Incubo

di metaldolphin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Delitto ***
Capitolo 2: *** Sentenza ***
Capitolo 3: *** Assoluzione ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Delitto ***


Gli echi della battaglia erano divenuti, ormai, un ronzio familiare che faceva da sfondo ad immagini, sapori ed odori che permeavano la disperazione di quegli uomini scagliati gli uni contro gli altri.
Anche quando era calata la notte, il riposo non era stato concesso e doveva ascoltare con maggiore attenzione ciò che veniva trasmessogli dai sensi sempre all’erta: dal minimo fruscio poteva dipendere la vita.
Ma la stanchezza giocava al tiro alla fune con un disperato istinto di sopravvivenza ed in mezzo c’era lui, nastrino in bilico sulla linea sottile tra la vita e la morte.
Come un automa reagiva alle sollecitazioni esterne, mentre si chiedeva se sarebbe mai riuscito a raggiungere i suoi compagni ormai al sicuro; richiamò alla mente un volto particolare, da cui traeva la forza per andare avanti nonostante tutto.

Nami: occhi sorridenti e capelli di fuoco come il suo carattere.
Come una falena stordita dalla luce, le si era avvicinato troppo e si era scottato, ma come ben si sa, se vuoi toccare il sole, rischi di farti male anche se ti avvolge con la sua luce.

In quell’attimo, avvertì una presenza avvicinarsi nel buio; estrasse la spada, fulmineo, e colpì… ma qualcosa di sbagliato avvenne intorno a lui: un attimo prima era notte, adesso il sole splendeva alto nel cielo azzurro.
Era sulla terraferma, ma ora poteva percepire il dondolio familiare della Sunny in alto mare.
Sapeva che il volto allegro di Nami era lontano, al sicuro, ma ora incontrava i suoi occhi che lo fissavano, sgranati, mentre lacrime improvvise ne sgorgavano per scorrerle lungo le gote pallide...
La vide aprire la bocca come per dire qualcosa, ma ne uscì solo un sospiro spezzato, accompagnato da uno scuro fiotto di sangue, mentre crollava sul legno del ponte.
Una pozza di sangue, che brillava sinistramente al sole, si allargò sotto di lei, facendo spiccare ancor di più la bianca Wado Ichimonji che le sporgeva dal fianco straziato.

La voce di Sanji che richiamava la ciurma per pranzo non fece che accentuare l’irrealtà della scena che aveva davanti.

Cosa aveva fatto?

Rimase impietrito, mentre un urlo assordante gli riempiva le orecchie e invadeva il cervello: era il suo.

Poi avvertì un urto violentissimo, come se una locomotiva lo avesse investito, innumerevoli botte erano come ruote di vagoni che continuavano a passargli sopra, ma non reagì.
Stordito, cercava solo di udire le voci concitate, per capire se lei fosse sopravvissuta: del resto non gli importava, credeva di meritare la morte. Improvviso come era iniziato, il martirio finì; l’occhio tumefatto non riusciva ad aprirlo, ma riconobbe la voce di Robin, che intimava di terminare quello strazio e le proteste presto sedate e i passi pesanti che si allontanavano tra ringhi e parole minacciose.

Un panno fresco e umido gli fu poggiato sul viso, dandogli un sollievo che sapeva di non meritare; fece per scostarsi, ma non ci riuscì. Tra le fitte di dolore, capì di essere stato legato, impossibilitato a muovere qualsiasi arto. Mentre ripuliva grossolanamente il viso dello spadaccino, Robin non disse nulla.
Con uno sforzo notevole, Zoro aprì l’occhio e la guardò per un attimo, prima di abbassare nuovamente la palpebra.
-Cosa è successo?- chiese lei con freddezza.
-Non lo so- riuscì a mormorare lui -Credo un incubo…- Non lo disse per giustificarsi, si rendeva conto che non c’erano scuse per ciò che aveva fatto; non si sentiva degno disposte ma una cosa gli premeva sapere e la chiese:-Lei… lei… è?
Un groppo in gola gli impedì di continuare: se non fosse stato legato si sarebbe già ucciso.
Robin scosse il capo:- Chopper l’ha dichiarata fuori pericolo poco fa. Sembra che la lama ben affilata non abbia leso organi vitali: si riprenderà presto.

Zoro abbassò la testa e fece una cosa che poche volte aveva fatto in vita sua: pianse.

Lasciò scorrere lacrime amare sul legno del ponte, mentre singhiozzi incontrollati gli scuotevano il petto.
Lo sguardo gelido di Robin si addolcì, mentre gli dava spalle per dirigersi sottocoperta, lasciandolo solo col suo dolore.

