Coinquilini e Omicidi II

di Nebula216
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando serve un orologio… ***
Capitolo 2: *** Home Sweet Home... ***
Capitolo 3: *** Count Down ***



Capitolo 1
*** Quando serve un orologio… ***


Coinquilini ed omicidi II

 
 
Capitolo 1:Quando serve un orologio…
 

Ok.
Non doveva esser difficile.
Poteva farlo chiunque.
Perché lasciarsi prendere dal panico?
Non era da lui, aveva sempre fatto cose di quel genere.
Questo affare sarebbe andato a gonfie vele, avrebbe avuto nel suo database il più avanzato sistema di spionaggio, il tutto per una modica cifra, nulla in confronto alle precedenti.
Impaziente, prese a tamburellare, con le dita coperte dai guanti di morbida pelle marrone cognac, il poggia-braccio del sedile posteriore della macchina, una Audi A4 berlina grigia metallizzata con tanto di finestrini oscurati. L’autista, distinto nella sua divisa blu notte, osservava la strada di Varsavia fin troppo trafficata, scusandosi quando possibile con il suo datore di lavoro; inutile dire che quest’ultimo, ancor più nervoso, sbuffò sonoramente, prendendo dalla tasca del cappotto invernale una scatoletta argentea con, al suo interno, delle sigarette pronte soltanto per esser consumate. Con eleganza e nervosismo, estrasse un accendino placcato d’oro dalla tasca dei pantaloni di morbido e caldo cotone, accendendo la cicca e inspirando il fumo acre del tabacco.
Varsavia, illuminata dalle varie luci serali, era avvolta da una cappa di nubi cariche di pioggia, le quali rendevano ogni angolo della città umido e simile a una natura morta: quella sera si sarebbe tenuto uno spettacolo di danza con orchestra incorporata al Teatr Narodowy, il solito balletto de “Il lago dei cigni”.
Non poteva certo immaginare che Andrey Iljich Cechov, mercenario ucraino della peggior specie, amasse il teatro: si sarebbe aspettato da parte sua, invece, un qualche incontro di lotta libera, magari tra ragazze.
Ancora non aveva avuto modo di vederlo, ma da quello che aveva sentito dire congelava chiunque con i suoi occhi autoritari, il più delle volte si pensava che avesse già deciso come ucciderti, a seconda dell’occhiata.
Inspirò nuovamente il tabacco della sigaretta, ottenendo l’effetto placebo tanto desiderato: i suoi nervi si rilassarono, calmandolo come era sempre successo in quegli anni; aveva già avuto a che fare con contrabbandieri, ma Andrey Iljich Cechov, detto “Il Furbo” tra la sua gente, era fatto di tutt’altra pasta.
Non capiva ancora come lui, Damien Legrand, avesse potuto fissare un incontro a teatro con quell’individuo: se avesse dovuto metterlo in una piramide gerarchica, l’avrebbe sicuramente posto all’apice, vista la sua pericolosità e, soprattutto, la sua imprevedibilità. Morse con nervosismo il filtro della sigaretta, non rendendosi conto che quest’ultima stava finendo in un cumulo di cenere: troppi pensieri, troppe paure… poche certezze.
-Monsieur, siamo arrivati.-
Il trentaseienne annuì, ringraziando l’autista e scendendo davanti all’immensa e bellissima entrata del teatro, somigliante in tutto e per tutto ad un antico Pantheon color crema. Camminò, ben stretto nel cappotto pesante color sabbia, verso l’entrata, mostrando alla giovane impiegata il biglietto e un mezzo sorriso sornione, quanto bastava per lasciarla senza fiato e farle tremare la voce d’imbarazzo.
Si diresse verso la rampa di scale che lo avrebbe condotto al palchetto prenotato dal venditore: sinceramente amava poco il teatro, preferiva un ristorante elegante oppure una serata in un locale di suo gradimento; non lo disprezzava fino al midollo, ma non gli interessava, tutto qui.
I corridoi, ben riscaldati dai termosifoni, lo accolsero come l’abbraccio di una madre, anche se non poteva dire altrettanto delle pareti scarlatte che lo circondavano: troppo simili a muri tinti di sangue.
Reprimendo un brivido, continuò a camminare, raggiungendo finalmente il palchetto: con un gesto secco e timoroso della mano, aprì la porta, vedendo un uomo dai capelli brizzolati osservare il palco con aria seria e distaccata. Le sue iridi, puro ghiaccio intrappolato in sfere di cristallo, si spostavano con una calma felina dal sipario al programma e viceversa; nel suo completo grigio fumo faceva pensare a tutto: avvocato, manager, direttore di un’azienda d’importanza mondiale… nessuno lo avrebbe mai visto come un mercenario.
Toltosi il cappotto, Damien si sedette vicino a Cechov, ricevendo un’occhiata appena accennata da quest’ultimo: probabilmente non pensava che il francesino si presentasse, per giunta puntale; se c’era una cosa che, però, caratterizzava il castano era proprio questo… la sua presenza costante agli appuntamenti fissati.
La sua puntualità.
-Buonasera signor Legrand. Spero non abbia trovato troppo traffico.-
Esordì l’ucraino, versando del vino rosso costoso in due calici, uno dei quali andò al francese. Quest’ultimo accettò, più per educazione che per piacere: era così teso che le corde di uno Stradivari non sarebbero state niente a confronto; sentiva le mani parecchio sudaticce e, inoltre, lo sguardo di Cechov non lo aiutava a calmarsi.
Un mamba gli avrebbe fatto meno paura, ne era sicuro.
Bevve un sorso di vino, appena in tempo per vedere le luci calare e lo spettacolo iniziare: ebbe modo di notare, a distanza di quatto palchetti, una ragazza in compagnia di quello che sembrava un collega di lavoro, se non di più. Avvolta in un abito che le aderiva perfettamente al corpo snello, osservava il palco e parlava con l’amico, un giovane moro dall’aria tanto aristocratica quanto malinconica occupato a leggere il programma dello spettacolo.
Non si soffermò molto sull’accompagnatore, si limitò a studiare attentamente quel bocciolo di rosa che si sistemava, sulle spalle nude, uno scialle abbinato al vestito di raso argenteo: non riuscì a vedere altro, poiché le luci calarono del tutto e avvolsero l’immensa sala a forma di ferro di cavallo nell’oscurità totale.
-Signor Legrand…-
Esordì Cechov con una calma gelida.
-Siamo qui per parlare di affari no?-
-Sì, signor Cechov. Sono interessato a comprare quel sistema di spionaggio.-
L’ucraino bevve un sorso di vino, non staccando mai le sue iridi glaciali dalle ballerine occupate ad eseguire la coreografia perfetta. Damien deglutì un groppo di saliva, bevendo a sua volta dal calice offertogli precedentemente: da quel momento si giocava tutto…
Anche la vita.
Andrey si grattò lievemente il pizzetto, un gesto che testimoniava la sua attesa: senza pensarci due volte, il francese prese dalla tasca dei pantaloni un biglietto, dispiegandolo e porgendolo al venditore; quest’ultimo prese il pezzo di carta, leggendolo quasi con disinteresse.
-E’ una cifra fattibile signor Legrand. Attendiamo l’intervallo per discuterne meglio fuori.-
