A/N= Intero Pov Callian. Tra una cosa e un'altra e vari problemini è
passato un intero mese. Spero che questo capitolo valga tutta l’attesa. Enjoy <3
Cap 4
– Dammi il tuo posto!
---
Gillian Foster POV ---
---Washington DC… 4 Luglio ore 8:00
---
Non potevo credere che i voli
sarebbero stati annullati per una intera settimana!
Per questo, l'unico volo che sarebbe
partito prima della pausa sarebbe stato il nostro, e a causa di questo molte
persone, sapendo prima e come noi di questo inconveniente avevano riempito
questo volo.
Locker era riuscito con molta fatica ad
ottenere i due ultimi biglietti, ed era stato quasi pestato da una vecchietta
per averla superata nella fila.
Nonostante la sua fatica, non riuscì a
trovare due posti vicini e per questo Cal non era molto compiaciuto.
Non era contento.
Era irritato. Molto irritato...
Direi geloso marcio... per tutto il viaggio da casa ad aeroporto era rimasto
zitto... a stritolare il volante. Come se già sapesse che mi sarei seduto
vicino ad un uomo bello, muscoloso, affascinante e ricco.
Forse ricco no... Dovrebbe saperlo che
non è importante per me.
E doveva anche sapere che non l'avrei
lasciato per il primo di turno... Come se dopo 10 anni e altri 3 insieme lo
avrei abbandonato dopo una chiacchierata di 10 minuti con uno sconosciuto.
Anche se sapevo che non era quello il problema. Non voleva proprio vedere gente
intorno a me che ci provava. Non dovevano nemmeno provarci. Ne un complimento,
ne uno sguardo o nemmeno sfiorarmi mentre si sistemava al suo posto.
Le sue nocche erano bianche ora, stava
stringendo così forte il volante che il sangue non riusciva a circolare.
-Cal, calmati... sono solo 3 ore di
viaggio e potrei anche stare vicino ad una donna.-
-Una cosa gli avevo chiesto... una!-
-Non ha potuto fare nulla, erano gli
ultimi posti rimasti... E’ stato quasi pestato per saltare la fila. Ed è anche
riuscito a metterci nella stessa cabina.-
-Che vuoi dire? Che avrei potuto
accettare prima? Ora la colpa è mia?-
-Non sto dicendo questo...- Era
furioso... ero contenta per Loker. Ci aveva detto la
notizia per telefono “Proprio per evitare la mia morte” disse... e capii che
aveva ragione.
-Che conforto... Sarà proprio bello
vederti con un uomo... o anche due che ci provano non sapendo che sei già
sposata... già di qualcuno... già mia.-
-Beh, gli farò vedere l'anello.-
Alzai la mano per vederlo, scintillava
vicino a quello di fidanzamento.
-Anello che non avrai per tutto il
viaggio a causa delle nuove restrizioni del governo... Ma che ti può fare un
anello... un anello!-
Dopo questa notizia, totalmente nuova,
capì perché mi aveva chiesto di ricordargli che le avremmo dovute mettere nella
mia valigia.
-Beh… Potresti…-
-Non potresti farci niente ecco!-
Guardai di nuovo l’anello. Al centro
di quello di fidanzamento c’era un piccolo diamante. Lo avvicinai al vetro e lo
strusciai… Shhhhrrrrrrr… Un piccolo graffio
comparve sul vetro.
E anche l’arrabbiatura di Cal.
-Beh si potrebbe tagliare un vetro.-
-E dovevi proprio fare la prova sulla
mia macchina?!- Allentò la presa sul manubrio, non pensando più a me a ai
passeggeri “ignoti”. –E per fare cosa poi? Saltare fuori dall’aereo? Buttare
qualcuno o qualcosa dall’aereo? Non molto utile, c’è la porta per farlo.-
-Non se i piloti non la aprono. C’è il blocco…-
-Oh beh.- Fuori la macchina notai un
cartellone… mancava poco all’arrivo.
