La vera felicità

di Bellafifi1986
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



Jennifer Blake guardò l’ora, suo marito Arthur Pert era in ritardo per la loro cena di anniversario e non era la prima volta che succedeva. Lui era un uomo ricco e molto impegnato con gli affari e lei era molto paziente e gli dava sempre il suo amore e appoggio.
Jennifer prese il cellulare e chiamò.-Arthur quanto pensi di venire a casa?- 
-Sono impegnato cara,  tornerò domani mattina-disse Arthur con tono tranquillo.
Si era scordato il loro anniversario. Non era una novità. Arthur la riempiva di regali, soldi e altra cose materiali ma non le dava attenzioni di tipo affettive.  Non ricordava l’ultima volta che erano andati fuori per qualcosa di romantico.
Era triste e depressa di ciò.
-ma è il nostro anniversario-ribatté Jennifer triste.
 -Infatti ti ho lasciato la carta di credito, vai da qualche parte a divertirti o a comprarti qualcosa-disse Arthur come fosse la cosa più normale del mondo.
Immaginava quella risposta. Lui risolveva tutto con i soldi.
 Prima non era così, l'Arthur del liceo era diverso o forse era sempre stato così.
Chiuse la chiamata dopo la buona notte di Arthur.
Era questa la sua vita?
Quando si era sposata a 21 anni, si era immaginava una vita di coppia differente, dei figli e un lavoro ma Arthur non voleva che lavorasse perché non era consono alla moglie di un uomo ricco e d'affari. Lei non era come tutte quelle altre donne che passavano la loro giornata a spettegolare sugli altri e pensare alla moda e cose futili. r
Il suo tempo lo passava a leggere, c'era una bella biblioteca in quella villa enorme e a occuparsi di beneficenza.
La sua vita era così vuota e noiosa.
Non le andava di star a casa a deprimersi così decise di andare nella cittadina lì vicino, chiamata Beacon Hills. Sapeva che c'era un bel bosco, le adorava stare immersa nella natura anche se non accadeva spesso.
Prese la sua macchina invece farsi accompagnare dall'autista.
Guidò per qualche minuto fino a Beacon Hills con la canzone “Touch by Daughte” alla radio, imboccò la strada per il bosco e in cielo c’era una bella luna.
 Era sempre stata affascinata dalla Luna. Aveva un qualcosa di misterioso. Non poteva immaginare quanto la Luna influiva sulla vita di alcune persone.
 Parcheggiò tranquillamente all'ingresso del bosco e tirò fuori una torcia. Era un po' buio ma quel posto aveva un qualcosa di affascinante, si era portata il costume nel caso, c'era un lago o un fiume. Adorava nuotare. Al liceo era nella squadra di nuoto e aveva vinto qualche medaglia.
Qualcuno poteva ritenerla strana per il fatto che passeggiava nel bosco invece di essere in un locale a ballare o a bere. Faceva parte del suo carattere, era diversa dalle altre e non le dispiaceva per nulla.
Tutto era così silenzioso attorno a lei, non c'era un solo animale nei suoi pressi e sentiva il rumore dell'acqua.
Lei spostò il ramo e si trovò davanti un fiume con quella bella luna, ma c'era qualcosa sul masso. Si avvicinò per vedere meglio e non era un animale o altro, si trattava di un ragazzo di 17 anni, ferito.
Un ragazzo con i capelli biondi scuri e ricci con uno sguardo sofferente mentre si teneva il braccio. Vedeva benissimo il sangue scendere e sporcare le dita. Povero cucciolo. Faceva molta tenerezza e le veniva voglia di abbracciarlo. Chissà come si era ferito? Forse è stato un animale. Non sapeva ma sentiva uno strano istinto materno verso quel ragazzo sconosciuto. Sarà la sua voglia di avere figli e prendersi cura di loro.
Il ragazzo si accorse dalla sua presenza e la guardò un po' spaventato e con sospetto.
Lei non capiva quelle emozioni nei suoi occhi. Non voleva spaventarlo o altro. Voleva solo curarlo.
-non voglio farti del male-disse Jennifer rassicurandolo.-voglio solo curarti quella ferita-
Lui non sembrava crederle. Continuava con quello sguardo di sospetto.
-chi mi dice che non sei la creatura e vuoi solo farmi a pezzi-disse il ragazzo sospettoso.
-non so di cosa parli-disse Jennifer confusa.
Creatura? Fare a pezzi?
Non sapeva che pensare o fare.  Non si era mai trovata in una situazione del genere.
