If someone like you found someone like me

di Thebrightsideofthemoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If someone like you found someone like me.. ***
Capitolo 2: *** then, suddenly. ***
Capitolo 3: *** nothing would ever be the same ***
Capitolo 4: *** My heart would take wing ***



Capitolo 1
*** If someone like you found someone like me.. ***


Detesto le feste. E, se possibile,  mi è ancora più in odio prendervi parte e trascorrere le serate ad osservare il triste spettacolo di mia sorella Rachel che si abbandona nelle braccia di partner di ballo occasionali, lasciandosi passare di galantuomo in galantuomo, nella speranza di fare la fortuita conoscenza dell’uomo della sua vita. Odio simili spettacoli: trattengono in sé una tristezza di fondo che mi attanaglia nella sua morsa per tutta la durata di tali evenienze. Non che io mi senta superiore all’amore o che ritenga la sua ricerca vana ed effimera. Anche io sto aspettando l’uomo della mia vita, con assoluta impazienza; ma ho la netta sensazione che, per quanto mi riguarda, la sua comparsa si farà attendere.

“Blaine, sei pronto?”

Per l’appunto, mia sorella. I suoi gridolini isterici sono qualcosa di intollerabile. Chiudo in tutta fretta il diario che tengo aperto sulla scrivania di mogano rosso, per poi alzarmi di scatto e scendere giù a rotta di collo per le scale, non prima di aver controllato di aver rinserrato a dovere la porta dei miei appartamenti. Quel che non voglio che accada assolutamente è che Rachel vi entri senza il mio permesso, magari a curiosare qua e là, mettendo il naso laddove non le compete.

“Blaine?” – continua a chiamarmi con insistenza dall’ingresso.

“Eccomi, eccomi” – rispondo io con tono irritato. Odio che mi si metta fretta in questo modo. Non appena mi trovo di fronte a lei, mi guadagno uno sguardo di disappunto, dovuto probabilmente all’accostamento di capi di vestiario per i quali ho optato questa sera: evidentemente non è di suo gradimento.

“Quando imparerai a vestirti con garbo?” – esclama, sistemandomi il cravattino con fare infastidito, mentre io mi dimeno, cercando di disfarmi delle sue manie di perfezione.

“Oh, vado più che bene” – rispondo io, allontanandomi, e la guardo interdetto: non è forse lei ad indossare un opinabile abito chiffon giallo pastello?

“Non vai affatto più che bene, Blaine Anderson. Stiamo andando a cena dagli Hudson, credi di riuscire a comprendere?”

“Smettetela di battibeccare, voi due, o faremo tardi”

Il salvifico intervento di nostra madre, affacciatasi dalla carrozza, ci riporta all’ordine all’istante. Rachel si volta con nonchalance e si dirige a grandi passi verso il cocchio, lasciandomi indietro a riflettere.

