ma quando uscì dal museo, in
strada non vide nessuno.
Aveva indugiato troppo a lungo, e lei se ne
era andata.
Con quello che le aveva detto, si
stupiva di non aver rimediato uno schiaffo in pieno viso.
Guardò sconsolato a destra e a sinistra, e diede un
rabbioso calcio ad una lattina.
Si sedette sul marciapiede, e si prese il capo fra le mani.
Niente da fare. Aveva il suo numero di telefono ora, ma era certa che non gli
avrebbe più voluto rivolgere la parola.
Poteva biasimarla?
Poi di colpo gli venne un'idea. Non ne era
sicuro ma.. doveva provare.
Percorse velocemente le poche centinaia di metri che lo
separavano dal ponte della Gran Madre, che si affacciava su uno dei punti
più belli del Po.
La riconobbe da lontano, e il cuore riprese a battere a
ritmo regolare.
Forse non tutto era perduto. Forse.
Prima che lei si voltasse,sperò
di non vederla in lacrime. "Lara.." mormorò,
quasi una supplica.
Mise tutto sé stesso in quell’unica parola.
Lei si voltò. Il viso era asciutto e pallido, ma i
suoi occhi erano infinitamente tristi. Giocherellava con la
zip della giacca.
"Pensavo ti fidassi di me. E'questo che mi fa stare
male."
"Sono io che sono un'idiota,perdonami.
Ma non credevo.. di essere scoperto così
presto. Quando sono venuto qui, l'ho fatto per stare
da solo. Tu.. non eri in programma. Non volevo amici,
solo un po' di pace. Tempo per riflettere, per decidere del mio futuro."
"E cosa avresti da decidere,scusa?
sei il miglior pattinatore al mondo. Hai appena
trionfato alle Olimpiadi stracciando qualunque tuo avversario e stabilendo dei
nuovi record. Sei giovane, bello, famoso. E sposato."
aggiunse con una nota di sarcasmo.
"Ne devi avere di pensieri lugubri,come
no."
Evgeni l'afferrò per le
spalle, scuotendola con forza.
"Cosa pensi di saperne tu
della mia vita? quello che hai visto alla televisione,
o che hai letto sui giornali?Sei come tutti gli altri. Sei convinta di
conoscermi, e non sai nulla di me."
Lo fissava ad occhi sbarrati. "Lasciami. Mi fai
paura."
Lui smise di scuoterla,ma non la
lasciò andare. Quel contatto gli dava la forza per continuare a parlare,
per aprirsi. Doveva riguadagnare la sua fiducia,in un
modo o nell’altro.
"Sei tu che mi fai paura. Pensavo che avessi imparato a
conoscermi. Non sono scappato perchè sono un
mitomane viziato. Ho avuto i miei buoni motivi."
Lo sguardo di lei riacquistò
un barlume di speranza.
"E allora dimmeli. Raccontami
tutto, se ti fidi di me. E se non ti fidi vattene. Torna in Russia, continua a
scappare. A me non interesserà più.” Tacque, distogliendo
lo sguardo, come se l’incontro con i suoi occhi le facesse male.
“Zhenya, decidi tu. Ma decidi
adesso."
Evgeni strinse le labbra sottili,valutando il da farsi. Ma la luce
di quegli occhi che gli stavano davanti, delusi eppure curiosi, e soprattutto
comprensivi, lo fecero decidere in fretta.
"Vieni, andiamo a sederci da
qualche parte. La storia è piuttosto complicata."
"E'iniziato tutto la sera
dell'8 marzo, dopo il Galà che si è
tenuto in Russia. E'stata una serata di successo,anche
al di là delle aspettative degli organizzatori. Il mattino seguente
sarei dovuto partire di nuovo,per spostarmi da San Pietroburgo a Mosca, dove ero atteso per un altro Galà.
In questi giorni, abbiamo una vita ancora più
frenetica del solito."
Evgeni raccontava la storia con
voce piatta, quasi come se in quel modo riuscisse a tenere a bada i sentimenti
che lo soffocavano. Lara lo ascoltava senza perdersi una parola. Continuava a
girare il cucchiaino nella sua tazza di tè senza berne neppure un sorso.
"Non sarei dovuto tornare a casa. Non avevo mai fatto
questo genere di improvvisate, mai. Sono sempre stato
troppo occupato.. ma negli ultimi tempi non reggevo
più gli orari ferrei e la disciplina rigorosa di Mishin.
Mi sentivo sempre in colpa, perchè dedicavo
poco tempo alla famiglia. Avevo voluto sposarmi, in un certo senso è
stato un atto di egoismo da parte mia. Sapevo di non
essere padrone del mio tempo, delle mie azioni. Ma avevo deciso di rischiare. Perchè quando si
è innamorati si diventa pazzi. Quale poeta lo
aveva scritto? non ha importanza. Aveva ragione."
Ci fu una lunga pausa, e Lara si chiese se Zhenya avesse deciso di non proseguire.
Ma trasse un lungo sospiro, e
ricominciò.
"Era l'anniversario del giorno in cui ci siamo
conosciuti,io e Marya."
Marya, Masha, Marushka.
"Le avevo comprato una
collana, un gioiello che mi aveva fatto vedere qualche settimana prima. Le avevo
perfino comprato dei fiori. Si era sentita così
sola, prima delle Olimpiadi...mi sono allenato così
tanto che passavo giornate intere senza vederla che per pochi minuti.
Capivo il suo disagio, e volevo ringraziarla per il suo amore, per la sua pazienza. Lei non mi ha mai rinfacciato nulla, ma sapevo
che non era la vita che aveva sognato per noi."
"Ma quando sono tornato a casa,verso
mezzanotte, non c'era nessuno. Ho pensato che fosse andata da qualche sua
amica, o da una delle sue sorelle. Fra me e me ero
quasi contento: quando fosse tornata a casa, la sorpresa sarebbe stata ancora
maggiore."
"L'una, le due, le quattro. Alle sei la chiave è
girata nella toppa. Ero sul divano, al buio. I fiori sul pavimento, il
pacchetto del regalo chissà dove. La porta si è aperta, ed io
l'ho vista. L'ho vista baciare un altro sulla porta della nostra stessa casa.
Rideva,era felice. Si stringeva a
lui, gli sussurrava qualcosa all'orecchio. Sono entrati ed hanno acceso
la luce. Quando mi ha visto,gettato su quel divano,
è impallidita di colpo. Il tizio senza dire una parola è svanito
nel nulla."
"Zhenya.." Lara
allungò una mano,e sfiorò la punta delle
dita gelide di lui.
MaEvgeni
si ritrasse.
"No,lasciami finire. Non
è tutto. Marya non ha provato neppure a
negare. Anzi, mi è sembrata quasi sollevata dal fatto che l'avessi
scoperta. Mi ha detto che si sentiva in gabbia, che mi
voleva bene, ma che si era resa conto da subito di non tollerare quel genere di
vita.”
"Tutto l'amore
del mondo non vale questo genere di solitudine",mi
ha detto. Ha aggiunto che avrebbe capito benissimo se avessi voluto
immediatamente il divorzio,dopodichè se
n'è andata.
Puf. Uscita di
casa come se nulla fosse. Non ha risposto alle mie
domande, non ha neppure ascoltato le mie urla. Perchè ci puoi giurare, ho gridato come un'aquila. In quelle sei ore
mi ero scolato quasi un'intera bottiglia di vodka, immagina a che livello di ubriachezza ero arrivato."
Lara sorseggiò il thè
ormai freddo, tentando di ignorare il sentimento di compassione che provava per
lui. Cercando di dominare la voglia di abbracciarlo,di
stringerlo forte.
"Ma questo è stato solo
l'inizio del mio incubo. Un paio di ore dopo,
metabolizzato il primo impatto,ho fatto visita a mia madre. Avevo bisogno di un
po' di comprensione, di sostegno morale. Ma non ho
trovato nè l'una nè
l'altra.”
“La mia famiglia sapeva già tutto. Incredibile,no? perfinoMishin,
Tutti ne erano al corrente, e a nessuno di loro era saltato in mente di
dirmelo. Come se non fosse che un trascurabile dettaglio."
"Di fronte alla mia esplosione di rabbia, mia madre e Mishin mi hanno dato del bambino.
Mi hanno detto che non era il caso di comunicarmi una
cosa simile prima delle Olimpiadi, perchè non avrebbe avuto altro
effetto se non quello di innervosirmi. E che in ogni caso,anche
ora, non era accaduto nulla di irrimediabile. Che non me la
dovevo prendere così. Le mie priorità dovevano essere
verso il lavoro,e non verso una donna. Nemmeno se la
donna in questione era mia moglie."
"Ho passato un giorno intero asserragliato in casa, senza più voler vedere nessuno. Marya
mi aveva tradito. Mia madre mi aveva tradito. Alexei,
che io consideravo un padre.. anche lui mi aveva
tradito. Avevano venduto la mia anima in cambio del mio
successo. Avevano smesso di vedere in me un essere umano: ero solo una
macchina."
Lara allungò di nuovo la mano,e
stavolta strinse con forza quella di lui. Evgeni non
la ritirò.
Rimasero qualche minuto
così, senza parlare.
"Mi dispiace. Mi dispiace davvero,Zhenya. Nessuno dovrebbe vivere esperienze simili."
Lui giocherellò con le sue dita.
"Sabato mattina sono uscito prestissimo di casa, e con l'aiuto di un vecchio amico di San Pietroburgo mi sono procurato documenti falsi. Non è
stato troppo difficile. Sono andato all'aeroporto,e
non sapevo dove dirigermi. Poi ho pensato che Torino in questi giorni è ancora invasa da migliaia di stranieri, e che uno
in più non avrebbe fatto differenza. Non mi sarei fatto notare, e avrei
avuto del tempo per riflettere."
"Un po' difficile passare inosservato se ti metti a
fare il karateka in piena notte, salvando donzelle in
pericolo."
Evgeni la ricompensò della
battuta con un debole sorriso.
"In ogni caso,ho comprato il
biglietto aereo pagando in contanti, perciò non ho lasciato tracce
dietro di me: per quanto ne sanno in Russia, potrei essere dovunque. Non ho
ancora deciso che fare del mio futuro. Non sono più nemmeno certo di
averlo, un futuro."
Lara ritrasse la propria mano, e lo fissò con
severità.
"Stai dicendo un mucchio di sciocchezze. Certo che lo hai, un futuro. Tutti noi lo abbiamo. E sono
certa che farai la scelta più sensata."
"Non voglio fare una scelta sensata!" ora sembrava
irritato. "Non voglio più fare nulla che gli altri si aspettino da
me. Voglio essere padrone delle mie scelte."
Lara sbuffò. "Prova ad essere un po'onesto con
te stesso. Non ti è mancato il pattinaggio, in questi giorni? non sto parlando della tensione, delle gare, delle
responsabilità,. Sto parlando del piacere che ne deriva. Dell'ebbrezza
che provi quando salti, e sai di avercela fatta, che
sì,sei ancora il migliore. E che lo sarai anche
domani."
Sì,gli era mancato
terribilmente.
La sensazione del ghiaccio che scricchiola sotto di te,
l'aria gelida che sferza i capelli e il viso,la forza
che impieghi per saltare e sfrecciare lontano.
La musica che penetra ogni fibra del tuo essere,che ti domina da sotto la pelle, come un demone che si
impossessa del tuo cuore.
"No,non particolarmente. Sono
stato benissimo anche senza. Grazie alla tua compagnia,aggiungerei."
"Dimmi che non vuoi tornare
indietro. Dimmi che desideri qualcosa di diverso dalla
vita che avevi."
Lara sembrava comprensiva, ma
scettica. Non poteva credere che un campione simile rinunciasse a tutto.
Lui le prese di nuovo la mano, e se
la portò alle labbra.
"Non credo che tu abbia molto ben chiaro ciò che
vuoi al momento. Posso immaginarlo."
Lara ritrasse la mano.
Ma non sembrava imbarazzata:
sembrava piuttosto triste e al contempo decisa.
Evgeni la fissò senza
capire.
"Intendo.. non sei lucido, in
questo momento. E’normale, visto quanto ti è accaduto nelle ultime
settimane..troppo stress. E poi questo non
è il tuo posto. Torna in Russia,Zhenya. Parti oggi stesso. E
riprendi in mano la tua vita."
"Forse non mi sono spiegato" puntualizzò
lui. "In Russia non ho più una vita: non l'ho mai avuta davvero.
Vivevo secondo i desideri di altri,e non ho più
intenzione di farlo."
"No,sono io che non mi sono
spiegata. Non puoi permetterti di perdere coraggio e fiducia nella vita per
qualcosa che può capitare a chiunque. Sì, non guardarmi
così: a chiunque."
Gli rivolse un'occhiata penetrante,notando
il suo sguardo ostile.
"Non crederti tanto speciale solo perchè sei tu. Sai a quante
persone capita di scoprire di essere state tradite? Migliaia. Sai quante
persone sono quotidianamente deluse dai genitori o da coloro di cui si
fidavano, e nonostante questo non saltano su un aereo
pronti a sparire nel nulla? dì un po',ma chi ti
credi di essere?"
Evgeni deglutì. Si sentiva
la bocca riarsa. Si era fidato di lei a tal punto da raccontarle tutto, e si
era aspettato compassione, comprensione. Un viso amico che lo rassicurasse, che
gli dicesse che da quel momento in poi tutto sarebbe
andato per il meglio.
Non ti aspettavi solo
questo da lei..
"Dunque mi consideri un bambino viziato.. uno stupido arrogante,questo pensi di me?"
La voce era tinta di una livida rabbia.
"No"rispose semplicemente Lara. "Penso solo
che tu abbia esagerato un po' nella reazione. Devi smettere di pensare a te
stesso come ad un burattino sempre manovrato dagli altri: parte della
responsabilità della tua vita è sempre stata tua.
Hai sempre voluto essere il migliore,e ci sei
riuscito. Perlomeno in un aspetto dell'esistenza."
Abbassò gli occhi, cercando di evitare il suo
sguardo.
"Il tuo problema, Zhenya,
è che vorresti avere tutto. Ma non puoi.
Nessuno di noi può farcela. Non puoi pretendere di essere il campione
che sei e di vivere una vita normale. Non ci riuscirai
mai."
Evgeni si alzò. La testa
gli pulsava dolorosamente,e non sapeva cosa
risponderle.
"Perchè mi dici queste cose? perchè
non provi per me la minima comprensione? credevo che
avessi imparato a conoscermi.. a capirmi."
Ad amarmi.
Ti dico
queste cose perchè qualcuno lo deve fare. Qualcuno deve impedire
che butti via la tua vita per un capriccio,per troppa
delusione. E anche se mi fa soffrire, quel qualcuno
devo essere io.
