Insegnami a Vivere

di Clawdia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Here's To Never Growing Up ***
Capitolo 3: *** I Have Seen The Rain ***
Capitolo 4: *** Part of Me ***
Capitolo 5: *** Don't You Worry Child ***
Capitolo 6: *** Don't Give Up ***
Capitolo 7: *** Life in Technicolor ***
Capitolo 8: *** I Know You Were Trouble ***
Capitolo 9: *** Lies ***
Capitolo 10: *** One More Night ***
Capitolo 11: *** Wake me Up ***
Capitolo 12: *** Next to Me ***
Capitolo 13: *** Girlfriend ***
Capitolo 14: *** Secrets ***
Capitolo 15: *** Lose It ***
Capitolo 16: *** Coming Home ***
Capitolo 17: *** Normal Life ***
Capitolo 18: *** Waves ***
Capitolo 19: *** Surprise ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questa storia non è altro che il seguito di "Insegnami ad Amare" e le vicende riprendono pressapoco da dove avevamo lasciato. Se volete  recuperare questa serie per comprendere al meglio le vicende questo è il link.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1502596&i=1

I
NSEGNAMI A VIVERE
Prologo

 

Quanto il tempo può cambiare una persona?
Quanto il tempo può cambiare una coppia?
I legami vengono messi alla prova. Si valorizzano, si rafforzano oppure semplicemente si spezzano lasciando di quei teneri ricordi passati solo le briciole. 
Cosa ne penso io di queste frasi fatte? CAZZATE!
Dios. Probabilmente son state scritte da qualche sfigato appena mollato dalla moglie o dal marito dopo un unione assolutamente umiliante e priva d'amore.
Bisognerebbe pensarci bene prima di convolare a nozze e non lamentarsi di come il tempo distrugga tutto e tutti. Bisogna essere preparati. Bisogna lottare, amare, soffrire e gioire per tutte quelle sensazioni vere che si provano prima di salire sull'altare. Quanto tempo ho avuto io per prepararmi? Quasi 8 anni! Sono stati sufficienti?
Io dico che non son mai troppi. 
Amo Brittany, la amo con tutto il mio cuore e la mia anima e ogni parte del mio corpo e ogni particella della mia mente e ogni fibra del mio essere. Lei è stata la prima ragazza di cui mi sono innamorata, l'unica a cui ho confessato il mio amore, l'unica che mi interessa ora.
Son stata un po' puttanella anni fa, non lo nascondo. Ho avuto il mio periodo di smarrimento, i miei casini, le mie difficoltà, i miei problemi, le mie cazzate. Ma chi non ne ha? Chi pensa di esser così perfetto da trovar subito la propria anima gemella e vivere un rapporto idilliaco per tutta la vita? Oh andiamo, altre cazzate!
Penso che la tua vecchia email fosse una presa in giro scritta da una mamma biondina di mia conoscenza ma nel dubbio ho voluto rispondere ai tuoi stupidi interrogativi. No, non mi sono stufata del mio matrimonio, anzi. Le cose che contano veramente ora per me sono solo tre. 
Io amo Brittany, Brittany ama me.
 
E le Hawaii sono meravigliose! Dovresti proprio venire a vederle un giorno, anzi ancora mi chiedo per quale oscura ragione non ci siamo venuti insieme. Britt sta scattando centinaia di foto quindi avremo tempo per mostrarvi le nostre avventure, ogni tanto mi sveglio e la trovo al mio fianco con la macchina fotografica. Ecco magari qualche foto la dovrò censusare, non si sa mai. Poi chissà Mel come reagisce! Perché ti scrivo quest'email? Semplicemente volevo anche ringraziare te e tutti gli altri per questo splendido regalo, non avete seguito per nulla la nostra lista di nozze...ah no aspetta, non ne avevamo una! Ah la fretta...Comunque siamo in luna di miele da due mesi ormai e non son mai stata così tanto felice in vita mia! Penso che potrei vivere così per sempre, ma qualcuno dissentirebbe vero? Ahahah.
 
Chi ha voglia di tornare alla vita normale ora? Ma dopotutto non vedo l'ora di cominciare a vivere davvero insieme a Brittany! Ah, un ultima cosa, non è che potresti andare a parlare con l'agente immobiliare? Non so se gli è arrivato l'ultimo assegno e non voglio perdere quella meravigliosa casa a pochi isolati dalla Fabray. L'hanno appena costruita, quella bianca e rossa ricordi? Te l'ho fatta vedere in foto una volta. Che altro aggiungere...Salutami tanto la tua splendida mogliettina, un bacione a quella stronza di Quinn e alla piccola Beth e mi raccomando fate tutti da bravi mentre non ci sono. Oh dimenticavo anche Brittany vi manda i suoi saluti. Non vedo l'ora di raccontarti tutto, stammi bene stupidone!
La tua Santana

Angolo dell'Autrice
EHI. SONO TORNATA! <3 Ahahahahhahahahahahahhahahaha no seriamente, ho pensato a lungo a come sarebbe stato meglio introdurre il continuo di questa storia che ho in testa già da un bel po' e l'unico modo che credevo fattibile era con una semplice email. Allora, che avete fatto nelle vacanze? Vi son mancate Brittany e Santana? Matt? Quinn? Be...non disperate perché son tornati! Quest è il prologo di una vicenda e posso darvi subito una piccola anticipazione, le vicende della storia si svolgeranno 3 anni dopo il matrimonio. Si, lo so, mi piacciono i salti temporali ma credo che fosse il tempo perfetto per inserire la storyline che ho in mente. Per cui che altro posso dire se non...Grazie a chiunque leggerà questa storia, e ci si risente al prossimo Capitolo :D

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Capitolo 2
*** Here's To Never Growing Up ***


Camminavo per quei colorati corridoi con la consapevolezza che quel giorno avrebbe cambiato completamente la mia vita. Io, Santana Lopez. Santana Pierce Lopez. Una giovane e affermata compositrice, sposata con una biondissima e bellissima ragazza avrei dovuto sopportare un nuovo sconvolgimento. L'ultimo di una lunga, lunghissima serie.
Quanto la mia vita era cambiata? Quanto ero cresciuta dalla fine della scuola? Cosa tutto avevo dovuto affrontare? Avevo superato scogli ben più alti di questo. Non mi mancava il sorriso, questo no. Non l'avevo mai perso, se non in una rara occasione che mi aveva segnata per sempre e aveva portato la nuova me ad una nuova consapevolezza.
Avevo pensato tanto a quella scelta, a quella possibilità, a quel cambiamento. Non era una cosa semplice, da prendere come se nulla fosse, non una cosa su cui scherzare.
E ora mi limitavo a camminare alla cieca. Perché non potevo far altro.
Avevo bisogno del mio spazio, ne avevo sempre avuto bisogno e continuavo a desiderarlo di tanto in tanto. E quel giorno...ancora più di sempre.
 
Il Giorno Prima
 
«Quindi ti senti pronta?»
«Ci si sente mai pronti per cose del genere?» risposi mandando giù tutto d'un fiato il mio drink e tornando a specchiarmi nei meravigliosi occhi di Matt. Quella barbetta che si era lasciato crescere lo rendeva ancora più affascinante di quanto già non fosse. Il mio migliore amico era veramente bello. Tutti questi anni lo avevano delineato e reso quel grandissimo figo che tutti guardavano ammirati quando passava per strada. Che sorrideva e faceva fermare la gente, che viveva per te e sentiva sempre il bisogno di esserci. Quando lo avevo chiamato per una delle nostre solite serate non ci aveva messo molto a liberarsi dai suoi ultimi affari e venire da me. Arrotondare lo stipendio mensile con dei servizi da modello non solo giovava al suo patrimonio ma anche al suo umore.
«Tu ti sentivi pronto quando è successo?» chiesi dandogli un colpetto amichevole sulla spalla e tornando a concentrarmi su di lui. Lui mi guardò sorridendo.
«Nemmeno per sogno. Ma ho avuto quasi 7 mesi per prepararmi eh.»
«Io ho avuto tre anni Matt! Andiamo, non è una cosa che vuole solo Brittany, non la sto accontentando o assecondando. Questa è una cosa che vogliamo entrambe...»
«Certo, ciò non toglie che sia un grande passo e che non si torna indietro!»
«Oh andiamo. Tu ami tua figlia! Sei il papà più premuroso e dolce del mondo e ora vieni a rompere le palle a me? All'inizio eri una frana ma guardati ora!»
«Non è solo merito mio e lo sai. Mel è meravigliosa con la piccola Sofì.»
«Sembra nata per fare la mamma.» ammisi ridacchiando.
Già. Mel era veramente brava! Dopo la vittoria contro la sua malattia c'era voluto poco tempo prima che cominciasse a desiderare un figlio, cosa che non aveva affatto tardato ad arrivare. Sofì era una bambina dolcissima e con due genitori del genere non poteva non essere anche bellissima. La sua pelle era bianchissima e i ciuffi rossi incorniciavano due grandi occhioni verdi che avrebbero incantato chiunque. Ormai aveva quasi due anni, era una cucciolina e correva di qua e di là per la casa. 
«Come tu per fare la madrina!»
«Non è vero!»
«No? Sofì ti adora. Non vede l'ora che zia Sanny venga a casa per portarla in giro!»
«Questo è perché voi due avete sempre da fare!»
«Balle...sai bene che si è affezionata a te e che dopotutto ci sai fare con i bambini.»
«Ecco. Appunto, questo conferma la mia teoria no?»
«Certo! Sono sicuro che sarai un ottima mamma.»
Lo vidi sbiancare mentre rideva divertito della sua stessa frase.
«Oddio, non si può proprio sentire. Mamma Santana. Ahahhahah suona veramente male!»
«Che stronzo!» dissi colpendolo mentre lui invece tentava di catturarmi in un abbraccio pacificatore. «Ehi voi due, vi divertite senza di me?!»
Ci voltammo insieme, ancora stretti l'uno nell'altra richiamati da quella voce familiare.
Bionda. Bella. Sorridente. Puttanella.
«QUINN!» gridammo all'unisolo dandole delle forti pacche sulla spalla e facendola accomodare. Fermai subito un cameriere chiedendo altri 3 aperitivi.
Anche lei bella come al solito, perfettamente in ordine, truccata da dio. Non sembrava proprio una ragazza madre che per anni si era sempre dovuta districare tra lavoro, vita e la sua amata figlia. Non che Puck le avesse mai fatto mancare nulla anche a distanza da Los Angeles. Ora che erano tornati insieme poi...sembrava ancora più radiosa.
«Allora qual'è la grande notizia di cui ci stavi parlando?» chiesi dato che quando avevo invitato anche lei al locale stamattina non aveva fatto altro che sospirare, balbettare e dirmi che doveva proprio comunicarci una cosa importantissima.
Lei allungò allora la mano ridacchiando e mostrandoci un anello scintillante mai visto prima.
Restammo entrambi a bocca aperta, senza sapere davvero cosa dire e fu lei, quasi urlando a suggerirci come comportarci di fronte a quella novità. 
«Noah mi ha chiesto di sposarlo. Ieri. E IO HO RISPOSTO DI SI!»
«WAAAAAAA» gridai lanciandomi sul suo collo mentre Matt batteva le mani divertito e non faceva altro che dire parole di congratulazioni senza alcun senso.
«Ma come? Dove? WOW QUINN!»
«Lo so. LO SO. Io non potevo crederci! Ti ricordi che ieri ho chiesto a Rach e Kurt se potevo lasciare Beth da loro? Noah mi ha portata a cena fuori e quando hanno portato il dolce sulla mia fetta di torta troneggiava un anello che...o mio dio stavo per svenire! Lui si è messo in ginocchio, mi ha fatto la proposta e...be, io non riuscivo ad ascoltare niente. Gli ho risposto sì quando era ancora a metà!»
Scoppiammo a ridere emozionati. La mia Quinn. La mia stronzetta preferita che si sposava?
Questo mi riportò alla mente quei momenti passati. 3 anni fa.
Io e Brittany sull'altare. Vestite di bianco. Sposate.
Quante ne avevamo passate da quel giorno? Quante cose avevamo vissuto?
La nostra casa, la nostra vita insieme. Le cene bruciate, le nottate passate a far l'amore e parlare. I giorni strette l'una tra le braccia dell'altra. I nostri casini, le mille avventure. Quel  viaggio di nozze lungo una vita e le colazioni a letto. Le docce insieme, non che questa fosse una novità sia chiaro. Ma tutto assumeva un sapore più dolce con lei al mio fianco.
«San ci sei? Oh San!» tornai di nuovo nel mondo reale ritrovandomi la mano di Quinn davanti al mio viso. «Lasciala perdere, sta pensando a tutt'altro lei!»
«Oh cavolo, è domani vero? WAAAAAA»
Quinn gridò prendendomi le mani, completamente fuori di se.
«Finalmente anche tu entrerai nel nostro club!»
Io li guardai confusa. «Quale club?»
Matt e Quinn si sincronizzarono sullo stesso tono di voce.
«Il club dei genitori fighi e felici!»
Pessimi. Pessimi. DIOS. MA CHE ERA QUELLO SCHIFO?
«Me ne vado. Io dopo questa cambio locale davvero...»
«SAN! Resta dai ahahahah scherzavamo!»
«Genitori fighi e felici? Voi siete fusi!» scoppiammo tutti a ridere.
Felici. Ebri di quella vita che stavamo vivendo completamente con al nostro fianco delle persone che ci amavano, valorizzavano, apprezzavano completamente.
«Avevate pensato che sarebbe mai finita così?»
«Noi tre. Sposati...»«Ehi non ancora tutti!»«Dai Quinn non rovinarmi il concetto!»
«Dicevo sposati, felici e ormai genitori.»
«In effetti no. Cioè non avevo grandi aspettative sul mio futuro e poi è arrivata Brittany!»
«Per me Mel»«Sapete bene che per quanto ami Noah la gioia della mia vita è stata Beth...»
«Parlando della piccola Fabray junior dove l'hai lasciata oggi?» chiesi battendo le mani sulle ginocchia e spostandomi un ciuffo dagli occhi.
«Con il padre! Ormai Noah passa quasi ogni giorno a casa e non è più un problema. Poi ormai Beth ha 13 anni, non è più una bambina.»
«Già, come passa il tempo! Mi sembra ieri che gattonava come una pazza in casa di tua madre...» mormorai io ritornando al passato. Sembravano passati secoli da quei giorni.
«La routine ci sta uccidendo...» sussurrai pentendomene un secondo dopo. Vidi Quinn e Matt scoppiare a ridere come due folli e tentare di contenersi inutilmente. Che avevo detto di tanto strano?
«Probabilmente a noi sì, ma a te San? Non diciamo cazzate!»
«Cosa avrebbe la mia vita di così diverso dalle vostre?»
«Dobbiamo proprio dirlo? Dai! Tu e Brittany sembrate due eterne adolescenti alla scoperta delle prime conquiste.»«Ma smettila...» protestai zittendolo.
«No San veramente. Cioè non sembrate affatto sposate nel senso brutto del termine. Non vi annoiate mai, state sempre scop...»«QUINN!» Gridai arrossendo di colpo.
«Non ti permetto di parlare così di mia moglie!»
«E arrossisci ancora quando usi quella parola...siete così follemente innamorate. Io e Quinn pensiamo sempre che potreste sposarvi ogni giorno dell'anno e sareste ancora come quel giorno in Spagna.»
«Coglionate! Io e Brittany siamo maturate, cresciute e...»
«Parla quella che l'altro giorno è finita dentro una piscina perché stava lottando con la moglie. Nemmeno Beth...»
Arrossì ancora. Dai non potevano dire quelle cose, mi facevano vergognare.
E Santana Lopez non provava vergogna per niente...a meno che non fosse vero no?
Dios. Che amici che mi ritrovavo!
«Cambiamo discorso?»
«Brutto avere torto eh? Dai si, parliamo del tuo lavoro. Ho saputo una cosetta...»
Matt mi guardò sorridente e capì perfettamente a cosa si riferiva.
«Sì, potrei aver collaborato per una canzone con Florence ma questo non ti da il diritto di avere quel sorrisetto da idiota!» risi automaticamente mentre Quinn batteva le mani felice.
«Sarà ormai il ventesimo cantante di fama mondiale con cui collabori!»
«Merito i soldi che porto a casa no?»«Non poco!»
Scoppiammo a ridere. Ancora una volta.
Perché tutto andava bene, perché erano passati 3 anni dal mio matrimonio, l'evento che più ci aveva tutti scombussolati e tutto andava ancora perfettamente bene. Le nostre vite erano andate avanti e avevamo fatto conoscenze, cambiamenti, scelte. E ora eravamo qua.
Presi il calice contagiata anche io da quella felcità che sembrava averci ormai infettati.
«A noi?»«A NOI TRE!»
 
Oggi
 
Camminavo. Avevo bisogno di spazio. Avevo bisogno di prendere aria. 
Il perché? Io e Brittany avevamo deciso di adottare un figlio. Di allargare la nostra famiglia e farla crescere e maturare. Non era stata una cosa immediata, era passato parecchio tempo prima di cadere in quell'argomento ma sapevo quanto Brittany ne desiderasse uno e anche io volevo diventare mamma insieme a lei dopotutto. Certo, non tanto velocemente, e proprio per questo mi ero goduta quella nostra vita sino ad oggi. Il giorno in cui avevamo deciso di compiere il primo dei grandi passi che ci aspettavano. 
Ne avevamo davvero discusso tantissimo, anche perché per una coppia di lesbiche non era certo così semplice avere un figlio. Brittany avrebbe voluto crescerlo dentro di se ma le analisi e i dottori purtroppo non sembravano volerglielo permettere così ci eravamo recate in un orfanotrofio. Ed era qua che vagabondavo sola, alla ricerca di quell'ispirazione che dovrebbe cogliere un genitori in queste situazioni.
Avremmo adottato un figlio. Io e lei saremmo diventate madri.
«Amore! Eccoti, non riuscivo più a trovarti.»
Sentì la calda mano di Brittany intrecciarsi con la mia e poi avvertì le sue labbra posarsi sulla mia guancia con dolcezza. Io le regalai uno sguardo pieno di felicità.
«Sei pronta?» mi chiese emozionata. «Ora che ci sei anche tu sì!»

Angolo dell'Autrice
Ed eccoci qua al primo Capitolo di questa grande nuova storia. Si, c'è stato un salto temporale e si, prima o poi scoprirete di più di tutto quello che è successo ma ora direi di concentrarsi su uno dei gradini successivi nella relazione delle nostre ragazze. Siamo partite dagli anni della scuola, 7 anni prima di dichiarare il loro amore, per sposarsi e poi altri 3 prima di portare il loro rapporto a un nuovo livello. Pronti per esplorare la famiglia Pierce-Lopez allargata? Ci sarà da divertirsi...Grazie a chi tutto segue, mette tra i preferiti la mia storia, siete grandi. E per chi recensisce o...be...io vi adoro e lo sapete :) Alla prossima!

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Capitolo 3
*** I Have Seen The Rain ***


«Ti ho già detto che sei bellissima oggi?»
«Almeno una decina di volte amore. Ma questo non mi calma e lo sai!»
Brittany rise dolcemente baciandomi ancora una volta. Stava solo tentando di mettermi a mio agio, di calmare quel cuore palpitante quando lei stessa era la prima a sentire l'emozione di quel momento. 
«Allora? Andiamo?»
«Prima le bone!»«Cosa?»
«No dicevo, prima le signore!» risi spalancandole la porta ed entrando in un vortice di confusione, bambini urlanti e giocanti e tanti colori ovunque. Una donna vedendoci lasciò un grande dado numerato e ci venne incontro sorridente mentre si rimetteva in ordine. Altre tre ragazze non sopra i trent'anni controllavano tutti quei piccoli di così tante età differenti.
«Le signorine Pierce Lopez presumo.»
«Santana» dissi allungando la mano seguita da Brittany.
«Roxane, è un piacere fare finalmente la vostra conoscenza. Prego, vi accompagno nel mio ufficio.» Ci eravamo parlate a lungo al telefono prima di fissare quel primo incontro. Avevamo avuto altre giornate da dedicare a quell'adozione in quanto eravamo state spulciate dalla testa ai piedi. Volevano sapere ogni cosa della famiglia alla quale avrebbero affidato uno dei loro bambini, dal guadagno lordo a possibili problemi legati a dipendenze. Su altre cose però non erano altrettanto scrupolosi e dato che sapevamo entrambe che se fossero venuti a conoscenza del mio tentato suicidio non avremmo mai ottenuto l'affidamento, poiché il mio ricovero era rimasto così tanto segreto al tempo, scegliemmo di non dire nulla.
Passammo i controlli, tutti. E anche se avevamo paura che un giorno la cosa sarebbe potuta saltare fuori confidavamo che dopo qualche mese il loro controllo e la pressione sarebbe scemata e l'orfanotrofio si sarebbe definivamente disinteressato alla nostra famiglia.
«Allora, queste son tutte le vostre carte. Le ho esaminate attentamente, ho parlato con il mio collega e ritengo che siate una famiglia perfetta per uno dei nostri ragazzi! Certo, ci potrebbero essere dei problemi legati alla vostra unione inizialmente ma di questo ne siete già a conoscenza vero?»
Certo. Ne ero totalmente a conoscenza. Prese in giro, insulti, bullismo? Erano possibilità ma avremmo cresciuto e protetto il nostro figlio da tutto questo, dal brutto del mondo. E io gli avrei insegnato a lottare, a difendersi e a ribaltare la situazione. Dopotutto ormai il mondo non era così ottuso come ai nostri tempi, le cose stavano cambiando seppur lentamente.
«Totalmente. Ma si può fidare di noi, sarà amato più di ogni altro.»
Cercai subito la mano di Brittany mentre la vedevo tremare dall'emozione. Già.
Suo figlio. Mio figlio. Nostro figlio.
«Bene. C'è qualche cosa che volete chiedermi? Logicamente noi vi seguiremo per tutti i primi mesi dell'affidamento e vi aiuteremo se ce ne fosse bisogno.»
«Io sinceramente non ho nulla da chiedere, tu?» mi rivolsi dolcemente a Britt che scosse la testa sorridendo. La donna ci guardò e timbrò allora quelle carte dandocene una copia.
«Bene, dunque questa va a voi ora. Quando porterete uno dei bambini a casa poi avremo un bel po' di carte da firmare e leggere ma ce ne preoccuperemo in seguito. Sapete, la burocrazia è una parte noiosa ma purtroppo necessaria.»
Annuì capendo benissimo cosa si riferiva. Brittany ancora più di me.
«Non so. Avete qualche preferenza?»
«In che senso?»
«Molti genitori arrivano qua con un idea precisa. Cosa posso dire, un maschio o una femmina? Di che età?»
Io e Brittany ci guardammo capendoci subito al volo.
«Sinceramente non ne abbiamo idea. Siamo del parere che quando lo vedremo lo capiremo!»
Lei ci guardò sempre più sorridente, a quanto pareva non eravamo le prime a far un tipo di ragionamento del genere ma sicuramente nemmeno la maggioranza. Dopo averci fatto qualche raccomandazione si limitò a defilarsi da un lato e lasciarci camminare per l'istituto a parlare o osservare tutti quei bambini.      
«Pensi che resteremo qua tutto il giorno?»«Non esagerare San. Non penso che saremo così difficili! Qualche ora magari.»«Sai che voglio la figlia più stupenda del mondo per te?» ammisi quasi vergognandomene un secondo dopo. Volevo una figlia che amasse sua madre quasi come me. 
«Smettila.» mi disse lei sorridente prima di darmi un colpetto nelle costole.
Io risi e mi rimboccai le maniche.
«Bene incominciamo questa lunga e interminabile ricerca e...Brittany mi stai ascoltando?»
Si era fermata una decina di passi indietro. Lo sguardo fissò dentro una stanza, oltre la porta aperta a metà, quasi sconvolta da ciò che vedeva.
«Oh dai non puoi averla già trovata e...» mi bloccai immediatamente appena varrcai visivamente la soglia. Non potevo veramente credere ai miei occhi e capivo bene perché Brittany fosse quasi sbiancata.
Ero io. In quella stanza c'era Santana Lopez.
DIOS, nel senso...non proprio me. Una mia versione bambina.
Brittany cercò la mia mano mentre ancora non riusciva a capacitarsi di quello che aveva davanti. La piccola Santana se ne stava in un angolino, china su un libro scolorito.
Ecco, già questo ti faceva capire che non ero proprio io! Ma...
Aveva dei capelli scuri e lisci lunghi qualche centimetro oltre la schiena, la pelle color caffè latte e gli occhi del mio stesso colorito. Anche il taglio era molto simile, così come i lineamenti del suo piccolo viso. Gli abiti che indossava erano assolutamente anonimi, ma dopotutto viveva in un orfanotrofio, sicuramente non poteva permettersi di meglio.
«San...»
«Dimmi...»
«Sicura di non esserti dimenticata di dirmi qualcosa?»
Io mi voltai verso di lei sconvolta.
«Scherzi?»
Lei sorrise guardandomi negli occhi.
«Se non fossi sicura al cento per cento della tua omosessualità probabilmente penserei che quella sia tua figlia. Smentiscimi dai!»
«Io...be, mi somiglia parecchio.»
«Santana forse ti sei dimenticata com'eri tu da bambina...SIETE IDENTICHE!» disse alzando la voce e prendendomi in un angolino prima che la piccola me ci vedesse e si allarmasse.
«Ok, niente panico. Sarà solo una coincidenza!»
«Io direi destino...» mormorò Brittany sorridendo.
«Ci facciamo un altro giretto?»«Affermativo.»
Inutile dire che per quanto camminassimo, per quanti bambini vedessimo non riuscivamo a toglierci dalla testa l'immagine del mio salto nel passato. Non ci parlavamo neppure, ci limitavamo a guardarci attorno con disinteresse come se avessimo già fatto la nostra scelta.
E quando a fine locale ci scambiammo quello sguardo d'intesa capimmo che era ora di tornare dalla direttrice.