Secondo quanto mi è dato sapere, la tenuta degli Hudson si trova appena fuori dal centro abitato. Svetta su una superficie dall’estensione di svariati ettari entro la quale sono compresi giardini arsi costantemente dal sole e boschi battuti in lungo e in largo durante le stagioni di caccia. Finn Hudson è il rampollo della famiglia più ricca dell’Ohio ed è in cerca di moglie. Ovviamente, mia sorella, appena appresa la notizia, ha  preteso di prendere parte alla festa che si sarebbe tenuta nella loro dimora estiva ed è  riuscita, con mezzi che mi sono tuttora sconosciuti, a farsi invitare insieme a tutta la famiglia. Mia madre, inutile dirlo, è a dir poco entusiasta: se fosse riuscita a sistemare mia sorella secondo i piani, per la famiglia Anderson sarebbero finiti i tempi bui, e si sarebbe levata in cielo una nuova stella a proteggerli. Il tutto sta nell’impressionare il giovane rampollo e far sì che cada ai piedi di Rachel; o meglio, all’orlo di chiffon del suo improbabile abito da sera.
Ancora una volta non sono stato preso in considerazione. A dir la verità, in famiglia, non godo di ottimi trattamenti: da quando ho avuto il coraggio di ammettere la mia omosessualità, i miei genitori hanno stabilito delle misure di sicurezza da adottare in pubblico, affinché il mio orientamento sessuale non finisca per imbarazzarli agli occhi degli altri e non precluda il compimento di accordi a mio padre, che è un personaggio piuttosto in vista in città. Parallelamente, mi è stata assegnata una dama di compagnia, di origini orientali. Miss Tina Cohen Chang - questo è il nome della dolce donzella - mi fa visita ogni mercoledì sera. In genere, restiamo in silenzio in camera mia, senza proferire parola. Credo che i miei genitori sperino, nemmeno troppo velatamente, che riesca a ricondurmi sulla retta vita e, perseguendo tale obiettivo, continuano ad esigere che ci vediamo nelle sere pattuite. Purtroppo non si tratta neppure lontanamente di una ragazza fascinosa, o intellettualmente interessante: spesso regge per i primi dieci minuti di dialogo per poi abbandonarsi al sonno più profondo sulle mie lenzuola, nella parte destra del letto, dove è solita accomodarsi. Ho motivo di credere che i miei continuino ad organizzare i nostri incontri notturni nella segreta speranza di rapporti occasionali fra di noi. Rapporti che, da parte mia, non sono stati mai neppure lontanamente vagheggiati. Devo essere sincero: non ho mai avuto rapporti nemmeno con degli uomini. A parte il fornaio del paese, con il quale ho scambiato qualche blanda effusione nei periodi in cui era solito consegnare il pane porta a porta. Ma siamo stati beccati dai miei quasi subito: un vero peccato, ci sapeva fare, decisamente. Anche se le tracce di farina erano piuttosto difficili da dissimulare.

“Siamo arrivati a destinazione”

Sbatto violentemente il capo contro una delle pareti della carrozza per effetto della brusca frenata che ha arrestato la nostra corsa e mi sporgo verso l’esterno: rimango incantato per una manciata di secondi alla vista del monumentale giardino nel quale ci siamo introdotti; poi,  prese le distanze dai pensieri ai quali mi sono abbandonato durante il tragitto, scendo con un balzo.

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Capitolo 2
*** then, suddenly. ***


Una volta entrato, le luci emanate dai sontuosi lampadari in cristallo che pendono, altezzosi, dal soffitto mi accecano quasi con il loro bagliore. La sala è riccamente addobbata da festoni di ogni foggia e percorsa da lunghe tavole imbandite sulle quali trovano la propria ubicazione pietanze di ogni tipo. Affascinato dal tripudio di luci, suoni e colori che mi si staglia davanti e dimentico dei miei familiari, faccio per gettarmi a capofitto verso il buffet di antipasti, quando Rachel mi afferra per un braccio e mi intima, con un’occhiataccia, di darmi un contegno.

“Ma ho fame!” – rispondo io, risentito. E il mio stomaco, brontolando, sembra farmi eco.

“Non mi interessa” – risponde lei fra i denti, accennando un sorriso forzato.

“Credi almeno di poter lasciare la presa?”

“Posso fidarmi?”

E’ una domanda retorica, più che altro, ma riesco comunque a liberarmi dalla morsa.
Mentre mi dirigo a grandi passi verso il centro della sala, il più lontano possibile da mia sorella e alla ricerca, in un’ottica piuttosto ottimistica, di qualche volto amico, noto il generale clima di divertimento e di brio che permea la folla ansimante e sudata, che si muove all’unisono a tempo di musica. Le gonne delle fanciulle svolazzano nella baldoria festosa, accompagnate dalle gambe svelte e musicali, il cui movimento non manca una battuta dell’allegro motivetto di sottofondo. Ci sono anche parecchi ragazzi che, per l’occasione, hanno indossato il loro vestito migliore e si sono gettati nella mischia, ansiosi di fare nuove conoscenze. Mentre mi muovo in perlustrazione cerco di svicolare alla bell’e meglio i ballerini improvvisati che mi ostacolano più volte il cammino, tuttavia non riesco ad evitare un ragazzo che mi capita davanti all’improvviso e che mi rivolge ancora le spalle nel momento dell’urto. Sembra provenire dalle file laterali degli improbabili danzatori e la sua fronte madida di sudore ne è prova inconfutabile.