"Ti ho solo detto come la penso a riguardo. Sei stato
tu a raccontarmi tutto, immagino ti aspettassi un
commento da parte mia,no? e se non ti piace non ci posso
fare niente. Sai anche tu che ho ragione: ti stai
comportando da bambino."
Aveva una voce tagliente, ben diversa dal solito tono che
usava con lui.
Lo stava ferendo per salvarlo. E
lui cadde in trappola.
"Non credevo che fossi anche tu come gli altri. Mi ero
illuso che almeno una persona diversa esistesse al
mondo, una sola. E che fossi tu. Avevi capito chi ero,
e non mi avevi tradito, non mi avevi emarginato nè
idolatrato. Mi ero sentito finalmente un essere umano, giudicato per ciò
che fa e non per chi è. L'ultima illusione. Grazie per avermi detto
queste cose, ora so che sei come tutti gli altri. E che avete tutti ragione. Smetterò di fare il bambino.
Tornerò a San Pietroburgo stasera stessa.
Riprenderò gli allenamenti, le gare. Perdonerò mia madre ed Alexei, e forse troverò anche la forza per perdonare
Masha e rimanere con lei nonostante tutto."
Evgeni stava mentendo. Forse
sarebbe riuscito col tempo a perdonare le bugie di sua madre, che aveva sempre
adorato, e del suo coach. Ma
non avrebbe mai potuto guardare di nuovo negli occhi Marya
senza soffrire, senza rivedere davanti a sè
quella scena umiliante. Parlò di questa impossibile
riconciliazione solo per far soffrire Lara, anche se le sue parole
apparentemente non sembrarono sortire alcun effetto.
"Finalmente ragioni." Gli mormorò soltanto,
fissando ostinatamente fuori dalla finestra.
Oltre la vetrata aveva preso a cadere una pioggerellina
leggera,che rendeva il cielo grigio chiaro ancora
più malinconico.
"Sì,e ragiono grazie a
te. Come potrò mai sdebitarmi?"chiese
beffardo, nonostante l'emozione gli stringesse la gola. Cos'era? rabbia,orgoglio ferito.. o commozione?
"Mandami una cartolina. Con una veduta panoramica di
San Pietroburgo."
Perchè sei
così stupida? invece di offenderlo e basta, fermalo!
Non lasciarlo andare via..
Ma aveva superato il limite con quella battuta,lo lesse nei suoi occhi accesi di una luce furibonda.
Non ti vuole,non ti ha mai voluto. Nè prima nè dopo aver capito chi sei.
E allora perchè ti sei ostinato tanto?
"Certo,non mancherò.
Addio,Lara." Pronunciò il suo nome con
noncuranza, come si saluta in modo neutro qualcuno che
è quasi un estraneo.
"Addio,Evgeni.
E in bocca al lupo per il tuo futuro."
L'ultima stoccata. Lo aveva chiamato Evgeni,per la prima volta. Si era sempre rivolta a lui, in quei giorno passati insieme, con l'affettuoso soprannome
che gli aveva dato sua sorella da bambino.
E'finita,pensò. E una dolorosa voce
interiore lo apostrofò: non è mai iniziata...
Raccolse le sue cose, pagò il conto ed uscì da
quella caffetteria senza neppure guardarla un'ultima volta negli occhi. Gli
costò moltissimo, ma si impose di farlo: sapeva
che se l'avesse guardata un'ultima volta, nonostante le parole che erano appena
volate fra loro, non sarebbe riuscito ad andarsene. Sarebbe rimasto inchiodato
a terra, annegato in quegli occhi verdi che aveva imparato ad amare, privo di forza di volontà. Umiliato per l'ultima
volta: amare una persona e scoprire che per lei non conti nulla.
Amare. Si rese solo conto in quel momento di essersi
innamorato di lei. Irrazionalmente, durante quei pochi giorni
insieme, quei giorni da turista del mondo e dei sentimenti.
Irrazionalmente.
L'amore non è mai razionale.
Radunò rabbiosamente le sue cose dalla stanza d'hotel. Uscì silenziosamente nella notte,
inghiottito da un taxi che lo portò fino all'aeroporto. Durante il
decollo si appoggiò con il viso contro il finestrino, chiudendo gli
occhi.
Era seduto accanto ad una grassa signora tedesca, dal viso
gioviale.
Lei gli sorrise.
"Giovanotto, sembra triste. Mi faccia indovinare. Si
è innamorato anche lei di questa città durante le Olimpiadi,vero?"
"Sì" mormorò brevemente lui in risposta. "Mi sono innamorato anch'io."
Evgeni fissava la piazza antistante alla finestra.
Illuminata dal sole al tramonto ed affollata dai turisti
proveniente da tutto il mondo.
Si sentiva malissimo. Eppure, nessuno lo avrebbe mai
creduto.
Elegante nell’abito scuro, i capelli che cominciavano
a ricrescere.
Stava tornando ad essere chi era sempre stato.
Serrò la mascella.
In fondo, nel momento in cui aveva rimesso piede in Russia,
sapeva che sarebbe finita così.
Era stato accolto da Mishin e dalla sua famiglia quasi con
costernazione.
Avevano reagito male alla sua fuga,soprattutto perchè
non sembravano essere stati minimamente sfiorati dall'idea che fosse colpa
loro. Era lui il pazzo, che senza motivo era fuggito a pochi giorni
dall'impegno di un Mondiale.
Mondiale a cui peraltro si era iscritto all'ultimo, e dove
aveva trionfato, come sempre, gareggiando con una rabbia senza pari,che aveva
stravolto giudici e avversari.
Sulle note di Tosca, ancora una volta.
Ma non l’aveva mai interpretata con tanta rassegnazione
e gelosia,prima.
L'unica che gli aveva rivolto un sorriso di comprensione, al
suo ritorno, era stata sua sorella.
Solo lei.
Forse perchè avevano sempre avuto un rapporto
speciale, forse perchè i loro caratteri si erano sempre assomigliati molto..
era stata l'unica a comprendere i motivi della sua sparizione.
E a non condannarlo.
Stringendolo forte, la sera in cui si erano rivisti, gli
aveva sussurrato "Speravo di non rivederti così presto."Quasi
come se fosse stata delusa dal suo ritorno.
Quasi a dirgli "perchè ti sei fermato, quando
eri appena riuscito a trovare la libertà?"
Evgeni non le aveva risposto nulla. Avrebbe dovuto spiegarle
quello che a malapena lui era riuscito a comprendere. Non aveva bisogno di
libertà assoluta: amava il pattinaggio, e solo quando era tornato in
pista si era reso conto di quanto profondamente ne avesse sentito la mancanza.
Aveva bisogno di libertà del cuore. Una
libertà che non è solitudine, e che ha valore solo se si
condivide con qualcun altro. Con qualcuno che ti capisce..
No, lei non ha capito
nulla di te. Smetti di pensare a lei..
"Zhenya,vieni! siamo in ritardo!"
La voce di Elena lo riscosse. "Arrivo.. ma è
davvero così tardi?"
"E'tardissimo, come al solito. Mishin sarà
furibondo se farai brutta figura.. lo sai com'è fatto. E poi non si
viene invitati a cena dal Presidente ogni giorno, ti pare?"
Gli sorrise incoraggiante. Era bellissima nel lungo vestito
nero ed elegante.
"Quello che non capisco" aggiunse lei mentre si
infilavano nella limousine "è perchè tu abbia chiesto a me
di essere la tua dama, stasera. Insomma.. dopo le Olimpiadi e il Mondiale hai
ancora più ammiratrici che in passato. E la notizia del tuo imminente
divorzio è volata di bocca in bocca in un lampo. E tu porti tua sorella
ad un'occasione così importante? sei il solito pazzo.." lo prese in
giro.
Lui le rispose con un debolissimo sorriso di circostanza.
"Sei l'unica che vorrei al mio fianco stasera."
Lei senza alcun rispetto gli tirò il naso.
"Bugiardo. Non mi hai mai messo nel sacco con le tue
bugie, neppure da bambino. Speri di iniziare a farlo ora?Mi deludi…"
"Non.. non capisco cosa intendi. E ti pregherei di
portarmi un po' più di rispetto, per favore!" fece lui offeso,
massaggiandosi il naso arrossato dal pizzicotto. "O vuoi che stasera
sembri un ubriacone dal naso rubizzo?"
"Rispetto? mai! non lo meriti.. a meno che tu non
voglia raccontarmi per filo e per segno cos'è successo nelle due
settimane in cui sei sparito. Non ne hai voluto parlare a nessuno, e questo
è oltremodo sospetto. Dove sei stato non riesco a immaginarlo...ma so
che centra una ragazza, fratellino, o non saresti stato così
riservato!!"
Evgeni non le prestò attenzione. Gli faceva troppo
male ripensare a Lara, e al modo in cui se n'era andato,senza nemmeno salutarla
un'ultima volta. Come due estranei che sono incidentalmente si erano
incrociati, per poi riprendere le proprie strade come se nulla fosse.
"Ehi? pronto? ma mi stai ascoltando? aggiustati la
cravatta.. aspetta,faccio io!"
Elena sembrava sua madre,a volte. A quel pensiero sorrise.
"Ok, ora può andare.. sei quasi passabile!
senti.. se non vuoi dirmi dove sei andato, potresti almeno spiegarmi
perchè sei ritornato? perchè non sei andato fino in fondo con la
tua fuga? ero così.. orgogliosa di te! non fraintendermi" si
affrettò ad aggiungere "lo sono sempre stata. Ma quando ho scoperto
perchè eri sparito...ho provato rispetto per te, per la forza di
carattere che dimostravi nel voltare le spalle a tutto per inseguire ciò
che desideravi. Poi di colpo, eccoti tornare. Senza spiegazioni, senza motivi. Vorrei
solo sapere cosa ti ha spinto a fare ritorno. Perchè sono preoccupata
per te Zhenya.. molto più preoccupata ora di quando non sapevo dove
fossi."
Lo implorava con lo sguardo di offrirle una spiegazione.
Il suo racconto fu breve e conciso. Le raccontò di
Torino, e di cosa aveva pensato mentre era là.
Le accennò ad una conoscenza che lo aveva fatto
ragionare e lo aveva convinto a tornare e a riprendere la sua vita.
Elena sembrava impressionata.
"Caspita,non avrei immaginato nulla di simile.."
si aggiustò la sciarpa intorno al collo, e giocherellò pensosa
con un orecchino. "Certo doveva volerti davvero bene.."
"Mi prendi in giro?" le gridò lui a voce
tanto alta da far trasalire l'autista. Cercò di moderarsi,e
abbassò il tono. "Volermi bene? mi ha praticamente dato
dell'arrogante bamboccio viziato e piagnone, che scappa davanti alla prima
difficoltà.. non puoi immaginare come mi ha ferito il disprezzo che ha
messo nelle sue parole.."
Elena scosse il capo.
"Sei davvero stupido, fratellino. Hai detto che sapeva
chi eri. Hai detto che non ti ha tradito. Davvero non immagini il motivo per
cui ti ha detto tutte quelle cose, e con quello che tu chiami
"disprezzo"? "
Evgeni la fissava perplesso. Cosa gli stava dicendo?
"Rispondi. Se lei non ti avesse detto quelle cose, tu
saresti tornato di corsa a San Pietroburgo? ti saresti iscritto al Mondiale, lo
avresti vinto? stasera saresti qui, per la cena dal Presidente?"
Lui scosse il capo, faticando ancora a capire il senso del
discorso.
"Ecco! nemmeno ora riesci a capire perchè ti ha
detto quelle cose? per non tenerti lontano dal tuo lavoro, dai tuoi successi.
Il pattinaggio è una parte inscindibile della tua vita, Zhenya. Non
saresti più lo stesso se vi rinunciassi. E lei lo ha capito prima di te.
Interessante, questa ragazza. Mi piacerebbe conoscerla.."
Ma Evgeni non l'ascoltava più.
Stupido idiota
imbecille. Non avevi capito niente di lei.
"Il tuo problema, Zhenya, è che
vorresti avere tutto. Ma non puoi. Nessuno di noi può farcela. Non puoi
pretendere di essere il campione che sei e di vivere una vita normale. Non ci
riuscirai mai."
Le sue aspre parole gli risuonavano ancora nelle orecchie,
ma avevano assunto un significato completamente diverso.
Lara..perchè mi hai ingannato così? possibile
che tu l'abbia fatto...
"Elena,io..."
Lei rise. Rise di cuore, argentina, come non la vedeva fare
da un sacco di tempo.
"Vuoi sapere se posso trovare una scusa per la tua
assenza che convinca il Presidente? beh, non è la stessa cosa di quando
coprivo le tue assenze a scuola ma.. non è detto che non ci riesca. Anzi
sarà divertente vedere la faccia di Alexei quando saprà che sei
scappato di nuovo, a dieci giorni appena dall'inizio del Marshall...Accosti per
favore!" chiese imperiosa all'autista. Abbracciò forte il fratello.
"Se ti sbrighi puoi essere lì domani mattina. E stavolta non
tornare a casa con troppa fretta." Aggiunse in un sussurro.
Lui scese e richiuse la portiera, affacciandosi al
finestrino.
"Non temere. Stavolta non riuscirà a mettermi
alla porta tanto facilmente."
La voce che la chiamava sembrava provenire da molto, molto
lontano. Lara socchiuse gli occhi.
Da quanto tempo stava dormendo?
Lucrezia la stava guardando piuttosto perplessa.
"D'accordo, ho capito che non ti interessa
lo spettacolo che ho visto domenica ma.. potresti almeno fingere di rimanere
sveglia mentre lo racconto!"
Lara allungò pigramente un braccio verso l'amica,
sollevandolo in segno di resa.
"Mi dispiace,davvero Lu.. ma stanotte ho dormito pochissimo. E
ho un esame proprio domattina.”
Elisabetta si intromise nella
discussione.
"Sai Lu,credo
di sapere il motivo di tanta sonnolenza di giorno.. la nostra amica deve aver
iniziato un'attività notturna piuttosto intensa, nelle ultime settimane.
Ed è così tremenda da non avercene
parlato!" aggiunse con un'occhiata obliqua e cospiratrice.
Lara corrugò la fronte.
"Eli ma di cosa stai
parlando? l'unica attività che mi tiene in
piedi la notte ultimamente è la preparazione di quel maledetto esame di
statistica psicometrica.. non lo passerò
mai!" concluse nascondendo la testa fra i libri che aveva davanti a sè sul tavolo della biblioteca.
"Già, santarellina..
peccato che oggi sia andata a tagliarmi i capelli da Anto e Lucia. E loro mi hanno raccontato una storia lievemente diversa...
Pensavi davvero di custodire il tuo segreto, se loro due lo sapevano?"
Lara arrossì, non potè
impedirselo.
