I'll Never Let You Go

di fralesuebraccia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


1.

 — Tesoro, è la quarta volta che te lo ripeto: riuscirò a venire. Inventerò qualche scusa. Ci vediamo lì tra un’ ora, con i ragazzi. Ok?  — Dissi per la millesima volta, rassicurandola. 
 — Non fare tardi e, se c’è qualche imprevisto, fammi uno squillo. Ti voglio bene. — Disse Jennifer.

Chiusi la chiamata sbuffando. Era la mia migliore amica, ma a volte si preoccupava troppo per cose inutili. In nove anni che mi conosceva, si sarebbe dovuta abituare agli imprevisti con me - soprattutto, con mia madre. Ma no, tutte le volte era lo stessa storia! Ancora non gli era entrato in testa che sapevo inventare ogni genere di scusa a mia mamma, per poi sgattaiolare via da casa. 

Sbuffando di nuovo, aprì la porta della camera e scesi le scale. Arrivata in cucina, dissi a mia madre con voce fintamente stanca ed assonnata:

 — Ehy mamma, credo proprio che andrò a dormire. La scuola oggi mi ha distrutto!
 — Alle nove? Strano a quest’ora.. Ti senti bene? Vuoi misurati la febbre? — Chiese con aria preoccupata, avvicinandosi a me e mettendomi una mano sulla fronte, per cercare di calcolare la mia temperatura corporea. 
 — No, vado solo a dormire un po’. Domani starò meglio. — La rassicurai, iniziando a salire le scale. 

A volte mi sentivo in colpa a dirle cazzate su cazzate, ma era l’unico modo per farmi uscire di casa. Ho diciassette anni e una vita sociale; se continuare a fare quello che i ragazzi della mia età fanno il Venerdì sera comporta mentirle, allora lo farò. Da un annetto circa non lascia farmi niente… 

 — Santa Monica, Pacific Park, dieci e mezza? — Chiese mio fratello con un sorriso, aspettandomi in cima alle scale.
Un sorriso comparve sulle mie labbra. — Mi dai uno strappo tu? — Chiesi salendo l’ultimo gradino.
 — Ovvio! E ci resto anche! Jay e gli altri stasera stanno lì. Qualche birretta, una ragazza e una festa in spiaggia. Cosa c’è di meglio? 
 — Passiamo a prendere anche Janelle? — Chiesi, cercano di fare mente locale per organizzare il tempo per truccarmi, vestirmi e farmi i capelli. Di certo non sarei uscita in quello stato - ero in condizioni davvero indecenti!
 — Nono, lei ci aspetta già lì.
 — Okay. Tra mezz’ora ti aspetto nel vialetto dei Jefferson. Mamma sa che esci?
 — Certo! Ho ventun’anni, posso uscire quando e dove voglio. — Fu l’ultima frase del discorso.

Tutti e due andammo nelle rispettive camere a prepararci per la festa. 
Aprì le ante dell’ armadio e cercai per un po’ cosa mettermi. Ed eccolo lì, il dilemma di tutte le ragazze: un armadio pieno di vestiti e non hai mai niente da metterti.
Dopo cinque minuti di sbuffamenti, optai per dei jeans scuri, una canottiera bianca coperta da un maglione lungo grigio, che lasciava un po’ scoperte le spalle e un paio di Vans.
Mi vestii in fretta a furia, mi passai un velo sottile di matita nera nell’interno occhio, un tocco di mascara e iniziai ad arricciarmi le punte dei capelli con il ferro. 
Dopo circa venti minuti, presi il telefono e, stando ben attenta a non fare il minimo rumore, sgattaiolai fuori dalla porta di casa.

Aspettai nel vialetto del Jefferson - i nostri vicini di casa - per circa dieci minuti prima di vedere l’auto di mio fratello uscire dal garage. Alzai gli occhi al celo ed entrai in macchina. 

 — Ce l’hai fatta! Ancora due secondi e mi ibernavo: sai com’è, è Febbraio! — Mi lamentai, premendo il bottone sullo stereo che sparò la musica ad alto volume dalle casse mentre Jessie premeva l‘acceleratore, diretto verso Santa Monica.
 — Non ti lamentare troppo. Ti ricordo che tu in questo momento dovresti essere a dormire perché ‘ti senti troppo stanca’ — Disse imitando a mia voce. Scoppiammo entrambi a ridere. — Non capisco come mamma abbocchi ancora a queste stronzate!