“Diamine” – esclamo io. L’urto è così forte da ridurre il giovane in terra, senza che io riesca a fare molto per sorreggerlo: infatti, in un disperato riflesso, riesco a cingerlo con le braccia e, goffamente, cadiamo entrambi, l’uno sopra l’altro.

“Ma che cosa?” – sento provenire dal basso. La sua voce mi risulta amplificata, dato che, per effetto della collisione, adesso poggio la guancia sulla sua schiena. Un intenso profumo di ibisco pervade le mie narici: è l’odore più buono del mondo, posso giurarlo. Faccio per rialzarmi, subito dopo aver inspirato a fondo, e, sistematomi sulle ginocchia, lo osservo mentre cerca di rialzarsi: nessuno sembra essersi accorto di noi, intorno.

“Volete stare attento, io dico..”

Si spazza via la polvere dal torace con il palmo delle mani, poi si volta, continuando a bofonchiare. Due occhi cerulei si conficcano come lame fredde nelle mie pupille abbracciate dalle iridi color miele. Tra di noi avviene qualcosa come uno scambio di energia. Sì, credo che si possa definire così.
Il ragazzo tace all’improvviso e mi dà la possibilità di osservarlo per qualche minuto, prima di compiere una qualsiasi altra azione: ha la pelle bianca, percorsa, in volto, da una spruzzata di lentiggini chiare; i capelli, biondo scuro, gli ricadono con grazia sulla fronte, incorniciandogli perfettamente il viso squadrato. Indossa una camicia blu notte e un soprabito tono su tono, di poco più chiaro. La prima gli lascia scoperto il collo e una piccola parte del torace: i pantaloni chiari terminano in stivali alti, ben lucidati. Si passa una mano tra i capelli, spaesato, mentre io allungo la mia per afferrare l’altra, affusolata, rimasta inattiva sulla sua coscia. La stringo con dolcezza e lo accompagno nel rimettersi in piedi, con gesti lenti e misurati, mentre lui mi segue con lo sguardo e curva l’estremità delle labbra in un sorriso inaspettato.

“Scusatemi” – gli dico, con un filo di voce

“Non occorre, non mi sono fatto nulla” – risponde lui, senza evitare il mio sguardo.

Poi sfila la mano dalla presa e il suo sguardo dal mio, e, interrompendo lo scambio di energia, scompare nella folla.



Angolo dell'autrice:
Attenzione, sono tornata a pieno regime! :D Ho zompato a piè pari la vacanza preventivata (SHAME ON ME!) ma, in compenso, sono tornata a scrivere e ad accollarmi su efp :3 Questo è un capitolo di transizione e, per quanto abbia provato ad allungare il brod(Y), rimane piuttosto striminzitello. Ma - ecco la notiziona bomba - ho praticamente già pronto il successivo, per cui mi farò perdonare! :) Grazie a quanti hanno letto in silenzio questa mia nuova storia, a chi ha recensito e a chi l'ha messa nelle preferite/seguite: vi adoro tutti, tanti arcobaleni multicolor e un esercito di unicorni per voi!

P.S. Mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensiate, mano a mano che mi faccio strada nella selva intricata del mondo delle FF, per cui vi IMPLORO di lasciarmi una recensione in cui potete, a scelta: a) insultarmi, b) suggerirmi di cambiare occupazione (e, nel caso, segnalarmene una alternativa), c) mandarmi a quel paese per avervi fatto perdere dieci minuti del vostro prezioso tempo, d) darmi il vostro personale parere sulla storia. SONO PRONTA A TUTTO :D
Thebrightsideofthemoon.
 

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Capitolo 3
*** nothing would ever be the same ***


Quando balla, Rachel, è inarrestabile. La osservo volteggiare con grazia tra le braccia del giovane Hudson: ci è riuscita, ci avrei messo entrambe le mani sul fuoco, e probabilmente anche qualche altro arto. C’è forse qualcosa che non riesca ad ottenere? Da che ho memoria di me stesso non ricordo un’occasione in cui non abbia raggiunto i propri obbiettivi. Volere è potere, e Rachel lo sa perfettamente, ha una vera e propria formula per questo.

La vedo tornare tronfia verso di me, mano nella mano con Finn; mi strizza l’occhiolino, mentre io scoppio a ridere, disarmato. Touché!

