More than a Woman di CowgirlSara (/viewuser.php?uid=535)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
More than a woman - 1
Ho deciso di cominciare a pubblicarla perché se la rileggo ancora mi vengono le bolle!
Questa storia è un
ibrido. Non nel senso di trama, perché potrebbe benissimo essere
un episodio della TOS, quanto perché mentre la scrivevo –
a livello di immagini mentali – avevo davanti sia le versioni dei
protagonisti della TOS, sia quelle dei nuovi film e temo che a livello
di caratterizzazione ci sia un bel miscuglio…
Voi siete liberi di
immaginarli un po’ come vi pare, anche se si fa esplicito
riferimento agli occhi nocciola di Kirk, ma fate come più vi
aggrada.
Bene, che altro dirvi… La storia sarà divisa in tre capitoletti,
perché è uscita più lunga del previsto. Il titolo
è preso da una famigerata canzone dei Bee Gees ^_^
Divertitevi e fatemi sapere il vostro parere, vi prego! Sono ancora dubbiosa!
Baci!
Sara
- More than a Woman -
- 1 -
Non lo svegliò la
suoneria del computer, come ogni mattina, ma un impellente bisogno
fisiologico. Aprì piano gli occhi, gli doleva la testa.
Passandosi una mano tra i capelli li trovò stranamente lunghi.
Si alzò sbadigliando e si diresse a tentoni verso il bagno, a
luce spenta.
Arrivato davanti alla tazza,
tirò giù il bordo dei pantaloni e cercò qualcosa
che era sempre stato lì, per la gioia di sua madre,
l’orgoglio di suo padre e la soddisfazione di innumerevoli
fanciulle. Ma quel qualcosa non c’era. Cercò ancora, ma
sembrava proprio che il suo glorioso attributo maschile avesse deciso
di cambiare locazione.
Un momento.
Il suo pene.
Andiamo, che razza di sogno assurdo era?!
Svegliati, Jim… si disse, tirandosi poi uno schiaffetto sul viso liscio.
“Computer, luce.” Ordinò, con una voce stranamente acuta.
Alzò gli occhi sullo
specchio ovale in cui si guardava ogni mattina e restò un attimo
ad osservare incuriosito la figura umana che ci vide riflessa sopra.
Poi rise.
Ok, mai più brasato kelesiano con cipolla Terg a cena… faceva fare dei sogni decisamente pesanti!
Perché poteva essere
solo un sogno quello in cui, riflesso nello specchio, non c’era
il suo solito viso, ma un volto inconfondibilmente femminile, con
labbra sensuali e grandi occhi nocciola circondati da folte ciglia,
incorniciato da fluenti capelli dorati. Inoltre… cos’erano
quelle due bocce decisamente ingombranti che s’intravedevano sul
davanti?
Scrutò in basso, verso
lo scollo del suo pigiama di cotone. Acchiappò i lembi di stoffa
e guardò dentro. Aveva il seno: due gran belle tette sode dai
capezzoli rosa.
Alzò di nuovo gli occhi
sullo specchio: ora erano inorriditi e spaventati. Gridò,
allontanandosi. E gli scappava ancora la pipì, ma come faceva
senza pisello?!
Il capitano rimase per qualche
lungo istante rannicchiato in posizione fetale sul letto, sperando di
riaddormentarsi e scoprire che era tutto solamente un realistico incubo.
I minuti passarono ma non
capitò niente. Quale poteva essere il modo per tornare
velocemente alla realtà? Forse il sogno – perché
non poteva essere altro che un sogno, vero? – prevedeva
l’intervento di qualche altro personaggio. Bones! Sì,
doveva chiamare Bones, era l’unico che, anche nella fantasia,
poteva fare qualcosa.
Prima, però, doveva
pisciare, o sarebbe esploso, tornò in bagno e si sedette sul
gabinetto. Dopo si sentì meglio ed era strano, perché nei
sogni quando la fai poi ti scappa ancora…
Si avvicinò sconsolato al comunicatore. Cosa avrebbe detto al dottore?
“Capitano Kirk a Dottor McCoy.” Frusciò il comunicatore dell’infermeria.
Leonard guardò stranito
l’apparecchio davanti a se. Doveva parlare con Scott,
quell’aggeggio cominciava a funzionare male, altrimenti non si
spiegava perché la voce di Jim fosse uscita tanto acuta.
Premette il bottone.
“Qui McCoy.” Rispose quindi.
“Dottore, ho immediato
bisogno di lei, venga subito nel mio alloggio!” Ordinò il
capitano, la voce ancora più acuta e con note squillanti a lui
sconosciute.
“Che cosa è
successo?!” Esclamò però allarmato il medico; si
sarebbe preoccupato per il funzionamento del comunicatore più
tardi, la salute del capitano era più importante.
“Non posso spiegarle
qui, venga subito da me!” Si limitò a rispondere
sbrigativo Jim. “Kirk, chiudo.”
Il dottore, perplesso ma
deciso, prese la sua attrezzatura medica e si precipitò verso
l’alloggio del capitano. Qualunque cosa fosse successa, la voce
di Jim era troppo urgente per ignorarla.
Il trillo della porta non era
nemmeno finito che qualcuno stava già invitando il dottore ad
entrare. Leonard attraversò l’ingresso dell’alloggio
del capitano e il pannello si richiuse dietro di lui.
“Allora, Jim, che cosa
è successo per farmi correre qui a rotta di collo?”
Domandò, appoggiando il tricorder medico sulla scrivania.
“Guardi con i suoi occhi…” Gli rispose mesta una voce femminile.
McCoy alzò lo sguardo e
si trovò davanti un’affascinante signorina in pigiama. Lei
si tormentava le mani, mordendosi piano il labbro inferiore, risultando
così molto sexy. Guardava il dottore con aria imbarazzata e un
po’ smarrita, sbatacchiando le sue lunghe ciglia vellutate.
“Signorina…”
Esordì educatamente il medico, dopo aver ammirato le grazie
dell’inaspettata ospite. “…se lei è una delle
amiche del Capitano, salita a bordo senza che io ne sapessi niente, ed ha un problema sanitario…”
“Bones, sono io!” Esclamò lei interrompendolo.
Leonard aggrottò la fronte e la osservò per qualche secondo. “Io? Io chi?” Fece poi.
“Io Jim!” Sbottò la donna, portandosi le mani al petto. “Dottore, sono il Capitano Kirk!”
McCoy incrociò le
braccia e la fissò con espressione severa. “Se questo
è uno degli scherzi del Capitano, la avverto che non mi sto
divertendo per niente.” Minacciò poi.
“Dov’è Jim?”
“Io sono Jim!”
Insisté lei con tono disperato. “Non c’è
nessun altro in questa stanza, siamo solo io e te, Bones!”
Aggiunse accorata.
Lui la guardò
nuovamente, esaminando con occhio clinico i suoi lineamenti, la forma
degli occhi, del naso, del mento, delle labbra. Il colore di occhi e
capelli, le espressioni. Se non si teneva conto che ora il volto era
più morbido e armonioso, quelli erano decisamente i tratti del
capitano.
“Oh, per tutti i Numi
del cielo!” Esclamò infine il dottore, slacciando le
braccia. “Jim, ma che cosa ti è successo?!”
Lei emise un piccolo lamento, sedendosi pesantemente sulla poltrona. “Sono una donna!”
“Lo vedo!” Sbottò Bones. “Ma come diavolo è capitato?!”
“Non lo so!” Replicò disperata la ragazza. “Ma non importa, tanto è un sogno…”
“No, che non lo è.” La gelò McCoy; lei lo guardò costernata.
“No?” Domandò timorosa. “Vuoi dire che tu sai perfettamente come sei arrivato qui?”
“Certo.”
Annuì l’uomo. “So quando mi sono alzato, cosa ho
mangiato a colazione e come sono arrivato in infermeria, tutto, fino a
quando mi hai chiamato… Questo non è un fottutissimo
sogno!”
“Oddio, sono una donna!” Gridò allora il capitano, alzandosi di scatto.
“Devo analizzarti.” Proclamò il dottore, tornando il solito pragmatico Bones. “E chiamare Spock.”
“No!” Replicò immediata lei. “No, no, no! Risolviamo la faccenda, prima…”
“Ma come pensi che
possiamo fare, se non sai neanche come è successo?”
Ribatté Leonard. “Credo che lui, come ufficiale
scientifico possa…”
“Non voglio farmi vedere così!” Esclamò il capitano.
“Ti assicuro che non hai niente che non vada.” Affermò il dottore, con uno sguardo di aperto apprezzamento.
“Mi stai guardando le tette?” Chiese minacciosa la donna.
“Nooo, ma…”
“Bones!”
“Jim, ascolta.” Lo
bloccò il dottore, prendendolo per le braccia; lei gli
guardò le mani, era la prima volta che sentiva Bones più
forte. “Tu hai avuto molti problemi con le donne, da
sempre.” Gli disse serio Leonard. “Ma mai grande come
questo, non possiamo risolvere la cosa da soli, io devo esaminarti
approfonditamente, in infermeria, ed ho bisogno dell’aiuto di
Spock.”
“E va bene.” Si
arrese lei, in un moto di ragionevolezza. “Tutto pur di risolvere
la faccenda e tornare sul mio ponte di comando…”
Dieci minuti dopo erano in
infermeria. Jim – o Jane come l’aveva ribattezzato Bones
– sedeva su un lettino diagnostico con indosso un camice azzurro.
L’infermiera Chapel preparava gli strumenti necessari con
espressione perplessa ma senza mancare della solita efficienza.
Tutti e tre i presenti
sentirono aprirsi le porte dell’infermeria e dei passi
inconfondibili attraversare l’atrio. Pochi istanti e la figura
severa ed elegante del primo ufficiale sbucò nella stanza. Spock
osservò brevemente la scena, poi si rivolse all’ufficiale
medico capo.
“Dottore, vorrebbe
spiegarmi cosa sta succedendo?” Domandò. “Come
saprà, il Capitano è attualmente irreperibile e questo
è fonte di notevole preoccupazione per tutto l’equipaggio
senza che lei venga a distrarmi con le questioni relative a…
passeggeri clandestini.” Accennò alla donna seduta.
“Anche se immagino dovrò interrogarla in merito alla
sparizione del Capitano.”
“Se lei mi facesse spiegare, invece di aprire quella ciabatta e dare aria…” Esordì McCoy.
Spock alzò un interrogativo sopracciglio, ma prima che potesse replicare, la donna intervenne.
“Basta, voi due!”
Ordinò perentoria; McCoy la guardò un attimo e trattenne
una risatina, mentre Spock la fissava impassibile.
“Mi scusi.”
Esordì educatamente il vulcaniano. “Con quale
autorità, esattamente, le è permesso dare degli ordini a
due ufficiali superiori della Flotta Stellare?”
“Con la mia.” Affermò sicura lei. “Sono il Capitano James Kirk.”
Se il vulcaniano rimase
sorpreso dalla rivelazione non fu possibile dirlo, perché la sua
espressione non cambiò di un millimetro. Si limitò a
fissare attentamente il viso della donna, finché il suo
sopracciglio destro non si alzò lentamente verso l’alto.
Guardò Bones.
“Ora capisce perché l’ho fatta venire qui?” Gli chiese il medico con tono retorico.
“È assolutamente illogico.” Affermò Spock.
“Ma reale.” Soggiunse Bones.
“L’ha già
analizzata? È sicuro che non stia mentendo? Che la sua
somiglianza fisica col Capitano non sia ottenuta
chirurgicamente?” Incalzò immediato il vulcaniano.
“Per ora sono certo solo
del suo perfetto stato di salute ed ho prelevato il sangue per
un’analisi del DNA.” Rispose calmo il dottore.
“Adesso stavo per farle fare un giro nello spettrometro
molecolare.” Aggiunse con un sorriso vagamente maligno.
“Non è pericoloso, vero?” Domandò la ragazza, con un sorriso preoccupato.
“No.” Fece Bones. “Vedremo tutto quello che c’è dentro di lei, Capitano.”
“Lo ritengo assolutamente necessario.” Rincarò gelido Spock. “Prego, si stenda.”
“Oh, cerchi di essere un
po’ più gentile, Comandante!” Scherzò Kirk,
con il suo solito tono divertito. “Ora sono una signora e non ho
le mutandine!”
Spock la fissò con la
sua massima espressione sconvolta, che consisteva negli occhi
leggermente spalancati e nel solito sopracciglio sollevato. Bones
ridacchiò, mentre Jim/Jane si stendeva con un sorriso pestifero,
attenta che il camice non si sollevasse troppo.
Il dispositivo di analisi fu
avviato, sotto lo sguardo serio e concentrato di Spock. Il capitano lo
osservava, un po’ dispiaciuta che non avesse fatto alcun commento
alla sua trasformazione, accettandola velocemente e mettendosi subito
al lavoro per risolverla.
Bones, nel frattempo si
rivolse alla sua assistente per un problema che andava risolto al
più presto, perché sapeva bene che non avrebbe potuto
trattenere a lungo Kirk in infermeria, dopo le analisi.
“Christine, sarebbe
così gentile da voler procurare al Capitano della biancheria
intima ed un’uniforme femminile, per favore?” Chiese alla
donna.
“Con piacere, Dottore.” Annuì l’infermiera, prima di allontanarsi dal lettino.
Il capitano, allora,
alzò il capo e le spalle. “Credo che come taglia ce ne
vorrà una in meno, rispetto a lei.” Disse divertita,
all’indirizzo di Christine; lei la guardò male.
“Mi era più simpatico come uomo.” Borbottò andandosene.
Jane ridacchiò, ma
smise di colpo, quando una mano calda la spinse di nuovo contro il
cuscino. Abbassò gli occhi e vide le lunghe dita eleganti di
Spock spingerle delicatamente il petto. Per qualche misterioso motivo,
perse un battito e si adagiò arrendevole sul letto, gli occhi
fissi sulla mandibola perfetta del vulcaniano, mentre lui era voltato
verso il pannello di controllo.
“È meglio se sta
ferma.” Le disse senza girarsi, dopo aver tolto la
mano.
“Quindi?” Fece McCoy, sbattendo il Padd sulla propria scrivania.
“I risultati dei test
sono inequivocabili, Dottore.” Affermò Spock, seduto di
fronte a lui. “L’analisi del DNA ed i risultati dello
spettrometro molecolare confermano che questa donna è il
Capitano Kirk.” Continuò. “Nessuna modifica genetica
o neurologica, nessun intervento chirurgico e non è nemmeno
stato sostituito da un sosia donna, perché quello che abbiamo
analizzato è il DNA di James Tiberius Kirk, anche se provvisto
di gene femminile.”
