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Era passato quasi un anno da quando la società segreta in cui lavorava
Lenore era riuscita ad eliminare gli ultimi esemplari di vampiri ancora
esistenti al mondo
Era passato quasi un anno da quando
la società segreta in cui lavorava Lenore era
riuscita ad eliminare gli ultimi esemplari di vampiri ancora esistenti al
mondo. La ricerca era stata lunga, la lotta dura, ma alla fine la missione era
giunta alla fine, e i popoli non dovevano più temere alcuna minaccia da questi
esseri oscuri. Tutto sembrava ormai concluso, e da circa un anno a Lenore e ai suoi compagni erano stati affidati solo piccoli
compiti, come prendere ladri, malfattori e assassini per aiutare la polizia
locale.
Lenore era una giovane coraggiosa ma il cui carattere tendeva ad essere piuttosto
solitario e a volte malinconico: un poco le mancavano le avventure in
Transilvania, ma se non altro le nuove missioni erano meno faticose e le
permettevano di avere più tempo libero per vagabondare senza meta nelle
affollate strade della Londra settecentesca.
Tutto procedeva tranquillo da mesi, quando giunse una
notizia inaspettata da alcuni agenti che da pochi mesi lavoravano nei Carpazi:
nell’ultimo secolo i vampiri avevano forgiato in segreto una nuova razza, assai
più debole, nel vano tentativo di far sopravvivere dei loro discendenti allo
sterminio operato dagli agenti della società segreta inglese. Giunti in tutta
fretta in carrozza, i membri erano ora tutti riuniti intorno ad un grande
tavolo: l’incredulità dominava i loro cuori. “Come è possibile? Sappiamo
benissimo che non possono riprodursi!” gridò Lenore
per sovrastare le voci degli altri. Uno degli agenti che avevano annunciato il
fenomeno ordinò a tutti di far silenzio e rispose “Non sappiamo con certezza
come abbiano fatto… Ma a parer mio non abbiamo molto
di cui preoccuparci: questi esseri sono quasi uguali a noi, hanno solo la pelle
chiarissima e un particolare gusto per l’uccisione e l’orrenda mutilazione
delle vittime… Perfino i canini sono simili ai nostri, forse qualche millimetro
in più… Non succhiano sangue, se non per divertimento, e possono essere uccisi
come un essere umano normale.” Lenore rimase
pensierosa. Era perplessa, ma in fondo aveva voglia di qualche nuova missione
in quelle terre avvolte dall’oscurità e dal mistero. La riunione durò a lungo,
e nei giorni seguenti si stabilì ogni cosa, finchè il
gruppo dei combattenti prescelti e un medico partirono per la Transilvania.
Lenore era sola nella stanza della locanda del piccolo villaggio, e
stava esaminando tutte le armi che aveva appoggiato accuratamente sul letto
Lenore era sola nella stanza della
locanda del piccolo villaggio, e stava esaminando tutte le armi che aveva
appoggiato accuratamente sul letto. Erano passati un po’ di giorni dal loro
arrivo in quelle terre, e già ella fremeva per poter mettere alla prova il suo
coraggio. Era già pronta per uscire all’attacco, aveva già indosso i pantaloni
neri infilati negli stivali (un po’ le mancavano le sue adorate gonne lunghe,
ma non erano per niente pratiche), la grossa cintura già allacciata e il
corsetto nero con rifiniture rosso scuro stretto sulla maglia nera con le
maniche che si allargavano alle estremità. Infilò con decisione i 2 pugnali
negli stivali e la spada nel fodero legato alla cintura, per poi uscire dalla
stanza e raggiungere i suoi compagni, già pronti sull’uscio della locanda. Essi
erano 4 uomini e una donna, molto amica di Lenore.
Montati a cavallo, si diressero in luoghi remoti, non
frequentati dalla gente del luogo: si inoltrarono in fitti boschi e inquietanti
sentieri deserti, finchè non giunsero davanti alle rovine
di un antico maniero, nascosto tra le montagne. Lì smontarono e si avviarono a
piedi ad esplorare il luogo: era lì che probabilmente si nascondevano le
creature che cercavano. Il cielo era nuovoloso e
l’atmosfera era lugubre: notarono che avrebbero dovuto scendere in alcuni
sotterranei. Accesero col fuoco le torce e si divisero: Lenore
scese nel buio insieme a Elizabeth, l’altra ragazza del gruppo, i cui lunghi
capelli rossi contrastavano coi corvini dell’amica. Il posto sembrava
abbandonato da secoli, eppure non vi era molta polvere sul pavimento, il che
faceva comprendere che non erano sole lì. Ad un certo punto il sotterraneo
giungeva a un bivio: dopo parecchia indecisione decisero di dividersi e
proseguire da sole. Dopo un paio di svolte, Lenore giunse
in una specie di stanza in rovina, con qualche vecchio mobile coperto dalle
ragnatele accatastato alle pareti, dove erano appese due torce che emanavano
una fioca luce.
