No ordinary life

di Eleonors
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


New family
 

Era notte l’ultima volta che Harry aveva viaggiato sul Nottetempo e i suoi tre piani erano pieni di letti dal telaio di ottone. Ora, di prima mattina, era stipato con un assortimento di sedie spaiate, casualmente raggruppate vicino ai finestrini. Qualcuna sembrava essere caduta quando l’autobus si era fermato brutalmente a Grimmauld Place; alcuni maghi e streghe si stavano rialzando in piedi, brontolando, e le borse della …”
“I gentili passeggeri sono invitati ad allacciare le cinture di sicurezza e a rialzare i sedili. Ci stiamo avvicinando alla pista d’atterraggio.”
L’annuncio venne ripetuto per tre volte in inglese, francese e tedesco dalla voce metallica preregistrata dello speaker di bordo.
Sospirando, riposi la mia copia di Harry Potter e l’Ordine della Fenice nella mia mega-borsa e mi allacciai la cintura, naturalmente riuscendoci dopo circa sedici tentativi. Ovviamente Madre Natura non avrebbe mai potuto dotarmi della grazia necessaria ad allacciare la cintura di un aereo in un colpo solo, no. Sarebbe stato chiedere troppo. Sbuffai di nuovo, beccandomi un’occhiataccia dal mio vicino di sedile, che assomigliava in modo inquietante al mio prof di fisica, e mi voltai per osservare fuori dal finestrino.
I tetti di Londra si stavano avvicinando sempre di più, e il panorama era fantastico.
Se fossi stata con le mie amiche, o con la mia famiglia, probabilmente me lo sarei goduto.
Già, la mia famiglia. In effetti, non ero del tutto sicura di volere lì la mia famiglia, perlomeno i miei genitori; dovevo ancora smaltire il rancore che provavo per loro.
Non avevo nessuna tragica storia familiare alle spalle; mio padre non era un alcolizzato e non mi picchiava, mia madre era fin troppo presente, la mia sorellina Laura era più che perfetta.
L’unico, piccolo inconveniente era che mi avevano nascosto di avere un fratello. Un fratello maggiore.
E me l’avevano nascosto per quasi sedici anni, cioè per tutta la mia vita.
Ed era per quel motivo che ora mi trovavo su un aereo, diretta a Londra, da sola.
Per conoscere una persona che avrei dovuto conoscere da sempre, per “recuperare il tempo perso”.
Tutte le volte che ci pensavo, mi sentivo strana. Con Laura non avevo tempo perso da recuperare, era nella mia vita da … sempre, immagino, e la conoscevo come conoscevo me stessa. Anzi, meglio, dato che a volte facevo cose di cui io stessa mi stupivo. Ma immagino sia normale per una quasi-sedicenne con gli ormoni impazziti e un caratteraccio come il mio.
Comunque, il mio fratellone (perché, da quanto avevo capito, aveva circa quattro anni in più di me) non era un comune inglese. No, ovviamente. Era Liam Payne. Già, uno dei membri degli One Direction. Immagino che se fossi stata una persona normale sarei stata contenta, ma per me uno shock alla vota era più che sufficiente. Insomma, scoprire di avere un fratellastro inglese che non hai mai visto, e poi sapere che fa parte di una delle band più famose del mondo, è troppo in una volta sola.
Oltretutto, ero venuta a saperlo proprio il giorno in cui quello stronzetto del mio prof di matematica aveva fissato una “verifichetta semplice semplice di ripasso”. Su tutto il programma di seconda. Disequazioni comprese. Per la settimana dopo.
Inoltre le cuffiette del mio iPhone erano defunte a metà mattinata, per l’ennesima volta, così mi era toccato ascoltare i discorsi della mia prof di storia su qualcosa che riguardava il Medioevo.
Dire che ero incazzata non rende esattamente in modo corretto la situazione.
Avevo urlato contro a tutti i poveri stolti mortali che avevano osato rivolgermi la parola, Kevin (il mio quasi-migliore amico) compreso.
Appena arrivata a casa, stavo per accasciarmi sulla sedia del tavolo in sala da pranzo dopo un “ciao” borbottato a mia madre, quando mi accorsi che anche mio padre era presente.
E che tutti e due sembravano avere gli occhi lucidi.
Cercando di essere il più cordiale possibile (uno sforzo immane per me, dat che ero davvero affamata) chiesi: “Mamma? Papà? Tutto a posto?”
Loro si guardarono un momento negli occhi – quando lo facevano sembrava si parlassero in una lingua conosciuta solo a loro due, cosa che per me era segno di quanto ancora si amassero-  si girarono verso di me e mia madre rispose: “No, in realtà, Ele. Siediti, dobbiamo dirti qualcosa. “
Io mi sedetti lentamente sul divano. Sembravano sentirsi quasi in colpa. Che mia madre avesse sbagliato il lavaggio del mio maglione preferito, tingendolo di qualche colore orrendo, tipo il giallo? No, a mio padre non sarebbe importato granchè.