“È assurdo!” Esclamò il medico.
“Per quanto questo sia
l’aggettivo che meglio descrive la situazione, siamo davanti ad
un’effettiva trasformazione del Capitano in una donna.”
Spiegò tranquillo il vulcaniano, le mani giunte sulla scrivania.
“Ma come può
essere successo?!” Sbottò adirato McCoy, che quando non
trovava una spiegazione a qualcosa diventava subito nervoso.
“Non essendoci alcuna
causa fisica, scientifica o medica che possa spiegarlo…”
Sostenne Spock. “… sono portato a pensare che abbia agito
una qualche forza superiore alle nostre attuali conoscenze – o
quelle di qualsiasi altro – che abbia semplicemente effettuato la
trasformazione, con motivazioni a noi ignote.”
“Humpf, una specie di legge del contrappasso, nel caso di Jim, direi.” Commentò lugubre Leonard.
“In che senso, Dottore?” S’informò il primo ufficiale.
“Beh, sa… con
tutte le donne che ha avuto ed i modi non sempre ortodossi in cui le ha
trattate… magari, questo fantomatico qualcuno che lo ha trasformato, ha pensato bene di fargliela scontare.”
“È illogico.”
“Perché, a lei sembra logico trasformare un Capitano della Flotta in una procace signorina?”
“Non sappiamo quali siano i motivi che…”
“Oh, Spock, santo cielo!”
“Io sono pronta!” Annunciò una voce entusiasta, interrompendo la loro discussione.
Entrambi si voltarono verso la
porta, dove una raggiante Jane Kirk faceva mostra di se allargando le
braccia. Indossava un’uniforme femminile dorata, con i gradi da
capitano. Le belle gambe erano fasciate da collant neri e gli
stivaletti le avvolgevano i polpacci sottili. I capelli scendevano in
morbide onde sulle spalle.
“Ho provato a dirle che i capelli vanno portati raccolti, ma…” Intervenne l’infermiera Chapel.
“Oh,
pietà!” Esclamò Kirk, buttandosi un ciuffo dietro
le spalle come se lo avesse fatto per tutta la vita. “Andiamo
Signor Spock, ora possiamo tornare in plancia.”
“In plancia?!” Esclamò il dottore sollevandosi dalla sedia.
“Certo, perché
no?” Replicò il capitano. “Sono in perfetta salute,
fisica e mentale, e sono il Capitano di questa nave, intendo
ottemperare ai miei doveri.”
“Ma lei non può!” Insisté McCoy. “Si rende conto che è assolutamente…”
“Non un’altra
parola, Bones!” Lo ammonì Kirk. “Tutte le mie
conoscenze sono intatte, il mio carattere è esattamente quello
di prima e nessuno mi ha privato dei miei gradi, quindi sono
perfettamente in grado di comandare l’Enterprise!”
“Mi spiace dirlo,
Dottore, data la situazione…” Intervenne Spock, sempre
seduto compostamente. “…ma il discorso del Capitano
è logico.”
“Ma insomma!”
Protestò ancora il medico. “Tutto questo è
bizzarro, Jim… ehm, Jane, lei non può andare sul ponte di
comando!”
“Non comprendo i suoi
dubbi, Dottor McCoy.” Sostenne il vulcaniano. “Tutto
ciò che è cambiato, nel Capitano, è il sesso e non
è una pregiudiziale al comando, mi pare.”
“Voi due siete pazzi, io
me ne lavo le mani!” Sentenziò infine Bones, alzando le
braccia e allontanandosi dal proprio ufficio.
“Allora, Spock,
andiamo?” Chiese ancora il capitano; il vulcaniano annuì e
la raggiunse vicino all’uscita.
“Proprio una bella coppia di pazzi!” Esclamò ancora McCoy dall’altra stanza.
Kirk guardò Spock e gli
sorrise, con quel suo inconfondibile sorriso.
“Decisamente.” Fece poi, prima di prenderlo a braccetto e
condurlo fuori dall’infermeria, sotto lo sguardo allibito della
Chapel.
Spiegare la faccenda agli ufficiali di plancia fu abbastanza comico, tra facce incredule, sguardi maliziosi alle gambe del nuovo
capitano e ammiccamenti vari tra i presenti quando Kirk e Spock si
erano presentati a braccetto. Tutti, però, alla fine, si resero
conto che il capitano, seppure molto cambiato, restava sempre
l’ufficiale in comando ed il suo carisma non era scemato di un
grammo.
Spock, nel frattempo, con un
ultimo sguardo severo alla faccia sconvolta del tenente Uhura,
andò a sedersi alla sua postazione. La donna si ricompose
immediatamente.
“Bene,
Signori…” Disse il capitano con la sua nuova voce.
“… la rotta è ancora impostata per la colonia di
Berga II?”
“Sì, Signore… ehm, Signora…” Rispose il tenente Checov.
“Bene.”
Annuì lei. “Signor Sulu, può procedere,
velocità due.” Ordinò quindi, mentre accavallava
elegantemente le gambe. “Tempo stimato per l’arrivo?”
“Cinquantadue virgola sei ore, Capitano.” Rispose Sulu.
“A quanto pare, allora, avremo il tempo per abituarci alle novità, non credete?” Commentò Kirk.
“E ci vorrà tutto…” Mormorò Uhura, voltandosi verso la propria consolle.
*****
“Allora,
com’è andata?” Domandò McCoy, sedendosi al
tavolo della mensa con il capitano ed il primo ufficiale.
“Stranamente, devo dire
che le cose in plancia procedono in modo regolare.”
Affermò Spock, gli occhi fissi sul proprio vassoio e sul modo in
cui veniva posato sulla tavola.
“Stranamente?” Obiettò Kirk, posando senza garbo il vassoio.
“Ammetto che avevo
sottovalutato la persistenza delle sue caratteristiche,
Capitano.” Ammise tranquillo il vulcaniano.
“Ogni tanto si sbaglia
anche lui, grazie a Dio.” Commentò sarcastica Jane.
“Cos’ha tanto da guardare, il Guardiamarina Tyler?”
Aggiunse poi, con tono infastidito.
“Capitano.”
Intervenne Spock. “La inviterei ad assumere una posizione
più consona, temo che da sotto il tavolo si intravedano un
po’ troppo le sue… grazie femminili.”
Kirk sussultò, poi
guardò di sfuggita le proprie gambe divaricate sotto il tavolo e
si ricompose immediatamente, accavallandole. Imbarazzata si
lisciò la gonna corta.
“Cosa facciamo, adesso?” Domandò Bones, infilando una forchettata della sua pasta al formaggio.
“Io direi che continuare
così vada bene.” Sostenne Kirk. “Almeno
finché non capiamo come è successo.”
Precisò, prima di affrontare la sua insalata.
“Potrebbero essere utili
alcune sedute di meditazione vulcaniana.” Affermò Spock.
“La sua mente, Capitano, potrebbe essere riportata al momento
della trasformazione.”
“Questo è un suggerimento interessante.” Disse il capitano.
“Lei pensa davvero di poterci riuscire?” Domandò McCoy.
“Mi rendo conto che il
cervello umano è diverso da quello vulcaniano, ma il Capitano
Kirk ha dimostrato più volte di essere un Umano molto recettivo,
quindi non mi sento di scartare per lo meno una prova.”
Dichiarò il primo ufficiale.
“Sono d’accordo.” Annuì Kirk. “Male non potrà fare, no? Quando cominciamo?”
“Io direi questa sera stessa, nel mio alloggio.” Propose Spock.
“No, un momento.”
Obiettò il dottore. “Nel suo alloggio, Spock? Voi due da
soli, con luci soffuse, incensi e candele?”
S’informò quindi.
“È così che si fa meditazione.” Asserì il vulcaniano.
“Andiamo, Bones!” Sbottò divertita il capitano. “Non temerà per la mia virtù!”
“Non per la sua, per quella del Signor Spock!” Replicò il medico.
Gli rispose soltanto il perplesso sopracciglio alzato del suddetto vulcaniano.
*****
Quando Kirk arrivò
nell’alloggio di Spock, trovò quell’ambiente
familiare già immerso nella penombra. Le candele rituali erano
disposte secondo il loro ordine prefissato e gli incensi impregnavano
l’aria con un profumo denso ma non fastidioso.
Spock la accolse con addosso
una delle sue tuniche. Era di un verde scuro e cangiante, gli arrivava
fino ai piedi, ma lo scollo lasciava intravedere appena la peluria sul
suo petto.
“Questa è una tunica per lei.” Le annunciò, porgendole l’indumento viola.
“Oh, la ringrazio.” Fece lei, un po’ sorpresa, mentre la prendeva.
“Puoi cambiarsi in
bagno.” Le indicò il vulcaniano. “Le consiglio di
non indossare niente sotto, potrebbe essere causa di distrazione.”
Kirk sussultò, mentre
si dirigeva in bagno, si girò e dedicò una lunga occhiata
allarmata alla figura elegante del suo primo ufficiale.
“Vuole dire che lei non ha niente, sotto?” Chiese poi.
“No, ovviamente.” Rispose imperturbabile lui, quindi si voltò per accendere le candele che mancavano.
Pochi minuti dopo erano seduti
uno davanti all’altra, su due ampi cuscini e Kirk stentava a
rilassarsi. Spock, invece, aveva il suo solito atteggiamento pratico.
“Essere così nervosa non la aiuterà con la meditazione, Capitano.” Affermò il vulcaniano.
“Non sono nervosa per la meditazione.” Replicò titubante Jane.
“E per che cosa, allora?” S’informò garbatamente lui.
“Io… non lo
so…” Perché ammettere che l’agitava essere
con lui da sola, con praticamente niente addosso e molte candele
accese, le faceva venire una strana morsa allo stomaco; sarebbe stato
umiliante e lei era un capitano, che diamine!
“Capitano…” Fece Spock, con il probabile intento d’iniziare uno dei suoi predicozzi.
“Lasci stare,
cominciamo.” Glissò lei, con un gesto nell’aria.
“Sono pronto… pronta.”
“Si concentri.”
Ordinò allora l’ufficiale scientifico. “Chiuda gli
occhi e prenda un lungo respiro…”
Sembrava facile! Le ginocchia
di Spock sfioravano le sue ed aveva davanti il suo bel viso assorto.
Che diavolo le stava succedendo? Non si era mai sentita così con
Spock, quando era un uomo. Non che non lo trovasse attraente, anzi! E
poi era un suo amico, gli voleva bene. No, basta. S’impose di
meditare seriamente, altrimenti Spock poteva anche offendersi e non
voler fare più sedute con lei.
“Pensa ad un luogo
tranquillo, dove c’è pace.” Continuò Spock
passando ad un tono informale, Kirk lo assecondò.
“Lentamente, svuotalo di tutto il superfluo, trova il nulla, un
rassicurante e caldo niente… nessun orpello, nessuna
superficialità, nessuna emozione…”
Kirk trovò il suo
spazio vuoto, liberò la mente da tutto ciò che poteva
impedirgli di trovare la pace. Per un lungo momento si cullò in
un rilassamento che non ricordava di aver mai provato. Non
riuscì a capire quanto tempo poteva essere passato.
“Ora prova a tornare al momento di quel sonno, il momento in cui il tuo corpo è cambiato…”
Jane provò a fare come
le diceva la rassicurante e calda voce di Spock, ma non ci
riuscì. Tutto ciò che ricordava era il momento in cui era
andato a letto come uomo e quello in cui si era risvegliata come donna.
Strinse gli occhi e fece una smorfia contrariata.
“Non ci siamo, non riesco…” Ammise a bassa voce. Spock aprì gli occhi.
“Dobbiamo andare
più a fondo nella tua mente.” Dichiarò quindi.
“È necessario un mio intervento diretto.”
“Che devo fare?” Chiese lei decisa.
“Avvicinati.” Le disse lui, indicando lo spazio tra le sue gambe incrociate.
“Io non credo che…” Protestò blandamente lei.
“È fondamentale
che io ti tocchi, non è possibile che possa farlo da così
lontano” Sostenne Spock. “Sarebbe illogico da parte tua
rifiutare di avvicinarti.”
Se fosse stato chiunque altro
– perfino Bones – avrebbe pensato che era una mossa di
seduzione, ma era il suo primo ufficiale vulcaniano a pronunciare
quelle parole, quindi era dolorosamente certa che lui lo facesse solo e
soltanto con l’intento di avere un efficace risultato. Nessun
sperato doppio fine… Sperato?!
Kirk strisciò il
proprio cuscino fino al punto in cui i piedi sfiorarono quelli di
Spock. Le sue ginocchia s’incastrarono con quelle di lui.
Alzò gli occhi e si trovò col viso a pochi centimetri dal
suo. Però, questa meditazione cominciava a piacerle…
“Concentrati di
nuovo.” Ordinò Spock, mentre lei seguiva quasi ipnotizzata
il movimento delle sue labbra. Il capitano, poi, prese un lungo respiro
e chiuse gli occhi.
Le lunghe dita di Spock le
sfiorarono subito la fronte e le tempie. Lei non sapeva dove mettere le
mani, così prese gli avambracci di lui.
«Facciamo insieme il percorso verso la pace dell’assenza…» Ma… ma la voce di Spock ora era nella sua testa? «Non pensare a niente, Jim, non pensare a me…» Lo aveva chiamato Jim? «Rilassati e trova il momento della trasformazione…»
All’improvviso delle immagini riempirono la sua testa.
Un
grande spazio bianco. Lui, nudo ma sempre indomito. Un uomo alto ed
elegante con l’uniforme della flotta. Gli parla, ma Jim non sente
le sue parole, vorrebbe poterlo fare, vorrebbe sapere
perché. L’uomo gli sorride beffardo, poi allunga un dito
verso di lui… e Jim grida, grida, grida…
L’urlò di Jane
spezzò anche il legame telepatico con Spock. Si allontanarono di
scatto. Lei aveva il respiro pesante e si teneva il petto, piegata di
lato sulle proprie ginocchia. Spock, invece, era seduto compostamente e
la osservava con sguardo acuto.
“Non abbiamo sentito le sue parole.” Dichiarò calmo il vulcaniano.
“Già.” Fece Jane, col respiro ancora ansante.
“E non abbiamo idea di
chi sia quell’uomo.” Continuò Spock. “Sembra
un Umano, ma ho seri dubbi che lo sia veramente.”
