A Hard Day's Night di RoseGONEwild (/viewuser.php?uid=83705)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
NOTE: Ovviamente nulla di tutto
questo è realmente accaduto (purtroppo), ma da un'intervista
ai Sister sembra che Jamie e Simon abbiano davvero vissuto insieme per
un periodo.
Simon Cruz era un ribelle costretto a vivere nella gabbia della
società ordinaria, in costante ricerca di un luogo in cui
potesse sentirsi se stesso.
Come il suo accento inglese poteva testimoniare per un periodo aveva
vissuto a Londra, ma la verità era che aveva cambiato casa
diverse altre volte, e nessun posto gli era andato a genio per
più di qualche mese.
Jamie sapeva che sarebbe stato così anche per il piccolo
appartamento che avevano deciso di dividere, ma in cuor suo sperava che
stavolta durasse un po’ di più.
Non erano amici di vecchia data, né esisteva un motivo
particolare per il quale avevano deciso di andare vivere insieme.
Semplicemente, il posto era carino e il prezzo dell’affitto,
se dimezzato, era ragionevole.
Simon non era nemmeno un mostro di simpatia, ma bastava imparare a
conoscerlo per evitare il suo lato peggiore.
Jamie pensava di essere a buon
punto: non era mai stato buttato fuori di casa, o picchiato come invece
era successo ai suoi ex coinquilini. Certo, si era beccato parecchi
insulti, ma Cruz era solito condire ogni frase con colorite ingiurie e
il moro aveva imparato a non darci peso.
Il
piccolo bilocale comprendeva una zona giorno con una piccola cucina,
una penisola con qualche sgabello spaiato e un divano consunto di
fronte ad una libreria, che avrebbe dovuto ospitare una tv nel vano
principale e che invece era occupata da un impianto stereo. Sul lato
corto della stanza c’erano due porte: la prima portava al
piccolo bagno, mentre attraverso l’altra si accedeva alla
camera da letto.
Quando si erano trasferiti vi avevano trovato un letto matrimoniale ed
avevano deciso di essere entrambi troppo pigri per sbarazzarsene.
Dormire insieme non sarebbe stato un problema e stabilirono che se uno
dei due avesse voluto portare a letto qualcun altro, il coinquilino
avrebbe trovato una sistemazione alternativa per la notte.
L’accordo sembrava funzionare. In effetti Jamie aveva passato
qualche notte a casa di amici nelle occasioni in cui Simon era tornato
a casa con altre persone e con l’intento di usare il letto
per scopi fantasiosi. Spesso si era trattato di ragazze, ma non sempre.
Jamie comunque non si era mai preoccupato di informarsi sulle
preferenze sessuali dell’amico. Semplicemente riteneva che
non fossero affari suoi.
Avevano avuto un diverbio poco prima che Simon uscisse, incentrato
perlopiù sul totale disinteresse di Cruz nel tenere la casa
pulita o perlomeno vivibile. Non era nulla di grave, ma cercare
di discutere con Simon era come accendere la miccia di una
bomba a mano: Jamie si era beccato i peggiori insulti ed aveva
guadagnato un occhio nero, ma aveva deciso di essere abbastanza gentile
da non contrattaccare, lasciando Simon a farsi passare
l’incazzatura per conto suo.
Il moro era infatti rimasto a casa quella sera: aveva preso
coraggio ed aveva pulito il bagno, cambiato le lenzuola e dato un
aspetto accettabile all’angolo cucina che per giorni era
rimasto sepolto sotto ai piatti sporchi.
Una volta terminato il lavoro casalingo, si sentiva già
abbastanza stanco per andare a letto. Si fece una doccia veloce,
legò i capelli in una coda di cavallo ed indossò
i boxer e una maglietta a mo’ di pigiama.
Si era da poco infilato sotto le lenzuola quanto sentì la
chiave girare nella toppa. Sentì un senso di fastidio
pervaderlo ancora prima che Simon entrasse in casa, ma provò
un forte desiderio di prenderlo a pugni in faccia quando si rese conto
che non era solo.