-comunque io sono Jennifer-disse Jennifer con uno sguardo dolce, avvicinandosi lentamente.-tu?-
Il ragazzo era sempre sulla difensiva. Non diceva il suo nome e continuava a guardarla.
Lei non sapeva che pensare o fare.  Non si era mai trovata in una situazione del genere.
Poi una lampadina si accese.
Di solito quando due persone si incontravano per la prima volta, iniziavano a parlare della loro vita per prendere confidenza e fiducia.
-Non ho mai conosciuto i miei genitori, mi hanno abbandonata appena in fasce in un bosco, non so dove, i miei genitori adottivi mi hanno trovata e siccome non potevano avere figli, mi hanno cresciuta come se fossi veramente la loro figlia. Per loro sono stata un dono del cielo.
Il ragazzo lesse il velo di tristezza nei suoi occhi a quella piccola confessione e conosceva bene quel dolore.
Per lei era sempre difficile parlare di essere stata abbandonata ma voleva che lui si fidasse di lei.
-Mi sono sempre chiesta perché i miei genitori non mi avevano tenuta con loro. Non ho trovato mai delle risposte. Ho cercato di rintracciarli in qualche modo per avere una risposta ma i miei non si ricordano il bosco in cui sono stata abbandonata-
In cuor suo Jennifer sapeva che i suoi genitori adottivi, avevano mentito per proteggerla forse da una dura realtà ma non si dava pace per quella storia.
-So che dovrei essere felice e non pensare a chi mi ha abbandonato ma rimarrà sempre quella ferita nel cuore e rimarginarla è impossibile-
Lui era toccato dall'argomento famiglia.
Sua madre era morta il giorno in cui lui era nato e suo padre, così si poteva chiamare, era violento e lo chiudeva sempre nel freezer. Aveva sofferto per questo e ancora era una ferita aperta. Proprio come aveva detto Jennifer, era impossibile da chiudere.
-Mi chiamo Isaac e capisco il tuo dolore-disse Isaac aprendosi con fiducia a lei.-Non ho mai conosciuto mia madre, è morta in salo parto e mio padre, faccio fatica a considerarlo tale visto che mi picchiava e mi chiudeva in un freezer-
Povero cucciolo.
Come si poteva maltrattare un figlio? Era sangue del tuo sangue. Non riusciva a concepire queste cose.
Jennifer si avvicinò e avvolse il suo corpo in un abbraccio consolatorio. Isaac non era abituato molto a quel tipo di contatto anche se ora viveva con il suo tutore e altri. Non aveva mai sentito l’abbraccio o l’amore di una mamma, ma immaginava che fosse caldo proprio quello di Jennifer. Un abbraccio che ti scaldava il cuore.
-Mi dispiace-disse Jennifer accarezzando i suoi capelli.-nessuno dovrebbe vivere quello che ti è successo-
Sentiva la sua sincerità, sentiva le sue carezze e non sapeva perché ma Isaac sentiva che Jennifer sarebbe stata importante per lui e lo stesso sentiva a lei.
Jennifer cullò Isaac per un po’ di tempo finché lui non sgranò gli occhi improvvisamente e si staccò con uno sguardo molto serio.
-è qui-disse Isaac serio.-dobbiamo andarcene-
Lei lo guardò confusa mentre lui prese la sua mano per portarla chissà dove. La loro quasi fuga finì neanche il tempo di muoversi e si trovò di fronte a qualcosa di mai visto.
La reazione di Jennifer a ciò fu urlare, spaventata e stringersi sempre di più al braccio di Isaac.
Cosa stava succedendo?
Chi era quella cosa spaventosa?
Pensava che certe cose accedevano solo nei film dell’orrore.
Forse stava sognando. Era l’unica possibilità.
Creature come quelle non esistevano nella realtà come i licantropi. Erano solo il frutto della fantasia degli uomini.
-Preparatevi a morire-disse l'essere con una voce agghiacciante.
Doveva essere per forza un incubo. Eppure era tutto così reale.
Isaac si sentiva senza forze, la ferita sul braccio gli faceva male e non si rimarginava per nulla. Doveva proteggere Jennifer, era un innocente come tutti gli altri che erano stati uccisi.
La creatura era pronta per ucciderli e Jennifer pensava con gli occhi chiusi "fai che qualcuno ci salvi, ti prego. Non voglio morire".
Come per magia, quando la creatura li stava per attaccare qualcosa la fermò.
-Tu non gli farai del male-
Jennifer apri gli occhi a quella voce, era un ragazzo di 25 anni con i capelli neri, occhi rossi come il sangue, un fisico niente male e degli artigli al posto delle unghie.