“Se è lui che mi
ha trasformato, non lo è di sicuro.” Asserì il
capitano, poi alzò gli occhi sul primo ufficiale. “Eri
nella mia mente, sentivo la tua voce nei miei pensieri…”
“È una forma di
fusione mentale meno invasiva, applicata per approfondire la discesa
nell’inconscio e nei ricordi remoti.” Spiegò
tranquillo Spock.
“Mi hai chiamato Jim.” Intervenne lei, ignorando l’affermazione dell’altro.
“Oh, beh…”
Fece lui, alzando appena il sopracciglio. “Immagino di averlo
fatto perché, nella mia mente, ti associo tutt’ora ad
un’immagine maschile.”
“Logico.” Mormorò Jane con una smorfia.
“Logico,
sì.” Confermò lui. “Per questa sera possiamo
fermarci qui, se lo desideri possiamo riprovare domani.” Dicendo
questo si era alzato e le porgeva la mano.
Lei la prese e fece per
tirarsi su, ma inciampò in uno dei cuscini e si ritrovò
spalmata addosso al vulcaniano. La stoffa delle tuniche era troppo
leggera perché il calore della pelle non entrasse in contatto.
Si guardarono negli occhi. Kirk perse un battito. Spock strinse appena
le mani sui suoi fianchi, poi la prese per la vita e la mise in piedi.
“È meglio che
vada, Capitano.” Disse improvviso il vulcaniano, lasciandola e
girandosi dall’altra parte, forse turbato.
“Prendo le mie cose.” Annunciò lei, dirigendosi in bagno. “Buonanotte, Signor Spock.”
*****
“La meditazione
vulcaniana ha sortito qualche risultato?” Domandò McCoy al
capitano, mentre si sedeva davanti a lui in sala mensa per la colazione.
Kirk fece una smorfia e
ficcò sgarbatamente il cucchiaio nella sua crema d’avena,
sotto lo sguardo perplesso del dottore.
“Devo dedurre che non è andata bene…” Commentò Leonard.
“Beh, in realtà, qualcosa abbiamo scoperto.” Fece esitante il capitano.
“Ah, sì?” Replicò Bones, il bordo del toast ancora vicino alla bocca.
“Sono riuscito…
riuscita, a vedere un uomo – o apparentemente un uomo – che
mi parlava e poi mi trasformava.” Raccontò Jane.
“Però, purtroppo, non abbiamo sentito le sue parole.”
“Non avete? Tu e Spock?” S’informò il dottore.
Kirk annuì. “Ha dovuto fare una specie di fusione mentale, ci siamo arrivati insieme a quel punto.”
“Detto così,
sembra che parli di un’altra cosa…” Commentò
Bones, versando un po’ di latte nel suo the.
“Ti assicuro che non c’è stato niente di sessuale nella faccenda.” Spiegò mesta Jane.
“Sembri delusa…” Ironizzò McCoy.
“Oh, ti prego!” Sbottò lei, prima di bere un sorso di caffè.
“Guarda che non ci
sarebbe niente di male, se tu lo trovassi attraente.” Sostenne
Bones. “È un tipo affascinante, potrei arrivare a
definirlo bello, se non fosse per quelle or…”
“Le sue orecchie sono
stupende!” Lo interruppe la donna, McCoy la guardò con
tanto d’occhi. “Ecco, vedi? Ero attratto da lui anche
prima, ma non era così!”
“Eri attratto…” Biascicò incredulo Leonard.
“Solo che non avevo mai
sentito il bisogno di esternare questa cosa!” Continuò
Jane ignorandolo. “Insomma, me lo tenevo per me ed era anche
abbastanza facile, ma prova tu a stargli così vicino! Con
l’incenso e le candele e poca roba addosso… Devono essere
gli ormoni femminili…”
“Che diavolo è successo, ieri sera?” Domandò a quel punto un allarmato McCoy.
“Non è successo
niente, è proprio quello il punto!” Esclamò il
capitano. “Hai idea di quanto sia difficile essere sessualmente
attratti da qualcuno che si eccita ogni sette anni?”
Bones ridacchiò. “Non è esattamente così…”
“No, un attimo… Come?” Fece il capitano, improvvisamente interessata.
“Beh, sai…”
Iniziò titubante il dottore. “…dopo quella storia
del Ponn Farr ho cercato altre testimonianze su quel particolare
periodo dei Vulcaniani, più che altro per cercare di aiutare nel
caso mi fossi nuovamente trovato in quella situazione.”
“E cosa hai scoperto?” S’informò Jane.
“È stata una
ricerca difficile, suffragata soprattutto dai diari di persone che
hanno avuto relazioni più o meno durature con Vulcaniani, come
ad esempio Charles Tucker, capo ingegnere della…”
“Bones, parla!” Lo bloccò Kirk.
McCoy fece un sorrisetto sornione. “Ti vedo molto interessata…” Suggerì poi, malizioso.
“Mi sembrava di aver
chiarito a sufficienza quanto io sia interessata.” Soggiunse lei,
assottigliando gli occhi minacciosa.
“Sappi che, se tu fossi ancora un uomo, non ti direi queste cose.” Asserì il medico.
“Adesso non fare il
bacchettone!” Lo rimproverò Jane. “E poi, potrei
restare una donna per sempre, anche se la prospettiva non mi
alletta…”
“Potrebbe allettare il Signor Spock, ad ogni modo.” Affermò divertito McCoy.
“Santo cielo, Bones!” Sbottò infastidita la donna, scrollando il capo.
“Dicevamo…”
Riprese il dottore, facendole immediatamente rialzare la testa con
sguardo attento. “…a quanto pare l’eccitazione ed il
piacere sessuale, per i Vulcaniani, non sono strettamente legati al
Plak Tow, possono provarli anche senza essere sotto l’influsso
della febbre del sangue, sempre che trovino logico stare in
intimità con un determinato essere umano.”
“Sembra molto da loro.” Commentò pensosa il capitano.
“Anche se non so cosa
possa esserci di logico nel voler avere un rapporto sessuale con
qualcuno… Il sesso è istinto, passione! Tutte cose che
loro non concepiscono.” Dichiarò Leonard convinto.
“Non sono del tutto
convinta dalla tua affermazione.” Replicò Jane. “Mi
piace pensare che qualcosa di quella passione, di quell’istinto
che entrambi abbiamo visto durate il Ponn Farr esista comunque, sotto
la ferrea logica di Spock, anche a causa della sua metà
umana.” Aggiunse, con sguardo furbo.
“E tu sei intenzionata a scoprirlo?” Le chiese perplesso il medico.
“Forse…” Rispose lei con aria misteriosa.
*****
Quella sera il capitano e
Spock si trovarono nuovamente nell’alloggio di
quest’ultimo, con le solite candele, gli incensi e le tuniche
leggere. Kirk, in più, aveva in mente la conversazione avuta
quella mattina con McCoy.
Quando, però, si
sedettero uno davanti all’altra, vicini come la volta precedente,
Jane era veramente convinta di seguire le indicazioni del vulcaniano e
ritrovare il momento della trasformazione, per scoprire quanto
più possibile sull’uomo misterioso.
Trovare la concentrazione, ad
ogni modo, risultò piuttosto arduo per il capitano, quando le
dita del suo primo ufficiale si posarono sulla sua pelle. Provò
con tutte le sue forze a liberare la mente e, per un breve attimo,
pesò di esserci riuscita. Ma Spock staccò improvvisamente
le mani dal suo viso.
Jane aprì gli occhi e
trovò quelli scuri e profondissimi del vulcaniano a fissarla,
con dentro il riflesso di qualcosa che sembrava rimprovero.
“Credevo di essere stato
chiaro, ieri.” Esordì Spock. “Deve liberare la mente
da qualsiasi pensiero, se vuole che arriviamo a sentire le parole
dell’alieno.”
Era rimprovero. E delusione, forse.
“Io ci sto provando, davvero!” Si giustificò Jane.
“Le ho detto anche ieri sera di non pensare a me.” Insisté il vulcaniano.
Lei si ritrasse colpita,
spalancando gli occhi. Santo cielo, ma allora lui poteva vedere davvero
nei suoi pensieri! E allora, se era reciproco, perché lei non
vedeva nulla?
“Che… che cosa ha visto?” Domandò allarmata la donna.
“Abbastanza.” Rispose secco Spock. Kirk deglutì con forza.
“E perché io… io non ho visto… credevo fosse reciproco.” Si sforzò di chiedergli poi.
“Non ha visto niente,
perché non c’era niente da vedere.” Spiegò
asettico il comandante, continuando a guardarla negli occhi con
espressione impassibile.
Jane recuperò un
po’ del suo autocontrollo prendendo un lungo respiro, che
purtroppo aveva il profumo dell’uomo che le stava davanti.
“Questo perché non prova niente per me, oppure…”
“La finalità di
questa seduta di meditazione era svuotare la mente da qualsiasi
pensiero, in modo che fosse libera di accogliere ricordi remoti o
rimossi ed è ciò che ho fatto.” Dichiarò
Spock. “E quello che avrebbe dovuto fare anche lei,
Capitano.”
Kirk si sentì in colpa
per non essere riuscita ad assecondare le necessità della
meditazione, ma aveva troppi pensieri in testa. E per giunta, non tutti
casti. E lui li aveva visti… In quel momento, avrebbe preferito
trovarsi in una taverna piena di klingon ubriachi piuttosto che
lì.
“Mi dispiace…” Mormorò a testa bassa.
“Vorrei solo che le
fosse chiaro il fatto che non possiamo permettere ai sentimenti che
proviamo d’impedirci di raggiungere il nostro obiettivo.”
Sostenne Spock. “In tal caso, sarebbe perfino inutile
provarci.”
Kirk annuì.
“Certo, sono perfettamente d’accordo…”
S’interruppe e alzò di scatto gli occhi. “I
sentimenti che proviamo?”
Fece incredula, fissando il vulcaniano, che alzò interrogativo
il sopracciglio. “I sentimenti che lei prova per me?”
“Qualsiasi tipo di sentimenti.” Precisò il vulcaniano.
“Cosa prova, lei per me?” Domandò però Jane, implacabile.
“Al momento sono incerto
a proposito di ciò che provo per lei, Capitano.” Rispose
Spock. “Preferirei quindi non rispondere.”
“Non la sto certo
obbligando, ma non ne abbiamo parlato, insomma, del mio
cambiamento…” Fece la donna. “Vorrei solo capire
cosa ne pensa.”
“Ammetto di essere stato
colto di sorpresa, è un fatto del tutto illogico e
disturbante.” Confessò Spock. “La mia… relazione
con lei, ha sempre rappresentato fonte di dubbi per me e questo
imprevisto non fa che aumentare le mie riflessioni in proposito.”
“Il mio essere donna le
crea qualche problema?” Chiese con delicatezza Jane; sapeva che
la franchezza era un’arma vincente con Spock.
“No, non in
generale.” Rispose lui. “La sua efficienza come ufficiale
in comando non è stata minimamente alterata dal
cambiamento.”
“Allora si tratta di qualcosa di personale…” Indagò il capitano con cautela.
Il vulcaniano esitò per un momento, abbassando e poi rialzando lo sguardo su di lei.
“Mi ero abituato
a James Kirk per come era.” Le disse infine. “E per quanto
lei mantenga molte delle caratteristiche che me lo hanno fatto
apprezzare negli anni, è pur vero che, allo stesso tempo, lei
non è più quel James Kirk.”
Lei socchiuse appena la bocca,
stupita, accasciandosi sulle proprie ginocchia piegate. Doveva
ammettere di aver pensato che, come donna, sarebbe piaciuta a Spock
più che come uomo. Insomma, era innegabile che tra loro due ci
fosse sempre stata una grande intesa, qualcosa che spesso aveva
sconfinato dalla semplice amicizia. Emozioni che Jim aveva sopito,
convinto che proprio il fatto di essere entrambi maschi li avrebbe
comunque allontanati. E adesso non poteva negare di aver pensato che,
in vesti femminili, aveva qualche possibilità in più di
realizzare qualcuno di quei desideri nascosti sotto strati di
autocontrollo militare. E invece Spock le stava dicendo in faccia che,
proprio perché era donna, lui si trovava in difficoltà.
“Questo perché
lei è, in qualche modo, attratto da me come donna?”
Domandò Kirk, preso dall’improvviso, speranzoso, dubbio
che quello fosse il motivo del disagio di Spock.
“O perché non lo sono.” Rispose però lui, gelandola.
Kirk strinse i denti e
contrasse la mandibola, un pugno stretto. Fosse stato un uomo lo
avrebbe colpito, invece, con la mano libera si appoggiò al
letto, tirandosi in piedi. Il vulcaniano la osservava con espressione
chiaramente perplessa.
“Per stasera la finiamo
qui, tanto mi sembra che entrambi non siamo ottimamente
predisposti.” Affermò quindi, con un tono di amaro
sarcasmo.
“Io, veramente, non capisco, Capitano.” Mormorò Spock.
Lei si girò di scatto,
palesemente arrabbiata – per motivi che sfuggivano al vulcaniano
– e sbatté contro la sedia accanto alla scrivania.
“Io sono un emotivo
essere umano, Spock!” Sbottò alterata. “E una donna,
quindi doppiamente emotiva, è ovvio che lei non possa
capire!” Si diresse alla porta. “Buonanotte!”
Quando la porta si richiuse
alle spalle dal capitano, Spock restò a fissarla perplesso. Si
era offesa. Sapeva riconoscere quell’emozione negli umani, gli
era già capitato di causarla, specie nel dottor McCoy. Era il
motivo a restare misterioso. Avrebbe dovuto indagare.
CONTINUA
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
more than a woman - 2
Avrei
voluto postare prima questo secondo capitolo, ma finalmente ho portato
il vecchio macinino a fare una revisione e me lo hanno restituito solo
oggi ^_^
Ad ogni modo, eccoci qua! Continuano le avventure di Jane Kirk!
Sono molto contenta che il primo capitolo vi sia piaciuto, spero sarete soddisfatti anche del secondo!
Buona lettura!
- 2 -
Il mattino dopo, in plancia, l’atmosfera era strana e se ne accorse anche il primo ufficiale.
A parte che, fin da quando il capitano si era trasformato in una donna,
sembrava che le ufficiali di quello stesso sesso fossero costantemente
irritate, almeno quanto prima veneravano ogni parola uscisse dalla
bocca di Kirk. Poi, che fine aveva fatto il tenente Janice Rand?
L’efficiente e gentile attendente del capitano era stata
sostituita dal tenente Cristiano Silva, un aitante ragazzo dalla pelle
abbronzata e dai pettorali torniti, ma di cui Spock aveva sempre
criticato l’avventatezza. Inoltre, cos’era tutto quel
gironzolare senza senso per il ponte di comando di giovani ufficiali
maschi?