«Dunque avete scelto?»
«Sisi!» sussultammo insieme.
«Una bambina praticamente identica a mia moglie, capelli neri, pelle caffè latte. Era in una stanza da sola, leggeva un libro e...»«Oh. Sara.»
Lo disse con una strana voce. Il suo sorriso felice cambiò per un attimo.
«Perché "oh"?» chiesi quasi con insistenza.
«Diciamo che non è una bambina semplice. Sedetevi, prendo il suo fascicolo.»
Si accomodammo cercandoci subito le mani e attendemmo che la donna finisse di frugare tra le sue cose prima di scambiarci uno sguardo fiducioso.
«Ecco qua. Sara Sanchez. Sta qua con noi da ormai 6 anni, i suoi genitori sono morti in un incidente d'auto e purtroppo sembra proprio che fossero anche gli unici parenti della piccola. La sua famiglia non è stata molto fortunata. Sara ha dieci anni, va per gli undici ormai e penso sempre che quella perdita l'abbia segnata per sempre. Non parla quasi mai, è abbastanza scontrosa con gli altri bambini e difficilmente si interessa a qualcosa.»
«Ma l'abbiamo vista leggere...» protestò Brittany.
«I libri son la sua unica compagnia. Ne legge a decine! Non saprei, siete una coppia molto giovane ma forse non ancora pronta per una bambina come Sara.»
Io e Brittany ci guardammo ancora. Parlammo senza aver bisogno di aprir bocca.
«Senta, è vero. Siamo sposate da solo 3 anni ma ci conosciamo da quando eravamo ancora a scuola ed eravamo due ragazzine. Abbiamo superato tanti problemi e tante difficoltà e ci amiamo. Ci amiamo così tanto!» le strinsi forte la mano.
Sì, avevamo sempre la malsana abitudine di scegliere la via più difficile ma...Quella bambina era la mia copia e sapevo bene quanto Brittany avrebbe desiderato un figlio da me, per cui la somiglianza non poteva che aiutare. Inoltre...era una bambina con problemi e necessitava del nostro aiuto. Anche io, tempo fa mi ero sentita persa, diversa, ma avevo avuto al mio fianco delle persone che mi avevano supportata e aiutata. Anche Sara aveva bisogno di questo, anche lei meritava di essere amata come lo ero stata io e di avere una famiglia. 
«Quella bambina ha solo bisogno di affetto, di tempo, di una famiglia che la ami.»
«La prego, noi pensiamo che possa essere quella giusta!» mormorò Brittany quasi commossa per le mie parole. La donna ci guardò e si calmò, mettendosi probabilmente il cuore in pace.
«E va bene. Ma vi avvertò che controlleremo la situazione.»
«Certo! Potete passare pure per il the o un caffè.» grdò Brittany emozionata facendomi inarcare un sopracciglio. Ok, era una reazione un po' esagerata. Non volevo quella gente in casa nostra, non sempre per lo meno!
«Allora preparo le carte e poi potrete portare la bambina a casa.»
«SII!» gridò Brittany abbracciandomi e dandomi un bacio che io evitai dato che, punto primo eravamo davanti alla direttrice dell'orfanotrofio dove stavamo adottando NOSTRA figlia. Punto secondo, troppo entusiasmo poteva portare a delusioni e io volevo partire a metà altezza dato cosa tutto ci era stato detto.
«Ci scusi, siamo...siamo solo molto felici.» mormorai vedendo lo sguardo sorpreso della donna. Brittany si scusò immediatamente ma scoppiò anche in una risata liberatoria. Quando la dirigente uscì per andare probabilmente a prendere la bambina sentì le mani di mia moglie stringermi i fianchi e subito le sue labbra cercare le mie.
«Siamo genitori! E io ti amo!»
«Anche io ti amo.» risposi baciandola con passione «Però pensi di riuscire a controllarti ancora per un po'? Il tempo di uscire da qua!» scoppiammo a ridere insieme.
Già. Era un gran giorno... «Bene, eccoci. Sara vorrei presentarti Santana e Brittany. Oggi ti porteranno a casa per un giorno di prova fuori dall'istituto, che ne dici?»
La bambina ci guardò con i suoi grandi occhioni scuri soffermandosi per parecchi secondi sulle nostre figure senza dir nulla, poi si limitò ad annuire.
 «Se non ti sentissi a tuo agio potrai tornare qua e riprovare un altro giorno va bene?»
La piccola annuì ancora. 
«Brava Sara. Vai a prenderti qualcosa da portare con te e mettila nello zainetto di camera tua!» disse dandole un colpetto sulla spalla e accompagnandola sino alla porta.
La mia me in miniatura schizzò veloce a fare come le aveva detto lasciandoci nuovamente sole. La direttrice sorrise abbastanza rassicurata.
«Nessuna coppia ha mai chiesto di Sara, non sapevo come avrebbe potuto reagire ma non sembra andata male. Allora...» continuò scarabocchiando su un foglio di carta qualche numero «Questi sono i miei recapiti. Domani o dopodomani vi contatteremo per parlare con la bambina e se tutto sarà andato bene procederemo all'adozione. Verrete in seguito a prendere tutte le sue cose e alcune delle sue proprietà. Dovremo compilare parecchie scartoffie...»
«Proprietà?» chiese Brittany incuriosità.
«Avremo tempo per parlarne...la piccola Sara è qua! Allora, pronta per il tuo primo giorno fuori dall'istituto?»
La bambina abbozzò quello che poteva somigliare ad un sorriso,  che mandò letteralmente al settimo cielo sia me che Britt, e annuì ancora una volta. Sembrava proprio non aver intenzione di parlare, ma dopo una simile tragedia era abbastanza normale. Chissà come avremmo gestito la cosa? Eppure era stata una scelta così ovvia.
La donna ci accompagnò sino all'uscita dell'istituto e si assicurò che apportassimo le misure di sicurezza anche sulla nostra auto. Sì, ci eravamo comprate un auto. Non era nulla di speciale, un modello da città non troppo grande ne eccessivamente piccolo. Blu metallizzato e dai comodi interni era il nostro orgoglio. Mi chiusi lo sportello alle spalle e vidi finalmente la dirigente sparire lasciandoci per la prima volta, veramente sole con la bambina.
«Allora Sara, io sono Brittany ed è un vero piacere fare la tua conoscenza.» disse mia moglie allungando la mano verso di lei. Oh dai, ci avevano appena detto che era una bambina schiva, che non faceva amicizie e Britt voleva già restare delusa? Roteai gli occhi al cielo mentre mi aspettavo che la bambina sbuffasse ma...questa, contro ogni mia aspettativa, allungò la sua piccola manina e gliela strinse. 
«Hai una bellissima stretta Sara e sei una bambina bellissima!»
«...grazie...»
Per poco non vidi Brittany svenire. Aveva appena parlato? Aveva seriamente fatto quello che mi aspettavo di sentire dopo mesi? Restai a bocca aperta.
«Oh...io...oh! Questa invece è Santana e ci porterà lei a casa.»
Ah si? Cos'ero? Il suo autista personale? Oh Brittany!
«Piacere Sanatana...» mormorai allungandole la mano e aspettando che ricambiasse la stretta. Lei si limitò a guardarmi, seria in viso, con la fronte corrugata.
«...piacere...» disse senza stringermela e facendo quasi urlare dalla felicità Brittany.
Ehi anche io volevo una stretta di mano! Sarei rimasta in attesa per ore se la mia bionda non mi avesse sussurrato di partire e lasciarla fare.
«A te però l'ha stretta...» sussurrai scocciata «Dai Sanny non fare la bambina...»
«Bene, si parte! Pronta per vedere la nostra casa Sara?» gridò Brittany in modalità guida turistica. Non aveva occhi che per quella bambina, si voltava continuamente verso di lei. Nn mi teneva nemmeno la mano sul cambio come al solito. Non dico che la cosa mi infastidisse, anche io ero felicissima per lei però...ero un poco gelosa.
«Sara vuoi che metta un po' di musica?» chiesi ad un certo punto dato il silenzio che regnava in macchina. «...si...» mormorò guardandomi nello specchietto.
Esultai mentalmente e Brittany mi fece la sua faccia da "te l'avevo detto".
Trovai al primo colpo una delle mie canzoni. Cioè uno dei miei testi cantato da una giovane musicista che stava cominciando a sfondare nel mondo della musica.
«Questa non mi piace...»
Mi voltai quasi incredula. Brittany trattenne le lacrime. 
Ok, ero felice che parlasse ma...aveva seriamente appena disprezzato una delle canzoni scritte da me? Io e lei partivamo con il piede sbagliato.
«Amore è una bambina...ha gusti diversi dai nostri.» mi sussurrò dolcemente prima di cambiare stazione e trovarne una che dava musica da far sanguinare le orecchie.
Quella cosa le piaceva? Avrei dovuto insegnarle qualche cosetta!
Il resto del viaggio passò tranquillo, ogni tanto una di noi due parlava o iniziava un discorso oppure tentava di coinvolgerla ma lei si limitava a monosillabi cosa che andava più che bene dato che pensavamo non ci avrebbe risposte per mesi. 
Quando arrivammo a casa toccò a me scaricare tutte le cose mentre Brittany le mostrava subito l'ingresso. Il nostro favoloso ingresso. Quel giardinetto verde era incantevole e lo curavamo con maniacale attenzione, la passerella in pietra era un tocco di classe che avevo assolutamente voluto. Le pareti bianche semplicissime incorniciavano porta e infissi rossi abbinati al colore del tetto. Era una casa molto bella o almeno, a me piaceva da impazzire.
Le raggiunsi quando ancora le stava mostrando la sua cameretta. Già, ne avevamo preparata una e Matt ci aveva aiutato tantissimo. Quinn si era messa a dirigere i lavori e anche Beth ci aveva dato i suoi consigli, dopotutto era per una bambina, serviva il suo parere.
«Vuoi mettere un po' a posto le tue cose?» chiese Britt sorridente.
«...si...posso sdraiarmi un po' qua?» disse indicando il letto. 
«Certo, io e Brittany scendiamo di sotto. Spero tu ti possa trovare bene...» dissi io poco prima che si lanciasse sul materasso e si mettesse a guardare il soffitto. Lo avevamo tappezzato di stelline fluorescenti e colorato di un blu cielo. Ottimo lavoro Lopez-Pierce!
«Dai, non fare il broncio...» mormorò la mia bionda abbracciandomi da dietro una volta giunte in soggiorno. «Quale broncio?»«Questo broncio!» mi sussurrò sulle labbra prima di baciarmi. Mi attirò a se e mi strinse per i fianchi. 
«Non sono arrabbiata solo...sembra che io non le piaccia...»
«Non è che tu ti sia poi sforzata molto eh?»
«Britt io non so come comportarmi...» mi diede un altro bacio, e un altro e un altro ancora.
«Devi solo essere te stessa, lei ti adorerà.»
«Na, lei stravederà per te. Sei nata per fare la mamma...»
Si, Brittany desiderava una figlia da molto molto tempo prima di me e la voleva con più forza. Lei sognava il grande matrimonio, la grande famiglia, una bambina da coccolare.
Io volevo solo lei, la volevo per me, la volevo felice e volevo una famiglia. Ma solo con lei.
Volevo crescere un figlio con lei e con nessun altro e forse questo un po' mi frenava.
Non sentivo il senso materno in me, non desideravo passare tempo con i bambini che...a dirla tutta mi facevano pure saltare i nervi. 
«Vedrai che le cose miglioreranno. All'inizio non è semplice, tutti ce lo dicono. Ti ricordi com'era Matt con Sofì i primi mesi? Questa è come una giornata piovosa, inizia magari non benissimo ma poi le nuvole si diradano e il sole ritorna ancora più caldo.»
«Non sapevo di aver sposato un poeta...» Lei mi diede un colpetto.
«Io ne sono sicura e poi sarò io a doverti staccare da lei o costringerti a passare un po' di tempo con me...»«Oh...di questo non devi preoccuparti...» sussurrai io baciandole il collo.
«Ho occhi solo per te.»

Angolo dell'Autrice
Oh oh. Arrivata la piccola novità a quanto pare! Che ne pensate? Chissà cosa succederà ora? Booo
Grazie a chi lo mette tra le seguite o recensisce, mi fa molto piacere :)


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Capitolo 4
*** Part of Me ***