Si era completamente dimenticata del fatto che quelle due
sapevano dell'esistenza di Zhenya.
Aveva cercato di cancellare ogni traccia del suo passato,
anche se invano.
Erano quasi tre settimane che non lo vedeva, e quel tempo
era passato lento, come una vera tortura. A peggiorare
la situazione, seppure del tutto involontariamente, erano
state proprio le sue amiche del cuore, Lucrezia ed Elisabetta.
Dopo le Olimpiadi, tutte e tre avevano preso a seguire con
interesse le discipline sportive che per due settimane avevano animato la loro
città e le valli circostanti.. con un occhio di
riguardo al pattinaggio di figura, e a quello che ormai tutti conoscevano come
lo Zar del ghiaccio.
Zhenya.. solo pensare al
suo nome la faceva stare male.
Non era stato difficile per lei identificare il famoso
campione spaurito nel suo casuale salvatore di una sera sfortunata. Era stato
molto più difficile fingere di non essersene accorta, rispettando la sua
privacy, e scoprire giorno dopo giorno che genere di persona fosse..
che genere di meravigliosa persona fosse.
Poi tutto era crollato, come un castello di carte costruito
troppo in fretta. Un alito di vento era bastato a rovinare ogni cosa.. perchè aveva cercato di baciarla? perchè lei lo aveva rifiutato?
Ma non sarebbe valso a nulla avere
la risposta a quelle domande. Aveva fatto la cosa più giusta, lo aveva
convinto a tornare a casa, dalla famiglia, lo aveva convinto a riprendere a
pattinare e ad essere quell'artista meraviglioso che
le folle adoravano..
E allora perchè stai così male?
"Lara? Oddea, l'abbiamo persa
di nuovo!" sbuffò Elisabetta annoiata,
passando una mano davanti agli occhi dell'amica, che aveva lo sguardo perso nel
vuoto.
Lucrezia l'abbraccio.
"Su tesoro.. non essere
preoccupata per quell'esame. Andrà benissimo
come sempre. Piuttosto.. parliamo di cose allegre e
piacevoli, così ci distraiamo un po'!"
Eli fece tanto d'occhi.
"Ma come? Lara non ci ha
ancora raccontato tutti i dettagli! Allora tata.. chi
è? come lo hai conosciuto? è
vero che è russo?"riprese l’interrogatorio.
Era eccitatissima mentre le sparava
tutte quelle domande a raffica.
"Sì,spiona. E'russo.. ma non vale la pena parlarne. Per caso ci siamo
conosciuti e abbiamo chiacchierato un po': sapete bene quanti stranieri girino
in questi giorni. Aveva bisogno urgente di un taglio di capelli e l’ho
portato da quelle due pettegole. "
Cercava di mantenere un tono pacato.
"Sì ma a noi degli altri non ci
importa nulla!solo di quelli che escono con la nostra Laretta.." la interruppe
Lucrezia,la quale tentava di controllarsi,ma mostrava di essere curiosa quanto
Elisabetta.
"Ragazze!per l'amor del Cielo..
non usciamo insieme! E poi è partito da giorni..
non so nemmeno da quanto!" mentì Lara.
"Ohhh che peccato.. ci tenevo a conoscerlo anch'io, questo bel
ragazzo!"mormorò delusa Elisabetta.
"Ma di dov'era
esattamente?"
"San Pietroburgo.."mormorò Lara, immaginandolo seduto a
riflettere da qualche parte in riva alla Neva. Provò una stretta al
cuore. Una stretta dolorosa.
Non era più riuscita ad andare a sedersi in riva al
fiume senza pensare a lui. Cominciava a dubitare di riuscirci,in
futuro.
Le amiche proruppero in gridolini
eccitati.
"Wow!! San Pietroburgo! come il nostro Evgeni!" si
misero a cinguettare.
Lara abbassò gli occhi sul libro, sforzandosi di
riprendere la lettura. Ma le lettere le danzavano
indistinte sotto lo sguardo annebbiato.
Aveva fatto bene a mentire alle sue amiche? ora che lui era partito e tutto era tornato a posto,
perchè non raccontare loro l'intera storia?
Sorrise dentro di sè.
Non ti crederebbero
mai,sciocca!!Penserebbero che le stai prendendo in
giro…
"Oh, a proposito di Evgeni.. l'avete sentita l'ultima?" sparò
d'improvviso Lucrezia, sempre informatissima su ogni cosa.
"Pare che ci sia giustizia a questo mondo.. ha chiesto il divorzio dalla moglie! subito
prima di partire per i Mondiali,vi rendete conto? Vince le Olimpiadi, chiede il
divorzio e trionfa ai Mondiali.. come se niente fosse!
Ovviamente non c’è niente di ufficiale…sapete
come sono queste riviste di gossip..però,se
fosse vero!"
Le ragazze risero a quella battuta,ma
la risata di Lara era artificiosa.
Ha lasciato
definitivamente Marya..perchè
mi ha detto che la voleva perdonare?
Per ferirti.
Tutto questo non ha
senso. Non puoi illuderti che abbia a che fare con te,
Ragiona, ti prego,ragiona. L'ha lasciata perchè non poteva
passare la vita con qualcuno che lo aveva deluso. Che
gli aveva mentito.
Come hai fatto tu...
"...e così la smorfiosa ha avuto quello che si
meritava,e soprattutto lui è finalmente di
nuovo su piazza! peccato" aggiunse Eli con un sospiro "che nonse ne fosse già liberato prima di
venire qui a Torino.. Vi immaginate, se ci avesse incontrate? povero lui. .avrebbe dovuto
scegliere fra noi tre,come il giudizio di Paride. Certo, non è detto che
sotto sotto non ci sia già un'altra.. con le centinaia di fan che ha in tutto il mondo..
chissà chi sarà mai la donna fortunata…speriamo che lo
scoprano e lo pubblichino sulla prossima edizione!"
Risero di nuovo, inconsapevoli
della tempesta di emozioni che avevano appena suscitato.
Lara si alzò di scatto, radunando i libri e
cacciandoli precipitosamente nella borsa.
Le amiche si guardarono a lungo, scambiandosi un'occhiata
preoccupata. Ultimamente si comportava in maniera strana..
perfino per lei,che normale forse non era mai stata.
"E adesso dove vai? ci abbandoni già?" le domandò Lucrezia
dispiaciuta.
Avevano in programma di trascorrere insieme l'intero
pomeriggio, e invece..
“Al cinema davano quel film che volevamo
vedere…”
"Mi dispiace tanto Lu... ma mi sono dimenticata
di avere un impegno. Devo correre a casa,sono
già in ritardo. Vi chiamo io, d’accordo? Domani,dopo
l’esame..”
Non aveva alcun impegno a cui tener
fede. E non aveva più voglia di ripassare.
Voleva solo cacciarsi sotto le coperte, nascondere il viso
nel cuscino ed assorbire quelle nuove notizie su Zhenya
nell'unico modo che le concedeva un po' di sollievo: piangendo fino ad addormentarsi, esausta.
E'vero,era stata durissima con lui.
Ma in qualche modo si era illusa
che lui avrebbe capito. Che le sarebbe arrivata una telefonata, unsms, una lettera, un piccione
viaggiatore.. qualunque cosa. Aveva sperato che lui si facesse ancora sentire,
forse perfino che la perdonasse.
Smettila stupida! sei stata solo una delle tante che ha incontrato nella sua
vita.. e una che lo ha anche cacciato via!
Questi erano i pensieri cupi che l'accompagnavano, mentre
uscita dalla metropolitana si trascinava stancamente verso casa. Le sembrava di
avere un macigno sulle spalle: un peso che la schiacciava a terra,impedendole di sollevare il capo, di respirare liberamente.
Giunta quasi sulla soglia, però, sollevò lo
sguardo dal selciato.
E ciò che vide le fece
scoppiare il cuore, in un istante.
Un enorme, quasi imbarazzante mazzo di rose rosse,di piccoli non-ti-scordar-di-me blu acceso e di camelie
bianchetroneggiava davanti
all'ingresso di casa sua,nascondendo quasi completamente la porta.
Le rose erano legate con un nastro di seta tricolore, e Lara
sorrise, mentre le sue guance diventavano dello stesso colore dei petali
cremisi che accarezzava incredula, le dita tremanti.
Rosso, bianco, blu.
Un bigliettino vergato con una chiara calligrafia, in
inglese, le diceva soltanto:
"Al posto in cui i pensieri scivolano via come acqua."
Lara sollevò lo sguardo. Tutto il vicinato la fissava
incuriosito, e da dietro le tende tirate sentì su di sè lo
sguardo implacabile di sua madre.
Si curvò sotto il peso del magnifico mazzo di fiori
ed entrò in casa, pensando febbrilmente a cosa inventarsi per
giustificare quel dono.
"Chi ti manda tutti quei fiori?" la voce di sua
madre era più preoccupata che curiosa,mentre si
affacciava in corridoio e spiava la sua entrata.
"Nulla mamma.. sono solo di un
tizio, un amico e basta."
La madre non avrebbe mai compreso il significato del nastro.
E lei non aveva certo intenzione di farle leggere il
biglietto, che aveva già nascosto al sicuro in una tasca.
"Mhh non credo proprio. Nessun "amico e
basta" manda fiori simili.. sono assolutamente
meravigliosi. Dimmi la verità.. Hai un nuovo
ragazzo ed io non ne so niente?"
Lara sorrise. Un sorriso così felice da non incantare
nessuno.
"Ma no, cosa vai a
pensare...siete proprio tutti fissati con questa storia! senti,
me li metteresti in acqua? io devo uscire.."
"Di nuovo? ma se sei appena
rientrata!" La madre sembrava davvero delusa. Forse sperava di poter
continuare la conversazione ed estorcerle qualche informazione in più.
"Lo so ma.. ho dimenticato di
fare una cosa importantissima!"
Prima che la madre potesse
ribattere, Lara era uscita di nuovo.
E per stradacorreva
leggera, senza curarsi degli sguardi dei passanti, verso il luogo
dell'appuntamento.
*************************
"Ehi ..ma quella non è
Lara?"
Lucrezia ed Elisabetta si stavano
gustando un gelato, mentre passeggiavano per le vie del centro. Lucrezia
indicò un punto indistinto dall'altra parte della strada, e l'amica
aguzzò gli occhi.
"Mi sembra proprio lei.. ma
dove corre? non doveva essere già andata a
casa?"
Tacquero entrambe un momento,mentre
la verità si delineava davanti a loro.
Il gelato prese a colare lentamente lungo il cono, e non
parvero neppure accorgersene.
Lara non doveva tornare a casa.. le
aveva semplicemente boicottate.
Scaricate per andare da qualche altra parte, o per vedere
qualcun altro. Qualcun altro..
Non ebbero bisogno di dirsi ciò che entrambe
pensavano. Il nuovo ragazzo!e aveva anche raccontato loro tutto quel monte di bugie..
che era partito, che non lo vedeva..
Piene di curiosità, le amiche si misero a seguirla, a
distanza, facendo attenzione a non essere scoperte.
**************
Non c'era nessuno in riva al fiume.
Lara guardò freneticamente a destra e a sinistra.
Nessuno. Possibile che si fosse sbagliata? no, quel
biglietto DOVEVA essere suo.
Stava per cercarlo nella tasca della giacca, per rileggerlo
e magari disilludersi.. quando due mani spuntate dal
nulla le coprirono gli occhi.
"Sorpresa." mormorò
lui soltanto.
E lei comprese. Si abbandonò
a quei pochi istanti di contatto puro, senza bisogno di parole.
Pensava a cosa avrebbe dovuto dirgli per giustificare il suo
comportamento.
Per scusarsi di quelle parole aspre e
cattive con cui lo aveva convinto ad andarsene e a fare ritorno nel suo mondo.
Forse avrebbe anche avuto il coraggio di domandargli se aveva davvero lasciato Masha..
Ma quando lui le scoprì gli occhi e lei si fu
voltata, e in un attimo sprofondò nella luce blu di quegli occhi che le
stavano davanti, e non potè trattenersi..
"Che cosa diavolo ci fai
qui???Dovresti.."
Lui rise. Rise come non gli capitava da settimane, rise come
non rideva più da quando era rientrato a San
Pietroburgo.
Come non gli accadeva da quando non
era più accanto a lei.
Rise, e le coprì le labbra con l’indice, come
per farla tacere. Non voleva dare spiegazioni, ascoltare domande, riflettere su
ciò che era accaduto nell’ultimo mese.
No, non le disse una parola. Solo, le prese il viso fra le
mani, e lo sollevò verso di sè.
Si guardarono fissi negli occhi per pochi ma interminabili
secondi, prima che Evgeni trovasse il coraggio,la
forza di chinarsi su di lei, e di baciarla.
***********************
"Ehiii ma guarda là! e meno male che questo ragazzo non era nessuno.. se era
qualcuno come minimo lo aveva già sposato! Brutta traditrice..non ci ha detto niente!"
Eli sbirciava senza ritegno. Alle sue spalle Lucrezia
sembrava perplessa.
Lara aveva sempre raccontato loro tutto sui ragazzi con cui
era uscita, in passato.
Perchè stavolta non lo aveva fatto?
"Mhh sembra carino, visto da qui..
dico, non trovi che assomigli un po' ad Evgeni? ma che
li fanno, con lo stampino, questi ragazzi russi? che
invidia.." continuò Eli.
La scena era così romantica…
Lucrezia la tirò per un braccio. "Vieni via,adesso. Abbiamo spiato abbastanza,mi
pare.. certo però non capisco perchè ce lo abbia nascosto.."
In effetti questo le preoccupava
entrambe. Che fosse un ragazzo già impegnato
con qualcun'altra? ma loro non avrebbero mai fatto la
spia! e se invece fosse stato un delinquente, un poco
di buono? No,non era possibile nemmeno questo: Lara
non si sarebbe mai messa con un tipo del genere. Era sempre stata assennata
nelle sue scelte, anche quando si erano rivelate sbagliate..
Le due ragazze sembravano aver perso di colpo il buonumore
di quel pomeriggio passato insieme,mentre facevano
ritorno a casa.
Non può essere diverso, quando si pensa che un amico
non si è fidato abbastanza di noi.
"Mhhhhh..ancora
cinque minuti..." bofonchiò tirandosi il
lenzuolo sopra la testa.
Che magnifica sensazione di rilassamento, di
abbandono.. il tepore del piumone sulla pelle...
Sulla pelle? perchè non indosso il pigiama?
Lara aprì gli occhi di colpo, fissando davanti a sè con sguardo sbarrato.
Gli occhi ridenti e splendidi di Evgeni la fissavano da vicino, forse troppo da vicino.
Emanavano una luce intensa e divertita.