-Si potrebbe strozzare una persona…
non avendo poi prove e segni sulle mani. La forza di resistenza poi graverebbe
sull’anello e non sulla mano. Quindi avendo già il segno dell’anello, quello
verrebbe sovrapposto.-
-Non dovresti ascoltare Shawn e i suoi
cartoni animati da quattro soldi… Tutti i metodi mostrati su Detective Conan
sono ridicoli e poi… troppo artefatti… Solo un genio in un attacco d’ira
potrebbe pensare a certi stratagemmi, dai. E poi ritornando al tuo caso, chi
tiene gli anelli in entrambe le mani? Io non ne ho visti, ne viste. Se non le
riccone…-
-Tu no, ma a molti uomini piace
indossare gli anelli di metallo.-
-Pochi. Anche se poi, i segni passano
dalle mani in un ora, quindi alla fine lo faresti normalmente senza anelli.-
-Non siamo tutti come te, con la pelle
dura. Io ad esempio ho le mani delicate. E poi pensaci… In un aereo sarebbe
fondamentale trovare al più presto il killer. Non sarebbe per niente rilassante
rimanere chiusi dentro per 4 ore in pericolo di vita.-
-Vabbè…- Guardò il cruscotto, poi
aumentò l’aria condizionata. L’aveva fatta scendere a 20 gradi.
-Cal! Sarà ancora peggio quando
scenderemo dalla macchina. Fuori ci sono 40 gradi! Abbassa.-
Sbuffò.
Arrivati al parcheggio impiegammo
mezz’ora, (30 minuti!) per trovare posto, parcheggiare, correre in aeroporto,
fare il controllo dei bagagli di routine e trovare la fila giusta per il nostro
aereo. Io e Cal non fummo gli ultimi a fare il check
in, come invece avevo paura io(Cal poi mi disse che eravamo partiti addirittura
con un ora di anticipo). Eravamo esattamente al centro della fila. Mentre io
“tenevo posto”, Cal si staccò da me e fece il giro della fila per trovare il
tipo vicino a me. Testardo!
Velocemente arrivò il nostro turno
quindi fu costretto ad arrendersi.
Ancora una volta ci fu ricordato di
posare gli anelli una volta per tutto nella valigia, o nella mia borsa e il
dirigente della sicurezza me li sistemò in una confezione assicurata
digitalmente. Pesava poco, ma era molto resistente. Sembrava uno di quei nuovi
materiali di ultima generazione.
La sistemai nella borsa e a braccetto
io e Cal entrammo nell’aereo.
Era a due livelli. Noi salimmo a quello
superiore. Come al solito avevamo preso la classe business.
Questo voleva dire niente bambini che
piangevano per l’inesperienza dei genitori, niente genitori che urlavano
animalmente per farli zittire, persone che attaccavano briga come se fosse
sport, e persone maleducate in generale.
Era uno di quegli aerei Jumbo quindi
il numero dei posti era uguale a quelli di seconda classe in ogni cabina.
Tre file, due posti sulle file ai lati
e tre al centro. L’unica cosa che cambiavano erano i comfort. La cosa che
potevi subito notare era la raffinatezza dei tessuti e c'erano anche i piccoli
schermi situati nelle sedute in ogni fila. Ognuno aveva il loro paio di cuffie
e se volevi potevi anche mettere a caricare cellulari, mp3 o anche computer. Se
non fosse abbastanza lo spazio tra una fila ed un'altra era immensa e questo
permetteva di reclinare la seduta. Le hostess nella nostra cabina erano 3, e
guardando la mappa dell’aereo notai che vicino avevamo addirittura 4 toilette.
I posti erano già quasi completi, questo
perché mentre io contemplavo i dintorni alcuni mi superavano per andarmi a
sedere. Intanto Cal aveva già sott’occhio i posti e stava già corrompendo il
tipo vicino la finestra.
Mentre mi avvicinavo, lui si arrese e si andò a
sdraiare al suo posto.
-Saalvee.- Il
tipo allungò la mano verso di me, e io la strinsi cordialmente. -Piaaceeree dii coonooscerlaa.-
Sembrava davvero una persona affabile. Era un ragazzo di 25-30 anni. Aveva gli
occhi azzurri e capelli lunghi fino alle spalle pettinati all'indietro. Aveva
una perfetta abbronzatura degna di un maestro di surf e aveva una leggera
barbetta. A parte il modo strano di parlare, aveva l'aria di un ragazzo
piuttosto sveglio.
Si alzò e si offrì di mettermi apposto le valigie.
Ringraziai e mi misi a sedere al mio posto, vicino alla finestra. Vidi già Cal
spiare il tipo e cercare di ricordarmi che ero sposata…
Mi indicava il dito anulare e cercava di farsi
vedere nonostante la grande stazza del suo vicino.