Era così intenta ad ammirare quello strano posto che non si accorse di
un’ombra che scendeva le scale alla sua sinistra… Subito però noto qualcosa di
strano e si voltò di scatto notando un uomo che avanzava davanti a lei: doveva
essere abbastanza giovane
Era così intenta ad ammirare quello strano posto che non si
accorse di un’ombra che scendeva le scale alla sua sinistra… Subito
però noto qualcosa di strano e si voltò di scatto notando un uomo che
avanzava davanti a lei: doveva essere abbastanza giovane, la pelle chiara, gli
occhi di un azzurro chiarissimo, intorno ad essi qualcosa di nero, come se
fosse trucco, anche le labbra erano nere e i lunghi capelli scuri scendevano
dritti sulla schiena. Era vestito di nero, con parecchie punte e affari
metallici dappertutto, i pantaloni infilati in alti e grossi stivali neri. Ma
la cosa più strana che notò la ragazza era che egli portava un piccolo anello
sul labbro inferiore e uno su una delle due narici. Lenore
era spaventata, ma sentiva che tutto questo era una cosa nuova, non era come
avere di fronte uno dei soliti vampiri… Sì, si ricordava bene che aveva sempre
trovato affascinanti quelle malvagie creature, ma quest’essere era assai più
umano e, anche se era parecchio strano e inquietante, quasi non ispirava
malvagità. Prontamente ella gettò a terra la sua torcia e sfoderò la spada.
L’uomo sorrise e continuò ad osservarla, per poi sfoderare anche lui una rozza
spada. “Chi sei, sciocca fanciulla armata? Nessuno è mai venuto qui… Quindi sei nel posto sbagliato” disse con un ghigno.
Ella non rispose e cautamente si diresse verso di lui con la spada alzata:
anche lui fece lo stesso e così iniziò un’aspra lotta a suon di lama, con la
donna che tentava di mantenere il suo autocontrollo per non cadere nel panico e
dimostrando come sempre una gran bravura nel maneggiare le armi. Tutto questo
continuò per un bel po’ di tempo, finchè l’uomo
divenne più spietato e riuscì, con un forte colpo di lama, a gettare lontano la
spada di Lenore. Subito ella indietreggiò col terrore
negli occhi e prese dallo stivale il piccolo pugnale, che, con un velocissimo
movimento, usò per ferire la mano in cui lui teneva la spada, cosicché egli la
mollò a terra. Questo però lo fece infuriare ancora di più perché si fiondò su di lei, le strinse il polso infilandociferocemente le
unghie finchè ella non lasciò andare il pugnale. Qui
iniziò una feroce lotta a mani nude, lei tentava di picchiarlo in tutti i modi ma lui la prendeva con forza e la sbatteva contro la
parete. Cominciò a perdere sangue dal naso e dalle labbra, era sempre più debole ma tentava di resistere… Lui le mise una mano attorno
al collo e iniziò a stringere per soffocarla, lei tentava di divincolarsi ma
non ce la faceva più… Lo guardò intensamente negli occhi, con le lacrime che
iniziavano a rigarle il viso: egli rimase un po’ sconcertato e mollò un po’ la
presa, poi però continuò a stringere con più forza, finchè
non arrivarono dal corridoio tutti i compagni di Lenore
che, notata la situazione, si fondarono verso l’uomo, che, però, visto lo
svantaggio, scappò su per le scale e sparì in qualche galleria buia.
Si affrettarono tutti ad aiutare Lenore
a rialzarsi e decisero che per quel giorno il lavoro era finito, così tornarono
alla locanda per consegnare la ragazza al dottore.
I giorni seguenti continuarono le spedizioni alle rovine, riuscirono ad
uccidere alcuni di quegli esseri malvagi, ma non sapevano quanti ce ne fossero…
Ipotizzavano però che non dovessero essere molti
I giorni seguenti continuarono le spedizioni alle rovine,
riuscirono ad uccidere alcuni di quegli esseri malvagi, ma non sapevano quanti
ce ne fossero… Ipotizzavano però che non dovessero
essere molti.