Finalmente, dopo venti minuti arrivammo alla spiaggia dove si teneva la festa. Poco prima di scendere, Jessie si raccomandò:

 — Alle due e mezza ti voglio qui e se sei ubriaca sono cazzi tuoi con mamma. Chiaro? 
 — Sissignore, agli ordini! — Scherzai prima di scendere dall’ auto.
Prendemmo due direzioni completamente diverse. Io andai verso il molo, sicura di trovare Jennifer e i ragazzi lì. Mio fratello, invece, andò diretto alla spiaggia, adocchiando Janelle - la sua ragazza - che ballava in un gruppetto.

 — Catelynn, finalmente! Ti stavo per chiamare, giuro. — Jen venne verso di me con due bottiglie di birra fresca in mano. — Questa è per te. — Disse porgendomi una delle due bottiglie.
 — Ehy Cate! — Mi salutò Spancer, abbracciandomi. Justin e Agelina mi fecero un segno con la mano. 
 — Come stai? — Chiesi.
 — Tutto bene. Scuola?
 — Una merda come sempre. Se tocco un’ altra volta un libro con la filosofia inglese, giuro che lo faccio a pezzettini! — Rise. — Tu a lavoro?
 — Senti, a proposito di questo. Mi serve un favore. Cioè, non a me ma a Justin. — Il solo pensiero mi fece rabbrividire. Non mi era mai piaciuto quel ragazzo e non mi era mai piaciuto neanche come andava a fare il puttaniere in giro per Los Angeles.
 — Dimmi, poi ti dico se posso. — Chiusi gli occhi, aspettandomi il peggio.
 — Devi dare delle ripetizioni a Justin di Chimica, da Marzo fino a Giugno. Ti prego.
 — Cosa? — L’idea era assurda! — Spancer… già faccio fatica a seguire le lezioni di mio. Figurati se-
 — Ti prego Cate! Gli serve o a lavoro potrebbe avere dei problemi! Il nuovo capo ha messo questa regola e lui è l’unico che non ha dato l’esame perché ha lasciato la scuola a sedici anni. Se non lo sosterrà e supererà verrà sbattuto fuori e lo sai che di questi tempi il lavoro non è facile da trovare. — Cercò di convincermi.
L’idea di stare a contatto con Justin più di qualche volta al mese non mi faceva impazzire.
 — Ti supplico! Fallo per me! 
 —  Ti prego Catelynn, ti chiedo solo questo favore. Se mi sbattono fuori dall’ officina sono nella merda più totale. Devo solo superare quel dannato test! Tre mesi: ci vediamo dove e quando vuoi. Prometto di esserci! —  Con mia grande sorpresa, Justin era venuto verso di me per chiedermi un favore.
 —  Non lo so Justin… non puoi chiederlo a qualcun altro? —  Non mi sentivo affatto sicura a prendere impegni con un ragazzo come lui. Lo sapevano tutti com’era fatto! —  Che so… tipo Jen, Angelina o qualche altra ragazza?
Scoppiò a ridere. — Andiamo Cat! Jen ha per culo la sufficienza, Angelina è un anno indietro e le altre ragazze che conosco me le porto solo a letto. Sei l’unica che puoi farlo, ti prego!
Non ci potevo credere. Justin Bieber che supplicava qualcuno! Mi trattenei dal ridere… Ma cavolo, sembrava così sincero e bisognoso d’aiuto che.. quasi quasi!
 —  Ok, va bene. Ma non mi far esaurire! — Ebbene sì, non ci potevo credere neanche io… Questa esperienza avrebbe portato solo che guai, potevo metterci una mano sul fuoco! Ma d’altronde, me lo stava chiedendo gentilmente e sinceramente, detto da parte sua apprezzavo il gesto. 
 —  Grazie mille Catelynn. Significa molto per me. — Mi sorrise riconoscente. Poi fece qualche passo indietro e andò a poggiarsi sulla recinzione del molo. Frugò qualche secondo nelle tasche dei jeans e ne estrasse il suo Iphone, si allungò verso nella mia direzione e me lo porse. — Scrivimi il tuo numero.
 —  A che ti serve? — Domandai incredula.
 — Per le ripetizioni? — Mi fece esco con tono ovvio.
Certo! Che idiota. — Scusa, non ci avevo pensato. — Digitai il mio numero e glielo ridetti. 
 —  Poi in questi giorni mi faccio vivo così organizziamo. Grazie ancora. — Sorrise di nuovo.
Rimasi sorpresa. Non credevo avesse un cuore, davvero!
 — Catelynn, Catelynn! Ehy! — Jen mi strattonò per il braccio, interrompendo i miei pensieri. La guardai interrogativa.
 —  Vuoi stare qui tutta la sera? Bevi un sorso di birra e vieni a ballare!
Un sorriso mi si dipinse sulle labbra. Era ora di divertirsi!
 — Voi che fate: venite? — Domandai, bevendo un sorso di birra ancora fredda.
 —  Eccoci! — Sorrise Spancer.