Il trentaseienne riprese a respirare, finalmente con il cuore leggero: la prima parte delle trattative era andata, adesso doveva soltanto godersi lo spettacolo ed attendere il tanto agognato intervallo. Lanciò occhiate veloci al palchetto dove aveva visto la ragazza: stava ascoltando l’amico con interesse e rispondeva a voce bassa a dei possibili quesiti… se la Bella Addormentata era come lei altro che bacio, si ritrovò a pensare con un ghigno malevolo sulle labbra.
Dopo quasi un’ora, le luci si riaccesero, annunciando ancor prima del presentatore il tanto atteso intervallo, durante il quale la gente poteva benissimo fare un piccolo aperitivo offerto dal teatro stesso: offrivano quando c’era gente di spicco, si ritrovò a pensare Damien mentre seguiva “Il Furbo” lungo le gradinate che li avrebbero portati alla hall. Fu in quel frangente che la vide meglio: molto più in avanti di lui, stava vicina al ragazzo dai capelli mori raccolti in un codino e parlava in un inglese a dir poco perfetto. La chioma, raccolti in uno chignon e di un nero bello intenso, erano fermati da due bacchette d’argento, soltanto qualche boccolo ricadeva sul volto dolce… un volto che avrebbe baciato volentieri.
Ascoltò attentamente le condizioni del signor Cechov, accettandole tutte quante con una certa fretta: la ragazza dal vestito argentato stava uscendo con il suo accompagnatore, evidentemente si erano scocciati di assistere a quel balletto che stava facendo venire i conati anche al giovane francese.
Quando uscirono, si diressero verso un vicolo controllato da dei body-guards dell’ucraino: parcheggiata nell’oscurità della notte, stava una Porsche nera dai lineamenti eleganti e i finestrini oscurati… il sistema era lì dentro. Uno scagnozzo aprì la bauliera, prendendo un’anonima ventiquattrore color mogano: senza esitare, Damien chiamò il suo autista, riferendogli di portare la cifra per quello scambio.
Suo… quel sistema di spionaggio sarebbe stato solo suo…
Suo.
Ghignò, appena in tempo per vedere le guardie del corpo del signor Checov crollare a terra a causa di dardi soporiferi.
-Ma che cazzo…-
I fari della sua macchina illuminarono il vicolo: appena in tempo, pensò nervoso fino all’ultima cellula del suo corpo. Aprì lo sportello posteriore, lanciando al Furbo la ventiquattrore color cognac contenente i soldi e prendendo quella col sistema, per poi entrare nell’Audi A4.
-Parti! CAZZO PARTI!-
Fu l’ordine che impartì all’autista, il quale silenzioso annuì, ingranando la retromarcia e partendo a tutto gas: non gli interessava di Checov, non gli importava la sua sorte… lui voleva salvarsi le penne… lui doveva salvarsi la pelle.
Soltanto quando furono abbastanza lontani, si stese rilassato sul sedile posteriore, cercando con stanchezza l’accendino e le sigarette nella tasca del cappotto sabbia: aveva bisogno di fumarsi una cicca, il suo corpo richiedeva la dose di tabacco.
Aprì lo zippo, quando l’autista frenò all’improvviso nel mezzo del traffico, facendolo sobbalzare.
-Cazzo fai Victor!?-
Sbraitò con gli occhi fuori dalle orbite, appena in tempo per gelarsi: riflessi nello specchietto retrovisore non vide gli occhi nocciola del suo vecchio autista, bensì uno sguardo smeraldino chiaro e limpido… uno sguardo giovane e alquanto serio.
Nervoso, aprì lo sportello dell’Audi, lanciandosi a tutta velocità verso un vicolo secondario e percependo, con suo dispiacere, lo sportello del guidatore aprirsi e chiudersi: lo stava seguendo, chiunque fosse lo stava rincorrendo!
Gettò a terra dei bidoni della spazzatura, intravedendo con la coda dell’occhio la figura togliersi gli abiti da autista e restare con una strana tuta color piombo: merda, non serviva davvero!
Quando tornò ad osservare la strada davanti a sé, fu costretto a fermarsi all’improvviso: un cancello con ben tre catene chiuse da lucchetti massicci gli sbarrava il passaggio, rendendolo molto più simile ad un topo in gabbia che ad un predatore. Percepì il suo inseguitore fermarsi a pochi passi da lui: no, non voleva finire in prigione… avrebbe lottato per restare libero.
Con un urlo, si girò, nel tentativo di tirare un pugno all’uomo che lo stava rincorrendo: per sua sorpresa, non era un uomo, bensì una giovane ragazza castana, ventenne a prima vista, dai lineamenti delicati, occhi verdi come smeraldi e un corpo che, con quella tuta argentea, lo richiamava ai suoi istinti primordiali.
Come quella ragazza a teatro…
La medesima che gli si presentava davanti in quel momento.
Ghignò.
-Come mai una bella ragazza come te indossa questa divisa dell’esercito? Ti ho vista nel teatro e devo dire che meriti davvero con un abito di quella fattura… peccato per i capelli che non sono davvero neri.-
-Sinceramente francesino… non sono affari tuoi. E…-
Rispose questa, rifilandogli una ginocchiata alla bocca dello stomaco che lo fece restare senza fiato, seguita a ruota da una gomitata a livello delle vertebre cervicali: così cadde svenuto Damien Legrand, giovane magnate francese che aveva avuto la sfortuna di incrociarla.
-…Se permetti io mi piaccio castana. Ma te guarda se mi devo far dire come avere i capelli!-
Sbuffò alquanto irritata per i commenti del riccastro, mentre digitava su un telefono touch-screen un numero: subito, lo schermo divenne un piccolo rettangolo nero, con scritte color ghiaccio che le ordinavano di inserire un codice personale, una password e un’altra serie di numeri ai fini della missione.
Attese con pazienza che il caricamento fosse completato, osservando quello che sembrava un file di Word: digitò altre parole, stupendosi del timore che avevano i suoi superiori per queste faccende da poco.
Proprio quando stava per inserire l’ultimo numero, fu interrotta da una chiamata: Nagato Rin’negan.
Premette un tasto del touch-screen, vedendo il volto pallido e serio del generale fissarla con i suoi occhi color piombo.
-Scarlett, come è andata la missione?-
-Tutto regolare generale. La missione si è conclusa come avevamo previsto.-
-E il sistema di spionaggio?-
La castana si sistemò i capelli, tenendo un piede ben saldo sulla schiena del francese.
-E’ al sicuro.-
Il generale non sembrava intenzionato a chiudere la chiamata.
-Scarlett… non ti stai dimenticando qualcosa?-
Lara, presa alla sprovvista da quella domanda, ebbe un dubbio atroce.
Deglutì.
-Oh merda…-
Dall’altro capo dell’apparecchio le sembrò di sentire Nagato sghignazzare.
-Kakuzu, Itachi e Kisame stanno arrivando in elicottero, preparati ad esser caricata sopra.-
La ragazza si lasciò andare un sospiro: il generale aveva sempre almeno quattro assi nella manica per ogni evenienza…
Poteva tranquillamente dire che l’organizzazione era la sua passione principale.
-La ringrazio generale!-