Lenore era da sola con Elizabeth,
stavano perlustrando una galleria quando sentirono
delle voci… Si avvicinarono alla stanza da cui provenivano e si posero vicino
alla porta ad osservare: nella stanza vi era un fuoco acceso, seduto su una
sedia in un angolo c’era l’uomo che aveva lottato con Lenore,
e dall’altro lato della stanza vi erano due figure che le due ragazze non
vedevano bene, ma sembravano altri 2 uomini. “Che hai Dani? Ti vedo pensieroso…
Vedrai che li uccideremo tutti, e ce li appenderemo ai muri come trofei!” disse
uno rivolto all’uomo seduto nell’angolo. Egli, Dani,
rispose “Non ho dubbi, certo che li faremo fuori. Ma non capisco come pensino
di sconfiggerci… Devono essere dei malati di mente”
“Immagino siano quelli che hanno sterminato i nostri padri
poco tempo fa, se ben ricordi…”
Dani guardava fisso il fuoco, finchè
il suo sguardo non si spostò verso la porta e vide le due donne… Elisabeth
stava guardando preoccupata il corridoio per paura che arrivasse qualcuno e
quindi non lo notò, ma Lenorevenne
presa dal terrore… Incredibilmente, però, Dani tornò a guardare il fuoco e a
parlare con gli altri due come se niente fosse. Lenore
prese l’amica per un braccio e la trascinò via, finchè
non tornarono dove avevano lasciato i cavalli.
Nelle spedizioni seguenti, mentre Lenore
camminava cauta per i sotterranei, le sembrò più volte di vedere degli occhi
che la osservavano nell’oscurità all’inizio di alcune gallerie, ma poi non
notava più nulla.
Una sera si trovava sola nella sua stanza che puliva con un
panno la spada, perché quel giorno era riuscita ad uccidere uno dei suoi
nemici… Regnava il silenzio, e solo la candela illuminava un po’ la camera… A
un certo punto la lama di un pugnale le venne poggiata
sul collo, obbligandola a stare ferma immobile, avvolta dal terrore. Chiunque fosse il malintenzionato che era dietro di lei, era entrato
dalla finestra ch’ella aveva lasciata aperta per cambiare un po’ l’aria. I due
rimasero fermi in silenzio per parecchi secondi, finchè
l’assassino avvicinò le labbra all’orecchio di lei dicendo “Buonasera”.
Lenore era quasi sicura di sapere
chi era che le puntava il coltello sul collo… Dopo qualche attimo Dani
allontanò la lama e la ragazza si voltò verso di lui “Perché sei
qui?”
“Io posso essere dove mi pare e fare quello che mi pare”
rispose lui con un ghigno.
Lenore stava solo pensando a come
fare per raccogliere velocemente la spada che si trovava sul letto e non badò
più di tanto al fatto che Dani la stava osservando immobile, ma all’improvviso,
capite le intenzioni della donna, egli afferrò subito la spada e la fece cadere
a terra, lontano da lei.
Lenore guardò Dani allarmata, ma stranamente egli non sembrava volerle
far del male stavolta… Rinfoderò il pugnale e si voltò verso la finestra “ero
solo venuto a trovarti” disse con una risatina, dopodiché uscì dalla finestra e
sparì dalla vista della r
Lenore guardò Dani allarmata, ma
stranamente non sembrava volerle fare del male, stavolta… Rinfoderò il pugnale
e si voltò verso la finestra “ero solo venuto a trovarti” disse con una
risatina, dopodiché uscì dalla finestra e sparì dalla vista della ragazza.
Ella non raccontò ai suoi compagni della visita di Dani, e
nei giorni seguenti le spedizioni continuarono.
Un tetro pomeriggio Lenore si
trovava in uno dei sotterranei del maniero insieme a
Gabriel, uno dei suoi compagni, e stavano perlustrando ogni angolo quando
sentirono una voce gridare a squarciagola “Paul,
Dani, venite, hanno ucciso David!! Li ammazzo tuttiiiiiiiii!!!” Gabriel puntò subito in direzione delle voci e Lenore lo seguì preoccupata… Stavano correndo in un
corridoio semibuio quand’ella vide il suo compagno cadere a terra davanti a
lei, probabilmente colpito da un pugnale lanciato. “Gabriel!!!
No!!!!” urlò in preda alla disperazione, non vedeva quasi nulla e sapeva che di
lì a pochi secondi avrebbero colpito anche lei… La torcia di Gabriel si era
spenta, non si vedeva quasi più nulla, le lacrime le salivano agli occhi,
quando sentì un braccio afferrarla e portarla via in tutta fretta. Iniziò ad
urlare disperata mentre le lacrime le rigavano il
volto nell’oscurità, ma la mano della figura ignota le si posò sulla bocca per
farla tacere. Venne trascinata per parecchio tempo,
tra le braccia dello sconosciuto, finchè non si sentì
appoggiare dolcemente a terra, tra i cespugli. Riaprì gli occhi e si trovò
davanti lo splendido viso di Dani che la guardava preoccupato… “Stai bene?”