Spock ricordò una conversazione col dottor McCoy a proposito
dell’accoppiamento di alcune specie animali terrestri: sembrava
che i feromoni femminili attirassero tutti i maschi in età e che
questi si scontrassero tra di loro per ottenere il privilegio di
accoppiarsi.
Che fosse ciò che stava accadendo – in termini meno selvatici – a questi giovani uomini intorno alla femmina dominante?
Era, ad ogni modo, un comportamento illogico, inaccettabile per ufficiali professionisti e il capitano avrebbe dovuto capirlo.
“Capitano, non crede che ci siano troppe persone in
plancia?” Domandò il vulcaniano, fermandosi accanto alla
propria postazione e rivolgendosi a Kirk.
“No, non credo.” Rispose Jane, mentre accavallava le gambe.
“Tenente Silva, mi porti un caffè, per favore.”
Chiese poi all’attendente di turno, sfarfallando le ciglia.
Spock sollevò un sopracciglio, davanti a quella scena. Kirk era
sempre stato gentile con gli attendenti, quasi paterno a volte. Ma
questo… questo era un’altra cosa.
“Non credo che la presenza di tutti questi ufficiali risulti
funzionale all’efficienza della nave, Signore.” Sostenne
Spock.
“Io invece la ritengo assolutamente necessaria.”
Replicò lei, giocherellando con una ciocca di capelli, gli occhi
ostinatamente rivolti allo spazio.
“Mi scusi, ma non comprendo.” Disse il vulcaniano.
“Questa non è una novità, visto che stiamo parlando
di irrazionali comportamenti umani.” Dichiarò Kirk, sempre
senza guardarlo.
Spock sollevò il sopracciglio alla massima altezza che gli era
consentita dalla sua mimica facciale. Il comportamento del capitano non
era mai stato improntato sulla logica, lo sapeva, ma quel giorno
sembrava essere più assurdo del solito.
“E non faccia quell’espressione perplessa!” Sbottò Jane.
“Non può sapere quale sia la mia espressione dato che non mi sta guardando.” Ribatté Spock.
“Io so sempre qual è la sua espressione!” Esclamò Kirk battendo una mano sul bracciolo della sua poltrona di comando.
Sulu e Checov, a quel punto, si scambiarono un’occhiata che
sembrava dire: il capitano oggi ha le sue cose. Fecero entrambi una
smorfia e tornarono con gli occhi sulle proprie consolle.
“Capitano, vorrei solo farle…” Tentò il vulcaniano.
Kirk lo interruppe alzandosi dalla poltrona. “Voglio
un’analisi completa dello spazio intorno alla colonia di Berga
II.” Ordinò, dirigendosi al turbo ascensore. “Io
sarò in sala tattica a studiare la relazione del Governatore
Marquez, a lei la plancia Signor Spock.” E detto questo
infilò la porta.
Il primo ufficiale rimase sulla sua poltroncina con espressione
interdetta. Uhura voltò la propria sedia verso di lui,
fissandolo con rimprovero.
“Che diavolo le ha fatto?” Gli chiese severa.
“Cosa le fa pensare che il mio comportamento abbia influito con
quello del Capitano?” Fece Spock di rimando, tornato alla sua
espressione impassibile.
“Oh!” Esclamò retorica lei, sventolando una mano
delicata dalle unghie lunghissime. “C’è sempre di
mezzo lei, quando si tratta del Capitano!”
“Su quali basi, afferma questo, Tenente?” S’informò il vulcaniano.
“Lo chiami intuito femminile.” Rispose Uhura, annuendo
sicura. “E, comunque, qualsiasi cosa abbia fatto, le chieda
scusa.”
“Non ritengo di avere alcun motivo per scusarmi col Capitano.” Asserì Spock.
“Allora faccia come le pare, ma sappia che sarà solo colpa
sua, se dovremo tenercela così insopportabile e frivola.”
Replicò l’addetta alle comunicazioni, alzando in aria le
mani, prima di tornare al proprio lavoro. Lui le rivolse la sua massima
espressione incredula.
“Ho ragione di pensare che il Capitano sia adirata con me, per un
motivo che mi sfugge.” Dichiarò il vulcaniano; il dottore
lo osservava perplesso.
“Le sfuggono sempre i motivi per cui un Umano si adira.” Sostenne McCoy.
“Per forza, sono totalmente illogici.” Replicò impassibile Spock.
“I motivi per cui ci arrabbiamo sono sempre illogici, per la
miseria!” Sbottò Leonard, con un colpo sul tavolo.
“Siamo Umani! Ognuno di noi ha punti deboli che vuole nascondere,
sentimenti che possono essere toccati in innumerevoli modi, argomenti
tabù…”
“Credo di averla offesa, in qualche modo.” Ammise Spock, abbassando gli occhi sulle proprie mani giunte.
“Allora, lo conosce il motivo!” Esclamò il dottore.
“Non riesco a capire come e quando sia successo,
però.” Si rammaricò il vulcaniano. “Tra
l’altro, il Tenente Uhura sostiene che io sia un fattore
determinante nell’umore del Capitano e questo, se possibile,
è ancora più illogico della presunta offesa che le avrei
arrecato.”
“Non è affatto illogico, invece.” Asserì
McCoy scuotendo il capo, Spock lo guardò interrogativo.
“Io pensavo che lei, col suo acume, si fosse accorto di non
essere del tutto…”
“Del tutto, cosa? Dottore.” Lo incitò il primo ufficiale, quando lo vide incerto.
“Di non essere del tutto indifferente al Capitano.” Affermò Leonard.
“Se intende alludere ad una relazione tra noi che esula da un
semplice rapporto professionale, debbo darle ragione: siamo
amici.”
“Oh, andiamo, Spock!” Sputò il medico. “Non
faccia l’ingenuo con me, quando vuole capisce fin troppo bene un
certo tipo d’implicazioni.” Aggiunse allusivo.
“Quindi, lei intende alludere ad un interesse sessuale e/o romantico.” Affermò allora il vulcaniano.
“Quanto al sesso…” Fece Bones allargando le mani.
“…conosce Jim, sarebbe interessato in tal senso perfino
dallo scarico di un lavandino.” Sostenne tranquillo.
“È l’implicazione romantica che mi preoccupa, specie
se rivolta a qualcuno al cui confronto sarebbe romantico perfino un
capitello di marmo…” Aggiunse lugubre.
“Lo ha chiamato Jim.” Gli fece notare l’altro.
“Oh, beh, suppongo di averlo fatto perché non ho perso la
speranza di farlo tornare normale.” Spiegò asciutto il
dottore, stringendosi nelle spalle.
“Temo che il problema sia stato proprio questo.”
“Quale?”
“Ho espresso apertamente al Capitano il mio maggior apprezzamento
verso la sua versione maschile.” Raccontò il vulcaniano.
“E perché diavolo lo ha fatto?!” Chiese Bones.
“Suppongo, perché me lo ha chiesto.” Rispose imperturbabile Spock, come fosse ovvio.
“Santo cielo, ma si rende conto che quella ragazza prova qualcosa
per lei?!” Scattò McCoy, sporgendosi verso di lui.
“Ne sono perfettamente consapevole.” Annuì Spock.
“Abbiamo avuto una sorta di fusione mentale, lo sa, ho visto le sue emozioni.”
“E ancora si domanda come mai si è offesa?” Fece retorico il dottore.
Spock abbassò gli occhi di nuovo, pensoso o, forse, colpito.
“Le ho dato l’unica risposta che potevo, sono sempre stato
sincero col Capitano, so che lo apprezza.” Affermò quindi
McCoy scosse il capo. “Forse la risposta avrebbe potuto essere
diversa, se l’avessi conosciuta come donna.”
“In che senso?” S’informò Bones a fronte aggrottata.
“È il migliore essere umano che io abbia
conosciuto.” Dichiarò Spock, Leonard annuì.
“Chiederle di diventare la mia Compagna sarebbe stata una scelta
logica.”
“Logica, sì.” Commentò ironico McCoy.
“Ad ogni modo, che cosa le impedisce di provare adesso?”
“Non sono certo di poter portare avanti, a queste condizioni,
ciò che stava nascendo col Capitano.” Rispose serio il
vulcaniano.
“Ma, Spock, si tratta della stessa persona!”
“Mi rendo perfettamente conto di questo, Dottore, ma allo stesso
tempo…” Affermò il primo ufficiale.
“…chi mi trovo davanti, non è Jim.”
McCoy, a quel punto, scrollò il capo e si rilasciò contro lo schienale morbido della sua poltroncina.
Kirk si massaggiò le tempie e la fronte con una mano. Quel mal
di testa la tormentava fin da quando la sua mente era tornata al
momento della trasformazione. Continuava a sognare quella scena,
quell’uomo che le si rivolgeva con un sorriso strafottente e
sicuro, ma ciò che le aveva detto continuava a restare un muto
movimento di labbra. Ed il dolore si faceva sempre più forte.
Si disse che avrebbe dovuto parlarne con Bones, ma la solitudine ed il silenzio, per ora, le sembravano migliori.
Spense il pannello dove aveva appena finito di leggere la relazione del
governatore Marquez. Adesso doveva pensare a risolvere quella
controversia tra colonie, piuttosto che ad uno stupido mal di testa. Un
capitano ha delle priorità.
Si accomodò contro lo schienale della poltrona, lasciandosi
andare ad una posa sguaiata che non le sarebbe stata permessa in
plancia, complice l’isolamento della sala tattica. Mise una mano
davanti alla bocca, in una posa riflessiva che assumeva spesso anche
come uomo.
Se il suo problema fosse stato soltanto trovare la chiave per risolvere
la trasformazione, o capire se era definitiva, forse applicarsi in
questo l’avrebbe assorbita completamente.
La variabile Spock, però, era diventata un nodo cruciale di
tutta la faccenda e mai si sarebbe detta di doverla affrontare in quel
modo. Come donna.
Doveva essere sincera con se stessa: non si era mai davvero confrontata con quello che provava per il suo primo ufficiale.
Perché, beh, lei era il suo ufficiale in comando, era suo amico,
erano compagni d’armi, avevano affrontato l’impossibile
insieme e ne erano usciti vivi, molte volte. Era inevitabile, no,
essere così legati a qualcuno con cui hai diviso tanto?
Che potesse essere anche qualche altra cosa l’aveva pensato,
sì. Ma poi aveva preferito ignorare la faccenda e concentrarsi
sul proprio lavoro. E poi, cosa gli dava la certezza di poter essere
ricambiato?
Non era il fatto di essere entrambi maschi, ad averlo scoraggiato, in
realtà. Lui aveva avuto relazioni anche con uomini, non era mai
stato un grosso problema per Kirk. Non sapeva quale fosse la filosofia
vulcaniana in proposito dell’omosessualità, anche se
supponeva che un accoppiamento senza fine riproduttivo fosse ritenuto
abbastanza illogico, ma erano solo supposizioni.
No, quello che temeva di più in assoluto era perdere
l’amicizia di Spock. Una fiducia preziosa, conquistata con fatica
e pazienza. Poteva vivere senza il suo amore, ma mai avrebbe potuto
farlo senza il suo affetto, la sua presenza, il suo sostegno.
Per questo non gli aveva mai detto che forse lo amava.
E adesso, paradossalmente, sembrava che il suo essere donna, invece di
facilitare un’eventuale relazione tra loro che andasse oltre
l’amicizia, complicasse le cose.
Continuava a domandarsene il perché. Spock gli aveva detto
chiaramente che lo preferiva come uomo. Ma in che senso? Caratteriale?
Fisico?
Kirk si massaggiò vigorosamente la testa attraverso la massa dei
capelli. Era confusa e si sentiva vulnerabile come non mai. Ed il mal
di testa non faceva che peggiorare. Doveva andare da Bones.
Il cicalino delle comunicazioni la fermò prima che potesse alzarsi ed andare in infermeria.
“Sulu a Capitano Kirk.” Annunciò il comunicatore.
“Qui Kirk, parli.” Rispose la donna, reggendosi la fronte con espressione sofferente.
“Abbiamo appena ricevuto una richiesta di soccorso da un cargo
minerario todiano, riferiscono di essere stati attaccati da una nave
berghiana.” Riferì Sulu.
Kirk si rimangiò un’imprecazione che sarebbe stata molto
poco femminile. “Impostate una rotta di soccorso, curvatura
cinque, io sto arrivando.” Ordinò quindi.
“Ricevuto, Sulu chiudo.”
Il capitano emise un ringhio basso. Questa non ci voleva proprio. Mal
di testa o no, problemi con Spock o meno, ora doveva fare il suo dovere
di capitano. Si alzò, aggiustandosi la gonna e si diresse fuori
dalla sala, verso il primo turbo ascensore.
*****
Kirk aveva voluto dirigere personalmente l’evacuazione del cargo
e poi, quando la situazione si era fatta pericolosa, aveva preso la
decisione di essere lei a salvare il prezioso carico di dilitio.
Adesso era nella sezione ingegneria del cargo, a cercare di
stabilizzare il nucleo, in collegamento diretto con Scotty, mentre
l’aria si faceva sempre più densa di fumi e qualcosa le
martellava le tempie come una tribù di suonatori di bonghi
strafatti.
“Capitano.” Una voce s’intromise nel comunicatore in
un momento di silenzio tra lei e l’ingegnere. “Lei deve
immediatamente risalire a bordo.”
“Spock non s’intrometta!” Gridò la voce roca
di Kirk. “Ho bisogno solo dell’assistenza di Scott, ci
siamo quasi!”
“Non devo ricordarle che lei non avrebbe neanche dovuto essere lì, vero?” Insisté il vulcaniano.
“Cristo, Spock!” Esclamò concitata lei. “Mi
lasci finire e poi potrà farmi tutte le prediche che
vuole!” Un colpo di tosse convulsa non la fece continuare.
“È illogico sacrificare la vita di un Capitano per un
carico di dilitio.” Replicò calmo il primo ufficiale.
“Ho detto…” Tossì forte.
“…dopo!” Seguirono colpi di tosse e rantoli, poi la
comunicazione si chiuse e Kirk scivolò a terra, mentre la luce
del contenimento dell’antimateria continuava a lampeggiare sul
rosso.
“Signor Chekov, individui la posizione del Capitano.”
Ordinò Spock, seduto sulla poltrona di comando, mentre McCoy gli
fremeva al fianco.
“Il Capitano si trova nella sala macchine del cargo todiano, Signore.” Riferì il russo.