«Ti rendi conto che siamo legalmente due mamme ora?» 
«Quasi non ci credo! Svegliami...»
«Sanny! Non fare la stupida, è meraviglioso!»
Risi divertita cercando la sua mano per calmarla ma Brittany era al settimo cielo.
Euforica, non stava in silenzio un attimo e continuava a guardare l'ora.
Quella mattina avevamo firmato le ultime carte, le ultime scartoffie che ci separavano dall'essere genitori a tutti gli effetti. E ora lo eravamo. E Sara era parte della nostra famiglia.
Sara Lopez-Pierce. Un gran bel nome! Era rimasta con noi per due giorni prima di ottenere la conferma dell'adozione. La bambina pareva trovarsi molto bene con noi per cui avevano accellerato i tempi e tutto si era concluso nel giro di pochi giorni. Certo, era iniziato molto, molto tempo prima ma sapevamo benissimo che non sarebbe stata una cosa rapida per cui ci eravamo preparate alle grandi attese. E ora...io ero madre. Madre di una bambina di dieci anni che non pareva simpatizzare poi tanto per me. Quando aveva bisogno di qualcosa chiamava sempre Brittany e si limitava a brevi monosillabi con me. La mia bionda continuava a sostenere che era solo perché non era ancora nostra figlia e non potevamo fare con lei alcun discorso particolare ma ora...ora iniziava la nostra vita insieme, la famiglia si era allargata.
«Matt e Mel non vedono l'ora di vederla!» mormorai svoltando a destra senza togliere gli occhi dalla strada. «Ah si? Anche Beth è molto curiosa. Quinn penso voglia solo sfotterti...»
Molto probabile. Anzi quasi sicuramente non vedeva l'ora di prendermi un po' per il culo.
Stupida stronzetta bionda! 
«Quindi abbiamo deciso? Le faremo "quel" discorso?» chiesi ad un tratto dato che ormai non sapevo più come introdurre l'argomento.
«Certo. Ne abbiamo già parlato! Sara è abbastanza grande per capire, dobbiamo solo essere chiare e spiegarci bene. Voglio essere sincera con mia figlia e crescerla al meglio!»
«Bene, perché anche io voglio che le cose siano chiare e che sappia cosa siamo, chi siamo e perché l'abbiamo tanto voluta con noi.»
«Mi piace quando parli così...» mormorò lei vicino al mio orecchio facendomi rabbrividire.
Non ebbi l'opportunità di rispondere dato che ormai eravamo arrivate a casa ma mi limitai ad annuire. Brittany poteva leggermi tranquillamente nella mente. Eravamo in simbiosi.
E così entrammo e ci piazzammo sul nostro grande divano. Oh si, avevo voluto un enorme divano rosso al centro del nostro salotto, perché una casa senza divano non poteva cnsiderarsi tale o almeno questo era quello che dicevamo sempre io e Matt. La piccola Sara sulla poltrona davanti a noi e io e Brittany vicine, mano nella mano.
«Allora piccola, ti abbiamo chiamato qua per dirti delle cose importanti.» cominciò Brittany stringendomi forte «Come ti abbiamo detto siamo andate dalla signorina Roxane e abbiamo definito alcune cose da grandi.» Io la guardai sorridente, la prendeva tanto alla lontana.
«Ti abbiamo adottata Sara. Ti abbiamo scelta e vogliamo che tu sia nostra figlia.» dissi quelle parole velocemente, senza pensarci troppo, senza darle il tempo di metabolizzare.
La bambina ci guardò a lungo mentre sentivo le unghie di mia moglie conficcarsi nella mia mano. Rimase in silenzio per un po' poi si distese.
«Quindi ora voi siete la mia famiglia?»
Lo disse con scioltezza. Con una spigliatezza che non ricordavo averle mai visto sino ad ora.
E quella sicurezza da dove era uscita fuori? Quegli occhietti vispi c'erano sempre stati?
«Si piccola mia. Ora noi siamo i tuoi genitori!»
Vidi Sara illuminarsi e per un attimo il mio cuore si fermò. Era veramente felice di aver trovato una famiglia, veramente felice di esser finalmente stata considerata. Chissà cosa tutto aveva passato in quell'orfanotrofio, sola, isolata.
«Che bello...» si limitò a sussurrare con il sorriso sui denti. Sembrava non crederci ancora.
Io e Brittany ci guardammo, era il caso di continuare dato che sembrava aver ben assimilato la prima notizia. La prima di tante.
«Noi siamo la tua famiglia ora e ti ameremo come se tu fossi figlia nostra. Sappiamo che non riusciremo mai a sostituire i tuoi genitori naturali ma non abbiamo alcuna intenzione di farlo. Loro esistono ed esisteranno sempre per te!» disse Brittany trattando così bene un argomento così spinoso. Sara ci guardò ancora intensamente.
«Non ricordo bene i miei veri genitori...ero piccola...ma ora siete voi la mia famiglia!»
Ok, lo ammetto. Mi stavo emozionando. Quel momento, quelle parole. Una bambina segnata da un così grosso incidente sembrava invece trasformarsi nella figlia perfetta.
«Penso che però tu sia un po' confusa no?» cominciai io prendendo in mano le redini della discussione. «Voglio dire, non avrai un nuovo papà e la cosa potrebbe disorientarti un poco ma non ti devi preoccupare io e...»«Si, lo so cosa siete.» mi interruppe lei.
Io tirai indietro la testa guardandomi velocemente con una Brittany sorpresa quanto me.
«Voi siete una coppia lesbica e adottate bambini perché non potete averne di vostri!»
Spalancai gli occhi e la mandibola mi cadde senza che nemmeno me ne accorgessi.
«Tu...no aspetta...come fai a saperlo?»
«Ho letto delle riviste, nei giornali...poi voi dormite nella stessa camera, nel lettone. Andate in bagno insieme, vi tenete per mano quando pensate che io sia distratta...»
Aveva addirittura coniugato il verbo perfettamente. No, un attimo. Avevamo davvero preso la bambina descritta dalla direttrice? Quella bambina che andava per gli undici, sola, innocente, schiva, con difficoltà a fare amicizie e il silenzio facile?
«Io...non so cosa dire...»
«Bo. Da quanto state insieme?»
No, questo era troppo!
«Siamo sposate da tre anni ma stiamo insieme da tanto tempo.» rispose Brittany probabilmente prima che potessi avere un mancamento.
«Quindi vi potete sposare? Che bello...»
«Già! Io e San...tua mamma ci amiamo tanto.» continuò prendendomi la mano e guardandomi dolcemente. 
«Tu sei molto carina.» disse indicando Brittany e sorridendole. Se non l'avessi fermata sarebbe corsa a stritolarla e abbracciarla per ore.
«Tu invece...sei strana.»
«Scus...AHI!» dissi avvertendo la gomitata sulle costole che mia moglie aveva deciso di assestarmi. Sara ci guardò sorridente e si alzò in piedi.
«Questa casa è bellissima e sono sicura che saremo una grande famiglia...»
«Oh si! Te lo prometto piccola mia...»
«Mamma bella e Mamma strana. Non so se riuscirò ancora a chiamarvi così...potrò sempre usare i vostri nomi?» chiese abbassando lo sguardo. Era logico che non se la sentisse ancora di riusare un nominativo che probabilmente poteva portare alla luce vecchi ricordi.
«Ma certo!» rispose la mia bionda «Quando sarai pronta lo farai...»
«Bello!» concluse correndo a gettar le mani al collo di Brittany e tirarmi il colletto sino a sfiorare la sua piccola spalla. 
Era un momento bellissimo, vidi anche una lacrima rigare la guancia di Britt commossa a tal punto dal vedere quanto quella bambina fosse vicina a essere sua figlia.
«Grazie...» sussurrò la piccola tentando di addolcirmi. «Ora ho fame, posso mangiare?»
I bambini erano veramente assurdi. Un uscita del genere in una situazione normale mi avrebbe fatta ridere ma...«Certo, vai pure.» sussurrai vedendola sparire oltre la porta di cucina. Ne approfittai allora per vendicarmi.
«AHI SANNY! Dai, cosa avresti voluto dire?»«Ha detto che sono la Mamma strana!»
«Ma è una bambina...dice tutto quello che le passa per la testa, non si fa problemi e sicuramente non si rende nemmeno conto di quello che dice.»
«Ha quasi undici anni!» protestai io. Sapevo che non me la sarei dovuta prendere ma...non era giusto che fossi discriminata così da nostra figlia.
«Si e ha perso i genitori in un incidente. Ha vissuto per 6 anni in un orfanotrofio, incompresa, sola e disprezzata da tutte le coppie che son passate. Penso sia disorientata, non riesce ancora a realizzare e...parla Sanny. Nostra figlia parla tanto e non ci tiene a distanza...»
«Parla per te...io son quella strana.» mormorai imbronciata.
«Oh dai, è già la seconda volta che mi fai questo broncio. Ma cosa devo fare con te?» sussurrò afferrandomi per i fianchi e scendendo sempre più giù.
«Britt...c'è la bambina...»«In cucina...» soffiò baciandomi il collo.
«Non riuscirai a comprarmi così!» mormorai senza troppa convinzione.
«Ti sto solo baciando...»«E spogliando...» protestai debolmente io sentendo slacciarsi il gancetto del reggiseno. «Non so di cosa tu stia parlando...»
«Dai Britt...Br...Amore!» protestai io allontanandola un po' «Son già quella strana, non voglio essere anche la Mamma porca!»«Ma smettila, non sa nemmeno che significhi quella parola!» continuò lei baciandomi la pancia e facendomi rabbrividire.
«Sc...sco...scommetti? Saraa!»«Che fai?» si lamentò lei rimettendosi in ordine e lasciando la mia maglietta. La bambina fece capolino dalla porta con il musetto sporco di cioccolato. Stava anche dando fondo alle mie scorte di cibo eh? 
«Cosa?»
«Come definiresti una ragazza che si spoglia in pubblico?»
«Cioè?»
Brittany tentò di colpirmi ancora con una gomitata ma la schivai.
«Una donna che si diverte a spogliarsi, a togliersi i vestiti senza motivo...» risi dicendolo dato che mia moglie continuava in ogni modo a impedirmelo.
«Mmm una poco di buono? No anzi una sporcacciona...no anzi...una puttanella?»
Io e Brittany ci guardammo sconvolte. COSA? 
«Posso tornare a mangiare ora?» chiese innocentemente prima di riscomparire oltra la porta. Quella bambina era allucinante.
«Sicura di non aver avuto una figlia tanti anni fa?»«IDIOTA!» gridai dandole una cuscinata in faccia e saltandole addosso. La baciai con passione dopo aver lottato per un po'. 
«Ora che fa parte della nostra famiglia credo che ci convenga controllare i libri che legge!»
«Decisamente! E ora vieni qua...» mormorò Brittany prima di tirarmi per il collo e baciarmi di nuovo. Voleva proprio farmi mettere in cattiva luce. Dai, la mia situazione era già drammatica non potevo peggiorarla, soprattutto ora che sapevo che nostra figlia aveva un vocabolario molto più simile al mio rispetto a chiunque altro.
---
«Allora Sara puoi chiederci quello che vuoi e noi ti risponderemo.»
Brittany sorrise ancora a sentirmi dire quelle parole. Avevamo atteso la fine del suo spuntino e del nostro "momento" prima di continuare un po' a parlare con la bambina. 
«Siete sicure?»
«Ma certo piccola. Non ti fare problemi! Noi vogliamo essere sincere con te e vogliamo che tu possa sempre parlare con noi e dopotutto, devi conoscerci ora che siamo i tuoi genitori.»
Brittany ci sapeva veramente fare. La guardavo ammirata mentre con gli occhi pieni di gioia sceglieva le parole migliori con cui costruire una frase tanto bella. No, lei era bella. Bellissima.
E ora che era mamma era ancora incredibilmente più bella e attraente. Solare. Perfetta.
«Va bene...dove vi siete conosciute?»
«A scuola. Facevamo parte dello stesso Glee Club, un coro, un gruppo di ragazzi uniti e felici e anche della stessa squadra di cheerleader.» scandì lei bellissima. 
«Sei un immigrata?» 
Britt si voltò verso di me lentamente, con gli occhi spalancati mentre si preparava già a placarmi.
Io la osservai senza parlare. Ma che domanda era? 
«Immigrata? Perché?»«Hai un colore della pelle strano...»
«Ma se è anche il tuo st...Sara abbiamo la stesso colore di pelle.» 
Brittany sapeva come fermarmi. Gomitata, calcio, piede. PUTA!
«No, il tuo è più scuro del mio. E poi io sono una bambina...tu sei vecchia.»
No cosa? COSA? Avevo capito bene? OK. Calma Santana. Uno. Due. Respiro.
«...è una bambina...» sussurrò Brittany portandosi la mano davanti alla bocca.
Ma bambina di sto cavolo. Mi aveva appena dato della vecchia!
«Non sono vecchia Sara, ho 28 anni.»«E ti sembrano pochi?»
Mia moglie mi strinse la mano, più per tenermi ferma sul posto che per amore. 
«Anche io ho 28 anni piccola.» provò a distrarla lei sorridendo. 
«Ma tu sei più bella di Santana...» 
AH OK. OK. Tre. Quattro. Respira Santana. Respira. 
La mia bionda sorrise, non riuscì ad impedirselo anzi probabilmente presto sarebbe scoppiata a ridere. Oh ma io ero felice che si divertisse, tanto tanto felice. 
«Io sarei brutta e vecchia quindi?» chiesi mordendomi la lingua. Era una bambina. Diceva tutto quello che pensava e non si rendeva conto di nulla. Una bambina Santana. Tua figlia.
«No brutta no. Sei...strana.»
E due. E DUE. Ancora questo strana?
«Ma cosa significa strana? Perché io sono strana e invece lei è bella?»
«Dai ragazze non litigate...» disse Britt stringendomi un fianco e dandomi un bacio sulla guancia. 
«C'è qualcos'altro che vorresti sapere o ti incuriosisce?»
«Com'è amare una donna?»
«Oh domandona questa...» risposi. Cavolo aveva davvero 10 anni quella bambina? Beth non era tanto intelligente. Cioè sempre una rompipalle, e diceva tante cose a sproposito ma...non così acute.
«Diciamo che è come amare un uomo. Con la differenza che certa gente non può a far a meno di giudicarla come una cosa contro natura o sbagliata.»
«E tu cosa ne pensi?» chiese a Brittany come se quello che avessi appena detto non avesse importanza. OH BAMBINA...Stava veramente rischiando grosso!
«Penso che l'amore sia amore. Che non siamo nessuno per giudicare e che non ho mai amato nessuno come tua madre. Come Santana!» mi diede un altro bacio sulla guancia e vidi un sorrisino disegnarsi sulle labbra del mio piccolo aguzzino.
«Che lavoro fate?»
«Io lavoro nel campo della moda, è complicato da spiegare ma solitamente sto in un ufficio.»
«Io scrivo canzoni.»
«Sei una cantante? Non ci credo!» mormorò quasi sconvolta la piccola me del passato.
Era così incredibile? Possibile che non riuscisse mai a farmi un complimento?
«No, io scrivo le canzoni per i cantanti. I testi.»«Ahn. Ora ha più senso!»
«No scusa cosa hai...AHI! BRITTANY!»«SANTANA!» mi urlò contro imitandomi.
«Ogni tanto amiamo urlare i nostri nomi senza apparente motivo...» disse poi rivolgendosi alla bambina per nascondere il calcio che mi aveva dato.
«Avete dei fratelli, amici, cugini, genitori?» Ehi, ehi. Piano piccola.
«Entrambe figlie uniche.» dissi cercando Brittany «Qualche cugino con cui però non tratto molto, un bel gruppo di amici e sì abbiamo entrambe due genitori che presto vorranno conoscerti.»
«Loro sono immigrati?»
ORA LA AMMAZZO! Stavo per alzarmi dal divano quando mia moglie mi mise una mano sulla coscia. Ennessima cintura di sicurezza. Ma che ci potevo fare? Mi stuzzicava. 
«No, abbiamo tutti un VALIDISSIMO permesso di soggiorno.»«Gli piacerò?»
«Se continui così dubito che...mmmmm» il piede di Britt si conficcò sul mio «...potranno fare a meno di amarti alla follia!» concluse lei la mia frase. Peccato che io l'avevo pensata in modo diverso. Se questa discussione fosse continuata ancora a lungo probabilmente ne sarei uscita peggio di un puggile dopo un incontro di boxe.
«E i vostri amici hanno figli?»«Non tutti. Però potresti avere una compagna di giochi!»
«Che bello!» ripetè per la...millesima volta? Sembrava proprio essere la sua citazione preferita.
«Posso guardare un po' di tv?» 
E meno male che quella bambina non parlava con nessuno. Ero sicura che non ne sarei uscita per nulla bene con una figlia così. DIOS!
---
«Abbiamo una figlia stupenda.»
Aprì gli occhi per voltarmi scostando le braccia dal mio petto. Era buio e difficile vedere bene ma Brittany era ad un soffio da me per cui mi bastò poco per star faccia a faccia con lei.
«Scherzi vero? Se è una pazza senza controllo!»«Oh smettila! Per due cosette che ti ha detto...»
«Nulla di che dopotutto no? Sono solo una strana vecchia immigrata che fa un lavoro da nulla.»
«Che permalosa che sei eh...» disse lei dandomi un buffetto.
«Non è vero! Ha iniziato lei.»«Sanny ma quanti anni hai?»
«Mi ha dato della vecchia.» dissi ancora una volta per sottolineare la situazione. Volevo fargli capire che la cosa non mi piaceva affatto ma lei scoppiò a ridere.
«Ha 10 anni. Per lei le sembraremo sicuramente grandissime.»«Ma uff...»
«Sai che sei carina così? Ti da fastidio che Sara non ti apprezzi eh?»
«Non è questo...è che...oh lascia perdere.»
«No dai. Dimmi.»
«Quella bambina è la mia copia e...ho come l'impressione che tu finirai per innamorarti più di lei che di me.» ammisi quasi vergognandomene subito «Se ci aggiungiamo il fatto che mi trova strana, vecchia e che tu sei la sua mamma preferita...e che mi chiamerà Santana ancora per tanto tempo...diciamo che non riesco a viverla con grande entusiasmo!»
«Cucciola...» sussurrò lei baciandomi dolcemente e scostandomi una ciocca dai capelli. «Tu sei l'unica latina del mio cuore e lo sai bene. Certo, il fatto che ti somigli molto me la fa adorare ancora di più ma...sai bene quanto desiderassi un figlio. Ed è così...bella, simpatica, spigliata.
Tu hai bisogno di tempo, come per ogni cosa. Ma questa volta non aspetterai da sola, ci sarò io ad aiutarti, a sostenerti e vedrai che lentamente tu ti affezzionerai a lei nonostante tutto e lei capirà perché ti considera strana.»
«Cioè?»
«Be. Strano non è qualcosa di brutto, è semplicemente qualcosa che non capisci. 
Penso che non riesca a metterti a fuoco o a capire come tu sia davvero.»
«Mmmm...Be tu stravedi per lei, ogni cosa che dice è oro! Potresti aver ragione...»
Brittany mi guardò divertita e si sporse in avanti per far combaciare ancora una volta le sue labbra con le mie. «Siamo sposate da 3 anni. Viviamo insieme da 3 anni, andiamo ovunque e non ci separiamo quasi mai e tu non hai ancora imparato? Io ho sempre ragione.»
«Ma smettila...» la tirai verso di me e baciai con passione dischiudendole le labbra.
Aveva un profumo buonissimo. Baciarla nel nostro letto, dentro la nostra camera poi...
Era la cosa più bella del mondo e io perdevo sempre la testa. Che ore erano? Che faceva Sara? Dormiva? Avrei capito come riuscire a conquistarla? Poco importava. Avevo Brittany tra le braccia ora. Il resto poteva aspettare.                     
Angolo dell'Autrice
Già. Il fatto che Sara si comporti in modo diverso con Santana e Brittany dopotutto non è solo colpa sua. Lei è una bambina strana, una bambina veramente particolare che ha ancora tante parti di se da mostrare. Perché si sa, non sempre tutto è davvero come appare. Una bambina sveglia, molto più intelligente per la sua età che ha una conoscienza incredibile e che sino a qualche giorno prima difficilmente parlava o si rapportava con gli altri. E ora...stravede per Brittany e non sa bene come comportarsi con Santana ma non riesce ancora a considerare nessuna delle sue come sua madre. Solo come un genitore, qualcuno che le vuole tanto bene. Ci sarà tempo, tanto tempo per esaminare questa cosa ma nel mentre...graaaaaazie mille per tutti quelli che seguono e recensiscono, davvero fate la differenza! E volevo scusarmi per il ritardo ma questi test d'ingresso per l'Università mi stanno mettendo sotto e ci si è messa anche la connessione. Il prossimo capitolo lo prevedo a breve proprio a causa di questo ritardo che giuro...non era voluto <3 Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Don't You Worry Child ***


«Allora, siamo pronte?» mi voltai verso le mie due ragazze.
Una stretta in un abito primaverile bianco e rosso che le arrivava sino alle ginocchia, l'altra indossava invece un semplice abitino viola. Non avevamo ancora avuto il tempo di andare a fare un po' di shopping con tutto quello che ci eravamo costrette a fare in quei giorni così avevamo optato per uno dei suoi abiti. 
Brittany era raggiante. La manina della piccola Sara stretta nella sua la rendeva forte, orgogliosa, felice, pazza. Piccole cose che ti cambiano la giornata.
«Bene. Io busso...» dissi prima di sistemarmi una ciocca fin troppo pendente e dare due colpi allo stipite della porta di casa Fabray. Sapevo già cosa mi attendeva.
Questa si spalancò immediatamente rivelando le figure dei miei due migliori amici, affannati probabilmente dalla corsa per vedere la novità del giorno. Erano vestiti incredibilmente bene, nemmeno dovessimo andare a qualche festa o ricevimento. Matt, con i capelli tirati all'insù dal gell, si era vestito con un paio di jeans stretti e giacca e cravatta nera a coprire una leggera camicia quasi trasparente. Quinn si era legata i capelli in una coda elegante e portava un abito dorato a fascia che però si allargava oltre la vita.
«BUONGIORNOOOO» urlarono in coro guardandomi e sorridendomi. I loro occhi però si mossero veloci, da me passarono a Brittany e da là il salto fu facile. Vidi Quinn impallidire e Matt spalancare gli occhi così tanto che pensavo avrebbe perso le palpebre.
«Lei è Sara...» disse Brittany avvicinandosi «Questi sono i miei due migliori amici. Quinn e Matt!» continuai invece io. La bambina gli osservò un po' in silenzio poi allungò la sua manina e si lasciò incantare dal fascino di quelle due meraviglie. Non parlò, stranamente, ma forse era una reazione normale per cui quando Britt la portò dentro lasciandoci soli fui io a sorbirmi i loro monologhi.
«MA TU STAI SCHERZANDO...»«CHI HA INVENTATO LA MACCHINA DEL TEMPO?»
Sembravano totalmente fuori controllo. Matt mi si avvicinò incredibilmente prendendomi il viso tra le mani. 
«Dimmi la verità, hai coltivato questa bambina in laboratorio e non mi hai voluto mai dire nulla?»«No so io come è andata! Hai assemblato vari pezzi di diverse bambine come con i robot ottenendo la figlia perfetta!»
«Altre cazzate?»
«Dopo il liceo sei sparita per coprire una gravidanza indesiderata e ora sei tornata a riprendere tua figlia!»«TU SEI SUA FIGLIA!»
Io e Matt ci voltammo lentamente a guardarla. Quinn abbassò le mani e scosse la testa.
«Ok ho esagerato ma...dai stavamo sparando stronzate credevo che...O lasciate perdere!»
«Avete finito dunque?» chiesi senza ostentare alcuna espressione.
«San. Senza scherzi, quella bambina è il tuo ritratto!»
Sospirai osservandoli così curiosi, sorpresi, quasi sconvolti. Già, non gli avevo avvertiti di quel piccolo dettaglio. 
«Ora si spiega perché è una rompicoglioni!»«Cosa vorresti dire con questo Quinn?»
«Niente. Assolutamente nulla...»
IDIOTA! Avrei tanto voluto prenderla a schiaffi qualche volta.
«Eravamo in orfanotrofio e...ce la siamo ritrovata davanti.»
«E a te questa cosa non fa minimamente effetto?»
«Non mi infastidisce se è questo che chiedi! Solo...mi sembra di rivedermi.»
«Normale...è la tua copia!» continuò Quinn battendo le mani al fianco.
«Ma nemmeno questo me la fa sentire come una figlia.» sbottai.
«San...è naturale...» mi disse Matt toccandomi la spalla «Vedrai che ti affezzionerai a lei con il tempo e prima o poi la sentirai davvero come parte di te.»
«Non lo so. Per ora è solo una bambina di cui devo prendermi cura...»
«E sarà meglio che non ti senta dire così...dai entriamo dentro!» sussurrò Quinn chiudendo la porta alle spalle. Solo in quel momento vidi Puck, il mio Puck. Gli corsi incontro ignorando quegli idioti dei miei amici e gli saltai al collo.
«Anche a me fa piacere rivederti Lopez!»«Sei stupendo Noah.»
«Non lo sono sempre?»«Stupido!» dissi dandogli un colpo al petto e rompendo il nostro abbraccio. Era veramente spettacolare e poi...il fascino del padre gli donava tantissimo.
«Zia Sanny!» sentì urlare da un corridoio prima che Beth facesse il suo ingresso trionfale. Si era alzata almeno di una decina di centimetri dal mio matrimonio e stava cominciando a maturare. Il che la rendeva sempre più prossima all'adolescenza, l'età peggiore per qualsiasi madre apprensiva come Quinn.
«Ecco la mia nipotina preferita!»«Nonchè unica.» rispose lei facendomi l'occhiolino.
Si, stava crescendo veramente bene. Io e Quinn l'avevamo tirata su nel migliore dei modi.
Anche Noah e Matt avevano contribuito e forse pure la Signora Fabray ma questi erano dettagli irrilevanti dopotutto.
«Ho visto Sara...cavolo ti somiglia un sacco! Ora le sto facendo vedere la mia camera...è un po' silenziosa però!?»«Silenziosa? Scherzi vero? Stai attenta e...mi raccomando non farti mettere i piedi in testa!» scherzai dandole un buffetto sulla guancia.
«Io?» scoppiammo a ridere insieme poi la lasciai andare di nuovo dalla sua nuova compagna di giochi per concentrarmi su qualcun'altro. Su un altra bellissima bambina.
«Sofì. Ciao piccola di zia.» sussurrai prendendo in braccio quel cucciolo di pelle. Il suo ciuffetto rosso e i suoi occhi chiari erano circondati da un viso paffuto. 
«Nga...» le diedi un bacio forte che la fece tanto ridere e poi la resi alle braccia della madre.
«San sei in forma splendida e tua figlia sembra proprio un amore...»
«Oh non quanto la tua Mel...e anche tu stai alla grande, ti sei iscritta in palestra?»
«No, sono io che le faccio fare molto movimento!» esordì Matt sbucando alle nostre spalle.
«SQUALLIDO»«PESSIMO!»
Io e Mel ci guardammo prima di scoppiare di nuovo a ridere. 
«Odio quando entrate in sintonia!» disse Matt facendo spallucce.
«Allora, voi due non ci raccontate nulla?» chiesero ad una sola voce le due donne di casa.
Sentì Brittany stringermi i fianchi da dietro nel preciso istante in cui la domanda finì.
«Sara è la bambina più dolce del mondo.» «...ora non esageriamo...»
«Loquace. Educata. Tenera.» «...quando dorme...»
«Si è dimostrata subito molto affettuosa.» «...affettuosissima...»
Vedevo gli occhi di Quinn e Mel posarsi a intervalli regolari su Brittany che raccontava con entusiasmo e io che commentavo senza voglia.
«Abbiamo portato i documenti per l'iscrizione a scuola ieri e...lei sembrava entusiasta!»
«...mai quanto me...»
«SANNY LA FINISCI?» mi gridò allora nell'orecchio pizzicandomi la schiena.
«AHI! Cosa? Sto solo dicendo le cose come stanno.»
«Non ascoltatela...ha sempre voglia di dire stronzate!»«Io?» chiesi allontanandola un attimo.
«Sara ha detto che sono strana e meno bella di lei...» Quinn trattenne a stento un sorriso
«Mi ha dato dell'immigrata...oh e anche della vecchia.»
Incrociai le braccia al petto in attesa di sentire le mie due amiche smontare Brittany all'istante e invece...scoppiarono a ridere in modo incontrollabile.
«AHAHAHAHHAHAHA. Quella bambina mi sta già simpatica...dell'immigrata...AHAHAHHA»
«Fabray non è divertente.»
«Scusa San ma...ahahahahah non puoi davvero prendertela così...»
«Oh Mel tu sei la mamma perfetta!»
«Andiamo! Allora io mi dovrei arrabbiare quando Sofì mi disegna come un organismo unicellulare? O quando su dieci parole nove son tutte rivolte al padre?»
«E Beth allora? Non ti ricordi quante volte ha tentato di spacciare te come sua madre da piccola? O i testi dove mi descriveva come bassa, con fieno in testa e pienotta?»
«Ma...ma quelle erano cose diverse...non c'entrano nulla.»
«Vi prego aiutatemi voi...mia moglie è duretta di comprendonio!» pregò Brittany posando il mento sulla mia spalla.
«Chi? Santana? Ma se è la persona più ragionevole e disponibile del mondo...»
«AH AH AH. Non fai ridere Fabray...» dissi poco prima che scoppiassero tutte nuovamente in una grande risata. Io si che sapevo scegliermi le amiche migliori.
«Scusa San...ma...dai! Non puoi seriamente prenderla? Sara ti conosce da così poco. Ed è normale che prenda la sua "cotta" per il genitore che le dimostra più attenzioni. Dopo qualche tempo questo passa...devi solo dimostrarti meno imbronciata.»
«E come dovrei fare se mi insulta di continuo?»
«Ma non lo fa apposta dai...» sussurrò Brittany abbracciandomi. «Tutti ti amano alla fine!»
«Già San. Io ad esempio ti odiavo all'inizio...» disse Matt ascoltando solo l'ultima parte del nostro discorso. 
«Solo perché avevo scoperto di essere lesbica andando a letto con te!»
Tutti risero e questa volta...riuscirono perfino a contagiarmi. 
«E tu Noah non ridere tanto! Sei riuscito a mettere incinta Quinn al primo colpo!»
Questa volta fu la Fabray a guardarmi torva senza riuscire a unirsi a noi.
«Se stiamo giocando ad insultarci sai che ne avrei a centinaia vero?»
«E io a milioni!»
Ci guardammo negli occhi. L'atto di sfida tra Lopez e Fabray. La quiete prima della tempesta.
«AHAHAHAHAHHA Finitela ragazze...o mi farete morire AHAHAHHA!»
«Dai che Mel non è abituata a vedervi scornare...cioè non ad alti livelli!» commentò Brittany baciandomi il collo per tentare di togliermi da quell'amichevole duello.
«Già amore piantala! Sai bene che San ti farebbe il culo...»«NOAH!»
«Stima per te Puck!» dissi mentre Brittany cominciava a baciarmi sempre più vicina alle labbra. «Qualcuno stanotte vuole passarla in bianco...»  commentò allora Quinn facendo passare tutto l'entusiasmo nel nostro ex crestino preferito. 
«Dai Q. io scherzavo...come al solito...» sorrideva mentre si avvicinava per prenderla in braccio e stritolarla un po'.
«Matt vieni e baciami ora o ci facciamo la figura della coppia annoiata!»
Ancora una volta. Tutti insieme. La risata fu contagiosissima tanto che richiamò addirittura le bambine per vedere cosa fosse successo. 6 adulti in preda a crisi di riso isterico senza controllo. Come potevamo pensare di essere genitori quando eravamo ancora così...ragazzini? Oh forse era semplicemente questo il segreto?       
Forse per essere dei bravi genitori bisognava saper cogliere l'essenza della propria giovinezza e infonderla nei propri figli. Dios. Era così difficile per me!