“Vostra sorella è una vera forza della natura” – esclama lui, una volta fermatosi di fronte a me. Il suo sguardo sembra essere completamente rapito dalla sua figura leggiadra, mentre Rachel continua a piroettare intorno a lui, non ancora paga delle danze.

“Temo di saperlo fin troppo bene” – rispondo io, afferrandola per le spalle e attraendola a me, con fare ironicamente protettivo. Lei si dimena, poi pian piano si acquieta e lascia che la abbracci: alla fin fine, scavando in profondità, giusto quelle quattromila leghe dentro di noi, ci vogliamo bene.

Finn Hudson resta per un minuto a guardarci, preso dalla scena; improvvisamente, sembra accorgersi della presenza di qualcuno nelle vicinanze e, con fare amichevole, allunga le braccia verso di lui, per far sì che si unisca alla nostra conversazione.

“Posso permettermi di presentarvi un mio caro amico, signor Anderson? Il signor Kurt Elizabeth Hummel”

Rimango interdetto per un attimo: chi diavolo può avere un nome così ridicolo? Poi alzo lo sguardo.

“Lie-lieto di fare la vostra conoscenza” – mormoro, attonito. Lo scambio di energia, lo sento di nuovo. Lui è lì, di fronte a me, con i suoi occhi oltremare da mozzare il fiato, ed è bellissimo.

“Il piacere è il mio” – risponde tranquillo, aprendosi in un sorriso genuino che lascia scoperti i denti.

C’è qualcosa che accade. E non si tratta solo di un meccanismo di contraccambio che ha per oggetto forze sconosciute. E’ un’emozione fortissima, monopolizzante, che preme sulle pareti dello stomaco e fa partire in te quella musica che hai sempre sognato di udire nei momenti più importanti della tua vita. La sua sigla, si potrebbe quasi definire. E’ uno sfarfallio all’altezza dell’alto ventre, laddove pensavi di aver opportunamente nebulizzato dell’insetticida per renderti immune dal dolore e dalle delusioni. E’ come mettere gli occhiali, dopo anni di miopia: ti rendi conto di quanto il mondo sia bello, di quanto valga la pena viverci, del fatto che sia il palcoscenico di quella ricerca senza sosta. Quella ricerca che ha per oggetto la felicità e si concretizza nell’amore.

Beh, si, diciamo che sono sempre stato un tipo piuttosto profondo.

So perfettamente di essere un’eccezione rispetto alla (quasi) totalità del genere umano, composto da omuncoli che si dedicano alla ricerca di un surrogato di felicità. Io cerco il vero motivo di tutto questo. Poco importa se tutto ciò mi rende strano agli occhi degli altri. Ho bisogno di pensare, realizzare, perdermi nelle mie fantasie. E’ la mia, personale, modalità di vivere.

 “Vi lascio discorrere in tranquillità”

Grazie, Finn.

Il ragazzo si avvicina un po’ di più a me, non prima di aver rivolto un sorriso di riconoscenza all’amico.

“Di cosa vi occupate, signor Anderson?” – mi chiede, assumendosi l’onere di imprimere un incipit alla conversazione. Arduo compito.

Perfetto. Vorrei saper rispondere a questa domanda. Perlomeno, vorrei saperlo fare in modo soddisfacente.

“Uhm io, ecco.. scrivo.” – rispondo io un po’ impacciato: se io fossi al suo posto mi chiederei che razza di risposta sia.

“E cosa scrivete, di grazia?”

Con mia grande sorpresa, sembra essere interessato. Coraggio Blaine, sforna qualcosa di convincente, o la sua curiosità finirà per ucciderti.

“Beh.. scrivo d’amore” – Eccomi, sono sempre io, Blaine Devon Anderson, scrittore squattrinato mantenuto dai propri genitori, tutto dedito a smancerie e a vezzi. Patetico.

“Uh, l’amore.”

Kurt Hummel  - mi rifiuto categoricamente di tenerne in considerazione il secondo nome – tormentava nervosamente le proprie dita a più riprese, come a voler sciogliere nodi intrecciati fin troppo bene.

Ebbene, cercherò di dirottare sapientemente il discorso a partire da.. adesso.

“Già. – temporeggio, alla ricerca di un’idea brillante – “Avete una dama, signor Hummel?”