Angelina, Spancer e Justin ci seguirono a ruota, buttandosi nella mischia ed iniziando a ballare. 
Dio solo sa quanto avevo bisogno di distrarmi e quelle feste in spiaggia il Venerdì sera facevano proprio a caso mio.
Mentre ballavo a ritmo di fianco a Jennifer, mi girai e con la coda dell’occhio vidi Justin posare le mani sul fondoschiena di una ragazza troppo finta, troppo bionda ma soprattutto troppo poco vestita.

 “Okay, ritiro tutto: è il solito puttanire di sempre!” Pensai tra me e me. 

Ma in quel momento non mi andava proprio di pensare a lui. Volevo solamente divertirmi e staccare un po’ la spina. Scacciando via i pensieri, bevvi un altro sorso di birra, poco prima di vedere che i due si stavano baciando.


 

Ciao belli! :D
Prima FF su Justin.. all'inizio ero un po' scettica perché non ho mai scritto su di lui ma ci ho voluto provare (:
Che dire.. datemi il vostro giudizio e seguitemi su Twitter per sapere quando aggiorno (: ! (@1HeroKidrauhl)
Al prossimo capitolo C:

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


2.
 
Il pianto di un bambino interruppe il mio sonno tranquillo.
Distrattamente cercai l’orologio; Le quattro e mezzo.
Un altro lamento squarciò l’aria.
Buttai le coperte in fondo al letto e mi alzai, cercando a tastoni l’interruttore della luce. Uscì dalla mia camera ed entrai nell’altra stanza. Trovai Jasmine seduta nella culla, con i lacrimoni negli angoli degli occhi. Lentamente andai da lei e la presi in braccio. Le provai a far bere un sorso d’acqua ma rifiutò energicamente spingendo via con la manina il biberon. Allora lo posai sul comò e la portai in camera con me.

Quando mamma faceva il turno di notte a lavoro, mi ritrovavo sempre Jasmine nel letto. Chissà, forse si svegliava da un brutto sogno, o magari le mancava la mamma.
La cosa era alquanto buffa perché chiamava anche me mamma e, dovevo dire che, a diciassette anni, lei era praticamente mia figlia. Mamma era sempre al lavoro per mantenere la famiglia ma mi faceva rabbia che la piccola chiamava anche me mamma. Le volevo un bene dell’anima ma volevo davvero che imparasse a distinguere chi davvero dovesse prendersi cura di lei. Ma dato che mamma era sempre indaffarata… non aiutava per niente! Volevo che crescesse con almeno una figura materna , dato che quella paterna non la aveva ma…. avevo sempre diciassette anni e non volevo che mia sorella si dovesse appoggiare a me per tutto perché un’ adolescente non può garantire tutto ciò di cui ha bisogno una bambina piccola.

Ne parlavo con mamma, qualche volta - o dovrei dire: urlavo con mamma. Ogni volta che provavo a spiegarle che lei era assente non mi ascoltava e mi faceva rabbia. Non l’avevo mai perdonata del tutto e non sapevo neanche se l’avrei mai fatto. Non se lo meritava. Guardai Jasmine chiudere gli occhi piano piano, distogliendomi da quei pensieri che avrei preferito non avere. Le sfiorai la fronte con le dita e mi misi a giocare con quei pochi capelli castani che aveva. Era perfetta. E senza neanche accorgermene, caddi in un sonno senza sogni anche io.


Una manina piccola mi toccò le labbra, poi gli occhi.
Dopo ricadde bruscamente sul mio naso. Grugnì. Lentamente aprii gli occhi e mi ritrovai ad osservare due occhi azzurri che curiosi, mi guardavano.
— Hai finito di rompere di prima mattina? — Chiesi con tono scherzoso

. La presi per la vita e portai le braccia in alto, facendo sfiorare i nostri nasi. Sorrise. La sdraiai nuovamente sul letto e le iniziai a fare un leggiero solletico sulla pancia. Rise come una pazza. Amavo vederla ridere così.

— Piccola, vuoi andare a mangiare? — Le lasciai un bacio sulla fronte. — Vieni qui, andiamo di sotto.

La presi per mano e iniziammo a fare le scale, pianto piano - dato che era ancora poco stabile. Arrivammo in cucina e la misi sul seggiolone, mentre preparavo la colazione per entrambe. Scaldai un pentolino di latte e la macchinetta per il caffè per me, mentre per Jasmine presi il biberon dallo scolapiatti; ci misi del latte e lo infilai nel microonde a scaldarsi.
Jasmine iniziò a battere le mani sul piano di plastica del seggiolone, impaziente. Tipico! Non era mai stata una tipa calma.