Angolo dell'Autrice
Adoro questo capitolo. Adoro come è venuto fuori e...si, non è forse il più lungo mai scritto ma non volevo spezzarlo o dividerlo per continuare la storia. Semplicemente è un momento tra amici e le prime reazioni del gruppo a Sara niente di più niente di meno. Spero possa piacervi <3

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Capitolo 6
*** Don't Give Up ***


Dormivo così bene stretta a lei.
Una pace eterna nella nostra stanza la mattina. 
Solo io e lei. E noi. Lenzuola e pelle. Nient'altro che il nostro respiro.
Ogni tanto sfioravo le sue spalle con le labbra provoncandole un brivido ma Brittany difficilmente si svegliava per così poco. Le carezzavo una gamba salendo con la bocca sino al collo per morderla dolcemente e forse così cominciava a prendere coscienza del suo risveglio. Quella mattina però non avevo ancora voglia di svegliarla.
Mi bastava guardarla così, in dormiveglia, con i suoi capelli scompigliati e il suo viso così disteso, rilassato, dolce. Le labbra increspate in un timido sorriso.
Eppure bastò così poco per sconvolgerla. Veramente troppo poco.
Un suono di sveglia e mia moglie si lanciò giù dal letto facendomi spaventare a morte.
«Presto, presto...Sara, scuola, noi...veloci!» piegai la testa mentre la osservavo affannarsi per cercare i suoi vestiti disseminati chissà dove per la camera.
«Amore che fai...mmm...torna a letto...»
«No San oggi è il primo giorno di Sara! Non possiamo farle far tardi considerato che il suo semestre è già iniziato e...chissà cosa penseranno gli altri genitori e...»
«Britt straparli! Cosa ci importa degli altri genitori?!»
«Niente...niente...è solo che...Oh è per Sara su!» concluse calando una maglietta sul suo splendido corpo. Sbuffai guardandola sparire oltre la porta lasciandomi sola nel nostro grande letto. Mi rigirai tra le lenzuola gettando la testa sotto il cuscino. Possibile che quella bambina dovesse rubarmi mia moglie pure la mattina? 
Mi alzai solo mezz'ora dopo richiamata dal profumo del caffè e alla mia tavola le trovai intente a far colazione vestite e acconciate di tutto punto.
«Giorno...» mormorai sporgendomi per lasciare un bacio sulla guancia a Britt e scompigliare un po' i capelli alla piccola Sara che mi guardò subito indispettita.
«San! Lasciala stare deve essere perfetta!»
O DIOS. Ma era una bambina, se andava con un capello fuori posto nessuno si sarebbe lanciato dalla finestra. Nessuno avrebbe protestato. E poi lei era già bella così.
Con quegli occhi, quel viso, quei lineamenti. Mi somigliava in modo quasi pauroso.
Un giorno mi sarei dovuta informarmi un po' di più sul suo albero genealogico.
«Pronta per il tuo primo giorno?» chiesi ancora con la bocca impastata mentre mi versavo il caffè nel latte. Lei si voltò verso di me con gli occhi che luccicavano dall'emozione.
«Si, sarà stupendo. Conoscerò tanti bambini e Brittany mi accompagnerà con il macchinone di Noah.» mi voltai verso mia moglie «Davvero?»
«Deve fare bella impressione.» si giustificò lei.
«E da quando ai ragazzini di 10 anni interessano i macchinoni?» chiesi ironica.
La nostra macchina andava più che bene, non avevamo da invidiare nulla a nessuno e poi non dovevamo abituarla a cose che non potevamo permetterci o che non volevo ostentare.
Stava esagerando. Ma se l'avessi detto davanti alla bambina probabilmente avrei aggravato ancora la mia situazione per cui stetti in silenzio e continuai a bere il mio caffèlatte
«Forza Saretta, corri a lavarti i denti che andiamo...» disse Brittany ignorandomi e facendo filare la piccola in bagno per gli ultimi aggiustamenti. Il suo zainetto rosso era posato sopra il divano ed era stato abbellito dalla mia bionda qualche giorno prima.
«Possibile che tu la debba scoraggiare sempre?»
«Non vedo perché le debba mentire, anche volendo non la potrai proteggere da tutto.»
«Ha perso i genitori San! Perchè non la pianti di fare l'orgogliosa e cominci ad interessarti a tua figlia?»«Forse perché non lo è?» lasciai la frase per un po' nell'aria.
«Non ancora per lo meno! Non è colpa mia se non riesco a sentirla parte di me come fai tu Britt e mi dispiace davvero tanto ma sto ancora tentando di capire come muovermi...»
«Forse dovresti accellerare un po' allora!» rispose tagliente lei voltandomi la faccia.
«Britt ascolta....»«Eccomi! Andiamo?» Sara sbucò dal nulla con il suo grande sorrisone. 
Mia moglie non si degnò nemmeno di salutarmi prima di uscire e così fece anche lei.
Sentì la porta chiudersi e compresi in quel preciso istante che per la prima volta in 3 anni di matrimonio Brittany era andata via senza lasciarmi un bacio sulla guancia.
Lanciai istintivamente la scatola di cereali lontano e sbattei il pugno sul tavolo.
Cazzo! Non potevo litigare con lei per ste stronzate! No!
---
«Andiamo non ne vuoi parlare nemmeno con il tuo Tim?»
«Non sono dell'umore giusto oggi!»
«Nubi in paradiso?»«No comment!» 
Si voltò verso la sala di registrazione e premendo il pulsante si mise in contatto con loro.
«Mi spiegate che cazzo state aspettando? Vogliamo far suonare quegli strumenti?»
spostò qualche levetta, accese altre spie e poi si voltò di nuovo verso di me.
«Andiamo, sai che con me puoi sfogarti!»
«E che...oggi Brittany non mi ha salutata.»
Lui mi guardò come se non avesse capito per cui aggiunsi ancora «Non mi ha salutato prima di uscire...» ancora niente «Per la prima volta in tre anni!»
«Oh scusami! Ahhah è che per me è un evento quando mia moglie mi saluta!»
«Ma noi non siamo voi Tim! Senza offesa eh...»«Tranquilla!»
«Io..boh. Da quando è arrivata Sara in casa le cose stanno cambiando.»
«E che ti aspettavi? Anzi ringrazia di aver avuto una figlia già grandetta. Non hai idea di cosa fossero i primi mesi con un neonato in casa. Credo di aver considerato l'omicidio una notte...»
«Quindi è normale?» chiesi rassegnandomi e posando il mentro tra le mani.
«Certo! Diciamo che nella vostra relazione tu sei più affine a svolgere la figura dominante no? Quella paterna se così possiamo chiamarla...»«Circa!»
«Allora stai tranquilla. Capita! Se in più ci mettiamo che vostra figlia è pure una bambina adottata allora le possibilità che avvenga questo fenomeno raddoppiano. Non voglio esagerare ma...lei è una sconosciuta per te.»
«Già...»«Una sconosciuta che non ti ama ne riesce a considerarti più di una semplice persona che le ha offerto casa, cibo e vestiti. Si sta abituando a voi e viceversa. Il fatto poi che sia più affezionata a Brittany è dettato dalla voglia di maternità estrema che ha sempre dimostrato.»
«Ed è normale anche essere gelosi?»
«Ma certo! Mia moglie mi ha trascurato per un anno prima di tornare ad accorgersi di me per il nostro primo figlio...non nascondo di aver preso in considerazione l'idea di un amante...»
«TIM!!»«Sono umano Santana! Vuoi che ti racconti palle?»
«No, no...però tradire dopo un matrimonio...»«Succede...»
«Non a noi! Io non tradirei mai Brittany.»«Pensavi anche che ti avrebbe salutato sempre prima di uscire eh?» rimasi un attimo senza parole. Odiavo quando Tim era così razionale.
«O piantala! C'è differenza tra un insignificante bacino sulla guancia e un tradimento!»
«Giusto!...Alza di un ottava Sam, Joe accorda quello strumento...sembra che stia pregando per una fine rapida e immediata! Allen tu andavi alla grande, di nuovo da capo!» ordinò al gruppo dentro la sala di registrazione. 
«Invece dimmi una cosa...ti infastidisce non riuscire ad amare Sara?»
«Non molto. Cioè ci ho messo anni prima di rendermi conto di amare Brittany, penso che prima di accorgermi dell'amore verso quella bambina passerà parecchio tempo!»
«Quindi non ti scoccia?»«Un po' si! Son gelosa anche di tutte le attenzioni che rivolge a Britt e del fatto che non riesca ad apprezzarmi ma...prima o poi supereremo tutto! O almeno così mi dice sempre Matt...»
«Oh il gran figo! Salutamelo! Che sta combinando di bello?»
«Solite cose. Lavoro, servizi fotografici, famiglia, bar. In questo periodo ci stiamo risentendo parecchio...»«Son felice per voi e per lui! Joe porca puttana accorda quella chitarra!»
«Anche io! Ah ora che mi son ricordata, guarda che ti porto domani quei due testi che mi hai richiesto.»«Perfetto! E per quanto riguarda i Florence?»
«Sto ancora pensando come impostarlo...credo di riuscire a prepararlo in una settimana.»
«Sei la migliore qua dentro San!» disse dandomi un bacio sulla fronte.
Lavorativamente parlando non mi batteva nessuno, ma a casa...là avevo ancora tanto da imparare!                                     
---

Quando tornai a casa trovai Brittany ad aspettarmi sul divano. Braccia incrociate al petto, muso lungo, giornale appoggiato sulle ginocchia. Appena varcai la soglia sentì i suoi occhi posarsi sui miei e avvertì quanto fosse scocciata.
«Ehi...» mormorai richiudendomi dietro la porta.
«Ciao...» rispose semplicemente lei spostando il suo sguardo sulla rivista. Non stava veramente leggendo quelle notizie, lo si capiva bene.
Lancia la borsa ad un lato e mi precipitai sul divano facendo però attenzione a non starle troppo vicina. 
«Com'è andata la giornata?»
«Una meraviglia...» rispose lei laconica. 
«Britt...»«Che c'è?»«Britt...» mi spostai verso di lei, lentamente.
«Cosa vuoi Santana?»«Britt...» ancora più vicina. 
«Che c'è?»«Guardami!»
Quando alzò gli occhi dalla rivista il suo naso sfiorò il mio. Mi bastò un soffio, un niente per baciarle le labbra. «Mi dispiace.»
Lei si bloccò per un secondo. Come se tutto il suo universo fosse tornato a muoversi.
Come se un fulmine l'avesse presa in pieno. Come se le avessi lanciato una secchiata d'acqua. Come se...«Oh...ti odio!» sussurrò prima di attirarmi a se e baciarmi con passione.
Con urgenza. Come se fossero passati anni dal nostro ultimo bacio. Come se...
«Non provare mai più a ignorarmi...» sussurrai stringenole i fianchi e baciandole il collo.
Sentì il suo respiro farsi più veloce, le sue mani sulla mia schiena.
«E tu non litigare mai più con me!» ancora un bacio, e un altro e un altro.
Cominciai a vedere i primi segni del succhiotto che le avevo fatto sotto il mento.
«Tenerti il muso è così dannatamente difficile...» ansimò ancora 
«Non farlo.» risposi sfiorandole un seno e tornando a baciarle le sue labbra rosse.
Carnose. Bellissime.
«Se solo la smettessi di sminuire Sara...»
Le lasciai un ultimo bacio prima di allontanarmi un poco.
«Io non sto sminuendo nessuno!»
«Non la consideri tua figlia...»«Oh...ho esagerato! L'ho detto presa dalla foga...»
Brittany mi fissò con quei suoi enormi occhi azzurri. Stupendi. Ipnotici.
«Io voglio una figlia con te Brittany. Voglio una nostra famiglia ma...non so per quale ragione non riesco ad accettare tutto questo. Forse è il fatto che mi somiglia, forse che non mi apprezza. Forse...ho semplicemente sempre avuto paura di non essere adatta a fare la madre. Nessuno mi prenderebbe sul serio. Andiamo sono Santana Lopez. Non sono un esempio da seguire ne...»«STA ZITTA!» gridò mia moglie mettendomi un dito sulle labbra.
«Ha proprio ragione Quinn...dici un sacco di stronzate! Straparli...Non è difficile. Qualsiasi bambina sarebbe onorata di averti come madre. Tu sei così, un po acida, un po' stronza, un po' presuntuosa...»«Oh ma grazie Amore»«...ma sei dolcissima, inarrestabile, tenera. Non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno, sai riconoscere bene e male, ne hai passate tante ma ti sei sempre rialzata a testa alta. Davvero pensi che non saresti un buon esempio?»
«Gran bell'esempio!»
«STUPIDA! SEI PERFETTA!» mi gridava dandomi colpi in testa.
«E per punizione andrai tu a riprendere Sara a scuola!»«Cosa? Nonono...»
«Santana.» mormorò lei in tono minaccioso.
«Non posso andare a prenderla...»«Esatto...tu DEVI. Muoversi!»
Provai a liberarmi in qualche modo ma Brittany ebbe la meglio. Nemmeno i miei baci ebbero il potere di salvarmi e quindi, non so nemmeno come, mi ritrovai di nuovo a bordo della mia macchina diretto verso quella bella scuola in cui avevamo iscritto la piccola marmocchia.
Quando arrivai la vidi immediatamente. Stava seduta sul muretto con i piedi a penzoloni.
Leggeva un libro, tanto per cambiare. E con quell'aria assorta sembrava proprio bella.
Si accorse del mio arrivo quasi un minuto dopo. Richiuse e ripose nello zainetto la lettura e si avviò a passo deciso verso la macchina entrando senza salutare e allacciandosi la cintura.
«Anche per me è un piacere vederti Sara.» mormorai irriverente mentre mettevo freccia e scalavo in seconda. Lei si circondò il petto con le braccia e guardò avanti.
Ok. Aveva preso qualcosa anche da mia moglie a quanto sembrava.
«Com'è andato il primo giorno?» chiesi senza ottenere risposta.
Ignorai il fatto che mi stesse ignorando concentrandomi sul traffico. Feci la prima svolta in silenzio, poi anche la seconda e infine la terza. Due minuti. Questo era il mio limite.
«Come mai stai in silenzio?»
«Oh non fingere che ti importi qualcosa di me.» rispose finalmente scocciata.
Il suo tono mi fulminò e per poco non inchiodai.
«Scusa? Certo che mi importa di te.»
«Non è vero! Per te sarebbe meglio che non esistessi...»
Spalancai ancora di più gli occhi. Ma che diavolo diceva?
«Ora non esageriamo, non siamo proprio partite con il piede giusto ma...»
«Vi ho sentite stamattina. Stavate parlando...io ero sulle scale e...Io non sono tua figlia. Fai bene a prendermi in giro...»
Vidi il suo viso farsi scuro. Teso per la rabbia o il dispiacere forse.
Io ero semplicemente sconvolta. Sentivo il cuore battere all'impazzata e le gambe farsi molli.
Non poteva avermi davvero sentito dire quelle cazzate. Non doveva.
Io ero...ero solo confusa, arrabbiata. Non sapevo come prenderla tutto qua.
«Io non volev...»«Guida vecchia e lasciami in pace!»
«Scusa?» chiesi ancora riprendendomi subito. Quella parola mi mandava fuori di testa!
«Vecchia. Hai sentito bene...VECCHIA.»
«Sara non c'è bisogno che tu mi faccia i dispetti. Voglio essere chiara con te e...»
«Sei già stata chiara. Stamattina. Mentre io non c'ero...»
Oh andiamo. DIOS. Avrei bestemmiato in ogni lingua se questo non avesse peggiorato la mia situazione. Possibile che dovevo sempre mettermi nella merda così? Possibile che dovessi sempre, e dico sempre, finire nei guai per stronzate che la mia bocca diceva. 
Avrei dovuto comprarmi un tappo.
«Io non intendevo...» «Zitta!»
Lo gridò. Portandosi le mani alla testa e chiudendo gli occhi. Oh si...quel tono mi diede terribilmente fastidio, così tanto che mi dimenticai che stavo parlando con una quasi undicenne. 
«Ascoltami bene signorina. Porta un po' di rispetto!»
«Non rispetto chi non si interessa a me!»
«Ma ca...volo! Non volevo dire quello che ho detto. Non lo credevo davvero! Ero arrabbiata, fuori di me. Stavo litigando con mia moglie, con Brittany e questo mi stava facendo impazzire...non lo pensavo sul serio!» fermai la macchina sul nostro vialetto e mi voltai aspettando una sua risposta ma Sara aveva già aperto il suo sportello.
«Ti odio...» la sentì mormorare correndo verso la porta.
PORCA MERDA! Sbattei le mani sul volante e mi lasciai cadere sul sedile.
Possibile che dovevo sempre passare per stronza? Non mi andava mai bene niente.
Ora mia "figlia" mi odiava, credeva che non la amassi, non mi rispettava, mi dava della vecchia ed ero sicura al cento per cento che questo avrebbe portato a nuovi litigi con Brittany. Oh DIOS. Maledetto il giorno in cui avevo desiderato una bambina!

Angolo dell'Autrice
Strano che Santana non ne combina una delle sue. 
Confusine, stress e...chissà cos'altro portano a questo. O ma è solo l'inizio, ora ci sarà veramente da divertirsi per noi, un po' meno per Santana forse. Alla prossima <3

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Capitolo 7
*** Life in Technicolor ***


I giorni passarono. Si susseguirono veloci sulla mia pelle e sulla mia famiglia.
Ed era così bello vedere come le cose migliorasseri velocemente. Sara era la figlia che avevo sempre sognato, quella bambina che riusciva a riportarti il sorriso con una semplice parola.
Con una smorfia, con un movimento, con uno sbuffo. Era terribilmente tenera.
E così matura, così responsabile, così acculturata. Parlava come una ragazzina di 13 e 14 anni ma probabilmente aveva conoscienze anche superiori. Santana sembrava finalmente accorgersi della sua particolarità, apprezzare quella loro somiglianza, capirla.
Ero così felice che le due ragazze più importanti della mia vita stessero cominciando ad entrare in armonia. Ogni tanto le beccavo così, a sussurrare sul divano, a scambiarsi il telecomando per la tv o passarsi la roba da vestire nella stireria. Altre volte spalancavo le porte e le ritrovavo a fissarmi sorridenti, così felici, così in sintonia. Ero al settimo cielo.
Non era iniziata bene per noi ma...io avevo sempre tenuto viva la speranza.
Certo Sara non parlava molto spesso di lei, preferiva raccontarmi delle sue mitiche giornate a scuola, o delle scoperte fatte a casa. Era quasi passato il primo mese e già la conosceva a memoria. Ogni angolo, ogni spigolo, ogni spazio. Quando le serviva qualcosa sapeva esattamente dove andare a cercarla. Be...quasi sempre, spesso la vedevo trafficare tra gli scaffali alla ricerca dei cereali o dei biscotti che puntualmente Sanny non metteva mai al posto giusto. Era una vera casinista, il suo ordine era praticamente inesistente ma...l'amavo.
E amavo che finalmente le cose stessero cambiando. 
Quando gliene parlavo a letto mi saltava subito addosso, come se il fatto di aver davvero creato una famiglia unita le rendesse impossibile starmi lontana. Oh e la cosa a me piaceva. Mi piaceva veramente tanto! 
Io e Sanny avevamo sempre avuto una vita sessuale meravigliosa ma ultimamente...era addirittura migliorata, cosa che credevo quasi impossibile. Non si stancava mai di me.
Mai. E per me era lo stesso! Avrei potuto stringere quei fianchi ambrati in qualsiasi momento, cosa che purtroppo Sara rendeva difficile. Aveva degli occhi stupendi, così anonimi e allo stesso tempo caratteristici e i suoi capelli...oh i suoi capelli.
Già, il matrimonio mi rendeva folle di lei. 
Avevo mia moglie, una latina stupenda e caliente che non voleva far altro che saltarmi addosso ad ogni occasione. E avevo mia figlia, una stupenda bambina identica a lei.
Così perfetta da sembrare quasi la sua vera figlia e anche se non intendevo sottolinearlo spesso avevo sempre desiderato una bambina da lei. Solo che...forzare Santana a concepire sarebbe stato eccessivo e sapevo che lo avrebbe fatto solo per accontentarmi. Mi amava così tanto!
Non le avevo chiesto nulla quando avevano scoperto che purtroppo i miei ovuli non sembravano essere fertili a sufficienza e penso tuttora che segretamente lei mi abbia ringraziato. Sara era tutto ciò che volevo oltre a mia moglie. E ora l'avevo e volevo godermela. Volevo vivere insieme a mia figlia, aiutarla e supportarla e crescerla e un giorno ero sicura che avrei sentito la parola "mamma" uscir dalla sua piccola boccuccia rosata.
Nulla poteva andare meglio di così.
Santana

Seriamente. Come poteva la situazione essere tanto pessima?
Ok, avevo fatto un casino. Ok, avevo mandato a fanculo le poche possibilità di diventare una mamma modello ma...ora dovevo addirittura fare la guerra tra le mie stesse mura.
Quel mostriciattolo mi avrebbe reso la vita un inferno. Avrei dovuto capirlo subito...
Due latine sotto lo stesso tetto non potevano resistere! Avevamo la stessa anima, la stessa parlantina e addirittura sapevamo punzecchiarci in modo egreggio. Probabilmente se le sue frecciatine non fossero state contro di me avrei fatto i complimenti più sinceri a quella diavoletta. Ormai, quando Brittany non c'era, non mi facevo problemi a risponderle a tono.
Probabilmente l'avevo ferita parecchio quel giorno ma...non per questo meritavo un trattmento simile e Santana Lopez non si lasciava mettere i piedi in testa nemmeno dalla bambina che aveva adottato. Semplicemente mia moglie non doveva sapere nulla e sembrava proprio che Sara non le spifferasse mai niente anche se non capivo il motivo.
Quando invece Britt mi chiedeva di Sara le saltavo letteralmente addosso per evitare di parlarne e...la cosa funzionava alla grande. Sfogavo le mie frustazioni e se si può dire anche la mia rabbia nei confronti di quella bambina con del sano, stupendo sesso matriomiale.
Niente litigi tra me e la mia bionda ma non sapevo quanto ancora sarebbe durata.
Prima o poi avrebbe scoperto che io e quella piccola serpe ci insultavamo in silenzio quando lei cambiava stanza, ci facevamo gestacci o fingevamo di abbracciarci quando sventuratamente ci trovava insieme nella stessa stanza. 
Oh e quel giorno non era diverso dagli altri...

«Allora ascoltami bene tappo, se tu non togli immediatamente tutti i tuoi vestiti dal pavimento prima che Britt decida di venire a premiarti per aver pulito la stanza giuro che ti mostrerò come facciamo noi le cose a Lima Heights!»
«Oh si? Posso chiamare l'ufficio immigrazione quando voglio!»
Ma dove gli leggeva quei termini questa bambina? Ufficio immigrazione? Ma nemmeno a vent'anni sapevo che cavolo significava!
«Ancora con questa storia del permesso di soggiorno? E io che pensavo che i bambini fossero fantasiosi...»«Sicuramente non siamo dei bugiardi!»
Giuro. GIURO. Le avrei dato un pugno sul naso se avessi potuto. Ora capivo di cosa parlava Tim.
«No, siete solo insopportabili. Ah no...aspetta. TU sei insopportabile!»
«Ha parlato mister simpatia!»
Feci un passo verso di lei infilnzandomi le unghie nella carne.
«Ha parlato la bambina modello!» lei mi venne incontro mentre io mi abbassavo per poterla guardare fissa negli occhi. 
«Ha parlato quella strana!»«Oh parla quella normale invece!»
«Sei brutta!»«Sei noiosa!»
Ormai eravamo fronte contro fronte, occhi negli occhi.
«Hai un lavoro stupido!»«Fai pena a scuola...»
Ok, in effetti non era vero. Brittany tesseva le sue lodi ogni secondo. Sara racontava mitiche avventure scolastiche, grandi complimenti, amichetti che la veneravano. Secondo me invece dominava il regno del terrore ma...erano dettagli.
«Tu a scuola cantavi e ballavi.»«Ed ero la migliore!»
«Le povere orecchie dei tuoi compagni avrebbero da ridire...» 
Stavo per ribattere ma...non trovai qualcosa di altrettanto pungente. Cattivo. Meschino.
Mi aveva battuto? Qualcuno aveva veramente zittito Santana Lopez? E quella bambina aveva seriamente quasi 11 anni? Ne dimostrava almeno 20 per la sua parlantina!
«Oh...Vai a bere il biberon e poi ne riparliamo!»«Non posso rubartelo...»
Stavo per prenderla per i capelli o forse le braccia o forse le gambe o forse l'avrei disinegrata all'istante quando sentì la maniglia cigolare e la porta spalancarsi. Istintivamente calai le braccia oltre il suo collo e la strinsi a me. Un abbraccio, il nostro solito abbraccio. Eppure non era una sensazione tanto brutta, quelle sue piccole manine dietro i miei capelli, i nostri falsi sorrisi.
«Ow...siete carinissime. Che stavate facendo?»
«Sara mi stava raccontando della sua giornata...» mentì io lanciandole un occhiataccia.
«Già. Gran giornata!»
«E che hai fatto?» chiese tutta sorridente.
Io e Sara ci guardammo, dovevamo trovare qualcosa in fretta e stupidamente nello stesso momento le nostre bocche si sintonizzarono su parole diverse.
«Scienze!»«Storia!»
Brittany ci guardò confusa.
«Prima ho fatto storia e poi siamo andati al laboratorio di scienze.»
«Cavolo, avrai imparato un sacco di roba!» esclamò felicissima.
«Milioni di nuove parole...» sussurrai io sorridendole maligna.
«Che cosa bella. Però sarebbe il caso di pulire un po' la camera no? Ora Amore stavo cercando proprio te, c'è Quinn al telefono!»
La Fabray? E che voleva? Annuì seguendola fuori dalla stanza ma poco prima di chiudermi la porta alle spalle mi voltai e le feci la linguaccia. Per tutta risposta Sara mi imitò tirandosi anche la pelle sotto l'occhio verso il basso. Che bambina terribile!
Brittany
Si amavano. Era amore materno quello che c'era nell'aria!
Seguivo il profilo di mia moglie che correva al telefono con il mio ego che faceva la conga.
Avevamo dato vita ad una famiglia perfetta e la mia latina amava sua figlia quasi più di me.
Questi erano i momenti che adoravo. Quelli dove di soppiatto le scorgevo condividere opinioni, momenti, istanti della loro vita. 
Mia moglie prese il telefono e la sentì farfugliare qualcosa a Quinn sorridente. Mi lanciava sguardi ammicanti e capì subito che avrebbe voluto spogliarmi là, nel nostro soggiorno.
Ma Sara era in camera, sveglia e pimpante e io dovevo assolutamente parlarle di una cosa.
Certo, avrei rimandato ancora di qualche settimana ma non potevo tenerglielo segreto a lungo, semplicemente speravo che continuasse ad andare d'accordo con nostra figlia come stava facendo. Non ci sarebbero stati problemi ne ero sicura. Nessun tipo di problema!
«Amore devo andare da Quinn» sussurrò baciandomi debolmente le labbra.
«Mmm? Porti Sara con te vero?» 
«Devo proprio?» chiese facendo gli occhioni da supplica.
«Io tra una mezz'oretta devo uscire per andare a lavoro lo sai bene!»
San ci pensò un attimo poi annuì. 
«Solo per te!»
Santana    
«Sei la migliore.»
Oh si. Lo ero. Lo ero davvero.
Portarsi dietro quella piccola mocciosetta che non faceva altro che sputarmi veleno dietro a casa della mia miglior amica-nemica era proprio un impresa folle. Meritavo un premio!
«Ci vedremo stanotte...» mormorò la mia bionda lasciandomi un bacio sul collo e andando probabilmente ad avvisare Sara. Prevedevo fulmini, scintille, catastrofi.
La cosa non andava affatto bene. Bene per niente.
Era passato il primo mese e non solo non avevo fatto alcun passo avanti, anzi, sembravo aver messo proprio la retromarcia. Ma lei non lo sapeva e non lo poteva sapere. No.
Per cui quando Sara scese dalle scale con i nuovi vestiti che le avevamo comprato insieme e quel falso sorriso stampato in volto io la accolsi a braccia aperte e la presi per mano.
Almeno finché non mi chiusi la porta di casa dietro.
«Hai una salvietta?» mi chiese.
Oh troppo scontato. Per pulirsi? Per disinfettarsi?
«Trovane una migliore mocciosetta!»
«No davvero Santana. Son sporca!» mi voltai notando in effetti una strisciata di pennarello sul braccio e non riuscì a trattenere una risata. Oddio. Una vera risata.
Ormai ero così in difesa da cogliere una frecciatina in ogni sua frase. Stavo decisamente esagerando...
«E anche una per la mano!» sussurrò ridacchiando lei facendomi subito pentire dei miei pensieri. No, era pur sempre una mocciosetta che non me l'avrebbe fatta passare liscia.

