torna da me papà

di panda writer
(/viewuser.php?uid=374280)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** lacrime che bruciano con i ricordi ***
Capitolo 2: *** la cantina ***



Capitolo 1
*** lacrime che bruciano con i ricordi ***


9 aprile 2012





La pioggia batteva contro i vetri, ero ancora stesa sul letto a fissare il soffitto.
Sentivo mia madre salire le scale, entrò in camera mia facendo cigolare la porta
<< Catherine, vestiti che facciamo tardi >>  aveva gl’occhi gonfi dal pianto
<< Arrivo >> risposi, e mi alzai dal letto.
<< ti aspetto sotto >> così dicendo chiuse la porta e se ne andò.
Volevo tanto che tutto questo fosse solo un orribile incubo, volevo solo potermi svegliare e accorgermi che era stato un brutto sogno, invece questa è la realtà.
Mio padre era morto.
I dottori dicono che sia morto d’infarto.
Finii di vestirmi, scesi al piano inferiore e andai in salotto, mia madre era adagiata sul divano, aveva uno sguardo vacuo, perso nel vuoto.
La chiamai poggiandole una mano sulla spalla, sobbalzo ma si rilassò subito << sei pronta? >> mi chiese, annuii.
Era calato il silenzio, stavamo viaggiando in macchina verso il cimitero, nessuna delle due parlava, io osservavo la pioggia incessante bussare al finestrino mentre mia madre era impegnata a guidare.
Arrivammo al cimitero, il parcheggio era colmo di macchine, parcheggiammo distanti e ci incamminammo, la mamma sotto l’ombrello e io sotto la pioggia.
Lei insisteva che mi coprissi sennò mi sarei bagnata ma io la ignoravo continuando a camminare, arrivammo a destinazione, era pieno di gente, conoscevo tutti.
Continuavano a farmi le condoglianze ma io camminavo a testa bassa creandomi un varco tra tutte quelle persone, raggiunsi la bara di mio padre, non mi avevano permesso di vederlo dopo che era morto e questo mi faceva male.
La cerimonia cominciò, ma io non ascoltavo, stavo ripensando a tutti i bei momenti passati insieme, cominciarono a murare la sua tomba, le lacrime cominciarono spingere per uscire, piansi, piansi tutto il dolore che mi si era insinuato dentro, le mi lacrime si mischiavano con la pioggia, sentii un braccio che mi circondò le spalle e mia madre che mi strinse.
Continuammo a piangere sotto la pioggia, strette una all’altra, perse nei ricordi che bruciavano nelle vene.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** la cantina ***


12 agosto 2012





Erano ormai passati cinque mesi dalla morte di mio padre, mia madre fingeva che non fosse successo niente, aveva tolto tutte le sue foto, tutti i suoi abiti dall’armadio, tutto.
Come se non fosse mai esistito, aveva cancellato ogni traccia del suo passato chiudendolo dentro una scatola e riponendolo in soffitta come si fa con un vecchio album.
Ma sapevo che dentro soffriva, lo sentivo, lo vedevo.
Lo leggevo dal suo sguardo ormai privo di emozione se non sofferenza, la trovavo spesso in veranda persa in chissà quali ricordi, ricordi che però non lo riporteranno da noi.
E questo mi bruciava dentro, mi bruciava come aria nelle vene, ma resistevo.
Dovevo essere forte, per me…ma soprattutto per mia madre.
Guardavo la televisione raggomitolata sulla comoda poltrona del salotto, quando la mamma mi chiese di scendere in cantina a prenderle una bottiglia di vino per la cena.
Non avevo proprio voglia di andare in quello scantinato buio dove si a sempre la sensazione di sentire strani rumori o di essere osservati da qualcuno nascosto dietro una vecchia credenza, ma l’assecondai.
Alzai gli occhi al cielo e controvoglia mi diressi verso lo scantinato, girai la chiave ed aprii la porta.
Un odore acre di muffa e di chiuso mi investì come un fiume in piena.
Mi allungai a tastoni verso il muro e pigiai l’interruttore della luce in attesa che si accendesse, ma niente, riprovai, ancora niente.
“Perfetto” pensai “mancherebbe la musica di sotto fondo, un assassino e potrebbe benissimo sembrare la scena di un film horror, meglio di così”.
Scesi lentamente le scale cercando di non cadere, il legno scricchiolava sotto il mio peso, arrivai finalmente in fondo e mi diressi verso sinistra dove si trovava lo scaffale con i vini.
Come se non bastasse inciampai su un vecchio barattolo, cercai di aggrapparmi all’aria ma caddi con un “tonfo” sordo,e, proprio in quel momento un topo mi passò vicino.
Lanciai un gridolino isterico e mi alzai velocemente.
Andai verso lo scaffale, afferrai una bottiglia di vino a caso e mi piombai sulle scale.
Salendo, avvertii un formicolio alle gambe, poi una strana sensazione, come se qualcuno me le avesse afferrate e stesse cercando di tirarmi giù.
Mi voltai lentamente, un urlo mi morì in gola, il cuore perse un battito.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2078097