Indicava il dito, me e poi guardava il tipo.
Non intendeva me quindi, ma che dovevo dirlo al
tipo che ero già impegnata.
Girai la testa verso il finestrino e vidi che
stavano ritirando la scala. Non ero molto nervosa, fortunatamente, anche
perché per tutto il viaggio non avrei avuto il supporto di Cal, e quindi avrei
dovuto essere forte. Mi tirai un po’ su e ripensai alla prima volta in aereo.
Mi ricordavo che avevo passato tutto il viaggio
con gli occhi chiusi… Era stato pessimo. Anche per questo motivo poi non ci ero
salita più per i seguenti tre anni. Poi avevo iniziato a lavorare con Cal. Con
lui era indispensabile viaggiare e il modo migliore era proprio in aereo. Fu
lui ad aiutarmi a sconfiggere questa paura. Fu irritante, esagerato, rumoroso e
fastidioso per tutto il viaggio. Ma fu un genio. Sapeva cosa stava facendo.
Perché? Beh perché dopo solo 2 viaggi (andata e ritorno poi!) mi era passata la
paura.
-Paauraa deeglii aeereeii?- Il modo in cui
parlava era buffo, ma notai che era quasi forzato. Mi ricordai che c’era un
esercizio di logopedia che consisteva proprio nell’allungare le vocali.
Balbuziente?
-Non più fortunatamente.- Avrei dovuto
chiederglielo?
Nel frattempo, sentimmo entrambi agli altoparlanti
il segnale di staccare i cellulari e di tenere le cinture di sicurezza. Sentii
dei rumori nella cabina e mi girai solo alle mie spalle per vedere di striscio
Cal litigare con una hostess. Apparentemente non voleva chiudere il cellulare.
Scossi la testa, lui mi vide e lasciò perdere. L’hostess diede l’ok e partimmo.
Il decollo era il mio punto debole però. Era una
sensazione strana. E’ come se ti senti più pesante e senti tutto il movimento
che fa l’aereo. Sembra di scivolare all’indietro e sentire il suolo sollevarsi
sotto di te…
Non è molto chiaro, ma come ho detto è una
sensazione strana.
-Allooraa haa un po’ dii pauuraa!-
Riaprii gli occhi (evidentemente così coraggiosa
non lo ero stata) e notai che stavo stritolando qualcosa con la mano.
Non era il bracciolo però, ma la sua gamba. Dopo averlo capito lasciai la presa
e gli chiesi scusa.
-Noon c’è problemaa. Sono conteento di esseere d’aiutoo.-
Eravamo entrambi rossi in faccia, soprattutto io
che non volevo imbarazzarmi. Proprio io poi, che non volevo far ingelosire Cal.
Che cosa era la prima cosa che facevo appena seduta in aereo?? Afferrare la
gamba nuda (aveva dei bermuda) di un bello e sconosciuto giovane e poi
arrossire.
Giusto per essere sicura cercai di fare tutto per
non farmi vedere, e cercai la sua faccia, soprattutto la sua espressione.
Non era per nulla rassicurante. Era arrabbiato e
irritato come se pensasse che glielo stavo facendo apposta. Appena mi vide,
arrossì e si nascose dietro al tipo e ad un giornale che faceva finta di
leggere.
Come poteva pensarlo dopo quello che gli avevo
detto?!
-Ha bisogno di quaalcosa
o vaa meglio?-
-Molto meglio grazie. Dammi del tu, davvero. Il
lei mi fa sentire vecchia.-
-Cosa che non sei.-
-Grazie.- Era davvero galante. Notai che al flirt
non aveva avuto problemi di pronuncia. Si sentiva a suo agio. Probabilmente non
piaceva nemmeno a lui il lei… Mi girai al finestrino. Eravamo già sopra
le nuvole.
Non mi ero più accorta del volo. Notai che avevamo
già superato la nostra città. Nonostante la stazza il velivolo era parecchio
veloce.
Sentii a quel punto il segnale dell’altoparlante.
Potevamo ora toglierci le cinture e accendere i telefoni.
Riaccesi il cellulare e vidi che il tipo fece lo
stesso. Sullo schermo aveva una foto con una bella ragazza sulla spiaggia.
Erano abbracciati e si riusciva a capire benissimo la loro intesa.