Jennifer rimase colpita dal misterioso salvatore.


Fine primo capitolo





 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


-Derek!-esclamò Isaac contento.
Derek. Non era solo affascinante ma aveva un bel nome.
-Con te faccio i conti a casa-disse Derek con tono severo.
Così Isaac e Derek vivevano insieme. Forse erano cugini, anche se non vedeva somiglianza tra loro.
Sotto gli occhi di lei, Derek si trasformò e lei restò sotto shock dai pelli, le orecchie e le zanne.
Non era possibile! I licantropi non potevano esistere
Stava impazzendo?
Non ci capiva nulla.
Tum-tum-tum-tum
Il cuore di Jennifer andò in agitazione, senti come se qualcosa stringere la sua gola e Isaac senti l’inizio di un attacco di panico con svenimento.
-non devi aver paura-disse Isaac con tono rassicurante..
Come faceva a star calmo?
Tum-tum-tum-tum
Lei non ci riusciva.
Era un tipo ansioso.
Forse anche lui era un licantropo.
Eppure Isaac non dava l'aria di una creatura pericolosa. I licantropi erano pericolosi, aveva letto o visto film sull'argomento e la cosa che la sorprendeva era che Derek si era trasformato senza luna piena.
Tutto questo non era normale.
Lei iniziò a sudare freddo, il cuore pulsò velocemente e la voce di Isaac o gli attacchi tra Derek e la creatura li sentì in lontananza. La vista si annebbiò e si accasciò a terra, priva di sensi.
Jennifer riprese conoscenza in un ambiente sconosciuto in un letto e sentì tante voce in lontananza.
-Ti sei svegliata-disse Derek con un sorriso.
Era confusa di trovare il ragazzo del suo sogno proprio accanto a lei.
-non era un sogno, è successo veramente-disse Derek capendo i suoi pensieri.
Lei si allontanò impaurita.
Non poteva essere vero.
Derek si aspettava una reazione del genere, era anche normale quando veniva a conoscenza dell'esistenza dei licantropi. Jennifer guardava gli occhi azzurri di Derek, erano così belli ma si ricordava che prima erano rossi. Era una strana cosa.
-Non devi aver paura, non vogliamo farti del male-disse una ragazza molto simile a Derek.
Quei due potevano essere fratelli e sorella.
Una ragazza dai capelli rossi si avvicinò a lei con una tazza in mano.
 -Io sono Lydia, come ha detto Cora non vogliamo farti del male-disse Lydia con un sorriso.-capisco la tua paura. Anch'io quando sono entrata in questo mondo, ero spaventata-
Quale mondo? Di cosa stava parlando?
 Jennifer si alzò subito da letto, molto spaventata e nella fretta inciampò e fini per terra.
-Ti sei fatta male?-chiese un'altra ragazza con i capelli castani preoccupata.
Chi erano tutte quelle persone?
Voleva andar via di lì, voleva tornare a casa.
Non rispose alla domanda della ragazza, si alzò da terra di fretta e corse via di lì.
Aprire la porta non era semplice, aveva una tale agitazione e le mani sudavano. Alla fine riusci e si allontanò da lì e ogni tanto guardò dietro con la paura di essere seguita da uno di quei ragazzi.
Solo dopo qualche minuto, si fermò in un vicolo e si accasciò con il cuore a mille.
Non sapeva neanche dove si trovava e la macchina era all'inizio del bosco, non aveva altri mezzi per tornare a casa. Era bloccata lì.
Qualcosa dentro di sé la porto ad alzarsi e a proseguire verso la fine del vicolo, pian piano con un'ansia nel cuore e perché le sembrava un De JaVu di quando era piccola.
Sapeva che doveva tornare indietro, andare avanti non era una buona idea ma non riusciva a fermarsi e sentiva una voce di un uomo nella sua testa.  
“Devi fermarlo, lui farà altro male”
Non era un buon segno anzi era una cosa orribile. Era da tempo che non sentiva voci.
Voleva fermarsi in tempo.
“Solo con il tuo aiuto, possono fermarlo”
No, basta voci.
Arrivò alla fine del vicolo e urlò forte alla vista del cadavere di un uomo con la gola tagliata, così forte che arrivò fino al loft e subito Derek e gli altri accorsero a quel grido.
“E’ il tuo destino, non puoi scappare”
Altro che destino, a Jennifer sembrava una maledizione.
La sua mente tornò indietro con il tempo a quando aveva 6 anni.