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Capitolo 2
*** Sentenza ***


Tre giorni dopo, Zoro era ancora là, legato ed abbandonato sul ponte; ormai non aveva più sensibilità agli arti, ma non lamentava nulla, né per il sole che picchiava di giorno e nemmeno per la fredda umidità notturna.
Dietro esplicito comando del Capitano, la Ciurma non poteva avvicinarglisi, fatta eccezione per Robin che, una volta al giorno, gli imboccava pane ed acqua.
Se fosse dipeso da lui, non avrebbe ingoiato neanche quello, dato che non gli importava di vivere, ma il potere che la donna possedeva era utile anche in questo frangente.
A differenza degli altri, la donna non gli rivolse mai parole di biasimo e si era anche presa un brutto rimprovero da Rufy, quando, la seconda notte, era andata a gettare una coperta su Zoro, per ripararlo dal gelo che si era fatto più intenso… il Capitano si era arrabbiato moltissimo, però il plaid era rimasto lì.

Con lo sguardo perso nel vuoto, lo spadaccino non badò al trambusto che, sottocoperta, andava via via crescendo: apatico, non lo interessava nulla.
Neanche di Nami aveva più chiesto notizie… e poi sapeva bene che nessuno gli avrebbe risposto: direttive del Capitano .
Gli bastava il fatto di saperla fuori pericolo, anche se ciò non diminuiva il senso di colpa che lo opprimeva.

Il baccano aumentò, fino a quando la porta si aprì con violenza, facendone uscire una navigatrice furiosa.

Zoro non si accorse di nulla, finchè il suo ristretto campo visivo sul legno del ponte non fu occupato da un ben conosciuto paio di scarpe con la zeppa.
Sentì il suo cuore perdere un battito, ma tenne il capo chino perché non aveva il coraggio di guardarla.
Il pugno si abbattè sui suoi verdi capelli, ma, nonostante il bernoccolo, non protestò.

Nel silenzio che aveva permeato la nave, si udiva soltanto lo sciabordio delle onde sul fasciame e i versi acuti di un paio di gabbiani di passaggio; la brezza leggera faceva frusciare le fronde del mandarineto e il Jolly Roger schioccava con orgoglio, issato sul pennone.

E poi accadde ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere: Nami si inginocchiò davanti a Zoro e lo sollevò in grembo per stringerlo forte.
Il tempo sembrò fermarsi sulla nave pirata.
Lo spadaccino si sentì morire, al profumo di Nami, quell’odore dolce di donna che amava tanto, sentendosi ancora più male al pensiero di ciò che era stato ad un passo dal distruggere.
Sentì armeggiare con le spesse corde che lo stringevano, una replica, seppur più dolce, di quanto già successo ad Aarlong Park.
Udirono un coro di proteste levarsi dalla Ciurma rimasta ad osservare, ma bastò la severa occhiata di Nami a zittirlo.
Robin fece spuntare un paio di mani artificiali per aiutarla, ma lo spadaccino si oppose: -No! Nami...io potrei… di nuovo…
Lei gli sollevò il viso e lo guardò, seria. Un sorrisino timido le illuminò il volto, mentre lo zittiva: -Basta, Zoro, è stato un incidente, non voglio parlarne più.- Sentenziò.
Lei terminò di allentare le corde e lo guardò distendere, con una smorfia di dolore, gli arti anchilosati dalla lunga immobilità forzata.

Altri passi si avvicinarono ai due.
Da tre giorni Rufy era serio come mai. Senza chinarsi, li guardò, poi si rivolse a Nami: -Sei sicura di quanto hai detto?
La navigatrice annuì decisa. -Ho anche parlato con Robin... aveva un incubo, non è stato intenzionale… io ero la’ al momento sbagliato-
Voltandosi verso Zoro continuò:- Ti va di raccontarci?
Non potendo fare a meno di assecondare quella richiesta, cercò di spiegare l’angoscia provata in quel sogno così reale, della tensione che lo attanagliava e delle tenebre che lo avvolgevano. -Ma non voglio giustificarmi- concluse, -Sono un pericolo per voi– guardò Nami -Per te…
Prima che la rossa potesse aprire bocca, il Capitano esplose: -E con questo, cosa vorresti dire?
-Che alla prossima isola scendo- Rispose, duro l'altro.
A quelle parole, la donna, come guidata da un riflesso condizionato, sollevò un pugno, per posarlo subito dopo, sulla testa di Zoro, con molta forza per essere ancora convalescente.
-Idiota!- lo apostrofò -se non vuoi essere di nuovo vittima di qualche incubo, invece, perché non chiedi a Chopper qualcosa che ti faccia dormire più sereno?
Con un largo sorriso saputo, Rufy annuì complice: -Se per Nami va tutto bene, allora è ok anche per me.– Detto questo, tornò sottocoperta, lasciando il resto dell’equipaggio impietrito da questa inaspettata sentenza.