Io sorrisi (sembrava probabilmente il ghigno psicopatico di un serial killer, ma ciascuno fa ciò che può e io avevo davvero fame ed ero davvero scazzata) e dissi (leggi: ringhiai): “Certo, ditemi.”
Mia madre prese un respiro profondo, mentre mio padre guardava verso il basso, come se – di nuovo- si sentisse in colpa. “Ele, tu hai un fratello.”
Io guardai i miei genitori con aria scettica e risposi: “No, io ho una sorella.”
Mia madre fece un sorrisetto tirato e rispose: “Non solo. Tu hai anche un fratellastro.”
Io aggrottai le sopracciglia e sbottai: “Ah, sì? E dove è stato per tutto questo tempo, se si può sapere?”
Mio padre sospirò, e mormorò: “Ele, tu … tu non sei la figlia della mamma.”
Io sbuffai e risposi: “Ma certo. Papà, non so se te ne sei accorto, ma non sono esattamente dell’umore per sentire gente che parla per indovinelli.”
Lui si irrigidì, e sospirò di nuovo. Guardò mia – credo- madre negli occhi, come a chiederle scusa, e poi disse a mezza voce: “Ok, allora. Penso di … doverti delle spiegazioni.”
Per i seguenti dieci minuti avevo ascoltato la sua spiegazione, con le labbra serrate in una linea, apparentemente impassibile. Ma dentro stavo crollando. Mi sentivo un’estranea in casa mia.
“Ecco, tu sai che io … ho sempre viaggiato molto per lavoro. In particolare quando … quando ero nell’azienda dove lavoravo prima. E … e una volta ero in viaggio in Inghilterra. Mi sono fermato con dei colleghi a Wolverhampton e ho conosciuto … Karen, tua madre.” L’espressione sconvolta sul mio viso non lo fermò. “Mi ha chiamato dopo qualche mese e mi ha detto che aspettava te.”
Mia – come dovevo chiamarla ora?- madre intervenne e disse: “io non mi sono arrabbiata con lui … Mi aveva già spiegato tutto e avevamo chiarito. Karen ci ha chiesto di tenerti, perché all’epoca aveva problemi economici e aveva già tre figli. Io ti ho adorato fin da subito, e anche tuo padre.”
Mio padre riprese a parlare. “Te l’abbiamo detto solo ora perché anche Liam è venuto a saperlo in questi giorni, e ci ha detto … di volerti conoscere.”
Io chiesi in tono monocorde: “Come si chiama?”
Mio padre mormorò: “Si chiama Liam Payne. Sappiamo che è in una band piuttosto famosa ora … “
Mia madre cercò di fare un sorriso, e disse in tono dolce: “Allora … vuoi conoscerlo?”
Io non dissi nulla. Semplicemente, mi alzai, ripresi il mio zaino di scuola e uscii di casa.
Sapevo perfettamente dove andare. Giulia, la mia migliore amica.
Senza di lei non so sinceramente come avrei fatto a superare tutto. Era riuscita a calmarmi e a farmi ragionare.
Dopo qualche ora, ero tornata a casa. Avevo detto ai miei genitori di voler incontrare Liam. Sarei stata da lui per tutto il periodo delle mie vacanze estive, tre mesi. Avevo bisogno di andarmene da lì, da un posto a cui non ero più sicura di appartenere.
Avevo trascorso il poco tempo che mi separava dalla partenza guardando tutti i concerti, le interviste e i video buffi della band di mio fratello. Credo che nemmeno la più sfegatata delle Directioners potesse aver visto più video di me. Volevo sapere più che potevo su di lui: il modo in cui rideva, il suono della sua voce, come reagiva alle domande imbarazzanti. Avevo sentito la sua voce solo una volta, al cellulare, mentre ci stavamo mettendo d’accordo per il periodo di tempo che avrei trascorso da lui.
Perciò, ecco il motivo per cui in quel momento mi trovavo su un aereo della British Airways, da sola. Con un vicino sgradevole e nemmeno poi così pulito.
Guardai di nuovo fuori dal finestrino, la pista di atterraggio era sempre più vicina. Sbirciai sullo schermo del mio cellulare (avevo attivato l’Airplane Mode, con la mia sfiga avrei potuto anche far precipitare l’aereo) e vidi che erano le due e mezza.
Imprecai – almeno così credevo- a bassa voce.  
Il bodyguard/tuttofare/schiavetto di mio fratello sarebbe arrivato solo due ore dopo. Bè, almeno avrei potuto tentare di rendermi presentabile.
Sussultai mentre le ruote dell’aereo colpivano il cemento della pista.
Ormai mancava poco, l’aereo rallentava sempre di più. Con un gemito d’orrore, mi resi conto che pioveva. Forte.
Naturalmente avevo un ombrello, ma i miei meravigliosi capelli tendevano a trasformarsi in qualcosa di molto simile al mantello di una pecora quando pioveva. Non per niente il mio soprannome era Shawn the Sheep (volevo bene a Giulia, ma quando faceva queste cose l’avrei uccisa. Per vendicarmi l’avevo soprannominata Carmen la Capra).
Così, mi rassegnai al pensiero che mio fratello mi vedesse in uno dei miei momenti peggiori, afferrai la mia megaborsa e mi preparai a scendere dall’aereo.
 