Angolo Autrice: Avevo promesso un sequel... ed eccolo qui!
Spero di non deludervi gente! Hidan e Lara tornano alla carica!
Bacioni!
Nebula216 <3

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Capitolo 2
*** Home Sweet Home... ***


Capitolo 2: Home sweet home
 

Non era cosa da tutti i giorni sorvolare la città, che l’aveva ospitata l’intero anno precedente e continuava ad esser la sua casa, su un elicottero militare: grazie a Kakuzu e Kisame stava saltando una coda discreta, oltretutto.
Sorrise nel vedere, sotto di lei, un cumulo di piccole luci delle più svariate tonalità: gialle, verdi, blu, rosse… era uno spettacolo unico, qualcosa che raramente si era concessa negli anni precedenti.
Si sentiva libera, poteva sentirsi in un certo senso nuova: aveva abbandonato i vecchi abiti della ragazza insicura e terrorizzata, vestendo quelli di una ventenne comune e felice.
Si voltò verso i compagni di squadra.
-Quanto manca?-
Domandò tramite il microfono collegato alle cuffie grigie, ricevendo risposta da Kisame.
-Non molto ormai. Devo dire che te la sei cavata Lara, complimenti davvero! E dire che questo scorbutico qui accanto non ti avrebbe dato un centesimo all’inizio!-
-Chetati Kisame.-
Lara non riuscì a trattenere una risata: se doveva essere sincera, anche lei si era sentita poco adatta per quella missione. Ci erano voluti almeno quattro giorni di prove fra lei e Itachi per renderla più sicura sull’incarico: se poi Silver Head non l’avesse spronata a credere nelle sue capacità… beh, forse non avrebbe nemmeno mosso un passo.
 
“Chissà cosa sta facendo quello scapestrato…”


Pensò, mentre Itachi le fece il segnale di prepararsi a scendere. Se doveva essere sincera… non aveva tutta quella gran voglia di provare, voleva soltanto stendersi e schiacciare un pisolino.
 
“Eh no Scarlett… non puoi permettertelo adesso. Ricordi? C’è tanto da fare…”
 