— Ehy tranquilla! Sono le sette, non puoi iniziare a far baccano a quest’ora! Tra poco è pronto.

Neanche il tempo di finire la frase che scattò il segnale acustico del microonde. Tirai fuori il biberon e glielo diedi tra le mani, calmandola definitivamente.
Intanto presi una tazza bella capiente, ci versai una bella quantità di caffè appena fatto e un po’ di latte. Poi mi sedetti su una delle tre sedie del bancone, con la tazza in mano e la testa affollata di pensieri.

Venerdì sera avevo finalmente staccato un po’ la spina, ne avevo bisogno. Ora mamma era all’ospedale e io a badare a mia sorella, di nuovo. E Spancer… Dio solo sapeva dove era andato quel ragazzo! Avevo voglia di uscire, tanta voglia.
Una volta ci avevo provato, a portare con me Jasmine mentre uscivo con le amiche; dire che era stato un disastro era dire poco! Si era agitata tutto il tempo e aveva sonno, quindi non è stata tranquilla un secondo. Da quel giorno ho rinunciato a farla uscire con me.

Il suono della notifica dell’ Iphone risuonò nella stanza silenziosa, distraendomi ancora una volta dai miei pensieri.

Da: Sconosciuto
Marzo sta per iniziare. Dimmi il luogo e l’ora. Ci sarò.
Justin

“Ma porca miseria!” Pensai. “Ma questo non ha niente da fare alle sette di domenica mattina che scrivermi un messaggio?”.

A: Justin
Ho fatto una sorta di programma in questi giorni. Se ci vediamo tre-quattro volte al mese ce la farai. Dipende da te.
Va bene Giovedì prossimo alle quattro da Nando’s?

La risposta non tardò ad arrivare.

Da: Justin
Ok, ci vediamo lì.

Sbuffai. Sapevo che quel ragazzo mi avrebbe fatto passare le pene dell’Inferno! Nei momenti liberi, avevo studiato una lista delle cose da fargli ripassare. Avevo anche fatto un programma di studio in un momento di noia e, subito dopo, avevo fotocopiato qualche pagina con dei facili esercizi da svolgere. Stando al programma, ci saremmo visti circa una decina di volte per un’ ora e mezza. Dovevo ammettere che non era proprio una cosa drastica, ci si poteva lavorare.
L’unico dubbio che mi tormentava era: ‘Sarà fedele alla sua promessa?’ . Di certo non avevo voglia di perdere tempo!
Era stato carino a chiederglielo per favore ma bisogna sempre tenere a mente che lui è Justin Bieber, il ragazzo più imprevedibile di tutta Los Angeles.
Cosa potevo aspettarmi da un tipo del genere?

 


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


3.

Giovedì era arrivato prima di quanto mi aspettassi. Avevo passato i giorni precedenti a studiare per l’esame di Filosofia che dovevo affrontare a giorni e mi ero quasi dimenticata dell’impegno con Justin.

Quel Giovedì pomeriggio arrivai al piccolo bar e,con grande sorpresa, trovai già Justin seduto ad aspettarmi. Era su una sedia di fronte ad un tavolo rosso, preso dall’ Iphone che teneva nelle mani.
Non alzò lo sguardo finché non poggiai i libri sul tavolo, emettendo un leggero tonfo. Quasi sussultò dalla sorpresa, poi mi sorrise in cenno di saluto. 
Dovevo ammetterlo, aveva un bel sorriso - eccome se aveva un bel sorriso!

“Catelynn falla finita!” mi rimproverai mentalmente, prendendo posto sulla sedia di fronte a lui.

 — Allora? — Sussultai appena alla domanda.
 — Si, scusa. — Ritornai alla realtà. — Qui, — gli mostrai dei fogli — ho organizzato un programma con una specie di tabella. Se andrai bene, ci vedremo più o meno una decina di volte e la finirò di romperti le scatole, passerai il tuo esame e non vedrai la mia faccia più del dovuto. Ma tutto dipende da te: se ti impegni è bene, sennò Amen.
 — Okay okay, non ti scaldare, bionda!
 — Uno: non sono bionda e neanche voglio esserlo, quindi non mi chiamare più così. — Dissi alzando un sopracciglio — e due: sto solamente mettendo le cose in chiaro. Sai, dovessi dimenticartelo. — Lo canzonai.
 —  Non sono stupido, sai? — Disse alzando un sopracciglio a sua volta.

Mi morsi la lingua e tenni a bada le mie osservazioni. Abbassai gli occhi sui fogli, prendendone un paio e mettendoglieli davanti.

 — Queste lezioni saranno un po’ come tornare a scuola. Io il professore, tu lo studente. Hai quarantacinque minuti per fare questo test, poi valuterò il tuo livello di preparazione per capire da dove partire a studiare. Okay?