 
                    *     *   *   *   *   *   *   *   *   *
 
 
Ero seduta ormai da circa un’ora e mezza nella sala d’aspetto di Heathrow. Ero andata a sistemarmi in bagno circa venticinque volte – non che potessi migliorare di molte il mio aspetto- ma decisi che una volta in più non avrebbe ucciso nessuno. Così, mi avviai trascinando dietro di me la mia valigia di dimensioni bibliche verso il bagno.
Appoggiandomi a un lavandino, mi osservai allo specchio. Wow. Ancora peggio dell’ultima volta che avevo controllato. I miei capelli scuri –quasi neri- erano ridotti a una massa informe, come se due gatti ci avessero appena litigato dentro. Non feci neppure lo sforzo di pettinarli, avrei rotto qualche dente al pettine, probabilmente. Ero pallidissima e le mie occhiaie avrebbero tranquillamente potuto fare concorrenza con quelle di un membro della famiglia Cullen. Sospirai, chiedendomi cosa avrebbe pensato mio fratello di me.
In generale, la mia faccia non mi faceva completamente schifo. Cioè, tranne quando avevo le mie cose oppure le palle veramente girate, cosa che accadeva – purtroppo per chi era costretto a starmi accanto- con una frequenza allarmante.
Avevo gli occhi color nocciola (mia mamma diceva che erano dorati, credo per consolarmi), i capelli neri, nulla di speciale.
Ero bassina, magra, nulla di speciale.
Ero andata a sbirciare le foto delle altre sorelle dei componenti della sua band: erano tutte bellissime, nulla con cui io potessi reggere il confronto.
Sbuffai, allontanando una ciocca di capelli che mi era caduta sul volto.
Improvvisamente, il mio cellulare iniziò a suonare.
Le altre donne che c’erano nel bagno mi squadrarono, scuotendo la testa, mentre mi precipitavo fuori dal bagno alla (quasi) velocità della luce. Erano le quattro e mezza.
Mi guardai freneticamente intorno nell’aeroporto, finche una mano non si posò sulla mia spalla.
Credendo che fosse un Probabile Aggressore/Scippatore, mi girai e gli rifilai una manata violenta sullo stomaco, e lui si piegò in due tossendo per il dolore, mentre ansimava qualcosa che suonava più o meno come “Sister … Payne … bodyguard …”
Oh, merda. Avevo appena colpito il bodyguard di mio fratello. Guardandolo, aveva proprio l’aspetto da guardia del corpo. Era uguale a Dwayne The Rock, forse in un’altra situazione l’avrei trovato divertente. La sua mano era grossa più o meno due volte la mia faccia. Appena mi resi conto dell’errore, mi portai una mano alla bocca, arrossendo furiosamente. Avevo la pessima abitudine di arrossire velocemente e facilmente. Combinazione letale, per chi come me fa figura di merda ovunque e dovunque.
Ululai, in un inglese pessimo:”Oddio, I’m sorry! I tought that you were a thief so …”
Lui, intanto, si era ripreso, e mi aveva sorriso.
“Don’t worry, I’m used to it. Your brother is waiting for you, let’s go.”
Io feci un sorriso stentato e lo segui. Mi sentivo come se qualcuno avesse appena fatto sparire le mie budella. Non era una bella sensazione.
Il mio disagio si acuì quando vidi il mio riflesso: i miei capelli tendevano ad arricciarsi sulle tempie, e ora sembravo la versione mora e bruttina di Shirley Temple.
Chinai la testa, abbacchiata. Mr bodyguard mi chiese, sorridendo: “What’s your name, darling?” Wow, gli piacevo anche se avevo tentato di fracassargli la milza?
“Eleonora. And yours?”
Scommisi con me stessa che si chiamasse Mike, Scott o Dwayne. Un nome da duro, insomma.
“Theodore.”
Tentai disperatamente di non scoppiare a ridere, e il risultato fu che iniziai a tossire convulsamente. Lui sorrise, divertito, e disse: “I know it’s funny, El. You can laugh, I won’t kick you.”
Scoppiai finalmente in una risata liberatoria, e lui rise con me. Beh, almeno su qualcuno avevo fatto buona impressione.
“You have got a good punch, El. And don’t worry, your brother will surely love you.”
Io mormorai: “I’m not really sure about that.”
Lui mi fece l’occhiolino e rispose: “If you want, you can take me as older brother instead of him.”
Ridacchiai, e esclamai: “Of course I will, Theodore.”
Continuammo a parlare per tutto il tragitto, così riuscii a non pensare al fatto che c’era Liam ad aspettarmi.
Quando frenammo, però, mi sembrò che qualcuno mi avesse appena fatto ri-ingoiare le budella che erano sparite poco prima. Ricoprendole di piombo, però.
Presi un respiro profondo e guardai fuori dal finestrino: ci eravamo fermati davanti a una villa in mattoni rossi, in un quartiere residenziale di Londra.
Aveva un giardino sul davanti, sapeva di casa.
Appena scesi dall’auto, il freddo e umido clima londinese mi colpì. Mi strinsi nella mia giacca di pelle e nel mio maglione.
Appena arrivai al vialetto che conduceva alla porta di ingresso, tutte le mie paranoie mi assalirono. E se non gli fossi piaciuta? E se non fossi stata abbastanza? E se non avrebbe più voluto vedermi?
Feci dietrofront. I miei obbiettivi erano, in quest’ordine: le chiavi della macchina, la macchina, l’aeroporto e il mio letto, sul quale meditavo di stare sepolta sotto le coperte.
Purtroppo, la mia fuga venne bloccata da Theodore, che, sbuffando, mi afferrò per la vita, mi caricò sulle sue spalle e senza badare alle mie minacce in italiano mi depositò davanti alla porta e aprì con il suo mazzo di chiavi.
Cercai di nuovo di svicolare, ma mi spinse dentro.
Inciampai sul tappeto che si trovava nell’ingresso, rischiando di rompermi il naso, ma riuscii a aggrapparmi a un tavolino e a non precipitare. Theodore mi osservò divertito scuotendo la testa. Gli lanciai una delle mie occhiate assassine brevettate (riuscire a sopravvivere con quindici maschi in classe affinava questo tipo di abilità) e lui immediatamente smise di ridere. Sembrava quasi spaventato.
Cercando di non iniziare a ridere come una iena per la crisi d’ansia che sentivo vicina, entrai nel soggiorno.
 
 
 
                    *     *   *   *   *   *   *   *   *   *
 
 
 
