La versione di Molly di marthiachan (/viewuser.php?uid=61784)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
Ciao
a tutti!
Eccomi di nuovo a
tormentare questo fandom con i deliri della mia mente.
Questa long fic è
legata alle mie precedenti “Tornare a casa” e “La ricerca della
felicità.” Può essere letta anche senza aver letto le precedenti
perché i fatti principali sono sostanzialmente gli stessi, solo che
sono raccontati dal punto di vista di Molly.
Di conseguenza, ci sono
delle scene in più rispetto alle altre due ff, sia perché
oggettivamente Sherlock non poteva esserne a conoscenza, sia perché
la nostra Molly da un impronta più romantica al racconto. Mentre
Sherlock si fermava ad analizzare tutto in maniera logica, Molly è
più emotiva e da più peso a determinate cose.
Comunque, spero
sinceramente che vi piaccia.
Se non vi piace, non
uccidetemi.
Buona lettura.
La
versione di Molly
1
È tornato.
Dopo tutto questo
tempo...
Ho sentito i miei
ormoni scalpitare quando me lo sono trovato di fronte, così pallido
ed etereo come lo ricordavo, ma ancora più bello. I suoi occhi verdi
da felino avevano qualcosa di diverso, di ancora più affascinante.
Potevo leggervi il dolore che aveva provato negli ultimi tre anni e
che lo aveva quasi trasfigurato. Il suo sguardo ora non era più così
freddo e scostante. Non so come spiegarlo, ma era pieno di calore e
sofferenza. Forse erano le piccole rughe che gli si erano formate
attorno agli occhi a dargli quella profondità. O forse no. Nessuna
ruga può trasformare così tanto qualcuno.
Appena il mio sguardo
si è posato su di lui, ho desiderato corrergli incontro e
abbracciarlo, ma non l'ho fatto. Sapevo non avrebbe apprezzato. Non
ho potuto però evitare di commuovermi. Sono emotiva, lo sono sempre
stata. E mi sono ritrovata gli occhi pieni di lacrime.
Lui ha abbozzato un
sorriso e sembrava contento di vedermi. Per un attimo tutto ciò che
provavo per lui si è riaffacciato con violenza.
Sono fidanzata.
William mi ama e io
amo lui.
Sherlock, invece,
non mi ha mai amato e mai mi amerà.
Il peso dell'anello che
portavo al dito mi ha permesso di ritornare alla realtà e ritrovare
la calma sufficiente, tanto da trovare la forza per invitarlo a
prendere un caffè. Sono riuscita persino a ritrovare la
concentrazione necessaria per terminare la mia autopsia, anche se
sapevo che lui era lì ad osservarmi.
Sono guarita, ho
pensato. Non lo amo più. Gli vorrò sempre bene, ma non lo amo.
Ora c'è William nella mia vita. È lui che amo.
Quando ho terminato il
mio lavoro, mi sono tolta i guanti e mi sono voltata verso di lui,
ero serena. Finalmente riuscivo a guardarlo senza sentirmi una
ragazzina in preda a una cotta adolescenziale per il suo professore.
Ci siamo recati in un
piccolo bar di fronte all'ospedale e ci siamo seduti in un tavolo
d'angolo, molto discreto. Sherlock era silenzioso e improvvisamente
sembrava aver perso tutta l'affabilità che mi aveva mostrato solo
poco prima in obitorio.
“Quando sei tornato a
Londra?”
“Solo qualche giorno fa.”
“Allora, vuoi
raccontarmi come è andata?” ho chiesto impaziente sorridendo.
“A cosa ti
riferisci?”
“A John, Mrs. Hudson, Lestrade... Cosa hanno detto
quando ti hanno visto? Cosa hanno fatto?”
Lui si è schiarito la
gola e si è raddrizzato nella sedia, poggiandosi infine sul tavolo
con i gomiti e unendo le sue mani di fronte al volto.
“Mrs. Hudson ha
pianto. John c'è andato molto vicino. Lestrade ha balbettato
incomprensibilmente in preda allo shock.”
“Tutto qui?”
“Per un momento ho
creduto che John mi avrebbe preso a pugni. Lo temevo, ma lo avrei
comunque preferito alle lacrime.”
“Certo. E come li hai
trovati? Ti sono sembrati cambiati?”
“Mrs. Hudson è molto
dimagrita e invecchiata. La sua salute non è delle migliori. Mi ha
detto che tu spesso la chiami per chiacchierare e che ti interessi a
lei. Grazie.” ha concluso con un tono così basso che
pensavo di aver immaginato quell'ultima parola.
“Mi fa piacere. Lei è
così dolce. Mi ricorda mia nonna.”
“John si è fatto
crescere quegli stupidi baffi. È ridicolo. Mi auguro che
provveda a eliminarli quanto prima, sono inguardabili. È come se
avesse un animale poggiato sul labbro superiore.” ha detto con tono
seriamente disgustato.
Ho alzato le
sopracciglia per la sorpresa di sentirlo dire una cosa del genere.
Lui ha ricambiato il mio sguardo con aria impassibile, e ho emesso il
goffo suono di una risata strozzata.
“Scusami...” ho
detto coprendo la mia bocca con la mano. “Ma ora non potrò più
guardare John senza pensare a quello che hai appena detto.”
“No, fai pure. In
effetti quei baffi sono davvero ridicoli. Ridere è la cosa più
logica.” ha detto lui accennando una piega delle labbra molto
simile a una risata trattenuta.
Anche Sherlock
Holmes è in grado di ridere? Non
lo avrei mai creduto possibile. Di sicuro per me era uno
spettacolo sorprendente.
In quel momento è
arrivato il cameriere con le nostre tazze di caffè. Abbiamo pagato e
quando siamo rimasti soli lui era tornato improvvisamente serio. Come
se l'intrusione del cameriere lo avesse offeso.
“Hai conosciuto
Mary?”
“No.” ha risposto
lui seccamente mentre metteva lo zucchero nel suo caffè.
Sembrava davvero
seccato e non capivo il perché. Sino a pochi minuti prima era così
sereno, si era creata una certa intimità e non capivo come la
semplice comparsa del cameriere potesse aver rovinato tutto.
“Mary è una ragazza
davvero simpatica. È molto dolce e affettuosa. Lei e John insieme
sono una coppia perfetta. Ti piacerà.”
“Sì, me lo hai già
detto tramite mail.”
“Sì, scusa se sono
ripetitiva. Comunque, baffi a parte, come stava John?”
“Ha
preso almeno cinque chili da quando ha aperto il suo studio.
Probabilmente perché abita proprio al piano di sopra, non deve fare
molta strada per raggiungere il posto di lavoro e passa troppe ore
seduto alla scrivania. Inoltre, abusa della pasticceria che c'è
proprio dall'altro lato della strada.”
“Non mi riferivo al
suo aspetto fisico. Mi riferivo a come ha preso la notizia. Hai detto
che stava per piangere.”
“Sì, poi l'ho preso
in giro e si è irritato. E infine è scoppiato a ridere. Non è
molto coerente, in effetti.”
“Io credo di sì.
Ognuno affronta il dolore in modo diverso. Credevo che John ti
avrebbe preso a pugni.”
“Lo credevo anche
io.”
“E Lestrade? Cosa ha detto?”
“Ha balbettato che
era impossibile. Era così sconvolto che ha fatto cadere a terra la
sua colazione e non era in grado di guidare. Ho dovuto accompagnarlo
personalmente a Scotland Yard o avrebbe rischiato un incidente.”
“E gli hai anche
ricomprato la colazione?” ho chiesto con un pizzico di
ironia.
“No.”
Mi veniva da ridere di
nuovo. Il suo modo di raccontare come avevano reagito i suoi amici al
suo ritorno era decisamente buffo. Si comportava come se non fosse
successo niente di speciale e loro avessero semplicemente esagerato.
“Ridi di me, Molly
Hooper?”
“No, ma devi ammettere che tutto ciò è
divertente.”
“Dipende da ciò che si considera
divertente.”
“Lo so, il mio senso dell'umorismo è pessimo.
Infatti le mie battute non fanno mai ridere nessuno.”
Tranne William,
ma questo ho evitato di dirlo.
“Tempismo. Il segreto
della comicità è il tempismo, Molly.”
“Probabilmente hai
ragione, come sempre.”
Lui ha finito il suo
caffè e si è alzato. Io l'ho imitato e l'ho seguito fuori dal bar.
Si è stretto nel suo elegante cappotto per proteggersi dal freddo e
ha alzato il bavero.
“Devo andare.” ha
detto semplicemente accigliandosi mentre mi guardava.
“Certo, anche io. Ho
da compilare delle scartoffie. Tornerai a trovarmi, vero?”
Lui
ha piegato leggermente le labbra facendo una di quelle ambigue
smorfie che somigliavano a un sorriso, ma che in realtà significava
“Vedremo”.
Mi aspettavo che si
sarebbe allontanato senza aggiungere altro e, invece, si è
avvicinato a me e mi ha guardato con estrema serietà. Ho
riconosciuto quello sguardo, era lo stesso che aveva avuto quando mi
aveva baciato sulla guancia, per ben due volte. Ricordandolo, il mio
cuore ha iniziato a pompare più velocemente, il mio sangue bruciava
nelle vene, e sono certa di essere arrossita violentemente. Sono
rimasta ad aspettare quel bacio, e anche se non era la prima volta,
sapevo che sarebbe stato emozionante.
La
prima volta è stata a quel disastroso Natale di qualche anno fa,
quando Sherlock mi ha chiesto scusa per avermi umiliato davanti a
tutti. Ho ripensato a quel bacio per giorni, fantasticando come una
ragazzina. E dopo di allora il suo atteggiamento nei miei confronti
si è addolcito. So che sembra assurdo, ma dopo di allora è stato
meno crudele. E questo non ha fatto altro che alimentare ancora di
più le mie sciocche fantasie.
La
seconda volta è stato dopo che ha inscenato la sua morte. Dopo aver
sistemato la parte burocratica, si è recato negli spogliatoi
dell’ospedale, si è levato i suoi vestiti che dovevano
necessariamente diventare delle prove, ha fatto una doccia e poi ha
indossato una divisa da infermiere. Non c'erano altri abiti che
potesse mettere e così sarebbe passato inosservato. Quando l’ho
visto vestito così l’ho guardato stupita, quasi non lo
riconoscevo. Poi si è avvicinato a me, sembrava così fragile con
indosso quella divisa azzurro chiaro troppo grande per lui, e i suoi
occhi erano velati di lacrime. Era molto triste. Ha detto
semplicemente “Grazie, Molly Hooper” e poi si è chinato per
baciarmi su una guancia. Ho chiuso gli occhi per assaporare quel
contatto e quando li ho riaperti, lui era scomparso.
Dopo di
allora non l'ho più rivisto, sino ad oggi.
Lui non si muoveva e
restava a guardarmi. Questa volta non sembrava intenzionato a
baciarmi, allora l’ho fatto io. Mi sono alzata sulle punte e ho
poggiato delicatamente le labbra sulla sua guancia. Lui è rimasto
immobile mentre lo facevo, anche se per un attimo ho avuto la
sensazione che si sia leggermente abbassato verso di me, come se
volesse agevolarmi.
“A presto, Molly
Hooper.”
“A presto, Sherlock.”
ho replicato meccanicamente prima di tornare al Barth’s.
Mentre lo facevo ho
capito.
Non sono guarita.
Non lo sarò mai.
Lo amo ancora. Forse
più di prima.
E non smetterò mai
di amarlo, anche se so che lui non potrà mai ricambiare i miei
sentimenti.
Certo, il suo
atteggiamento è migliorato nei miei confronti, sin da prima della
sua morte. Dopo di allora siamo rimasti in contatto via mail e
io ho fatto tutto ciò che era in mio potere per aiutarlo, forse per
questo il suo modo di rivolgersi a me sembrava così diverso. Quasi
affettuoso, se è possibile utilizzare questo termine parlando di
lui.
D'altra parte, è
possibile che non amerà mai nessuna donna.
Non quanto ama se
stesso.
Non quanto ama John.
In realtà, non so
nemmeno se abbia mai provato affetto per una donna. L'unica donna con
cui l'ho visto interagire è Mrs. Hudson, e sono certa che per lei
prova affetto come per una madre. Considerando anche che non l'ho mai
visto nemmeno in compagnia di sua madre. So che è morta un paio
d'anni fa, mentre lui era all'estero, ma anche prima di allora lui
non frequentava mai i suoi genitori. Quindi probabilmente non aveva
nessun rapporto con lei.
Poi c'è stata quella
ragazza sfigurata... Irene. Lui la conosceva molto bene, tanto da
poterla identificare dal suo corpo nudo, e sembrava essere
turbato per la sua morte, anche se poi ha scoperto che in realtà era
viva. Non so cosa provasse veramente per lei. Affetto? O qualcosa di
più? A quanto pare in seguito è morta per davvero.
Quindi, in breve, siamo
solo io e Mrs. Hudson. Forse dovrei esserne felice. Se le uniche
donne a cui lui tiene si riducono a Mrs. Hudson e me, per quanto si
tratti a mala pena di un affetto amichevole, posso ritenermi
soddisfatta. Non è facile far parte del suo mondo, e a quanto pare
io ne faccio parte, in qualche modo.
Devo ammettere che
spesso mi sono chiesta, se a Sherlock interessassero le donne,
come si comporterebbe con me? Gli piacerei?
La risposta è no, non
gli piacerei. So di non essere particolarmente attraente. Il mio
aspetto è banale. Passo inosservata ovunque vada.
Sono così abituata a
non essere notata che la prima volta che Sherlock mi ha rivolto la
parola ho pensato mi avesse scambiato per qualcun'altro.
Come poteva un uomo
così affascinante avermi notato?
In seguito,
conoscendolo, ho capito che Sherlock nota sempre tutti, ma raramente
concede un secondo sguardo, a meno che non lo ritenga utile.
E io, in quanto
patologa, gli ero utile.
“Di
cosa hai bisogno?”
“Di
te.”
Quella sera, poco prima
della sua morte, aveva ammesso di avere bisogno di me, ma non era
reale.
Non aveva davvero
bisogno di me, della banale Molly, ma della Dottoressa Hooper, cioè
colei che poteva firmare un certificato di morte. Ma se le cose
fossero state diverse, se lui non avesse avuto bisogno delle mie
competenze di patologa, so per certo che non si sarebbe mai
interessato a me. Mai.
Quindi, anche se lo
amo, non ci sono e non ci saranno mai speranze per me. La sua
presenza nella mia vita, il fatto che lui abbia bisogno di me ogni
tanto, è il massimo che posso avere da lui, e me lo farò bastare.
Per il resto, avrò William.
Santo cielo, detto così
sembra che lui per me sia solo un ripiego, ma non è così. Io amo
William, ma in modo diverso da come amo Sherlock.
Sono così diversi.
Sherlock è brillante e
affascinante, anche se troppo arrogante e sicuro di sé.
William è un uomo
semplice, affettuoso e romantico.
In realtà, credo non
esistano due uomini più diversi. E io li amo entrambi.
D'altronde, esistono
forse delle regole?
Dove sta scritto che
non posso amare platonicamente Sherlock e fisicamente William?
Certo, sarebbe tutto
più semplice se quello che amo fosse racchiuso in un unico uomo che
ricambia ciò che provo per lui ma, a quanto pare, ciò non è
possibile.
E poi che scelta ho se
non seguire i miei sentimenti, per quanto complicati siano?
CONTINUA
|
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Capitolo 2 *** 2 ***
Nuovo
capitolo interamente incentrato su Molly, una sorta di riassunto dei
suoi ultimi tre anni.
Buona lettura.
2
Oggi, mentre ripulivo
la mia posta elettronica, mi sono lasciata trasportare dalla
nostalgia e ho aperto delle vecchie mail.
Quelle di William si
trovano in una cartella apposita, non sono tante e principalmente
riguardano comunicazioni di servizio, tipo dove ceneremo venerdì
sera e cosa indossare per andare a pranzo dai suoi genitori.
Le mail delle mie
amiche dell'università si trovano in una cartella ribattezzata
Friends, riguardano le nostre rimpatriate periodiche e gli
aggiornamenti su chi si è fidanzata o lasciata con chi.
E poi ci sono quelle di
Sherlock.
Non potevo certo
chiamare la cartella con il suo nome e così l'ho ribattezzata con un
banalissimo Documenti e l'ho protetta con una password. Se
qualcuno avesse visto quella cartella avrebbe pensato che conteneva
estratti conto bancari o altri dati sensibili. E invece conteneva le
e-mail che ho scambiato con l'uomo che ho amato in silenzio per anni.
Non che quelle mail contengano chissà quali segreti, ma dovevo
nascondere il fatto stesso di ricevere mail da parte sua. Lui era
morto. E ora, anche se lui è ufficialmente vivo, nessuno deve
sapere della nostra corrispondenza, soprattutto William. È un
brav'uomo ma penso ne sarebbe geloso.
Ho aperto la prima mail
che ho ricevuto da Sherlock tre anni fa. Appena una settimana dopo il
suo apparente suicidio.
Arrivato
a destinazione.
Attendo
notizie al più presto in merito a:
Funerale
John
Mrs.
Hudson
Lestrade
Disposizioni
testamentarie
Casi
anomali pervenuti in obitorio.
SH
Con la sua abitudine a
scrivere SMS, Sherlock è l'anima della sintesi. Le sue email
sembrano dei questionari a risposta multipla o delle liste della
spesa. Come rispondere a una mail del genere? Ricordo che mi sentivo
intimidita all'idea di non rispettare il suo elenco e così l'ho
seguito alla lettera, ma cercando di renderlo discorsivo.
Ciao,
il
viaggio è stato piacevole?
Il
funerale si è svolto due giorni fa. È stato organizzato da tuo
fratello ed erano presenti anche i tuoi genitori. Oltre a loro,
c'erano anche alcuni tuoi compagni di università e dei tuoi clienti.
Naturalmente erano presenti John, Mrs. Hudson e Lestrade. Io mi sono
tenuta in disparte, ma ho potuto osservarli. Piangevano tutti, erano
distrutti dal dolore.
John
sta molto male. Sente la tua mancanza e si sente in colpa. Non ha mai
creduto al fatto che tu fossi un imbroglione e si rifiuta di
ascoltare chiunque cerchi di convincerlo. Non vuole tornare a Baker
Street e in questo periodo è ospite di sua sorella.
Mrs.
Hudson era molto provata. Se non la conoscessi, avrei pensato che
fosse lei tua madre. Piangeva a dirotto e sembrava molto debole. Mi
preoccupa il suo stato di salute.
Lestrade
è rimasto anche lui in disparte. Si sente in colpa per aver dubitato
di te e si ritiene responsabile per quello che è successo. So che
qualche giorno fa John gli ha dato un pugno e al funerale aveva
ancora un occhio nero.
Riguardo
alle disposizioni testamentarie, tuo fratello mi ha informato che hai
lasciato qualcosa per John e per me. Per John lo capisco, ma non so
perché tu debba aver lasciato qualcosa per me. Non devi pagarmi per
quello che ho fatto per te. Lo rifarei.
In
merito ai casi anomali in obitorio, non c’è molto da dire, a parte
un uomo che si è accoltellato in un occhio durante una rissa da bar,
direi che non c'è nulla di anormale.
E tu
come stai? Sono certa che è stata molto dura per te.
Ricordati,
per qualunque cosa, puoi contare su di me.
MH
Non ha mai risposto a
quella mail, né alle successive. Semplicemente scriveva delle nuove
mail con nuovi elenchi. Io rispondevo sempre il più dettagliatamente
possibile e aggiungevo sempre delle domande, interessandomi a lui e
ribadendo la mia amicizia, ma lui le ignorava.
Le sue mail non
arrivavano in maniera regolare. A volte ogni due settimane, altre
volte dopo due mesi. Gli argomenti erano sempre gli stessi. I suoi
amici, i casi anomali...
Un anno fa, quando
ormai la sua morte era stata dimenticata dai media, ma non dai suoi
amici, Sherlock mi ha scritto una mail diversa.
Molly,
la mia
missione sta procedendo e forse presto potrò tornare.
Credi
che mi perdoneranno?
Credi
che John potrà mai perdonarmi?
SH
Ricordo che leggendola
ho sentito un tuffo al cuore.
Non ho mai saputo con
certezza che relazione ci fosse tra lui e John. C'è chi ritiene che
Sherlock ne sia innamorato. Personalmente, credo che si vogliano
molto bene, e che effettivamente sia amore, ma non il genere d'amore
che tutti credono, non di tipo romantico. Perché Sherlock non è un
uomo come gli altri.
Gli ho risposto
sperando di confortarlo.
Ti
vuole bene. Ti perdonerà.
Magari
all'inizio sarà sconvolto, persino arrabbiato, ma poi sarà felice
di vederti vivo.
Spero
che tu possa tornare presto.
Se hai
bisogno, sono qui.
MH
Non ho mai ricevuto
risposta a questa mail e dopo di allora non mi ha più scritto per un
paio di mesi.
In quel periodo ho
conosciuto William.
Era venuto al Barth's
per un uomo che aveva avuto un incidente stradale e che, purtroppo,
non ce l'aveva fatta. Si era ritrovato a dover confortare i suoi
familiari in lacrime e alla fine, esausto, si era rifugiato al
distributore automatico del caffè per un po' di tregua e per
riprendersi dagli eventi della giornata.
Ci eravamo incontrati
lì. Io avevo fatto una delle mie terribili battute per tirargli su
il morale e lui aveva riso. Non per farmi piacere, aveva davvero
riso. Inevitabilmente, avevo pensato a Sherlock. Lui avrebbe
semplicemente detto “Molly, niente battute” con tono di
rimprovero, e sicuramente non avrebbe riso. William, invece, mi
trovava simpatica, e mi invitò a uscire.
Dopo due uscite in cui
il nostro rapporto si era mantenuto sul piano amichevole, al terzo
appuntamento mi ha baciato. È stato dolce e io, per la prima volta
dopo tanto tempo, mi sono sentita bellissima. Dopo di allora fu tutto
estremamente rapido. Passavamo tutto il nostro tempo libero insieme,
compatibilmente con i miei turni in ospedale e i suoi orari in
ufficio. Mi portava a cena fuori in posti eleganti in cui non avrei
mai creduto possibile riuscire a entrare. Ed era disposto a passare
le serate in casa con me, sul divano a guardare la TV, quando ero
troppo stanca per uscire.
È stato sempre gentile
e premuroso con me, trattandomi come una principessa e non come
un'anonima patologa.
Poco più di due mesi
fa, mi ha portato nel nostro ristorante preferito e mi ha chiesto di
sposarlo offrendomi un anello, uno spettacolo di gioielleria
voluminoso e pesante.
Ho esitato. Amavo
William e sapevo bene che lui era l'uomo adatto a me, ma nella mia
testa rimbombava ancora il nome di Sherlock Holmes. Nei mesi
precedenti si era fatto sentire raramente e sempre con le sue
interminabili liste. Niente di più.
Ho chiesto a William
due giorni per pensare alla sua proposta e lui ha acconsentito.
Quando la mattina dopo ho aperto la posta elettronica in ufficio, la
mail di Sherlock era lì.
Non l'ho aperta subito.
Per qualche minuto ho osservato il mittente chiedendomi se non fosse
un segno del destino. La mattina dopo aver ricevuto una proposta di
matrimonio, l'uomo che amo da anni improvvisamente si rifà vivo con
un email. Poteva significare qualcosa? Quando l'ho aperta ho capito
che, sì, significava qualcosa, ma non quello che avevo sperato.
Era solo l'ennesima
lista.
Mi chiedeva ancora di
John, in particolare della sua fidanzata e della data del suo
matrimonio. Mi chiedeva della salute di Mrs. Hudson che purtroppo era
peggiorata, e del divorzio di Lestrade.
Ma non chiedeva di
me. Non aveva mai chiesto di me, di come stavo, di come andava il mio
lavoro o la mia vita. Non gli importava.
Riguardando le mail
precedenti mi sono resa conto che è sempre stato così. Lui non era
interessato a cosa capitava a me, ma solo quello che riguardava i
suoi veri amici. E a quanto pare io non rientravo nel gruppo. Ho
risposto velocemente alla mail e poi ho telefonato a William per
accettare la sua proposta. Non avevo motivi per rifiutare un uomo che
mi amava e che io amavo. L'unico motivo che avrebbe potuto
sussistere, non era reale.
Era stato tutto solo
una mia illusione.
Questa mattina, mentre
rileggevo quelle mail, tutto mi è tornato in mente.