“Purtroppo non stasera, signor Anderson”

Ammetto che vi è una sottile strategia nella domanda. E nella risposta che sto per formulare.

“Dunque posso permettermi, se voi me lo concedete, di farvi compagnia?”

Vi scongiuro, signor Hummel. Concedetemi la grazia di rendermi l’uomo più felice della terra.

“Ne sarei profondamente onorato”

Il tempo di una piroetta alla Rachel, di una toccata e fuga al settimo cielo, e giuro che scendo.


Angolo dell'autrice:
AGGIORNAMENTO, YEEEEEEEEE! Sarò breve: graziegraziegraziegrazie per le recensioni e per ogni visualizzazione, siete qualcosa di spettacolare! Spero vi piaccia il capitolo, sto procedendo a passi minuscoli per potermi concentrare a dovere su questa Klaine fantastica (la sto amando sempre di più, è un piacere scriverla). Scappo, che un arcobaleno possa avvolgervi tutti come mio personale ringraziamento!!
Thebrightsideofthemoon.

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Capitolo 4
*** My heart would take wing ***



La compagnia di Kurt è anche più piacevole di quanto potessi figurarmi: passiamo il tempo delle danze a discorrere di libri e di scrittori in voga negli ultimi tempi, non esimendoci dal dispensare commenti all’aceto né generosi panegirici. Entrambi – ho scoperto – adoriamo J.K. Rowling, e la sua saga di magia ambientata nella scuola di Hogwarts.

“Incredibile, non trovate? Ancora non mi capacito di come possa essere riuscita a dare forma a tutte quelle idee. Non sarei mai stato in grado, neanche a volerlo con tutto me stesso”

Taccio. Il mio cervello macina possibili aggiunte al pensiero formulato alla velocità della luce, eppure nessuna sembra soddisfarmi, così opto per il silenzio, il grido più forte.

“A cosa state pensando?” – Kurt Hummel si ferma. In giardino – dove abbiamo optato di sostare per una tranquilla passeggiata – l’aria è fresca e scorre, piacevole, al di sotto del tessuto della camicia, regalando sporadici brividi di freddo. I suoi capelli ondeggiano, liberi da ogni costrizione, al soffio della brezza lieve. Lo stesso non può dirsi dei miei, immobilizzati dal succo di limone - piccolo espediente di cui mi servo per evitare di assomigliare alla sommità di un mazzetto di broccoli.

“Nulla” – i suoi occhi si tuffano nei miei, indagando in profondità. Cerco di risultare più esaustivo. – “Solo, pensavo che mai riuscirò a raggiungere livelli di tale eccellenza nella mia scrittura.”

“Come siete disfattista!” – aggiunge, ridendoci su. Mi unisco all’ilarità del momento, passandomi una mano sulla nuca in un gesto impacciato. “Scommetto che siete bravissimo, invece. Perché non, improvvisate qualcosa?”

“Adesso?” – sono del tutto colto alla sprovvista. Spero caldamente stia scherzando. Egoisticamente, intendo: per la mia salvezza personale.

“Certo, se non ora quando?” – sgrana gli occhi fino all’inverosimile, poi si avvicina e sembra fissare il proprio sguardo in un punto ben definito sul mio viso.  - “I vostri occhi.”

Inizio a preoccuparmi - “Cos’hanno?” – domando allarmato, portandomi le mani all’altezza delle palpebre.

“Sono quanto di più lucente abbia visto in vita mia.”

Mio dio. Mio dio. Quale ancora non saprei ben definire ma, mio dio. Riesco persino a percepire le mie pupille dilatarsi e le mie vene riempirsi di sangue, mentre il cuore pompa fino all’inverosimile.

“Nulla, di certo, in confronto ai vostri, color del mare.” – balbetto a mezza voce, cercando di sembrare meno stupido di quanto in realtà mi senta. Nessuno mai aveva notato il colore perfettamente ordinario dei miei occhi, un nocciola indefinito, con delle striatura eterocrome color miele, simili a pagliuzze d’oro. Ho visto, nella mia vita, talmente tanti occhi simili che mai avrei creduto potessero essere i miei, tra tutti, a contenere qualcosa di diverso. “Un mare accogliente, azzarderei aggiungere. E con ciò intendo che nessuno, nessun naufrago al mondo potrebbe mai temere di affondarvi. Ne accetterebbe, piuttosto, l’abbraccio umido, venderebbe l’anima per essere circondato dalle sue braccia d’onda.  Siete, ecco.. – siete di una bellezza sconvolgente.”
Mi sento avvampare, forse di rimando, dopo aver osservato il volto del ragazzo accendersi e farsi di mille colori, con particolare preferenza per i toni del rosso. Mi volto e faccio per andarmene, l’unico modo per scampare all’imbarazzo e al rimpianto.