-E’ la tua ragazza?-
Dopo una mezza risata spiegò. –No No! Non sono
fidanzato. Lei è mia sorella.-
Oh beh. Questo non era per niente d’aiuto. Anche
single era…
-Non vi assomigliate molto.-
-Io sono una copia di mio padre e lei di mia
madre.-
Mentre guardavo le foto dal suo cellulare lui si
schiariva la voce ma si bloccò più volte. Poi riuscì a parlare.
-Beh, ehm, noon ci siamo
ancora presentatii. Io sono Jared, piacere.-
-Io Gillian.-
Da dietro vidi Cal che mi spiava, feci finta di
niente e tornai alla conversazione.
-Penso che il viaggio sarà davvero lungo quindi
potrebbe essere più piacevole se lo passiamo parlando, ti va?-
-Sii… sareebbe una buona
idea.-
Lui non iniziava, quindi spaccai io il ghiaccio.
-Allora, di lavoro di che cosa ti occupi?-
-Studioo windsurf, e lo
insegno ai piccoli. Poi quando non ho da fare o quando il clima noon è favorevole, aiuto mio zio a controllare la sicurezza
negli aerei. Psssss, sono qui proprio per questo.-Si avvicinò e si mise la mano sulla bocca. –Tu?-
-Io faccio la psicologa e sono…- Non potevo fare a
meno a non guardare il telefono. Era pieni di messaggi che ordinavano di dire
al “ragazzino quello che doveva sapere” o che “non aveva speranze con me”.
Mi stava davvero irritando questa sua mancanza di
fiducia.
-Quell’uomo loo conosci?
Ti sta importunando? Vuoi che faaccia qualcosa?-
-No è tutto apposto. Ha solo dei problemi a
staccarsi da me. E’ un caso clinico.-
-E’ un paziente?-
Mi misi a ridere. Con caso clinico aveva capito
che era pazzo…–Una volta lo era.-
-Ohhhhhhh,
capisco… Quindi lo stai facendo trasferire…-
Pensava davvero che era matto… Il mio telefono
continuò a squillare e a questo punto ebbi un idea.
Il caso mi aveva servito l’idea su un piatto
d’argento. Potevo fare quasi quello che volevo perché poi Cal verrebbe
assecondato per il “suo problema”.
Capii che tanto comunque era già convinto che lo
stavo stuzzicando. Perché non farlo davvero allora?
---
Cal Lightman POV ---
Quella piccola traditrice, irritante,
bugiarda…
Perché doveva essere così maledettamente bella,
affascinante, divertente, intelligente… attraente?
Perché?
Beh, si poteva ben capire.
Ma perché diceva una cosa e poi faceva l’opposto?
Perché doveva essere così irritante, punzecchiosa, vendicativa…
Perché mi piaceva così tanto poi?
Forse era tutto il pacchetto che la rendeva
speciale. Anche includendo le cose che da una parte mi facevano morire di
gelosia, e dall’altro me la facevano volere di più.
Ed ecco che mi riprese… la gelosia.
Mi aveva promesso che non l’avrebbe fatto… che non
mi avrebbe stuzzicato. Che avrebbe evitato.
Come potevo crederle?
Adorava spingermi fino a quel burrone. Al bordo
del burrone. E poi lasciarmi fare l’ultimo passo da solo ed esplodere di
gelosia. Adorava questa parte gelosa di me.
Io non tanto. Era una fatica trattenermi e mi
mandava in bestia il fatto che alla fine riusciva sempre a battermi, a
rigirarmi per i suoi fini malefici…
Beh non malefici in realtà, ma per me si. Riusciva
sempre a convincermi ad andare a cene di beneficenza, cene di gala, feste VIP e
feste con un mucchio di gente in generale. Tutti avrebbero forse pensato differentemente
ma ero un uomo semplice, che voleva solo le cose necessarie nella vita.
Al primo posto, casa, famiglia e lavoro. Tra
queste è inclusa ovviamente e soprattutto Gillian. Come potete capire, invece
di incontri ipocriti con persone che non contavano niente a parte per i loro
soldi e per la loro fama, io preferivo una normale cena con Gillian ed Emily.
Sinceramente terminando con un bel film o con il rimanere da solo con Gill.
La mia Gill.
La stessa Gill che era rossa in faccia e
stava levando da quel momento la sua mano dalla gambetta flaccida e
senza peli di quel ragazzino capellone.