Sherlock è fatto così,
e credo che non cambierà mai. Mi sta bene, e non smetterò di amarlo
per questo, ma non posso neanche passare la vita ad aspettare che
capiti qualcosa di impossibile.
È ora di crescere,
di andare avanti.
Ho cliccato elimina
sulla cartella che conteneva le sue mail ed è apparsa la finestra
che chiedeva “Sei sicuro di voler eliminare la cartella e il suo
contenuto?”
Ho esitato per un po',
ma poi ho cliccato su “Sì”.
CONTINUA
|
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Capitolo 3 *** 3 ***
Dal momento che nel precedente capitolo non ci sono grandi avvenimenti,
pubblico subito anche questo, che invece contiene scene di gelosia e
strane dichiarazioni d'affetto.
Buona lettura.
3
Oggi è capitato di
tutto.
E quando dico di
tutto, intendo che sono capitate delle cose che non credevo
possibili, almeno non in questa vita.
Perché una ragazza
come me normalmente non è motivo di una rissa tra due uomini...
Ma procediamo con
calma. Dall'inizio.
Questa sera io e
William avevamo un appuntamento, quindi ho cambiato il mio turno con
un collega per poter finire prima. William si è presentato puntuale
ed elegante con il suo stile casual che gli viene così naturale. Ero
felice di aver portato un cambio da casa o sarei sembrata troppo
sciatta accanto a lui.
Eravamo appena usciti
dal Barth's e mi stavo sedendo nella sua auto sportiva quando mi sono
trovata di fronte Sherlock con aria irritata.
Come se mi fossi seduta
su una molla, sono saltata nuovamente in piedi, sentendomi come una
moglie fedifraga.
Anche se non mi era
chiaro chi stavo realmente tradendo in quel momento...
“Sherlock!” ho
esclamato sorpresa e con il tono un po' più stridulo di quanto avrei
voluto. “Cosa fai qui?”
“Stavo venendo al
Barth's.”
“Mi spiace, ho
cambiato il turno con un collega, non posso aiutarti stasera. Se vuoi
possiamo parlarne domani mattina.”
“Non sono qui per un
caso.”
“No? E allora... Hai
bisogno di qualcos'altro?” ho domandato preoccupandomi che non
fosse successo qualcosa di grave.
Lui è rimasto in
silenzio per qualche secondo osservandomi. Sembrava estremamente
seccato, ma non capivo con chi e perché.
“Sono scappato dai
giornalisti.”
“Oh, capisco. Mi
spiace, ma stasera non posso proprio aiutarti, ma se vuoi puoi usare
il mio laboratorio.”
Nel frattempo, William
aveva girato intorno all'auto e gli si era piazzato davanti, e non
sembrava affatto contento dell'interruzione da parte di Sherlock
Holmes.
“Chi è lei?” ha
chiesto con tono tagliente
“Preferisco non
utilizzare il tuo laboratorio se non ci sei tu. I tuoi colleghi
potrebbero essere fastidiosi.” ha continuato Sherlock senza
degnare William di uno sguardo.
“Allora mi spiace,
dovrai attendere domani.” ho replicato per concludere la
conversazione perché sentivo che l'aria si stava facendo decisamente
carica di tensione.
“Chi è lei?”
ha continuato a chiedere William, sempre più irritato.
“Oh, mi spiace
William.” ho detto rendendomi conto che non mi stavo comportando
bene. “Lui è Sherlock Holmes. Sherlock, lui è William Milton, il
mio fidanzato.” ho spiegato sforzandomi di sorridere in maniera
naturale.
“Sherlock Holmes?
L'investigatore?” ha chiesto William.
Avevamo visto insieme
il servizio del telegiornale che parlava della resurrezione di
Sherlock proprio la sera prima. Solo che io non avevo specificato di
essere stata complice della sua finta morte né di essere ancora in
contatto con Sherlock.
“Consulente
Investigativo.” ha precisato senza degnarlo di uno sguardo.
“E cosa vuole un
consulente investigativo dalla mia fidanzata?” ha replicato
William utilizzando un tono di disprezzo.
A quel punto, Sherlock
si è voltato e l'ha guardato in faccia.
Ha socchiuso gli occhi
e lo ha osservato. Conoscevo quello sguardo, stava analizzando
William ed entro pochi secondi avrebbe dato voce alle sue deduzioni,
sempre corrette, ma poco cortesi.
E infatti così è
stato.
“Io conosco Molly da
molto tempo prima che lei entrasse nella sua vita. Collaboriamo
insieme. Lei è la migliore patologa della città. La mia
patologa. Ed è mia amica. La mia amica. Ho tutto il
diritto di parlarle. O di desiderare la sua compagnia nei momenti di
solitudine. Lei, nonostante sia il suo fidanzato, non può certo
impedirmelo. Pensi piuttosto a trovare i soldi per pagare i suoi
debiti di gioco.”
Avrei voluto avere il
tempo per sorprendermi delle parole di Sherlock, ma aveva appena
finito la frase quando un pugno di William lo ha colpito in pieno
viso, spaccandogli il labbro.
“William!” ho
urlato per fermarlo, anche se ormai era troppo tardi.
Sherlock era a terra,
ma in un attimo si è rialzato, pronto a restituire il colpo. Non
potevo permetterlo. L'ho raggiunto e mi sono piazzata di fronte a lui
per implorarlo.
“No, ti prego
Sherlock, no.” l'ho pregato trattenendo a stento le lacrime.
Lui mi ha osservato per
un attimo e poi si allontanato da me, ma ormai sembrava non avere più
intenzioni violente.
“Fossi in te lo
lascerei. Può anche sembrare un buon partito ma è pieno di debiti
di gioco ed ha un problema con la gestione della rabbia. Ed è
violento. Potrebbe farti del male durante una banale discussione.
Ora, se non ti dispiace, vado a farmi medicare.” e così dicendo è
entrato al Barth's.
Mi sono voltata verso
William.
Aveva il viso rosso e
il respiro accelerato. Ha stretto gli occhi come a voler contenere la
sua rabbia.
“Mi dispiace, Molly.”
ha detto con tono tremante. “Non so cosa mi sia preso. Erano mesi
che non avevo episodi di questo tipo... Io non sono riuscito a
controllarmi.”
“Lo so, William. Sherlock può essere...
difficile da gestire.”
“Questo non mi
giustifica. Perdonami, ma non credo che sia il caso di andare fuori a
cena. Ti chiamo domani.” ha detto mentre rientrava in macchina. “Fa
le mie scuse al tuo amico.” ha concluso partendo.
È partito come una
furia. Subito dopo, mi sono voltata e ho corso come se avessi
qualcuno alle calcagna. Se conoscevo Sherlock, e io lo conoscevo,
non si sarebbe fatto medicare da nessuno, ma avrebbe provveduto da
solo. Quindi sarebbe andato a cercare il disinfettante nel mio
laboratorio.
E infatti l'ho trovato
lì, che frugava in tutti gli scompartimenti, tranne che in quello
corretto.
Lui si è voltato a
guardarmi, analizzandomi. Il suo labbro sembrava messo peggio di
quanto pensassi, ma prima di aiutarlo per l'ennesima volta avevo
bisogno di alcune risposte.
“Perché sei qui?
Intendo, sul serio.” ho detto con il tono più autoritario che sono
riuscita a tirar fuori.
“Avevo bisogno di
qualcuno con cui parlare.” ha replicato come se fosse la cosa più
naturale del mondo.
“Perché io? Perché
non John?”
Da quando lui preferiva
parlare con me piuttosto che con John?
“Non volevo
spaventare la sua fidanzata a quest'ora di notte. E pensavo che tu
fossi di turno stanotte.” ha spiegato con sufficienza confermandomi
che ero solo la seconda della lista.
“Mi dispiace per
William.” ho detto cambiando discorso.
“Quell'uomo è
pericoloso.”
“No, non lo è. Sta
andando da un terapista per i suoi problemi e non gli capitava una
cosa del genere da mesi, ma sai, tu tendi davvero a mettere alla
prova le persone. Era così dispiaciuto di aver ceduto alla sua
rabbia che ha annullato il nostro appuntamento e se n'è andato
mortificato. Mi ha pregato di farti le sue scuse.”
Ho sospirato e mi sono
tolta la giacca, poi mi sono avvicinata a lui, chinandomi ho aperto
lo stipetto accanto e ho tirato fuori il disinfettante. L'ho guardato
sentendomi come una madre che deve accudire il proprio figlio e gli
ho fatto cenno di sedersi o non sarei mai stata in grado di arrivare
al suo labbro comodamente.
In realtà avrei
potuto arrivarci alzandomi sulle punte, ma in quel caso non lo avrei
fatto per disinfettarlo.
Lui ha esitato, come se
per un attimo avesse valutato l'idea di dirmi che era perfettamente
in grado di fare da solo, ma poi ha semplicemente annuito e si è
seduto.
I nostri visi erano
alla stessa altezza quindi ho potuto vedere da vicino la ferita.
Fortunatamente, non era così grave come sembrava, aveva solo perso
molto sangue. L'ho ripulita e disinfettata con cura mentre osservavo
con ammirazione la perfetta forma di quelle labbra. Per quanto tempo
avevo sognato di guardarle da vicino senza imbarazzo, toccarle e
baciarle?
Un'eternità.
Mentre continuavo nel
mio compito, non potevo fare a meno di pensare a quando quella bocca
perfetta aveva toccato la mia guancia, per ben due volte, mandando
completamente in tilt tutto il mio apparato cardio-respiratorio.
Mi sono morsa l'interno
della guancia per costringermi a non pensare a quel genere di cose e
a ritornare alla realtà. Ed è stato allora che mi sono resa conto
di come Sherlock mi stesse fissando. Il suo sguardo era attento,
concentrato, mi studiava. Stava per dire qualcosa, ne ero certa. Ma
cosa? Prima che potesse dedurre qualcosa di troppo su di me e
sull'effetto che mi causava la sua vicinanza, ho deciso di parlare e
di portare l'argomento su William, anche in modo da ricordare a me
stessa chi era l'uomo a cui dovevo la mia totale attenzione.
“Sai, so dei suoi
debiti di gioco, ma ha smesso. E a breve riceverà un'eredità e li
estinguerà. È un brav'uomo, nonostante quello che ritieni di aver
dedotto.”
“Ti tratta bene? Sei
felice?” ha chiesto con una punta di preoccupazione.
Mai mi sarei aspettata
una domanda di questo tipo da parte sua e sono rimasta davvero
sorpresa, fermandomi con la mano a mezz'aria, e l'ho fissato confusa.
“Sì, certo.”
“Tu lo ami? Lo ami
davvero?”
“Se non lo amassi non
lo sposerei.”
“E allora perché non
me ne hai mai parlato? Perché ho dovuto scoprirlo da solo?”
Ho sospirato e ho messo
via il disinfettante. Mi sono seduta sullo sgabello di fronte al suo
e ho abbassato lo sguardo. Non avrei mai potuto dire tutto ciò che
avevo da dire se avessi dovuto guardarlo in quei meravigliosi occhi
verdi.
“Sherlock, il nostro
rapporto, quello che tu hai poco fa definito come amicizia,
non è un vero rapporto, e credo che tu lo sappia. Non è amicizia
essere semplicemente la scialuppa di salvataggio di qualcun'altro.
Non è amicizia essere considerata solo quando hai bisogno di me. Non
è amicizia essere il bersaglio dei tuoi repentini e assurdi cambi
d'umore. Io non sono tua amica, sono uno strumento che tu
utilizzi. Come il tuo cellulare o il tuo violino. Sono uno strumento
con uno scopo, nient'altro. E in questi mesi, il mio scopo è
stato quello di tenerti informato sui tuoi amici. I tuoi veri
amici. Rispondevo a tutte le tue domande. Eppure tu non hai mai
chiesto di me, di cosa mi capitava. Mai.” Mi sono fermata
per un secondo e ho tirato indietro la testa tentando di trattenere
le lacrime che mi stavano per travolgere. L'idea di non essere niente
di più di un tramite per lui mi faceva stare ancora molto male. Ho
fatto un profondo sospiro e ho ripreso. “Avrei voluto esserti
amica, davvero. Avrei fatto qualsiasi cosa per te. E ancora lo farei
e lo rifarei mille volte. Ma l'amicizia non può essere a senso
unico. Non posso essere sempre io quella che... dimostra di
tenerci. Tu non lo fai mai. Mai una volta mi hai scritto per
chiedermi “come va?”, mai una volta ti sei preoccupato di quello
che ho passato dopo la tua “morte”. Quando sei venuto a trovarmi
la scorsa settimana, hai notato subito l'anello, so che lo hai
fatto, ma non hai detto nulla, non hai chiesto nulla. Era ovvio
che non ti importava. Dopo i discorsi di circostanza, che
riguardavano principalmente solo te, sei fuggito via. E questo
non è un problema per me, sei tu, sei sempre stato così, e non mi
ha mai disturbato. Quello che mi disturba è che tu, di punto in
bianco, inizi a lamentarti se io non ti racconto spontaneamente fatti
della mia vita che in realtà non ti interessano. Mi disturba se devo
sentirti giudicare le mie scelte. Non ne hai il diritto.”
Non avevo mai fatto un
discorso così lungo con Sherlock. La mia timidezza e i miei
sentimenti per lui mi avevano sempre bloccata. Finivo sempre per
balbettare o esitare e nelle mie pause lui non perdeva tempo per
intromettersi e prendermi in giro. Ma non questa volta. Questa volta
ho parlato senza esitare e ho detto tutto quello che volevo dire.
Lui è rimasto in
silenzio per qualche secondo con aria confusa.
“Forse è vero, sei
solo uno strumento, come il mio cellulare e il mio violino.” ha
detto poi alzandosi dallo sgabello e avvicinandosi a me sino a starmi
di fronte e costringendomi ad alzare il viso per riuscire a vederlo
in volto. “Ma tu sai bene che sono strumenti molto importanti e
senza i quali io non posso vivere. Alla stessa maniera, io non
posso vivere senza di te, Molly Hooper.”
Ho sobbalzato per la
sorpresa. Per quanto tempo ho desiderato di sentire quelle parole?
Poi mi sono resa conto che non dovevo dargli un significato che non
c'era. Non potevo illudermi ancora. Ho sorriso rassegnata.
“Ma sono pur sempre
uno strumento. Sono certa che non consideri John uno strumento.”
“In realtà in
passato l'ho paragonato più volte al teschio che ho sul camino.”
Sono scoppiata a
ridere. Povero John.
“Molly, io posso
essere un disastro a dimostrare il mio affetto. Al diavolo, so
bene di esserlo! Il punto è che, il mio modo di dimostrarlo può
essere anomalo. Anticonvenzionale. Strano.”
Ho continuato ad
osservarlo, non capendo a quale punto volesse arrivare. Stava
cercando di dire che provava affetto per me? O me lo stavo solo
immaginando?
“Avrei potuto
chiedere a Mycroft un resoconto dettagliato di quello che succedeva a
John o a Mrs. Hudson o a Lestrade, ma l'ho chiesto a te. Perché
volevo comunicare con te. Volevo che fossi tu il mio legame con
la mia vecchia vita, e nessun altro. Perché sei la mia unica vera
amica.”
“Oh, Sherlock...”
ho mormorato in lacrime e mi sono alzata lanciandomi fra le sue
braccia. Lui si è irrigidito per un secondo e poi, goffamente, mi ha
abbracciato. Mi ha tenuto stretta a sé per tutto il tempo di cui ne
ho avuto bisogno. Ho cominciato a piangere a dirotto, affondando il
viso sulla sua spalla, spargendo i resti del mio trucco sul suo
elegante e costoso cappotto. Lui avrebbe potuto allontanarmi solo per
questo, ma non lo ha fatto. Quando mi sono calmata ho alzato il viso,
dovevo avere un aspetto terribile. Lui mi ha osservato con quel suo
sguardo serio e indagatore per un minuto che mi è sembrato essere
lunghissimo. Poi si è allontanato, ma non è stato brusco come mi
sarei aspettata. Sembrava in imbarazzo quanto me. Si è diretto verso
la porta e poco prima di uscire si è voltato e mi ha guardato
ancora.
“Grazie, Molly
Hooper. Buonanotte e rifletti se sia davvero il caso di dividere la
vita con quell'uomo. Ripeto: è pericoloso.”
Non sapevo cosa dire.
Non ero abituata a questo Sherlock premuroso nei miei confronti. Ho
semplicemente annuito e l'ho guardato uscire dal mio ufficio.
CONTINUA
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Capitolo 4 *** 4 ***
Benvenuti a un nuovo capitolo.
Molly è confusa. I sentimenti che prova per Sherlock si sono
riaffacciati violentemente a causa delle ultime parole che lui le ha
rivolto.
A questo si aggiunge una buona dose di senso di colpa nei confronti del
suo fidanzato.
Buona lettura.
4
Dopo una notte insonne,
quando ha suonato la sveglia ero uno straccio. Non ho potuto evitare
di pensare alle parole di Sherlock e mi sono girata e rigirata per
ore nel mio letto. Non avrei mai creduto che lui potesse considerarmi
la sua unica vera amica. Ancora se ci ripenso mi commuovo.
Comunque, stamattina ho
ingurgitato mezzo litro di caffè e sono andata a lavoro, ma la mia
testa ha continuato a vagare dove non avrebbe dovuto.
Per l'esattezza
dalle parti di Baker Street...
Mentre facevo un
autopsia tutto quello che riuscivo a pensare era la sensazione di
stare tra le braccia di Sherlock.
La spigolosità
delle sue spalle.
Il suo odore così
intenso e delicato allo stesso tempo.
Ho dovuto scuotere la
testa più volte per ricordare a me stessa che non avrei dovuto
indugiare in quelle fantasticherie.
Molly, smettila, sei
fidanzata.
Ho ripensato a William.
Probabilmente avrei dovuto chiamarlo per sapere come si sentiva dopo
ciò che era successo, ma non mi era nemmeno passato per la testa.
Una pessima
fidanzata.
Appena ho avuto una
pausa da lavoro ho preso il mio cellulare e ho telefonato a William
in ufficio. Mi ha risposto quasi subito, ma era sul lavoro quindi non
era molto disposto a parlare.
“Ma stai bene?” ho
chiesto cercando di appurare almeno questo.
“Sì, certo. Ho preso
un calmante e una notte di sonno ha fatto il resto.” ha replicato
lui abbassando il tono per non farsi sentire da orecchie indiscrete.
“E stasera ho un appuntamento con il mio terapista.”
“Capisco. Chiamami se
hai bisogno di me... Per qualsiasi cosa.”
“Certo, Molly.
Grazie per essere così comprensiva.” ha concluso infine chiudendo
la conversazione.
Ho sospirato. William
doveva essere molto turbato per aver chiuso così bruscamente la
conversazione. La visita dal terapista l'avrebbe aiutato.
Ero ancora confusa
riguardo a Sherlock e avevo bisogno di parlare con qualcuno. Chi
avrebbe mai potuto capire? Chi mai avrebbe potuto aiutarmi a
decifrare il suo comportamento?
Inutile dire che solo
una persona poteva essere in grado di far luce su Sherlock e così
l'ho chiamato.
“Ciao John, sono
Molly. Disturbo?”
“Molly! Ciao! No, non disturbi, figurati. In
cosa posso aiutarti?” mi ha risposto John sempre gentile.
“Ecco, io... Non so
bene da che parte cominciare. Ieri Sherlock è passato da me al
Barth's.”
“Oh, capisco. Cosa ha combinato questa volta?”
“Ecco, ha avuto una
discussione con William, il mio fidanzato. Sono venuti alle
mani.”
“Addirittura?”
“Sì, beh, sai come è
Sherlock, ha detto chiaramente di non apprezzare William, e lui ha
perso il controllo e gli ha dato un pugno...”
“Non ne sono stupito, in effetti.”
“Ho dovuto implorare
Sherlock di non reagire e, per fortuna, mi ha dato ascolto.”
“Capisco.”
“Dopo io e Sherlock
abbiamo parlato ed è stato così strano.”
“Ti ha detto qualcosa
di spiacevole?”
“No, al contrario.”
“Al contrario?”
ha chiesto lui con tono incuriosito e incredulo. “Cosa vuoi dire?”
“Oh, John, sono stata
io a dirgli tante cose orribili... Ho detto che non eravamo veramente
amici... Che lui non mi considerava un'amica ma solo un mezzo
utile... Che per lui ero solo uno strumento come il suo cellulare o
il suo violino...”
“E lui come ha
risposto?”
“Ha detto che forse era vero, ma che il cellulare e
il violino sono mezzi senza i quali non può vivere e che non può
vivere neanche senza di me.”
John è rimasto in
silenzio all'altro capo della linea. Sembrava confuso e potrei dire
che abbia trattenuto il respiro per circa un minuto. E poi mi è
sembrato di sentirlo sorridere.
“Ha detto altro?”
ha aggiunto infine con tono gentile.
“Sì. Ha detto che il
suo modo di dimostrare affetto è anticonvenzionale... Strano. Ha
detto che si è tenuto in contatto con me perché voleva che fossi io
il legame con la sua vecchia vita.... Ha detto che sono la sua unica
vera amica...” ho detto infine non riuscendo a trattenere un
singhiozzo.
“Molly... Stai bene?”
“Sì, sì, sto
bene... È solo che ogni volta che ci ripenso...”
“Perché hai voluto
raccontarmelo, Molly?”
“Perché pensavo che
mi avresti aiutato a capire... Per tutto questo tempo lui mi ha
trattato come se non fossi niente più che... un oggetto. E
ora... Cosa devo pensare?”
John è rimasto in
silenzio per un po'. Anche lui non era certo di cosa pensare.
“Sai, Sherlock è
fatto così. Lui ti fa capire solo quello che ritiene di doverti far
capire. Non hai idea di cosa mi ha detto stamattina! Mi ha detto di
non voler essere il mio testimone ma era furioso che avessi scelto
mia sorella. E poi mi ha detto che stavo cercando di fare dei
giochetti psicologici per convincerlo a offrirsi volontario. Tutto
questo per non ammettere che, in
realtà, lui vuole essere il mio testimone. Insomma,
capisci quanto è contorto?”
“Sì, certo... Ma
secondo te quello che ha detto è vero? Lui mi ritiene davvero... la
sua unica vera amica?”
“Credo che sia la
cosa più sincera che abbia mai detto, e probabilmente non se ne
rende nemmeno conto.”
Ho sorriso. John è
sempre così gentile, e non potevo fare a meno di chiedermi se
pensava davvero quello che diceva o se lo diceva solo per consolarmi.
“Molly, lui tiene
molto a te. Forse non è in grado di ammetterlo, e tanto meno sa come
comportarsi in merito, ma io so che ti vuole bene. A modo suo.”
ha aggiunto poco dopo per spiegare cosa intendesse.
“Grazie, John.” ho
replicato con un sospiro. “Ora è meglio che vada. La mia pausa è
finita. Ci vedremo al matrimonio, ok?”
“Certo. Verrai con il
tuo fidanzato?”
“Sì, certamente. Ora devo proprio andare.
Ciao, John.” ho concluso chiudendo la conversazione.
Sono tornata al mio
laboratorio e ho passato il resto della giornata analizzando campioni
e riflettendo su quello che mi ha detto John.
Sherlock tiene a me? Mi
considera davvero sua amica? E poi cosa intendeva John quando ha
detto che “lui ti fa capire solo quello che ritiene di doverti far
capire”? Significa che quello che mi ha detto ieri non era reale,
ma che serviva solo a compiacermi? John ha anche aggiunto che mi
vuole bene ma che non sa come comportarsi in merito. Come è
possibile che un uomo così brillante, tanto da essere in grado di
manipolare chiunque, non sia in grado di comportarsi con le persone a
cui tiene?
Non so proprio cosa
pensare. Sherlock Holmes resterà sempre un mistero per me. Ma se
John dice che mi vuole bene, a modo suo, forse è vero. E io
dovrei essere felice di questo e farmelo bastare. Di più non posso
pretendere da lui.
CONTINUA
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Capitolo 5 *** 5 ***
Eccoci a un nuovo breve capitolo.
Molly è sempre più confusa sui suoi sentimenti e sull'atteggiamento di
Sherlock.
Buona lettura.
5
L’ultimo periodo è
trascorso molto serenamente. Non vedevo Sherlock da quella sera al
Barth’s e credo che sia stato meglio così. Avevo bisogno di tempo
per abituarmi all’idea del suo ritorno e per assimilare ciò che mi
aveva detto…
Inoltre, questi ultimi
giorni sono stati davvero faticosi. È periodo di influenza e ho
dovuto fare sette volte il doppio turno nelle ultime due settimane
per sostituire i colleghi malati. Ero davvero esausta.