Nami si alzò e gli tese la mano; Zoro, appoggiandosi a lei e all’albero maestro si tirò su barcollando. -Non so chi dei due sia ridotto peggio- rise, e lui si trovò a guardare le bianche fasce tese sul ventre che sporgevano dal corto top della navigatrice.
Zoro fu nuovamente assalito dai sensi di colpa, ma lo distrasse il movimento di Nami, che gli prese le mani per esaminarle. Erano ancora incrostate del sangue di entrambi, così come gli indumenti… la vide alzare lo sguardo al suo viso, per scrutare le lesioni derivate dal pestaggio che era seguito al ferimento accidentale.
Zoro sentì stringere ancora di più le mani, quindi fu guidato verso le camere.

Visto che per gli altri il capitolo doveva considerarsi ormai chiuso, per evitare ulteriori tensioni che già si annunciavano nell’atmosfera pesante, Robin ebbe l’astuzia di dirottare gli altri componenti verso le quotidiane mansioni personali; vide Zoro e Nami entrare in camera e sorrise: per fortuna, pensava, quella notte le toccava stare di vedetta…

Lo spadaccino aveva l’aria confusa ed esitò, prima di mettere piede in camera delle ragazze, ma Nami lo trascinò dentro e chiuse la porta. Aperto un cassetto, ne tirò fuori un ampio telo di spugna pulito e glielo porse.
-Va’ a fare una doccia, che è tre giorni che ti trattano come un animale e ti ci vuole proprio.
Annuendo in silenzio, lui prese il telo e si diresse verso il bagno. Tolti i vestiti, si rilassò sotto il getto d’acqua calda che pareva volergli portare via la stanchezza,la tensione e il dolore dei giorni appena trascorsi.
Era confuso dal comportamento di Nami e, dopotutto, non era ancora sicuro di riuscire ad andare avanti, dopo ciò che aveva fatto.

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Capitolo 3
*** Assoluzione ***


Seduta sul letto in attesa che Zoro terminasse, Nami rifletteva.

Sapeva bene di aver spiazzato tutti con quel comportamento, ma non riusciva a dare la colpa allo spadaccino: ricordava bene il momento in cui era andata a svegliarlo, e lo vide agitarsi nel sonno a causa di quell’incubo maledetto. Come le erano rimasti impressi nella mente gli occhi di lui, aperti dopo quell’azione fulminea…
Ancora addormentato, infatti, aveva afferrato la spada, l’aveva sguainata ed aveva colpito: subito dopo era divenuto lo sguardo disperato di chi ha compreso, troppo tardi, di aver commesso qualcosa di irreparabile.
Nonostante il dolore e la paura provati, Nami non riusciva a condannarlo: aveva letto dentro la sua anima, in quella frazione di secondo,e non sapeva e non poteva spiegare ad altri ciò che vi aveva scorto.

Con grande sorpresa degli altri, appena ripreso conoscenza, il suo primo pensiero era stato per lui, come, appena in piedi, Zoro la sua meta.
Una stretta al cuore l’aveva colta, nel vederlo come un animale maltrattato ed abbandonato, così, lacero e contuso, a capo chino e sguardo assente, ombra di ciò che era stato.
Se lei non gli portava rancore, perché dovevano farlo gli altri?
Solo Robin non aveva espresso un giudizio negativo, non era stata critica nei suoi confronti e per questo le era grata.
Da lei si era fatta raccontare quanto successo e, per quanto potesse capire le ragioni che li avevano portati ad aggredirlo, mai avrebbe creduto di poter vedere un comportamento simile tra i suoi compagni.

Un rumore sordo interruppe il filo dei suoi pensieri: proveniva dal bagno e la spinse a precipitarvisi, assalita da uno strano e malsano presentimento.
Tra il vapore che saturava l’aria, vide lo specchio in frantumi, le mani sanguinanti di Zoro e il consistente filo rosso che, dai suoi polsi, andava a tingere l’acqua che andava giù nel piccolo gorgo dello scarico.
-SMETTILA, ZORO!- gli urlò contro, mentre si precipitava ad afferrare un fine asciugamano di lino per strapparlo in due parti e legare le nuove ferite.
Lo strattonò via dall’acqua calda e lo spinse, ancora nudo e grondante, fuori dal bagno.
Zoro incassò il ceffone d’ordinanza, quindi fu costretto a sedere sul letto da uno sguardo che non ammetteva repliche.