Angolo dell'Autrice
Capitolo a doppio pensiero! Mi piace quando posso dar voce ad entrambe e la cosa è molto comica dato che per Brittany va tutto alla grande e per Santana tutto male. Che ne pensate? Grazie mille a tutti voi che recensite e la mettete tra le seguite, le ricordate etc etc <3

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Capitolo 8
*** I Know You Were Trouble ***


Il viaggio in macchina fu abbastanza rapido e tranquillo. Sembrava che le canzoni in radio la calmassero o per lo meno zittissero. Sarei andata personalmente a ringraziare gli operatori radiofonici ad uno ad uno se Quinn non mi avesse convocata urrgentemente a casa sua.

«Quanto ci hai messo?» mi gridò appena aperta la porta.
«Mi sei mancata anche tu Fabray!» risposi io ironica mentre mi afferrava per un braccio trascinandomi dentro. Sara ci seguì senza aprire bocca.
«Beth non c'è, è uscita con delle amichette. Puoi andare in camera sua se vuoi...» 
«Grazie.» rispose correndo subito verso la stanza della piccola biondina.
Ora usciva anche con gli amici da sola. E pensare che tempo prima Quinn non la lasciava nemmeno respirare da sola. Doveva essere merito di Noah, in qualche modo doveva averla convinta a darle più spazio e cominciare a fidarsi di una ormai annunciata adolescente.
«Allora cos'è questo problema di cui mi parlavi?»
«Problema?» chiese lei confusa. «Ahn si! Era solo una balla per farti uscire di casa!»
«Cosa?»
«Non fai altro che lamentarti di quanto è pesante stare con Britt e Sara nella stessa stanza e ora mi sgridi per averti tirato fuori da questa situazione per qualche ora?»
Oh dunque aveva tentato di salvarmi? Grande Quinn!
«Ouff...» sbuffai lasciandomi cadere sul divano «Non so come uscirne Q.»
«Hai provato a dirle la verità?»«Scherzi? Dopo il litigio dell'altra volta?»
«Non è colpa tua se...»«Certo che è colpa mia! Non avrei mai dovuto dirle quelle cose e anche se è una mocciosetta fastidiosa son stata io a mettermela contro.»
«A me sembra solo molto vivace...da come ne parli.»
«Quinn ci offendiamo dalla mattina alla sera.»«E Britt non sospetta di nulla?»
«Esatto.»
Quinn mi guardò sorridente, gambe incrociate, braccia allacciate al petto.
«Io penso che tu sia fortunata...»
«Fortunata? Che hai bevuto a colazione stamattina? Wiskey e cereali?» chiesi inarcando le sopracciglia e fissandola in malo modo. La bionda per tutta risposta mi ignorò andando invece a chiudere la porta che dava sul corridoio.
«Pensaci bene. Adottate una bambina, una bambina che da come ne parlano in orfanotrofio sembra parecchio problematica. Non parla, non si rapporta con gli altri e sta sola insieme ai suoi libri. Poi incontra voi, la prima famiglia che le si avvicina e si rivela estremamente loquace, divertente, spiritosa.»
«Offensiva!» rimarcai io ma Quinn mi impose il silenzio.
«Mettiti nei panni di questa bambina San. Ha perso i genitori, in un incidente...ha perso tutta la sua famiglia. In un giorno il suo mondo è collassato!»
«Lei dice di non ricordarsi nulla...»
«Come puoi dimenticare una cosa simile? Andiamo! Immagina quanti sentimenti e pensieri repressi ha questa piccola bambina e poi arrivate voi. La sua nuova famiglia, la prima dopo tanto tempo e lei si apre totalmente!»
«Dunque?»
«Non è strano? Voglio dire guarda come si è comportata nelle uscite. Beth dice che il giorno che erano insieme non ha parlato quasi nulla. A me nemmeno mi guarda in faccia quasi...»
«Naa...è una tua impressione Fabray!» sminuì subito io.
«Ma torniamo all'argomento. Questa ragazza è tenerissima con Brittany e invece su di te riversa tutti i suoi pensieri. Non pensi sia più giusto quello che prova verso di te?»
«Cosa? Odio?»
«No San. Pensaci bene! Si sta sfogando, con te può essere quello che realmente è!»
«Una stronza?»
Mi diede un colpo alla spalla e io urlai per il dolore e la sorpresa.
«Sei una cogliona! Mettiamola così, ricordi quando hai lavorato per la numero uno delle classifiche americane?»
Feci una smorfia. Come dimenticare quella viziata, odiosa, smaniosa cantante. Il suo successo non era del tutto scemato ma la sua carriera era stata paragonata a una stella cadente. Luminosissima nella notte, la cosa più bella e magnifica, quella a cui tutti danno attenzione...ma solo per qualche secondo.
«Eri costretta a comportarti bene, a sembrare felice, ad essere sempre d'accordo con lei. 
Ora Sara con Brittany è sempre cordiale, sorridente e felice.»
«Già ma come può essere falso scusa?»
«Se stravedesse davvero per lei come dici perché non le dice la verità? Se ti odia davvero così tanto e invece ama Britt con tutto il suo cuore perché non mettervi l'una contro l'altra? Sarebbe un enorme torto a te e potrebbe avere tua moglie per se...»
Stavo per ribattere quando...non seppi che dire.
Mi fermai un attimo a pensare e mi accorsi che effettivamente la cosa aveva sfiorato anche me. Lei con Brittany era sempre sorridente, felice. Annuiva a tutto eppure...
«Cazzate Q. Tu pensi troppo!»
«Si in effetti queste le erano! Sara stravede per Brittany...e non ne so nemmeno il motivo ma guarda la tua situazione, osserva come è con te.Parla con il linguaggio che conosce e che si vergogna a usare in presenza di Britt. Ti sfida. Ti butta giù tutto quello che pensa! 
Sinceramente preferirei la tua situazione.»
«DIOS. Ma che cazzo dici?»
«Il vostro, pur se incredibilmente fastidioso, burrascoso, stupido è un rapporto vero al cento per cento. Puoi dire lo stesso di quello che c'è tra Brittany e Sara?»
«Ma smettila! Consolarmi non servirà a nulla!»
«Io ci ho provato!» disse ridacchiando e facendo spallucce «Sappiamo entrambe che tra quelle due è stato colpo di fulmine ma tu...tu sei irrecuperabile! Prima o poi te ne accorgerai...io ne son sicura.»
«Accorgermi di cosa?»
«Lascia perdere...ne riparleremo!»
Diceva tante, tante di quelle cazzate. Troppe.
Ora urlarsi, prendersi quasi a parolacce e offendersi era meglio che sorridere e vivere in armonia? La Fabray aveva qualche problema!
«Dai basta! Volevi tirarmi fuori da là no? Parlami d'altro...»
«Non so, che vuoi sapere?»
«Che fanno gli altri?»
Quinn si spostò un po, poggiando la testa ad uno dei cuscini.
«Ieri son uscita con Rachel a fare un po' di shopping e a quanto pare si sta frequentando con uno. Non mi ha voluto dire chi sia ma è un bene no?»
«Uh. Berry con un uomo. Interessante!»
«Poi di Kurt so veramente poco. Non so se sia ancora in Europa, il suo musical sembra stia andando alla grande e per quanto riguarda Mercedes ha inciso un nuovo  singolo giusto ieri.»
«Quindi riuscirà davvero a pubblicare un disco?»
«A quanto sembra...»
Io e Quinn ci guardammo sorridenti. Avevamo sempre creduto in Mercedes e alla fine sembrava avercela fatta. Tutti avevamo ciò che sognavamo...o quasi.
«Matt invece?» mi chiese la bionda alzandosi all'improvviso.
«Era a casa l'altro giorno. Viene a salvarmi da quel demonio di bambina...Tutto bene.
Sofì sembra essersi calmata e Mel sta benone!»
«Insomma l'unica sfigata sei tu? Vuoi da bere?»
«Maledetta! Se hai dell'acqua tonica si...»
«Viziata come sempre.»«Servimi schiava!»
Quinn mi si lanciò addosso, dopo aver poggiato il vassoio al tavolino sia chiaro.
Era uno dei nostri momenti. Quelli dove ci picchiavano, ridevano, ci lasciavamo lividi e poi tornavamo a guardarci e ricomporci dall'altro lato di un divano.
«Nemmeno la maternità riesce a cambiarti!»
«Ma quale maternità! Quella mocciosetta non mi chiamerà mai mamma.»
«Se la chiami così puoi giurarci. Secondo me esageri e basta!»
«Chiedilo a Matt! Lui ha sentito come mi tratta. Certo, si è messo a ridere ma per lo meno non pensa che io mi stia inventando tutto!»
Quinn mi scompigliò i capelli.
«Sei pessima! Pensi che Britt ti ucciderà quando scoprirà che le hai mentito?»
«Molto lentamente...e in mille modi diversi.»
«Guarda ancora CSI?»«Ogni settimana.»
«Allora sei proprio fottuta!»
Oh si. Lo sarei stata. Decisamente.
Non rimanemmo ancora molto tempo da Quinn. Noah sarebbe rientrato a momenti e volevo lasciare a quei due un po' di tempo per divertirsi, con Beth in casa non doveva essere molto semplice per cui optai per una passeggiata al parco. Io e Sara.
Già...DIOS. COME DIAVOLO MI ERA VENUTA UNA SIMILE IDEA?

«Comunque grazie.» mi voltai, abbassando lo sguardo sino alla sua testa scura.
«E per cosa?»
«Forse per il gelato?!» chiese ironica sventolandomi quella montagna a due palline che le avevo comprato. Certo, pur di tenerla buona le avrei comprato il mondo.
«Non c'è di che...» risposi guardando altrove e puntando una panchina in lontananza.
«Ti va di sederti?»chiesi «Sei già stanca? Giusto...l'età.»
Lasciai correre quella frecciatina, mi bastò solamente il suo cenno. 
«Pensi sempre che io ti odi?» affermai ad un tratto prima di sedermi e vedendo il suo volto confuso puntarsi sul mio.
«Certo. Ti scoccia?»
«Abbastanza»
«Non sai a me...» disse lei leccando il gelato e guardando avanti. Oltre quella siepe e ancora oltre. Sin a quello spiazzo dove giocavano divertiti animali e padroni, ragazzi e ragazze, genitori e figli. Metteva una pace in corpo guardarli correre e ridere.
«A volte penso che tu sia una brava persona. Ti comporti bene, vai a lavoro, ami Brittany e tenti in qualsiasi modo di nasconderle il fatto che non andiamo d'accordo. Altre volte invece ti considero solo una grande stronza.»«Ehi piccolina vediamo di moderare i termini!»
«Per te son una mocciosetta!» contestò lei corrugando la fronte.
Lo era dopotutto.
«Hai 10 anni e ti comporti come una di 15. Mi prendi in giro, mi insulti, mi offendi e disprezzi tutto quello che faccio. Dovrei anche considerarti una figlia modello?»
«Non mi consideri nemmeno una figlia!»«Certo, tu non mi consideri tua madre!»
Sbottai senza rendermene nemmeno conto. Ah quella bambina mi mandava fuori di testa.
«Stronza...» mormorò tornando a guardare avanti.
«Ascoltami Sara, vai a lavarti la bocca prima di parlare con me così!»
«Non ho sapone con me!»«Non è una novità!»
Oh uno a zero per Santana. 
«Sto imparando dalla migliore.»
Uh diavolo. Uno a uno.
«Sei solo una bambina. Non me la prendo con i più piccoli!»«Paura di perdere?»
Uno a due. Era maledettamente brava.
«Mangia il tuo gelato va...» 
Santana Lopez. Sconfitta da una bambina di quasi undici anni. 
Questo era un insulto. Ma dopotutto avevo fatto bene a lasciar perdere o sarebbe durata in eterno e quelle vecchiette che passeggiavano lente già mi additavano come il demonio.
Già. La peggiore madre del mondo. O forse era la sorella? In ogni caso facevo schifo ai loro occhi. E mia figlia/sorella stava prendendo tutto da me. 
Si certo. Facile giudicare senza sapere nulla!
Non ci trattenemmo ancora molto su quella panchina, un altro giro di frecciatine e di nuovo in viaggio verso casa. Verso Brittany. Verso un altro po' di menzogne e forse una nottata movimentata con la mia mogliettina. Prima o poi avrei dovuto dirle la verità o sarei stata veramente in guai grossi!

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Capitolo 9
*** Lies ***


Glielo dovevo dire.
Non potevo continuare a rimandare, non potevo continuare a trattenermi.
Il tempo passava e io continuavo a mentirle ogni secondo di più. Oddio, in realtà non era una vera e propria menzogna, più che altro si trattava di omissione.
Già, mi avevano comunicato la cosa da parecchio tempo ma io...semplicemente non avevo ancora trovato il coraggio di dirglielo. Era forse troppo in un momento simile.
Ma Santana mi guardava con quei suoi occhioni castani mentre facevamo l'amore, non mi lasciava altro posto ove nascondermi, scrutava dentro la mia anima come aveva sempre fatto.
E io mi sentivo male. Non riuscivo a convivere con il fatto che più tardi avrei parlato con mia moglie più lei avrebbe preso male la notizia. Così un giorno mi decisi.
Mi presi una mattina libera e tornai a casa prima del previsto. Sara era a scuola, ormai ci andava con costanza e non tornava sino a metà pomeriggio. Volevo il meglio per lei e così avevo convinto Sanny a mandarla in una delle migliori della zona e i loro orari mi facevano davvero tanto comodo. Per quanto riguarda la mia latina, be lei stava sicuramente dormendo dato che solitamente non si alzava prima di metà mattina.
Entrai in casa silenziosamente richiudendomi la porta alle spalle in un soffio di vento. 
Lasciai le scarpe e la giacca in soggiorno, la maglietta sulle scale e i pantaloni in corridoio.
Lentamente spalancai la porta della nostra camera e la intravidi illuminata dai caldi raggi del sole. I capelli scompigliati, le lenzuola scomposte e il suo viso ambrato che fuoriusciva dolcemente da quella trappola di tessuto. 
«Sto sognando per caso?» mormorò con la voce impastata quando mi vide ai piedi del letto in mutande e reggiseno. Io sorrisi disfando quella coda frettolosa.
«No. Son venuta a svegliarti...» le tolsi le coperte e mi fiondai su di lei.
Il suo corpo era caldo e accogliente e sentì subito le sue mani sui miei glutei.
«Ehi...»«Che c'è? Tu mi vuoi svegliare!»
«Mmmm.» mormorai baciandole il collo e prendendo le sue mani nelle mie.
«Come mai sei a casa?» soffiò mentre scendevo a baciarle i seni.
«Ho chiesto un giorno...» sbuffai ora sulla sua pancia facendole venire la pelle d'oca.
«Ottima idea!» gridò mentre le sfioravo il bordo delle mutandine. 
«Ma ora vieni qua!» rivoltò le posizioni impedendomi di continuare e le nostre bocche si unirono di nuovo. Mi dischiuse le labbra e le lingue si incontrarono. Era una sensazione così bella, così appagante, così...«Oh amore...»
«Ed è solo l'inizio...» sospirò mordendomi il labbro e slacciandomi il reggiseno.
«Di questo ne possiamo fare anche a meno!»
«Anche di questa allora...» dissi io imitandola.
«Saranno le tue migliori ore di permesso...» mugolò Santana baciandomi il collo e poi morsicandolo senza darmi pace. Io cominciai ad ansimare, sempre più veloce.
«Sarà...meglio...che lo...siano davvero.»
Santana si scostò un ciuffo dal viso e senza preavviso mi strappò letteralmente le mutandine che portavo. Il suo sguardo malizioso si posò sul mio sconvolto ed eccitato.
«Promesso!»

Quante volte l'avevamo fatto? Due, tre, quattro? Avevo perso il conto intrecciata al suo corpo com'ero, intenta a baciarle il collo dolcemente.
«Era da parecchio che non riuscivamo ad avere un momento così io e te...»
«Già...» soffiai il continuando a sfiorare la pelle del suo collo con le mie labbra.
«Dovresti prenderti giorni liberi più spesso.»  disse aprendosi in un sorriso.
La sua mano prese una ciocca dei miei capelli dorati e cominciò a rigirarla.
«Potresti venire pure tu in ufficio a farmi una sorpresa ogni tanto.»
«Non ricordi che la volta che l'ho fatto ci ha beccato una delle tue colleghe?»
Risi divertita perdendomi nei suoi occhi. Come avrei mai potuto dimenticarlo. Sally ci era rimasta così di merda che non mi aveva parlato per una settimana. Da quel giorno non avevamo più fatto pazzie al lavoro, perlomeno non da me.
«A che ora devi andare da Tim in studio?»
«Presto. Potrei portarti a cena fuori...»
Mi staccai un attimo per cercare i suoi occhi, quelle nocciole che mi richiamavano sempre alla vita, alla realtà, alla felicità.
«Stanotte Sara è con noi.» commentai per farle notare che non potevamo scaricare nostra figlia come volevamo. Certo, una cenetta a lume di candela non mi sarebbe affatto dispiaciuta, mi portavano alla mente i tempi di Parigi, della luna di miele, del primo anno passato come due idiote che non trovavano il tempo nemmeno per uscire di casa a salutare i loro amici per non perdere occasione di stare insieme
«Ecco perché ti ho chiesto di considerare una baby sitter!»
Sbuffai. Tornava sempre su quella storia.
«Abbiamo adottato una bambina per darla a una sconosciuta? Amore...»
«Oh e va bene...hai ragione tu. Niente cena fuori!»
Passai la mano sul suo petto facendola rabbrividire.
«E poi tu e Sara ora andate d'accordo. Non è bello cenare tutti insieme?» chiesi lanciando l'amo per la mia preda. In qualche modo avrei pur dovuto cominciare no. Santana sbuffò anche se continuava a massaggiarmi la testa rigirandosi i miei capelli tra le mani.
«Si ma in due è decisamente meglio!» 
«Occhio a cosa desideri, potresti essere accontentata...» sussurrai senza pensarci troppo.
Avevo decisamente aspettato troppo a lungo e non avevo intenzione di girarci ancora attorno. Mia moglie si fermò e cercò il mio sguardo, confusa.
«Che intendi?»
Era arrivato il momento dunque. Mi staccai da lei mettendomi a pangia in giù e facendo forza sui gomiti con il viso a pochi centimetri dal suo.
«Mi hanno offerto un opportunità alla quale non posso rinunciare.»
La sua epressione non mi lasciava ben sperare così andai avanti.
«Un viaggio di lavoro, in Europa. Niente di troppo lungo o impegnativo. Devo semplicemente portare i nostri disegni ad alcuni marchi europei che sembrano parecchio interessati. Si parla di tanti soldi e considerato che ora non siamo più solo io e te ho accettato la proposta.»
«Hai accettato? Senza consultarmi?»
«No, no. Dico che io mentalmente l'ho accettata. Sono pronta a partire e tutti si aspettano questo da me. Ma volevo prima sapere che ne pensavi.»
«Da quanto lo sai?» chiese lei lasciandosi cadere sul cuscino. Forse già cominciando a pensare a tutte le cose che sarebbero potute andare male. Santana faceva sempre così, pensava costantemente al peggio!
«Tre settimane.»«TRE SETTIMANE? Scherzi? Perché non me lo hai detto prima?»
Si stava arrabbiando. Ma era normale, cavolo non le avevo detto la verità. E la cosa mi aveva tormentato per giorni ma...non era ancora pronta. Io la conoscevo meglio di chiunque altro e avevo tentato in ogni modo di prepararla a quel momento.
«Perché non potevo lasciarti con Sara in quelle condizioni! Eri così in dubbio, così sconvolta e confusa dal suo comportamento che non avrei mai potuto nemmeno proportelo senza litigare. E sai quanto odio litigare con te, sei tutta la mia vita, il mio unico amore e quando le cose non vanno bene ne soffro tantissimo...Ma non è una scusa. Lo so benissimo. So che avrei dovuto dirtelo prima, darti del tempo ma come avresti reagito allora?»
Lasciai la domanda al vuoto mentre prendevo la sua mano portandomela alle labbra.
«Guarda invece ora. Tu e Sara andate così d'accordo e siamo finalmente una famiglia. Io non starò via a lungo, son solo due settimane e il tempo volerà e ci sentiremo ogni giorno per telefono o in videochiamata e tu mi racconterai delle vostre splendide giornate...»
Il volto di Santana cominciò a ricolorirsi forse stava cominciando ad accettare la cosa.
Mi feci più vicina, posai il mio petto sul suo.
«E poi Sara starà a scuola ogni mattina, potresti portarla da Quinn quando sei a lavoro e mandarla a letto presto se vuoi uscire con Matt. Però dovrai assicurarti che sia addormentata eh!» mi corressi subito. Non si sapeva mai con Sanny.
«O potrei usare del cloroformio.»«Non ci pensare nemmeno!» dissi io ferrea ma allo stesso tempo molto più rilassata dal fatto che Santana la stesse prendendo bene.
«Andiamo è indolore e perfettamente naturale. Dormirà come un sasso sino al giorno dopo!»«Bella madre sei...» mormorai ad un soffio dalle sue labbra.
«No, tu sei bella.»
E in un attimo le nostre bocche si unirono ancora. La sua mano tirò la mia testa verso di se e esplorando il bacio sfogai tutta l'ansia che avevo avuto. Ero sicura avremmo litigato e invece...mia moglie era stupenda. E io ero folle d'amore per lei.
«Ah, un altra cosa...» ansimai staccandomi per riprendere fiato e ricordandomi effettivamente di un altro dettaglio.
«Tre o quattro giorni prima del mio ritorno dovrebbero esserci i colloqui di Sara e no, non ti permetto di darti assente per malattia o lavoro. Tu ci andrai!»
«Mi piace quando fai l'autoritaria!» mormorò lei mordendosi il labbro e facendomi scogliere.
Io allora con un colpo di reni ribaltai le posizioni facendole scappare un urletto di sorpresa.
«Anche a me piace...soprattutto quando obbedisci!» e senza perdere ancora altro tempo o fiato tornai su di lei catturandole le mani nelle mie e baciandola con passione.