"Ma sei sempre così dormigliona,la mattina? Sembravi in letargo...è già la
terza volta che provo a svegliarti.. sono quasi le
nove. Non avevi un esame, alle undici?"
"Le nove?" La realtà effettiva di quelle
parole la costrinse a sollevarsi a sedere, e altrettanto rapidamente la
obbligò a coprirsi con le lenzuola. Aveva addosso solo una t-shirt e la
biancheria.
Il viso le si fece di brace nel
comprendere dove si trovasse, e perchè.
L’albergo di Evgeni… dopo la cena..
Lentamente, uscendo dal torpore del sonno profondo in cui
era caduta come ogni notte, cominciava a recuperare i ricordi della serata
precedente.
Sprazzi di memoria…
La passeggiata in riva
al fiume, teneramente abbracciati… il bacio in Piazza Castello, davanti
ai passanti che ci fissavano come se fossimo una qualunque coppia di studenti.. la sensazione di averlo ritrovato, e in un certo senso di
non averlo mai perduto..
E ogni ricordo che recuperava le sue guance diventavano più simili a pomodori maturi.
Evgeni pareva divertirsi
enormemente davanti al suo disagio. Studiava compunto la sua espressione.
Lara lo guardò appena, contrariata, cercando di
ricordare che fine avessero fatto i suoi vestiti.
Niente, non ne vedeva traccia da nessuna parte.
Dove possono essersi
cacciati,maledizione?
"Li ho sequestrati io." Continuava a sorriderle,
quasi prendendola in giro.
"Che cosa?" Forse aveva capito
male.
Non può dire
sul serio..
"I tuoi vestiti.. sbaglio o li
stai cercando?" ammiccò divertito.
"Non temere, sono al sicuro. Ma li ho messi via,e a quanto pare sono stato prudente. Comincio a conoscerti,
e a fare lo psicologo anch’io. Stupita? Non volevo che li riacchiappassi
e che corressi via più veloce della luce.."
Lara sorrise. Come poteva conoscerla così bene?
"Ti rendi conto che ogni minuto che resto qui significa
uno strillo in più da parte dei miei genitori? a
differenza di te io vivo ancora a casa con mamma e papà.. che non sono
abituati a non vedermi tornare per la notte! è
la prima volta che mi capita.." ammise con una
certa riluttanza.
Perchè gli
racconti queste cose? ti prenderà per una
bambina!
D’un tratto però Lara
si rabbuiò, di colpo.
"Comunque è strano che
non mi abbiano chiamata per sapere come mai tardavo.. non è da loro. E
sapendo dell’esame di oggi, oltretutto… di
solito quando mi fermo a dormire dalle mie amiche li avviso prima di
uscire.."
Si sentiva sottilmente inquieta. No, non era proprio il
tipico comportamento dei suoi genitori.
Presa dalla situazione si era completamente dimenticata di
dover tornare a casa…ma loro? Perché non
l’avevano cercata? Che strano..
A questo punto fu lui ad abbassare lo sguardo, tradendo un
certo disagio.
"Ehm.. temo sia colpa mia.
Ieri sera a cena,quando sei andata un attimo alla
toilette, al ristorante.. ho spento il tuo telefono. Perché nessuno
potesse rintracciarci.."
"TU COSA?!?" Lara non potè trattenersi dal gridare, quasi isterica,
stringendo nervosamente il lenzuolo fra le mani.
Ora comincio a capire..
Balzò in piedi come un gatto e cominciò a
spalancare i cassetti, cercando il resto dei suoi vestiti.
"Ma ti rendi conto? come ti sei permesso di toccare il mio telefonino,di
decidere per me? avranno passato la notte a chiamare
di continuo, le mie amiche, i miei parenti.. forse perfino la polizia! Oddio…penseranno
che abbia avuto un incidente,oppure.."
"Scusami ma non.. non ci avevo
pensato. Credevo che.." Evgenimaledisse la sua impulsività. Perché non gli era venuto in mente? Sapeva bene che
lei viveva ancora con i suoi.
"Non mi interessa ciò
che credevi! non siamo tutti autonomi e liberi come
te,senza legami.."
Lara si pentì immediatamente di quelle parole. Lo sguardo di lui la gelò.
Lara deglutì, e tacque un istante. Riprese a parlare
con più calma.
"Perdonami..Zhenya?" si avvicinò a lui, e posò la
testa sul suo petto.
Si era appena fatto la doccia, e attraverso la camicia
sottilepotè avvertire il tepore della pelle, il profumo del
bagnoschiuma.
Lui rimase immobile.
"Non sono arrabbiata con te,davvero.
Però sono dispiaciuta che questa nostra "fuga" abbia fatto preoccupare la mia famiglia. Loro sono molto protettivi
nei miei confronti.. avrei preferito sapessero dove mi
trovavo. O quasi." soggiunse
con un mezzo sorriso.
“Insomma, non proprio nei dettagli ovviamente.”
Il corpo teso di lui si rilassò. L'abbracciò protettivamente, sfiorandole i capelli col mento.
"No,scusami tu. Non avevo il
diritto di decidere per te,lo so.. ma temevo che
qualcuno ci disturbasse. Avevo bisogno.. capisci,
bisogno,di stare un po' da solo con te. Mi sei mancata così
tanto.."
Le loro mani si intrecciarono
saldamente, promettendosi più di quanto potevano fare le loro parole.
"Ora.. pensi che potrei
riavere i miei jeans? giusto per non
congelarmi.."scherzò lei.
Lui si sciolse dall'abbraccio e la guardò malizioso.
"Mhh immagino di sì,
se continui a comportarti bene..ma
prima devi tornare a letto. C'è ancora una cosa che vorrei fare con te
prima di lasciare questa stanza e tornare nel mondo reale.."
Lei gli diede un pugno in pieno petto.
"Ehi! razza di maniaco..
questo si chiama sequestro di persona!".
Sono di nuovo
arrossita, maledizione!
Lui spalancò le braccia,con
un'aria sconsolata dipinta in volto.
"Ma cosa vai a pensare?Eh? sempre a pensare male di me.." con
un rapido balzo le fu alle spalle e la costrinse a cadere con lui sopra al
letto.
“Lasciami!” provò a protestare lei,lottando senza convinzione e col sorriso sulle labbra.
Ma lui non la lasciò andare,
anzi, la strinse ancora di più.
I loro visi ora erano vicinissimi,i
loro occhi fissi gli uni negli altri. I loro respiri si mescolavano.
"Ho ordinato la colazione,maniaca.
E non ho intenzione di uscire di qui prima di averti
imboccata fino all'ultima briciola. E ora.. sotto le
coperte!"
Si baciarono di nuovo, ridendo come stupidi. Le risa sempre
più forti quasi nonfecero sentire loro l'arrivo del
servizio in camera.
Rimasero sdraiati a lungo l'uno accanto all'altra,
imboccandosi a vicenda e sorseggiando svariate tazze di caffè.
L’esame era di lìpoco, ma non si sentiva nervosa
come al solito.
Lara sospirò, bevendo l'ultima. Doveva fare un
surplus di caffeina: quel giorno avrebbe dovuto affrontare un esame, i suoi
genitori e le sue amiche.. un vero e proprio plotone
di esecuzione.
Non si sentiva preoccupata. Era troppo felice per pensare che qualcosa avrebbe potuto incrinare nuovamente
tanta perfezione.
Non aveva voluto che lui l'accompagnasse
all'Università: troppe persone che potevano riconoscerlo, specie dopo
che il suo nuovo look era stato immortalato ai
Mondiali di Calgary, ed era finito su tutti i giornali.
Così come le
notizie sul suo divorzio..pensò
amaramente, ma cercò subito di scacciare quel pensiero maligno. Non
voleva che nulla le rovinasse la giornata.
Meno male che almeno
l'albergo è inpieno centro.. se il 15 si sbriga ad arrivare,dovrei farcela ed
arrivare per tempo. Speriamo in bene..
Ci aveva messo più tempo del previsto a prepararsi.
Lui continuava a ronzarle intorno, a strapparle un bacio,
una carezza.
Aveva voluto pettinarle i lunghi capelli mossi e scuri, e a un certo punto di quell'operazione,non
ricordava come, si erano baciati di nuovo.. fino a che aveva intravisto, con la
coda dell'occhio, che erano già le dieci e quaranta.
Era saltata in piedi come un razzo, aveva afferrato lo
zainetto già pronto ed era uscita di corsa,
dopo avergli soffiato un ultimo bacio, senza dargli la possibilità di
replicare o fermarla, sbattendo la porta e travolgendo quasi una cameriera nel
corridoio. Certo l’avevano presa per pazza.
Sapeva che
altrimenti non sarebbe mai riuscita ad uscire,e
avrebbe perso l'esame...e non se ne sarebbe data neppure troppo cruccio. In
fondo non sarebbe stato grave…
Ma non poteva trascurare i suoi
impegni. Nemmeno per lui.
Mentre attendeva l'autobus, ovviamente in ritardo,Lara decise di accendere il proprio cellulare. Sperava che
i suoi non fossero a casa. Prima di entrare in aula avrebbe lasciato loro un
messaggio sibillino in segreteria.. per le sgridate,
avrebbero dovuto aspettare la sera.
Sperava solo che non fossero troppo duri, e che non la
confinassero in camera sua.
Non sapeva per quanto Evgeni si
sarebbe potuto fermare in città, e voleva passare con lui ogni minuto
disponibile.
Ma appena ebbe acceso
l'apparecchio, le lampeggiò un messaggio. Era di
Elisabetta.
"Chiamami. E SUBITO."
Leggermente a disagio per quel tono perentorio, Lara compose
il numero.
L'amica le rispose immediatamente,e
la travolse come un fiume in piena.
"Si può sapere cosa diamine stai combinando?? Lara ,sei irriconoscibile! I
tuoi mi hanno chiamata ieri notte, dicendo che non eri
ancora tornata a casa.. erano preoccupatissimi! Ho
dovuto pensare e decidere in fretta.. e anche se non
lo meritavi, ho deciso di aiutarti e mentire. Così ho spiegato tutta
giuliva a tua madre che eri rimasta a cena da me, e che
ti eri addormentata sui libri subito dopo.. e che avendo l'esame stamattina mi
sembrava meglio non svegliarti,lasciarti riposare. Lei si è
tranquillizzata subito.. io no! ho
cominciato a pensare che poteva esserti successo DAVVERO qualcosa di grave.. e
che a quel punto avevo fatto la scelta sbagliata, coprendoti. Ho passato due
ore al telefono con Lucrezia per decidere che fare..
era piuttosto in pena anche lei.. ti assicuro che abbiamo dormito poco e
male,stanotte, per colpa tua!"
Lara ascoltò i rimproveri in silenzio, sapendo di
meritarseli tutti. Si vergognava come una ladra per la sua stupidità. Se avesse parlato con le amiche, tutto questo non sarebbe
successo.
"Eli,non
hai idea di quanto mi dispiaccia.. ieri è successa una cosa totalmente
inaspettata e.."
"Sì,lo abbiamo
notato." Il tono concitato dell'amica si sciolse in una risatina complice.
"La cosa inaspettata è per caso un fusto di un
metro e ottanta, biondo e decisamente bello?"
"Tu.. tu.. cosa.. come fai a
saperlo?"
Elisabetta rise del suo palese disagio. Non era più
arrabbiata ormai.
"Non è precisamente discreto, un bacio
appassionato in riva al Po.. specialmente con uno,come
avevi detto.. "che non era nessuno,e che era già a casa da
mesi.." Non siamo arrabbiate io e Lu, ma un po' deluse sì. Perchè non sei stata più
onesta con noi? vabbè,
inutile pensarci adesso. Ci racconterai tutto per filo e per segno appena ci
vediamo: mi sembra che ce lo meritiamo, dopo averti
salvata stanotte!ahh e avvertilo," soggiunse
prima di chiudere la conversazione "che abbiamo tutta l'intenzione di
conoscerlo, questo Casanova, quanto prima. Ora vai all'esame e spaccali tutti! a dopo!"
Lara rimase un attimo interdetta,
con il cellulare ancora in mano.
Ma vide arrivare in lontananza
l'autobus, e riponendo il telefonino in tasca decise di non pensare più
all'intera faccenda sin dopo l'esame.
************************
Evgeni rimase a lungo a fissare il
soffitto, sdraiato sul letto ancora sfatto.
Respirava il profumo di lei ovunque
in quella stanza, e quella sensazione lo rilassava.
Era come averla ancora lì con lui.
Da quanto tempo non ti sentivi così bene con te
stesso? così libero, così felice?
Involontariamente, la sua mente corse a Marya.
Anche con lei era iniziata
così? Non lo ricordava.
Lei lo aveva subito colpito, affascinato. Era bella,
spiritosa, frizzante. L'aveva vista per caso, ad un semaforo, e lo aveva
stregato. L'aveva seguita, aveva scoperto chi era, aveva fatto di tutto per
corteggiarla e vincerla.
Ci era riuscito,lei lo aveva
sposato.
E dopo?
Provò una fitta dolorosa al petto.
Cosa sarebbe successo ora,con Lara?
si erano chiariti, più o meno.
Ma ora? Ora che ne sarebbe stato di
loro?
Lui doveva tornare in Russia, prima o poi.
Anzi,prima ci sarebbe stata l'America.
Il Marshall,
11 aprile..socchiuse gli occhi.
Non sarebbe potuto rimanere senza allenarsi più di un
giorno o due. Non poteva permetterselo.
Doveva tornare a San Pietroburgo..doveva spiegarglielo.
Aveva ragione lei, non avrebbe mai potuto dare un calcio
dall'oggi al domani ad anni ed anni di allenamento,alla
passione che provava per ciò che faceva. Lei lo aveva capito..
Lo vedi?Lei lo aveva capito prima che fra voi
nascesse qualcosa.Forse prima che lo comprendessi appieno tu stesso. Preferiva
perderti piuttosto che limitarti.
Marya no, non lo aveva capito neppure dopo il
matrimonio.
Ma Lara.. continuerà a comprenderlo? riuscirà
a rimanermi vicina?
Il dubbio lo tormentava. Come avrebbe potuto fronteggiare di
nuovo una delusione, se fosse accaduto.. no,non doveva
nemmeno pensarci. Doveva avere fiducia in lei, in sé
stesso. In loro.
Per cercare di pensare il meno possibile a questa pessima
eventualità,si mise a riordinare il suo
bagaglio, in cerca di una cosa in particolare. Trovò subito tutto in
fondo alla valigia, compreso un sacchettino di carta
con dentro alcune cartoline.
Evgeni le sfiorò con le
dita. Tutte vedute di San Pietroburgo: la cattedrale
di sant’Isacco, quella dei
Santi Pietro e Paolo, il Cavaliere di Bronzo, una veduta del Campo di
Marte.. erano tutte cartoline che aveva acquistato dopo il suo rientro a casa.