-Prepararsi per l’atterraggio.-
Esordì, con serietà, Kakuzu, mentre gli altri tre componenti controllavano le cinture di sicurezza: accanto alla pista d’atterraggio, vestita con un insolito paio di jeans e una camicetta color zaffiro, li attendeva Konan.
Lara accennò un saluto dal finestrino, prontamente ricambiato dalla blu: Nagato le aveva sicuramente comandato di starle vicino durante tutte le prove che avrebbe dovuto sostenere. Una volta scesa dall’aeromobile, la castana arpionò l’amica in un abbraccio, ben ricambiato: in quel periodo, Konan era stata un aiuto prezioso, soprattutto per le rigide regole e l’addestramento severo a cui i membri dell’Akatsuki si sottoponevano ogni giorno.
-Allora? Ho saputo che hai fatto scintille in Ucraina.-
Esordì la blu con un sorriso, prontamente ricambiato dall’altra.
-Sono sempre esagerati. Ho fatto il mio dovere, niente di più.-
Lara si guardò intorno, salvo poi indicare alla collega il borsone che si stava tenendo appresso da diverse ore.
-Dove posso mettermi degli abiti più… normali? Questa tuta, per quanto figa possa essere, inizia a darmi fastidio.-
Konan, sentendo tale affermazione, si lasciò andare ad una risata: soltanto con la castana riusciva ad essere meno glaciale, più umana in un certo senso. Abbandonava i suoi sguardi distaccati, metteva da parte la maschera che, ogni giorno, le rendeva il volto malinconico e serio… sembrava tutt’altra persona.
Le indicò, ancora sorridente, uno spogliatoio femminile, rivolgendole poi la parola.
-Ti aspetto alla macchina con Kisame e Pain, va bene Lara?-
La castana sbuffò.
-Ma una bella Ducati vi fa schifo?-
Già, la sua amata Ducati nera, andata distrutta il giorno del suo compleanno, l’unico mezzo di trasporto di cui si fidava ciecamente, l’unico che avrebbe voluto guidare di nuovo.
Era vero, iniziava ad avere meno terrore delle auto, iniziava a prenderci confidenza… ma la sua moto era un’altra cosa.
Sospirò, entrando negli spogliatoi e cercando, nel suo borsone, gli abiti quotidiani che si era portata dietro: un paio di jeans a sigaretta chiari, gli anfibi scuri alti appena sotto il ginocchio, una canotta di microfibra color fango con, sopra, il chiodo di pelle nera.
Il classico abbigliamento che l’aveva contraddistinta.
Si cambiò velocemente, accompagnata dai tintinnii delle piastrine militari che portava sempre al collo: una delle poche cose che le restava del passato.
Una volta pronta, prese nuovamente il borsone ed uscì, vedendo i tre colleghi attenderla accanto ad una Wolkswagen Polo color grigio scuro.
-Eccomi, sono pronta.-
Pronta… beh, se evitava di pensare a quello che l’aspettava.
Non voleva tornare a casa col mal di testa a causa di una commessa con la lingua sciolta, buona soltanto a parlare a raffica e puntellarla con gli spilli.
Salì in macchina, dicendosi mentalmente di non perdere la calma, che non sarebbe successo nulla.
Prese un respiro, bevve un sorso d’acqua, fece mettere un CD contenente le sue canzoni preferite: secondo il signor Shimura, doveva fare tutto quello che riteneva rilassante e tranquillo.
Kisame, dallo specchietto retrovisore, la guardò, partendo soltanto quando Lara gli fece un cenno con la testa.
Ben presto, la vegetazione che circondava il campo militare fu sostituita da varie sfilze di palazzi, case e negozi: non mancava molto, pensò sconsolata.
Konan, vedendola leggermente giù di morale, decise di parlare.
-Dai Lara, dovrebbe renderti felice questa cosa.-
-Lo so Konan, e credimi, lo sono. Il fatto è che… se mi capita una commessa pazza…-
La ragazza dai capelli blu le prese una mano, nel tentativo di darle un po’ di forza.
-Andrà tutto bene Lara. Ci siamo noi.-
Certo… lei non doveva affrontare una commessa squilibrata, pensò un pochino snervata Lara.
Con un sospiro, scese dalla macchina e raggiunse, lentamente, la porta della boutique di abiti da sposa: in quel momento, mentre Kisame premeva il campanello, le venne spontaneo pensare ai famosi versi danteschi “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”… era quello che le stava accadendo.
-Ehm… Pain non è che possiamo rimanda…-
L’occhiata che il ragazzo le lanciò fu abbastanza eloquente: no, le prove andavano fatte in quel momento, non potevano categoricamente essere rimandate.
La castana si lasciò sfuggire un altro sospiro, salvo poi schizzare in aria quando la negoziante aprì loro la porta strillando frasi al limite della comprensione: Lara riuscì a capire qualcosa del tipo“Ben arrivati!”, oppure“Oh, chi delle due è la sposa?!”… era certa che le sarebbe venuto il mal di testa ancor prima di metter piede in quel negozio.
Quasi non si mise gli occhiali da sole quando entrò: tutti quei vestiti candidi o color avorio la stavano accecando… non era abituata ad abiti così chiari, così candidi... e se non fosse stata bella per lui?
Si mordicchiò le unghie, ricevendo un piccolo ceffone sulle dita da Konan.
-Non puoi mangiartele Lara.-
La futura sposa sbuffò.
-Lo so Konnie… ma sono nervosa… E se…-
-Lara, non è da te farti questo genere di seghe mentali, ok? Sii te stessa.-
La castana annuì, decidendosi infine di finire tra le grinfie della commessa, armata di spilli con capocchia, metro da sarta… e un sorrisetto, a detta di Lara, inquietantemente pericoloso.
Kisame e Pain, per niente interessati alle prove della loro collega, erano andati a prendersi un caffè al bar vicino, mentre Konan provava a darle consigli sui vari vestiti di seta, raso e tulle che le venivano rifilati.
L’interessata sospirò.
-Konan, non ce la faccio più. Sono a pezzi.-
-Posso immaginarlo Lara, ma fatti forza. Scegli l’abito e poi ti riportiamo a casa.-
Non era così semplice: ce ne erano troppi tipi, dalla gonna vaporosa alla gonna a sirena, dai bustini semplici a quelli riccamente decorati… come poteva cercare il suo vestito ideale se nemmeno lei sapeva come era fatto?
Chiuse gli occhi, cercando di focalizzare nella sua mente gli elementi che preferiva: l’idea del bustino non le dispiaceva, ma non doveva essere una cosa pacchiana come certe che presentava il negozio.
Il velo doveva esser tenuto da una coroncina, dalla forma di rose rampicanti o fiori d’arancio, non eccessivamente lungo.
L’unico dilemma, per lei, restava la gonna.
La commessa le si avvicinò.
-Ha in mente qualcosa signorina Scarlett?-
La castana la guardò, spiegandole il tipo di abito nuziale che aveva pensato in quel breve lasso di tempo. Non lo avrebbe trovato uguale, di questo ne era sicura, ma anche qualcosa che ci si avvicinava le andava benissimo.
La negoziante ascoltò con attenzione, illuminandosi tutto d’un tratto.
-Aspetti qui signorina! Forse ho quello che cerca!-
Nonostante le scarpe con tacco a spillo e la gonna ben stretta, si catapultò verso il magazzino, scomparendo dietro la porta candida.
Passò qualche minuto, poi, così come era partita, tornò dalla sua cliente con una busta per abiti color antracite: sorridendo, aprì la zip, mostrando il contenuto agli occhi di Lara e Konan.
-E’ di suo gradimento, signorina Scarlett?-
L’interessata non rispose: era troppo occupata a trattenere le lacrime di gioia per poterlo fare.
Era davvero lui… ed era semplicemente perfetto.
Deglutì, asciugandosi una lacrima fuggiasca.
-E’… E’ stupendo. Oddio…-
-Perfetto! Glielo metto da parte allora.-
La castana annuì, ringraziando con voce tremante la donna.
Quando Kisame e Pain tornarono dal bar, le due ragazze li stavano attendendo fuori dalla boutique: ai due non servì domandare niente… gli occhi della futura sposa parlavano da soli.
-Bene, è ora di tornare a casa Lara, non credi?-
Domandò l’Hoshigaki, ricevendo un cenno positivo dalla ragazza.
Il viaggio non fu troppo lungo, questo permise a Lara di non collassare nei sedili posteriori dall’emozione: le era mancato troppo l’appartamento, il suo cane… e lui.
-Siamo arrivati.-
Esordì Pain, sentendo l’interessata uscire in poco tempo dalla Polo e recuperare, nella bauliera il borsone con i vestiti di ricambio che si era portata dietro.
-Grazie del passaggio ragazzi!-
-Di niente Lara! E mi raccomando, puntuale per domani! C’è il catering!-
La rimbeccò, scherzosamente, Kisame, ricevendo uno sguardo “cattivo” dalla castana: certo che quando ci si metteva l’Hoshigaki aveva una memoria di ferro. Ringraziò nuovamente i tre, scendendo dalla Wolkswagen: casa finalmente.
Camminò, sorridendo, lungo il vialetto, ricordando chiaramente come aveva messo piede in quella casa l’anno precedente: stanca, svogliata, desiderosa soltanto di dormire e riposarsi.
In quel momento, invece, voleva soltanto entrare ed abbracciare quei due pazzi scatenati che la stavano attendendo, con molta probabilità entrambi stesi a poltrire sul letto.
Cercò le chiavi di casa, notando solo in quel momento la porta aperta…
-Ma cosa…-
La sua felicità andò dietro le quinte, lasciando la scena all’adrenalina e alla preoccupazione: oltretutto, le luci erano spente e, chissà per quale motivo, Demon non le era corso incontro alla porta.
Con il sangue freddo, prese una delle sue colt dal borsone, entrando con lentezza nell’atrio e pigiando sul pulsante per accendere la luce.
 