Santana
Favoloso. Fantastico. Meraviglioso.
Quando Brittany scese in cucina, ancora seminuda per preparare il pranzo e io rimasi sola nella stanza comincia a realizzare. E non fu piacevole. Ero una serie di insulti e bestemmie in spagnolo. Picchiavo il cuscino o il materasso in preda al nervosismo.
Ma perché diavolo mi ritrovavo sempre in queste situazioni di merda? Non andava bene che io e Sara litigassimo di continuo, no ora il nostro collante se ne andava per due settimane lasciandoci sole. E io sarei anche dovuta andare ai suoi colloqui a sentir i professori tessere le sue lodi e incontrare i genitori dei suoi amichetti. 
Meraviglioso. Fantastico. Favoloso.
«DIOS. SANTANA. HOLA PUTA.» non sarei riuscita a contenermi ancora molto così corsi in bagno, veloce e presi il mio cellulare. Due squilli e finalmente qualcuno rispose.
«TU TI RENDI CONTO CHE POTREI ESSERE LA SFIGA IN PERSONA? 
HOLA PUTA. DIOS. MALA VIDA...»
«Qualcosa non va San?»
«MA PUTA DE MADRE YO NO SIENTO...YO...OH DIOS. »
«Chiaramente. Ma ritengo anche che la sottrazione del quadrato dell'angolo primo non sia così complessa come appare se vista dal trinomio di base.»
«MA CHE CAZZO DICI?»
«O sei tu la prima che ha urlato cose senza senso! Io ho solo continuato...TI VUOI CALMARE? Che succede?»
Matt era fatto così. Sentirlo urlare riusciva sempre a calmarmi.
«Un casino Matt...un fottuto casino! Brittany parte.»
«O DIO. Ha scoperto di te e Sara? Ti ha lasciata? Cazzo si parla già di divorzio?»
«Frena, frena idiota! Non parte via per me...è un viaggio di lavoro!»
Lo sentì lasciarsi andare ad una parolaccia consolatoria. E in lontananza Mel lo sgridò malamente per il fatto che loro figlia era in zona.
«Mi hai fatto venire un colpo! Ma se è un fottuto viaggio di lavoro di che ti lamenti?»
«Povero stupido non capisci! Due settimane senza Brittany in questa casa? Io e Sara finiremo per darle fuoco o una delle due morirà!»
«Ma piantala! Stai solo esagerando, son solo 14 giorni.»
«Ok tu non capisci proprio. Ma ti sei appena svegliato? 14 giorni con Sara sarebbero sopportabili, o per lo meno riuscirei a resistere. Ma 14 senza Brittany e con Sara? Hai idea di quanto sarò isterica?»
«Ed ecco l'adolescente che non può far a meno del sesso...si riparte...»
«O non prendermi in giro! Brittany mi ha viziata...» mormorai in mia difesa.
Giusto. Non era colpa mia se non riuscivo a far a meno di lei.
«Tutta colpa sua. Sicuramente! Dai fai un bel respiro andrà tutto bene e...»
«AMOREEEEE»
Brittany mi urlò dalla cucina. Il pranzo doveva essere pronto e io non potevo certo farla aspettare a lungo. Dovevo ricompormi velocemente.
«Mia moglie mi sta chiamando. Ci sentiamo dopo?»
«Se vuoi passo da te a lavoro...»«Perfetto!»
Chiusi il telefono senza nemmeno salutarlo. Tanto lo avrei rivisto presto e ora dovevo andare dalla mia bellissima mogliettina. Mi agganciai il reggiseno che mi aveva tolto alcune ore prima e scesi in intimo trovandola ad aspettarmi seduta a gambe incrociate sul tavolo.
Tutte le preoccupazioni svanirono il quel preciso momento. Sostituite dalla consapevolezza che mia moglie era là ed era la cosa più bella di tutte.
ll viaggio. Sara. La sua assenza.
Tutto! Vedevo solo lei. I suoi occhi. I capelli raccolti in quella coda e il suo corpo favoloso.
«Tu. Mi. Farai...Impazzire!» sussurrai con il respiro rotto mentre mi avvicinavo lentamente.
Si, era tutta colpa sua. Mi viziava maledettamente bene.
«Ho preparato le fettine...»«Dovrebbe essere una sorta di messaggio sessuale?» chiesi sfiorandole le cosce chiare. «No, no...ho davvero fatto le fettine!» ansimò mentre mi facevo spazio tra le sue gambe e le baciavo il collo.
«Quanto abbiamo prima che si raffreddino?»«Non troppo...» ansimò ancora.
Io sorrisi sulle sue labbra. 
«Allora diamoci una mossa!»

Fu la mattinata migliore e peggiore del mondo allo stesso tempo. Prima o poi anche io sarei riuscita a rivelarle le mie bugie. E lei non si sarebbe arrabbiata. Lei avrebbe capito e poi avremmo fatto l'amore su un letto o un tavolo o qualsiasi altra cosa di casa nostra. Oddio non in camera di Sara, quello mai. Ma il resto andava bene.
Bastava Brittany per rendere tutto perfetto. La donna che portava la fede con il mio nome.
Mia moglie.

Angolo dell'Autrice
Era da un po' che volevo scrivere un capitolo interamente Brittana. Certo c'è stata una piccola interruzione ma Santana aveva bisogno del suo migliore amico, ne avrà sempre bisogno anche quando le loro strade si ritrovano così tanto divise. Anche quando hanno due famiglie a cui badare, Matt ci sarà sempre. Non c'è Sara come vedete e un po' mi è mancata ma...mi era mancata anche la dolcezza tra queste due e così. Inoltre si scopre cosa Brittany stava nascondendo. Cosa pensate succederà in quelle due settimane? Ahahahahahha. Alla prossima <3

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Capitolo 10
*** One More Night ***


Un altra notte.
Solo un altra notte prima che Brittany mi lasciasse per due settimane.
I giorni erano passati veloci, ancora una volta, come tutta la nostra vita e io non avevo fatto alcun passo in avanti con Sara per cui si...ero abbastanza in ansia.
E quando non mi sentivo tranquilla allora pensavo, e pensando non riuscivo a dormire.
Nemmeno con mia moglie stretta a me, con il suo petto caldo a contatto con la mia schiena. Il suo respiro sul collo, i suoi capelli sulle spalle. Non ci sarebbe stata per troppo tempo e io non sarei mai riuscita a gestire la cosa. Sara mi avrebbe sopraffatta o saremmo finite per azzuffarci.
Avrei dovuto nascondere i coltetti da casa? Decisamente! Foderare gli spigoli? Anche.
Matt mi aveva promesso la sua presenza per la metà dei giorni, Quinn tre di baby sitting e avevo perfino sentito Rachel al telefono. Lei mi avrebbe supportato da casa sua. Simpatica la Berry!
Eppure ero lì, a fissare il vuoto e ragionare su come muovermi. Su come sarebbe stato meglio prendere Sara in quel tempo. Avrei resistito senza mia moglie? Difficile dirlo. Ormai eravamo un tutt'uno, ero in totale simbiosi con lei. Senza la mia bionda sarei morta.
Era come una dipendenza per me, qualcosa di cui avevo estremamente bisogno per vivere. Era come ossigeno, come acqua, come...come Brittany.
Sorrisi voltandomi appena per scorgere il suo viso rilassato con la coda nell'occhio.
Mi piaceva pensare che la notte sognasse me. Sognasse me e lei alle prese con nuove avventure.
Quando aveva degli incubi lo capivo all'istante, si dimenava e parlava e soffriva e io la stringevo sempre consolandola inconsapevolmente. Ma il suo sonno quella notte era tranquillo, era tenero e delicato, era pacifico. 
Le sfiorai una guancia senza potermi controllare, quasi per aver la certezza che fosse la realtà e non stessi invece sognando io un angelo tanto bello.
«Amore...» sussurrò Britt con la voce impastata facendomi sussultare. Le passai le mani dietro i fianchi attirandola a me e facendo incastrare il suo mento sulla mia spalla.
«Ti ho svegliata?» chiesi piano vedendola scuotere la testa «Tu perché...sei sveglia?»
Sorrisi mentre mi baciava debolmente il collo e poi la spalla.
«Pensavo...»«Alla partenza?»«Già.»
Mia moglie cercò la mia mano intrecciandola alla sua. 
«Non mancherò per molto, lo giuro...»«Ma a me mancherai da morire!»
Lei mi baciò il palmo della mano che mi aveva preso e specchiò i suoi grandi e assonnati occhi azzurri nei miei. Quel sorrisetto sulle labbra con ancora due cerchi violacei poco sopra.
«Anche tu. Anche tu mi mancherai tanto in Europa...ma devo andare.»
«Lo so. Son veramente tanti soldi ed è una grande opportunità per te.»
«Ci pensi? I nostri disegni anche fuori dall'America...»
Sorrisi mentre la osservavo sognante. Il suo lavoro la entusiasmava davvero tanto, era qualcosa in cui ci metteva sempre anima e corpo per dimostrare a tutti che non era affatto una stupida, che valeva qualcosa, molto più di tanti altri.
«La Signora Pierce espande il suo impero.»«Lopez-Pierce.» mi corresse subito lei.
Già. Lopez-Pierce.
«Sai, avevo anche proposto ai miei colleghi di portare te e Sara ma...non hanno visto di buon occhio la cosa. Sai un minore in volo...»«Oh magari le tue amiche hanno fatto qualche piccolo commento su quanto sia bella la nostra vita.» ridacchiai prendendomi un colpetto al petto.
«Stupida!»
Ci guardammo per qualche secondo senza parlare. Poi mi chinai su di lei per baciarla.
Un bacio lento, delicato, quasi infinito. Era un saluto, il primo dei tanti.
«Sono sicura che te la caverai alla grande con Sara.»
«Vedremo...»
«E non combinate disastri mentre non ci sono. Chiaro?»
«Chiarissimo capo!» dissi portandomi la mano alla fronte.
«Giuralo!»«Lo giuro.»
«Brava.» sussurrò sorridendomi e dandomi un altro bacio a stampo per poi sdraiarmi su di me e adagiare la testa sul mio petto. «Ti dispiace se dormo così?» mormorò facendomi tremare la pancia. 
«Assolutamente no. Puoi dormire così per tutto il tempo che vuoi...» sussurrai io sfiorandole il suo profilo e continuando a farlo all'infinito. Sino a che non la sentì crollare addormentata ancora una volta, tra le mie braccia, su di me.
---
A colazione fu il suo monologo.
Cominciò a ricordarmi tutto quello che avrei dovuto fare elencandomi praticamente la metà delle cose che avevamo in casa. Si, lo ammetto, lei si occupava della maggior parte degli affari domestici ma era molto più adatta di me a gestire il nostro posto. Sara non faceva altro che ridacchiare quando mia moglie mi sgridava o metteva in cattiva luce dicendo che non mi sarei mai ricordata di tutto quello se non l'avessi scritto ma...non avevo dormito nulla e non avevo la minima voglia di prendere carta e penna.
«Dovrò chiamare Matt vero?»
«Fai anche Quinn per sicurezza. E Mel...e se proprio vuoi Kurt.»
«Ma non è ancora in viaggio lui.»
Ci pensai un altro mentre sorseggiavo l'ultimo goccio del mio latte e cioccolato.
«In effetti si. Ma stavo scherzando Britt.»
La mia bionda mi sorrise prima di pizzicarmi il braccio.
Aveva preparato le valigie dal giorno precedente e la mattina aveva rifinito le ultime cose, in più aveva concesso alla mia piccola copia di saltare la scuola solo per i saluti. Sapeva che era un momento importante e una di noi due non si era mai allontanata da lei per così tanto tempo.
«Allora mi prometti che farai da brava con San?» chiese Brittany chinandosi su Sara.
La bambina la guardava quasi con il magone, come se la sua partenza fosse un lutto. Be, effettivamente era così. Sarebbe rimasta con me per due settimane, non era certo il massimo.
O almeno questo pensavo stesse pensando...OH DIOS. Pensavo troppo.
«Promesso...»
Si, la promessa più falsa del mondo. Per favore...altro che brava, mi avrebbe fatta dannare.
Avrebbe fatto il demonio per casa, avremmo scoperchiato la struttura. Al cento per cento.
E tutto sarebbe andato a fuoco. Oppure semplicemente ci saremmo scannate a vicenda. 
«Questa è la mia bambina.» sussurrò dandole un bacio sulla guancia.
«E tu mi raccomando eh!» disse puntando il dito contro di me. 
Ci eravamo già dette tutto a letto. Tra la notte e le prime ore del giorno. Avevamo fatto l'amore ancora una volta, eravamo rimaste abbracciate così, senza parlare, solo guardandoci negli occhi e anche se avessimo voluto rimandare per sempre anche il nostro momento era arrivato.
«Sarò la migliore!» le diedi un bacio, l'ultimo di quel giorno e la accompagnai fuori dalla porta con le valigie dove un taxi giallo l'attendeva da qualche minuto. Lei salì senza staccarci gli occhi di dosso. Sara si era messa davanti a me e io le posavo le mani sulle spalle.
«Mi mancherete...» gridò mentre la macchina partiva e ci lanciavamo gli ultimi sguardi.
Così. Restammo sul viottolo finché quella macchia non scomparve all'orizzonte svoltando verso l'aereoporto. 

«Ora puoi levarmi le mani di dosso vero?»
«Oh giuro che ti ammazzo!» mormorai roteando gli occhi al cielo e seguendola dentro casa.
Quella era stata la nostra ultima notte. Il nostro ultimo giorno.
Ora iniziava il regno del terrore!

Angolo dell'Autrice
Si, non sono sparita, ci sono ancora! SCUSATE, SCUSATE, SCUSAAAAATE! Davvero non so come farmi perdonare per quest'assenza ma mi son definitivamente trasferita in città per l'università e insieme a delle settimane devastanti si è aggiunto anche il problema internet. Ora ci hanno attaccato l'adsl per cui non ci saranno più ritardi, promesso <3 Ecco il nuovo capitolo, non è niente di troppo lungo ma ci son ancora dei bei momenti Brittana e la definitiva partenza, che succederà ora? Grazie a tutti coloro che hanno recensito, non vi ho risposti ma prometto che risponderò alle prossime ora :D

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Capitolo 11
*** Wake me Up ***


«No ti giuro. Non volevo Brittany! Davvero io non volevo è che...lei. Io...Credimi!»
Sara mi guardava da oltre la porta ridacchiando malvagia. I suoi denti somigliavano a quelli di uno squalo, aguzzi, bianchi, pungenti.
«Hai trattato mia figlia come uno schifo per tutto questo tempo e ora chiedi il mio perdono? Ma cosa sei tu? Chi sei tu?»
«Sono tua moglie!» gridai tra le lacrime mentre continuava a caricare tutti i suoi vestiti in quelle grandissime valigie colorate. Erano davvero troppo grandi per essere vere.
«Oh no, mia moglie non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Lei avrebbe amano nostra figlia...anzi mia figlia. MIA FIGLIA.»
Brittany mi guardò con disprezzo mentre si toglieva la fede che ci legava, quel piccolo cerchio dorato simbolo del nostro amore.
«E questo puoi riprendertelo!»
«NO. Brittany...NON ANDARE. BRITTANY NO...AMOR...NOOOO»
Fu allora che mi svegliai. Di colpo. Di botto. Di soprassalto.
Aprì gli occhi lanciandomi in avanti sino a sfiorare le ginocchia con i gomiti.
Respirai velocemente prima di mettere a fuoco alcune cose.
Primo, era tutto un sogno, anzi un incubo irreale.
Secondo, ora mi ero svegliata e sarebbe andato tutto bene.
Terzo...ero bagnata fradicia.
Mi guardai sconvolta osservando i miei capelli e i vestiti appiccicarsi alla pelle umida. Mi voltai avanti e...Sara. Reggeva un secchio ormai vuoto e mi fissava in attesa.
«Tu.TU. Mi hai lanciato un secchio d'acqua?»
«No. Andare in giro con un secchio è un mio hobby...certo che l'ho fatto!»
Mi schioccai il collo mentre mi toglievo i capelli dal viso, tentando di trattenermi.
«E vorresti dirmi di grazia...PER QUALE RAGIONE?»
«Urlavi, stavi gridando e non ti svegliavi...e io devo andare a scuola.»
L'avrei uccisa. Ne ero sicura.
Era solo il terzo giorno da quando Brittany era partita e già non riuscivo più a sopportarla.
Portarla ogni fottutissima mattina a scuola in quel modo mi stava uccidendo.
«Dovrei anche ringraziarti?»«Se vuoi...»
«Oh corri in soggiorno mocciosetta!»«E tu corri a cambiarti o faremo tardi!»
«Vado! Vado!»
Appena accesi il cellulare trovai subito un messaggio di mia moglie.
Oh si, almeno lei mi pensava. Almeno lei mi cercava ancora e non vedeva altro che...

"Ricordati di portare Sara a scuola. Sveglia amore mio!"

DIOS. Stavo per esplodere ne ero sicura.
Mi lavai e cambiai in tempo record, ignorando il fatto che avevo i capelli fradici gli legai in una coda e saltando la colazione ci fiondammo direttamente in macchina.
«Accellera. Accellera!»
«Sara sto già andando a sessanta, Brittany mi uccide se sa che ho superato i limiti con te affianco.»«Oh dai. Aiutami almeno una volta!»
«Come mai tanta fretta? Arriveremo con dieci minuti di ritardo...»
«Appunto! DAI!»
La guardai confusa. Mi stava supplicando forse? Certo quella frecciatina di prima bruciava ancora. «Brittany non lo saprà mai. Ti prego.»
I suoi occhioni color nocciola si puntarono sul mio viso. Si, lo stava facendo. Sfruttava il fatto di essere oggettivamente una splendida bambina, mi somigliava dopotutto, e stava facendo la faccia da cane bastonato con me.
«Non lo farò!»
«Sei la solita codarda!»
«Scusa? Non mi farai credere che conosci anche il significato di quella parola?!»
Lei mi fissò con sdegno. Sapevo già cosa avrebbe risposto.
«Libri.» Libri, chiaramente.
«Facciamo così...» cominciai ignorando il fatto che mi aveva appena insultato.
«Io accellero un poco e tu stai buona per tutto il giorno!»
«Se vai a cento non ti rompo per due giorni!»
Sorrisi quasi compiaciuta. «Ora andiamo d'accordo.»
Premetti l'accelleratore in quel preciso istante facendo schizzare la macchina a tutta velocità.
Si Brittany odiava quando correvo, ma io mi divertivo un mondo.
Superai una macchina, poi due, poi tre e quattro.
«WOW!» gridò Sara dal finestrino facendomi ridere.
«Tieniti forte mocciosetta, con questo mi guadagno almeno un altro giorno!»
Presi la curva a tutta velocità, sfiorai un auto del senso opposto e passai con un semaforo rosso, tutto nel giro di un minuto scarso. Ormai i cento li avevo superati da parecchio.
Guidavo come una pazza, superando ove non avrei dovuto e facendo manovre folli eppure Sara si stava divertendo. Lei si stava seriamente divertendo.
Quando arrivammo a scuola l'orologio segnava l'ora alla perfezione. Eravamo in anticipo di due minuti. «Chi è il migliore autista di tutta New York?»
«Sei stata grande!» gridò abbracciandomi. E in un secondo tutto fu così chiaro.
Io e lei. Solo io e lei e quell'abbraccio. E io la strinsi a me sino a che...sino a che non ci rendemmo conto di quello che stava davvero accadendendo. Io tossicchiai e lei si slacciò la cintura di fretta.
«Grande nel senso di grossa!»«Chiaro mocciosetta! Io ti stavo strozzando mica abbracciando!»
«Mi accompagni sino alla porta?» chiese di getto.
«Cosa?»«Dai non fare la vecchia!»
Oh l'aveva rifatto. Toccare quel tasto. Era una cosa che mi innervosiva troppo.
Tolsi le chiavi dal quadro e cominciai a correre dietro quel piccolo tappo. Zaino in spalla, borsa nell'altra e terra sotto i piedi.
«Ti odio!»«Lo so!» rispose lei una volta raggiunta la porta.
«Ricordati di venire a prendermi alla solita ora!»
«Si mamma!» dissi divertita «Non me lo dai un bacino?!» chiesi osservando il suo viso schifato. 
«Nemmeno se quelle fossero le ultime guance sulla terra!» e poi scomparve in corridoio insieme a mille altri bambini tutti uguali.
Le ultime guance sulla terra. Ma come le era venuta in mente una tale stronzata! A volte dimenticavo che era solo una bambinetta! Mi avviai con un sorriso stampato in volto.
Io. Un sorriso per Sara. Seriamente quella bambina era riuscita a farmi ridere? 
La cosa mi sorprese ma...era così. Era davvero iniziata ben...
«Ehi! Che sta facendo lei?» gridai vedendo un polizziotto trafficare con il mio cristallo.
«Faccio rispettare la legge!»
«Oh davvero? E chi è lo sceriffo?»
«Signorina non mi faccia arrabbiare o potrebbe peggiorare le cose! Le ho solo fatto una multa, come vede ha parcheggiato in divieto di sosta.»
«Andiamo son stata via solo due minuti!»
L'uomo scosse la testa. «Poteva star via anche un secondo! Questa la dovrà pagare in centrale. Arrivederci.»
«OH PUTA!» dissi dando un colpo allo sportello. Una multa anche parecchio salata.
Ma dimmi tu che tra mille effrazioni commesse, quasi incidenti e limiti di velocità mandati a fanculo mi dovevano multare per una cazzata del genere. Era tutta colpa di quella mocciosetta!
---

«Cioè te ne rendi conto? Una multa! Io!»
«C'è sempre una prima volta per tutto San!»
«Si Tim ma...non una multa! Mi è toccato andare a pagarla subito per non farlo scoprire a Brittany!» sbuffai tracciando un solco sul foglio bianco.
«Tanto erano soldi tuoi. E poi non è stato divertente?»
«Cosa?!»
Timothy salvò il documento che aveva appena completato al computer e si voltò verso di me.
«Fare la pazza con tua figlia!»«Tanto quella mi odia!»
«Cazzate San! Secondo me ora che vi conoscete state incominciando ad apprezzarvi.»
Matt girò sulla sua sedia. Era venuto con me al lavoro quel giorno, tanto non aveva di meglio da fare e Sara era rimasta a casa data la promessa di quella mattina.
«Si. Certo!»
«Ormai è con voi da due mesi quasi! Nulla di strano che cominci a sviluppare qualcosa di più di semplice gratitudine nei vostri confronti.»
«Magari nei confronti di Brittany, non nei miei!»
Tim e Matt si guardarono complici e mi ignorarono tornando a bere i loro caffè.
E dire che glieli avevo portati io. Che irriconoscenti.
«Secondo me dovresti sfruttare quest'occasione. Ora che non c'è Brittany hai due cose da fare. Concentrarti sul lavoro, ed ecco perché ti ho caricato e risolvere le tue incomprensioni con Sara. Hai una settimana e mezzo per farlo, ce la puoi fare!»
«Si, ma è così difficile. Per me è solo una mocciosetta, non riesco a vederla in altro modo e lei mi odia ancora.»
«Dovresti riflettere bene sulla situazione. Io credo che basti questo.» sussurrò Matt prima di voltarsi verso il gruppo che stava registrando e commentare con Tim. Già, quei due avevano altro da fare e io dovevo finire di buttare giù quel testo. Mi serviva qualche parola in rima e non era semplice trovarla con un tale casino in testa e nella mia vita in generale.
Forse avevano ragione. Forse dovevo sfruttare il tempo che avevo per chiarire tutto questo caos e risolvere le cose prima del ritorno di Brittany. Forse dovevo solo osservare la cosa da un altra prospettiva, dovevo mettermi nei SUOI panni.
DIOS. Sarebbe stato terribile, ma dovevo farlo!
---