La guardai per un bel po’… poi mi notò e per non
essere visto mi nascosi dietro il signore vicino a me. Presi il giornale e lo
forai. Potevo “leggere” qualcosa da li.
Imbarazzo… senso di colpa…
Forse ero stato troppo impulsivo… Forse era stata
solo la sua paura a farle afferrare la gamba… Forse non era così bugiarda
dopotutto…
Lui
invece… La mia Gillian sembrava arrossire di nuovo ad un suo commento.
Lui ci stava provando… Ne ero sicuro.
Sentii il segnale dell’aereo e senza perdere tempo
accesi il telefono e riempii il suo telefono di messaggi. Non poteva illuderlo
così. Diglielo che sei sposata. Dillo. DILLO!
Dai!
Ad un certo punto lei si mise a ridere e poi
guardò verso la mia direzione.
Un motivo per il quale lei mi prendeva sempre in
giro è perché nonostante fossi tanto bravo a leggere le emozioni, non lo ero
nello stesso modo con il labiale. Non che lo studio fosse collegato in qualche
modo, ma secondo lei dato che riuscivo a percepire ogni minuscolo movimento
allora di conseguenza doveva essere facile per me capire anche il labbiale.
Ma non era così facile!
Associare un muscolo ad una emozione era tutta un'altra cosa, rispetto ad
associare un movimento ad un suono. Il suono è… astratto per un certo senso.
Almeno finché non è unito ad altri per diventare una parola.
Poi capire solo una parola espressa lentamente è
un conto, ma una frase intera detta velocemente…
Fino a quel punto non avevo capito nulla, a parte
il fatto che stavano parlando di me, (e quello mi faceva ben sperare) anche per
colpa degli altri passeggeri. Era piuttosto tranquilla la stanza ma non
abbastanza da sentire la conversazione.
“La botta vera…” “La notte era”… “Una colta c’era”…
Non avevano alcun senso… Forse “Una volta c’era” ma non gli stava sicuramente
raccontando una fiaba…
Lui intanto le rispose con “tra sfere-re”…
trasferire??
Non ce la potevo fare. Nemmeno dieci minuti e già
voleva invitarla a casa!
Le inviai un ultimo messaggio. Doveva dirglielo
ora…
Ci guardammo negli occhi, poi girò il suo sguardo
verso di lui…
“Si”
Si?... Come si? Dovevo per forza aver sbagliato a
capire…
Il tipo vicino a me si mise a tossire.
-Amico, se vuoi il mio posto parla non mi uccidere
il fianco.-
-Uh?-
-Dai, alzati che ti do il mio posto…-
-Uhm, ok…-
In quelli che sembrarono due lunghi e imbarazzanti
minuti il tipo grasso mi lasciò a fatica il suo posto, e io mi sistemai nel mio
nuovo punto di appostamento. In questo modo li vedevo entrambi meglio.
-Dormirò per tutto il tempo quindi… non…
svegliarmi…- Sbadigliò e si addormentò.
Giuro di non aver mai visto una persona
addormentarsi con quella velocità.
Mi coprì il viso con una rivista e continuai a
spiarli.
Continuarono a parlare di me. Di quello ne ero
sicuro. Stando più vicino riuscivo anche a sentirli. Lei gli disse da quando mi
conosceva e di come all’inizio mi aveva aiutato. Ad ogni parola mi rivolgeva lo
sguardo. Sempre più… sfrontata, e arrogante, e… affascinante… Sicuramente, per
quel tipo…
Quando lei invece iniziò a cambiare argomento, lui
poggio il braccio sullo schienale e mi bloccò la visuale.
Il tipo mi bloccò la visuale.
Potevo solo vedere i suoi occhi.
Lui intanto chiamò la hostess e si fece portare
due aperitivi. Il vassoio che gli venne portato lo posizionò tra di loro.
Si mise chiaramente a flirtare, fece risuonare il
bicchiere con il suo, la fece arrossire con dei commenti galanti, le offri
anche qualcos’altro da mangiare che fece portare poco dopo, pagò per lei…
potrei elencare qualsiasi cosa per ore.
Continuai ancora a mandarle messaggi ma lei alzò
il telefono, evidentemente per farmelo notare, e lo spense. Il tipo a questo si
allarmò e disse che avrebbe chiamato la sicurezza ma lei lo fermò.