Lenore non rispose, la luna
illuminava fiocamente gli alberi, intono ai due era tutto silenzioso, solo il
verso dei grilli notturni… La ragazza lo abbracciò e iniziò a piangere,
stringendolo sempre più forte. Dani le accarezzava i capelli neri e le dava
leggeri baci sul capo. Poi le prese il volto tra le mani, le asciugò le lacrime
con i pollici e cominciò a baciarla… Rimasero lì per un tempo che sembrava
infinito. A Lenore sembrava di essere in un sogno. A
un certo punto Dani allontanò il viso di scatto e la fece alzare “Devi scappare”
Lenore lo guardò spaesata “Ma…?” Subito la prese per mano e iniziò a correre.
“Fermati! Devo trovare Elizabeth e gli altri! Li
uccideranno!”
Dani si fermò e si voltò a guardarla con aria triste ma solenne “Tu là dentro non ci torni. Torna alla
locanda, e spera che tornino vivi”
Lenore lo guardò impaurita.
Dani la accompagnò fino alla porta della locanda e li si fermò “entra e restaci, non tentare di tornare alle
rovine” la sua voce era ferma e severa. “Tu che fai?” chiese lei con tono un
poco angosciato.
“Torno là…” e detto questo si voltò per andarsene. Lenore gli prese la mano e gli urlò “Non andartene ti
prego!!!” stava quasi per mettersi a piangere… “Tornerò” le sussurrò Dani prima
di allontanarsi nell’oscurità della sera.
Dopo l’ultima spedizione alle rovine, gli unici della compagnia rimasti
vivi erano Lenore, Elizabeth e due dei quattro uomini che erano partiti con
loro da Londra
Dopo l’ultima spedizione alle rovine, gli unici della
compagnia rimasti vivi erano Lenore, Elizabeth e due dei quattro uomini che erano partiti con
loro da Londra. Insieme concordarono che per un po’ avrebbero smesso di recarsi
dai discendenti dei vampiri; dopo il lutto per i propri compagni avevano deciso
di riposarsi e riflettere. I giorni non passavano mai e Lenore
non poté più vedere Dani perché non poteva avventurarsi da sola fino a dove
viveva lui, e anche perchè Elizabeth era quasi sempre con lei, ed ella non
sapeva nulla di quello che era successo tra Lenore e
Dani. Già, lei non l’aveva raccontato a nessuno, perché l’avrebbero presa per
pazza.
Da qualche giorno si sentiva triste, ma non sapeva perchè:
sapeva solo che il suo unico pensiero era sempre Dani… Quegli occhi così
azzurri… Quel viso così crudele ma allo stesso tempo
così dolce… Cominciò a piangere tra le lenzuola, nel cuore della notte… E così
fece anche la notte dopo. Quella dopo ancora si era ormai addormentata con il
viso bagnato di lacrime, quando sentì qualcosa
sfiorarle la guancia: si svegliò di soprassalto e, quando vide una figura
davanti a sé avrebbe urlato a squarciagola se quella cosa non le avesse posato
delicatamente la mano sulla bocca, per poi portare un dito alle proprie labbra
per farle segno di far silenzio. “Sono io” le sussurrò dolcemente.
Lenore era sorpresa, ma in quel
momento si sentiva la persona più felice dell’universo: avvicinò a sé Dani e lo
strinse forte per paura che fosse un sogno e che sparisse da un momento
all’altro. “Come hai fatto ad entrare? Stavolta la finestra era chiusa”
“Non l’hai chiusa bene”
Lei sorrise e continuò ad abbracciarlo.
Quella notte, dopo parecchi baci e carezze, i due dormirono
insieme. Arrivò l’alba, che li scoprì abbracciati ed immersi nel sonno. Regnava
un soave silenzio, finchè non si sentì bussare alla
porta. “Lenore, sei sveglia?” si udì la voce di
Elizabeth.
Dani saltò su dallo spavento, Lenore
lo guardò spaventata, lui le diede un bacio e si avviò verso la finestra, dalla
quale sparì. Maledicendo la sua amica, Lenore chiuse
la finestra (non perfettamente, come aveva sempre fatto, perché aveva sempre
sperato che lui tornasse da lei) e si avviò verso la porta.
“Sì, eccomi” disse con uno sbadiglio.
“Vieni a fare colazione, oggi hai fatto tardi! Molto più del
solito! Dobbiamo riunirci con gli altri, probabilmente ricominceremo le
spedizioni.”
“Cosa??” disse Lenore
spalancando gli occhi “Ma abbiamo già perso troppe vite!”
“Lo so, ma se quegli esseri vivono ancora, il mondo perderà
molte più vite”