«Sei arrivata finalmente! Credevo ti fossi dimenticata di me...»
Sara si chiuse lo sportello ad un lato e si allungò per cercare la cintura. No, non mi ero dimenticata di lei. Come avrei potuto trascurare il fatto di aver una palla al piede come lei in casa? Sarebbe stato praticamente impossibile.
«Ora ci sono! Ah e non guiderò come una pazza perché ho preso una multa»
La piccola me mi guardò divertita prima di scoppiare a ridere in modo incontrollato.
«E sai quando l'ho presa? Quando ti ho accompagnata alla porta!»
«Sei assurda!» commentò tra una risata e l'altra.
«Ah io? Tutta colpa tua mostriciattola!»
Sara mi guardò sorridente. «Non son più mocciosetta?!»
«Na! Quello è il tuo soprannome ufficiale, questo è più formale!»
Ma che diavolo stavo dicendo? Misi in moto ancora confusa delle mie stesse parole. Cominciavo ad esprimermi come lei e questo non era affatto un bene per il mio vocabolario.
«Hai sentito Brittany?» mi chiese ad un tratto dopo qualche chilometro di silenzio.
«Si. Mi ha detto di salutarti e di chiederti com'era andata a scuola.»
«Bene! Bene come sempre.»
Già andava sempre tutto bene. Sara doveva essere un qualche genio che avrebbe vinto il Nobel per qualche stupida materia da cervelloni nel futuro. Ne ero orgogliosa? Minimanente.
Ci mettemmo poco a tornare a casa e una volta rientrati la vidi correre velocemente nella sua camera come se non volesse condividere altro tempo con me. Non fui sorpresa ma la cosa mi diede un po' di fastidio. Forse un po' troppo.
Optai allora per il divano e la tv e una bottiglia di coca cola, Brittany non voleva che la bambina mi vedesse sorseggiare qualche coctkail così aveva nascosto tutta la mia scorta. Eppure invece di guardare quella stupida trasmissione che lampeggiava davanti ai miei occhi tornai irrimediabilmente a pensare a Sara e a tutto quello che ci era successo sino ad ora.
Possibile che non avessi sviluppato un minimo di attaccamento nei suoi confronti? Non mi fossi affezionata? Non tentassi in ogni modo di redimermi e ottenere il suo affetto?
Perchè? Come ero finita a insultare quella che doveva essere mia figlia e far di tutto pur di tenerla alla larga? Dovevo darmi una svegliata, solitamente ero molto più sveglia di così.
Ci doveva essere qualcosa, ci doveva essere un movito.
Il suo odio aveva istigato il mio, il suo disprezzo alimentava quello che provavo nei suoi confronti. Dovevo risalire a un dettaglio da cui partire, a qualcosa che mi...E poi ci arrivai.
Trovai quel particolare che continuavo a evitare o meglio a rinnegare.
Io e Sara eravamo simili. 
Scattai veloce come un ghepardo e sensuale come una gazzella. Ok si, il leopardo si mangia la gazzella ma il paragone mi pareva davvero azzeccato. Corsi sino al mio comodino, alla scatola in cui erano conservati tutti i miei ricordi più importanti. Milioni di foto mie e di Brittany si rovesciarono tra le mie mani. Io e Brittany il giorno del matrimonio, in viaggio di nozze, dipingendo la casa, facendo giardinaggio, a letto a...vabbe quelle foto le potevo pure saltare.
Arrivai invece a quelle più vecchie, quelle che riguardavano la mia infanzia sino a trovarla.
Una piccola Santana con i capelli raccolti da un fiocco e un abitino colorato che ricordava tanto quelli di Rachel. Presi veloce la foto che Brittany aveva fatto incorniciare di me, lei e Sara e le misi a confronto, ad una vicinanza notevole e...DIOS. Eravamo davvero uguali.
Che questa cosa fosse passata in secondo piano era palese. Come avevo fatto a ignorarlo?
E Sara? Si era accorta di questa somiglianza? Questo era un buon punto di partenza.
L'altra cosa importante era che io non avevo mai desiderato un figlio.
Mai. Prima di rimettermi con Brittany avevo immaginato il mio futuro come rapporti occasionali, Matt, tanti nipotini con la quale consolarmi e un bel lavoro. Ora invece...la mia visione era cambiata. La verità era che io non volevo un figlio qualunque, io volevo un figlio da Brittany.
Volevo un bambino con i suoi capelli, i suoi lineamenti e la sua pelle bianca e quei suoi occhi. Avrei tanto voluto stringere mia figlia e specchiarmi nei suoi occhi chiari, quegli occhi così profondi e espressivi ma...la genetica non mi avrebbe mai dato ragione. 
Quando il medico ci aveva comunicato che le possibilità di concepimento di Britt erano inferiori al 5% avevo dovuto essere forte per lei. Consolarla, farle sentire meno questa cosa.
Avevo apprezzato talmente tanto il fatto che non mi avesse chiesto di concepire nostro figlio che non avevo più sottolineato quella vicenda. No, non volevo un figlio qualunque. Volevo un figlio da Brittany e non ero pronta ad averne uno anche se questo avrebbe reso folle di gioia mia moglie. L'adozione era stato un ripiego, un dolce ripiego si intende ma tutto partiva da là.
Era comprensibile che non fossi riuscita a dimostrarmi come una vera madre per Sara, il resto lo aveva fatto lei. Mi aveva respinto, giudicata e disprezzata e il mio carattere forte non aveva potuto far altro che costringermi a chiudermi a riccio.
«Ti disturbo vecchia?!» 
La voce di Sara mi fece sussultare riportandomi alla realtà.
«Che stai facendo?» mi chiese vedendomi con in mano una tale quantità di foto. Io sminuì tutto e rimisi il contenuto al suo posto prima di riporlo nel cassetto.
«Nulla, ricordavo alcune cose...Che vuoi mocciosettina?»
«Ti sei inventata una nuova parola?»«Possibile!»
La vidi roteare gli occhi e la cosa mi fece sorridere.
«Comunque mi chiedevo se potevi darmi una mano con i compiti.»
«Oh!» esclamai stupita «Brittany mi aiuta sempre e ora non c'è e non capisco...!»
«Il genio che non sa fare un esercizio? Questa non me la perdo di sicuro!»
«Sarebbe un si?» chiese inarcando un sopracciglio.
Annuì sorridendo e mi alzai dal letto per entrare in camera sua. Non ci entravo così spesso però era un luogo veramente ordinato e la mia bionda l'aveva arredato proprio bene.
Mi fece cenno di seguirla alla scrivania e...ci restammo sino a buio. Persi completamente la cognizione del tempo e quegli esercizi erano veramente difficili. Ma chi gli aveva assegnati? Aveva 10 anni o 20? Cioè questi insegnanti dovevano essere veramente esigenti.
Litigammo veramente tanto, su alcune cose ci trovammo d'accordo. Mi armai di penne, matite e addirittura pastelli dato che volevano che colorassimo anche le figure. Ma io dico...CHI DIAVOLO COLORAVA LE FIGURE? Cosa si imparava a colorare un cane? DIOS. Roba utile!

«Oh mio dio.»
«Cosa?!» 
«Sono le dieci di notte!»
Sara mi guardò confusa e forse addormentata.
«Di già?»«DIOS SI!»
La sentì ridacchiare e tornai sui suoi occhi.
«Dios? Che cosa significa?»
«Non è chiaro? Diciamo che è un esclamazione che non voglio tu ripeta!»
«Roba spagnola?»«Circa!» lasciai correre.
Cioè erano le dieci di notte e noi eravamo ancora sul quaderno operativo del cavolo!
«Quanto ci manca ancora?»
«Abbiamo finito!»
Non mi parve vero. Avevamo finito? YEAH! Saltai esultando e battendo le mani ai fianchi prima di cominciare una strana danza della vittoria. Ok no, non so da dove uscì quella cosa.
«Penso di aver perso la vista!»
Sara era fottutamente brava a smerdare una persona ma quella volta...mi fece ridere. Di nuovo.
«E poi cos'hai sulla guancia?»
Mi passai una mano senza sentire nulla. Doveva essere uno dei stuoi stupidi scherzi e invece...avevo una strisciata di pastello arancione addosso. Sembravo un indiana!
La mocciosina scoppiò a ridere ma non era immune dal colore.
«Be guardati le braccia tu!»
Era viola. Una sorta di polpo mutante, una fusione tra una seppia e un uomo.
Scoppiai a ridere io questa volta e alla fine si unì anche lei. 
«Sei terribile!»«Dovresti guardarti bene allo specchio!»
«No forse dovremmo mangiare ahah! Vado a vedere se c'è qualcosa di pronto, tu corri a lavarti piccolo polpo!» La sua linguaccia mi bastò come risposta.
Ma dimmi tu se avevamo dedicato tutto quel tempo sui compiti. Che magari nessuno avrebbe pure controllato tanto erano svogliati i maestri, con tutto il rispetto sia chiaro.
Aprì il frigo in cerca di qualcosa ma alla fine mi limitai ad un insalata e una mozzarella. 
La piccola si sarebbe dovuta accontentare, cena leggera quella notte.
«Dì la verità, non sai cucinare?!» mi chiese mentre addentava un pezzo di lattuga.
«Diciamo che la cuoca di casa è Brittany!»«Insomma qual'è la tua utilità qua dentro?»
Che insulto velato!
«Son bella da vedere.» risposi dandole un po' di corda e facendola sorridere 
«Qualcuno potrebbe dissentire.»«DIOS! La finisci di parlare come una maggiorenne studente di lettere antiche?»
«Di nuovo dios!» disse ridacchiando «Io parlo così, che ci posso fare?»
«Tapparti la bocca. UH!» Sventolai le mano al cielo in segno di vittoria.
1 a 0 per Santana.
«Che maturità!»«Non ho mai detto di esserlo!»
«E si vede...»
1 a 1.
Cavolo era proprio arduo insultare quella bambinetta.
Eppure era anche soddisfacente e divertente per certi versi.
«Comunque in pochi mi hanno rifiutata nella mia vita. Se lo vuoi sapere.»
«Visto. Non piaci a tutti.»
«Non posso sperare di piacere a degli etero!» la corressi velocemente facendole andare la mozzarella di traverso. «Tutto bene?!» chiesi ironica.
«Circa...»
«Ho risposto troppo francamente?» 
«Abbastanza! Brittany non si permetterebbe mai di far queste uscite...»
Restai un attimo ad osservarla senza parlare. Cosa intendeva con quella frase?
La fissai aspettando una spiegazione ma...lei si limitò a finir di mangiare e portare il piatto fuori dalla tavola. Andammo insieme in bagno a lavarci i denti e la scena fu veramente esilarante.
Due Santane, una piccola e una grande che facevano la stessa identica azione specchiandosi allegramente in una gara a chi si spazzolava più velocemente. Non eravamo affatto normali.
«E mettiti la sveglia o domani ti sveglio a cannonate.»
«Ho nascosto tutte le bacinelle! Non potrai fare il bis domani!»
«Questo lo pensi tu stupidona!» Oh ora ero anche una stupidona. Tentai di afferrarla per farle vedere chi comandava ma lei mi sfuggì entrando in camera sua.
«Dormi bene vecchia!»«Dormi bene mocciosetta!»
«Oh, è tornato il mio soprannome.» gridò prima di chiudere la porta e mettere fine alla discussione. O mi faceva arrabbiare da morire quella bambina. Eppure quando mi coricai e mi misi il lenzuolo sopra avvertì una sensazione strana, come se non riuscissi più a togliermi uno stupido sorriso dalla bocca. Oh avrei dovuto penare dietro quel mostriciattolo!

Angolo dell'Autrice
Convivenza forzata. Si parte <3

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Capitolo 12
*** Next to Me ***


«Se non ti muovi arriverò tardi!»
«Signorina ho già preso due multe in due giorni, non voglio battere il record!»
«Dai...non crederai mica al detto non c'è due senza tre?»
Sara mi fece i suoi occhioni da conquista ma io non distolsi lo sguardo dalla strada.
«Non voglio tentare la sorte! Ieri ci hanno fermato per aver superato i limiti di velocità, l'altro ieri per la sosta vietata...oggi sicuramente mi troveranno qualche altra cazzat...cavolata.»
«Puoi dirle le parolacce se vuoi? Non ho più due anni...»
Sbuffai divertita. Già, era proprio grande e grossa no? Maggiorenne, con un passato turbolento alle spalle, qualche amore, un paio di lavori. Ah no, era Sara.
«Ne hai dieci!»«Quasi undici!»
«Se Brittany ti sente parlare così mi uccide lo capisci?»
«Ti ucciderà comunque quando scoprirà che fingi di sopportarmi.»
Mi voltai verso di lei inarcando un sopracciglio.
«Io non fingo di sopportarti!»«Oh dai Santana.»
Restai ferma su di lei. Occhi negli occhi, a rischio di chissà quale incidente.
«No seriamente Sara. Questa storia mi sta davvero stancando, certo non mi andrai a genio, non sei simpatica, non sei dolce o amabile e non sei come mi ero immaginata ma...non è vero che non ti sopporto, questa è una tua cazzata!»
«L'hai detto!»
Oh cazzo. Sbattei la mano sul volante premendo il clacson e allarmando un vecchio che passava sul marciapiede che probabilmente mi mandò amorevolmente a quel paese.
«Scusi. DIOS, vedi che mi fai fare?»
«DIOS.» mi fece eco lei tentando di imitarmi.
«O piantala. Eccoci arrivati, scendi al volo?»
Sara mi guardò seria e nn riuscì a trattenermi. Vederla uscire lanciandosi dallo sportello sarebbe stato estremamente divertente ma arrestai la macchina praticamente davanti alla porta, in linea d'aria.
«Sono in ritardo di cinque minuti...mi uccideranno.»
«Chi? I maestri?»
La piccola si mise una mano sulla bocca e si voltò senza rispondere.
«Sara? Oh. OH. Vai tranquilla! Ci vediamo dopo mocciosetta!»
Non si voltò nemmeno per salutarmi. Bella bambina! Così si faceva ad un genitore che si era svegliato tanto presto per andare a portarla a scuola? Che riconoscenza.
Mba, ignorai la cosa tornando a guidare e dirigendomi verso una casa che conoscevo parecchio bene. Già, volevo andare a fare un po' di sano shopping e quale miglior compagno di avventura se non...
«Salta su bel figone!»
«Signora Pierce come siamo volgari.»
Matt entrò chiudendosi lo sportello alle spalle e mettendosi subito la cintura. Avevo sempre avuto la strana impressione che non gli piacesse il mio stile di guida.
«Pierce Lopez salame!»
«Giusto, lo dimentico sempre...» mormorò con una vocina sottile. 
«Pronto per un po' di svago?»
«Oh non vedo l'ora. Devo comprarmi una camicia e dei pantaloni nuovi, un amica di Mel ci ha invitati a cena fuori e voglio essere elegante.»
«Sarai il più bono della serata!»«Siamo scurrili oggi? Come mai?»
Feci spallucce prima di svoltare a destra e immettermi nel traffico.
«Ho litigato con Sara.»
«Una novità insomma. Come mai questa volta?»
«L'ho fatta arrivare in ritardo, poi altre cose stupide a casa!»
«Però...lo dici con un aria strana. C'è qualcosa che non mi hai detto?»
Lo squadrai velocemente. «Ma quale aria strana? La solita.»
«No, no. Non c'è più così tanto disprezzo nel tuo tono.»
«Oh finiscila!»«Non starai finalmente capendo che un po' ti ci sei affezzionata?»
«Smettila, ti fai sempre dei viaggioni. Litighiamo, ci odiamo, il solito. E ora non parliamo più di lei ti prego, già sarà un martirio venire a prenderla di sera.»
«Si certo. Tu non me la conti giusta...» disse Matt puntandomi il dito contro ma tornando subito al suo posto. Quando gli chiedevo una cosa non se la faceva ripetere più e più volte come la Fabray, capiva subito che doveva fare come dicevo. E non avevo alcuna intenzione di parlare ancora della piccola mocciosetta, volevo concentrarmi solo sullo shopping.

E così feci. Derubammo parecchi negozi. Magliette, pantaloni super aderenti e anche un bel completino intimo nuovo per quando Brittany sarebbe tornata. Avremmo dovuto festeggiare adeguatamente dopotutto. Quanto a Matt, per lui la cosa non fu così facile.
«Come mi stanno questi?»
«Ti fanno il culo strano!»
Matt mi guardò voltandosi per osservarlo allo specchio.
«Che significa il culo strano?»«Non lo so, non è il tuo solito culo.»
«Ah e solitamente com'è il mio culo?» 
Risi divertita mentre lo guardavo accigliato che aspettava una mia risposta.
«Più sodo ma non così grande. Il tuo culo è perfetto, questo ti fa sembrare come se ne avessi due.»«Oh e non dire cazzate. Chiama qualcuno etero per giudicare!»
«Oooooh...» gridai andandogli addosso e cominciandolo a rimepire di colpi. Niente di troppo forte si intende, ma qualcosa che si facesse ricordare per un po'.
«Sei uno schifoso razzista!»«Per favore. Tu passi troppo tempo a guardare il culo di Brittany!»
«MATT! Abbassi la voce? Ci guardano tutti!»
«E qual'è il problema? Meglio così mi daranno un parere sui pantaloni!»
Mi sbattei una mano sulla faccia per coprirmi e mettermi un angolino mentre lo osservavo andare a chiedere a delle ignare acquirenti come gli stavano quei jeans. E quelle, pensando che un figo del genere ci stava provando, lo riempivano di compliemnti improbabili. 
A me quei pantaloni facevano pena, dai. Matt non aveva il culo così! Erano imbottiti per caso?
«Quelle signorine pensano che siano stupendi.»«Quelle signorine pensano ad altro ora!»
«Finiscila!»«Se potessero esprimersi, ti preferirebbero senza.» commentai maliziosa mentre le fissavo. I loro occhi ancora incollati al posteriore del mio migliore amico, e non sicuramente per giudicare come gli stavano bene i pantaloni.
«IDIOTA! Per una volta che ricevo un po' d'attenzione!»
«AHAHHA. Una volta? Ma se ovunque vai tutti si voltano?»«Ha parlato lei, quella che non stava flirtando con la commessa del negozio di intimo no?»
«Ma che vai blaterando?» sbottai facendo girare quasi metà negozio.
«Si mi piace questo, però anche questo e questo...secondo lei starei bene così? E così?» disse tentando di imitare la mia voce e mettendosi addirittura in posa. Oh be, un colpo vero e proprio non glielo toglieva nessuno ora. Mirai al volto ma quel maledetto scansò all'ultimo facendomi sbilanciare e cadendogli addosso sul camerino. La tenda venne giù con noi e con la schiena atterrai sopra il puff all'interno facendo un casino nero. Lo guardai, lui guardò me e poi...scoppiammo a ridere come due idioti. Senza preoccuparci di tutto quello che avevamo appena fatto e della commessa che ci intimava a separarci.
«Non potete entrare nello stesso camerino!»
«Scusi...» risposi dopo aver ripreso fiato «...gli son caduta addosso e poi...» ma Matt mi anticipò.
«Oh non si preoccupi. Io sono etero, lei è lesbica e siamo entrambi sposati!» disse alzandomi la mano e mostrando alla donna gli anelli. Brutto idiota! Ma doveva sbandierarlo ai quattro venti?
La commessa ci guardò sbalordita e confusa, senza sapere come comportarsi o cosa rispondere a due poveri pazzi che ancora ridevano con il culo a terra.
«Sposati non tra di noi si intende. Con due splendide donne che ci aspettano a casa! Scusi per il casino, ora sistemiamo tutto!» continuò poi dandole un bacio sulla mano e facendola allontanare on un sorriso ebete sulla faccia.
«Tu le incanti alle donne...» sbottai scuotendo la testa.
«Se per questo anche tu San!»
Scoppiammo a ridere di nuovo e poi tornammo ai pantaloni. Per fortuna che Matt mi ascoltava. 
Cambiò sia modello che colore, un capolavoro che finalmente gli rendeva giustizia. Per la camicia invece andò tutto liscio, sarebbe stato bene anche con un sacco della spazzatura addosso. Quel fisico scolpito, quel petto perfetto. Fossi stata etero gli sarei saltata addosso seduta stante.
Eppure Mel non si preoccupava mai. Nemmeno una volta. E come mi ripeteva Brittany era chiaro il perché. Matt la amava incondizionatamente, non aveva occhi che per lei e sua figlia. 
Se c'era un altra donna che sarebbe riuscita a distoglierlo da quelle due be...ero io! E per fortuna di sua moglie, a me piacevano le ragazze. 
Comunque, piccoli problemi e risate a parte la mattinata ci fuggì veloce. Un pranzo al volo con annessa telefonata di una super impegnata Brittany e poi di nuovo via. Dovevo accompagnare Matt a lavoro e passare a lasciare le cose comprate a casa prima di andare a riprendere quel piccolo mostriciattolo di Sara. Ma avevamo tempo così ce la prendemmo con molta calma.
Riaccompagnai il mio migliore amico, sistemai le cose perfettamente in casa e poi andai a prendere il mio "pacco" che si dimostrò più silenziosa del dovuto. Una volta dentro casa fuggì immediatamente in camera sua, senza neanche insultarmi nemmeno una volta anche se le diedi grosse occasioni. Mi accorsi subito che qualcosa non andava.

«Ehi microbo. Tutto bene?»
«Alla grande! Son solo stanca...»
Stanca? Dopo una giornata passata seduta sopra i banchi? O per favore...
Aprì la porta il tanto che bastava a far passare la mia testa e mi sporsi per osservarla.
Sdraiata a letto, le mani premute sulla pancia.
«Ma stai male?» chiesi ancora una volta «No, no. Tutto bene.»
«Sara non mi hai dato della vecchiaccia, dell'idiota, dell'immigrata nemmeno una volta da quando sei salita in macchina. Per caso è successo qualcosa a scuola?»
«No Santana no. Voglio solo riposare, sono stanca. Posso esserlo? Non ti puoi fare i tuoi dannati affari come fai sempre? Proprio oggi devi interessarti a me?»
«Modera i termini bambina o qua non arrivi a domani!» la ammonì cominciando ad arrabbiarmi.
«E ora no. Mi incazzerò e non me ne andrò da qua fino a che non mi dirai cosa è successo o cosa ti disturba? E si, sarò un rompimento di palle!»
Fanculo tutto. Non poteva parlarmi con quel tono. Non in casa mia, non quando mi stavo preoccupando per lei.
«Ti odio!» mormorò prima di mettersi seduta. «Resterai davvero là per tutto il tempo?»
«So essere molto paziente quando voglio...» si certo. Probabilmente non avrei retto per altri due minuti ma sembrò che la mia faccia e il mio modo di fare in qualche modo fecero il loro effetto.
La piccola sbuffò e esitante si passò le mani sulla maglietta sollevandola lentamente. Un livido violaceo comparve subito sulla sua pelle mandandomi completamente fuori di testa.
«Come diavolo te lo sei fatto? Ti hanno picchiata? Chi? Insegnanti? Compagni? Chi Sara?»
«E stai un po' zitta. Sono solo caduta e mi fa un male cane!»
«Caduta? Mi prendi per scema? Sara chi diavolo te lo ha fatto?» mi feci più vicina per sfiorarlo ma la piccola si calò la maglietta e si allontanò.
«Te l'ho detto! Sono caduta...stavo correndo in corridoio perché ero in ritardo ho messo male il piede e ho sbattuto ad un armadietto. Non l'ho detto a nessuno perché mi avrebbero presa in giro e non voglio che lo facciano...»«Chi ti prende in giro?»
Sara mi guardò, pronta a parlare ma poi...si bloccò.
«Nessuno io. Dico solo così! Sono l'ultima arrivata non è facile adattarsi!»
«Mi spieghi meglio?» chiesi provando ancora una volta ad avvicinarmi ma lei mi respinse.
«Non ora. E poi non sei mia madre non devo dirti tutto e questa è camera mia...lasciami sola!»
«Io non ti lascerò sola idiota! Vado a prendere una pomata per quel livido...» gridai sbattendo la porta e correndo versoil bagno. Ma dimmi tu se quella mocciosetta doveva anche dirmi cosa potevo o non potevo fare! E ora si preoccupava addirittura di nascondermi un livido come quello, doveva fare un male cane ma lei preferiva stringere i denti e fingere che tutto andasse bene. Che testarda del cavolo!
«Ho trovato questa, non ho idea di come funzioni ma ne metteremo un po'»
«Non voglio che mi tocchi! Non sei nessuno, non sei mia madr...»
«OH E BASTA CON QUESTA CAZZATA! Dios mocciosetta se stai provando a farmi arrabbiare be voglio avvertirti, ci sei riuscita e ora saranno cazzi per tutti! Togliti quella maglietta subito o giuro che te la strappo di dosso...»
Sara mi guardò senza parlare con gli occhi ancora fissi nei miei.
«Ok è vero non sono niente per me e tu non sei nulla per me ma...quello è un livido. Tu sei una schifosissima bambina e a voi dovrebbe essere vietato soffrire in silenzio per cui puoi urlare, prendermi a colpi e insultarmi ma non ti permetterò di andartene senza aver almeno provato a far qualcosa per te!»
Continuava a guardarmi in silenzio, senza parlare. I grandi occhi spalancati.
La bocca dischiusa. E poi si sfilò la maglietta dalla testa e si fece più vicina.
«Ora ragioniamo! Vieni...non dovrebbe far molto male.» sussurrai spremendo il barattolo in una mano e applicandogli quella pomata su tutto il livido. La vidi mordersi il labbro e sorrisi.
«Te lo meriti eh. Non per essere cattiva ma...avresti dovuto dirmelo subito.»
«Oh e zitta...» sospirò ridacchiando e trattenendo le lacrime allo stesso tempo. 
«Fatto. Ora puoi pure fare la mocciosetta a letto come vuoi. E sappi che la storia della caduta continuo a non bermela. Son nata molto prima di te!»
«E si vede!»
Oh quanto la odiavo! Trovava sempre il modo per sorprendermi.
Mentalmente sorrisi ma non glielo diedi a vedere. 
«Santana.» mi chiamò poco prima che uscissi «Mi manca Brittany.»
Non lo disse come a farmelo pesare. Non stava sottolineando quanto inadatta ero al ruolo che sino a quel momento aveva sempre ricoperto mia moglie. La sua era solo una constatazione. E per un attimo, per un breve istante mi resi conto che davanti a me avevo solo una bambina tanto bisognosa d'affetto.
«Manca tanto anche a me.» sussurrai prima di lasciarla da sola.