Sul retro di ognuna di loro c’era una frase, una
dedica, poche parole sconnesse: aveva cercato più volte di scriverne una
fino in fondo,per spedirla a Lara, aiutarla a non
dimenticarsi di lui.
Beh,gliele avrebbe date lo stesso..strano però, gli sembrava che ce ne fosse una in
più.
Una splendida panoramica del Giardino d’Estate, al
colmo della sua fioritura..
La cercò nella borsa, ma probabilmente l’aveva
persa,perché non ne trovò traccia.
Pazienza.. speriamo che almeno le altre le piacciano, pensò
soltanto.
All'uscita dall'Università, Lara trovò
Lucrezia ed Elisabetta,che l'aspettavano.
Sorrise loro raggiante, alzando le mani in segno di vittoria
e sventolando il libretto: aveva superato brillantemente l'esame., nonostante tutte le sue previsioni più cupe.
Ma a giudicare dalla loro
espressione severa, il proverbio era vero: gli
esami non finiscono mai...
Si avvicinò mogia mogia,a
capo chino. Temeva da giorni quel confronto.
"Ragazze, prima che mi diciate qualunque cosa,e che mi rimproveriate come merito...lo so che non posso
sperare di avere amiche migliori di voi. Mai nella vita."
Le abbracciò forte entrambe, cercando di trasmettere
in quel gesto tutto il suo affetto.
"Mhh...sì
sì, ma intanto ci hai fatto prendere un
bello spaghetto,stanotte!"
Lucrezia parlava con tono quasi materno, ed Elisabetta la
interruppe per ribadire la questione.
"Esattamente.. e non oso
pensare a cosa mi farebbero i miei, se sapessero che ho coperto questa tua fuga
romantica!"
Suo malgrado,Lara rise.
Non c'era termine più appropriato per quello che era
accaduto solo poche ore prima.
"Ed è per questo che vi
voglio tanto bene! Però ora ragazze.. io dovrei
scappare.." provò a defilarsi.
Ma senza successo.
"Eh no carina..." Eli si
mise le mani sui fianchi, gettandole un'occhiata incuriosita.
"Credo che a questo punto tu non possa continuare a
tacere sulla questione. PRETENDIAMO di sapere chi è, e soprattutto come
mai una persona razionale come te d'improvviso diventa una pazza lunatica che
si dimentica di chiamare a casa.. e che sta fuori
tutta la notte! su,racconta!"
Lara le guardò,sorridenti e
curiose di conoscere la storia del suo nuovo amore fino all'ultimo dettaglio.
Lucrezia però la guardava con una certa ansia,che
non riusciva del tutto a nascondere.
"Credetemi, io vorrei dirvelo...ma
intanto non mi credereste!" rispose loro con un gesto sconsolato. "Ed
è davvero meglio che sappiate il meno possibile..meglio per tutti, al
momento.."
"Insomma,ce lo vuoi dire
sì o no?" ora Eli sembrava seccata. E Lara non poteva biasimarla: al posto suo forse non avrebbe
resistito tanto.
"Cosa vi posso dire? Mi sono
innamorata.” Gli occhi le brillavano mentre
finalmente lo ammetteva a voce alta. “Ci siamo incontrati per puro caso,
ed è stato subito .. non so, è nato
subito qualcosa di strano, di magico. E’una cosa da pazzi, tutto mi dice che non può durare fra noi.. abbiamo vite
totalmente diverse.. Eppure non posso più nascondere ciò che
sento,vorrei che tutto il mondo lo sapesse!”
Tacque un attimo, studiando l’espressione delle
amiche.
A quanto pareva dai loro sorrisi d’incoraggiamento, la
approvavano.
“Ahhh,l’amour..”
la prese in giro Elisabetta. “Ma hai trascurato
la cosa più importante: come si chiama questo fusto??”
“Lui..lui si chiama..." Come dirlo loro senza farle scoppiare
a ridere?
Il telefonino squillò, e mentalmente lo benedisse. Le note della suoneria interruppero la sua
confessione.. e Lara ne fu davvero sollevata, felice.
Nervosa, rispose immediatamente.
"Pronto?sì.. è
andato benissimo,sì.. torno subito.. tra cinque minuti sono
lì."
Chiuse l'apparecchio e lo ripose. "Ragazze,è lui.. io dovrei.." mentre
parlava già si stava allontanando, quasi di corsa, verso il pullman che
stava arrivando dal lato opposto della strada.
"Sì,lo abbiamo capito
chi era...spero che troverai un po' di tempo per noi nei prossimi giorni!"
le gridarono praticamente dietro, mentre spariva nelle
Elisabetta scoccò un'occhiata eloquente all'amica.
"Lu,pensi anche a tu
quello che sto pensando io?"
Lucrezia annuì. "Sì. Con questa benedetta
ragazza non si riesce più a concludere una
conversazione."
******************
Lara entrò un po'timorosa
nell'atrio dell'albergo. Percorse velocemente il corridoio e
le scale, il cuore che batteva forte, cercando di evitare gli sguardi degli
altri clienti dell'hotel. La metteva a disagio trovarsi lì.
Una volta di più desiderò di avere una casa per conto suo,e di potersi rifugiare
là con lui.
Sogni impossibili..
Toctoc-Toctoc.
La porta si aprì, e una mano la tirò nella
stanza.
La porta si richiuse immediatamente alle sue spalle, mentre Evgeni l'abbracciava stretta.
"Te l'ho già detto che
mi sei mancata?" le mormorò all'orecchio.
"Più o meno cinque
minuti fa, al telefono..." gli rispose
ridendo,strofinando il viso contro il suo collo. Era meraviglioso sentirsi
così bene...
"Allora...che programmi hai
per il resto della giornata?"
Lei si sciolse dall'abbraccio, gettò lo zainetto su
una poltrona e si tolse la giacca.
"Non ci avevo pensato. A dire il vero non sapevo a che
ora sarei uscita da scuola,perciò non avevo
fatto programmi. E poi,sei tu il turista. Anzi, ti
consiglierei di fare il programma dei prossimi giorni..
ho intenzione di portarti veramente dappertutto, per quanto possibile.
L'importante è scegliere orari in cui non c'è folla in giro...
non dovremmo avere troppi problemi,credo.."
La morsa allo stomaco peggiorò di intensità.
Diglielo…
"Sembra un programma fantastico,dico
davvero.." esitò. "Ma non
potrò farlo. Domattina,o al massimo domani
sera, dovrò prendere l'aereo un'altra volta. Devo allenarmi, tornare a
San Pietroburgo. Fra pochi giorni inizia il torneo in
America."
Il sorriso rilassato di Lara si spense di botto.
La ragazza fece del suo meglio per mascherare la delusione.
"Ma certo, il Marshall.. devo averlo letto, da qualche parte. Beh.." si guardò intorno,raccogliendo le sue cose.
"Torno fra un'ora.. il tempo
di passare da casa, salutare i miei, farmi una doccia e cambiarmi.. e
raccontare loro che dormo ancora una notte dalla mia amica. Certo.. se vuoi che rimanga qui,stanotte." Cercava
accuratamente di evitare il suo sguardo.
Lui la circondò con le braccia. " Non dire
sciocchezze. Sai bene che vorrei passare con te ogni minuto..
devi proprio andare? Non puoi soltanto telefonare? In fondo,la
doccia puoi farla anche qui.." iniziò a
mordicchiarla sul collo, sperando di dissuaderla.
Lei lo respinse. "No,è
meglio così. Ho ..bisogno d'aria. Passeggiare
mi schiarirà le idee."
"Va bene" si arrese lui. Aveva temuto una reazione
molto peggiore di così.
Non sembrava arrabbiata.. sconcertata,semmai.
La guardò uscire di nuovo,
silenziosa.
Ti prego, fa'che ritorni. Fa'che ritorni.
Non era completamente sicuro che sarebbe accaduto.
Il telefonino continuava a squillare. Non aveva bisogno di
leggere il display per sapere chi, da circa tre ore,continuava
a comporre il suo numero. Aveva associato al suo nome una suoneria diversa, e
per lei inconfondibile: le note su cui lui aveva vinto le Olimpiadi, una
variazione di Paganini.
Continuava a non rispondere, eppure non aveva avuto il
coraggio di spegnere l’apparecchio. Cosa pensava
di fare? Voleva vedere fino a che punto lui si sarebbe intestardito? O non
aveva neppure la forza per spezzare quella sorta di infimo
legame?
Sua madre bussò alla porta,e
non udendo risposta entrò.
La suoneria imperversava ancora.
“Si può sapere perché non rispondi?
Quell’affare fa un fracasso infernale. O rispondi o spegni, per favore:
mi sta venendo il mal di testa.”
Lara non le rispose. Non si volse neppure a guardarla, a
ridere dei suoi tragici rimproveri.
Continuava a fissare il grande
mazzo sulla sua scrivania. I fiori saturavano l’aria della camera con il
loro dolcissimo profumo.
La suoneria tacque un momento. Pochi secondi, e riprese a
suonare.
Ma la musica era diversa. Sul display apparve il nome di Lucrezia.
Istintivamente lo afferrò e rispose.
“Pronto?”. Le uscì una voce neutra, quasi
piatta.
“Pronto, ciao tesoro.. come
va? Dove sei? Puoi parlare o c’è ancora mister
X lì con te?”.
Lu, adorabile Lu. A metà fra il
tenero ed il canzonatorio, dolce come sempre.
“No, dimmi pure..sono a
casa.”
“A casa? Ma se sei scappata come una furia
prima… pensavamo corressi da lui! Ci hai scaricate per tornare a casa?” sembrava incredula e
offesa.
“No tata… sono andata da lui
ma.. poi sono tornata qui.”
Come una vigliacca. Sei scappata per non dovergli dire..cosa? addio?
“Capisco.. la prima litigata.
Uhhh.. com’è romantico! Ma ora non
startene lì come una stupida.. lui non
s’è più fatto sentire? Non ti chiedo chi ha ragione e chi
torto perché intanto, testona come sei, sarebbe inutile..” la canzonò.
“E’ tutto il pomeriggio che prova a chiamarmi.
Ma non.. non credo di aver voglia di sentirlo.”
Esitava. Esitava perché stava mentendo.
“Forse per lui sei ancora un mistero, ma per me no.
Perché dici di non volerlo vedere quando si vede lontano un miglio che
sei completamente cotta? Un motivo ci dovrà pur essere..”
“Vedi Lu… lui fra poco deve
ripartire. Non so se lo rivedrò, se potrà tornare.. non so cosa sarà di noi, o di quello che noi
saremmo potuti essere in circostanze diverse. Non voglio trovarmi a piangere
domani perché mi manca..non voglio di nuovo
perdere il cuore.”
Lucrezia tacque un istante. Sapeva bene cosa aveva passato
l’amica negli ultimi anni, dopo la chiusura di un rapporto importante,
durato a lungo.
“Lara.. ma tu stai GIA’
soffrendo. Lo sento nella tua voce, nel tuo modo di provare a scappare,a nasconderti. Non servirà, e lascia
che ti dica un’ultima cosa: se le cose andranno male fra voi, forse
domani avrai dei rimorsi. Ma se non farai nulla, se
non ci proverai nemmeno a vivere fino in fondo questa storia, qualunque cosa
accada… ti rimarranno solo dei rimpianti. E
questo è molto peggio. Mi raccomando tata: fa’la
cosa giusta.”
La comunicazione si interruppe:
Lucrezia l’aveva lasciata a riflettere sui suoi consigli.
Ottimi consigli, in teoria. Ma in
pratica?
Non sarebbero mai potuti stare davvero insieme. Il suo
matrimonio era finito proprio per quello. Perché
lui non aveva saputo, e potuto, dedicare il giusto tempo alla moglie, e al loro
rapporto.
Con lei non sarebbe stato diverso. Anzi, sarebbe stato molto
peggio.
Non avrebbe mai potuto trasferirsi lontano da San
Pietroburgo. E lei non aveva intenzione di mollare
tutto per seguirlo in Russia, una terra con una lingua, una cultura, abitudini
completamente diverse dalle sue.
Non essere sciocca.. non ti chiederebbe mai di seguirlo!
Forse quell’idea la feriva
più del pensiero del suo inevitabile rifiuto. Cos’era per lui? Cosa rappresentava nella sua vita? Un modo per riprendersi
dopo il fallimento di un matrimonio in cui aveva tanto sperato? O qualcosa di più?
Si gettò sul letto, rannicchiandosi contro il
cuscino. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire il profumo lieve del suo
respiro sulle palpebre chiuse,mentre si addormentava.
Il solletico piacevole del suo viso, non ancora rasato. Il calore della sua
mano, che le accarezzava piano il collo…
Lara prese in quel momento la sua decisione. Avrebbe
rischiato,come le aveva detto Lucrezia. Rischiare e perdere è molto meglio di
non giocare affatto la partita…
Evgeni sbattè il telefonino sul pavimento, nel lato
opposto della stanza.
Lo aveva capito, quando l’aveva vista uscire a quel
modo, con quella strana fretta e la luce un po’ assente nello sguardo.. lo aveva intuito immediatamente.
Non sarebbe tornata. Non avrebbe mai accettato una
realtà così stressante,così
totalmente priva di certezze. Non avrebbe potuto: era la vita che lui aveva capito
di amare, ma per chi non ha le stesse motivazioni
è molto più dura da accettare.
Anche Marya non aveva retto. Lo
aveva scoperto tardi, troppo tardi.. ma il risultato
non era cambiato, comunque. Restava solo per l’ennesima volta,
abbandonato da chi sperava di amare. Di poter trattenere accanto a sé.
Veloce ed inarrestabile sul ghiaccio, Evgeni scopriva di
esserlo anche nella vita.
Nessuno sembrava resistere a lungo al suo fianco, e questo
non era ovviamente un pensiero confortante. Non per un cuore innamorato.
Toc toc. Toc toc.
Gli stessi battiti alla porta che aveva udito al mattino.
Fa’che sia lei, fa’che sia lei.
Era lei. Pallida, il viso serissimo, gli occhi bassi.
Non appena ebbe aperto la porta, gli si gettò
addosso, senza emettere un suono.
Lui l’abbracciò, cullandola piano. Non aveva
nulla da dirle, nessuna facile consolazione. Non poteva prometterle di restare,le avrebbe mentito. Non poteva prometterle che in futuro le
cose sarebbero state diverse..non aveva ancora deciso
che fare del resto della sua esistenza.
Non poteva chiederle di sacrificarsi per lui: poteva
soltanto continuare a stringerla, così, dolcemente, in quella anonima stanza d’albergo. Un luogo che non
apparteneva né a lui né a lei, ma che in qualche modo era stato
testimone dell’inizio di loro,come coppia.