Per fortuna, William
ultimamente non era dell’umore giusto per uscire quindi abbiamo
passato le serate a casa a guardare la TV abbracciati sul divano.
Sembrava aver
completamente superato l’incidente avvenuto con Sherlock, ma credo
non volesse uscire per non stare troppo a contatto con la gente.
E per non correre il
rischio di incontrare di nuovo Sherlock.
Comunque, lo scorso
week end è partito all’estero per lavoro e starà via ancora due
settimane. Forse allontanarsi un po’ da Londra gli farà bene.
Oggi, quando sono
rientrata a casa, mi sentivo un po’ sola. Dopo sedici ore in
compagnia di cadaveri, avevo voglia di un po’ di contatto umano, ma
non sapevo proprio a chi rivolgermi. Alla fine ho deciso di chiamare
Mrs. Hudson. Era da un po’ che non lo facevo e volevo sapere come
stava.
Ok, lo confesso,
volevo anche sapere qualcosa su Sherlock.
Ha risposto al secondo
squillo, quindi era in cucina, proprio accanto al telefono.
“Pronto?” ha detto
mentre abbassava il volume della TV.
“Mrs. Hudson? Sono
Molly.”
“Oh, ciao cara! Come
stai?”
“Sono un po’ stanca, ma sto bene. E lei?”
“Oh, la mia anca fa
molto male, il caro John mi ha prescritto un antidolorifico, ma ormai
non mi fa più molto effetto.”
“Come sta John? E Sherlock?”
ho domandato cercando di avere un tono casuale.
“John sta bene, è
molto preso dalla gestione del suo nuovo studio e dai preparativi per
il matrimonio, ma credo sia felice. Non lo vedevo così sereno da
quando… Beh, lo sai. Sherlock… Oh, buon Signore, chi può sapere
cosa gli passa per la testa? Ha ricominciato a lavorare, e sembra
felice, ma non sempre John si unisce a lui e credo che questo lo
infastidisca.”
“Immagino senta la
mancanza della compagnia di John.”
“Infatti. Però
forse ha trovato il modo di supplire a questa mancanza…”
“Supplire?”
“Devi
sapere che qualche giorno fa ha avuto una cliente, e l’ha fatta
restare a dormire. Secondo me potrebbe esserci qualcosa tra loro…”
“Tra Sherlock e…
la sua cliente?”
“Ma sì, ti dico che
è rimasta qui a dormire! Era una cliente, una ragazza molto carina,
si chiamava Anne Church. Le ha dato la stanza di John. La mattina
dopo lei è andata via, ma io l'ho trovata comunque una cosa molto
strana da parte sua. Sherlock non ha mai permesso a estranei di
passare la notte qui. Tranne forse per quella donna, quella Irene, ma
su di lei non mi esprimo perché sono una signora... Comunque, forse
in questi tre anni ha imparato a gestire le donne...”
“Ma…?” ho
mormorato confusa cercando di obbiettare ma mi sono fermata quando ho
sentito Mrs. Hudson sussultare.
C’era qualcun altro
in casa con lei.
Oh, no. Ti prego,
non Sherlock.
“Oh, Sherlock,
caro... Sei già tornato?” ha chiesto Mrs. Hudson confermando i
miei timori.
Ho imprecato
silenziosamente. La mia solita fortuna!
“Sì, Mrs. Hudson.
Posso sapere a chi racconta con tanto entusiasmo ciò che mi
riguarda?” ha chiesto lui con tono palesemente seccato.
“Ecco, io...”
Non potevo stare ancora
ad ascoltare con il rischio che Sherlock prendesse la cornetta e
scoprisse la mia tendenza a spettegolare sul suo conto. Lo avrebbe
sicuramente infastidito. Quindi ho chiuso la conversazione. Mrs.
Hudson avrebbe capito.
Ho passato l'ora
successiva a camminare avanti e indietro nel mio piccolo soggiorno.
Sherlock e una
donna.
Sherlock Holmes.
L'uomo meno
interessato alla donne che esista.
No, doveva esserci un
errore. Non poteva essere vero. Perché se fosse stato vero,
allora... Allora significava che non erano le donne a non
interessargli. Non gli interessavo io.
Mi sono ritrovata a
piangere come una stupida. Sapevo benissimo di non piacergli, ma
potevo sempre consolarmi con l'idea che comunque a lui non sarebbe
piaciuta nessuna donna. E invece... Se c'era stata questa Miss
Church, forse c'erano state anche delle altre. Donne che avevano
avuto la fortuna di stare fra le sue braccia anche se solo per poco.
Mentre io... Io non sono mai stata degna di tanto.
Forse sono la sua unica
vera amica, come dice lui, ma sarò sempre una comparsa nella sua
vita. Il ruolo da protagonista sarà sempre di qualcun'altra.
Ero persa in questi
pensieri deprimenti, quando lo sguardo mi è caduto sull'anello che
portavo al dito.
Sono fidanzata. Mi
sposo fra pochi mesi.
Dovrei pensare ai
preparativi e non a quanto mi faccia soffrire un uomo con il quale
non ho neanche mai avuto una relazione. Neanche un bacio, in realtà.
Avrei voluto urlare. Se
solo Sherlock fosse venuto da me in quell'istante e mi avesse
baciato, avrei detto addio a William, al matrimonio e a qualsiasi
altra cosa. Non mi sarebbe importato di nient'altro. Lo avrei amato
per tutta la vita.
Ma Sherlock non sarebbe
mai venuto da me. Non mi avrebbe mai baciato. Non mi avrebbe mai
chiesto di rinunciare a William, al matrimonio o ad altro. Perché a
lui non importava. A lui bastava che io fossi disponibile ad aiutarlo
in laboratorio. Che lo ascoltassi quando aveva bisogno di parlare.
Che fossi presente. Non desiderava altro da me, perché a quanto pare
c'erano altre donne disposte ad assecondarlo. E sicuramente molto
volenterosamente.
Lui poteva avere
qualunque donna desiderasse.
Mr. Quanto-Sono-Sexy
con quei meravigliosi occhi verdi da gatto, quei riccioli neri nei
quale ho sognato tante volte di affondare le mani, quegli zigomi
affilati e quella bocca disegnata. Alto e slanciato grazie alle sue
lunghissime e affusolate gambe, con quella carnagione di porcellana
combinata con spalle e braccia forti. Con quello stile elegante e
impeccabile e quel profumo intenso e delicato che mi fa accelerare i
battiti ogni volta. Con la sua voce bassa e sensuale che mi fa
vergognare dei pensieri che faccio. E, oltre a tutto ciò, come se
non bastasse, è l'uomo più intelligente che abbia mai
incontrato. Forse il più intelligente in assoluto.
Lui può avere
chiunque voglia. E probabilmente lo ottiene.
E io sto per sposare
un uomo che non è lui.
Un uomo che amo, ma
non quanto lui. Un uomo che non potrò mai rendere felice.
Un uomo che lascerei
all'istante se solo Sherlock me lo chiedesse.
Con questa
consapevolezza, sono andata a letto, ma sapendo che non avrei chiuso
occhio.
CONTINUA
|
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Capitolo 6 *** 6 ***
Data la brevità del precedente capitolo, pubblico subito anche questo.
Le cose cominciano ad evolversi in maniera molto romantica.
Buona lettura.
6
Questa mattina, quando la sveglia ha
suonato come sempre alle quattro, ero già sveglia.
Seduta sul mio letto, circondata da kleenex usati, con lo sguardo
perso nel vuoto ripensavo ancora a Sherlock. Avevo smesso di piangere
e i miei occhi erano asciutti, ma dentro mi sentivo annegare nelle
lacrime che non riuscivo più a versare.
Mi sono alzata, pur
sentendomi molto debole, e ho fatto una lunga doccia per cercare di
spazzare via la nebbia dal mio cervello e ritrovare un po’ di
lucidità.
Mi sono sforzata di
pensare al mio imminente matrimonio.
Dovevo smettere di
pensare a Sherlock, ma era più facile a dirsi che a farsi.
E io rischiavo di
rovinare anche la vita di William sposandolo, sapendo che non lo
avrei amato mai abbastanza.
Quando sono riuscita a
uscire di casa avevo ritrovato la mia compostezza. Non vedevo l'ora
di buttarmi sul lavoro per avere qualcosa di diverso a cui pensare.
Mentre ero in metropolitana, ho cominciato a fare un riepilogo dei
casi che avevo in corso dal giorno prima, in modo da stilare una
lista ordinata dei miei compiti nella giornata. Questo mi aiutava a
non pensare alla mia incasinata vita sentimentale.
Ero ancora immersa nei
miei pensieri quando alle cinque esatte sono scesa dalla
metropolitana e mi sono diretta all'ingresso dell'obitorio del
Barth's. Stavo per entrare quando mi sono ritrovata Sherlock Holmes
davanti.
“Buongiorno, Molly.
Caffè?”
“Oh, Sherlock!” ho
sussultato sorpresa. “Cosa fai qui a quest'ora?”
“Ti
aspettavo, ovviamente. Ecco il tuo caffè. Nero con panna e niente
zucchero, giusto?”
“Sì, giusto. Ma...
Non mi hai mai portato il caffè.”
“Ne sono
consapevole.”
Lui aveva quella
faccia. La faccia che ha sempre quando vuole compiacermi per
chiedermi dei favori o costringermi a fare degli straordinari o
chiedermi parti anatomiche umane per i suoi esperimenti.
Ero indecisa tra il
mandarlo a quel paese o prendere quella tazza di caffè che profumava
come il paradiso... E io avevo passato una notte in bianco dopo aver
fatto il doppio turno. Quel caffè mi stava chiamando con la dolcezza
di un coro d'angeli.
Accidenti a Sherlock
Holmes, perché sa sempre come manipolarmi?
“Di cosa hai bisogno
oggi, Sherlock?” ho chiesto afferrando la tazza di cartone e
avviandomi all'interno dell'ospedale.
“Ti dovrebbero essere
arrivati dei cadaveri, quattro. Un serial killer. E anche dei
campioni da esaminare.” ha spiegato seguendomi.
Non volevo guardarlo
troppo in volto, quindi camminavo veloce, più del solito, in modo
che, una volta tanto, fosse lui a seguirmi.
Avrebbe pagato per il
modo in cui mi manipolava. Forse non avevo facoltà decisionale sulla
mia vita privata, ma sul lavoro sì, santo cielo! Sherlock Holmes
doveva imparare che nel mio laboratorio sono io che comando.
Nel mio laboratorio
io sono una fottuta Dea.
“Questo spiega il
caffè. È un tentativo di corruzione, giusto Sherlock? Ma sono quasi
certa di avere altri casi da gestire, quindi potrei non farcela a
esaminare i tuoi.”
“Non hai altri casi.
Quelli che avevi li ho fatti trasferire ai tuoi colleghi.”
“Cosa?” ho
esclamato fermandomi e guardandolo incredula e furiosa.
Che cosa aveva osato
fare?
Non solo quest'uomo
rovinava la mia sanità mentale e la mia vita privata, ma si prendeva
anche la libertà di intromettersi nelle mie decisioni lavorative?
Ok, un conto è fare
dello straordinario non pagato per aiutarlo. Quello posso concepirlo,
è un extra e non interferisce con il mio vero lavoro. Ma il modo in
cui gestisco i miei incarichi ufficiali non può e non deve essere
modificato da nessuno. Ho una reputazione e una professionalità da
difendere, nonostante l'impegno costante di Sherlock Holmes per
distruggere entrambe.
“Ho pensato fosse
meglio che fossi libera di...” ha cercato di scusarsi forse
rendendosi conto della rabbia cieca che mi stava invadendo.
“Tu ti sei
intromesso nella gestione del mio lavoro? Io non lavoro così. Non
faccio in modo che altri debbano occuparsi dei miei casi. Non è
professionale.”
“Ma loro lo fanno con te.”
Gesù, era come un
bambino di cinque anni! Ha iniziato prima lui!
“Loro
possono fare ciò che vogliono, ma io non mi comporto così. Inoltre,
così sembra che io abbia qualche agevolazione collaborando con il
grande Sherlock Holmes. Come se io fossi una privilegiata.”
Mi ha osservato per
qualche secondo, probabilmente cercando di capire perché me la stavo
prendendo così tanto. Non ci riusciva, ma sembrava dispiaciuto.
Naturalmente, non dispiaciuto che io fossi arrabbiata, ma che
ci fosse il rischio di perdere la mia collaborazione.
“Capisco. Perdonami,
Molly Hooper.”
Si scusava perché
sapeva che era l'unico modo per convincermi a collaborare.
E va bene, voleva
giocare così? Voleva farmi contenta per sfruttarmi? D'accordo, ma le
cose sarebbero cambiate. Definitivamente.
Io comando nel mio
laboratorio, non Sherlock Holmes.
Altrimenti si faccia
assumere al Barth's e si gestisca un laboratorio per conto suo!
Ho sospirato e ho
ripreso a camminare con passo deciso dirigendomi al mio laboratorio.
“Per questa volta
esaminerò quei campioni e quei cadaveri, ma si farà a modo mio.”
“Scusa?” ha
obbiettato lui chiaramente stupito.
“A modo mio. Tu puoi
assistere ma non puoi toccare nulla se non sono io a darti
l'autorizzazione.”
“Ma...”
“Niente ma.
Prendere o lasciare.” ho detto con tono tagliente fermandomi
nuovamente a guardarlo.
Questa volta non mi
sarei lasciata mettere i piedi in testa.
“In passato abbiamo
sempre fatto a modo mio e non è mai stato un problema.”
“Le cose sono
cambiate. Allora? Accetti le mie condizioni?”
Ha esitato. Gli si
leggeva in viso che voleva rifiutare, dirmi che lui non aveva bisogno
del mio permesso. E invece alla fine ha annuito.
“Bene.” ho
confermato riprendendo a camminare.
“Comunque, non ti ho
portato il caffè per corromperti. L'ho fatto perché sapevo che
questa settimana hai fatto tre volte il doppio turno.”
“Hai di nuovo spiato
i miei turni?”
Non fa che
intromettersi nel sito dell'ospedale per controllare i miei turni,
continuamente.
“Sì, anche se non ne avrei avuto bisogno. Ti si
legge in faccia. Come so che hai passato la notte in lacrime.”
Mi sono fermata proprio
nel momento in cui poggiavo la mano sulla maniglia della porta del
laboratorio. Improvvisamente, avevo perso tutta la mia sicurezza. Ho
tenuto lo sguardo basso e ho sospirato.
Lui sapeva.
Sapeva che avevo passato la notte in lacrime. Aveva dedotto anche di
esserne la causa?
“È stato lui? Ti ha
fatto del male?” mi ha domandato apparentemente preoccupato.
Tipico. Non si
stava veramente preoccupando di me, era solo ansioso di avere la
conferma che le sue deduzioni su William fossero corrette. E non gli
è neanche passato per quella piccola maledetta geniale testolina di
essere la causa del mio malessere. Di avermi fatto più male lui di
chiunque altro a questo mondo.
“No. William non mi
ha fatto nulla. Non lo vedo da lo scorso week end. È all'estero per
lavoro.”
“Allora, cosa...?”
ha chiesto con tono incerto.
“Ci sono cose della
mia vita che non conosci e che, sinceramente, non ti riguardano,
Sherlock. Ora, scusami, ma ho quattro cadaveri da analizzare, grazie
a te.”
E così dicendo sono
entrata nel laboratorio e sbattendo la porta.
Lui non mi ha seguito
immediatamente. È rimasto nel corridoio, confuso. Io ho approfittato
di quei minuti per riprendermi e ho impiegato più tempo del solito a
mettere il camice. Poi, finendo di bere il caffè che mi aveva
portato, ho deciso di chiudere il dolore che provavo in una scatola.
In quel momento non potevo e non dovevo lasciarmi andare.
Non per lui, ma
perché sono una maledetta professionista.
Il mio lavoro
meritava tutta la mia attenzione, Sherlock Holmes no.
Non in quel momento.
L'ultima frase che gli
avevo rivolto era volutamente fredda e crudele e speravo che lo
avrebbe convinto a lasciarmi in pace.
Non gli ho rivolto la
parola per tutto il giorno. Gli ho permesso di assistere e gli
indicavo gli indizi rilevanti, ma mi sono limitata ai monosillabi
strettamente necessari.
Non volevo parlargli né
guardarlo. Volevo solo tornare a casa e sprofondare nel mio letto per
piangere ancora.
Lui probabilmente non
aveva neanche notato tutto ciò. Sapeva che ero seccata con lui ma
non capiva il perché. Per lui queste cose non sono importanti e poi
so che non gli piace quando parlo troppo, quindi sarà stato felice
del mio silenzio.
Alla fine delle
autopsie siamo passati ad analizzare i campioni inviati da Scotland
Yard e, ancor prima che lui me lo dicesse, ho esaminato eventuali
residui sotto le unghie delle vittime, comprese quelle che erano
state già analizzate.
Ero comunque molto
stanca, quindi gli ho consentito di analizzare alcuni campioni ed è
stato entusiasta quando ha finalmente trovato qualcosa.
“Cellule epiteliali!”
ha esclamato soddisfatto. “Abbiamo del DNA.”
“Altre cellule
epiteliali sotto le unghie dell'ultima vittima.” ho replicato con
tono piatto formulandola prima frase di senso compiuto dalla mattina.
Da un successivo esame,
abbiamo riscontrato che il DNA presente nei guanti e sotto le unghie
era di una donna, ma di sicuro non apparteneva alla vittima.
Un serial killer donna.
“Bene. Forse avremo
un nome entro oggi.” ha commentato lui con tono trionfante.
“Forse.” ho
aggiunto io conservando i campioni negli appositi contenitori
sterili. “Ora, dato che ho finito, vado a casa. Sono esausta.”
“Molly...” ha detto
cercando di fermarmi mentre mi mettevo la giacca.
“No, Sherlock,
lasciami stare. Te ne prego.” gli ho chiesto con tono implorante,
senza guardarlo negli occhi.
Non potevo farlo, il
pianto stava per invadermi. Dovevo assolutamente tornare a casa. Ha
annuito, anche se era chiaro che volesse dire qualcos'altro.
“Buonanotte.” ho
detto lasciando il laboratorio, consapevole dello sguardo confuso di
Sherlock che mi fissava.
Sono tornata a casa
camminando come un automa. Non vedevo nulla né sentivo nulla. Sono
salita sulla metropolitana e mi sono seduta fissando il vuoto. Ero
fuori di me. Tutto andava a rotoli. Solo qualche settimana fa mi
sentivo felice e ora invece...
Niente andava bene.
Niente era come avrebbe dovuto essere.
Sherlock non avrebbe
dovuto farmi stare male, non più. Avrei dovuto lasciarmelo alle
spalle, dimenticarlo. Avrei dovuto considerarlo solo un amico e
concentrare tutti i miei sentimenti romantici verso William, l'uomo
che mi amava tanto da voler condividere la sua vita con me.
Tutto ciò che
Sherlock vuole condividere con me è il mio laboratorio. Nient'altro.
Perché io non sono all'altezza per qualcos'altro.
Sono scesa dal treno
all'ultimo secondo, presa com'ero dai miei pensieri.
Rientrando a casa sono
passata di fronte alla drogheria aperta ventiquattrore su
ventiquattro, la mia ancora di salvezza con i turni assurdi che
faccio. Sono entrata alla ricerca di cibo consolatorio.
Dio, volevo tuffarmi
in una vasca di gelato.
Nuotare nelle
patatine fritte.
Farmi un overdose di
cioccolato.
Il tutto innaffiato
da diverse birre.
Al diavolo le prove
dell'abito da sposa.
Al diavolo la dieta.
Al diavolo tutto.
Sono rientrata a casa,
ho poggiato temporaneamente la busta in cucina e sono andata a
mettermi il mio pigiama preferito. Non lo metto spesso perché
William lo trova infantile, ma in quel momento non mi importava nulla
né di William né di nessun'altro.
Sono tornata in sala,
ho preso il mio cibo spazzatura e mi sono sdraiata sul divano sotto
la coperta multicolore che mi aveva regalato mia nonna da bambina. Ho
inserito il mio DVD sentimentale preferito, e il lacrima party ha
avuto inizio.
Appena iniziato il
film, hanno iniziato a sgorgare senza fermarsi. Ho preso la ciotola
di patatine e ho iniziato a mangiarle con disperazione, come se
mangiarle più in fretta avesse potuto dare tregua al dolore che
provavo. Come se potessi riempire il vuoto che provavo all'altezza
dello stomaco, ma sapevo benissimo che non era il mio stomaco il
problema, ma il mio cuore che era sprofondato lì in basso...
Dopo le patatine, è
stato il momento della birra e, infine, del cioccolato. Ed ero solo a
metà film. Stavo per alzarmi e andare a prendere il gelato dal
freezer, quando ha suonato il campanello.
Mi sono guardata. Ero
un disastro. Pigiama a parte, avevo briciole di patatine ovunque e le
mani oleose. E poi chi poteva essere a quell'ora?
Ho messo in pausa il
film e ho fatto una corsa in bagno per ripulirmi il viso e le mani,
mentre il campanello suonava una seconda volta, quindi sono andata a
guardare dallo spioncino.
Era Sherlock.
Oh, cielo, perché?
Perché non potevo semplicemente deprimermi in santa pace? Perché
dovevo soffrire ancora e ancora?
“Molly, ho bisogno di
parlarti. Non costringermi ad abbattere la porta.” ha detto lui
distogliendomi dalle mie silenziose lamentele contro l'ingiustizia
della vita.
Ho aperto la porta
leggermente, ma era presente ancora la catena. Lui mi ha guardato,
studiandomi. Stava deducendo chissà cosa dal mio aspetto, e non
volevo lo facesse. Avrebbe potuto vedere troppo. E, in quel momento,
sarebbe stato disastroso.
“Sherlock, sono molto
stanca. Stavo andando a dormire. Passa domani al Barth's.”
“No, devo parlarti.
Ora.”
Ho sospirato. Non si
sarebbe arreso. Dovevo accontentarlo, almeno temporaneamente. Ho
accostato la porta per togliere la catena, l'ho riaperta poco dopo e
l'ho lasciato entrare. Mentre richiudevo la porta lui si è guardato
intorno.
Stava studiando il mio
appartamento e le mie cose. E sicuramente avrebbe avuto qualcosa da
dire.
“Allora, cosa c'è di
così urgente?”
“Qualsiasi cosa abbia
detto di sbagliato oggi, mi dispiace. Non era mia intenzione
offenderti. A quanto pare stai passando un periodo difficile.
Perdonami.”
Ho sbuffato e mi sono
seduta sul divano, facendogli cenno di sedersi sulla poltrona di
fronte. Lui ovviamente non ha accolto il suggerimento ed è rimasto
in piedi a fissarmi, come per mantenere una posizione di superiorità
rispetto a me.
Beh, non mi importava.
Sono abituata a guardarlo dal basso con quelle lunghe gambe che si
ritrova, ma non avevo intenzione di lasciarmi intimidire. Non so
come, ma avevo da qualche parte la forza per reagire.
“Sherlock, il fatto
che tu sappia tutto delle persone non ti da il diritto di parlarne.”
“Volevo essere
gentile. Magari persino premuroso.”
Sono scoppiata a
ridere. Sherlock... premuroso? Era una barzelletta? Sherlock non è
mai premuroso, a meno che questo non gli convenga. E il fatto che lui
volesse provare a esserlo era divertente, ma chiaramente assurdo.
“Sherlock, non è da
te. Lascia stare.”
“No, aspetta. Perché
non sarebbe da me? Io posso farlo. Sono in grado di gestire questo
genere di cose.” ha detto sedendosi finalmente nella poltrona di
fronte a me.
Mettendosi
inconsciamente al mio livello.
“No, non lo sei. Non hai
filtri, non sai quando fermarti.”
Si è zittito per un
momento. Sapeva che avevo ragione.
“Forse è vero. Ma
vorrei davvero sapere cosa ti fa piangere.” ha detto infine dopo
averci riflettuto su.
Ho abbassato lo
sguardo. Non potevo piangere, non in quel momento, ma i miei occhi
non sembravano della stessa opinione. Dovevo cercare di evitare il
discorso perché altrimenti sarei impazzita... Ho rialzato lo sguardo
e sapevo che lui stava annotando mentalmente i miei occhi lucidi.
“Sherlock, non posso
parlarne, e di certo non con te.”
“Perché?”