Era fuori da una vetrina, tutta sorridente con in mano una palla con la neve con dentro un lupetto e una bella luna. Era da settimane che la guardava con aria incantata, non sapeva il perché ma le piacevano tanto i lupi e la luna infatti nei suoi disegni c’era spesso questi due elementi. Azzurri erano gli occhi del lupo. Un azzurro bellissimo. Immaginava sempre che quel lupo era il suo migliore amico, il suo unico confidente e di correre tra i boschi sopra di lui. Sognava di addormentarsi con lui in boschi e lui la scaldava.
-Sei felice vero?-chiese sua madre con un sorriso.
-tantissimo-disse la piccola Jennifer stringendo la palla come un tesoro prezioso.-grazie, mamma-
Lei e sua madre camminavano sul marciapiede, lei non faceva altro che guardare la palla per perdersi nel suo mondo fantastico. Un mondo fatto solo di lei e del lupo. Sua madre si era fermata a parlare un attimo con una donna, lei continuava a sognare ad occhi aperti.
Una una voce disperata aveva interrotto i suoi pensieri.
"Aiuto"
 Lei non vedeva nessuno nelle varie direzioni che aveva bisogno di aiutato. Forse si era immaginata tutto.
 "Lui è qui. Farà del male ad altre persone. Vieni da me"
 Quella voce aumentava sempre di più nella sua testa. Il suo corpo aveva preso a camminare da solo, come se una forza sconosciuta la spingeva e lei non poteva opporsi. Continuava a camminare fino ad un'officina di un meccanico, sembrava tutto apposto o era quello che pensava lei ma il suo corpo si era fermato dietro un auto dove a terra c'era un ragazzo in una pozza di sangue e con la gola tagliata con un ferro.
 "Lo so che sei piccola ma non permettere che succeda ancora. Devi fermarlo"
 -AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!-gridò la piccola Jennifer in preda allo shock.
 La sua bellissima palla con la neve era andata in frantumi a terra.
Da quel preciso istante, quelle voci la perseguitavano, come quei spaventosi incubi e ancora più terribile era il fatto dei cadaveri. I suoi avevano deciso di cambiare posto e allontanarsi da tutto quello. Ma quei episodi inquietanti la seguivano dovunque andava. Era troppo per una bambina della sua età e il trauma diventava sempre più profondo ogni giorno che passava. In più i corvi aveva iniziato a volare sopra la sua finestra e picchiettare sul vetro soprattutto la notte. Tutti sapevano che il corvo nero è messaggero di morte o di cattivo presagio.
Ricordava bene quel giorno nel parco, aveva una mantella rossa e un cestino in stile Cappuccetto rosso e dava da mangiare alle bellissime colombe bianche. Il cielo era limpido, non c'era nessuna nuvola e tutto era così tranquillo. Lei era serena da qualche giorno, nessun incubo, voci o cadavere e guardava le colombe bianche con un sorriso quando esse si allontanarono spaventate. Non capiva quel cambiamento improvviso, di solito gli animali scappavano quando avvertivano un pericolo ma lei non vedeva nulla di strano nel parco. Lei non si era accorta dello stormo di corvi nel cielo. Lo stormo di corvi erano scesi in picchiata verso di lei e con i loro becchi cercavano di ferirla, lei era spaventata alla loro vista e cercava un posto al sicuro.
Non capiva perché i corvi se la prendevano con lei.
Cosa aveva fatto di male?
 Era solo una bambina
. -lasciatemi in pace!-
Quei corvi non avevano alcuna intenzione, tutti insieme la colpivano chi a destra chi a sinistra. Lei sentiva i loro becchi dappertutto e faceva male, vedeva il sangue da tutte le parti e aveva paura di morire.
-Basta! Mi fate male!-gridà la piccola dal dolore.
Quelle grida erano inutili, i corvi beccavano ancora di più il suo corpo lacerato dal dolore e uno di essi strappava via un pezzo della sua carne.
-AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!-
Ne era sicura adesso, quei corvi stavano per ucciderla e non c'era nulla che poteva fare per salvarsi.
Era orribile sentirsi strappare da dosso la carne.
Di questo passo, nessuno la avrebbe riconosciuta neanche i suoi genitori.
Che destino crudele per una bambina così innocente.
Jennifer aveva rivolto i suoi pensieri ai suoi genitori e a quel lupo della sua fantasia, unico compagno della sua infanzia.
Ma proprio quando si era rassegnata, i corvi si erano allontanati da lei spaventati da qualcosa e qualunque cosa fosse lei ringraziava il cielo per averla salvata.

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