Click.
 
Buio totale.
Riprovò altre due volte, poi, prendendo fiato, si incamminò dentro casa: la pistola sempre pronta per colpire ben serrata tra le mani.
Quando fu, almeno così pensava, al centro del salotto, sentì la porta d’ingresso chiudersi e qualcuno prenderla, con forza, per la vita, un gesto che le fece cadere la pistola. Si dimenò a lungo, provò a lottare, con calci e pugni, ma niente sembrava scalfire il suo aggressore, il quale la sbatté sul divano, impedendole di fuggire.
Non avrebbe ceduto così facilmente, non era il tipo.
Si preparò a caricare uno dei sui calci, quelli che un tempo era solita definire “Riflessi anti-stupro”, quando uno strano formicolio a livello dei fianchi la fermò. Percepì le labbra tremare e, in seguito, una risata incontrollata uscirle dalla bocca.
-DANNATO IMBECILLE! AHAHAHAH! SMETTILA! MI HAI… AHAHAHA!!! FATTO PREOCCUPARE!-
-Sì, anche tu mi sei mancata Scarlett.-
Replicò il suo “aggressore”, regalandole un bacio felice sul naso: da quando Nagato l’aveva presa con la squadra per certe missioni, Hidan aveva imparato il significato della parola “preoccupazione”. Soltanto per quel recupero in Ucraina aveva speso, in tre giorni di chiamate ed sms, quanto poteva bastargli per comprare un completo elegante nero: per fortuna non doveva preoccuparsi dello smoking, pensò la ragazza con un sorriso.
Regalò un bacio a stampo a Silver Head, salvo poi sedersi sul divanetto.
-Dove hai nascosto Demon?-
L’argenteo si sedette, facendo un fischio prolungato e acuto: dalla porta che collegava il reparto giorno alle camere da letto uscì l’husky al gran galoppo, scodinzolante e con un cuscino ben stretto in bocca.
Il suo collare, di cuoio blu, era decorato con gelsomini, foglie di menta e fiori d’arancio… e piccole rose violette.
-Ecco il mio demonietto!-
Esclamò Lara, accogliendo a braccia aperte il cucciolo di cinque mesi, agghindato per festeggiare il ritorno della sua padroncina.
Hidan la strinse a sé, regalandole dei piccoli bacetti nell’incavo del collo.
-Come sono andate le prove?-
-Bene, ho trovato l’abito.-
Il Jashinista sorrise.
-Sono veramente contento… e… la missione?-
Lara fece scendere Demon dalle sue gambe, guardandolo negli occhi.
-Tutto secondo i piani.-
Vide le iridi viola del suo fidanzato illuminarsi in maniera maliziosa: prima che potesse fargli anche solo una domanda, le sue labbra furono catturate in un bacio passionale.
Per Hidan era stata una vera impresa aspettare tutto quel tempo da solo, in compagnia del cane: aveva pure preso in considerazione l’idea di andarla a prendere in Ucraina personalmente… ma alla fine aveva desistito, decidendo così di pazientare.
Quando si staccò, la vide intenta a prendere quanto più fiato possibile.
-Mi sei mancata… troppo…-
-Anche tu Hidan…-
Lo vide sorridere, un mezzo ghigno che aveva ben poco di casto.
Deglutì.
-Cos’hai in mente Silver Head?-
-Oh, niente. Pensavo che…-
Le prese una ciocca di capelli, rigirandosela lentamente tra le dita, il tutto con una lieve perversione in volto: dagli occhi al ghigno della bocca… tutto faceva pensare a pensieri sconci.
Lara accennò un sorriso.
-Pensavi che?-
Il ragazzo si avvicinò di più, continuando il discorso a fior di labbra.
-Pensavo che… visto che siamo soli soletti, che Demon è impegnato a sbranare il cuscino e che, finalmente, sei tornata dall’Ucraina… possiamo anche concederci qualche… piacere in più.-
La schiena della ventenne si ricoprì di brividi, soprattutto per il tono con cui il suo ragazzo le aveva parlato: roco, graffiante… profondo...
E dannatamente sexy.
Non contento, Hidan continuò a mordicchiarle la mandibola, regalandole ogni tanto qualche bacio o succhiotto, salvo poi proseguire lungo tutta la linea del collo. Una volta raggiunto la scollatura della canotta, decise di rincarare la dose: con un ghigno malizioso, iniziò a leccarle la zona tra i seni, gustandosi appieno i sospiri della ragazza.
-Non ti piace mica, eh Scarlett?-
-N…non sfottermi…-
-Credimi… non è mia intenzione. Anzi…-
Senza lasciarle il tempo di reagire, la prese in braccio e, velocemente, la portò verso la sua camera da letto.
Non la fece parlare, non le permise di riprendere fiato nemmeno tra un bacio e l’altro: non voleva più stare senza di lei.
Aprì la porta e, senza nemmeno accendere la luce, la stese sul letto, sovrastandola col suo corpo: aveva vissuto per un anno con lei, per un anno aveva imparato a conoscerla…
In quell’anno aveva imparato ad amarla.
Lara lo guardò, osservando ogni singolo tratto del suo volto: era incredibile come la sua vita fosse cambiata nel giro di dodici mesi… come lui gliel’avesse cambiata.
Con un sorriso, gli regalò un bacio, un ringraziamento che, ormai, rinnovava ogni giorno e che mai si sarebbe stancata di fargli.
Lui le sorrise, approfondendo il bacio e levandole, con una discreta fretta, la canotta.
-Hidan…-
Esordì la castana ridendo, mentre l’altro la fissava fingendosi offeso.
-Ho aspettato anche troppo, non credi?-
Si chinò, prendendo fra i denti la spallina sinistra del reggiseno e abbassandola sul braccio della ragazza. Fece lo stesso con quell’altra, poi, sorridendo, si preparò a slacciarle i gancetti.
 