Fece un cenno d’assenso guadando con la fronte corrucciata il foglio che aveva davanti.

 — Bene, quarantacinque minuti da ora. — Gli diedi il via guardando l’ora dal mio cellulare.

Nel frattempo che il grande ‘macho man’ buttava a caso alcune risposte, lessi un bel libro di Sparks che non avevo mai il tempo di leggere, con mia sorella e tutto il resto.

Mi piaceva tanto lo stile di quell’uomo. Era capace di toccarti il cuore solo attraverso delle frasi stampate su fogli  di carta che venivano accuratamente rilegati insieme. 

Dopo circa venti minuti e due capitoli, sbirciai da sopra le pagine del libro per vedere cosa Justin stesse facendo. Mi sorpresi un po’ quando lo trovai a fissarmi.

Gli sventolai la mano davanti facendolo distrarre dai suoi pensieri. ¾ Ehy, Justin? Tutto bene?
 — Tanto è inutile, non ci capisco niente! — Sbottò facendo cadere la penna sul tavolo e lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.
 — Fammi vedere. 

Prendendo il foglio e dando un’occhiata veloce, capì che dovevamo iniziare dalle basi.

 — Questo significa solo che dovrai impegnarti di più. Sono passati tre anni da quando hai lasciato la scuola, è  normale che alcune cose non le ricordi.
 — Alcune cose? Andiamo, Catelynn, sei seria? Non mi ricordo nulla! — Disse con tono ovvio. — Farò prima a cercarmi un altro lavoro, quel cazzo di test non lo supero!
 — Se già parti così, sicuramente non lo superi! Sono tre anni che lavori lì, se vuoi con un po’ d’impegno ce la fai. È solo che sei più indietro di  quanto mi aspettassi, tutto qui. Magari dovremo aggiungere qualche ora di studio, ma niente di cui si debba fare un dramma. Okay?

Mi sorrise gentilmente. Forse mi ero sbagliata su quel ragazzo. Magari infondo, ma molto infondo, aveva un cuore anche lui. Da una parte lo capivo, viveva con Spancer e doveva pagarsi metà delle spese da quando aveva più o meno sedici anni. Perdere il lavoro lo avrebbe messo nella merda più totale.

L’ora successiva la passai a fargli imparare alcune formule base della chimica e,tutto sommato, ancora non aveva perso tanto allenamento nello studio e  imparava in fretta. Meglio per entrambi!

Verso le cinque e mezza gli stava andando in pappa il cervello a forza di formule e numeri, quindi decidemmo di smettere e di darci appuntamento per Lunedì.


 — Sei venuta a piedi? — Mi domandò mentre ci stavamo alzando dal tavolo e raccogliendo le nostre cose.
 — Sì, casa mia è a circa dieci minuti da qui. — Assentì iniziando ad incamminarmi.
 — Vuoi che ti accompagni? — Si offrì.
 — Vado da sola, ma grazie comunque per l’offerta. 
 — Come vuoi. — Disse con tono neutro.

In quel preciso istante, il telefono mi iniziò a squillare in tasca. Lo tirai fuori, lessi l’ ID ed accettai la chiamata.

 — Ehy Spancer! 
 — Ehy Cate, mi serve un parere. —  Mi disse dall’altro lato della cornetta.
 — Spara. — Lo incoraggiai.
 — Hai presente la festa che darò per i miei vent’anni a Maggio?
 — Quale, quella della quale non riesci a smettere di parlare per un secondo? — Lo presi in giro. Justin sorrise divertito appoggiandosi alla sua auto.
 — Esatto, proprio quella. — Disse quasi ridendo. —  Non so quale birra sia meglio prendere. Secondo te una Corona o una Montana?
 — Spancer, per quanto amo bere birre alle feste, non sono pratica di queste cose. 
 — Ah ok, grazie lo stesso Cate. 
 — Aspetta, ho Justin vicino, vuoi chiedere a lui?
 — Perché stai con Justin in questo momento? — Chiese incrinando la voce.
 — Ripetizioni? — Dissi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 — Certo! Ed io dovrei crederci? — Rise dall’ altra parte della cornetta.
 — Coglione. — Alzai gli occhi al cielo. — Te lo passo, prima che la tua mente malata possa pensare a cose impossibili.

Ridendo un po’ anche io, passai il telefono a Justin.

 — Yo, Spancer.
 — Ehy amico, Corona o Montana?
 — Amico, mi spieghi perché stai scegliendo la marca della birra quando mancano due mesi alla festa?
 — Perché sarà una festa fantastica, e voglio organizzare tutto per tempo.