A questo lei incominciò a difendermi, e a quel
punto un ragazzino accese la console e si mise a giocare con il volume acceso,
impedendomi di sentire qualcosa. Dato che in questa cabina non era concesso, la
hostess, che si fermò esattamente tra me e Gillian, si mise a litigare con la
madre e il ragazzino.
Non riuscivo a sentire e vedere nulla.
-OHHHHHHH!-
Tutti mi guardarono impuniti…
Scavai nel giubbotto ritrovando quel che mi serviva. Le lanciai al ragazzino.
-Ecco delle cuffie auricolari. Fanne buon uso da
ora.-
-Grazie signore!-
Il ragazzino tutto contento montò il tutto e tornò
felice a giocare. In silenzio!
La madre aveva un espressione stupita, come se non
avesse mai visto il figlio ubbidiente o riconoscente.
-Che avete da guardare? Muovetevi!-
Non sapendo cosa dire, la hostess se ne andò
imbarazzata, e la madre si nascose dietro un libro…
Ritornai alla “coppietta”
e continuavano a parlare felici.
Passò un'altra mezz’ora. Loro la passarono, io no. Cercai
di far entrare la parte ragionevole di me. Stavano solo chiacchierando. Lei stava solo chiacchierando… lo
sapevo, ma lui?
Non potevo esserne certo. Non lo conoscevo. Non ci
avevo parlato. Non ero vicino abbastanza.
Ero geloso.
Loro stavano passando un bel periodo,
divertendosi, e io li, fermo a fissarli come uno stalker
con il viso da cane bastonato e a cui si è tolto l’osso. Spencer mi avrebbe
adorato per questa metafora.
Cambiando argomento, speravo davvero che avrebbe
mantenuto la promessa per tutta la durata di questa vacanza. Nell’ultima nostra
e-mail gli avevo chiesto espressamente di non –in caratteri cubitali, letteralmente- di non parlare in mia
presenza con metafore continue e citazioni alla cultura popolare, film,
telefilm e canzoni anni 80’.
Ad un certo punto il tipo accende il cellulare e
inizia a parlare del suo lavoro, mi guarda e poi girandosi verso di lei (facendomi capire
proprio tutto*…) dice qualcosa a Gill che la lascia di stucco. Lei mi guarda e
poi cerca di fermarlo. A fare qualcosa. “Lasica, Noè mente”.
Il che probabilmente traducibile come: “Lascia, non è niente.”
Sicuramente stavo migliorando perché finalmente la
frase aveva un senso.
-Ehm, signore? Qualche problema?- Mi girai. Una hostess sbucò da dietro il
sedile. Beh non proprio dietro, perché era sempre nella corsia, ma ecco, mi
sorprese, facendomi girare a 180°.
-Ehm?!-
-Qualcosa la disturba?-
-Nulla davvero, ora può pure andare. Va va’.- Con
questo mi rimisi in posizione.
Dopo meno di un minuto la tipa si spostò davanti a
me aprendo di nuovo bocca.
-Le devo chiedere di smetterla di guardare in
quella posizione.-
-Le devo chiedere di muoversi, perché voglio
guardare in quella direzione, grazie.-
Con una mano la scansai ancora.
-Qual è il problema?! Sta importunando i passeggeri e il suo comportamento è
inaccettabile. Ora vieni con me.-
A questo punto mi prese il braccio.
La scrollai di dosso.
-Vuoi sapere qual è il problema?- Mi girai verso
il pavoncello e lo indicai con la mano.
-E’ lui il problema. Lui.-
-Non ti seguo.-
-Lui ha continuato a parlare con lei, flirtare con
lei, farla ridere, dirle complimenti…-
-Qual è il problema?- Il tipo rispose guardandomi.
-Lei è la mia
donna.-
-Lei non è la donna di nessuno. Lei ti vuole bene,
si, ma lo fa per il tuo bene.-
-Ma di che cosa stai parlando?-
-Forza. Siediti al tuo posto e inizia a capire che
devi lasciarla andare. Siete stati insieme per così tanto tempo che il tuo è
diventato un bisogno troppo possessivo. Se vuoi davvero bene, lasciala andare.-
Di che
cosa stava parlando? Lasciarla andare? Bisogno possessivo? Che diavolo voleva
da me?
L’unica cosa che volevo era riaverla tra le
braccia e far sapere che era mia. Che lei amava me. E che aveva scelto me per
il resto della nostra vita.