“I wish I had an angel
For one moment of love
I wish I had your angel
Your Virgin Mary undone
I’m in love with my lust
Burning angel wings to dust
I wish I had your angel tonight “ (Nightwish-“Wish I had an angel”)

 
-… No… Cazzo no!-
Sbraitò adirato Hidan, mentre cercava nelle tasche dei suoi pantaloni il cellulare: come sempre, pensò Lara, capitava qualche imprevisto che rinviava i loro momenti intimi.
Allungandosi come una biscia, accese l’abat-jour, notando un più che furibondo Silver Head rispondere al cellulare.
-Deidara! Non rompermi i coglioni! Sono impegnato!-
-Ma Hidan volevo…-
Prima che potesse fargli finire la frase, il Jashinista spense il telefono, osservando dispiaciuto la sua compagna.
-Scusami… adesso possiamo tornare a noi d…-
 
UNDEAD!
You better get up out the way,
Tomorrow we'll rise so we fight today,
And no, I don't give a fuck what you think and say,
'Cause we are gonna rock this whole place anyway.”
(“Undead”-Hollywood Undead”)

 
I due si guardarono e, prima che lei potesse fermarlo, Hidan le prese il cellulare.
-LARA! Devi raccontarci come sono andate le prove del vestito!
Com’è?!
La gonna è vaporosa!?
Ha il corpetto!?
E il velo!? Il bouquet lo hai ancor…-
-Ino, Sakura… qui parla Silver Head. Se volete vedere tutto questo… VI CONVIENE CHIUDERE SUBITO QUESTA CHIAMATA PERCHE’ IL SOTTOSCRITTO VUOLE UN PO’ DI TRANQUILLITA’, CHIARO!?-
-HIDAN!-
Senza ascoltarla, il ragazzo chiuse la chiamata con un gesto secco: ne aveva fin sopra i capelli di interruzioni di quel genere, voleva un momento di intimità… non chiedeva mica l’universo!
Lara gli si avvicinò, guardandolo un po’ preoccupata.
-Ehi… stai bene?-
Silver Head ricambiò lo sguardo, decisamente dispiaciuto per il suo comportamento.
-Volevo darti un “Bentornata a casa” speciale…volevo renderti contenta e… unica.-
Lei accennò un sorriso e gli carezzò una guancia.
-Vederti, baciarti e ridere con te è già un bellissimo ritorno, credimi Hidan.-
Riprese a baciarlo, lentamente, nel tentativo di convincerlo di quanto avesse detto.
Lui ricambiò, seguendo il ritmo delle labbra di lei, giocando ogni tanto con la sua lingua: forse era la volta buona, pensò fra sé e sé.
Fiducioso, la tirò sotto il suo corpo, riprendendo ad armeggiare con quei maledetti gancetti: piccoli e tremendamente difficili da slacciare.
Sbuffò, decidendo infine di levarle l’intimo dopo i pantaloni.
Si voltò verso Lara, venendo accolto da una linguetta calda… e un musetto bianco ricoperto di peli e stoffa rotta.
-…DEMON!-
Il siberian husky, scodinzolante, abbaiò più volte in maniera acuta, tornando a leccare le facce, da buon giocherellone, dei suoi due padroni. Lara, sorridente, lo prese tra le braccia.
-Andiamo Hidan, sono mancata anche a lui.-
-Sì, ma… uff, lasciamo perdere.-
Le si avvicinò, grattando la testa di quel cuccioletto dagli occhietti azzurri che, pur di scroccare qualche carezza, li aveva interrotti sul più bello. Nonostante tutto, non riusciva a dare la colpa a quel batuffolo sbrana-cuscini.
La castana lo guardò.
-Ci saranno altre occasioni Hidan, stai tranqui…-
Si lasciò scappare uno sbadiglio, gesto che lo fece sorridere.
Ben capendo quanto fosse stanca, le rimise la canotta, per poi stringerla a sé e cullarla tra le sue braccia, Demon incluso.
-Adesso dormi, è stata una lunga maratona e lo sarà ancor di più.-
Lara si fece scappare una smorfia.
-Non voglio pensarci… voglio che quel giorno arrivi presto.-
-Arriverà Lara… dobbiamo resistere ancora un po’.-
La sentì annuire e, in seguito, sprofondare nel mondo dei sogni.
Sereno, Hidan sorrise: la sua ragazza, tutta pazzia ed adrenalina, era tornata a casa…
Poteva finalmente starsene tranquillo… e risparmiare soldi sulla sim.