Ma in realtà, ‘fantastica’ è l’ultimo aggettivo con cui si sarebbe potuta descrivere quella festa.

 
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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


4.
 
 — Jen, muoviti! Quanto diavolo ci metti ad arricciare due capelli?  — Sospirai l’ennesima volta, alzando gli occhi al cielo.
 — Cazzo, Cat! Le ragazze non impiegano cinque secondi a prepararsi! —  Rispose lei dal bagno mentre continuava ad usare il ferro arricciacapelli.
 
Sbruffando mi alzai dal letto e la raggiunsi in bagno.
Eravamo a casa di Jennifer per prepararci alla festa di Spancer - e, come al solito, eravamo già in ritardo.
 
 — Ma che fai, vieni vestita così? —  Chiese scettica con un dito puntatomi contro.
 — No, tranquilla. Ora vado a prepararmi. — Risi io.
 — Cioè — mi disse mentre uscivo dal bagno. — Ti stai lamentando perché io mi sto facendo i capelli e tu ancora non sei ancora pronta?
 — Si, si. Come vuoi. — Risposi agitando una mano con noncuranza.
 
Mi avvicinai alla borsa poggiata sul letto e tirai fuori le cose che avrei indossato per quella sera.
Mi misi un vestito bianco che mi arrivava al ginocchio. Era a fascia, tutto stretto e lo ricopriva una stoffa simile allo chiffon che lo gonfiava su tutta la lunghezza.
Poi infilai le scarpe lilla, tacco dodici, ed infilai l’ iPhone nella borsetta del medesimo colore.
Sulle palpebre avevo già messo un velo leggero di ombretto bianco semitrasparente per dare luminosità agli occhi azzurri e una matita nera all’interno dell’occhio; avevo allungato ed incurvato le ciglia con il mascara, messo del correttore per cercare di nascondere quelle terribili occhiaie che mi ritrovavo e sulle labbra avevo passato del lip gloss rosa acceso.
I capelli castani li avevo mossi, con delle onde perfette che facevano risaltare qualche ciocca più scura.
 
Raggiunsi Jennifer nel bagno, per vedere a che punto era con i capelli. Con grande sollievo, la trovai che si stava aggiustando i capelli con qualche spruzzata di lacca.
 
 — Pronta. — Disse con un sorriso smagliante rivolto a me. Prese la borsa e spense la luce del bagno.
 
Lei invece, quando eravamo andate a fare shopping, aveva preferito un vestito che le rispecchiava più il carattere.
Indossava un vestito nero che le fasciava perfettamente la vita, con maniche lunghe fatte di una stoffetta leggera semitrasparente sfumata sul nero e ornata di pizzo – ovviamente nero.
Poi indossava delle scarpe tacco quindici di un rosso laccato, una pochette praticamente identica alle scarpe e una cavigliera d’argento che rendeva il tutto ancora più bello.
Per il trucco, invece, aveva optato per qualcosa di più semplice.
Sulle palpebre aveva un ombretto nude sfumato ad uno marrone, solo per dare un po’ di profondità all’ occhio. Da prassi aveva allungato le ciglia con il mascara e aveva anche messo un rossetto rosso intenso in tinta con le scarpe e la borsa.
 
  — Il telefono l’hai preso?
  — Ovvio! — Rispose lei con semplicità.
 
Ci incamminammo fuori dalla sua camera e salutando i suoi genitori, andammo a prendere la sua macchina.
Appena sedute e messa in moto la macchina, iniziò a squillare il mio cellulare. Prendendolo e leggendo l’ ID, risposi e misi il vivavoce.
 
 — Hey Spancer!
 — Ehy Cate! Non venite?
 — Ovvio che veniamo! Ma Cenerentola qui ci ha messo un po’ troppo a farsi bella per il ballo. — Risi alla linguaccia di Jennifer.
 — Ah ok. — Rise anche lui sapendo quanto era lenta Jen a prepararsi. — Ti sei fatta bella anche tu, Cenerentola?
 — Sì, ma io, al contrario di qualcuno, non devo trovare il principe stasera! 

Jennifer tolse una mano dal volante e mi picchiò sulla gamba.
 

 — Ai! Ma sei scema?
 — Falla finita! — Disse lei sorridendo. 

Tornai con l’attenzione su Spacer.
 

 — E invece… stasera c’è il principe anche per te! — Quasi mi strozzai con la saliva.
 — E chi sarebbe, scusa?
 — C’è un ragazzo qui che sembra un’ anima in pena in attesa di una ragazza. — Rimasi in silenzio cercando di capire chi diavolo potesse essere. — Sta aspettando solo te, Cate! Alquanto pare, hai fatto colpo. — Rise leggermente. 