 
Entrai con gli occhi piantati a terra, non avevo la forza di alzare lo sguardo (e non volevo inciampare di nuovo in tappetini traditori).
Presi coraggio, alzai lo sguardo, mi stampai in faccia un mega sorrisone falso e mi preparai a presentarmi nel modo più simpatico e originale possibile quando una voce maschile calda e roca disse: “So she was the problem, Liam? Another one of your little whores?”
Scoccai un’occhiata di sufficienza all’idiota che aveva appena parlato. Un’idiota decisamente figo, a dire il vero … ma comunque stupido. Harry, quello con i capelli ricci. Non volendo incazzarmi fin da subito con uno degli amici di mio fratello, lasciai correre.
Un ragazzo alto, con gli occhi scuri e i capelli corti, alzo gli occhi al cielo, si alzò dal divano su cui era seduto prima e disse: “No, Haz. She’s my little sister. You’re welcome, Eleonora.”
Lo guardai in faccia per la prima volta, e mi sentii mancare il respiro. Mio fratello. Mio fratello.
Tutto quello che volevo era che mi abbracciasse, ma non sembrava intenzionato a farlo. In fondo, che cosa dovevo aspettarmi? Non mi conosceva.
Così, tornai a fissare i miei piedi e dissi: “Hi, Liam. Nice to meet you.”
Una voce squillante e allegra esclamò: “Your little sister? You had to told us about her!”
Improvvisamente, realizzai che nella stanza oltre a mio fratello c’erano anche altre quattro persone. Cazzo cazzo cazzo. Rialzai lo sguardo, e osservai con attenzione gli altri quattro componenti degli One Direction. Erano tanto belli quanto sembravano nelle foto. Insomma, non era giusto. Nessuno può essere così carino e bravo a cantare insieme.
Io quando cantavo producevo suoni simili allo sfregamento delle unghie su una lavagna.
  C’erano Louis – quello che aveva appena parlato- che mi sorrideva come se fossi Babbo Natale o qualcosa del genere, Niall, che mi osservava attentamente mentre mangiava un bacchetto di patatine grosso come il mio zaino di scuola – presi nota mentalmente di chiedergli dove ne avesse trovato uno così grande- Zayn, che mi gurdava anche lui come se mi fosse spuntato un terzo occhio, e Harry, l’idiota, che mi fissava scioccato.
Ok, non volevo che gli amici di mio fratello mi odiassero, ma … “So it seems like I’m not one of the “Liam’s little whores”. Think before you speak.” Gli dissi, in tono condiscendente, con un sorriso sprezzante dipinto sul viso.
Lui mi scoccò un’occhiata omicida. Ci ero abituata, perciò non feci una piega e sorrisi amabilmente.
“Whoa, Liam! I can’t believe that she’s so cute!” ululò Niall, sputacchiando patatine dappertutto. Io diventai paonazza, e abbassai lo sguardo verso il pavimento. Liam borbottò: “Keep calm, Niall. She’s too little and …”
Zayn fece un sorriso furbo e rispose: “Don’t think so, bro. How old are you, honey?”
Borbottai qualcosa di simile a un “Sixteen”.
Zayn continuò a sorridere, sempre più divertito, dato che il cipiglio di Liam si stava incupendo. “Seen, Li? I always feel so alone since Perrie left me …”
Niall lo stoppò, gridando: “Shut up, bro. I saw here before you so …”
Io sbarrai gli occhi e li fissai, sorpresa. Quella conversazione era sicuramente una presa per il culo nei miei confronti, e non avevo intenzione di stare lì ad ascoltarli. Soprattutto non con Harry che continuava a fissarmi come se gli avessi bruciato la macchina, e che disse al biondino: “I think you deserve better, Niall. I’m gonna take her.”
Non avevo intenzione di fare una delle mie solite scenate isteriche in stile tragedia greca/ Sharpay Evans , perciò feci un sorriso tirato a Liam e gli chiesi: “Can you show me my room, please?”
Lui mi osservò, confuso e un po’ rattristato: “Don’t you want to stay here a little bit longer?”
Io gli sorrisi, rassicurante, e dissi: “I’m sorry, but I’m a little tired …”
Lui disse, ancora un po’ triste: “Sure. Follow me.”
Così salimmo al piano superiore. Vidi circa dieci porte affacciate su un corridoio. Il pavimento era di parquet in legno chiaro, lucido, e scommisi con me stessa che da solo valesse circa due volte casa mia.
Aprì la porta dell’ultima camera a destra – probabilmente ci avrei messo giorni prima di ricordarmi quale fosse- e si spostò per lasciar passare me e la mia valigia. L’unica parola che mi veniva in mente era wow.
Era spaziosa, con un letto a due piazze, e un armadio enorme. Avevo una scusa in più per fare shopping, non che me ne servissero.
“Wow, è fantastica! Cioè, it’s wonderful!”. Senza pensare a quello che stavo facendo, mi buttai su di lui e lo abbracciai.
Lui si irrigidì, e si allontanò di scatto, staccandosi da me.
Anche io mi allontanai velocemente di tre passi, e con un sorrisetto tirato dissi: “If you don’t mind I need time to clean my room. I won’t take dinner, I’m not hungry.”
Lui cercò di avvicinarsi di più a me, ma io indietreggiai nuovamente.
Sospirò e mormorò un: “Ok.” Piuttosto dispiaciuto, prima di tornare in corridoio, chiudendo la porta.
Io mi buttai, sul letto, impedendomi di pensare a ciò che era appena successo. Avrei avuto tempo dopo per una crisi di pianto, ora dovevo sistemare la stanza e avvertire Giulia che non ero fuggita per il terrore.
Così presi il telefono e aprii WeChat.
La mia migliore amica era online, così aprii una videochiamata. Appena lo schermo mostrò l’immagine della sua faccia, mi accorsi che ero nei guai. Era incazzata. Parecchio incazzata.
“Perché cazzo non mi hai avvisato prima che eri arrivata? Credevo che tu fossi scappata a Londra e che ti avessero stuprato o ucciso e che non ti avrei più rivisto e che non mi avresti più prestato il tuo maglione rosso …”
“Grazie, Giu, ti amo anche io … “ bofonchiai roteando gli occhi.
Lei rise, divertita, e poi, con una luce maniacale negli occhi, esclamò: “Ok, ora raccontami tutto.”
 
 
 
 
                    *     *   *   *   *   *   *   *   *   *
 
 
Ero – contro ogni aspettativa- sopravvissuta a due ore di videochiamata con Giulia ed ero riuscita a far stare tutti i miei vestiti nell’armadio, gli shampoo, gli scrub e le maschere in bagno e i libri sugli scaffali, anche se avevo la testa piena di bernoccoli, provocati da qualche libro particolarmente pesante che mi era caduto in testa.
Ok, avevo finito.
Non avevo più nulla a cui pensare a parte Liam.
Mi buttai sul letto, raggomitolandomi, e scoppiai a piangere, soffocando il singhiozzo nel cuscino.
Piangevo per Liam, piangevo perché non mi sentivo abbastanza bella o speciale per meritare di essere sua sorella, piangevo perché mi mancava la mia famiglia di prima, piangevo per quello che aveva detto Harry, che non ero abbastanza neppure per Niall.
Piansi finché non diventai esausta e i singhiozzi si affievolirono.
Respirai profondamente un paio di volte, e decisi che era ora di riprendersi.
Sapevo che non avrei più pianto; dovevo solo sfogarmi, poi sarei riuscita ad affrontare la situazione lucidamente.
Mi alzai dal letto e mi diressi verso il bagno.
Mi osservai nello specchio, e per poco non strillai per lo spavento.
Sembravo Samara.
Il mascara e la matita erano colati fino al manto, avevo gli occhi arrossati e gonfi, e i capelli che sembravano una di quelle allegre balle di fieno che si vedono nelle fattorie.
“Santo cielo!” sbottai.
Avevo trascorso ore per cercare di risultare decente. Perché, perché, perché esistevano le crisi di panico?
Tirai fuori lo struccante dal beauty-case e cecai di togliere quella specie di maschera che si era formata sulla mia faccia, e di domare i miei capelli.
Mi ci volle un quarto d’ora, e dico solo questo.
Tornai nella mia stanza e vidi che erano circa le otto, ma ero comunque spossata.
Così tirai fuori da uno dei cassetti – ero orgogliosa di essere riuscita a sistemare tutto, e di essere anche riuscita a chiudere l’armadio- il mio pigiama, che consisteva in una improbabile maglietta nera di mio padre con un camion sul davanti. Davvero imbarazzante, ma non sarei mai stata una ragazza sexy neppure se ci avessi provato, perciò non aveva senso farlo.
Chiusi le tende, lasciando uno spiraglio che faceva passare le luci di Londra – adoravo le tende, in Italia avevo le tapparelle, che puntualmente riuscivo a far uscire dai cardini tutte le volte che le tiravo su - mi buttai sotto le coperte, tirandole su fino al mento e chiusi gli occhi.
 