Angolo Autrice: Ed ecco che anche Hidan ha fatto la sua apparizione!
Chissà come andrà avanti ;)!
Al prossimo capitolo gente!
Bacioni!
Nebula216 <3

 

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Capitolo 3
*** Count Down ***


Capitolo 3: Count Down
 
 
Quando Lara si svegliò, la prima cosa che riuscì a percepire fu il profumo dei cornetti caldi: un dolcissimo risveglio per una giornata non proprio tranquilla, pensò mentre si stiracchiava come un gatto insonnolito.
Si guardò intorno, vedendo il demonietto bianco-nero dormire, appallottolato, vicino alle sue gambe: ben serrato tra le fauci, colme di dentini aguzzi, il solito cuscino o pupazzo sfortunato.
La ragazza sorrise, regalando al cucciolo delle dolci carezze.
-Abbiamo fatto tardi, eh Demon? Abbiamo voluto strafare con i giochetti.-
Le carezze diventarono dei piacevoli grattini per l’husky, il quale, ancora addormentato, mostrò la pancia alla sua padrona, facendola ridere serena: era veramente un coccolone… oltre che ad uno “sterminatore” di cuscini, vista la sua naturale avversione per questi ultimi.
Una volta liberatasi del groviglio delle coperte, non le restò che raggiungere Silver Head per salvare la cucina da una catastrofe ambientale. Quelle poche volte che aveva cucinato erano state sufficienti a creare uno strato di grasso bruciato alto almeno un dito.
-Buongiorno Hid… oh, wow…-
Quello che vide la fece veramente restare di sasso: la tavola era vistosamente apparecchiata, con tanto di piccoli fiori di campo e petali su tutta la tovaglia, completati al centro da una piccola composizione floreale. Le stoviglie, splendenti e prive di graffi, erano pronte per esser riempite col caffè o il cappuccino, mentre su un vassoio i cornetti caldi emanavano il loro profumino delizioso.
Lara si portò le mani alla bocca, sentendo le braccia di Hidan avvolgerla con affetto.
-Sono migliorato, lo so.-
La baciò sulla guancia, ridendo del suo sguardo perso ed incredulo. Lara rivolse più volte lo sguardo dal tavolo verso il suo ragazzo e viceversa, non riuscendo a credere ai suoi occhi: che miracolo era successo?
-Oddio, è un risveglio bellissimo Hidan…-
-Bellissimo perché non ho fatto danni irrimediabili alla cucina o per la sorpresa?-
La castana gli diede un piccolo buffetto sul mento.
-Per la sorpresa scemo!-
Risero e, presi dalla fame, iniziarono a mangiare.
Con il cornetto ben serrato tra le labbra, Lara controllò la posta: qualche bolletta fra i modelli di inviti per le nozze. La ragazza guardò il fidanzato, occupato a bere un sorso di succo d’arancia.
-Non li avevano già scelti?-
Lui deglutì.
-Sì, mi sono solo dimenticato di metterli via. A regola, oggi abbiamo l’appuntamento col catering e domani le prove. E poi…-
-E poi le nozze.-
Concluse con un sorriso Lara, pensando con una leggera nota di nervosismo a quel grande giorno che si avvicinava sempre di più.
Non aveva mai pensato al suo matrimonio, mai fino a quando Hidan non le si era presentato vicino a quel letto di ospedale con il cucciolo e l’anello.
Se i suoi avessero potuto vederla…
Trattenne a fatica una lacrima, tanto che il ragazzo spostò la sedia vicino a lei e se la coricò sulle gambe, stringendola come un peluche.
-Ehi… loro sono fieri di te. Non piang…-
Il campanello interruppe il ragazzo, trillando nuovamente con impazienza.
L’argenteo fece sedere Lara sulla sua sedia, poi si alzò ed andò ad aprire, pronto per chissà quali bestemmie da lanciare contro al disturbatore.
-HIDAN! AMICO MIO!-
Una capigliatura bionda e una rossa, una maschera a girella e uno spilungone con una specie di passamontagna fecero ben intuire alla ragazza che la mattinata tranquilla era andata a farsi benedire.
Nonostante tutto, sorrise e si alzò, accogliendo con un abbraccio ogni singolo membro dell’Akatsuki.
-Ragazzi, benvenuti! Come state?-
-Tobi sta bene Lara chan! Tobi è felicissimo per Lara e pensa che sarà bellissima al matrimonio!-
La castana arrossì un poco, ringraziando il moro con un sorriso sulle labbra.
-Sei troppo gentile Tobi, davvero…-
-Tobi dice la verità!-
Esclamò il ragazzo con un acuto, così forte da far correre in cucina Demon. Appena quest’ultimo vide i membri dell’Akatsuki, e dopo averli squadrati uno ad uno con gli occhietti vispi, corse al divano e addentò una delle sue palline da tennis. Con la coda alta e scodinzolante, trotterellò fino agli ospiti e la lasciò ai loro piedi, guaendo per attirare la loro attenzione.
Deidara, sorridendo, afferrò la pallina.
-E così il demonietto di casa vuole giocare… pronto per un lancio esplosivo?!-
Hidan si intromise.
-Deidara, non credo sia il caso…-
-Zitto Hidan! Stai rovinando un momento artistico! PRENDI DEMON!-
Non curandosi dello sguardo preoccupato di Lara e di Hidan prossimo ad afferrare la sua falce, il dinamitardo lanciò la pallina da tennis nel corridoio delle camere da notte. Senza farsi attendere troppo, l’husky partì all’inseguimento del giocattolo, scivolando o sul pavimento o sul parquet, rigirandosi e tornando indietro ogni volta che la pallina rimbalzava.