“Perché
riguarda la mia vita, le mie scelte, il mio futuro.”
“Intendi il tuo
futuro marito?”
“Sì.” ho confermato dopo un profondo
sospiro con voce tremante. Non sarei riuscita ad evitarlo, era
inutile, dovevo dirgli tutto. “Non sono sicura delle mie scelte. Ho
paura di aver fatto degli errori di valutazione.”
“Allora avevo ragione
io? Lui non ti rende felice.”
“Ti sbagli. Lui mi
rende felice, ma io non posso rendere felice lui.”
Lui mi ha guardato con
aria confusa, come se cercasse di capire qualcosa di davvero
complicato.
“Io non posso
renderlo felice perché ci sarà sempre qualcun'altro che amerò più
di quanto amo lui.” ho confessato infine, non sapendo cosa avrebbe
portato ciò.
Non avevo fatto il suo
nome, ma era ovvio che parlassi di Sherlock. Mi chiedevo solo se era
ovvio anche per lui.
Non diceva nulla. Mi
guardava e basta, come se non sapesse cosa dire. Inaspettatamente, ho
continuato a parlare.
Volevo che lui
capisse.
Volevo che si
rendesse conto di quanto amarlo mi facesse soffrire.
Di quanto mi
sentissi in trappola.
Di quanto la mia
vita avesse preso una piega assurda per colpa sua.
“E se quella persona
venisse da me e mi dicesse “fuggi con me”, non esiterei un
istante a dire a William “addio”. Questo non capiterà mai, ma io
lo sto per sposare sapendo che passerò il resto della mia vita
sperando che capiti. Come potrei renderlo felice con queste
premesse?”
Lui è rimasto in
silenzio ancora e mi guardava in una maniera strana. Sembrava
indeciso sul da farsi. Come se non sapesse se restare ad ascoltare i
miei assurdi deliri o scappare via a gambe levate. Ma aveva
capito. Sapeva che parlavo di lui, glielo leggevo in quei
meravigliosi occhi verdi. Stringeva la mascella, sembrava nervoso, mi
chiedevo solo il perché.
“Non dovresti
sposarlo. Interrompi il fidanzamento. Subito.” ha detto infine con
tono autoritario, come se la decisione spettasse a lui. “Lui non è
un uomo adatto a te, in ogni caso.”
“Nessuno lo è.
Significa quindi che dovrò passare la vita da sola?” ho replicato
cercando di essere ironica.
In realtà non c'era
molto da ridere. Era una possibilità sempre più probabile.
Sarei finita vecchia
e sola in una casa piena di gatti.
“Essere soli non è
così male come sembra. Io sono solo e sto benissimo.” ha replicato
lui con tono di sufficienza.
Per poco non gli ridevo
in faccia. Questa poi!
“Tu non stai bene
solo, Sherlock. Se così fosse, tu non avresti bisogno di andare da
John quasi ogni giorno. O di prendere il tè con Mrs. Hudson. O di
venire al laboratorio del Barth's per combattere la noia. Tu non
stai bene solo.” ho detto con forse eccessiva crudeltà, ma lui
sapeva che avevo ragione.
“Allora, forse,
potremmo essere soli insieme. Cosa ne pensi?” ha detto
all'improvviso con naturalezza e mi ha talmente sorpreso che ho
sussultato. Il mio stupido cuore ha iniziato a battere più forte, e
faticavo a respirare. Gesù, mi prendeva in giro, vero? Non poteva
essere vero quello che aveva appena detto.
“Sherlock, stai
scherzando, vero?” ho detto con voce rauca.
“No. Sono serio.”
Si è alzato, mi ha
preso la mano costringendomi ad alzarmi anch'io, a stargli davanti.
Eravamo così vicini
che riuscivo a sentire il calore del suo corpo contro il mio. Il mio
respiro era sempre più accelerato e il mio corpo sembrava
improvvisamente consapevole della sua eccitante vicinanza. Ogni
centimetro della mia pelle sembrava voler urlare per la frustrazione
di essergli così vicino eppure non poterlo toccare.
Santo cielo, i
miei capezzoli sembravano voler bucare la maglia del pigiama solo per
poter sfiorare il petto di lui. E io ero improvvisamente consapevole
di non indossare neanche il reggiseno. Questo pensiero mi fece
arrossire, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Ero incatenata a lui.
“Molly, qualsiasi
cosa accada, non sarai sola. Perché potrai sempre contare su di me,
come spero di poter sempre contare su di te. Forse saremo le persone
più sole al mondo, ma avremo sempre l'un l'altro.”
Lui non stava dicendo
di amarmi. Non stava dicendo di voler stare con me, né di
desiderarmi in maniera diversa da un'amica.
Ma i suoi occhi,
invece, dicevano tutto questo.
Non so cosa sia
successo, ma il mio corpo ha agito di propria iniziativa.
Mi sono alzata sulle
punte e l'ho baciato. È stato solo un momento, un bacio breve e
delicato, persino casto, ma mi ha permesso di assaporare le sue
labbra.
Per un attimo lui non
ha reagito. È rimasto a guardarmi come se non sapesse cosa fare,
come comportarsi. Poi, nei suoi occhi è passato un lampo, e mi ha
stretta a sé.
Mi ha baciato con
passione, come se avesse represso quel desiderio per anni. Come se
provasse lo stesso bisogno che provavo io.
Mi sono aggrappata a
lui, disperatamente. Per troppo tempo avevo desiderato di poterlo
fare. Per troppo tempo il mio corpo ha sognato di adagiarsi sul suo.
Eravamo così stretti che riuscivo a sentire ogni suo muscolo teso
contro di me.
E, non lo avrei mai
creduto possibile, ma lui mi desiderava.
Avrei voluto fondermi
in lui, lasciare che la mia pelle infuocata potesse sfiorare la sua.
Avrei voluto, davvero, ma un ultimo barlume di lucidità mi ha
raggiunto, e ho pensato a William. E, se pur con dolore, mi
sono staccata da lui.
Mi sembrava di sentire
la voce del mio corpo urlare che lo stavo tradendo. Quando finalmente
aveva ciò che desiderava, io glielo negavo.
“Mi dispiace,
Sherlock, non posso.”
“Non capisco.”
“Pensavo che avrei
potuto mandare tutto all'aria per te, ma non ci riesco. Non così.
Devo prima parlare con William. Devo essere sincera. Lui merita
almeno questo.”
“Non devi nulla a
quell'uomo.” ha obbiettato chiaramente irritato.
“Sì, invece.
Tu forse non riesci a capirlo, ma gli devo almeno questo. Devo essere
onesta.”
“Allora mi hai
mentito. Avevi detto che bastava una mia parola e tu... Non era vero,
dunque.”
“Era vero. È vero. Ma voglio essere
corretta.”
“Va bene, Molly
Hooper. Capisco quando vengo rifiutato. Torna pure da lui. E, ti
prego, dimentica tutto quello che è successo stasera. Ci vedremo
al Barth's quando sarà necessario.” ha concluso furioso, e poi ha
lasciato il mio appartamento senza voltarsi indietro.
Sono rimasta immobile,
nel centro del mio salotto, a guardare il vuoto per non so quanto
tempo.
Avevo appena baciato
Sherlock Holmes e, cosa più importante, lui aveva baciato me.
Mi desiderava, mi voleva. Non la Dottoressa Hooper. Voleva me,
Molly. E io avevo avuto la forza di allontanarmi da lui, Dio
solo sa come.
Perché non sono una
che tradisce. Perché comunque ho amato e amo William, e lui non si
merita questo. Devo essere onesta. Devo prima chiudere con lui o mi
sentirò in colpa per il resto della mia vita. Devo prima spiegargli
e restituirgli il suo anello.
Ma Sherlock non ha
capito. Ha creduto che volessi rifiutarlo. Come può un uomo così
intelligente non riuscire a capire una cosa così banale come il
fatto che io avessi bisogno di tempo? Che avessi bisogno di chiudere
quel capitolo per poter essere libera di stare con lui?
Ogni volta che mi fermo
ad analizzare i comportamenti di Sherlock, ho sempre la netta
sensazione che si tratti di un bambino nel corpo di un adulto. È
come se avesse passato così tanto tempo a sviluppare la sua geniale
mente, che ha dimenticato di occuparsi del suo cuore. E ora quel
cuore è inesperto. Lui non sa davvero come comportarsi in una
situazione simile, perché non ha mai concesso al suo cuore di
trovarcisi.
Mi sono sentita triste
per lui. Dal suo punto di vista io lo avevo davvero rifiutato.
Era passata un'ora da
quando se n'era andato, e finalmente cominciavo a capire come si
fosse sentito. Ho preso il mio cellulare e gli ho mandato un
messaggio, sperando di fargli capire quanto in realtà rifiutarlo
fosse l'ultimo dei miei pensieri.
Avrei voluto dirgli
molte cose, ma non era facile trovare le parole giuste, e così ho
scritto le uniche parole che potevano avere senso in quel momento.
Non ti
ho rifiutato. MH
Non ho ricevuto
risposta a quel messaggio, ma forse avrebbe risposto in seguito,
magari durante la notte. Per una volta, sentivo una piccola speranza
fare capolino nel mio cuore. Quindi, ancorandomi alla dolce
sensazione delle nostre labbra unite, dei nostri corpi stretti, sono
andata a dormire.
CONTINUA
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Capitolo 7 *** 7 ***
Eccoci a un nuovo capitolo.
Un chiarimento tra Molly e Sherlock è ovviamente necessario.
Buona lettura.
7
Ho passato dei giorni
davvero terribili.
Ho fatto ancora i doppi
turni ed ero davvero esausta. Senza contare che Sherlock,
naturalmente, non mi ha risposto. Probabilmente, si divertiva troppo
a fare la parte della vittima. O forse aveva davvero deciso di
cancellarmi dalla sua vita.
No, non poteva
farlo. Non dopo avermi baciato...
In ogni caso, non posso
più sposare William. Quando in questi giorni ci siamo sentiti per
telefono avrei voluto dirglielo, ma non potevo farlo per telefono.
Non sarebbe stato corretto. Dovevo aspettare il suo ritorno.
Mi ha telefonato Mary
Morstan. Lei è sempre molto carina con me.
“Ciao Molly! Ti
disturbo? Sei a lavoro?”
“Oh, ciao, Mary. No, tranquilla, sono
in pausa pranzo.” ho replicato sinceramente contenta di sentirla.
“Come stai cara?”
“Sono un po' stanca,
ma tutto bene. E tu? Come vanno i preparativi per il matrimonio?”
ho chiesto subito pilotando la conversazione su di lei.
“Caotici,
ma non potrei essere più felice! Ma ci pensi? Sabato io e John
saremo marito e moglie... Non mi sembra vero!”
“Sì, è
fantastico...”
“Senti cara, non
voglio annoiarti con il mio entusiasmo prematrimoniale, so che tu hai
il tuo a cui pensare. Volevo solo avere la conferma che venerdì
sarai presente all'addio al nubilato.”
“Oh, venerdì?” ho
replicato rendendomi conto solo in quel momento che era lo stesso
giorno in cui rientrava William. “Mi spiace, Mary, ma proprio non
posso.”
“Oh, peccato. Devi
lavorare?”
“Sì... No... In realtà è una cosa diversa...
personale. Mi spiace molto.”
“Va tutto bene,
Molly? Hai un tono strano, è successo qualcosa? Posso aiutarti in
qualche maniera?” ha domandato lei preoccupata.
“Ecco, io...” ho
balbettato indecisa.
Non sapevo se fosse il
caso di parlarne. Insomma, era tutto così incasinato.
“Puoi
confidarti con me, Molly. Siamo amiche.”
Avrei voluto piangere
per la gioia di sentirle dire qualcosa del genere.
“Venerdì William
torna dal suo viaggio e devo assolutamente parlargli... Ho intenzione
di lasciarlo.” ho confessato infine, felice di potermi togliere
temporaneamente quel peso dal petto.
“Oh, Molly... Mi
dispiace così tanto. È successo qualcosa? Tu stai bene?”
“Sì,
sì… È solo che non posso sposarlo. Non lo amo. Non quanto
dovrei...”
“Mia cara,
l'importante è che tu stia bene e che sia convinta di quello che
fai. Se William non è l'uomo giusto fai bene a lasciarlo, perché
quello giusto è là fuori da qualche parte...”
Oh, sì, è
la fuori. Per l'esattezza al 221b di Baker Street.
“Gli farei solo del
male se lo sposassi. Comunque, non lo sa ancora nessuno quindi, ti
prego, non dirlo a nessuno, neanche a John.”
“Ma certo! Senti
cara... Posso chiederti se la tua decisione ha a che fare con un
certo consulente investigativo che, guarda caso, è anche il
migliore amico e testimone di nozze di John?”
Ho sussultato. Mary
sapeva? Quanto sapeva?
“Cosa vuoi dire?”
ho detto cercando di prendere tempo.
“Voglio dire che io e
te abbiamo parlato due mesi fa e tu eri assolutamente convinta che
William fosse l'uomo perfetto e che sareste stati felici insieme.
Poi, Sherlock Holmes torna dal regno dei morti, per così dire,
e improvvisamente tu non ami più William a sufficienza... Non
bisogna essere dei geni per capire, mia cara. È colpa di Sherlock?”
“Sì e no.” ho
detto preferendo non rivelare tutto quanto.
“John mi aveva
accennato il fatto che tu in passato avessi un debole per lui, ma non
avevo capito che ne eri innamorata... Sei sicura di quello che fai?
Sei sicura che rinunciare a William per Sherlock sia la scelta
giusta?”
“Mary, non lo sto facendo per Sherlock. Non ritengo
giusto sposare un uomo che non amo... Io sono sicura che puoi
capirmi.”
“Certo. Volevo solo essere sicura che tu non lo
facessi esclusivamente per lui. Se lasci William, devi farlo perché
è la cosa giusta da fare e non per altre ragioni.”
“In questo
momento ti assicuro che non ho altre ragioni.”
Il che era
assolutamente vero visto che Sherlock non sembrava intenzionato ad
avere un qualche tipo di rapporto con me.
“D'accordo. Allora,
ci vediamo sabato al matrimonio e mi racconterai tutto. Va bene?”
“Va
bene, Mary. E grazie.”
L’ho salutata, ho chiuso la chiamata e
sono rimasta a fissare il telefono per un minuto. Ho ricontrollato in
messaggi in entrata. Niente. Sherlock non mi aveva risposto. Era
davvero deciso a dimenticare quello che era successo quella sera nel
mio appartamento?
Sono tornata al lavoro
e ho cercato di non pensare troppo a lui. Insomma, io ho tante cose
di cui preoccuparmi e Sherlock Holmes non è certo la più importante
di queste. Mi sono tuffata a capofitto nel lavoro e sono riuscita a
restare concentrata sino a che non ho avuto una visita.
Lestrade.
Era da un bel po' che
non lo vedevo al Barth's. Da quando è stato promosso come
commissario capo non gli capita più di frequentare gli obitori.
“Greg, cosa fai
qui?”
“Ecco, io passavo da queste parti, la mia banca sta
proprio dietro l'angolo, quindi ho pensato di farti un saluto.”
“Oh,
grazie, sei gentile.”
“Ti va se prendiamo
un caffè insieme?”
“Mi spiace, Greg. Devo finire
qui...”
“Certo, capisco. Sarà per un'altra volta. Ci vedremo
al matrimonio, giusto?”
“Sì, certo.” ho annuito e poi mi
sono resa conto che c'era dell'altro. “Stai bene, Greg?”
“Sì, sto bene, è
solo che... Sai, ogni tanto mi sento solo e speravo di poter
chiacchierare un po' con te.”
Mi sono guardata
intorno. Il lavoro poteva aspettare.
“D'accordo, andiamo.”
ho detto levandomi i guanti e prendendo la giacca. “Offrimi una
tazza gigante di caffè e sono tua per i prossimi dieci minuti.”
Lui ha riso e mi ha
seguito nella piccola caffetteria dell'ospedale.
Dopo aver preso le
tazze al banco, ci siamo seduti uno di fronte all'altra e
improvvisamente lui sembrava in imbarazzo.
“Tutto ok?” ho
chiesto con un sorriso.
“Sì, credo di sì.
Insomma, ormai dovrei essermi abituato a tutto ciò, ma ci sono
giorni che tornare a casa solo mi fa ancora molto male. Oggi poi... è
un giorno particolare.”
“Che giorno è?”
“Sarebbe stato
il nostro anniversario di matrimonio.”
“Oh, Greg.” ho
commentato posando una mano sulla sua. Lui l'ha osservata per un
secondo e poi mi ha sorriso.
“Tu sei sempre stata
comprensiva con me. E io mi sono reso conto di aver perso anche tutti
i miei amici con il divorzio.”
“Io ti sono amica. E
lo è anche John e ovviamente Mary. E persino Sherlock, a modo suo.”
“Sì, certo...” ha
replicato lui ridendo. “Credo che Sherlock consideri suo amico solo
John. Noi altri siamo... comparse. Gli piace averci intorno,
movimentiamo la sua vita, ma non siamo veramente importanti. Siamo
sostituibili.”
Mi veniva da piangere.
Era più o meno lo stesso pensiero che avevo avuto io poco tempo
prima.
“Greg, non so se
Sherlock ti ha mai detto perché ha finto di morire...”
“Me lo ha accennato
ma non è sceso nei dettagli.”
“Lo ha fatto per salvare la
vita ai suoi amici. E tra loro c'eri anche tu.”
Lui si è paralizzato e
mi ha guardato sorpreso.
“Come... Te l'ha
detto lui?”
“Sì, l'ha fatto per salvare John, Mrs. Hudson e
te. Per lui tu sei un amico. Mentre era via si è tenuto in contatto
con me... E mi chiedeva informazioni su tutti voi. Anche su di
te.”
“Davvero?” ha domandato lui con gli occhi lucidi.
“Sì.”
“E chi l'avrebbe mai
detto...” ha replicato ironicamente e poi ha sospirato. “Grazie.”
mi ha detto infine.
“Di nulla.” ho
detto con un sorriso. “Ora però devo tornare al lavoro.”
Lui mi ha
riaccompagnato al mio laboratorio e poi sulla porta mi ha dato un
bacio sulla guancia.
“Sei un'amica,
Molly.” ha sussurrato e poi si è allontanato aggiungendo “Ci
vediamo sabato al matrimonio.”
Mi sono sforzata di
sorridere e l’ho salutato con un gesto della mano.
Dio, il matrimonio.
Non sarà affatto
facile.
Ero decisamente
preoccupata. Tanto per cominciare non potevo fare a meno di pensare
al fatto che dovevo affrontare William, e sapevo che sarei stata
malissimo nel doverlo lasciare. E poi sapevo che sabato tutti mi
avrebbero chiesto dove si trovava il mio fidanzato e che avrei dovuto
dare delle spiegazioni.
Inoltre, avrei dovuto
affrontare Sherlock, in un modo o nell’altro.
Si preannunciava un
week end davvero schifoso.
Con un sospiro sono
tornata al lavoro e mi sono concentrata sull’autopsia di un
tossicodipendente.
Quando sono uscita dal
Barth’s era quasi ora di cena, ed ero esausta. Mentre stancamente
mi dirigevo alla metropolitana, per la milionesima volta in quel
giorno, ho riguardato il mio cellulare.
Ed era lì.
Un messaggio di
Sherlock.
Mi aveva risposto.
Sei
ancora fidanzata? SH
Un messaggio breve,
dritto al punto. Questo è Sherlock. Sparisce per una settimana e poi
ti scrive come se niente fosse. E non dice nemmeno Ciao.
Però aveva risposto.
Voleva sapere se ero ancora impegnata. Voleva sapere se volevo ancora
lui. E lui, evidentemente, voleva ancora me.
Pensavo
non ti saresti più fatto sentire. William non è ancora tornato
dall'estero. Voglio lasciarlo di persona, non per telefono. MH
Ho replicato sullo
stesso tono, ma rispondendo comunque alla sua domanda. In quel
momento non volevo rischiare di infastidirlo e costringerlo a
chiudersi nuovamente a riccio.
Il mio
telefono era spento. Lo porterai al matrimonio? SH
Aveva spento il
telefono? Sherlock? Per una settimana intera? Decisamente non era da
lui. Era rimasto così turbato dal nostro ultimo incontro?
Voleva ancora sapere se
sarei rimasta con William così a lungo da portarlo al matrimonio.
Aveva bisogno di essere rassicurato sulle mie intenzioni e io non
volevo che avesse dei dubbi su quanto lo desideravo.
E così ho deciso di
buttare via le mie insicurezze e di essere sincera e diretta. Non
avrei più fatto giri di parole. Non avrei più esitato per paura di
una sua risposta negativa.
Avrei detto le cose
come stavano.
Non
credo. Non voglio stare con lui. Voglio stare con te. MH
Mi
auguro tu non ti riferisca solo al giorno del matrimonio. SH
No, mi
riferisco a tutta la vita. MH
Sono passati alcuni
minuti prima della sua risposta, e sono stati i più lunghi di tutta
quella interminabile giornata. E poi, finalmente, un nuovo messaggio.
Tutta
la vita è un periodo molto lungo. Sei sicura di riuscire a
sopportarmi per tutto quel tempo, Molly Hooper? SH
Sicurissima.
E tu sei certo che non cambierai idea? MH
Ho già
cambiato idea una volta su di te. Non la cambierò nuovamente. Non
sarebbe logico. SH
Non sapevo se ridere o
piangere per la gioia di leggere quelle parole. Lui mi voleva ancora.
E non aveva intenzione di cambiare idea. Sherlock Holmes non fa
complimenti gratuiti e non ha molto tatto o empatia, ma scommetterei
la mia vita su di lui. Non è un bugiardo. Anche quando si comporta
in maniera scortese, lo fa per eccesso di sincerità e perché è
senza filtri, ma non mente mai.
Quindi se dice che non
cambierà nuovamente idea, è la verità. A quel punto volevo sapere
di più. Mi è tornata in mente la conversazione avuta con Mrs.
Hudson sul rapporto tra Sherlock e le donne... Quindi ho deciso di
osare e fargli una domanda diretta.
Allora
non devo essere gelosa se ospiti giovani clienti per la notte nella
vecchia stanza di John? MH
Certo
che no. Anche perché non capiterà più. SH
Ho fatto un saltello di
gioia leggendo quel messaggio. Non solo era ancora interessato a me,
ma mi stava anche dicendo che non era interessato a nessun'altra.
Bene.
Venerdì William tornerà a Londra e gli parlerò. Sabato mattina, al
matrimonio, sarò libera. MH
Non
vedo l'ora. SH
Era impaziente di
vedermi. E questo mi fece arrossire. Anche io ero molto impaziente.
Avrei voluto andare subito a Baker Street e tuffarmi fra le sue
solide braccia ed essere libera di amarlo, ma non dovevo. Non potevo.
Non sarei più riuscita a guardarmi allo specchio se avessi ingannato
così William.
Quando sono andata a
letto, ero così felice che mi sembrava di essere su una nuvola, e mi
sono addormentata rileggendo i suoi messaggi.
CONTINUA
|
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Capitolo 8 *** 8 ***
Eccoci
al capitolo che porterà a una svolta definitiva nel rapporto tra Molly
e Sherlock.
Preparatevi perché è in arrivo un bel po' di romanticismo. A
secchiate, direi.
Buona lettura.
8
Ho passato dei giorni
davvero assurdi. Ero impaziente che arrivasse il sabato del
matrimonio per poter rivedere Sherlock, ma allo stesso tempo ero
preoccupata per il venerdì in cui avrei dovuto parlare con William.
Sono stata su questa altalena emotiva tutta la settimana, tanto che
ho mangiato a malapena.
Venerdì mattina ero al
limite. L'ansia mi procurava dei crampi allo stomaco e non riuscivo a
mangiare nulla. Non sapevo come avrei affrontato l'argomento con
William. Avevo bisogno di pensare e, per fortuna, fare le autopsie mi
permette di farlo.
A metà mattina, o
almeno lo era per me, visto che per le persone che fanno orari
normali era ora di colazione, ho ricevuto un messaggio da parte di
Sherlock.
A che
ora avrai concluso? SH
Tipico di lui. Né un
buongiorno né altri giri di parole. Eppure, in una domanda così
secca e apparentemente fredda, riuscivo a percepire la sua
impazienza.
Ho risposto subito in
maniera breve e il più precisa possibile, ma quella volta avevo
davvero bisogno di sentirgli ammettere che mi desiderava.
Non lo
so. Lui sarà qui oggi pomeriggio e poi non so quanto mi ci vorrà.