“Trasferisca le coordinate al teletrasporto.” Gli disse il
comandante, mentre si alzava dirigendosi all’uscita della
plancia. “A lei il comando, Sulu.”
“Che diavolo ha intenzione di fare, Spock?!” Chiese il dottore correndogli dietro.
“È evidente che il Capitano non è più in
grado di decidere del proprio destino, né di quello del
cargo.” Affermò il vulcaniano, rivolto a McCoy mentre
dividevano il turbo lift. “Qualcuno deve andare a soccorrerla e,
se possibile, rimediare alla situazione.”
“E quindi? Vuole andare lei?” Domandò il medico.
“La sicurezza della nave e del Capitano è compito del
primo ufficiale.” Dichiarò risoluto, mentre
l’ascensore si apriva sul livello desiderato.
“E questa la chiama una decisione razionale e logica?” Fece
Bones, mentre entravano nella sala teletrasporto, dove li aspettava
Scott.
“È l’unica che io possa prendere in questo
momento.” Replicò Spock. “Tenente Thompson, si
prepari a teletrasportarmi alle coordinate del Capitano Kirk.”
Ordinò poi all’ufficiale addetto.
“Sì, Signore.” Rispose la ragazza dalla pelle scura.
“Questo è per lei.” Disse Scott a Spock, porgendogli
un Padd, il vulcaniano lo guardò interrogativo. “È
un dispositivo che ho approntato, potrebbe ripristinare il contenimento
dell’antimateria.”
“Potrebbe?” Lo interrogò il primo ufficiale.
“Ho avuto poco tempo per metterlo insieme.” Si
giustificò l’ingegnere. “Ma che Dio mi fulmini, se
non funziona!” Aggiunse orgoglioso.
Spock annuì, si fidava di Scott. Prese il dispositivo e lo
strinse nel pugno, poi raggiunse la piattaforma di teletrasporto,
posizionandosi su uno dei pannelli.
“Energia.” Ordinò al tenente Thompson e fu prontamente accontentato.
Il vulcaniano si materializzò a pochi metri dal corpo esanime
del capitano. Agì razionalmente. Prima di tutto aveva bisogno di
tempo e, quindi, doveva stabilizzare il nucleo.
Si avvicinò alla consolle e, nel farlo, dedicò
un’occhiata più lunga di quanto fosse logico al volto
coperto di fuliggine della donna a terra. L’impellente e
irrazionale bisogno di soccorrerla subito, portandola fuori da
lì, fu rimpiazzato dall’efficienza vulcaniana.
Collegò il dispositivo di Scotty alla consolle di controllo del
flusso materia-antimateria, digitò alcuni codici e la luce
divenne verde. Avrebbe potuto imputare la facilità
dell’operazione a mera fortuna, ma sapeva che era soprattutto
merito della preparazione di Montgomery Scott.
Visto che il problema al cargo sembrava momentaneamente risolto, Spock
si dedicò a soccorrere Kirk. Non si poteva sentirne il battito,
quindi il vulcaniano mise subito in atto la manovra di rianimazione
cardiopolmonare umana che aveva imparato in anni di addestramento.
La stese supina, le reclinò il capo all’indietro,
liberando le vie aeree, poi si apprestò al primo massaggio
cardiaco. Doveva dosare bene la propria forza, o le avrebbe causato un
trauma toracico. Dopo il massaggio, le soffiò aria nei polmoni
attraverso la bocca. Alternò le due fasi un paio di volte,
mentre si domandava il motivo per il battito accelerato del proprio
cuore.
Quando stava per ripetere il massaggio per la terza volta – ed il
suo cervello gli diceva che avrebbe dovuto già fermarsi –
il capitano sboccò tossendo saliva e fuliggine.
Lui la guardò riprendersi restando immobile. La donna lo fissava
con occhi vacui e confusi, lucidi di lacrime provocate dal fumo.
“Oh, Spock…” Esalò poi, con una voce raschiante e flebile, prima di abbracciarlo d’impeto.
Il vulcaniano fissò per qualche istante, perplesso, la tua testa
bionda affondata nel proprio petto, poi, efficiente come sempre, prese
il comunicatore.
“Spock a Enterprise.” Disse. “La situazione è stabilizzata, ma non so quanto durerà.”
“Il Capitano?” Chiese la voce di McCoy.
“Sembra che non abbia riportato troppe conseguenze, ma chiedo un
teletrasporto d’emergenza in infermeria.” Rispose calmo.
“Dopo di che, consiglierei di allontanare la nave dal
cargo.”
“Sarà fatto Signore.” Gli rispose Sulu.
“Teletrasporto tra cinque, quattro, tr…” Fece la voce di Checov.
Spock prese in braccio Kirk ed aspettò che il raggio li avvolgesse, mentre lei affondava il viso nel suo collo.
*****
“Che cosa avresti intenzione di fare, tu?” Chiese la voce
minacciosa di Bones, mentre Kirk si apprestava a scendere dal lettino.
Si fermò seduta, con le gambe penzoloni e sospirò. Dopo
che lei era stata trasportata in infermeria, l’Enterprise si era
allontanata dal cargo; il dispositivo di Scotty non aveva retto ed il
nucleo del motore a curvatura era esploso. I minatori, per fortuna
erano stati salvati, ma non si poteva dire altrettanto del prezioso
carico di dilitio che stavano trasportando. L’aspettava un
rapporto al comando di flotta ed un urgente confronto col governatore
Marquez.
“Devo tornare in plancia.” Dichiarò Kirk, mettendo i
piedi in terra; il pavimento dell’infermeria era gelido.
“Non se ne parla nemmeno, sei ancora sotto osservazione.”
Replicò il medico a braccia incrociate. “O vuoi che ti
sollevi dal comando? Sai che posso farlo.”
“Bones, ti prego.” Lo supplicò lei, mentre guardava
in giro per trovare la propria uniforme. “Saremo su Berga II tra
poche ore e io devo assolutamente parlare col Governatore
prima…”
“Può farlo Spock…”
“No che non può farlo!” Esclamò lei,
voltandosi di scatto verso il dottore e interrompendolo. “Io,
sono il Capitano di questa nave!”
“Jim, ragiona.” Soggiunse McCoy. “Puoi davvero
presentarti davanti al Governatore come donna? Cosa penserà? E
il Comando di Flotta? Perché non mi risulta che tu li abbia
avvertiti dei recenti cambiamenti…” Aggiunse saggio.
“Pensi che mi piaccia essere così? Non credi che
preferirei essere di nuovo me stesso?!” Sbottò la donna.
“Credi che non rivoglia il mio uccello?!”
Troppo tardi si accorse che l’assistente del dottore era appena
entrata nella stanza. Quando incrociò i suoi occhi, lei la
osservava incredula e un po’ offesa dal suo linguaggio.
“Infermiera Chapel…” La salutò imbarazzata.
“Capitano.” Fece lei sostenuta, prima di sorpassarli e dirigersi nella camera accanto.
“Dio, che figura.” Si rammaricò Kirk, prima di
alzare gli occhi e trovare l’espressione divertita di McCoy.
“Bones!” Mormorò lei, poi ridacchiarono insieme.
“Non posso proprio fare nulla per fermarti, vero?” Le chiese poi il dottore.
“No, però puoi aiutarmi.” Rispose il capitano. “Ho bisogno di un’uniforme con i pantaloni.”
“Cosa? E perché?” Reagì Bones.
“Perché i miei interlocutori non stiano a guardarmi le
cosce o la scollatura, mentre gli parlo.” Spiegò Kirk.
“Sono un Capitano, non una soubrette.”
“Jim…”
Kirk gli prese le mani e lo obbligò a guardarla negli occhi.
“Bones, se dovessi rassegnarmi a restare così, voglio per
lo meno continuare a fare al meglio il mio lavoro.”
“Ma non puoi!” Esclamò Leonard. “Ora sei una
donna e il paracadutismo orbitale, prendere a cazzotti i Klingon e
ficcarti in sale macchine collassate non sono cose da donna!”
“Oh, Bones, tu sei un gentiluomo d’altri tempi.” Gli
disse dolcemente, con quel sorriso comprensivo che era sempre stato una
delle più belle caratteristiche di Jim Kirk. “Qualsiasi
donna sarebbe fortunata ad averti accanto.”
Si guardarono per un lungo momento, poi Leonard le strinse le mani con un sospiro quasi arreso.
“Se… ecco…” La voce del dottore si fece
incerta, mentre fissava il bel viso della donna. “Se tu dovessi
restare così e quel Vulcaniano ottuso dovesse continuare ad
essere indeciso, potresti prendere in considerazione l’idea di un
mio invito a cena?”
Kirk sorrise radiosa. “La prenderei più che in
considerazione!” Rispose poi, prima di abbracciarlo e dargli un
bacio sulla guancia.
Il capitano stupì tutta la plancia, quando si presentò in
servizio con un’uniforme maschile, che certo le andava un
po’ larga ma non le toglieva fascino e autorevolezza.
“Tenente Uhura, siamo portata di comunicazioni con la colonia di
Berga II?” Domandò all’addetta alle comunicazioni.
“Sì, Signora.” Rispose lei.
“Allora contatti immediatamente il Governatore Marquez e lo passi
sullo schermo.” Ordinò quindi Kirk, dirigendosi alla sua
poltrona, davanti alla quale si fermò in piedi.
“Comandante Spock, la voglio qui, al mio fianco.”
Il vulcaniano, che aveva osservato tutta la scena a lato della
postazione di comando – dove sostituiva il capitano – si
diresse accanto alla donna, senza fare rimostranze.
Il governatore Marquez era un omone squadrato dai folti capelli neri che fissava torvo lo schermo e quindi i suoi interlocutori.
“Sono il Capitano James Kirk della nave stellare Enterprise.” Si presentò l’ufficiale.
“Credevo che fosse un uomo.” Ribatté Marquez.
“Beh, sono una donna, cambia qualcosa?” Replicò
fredda il capitano. “La sto contattando perché poche ore
fa la mia nave ha soccorso un cargo minerario todiano, abbiamo salvato
l’equipaggio ma perso tutto il carico di dilitio.”
Raccontò dura. “Ora, i superstiti ci hanno riferito che i
danni sono stati causati dall’attacco di una delle vostre navi,
Governatore.”
“Io non…” Tentò l’uomo.
“Mi ascolti bene, Governatore.” Lo bloccò Kirk,
facendo un minaccioso passo avanti, la solida presenza di Spock al
fianco che le dava sicurezza. “La Federazione non ha autorizzato
alcuna azione, quindi pretendo di sapere cosa è successo.”
“Non è partito nessun ordine di attacco da parte del
Consiglio della Colonia ed io non sono a conoscenza di alcuna nostra
nave coinvolta in…”
“Le sue spiegazioni sono alquanto lacunose, Governatore.” Si permise di obiettare Spock.
L’uomo fece una smorfia contrariata, ma prima che potesse
nuovamente intervenire, lo fece Kirk, che non credeva nemmeno a mezza
parola uscita da quella bocca.
“Le intimo di attenersi alla risoluzione della Federazione dei
Pianeti.” Disse a Marquez. “In caso contrario, le comunico
che l’Enterprise è autorizzata ad intervenire nel modo
più efficace.” E sapeva benissimo che minacciare una
colonia con la forza di una nave stellare era il modo migliore per
ottenere attenzione. “Kirk, chiudo.”
La comunicazione fu interrotta prima che il governatore riuscisse in
qualche modo a parlare ancora. Era proprio quello che Kirk voleva:
lasciarlo a scervellarsi ed a discutere col suo prezioso consiglio.
Si girò verso Spock con un sorriso furbo, lui sollevò il
sopracciglio in senso di approvazione, poi entrambi si voltarono per
tornare alle proprie postazioni.
“Ah, Spock.” Chiamò però il capitano, prima
di sedere sulla propria poltrona; il vulcaniano si voltò verso
di lei con espressione interrogativa. “Volevo scusarmi con
lei.”
“E per quale motivo, Signora?” Replicò il primo ufficiale, perplesso.
“In questi giorni probabilmente l’ho confusa e irritata con
la mia eccessiva emotività e mi rendo conto che potrebbe essere
stato un problema interagire con me.” Spiegò Kirk.
“Non deve giustificarsi, comprendo che sia un periodo difficile.” Replicò calmo Spock.
“Volevo solo dirle…” Continuò lei, abbassando
gli occhi. “…che lei sarà sempre il migliore
ufficiale con cui abbia lavorato e che è un onore avere la sua
collaborazione, grazie.”
“Dovere, Capitano.” Annuì il vulcaniano.
Kirk si sedette sulla poltrona di comando con un sorriso più
disteso, mentre Spock continuava ad osservarla dubbioso dalla propria
postazione che, nel frattempo, aveva raggiunto.
CONTINUA
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
more than a woman
Ecco
a voi l’ultima parte di questa storia. I nodi vengono al pettine
e l’ennesima avventura si conclude. I nostri eroi ne usciranno
cambiati? Aspetto i vostri commenti e, intanto, vi ringrazio per averla
apprezzata così tanto!
Buona lettura!
Sara
- 3 -
L’ultimo ordine del capitano,
prima di ritirarsi nella sua cabina, era stato quello di rintracciare
la nave da guerra berghiana, così da chiarire l’incidente
al cargo prima di raggiungere la colonia, poi aveva lasciato la plancia
stanco e convinto di riposarsi davvero.
Aveva pensato che un po’ di
adrenalina, sfogarsi col dottore e scusarsi con Spock,
l’avrebbero aiutata a prendere sonno e riposare un po’.
Perché la verità, che
non aveva confessato né a Leonard né a Spock, era che da
quando si era ricordata della trasformazione non riusciva più a
dormire. Continuava a sognare quell’uomo in uniforme ed a
svegliarsi con quella lancinante emicrania. In pratica, non dormiva da
due giorni.
Anche quella notte il sogno si
ripresentò puntuale e doloroso come sempre. Si svegliò
urlando, bagnata di sudore, con l’immagine del finto ufficiale
che la fissava serafico impressa nella mente. Il mal di testa era a
livelli esplosivi.
Non poteva continuare così,
la mattina dopo sarebbero arrivati su Berga e c’era una difficile
trattativa ad aspettarla. Doveva risolvere la faccenda ora.
Si alzò dal letto e,
così come stava – con addosso solo la camicia del pigiama
– si diresse da chi poteva aiutarla.
Il cicalino della porta lo
sorprese. Era notte fonda – per l’orario standard delle
navi stellari – e solitamente non lo avrebbero disturbato. Se ci
fosse stato un allarme urgente, il signor Scott – incaricato del
turno notturno – lo avrebbe avvertito tramite il circuito di
comunicazione.