Quando la sfera gialla cadde sul tavolo da pranzo Hidan intervenne: afferrò la pallina prima che Demon saltasse e combinasse un qualche guaio, sostituendola con un pupazzo col fischietto a forma di maiale.
-Ehi Demon! Guarda qui!-
Il cucciolo, con le orecchie dritte, abbaiò e, senza dar tempo al suo padrone di lanciarlo, glielo strappò dalle mani, scuotendolo a destra e a sinistra con grande foga.
Scongiurato il pericolo, Silver Head fulminò Deidara, il quale sorrise imbarazzato e preoccupato.
-Su Hidan… non fare la faccia da pazzo omicida… sono tuo amico!-
-Sei un totale idiota! Giuro che uno di questi giorni io ti…-
Il campanello suonò un’altra volta, lasciando Lara basita: come mai tutte quelle visite?
Prima che potesse parlare, sbiancò e osservò Hidan.
-Ehm… Hidan… a che ora era l’incontro col responsabile del catering?-
L’argenteo si grattò la nuca.
-Beh, per le 11:00 credo.-
Gli occhi smeraldini della ragazza saettarono verso l’orologio, riducendosi in seguito a due minuscole fessure.
-Oh cazzo… SONO LE 11:00!!!-
Come una freccia, saettò in camera e cercò, con grande furia, degli abiti per ricevere l’organizzatore del rinfresco. Optò per dei jeans, una maglietta e una felpa leggera e, senza esitare, corse di nuovo in cucina.
Il responsabile era un uomo vestito con un completo crema, messo in risalto da una camicia e una cravatta blu scure. Aveva i capelli curati con del gel castani chiari, tenuti lateralmente.
Una barbetta leggera gli contornava le labbra.
-Buongiorno signorina Scarlett. Buongiorno signor Williams.-
I due futuri sposi lo fecero entrare, scusandosi per la confusione di quel momento. L’uomo osservò, quasi irritato, la confusione di quel momento, salvo poi starnutire sonoramente.
Lara gli porse dei fazzoletti.
-E’ raffreddato signor Thompson?-
L’uomo scosse la testa, soffiandosi il naso con forza.
-No signorina… sono solo allergico.-
-Oh, mi dispiace… a cosa?-
Lui recuperò il suo contegno, quando vide giungere, con dei balzi scomposti, la piccola palla di pelo bianca e nera.
-Ecco… ai cani signorina.-
Deidara trattenne le risate a fatica, mentre Hidan recuperava dall’appendi abiti il guinzaglio blu del cucciolo.
-Non lo sapevamo, ci dispiace! Ragazzi, perché non portate Demon a fare una passeggiata!?-
Allacciò il moschettone al collarino del cucciolo, passando il guinzaglio a Kakuzu e spingendoli tutti fuori dalla casa. Lara, nel frattempo, decise di cambiare aria aprendo qualche finestra ed offrire un po’ di caffè all’organizzatore.
-Grazie signorina Scarlett. Allora… partiamo dall’antipasto.-
La coppia si sedette, annuendo e controllando le varie scelte che l’uomo offriva loro. Tartine al salmone con caviale, crostini al fegato d’anatra con capperi, vellutate di verdura con chissà quanti ingredienti sconosciuti… le pietanze si susseguirono con così tanta velocità ed intensità che alla castana venne un lieve mal di testa.
Avrebbero mai raggiunto un compromesso fra carne e pesce?
Fra insalata, patate e piselli per il contorno?
Quando poi arrivarono alla questione del dolce fu ancora più difficile. Oltretutto, il signor Thompson stava lacrimando dall’allergia e, sebbene avesse preso l’anti-staminico, sembrava non voler smettere.
Alla fine, all’incirca dopo due ore, il menu era completo.
-La ringraziamo signor Thompson e… mi scusi ancora per Demon.-
-Stia tranquilla signorina… non poteva saperlo… bene, preparo subito i menu da mettere sui tavoli. La location sapete già quale sarà?-
Hidan sorrise, stringendo la sua ragazza da dietro.
-Sì. Ha presente La Villa delle Rose?-
Il castano si illuminò.
-Eccome! Quella col labirinto e il lago!-
Lara sorrise.
-Lì.-
Si limitò a dire il ragazzo, ricevendo subito dopo complimenti per la scelta eccezionale.
Lei e Silver Head avevano scelto quel posto per un motivo preciso, un motivo molto più profondo della bellezza estetica o della struttura raffinata.
Era stato in quel labirinto che Lara aveva distrutto la sua maschera da ragazza seria e tosta, rivelando al ragazzo la sua vera identità, tutta la sua fragilità.
Per lei era stato un nuovo inizio… e volevano iniziare da lì la loro nuova vita da sposi.
Quando Thompson se ne andò, gli occhi della ragazza caddero sul calendario: mancava una sola settimana alla cerimonia…
Una sola settimana e poi sarebbe diventata la moglie di Hidan.
Sorrise, baciando il ragazzo sulla mascella.
-Inizia il conto alla rovescia, eh?-
Lui le sorrise.
-Puoi dirlo forte piccola.-


Angolo Autrice: Lo so, vi ho fatto aspettare parecchio, ma ho avuto parecchi impegni ultimamente.
Spero che vi piaccia e... ne vedremo delle belle, manca solo una settimana al matrimonio! Gongolooooo ^^!!!! 
Al prossimo capitolo gente e.... TANTISSIMI AUGURI DI BUON NATALE! :D
Bacioni!
Nebula216 <3

 

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