Perché? MH
Voglio
vederti. SH
Mentre leggevo il
messaggio il mio viso si è allargato in un sorriso. I miei crampi
sono stati sostituiti dalla sensazione di avere migliaia di farfalle
in agitazione nello stomaco.
Solo due parole, ma
erano quelle giuste, esattamente quelle che desideravo. Non potevo
però indugiare troppo in quella piccola gioia e ho cercato di
riportare entrambi con i piedi per terra.
Domani.
MH
Non
voglio aspettare. SH
Non
fare il bambino viziato. MH
Mi veniva da ridere.
Era proprio come un bambino che non accettava una risposta negativa.
Mentre in un'altra occasione avrei potuto trovarlo petulante e
fastidioso, in quel momento il suo atteggiamento mi rendeva felice.
Dimostrava di avere bisogno di me quanto ne avevo bisogno io. E non
si è accontentato della mia risposta sarcastica.
E se
passassi al Barth's? SH
Meglio
di no. Ho bisogno di riflettere su come dirglielo. Tu saresti una
distrazione. MH
Decisamente sarebbe
stato una distrazione. Ero così allo stremo che se lo avessi avuto
davanti avrei mandato al diavolo tutti i miei buoni propositi.
Probabilmente avrei finito per fregarmene di William e della
correttezza e mi sarei lasciata andare al piacevole studio
approfondito di Sherlock Holmes.
La risposta l'ha
soddisfatto, ma era preoccupato per me. E questo mi ha fatto
emozionare tanto da farmi spuntare delle lacrime.
D'accordo.
Ma tienimi informato. SH
Certo.
Ti avviserò quando sarà finita. MH
Stai
attenta. Non mi fido di lui. SH
Stai
tranquillo. MH
Ho asciugato le mie
lacrime e sono tornata a lavoro, cercando di convincermi a pensare al
modo più gentile per lasciare William, ma non riuscivo a pensare ad
altro che alle meravigliose, morbide labbra di Sherlock. A come era
stato baciarle. Speravo egoisticamente di chiudere velocemente con
William per correre da lui e baciarlo ancora. E non solo.
C'erano davvero tante cose che volevo fare con lui, e arrossivo al
solo pensiero.
Quando ho finito il
turno sono andata subito a casa e William era lì ad aspettarmi.
Proprio di fronte al portone del palazzo. Mi ha abbracciato e
baciato, ma io mi sono scansata quasi subito invitandolo a entrare in
casa per non congelare.
Una volta dentro ho
messo subito a fare il tè, io ne avevo assolutamente bisogno e in
seguito ne avrebbe avuto bisogno anche lui. Ho preparato la teiera
più grande che possiedo.
“Come è andato il
viaggio? Il lavoro tutto ok?” ho chiesto cercando sembrare naturale
mentre accendevo il gas sotto il bollitore.
“Sì, tutto come al
solito, ma mi sei mancata.” ha replicato lui abbracciandomi alle
spalle.
Ho sorriso e mi sono
scansata con la scusa di dover prendere la confezione di tè dalla
dispensa.
“Verde o nero?” ho
cercato di cambiare discorso.
“Nero, grazie. Tu,
tutto bene? Ti sono mancato?”
Ho sorriso e ho preso
tempo frugando dentro alla dispensa.
“Molly, c'è qualcosa
che non va?” ha chiesto con tono preoccupato.
Evidentemente non ero
stata brava a sembrare naturale. Ho fatto un sospiro e mi sono
voltata verso di lui.
“Sì, in effetti.
Dobbiamo parlare.” ho ammesso spegnendo il bollitore.
Mi era passata la
voglia di bere il tè.
“Oh, allora è
grave.”
“Siediti, William.
Per favore.”
Lui ha sospirato e si è
seduto sulla poltrona. Ha cominciato a torcersi le mani e ha tenuto
gli occhi fissi a terra. Lo sapeva. Aveva capito tutto, ma aspettava
che fossi io a dirlo. Mi sono seduta di fronte a lui e poi gli ho
dato la scatola che mi aveva bruciato nella tasca per tutto il
giorno. L'anello.
“Non posso sposarti,
William. Mi dispiace.”
“Perché?”
“Perché non sono la
donna giusta per te. Ti farei solo soffrire. Tu hai bisogno di
qualcuno di diverso... Qualcuno che ti ami di più di quanto ti ami
io. Mi dispiace, ma io non ti amo abbastanza per dividere la vita con
te.”
“Non capisco... Tre
mesi fa tu hai detto che non desideravi altro... Cosa è cambiato?”
“Io sono cambiata.
Ho riflettuto e ho compreso che quello che provo per te non è
sufficiente. Non ti renderei mai felice.”
“Lascia che sia io a
deciderlo!” ha urlato all'improvviso alzandosi in piedi. “Non mi
importa cosa pensi, tu mi rendi felice! Io ti amo e ho bisogno di
te...”
“Mi spiace, William, ma non posso.”
“Ti prego...” mi ha
implorato sull'orlo delle lacrime inchinandosi ai miei piedi.
Mi stringeva le mani e
poggiava la testa sulle mie ginocchia. In un moto di affetto, gli ho
passato una mano fra i capelli, per consolarlo.
“William, sarebbe
solo una crudeltà. Tu oggi credi che sarebbe meglio sposarci, ma
credimi con il tempo capirai che non è così. Non vorresti mai
dividere la vita con una donna che non è in grado di amarti quanto
meriti. E con il tempo finiresti per odiarmi. E per rimpiangere il
giorno che mi hai incontrato. Non posso e non voglio condannarti ad
anni di dolore. Credimi, è giusto così.”
“Ma io... Non
lasciarmi, Molly. Non so cosa fare senza di te. Sei la mia ancora di
salvezza, la mia isola di pace. Non abbandonarmi.”
“Mi dispiace.” ho
ripetuto scuotendo la testa.
Lui ha iniziato a
piangere sommessamente, sempre contro le mie ginocchia, abbracciando
le mie gambe come se da esse dipendesse la sua vita.
Ore dopo, non so
quante, eravamo ancora lì a discutere. Lui continuava a implorarmi e
io continuavo a dirgli di no. Ormai ero esausta e volevo solo che se
ne andasse. La compassione che avevo provato ormai era svanita e
provavo solo fastidio.
Avevo bisogno di
chiudere quel capitolo e di riposare, ma lui non voleva capire.
“No, William. È
finita. Quanto ancora ne dovremo discutere? Io non ti amo e non sono
adatta a te.”
I toni gentili e
compassionevoli ormai erano spariti. Non ero più in grado di
addolcirgli la pillola. Ero troppo stanca. Doveva arrendersi e
andarsene.
“Molly, non puoi
lasciarmi, sei troppo importante per me. Ti prego, ti renderò
felice...”
“Ti ho già detto che
non dipende da te... Ora vai via. Ti prego.”
“No, non voglio
andarmene. Dobbiamo sposarci!”
“Non ci sarà nessun
matrimonio.”
Ho sbuffato, esausta.
Perché non voleva capire? Ormai era notte fonda e io non avevo più
le forze di continuare su questo tono. Dove era finita la sua
dignità? Perché non accettava il rifiuto e andava a leccarsi le
ferite altrove?
Il suono del mio
cellulare mi ha distratto per un secondo. L'ho preso in mano e ho
visto un messaggio di Sherlock.
Se ti
sta importunando, lo butto fuori a calci. SH
Lui non era lontano.
Doveva essere giù in strada e, istintivamente, ho guardato fuori
dalla finestra. Oppure, ancora più probabile, era già nel palazzo.
“Allora c'è
qualcun'altro, vero? È quel Sherlock Holmes?” ha chiesto William
notando il mio sguardo.
Era chiaramente
furioso.
“Sì, è lui. Ora vai
via.” ho confermato infine, ormai al limite.
Doveva andarsene. L'ho
guardato freddamente sperando che capisse che ero più che decisa.
Lui mi ha studiato per qualche secondo e poi, prima che potessi
rendermene conto, mi è saltato alla gola, stringendo le sue grandi
mani intorno al mio collo.
Siamo caduti a terra e
lui era sopra di me, con la faccia rossa e le vene sporgenti per la
furia che lo invadeva. Ho cercato di allontanare le sue mani da me,
ma non ero abbastanza forte. Mi mancava l'aria e cominciava ad
offuscarmisi la vista...
Poi, improvvisamente,
ero libera. Tossivo per recuperare l'aria che mi mancava e ci ho
messo un po' a capire cosa era realmente successo.
E poi, il viso di
Sherlock era di fronte al mio. Così bello che pensavo di sognare.
Lui mi ha accarezzato
il viso e poi ha fatto una piccola smorfia che sembrava essere di
sollievo. Mi aveva salvato. Era lì per me.
Si è alzato di scatto
ed è andato da William che era finito a terra, anche se non so bene
come sia successo. Sherlock lo aveva picchiato? A giudicare dal
sangue che gli colava dal naso era molto probabile.
Lo ha afferrato per un
braccio e glielo ha piegato dietro la schiena costringendolo a una
posa innaturale.
“Tu ora vieni con me
alla polizia.”
“No, Sherlock, no, ti
prego.” l'ho implorato terrorizzata.
Non volevo che questa
storia divenisse pubblica. E non volevo che William finisse in
prigione. Volevo solo vederlo sparire dalla mia vita.
“Deve pagare per
quello che ti ha fatto.”
“Se lo denunciassi dovrei
testimoniare. E non voglio. Mandalo via e basta.”
Sherlock ha annuito e
poi con uno scatto lo ha fatto voltare per guardarlo in faccia.
“Se ti avvicini di
nuovo a lei, di te non troveranno più nemmeno il DNA. Ora sparisci.”
ha concluso buttandolo fuori dall'appartamento.
William ha esitato un
attimo, mi ha guardato mortificato e poi è scomparso.
Sherlock si è
avvicinato a me e mi ha abbracciato. Mi stringeva così forte che
avrei potuto fondermi in lui. Solo in quel momento mi sono accorta
che stavo tremando. Probabilmente lo shock. Ero stata così stupida.
Come avevo potuto anche solo pensare di sposare quell'uomo? Come
avevo potuto anche solo pensare che qualcun'altro avrebbe potuto
rendermi felice oltre a Sherlock?
“Molly...” ha
sussurrato lui fra i miei capelli.
Stava sicuramente per
rimproverarmi per la mia mancanza di giudizio nello scegliere gli
uomini. Non sarebbe stata la prima volta.
“Lo so. Mi avevi
avvisato. Avrei dovuto darti ascolto.”
“Sì, è vero, ma non
intendevo dire questo.”
“Allora, cosa?” ho domandato
stupita.
“Prepara una valigia
con il necessario per la notte e per il matrimonio. Tu vieni a Baker
Street con me.”
L'ho guardato confusa.
Voleva rapirmi? Mi veniva da ridere.
“Perché?”
“Perché ho dovuto
abbattere la tua porta. Non saresti al sicuro stanotte.”
Mi sono voltata verso
l'ingresso. Effettivamente la porta era completamente scardinata.
L'aveva buttata giù lui? Da solo? Sapevo che era più forte di
quello che sembrava, ma non mi aspettavo niente del genere.
“Hai ragione.” ho
accettato voltandomi a guardarlo e gli ho sorriso. Sembrava assurdo
visto quello che mi era appena capitato, ma ero felice. Lui si è
chinato su di me, come per baciarmi, ma a un centimetro dalle mie
labbra si è fermato. Non so il perché, ma i suoi occhi mi dicevano
che quel bacio era solo rimandato.
“Andiamo, sii rapida.
È piuttosto tardi e tu hai bisogno di una notte di sonno per
superare lo shock.” ha detto allontanandosi da me con tono da
generale impettito.
Non ho potuto fare a
meno di ridere e di esclamare "Sissignore!” mimando un saluto
militare mentre mi dirigevo in camera da letto a preparare una
valigia.
Quando siamo saliti in
taxi, lui sembrava essere tornato il solito freddo e imperturbabile
Sherlock. Si è guardato intorno anche dopo che l'auto è partita e
poi ha continuato a tenere lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
Nessuno avrebbe potuto
credere che quello stesso uomo avesse abbattuto una porta per
salvarmi, e tantomeno che stesse per baciarmi con quello che, ne
sono sicura, sarebbe stato un impeto appassionato.
E nessuno poteva
immaginare che, proprio in quel momento, la mano di Sherlock
stringesse la mia nascosta dalla mia borsa. Le sue lunghe e
affusolate dita che avevo osservato con ammirazione per tanto tempo,
erano intrecciate alle mie. Potevo sentire il calore della sua pelle
e le sue pulsazioni, ed erano accelerate. Era emozionato anche lui?
Anche lui sentiva che il mio cuore batteva velocemente come a volermi
uscire dal petto?
Quando siamo arrivati a
Baker Street, mi ha fatto cenno di far silenzio. Era piuttosto tardi
e non voleva svegliare Mrs. Hudson. Soprattutto perché non voleva
doverle dare spiegazioni sulla mia presenza lì.
Abbiamo salito le scale
lentamente, sempre in silenzio e poi siamo andati direttamente nella
sua stanza. Non ero mai stata nella sua camera da letto. Era così
semplice. Minimalista direi.
E lo rappresentava
perfettamente.
A parte una o due foto
di famiglia, non c'era altro.
Appesa al muro una
tavola periodica.
Il suo letto era stato
fatto con precisione maniacale, tanto da sembrare che non fosse mai
stato usato.
Il suo letto.
Avremmo dovuto dividerlo.
Devo essere arrossita a
guardarlo e mi sono voltata per poggiare la mia valigia sulla sedia.
Non avevo portato molto con me. Solo del cambio di biancheria,
l'abito e le scarpe per il matrimonio e il pigiama. Indossavo già la
parte superiore, l'avevo indossata per stare comoda, in una pausa tra
un pianto e l'altro di William.
Mentre aprivo la
valigia per prendere il resto del pigiama, le forti braccia di
Sherlock mi hanno avvolto le spalle, circondandomi.
Il suo respiro sulla
mia nuca era la sensazione più bella che avessi provato da... Santo
cielo, non lo so. Probabilmente non avevo mai provato niente di
così bello.
Ha cominciato a baciare
delicatamente il mio collo e, istintivamente, ho chiuso gli occhi e
mi sono inarcata verso di lui. Le sue mani sono scivolate sotto la
mia maglia accarezzandomi la pancia e poi salendo lentamente sino al
mio seno.
Quando mi ha sfiorato
credo di aver smesso di respirare.
Devo aver perso la
lucidità per qualche istante, perché poi ricordo solo di essermi
ritrovata di fronte a lui, con le braccia intorno al suo collo,
baciando la sua splendida bocca e la mia maglia era svanita. A
impedire il contatto fra la nostra pelle c'era solo la sua camicia, e
lui stava già provvedendo a togliersela.
Impaziente quanto lui,
l'ho aiutato con i bottoni, mentre baciavo ogni centimetro del suo
petto che veniva scoperto.
La sua pelle era
esattamente come l'avevo sognata. Liscia, calda, tonica.
Una volta liberato
della camicia, mi ha trascinato sul letto, facendomi distendere, e
poi ha iniziato a torturarmi dolcemente con delicati baci, sino a che
ho perso completamente la ragione.
Quando abbiamo fatto
l'amore ho pianto. Non avrei voluto, ma non sono riuscita a evitarlo.
Ho anche cercato di nasconderlo e quando lui si è accorto che
asciugavo le lacrime, ha fermato la mia mano e l'ha sostituita con le
sue labbra, asciugandole con dei piccoli baci delicati.
Non ho avuto molti
uomini, quindi la mia esperienza non è così ampia da poter fare dei
confronti, ma non ho mai avuto un amante più dolce e premuroso di
Sherlock. Non so come spiegarlo, ma riesce a essere rudemente
appassionato e delicato allo stesso tempo. Mi ha portato in vetta al
piacere e mi ha coccolato allo stesso tempo.
E, alla fine, mi ha
abbracciato tenendomi stretta a sé come se temesse gli venissi
portata via.
“Molly, Molly,
Molly...” ha continuato a sussurrare nel mio orecchio come una
preghiera. “La mia Molly.” aggiungeva poi ogni tanto.
Avrei potuto morire di
felicità fra le sue braccia.
CONTINUA
|
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Capitolo 9 *** 9 ***
Eccoci al matrimonio di John e Mary e all'evolversi rapidamente della
relazione tra Molly e Sherlock, con tanto di scene romantiche, scenate
di gelosia dissimulate e frecciatine maliziose.
Buona lettura.
9
Mi sono svegliata
accanto a lui, e già questo di per sé era qualcosa di meraviglioso.
In più, la prima cosa che ho visto sono stati i suoi occhi. I suoi
splendidi occhi affilati. Le iridi erano così limpide che avrei
potuto specchiarmici.
Lui era sdraiato su un
fianco, con il viso perfettamente di fronte al mio. Chiaramente si
era posizionato così di proposito e a svegliarmi era stata la sua
mano che mi accarezzava il collo.
“Buongiorno.” ho
detto sorridendo.
“Buongiorno. Per caso
hai avuto carenze vitaminiche durante l'infanzia?” mi ha chiesto
chiaramente con il pensiero rivolto a chissà quali riflessioni.
Non ho potuto fare a
meno di ridere. Quale contorto ragionamento era in corso nella sua
geniale testolina?
“No, Sherlock, ma
grazie per aver chiesto!” ho replicato divertita.
“Oh.” ha balbettato
con tono colpevole. “Ecco io...” ha cercato di scusarsi.
“Non importa,
Sherlock. Scommetto che eri immerso in qualche tua deduzione.”
“Sì, infatti.”
“Su
di me?”
“Sì.”
“Bene.” ho detto
con un sorriso prima di avvicinarmi ulteriormente e di posare un
bacio sulle sue labbra. “Puoi dedurmi quando e quanto vuoi.”
Mi ha stretto a sé e
mi ha baciato. Teneva gli occhi chiusi, come se stesse cercando di
memorizzare la sensazione che provava. Le sue mani mi accarezzavano
il viso, i capelli, il collo, le spalle... Il suo tocco era così
delicato che sembrava avesse paura di danneggiarmi.
Oh, Sherlock, chi
avrebbe mai potuto immaginare che nascondessi in te così tanta
dolcezza?
“Dovrei andare a
svegliare John. Avrà i postumi della sbornia, quindi non sarà molto
reattivo.” ha mormorato contro le mie labbra, decisamente poco
entusiasta all’idea di doversi allontanare.
“Certo, è vero.”
ho confermato con un sospiro.
Avevo quasi dimenticato
il matrimonio. E ovviamente John era lì, nella sua vecchia stanza a
Baker Street, perché non poteva passare la vigilia delle nozze con
Mary.
A malincuore, mi sono
allontanata da lui e sono scesa dal letto. Se fossi rimasta un
secondo di più accanto a lui avrei avuto serie difficoltà a
lasciarlo andare da John.
Cercando di schiarirmi
le idee, ho cominciato a raccogliere i miei vestiti sparsi ovunque
nella stanza. Grazie al cielo ero di spalle, così lui non poteva
vedere il mio imbarazzo nel ricordare come ogni singolo indumento era
stato sfilato.
“Dove è finito il
mio reggiseno?” ho chiesto all'improvviso rendendomi conto che non
c'era.
“Se ben ricordo non
lo portavi.”
“Sul serio? Ero
convinta di sì...”
“Ne sono certo.” ha confermato lui con
tono divertito e malizioso.
“Ok, allora una cosa
in meno da recuperare.” mi sono rassegnata cercando di nascondere
il mio imbarazzo concentrandomi sulla mia valigia.
Ho tirato fuori il
vestito per il matrimonio. Grazie allo speciale tessuto, non era
sgualcito, miracolo della tecnologia.
“Mi piace quel
vestito.” ha detto lui con voce roca e dannatamente sexy.
Mi sono voltata a
guardarlo. Per l'amor del cielo, il modo in cui mi fissava...
Non ho potuto fare a
meno di arrossire e sorridere imbarazzata come una scolaretta in
preda a una tempesta ormonale.
“Davvero?”
“Sì.” ha detto
alzandosi dal letto e raggiungendomi. “Il giallo tenue fa risaltare
il colore della tua carnagione e il taglio è adatto alla tua
conformazione fisica.”
“Suppongo sia un
complimento, quindi... grazie.” ho replicato con tono ironico.
“Sai, antichi modi di dire come “sei bellissima” sono sempre
validi.”
Ha sbuffato. “Sarebbe
così banale.”
Ho riso. Non sia mai
che Sherlock faccia qualcosa di banale. Ma va bene così, perché io
lo amo proprio perché non sarà mai uguale agli altri.
Ho preso l'occorrente
per fare la doccia e mi sono allontanata verso il bagno, ma prima di
uscire dalla stanza gli ho sorriso, sperando che capisse quanto
desideravo che mi seguisse.
E, grazie a Dio, lo
ha capito.
La prossima volta che
farò un test su una rivista femminile, alla domanda “Dove
preferisci fare l'amore?” risponderò senza ombra di dubbio, e
anche con una certa soddisfazione, “nella doccia”.
Non so se sia per tutti
così, ma per me è stato così bello che dopo non riuscivo più a
reggermi sulle gambe. Fortunatamente, potevo sorreggermi alle forti
spalle di Sherlock, mentre le sue braccia mi stringevano a lui.
Se non lo avessi già
amato alla follia, credo che lo avrei fatto nel momento in cui ha
iniziato con delicatezza a insaponarmi. È stato terribilmente
emozionante.
Avrei voluto far durare
quella doccia in eterno, ma purtroppo non era possibile, quindi
un'ora dopo siamo dovuti emergere dalla schiuma e dalla lussuria per
andare a prepararci.
Mentre mi mettevo
l'abito sentivo il suo sguardo su di me. Mi studiava. Stava facendo
le sue deduzioni? O forse stava solo riflettendo e io ero casualmente
sulla sua linea dell'orizzonte?
Dallo specchio l'ho
visto prendere uno smoking dall'armadio. Un modello classico, molto
elegante e sicuramente gli sarebbe stato divinamente ma, ahimè,
decisamente banale. Sicuramente non era stato lui a sceglierlo. Forse
è stato John. O magari Mrs. Hudson.
“Indosserai quello?”
ho chiesto mentre infilavo le spalline del vestito.
“Sì, certo. Perché?”
“Non so. Avevo l'idea
che non ti saresti mai vestito come gli altri. Chissà perché, ma
immaginavo che avresti indossato il tuo solito completo nero. Non con
la camicia bianca, però, anche se è quella che trovi più comoda. E
neanche con quella viola, la tua preferita. Ero convinta
avresti messo la camicia nera. Forse perché è la mia preferita.
Sono proprio sciocca, vero?” ho sproloquiato mentre con fatica
cercavo di tirare su la lunga cerniera sul fianco del vestito.
Sherlock mi ha
raggiunta e l'ha chiusa per me e poi mi ha fatto voltare verso di
lui.
“Molly Hooper, c'è
qualcosa di me che non sai?”
“Un mucchio di cose.
E ho intenzione di scoprirle tutte.” ho detto alzandomi sulle punte
e baciandolo.
Tra una effusione e
un'altra, siamo riusciti a finire di vestirci e ci siamo separati.
Lui è andato a svegliare John e io sono andata di sotto con passo
silenzioso fingendo di arrivare in quel momento a beneficio di Mrs.
Hudson.
Lei era entusiasta di
vedermi.
“Oh, Molly cara! Sei
già qui?”
“Sì, ho pensato che magari avesse bisogno di una
mano... Per la sua anca.”
“Ma sei un tesoro!
Una mano mi fa sempre comodo!” ha replicato lei sorridendo e
abbracciandomi. “Hai un aspetto meraviglioso e quel foulard è
delizioso.” ha aggiunto indicando la sciarpa di seta che ero stata
costretta a portare per nascondere i lividi sul collo causati da
William.
Mentre la aiutavo a
indossare il suo abito a tubino, decisamente di un'altra epoca, ma
sempre deliziosamente elegante, Mrs. Hudson non ha perso occasione di
farmi delle domande.
“Ma che ne è del tuo
fidanzato, cara? Oggi ce lo presenterai?”
“Ecco... No, in
realtà. Abbiamo rotto il fidanzamento.” ho confessato tutto d'un
fiato.
“Oh, mi spiace. Tu
stai bene?”
“Sì, certo. Non era l'uomo giusto.”
“Capisco. Hai fatto
bene. Non hai idea di cosa significa sposare l'uomo sbagliato...”
ha aggiunto accarezzandomi una guancia e poi, con fare casuale,
sistemandomi il foulard intorno al collo.