Rimasi in trance, presa dai miei pensieri. Chi diamine poteva essere?
 
 — Sveglia, Catelynn! È Bieber! Possibile che tu sia così tarda da non capire?
 — Ma che cazzo dici, Jen! Tu spari cazzate! Bieber ed io, pff! Figurati se potrebbe mai accadere.
 — Apri gli occhi, principessa! Quel ragazzo è innamorato di te, tu di lui. Baciatevi e fatela finita!
 — Ma che cazzo dici! A me piace Bieber… ma sei seria, Jen? 

Jennifer stava per aprire bocca ma Spancer si intromise.
 
 — Cat, una cosa importante.
 — Dimmi.
 — Quando scopate, però, usatelo un diavolo di preservativo. Non voglio impicci  che scorrazzano per casa!
 — SPANCER! — Urlai rossa in viso, verso l’altra parte della cornetta. 

Jennifer e Spancer si stavano ammazzando dalle risate, tanto che non riuscivano nemmeno a prendere aria. Dopo circa un minuto, finalmente riuscirono a ricomporsi.
 
 — Non sei divertente. — Replicai con tono placato.
 — Sisi, come vuoi. Tu pensa ad arrivare!
 — Stiamo svoltando la Jeffery Street, un minuto e siamo lì — rispose Jennifer.
 — Ok. A tra poco — disse lui e chiusi la chiamata senza neanche salutarlo. 

Io e Bieber… ma cosa si inventano? Siamo tipo il Sole e la Luna. Non riusciamo a stare insieme per più di qualche ora che iniziamo ad urlarci contro. Come gli può anche minimamente passare in mente un’idea del genere?
 
“Tutti strani su questo mondo!” Conclusi fra me e me.
 
 
***
 
 — Ehy, ehy, ehy, ehy, ehy! Fermi tutti! Da quando vi vestite così fottutamente sexy per le feste? — Chiese Spancer con un sopracciglio alzato, appena ci vide.
 — Perché, non posso? — Sorrisi abbracciandolo.
 — No, se non vuoi che ti tenga segregata in casa a vita! — Dichiarò sorridendo.
 — Come vuoi — sorrisi a mia volta. 

Poi squadrò Jennifer e gli disse:
 
 — La fai finita di dimagrire così? Sei pelle ed ossa!
 — Che palle Spancer! Non sei mio padre!
 — Lo sai che scherzo. —Sorrise avvicinandola e lasciandole un bacio fra I capelli.
 — Oh, stai attento che me li rovini tutti! — Disse scostandosi, infastidita. 
Io e Spancer ci guardammo e scoppiammo a ridere. Jen si limitò a fissarci a braccia conserte, ma alla fine sorrise anche lei.
 
In un secondo, Spancer si fece serio vedendo passare una ragazza che gli sorrise. Lo guardai interrogativo.
 
 — Ehy ragazze, devo presentarvi una persona. — La cercò con lo sguardo e poi la chiamò. — Camille, loro sono le ragazze che ti dicevo. Cat, Jen, lei è la mia ragazza, Camille. — Concluse con un sorrisone.
 — Piacere. — Sorrise a sua volta lei.
 — Woh, fermi tutti. E quando pensavi di dircelo? — Chiese Jennifer alzando il sopracciglio sinistro.
 —Ora? — Alzò le spalle on noncuranza. 

Risi. Lei era veramente carina per Spancer ed ero molto contenta che avesse trovato una ragazza.
 
 — Ora però vedi di non fartela scappare, eh! — Dissi scherzosamente.
 —Tranquilla, lei non me la faccio scappare di certo! — Strinse Camille al suo fianco.
 — Cazzo, sorridi come un coglione! Mi stai dicendo che ti sei innamorato? — Risi.
 — Correggo: lui è sempre un coglione! — Rise Jen.
 — A chi picchio per prima? 

Camille rise.
 
 — No, ti prego no. Non dirmi che sei dalla loro parte! — La guardò sconcertato.
 — Bhe… — alzò le spalle con il sorriso sulla bocca.
 — Batti il cinque! — Jen e Camille si diedero il cinque e Spancer le guardò incredulo.
— Ecco, bene, lo sapevo! L’ho persa. — Scrollò la testa — Andate a farvi un giro prima che sia dalla vostra parte in tutto e per tutto. — Concluse con finta aria esasperata. 

Noi tre ridemmo, poi Jen mi prese una mano e con quella libera salutai con la mano I due.
Jennifer continuava a camminare decisa e sapevo già dove mi voleva portare.
Nel casino. Nella mischia, con la musica e una birra in mano.
 