Spostò controvoglia il lenzuolo e sbirciò
attraverso la porta della camera da letto, da cui si intravedevano la
stanza principale e l’ingresso, ancora avvolti
nell’oscurità. Sentì i mormorii che
Cruz e la persona misteriosa si stavano scambiando ed in pochi secondi
apprese diversi dettagli: in primo luogo, era senza dubbio in compagnia
di un uomo; erano entrambi oscenamente ubriachi e i loro discorsi
tutt’altro che casti lasciavano ben poco spazio
all’immaginazione.
Simon prese l’uomo per il colletto della t-shirt e lo
tirò addosso a sé contro la parete, alla quale si
appoggiò con la schiena premendo per sbaglio
l’interruttore della luce. “Non vedo
l’ora… Voglio sentirlo…”
biascicava. Jamie rimase in ascolto, chiedendosi se fosse lui o
l’alcol a parlare. Di una cosa era certo: non aveva
intenzione di lasciarli scopare in un letto che era anche suo e al
quale, fra parentesi, aveva appena cambiato le lenzuola. Si
alzò furibondo, si infilò un paio di pantaloni e
le ciabatte e si precipitò in cucina. “Cosa
cazzo sta succedendo qui?”
Simon gli rivolse un irritante sorriso, mentre si lasciava seviziare il
collo dall’uomo misterioso, che aveva le sembianze di un
biker di mezza età con un aspetto ancora piacevole.
“Ciao Jamie… Vuoi unirti a noi?”
Il moro ridusse gli occhi a due fessure e fece un respiro profondo per
resistere all’impulso di stampare un ceffone in faccia a
Simon. “No, voglio che ve ne andiate! Porca puttana Simon,
è sempre la stessa storia.”
“Ma secondo gli accordi dovresti andartene
tu…”
“Vaffanculo!” Jamie non riuscì
più a controllare l’ira. Si avventò sui
due, staccandoli letteramente l’uno dall’altro.
Prese il biker per un braccio e lo trascinò fuori di casa.
L’impresa si rivelò più facile del
previsto: era talmente ubriaco che si lasciò portare fin
dall’altra parte della strada, dove il bar di fiducia era
fortunatamente ancora aperto. Ordinò una birra per lui e lo
lasciò seduto ad un tavolino, poi tornò in casa e
chiuse la porta a chiave.
Nel frattempo, anche Simon si era spogliato; forse lui non era ubriaco
quanto il suo compagno. Era in boxer davanti al frigo e stava scrutando
il suo interno. “E’ finita la birra”
constatò, sentendo i passi di Jamie mentre attraversava il
salotto dietro di lui.
“Vaffanculo” ripeté il moro, senza
nemmeno voltarsi. Raggiunse la camera da letto e sbatté la
porta dietro di sé. Si tolse nuovamente i pantaloni e si
infilò sotto alle lenzuola. Avrebbe voluto lasciare fuori di
casa anche Simon, ma gli voleva troppo bene per abbandonarlo in balia
delle tentazioni della notte di Stoccolma. Dall’altra parte
desiderava non vederlo, non sentirlo e non parlarci più
almeno per un po’, sperava quindi che avesse la decenza di
dormire sul divano per affrontare l’argomento il mattino
seguente.
Era caduto in una sorta di dormiveglia quando la porta della stanza si
aprì. Sentì i passi incerti di Simon che facevano
il giro del letto, e poi lo sentì sdraiarsi accanto a lui.
Jamie gli dava le spalle, girato verso il muro, e si ostinava a tenere
gli occhi chiusi e a rimanere immobile. Sentì
l’odore di Simon: sapeva di alcol, di fumo e di lacca per
capelli. Jamie lo trovava piacevole e nauseabondo allo stesso tempo.
Cruz si rigirò nella sua parte di letto diverse volte, poi
si avvicinò a Jamie e si voltò nella sua stessa
direzione, posando una mano sul suo fianco. Al moro vennero i brividi.
Cercò di spostarsi più avanti, ma
l’unico risultato che ottenne fu che Simon si
avvicinò a lui ancora di più, senza togliere la
mano. Ora sentiva il suo respiro caldo sfiorargli l’orecchio.
“Sei arrabbiato?” mormorò.
Jamie spalancò gli occhi e fissò il muro davanti
a sé. La situazione non gli piaceva per niente. Simon Cruz
non usava questa gentilezza, Simon Cruz gli avrebbe dato uno schiaffo.