 
 
Mi ero appena appisolata, quando il bussare insistente di qualcuno alla porta mi fece alzare di scatto dal letto. Cioè, cercai di alzarmi, dato che ero arrotolata nel piumino. Ricordandomi che avevo chiuso a chiave la porta, tentai di scendere dal materasso, senza spaccarmi il naso sul parquet e aprii la porta.
Mi si parò davanti un sorridente Niall, che però, vedendo la mia faccia – evidentemente gli occhi erano ancora gonfi e rossi- smise di sorridere.
“Everything’s ok?” mormorò, preoccupato, cercando di guardarmi negli occhi.
Io abbassai lo sguardo e risposi, cercando di essere convincente: “Sure, Niall. Do you nee-“ lui mi interruppe, sbuffando, e borbottò: “You aren’t ok, I’m not stupid.”
Mi afferrò il mento e mi costrinse a fissarlo negli occhi, mormorando: “If you need someone to talk with, I’m here. And I’m sure you need someone. So … why were you crying?”
Entail di negare, ma una sua occhiataccia mi fece desistere.
Così dovetti farlo entrare in camera mia, e gli dissi del abbraccio mancato con Liam.
Lui mi osservò per qualche secondo, poi si alzò di scatto dal letto e sbottò: “I’m gonna talk with that moron about that.”
Io lo afferrai per un braccio, e in tono supplichevole gli dissi: “No, please, it’s ok, it’s ok. I don’t wanna have troubles with him, please …”
Lui mi lanciò un’occhiataccia e ignorando la mia richiesta, disse: “Do you want to go downstairs for dinner?”
Io abbassai di nuovo lo sguardo, tolsi la mano dal suo braccio e scossi la testa. Lui rimase fermo per qualche secondo, dopodiché si avvicinò a me e mi abbracciò.
Io, sorpresa, non ricambiai subito, ma dopo qualche attimo mi rilassai e ricambiai, seppellendo il viso nella sua maglietta.
Dopo parecchio tempo, si staccò da me sorridendo dolcemente, mi scompigliò i capelli – cazzo, pure lui ci si metteva- e scese le scale. Merda.
 





Angolo autrice
Ciao a tuttii :33 Mi farebbe un sacco piacere se recensiste, soprattutto se pensate che c'è qualcosa che non vada, almeno miglioro. Baci <3 <3
  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
Problems
Harry’s Point of view

 
“… capite, ragazzi? I-io non so cosa fare. Non so davvero come comportarmi con lei …”
Liam, il sensibile, sempre sicuro di sé, il controllato Liam, afferrò la propria testa tra le mani e appoggiò i gomiti sulle ginocchia.
Era davvero disperato, e non per la rottura con Danielle o per qualche altro affare di cuore… Per sua sorella.
Quella ragazza era indubbiamente … destabilizzante.
Nessuno di noi si aspettava che fosse lei il “problemino” di cui Liam voleva parlarci.
E io non mi aspettavo che fosse così carina.
Né che avrei provato una così forte attrazione verso di lei.
Sapevo che era la sorellina di uno dei miei migliori amici, ma, con buona pace della salute mentale del suddetto amico, io ottenevo molto spesso quello che volevo.
E io volevo lei.
Niall non stava partecipando alla conversazione, era andato a vedere come stava la ragazza.
Mi chiesi per quale contorta, inspiegabile e malata ragione Liam avesse mandato proprio lui.
Niall non era famoso per il suo tatto … Niall non aveva tatto.
Sospirai quando sentii i suoi passi affrettati percorrere il corridoio al piano di sopra, e il rumore di una porta che sbatteva.
Circa mezzo nanosecondo dopo, un trafelato irlandese era comparso sulla porta del soggiorno, con il fiatone e uno sguardo preoccupato e di accusa nei confronti di Liam. Eleonora aveva evidentemente – e, probabilmente, in modo del tutto involontario – fatto breccia nel tenero cuoricino di Niall. Sorrisi, divertito.
“Oddio, ragazzi! Non potete capire … era tristissima … a pezzi … Liam …” ululò.
Io alzai gli occhi al cielo, sempre più perplesso sulle motivazioni per cui Liam avesse mandato proprio lui. Bah.
Zayn roteò gli occhi, e disse in tono calmo: “Siediti e mantieni la calma, idiota.”
Niall gli scoccò un’occhiataccia, immusonito, e aprì la bocca per protestare. Louis intervenne, fermando una probabile lite, la cui conseguenza sarebbero stati la distruzione del salotto e la rottura di qualche arto.
“Calma, Niall. Cos’è successo?”. Perché nessuno di noi aveva ancora dedicato una statua a Louis?
“Sono andato da lei, era in pigiama – era così carina!” uno sguardo truce da parte di Liam e da me lo fece prontamente tornare in sé stesso “e le ho chiesto se voleva scendere. Però mi sono accorto che aveva tutti gli occhi rossi e lucidi, così le ho chiesto cosa avesse e …” fece una pausa per riprendere il respiro “… ed è tutta colpa tua.”
Aah, la sua delicatezza.
Liam sbiancò, e mormorò: “fantastico. E’ qui da tre ore, e pensa già che sono un coglione insensibile …”
Louis intervenne, salvando di nuovo la situazione. “Adesso la faccio venire giu, così chiarite.”
Si girò verso Zayn, confabularono per qualche secondo, poi il pakistano si produsse in una delle sue migliori interpretazioni di un urlo di dolore, mentre Louis strillava: “Oddio, Liam! Riprenditi, ti prego! Ragazzi, fate qualcosa …”
Alzai gli occhi al cielo. Louis e il suo dannato esibizionismo.
Appena pronunciò il nome “Liam” sentimmo dei passi veloci al piano di sopra, diretti verso le scale, il rumore di qualcosa che cadeva a terra, un urlo di dolore, qualcosa che somigliava molto a delle parolacce da camionista in italiano – risi tra me e me- e qualcuno che scendeva le scale.
Evidentemente, le doti da attore di Louis avevano funzionato, perché qualche secondo dopo, un’affannata e preoccupata Eleonora comparve in soggiorno e si precipitò verso Liam.
Non potei fare a meno di ammirarla. I suoi capelli selvaggi – li adoravo, anche se erano piuttosto scompigliati – rimbalzavano contro la schiena, e dalla maglietta enorme che indossava spuntavano due polpacci morbidi e snelli.
“Oddio, Liam!” iniziò a farneticare qualcosa in italiano, mentre tutti la guardavano piuttosto divertiti.
Quando si rese conto che suo fratello stava bene, si irrigidì e lanciò a tutti un’occhiataccia.
Sarebbe stato terrificante, se solo non fosse stata almeno venti centimetri più bassa di me e in pigiama.
Così, ridacchiando, le dissi: “Bel pigiamino, tesoro.”
Il suo sguardo si fece ancora più minaccioso – per un attimo riuscii quasi a vedere fulmini e saette dietro di lei – poi,  ringhiandomi contro qualcosa in italiano, uscì dalla stanza per tornare di sopra.
Eh, no.
 