Andò alla porta e, quando
questa si aprì, non poté nascondere una certa sorpresa
nel trovarsi davanti il capitano in pigiama.
“Spock ho bisogno di lei.” Dichiarò concitata la donna, prima di entrare nell’alloggio.
Il vulcaniano la osservò.
Portava solo il sopra del pigiama, le lunghe gambe chiare scoperte. I
capelli erano arruffati e sudati alla base. Il suo viso pallido e
tirato.
“Che cosa succede?” Le domandò quindi, seguendola all’interno.
“Devo risolvere questa cosa,
adesso.” Affermò tesa la donna. “Devo andare fino in
fondo, scoprire cosa è successo ed avere di nuovo il controllo
di me stesso.”
Si voltò e fissò
negli occhi Spock per un lungo istante. Il primo ufficiale era
impassibile, ma i suoi occhi la guardavano con una tale
intensità da farle tremare le gambe.
“Posso andare più a
fondo, ma potrebbe essere pericoloso.” Disse infine Spock.
“Andare a recuperare ricordi che potrebbero essere stati rimossi
forzatamente rischia di ledere la corteccia cerebrale.”
Spiegò quindi.
“Me ne rendo conto.”
Annuì il capitano. “Ma, allo stesso tempo, io non posso
affrontare la missione in queste condizioni… Non dormo da due
giorni, Spock.”
“Ne ha parlato col Dottor McCoy?” S’informò il vulcaniano.
“Ehm… no, non ho avuto tempo.” Rispose lei, deviando lo sguardo.
“Certo.” Fece Spock con tono retorico.
“Il sarcasmo non fa per lei, lo sa?” Reagì Kirk, posando le mani sui fianchi.
“Io ritengo che il Dottore
debba essere informato riguardo alle sue condizioni, Capitano.”
Replicò freddamente il primo ufficiale.
“Mi farebbe una predica, poi
m’imbottirebbe di inutili pillole e non è questo che mi
serve.” Affermò lei. “Io devo sciogliere il nodo,
altrimenti non sarò più me stessa né come donna,
né come uomo, capisce!” Aggiunse frenetica. “Solo
lei può aiutarmi davvero.”
Spock continuava a fissarla con quei suoi occhi scurissimi e profondi come lo spazio, poi incrociò le dita delle mani.
“Io non sono certo di volermi
assumere la responsabilità di danneggiare il suo cervello,
Capitano.” Asserì infine.
“Mi rendo conto che le chiedo molto…”
“È molto più
logico, da parte mia, averla così che non averla per
niente.” Continuò, ignorando il suo commento.
Kirk stava per ribattere, quando si
accorse di cosa aveva appena detto Spock. Alzò gli occhi su di
lui, incredula. Lui la stava ancora fissando, ma sperava di non
sbagliarsi a vedere del turbamento nella sua espressione.
“Oh, Spock…”
Mormorò consapevole, facendogli un breve sorriso. “Tu lo
sai quanto sei prezioso per me, vero? Quanto lo sei sempre stato, e non
solo sulla plancia o in missione.” Gli disse poi, prendendogli le
mani.
Le mani del vulcaniano erano
così grandi e calde tra le sue, ora piccole, e lei ringraziava
gli dei in cui non aveva mai creduto per il fatto che lui non si
sottraesse alla presa.
“Ne sono consapevole
e… onorato.” Rispose Spock, continuando a tenere le mani
nelle sue. “La tua importanza per me è assolutamente
paritaria.”
Kirk sorrise dolcemente davanti a
quella dichiarazione d’affetto che a chiunque sarebbe sembrata
fredda e distaccata ma che per lei era bella e sacra.
“Capisci, allora, quanto sia
fondamentale per me riuscire a risolvere questa situazione?” Gli
chiese quindi, seria, fissandolo negli occhi.
“E naturalmente non presterai
attenzione agli avvertimenti che ti sto dando, non è
così?” Replicò Spock, corrispondendo lo sguardo.
“Mi conosci.” Rispose
lei, stringendo un po’ di più le sue mani. “Ma
apprezzo la tua preoccupazione.”
Spock aggrottò la fronte. “Non ho parlato di preoccupazione, è un sentimento che…”
“Certo.” Sorrise Kirk. “Ma anche io conosco te.” Aggiunse con dolcezza.
“Capitano…”
“Aiutami e basta, Spock, fidati di me come hai fatto tante volte in passato, ti chiedo solo questo.”
Lui sembrò rifletterci per
un lungo momento, fissando qualcosa oltre la spalla di Kirk, poi
abbassò nuovamente lo sguardo nel suo.
“So che ci proveresti
comunque, anche senza il mio aiuto e allora sarebbe veramente
pericoloso.” Le disse infine. “Quindi è più
logico da parte mia, assecondare il tuo volere.”
Kirk sorrise soddisfatta, sempre stringendogli le mani, poi però assunse un’espressione pensosa.
“Spock.”
“Sì?”
“Mi domandavo
se…” Mormorò la donna. “Se tutto dovesse
andare storto, se poi io non fossi più la stessa persona, io
vorrei…”
“Dobbiamo cercare di essere ottimisti, Jim.” La interruppe lui.
“No, non è
quello!” Esclamò lei quasi divertita. “È solo
che non vorrei avere rimpianti e, insomma… ecco, io
potrei… Posso?”
Quella richiesta senza oggetto
parve molto strana a Spock, non capiva a cosa si riferisse, se lui ne
fosse il soggetto, ma c’era una supplica inespressa nei begli
occhi nocciola di Kirk e gli sembrò illogico non rispondere
affermativamente.
“Sì.” Le disse annuendo.
Il capitano sorrise, poi
lasciò le sue mani e gli posò i palmi sul viso. Il
vulcaniano, istintivamente, la prese delicatamente alla vita. Lei si
alzò sulle punte, spingendosi verso di lui. Le loro labbra
collisero in un bacio impacciato. Che divenne più morbido e
partecipe in pochi istanti.
Quando finì, si guardarono confusi e sorpresi, poi un sopracciglio di Spock si sollevò ed i suoi occhi brillarono.
“Affascinante.” Affermò.
Kirk sorrise. “Non è l’aggettivo che avrei usato io, ma… sì.” Confermò quindi.
Spock avrebbe anche voluto dire che
avrebbero dovuto farlo prima, ma ritenne che non fosse logico far
gravare sul capitano un tale carico emotivo prima di quello che stavano
per fare. La cosa più giusta ora, ritenne, era aiutare Kirk ad
affrontare il suo misterioso nemico. E fu ciò che fecero.
*****
“Oh, hai portato anche il tuo
adorabile Vulcaniano!” Esclamò l’uomo, seduto su un
trono e vestito approssimativamente come Enrico VIII.
“No, non
approssimativamente.” Il personaggio corresse i loro pensieri.
“Esattamente come Enrico VIII.” Precisò.
“Puoi leggere le nostre menti?” Chiese Spock.
“Ah, so cose di voi che
neanche voi sapete di sapere!” Commentò annoiato
l’uomo, rigirandosi lo scettro tra le dita. “Siete nudi,
davanti a me.” Aggiunse fissandoli, poi schioccò le dita.
Spock abbassò gli occhi su
di se e si accorse di non avere più niente addosso; li
rialzò e fissò con disapprovazione la persona che sedeva
sul trono.
“A quanto pare è vero
quello che ho sentito sui Vulcaniani.” Affermò
l’uomo, osservando Spock. “Peccato per lo scarso
uso… Anche il Capitano, comunque, è ben messo.”
Kirk si guardò e vide, oltre
all’ovvia mancanza di abiti, che tutti i suoi attributi maschili
erano tornati al proprio posto. Si girò verso Spock.
“Sono un uomo!” Esclamò.
“Lo vedo, Jim.”
Replicò asciutto, poi tornò con l’attenzione
all’uomo sul trono. “Adesso vorrei sapere chi sei tu.”
Lui sospirò e si
accomodò meglio, aggiustando il bordo di ermellino del suo
abito. “Non credo di doverti rispondere, tu non dovresti neanche
essere qui: questa non è la tua mente.”
“Allora rispondi al legittimo proprietario di questo cervello.” Intervenne autoritario Kirk.
L’uomo soffocò una
risatina sarcastica. “Tu, pensi di potermi imporre qualcosa?
Mentre sei davanti a me nudo come un verme?”
“Io pretendo di riavere la mia dignità!” Sbottò Jim, facendosi avanti.
“Per quanto mi riguarda, eri
una donna più che dignitosa, qualunque uomo dotato di almeno
qualche ormone funzionante ci avrebbe fatto un pensierino…”
“Voglio essere di nuovo me stesso!” Insisté il capitano.
“…ti volevo solo dare
una possibilità concreta di realizzare qualcuno di quegli
interessanti sogni erotici che facevi riguardo al tuo primo
ufficiale…” Continuò l’altro, ignorandolo.
Kirk si bloccò e lanciò un’occhiata imbarazzata a Spock, che lo fissava con curiosità.
“Ehm… ecco…” Balbettò.
“Sogni erotici, Jim?” L’interrogò perplesso il vulcaniano.
“È un uomo dotato di
una discreta fantasia.” Commentò quello sul trono,
giocherellando ancora con lo scettro. Il sopracciglio di Spock si
alzò ulteriormente.
“Spock, io…
non…” Biascicò agitato Kirk. “Oh, insomma!
È colpa tua! Potresti anche cercare di non essere
così… sexy!”
“Sexy?” Fece confuso il comandante.
“Ecco, adesso siete divertenti.” Commentò l’uomo in costume con un gran sorriso.
“Adesso basta!”
Gridò allora Kirk, tornando a guardare lui. “Non è
una commedia e noi non siamo attori comici, è la mia vita, maledizione!”
Il dolore feroce era tornato a
martellare la sua testa, costringendolo a contrarre il viso in una
smorfia ed a strizzare gli occhi.
“Infatti: è la
tua.” Disse il tipo. “Lui deve andare.” Girò
una mano e la spinse verso Spock, che scomparve, lasciando vuota quella
parte di stanza.
“Ora siamo solo noi due,
Jim.” Dichiarò l’uomo, mentre Kirk osservava
sconvolto l’assenza del suo primo ufficiale.
*****
Spock riaprì gli occhi,
trovandosi nella realtà, proprio mentre il capitano gli cadeva
tra le braccia, svenuta. Provò immediatamente a rianimarla ma,
nonostante il respiro ed il polso fossero regolari, non ci
riuscì. E, sorprendentemente, nella realtà era ancora una
donna.
La prese in braccio e l’adagiò sul proprio letto, prima di avvicinarsi al comunicatore e chiamare il dotto McCoy.
Pochi minuti dopo erano tutti in
infermeria ed il lettino diagnostico rimandava letture del tutto nella
norma. Il capitano, apparentemente, era solo caduta in un sonno
profondo da cui sembrava impossibile svegliarla.
“E l’attività
cerebrale, Dottore?” Domandò Spock, senza togliere gli
occhi da quelli chiusi di Kirk.
“Normale.” Rispose
Leonard con tono spento. “Maledizione!” Imprecò poi,
sbattendo il Tricorder medico su un tavolinetto. “Non
c’è niente che, a livello medico, possa spiegare le sue
condizioni.”
“Quindi è propenso ad
affermare che si tratti semplicemente di sonno?”
L’interrogò il vulcaniano.
“Santo cielo,
sì!” Esclamò McCoy. “E non so cosa fare,
onestamente, per riuscire a svegliarla.” Aggiunse rammaricato.
“Se vuole provare con un bacio, faccia pure, le manca la
calzamaglia azzurra, ma…”
“Citare irragionevoli favole umane non ci aiuterà a risolvere la situazione, Dottore.”
“E che cosa vuole che faccia,
eh?!” Ribatté piccato il medico. “Non posso
defibrillarla, perché il suo cuore batte regolarmente, non posso
usare una stimolazione neurologica, perché anche il cervello
è a posto, mi dia qualche suggerimento!”
“Perdere inutilmente la pazienza non è un buon…”
Il cicalino del comunicatore
interruppe quella discussione. Il primo ufficiale prese lo strumento e
rispose, lanciando un’occhiata di rimprovero a McCoy.
“Sulu a Comandante Spock.” Esordì il pilota.
“Parli, Tenente.” Incitò il vulcaniano.
“Abbiamo intercettato la scia di curvatura della nave da guerra berghiana, Signore.” Riferì il navigatore.
“Molto bene, vi raggiungo immediatamente in plancia.” Annuì lui. “Spock, chiudo.”
Si girò di nuovo verso McCoy, che lo stava fissando leggermente contrariato, con le braccia incrociate.
“Devo andare.” Annunciò Spock. “Faccia il possibile, Dottore.”
“E da quando in qua devo
farmelo dire da lei, eh?” Sbottò scorbutico Leonard,
voltandosi verso il lettino diagnostico su cui giaceva il capitano. Il
vulcaniano lo fissò perplesso, poi lasciò
l’infermeria con un ultimo sguardo per Kirk.
Raggiunsero la zona di spazio in
cui doveva essere la nave ricercata in pochi minuti. Il Capitano aveva
ordinato di rintracciarla poco prima della fine del suo turno ed ora i
suoi uomini ubbidivano con efficienza.
Spock sedeva rigidamente sulla
poltrona di comando, osservando lo schermo su cui apparivano alcuni
planetoidi contornati da resti di meteoriti, grossi asteroidi e altra
varia spazzatura spaziale.
“La nave berghiana
probabilmente si nasconde in una zona inaccessibile ad un vascello come
l’Enterprise.” Riferì l’accento russo di
Checov. “La nostra mole non ci permette di attraversare la fascia
di asteroidi.”
“Siamo a portata di contatto, Tenente Uhura?” Chiese allora il comandante.
“Sì, Signore.” Annuì la donna.
“Apra un canale.” Ordinò Spock.
“Non rispondono, ma dovrebbero sentirci.” Comunicò Uhura poco dopo.
“Parla il Comandante Spock
della nave stellare Enterprise.” Si annunciò il
vulcaniano. “Nave della colonia di Berga II, siete sospettati di
un attacco al cargo todiano Katch, vi ordino di palesare la vostra
presenza, o dovremo farci largo nella fascia di asteroidi con i nostri
phaser.” Il tono era calmo, completamente privo di intonazioni
minacciose.
In quel momento la porta del turbo ascensore si aprì e il dottor McCoy fece il suo ingresso in plancia.