E invece gli stava chiedendo se era arrabbiato e lo stava facendo
accarezzandogli un fianco. Rabbrividì ancora.
Decise di non rispondere, ma si rese subito conto che non era stata una
grande idea: Simon si spostò ancora, fino a far aderire il
petto alla sua schiena. “Eh? Sei arrabbiato?”
“Sì…” sussurrò,
colpito da emozioni contrastanti. Cruz lo stava ora stringendo a
sé e la sua mano gli accarezzava il ventre. Per un certo
verso apprezzava quel lato di Simon che non aveva mai sperimentato, ma
ne era allo stesso tempo intimorito.
“Posso farmi perdonare?” Chiese il più
grande, accarezzando il suo lobo con la punta della lingua.
Jamie sospirò. Sentiva l’erezione di Simon premere
contro il suo fondoschiena e la cosa non lo stava infastidendo come
avrebbe dovuto.
“Simme…” Non sapeva da dove cominciare,
non voleva che la cosa andasse oltre, ma la situazione
degenerò prima che avesse il tempo di formulare una frase di
senso compiuto. La mano di Simon si era intrufolata nei suoi boxer e si
stava prendendo cura di un’erezione che non avrebbe dovuto
esserci.
Jamie si arrese. Chiuse gli occhi e lasciò che Simon si
facesse perdonare per tutta la notte.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 2 ***
Quando
Simon si svegliò portò istintivamente una mano a
tastare l’altra metà del letto, che
trovò vuota. Guardò l’orologio e
cercò di
ricordare a che ora lui e Jamie avessero smesso di darsi piacere per
riposare
un po’. Dovevano essere state più o meno le sette.
Aveva quindi dormito poco più di tre ore, ma nonostante
questo non sentiva il
bisogno di dormire ancora.
Si alzò nudo e si diresse verso il bagno. Si aspettava di
vedere Jamie seduto a
fare colazione con i suoi stupidi cereali, ma la cucina era ancora al
buio.
Tirò le tende ed aprì la finestra che dava su un
vicolo cieco, poi si chiuse in
bagno.
Girò la manopola della doccia e ci si infilò
sotto ancora prima che diventasse
calda. Strofinò bene gli occhi, sciacquando via il trucco
con cui si era ornato
la sera precedente sperando di fare colpo su qualche bella motociclista
al
raduno di Stoccolma. Non aveva trovato nessuna che lo aggradasse,
così aveva
deciso di ripiegare su un uomo, come era solito fare quando
l’alcol gli dava il
coraggio necessario. Aveva
adocchiato un
biker che aveva qualche anno in più di lui e una folta
chioma castana legata in
una coda di cavallo. Lo aveva già incontrato in precedenza e
gli piaceva.
Riconosceva di non aver fatto la scelta migliore decidendo di portarlo
a casa,
ma avevano bisogno di un posto in cui scopare e fuori faceva troppo
freddo per
spogliarsi. Non aveva pensato a Jamie nemmeno per un secondo
finché non l’aveva
visto precipitarsi in cucina e sbattere fuori dalla porta il suo
partner senza
tanti riguardi. Ha avuto tutte le buone
ragioni per incazzarsi riconobbe Simon, rimuginando sulla
questione mentre
sciacquava i capelli.
Aveva un ricordo molto vago di come fosse finito a succhiarglielo per
farsi
perdonare. Non era
nemmeno sicuro di
come la cosa si fosse evoluta nel corso della notte, ma di una cosa era
certo:
non avevano scopato.
Dovremo rimediare pensò,
sorridendo
fra sé e sé.
Uscì dalla doccia un quarto d’ora più
tardi, arrotolò un asciugamano attorno
alla vita e ne utilizzò un altro per i capelli. Emanavano un
profumo gradevole.
Jamie doveva averli cambiati il giorno precedente, mentre lui era fuori
a
rimorchiare. Si sentì in colpa, ma poi ricordò a
se stesso che Jamie era un
maniaco del pulito che lo assillava costantemente criticando le sue
abitudini. Si
sentì subito meglio.
Tornò in cucina lasciando la porta del bagno spalancata per
lasciar uscire il
vapore e si sedette su uno degli sgabelli. In casa regnava il silenzio,
si
sentiva solo il rumore delle automobili che passavano fuori sulla
strada. Simon
si guardò intorno, chiedendosi dove fosse Jamie e a che ora
sarebbe tornato.