Sperava che quella stanza testimoniasse solo l’inizio della loro storia,
e non anche la sua fine.
Con un calcio, chiuse rumorosamente la porta.
Chiuse fuori gli estranei, le loro famiglie, i loro amici.
Chiuse fuori il mondo con le sue pretese assurde, con i
doveri a cui entrambi dovevano sottostare.
Quella notte, almeno ancora quella
notte, dovevano esistere loro due soltanto.
Era ormai una settimana intera che non aveva notizie di
Evgeni. Era stata lei a decidere così per entrambi: non voleva
deconcentrarlo durante il Marshall, una competizione importante. Aveva
stroncato ogni sua protesta a questo riguardo.
Niente doveva distrarlo,neppure le sue telefonate o i suoi
messaggi.
Ciononostante quella sorta di forzato esilio le pesava
più di quanto avesse immaginato.
Quando si erano separati, quella mattina,era stato un dolore
vero ciò che l’aveva dilaniata.
Si era sentita irrimediabilmente perduta in quegli occhi che
la fissavano, la spiavano ansiosi, chiedendole una promessa che le labbra non
potevano pronunciare.
E lei con lo
sguardo aveva accettato, quella promessa.
Lo avrebbe aspettato, senza chiedere quando, dove, in che
modo.
Seduta a lezione, non ascoltava minimamente gli sproloqui
del professore.
Fissava fuori dalla finestra. Dal punto in cui era si
scorgeva, in lontananza, il fiume.
Quanti ricordi legati ad un unico posto.
Ma di lì a poco lo avrebbe rivisto.
Glielo aveva promesso, prima di andarsene.
Dopo la gara sarebbe tornato a casa per un paio di giorni,
il tempo di presenziare a conferenze stampa, di mandare avanti la pratica con
cui intendeva divorziare il prima possibile da Marya, di parlare alla sua
famiglia di lei.
Non che quest’ultima informazione la riempisse di
entusiasmo.
Personalmente non aveva la più pallida intenzione di
parlare di lui alla sua famiglia.
Innanzitutto non avrebbero capito com’era stato
possibile per loro innamorarsi nonostante appartenessero a mondi diametralmente
opposti: come spiegarlo ad altri,se loro due in prima persona non sapevano
darsene spiegazione?
Ma prima o poi sarebbe stata costretta a raccontarlo, almeno
ai genitori.
Certo non intendeva far diventare la notizia un dominio
pubblico: non ce n’era ragione.
Ciò che più di tutto le pesava, era stato il
non averlo ancora detto alle sue amiche. Aveva raccontato loro sprazzi della
storia: come si erano conosciuti, come si erano ritrovati. Aveva accennato ad
impegni che non gli consentivano di rimanere a lungo in Italia: non
specificando, loro avevano probabilmente immaginato impegni di studio o lavoro
nel paese natio.
Non aveva proprio mentito: in pratica aveva solo omesso
alcuni..dettagli.
Tipo il suo nome.
Dettagli non proprio
trascurabili…
Sospirò e seppellì il capo fra le braccia. Fra
le mani stringeva una delle cartoline che le aveva lasciato prima della
partenza.
Resisti,manca poco.
Sta tornando da te.
************
Fissò speranzoso il telefono. In Italia dovevano
essere le 11 del mattino. Probabilmente era a scuola in quel
momento,concentrata su qualche astrusa lezione per la quale l’avrebbe
prima o poi presa in giro…
Il tempo di un saluto… in fondo la gara terminava
quella sera stessa….
No,glielo hai
promesso. Vuoi davvero passare il primo giorno in cui la vedrai a litigare?
Sorrise. Sì, avrebbero litigato sicuramente. E la
cosa non gli dispiaceva, in realtà: gli piaceva cercare di tenerle testa
e scoprire che non era così facile, per poi sorriderle e vederla a sua
volta illuminarsi, e fare pace nel modo più tenero possibile.
No, non gli dispiaceva affatto. Ma non voleva rompere la sua
parte di promessa.
“Evgeni? C’è una chiamata per te.”
La voce di Mishin interruppe i suoi pensieri. Il suo coach
gli porse la cornetta del telefono fisso.
“Evgeni,sono la mamma.”
Lui sospirò. Non aveva una gran voglia di parlarle:
nonostante tutta la sua buona volontà, non era ancora riuscito a
superare completamente la rabbia. La salutò appena. Probabilmente voleva
solo dargli qualche ultimo consiglio o incoraggiamento prima della serata
finale del Marshall. Lo faceva spesso,del resto…
“Devi tornare a casa subito,stanotte stessa se riesci.
E’successa una cosa.. devi venire qui. Non possiamo parlarne per telefono.”
Lui acconsentì. Non aveva mai sonno dopo una gara:
tanto valeva partire immediatamente per San Pietroburgo. Sarebbe riuscito a
sbrigare prima tutti gli obblighi ufficiali a cui era tenuto a presenziare, e
di conseguenza sarebbe stato libero prima di tornare in Italia.
Si salutarono, e riagganciò. Eppure quella telefonata
lo aveva riempito di una sottile inquietudine…
***************
Torino, 20 aprile
Per la terza volta, si guardò criticamente allo
specchio. No, nemmeno questa andava bene.
Gettò un’altra maglietta, la terza appunto, sul
letto ingombro di vestiti.
Forse quella rosa
pallido…sì, va molto meglio.
Finalmente soddisfatta, raccolse la borsa e la giacca ed
uscì. Per strada si sentiva leggera e felice.
Passo dopo passo, sapeva che si avvicinava sempre più
al momento in cui lo avrebbe riabbracciato.
Aveva passato la mattinata in stato di attesa vigilante e di
ansia: la telefonata che le aveva confermato l’arrivo in perfetto orario
del suo aereo le aveva strappato un gridolino di gioia.
Grazie all’appoggio delle amiche, aveva annunciato ai
suoi che non sarebbe rientrata a dormire.
L’avevano guardata in modo strano. Forse avevano un
sospetto..ma certo non potevano immaginare TUTTA la verità.
Doveva di nuovo congratularsi con lui. Per la volta ennesima
aveva stravinto, battendo perfino il suo record personale: per gli avversari
non c’era stato davvero nulla da fare.
Salì a due a due le scale dell’albergo fino
alla sua stanza. Sempre la stessa…
Non poteva aspettare un secondo di più.
Toc toc. Toc toc.
La porta si aprì lentamente,e lei sorrise raggiante.
Ma non appena lo vide in volto, lo sgomento si
impadronì di lei.
Era pallido, aveva un’espressione indicibilmente nervosa
e agitata.
La fissava con occhi tristi e spenti.
Non gli occhi di un innamorato impaziente.
Erano occhi pieni di rimpianto. Era appena arrivata e lui la
stava guardando come se gli stesse dicendo addio, come se si stesse
allontanando da lui.
L’abbracciò di scatto. Non un abbraccio
tenero,ma disperato. Sembrava quasi volerla stringere così forte per
paura che fuggisse,che scappasse miglia e miglia lontano da lui.
“E’successa una cosa..” le sussurrò
piano all’orecchio.
Si sedettero l’uno accanto all’altra. Lara quasi non riusciva a respirare. Non sapeva
cos’era accaduto, non riusciva neppure ad immaginarlo. Eppure percepiva il senso incombente di una fine dolorosa.
Lo vedeva riflesso nei suoi occhi che continuavano a spiarla ansiosi.
“Dopo la gara sono tornato
immediatamente a San Pietroburgo. Avevo ricevuto una
strana telefonata di mia madre, che mi pregava di tornare il prima possibile.
Non mi sono allarmato più di tanto: ho pensato
che forse voleva cercare di ricucire un po’ i nostri rapporti. Ammetto di
essere stato molto duro, molto freddo con lei dopo
quanto era accaduto. Non che lei non lo meritasse.. ma
la famiglia è pur sempre la famiglia.”
“E poi ero felice di tornare
a casa. Per parlarle di noi. Solo mia sorella Elenaè al corrente di tutto, e
devo aggiungere che ne è entusiasta. E’stata lei a convincermi a
tornare, a farmi capire il perché mi avevi scacciato a
quel modo prima del Mondiale. E’una persona straordinaria..e per
certi versi vi assomigliate,sai?”
“Insomma,speravo che lei mi
desse una mano ad abbattere le resistenze del resto della famiglia.
Ma purtroppo le cose sono andate in
maniera leggermente diversa. Innanzitutto lei non
c’era. Non era stata neppure avvisata del mio rientro. Probabilmente,
questo è stato fatto per uno scopo preciso. Non doveva essere presente,
e in qualche modo influenzare le mie decisioni.”
“Quando sono tornato, ad
aspettarmi insieme a loro c’era Marya. Stava
seduta in un angolo, quasi a capo chino: si vedeva che non era contenta di
trovarsi lì, di dovermi affrontare un’altra volta. Ma mia madre ovviamente la spalleggiava. Era stata lei a
tessere la trama.”
“Mi sono sentito di nuovo ingannato: e ho capito che in
un modo o nell’altro voleva cercare di riappacificarci, di appianare i
problemi fra noi. Tentativo nobile, certo, ma perfettamente inutile. Cercando
di mantenere il controllo, ho detto loro che non avevo
minimamente intenzione di tornare sui miei passi. Ho sottolineato
che molte, troppe cose era diverse, ora.”
Le accarezzò piano la mano, che ancora stringeva fra
le sue.
“A quel punto Marya è
scoppiata a piangere. Io la guardavo senza capire: avevamo parlato
concretamente di separazione, di divorzio, e lei mi era sembrata perfettamente
d’accordo. Se ne era andata immediatamente da
casa, dopo quella notte. Ed ora di punto in bianco si
metteva a piagnucolare come una bambina? Non credevo ai miei occhi.”
“Mia madre a quel punto è esplosa. Mi ha
accusato di essere un insensibile, rimproverandomi come se fossi ancora un
neonato. E mi ha informato, senza alcun tipo di tatto,
che Marya aspetta un bambino. E’incinta di
quasi tre mesi, oramai.”
Uno schiaffo in pieno
viso.
Un doloroso pugno
nello stomaco. Un brivido ovunque nel corpo e nella mente.
Lui proseguì, evitando di guardarla per non
riconoscere in lei la sofferenza che sapeva di infliggerle ad ogni parola.
“La mia prima reazione è stata di incredulità, ovviamente. Sono rimasto in silenzio,perché il pensiero che si andava formando in me non
poteva essere espresso in maniera garbata. Marya mi
ha guardato, fra le lacrime, e mi ha giurato che poteva essere soltanto mio.
Soltanto mio. ”
Ripetè, di nuovo quasi
assente.
“Cosa potevo fare? Ho dovuto
crederle. Forse ho semplicemente voluto, non lo so.
Certo da quel momento ho evitato di pensarci, di ripetermi quella domanda. In
fondo sì… potrebbe davvero essere mio. Volevamo tanto un figlio,
dal giorno stesso in cui ci siamo sposati. Sembra un tempo così lontano
a pensarci, eppure sono passati meno di due anni.”
Il silenzio cadde terribile fra loro.
Forse lui si attendeva una sua reazione, magari anche
violenta. Ma non ci fu.
Lara aveva lasciato ricadere inerte la sua mano in grembo.
“Lara.. ma hai capito quello
che sto dicendo?Sembra che neppure ti importi..”
Cercò in quel modo di scuoterla, di costringere a
reagire.
“Certo che ho capito, non
sono sorda. Però una cosa proprio non la capisco.”
Si alzò, e lo guardò negli occhi. Il viso non
lasciava trasparire alcuna emozione, e gli occhi erano
addirittura quasi freddi.
“Non capisco perché sei tornato,perché non me lo hai detto prima. Hai reso solo le
cose più dolorose,ora. Devi rimanere accanto a
lei.”
“Ma di cosa stai
parlando?”la interrogò, cominciando ad irritarsi. Perché non voleva capire?
“Non ho alcuna intenzione di
restare con lei. A prescindere che il bambino sia davvero mio o..”
“No, sei tu che non capisci. Questo bambino
avrà bisogno di un padre. Avrà bisogno di te. Non puoi punire lui
per quello che ti ha fatto Marya. Tu stesso
l’hai giustificata, l’hai capita: hai riconosciuto che le offrivi
una vita troppo solitaria per essere felice. Ora le cose però sono
cambiate.”
Gli voltò le spalle, misurando a larghi passi la
stanza.
“Ora hai imparato dai tuoi errori. Non la lascerai mai
più sentirsi così sola da doverti tradire. E
poi avrà il bambino, a cui badare. Davvero, tua madre ha ragione. Devi
stare con lei.”
La voce era calma,assennata.
Nessuno avrebbe potuto immaginare l’oceano di emozioni
violente che si agitava sotto quella infrangibile superficie di
tranquillità.
MaEvgeni
cominciava a conoscerla. Sapeva che stava mentendo.
Eppure, sapeva anche che le sue
obiezioni erano sensate.
Aveva sempre sognato di essere
padre. Di offrire ai suoi figli più attenzione, più calore,
più amore di quanto egli stesso, da bambino,
avesse mai ricevuto.
Ora quel bambino stava per nascere,e
lui doveva decidere se stargli accanto oppure no.
Le si avvicinò, cingendole
la vita. Lei continuava a dargli le spalle.
Gli parve di vederla tremare, impercettibilmente, a quel contatto.
“Ti prego, guardami.”
Lei non si mosse.
Lui proseguì egualmente.
“Una soluzione c’è. L’unica
soluzione che sono riuscito a trovare. L’unica
che credo esista.”
Lara attese, affidandosi totalmente
a quell’unica speranza.
Quale via d’uscita poteva esserci per loro due, per
lei? Non ne scorgeva nessuna davanti a sé…
Evgeni la strinse più
forte, cercando di infonderle tutto il suo affetto.
Cercando di trattenerla prima che lei
svanisse del tutto. Fisicamente era ancora in quella stanza, ma lui si
rendeva conto che con lo spirito era già lontana mille
miglia.
“Vieni con me. Vieni con me a
San Pietroburgo.Non lasciarmi solo a fronteggiare..tutto
questo.”
Finalmente lei si voltò, gli occhi gonfi per le
lacrime che tentava di tenere celate.
Non stava scherzando. Era serio, mortalmente serio.
“Dico davvero. Non ne posso più di starti
lontano,e non voglio rinunciare nemmeno ad un istante
che possiamo trascorrere insieme. Vieni via con me..
ti prego. Potrò stare vicino al bambino quando
nascerà.. hai ragione a dire che non saprei rinunciarci. Ma non voglio restare con lei.
Voglio te, te soltanto.”
Le parole che sognava di udire da una vita
intera. Beh, non tutte quelle appena pronunciate, ovviamente. Voglio te,te
soltanto.