Mi ha sorriso
comprensiva e ho visto i suoi occhi farsi lucidi. Lei sapeva.
Probabilmente aveva visto i lividi. E avevo come l'impressione che si
rendesse perfettamente conto di cosa avessi passato. Forse anche il
marito di Mrs. Hudson era un violento? In quel momento l'ho creduto e
ne sono ancora convinta.
Una volta pronta,
abbiamo finto che quel discorso non fosse mai avvenuto e mi ha
mandato di sopra dai “ragazzi” a portargli i biscotti che aveva
preparato con le sue mani la sera prima.
Mentre salivo le scale
ho sentito Sherlock e John che parlavano.
“Ma, ho sognato,
oppure ho sentito la voce di una donna in casa?” stava domandando
John in quel momento.
“Una donna?” ha
fatto eco Sherlock nascondendosi dietro al giornale.
“Sì, non potrei
giurarci ma sembrava...”
“Buongiorno John!”
ho salutato impedendogli di finire la frase.
“Molly! Sei qui! Così
presto?” ha esclamato John sorpreso e sospettoso.
“Sì, sto
aiutando Mrs. Hudson. Con la sua anca fa fatica a indossare il suo
abito e poi serviva qualcuno che vi portasse di sopra i biscotti.”
ho spiegato appoggiando un vassoietto sul tavolo.
“Grazie, davvero, grazie.” ha detto lui con tono confuso. “Sherlock, tu
non
ringrazi?”
“Certo. Grazie
Molly.” ha detto lui senza abbassare il giornale che gli nascondeva
il volto, era troppo impegnato nella sua opera di depistaggio.
“Sempre socievole,
vero?” ha commentato sarcastico il suo migliore amico. “Comunque
sei davvero splendida stamattina, Molly. Con quell'abito sei
bellissima.”
“Grazie. Il taglio
è adatto alla mia conformazione fisica e il colore fa risaltare la
mia carnagione.” ho replicato trattenendo a stento le risate.
Solo Sherlock poteva
capire a cosa mi riferissi e infatti John era chiaramente perplesso.
“Sì... certo.” ha
commentato con sguardo confuso prima di tornare al suo caffè.
Senza che lui lo
notasse, Sherlock ha abbassato leggermente il giornale e ha ammiccato
nella mia direzione. Gli ho sorriso e sono tornata al piano terra da
Mrs. Hudson.
Il matrimonio è stato
davvero molto bello. Una cerimonia semplice ma deliziosa.
Mary
sembrava un angelo e John, chiaramente emozionato, la guardava
raggiante.
Mrs. Hudson ha pianto
per tutto il tempo, come se a sposarsi fosse stato suo figlio, e
forse per lei era un po' così.
Sherlock era impassibile al suo
posto, e sono certa che si annoiasse da morire. Detesta questo genere
di cerimonie e l'emotività che ne deriva, quindi sicuramente non
vedeva l'ora di compiere il suo dovere verso John e poi poter tornare
a casa.
Con me.
Torneremo a casa
insieme.
Per tutta la cerimonia
non sono riuscita a levargli gli occhi di dosso. Santo cielo, era
bellissimo. Forse quello sarà anche stato un banalissimo
smoking, ma nessuno lo portava bene come lui...
Quando dalla chiesa ci
siamo diretti al ricevimento, ho visto che lui mi cercava con lo
sguardo, come per accertarsi che stessi bene, fingendo di pensare ad
altro per non farsi notare. Ma io lo sapevo. Ogni volta che mi
guardava riuscivo a percepire il calore dei suoi occhi sulla mia
pelle. So che sembra assurdo, ma è così. Sherlock mi
rimprovererebbe, direbbe che tutto ciò non è logico né
scientificamente possibile. Eppure era quello che sentivo.
Molte volte, con una
scusa, avrei voluto avvicinarmi a lui, ma venivo sempre intercettata
da Mrs. Hudson o da Lestrade.
Greg non aveva una
bella cera. Era molto depresso e partecipare a un matrimonio non
faceva che acuire il suo dolore. Ho cercato di tenergli compagnia e
di tenere la conversazione su temi generici e frivoli. Non sono molto
brava in questo genere di cose, ma giuro che ci ho provato.
Quando c'è stato il
discorso di Sherlock, però, non è stato facile. Non avrei mai
creduto che sarebbe stato capace di parole così toccanti.
Prima
di conoscere John Watson, non avevo amici. Quando è entrato nella
mia vita ha portato con sé alcune fastidiose abitudini, ma anche
l'opportunità per me di avere una vita sociale. Non sono mai stato
bravo a farmi degli amici, ma John me lo ha insegnato. Confesso di
non essere ancora l'uomo più amato di Londra, ma ora ho degli amici.
Pochi, ma importanti. E questo lo devo a John. E per questo gli sarò
sempre grato. Non posso quindi che augurargli tutta la felicità che
desidera accanto alla sua adorabile sposa.
Mrs. Hudson ha pianto
ancora di più e persino Greg ha versato qualche lacrima. E io... Io
avrei voluto correre da lui, abbracciarlo e baciarlo, ma mi sono
limitata a tenere gli occhi incollati ai suoi, come se fossimo le
uniche due persone presenti e il suo discorso fosse solo per me.
Purtroppo il nostro
contatto visivo non è durato molto, perché prima John e poi Mycroft
lo hanno avvicinato e lo hanno distratto.
Rassegnata, sono
tornata a occuparmi di Greg. Era ancora molto giù e il discorso di
Sherlock sembrava averlo privato anche della poca energia che gli era
rimasta. E così, in un impeto di compassione, l'ho invitato a
ballare con me. Nella pista c'erano già gli sposi e molte altre
coppie, quindi nessuno avrebbe fatto caso a noi. Greg ne era
entusiasta e, finalmente, gli ho visto fare un sorriso sincero.
“Non ballo da
anni...” ha detto cercando di non pestarmi i piedi.
“Io sono una
ballerina pessima, quindi non preoccuparti.”
“A me non sembri
tanto male...” ha detto galantemente mentre mi stringeva a sé.
“Pensavo saresti venuta con il tuo fidanzato.” ha aggiunto poco
dopo.
“Cambio di programma.”
“Capisco. È per
questo che non porti più l'anello?”
“Sì, ma va bene
così. Ho fatto la cosa giusta.”
“Certo, non c'è niente di
peggio che pentirsi dopo il matrimonio, parola mia.”
“Ne sono
certa.”
Abbiamo ballato in
silenzio per qualche momento. Greg sorrideva e stava per dirmi
qualcosa quando l'alta figura di Sherlock è apparsa alle sue spalle
e gli ha dato una leggera pacca.
“Credo che questo
ballo sia mio.” ha detto con tono autoritario e possessivo.
Ho sussultato per la
sorpresa e Lestrade sembrava in imbarazzo.
“Ecco io...”
“Molly lo ha promesso
a me.”
“Sherlock, potresti aspettare il prossimo?” l'ho
implorato, sperando che capisse il mio sguardo, ma ovviamente
pretendevo troppo.
“No.” ha rifiutato
con tono deciso.
“Ok, allora io vado.
Non è un problema.” ha detto Greg lasciandomi e allontanandosi.
“Non sapevo che tu sapessi ballare.” ha detto ridendo rivolto a
Sherlock prima di sparire dietro un gruppo di persone.
Lui mi ha preso fra le
braccia e abbiamo iniziato a ballare un valzer. Mi stringeva più del
dovuto, come se volesse marchiarmi. Come per mandare un messaggio a
tutto il mondo che diceva “Lei mi appartiene”.
“Sherlock, non
avresti dovuto essere così scortese con Greg.”
“Ti stringeva. Non mi
piaceva.”
“Stavamo solo
ballando.”
“Lo so. Non mi piaceva.”
“Greg è molto
depresso da quando ha divorziato. Cercavo solo di essere cortese. Mi
spiaceva vederlo in un angolo a rimuginare sul suo matrimonio
fallito.”
“So anche questo. E
so anche che aveva notato che non porti più l'anello di
fidanzamento. Stava cominciando a pensare che la tua cortesia fosse
qualcosa di più. E dopo, con qualche bicchiere in corpo, avrebbe
provato a baciarti. Tu lo avresti rifiutato e lui sarebbe tornato a
casa imbarazzato e più depresso di prima. Credimi, è meglio se sono
intervenuto.”
Ho sospirato,
esasperata. Sherlock imparerà mai le regole sociali? La differenza
tra sapere qualcosa e avere il diritto di usare quell'informazione?
La sottile linea di demarcazione tra quello che si può dire e quello
che è meglio non dire?
“Non ho fatto bene?
Ho evitato una situazione spiacevole per te e una figuraccia per
Lestrade.”
“Lo so. Avevi buone
intenzioni. Ma i tuoi modi non sono stati molto carini. Così sei
sembrato solo un cane che marca il territorio.” ho detto per
provocarlo volontariamente.
Ero intenzionata a
dargli una lezione. Doveva capire che i modi in cui si dicono le cose
sono importanti, soprattutto quando ci si rivolge a un amico. E
soprattutto quando ha a che fare con me.
“Un cane?”
“Sì.
Sembravi solo geloso.”
“Io...” ha iniziato
non sapendo bene come proseguire. “Io non sono geloso! E se
lo fossi non mi comporterei come un cane!”
“L'hai appena fatto.
Ci mancava solo che pisciassi negli angoli.” ho replicato
rincarando la dose.
Si è bloccato nella
pista da ballo e osservandomi scioccato.
“Cosa?” ha
domandato alterato.
“Hai capito
benissimo. Sono certa che quel tuo geniale cervello conosce le
abitudini canine in merito alle proprietà. O è una di quelle cose
che, non essendo utile per il lavoro, hai deciso di non sapere?”
Ormai mi dovevo
trattenere dal ridere, vedere l'espressione incredula del suo viso
era troppo divertente. E più si infuriava e più diventava
esilarante. Inoltre, sapere che la causa di tutto era la sua gelosia,
mi faceva sentire ancora più sicura di me e mi permetteva di
burlarmi di lui con un pizzico di cattiveria in più. Mi sarebbe
davvero piaciuto portarlo a confessare, anche se sapevo che era
altamente improbabile.
“Molly Hooper, sono
perfettamente consapevole di quali sono gli atteggiamenti canini, ma
non posso credere che tu mi stia paragonando a un animale.”
“Oh,
sì, lo sto facendo. E lo rifarò, quindi abituati.” ho insistito
fingendomi adirata, ma in realtà stavo per scoppiare a ridere.
“Tu non puoi...”
“Non
posso? Non posso fare cosa? Io posso fare quello che voglio, quindi
stai molto attento a quello che dici, Sherlock Holmes.” l'ho
sfidato maliziosamente.
Lui ha improvvisamente cambiato espressione, come se avesse capito che
il mio era solo un gioco.
“Non puoi dirmi una
cosa del genere e pensare di passarla liscia.” ha replicato
adeguandosi allo stesso tono.
Ho riso ancora,
sentendomi padrona della mia femminilità come non mi era mai
successo.
“Intendi punirmi?”
ho domandato con tono suadente.
Ha avvicinato il viso
al mio orecchio, dandomi un piccolo bacio sulla nuca e poi mi ha
sussurrato “Oh, sì. Con immenso piacere.”
E, quando siamo tornati
a Baker Street, ha trovato i modi più deliziosamente fantasiosi per
punirmi.
CONTINUA
|
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Capitolo 10 *** 10 ***
Capitolo super-romantico in arrivo.
Pronti?
Via!
Buona lettura.
10
Passare la notte con
Sherlock è stato meraviglioso. E non solo perché abbiamo fatto
l'amore.
Molte volte, in
realtà. Ed è stato paradisiaco.
La cosa più appagante
è stata l'intimità che si è creata tra noi. Il semplice fatto di
stare abbracciati, in silenzio, ad ascoltare il battito dell'altro.
Lo so, sembro una
stupida ragazzina a dire queste cose, ma è tutto vero.
Da quando lo conosco,
Sherlock per me è sempre stato irraggiungibile, intoccabile,
inavvicinabile.
E ora, poter dormire
accanto a lui, poterlo osservare quando abbassa la guardia, poterlo
toccare... Non saprei come definire tutto questo se non meraviglioso.
Lo amo, l'ho amato dal
primo momento, ma solo ora ho l'impressione di capire veramente cosa
significa amare.
Ora che sono libera
di osservare ogni sua smorfia nel sonno.
Che posso affondare
le mani nei suoi riccioli neri.
Posso accoccolarmi
contro di lui e addormentarmi ascoltando il lento e regolare suono
del suo cuore che batte.
A un certo punto della
notte mi sono svegliata. Ho dimenticato dove fossi e per un attimo mi
sono spaventata. Poi ho sentito il suo braccio circondarmi il fianco,
la sua grande mano posata sulla mia schiena. Il suo respiro sul mio
collo.
Lui non si era accorto
di niente. Le altre volte si svegliava prima di me, e so che mi
osservava perché quando poi aprivo gli occhi aveva sempre qualcosa
di strano da dirmi, frutto delle sue deduzioni su di me. Ma questa
volta io ero sveglia e potevo osservarlo dormire.
Era così sereno. Il
suo respiro era così leggero che a mala pena era percepibile. Le sue
labbra erano leggermente dischiuse e arricciate, come nella posa di
un bacio. Ho resistito alla tentazione di sfiorarle e ho continuato
ad osservarlo. Mi teneva molto stretta. Apparentemente ero io ad
essere avvinghiata a lui ma, in realtà, se anche avessi voluto
allontanarmi non avrei potuto. Le sue braccia, decisamente più forti
delle mie, mi tenevano rinchiusa, come se fossi incatenata a lui.
Forse temeva che
scappassi mentre dormiva? Voglio dire, a livello inconscio. Aveva
forse paura che lo lasciassi? E se tutta la sua freddezza, il suo
rifiuto delle emozioni, non fosse altro che la fobia di essere
abbandonato?
Mi sono stretta ancora
più a lui.
Io non ti
abbandonerò mai, Sherlock. Sono tua per sempre.
Quando si è svegliato
la mattina, ero ancora avvinghiata a lui. Ero sveglia questa volta,
non ero riuscita a riprendere sonno, ma tenevo gli occhi chiusi. Non
volevo che scoprisse che lo avevo studiato. Si sarebbe sentito messo
a nudo, vulnerabile.
Ho aspettato che fosse
lui a svegliarmi, ma non lo ha fatto subito. Anche lui mi ha
osservato. Mentre lo faceva, ha accarezzato i miei capelli, li ha
annusati, e ne ha intrecciato una ciocca fra le sue dita. Dopo un
tempo che a me è parso un eternità, mi ha accarezzato il viso e
allora ho finto di svegliarmi.
“Buongiorno.” ho
detto sorridendo sentendomi genuinamente felice.
“Buongiorno. Hai mai
tinto i tuoi capelli?”
Ecco le sue strane
domande mattutine. Come al solito mi sono messa a ridere, era l'unico
modo per affrontarle.
“Da ragazza, anni fa.
Perché?”
“Perché il colore dei tuoi capelli è bellissimo. È
chiaramente naturale ma mi chiedevo se queste ciocche più chiare
nelle punte fossero dovute a una qualche tinta chimica. Nel qual caso
devo implorarti di non usarle più. Non permetterò che rovini il
loro splendido colore.”
“Le ciocche più
chiare sono un residuo delle mie vacanze al mare l'anno scorso. Si
sono schiarite al sole. Non uso tinte dal almeno una decina d'anni.
Sono contenta che i miei capelli ti piacciano.” ho detto infine
incapace di trattenere un sorriso.
“Mi piace tutto di
te. Anche le cose più illogiche.”
“Oh, davvero? Grazie
per la concessione...” ho replicato sarcastica. “Sentiamo, quali
sono le cose più illogiche?”
“Sei sicura di
volerlo sapere?” ha domandato con un tono apparentemente
preoccupato.
“Sì, certo. Purché
trovi il modo di dirlo in maniera gentile.”
Sherlock si è morso il
labbro, chiaramente in difficoltà. Ecco come mettere in crisi un
uomo così brillante. Chiedendogli di essere gentile.
“Sherlock, non essere
così timoroso. Hai detto che, anche se sono illogiche, ti piacciono,
quindi non potrai essere troppo scortese... Giusto?” ho aggiunto
per aiutarlo.
“Ecco, io non so mai
quanto spingermi... e non voglio ferirti.”
“Non lo farai.”
“D'accordo. Ecco… i
tuoi occhi. Sono sproporzionati rispetto al tuo viso. Troppo grandi.
E il tuo naso è così piccolo e arricciato all’insù... Sembra
quello di un folletto o magari di un elfo. La tua bocca è così
piccola... Le labbra sono troppo sottili. Il tuo corpo è così
minuto eppure hai delle mani grandi, con delle lunghe dita. E poi...”
ha esitato e, con mia sorpresa, è arrossito. “Il tuo seno è
troppo piccolo rispetto ai tuoi fianchi.”
Sono rimasta in
silenzio a osservare il suo imbarazzo. Il suo sguardo non si alzava.
Aveva paura di guardarmi e di scoprire che ero arrabbiata. Avrei
potuto consolarlo subito dicendogli che quello che mi aveva detto non
era offensivo, o almeno non per me. Erano tutte cose che sapevo
benissimo e con cui convivevo da circa trent'anni.
E poi lui aveva detto
che amava anche i miei difetti o, come le chiama lui, “cose
illogiche”. Ho aspettato, volevo che fosse lui a rompere il
silenzio. E poi volevo capire come avrebbe proseguito.
“Mi dispiace.” ha
detto infine continuando a non guardarmi e credendo di avermi offeso.
“Non avrei dovuto dire nulla. Non volevo ferirti, davvero. In
realtà, non c'è niente di illogico in te. Sono io a essere
illogico. Tutte le cose che ho elencato, su un altra persona le
disprezzerei, ma su di te le trovo bellissime. Ho fatto una lista dei
tuoi presunti difetti, ma la verità è che non rinuncerei a nessuno
di essi. Sei perfetta. Perfetta per me.”
Non ho atteso oltre e
l'ho baciato, gettandogli le braccia al collo. Lui è rimasto
sorpreso per un secondo ma poi mi ha stretto a sé ricambiando.
Siamo rotolati sul
letto e io mi sono posizionata sopra di lui, continuando ad assaporare le sue labbra mentre accarezzavo i suoi riccioli neri. Poi ho tracciato una scia sul suo
viso, percorrendo la linea della mascella sino ad arrivare alla sua
nuca, mentre lui era dolcemente assorto nel baciare le mie
spalle.
“Ti amo.” ho
sussurrato al suo orecchio così piano che non ero certa mi avesse
sentito.
Non ha risposto, ma mi
ha accarezzato il viso con entrambe le mani avvicinandolo al suo. È
rimasto a guardarmi negli occhi per un tempo incalcolabile e poi mi
ha baciato.
E poi credo di aver
perso ogni briciolo di senno.
Abbiamo rifatto
l'amore, aggrappandoci l'un l'altro come se a spingerci fosse la
disperazione. Come se il bisogno che provavamo fosse inestinguibile.
Come non potessimo avere mai abbastanza l'uno dell'altro.
Sherlock non ha
risposto al mio Ti amo, ma nei suoi occhi e nei suoi gesti ho
letto quelle parole milioni di volte.
Tutto ciò che è
bello, prima o poi deve finire.
E anche quella domenica
era finita. Dovevo tornare a casa, alla realtà e, l'indomani, al mio
lavoro. Quindi ho iniziato a raccogliere le mie cose e a rimetterle
nella mia piccola valigia.
“Non è necessario
che tu vada.” ha detto con tono chiaramente seccato.
Non voleva che me ne
andassi e, sinceramente, neanche io lo volevo, ma era necessario.
Lui era ancora a letto,
avvolto solo da un lenzuolo, con l'aspetto rilassato e soddisfatto, e
mi osservava piegare e conservare le mie cose dentro la valigia.
“Sì, invece. Domani
mattina alle sei inizia il mio turno in ospedale.” ho risposto
facendo violenza su me stessa per non voltarmi a guardarlo.
Era così dannatamente
bello e sexy che, se lo avessi fatto, avrei perso all'istante la mia
forza di volontà.
“Puoi comunque
passare la notte qui.”
“E con quali vestiti dovrei andare a
lavoro? Con l'abito del matrimonio? O con il pigiama? Devo tornare a
casa. Hai detto che la porta è sistemata, quindi non ho motivo per
non farlo.”
Sherlock mi aveva detto
che aveva provveduto a farla sistemare con l'aiuto di suo fratello.
Fa sempre comodo avere un parente che lavora al governo.
“Dovresti
portare un cambio di abiti qui, così non saresti costretta a tornare
al tuo appartamento nel cuore della notte.”
“Non è il cuore
della notte. Sono solo le otto di sera.” ho replicato con tono
divertito.
“Comunque, vengo con
te. Passerò la notte da te.”
“Come? Perché?” ho chiesto
confusa voltandomi a guardarlo.
“Perché due giorni
fa sei stata aggredita e mi sentirei più tranquillo se potessi
occuparmi di te.”
“Non ho bisogno di un
baby-sitter.” ho replicato ironicamente.
“Non oserei mai
propormi come tuo baby-sitter.”
“Allora come vorresti
proporti?”
“Pensavo a come tuo personale dispensatore di
piacere sessuale.”
Ho riso mentre chiudevo
la cerniera della valigia.
”Sherlock, non hai
bisogno di passare ogni istante con me per questo. Non sarebbe
logico. E la logica è il tuo forte.”
“Infatti. La cosa più
logica sarebbe che tu vivessi qui.”
“Come?” ho
domandato sorpresa voltandomi a guardarlo. “Dici sul serio?”
“Certo. Non ha senso
che tu o io facciamo avanti e indietro tra i nostri appartamenti. E
poi trovo che svegliarmi con te accanto sia molto piacevole.”
Non stava succedendo
davvero.
Forse stavo
sognando, o ero stata drogata.
Sherlock voleva
vivere con me?
A fatica, mi sono
costretta a tornare con i piedi per terra.
Ho deglutito facendo
qualche passo nella sua direzione, per poi fermarmi proprio di fronte
a lui.
“Sherlock, pensavo
che dovessimo mantenere la nostra relazione segreta, almeno per il
momento.”
“Non sarebbe un
problema. Ufficialmente tu prenderesti la stanza di John, come mia
coinquilina, anche se in realtà la useresti al massimo come
guardaroba. Agli altri sembrerà solo che tu volessi risparmiare
sull'affitto e abitare più vicino al Barth's. E, per quanto mi
riguarda, avere la mia patologa preferita sotto il mio stesso tetto
agevolerebbe il mio lavoro. Nessuno ci troverebbe qualcosa di
strano.”
“Sherlock...”
“Non voglio dover
avere nuovamente discussioni come queste. Casa mia o casa tua?
È una totale perdita di tempo.”
“Sherlock, stai correndo
troppo.” ho cercato di obbiettare con tono serio.
“No, sto
ottimizzando i tempi.”
“Il significato è lo stesso.”
“No,
in realtà...”
“Sherlock! Santo cielo, fermati e rifletti!”
l'ho interrotto prima che potesse continuare con i suoi deliri
logici. “Non dobbiamo avere fretta. La nostra relazione è iniziata
da appena due giorni, è troppo presto per vivere insieme.”
“Perché?”
“Perché prima
dovremmo conoscerci meglio, frequentarci per un po' per conoscere i
rispettivi pregi e difetti, e solo in seguito decidere se siamo
adatti a vivere insieme.”
“Io ti conosco già
perfettamente. E tu conosci me. Quello che dici non ha senso.”
“Sherlock, non è una
gara. L'importante non è fare le cose in fretta, ma farle bene.
Capisci?”
“Sinceramente no. Io
so già che andrebbe bene. Tu non ne sei convinta?” ha chiesto
preoccupato alzandosi dal letto incurante della sua nudità.
No, in effetti non
ne ero convinta.
Al contrario, ne ero
terrorizzata.
Convivere con Sherlock
avrebbe potuto essere un disastro. Lui avrebbe finito per odiare la
mia banalità. E io avrei potuto impazzire a star dietro alle sue
manie. Avremmo potuto rovinare tutto.
“Temo che potrebbero
esserci delle difficoltà ad adattarci l'una alle abitudini
dell'altro. E io non ho mai vissuto con un uomo, eccetto mio padre.”
ho detto cercando di trovare delle obiezioni valide e, soprattutto,
logiche.
“D'accordo. Allora
faremo un programma in modo da poterti adattare gradatamente.” ha
proposto cercando a modo suo di agevolarmi.