— Pronta a divertirti? — Mi chiese con un sorriso.
 — Basta che se hai intenzione di ubriacarti me lo dici, almeno una di noi rimarrà abbastanza sopra per inventare qualche cazzata a tua madre domattina. — Sorrisi sorniona.
 — Okay, allora bevi poco! — Si raccomandò mentre stappava una bottiglia e iniziava a ballare. 
Io, invece, stavo letteralmente morendo dalla fame e andai verso il tavolo con tutto il possibile cibo sopra. Spancer si era veramente superato!
 
 — Ehy Cate! — Disse una voce familiare da dietro. Sentii i brividi percorrermi tutta la lunghezza della schiena.
  — Ciao Justin. — Mi girai e gli sorrisi. Gli diedi un occhiata veloce e rimasi quasi incantata. 
Indossava dei jeans stretti calati molto al di sotto della vita, una maglia lunga bianca a mezze maniche, un berretto nero messo al contrario e un paio di Supra bianche.
Eh, cazzo, dovevo proprio ammettere che era un gran figo vestito in quel modo. Cioè, non che lo sia sempre ma…
 
“Catelynn falla finita!” Mi rimproverai mentalmente. È sempre quell’ arrogante di Bieber al quale dai delle ripetizioni, ricordalo!
 
 — Non balli?
 — Dopo, ora sto morendo dalla fame e penso che e non mangio qualcosa in fretta, cadrò sul pavimento!
 — Mmm ok. Allora, a dopo?
 —Certo, a dopo — gli sorrisi. 

E mi lasciò un bacio sulla guancia.
Ok, Justin mi ha appena baciata. Perché l’ha fatto? La mia mente stava impazzendo!
 
 
 
‘Perché l’ha fatto?’
La stessa, identica domanda che mi era ronzata in testa per tutta la sera.
Ballavo, e non riuscivo a non pensare a quel bacio. Andavo in giro per la stanza, e lo cercavo con lo guardo.
Ma niente. Niente per tutta la sera.
 
Alla fine decisi di prendere una boccata d’aria e andai sul portico all’ aperto. Attraversai la cucina e trovai Spancer a parlare con qualche suo amico.
 
 — Dove scappi?
 — A prendere una boccata d’aria, ora torno. — Gli sorrisi. Mi fece segno di aver capito.

Aprii la porta scorrevole e portai le braccia al petto per la ventata fresca che mi era arrivata di botto sulla pelle.
 
 — Ci vediamo sopra tra cinque minuti. — Sentii sussurrare Justin.

Cercai con lo sguardo da dove proveniva la voce e mi paralizzai alla vista di Justin e una ragazza - che non conoscevo – baciarsi.
 
 — Okay. — Assentì lei. 

La guardai mentre se ne stava andando, immobile, cercando di realizzare cosa avevo appena visto. Justin alzò lo sguardo su di me si rivelò sorpreso.
 
 — Cosa ci fai tu qui?
 — Cos’era quello? — Chiesi cercando di mantenere stabile il mio tono di voce.
 —Cazzi miei. Non certi un cazzo tu. — Rispose duro. Mi irrigidii più di quanto non lo ero. — Fottiti.
 Feci per rientrare dentro ma le sue successive parole mi bloccarono completamente. — Forse quello è tuo compito. Non è questo, quello che fanno le puttanelle come te?
 
Mi vennero immediatamente le lacrime agli occhi. Mi pizzicava il naso e provai a ricacciare dentro le lacrime.
 
— Ehy, Cate, mi sa che è ora che- — Ma si interruppe vedendo in che stato ero. — Che è successo?
Lo ignorai completamente. — Così, è questo quello che sono per te? — Dissi con un filo di voce mentre una lacrima mi rigava il volto. Me l’asciugai in fretta, quasi fosse un reato. — Una puttana? — Feci una pausa. — Bhe, guardatela bene la faccia di questa puttana perché è l’ultima volta che la vedi.
 
Corsi via, ignorando di nuovo quel — Catelynn, aspetta! — Di Spancer. Sentii Justin prendere a calci qualcosa, ma ignorai anche quello. Volevo solo tornare a casa.
 
Per caso incrociai Jennfer mentre si apriva un’ altra birra.
 
 — Che cazzo è successo? — Bene, era ancora lucida.
 — Andiamo via, ti prego. — Sussurrai mentre le lacrime minacciavano di rigarmi il volto di nuovo. 

Per prima cosa, mi scuso enormemente per il ritardo. La scuola mia sta rubando tantissimo tempo e non trovo quasi mia il tempo per scrivere. Questo capitolo ho cercato di farlo un po' più lungo, anche se i contenuti non mi convincono tanto.
 
Seguitemi su Twitter per sapere quando aggiorno (: ! (
@1HeroKidrauhl) Al prossimo capitolo C:

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