Eppure mentre i suoi occhi brillavano,per
l’intensità dell’amore che in quel momento sentiva di
provare, le sue labbra rimasero fredde, e mormorarono piano una sola parola.
Parola brevissima e di uso comune. Ma che può graffiare l'anima come una coltellata.
Nessuna spiegazione, nessuna
giustificazione. Solamente una laconica e definitiva negazione.
"Non credo di capire." Cerco di parlare
tranquillamente, di dialogare con lei.
Voglio davvero capire le sue motivazioni, ma più di ogni altra cosa vorrei gridare la mia rabbia. Crede forse
che per me sia facile,scoprire di stare per diventare
padre da un giorno all'altro?
Sono due giorni che ci penso ininterrottamente.
Ho valutato la situazione da ogni possibile angolazione, ma non ho trovato nessun tipo di soluzione.
Nessuna,tranne questa.
Non posso rinunciare a lei.. ho
voglia di urlare, di legarla,di impedirle in ogni modo di uscire da questa
stanza.
Vorreipoterla obbligare a seguirmi, a
venire con me, ad accettare ciò che le chiedevo.
Ma non potevo farlo.
Incrocio le braccia. Devo controllarmi, ma rassegnarmi
è escluso.
"Ho detto che non credo di
capire. Cerca di spiegarti meglio per favore. Perchè no?"
Lei mi guarda attraverso,come se
fossi trasparente.
Non riesco a costringerla a guardarmi negli occhi.
"Ho il massimo rispetto per le tue scelte. Ma pretendo che tu lo abbia per le mie. Non è il
momento per abbandonare tutto.. qui ho troppe cose da
fare. E poi sarei solo d'intralcio."
Mi si avvicina, mi posa la testa
sul petto. Non riesco a pensare avendola così vicina.
Sento solo il suo respiro su di me,e
penso che forse è l'ultima volta.
Non la stringo fra le braccia,so
che non riuscirei più a lasciarla andare.
Intanto lei continua a parlare.
"Sapevamo che non sarebbe durata per sempre.. non avrebbe potuto. Apparteniamo a mondi lontani e
divisi. E questo è solo un segno del destino,perchè
ci fermiamo prima che sia troppo tardi. E'giusto che tu ti assuma le tue
responsabilità.. anche con Marya."
Mi irrigidisco, e lei lo avverte,ma
non smette di parlare.
Sta ragionando ad alta voce,sta
cercando di convincere prima lei stessa di me.
"Ascolta...lo so che pensi di non poterla perdonare. Ma
tu l'amavi,l'amavi davvero, o il suo tradimento non ti
avrebbe ferito tanto. Ora avrete un figlio da crescere insieme: un legame che
spazza via tutto il resto. Vedrai, la perdonerai. Ti
sveglierai una mattina e non ricorderai più che l'hai odiata o che ti ha
deluso. Non ti ricorderai più di me e di questa fuga dalla
realtà. Ne sono sicura, e va bene così."
La lama delle parole mi penetra ancora nel cuore, più
a fondo, più a fondo.
L'atroce dubbio che lei abbia ragione mi lacera.
Non voglio, non voglio che abbia
ragione.
La respingo, perchè non riesco a tollerare il
pensiero di averla già persa mentre ancora
è appoggiata contro di me,mentre ancora la sento mia.
****************
Mi respinge. Si stacca da me, come se il nostro contatto
fisico fosse già destinato a finire.
Mi guarda di nuovo in quel modo freddo e
distante, la mia volontà vacilla.
Ma mi rifocalizzo
sul pensiero di Marya, e del figlio che attende da
lui.
Provo comprensione per lei: io mi sono sentita sola nelle
scorse settimane, fino al punto di impazzire.
Lei era sua moglie. Mi mordo la lingua: lo è ancora. E'logico che si sia sentita tradita e abbandonata.
Al posto suo io forse avrei fatto le valigie, prima di
arrivare a tradire mio marito..ma
nessuno ha il diritto di giudicarla, per quello che sicuramente ha passato.
"Se è così che
la pensi, perchè sei ancora qui? perchè
non te ne sei andata immediatamente?"
La sua voce è aspra,sgraziata.
Sembra che il groppo alla gola la modifichi. Continuo a non
guardarlo in viso, non sopporterei di vederlo sull'orlo delle lacrime.
Non posso spiegargli che mi sembra di essere diventata di
marmo,che le mie gambe sono inchiodate al pavimento.
Non posso dirgli che il cuore
sembra aver smesso di pompare nel mio petto, e che mi sento come una morta.
Non posso fargli comprendere che questa soluzione mi strazia,e che la prendo solo perchè è l'unica che
offre una salvezza ad entrambi.
Eppure lui ormai mi conosce.
Avverto distintamente che non mi crede.
Riconosce la sensatezza di quello che dico, ma non mi crede.
"Hai ragione" rispondo con voce flebile. "Me
ne vado subito."
Quasi barcollando,mi avvio verso la
porta.
“Aspetta…un’ultima cosa. Ti avevo portato
un regalo e.. beh, vorrei lo tenessi ugualmente.”
Non riesco a voltarmi,ma mi fermo
sulla soglia. Lo sento frugare nella valigia,sento i
suoi passi ricondurlo accanto a me.
La sua mano si avvicina al mio viso. E’una minuscolo astuccio di gioielleria.
Sento un vuoto allo stomaco, mentre lo scarto. Faccio del
mio meglio per non tremare.
Lui si mette alle mie spalle,lo sento
respirare fra i miei capelli.
Un anello. Un anello semplice e meraviglioso.
Una fedina sottile di oro bianco,circondata da una coroncina di brillanti.
“Quando ti ho chiesto di venire con
me.. avrei dovuto essere più preciso. Volevo che venissi via con me per sempre. Non credevo che sarei
più riuscito a fidarmi completamente di qualcuno..
eppure l’ho fatto. Solo per te,Lara. Solo per
noi.”
Prende l’anello dalla scatola,e
cerca la mia mano sinistra per infilarmelo.
Lo fermo,e prendo l’anello
fra le mani. Mi sgancio la collana e lo infilo lì dentro, insieme al
ciondolo che porto da quando sono nata.
“Non posso infilarlo al dito,Zhenya. Non sarebbe giusto. Ma lo
porterò sempre, te lo giuro. Lo porterò sempre sul mio cuore, nel
mio cuore. Grazie per questi giorni meravigliosi,
grazie di tutto.”
Spalanco la porta e lascio che il buio gelido del corridoio mi inghiotta.
Mi sforzo di non voltarmi neppure quando
lui mi chiama.. sento la sua voce sempre più flebile, sempre più
lontana.
Esco in strada,e benedico
mentalmente la pioggia che ha iniziato a cadere incessante.
Almeno nessuno vedrà le mie lacrime, mentre mi
allontano da lui e da tutta la felicità che avevo sognato per noi.
Premessa: in realtà avevo l’intenzione di finire la mia FF
in questo modo,ovvero come finiscono tutti i sogni impossibili: un brusco
ritorno alla normalità, e nel cuore tanti ricordi che ci accompagneranno
per sempre
Premessa: in realtà avevo l’intenzione di finire
la mia FF in questo modo,ovvero come finiscono tutti i
sogni impossibili: un brusco ritorno alla normalità, e nel cuore tanti
ricordi che ci accompagneranno per sempre. Ma ho
notato che la maggioranza di voi si aspettava un finale differente… e
così ho deciso di offrirvelo. Insomma, se sognate l’happy ending, potete continuare a leggere…^^
Un abbraccio speciale a Lucrezia ed Elisabetta (che esistono
davvero),perché se non ci foste.. sarei
costretta ad inventarvi come personaggi di una mia fic!
:DDD
CAPITOLO 20
Torino,fine maggio 2006
Le lezioni dell’Università erano praticamente giunte al termine.
Ma a Lara non interessava,perchè
ormai da un mese non le frequentava praticamente più.
Usciva di casa la mattina solo per
seppellirsi in qualche biblioteca, oppure su una panchina solitaria.
Non si trovava bene nella folla,lei
che l'aveva sempre adorata.
Ora la rifuggiva,perchè in
mezzo al mondo si sentiva debole, così debole.
Le uniche persone che continuava a vedere, ovviamente,erano le sue amiche.
Elisabetta e Lucrezia.. se non ci
fossero state.. Lara non osava pensarci.
Nella disperazione più nera, aveva raccontato loro
l'intera storia,senza svelare comunque
l'identità di questo ragazzo misterioso che di punto in bianco le aveva
spezzato il cuore.
Si era però attesa una
consolazione maggiore di quella che le era stata invece offerta.
Se non altro,la condivisione della
sua scelta.
Invece, pur provando pena per lei e per le sue sofferenze,
Elisabetta e Lucrezia non avevano evidentemente condiviso la sua scelta di
farsi completamente da parte.
All'inizio, avevano provato,con
molto tatto, a farle cambiare idea.
Ma avevano ben presto capito che sarebbe stata irremovibile,che tutta la sofferenza che portava nel cuore non l'avrebbe
comunque indotta a mettersi in mezzo ad una famiglia.
Così avevano scelto la via del silenzio,la via di chi sa stare accanto ad una persona senza
giudicare e senza criticare, solo offrendo sostegno e affetto.
Lara lo apprezzava, e mai come in quel momento si sentiva
felice di avere almeno quello.
Un'amicizia che l'aiutasse ad andare avanti, giorno dopo giorno.
Zhenya l'aveva chiamata spesso..all’inizio.
Ma le rare volte in cui gli aveva
risposto, lo aveva fatto col medesimo tono che si usa con lontani conoscenti,
riportando la conversazione sul piano delle banalità quotidiane.
Pian piano le chiamate si erano diradate, fino ad
estinguersi del tutto.
Anche quel giorno aveva
inconsciamente atteso una telefonata mai giunta.
Seduta su una panchina del parco, solo all'apparenza immersa
nella lettura, aveva continuato per ore a giocherellare con il suo anello,e a spiare ansiosa il display del cellulare,invano.
Si sentiva sola,tremendamente sola.
Ogni tanto l'assaliva il dubbio di aver preso una decisione
avventata.
Ma era un attimo, una frazione
passeggera di pensiero.
L'idea di lui,Marya
e del bambino che stava per nascere le faceva mancare il respiro.
Invidia, gelosia, sofferenza.
Tutto si agitava senza requie nel suo cuore.
*********************
San Pietroburgo,fine maggio 2006
Evgeni riprendeva fiato,dopo un lungo allenamento.
Un tempo sui pattini trovava la forza necessaria per
affrontare la vita.
Gli bastava aprire la mente, concentrarsi con tutte le sue
forze sui movimenti e sulla musica, per avvertire un'immediata leggerezza nel
cuore.
Per capire che ce l'avrebbe fatta,
che nessuna sconfitta, nessuna delusione lo avrebbe mai annichilito. Ora non
era più così.
Alzò lo sguardo verso le tribune,e
vide Marya che parlava animatamente al telefono.
Non sapeva neppure perchè si prendesse la pena di
seguirlo quasi ogni giorno al palazzetto del
ghiaccio, dal momento che poi quasi non lo degnava di
uno sguardo.
Non come ai tempi del loro fidanzamento, quando ogni giorno
lo seguiva con attenzione e passione,quando lo
guardava come se non esistesse nessun altro al mondo.
Ma è esistito qualcun altro, eccome.
Pensa che la sua
presenza qui faciliti le cose.
Pensa di
riconquistarti.
Da quando aveva fatto ritorno dall'Italia, Evgeni aveva messo le cose in chiaro con Marya.
Non le aveva spiegato le sue
assenze nè l'esistenza di Lara.
Non ce ne era stato bisogno, visto
il modo in cui tutto era finito.
Aveva accettato di tornare a vivere insieme, nella loro
vecchia casa.
Ma era stato irremovibile sulle camere separate:
ufficialmente per lasciarla riposare con maggiore tranquillità, in
realtà perchè ancora non poteva evitare di rivedere sempre
davanti agli occhi l'immagine di lei avvinghiata ad un
altro.
Marya aveva accettato, per forza
più che per scelta. Aveva abbozzato un sorriso, ed ignorato la
questione. Aveva probabilmente considerato comunque
una vittoria il fatto che lui fosse tornato a vivere a casa,insieme a lei.
Era certa di riconquistarlo, poco alla volta.
Evgeni sapeva che non sarebbe accaduto.Lara aveva avuto
torto.
Certo si era reso conto di provare ancora dell'affetto per
lei: quell'affetto che è impossibile
cancellare del tutto quando si è amato
qualcuno, nonostante le delusione inflitteci da questa persona.
Ma non l'amava più.
Si sforzava di non pensare all'Italia e a ciò che
aveva perduto, a ciò che aveva lasciato dietro di sè.
Ogni minuto sperava di poter rimediare, di poter fare ritorno e costringerla ad amarlo.
Ma si rendeva conto che era
impossibile. Non si può costringere nessuno ad amarci contro la sua
volontà.
Era pazzo,pazzo di gelosia.
Le rare volte in cui aveva trovato il coraggio di
telefonarle, l'aveva sentita già distante, lontana.
Lo stava dimenticando, forse lo aveva già fatto.
Forse in questo
momento è sulla riva del fiume, in compagnia di qualcun altro.. qualcuno che può offrirle più di quanto
abbia potuto fare io...
Una fitta dolorosa, quella della gelosia. Dolorosa ed
inevitabile.
Alla conclusione dell'allenamento, Evgeni
uscì da una porta secondaria.
Non voleva tornare a casa insieme a
lei, aveva bisogno di stare solo.
Aveva bisogno di camminare in pace lungo la Neva,
immaginando di trovarsi a chilometri e chilometri di distanza. Immaginando di
non essere solo.
Quando, ore dopo, entrò in
casa, la trovò deserta.
Marya non era rientrata, e questo
gli procurò un certo sollievo.
Forse avrebbe avuto ancora un po' di calma, di privacy.
Al suo ritorno lo avrebbe certamente trascinato a qualche
serata mondana, a cui lui non si sarebbe sentito affatto
smanioso di partecipare.
Ma l'avrebbe accompagnata,
perchè questo ci si aspettava da lui.
Passò distrattamente nel corridoio, e non potè fare a meno di notare il disordine totale in
cui versava la stanza di sua moglie. Sorrise, messo di buonumore da quella inaspettata vista.
Era come una bambina..
Pensò ad un'altra bambina, altrettanto disordinata.
Scosse il capo, come se quello bastasse a cancellare i
cattivi pensieri.
Ed entrò nella stanza, per
mettere un minimo d'ordine.
Un piccolo gesto di buona volontà, per dimostrarle
che faceva il possibile affinchè quella strana convivenza funzionasse.
Fu in quel momento, riponendo alcuni maglioni nella
cassettiera, che vide uno strano oggetto.