Poi sentì che lei lo stringeva, incurante dell’umido che i capelli, ancora bagnati, portavano con sé e comprese quello strano comportamento da parte della rossa solo quando ascoltò le sue parole.
-Non voglio che tu muoia, Zoro. E se stai per dirmi che “stavi per uccidermi” ancora una volta, risparmiatelo. Pensa, invece, al fatto che sono viva grazie a te: mi hai soccorso e salvato tante di quelle volte! E voglio che continui a farlo, tutte le volte che vorrai e potrai. Mi uccideresti davvero, se non fossi qui, se non facessi parte della mia vita…
Le sentì tremare un poco la voce a quelle ultime parole, tanto che forzò quella stretta per liberarsi e poterla guardare negli occhi.
E gli fu naturale agire, quindi si alzò e, piegandosi su lei, la baciò.
Nami ricambiò con passione, stringendosi a lui, ancora scossa per quella dichiarazione che le era costato fare. Ma era stata sincera e anche lui aveva capito che il sentimento provato era reciproco.

Uscirono dalla camera solo ad ora di cena e Zoro fu guidato al tavolo, per mano, dalla stessa Nami, nel silenzio carico di imbarazzo che si era venuto a creare.
Qualcuno fissò i polsi fasciati dello spadaccino, intuendone il motivo e provando un pesante senso di colpa.
Si sedettero vicini e Nami lanciò uno sguardo eloquente a Rufy, che annuì sorridendo.
Il Capitano corse fuori e tornò poco dopo, porgendo le tre katane al legittimo proprietario. Dopo una leggera esitazione, Zoro le prese e, mettendole al fianco, udì Nami che diceva: -Con ciò la vicenda è chiusa e non intendo più farne o sentirne il minimo cenno.
Nessuno osò fiatare, ma negli occhi di qualcuno si potevano leggere, ancora, diffidenza e rabbia; ma erano una famiglia e presto avrebbero perdonato.

Chopper fu il primo a rompere il ghiaccio; non solo per il ruolo che la professione gli imponeva, ma anche perché, non essendo del tutto umano, per lui era difficile portare rancore.
Gli si fece vicino e gli porse una scatolina blu con un sorriso: -Prendi una di queste pastiglie a cena, non farai più brutti sogni- promise.
Zoro accettò e lo ringraziò, dopo non ci fu bisogno di aggiungere altro: Sanji portò la cena in tavola e l’attenzione generale si rivolse al rituale accaparramento delle scorte.

La sera tardi, affacciato a tribordo, Zoro udì il passo di Nami avvicinarsi svelto. -Non ti alleni?- gli chiese, e lui scosse il capo.
Rimasero a fissare le onde debolmente illuminate dalle lanterne della Sunny.
Spostò l’avambraccio dal legno della nave cui era poggiato e lo portò sulle spalle contratte dal freddo di lei.
Non parlarono, non ne sentivano la necessità, vicini a scambiarsi calore reciprocamente.

Dopo un poco la sentì ridere e la vide indicare qualcosa in mare. -Guarda! Delfini!
Sottochiglia, un gruppetto di mammiferi giocava tra le onde mentre si dirigeva a proravia.
A Zoro piaceva guardarla entusiasmarsi per quelle piccole cose e non si rese conto di parlare ad alta voce: -Come farei senza di te…
Nami ammutolì e lo guardò intensamente. Lui, rosso d’imbarazzo, non seppe cosa dire.
Era stato sul punto di abbandonare tutto per lei: il suo sogno, la sua promessa, la sua stessa vita. Si rese conto che la scomoda verità doveva essere affrontata, che c’era un motivo se il solo pensiero di perderla aveva il potere di annullarlo come era stato negli ultimi tre giorni.
-Ti amo- sussurrò infine, dando voce a quel sentimento, manifestato, ma non ancora dichiarato.
Lei sorrise. -Ti amo anche io, Zoro- mormorò sulle labbra di lui, prima di ricambiare il bacio che le stava dando.

-Come facciamo con gli altri?- disse lui, poco dopo.
La navigatrice sorrise ed alzò le spalle: -Dopo oggi pomeriggio non mi pongo il problema, ormai avranno capito…
-Ma non abbiamo fatto niente!- protestò lui.
Nami alzò un sopracciglio, ironica: -Certo, niente… ma se Sanji sapesse che hai dormito nel mio letto, nudo, con me, non so se lo definirebbe “niente”!
Zoro ghignò, al riferimento del pomeriggio appena trascorso: la faccia del Cuoco sarebbe stata impagabile!
Ed in effetti, dopo quanto successo, se il rancore e le minacce non erano riuscite ad incrinare i legami di quella strana famiglia, come avrebbe potuto farlo la nascita di un sentimento così bello?