 
 
 
 
Eleonora’s point of view
 
Dopo la sparata di Harry, il mio umore – se possibile – peggiorò.
Tutto quello che volevo fare era saltargli addosso e strappargli la trachea a mani nude. O castrarlo. Non importava, bastava solo che fosse il più doloroso possibile.
In realtà, avrei voluto saltargli addosso anche per altri motivi … ma probabilmente mi avrebbe riso in faccia. Avevo un orgoglio anche io, dopotutto.
Così mi limitai a ringhiargli contro.
“Senti, stronzo, rivolgimi ancora la parola in questo modo, e ti giuro che sarà l’ultima volta che lo farai … almeno con una voce da uomo. Chiaro?”
Non tradussi, ero troppo incazzata.
Ero uscita dal letto – cosa che mi indisponeva anche se lo facevo per un ottimo motivo, e la scuola non era compresa – per uno scherzo? Ma chi si credevano di essere?
Così, raddrizzai le spalle e mi produssi nella più sensazionale uscita di scena da film di tutta la mia vita. Avrei potuto applaudirmi da sola … ma non volevo dare l’impressione di essere completamente folle. Ci sarebbero state altre occasioni, e non dubitavo che le avrei sfruttate più che egregiamente.
Ero a metà strada del corridoio che portava verso le scale, quando due mani mi afferrarono i fianchi e mi fecero girare velocemente.
Sbattei violentemente contro qualcosa di duro, e alzai velocemente gli occhi, per capire chi fosse, e trovai un paio di occhi verdi e un viso da angelo che mi fissavano, irritati.
Irritato? Lui? Aprii la bocca per urlargli contro tutti gli insulti più o meno adatti a lui che mi venivano in mente – ed erano davvero tanti – quando lui, senza preavviso, si avvicinò velocemente a me e mi baciò.
Scioccata, cercai di allontanarmi spingendo contro il suo petto, ma lui non sembrò nemmeno accorgersene.
Mi aprì a forza la bocca, e intrecciò la sua lingua con la mia.
Se fosse stato un altro ragazzo, se non fosse stato l’arrogante, stupido e montato Harry Styles, l’avrei ricambiato, perché quel bacio era … incredibile.
Ma lui era Harry Styles, e io non ero una puttana.
Così rimasi passiva finchè lui non si staccò di qualche millimetro da me e mi sussurrò: “Ora tu vai di là, e parli con tuo fratello. Chiaro?”
Io alzai il mento, e lo osservai con aria di sfida. “Se no cosa mi fai, eh?”
Lui non rispose, ma mi morse il labbro con forza, finchè non sentii i miei occhi lacrimare.
Si stacco dalle mie labbra solo per dirigersi verso il collo, e morderlo forte per due volte.
Tentavo disperatamente di spingerlo via, e quando finalmente si stacco, mi sorrise divertito, mi afferrò le gambe e mi caricò come un sacco di patate sulla sua spalla, senza il minimo sforzo.
Io sbottai: “Che cosa stai cercando di fare? Mettimi giù, vado da sola!”
Lo sentii ridere divertito. Ma certo, finchè si divertiva lui! Non era lui quello che stava venendo trascinato in una stanza piena di sconosciuti in pigiama.
Quando mi riappoggiò a terra, mi trovai davanti Liam, con’espressione insicura sul viso.
Mi osservò in faccia per qualche secondo, poi, leggendo nel mio sguardo, mi abbracciò, forte.
Aveva capito che avevo bisogno di lui.
 