“Dove fuggite?” – domanda lui, impacciato, prendendomi per un polso.

“Credevo di avervi arrecato un torto, il mio atteggiamento è stato così disdicevole..”

“La vostra improvvisazione è stata mirabile. Ne sono estasiato.”

“Corrisponde a verità, mio signore”

“Stento a credere che nessuna dama sia al vostro fianco, con tutte le belle parole che potreste sussurrare al suo delicato orecchio”

“Temo..” – farfuglio  - “Temo  che nessuna dama al mondo possa fare per me”

“Cosa intendete?”

“Intendo..” cerco perifrasi adatte all’occasione – “Ecco, prediligo altro genere di compagnie, per così dire.”

“Non vi capisco”

“Compagnie maschili”

“Oh” – Kurt mi fissa, un’espressione indecifrabile sul volto.

“E’ disappunto quello che leggo nei vostri occhi?”

“Sorpresa, più che altro”

“Vi domando perdono per aver abusato del vostro tempo, ma credevo che fosse piuttosto palese, dopo le parole proferite.”  - Abbasso lo sguardo, aspettando direttive. Non riesco a spiegarne il motivo, ma sento di dovere una sorta di timore reverenziale a questo ragazzo. Ne sono totalmente avvinto.

“Andiamo, venite su. Sono sorpreso, dicevo, perché è il tipo esatto di compagnie che anche io stesso prediligo.”

“Voi siete..?”

“Talvolta”

Scuoto la testa, confuso: un sorriso sghembo mi attraversa il volto da parte a parte. Non riesco a capire cosa intenda, sorrido, forse, più per circostanza che per altro.

“Cosa vi prende, siete stato colto da un improvviso attacco di disappunto?” -  scherza, lanciandomi un’occhiata divertita.

“Nulla” – inspiro a fondo e cerco di ricacciare dentro tutti i pensieri che si fanno strada nella mia testa e che cercano disperatamente di fuggire via, rendendosi perfettamente leggibili sul mio viso.  Alquanto imbarazzante.

“Non riuscite a crederci?”

Appunto.

“Vogliamo proseguire la nostra passeggiata nel roseto? Mi hanno detto che è di una bellezza da togliere il fiato”

Saltare di palo in frasca: lo stai facendo bene, Blaine.

*


Kurt cammina al mio fianco con passo lento e fermo: è molto più alto di me e ogni tanto, non potendo abbracciarne la figura nella sua totalità con un unico sguardo fugace, mi concedo delle occhiate di sottecchi grazie alle quali riesco a focalizzare l’attenzione su alcuni particolari significativi. Come il profilo squadrato, il naso con la punta leggermente all’insù, le ciglia lunghe. E poi i capelli - dai riflessi biondi -, le spalle larghe e la nuca chiara, fresca di rasoio.
Lo vedo tendere la mano verso un bocciolo di rosa e portarlo alle narici, con l’intento di inspirarne il profumo.

“Amo le rose” – sospira fra sè e sè.

“Sono molto belle”

“Molto belle? Davvero, signor Anderson, non vi viene in mente altro per descriverle?”

“Beh” – rispondo, assorto nelle mie elucubrazioni estemporanee – “sono profumate?” – azzardo, poi, in un moto di misteriosa ovvietà.

“Sono lieto di constatare che non vi sfugge niente”

“Ecco, vediamo.. delicate?” – riprovo, cercando nuove soluzioni. Il mio cervello è una macchina di definizioni senza posa, in condizioni normali: la presenza di Kurt lo prostra e lo mette a dura prova.

“Potete fare di meglio”
Kurt accosta il proprio viso al mio. Siamo terribilmente vicini.