“Un
programma?”
“Certo. Poco alla volta ti abituerai.”
“Io
non credo che sia una buona idea. Non si possono programmare certe
cose.”
“Certo che si può.”
ha detto avvicinandosi a me. “E stanotte vengo a casa tua. Così
comincio subito ad osservare e memorizzare le tue abitudini nel tuo
ambiente naturale.”
“Sherlock, non sono
un maledetto panda!”
“No, ovviamente. Non
ne hai né la dimensione né la peluria, ma sei comunque una specie
rara.”
“Non sei divertente.”
“Non volevo essere
divertente. Voglio davvero passare la notte con te.”
Ho sbuffato. In fondo,
cosa poteva andare storto? Lui era così dolce, voleva persino
imparare le mie abitudini per adattarsi a me. Quando mai Sherlock
Holmes si era adattato a qualcuno? Forse solo con John, e non ne ero
nemmeno certa.
“D'accordo. Solo
stanotte, però. Non voglio che ci impantaniamo in un rapporto
simbiotico. Sarebbe una rovina.”
“Simbiotico?”
“Sì,
quel genere di rapporto in cui due personalità si fondono in una. E
la conseguenza è che nessuna delle due sopravvive.”
“So bene cosa sia una
simbiosi. Succede solo a chi ha due personalità deboli e un
quoziente intellettivo sotto la media.”
“No, Sherlock. Può
succedere anche quando una delle due personalità è talmente forte
da assorbire e annullare l'altra.” ho confessato infine sperando
che capisse.
“Tu hai paura che io ti annulli?” mi ha
domandato incredulo quando ha compreso cosa intendessi.
“Succederebbe,
Sherlock. Tu non ti rendi conto, ma la tua personalità soggioga
chiunque ti stia intorno. Guarda il povero John! Sino a che viveva
con te non è mai riuscito a portare avanti una relazione. E sai
perché? Perché tu assorbivi tutta la sua attenzione, tutte le sue
energie. L'unico motivo per cui John è riuscito a sposare Mary è
che quando l'ha conosciuta tu eri... lontano. Perché tu sei
così, tu travolgi tutti.”
“Quindi mi stai
accusando di essere solo un egoista che assorbe le energie altrui.”
ha concluso infine con tono deluso e irritato.
“No, Sherlock, tu non
sei egoista, ma senza che tu ti renda conto tendi a... stregare
gli altri.”
“E tu non vuoi essere
stregata.”
“Io sono già
stregata da te, ma voglio continuare a essere indipendente. Non
mi vorresti se fossi solo una bambola senza più una personalità
propria. Aiutami a non perdermi nella tua magia.” ho confessato
infine, implorandolo.
Avevo solo bisogno di
tempo. Era così difficile da capire?
“Non so se ho capito
tutto quello che vuoi dire, ma ci rifletterò su.” ha acconsentito
infine chinandosi per baciarmi. “Domani, però. Stanotte voglio
stare con te.”
“D'accordo. Ma da domani torniamo alle nostre
solite abitudini. Ognuno a casa sua. E ognuno al suo lavoro. Spero di
essere stata chiara.”
“Trasparente.” ha replicato con
un sorriso prima di unire nuovamente le sue labbra alle mie.
Dopo di che, si è
vestito anche lui e mi ha accompagnato al mio appartamento.
Abbiamo ordinato cibo
cinese e abbiamo guardato un film alla TV. Prima della metà,
Sherlock aveva già intuito con precisione come sarebbe finito.
“Smettila, Sherlock.
Non si parla durante i film.”
“Ma è così banale!”
“Non
importa. So che è banale. E, se vuoi saperlo, ho già visto questo
film, so come va a finire, esattamente come hai dedotto.
Eppure mi fa piacere rivederlo.”
“Che senso ha se lo
hai già visto?” ha domandato e sembrava sinceramente interessato a
capire.
“Beh, tu non lo hai visto, per esempio. E mi andava di
condividerlo con te. Inoltre, ci sono delle belle scene e ogni volta
che le vedo, anche se le conosco, mi emoziono. Tu penserai che sono
sciocca...”
Lui mi ha posato un
dito sulle labbra, per interrompermi, e poi mi ha baciato la fronte e
i capelli.
“Non importa, Molly.
Se per te è importante, lo guarderò in silenzio. Tutte le volte che
vorrai rivederlo.” ha detto infine con tono serio.
Mi sono avvicinata e
gli ho dato un bacio sul naso e poi mi sono stretta a lui per
continuare la visione del film sino a che non ci siamo addormentati
sul divano.
CONTINUA
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Capitolo 11 *** 11 ***
Penultimo
romanticissimo capitolo.
Mi sono lasciata trasportare parecchio e il "mio" Sherlock è
decisamente un gran sentimentale in incognito.
Quindi aspettatevi tanta tanta dolcezza.
Buona lettura.
11
Sono passate un paio
settimane e, incredibilmente, va tutto bene.
Sembra che Sherlock
abbia capito il mio bisogno di mantenere i nostri spazi, anche se gli
secca terribilmente farlo. Ogni tanto, con fare casuale, parla
ancora del fatto che io mi trasferisca a Baker Street. Non lo fa
esplicitamente, ma mi lancia spesso delle frecciatine in merito.
“Nell'ultima
settimana sono stati denunciati almeno venticinque furti con scasso
in questo quartiere. Non è una zona sicura...”
“Il rubinetto del tuo
bagno perde. L'impianto idraulico di questo appartamento ha più
buchi di una gruviera. Per non parlare poi di quello elettrico...”
“Hai bisogno di un
armadio più grande, anche se non so come potresti farlo stare in una
camera da letto così piccola...”
E queste sono solo
alcune delle velate allusioni che fa il mio ragazzo per
convincermi a trasferirmi da lui.
Il mio ragazzo.
Sherlock è il mio
ragazzo.
Mi viene da ridere al
pensiero. Per anni ho sognato di poterlo chiamare così e ora invece
mi sembra un termine così inadeguato. Lui non è un ragazzo
qualsiasi, quindi definirlo così mi sembra estremamente riduttivo.
D'altra parte non è il mio fidanzato, quindi come altro
potrei definirlo?
Quando un uomo passa il
suo tempo libero con te, ti porta dei regali, per quanto strani, ti
passa a prendere a lavoro per portarti a casa e cenare con te, come
lo si può definire?
Il mio ragazzo.
Più me lo ripeto e più
mi pare una definizione stupida. Forse dovrei discutere con lui su
come definirci. Sono certa che troverà il termine corretto.
Comunque, ormai abbiamo
raggiunto una certa routine. Quasi tutte le sere, tranne quando io o
lui dobbiamo lavorare sino a tardi, mi raggiunge al Barth's e
torniamo a casa assieme. A casa mia, perché lui non vuole che Mrs.
Hudson sappia di noi, almeno per il momento.
Arrivati a casa,
generalmente ordiniamo la cena, oppure cucino qualcosa di veloce, e
poi ci sdraiamo sul divano a vedere vecchi film. Sherlock non ha mai
passato il tempo a guardare la TV, quindi non li ha mai visti e per
lui sono una novità, anche se generalmente dopo poco dall'inizio ha
già capito come va a finire. Per rispetto nei miei confronti, non
dice una parola, ma riesco a percepire il momento esatto in cui il
suo geniale cervello giunge alla conclusione. Fa come un sospiro di
rassegnazione. E poi, alla fine del film, fa un sorriso divertito
quando ha la conferma delle sue deduzioni.
O almeno, quasi
sempre.
Ci sono stati alcuni
casi in cui con delusione ha capito di essersi sbagliato. Era così
frustrato alla fine del film che non voleva più rivolgermi la
parola. Come se fosse colpa mia perché lo avevo costretto a guardare
un film che, parole sue, offendeva la sua intelligenza. Non è
mai facile fargli passare quel broncio da bambino petulante, ma
generalmente riesco a farlo con qualche bacio e qualche carezza. Nei
casi più estremi sono costretta a spogliarmi, ma ovviamente la
cosa non mi dispiace affatto.
In ogni caso, dopo il
film ci infiliamo a letto. Non sempre facciamo l'amore. A volte
restiamo semplicemente abbracciati. E poi, quando sto per
addormentarmi, mi da un bacio e mi augura la buonanotte tornando al
suo appartamento. So che non gli piace andarsene così, come un
ladro. Preferirebbe non avere questo obbligo, ma lo fa per me, perché
gli ho chiesto del tempo. E lui sa che presto sarò io a chiedergli
di restare per la notte.
Mi sta
addomesticando. Come la volpe del Piccolo Principe.
Strano.
Ho sempre pensato
sarebbe stato lui la volpe da addomesticare. Invece, a quanto
pare, sono io.
Quando sarò pronta a
condividere i miei spazi con lui, mi chiederà di nuovo di vivere
insieme, e a quel punto non riuscirò più a rifiutare.
Ieri, mentre ero in
laboratorio, Sherlock mi ha mandato un messaggio. Non esattamente il
genere di messaggio che generalmente si invia alla propria ragazza,
ma trattandosi di lui è comunque un bel gesto.
Più
tardi passerò al laboratorio. SH
Sempre meglio di quando
mi faceva le imboscate all'ingresso dell'obitorio o in mensa.
Comunque, è comparso
prima di quanto pensassi. Era da poco passata l’ora di pranzo, io
ero drammaticamente a digiuno, e si è presentato con due buste di
patatine fritte, le mie preferite, e due enormi tazze di caffè.
Come si fa a non
amarlo?
“Non ti aspettavo
così presto.” ho detto sorpresa di vedermelo davanti.
“Lo so.
Ho bisogno del tuo aiuto per un caso. Sei occupata?”
“Devo
solo finire le scartoffie. Di cosa si tratta?”
“Sembrerebbe un
omicidio. Ci sono dei resti carbonizzati da cui Scotland Yard non è
riuscita a estrarre del DNA, ma sono certo che tu potresti.”
Ho sorriso. Mi piace
quando mi fa dei complimenti sul mio lavoro, perché ho sempre paura
che lui mi ritenga stupida. So quanto è importante per lui
l’intelligenza e ci tengo molto a non deluderlo.
“Posso provare.” ho
accettato alzando le spalle.
Un'ora dopo eravamo
entrambi occupati a osservare delle cellule al microscopio,
apparentemente senza esito. Sherlock era esasperato e ricontrollava
più volte gli stessi campioni. Tra un vetrino e l'altro, sentivo il
suo sguardo su di me, ma cercavo di non distrarmi.
“Hai impegni dopo?”
mi ha chiesto senza distogliere l'attenzione dal microscopio.
“No, e tu?”
“Finito
con questo dovrei occuparmi di far arrestare un criminale, ma credo
di poterlo fare anche domani mattina.”
Ho riso, sempre
continuando a studiare il mio campione. Questo era il suo modo di
farmi capire che voleva stare con me.
“Magari questa sera
potremmo fare qualcosa di diverso.” ho suggerito con tono
malizioso.
“Qualcosa di diverso? Intendi che non vuoi che
mi infili nel tuo letto?”
Oh, Sherlock, quanto
adoro il tuo candore.
“Intendo che, forse,
potremmo avere un vero appuntamento. Sai, in un ristorante.
Che ne pensi?” ho replicato divertita.
Ho sentito il suo
sguardo nuovamente su di me, ma non mi sono voltata.
“Sì, forse. Potremmo
andare da Angelo. È un piccolo ristorante italiano, molto riservato.
Io di solito ci vado quando sto lavorando, ma la clientela è
principalmente composta da coppie in atteggiamenti romantici, quindi
dovrebbe andare bene.”
“Sì, può andare.”
ho accettato alzando lo sguardo e voltandomi verso di lui. “E
magari dopo potrei essere io a infilarmi nel tuo letto. Cosa ne
pensi?”
“Mi sembra un'ottima idea.” ha accettato lui con un
sorriso malizioso.
“Bene.”
Entrambi siamo tornati
ai nostri campioni di cellule carbonizzate e in meno di un'ora
avevamo il nostro risultato, che confermava le teorie di Sherlock.
Ha inviato alcuni
messaggi, probabilmente a Lestrade o a qualche altro agente di
Scotland Yard, e poi mi si è avvicinato fermandosi a pochi
centimetri da me. Prima che potessi dire qualsiasi cosa, si è
chinato su di me e mi ha baciato brevemente.
“Grazie, Molly.” ha
sussurrato dopo con un sorriso.
“Prego.” ho
replicato divertita. “Ma a cosa devo questo ringraziamento? Non che
non l'abbia apprezzato, sia chiaro...”
“Per il semplice
fatto di esistere.” ha replicato circondandomi con le braccia e
avvicinandomi a sé. “Per essere sempre disposta ad aiutarmi. Per
essere comprensiva quando non mi comporto bene.”
“Non dovrei?” ho
ironizzato. “Forse dovrei iniziare a fare la difficile? Così, solo
per movimentare il nostro rapporto.”
“Sarebbe divertente.”
ha replicato lui accarezzando i miei capelli legati in una coda di
cavallo.
Lo fa spesso. Gli piace
accarezzare i miei capelli. È come se lo rilassasse.
“A proposito del
nostro rapporto...” ho detto sperando di trovare le parole giuste.
“Forse sarebbe il momento di definirlo, non credi?”
“Definirlo?”
ha domandato lui accigliandosi. “Credi sia davvero necessario avere
una definizione?”
“Sì. Vorrei sapere
cosa siamo. Non per gli altri, ma per me. Vorrei sapere come
riferirmi a te, per esempio.”
“Ti puoi riferire a
me come hai sempre fatto.”
“No, Sherlock.
Cosa sei tu per me? Il mio ragazzo? O c'è qualche altra
definizione più corretta? Perché sinceramente non saprei...”
“Oh, si riduce tutto
a questo? Vuoi sapere se puoi dire di avere un ragazzo?”
“Semplificando, sì,
si riduce a questo.”
“Siamo un po' troppo
adulti per quei termini, non credi?”
“E allora dimmi, quali
termini possiamo utilizzare?”
“Premettendo che non
capisco questa necessità di definire i rapporti, io ho intenzione di
riferirmi a te come la mia compagna, la mia donna, la mia amica
speciale. Ma se pensi che non vada bene posso anche considerarti
la mia ragazza...”
“Ciò significa che
la nostra è una relazione seria.” ho constatato felice.
“Certo che la nostra
è una relazione seria. Ti ho chiesto di vivere insieme, credi lo
proponga a tutte le brillanti e affascinanti patologhe che incontro?”
“Spero proprio di
no.”
Lui ha riso, mi ha
baciato e poi si è avvicinato al mio orecchio.
“Sei la cosa più
importante della mia vita, Molly Hooper.” ha sussurrato con voce
roca e suadente. “Puoi definire me e il nostro rapporto come
preferisci. Io non vado da nessuna parte. Per me non è una relazione
passeggera. Per me è La Relazione. L'unica vera relazione
sentimentale che io abbia mai avuto. E non ho intenzione di lasciarti
scappare facilmente.”
Ho chiuso gli occhi
assaporando i brividi di piacere che la sua voce, e soprattutto le
sue parole, avevano scatenato in me.
Ancora una volta,
Sherlock non aveva detto di amarmi, ma cos'era questa se non una
dichiarazione d'amore? Insomma, questa volta era reale. Non era
frutto della mia immaginazione.
“E io non ho
intenzione di scappare.” ho replicato prima di alzarmi sulle punte
per baciarlo.
“Bene.” ha
commentato lui ricambiando le mie effusioni.
Quando, circa un'ora
dopo, un agente di Scotland Yard è venuto a ritirare le prove, per
un soffio non ci ha sorpresi immersi nel bel mezzo di quelli che
potrebbero benissimo definiti atti osceni.
Una volta consegnate le
prove del caso, siamo andati fuori a cena.
Il ristorante italiano
di cui mi aveva parlato Sherlock era adorabile. Piccolo e intimo. Il
proprietario, Angelo, adora Sherlock, e non ha fatto altro che dire
che lo aveva salvato e che aveva ripulito la sua reputazione.
Inoltre, era decisamente stupito di vederlo con me, una ragazza.
“Che fine ha fatto il
tuo amico?” ha chiesto confuso. “Forse navighi su entrambe le
sponde?”
“No, Angelo.
John è solo un amico. Molly è la mia ragazza.”
“Oh, capisco. Beh,
ora è tutto più chiaro.” ha replicato il proprietario del
ristorante prima di andare in cucina con le ordinazioni.
“Pensavo non ti
piacesse quel termine.” ho detto mentre addentavo un grissino in
attesa della cena.
“Angelo è un
brav'uomo, ma non ha una mentalità molto aperta. Ho semplicemente
usato un termine che avrebbe compreso.”
“Questo è
esattamente il motivo per cui ti ho chiesto di darci una
definizione.”
“E io ho capito cosa
intendevi. Se ti fa piacere puoi definirmi il tuo ragazzo. O il tuo
amante. O il tuo schiavo. Per me è indifferente. Sono tuo in ogni
caso.” ha concluso con un sorriso nel momento in cui ci
venivano portati due piatti fumanti di fettuccine.
Dopo cena siamo andati
a Baker Street e, in silenzio per non farci notare da Mrs. Hudson,
siamo saliti nell'appartamento e ci siamo chiusi in camera da letto.
Forse per colpa del vino, o forse perché ero ubriaca di felicità,
non riuscivo a smettere di ridere. E quando Sherlock mi invitava a
far silenzio per non farci sentire al piano di sotto, mi veniva
ancora più da ridere.
“Sei pronta a
spiegare la situazione a Mrs. Hudson se dovesse scoprirci?”
“Non
vedo quale sia il problema. Lei capirà.”
“Oppure diventerà
estremamente curiosa e invadente. No, è meglio che non sappia.
Credimi.”
“Lei non è così. È
una persona discreta. Inoltre, ho l'impressione che sospetti già
qualcosa.”
“Cosa te lo fa
credere?”
“Non so, è solo un
impressione. Magari mi sbaglio. Comunque, stanotte pensavo di restare
qui a dormire, quindi le probabilità che ci scopra sono maggiori...”
ho detto tuffandomi nel letto.
“Resterai qui? Tutta la notte?”
ha replicato lui sorpreso.
“Sì.”
“E che ne è del
mantenere i propri spazi?”
“Sarebbe solo per questa notte,
Sherlock. Non cambierebbe nulla.”
“D'accordo,
ma...”
“Una volta ogni tanto possiamo anche passare la notte
insieme. Ogni tanto va bene. L'importante è che non diventi
un'abitudine quotidiana.”
Sembrava confuso. Ha iniziato a
camminare avanti e indietro per la stanza.
“Quindi se, di
tanto in tanto, mi fermassi a dormire da te andrebbe bene?”
“Ovviamente ne
dovremmo parlare prima, ma sì, di tanto in tanto va bene.”
“Ogni quanto spesso
va bene?”
“Oh, Sherlock... Non
lo so. Una volta ogni due settimane... O una volta al mese. Non
saprei. L'importante è che sia una cosa eccezionale.”
“Ok, credo di aver
compreso.” ha detto infine fermandosi in mezzo alla stanza e
fissando il vuoto.
“Bene. Ora vieni qui
e strappami i vestiti di dosso.” ho detto ridacchiando. “Ovviamente
è una metafora!” ho aggiunto prima che gli venisse davvero in
mente di rompere i miei abiti.
Lui si è avvicinato a
me e ha sorriso.
“L'avevo intuito.”
ha replicato divertito mentre mi aiutava a sfilare il maglione.
Mi sono svegliata la
mattina dopo con il viso di Sherlock di fronte al mio. Era sdraiato
su un fianco e mi stringeva a sé.
“Buongiorno.”
“Buongiorno.
Voglio che tu venga con me sulla scena del crimine.”
Ho riso. Ecco un'altra
delle sue proposte mattiniere. Dovevo proprio farci l'abitudine.
“Sherlock, preferirei
di no. Io sono a mio agio nel mio laboratorio, ma in una scena del
crimine sarei davvero fuori posto.”
“Saresti con me. E
poi sei più intelligente di tutti quegli agenti messi insieme, non
hai nulla di cui imbarazzarti.”
“Preferisco di no,
davvero. Ma grazie per avermelo chiesto.” ho detto avvicinandomi a
lui e baciandolo sul naso.
“Non mi va di andarci
e speravo che con te lo avrei fatto più volentieri.”
“Mi
spiace, ma devi andarci da solo. Però, se può farti sentire meglio,
io resterò qui ad aspettarti con ansia.” ho aggiunto con tono
malizioso.
“E cosa farai mentre
mi aspetti?”
“Curioserò in giro.”
“Come?” ha
domandato perplesso.
“Sì, potrebbe essere la mia unica
occasione di scoprire i tuoi segreti.”
“Non ho segreti,
non per te. Ma se c’è qualcosa che vuoi sapere, basta
chiedere.”
“Ok, allora passerò il tempo a pensare a delle
domande da farti. Va bene?”
Ha annuito e mi ha
stretto a sé per poi rotolare sopra di me.
“Pensavo dovessi
andare sulla scena del crimine.”
“C’è ancora tempo. E poi
mi diverte far arrabbiare Donovan.” ha replicato ridendo e
iniziando a stuzzicarmi con baci e carezze.
Quando si è deciso a
uscire erano passate due ore. Mi ha dato un ultimo rapido bacio e poi
è scappato via. Mi sono alzata, ho indossato la sua vestaglia e ho
cominciato a girare per la stanza. Ho aperto il suo armadio e ho
osservato i suoi abiti, disposti in maniera impeccabile.
Tutti uguali.
Ha circa una decina di
completi neri o blu scuro, assolutamente identici, e all’incirca lo
stesso numero di camice. Per quelle, però, si è sforzato un po' di
più di variare i colori. Bianco, nero e viola.
Ho preso fra le mie
mani la manica di una delle sue camice e l’ho annusata. Profumava
di buono, come lui.
Ho richiuso l’armadio
e sono passata ai cassetti. La sua biancheria, rigorosamente firmata,
era disposta con un ordine maniacale. Ero certa che se avessi anche
solo sfiorato un calzino, lui lo avrebbe notato.
Sopra la cassettiera
erano disposte le uniche foto presenti. C’era la foto di un
bambino, di circa quattro anni, aggrappato a una donna anziana. Gli
occhi affilati del bambino erano uguali a quelli della donna.
Era Sherlock. E
quella donna doveva essere sua nonna. E nel vederla ho avuto
l’impressione che mi ricordasse qualcuno. Mrs. Hudson. Non
che ci fosse una somiglianza fisica. Era più qualcosa nello sguardo
affettuoso che rivolgeva a quel bambino riccioluto.
In un’altra foto, un
imbronciato Sherlock di circa otto anni, era seduto accanto a un
ragazzo adolescente robusto e impettito, e con mia sorpresa mi sono
resa conto che era suo fratello Mycroft. Alle loro spalle, c’era un
uomo in piedi, serio e rigido, che guardava freddamente verso
l’obbiettivo. Somigliava molto a Mycroft, e osservandolo bene ho
riconosciuto in lui l'uomo anziano che avevo visto al funerale di
Sherlock. Suo padre.
Poi c’era un’altra
foto, quasi identica, in cui seduta accanto a Sherlock c’era una
donna, chiaramente sua madre, e Mycroft si era spostato in piedi alle
loro spalle. La donna da giovane somigliava molto al suo figlio più piccolo, gli stessi occhi e gli stessi riccioli, ma aveva un’aria
estremamente fredda e distaccata. Il viso del piccolo Sherlock
appariva ancora più deluso che nella foto precedente.
La sua famiglia.
Avevo come l’impressione che l’unica persona che gli avesse
dimostrato affetto fosse la donna anziana, che a quanto pare era sua
nonna materna.
Dopo aver studiato la
sua camera, sono uscita e sono passata alla sala. Ho iniziato a
guardare i numerosi libri presenti nella sua libreria. Erano quasi
tutti di tipo scientifico, con qualche volume di diritto penale e,
naturalmente, l’Enciclopedia Britannica. A questo si aggiungevano
alcuni volumi di storia, una Bibbia e una copia del Corano, e dei
vocabolari di diverse lingue. Non c’era molto spazio per la
letteratura in quella libreria ma comunque lui era riuscito a trovare
posto anche per quello. Nell’ultimo ripiano in basso, come a
volerli nascondere all’occhio di un osservatore disattento, era
presente l’intera opera di Shakespeare.