            
                    *     *   *   *   *   *   *   *   *   *
 
 
“ … allora, El. Parlaci di te … Dove vai a scuola?”
Ugh, io odiavo parlare di me. Soprattutto di scuola … probabilmente, una volta sentito la risposta alle loro domande, mi avrebbero considerato una specie di nerd asociale. Ma orami, con loro avevo già fatto talmente tante figure di merda – ero ancora in pigiama – che non aveva senso cercare di fare buona impressione.
“Stop, stop, Zayn. Credo che sia meglio che tu vada a metterti dei pant- … Cioè, a cambiarti.”
Oh, io adoravo mio fratello. Sul serio.
Ci fu un coro di “Deve proprio?” da parte degli altri, prontamente bloccato da un’occhiataccia assassina di Liam. Ci somigliavamo quando facevamo così.
Ci somigliavamo. Il pensiero mi riempì di gioia, e un sorriso spontaneo mi comparve sul viso. Dimenticandomi del resto, corsi verso la porta … ma non ero abbastanza distratta da non notare gli occhi di Harry fissi sul mio fondoschiena. Ma perché, perché doveva fare il pervertito? Tanto la maglietta che indossavo era talmente larga che avrebbe nascosto anche un sedere di proporzioni simili a quelle di Nicki Minaj.
Così lasciai correre e andai a rendermi presentabile, per quanto io potessi risultare presentabile. Poco, quindi.
Quando tornai giù, ero convinta che avessero abbandonato l’argomento “scuola” per passare a qualcos’altro. Qualsiasi altra cosa.
Ma no, ovviamente. La sfiga era troppo affezionata a me.
“Quindi? Dove vai a scuola?” insistette Zayn, con quel suo accento particolare.
Io borbottai: “Liceo scientifico.” Loro mi guardarono perplessi, in Inghilterra non dovevano esserci quel tipo di distinzioni tra scuole.
“Beh, è una scuola normale solo che studio tanto scienze e matematica. E … informatica.”
Adesso, i loro sguardi da perplessi si erano fatti ammirati. “E sei brava?”
Perché Zayn non si tappava quella boccaccia? Bofonchiai qualcosa di incomprensibile, sia a un italiano che a un inglese. Sentivo gli sguardi di tutti puntati addosso, soprattutto quello di Harry.
“Non abbiamo capito niente, El …”
Sospirai. “Sì, direi di si … cioè, non saprei …”
“Ed è difficile?” avrei ucciso Zayn nel sonno un giorno o l’altro.
“E’ considerato uno dei più difficili, sì.” Mormorai, mentre diventavo rossa.
Louis e Zayn mi guardavano con una luce di maligno divertimento negli occhi. “Ooh, così abbiamo qui una piccola nerd! Beh, Liam, almeno non covrai preoccuparti che ti porti a casa troppi ragazzi, o che venga espulsa …” canticchiarono in coro.
Lanciai loro un’oochiataccia, poi abbassai lo sguardo. Ormai le mie guancie dovevano aver raggiunto il colore e la temperatura della superficie solare.
Liam tirò una sberla sulla nuca a Zayn, che era più vicino a lui, mentre Harry diede un pugno leggero a Louis. Aspetta … Harry che mi difendeva? Credevo mi odiasse.
Ovviamente la cosa non sfuggì al ragazzo, che fece saettare lo sguardo da me a Harry, insospettito.
Per una volta, le domande di Zayn tornarono utili. “Hai un ragazzo?” notai che Harry stava spasmodicamente stringendo i pugni. Perché gli interessava così tanto? Probabilmente l’avevo colpito con la mia adorabile personalità … Già, sicuramente.
Io ridacchiai. La sola idea che io potessi in qualche modo interessare in quel senso a un ragazzo era talmente lontana che mi sembrò semplicemente ridicola.
Così, ridacchiando, risposi: “Direi proprio di no.”
Nel salotto risuonò il rumore del sospiro di sollievo di Liam, che mi strinse di più a se, e di Harry.
Rimasi di nuovo basita.
Ma decisi di non pensarci troppo. Quello che Harry Styles pensava di me non era affar mio.
A quanto pare, però, Louis non la pensava nello stesso di me, dato che fece di nuovo vagare lo sguardo tra me e Hayy, alzando così tanto le sopracciglia da confonderle con i capelli.
Zayn sembrava pronto a partire con altre domande, quando qualcosa lo interruppe.
Il “qualcosa” era il brontolio rumoroso del mio stomaco.
Tutti mi fissarono per qualche secondo, poi scoppiarono in una rumorosa risata collettiva, tutti tranne Niall, che mi diede alcune pacche rassicuranti sulla spalla, dicendomi: “So come ti senti, tesoro.”
Gli sorrisi, il soprannome, se usato da lui, non mi dava fastidio. Non alzai lo sguardo, sapevo che qualcuno, dall’altra parte del salotto, ci stava fulminando con lo sguardo.
 
 
 