“Mi deludete, Anderson”
Anderson, tu e il tuo cervello siete una frana. Sforna qualcosa di geniale, adesso. Ad essere sinceri, avere le sue labbra praticamente stampate sulle mie non è particolarmente d’aiuto.

Che cosa c'è in un nome? Quel che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo d'un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.” – mando a memoria, senza riflettere sul significato delle parole.

“Scelta pretenziosa, signore. Sono affascinato, davvero. E sicuramente ne sarebbe lusingato anche il caro vecchio William”
Salvo per un pelo, ancora una volta. Quando imparerai a smetterla di sfidare la sorte, Blaine?

“Tuttavia” – riprende Kurt schiarendosi la voce e abbandonando la presa sulla rosa – “credo che dovrò baciarvi lo stesso”

Nello stesso momento in cui le sue labbra, leggere, si posano sulle mie, sento il peso quasi inesistente della corolla, accompagnata dalla forza gravitazionale sino al vincolo, del fiore sul mio piede. Lo scambio di energia, lo sento. E’ nelle braccia di Kurt che mi circondano, nel movimento sinuoso delle sue labbra, nel suo respiro contro la mia guancia. Non mi sono mai sentito così. Risalgo con il palmo della mano la sua schiena dritta, sino ad arrivare alla nuca e ad accarezzargli i capelli. E’ l’istante della perfezione: dimenticatemi qui, non venite a cercarmi mai più. Io e Kurt vivremo nel giardino, ci ciberemo di bacche e, all’occorrenza, potremmo procacciarci delle carni animali che so, la domenica. Berremo dalla fontana monumentale al centro del parco e costruiremo il nostro nido d’amore nel roseto, tra le corolle profumate e gli steli spinosi.

“Beee? Beee, dove sei? Dobbiamo tornare a casa!”
La voce di Rachel rompe l’idillio. Forse ho corso troppo. Ho già parlato della mia tendenza alla riflessione e, in casi limite, al farneticare?
Mi stacco da Kurt con un sonoro schiocco, il suono che mi riporta alla realtà insieme al richiamo stridulo di mia sorella, la quale continua a sbracciarsi in lontananza, nel tentativo disperato di farsi notare.

“Scusate, temo di dover correre, o potrei davvero rimetterci la vita, stavolta!”

“Aspettate, Cenerentola, non mi avete ancora detto il vostro nome!” – mi riprende, da lontano ormai.

“ Blaine. Blaine Devon Anderson.” – mi lascio dietro, a mo’ di biglietto da visita. Non è così che avevo immaginato la nostra separazione, a fine serata.

Blaine Devon” – ripete fra sé e sé, come a volerlo metabolizzare, a volerlo rendere parte di lui. -“E’ un nome splendido!”

“Trovate?” – mi è sempre sembrato un nome piuttosto idiota. Su quante cose dovrò ricredermi, quante opinioni da rivedere a partire da domattina.

“Indubbiamente”
Mi fermo e sorrido per un attimo, poi corro verso l’entrata, lasciandomi alle spalle l’angelo, per qualche strano e a me ignoto motivo, assegnatomi stasera direttamente dal Paradiso, incalzato dalla voce isterica di Rachel.

“Spero di rivedervi presto, Blaine” – la sua voce mi raggiunge, tra un grido e un altro, nella corsa disperata verso la realtà. E mentre corro, mentre penso a quante siano in termini di centesimi le probabilità di rivederlo ancora e maledico me stesso per non aver chiesto dove avrei potuto reperirlo, lo sguardo mi cade sull’occhiello della giacca: a seguito di un incomprensibile gioco di magia, abile a tal punto da fare invidia a quelli dello stesso Harry Potter, la corolla della rosa fa capolino dall’asola, quasi a ricordarmi quanto appena accaduto.

“Potete giurarci, Kurt.
 



Spazio autrice:

Buonsaaaaaalve a tutti! No, non è un miraggio: ho davvero aggiornato due storie a distanza di meno di una settimana l'una dall'altra. Tutto ciò è oltremodo inquietante.
Bene, credo di non dover aggiungere molto stavolta. Al prossimo capitolo! Un grazie in anticipo per tutte le preferite, le seguite e le recensioni che riceverà la storia.
Love ya all!

Thebrightsideofthemoon.

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