Trovò il biglietto sulla porta del frigo soltanto qualche
minuto più tardi,
mentre cercava qualcosa con cui fare colazione.
Non ero mai stato con un uomo.
Ho bisogno di tempo per capire cosa e come
sia successo.
Sei perdonato, ma sei comunque un grandissimo stronzo.
Jamie
P.S.: In frigo c’è la tua colazione preferita.
Simon fissò attonito il biglietto, poi
aprì l’anta del frigo e rivelò tre
ripiani pieni di bottiglie di birra. Sorrise amaramente, ne
stappò una e si
sedette sul divano con un lungo sospiro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 3. ***
Da
quando Jamie se n’era andato lo stereo era sempre acceso.
Simon odiava sentirsi solo.
Per la precisione quello che stava suonando a tutto volume era 1984
dei Van Halen. Simon era seduto sul divano e fissava la parete davanti
a lui
senza pensare a nulla in particolare. Erano passati otto giorni. Non
pensava
che la reazione di Jamie sarebbe stata così drastica.
Sperava più in un Non ero mai
stato con un uomo, ma mi è
piaciuto quindi rifacciamolo. Si ritrovò a
pensare che aveva una dannata
voglia di finire ciò che aveva cominciato e che raramente
gli era capitato di
desiderare qualcuno così tanto da pensarci per
più di ventiquattro ore.
Non aveva portato a casa nessuno in quella settimana. Non aveva nemmeno
voglia
di vedere qualcun altro. Si era fatto una sega. Be’,
più di una a dire la
verità. E aveva pensato a Jamie
dannato
Anderson.
Sbuffò sonoramente quando si rese conto che era ora di cena
e aveva fame, ma in
casa non c’era nulla di commestibile. Non era andato a fare
la spesa. Simon
Cruz non andava a fare la spesa, quella era una cosa da donne, o da
Jamie.
Ordinò la pizza a domicilio per la terza sera consecutiva, e
pensò di fumare
una sigaretta nell’attesa.
Si guardò intorno cercando il posacenere e si rese conto che
non l’avrebbe mai
trovato in mezzo a quel casino. La pila di piatti sporchi aveva
raggiunto un’altezza
indecente e decine di oggetti di vario genere erano sparsi sul
pavimento. C’erano
anche dei vestiti, ma non
rappresentavano il problema maggiore: prima di andarsene Jamie aveva
lasciato
un post-it anche sulla lavatrice, indicando i passaggi da seguire per
utilizzarla. Simon gliene era grato.
Non aveva idea di dove si nascondesse il ferro da stiro, ma dei vestiti
puliti
e spiegazzati erano sempre meglio che dei vestiti luridi.
Simon prese un bicchiere tra quelli da lavare e lo utilizzò
come posacenere. Devo dare una pulita
pensò. I primi
giorni non l’aveva fatto credendo che Jamie sarebbe tornato
di lì a poco, ma
più passavano i giorni e più si rendeva conto che
sarebbe stato via più di
quanto pensava. Se non si fosse fatto vivo entro la settimana
successiva
avrebbe provato a chiamarlo, anche se sapeva che raramente Jamie
rispondeva al
cellulare.
Stava quasi per alzarsi e prendere uno straccio per pulire il piano su
cui
avrebbe mangiato quando il campanello suonò. Era il ragazzo
della pizza.
“Grazie” disse, porgendogli i soldi.
Aspettò che gli desse il resto. Fu quando
il fattorino stava per tornare verso il furgoncino che Simon lo
fermò. “Ehi, ti
stai dimenticando una borsa!”
Il ragazzo fece spallucce. “Non è mia, era
lì quando sono arrivato.”
La borsa di nylon conteneva una confezione di pane a fette, quattro
uova, un
cartone di latte, un pacco di pasta, del sugo al pomodoro, mezzo
chilogrammo di
farina, zucchero, lievito, mozzarella, cetrioli sott’aceto,
qualche mela e
delle carote.
Simon estrasse uno per uno gli alimenti, studiandoli attentamente. Poi
vide il
biglietto in fondo alla borsa.
Tornerò. Preparami una torta.
E fatti un pranzo decente, per dio!
Simon
sorrise come un idiota.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2024890
|