 
Sapevo che non era una buona idea declinare l’offerta di Niall,, che mi aveva cavallerescamente proposto di scegliere il film. Perché non l’avevo accettata?
Se l’avessi fatto, in questo momento non mi sarei trovata in questa terribile situazione.
Ero sul divano di pelle bianca del soggiorno, tra Liam e Harry, a guardare un film di Steven Seagal, pressoché privo di trama e senso, e in inglese. Anche se forse era meglio così: se fossi riuscita a capire ciò che gli attori dicevano, probabilmente avrei ceduto all’allettante tentazione di usare un lanciafiamme contro la televisione … e contro la collezione di film – pessimi - d’azione del mio caro fratellone. Collezione di dimensioni bibliche, oltretutto, quindi avrei dovuto impegnarmi, col lanciafiamme.
A quanto pare, però, Harry si stava annoiando. Da cosa l’avevo capito? Dal fatto che la sua mano era planata sulla mia coscia, e stava salendo sempre più in alto. La pizzicai, forte e a lungo, ma lui strinse la presa attorno alla mia gamba, e si girò verso di me, strizzandomi l’occhio.
Non avevo intenzione di farlo continuare a giocare. Così, mi alzai di scatto in piedi, e con uno sbadiglio teatrale, dissi a mio fratello: “Sono davvero stanca, penso che andrò a letto, se non ti dispiace.”
Lui mi guardò, preoccupato: “Che c’è, non ti piace il film?” Certo che no, fa schifo!  “No, assolutamente, è davvero … ehm … emozionante, ma ho davvero sonno.” Gli sorrisi con dolcezza, per rassicurarlo.
Niall scattò in piedi, e con un sorriso timido, mi chiese: “Ehm … vuoi che … insomma … ti accompagni?”
Io gli sorrisi, arrossendo, e risposi: “Se ti fa piacere …”
L’entusiasmo sulla sua faccia mia fece sorridere. Nessuno era ma stato così carino con me, neppure Kevin, il mio migliore amico.
Così, lo presi sottobraccio e con un sorriso, augurai a tutti la buonanotte.
Sentivo lo sguardo penetrante di Harry fisso sulla schiena, e sapevo che probabilmente avrebbe mandato a fuoco la mia maglietta, se non mi fossi spostata.
Perciò, praticamente trascinai il povero irlandese su per le scale.
La mia fretta purtroppo si ritorse contro di me, dato che inciampai nell’ultimo scalino e caddi lunga distesa in corridoio. Niall, vedendo che non ero più al suo fianco, si girò, preoccupato, ma vedendomi in quella posizione, scoppiò a ridere, divertito, prima di aiutarmi a tornare in piedi.
Ancora scosso dai singulti, mi accompagnò fino alla porta, per poi dirmi : “Beh, ecco … siamo arrivati, quindi …”
Era imbarazzatissimo, un adorabile rossore si era diffuso sulle sue guance e si stava grattando la nuca, impacciato. Gli sorrisi, cercando di essere rassicurante: “Buonanotte, Niall.”
Lui mi sorrise, sollevato, e rispose, depositandomi un bacio sulla guancia: “Buonanotte, El.”
Poi si girò e tornò in sala, allegro.
Io lo osservai, divertita. Anche se aveva diciannove anni, almeno da quanto avevo capito, mi ricordava tanto Laura, la mia sorellina.
Scuotendo la testa, entrai nella mia stanza. Era una mia impressione, o il letto mi stava chiamando? Cercando di non crollare a terra per la stanchezza con lo spazzolino da denti in bocca, mi lavai i denti, feci una doccia veloce e mi infilai tra le coperte, dopo essere tornata nel mio pigiama, e mi addormentai come un sasso.
Non avevo idea di ciò che avrei trovato nel letto la mattina dopo.
 
 
                    *     *   *   *   *   *   *   *   *   *
 
 
Harry’s point of view
 
Quando Niall tornò saltellando in sala, non so cosa mi trattenne dallo spaccargli la faccia.
Forse l’occhiata divertita di Louis, che sembrava – come al solito – aver capito esattamente cosa mi passava per la testa. Era così facile capire quello che stavo pensando? Evidentemente sì … soprattutto perché  avevo appena fatto a pezzi una rivista innocente che si era per caso ritrovata tra le mie mani.
Zayn mi guardò, oltraggiato. “Ehi, poteva dirmelo che ti dava così fastidio, leggere quell’articolo su te e Taylor. Non c’era bisogno di fare a pezzi la rivista!”
“Scusa, Zay. Ero … sovrappensiero.” Borbottai, arrossendo. Louis era scosso da una risata silenziosa.
Ma perché cazzo ero così … possessivo con lei? Non lo ero mai stato, nemmeno durante le poche storie serie che avevo avuto.
Magari perché di lei ti importa di più, mi suggerì una vocina fastidiosa, terribilmente simile a quella di Louis.
Scossi il capo, e tornai a concentrarmi sul film. Era arrivato il sospirato momento in cui Steven Seagal fabbricava una bomba nucleare con una forcina, qualche elastico e dei pezzi di ferro.
 
 
 
Una volta finito il film, Niall e Zayn avevano proposto una maratona di FIFA 13, ma sia io che gli altri avevamo bocciato l’idea, perché erano circa le due di notte.
Così, di malavoglia, anche loro si diressero verso le loro stanze da letto.
Osservando quella che sapevo essere la camera di Eleonora, mi venne un’idea. Ridacchiai al solo pensiero della sua reazione.
La reazione di Liam mi preoccupava di più … ma ero sicuro che lei non avrebbe fatto la spia. Sembrava infastidirsi quando qualcuno cercava di prendersi cura di lei, l’avevo notato durante la cena. Aveva praticamente strappato il piatto di mano a Niall quando l’aveva preso per lavarlo, e aveva cacciato tutti fuori dalla cucina dicendo che avrebbe sistemato lei. Avevo contato circa cinque sue scivolate sul pavimento bagnato – sorrisi al pensiero -ma alla fine la cucina era pulita come non lo era da mesi.
Poi, rievocai nella mia mente ogni singolo istante del bacio. Mi ero comportato come un animale, ma la sensazione delle sue labbra contro le mie mi mandava in confusione.
Non sentivo più nulla, solo il bisogno che avevo di sentirla vicina.
E avevo intenzione di ripeter l’esperienza il più presto possibile.
Così, aspettai che il resto dei ragazzi si addormentasse – il loro russare si sarebbe avvertito anche attraverso le pareti di un rifugio atomico, probabilmente – e poi uscii silenziosamente dalla mia stanza, entrai rapidamente nella sua e chiusi la porta alle mie spalle.
Lei era lì, nel suo letto, avvolta a bozzolo nel piumino. Sorrisi tra me e me, era adorabile.
Con la maggior delicatezza possibile, le rubai la coperta e mi infilai accanto a lei, avvolgendo la sua vita con un braccio e attirandola contro il mio petto.
Si accoccolò immediatamente contro di me. Evidentemente, da addormentata mi apprezzava di più, soprattutto perché sembrava che mi stesse usando come scaldino. Confortante.
Affondando il naso nei suoi capelli aggrovigliati e morbidi, mi addormentai.
Non vedevo l’ora di vedere la sua faccia quando si sarebbe svegliata, ma, soprattutto, non vedevo l’ora di baciarla di nuovo.
 
Angolo autrice
Hey girlss! Spero che il nuovo capitolo vi piaccia, se volete recensite/mettetela nei preferiti o seguiti o ricordati JA me fa davvero piacere JVi avviso che non aggiornerò per un po’, perché vado al mare B) Coomunque, ho tolto i dialoghi in inglese perché non avevo più la sbatta di tradurre hahahhahah <3 <3 bacioni xx
 
 
 
 

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