Spock si girò e lo vide. Il
medico intercettò subito la domanda nei suoi occhi e scosse il
capo con diniego. Il comandante si riaccomodò sulla poltrona:
niente era successo al capitano Kirk, poteva continuare col suo lavoro.
“Sulu, tracci una rotta
attraverso il campo di asteroidi.” Ordinò Spock.
“Checov, carichi i banchi phaser, pronti al fuoco.”
“Sì, Signore!” Risposero i due ufficiali.
Pochi istanti e l’Enterprise
sarebbe stata pronta a colpire, aprendosi un varco sufficiente ad
intercettare l’altra nave, colpirla disabilitando i suoi
armamenti e prenderne il controllo. Ma tutto questo non avvenne
perché un vascello comparve sullo schermo.
“Checov?” Interrogò il comandante.
“Erano occultati dietro ad uno dei planetoidi, ora sono nel raggio dei nostri sensori.”
“Li contatti, Uhura.”
“Canale aperto.”
“Berghiani.”
Esordì Spock. “Avete apertamente violato una risoluzione
della Federazione dei Pianeti, siamo autorizzati ad usare la forza ma
non è questo lo scopo della nostra missione.”
Continuò il vulcaniano. “Abbassate gli scudi e
consegnatevi pacificamente.”
******
“Mio caro Jim.”
Pronunciò suadente la creatura dall’aspetto umano, mentre
scendeva dal trono e si avvicinava a Kirk.
“Chi sei tu?”
Domandò ancora Jim, fissandolo da sotto le sopracciglia
aggrottate con sospetto. “Sei una specie di
divinità?”
“Se vuoi chiamarmi così, non mi offendo.” Replicò lui, con un insopportabile sorriso soddisfatto.
“Perché mi stai facendo questo?” Chiese allora il capitano, tremando di rabbia.
“Mi annoiavo.” Rispose
l’uomo allargando le mani. “Ultimamente Jean-Luc non
è più quello di una volta, tutta quella storia dei Borg,
sai…”
“No, non so.” Lo interruppe Jim. “Chi è Jean-Luc e cosa sono i Borg?”
“Hm, cose che non dovresti sapere e che, comunque, poi dimenticherai.” Spiegò lui con semplicità.
“Quindi sono il passatempo di una divinità annoiata?” Interrogò ancora il capitano.
“Sì, in un certo
senso.” Fece lui distrattamente, aggiustandosi il mantello.
“E poi volevo darti una possibilità di migliorare la tua
vita.”
“Non capisco…” Mormorò confuso Jim.
“Certo, per quanto
intelligente non sei altro che un Umano!” Sbottò annoiato
l’altro. “Parlo dell’amore, James!”
Continuò con enfasi. “Non trovi che sia uno spreco, amare
qualcuno e non realizzare mai questo sentimento? Voi Capitani, fate il
lavoro più bello dell’universo e siete sempre così
soli.”
Jim lo studiò per un attimo:
aveva una gestualità teatrale, era alto ed elegante, i capelli
scuri e mossi sotto il cappello bordato di pelliccia. Gli occhi erano
azzurri e penetranti.
“Hai ragione, è il
lavoro più bello che esista.” Disse infine, dopo un lungo
respiro. “Ma è anche il più duro e gli affetti
richiedono tempo e dedizione.” Aggiunse. “E quanta puoi
dedicarne, se il tuo dovere è verso la nave ed il tuo
equipaggio?”
“Hmm, sei un uomo
profondo.” Commentò compiaciuto l’altro. “Tu e
Jean-Luc potreste essere buoni amici, peccato che lo conoscerai tra
molto, molto tempo.”
“So che può suonare
strano, detto da me, ma non me ne importa un accidente di questo
ipotetico futuro che mi prospetti.” Dichiarò asciutto Jim.
“Io voglio il mio presente, essere un Capitano, essere un buon
amico per chi lo è per me e l’amore… Se deve essere
succederà, che io sia donna o uomo.”
“Vedo che sei determinato a
riavere la tua vita come è sempre stata.” Accennò
distrattamente l’alieno.
“A qualsiasi costo.” Disse Kirk a pugni stretti.
“Beh, allora…”
Fece lui, roteando lo scettro. “Devi però ammettere che ho
aperto i tuoi orizzonti, non è così?”
“Oh, sì, è stato illuminante pisciare da seduto!” Ribatté immediato il capitano.
“Suvvia!”
Esclamò divertito l’altro. “E stare tra le braccia
di Spock?” Chiese quindi, con uno sguardo malizioso.
“Quello è stato… piacevole.” Ammise Jim, ma sempre con espressione dura.
“Quindi mi ringrazierai?” Soggiunse lui con un sorriso invitante.
“Scordatelo!” Sbottò Kirk. “Ti rendi conto di quanto è stato difficile?!”
“Non essere così
orgoglioso, James, o potrei cambiare idea e la prossima volta
trasformarti in una procace femmina klingon… Oh, le adoro quando
ringhiano!”
“Sei insopportabile.” Affermò Jim.
“Un’opinione molto diffusa.” Replicò lui serafico.
“Cosa hai intenzione di fare, adesso?” L’interrogò sospettoso il capitano.
“Prima di tutto, presentarmi.” Rispose.
Fece quindi un pomposo inchino, togliendo il cappello con uno svolazzo elaborato, poi tornò a guardarlo in faccia.
“Voi Umani mi chiamate Q,
sono parte del Q-Continuum.” Jim lo fissò perplesso.
“Io sono nel passato, nel presente e nel futuro, io sono ovunque
e posso tutto.”
“Certo.” Commentò scettico Jim con un sorriso storto.
“Vuoi di nuovo le tette, Jim?” Lo minacciò Q.
“Possiamo tagliare corto, avrei una missione da concludere.” Protestò Jim, mani sui fianchi nudi.
“In realtà, non
è esattamente così.” Dichiarò Q.
“Potrei riposizionarti in qualsiasi momento del tempo, nella tua
brufolosa adolescenza, come nel momento in cui stavi baciando il tuo
Vulcaniano…”
“Mettimi dove ti pare, ma fammi tornare sull’Enterprise.” Ringhiò Kirk.
L’alieno sorrise benevolo. “È stato un piacere passare del tempo con te, James.”
“Spero mi perdonerai se non dirò altrettanto.”
Il sorriso di Q era misterioso. “Ci rivedremo, Jim, è una promessa.”
“Suona più come una minaccia.” Ribatté il capitano.
“Fa buon ritorno,
James.” Gli augurò quindi l’uomo con espressione
ammiccante. “E ricorda cosa ti ho insegnato: il lavoro più
bello dell’universo non riempie tutti i vuoti.”
Jim lo fissò aggrottando la fronte. “Tu non mi hai spiegato un bel nient…”
“A presto, Jim.” Lo interruppe lui, poi alzò una mano e tutto sparì.
*****
Jim si svegliò di
soprassalto, emettendo un rantolo disperato, come se ricominciasse a
respirare in quel momento dopo chissà quanto. Tentò di
alzarsi seduto, ma una fitta al petto lo costrinse a rimettersi
disteso. Decise, allora, di guardarsi intorno.
Era in infermeria, steso su un
lettino diagnostico ed indossava un camice… rosa. Qualcosa
però gli fece capire che la situazione era cambiata. Si
toccò il petto, poi guardò le proprie mani.
Spalancò gli occhi ed emise
un verso che poteva essere un gemito di dolore come un grido
vittorioso, poi scostò le coperte e fece per saltare giù
dal lettino.
Il calcolo sbagliato fu pensare che
le gambe fossero più collaborative delle corde vocali, ma i suoi
arti non si piegarono come dovevano, i piedi non si appoggiarono e Jim
scivolò goffamente dal lettino, ritrovandosi con la faccia
schiacciata sul pavimento freddo dell’infermeria.
“Ma che cosa
suc…” Fece l’infermiera Chapel entrando nella
stanza. “Oh, santo cielo!” Esclamò poi, quando vide
il capitano a terra bocconi e con il sedere all’aria.
La nave berghiana si era arresa ed
una squadra della sicurezza dell’Enterprise stava per
teletrasportarsi a bordo e prendere in custodia gli ufficiali in
comando.
Spock era soddisfatto dell’azione e certo che il capitano avrebbe approvato come si era mosso.
Il comunicatore risuonò nella plancia, attirando la sua attenzione; si girò verso la consolle delle comunicazioni.
“Infermeria a Dottor McCoy.” Annunciò la voce concitata della Chapel.
“Christine, che succede?” Chiese immediato Leonard.
“Deve venire subito qui, si tratta del Capitano.” Rispose l’infermiera.
A quelle parole, Spock
scattò immediatamente, mettendosi in piedi. Il dottore gli
lanciò un’occhiataccia e alzò una mano bloccandolo.
“Dove crede di andare?”
Gli disse minaccioso. “Pensi a risolvere questa faccenda.”
Aggiunse, accennando allo schermo. “A quell’altro penso io,
il ricongiungimento coniugale lo farete dopo.” Concluse,
dirigendosi al turbo ascensore.
Spock, senza commenti, ma col
sopracciglio alzato, si risedette sulla punta della poltrona di
comando; quando alzò gli occhi, tutti gli ufficiali di plancia
lo stavano guardando. Lui dedicò loro uno sguardo di
disapprovazione.
“Signori, non
c’è niente da guardare.” Affermò gelido.
“Tornate al lavoro.” Ordinò poi.
Leonard entrò in infermeria
guardandosi intorno; subito si vide venire incontro Christine con
un’espressione accigliata.
“Che succede?” Domandò il medico.
“È caduto dal letto,
sembra avere qualche problema agli arti…” Riferì la
donna, mentre procedevano verso l’area di degenza.
“…ho provato ad aiutarlo, ma non riesce a muoversi con
coordinazione, ho dovuto lasciarlo a terra, però continua ad
agitarsi e mugugnare.” Bones la guardò divertito.
“Non provi a ridere! Ho dovuto coprirgli il sedere almeno tre
volte!” Protestò lei.
“Ci sono cose peggiori da vedere che il sedere del Capitano.” Dichiarò lui reprimendo una risatina.
“Dottore, la prego!” Esclamò scandalizzata l’infermiera.
Si fermarono accanto al letto,
dietro al quale spuntavano i piedi del capitano; si muovevano
scoordinati, scivolando senza presa sul pavimento. Il dottore
aggirò il letto e si morse le labbra per evitare un sorriso
inopportuno: Jim era di nuovo Jim.
E poco importava se era riverso a
sbavare sul pavimento della sua infermeria, bestemmiando e battendo i
pugni sulle piastrelle, con addosso una tunichetta rosa troppo stretta
per lui e con le chiappe al vento.
“Non so cosa darei ora, per
poterti fare una foto…” Mormorò il dottore, con la
voce piena di ilarità mal trattenuta.
“…hnc.. brrnnnsss… ones!” Sputacchiò il capitano, battendo un pugno a terra.
Leonard si piegò sulle
ginocchia, per avvicinarsi all’amico. “Non riesci a parlare
meglio di così?” Chiese con tono professionale.
“…hng… oooo…” Fu la risposta di Jim.
“Hm, afasia.”
Commentò distaccato Bones. “E le gambe? Le senti?
C’è formicolio, prurito, dolore?”
“…onn… ons… fn… mi… ahnzare… qvi, gerda!” Sbottò agitato Kirk.
“Gerda?” Fece McCoy interrogativo. “O hai detto Gherda?”
“Mmm… m… erda!” Imprecò ancora il capitano.
“Ah, avevo capito bene
allora!” Scherzò Bones, poi si avvicinò ancora a
Jim e lo fece voltare sulla schiena, si guardarono negli occhi.
“Adesso ti aiuto a tornare a letto, poi avvertiamo il tuo
preoccupatissimo primo ufficiale, che ne dici?”
Kirk riuscì soltanto ad annuire, poi fece del suo meglio per aiutare Bones a rendergli la dignità.
Quando Spock giunse in infermeria,
Jim per fortuna era già a letto; la tunica rosa era stata
sostituita con una verde, gli arti cominciavano ad ubbidire al cervello
e riusciva anche a pronunciare qualche frase senza sbavare come un
mastino.
Il primo ufficiale non
riuscì a nascondere un’espressione incredula, mentre si
avvicinava al lettino e constatava che il capitano era di nuovo se
stesso. Jim gli fece un dolcissimo, accogliente sorriso, invitandolo a
raggiungerlo.
“La sua espressione non vale
quanto il sorriso che mi fece ai tempi dello scontro su Vulcano, ma
posso accontentarmi.” Gli disse Kirk, una volta che Spock si fu
fermato accanto al suo letto.
Il vulcaniano mise le mani dietro
la schiena e annuì compito. “Devo ammettere che mi
stupisce vedere che è tornato normale, non credevo sarebbe
accaduto.” Affermò quindi. “Come è riuscito a
convincere l’alieno?”
“Beh…”
Raccontò il capitano. “Non ricordo un gran che, sono
frammenti… Ha detto di averlo fatto per noia, ha parlato di cose
che non conosco, di una lezione che dovevo imparare… Gli ho
detto che rivolevo la mia vita e… lui me l’ha
restituita.” Spiego incerto, ancora incredulo.
“Quindi, a questo punto cosa
pensi di fare?” Domandò Bones a Jim; lui sospirò e
si appoggiò contro i cuscini.
“C’è una missione da portare a termine, mi pare.” Affermò poi.
“Jim…”
Tentò subito il dottore, ma il capitano lo bloccò alzando
una mano, quindi si rivolse al suo primo ufficiale.
“Riferisca, Spock.” Lo incitò.
“Tra un’ora e quaranta
minuti saremo nell’orbita di Berga II ed il consiglio della
colonia ci attende per le quattordici, ora standard.” Porse al
capitano un Padd. “Questo è il rapporto del Tenente Checov
sull’interrogatorio ai membri dell’equipaggio berghiano
responsabili dell’attacco.” Kirk esaminò brevemente
il testo, poi con un cenno autorizzò Spock a parlare. “Gli
ufficiali riferiscono che l’attacco è stata una loro
iniziativa personale, portata a compimento senza l’autorizzazione
del consiglio della colonia, ma sia io che il Tenente Checov dubitiamo
della veridicità di questa affermazione.”
“È una situazione spinosa.” Commentò McCoy, incrociando le braccia.
“Per questo è
necessario che io sia presente ai colloqui con Berga e Tod
Alpha.” Dichiarò pensoso Kirk. “Non accetterò
proposte riguardo ad un giudizio interno per l’equipaggio della
nave che ha attaccato il cargo.”