Alzai la mano e guardai il segno rosso
dell’anello.
Il più
bel giorno della mia vita.
Forse solo secondo o a pari merito con la nascita
della mia bambina. La posizione era sempre variabile.
La hostess continuava a parlarmi ma non la
sentivo. Eravamo solo io e lui ora.
-Tu alzati. E lasciami il posto.-
-Non vedo perché dovrei.-
-Tu… tu non sai chi sono io. Alzati e levati dalle
scatole.-
Dietro di lui Gillian mi diceva di smettere e di
tagliare il discorso ma… l’aveva voluto lei no? Non potevo tirarmi indietro
ora.
-Tu… non sai chi sono io. E dovrò
prendere provvedimenti.-
-Ehi, - Gillian cercò a questo punto di prendere
la sua di attenzione, ma nulla. –Lascialo stare, lui è…-
-Tu…- Lo presi dal colletto e lo alzai dalla
sedia. Lo feci sbattere alla hostess e come se nulla fosse, mi sedetti al suo
posto. Girandomi verso di Gill, finalmente le presi il viso e la baciai.
Non mi fregava più niente.
Solo lei.
Anche se posso ammettere che ero abbastanza fiero di
me stesso nel sentire la sorpresa del bacio nella folla.
Durò poco perché il tipo mi tirò su e con la frase
“Non toccarla mai più” e tirandomi un cazzotto finì lungo a terra.
-… è mio marito.-
Quella frase valeva tutto l’occhio nero che quel
pugno mi procurò.
---
Gillian Foster POV ---
Da adesso in poi è meglio che racconto io. Io lo
conosco, mio marito, e non
racconterebbe la vera storia, nonostante lui non la possa sapere.
Non ammetterebbe mai che un pugno era stato sufficiente
a fargli perdere conoscenza.
Si, dopo il pugno svenne.
Apparentemente era stato molto forte e, oltre all’occhio
aveva colpito anche il naso. Si sa che un pugno, dato con una certa forza può
far perdere conoscenza, soprattutto se dato in punti precisi. Il naso è uno di
questi. Essendo posizionato in una zona così delicata può provocare molto
dolore e, è il dolore il più delle volte a far perdere conoscenza, non la botta
in se. Ma mettendo da parte tutto questo la vera scena fu questa:
Mentre parlavo con Jared, scoprii che lui era un
affiliato dell’azienda del padre, la compagnia di aerei su cui stavamo
viaggiando proprio in quel momento. Lui a volte faceva il bodyguard come lavoro
part time durante i suoi lunghi viaggi. Ogni tanto quindi si metteva in posti
strategici degli aerei e non gli dispiaceva controllare un po’ la situazione.
Per questo cercai poi di lasciar perdere, e appena vidi la gelosia di Cal
saltare sapevo che dovevo fare qualcosa. Cercai di dirgli che era mio marito ma…
Cal mi baciò tappandomi la bocca e poi,
il pugno. Non feci in tempo…
La gente era divisa tra persone schifate dal suo
comportamento e altre solo sorprese dalla sua indifferenza.
Il viaggio non continuò più normalmente. Per metà dovetti spiegare tutto a
tutti, non solo a Jared. Poi quasi in contemporanea mi aiutarono a portare a
sedere vicino a me Cal. Mi portarono alcuni cerotti e medicazioni per l’occhio.
Poi abbassai il suo schienale, permettendogli di sdraiarsi propriamente. Durante
il sonno comunque mi prese la mano e lo vidi sorridere.
Prima dell’arrivo, e del fatidico incontro con la
mia amica, mi concessi mezz’ora di riposo sdraiata anch’io vicino al mio maritino
geloso.
A/N= La scena di gelosia me l’ero immaginata più
divertente :S Ma visto che nonostante
tutto il tempo non mi è venuto meglio, lascio così e passo al prossimo
capitolo. Completamente meglio.
* questa
scrittura con il corsivo alternato,
è un nuovo modo per inserire il sarcasmo. Secondo me è geniale. L’ho trovata su
Tumbrl…
Spero
vivamente che vi sia piaciuta e che questo capitolo non sia troppo prolisso.
Per non farvi aspettare un'altra settimana xD ho
deciso di saltare il mio solito controllo extra.
J Al
prossimo capitolo J
Lista personaggi POV: (per ora)
Gillian
Foster, Cal Lightman, Shawn
Spencer, Juliet O’Hara