Un oggetto che non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Lasciò cadere gli indumenti che aveva in mano,e preso l’oggetto fuori posto tornò al piano
di sotto.
Al suo ritorno Marya avrebbe
dovuto dargli una buona spiegazione.
"Ma sei qui?sei sparito dopo l'allenamento,non ti ho più visto.. neppure Alexei
aveva idea di dove ti fossi cacciato. Non so proprio come mai ti diverti a
farci impazzire in questo modo."
Marya entrò svolazzando in
casa, seguita da un'intensa scia del suo solito profumo.
Sembrava allegra,felice,leggera.
Gli scoccò un'occhiata divertita, quasi di rimprovero
per quella sparizione inopportuna.
"Devi sbrigarti...questa sera dobbiamo andare a cena
dai Telikov,e non sei ancora
pronto. Beh? cosa c'è? perchè
mi guardi a quel modo?"
Sembrava sinceramente stupita, le mani sui fianchi,
l'espressione perplessa.
Evgeni non disse una parola.
Le porse soltanto l'oggetto che aveva in mano, accompagnando
il gesto con un'occhiata
fredda e penetrante.
Gli occhi di Marya si svuotarono
di colpo, riconoscendolo.
Divenne pallida,e barcollò
fino alla sedia più vicina,e respirò profondamente prima di
parlare.
"C'è una spiegazione,Zhenya. Un'ottima spiegazione."
"Innanzitutto, non chiamarmi Zhenya. Non lo sono più.. non
per te almeno."
Misurava a fatica la rabbia che si sentiva montare dentro.
"Ed ora,posso sapere
perchè l'avevi tu? ero convinto di averla
persa. E da settimane."
La gettò sul pavimento,con
un gesto di disprezzo.
Una cartolina, una splendida e romantica
veduta del Giardino d'Estate in piena fioritura.
La
prima cartolina che aveva acquistato per Lara.
La prima che le aveva scritto, senza aver poi trovato il coraggio di spedirla.
Nelle poche righe che aveva vergato sul retro,tutta la nostalgia che aveva sentito per lei in quei pochi
giorni di separazione.
Il suo nome, l'indirizzo.
Marya la raccolse da terra, e la
rigirò nervosamente fra le mani.
"L'ho.. l'ho trovata per caso,
quando sono tornata a recuperare le ultime cose che avevo lasciato qui. Era sul
pavimento della nostra vecchia camera.. di camera
tua." puntualizzò.
“L’ho raccolta
così,solo per non lasciarla sul pavimento… non l’ho
letta apposta, mi è solo caduto l’occhio,e così..”
"E perchè non me lo hai
detto? In effetti sì, credevo di averla
persa,ma chissà dove.. non immaginavo che fosse in casa, che l'avessi
tu. Immagino tu abbia capito di cosa si trattava."
Marya annuì,senza entusiasmo, scrollando le spalle.
"Insomma.. a grandi linee. Se
non altro ho capito dove stavi scappando, e chi si era
messo in mezzo fra noi.. a quel punto,"
"Non te lo permetto!non far ricadere su me o lei la
colpa di una situazione che hai interamente creato soltanto tu!"
Era davvero pieno di rabbia. L'aveva interrotta con
violenza.
"Non hai ancora risposto alla mia domanda.
Perchè hai scelto di non parlarmene? di non affrontare
l'argomento, almeno da quando sono tornato? Pensavi che prima
o poi non sarebbe saltato fuori?"
Marya gli si avvicinò,e tentò di blandirlo con una carezza sul viso.
MaEvgeni
le bloccò la mano.
"Tesoro.. “ la voce di
lei era davvero supplichevole. “Nel momento stesso in cui sei tornato, ho
capito che con quella ragazza era tutto finito. Avevi scelto me,invece di lei.. ed io non volevo rinfacciarti il tuo
errore, così come tu non rinfacciavi nulla a me. Tutti fanno degli errori nella vita,no?
l'importante è andare avanti,lasciarseli alle
spalle..."
Evgeni decise di essere
brutalmente sincero.
Errore?come poteva
definire Lara un errore?
"Marya..non
sono tornato perchè ti ho perdonata, o perché ti amassi ancora.
Non fingere di non averlo capito,offenderesti la tua
intelligenza.
E se proprio vuoi saperlo, non sono
stato io a lasciare quella ragazza.
E'stata lei a lasciare me, quando ha saputo del bambino."
Maryagli
sorrise, incoraggiante.
"Allora il mio piano ha funzionato. Tutto è
finito fra voi, e tu sei qui con me. Non ha più importanza come sia andata.."
"Di che piano stai parlando?"
Evgeni arretrò bruscamente,
cercando sul viso della moglie una spiegazione a quelle parole sibilline.
Marya continuava a sorridere:ma non gli sembrava più dolce ed affettuosa.
Ora gli sembrava spaventosa.
"Zhenya..amore.
Davvero non lo hai capito? non sono incinta.. non
ancora, perlomeno. Ma spero di esserlo presto."
Lo baciò sulle labbra,senza
che lui potesse reagire. Era pietrificato dalla rabbia.
"Mi hai mentito...su una cosa così
importante?" Sibilava,più che parlare.
Se fosse stata un uomo, lo avrebbe
sicuramente preso a pugni.
Si tratteneva, ma a fatica.
“Mi hai mentito”ripetè.
“Non c’è mai stato nessun bambino..”
Marya ora lo fissava smarrita:evidentemente la rabbia lo aveva trasformato anche in viso.
"Io.. io..ho
pensato che era l'unico modo.. ho convinto tua madre a farti tornare subito
dall'America, con quella scusa, e quando lo hai saputo eri così felice
anche tu.. se eri felice è perchè in fondo, lo
desideravi…”
"Non dire una sola parola! hai
parlato abbastanza,per quanto mi riguarda. Io me ne vado."
La scansò con facilità,e
prese la porta,inseguito dagli strilli di quella che ormai non era più
sua moglie.
E non lo sarebbe mai più stata,qualunque
cosa accadesse.
Prese la macchina, e cercò di non schiacciare troppo
l’acceleratore.
Più si allontanava dalla
casa e da Marya,e meglio si sentiva.
Si diresse a casa di Elena. Sua
sorella sarebbe rientrata dal lavoro di lì a poco, e aveva
bisogno di qualcuno che lo ascoltasse, che comprendesse il male che lo stava
avvelenando.
Marya lo aveva ingannato,
tradendolo con un altro uomo.
Ma era una cosa naturale,che
accadeva spesso. A centinaia di persone.
Era stato lui, in un certo senso, a spingerla fra le braccia
di un altro, mettendo il lavoro al primo posto, trascurandola per vincere.
Di questo era consapevole.
Ma quello che gli aveva fatto ora.. mentirgli
deliberatamente , su quello che sarebbe stato loro figlio! Giocare con quello
che era sempre stato il suo più grande
desiderio.. essere padre.
Evgeni era nervoso. E non gli accadeva praticamente mai,
prima di un'esibizione.
Non appena indossava il costume e i pattini ogni forma
d'ansia si era sempre placata, dentro di lui.
Ma non quella sera.
Era di nuovo al Palavela di Torino.
Non era trascorso neppure un anno dalla sua vittoria alle
Olimpiadi, su quella stessa pista da pattinaggio.
Eppure,quante cose incredibili erano accadute.
Tutte in negtivo. Tranne
lei..
Deglutì, passeggiando nervosamente nello stretto
corridoio antistante la pista.
Aveva appena consegnato ai responsabili della manifestazioni
un foglio contenente un piccolo cambio di programma.
Non aveva cercato Lara, in quei mesi.
Non ne aveva avuto il coraggio. Il loro ultimo incontro era
stato così freddo, così doloroso.. non aveva potuto vincere quel
senso di disagio che lo divorava.
Cos'avrebbe dovuto dirle?
Marya mi ha mentito? la gravidanza era un trucco per
riavermi al suo fianco?
Tanto, sapeva già tutto. I giornali scandalistici di
tutto il mondo erano stati a dir poco spietati,cibandosi delle sue disgrazie
personali come avvoltoi.
Ma non gli importava.
Nulla gli importava più ora, tranne il pensiero di
lei.
Respirò a fondo, per liberarsi da quella
negatività che era ormai sua compagna prediletta.
Chissà se lei
è qui stasera.
Probabilmente no. Non
vuole rischiare di incrociare il mio sguardo, mai più, mai.. non dopo
quello che ci siamo detti.
Non dopo mesi di
silenzio angosciante.
Se solo fossi stato
meno orgoglioso...
"Mr Plushenko? è il suo turno."
L'assistente che gli avevano affibbiato era una ragazza
molto gentile. Gli sorrise.
"In realtà gli organizzatori sono
perplessi,riguardo al suo.. cambiamento di programma" concluse
diplomatica. "Ma non ho problemi a tradurre per lei qualunque messaggio.
Sono certa che sa quel che fa. In bocca al lupo."
Perchè diavolo
mi sono lasciata convincere a venire qui?
Lara si sentiva malissimo.
Seduta fra Elisabetta e Lucrezia, osservando la gente,
felice, che si godeva il Galà di fine anno, si sentiva triste e fuori
posto.
Anche in quei giorni di festività lei non poteva
avere che pensieri negativi.
Era sempre stanca, demotivata,senza energie. Non scherzava
più, non si interessava più di nulla.
Ma si rifiutava ostinatamente di ammettere che questo avesse
minimamente a che fare con Evgeni.
Aveva tentato di cancellarlo dalla mente e dal cuore, con
impegno.
Ma poche settimane dopo la sua partenza, quando cominciava a
credere di poterselo lasciare alle spalle, ecco scoppiare il caos su tutti i
giornali.
I primi titoli accusavano il campione di aver abbandonato la
moglie incinta. Ma la rettifica era arrivata presto: non c'era nessun
bambino,il divorzio era ormai esecutivo, Marya era stata bollata come una
pericolosa ingannatrice ed Evgeni come una pover vittima.
Senza che lei potesse controllarlo, il suo cuore aveva dato
un balzo.
Quell'incubo era finito, Evgeni sarebbe tornato da lei.
Aveva atteso per giorni una lettera, una telefonata.
Ma non era arrivata.
E così, piano piano, il suo cuore si era nuovamente
atrofizzato.
Non era stata nulla per lui. Una fase, un rimpiazzo nel
periodo di crisi.
Un'avventura come tante. Che male c'era, la maggioranza
delle sue coetanee passava da una storia all'altra senza farsi alcun problema.
Ma non io.
Come far tacere quella stupida vocina interiore?
Lucrezia era agitatissima.
"Ragazze, il prossimo sarà lui. Non vedo
l'ora!"
Pochi minuti e lo
rivedrò. Anche se lui non vedrà mai me.
L'altoparlante risuonò nell'aria, zittendo la folla.
"Signori e signore, c'è stato un piccolo cambio
di programma. Prima della sua esibizione, Evgeni Plushenko desidera dire
qualche parola a questo pubblico: un'interprete tradurrà per voi. Buona
visione."
Nel silenzio assoluto che era calato nel palaghiaccio,
Evgeni avanzò, seguito a fatica da una ragazza incerta sui pattini.
Tum tum tum.
Lara era convinta che tutti i suoi vicini potessero sentire
il battito anomalo del suo cuore.
Evgeni cominciò a parlare alla sua assistente, la
voce bassa e grave.
Non la guardava in viso: scrutava febbrilmente la lunga
distesa di volti davanti a sè.
Il Palavela ospitava più di 8200 persone. Come
trovarla..se anche fosse stata lì?
La traduttrice si rivolse al pubblico, l'espressione
abbastanza incuriosita.
"Il signor Plushenko ha cambiato la sua esibizione,
questa sera. Anzichè esibirsi in "Caruso", come da programma,
ha deciso di svolgere per noi un nuovo pezzo."
Tacque un attimo, corrugando leggermente la fronte.Poi
proseguì.
"Il pezzo è dedicato a una ragazza. Il signor
Plushenko non vuole dirne il nome, asserisce che lei..capirà. E, se si
trova qui, la prega di raggiungerlo a bordo pista, alla fine dell'esibizione.
Grazie per l'attenzione,e buon divertimento."
Lara non riusciva quasi a respirare.
Possibile che stesse parlando a lei? dopo tutti questi mesi?
Poi la musica iniziò, e le si bloccò il
respiro.
Il Tema di Lara,
dal film "Il dottor Zivago".
Un'altra storia romantica e straziante.
Lui sposato, la storia con lei impossibile.
Eppure questo non era un film, era la realtà.
La realtà era che lui aveva divorziato, mesi
addietro.
La realtà era che lui si stava esibendo per lei, solo
per lei, e con quella musica le stava lanciando un messaggio.
Si alzò, come in trance. Il pezzo era quasi finito.
"Lara, ma dove stai..."
Le giungeva lontana la voce delle sue amiche sgomente, le
proteste degli spettatori che urtava mentre scendeva velocemente le gradinate.
Schivò anche un paio di hostess della sorveglianza: probabilmente
l'avevano presa per la solita mitomane fanatica in cerca di guai.
Arrivò al bordo della pista, e si aggrappò con
tutte le sue forze alla ringhiera.
E lui finalmente la vide.
Il pubblico applaudiva ancora, intorno a loro.
Evgeni sfrecciò veloce verso di lei.
Per un attimo nemmeno parlarono, divorandosi letteralmente
con gli occhi.
Con un gesto atletico lui saltò oltre il parapetto,e
l'afferrò alla vita.
Notò subito che portava ancora al collo l'anello che
le aveva regalato.
"Lara.."iniziò titubante. Intorno a loro il
pubblico, stupito e incuriosito, rumoreggiava.
Lei lo guardò, le lacrime agli occhi ma un bellissimo
sorriso sulle labbra.
"Oh,stai zitto!"lo rimbeccò, e si
alzò sulla punta dei piedi per serrargli la bocca con un bacio.
Il Palavela esplose in un fragoroso applauso.
Ma loro due non sentivano più nulla, concentrati
com'erano soltanto sui loro respiri,sui battiti dei loro cuori.
Lara si svegliò di colpo, nelle orecchie le ronzavano
ancora le dolci note del Tema di Lara.
Forse perché si era addormentata con l’Ipod
acceso.
Nella luce chiara del mattino, la sera precedente le
sembrava lontana e sfumata.
Il Galà era stato splendido, emozionante.
Forse più per lei che per il resto del pubblico.
Era stato tutto solo un sogno?
Oppure quegli eventi erano davvero accaduti?
Aveva incontrato davvero l’uomo della sua vita, oppure
non si era trattato che di un sogno a occhi aperti, un dolce viaggio della sua
immaginazione romantica?
Con la mano,cercò l’anello che soleva portare
al collo, e…
Lo trovò? Non lo trovò?
E’davvero possibile conquistare un amore così
grande?