Ho sorriso. Sherlock
legge il Bardo? Non molto spesso a giudicare dalla polvere che li
ricopriva, ma ce n’era uno che ne era privo. L’ho sfilato a ho
guardato il titolo. Hamlet – Prince of Danmark. Non avrebbe
dovuto stupirmi. Se esiste un personaggio shakespeariano che avrei
potuto associare a Sherlock, era solo il biondo principe danese.
Forse perché sono entrambi così complessi e apparentemente folli…
Con attenzione, ho
rimesso a posto il libro e ho continuato a curiosare.
Il suo violino era
nella custodia e accanto c'era un leggio con uno spartito scritto a
mano. Sherlock compone. Dovrò chiedergli di farmi sentire
qualcuna delle sue melodie appena possibile. Sono estremamente
curiosa. Ho girato intorno al tavolo cercando di capire qualcosa in
mezzo ai documenti e alle scartoffie abbandonate. C’era anche il
suo portatile, sepolto da non so quanti fogli. Accanto al tavolo
c’era un piccolo mobile con dei cassetti. Dentro c’erano cose
strane.
Una boccetta di vetro
vuota.
Una guida di Londra
dalla A alla Z.
Due cellulari, uno dei
quali con una custodia rosa.
L’altro aveva un’aria
familiare. L’ho preso in mano e l’ho riconosciuto. Era quel
cellulare che lui aveva radiografato in laboratorio. Non mi ha mai
rivelato il perché, ma mi aveva detto che apparteneva a una donna…
L’ho rimesso nel cassetto. Non volevo sapere altro. Se era in quel
cassetto c'era sicuramente una ragione, ma non mi interessava
scoprirla.
Mi sono voltata per
tornare in camera da letto ma sono inciampata nel tappeto, facendo un
tonfo terribile. Ho chiuso gli occhi pregando che Mrs. Hudson non
avesse sentito, ma non sono stata così fortunata.
“C’è nessuno?
Sherlock? Sei tu?” ha urlato lei dal piano terra con tono
preoccupato.
Ho fatto un sospiro, mi
sono alzata e mi sono affacciata sulle scale.
“Sono io, Mrs.
Hudson.”
“Oh, Molly, non
sapevo fossi qui… Quella è la vestaglia di Sherlock?”
Mi sono guardata e sono
arrossita. Era venuto il momento di confessare. Sono scesa di sotto
sino a trovarmi di fronte a lei.
“Sì, ecco… Ho
passato la notte qui.”
“Oh, questo spiega
tutto. Hai già fatto colazione, cara? Preparo un tè.” ha detto
semplicemente dirigendosi in cucina.
L’ho seguita
divertita e mi sono seduta al tavolo di fronte a lei.
“Mrs. Hudson, lei lo
sapeva già, vero?”
“Certo, cara. Lo so da quando lui ti ha
portato qui la notte prima del matrimonio di John. Perché credi che
sia andata per tutto il fine settimana da quella strega di mia
sorella? Volevo lasciarvi soli…”
“Sherlock preferisce
che lei non lo sappia per il momento… Può fingere ancora per un
po’?”
“Certo, sono bravissima a fingermi un po’ scema.”
ha detto ridacchiando mentre mi passava una tazza di tè. “Sono
felice per voi. Lo speravo da tanto tempo… Sai, il Signore non mi
ha dato la gioia di avere dei figli, e Sherlock e John sono tutto
quello che mi rimane, quindi voglio vederli felici. È stato un
dolore incalcolabile credere di aver perso Sherlock. E ora che lui è
di nuovo qui con me… Voglio che abbia il meglio. E tu lo sei.”
Ho posato la mia tazza
di tè, l’ho raggiunta e l’ho abbracciata.
“Grazie.” ho detto
semplicemente e lei ha sorriso.
Dopo aver finito il tè
e i deliziosi biscotti fatti in casa da Mrs. Hudson, lei mi ha
nuovamente promesso che avrebbe finto di non sapere nulla con
Sherlock, io le ho dato un bacio e poi sono tornata al piano di sopra
per fare una doccia.
Quando lui è tornato
avevo finito. Mi ero avvolta in un ampio asciugamano e mi stavo
dedicando ad acconciare i capelli in una treccia. Ero allo specchio
e, prima ancora di vederlo, ho sentito il suo sguardo trafiggermi.
Poi ho alzato lo sguardo, e lui era lì. Appoggiato allo stipite
della porta con aria casuale, guardandomi in un modo che mi ha fatto
accelerare i battiti.
Si rende conto di
quanto è dannatamente sexy?
“Sei tornato,
finalmente.” ho esordito finendo in quel momento di legare i
capelli.
“Sono stato via solo un’ora.” ha replicato
avvicinandosi e posizionandosi alle mie spalle.
“A me è sembrato
molto di più.” ho replicato con un sorriso.
Ha avvolto le braccia
intorno al mio corpo, poggiando il viso sull’incavo della mia
spalla. I nostri visi erano uno accanto all’altro e potevo vederli
insieme riflessi nello specchio.
“Se fossi venuta con
me non ti saresti annoiata.”
“Come ti ho detto, la
scena di un crimine non è il posto adatto a me.”
“Ma potresti
farmi da assistente.”
“Io sono una
patologa, il mio posto è in laboratorio. E posso assisterti al
meglio solo facendo quello che so fare bene.”
“Lo so, è solo che…”
“Ti manca John,
vero?” l’ho interrotto capendo quanto dovesse sentirsi solo.
Si è raddrizzato
infastidito. Avevo toccato un tasto dolente, era chiaro.
“John tornerà tra un
paio di giorni dal viaggio di nozze. Perché dovrebbe mancarmi?”
ha replicato chiaramente sulla difensiva.
“Perché è il tuo
compagno di avventure, oltre che il tuo migliore amico.”
“Non ho bisogno di
lui. Posso lavorare benissimo anche da solo e credo di averlo
pienamente dimostrato. È solo che con John è tutto più…
gratificante.”
“Gratificante?”
ho chiesto voltandomi verso di lui, ma restando sempre all’interno
delle sue braccia.
“Sì, gratificante.
Prima di John, ogni volta che esponevo le mie deduzioni, ricevevo in
cambio irritazione e insulti o, nel migliore dei casi, indifferenza.
Tutti si sentivano offesi da ciò che riuscivo a capire da pochi
banali dettagli. John, invece, era così affascinato dai miei metodi
da non riuscire a trattenersi dal complimentarsi a voce alta. Nessuno
mi ha mai fatto sentire così… speciale.” ha concluso
alzando le spalle con finta noncuranza.
Il suo tono, il suo
viso, le sue parole... Era come un bambino a cui per troppo tempo
nessuno ha prestato attenzione. È naturale che si sia affezionato
tanto a John, l'unico che gli abbia dimostrato considerazione.
L'unico che lo abbia veramente ascoltato e capito. L'unico che abbia
dimostrato di apprezzarlo.
E questo mi ha fatto
sentire terribilmente in colpa, perché io non l'ho mai fatto. Mi
sono alzata sulle punte, ho posizionato le mani intorno al suo viso e
l’ho baciato delicatamente sulle labbra.
“Mi dispiace.”
“A
me non è dispiaciuto.”
“Non mi riferivo al
bacio.” ho replicato ridendo. “Mi riferivo al fatto che in tutti
questi anni non ti ho mai detto quanto le tue deduzioni fossero
geniali. Non ti ho mai detto quanto le trovassi affascinanti. Certo,
spesso e volentieri mi facevi arrabbiare, ma solo perché sembravi
non voler dedurre la cosa più ovvia, quello che provavo per te. Ma
avrei dovuto dirti quanto ti trovavo speciale.”
Mi ha baciato le labbra
serrando gli occhi, come se cercasse di concentrare in quell'unico
gesto tutte le sue emozioni. Come se volesse ringraziarmi e scusarsi
contemporaneamente.
“Non è stata colpa
tua. Facevo di tutto per allontanarti da me. Non sapevo come gestire
quello che sentivo quando eri presente. E pensavo che essendo
brutalmente sincero tu forse avresti smesso di essere così
gentile e carina con me… Ma mi sbagliavo. Tu mi hai sempre
perdonato.”
“Non potevo farne a
meno.”
“Una volta mi ha
detto “dici sempre cose orribili” ed è stato allora, per la
prima volta, che mi sono reso conto di quanto potessi ferirti.”
“Oh, certo… Quella
volta. È stato quel natale. Poi dopo ti sei scusato e mi
hai baciato sulla guancia. Proprio qui.” ho detto indicando
la mia guancia destra con il dito indice. “Per giorni ho ripensato
a quel bacio. Era la prima volta che tu mi toccavi, la prima volta
che ti avvicinavi a me, la prima volta che sei stato gentile. E dopo
di allora è cambiato tutto. Hai continuato a dire quello che
pensavi, ma hai smesso di essere crudele.”
“Molly, non ho
l’abitudine di dire “mi dispiace” o “perdonami” molto
spesso. Neppure con John. Forse perché lui non si arrabbia mai
veramente con me, salvo casi eccezionali. Invece, con te mi sono
scusato molte volte. E non ti ho mentito quando ti ho detto che hai
sempre contato. Tu sei sempre stata importante per me, anche
quando non me ne rendevo conto.”
L’ho abbracciato e
baciato con trasporto, lui mi ha stretto a sé e mi ha trascinata sul
letto, posizionandosi sopra di me. Dopo un minuto si è fermato, come
se si fosse ricordato in quel momento di qualcosa di importante.
“Quando mi hai detto
che John non ha mai avuto delle relazioni prima che me ne andassi, lo
pensavi davvero? Credi sia stata davvero colpa mia?”
“Sì,
ma credo che conoscere te sia stata la cosa migliore che potesse
capitargli. Oltre al fatto che sei stato un amico fantastico, la tua
interferenza gli ha consentito di conoscere Mary, il vero
amore della sua vita.”
Sembrava soddisfatto
delle mia risposta e si è chinato nuovamente su di me, ma non ha
potuto fare a meno di continuare a parlare tra un bacio e l'altro.
“Mrs. Hudson ha
sentito dei rumori. Meno male che non può più fare le scale o ti
avrebbe trovato qui.”
“Sarebbe stato davvero imbarazzante
visto che stavo andando in giro nuda.” ho mentito cercando di non
scoppiare a ridere.
“Nuda? Mentre io non ero presente?”
ha domandato con tono sorpreso e leggermente offeso.
Ho riso e l’ho
attirato a me, affondando le mani fra i suoi meravigliosi riccioli e
poi l’ho baciato.
“Posso sempre
sacrificarmi e girare nuda per casa ancora per un po’, ma solo se
sei pronto a farlo anche tu.” ho aggiunto poco dopo con il tono più
malizioso che possedevo.
“Per questo sono sempre pronto.”
ha risposto con un meraviglioso sorriso.
CONTINUA
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Capitolo 12 *** 12 ***
Bene, eccoci all'ultimo capitolo.
Ovviamente il romanticismo non manca nemmeno qui, perché quando mi ci
metto so essere davvero una gran sentimentale.
E credo che anche Sherlock lo sia, quindi in questo capitolo darà
sfoggio di tutte quelle emozioni che ha tenuto nascoste per tanto tempo.
Ringrazio chiunque abbia deciso di imbarcarsi a leggere questa long
fic, sopportando le mie folli manie diversamente romantiche.
Ringrazio chiunque abbia recensito o recensirà in futuro questo mio
parto chilometrico.
E' stato bello per me condividere il mio tempo con Sherlock e Molly, e
probabilmente lo farò ancora, non appena avrò la giusta ispirazione.
Buona lettura.
12
Ieri John e Mary sono
rientrati dal loro viaggio di nozze.
Anche se cercava di
nasconderlo, Sherlock era felice come un bambino. Così felice da
organizzare una cena di bentornato. Ne ha parlato per due
giorni. Era così impaziente di vedere John! Era commovente vederlo
così emozionato. Mentre io e Mrs. Hudson ci siamo accordate per
cucinare, lui si è offerto di pagare di tasca sua tutto il
necessario. Incredibile, chi lo avrebbe mai detto?
Quando ho finito il mio
turno di lavoro, sono andata direttamente a Baker Street. Salendo al
primo piano ho trovato Sherlock che terminava di riordinare la sala
liberandola dalle sue cianfrusaglie, mentre Mrs. Hudson si stava
occupando di rendere agibile la cucina.
Come avevano deciso la
sera prima, Sherlock si è occupato personalmente di portarla in
braccio al piano di sopra, come di riportarla sotto a fine serata.
Credo sinceramente
che farebbe qualsiasi cosa per Mrs. Hudson.
Quando sono entrata
nella stanza mi sono avvicinata a lui per dargli un rapido e discreto
bacio, ma lui mi ha abbracciato e mi ha baciato in maniera molto
espansiva.
“Ma...” ho
obbiettato indicando Mrs. Hudson.
“Lo sa già, e ci da
la sua benedizione.”
“Oh, bene. Avevamo bisogno della sua
benedizione?”
“No, ma pensavo ti facesse piacere sapere che
lei è felice per noi.”
“Certo. Quindi ora lo
dirai anche a John?”
“Sì, appena mi sarà possibile.”
“Bene,
perché penso che sia della sua benedizione che mi devo
preoccupare, giusto?”
“Non devi. John ti adora.”
Ho sorriso sperando che
avesse ragione e poi ho raggiunto Mrs. Hudson in cucina per iniziare
a preparare la cena. Sherlock ha aiutato come poteva e cioè
deliziandoci con un sottofondo musicale suonato al violino.
Anche se non credo
fosse solo per noi. L'emozione aveva lasciato il posto a un certo
nervosismo e credo fosse sinceramente in ansia. Era evidente che
aspettava John per parlargli e sembrava esserne preoccupato. Sapevo
che voleva dirgli di noi ma non sapevo se aveva intenzione di dirgli
dell'altro. Qualcosa che chiaramente lo preoccupava. Qualcosa che
avrebbe potuto minare la loro amicizia.
Mentre cucinavamo ogni
tanto lo guardavamo, non stava solo suonando, era immerso in delle
riflessioni.
“Fa sempre così
quando pensa...” ha detto Mrs. Hudson.
“È la prima volta
che lo vedo suonare.”
“Davvero, cara?
Strano.”
“Sì, in effetti volevo chiedergli di farmi sentire
qualcuna delle sue melodie.”
“Oh, sono deliziose.
Così delicate e tristi...”
“Tristi? Sono sempre
tristi?”
“Sì, ora che ci penso. Quelle che compone lui sì,
ma a volte suona qualcosa di Bach e di altri compositori tedeschi di
cui non ricordo il nome...”
Non ho potuto fare a
meno di chiedermi se Sherlock aveva mai composto una melodia allegra
o se comporre era un modo che aveva per esorcizzare i suoi demoni e,
di conseguenza, la sua musica potesse essere solo triste.
In quel momento, mentre
stava concludendo una melodia, John e Mary sono entrati
nell'appartamento.
“Wow, non credo di
aver mai visto questo posto così in ordine. A cosa dobbiamo tale
onore?” ha esordito John con tono sarcastico.
“Ovviamente al vostro
ritorno.” ha detto Mrs. Hudson lanciandosi verso di loro per
abbracciarli.
Così ho fatto anche
io, mentre Sherlock è rimasto per un attimo in disparte. Solo quando
la girandola di baci e abbracci e terminata, si è avvicinato a John.
“Bentornato.” ha
detto semplicemente stringendo la mano al suo migliore amico.
John sorriso e gli ha
dato una pacca sulla spalla. In quel momento a loro si è avvicinata
Mary.
“Grazie per questo
invito, Sherlock. Ti abbiamo portato un souvenir dalla Grecia.”
“Grazie, Mary. E
bentornata anche a te.” ha replicato Sherlock con tono estremamente
socievole avvicinandosi a lei e dandole un affettuoso, se pur breve,
bacio sulla guancia.
Mary e John erano
stupiti e lo hanno guardato con gli occhi spalancati.
“Sherlock, cosa...”
ha iniziato a dire John, ma Sherlock l'ha interrotto subito.
“John, hai lasciato
delle cose nella tua vecchia camera. Vieni, te le mostro.” ha detto
dirigendosi al piano di sopra con passo lento ma deciso.
John ha lanciato uno
sguardo perplesso a sua moglie e poi lo ha seguito sparendo al piano
di sopra. Mary si è avvicinata a noi con un sorriso imbarazzato.
“Beh, immagino
abbiano bisogno di qualche minuto da soli... Discorsi da uomini,
giusto?”
“Sì, probabilmente.”
ho confermato con un sorriso. “Allora, come era la Grecia?” ho
aggiunto per cambiare discorso.
“Oh, splendida. Ho
con me le foto, vuoi vederle?”
“Oh, sì, volentieri.
Non appena finisco con le patate...” ho risposto mentre mi occupavo
di controllare la cottura e poi mi sono avvicinata a lei per vedere
le foto.
“Molly, non abbiamo
avuto di parlare al matrimonio.” mi ha invece sussurrato portandomi
in sala per non farsi sentire da Mrs. Hudson. “Tutto bene?”
“Oh, sì, certo.
Tutto a posto.”
“Al matrimonio
sembravi un po'... provata.”
“Effettivamente lo
ero, ma è andato tutto bene.”
“Quindi, non sei più
fidanzata.” ha aggiunto lei guardando la mia mano ormai priva del
pesante anello.
“Sì, non c'è un
matrimonio per me nell'immediato futuro.”
“E in un futuro
prossimo?”
“Chissà...” ho
risposto non potendo evitare di sorridere.
“C'è forse qualche
novità?” ha chiesto lei incuriosita e con uno sguardo furbo.
“Beh...” ho esitato
per un attimo, poi mi sono resa conto che al piano di sopra Sherlock
stava sicuramente informando John, quindi non c'era motivo di tacere.
“In effetti, io e Sherlock...”
“Oh, Molly!” ha
esclamato lei abbracciandomi. “Sono così felice per te!”
“Anche io sono
felice, anche se ancora non mi sembra vero.”
“Sai, credevo che
Sherlock non si sarebbe mai deciso. Sembrava sempre così freddo...
Poi John mi ha raccontato tutto di lui e ho capito.”
“Cosa hai capito?”
“Ho capito che la sua
freddezza è solo una posa. E che se si lasciasse andare potrebbe
rendere felice qualunque donna. Ed è giusto che quella donna sia
tu... Lo hai amato in silenzio per così tanto tempo, hai sopportato
i suoi malumori e le sue cattiverie. È meraviglioso che finalmente
si sia reso conto di amarti...”
“Lui non ha mai usato
quella parola, in realtà.” ho obbiettato imbarazzata. “Non ha
mai detto di amarmi, ma mi ha detto tante altre cose e mi ha
dimostrato con i fatti quanto tiene a me. Credo che ne abbia paura,
ecco perché non lo dice, ma io riesco a leggerlo nei suoi occhi ogni
volta che mi guarda. Credi che sia solo un'illusa?”
“Oh, no, Molly, no!”
ha esclamato abbracciandomi con affetto. “Sono certa che ti ama
solo che ha paura di dirlo, esattamente come pensi tu. Io lo conosco
molto poco, ma da quello che ha detto John sono certa che ha un buon
cuore. E sono certa che ti ami.”
“Grazie, Mary. Io
spero davvero di non sbagliarmi...”
“Ne sono certa. E che
dici di me? Credi che io gli piaccia?”
“A Sherlock?”
“Sì. Prima mi ha
dato un bacio sulla guancia ed è stato davvero strano. Sembrava
quasi che si sforzasse di dimostrare che gli piaccio... Non credi?”
“Credo che
semplicemente lui non ti conosca. E che abbia paura di te.”
“Paura?
Sherlock Holmes ha paura di me?”
“Sì, credo che tema che
tu gli porti via John per sempre. Non tu in quanto persona, ma tu in
quanto moglie. Teme che ora John non avrà più tempo per lui.”
“Tutto ciò è molto
infantile, non credi?”
“Oh, sì. Assolutamente.” ho detto
ridendo. “Ma ti rivelerò un segreto. Sherlock Holmes è l'uomo più
infantile di questo mondo.”
Siamo scoppiate
entrambe a ridere e siamo tornate in cucina ad aiutare Mrs. Hudson.
Pochi minuti dopo è
arrivato Greg con una bottiglia di vino sotto il braccio. Era allegro
e ci ha salutato con entusiasmo. Non lo vedevo così da molto
tempo...
“Sembri felice. Hai
qualche bella novità?” ho chiesto immaginando cosa poteva avergli
tirato su il morale.
“Ecco, in effetti sì.
Ho conosciuto una donna e siamo usciti un paio di volte. Lei è
davvero meravigliosa.”
“Oh, Greg, è
fantastico, quando ce la fai conoscere?” ho chiesto sinceramente
felice per lui.
“Non so, è ancora presto. Sai, non voglio
affrettare le cose.”
In quel momento
Sherlock e John sono ridiscesi e sembravano sereni, quindi tutto era
andato bene.
“Fai bene, potrebbe scappare scoprendo che
frequenti gente come noi.” ha scherzato John passando accanto a
Greg e scatenando una risata generale.
Poco dopo ho visto Greg
avvicinarsi a parlare con Sherlock e immergersi in una conversazione
che sembrava coinvolgerli parecchio, probabilmente riguardava il
lavoro. Nel frattempo abbiamo preparato la tavola in sala e subito
dopo abbiamo servito la cena.
Sono stati fatti dei
brindisi, principalmente in onore del fatto che eravamo nuovamente
tutti insieme. Era evidente che tutti pensassero alla presunta morte
di Sherlock, anche se non veniva nominata. Una volta finiti i
brindisi stavamo per iniziare a mangiare quando Sherlock ha sorpreso
tutti alzandosi in piedi con un bicchiere in mano.
Nessuno si aspettava un
brindisi da lui, e tantomeno un discorso.
“Vorrei dire
qualcosa.” ha esordito mentre tutti lo osservavano con aria
interrogativa. “Non sono bravo in queste cose, ma c'è qualcosa di
cui vorrei rendervi partecipi.”
Ha tossito per
schiarirsi la voce, come se improvvisamente non riuscisse a tirarla
fuori.
Era emozionato.
“Tre anni fa, ho
dovuto abbandonarvi, e ho dovuto farlo nel peggiore dei modi. So di
avervi dato un grande dispiacere, e vi assicuro che anche per me è
stato davvero doloroso. Mi siete mancati tutti. Mi mancava la mia
vita. Mi mancavano i miei amici. Mi mancava essere felice.”
ha fatto una pausa per deglutire e ci ha osservati per qualche
secondo. “So che il mio criterio di felicità non è uguale a
quello degli altri, ma io ero felice. Quando sono tornato,
però, mi sono reso conto che avevo perso tutto. La mia vecchia vita
era stata spazzata via. Temevo che non sarei stato mai più felice.
Invece, ora eccoci qua. Tutti insieme. Come una famiglia. Ho
di nuovo tutti voi, i miei migliori amici, e anche molto di più. Per
esempio, ora ho anche una nuova amica.” ha detto facendo un cenno
verso Mary e suscitando un sorriso in John. “Ho dei nuovi
collaboratori per il mio lavoro, come dicevo poco fa a Greg.” ha
aggiunto indicando Lestrade che ha alzato il bicchiere verso di lui
come risposta. “E, soprattutto, ho finalmente quello che mi è
mancato in tutta la mia vita. L'amore di una donna speciale.”
ha concluso sorridendo verso di me.
Sono arrossita
violentemente. Non mi aspettavo una dichiarazione del genere, in
maniera così plateale. Pensavo che avrebbe fatto una confessione
discreta a John e Greg, non immaginavo mi avrebbe messo al centro
dell'attenzione. Ho deglutito mentre con la coda dell'occhio vedevo
la faccia stupita di Greg, i sorrisi maliziosi di John e Mrs. Hudson
e la felicità mal trattenuta di Mary. Poi lui ha poggiato il
bicchiere e si è avvicinato a me.
Mi ha baciato.
Di fronte a tutti.
E non in maniera casta
e frettolosa. Si è dilungato nell'assaporare le mie labbra mentre
con le mani circondava il mio viso e sfiorava i miei capelli.
Quando ci siamo
separati, ha poggiato la sua fronte sulla mia in un gesto di affetto
e ha continuato a tenere incatenati i suoi occhi ai miei. Poi si è
spostato vicino al mio orecchio e mi ha sussurrato “Ti amo.”
Inevitabilmente, le lacrime hanno iniziato a bagnarmi il viso. Lui ha
sorriso e le ha asciugate dolcemente abbracciandomi.
Sherlock aveva detto di
amarmi. E di essere felice.
In quel momento avrei
potuto morire per la gioia che provavo.
Perché
era tutto come nei miei sogni.
Anzi era migliore.
FINE
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