“Concordo con lei,
Capitano.” Affermò Spock. “Sarebbe troppo facile
lasciare che i berghiani giudichino da soli questi uomini, una sentenza
pilotata sarebbe immaginabile e, anche se non ci sono state vittime,
senz’altro ingiusta.”
Jim si limitò ad annuire, senza guardare il comandante.
“È perfettamente
inutile, vero, che io ti dica che non sei in grado di affrontare un
incontro diplomatico così teso?” Sostenne il medico.
“Bones, tu mi conosci troppo
bene!” Scherzò il capitano con un sorriso impertinente.
McCoy sbuffò e si girò dall’altra parte.
Jim, allora, guardò Spock
negli occhi e lo vide presente e assertivo come sempre. Allungò
una mano e gli strinse il polso, Spock annuì. C’erano
l’uno per l’altro, come sempre e Jim si sentì subito
più sicuro di se.
Jim barcollò dalla camera al
soggiorno del suo alloggio, trovando ad attenderlo lo sguardo di
rimprovero del dottor McCoy.
“Sto bene, Bones.”
Mormorò il capitano con un sorrisetto, mentre si appoggiava alla
scrivania per allacciare gli stivali.
“Non credo proprio.”
Replicò burbero il medico. “Dovrei farti un altro paio di
esami e un controllo neurologico…”
“Non abbiamo tempo.” Lo interruppe Kirk.
Leonard, allora, gli posò
una mano sulla spalla, stringendo appena, così l’altro fu
costretto ad alzare gli occhi su di lui.
“Sono solo preoccupato per te, Jim.” Gli disse sincero il dottore.
Kirk sorrise, con quel suo sorriso
un po’ furbo, ma apertamente tenero, poi si raddrizzò e
corrispose la stretta alla spalla dell’amico.
“Lo so, Bones e apprezzo,
credimi.” Gli disse, comprensivo ma deciso. “Però
laggiù c’è bisogno di me ed un Capitano non si tira
indietro.”
Bones sbuffò e rimise su la sua espressione severa, incrociando le braccia.
“Avrai bisogno di una stampella, ad ogni modo.” Borbottò poi.
Spock, che era rimasto in silenzio
fino a quel momento, godendosi il battibecco tra gli altri due
ufficiali, fece un passo avanti, si affiancò al capitano e lo
prese alla vita. Jim lo guardò e sorrise. Il vulcaniano si
girò verso il dottore.
“No, non ne ha bisogno.” Sostenne impassibile.
“Visto?” Rincarò un raggiante Jim.
Leonard emise un sospiro frustrato e si posò le mani sui fianchi, fissandoli con disapprovazione.
“Io non so più come fare per combattere contro voi due!” Sbottò quindi.
“Arrenditi, Bones, non puoi
fare nulla.” Ribatté allegro Kirk, poi guardò negli
occhi Spock. “Insieme siamo invincibili.”
Il vulcaniano alzò il
sopracciglio. “Affermazione illogica che, misteriosamente, mi
sento di condividere.” Disse poi.
Jim sorrise ancora di più, stringendosi al fianco del primo ufficiale.
“Ergh…”
Rantolò il dottore, mentre li guardava fissarsi negli occhi.
“Oh, e va bene!” Esclamò infine. “Ma
scordatevi che resti qui.” Aggiunse, afferrando
l’attrezzatura medica, quindi puntò il dito verso di loro.
“Oggi questa coppia sarà un triangolo, ci siamo
capiti?”
Kirk scrutò per un attimo l’espressione perplessa di Spock, poi scoppiò a ridere.
Il governatore Marquez accolse il capitano Kirk con un’espressione incredula ed un: “Ma non era una donna?!”
Lui rispose con un sorriso sornione. “Una donna? Ma non scherziamo!”
Spock si trovò ancora una
volta ad ammirare e, allo stesso tempo, disapprovare,
l’atteggiamento disincantato di Jim e la sua abilità nel
girare le situazioni a proprio favore.
Ignorando qualsiasi commento da
parte del governatore e dei suoi accompagnatori, la piccola delegazione
dell’Enterprise entrò nella sala dove si sarebbero svolti
i colloqui.
Fu dura. Non tanto per
l’ostinazione dei berghiani a negare responsabilità del
consiglio nell’attacco al cargo, o per la venale
caparbietà dei todiani riguardo ai mancati introiti dovuti alla
perdita del carico. Jim era provato, fisicamente e mentalmente ed era
spossante mettersi in mezzo a questa inutile bega tra colonie e fare da
cuscinetto. Quello, purtroppo, era il suo compito.
Più di una volta Kirk si era
ritrovato ad appoggiarsi col gomito al tavolo e massaggiarsi la fronte,
mentre intorno a lui i delegati starnazzavano fermi nelle loro
posizioni. E si era sempre risollevato quando una mano calda aveva
sfiorato quasi casualmente la sua schiena. Lui aveva alzato gli occhi e
incrociato quelli determinati e presenti di Spock e ritrovato un
po’ d’energia. Bones, nel frattempo, lo monitorizzava col
tricorder da sotto il tavolo.
Dopo interminabili ore di
trattative, finalmente Kirk ottenne il rinnovo della risoluzione della
Federazione, in cambio di un risarcimento delle perdite subite da Tod
Alpha e di un processo imparziale agli uomini che si erano auto
accusati dell’attacco. Il capitano, ad ogni modo, non si fidava
della parola dei coloni ed impose una missione diplomatica di controllo
da parte di Federazione e Flotta Stellare - possibilità tra
l’altro concordata fin dall’inizio col suo comando. I
coloni protestarono, ma lui li ignorò.
Jim concluse la riunione distrutto, ma soddisfatto.
*****
Era tardi, quando il dottor McCoy
entrò nella sala ricreazione dell’Enterprise. Le persone
non impegnate nel turno notturno erano a dormire ed un po’ di
tranquillità era esattamente ciò che Leonard cercava,
dopo quei giorni concitati.
La grande stanza era deserta e la luce delle stelle la rischiarava appena, aiutata dalle tenui luci blu del bancone.
Bones cominciò a sperare di
farsi un piccolo spuntino in pace – niente di che, un sandwich o
una fetta di torta. Arrivato vicino ai replicatori, però, vide
una persona in piedi davanti alla vetrata affacciata sullo spazio. Si
avvicinò piano, con un mezzo sorriso.
“Jim.” Chiamò a bassa voce.
Il capitano sussultò ma si voltò con un sorriso. “Oh, Bones!” Lo accolse allegro.
“Un drink prima di dormire?” Accennò il medico, indicando il bicchiere di latte in mano all’amico.
Jim lo alzò a mò di
brindisi e sorrise ancora. “Non avevo voglia di alcolici e in
camera avevo solo quelli.” Disse poi e bevve un sorso.
“Come medico non posso che
approvare, come amante del buon Bourbon del Sud un po’
meno.” Commentò l’altro; risero piano.
Seguì un momento di
piacevole silenzio, con entrambi a guardare fuori, dove il profilo
illuminato di Berga II si stagliava ellittico contro il nero
dell’orizzonte.
“Perché non vai a dormire, Jim?” Domandò ad un certo punto il dottore.
Vide chiaramente Kirk irrigidirsi e
stringere la stretta sul bicchiere. Il capitano poteva sembrare una
persona estroversa, ma per chi lo conosceva bene come Bones, era chiaro
quanto di profondo e pesante lui si tenesse dentro. Per non essere di
peso agli altri, per dimostrare che ce la faceva da solo. Leonard,
però, gli voleva bene e non lo avrebbe lasciato in balia dei
suoi fantasmi.
“Non avrai paura che
addormentandoti possa capitare di nuovo?” Domandò allora,
dando voce a quello che doveva essere il timore più grande di
Jim.
Lui lo guardò con occhi grandi e spaesati. “Bones…” Mormorò poi.
“Oh, santo cielo!”
Sbottò il medico di rimando, alzando le mani. “Ora non
cominciare con queste paranoie o sarò costretto a farti una
siringa di sonnifero! Tu hai bisogno di dormire, Jim!”
Kirk, davanti a
quell’invettiva, alzò le mani con espressione allarmata e
divertita allo stesso tempo. Le minacce di Bones gli facevano sempre
quell’effetto.
“Dottore, mi arrendo!” Proclamò sorridente.
“Bene.” Annuì Leonard. “Adesso, io mi prendo una generosa fetta di torta di ciliegie e tu, te ne vai a letto!” Aggiunse, indicandogli l’uscita.
“Affermativo!”
Ubbidì il capitano, dopo aver depositato il bicchiere nello
smaltimento rifiuti. “Ah, Bones…”
Il dottore si girò
nuovamente verso di lui, mentre il replicatore materializzava il suo
ordine. “Dimmi.” Fece tranquillo.
“Ti voglio bene.” Gli disse Jim con un sorriso.
“Ohh, sparisci!” Sbottò burbero Leonard, nascondendo l’imbarazzo con una rapida svolta verso la parete.
Kirk ridacchiò felice ed uscì dalla sala. Sì, era decisamente l’ora di andare a dormire.
Fu con una certa umiliazione che si
ritrovò – meno di un’ora dopo – davanti ad un
certo alloggio, mentre suonava con titubanza il campanello.
L’espressione di Spock
mutò in modo millimetrico e solo chi aveva passato interi turni
a decifrarne il minimo cambiamento avrebbe potuto leggerci la sorpresa
provata. Kirk gli sorrise timidamente.
“Jim…” Mormorò il vulcaniano.
“Ti disturbo? Stavi meditando?” Domandò con leggerezza il capitano.
“No, ho appena finito,
entra.” Rispose lui, facendogli spazio per passare. “Tu
cosa ci fai qui?” Chiese poi.
Jim si voltò verso di lui e lo fissò intensamente. Poteva parlarne solo con lui.
“Ho paura di dormire.” Confessò con semplicità ed un sorriso incerto.
Spock aggrottò la fronte, prima di muoversi nella stanza e spegnere alcune candele.
“È illogico che tu
affermi questo, Jim, non ci sono prove che il sonno sia direttamente
responsabile della tua trasformazione, ne che tutto ciò sia
accaduto in un sogno.” Affermò il vulcaniano senza
guardarlo.
“Bones dice che sono paranoie, ma io…”
“Il tuo comportamento è irrazionale.” Commentò Spock.
“Grazie di avermelo fatto
notare anche tu.” Disse Kirk scrollando il capo. “Ma
è così, sono un Umano, una specie di nucleo di
irrazionalità intorno al quale ruota il mio essere.”
Il vulcaniano alzò su di lui
uno sguardo curioso. “Se può rassicurarti in qualche modo,
penso che tu sia un uomo estremamente coerente, nonostante le tue
incontrollate emozioni.”
Jim sbuffò un sorriso arreso e mise le mani sui fianchi. Oh, il suo vulcaniano!
“Perché sei venuto a
parlarne con me, ad ogni modo?” Domandò il primo
ufficiale, costringendolo a guardarlo.
“Perché…”
Esitò Kirk, prima di fissarlo negli occhi. “Perché
tu sei il punto fermo nel mare imprevedibile degli eventi, sei
l’ancora, sei… la pace della mia tempesta.”
E lo disse con uno sguardo
così caldo, così aperto e sincero, che anche il verde
cuore del vulcaniano, illogicamente, mancò un battito.
Spock si avvicinò a lui
continuando a guardarlo negli occhi, poi alzò una mano, Jim fece
altrettanto. Le loro dita si sfiorarono con delicatezza, quasi con
reverenza, i polpastrelli a saggiare appena la pelle dell’altro.
“Sai cosa significa questo, per un Vulcaniano?” L’interrogò Spock, gli occhi ora sulle loro mani unite.
“Sì.” Rispose Jim a bassa voce, per non turbare il momento.
“È cambiato qualcosa, Jim?” Domandò calmo Spock, tornato a fissare gli occhi limpidi del suo capitano.
“Non è cambiato niente
nel mio cuore, Spock, tu eri tanto importante per me già prima
di capire quanto.” Rispose con lui con sincerità.
“È del tuo cuore che voglio sapere.” Aggiunse,
indicando il fianco dell’altro.
“Come Vulcaniano dovrei
risponderti che il muscolo cardiaco non c’entra molto con i
sentimenti…” Jim scosse il capo con un sorriso retorico.
“…ma, d’altra parte, non posso ignorare come il suo
battito cambi, quando ci sei di mezzo tu.” Concluse a testa alta.
E Jim, allora, sorrise. Uno di quei suoi sorrisi splendidi, teneri e scanzonati, capaci di abbagliare come una supernova.
“Davvero non mi avresti voluto, se fossi rimasto una donna?” Gli chiese poi.
“Io… non so.”
Ammise Spock. “Forse ci sarebbe voluto del tempo,
però…” Ancora si guardavano negli occhi. “Ho
compreso che per me sei più di questo, più di un uomo o
di una donna.”
“E che cosa sono, quindi?” Domandò sorridente lui.
“Sei il mio T’hy’la.”
Jim non sapeva cosa significasse,
gli avrebbe chiesto poi, si sarebbe fatto spiegare, ma ora era
così stanco che voleva solo abbracciare Spock e fare finta che
niente esistesse più. Lo fece. Passò le braccia sotto le
sue e lo strinse a se. Spock si irrigidì leggermente.
“Ho bisogno di dormire.” Sostenne il capitano, contro il collo dell’altro.
“Questo mi sembra fosse già stato chiarito.” Replicò il vulcaniano.
E Jim rise contro la sua pelle,
demolendo in un istante la fastidiosa e ingombrante razionalità
di Spock. Lui gli accarezzò appena i capelli.
“Posso restare a dormire qui?” Domandò, quando le risate finirono.
“Questo è
logico.” Annuì il vulcaniano e Jim lo strinse di
più. “Anche se la mia presenza potrebbe non avere alcuna
influenza sulla decisione di qualche intelligenza superiore di
trasformarti in qualunque cosa.”
“Lo so.” Replicò divertito Kirk. “Ma mi fai sentire bene.”
“È
un’affermazione emotiva, irrazionale e… umana,
ma…” Disse Spock. “…se lo dici tu.” Il
capitano gli sorrise con tenerezza.
“Andiamo a letto.” Ordinò dolcemente Jim, prendendogli la mano e guidandolo nell’altra stanza.
FINE
Continuo a pensare che a questo finale manchi qualcosa, ma mettere una
scena di piegoni, dove Spock dice cosa sia un T’hy’la, o
dove ci fosse un bacio o altro, mi sembrava superfluo ai fini della
trama.
Ad ogni modo, il giudizio è a voi, a me la storia piace, ora voglio sapere se è lo stesso per voi!
Grazie già da ora!
Baci.
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