Nami lo strattonò verso la porta: -Sono stanca, andiamo a letto?
-Certo.- Sorrise, pregustando già i momenti che avrebbe passato con lei: poteva stringerla e viverla fino al mattino seguente, beandosi delle sue forme e del suo profumo.
Salutarono Robin che si sporgeva dalla coffa, ed entrarono tenendosi per mano.

No, si disse. Anche Sanji avrebbe capito, alla fine.
E sarebbero andati avanti, tutti insieme, fino a raggiungere i propri sogni.

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


-Ma non eri stanca?- le chiese, la mano grande ad afferrare il polso sottile che aveva iniziato di nuovo a stuzzicargli il petto per scendere, poi, maliziosamente più in basso.
Nella penombra Zoro riuscì ad intravedere la lingua di Nami che faceva capolino tra i denti candidi e regolari. Sembrava una gattina…
-Di stare in piedi- precisò la rossa -Ma qui sono comodamente sdraiata…
-Ed io che avevo creduto che non avessi la forza di fare nemmeno il primo round…- La voce dal timbro basso di Zoro aveva il potere di farla rabbrividire di piacere.
-Ma sai come si dice, no?
-Cioè?- Ora Zoro era curioso: dove voleva andare a parare?
Sapeva a cosa stesse pensando Nami, ma gli piaceva stuzzicarla, farsi dire cosa desiderava da lui.
-Non c’è due senza tre...- disse lei, pronunciando le parole come se facesse le fusa, giocherellando con l’indice attorno all’ombelico di lui.
-È vero- ammise lui -Stavolta non posso darti torto.
Non perse tempo, le afferrò anche l’altro polso e con una mossa rapida, ma ben calcolata, la portò sotto di se’.
Nami era compiaciuta: il fisico di Zoro non era utile soltanto in battaglia o per distrarsi, durante i lunghi e noiosi pomeriggi di navigazione, in cui amava osservarlo, lucido di sudore, mentre si allenava… era possente, ma preciso e ben coordinato nei movimenti, permeato della stessa forza selvaggia che scaturiva in battaglia; con lei questa potenza veniva imbrigliata per non arrecarle danno. Al contrario, era oculatamente dirottata verso un istintivo impulso di darle il massimo del piacere. Come in quel momento, mentre la baciava e le sue mani grandi e ruvide scorrevano su di lei, senza trascurare il minimo lembo di pelle liscia e chiara.
Esitò un solo istante, Zoro, quando sulla spalla di Nami sfiorò la vecchia ed irregolare cicatrice che si era fatta al tempo in cui avevano combattuto Arlong. Subito dopo corse ad accarezzarle il ventre, sulle bende che ancora ricoprivano il recente sfregio che avrebbe portato per colpa sua.
Fino a quel momento,nell’impeto della passione, non era tornato col pensiero a ciò che aveva fatto, ma adesso, nella calma di quel contatto più rilassato, la sua mente stava tornando a ricalcare quel gesto terribile.

-Oi! Zoro!-
Nami gli prese il volto tra le mani e lo fissò negli occhi: aveva capito a cosa stesse pensando lui. Sospirò, poi lo strinse a se’ in modo da portare la bocca all’altezza dell’orecchio di lui.
-Ricordati che ti amo- sussurrò sensuale. Poi, leggermente più minacciosa, aggiunse: -E cerca di superare questi maledetti sensi di colpa perché altrimenti faccio lievitare il tuo debito. Ora non dire niente, datti da fare e baciami!- concluse, strusciandosi sensualmente sotto di lui.
Sorridendo, Zoro non se lo fece ripetere due volte e riprese a baciarla e compiacerla.
Non tardarono ad unire i propri gemiti, mentre il bisogno di un contatto più profondo si faceva strada in loro.
Se possibile, il guizzare di quei muscoli su di lei la eccitavano ancora di più, mentre lo circondava alla vita con le lunge gambe: stare con uno degli uomini più temuti e forti al mondo era già di per sé un motivo di grande piacere... ma averlo solo per lei, in un contesto del genere, non aveva prezzo.
E quando le spinte si fecero gradualmente più forti e veloci, Nami, un attimo prima di arrivare al culmine, annullò tutti i debiti di lui.
Ma non glielo avrebbe mai detto… certe cose, un buon affarista le tiene per sé!
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Dedicata alle ragazze del Midori Mikan, anche se proprio "rosso maialo" non sono riuscita a farlo... perdonatemi!

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