Angolo dell'Autrice
Questa Università mi ucciderà! Scusate per il ritardo, scusatemi davvero tanto <3

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Capitolo 13
*** Girlfriend ***


Stare seduta su quella sedia stava cominciando a darmi fastidio.
Non riuscivo nemmeno più ad ascoltare quello che quell'alto omone brizzolato continuava a ripete su andamenti e vendite tanto la cosa mi infastidiva. Avrei voluto alzarmi in piedi, correre per qualche metro e poi ritornare al mio posto e invece non potevo, perché eravamo in riunione da almeno due ore e non si era ancora concluso nulla.
Essendo io il rappresentante americano potevo solo accettare o rifiutare la loro offerta, proprre qualche cambiamento o mitigare le cose che non andavano bene ma per il resto dovevo solo attendere seduta che giungessero ad una soluzione.
Ero seduta a fine tavolo, un enorme tavolo che occupava quasi tutta la stanza, molto lontana da quelli che tendevano i fili di questa operazione di marketing. 
E poi continuavo a pensare a Sara e Santana da sole a casa. A come se la stessero cavando, a che cosa stessero facendo. Mi mancavano da morire. 
I primi giorni non si era sentita più di tanto la loro assenza ma ormai ero in Europa da una settimana e cominciavo a necessitare di mia figlia e sopratutto di mia moglie. Mi mancavano i suoi baci dolci, quelli passionali, le sue carezze, la sua pelle scura. 
Ero così sola la notte, al buio o con un libro a farmi compagnia dato che nessuna delle mie colleghe era arrivata e sembrava proprio che l'europee non fossero ben disposte a intrecciare nuovi rapporti con chi veniva da fuori.
Il posto era bellissimo. Londra era una capitale favolosa, ci sarei dovuta tornare con la mia famiglia prima o poi dato che era un vero e proprio paradiso. Avevo fatto qualche giro per la città ma nulla di che, e mi ero inoltrata anche nei paesini limitrofi con le loro case particolari e il verde ovunque.
«Ti stai annoiando vero?»
Quella voce mi riportò alla realtà e scossi la testa prima di mettere a fuoco la situazione. 
Oh già ero ancora in quella noiosissima aula in riunione ma qualcuno mi aveva rivolto la parola. Qualcuno che si trovava poco distante da me e che prima non avevo notato. Era una donna.
Una donna sulla trentina probabilmente, con lunghi capelli neri e una carnagione chiarissima in grado di rendere perfettamente quel contrasto. Gli occhi erano verdi, con un taglio occidentale e le sopracciglia molto sottili. Indossava degli occhiali neri favolosi, avevo visto quelle montature solo addosso a qualche famoso della tv e le stavano veramente bene.
Aveva un abito nero, non troppo lungo dato che lasciava scoperta una buona porzione di pelle oltre le ginocchia e con una scollatura evidente.
«...è così evidente?» chiesi trattenendo un sorriso.
«Abbastanza. Ma è Ted ad essere una vera palla. Credimi nessuno di noi vorrebbe esser qua.»
«Davvero?»«Ci puoi giurare.»
La donna mi sorrise accavallando le gambe e mi allungò la mano.
«Io sono Laura, lavoro per l'azienda come caposezione.»
«Brittany.» risposi stringendole la mano «Quale sezione?»
«Desing.»
«Uao. Anche io!»
Laura rise silenziosamente prima di tornare a fissarmi.
«Lo so. Tutti qua lo sappiamo! E mi scuso a nome di tutti per questa lagna, davvero. Solitamente siamo più veloci a prendere delle decisioni.»
«Figurati. Tanto devo restare qua un altra settimana ancora.»
«Davvero? Presenta i suoi disegni anche altrove?»«Berlino.»
La donna si illuminò sorridendomi e cercando di abbassare la voce in modo da evitare di essere rimproverata dal capo che ancora scarabocchiava su quella lavagna.
«Anche io devo andare in Germania per conto dell'azienda!»
«Coincidenze? Quando ha il volo?» chiesi prendendo il telefono e controllando il codice del mio aereo. Mi ero segnata tutto per non dimenticarlo. 
«La prego, dammi del tu. Comunque domani, verso l'ora di pranzo se non ricordo male.»
«Le 12 e 40?»
«Esatto!» disse battendo un pugno sulla mano aperta come se si fosse ricordata di una cosa talmente ovvia che le era sfuggita sino a quel momento. 
«Sembra proprio che viaggeremo insieme allora.»«Conoscerci oggi è stato un bene.»
Ammise sorridente. Cavolo era veramente una bella donna e aveva dei denti bianchissimi.«Già. Dovremmo ringraziare Ted.» sussurrai ritirando il cellulare. Almeno avrei avuto qualcuno con cui parlare.
«Non dirlo nemmeno per scherzo. Quello si monta la testa poi.» 
Trovai la frase e la sua espressione talmente buffe che scoppiai in una risata e immediatamente tutti quanti si voltarono verso di me. L'americana che aveva riso degli europei. Sarei stata nei casini se non mi avesse salvato lei.
«Scusate, colpa mia.»
«Sempre a distrarre le nuove arrivate eh Laura?»
«Non è forse il mio compito boss?» 
Un paio di persone risero divertite. Probabilmente Laura era molto rispettata e amata da tutti, nessuno la sgridò o fulminò con lo sguardo. La trattavano come una sorella più piccola o una cugina da proteggere dato il divario d'anni che traspariva immediatamente alla vista.
«Si, so cosa ti stai chiedendo. Ma perché diavolo non le hanno fatto un cazzettone?»
Ma mi leggeva nel pensiero forse? La cosa cominciava un po' a spaventarmi.
«Na...io non...non lo stavo nemmeno pensando.»
«Voi americani siete tutti dei pessimi bugiardi?» Sorrisi automaticamente.
«Non tutti.» dissi pensando a Santana. Cavolo lei riusciva a mentire magnificamente. Era riuscita a nascondermi tante di quelle cose, sia brutte che a fin di bene. Le sue sorprese erano sempre quelle migliori, io invece venivo scoperta di continuo. Quanto mi mancava mia moglie!
«Son riuscita a farmi un nome qua dentro. Ma non con l'ambizione o lo strapotere o la paura. Semplicemente parlando con tutti, instaurando dei rapporti d'amicizia...si lo so, io straparlo.»
Oh si, lo faceva. Ma avevo a che fare con una persona simile ogni giorno per cui non era un grosso problema, anzi mi tirava su di morale e rendeva quelle ore meno pesanti. 
Laura era una piacevole compagnia di cui non riuscivo a privarmi in quel momento.
«Somigli tanto ad un altra persona che conosco!» ammisi ridacchiando «Davvero?»
«Spero sia una persona simpatica.»
«La più simpatica!» continuai strizzando gli occhi. «La tua migliore amica?»
«No, mia moglie.»
Laura spalancò la bocca senza dir nulla persa nei suoi pensieri, confusa da quella mia risposta ma durò poco. Forse un po' troppo poco per godermela come speravo.
«Sei lesbica?»«Già.»
«Sei sposata con una donna?»«Ebbene sì!» confermai ancora una volta.
Restò imbambolata qualche altro secondo, poi esplose. Mi prese le mani tra le sue e dovette trattenersi parecchio per non urlare e mettersi a saltare sulla sedia.
«Oh mio dio. Oh mio dio. Devi assolutamente raccontarmi.»
Ci conoscevamo da 10 minuti e avrei dovuto raccontarle la mia vita privata? In effeti si, lo avrei fatto e non sapevo nemmeno perché. Bo, Laura mi ispirava fiducia.
«Ahaha. Come mai così felice? Non ti sconvolge minimante la cosa?»
«In effetti un pochino sì. Voglio dire...pensavo fossi etero!»
«Do quest'impressione?»«Oh sì!»«Dovresti vedermi con mia moglie affianco.»
Oddio. Non so nemmeno perché lo avevo detto. Suonava estremamente malizioso!
«Non vedo l'ora! Io...wow!»«Cavolo, sei più entusiasta di me.»
«Oh be...non giriamoci tanto intorno. Anche a me piacciono le donne.»
In effetti per un po' ci avevo pensato. Non so perchè, forse il fatto di aver vissuto così a lungo a contatto con Santana aveva fatto sì che sviluppassi un sesto senso. Sanny diceva sempre di possedere un gay-detector incorporato ma io non le avevo mai dato corda.
«Sono fidanzata da...secoli e vorrei fare il passo decisivo ma...sai com'è per noi. Ho così paura. Ma tu, hai un anello, sei sposata e in carriera e...sembri così felice!
Spero non Las Vegas...» concluse infine.
«Nono, Barcellona.»«Barc...O MIO DIO. Ma tu scherzi?»
Mi faceva morire dal ridere. Gli occhi le brillavano, aveva ancora le mani tra le mie e non la finiva più di parlare o emozionarsi o complimentarsi con me per ogni cosa.
«Ehi là in fondo. Abbiamo quasi finito, potreste controllarvi ancora qualche minuto.»
«Ci scusi.» rispondemmo in coro prima di tornare ad ignorarlo.
«Tu mi devi raccontare ogni cosa!»
«Be, abbiamo un volo per Berlino. Potremmo aver trovato il modo di occupare il tempo.» le feci l'occhiolino mentre lo dicevo. Oddio mi stavo rimbambendo. Era la mancanza di Santana, ne ero sicura. E poi Laura era fidanzata e voleva sposarsi ed era tanto felice per me. Non avrebbe mai fatto caso a quelle stranezze ma dio...non facevo altro che pensare a mia moglie.
Chissà che stava combinando lei ora.  
    
                          Santana                    
«SARAAAAAAAAAAAA!»
«Che c'è?»
«E me lo chiedi pure? Ne sai qualcosa?» gridai sventolando uno dei miei vestiti rossi preferiti su cui troneggiava una macchia gigantesca. Stavo per avere un esaurimento nervoso.
«Mi è caduto il caffè latte ieri e...non volevo che lo scoprissi.» 
«Oh...tu guarda...L'HO SCOPERTO.»«Mi è capitato per le mani e...»
«Ma dove lo stavi bevendo questo caffè latte? DENTRO IL MIO ARMADIO? DIOS.»
«No era in cucina, l'avevi lasciato su una sedia.»
«E tu logicamente hai pensato di esser troppo raffinata per gli scottex no? Meglio usare un vestito che costa un occhio della testa per pulire una cazzo di pozza di caffè latte!»
«Dai è solo un vestito.»
Solo un vestito? SOLO UN VESTITO? No. Quello era molto di più.
Era una seconda pelle, era un abito firmato per cui avevo faticato tanto. Era quasi uno dei miei portafortuna ed era rosso dannazione. Un rosso spettacolare, quasi introvabile.
«Mocciosetta. Quello. Era. Il. Mio. Secondo. Cuore. DIOS!»
«Come la fai lunga...e poi sarei io la bambina qua?»
Il mio primo istinto fu di incenerirla con un lanciafiamme. Il secondo solo di stordirla infilarla in una sacca e nasconderla in giardino in modo tale che prima o poi avrei potuto girarci un telefilm con qualche altra stronzetta un po' troppo cresciuta e guadagnarci milioni ma...no.
Io dovetti sorridere, certo insultarla un po', ma poi sorridere. 
Davvero non capivo come riuscivo a controllarmi, fosse successa una cosa simile mesi fa quella bambina avrebbe finito di vivere, ma ora, anche se mi sembrava un atto terribile riuscivo in qualche modo a sopportarlo.
«Sparisci alla mia vista. SUBITO. O ti mando a scuola!»«No Santana...»
«Ancora non capisco perché non sei voluta andare oggi. Tu adori stare a scuola!» e soprattutto mentre ci sei non rompi le palle a me. Sara fece spallucce.
«Te l'ho detto, sono un po' stanca e non mi sento al massimo e oggi c'è una verifica in cui voglio andare bene. La recupererò domani!»
«Sarà meglio, ti ricordo che tra due giorni ci sono i colloqui...»
A proferir quella parola l'espressione della piccola stronzetta cambiò, divenne più cupa, quasi triste o arrendevole. Ma fu solo un flash, un secondo, un istante e subito tornò la solita strafottenza e divertimento che la contraddistingueva.
«Giusto.»«E tra cinque giorni torna Britt!»
La mia Britt. La mia amata Britt. Senza di lei sarei impazzita. Guardavo sue foto di continuo per tentare di mitigare il fatto che mi mancasse da morire e la chiamavo ogni volta che avevo bisogno di sentire la sua voce. Era sempre nei miei sogni o...nei miei incubi. Così come Sara.
Quella bambina era una persecuzione, ormai la vedevo ovunque e...mi stavo abituando.
La cosa era sconvolgente ma quel mostriciattolino stava entrando nella mia routine. Il giorno prima mi ero addirittura alzata presto per prepararle la colazione senza nemmeno accorgermene. Lasciavo sempre le chiavi della macchina allo stesso posto in modo da non perdere troppo tempo a cercarle come facevo di solito e ogni tanto mi affacciavo pure nella sua camera a vedere le servisse aiuto per i compiti.
DIOS. Stavo cadendo preda di quella tappetta malvagia!   
«Si...»
«Ehi. Dov'è l'entusiasmo? La tua mamma preferita torna dal viaggio per salvarti da me e tu rispondi solo si con quella faccia da schiaffi? SVEGLIA!»
«Sisi. Penso ancora ai giorni che dovrò passare con te prima.» mentiva. Ne ero sicura.
Non era stata molto convincente ma non capivo perché dovesse dispiacersi del ritorno di mia moglie così lasciai passare quella cosa considerandola come irrilevante. Dopotutto avevo altro a cui pensare no? Con il ritorno di Britt avrei dovuto dare il meglio di me, la casa doveva splendere, Sara doveva sembrare la figlia modello e io la madre migliore del mondo. Non nascondo che qualcosa tra noi stava cambiando, mutando lentamente in quei giorni così caotici ma ancora non riuscivo a capire se in bene o in male. Parlavamo di più, ci insultavamo di più ma tra tutte quelle cattiverie e quelle bambinate scorgevo dei sentimenti, delle richieste di aiuto e affetto che a volte riuscivo ad afferrare altre volte semplicemente ignoravo con altro acido. Io e Sara eravamo veramente simili e cominciavo ad accettarlo ma sentivo comunque che mancava qualcosa, mancava l'amore incondizionato che lei provava per Britt e per questo un poco la invidiavo!

Angolo dell'Autrice
SI. non sono scomparsa sono ancora viva! Purtroppo l'Università e questa nuova vita mi assorbono non poco ma con l'arrivo delle vacanze ho trovato nuova linfa vitale e ispirazione per cui eccoci qua, se ancora mi state seguendo questo è il nuovo capitolo :) 
                

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Capitolo 14
*** Secrets ***


Mancavano due giorni al ritorno di Brittany. Solo due lunghissimi giorni.
A letto non riuscivo a pensare ad altro, guardavo il suo lato così vuoto, così freddo, così silenzioso e non potevo far a meno di intristirmi. Eravamo rimaste separate per troppo tempo e presto avrei cominciato a fare il conto delle ore, dei minuti, dei secondi.
Ancora due giorni sola con Sara, ancora due giorni in cui poteva succedere di tutto.
Ci sarebbero stati i colloqui il giorno seguente e poi avrei riavuto mia moglie al mio fianco a gestire quelle situazioni. Non ce la facevo più ad accompagnare quella bambina ovunque e ad occuparmi di lei costantemente. Anche se la cosa sinceramente cominciava a divertirmi e a non dispiacermi affatto stava diventando una routine e non potevo permetterlo.
Un ultimo sforzo e tutto sarebbe finito. 
O almeno così pensavo prima di quella mattina...

«Sara andiamo!»
«Non sono ancora pronta...»«Vedi di muoverti o arriveremo in ritardo.»
«O potremmo non andare proprio no?» scandì la sua vocina infantile.
Mi voltai per cercare il suo corpicino in lontananza, accigliata. All'inizio pensai di aver capito male, poi la vidi là immobile intenta a fissarmi in attessa di una risposta.
Ma che diceva? Lei che saltava una lezione di scuola senza apparente motivo? No, dovevo aver sicuramente capito male o per lo meno frainteso le sue parole.
«Mi prendi per il culo?»
«No, oggi non ho molta voglia.»
Ok ora qualcosa decisamente non suonava bene. Velocemente raggiunsi il bagno dove quel mostriciattolo si stava ancora spazzolando i capelli e le presi il viso tra le mani.
Santana Lopez non aveva tempo da perdere e piuttosto che aspettare una risposta con calma e pazienza preferivo agire d'istinto.
«Mi dici che hai?»«Io? Niente.»
«Per caso è successo qualcosa a scuola?»
La bambina scosse violentemente la testa e tentò di scacciare i miei occhi, senza grossi risultati. «Sei strana ultimamente. Prima il tuo scarso entusiasmo, non rispondi alle mie frecciatine, non sei eccitata dall'idea del ritorno di Britt e ora questo...»
«Latina non rompere...»«Sei una latina anche tu bellezza. Vedi, hai perso efficacia.»
Storsi il naso. Era un po' che la trovavo sottotono. Sembrava come stanca, debole o semplicemente triste e non capivo se era per qualcosa che avevo fatto, ancora una volta, o per qualcosa a cui potevo ancora rimediare. 
«Io...» cominciò prima di sbuffare e voltarsi «Cosa Sara?»
«Non so...»
Roteai gli occhi e sbuffai anche io. 
Tanto non saremmo andate da nessuna parte così e non avevo alcuna intenzione di pregarla, era una cosa che odiavo fare. Per cui optai per qualcosa di più ragionevole o almeno io non vedevo altra soluzione.
«Facciamo così. Andiamo a sederci sul divano, io preparo del the e ne parliamo un po. Puoi saltare la scuola oggi ma solo se prometti di non dirlo a Brittany.»
Sara esitò sui miei occhi, come cercando la traccia di una bugia, poi annuì.
«Prepari il the perché non hai idea di come far funzionare la macchinetta del caffè?»
Colpita. Ma non lo diedi a vedere. «No, perché sono un adulta responsabile e non si fa bere caffeina ai bambini.» Sorrisi voltando le spalle. Ero una totale imbranata in cucina ma per lo meno avevo sentito tornare quel veleno che contraddistingueva il mostriciattolo che avevamo in casa.

«Allora, vuoi dirmi che ti succede?» chiesi portandomi la tazza di the caldo alla bocca.
Sara mi fissò in silenzio, con uno sguardo penetrante come mai prima d'ora. Restò così per qualche secondo, poi abbassò la testa e cominciò a parlare.
«Ti è mai capitato di custodire un segreto?»
Oh. Domanda retorica. Non facevo altro nella vita.
«E che più tenti di tenerlo per te più hai paura che salti fuori dal nulla?»
Oddio. Mi stava psicanalizzando? Non l'avrei retta. Annuì senza sapere dove volesse veramente arrivare e mandai giù un sorso caldo.
«C'è la possibilità...che io vi abbia mentito.»«Sara? Su cosa?»
Fece per rispondere ma la bloccai per smorzare un po' la tensione «Sei un bambino? Lo sapevo che c'era qualcosa di strano nel tuo corpo!»«Idiota» sussurrò dandomi un colpetto alla gamba «Magari fosse...»
«Oh andiamo, hai 10 anni che mai potresti aver fatto di così terribile?»
«Vi arrabbierete da morire...»
«Vi? Brittany non c'è. Puoi dire tutto a me tanto lo sai che ci odiamo dubito che qualsiasi cosa tu stia per dire cambierà quello che...»«A scuola faccio schifo!»
Certo. Ti pareva. Sicuramente aveva preso una B in un compito ed era finita a commiserarsi.
Era qualcosa di comprensibile, nessuno era perfetto a quel mondo e anche i più secchioni qualche volta potevano fallire. Eppure i suoi occhi erano così tristi, troppo.
«Oh andiamo...»«Santana non ti sto prendendo in giro. Non ora, sono seria.»
«Non capisco.» ammisi osservandola.
«Io...oh non è semplice. Non saprei da dove iniziare...»
«Sara sappi che stai cominciando a spaventarmi. Sei una bambina, veramente non riesco a immaginare che tu possa avere fatto...»«Forse...» sospirò, guardandomi. «Forse a te posso dirlo. Sei una stronza, che non mi ama e questo non potrà sconvolgerti più di tanto.»
Quelle parole mi ferirono. Anche se non lo diedi a vedere sentì come se mi fosse appena caduto un masso sulla testa, come se tutto si fosse fermato per un secondo. Non era vero.
Certo non la consideravo mia figlia ma non per questo non provavo affetto nei suoi confronti, se eravamo là invece che in macchina sicuramente non mi era indifferente.
«Sara ascolta...»«No, voglio che sia tu ad ascoltare. Io...io sento che ce la posso fare.
Sento che tu non mi giudicherai perché per te son solo un peso no? Lo son sempre stata.
Per tutti.» Mi guardò con i suoi tristi occhioni. E prima che potessi ribattere cominciò.
«I miei genitori sono morti prima che potessi conoscerli davvero ma io mi ricordo di loro. Piccoli dettagli del loro aspetto, della loro voce. I loro sorrisi, i loro occhi. Son cose che penso non scorderò mai, impresse nella mia mente.» 
Aveva il capo chino, la voce incrinata e parlava molto velocemente. Come se per la prima volta avesse avuto il coraggio di raccontare la sua storia, come se finalmente avesse deciso di sfogarsi contro quello che per lei era solo un muro. Una persona che non la poteva capire, che non la poteva amare, che non ci teneva a lei. Una delle tante.
«Ho vissuto in quell'orfanotrofio per anni. Ho visto decine e decine di famiglie venire a cercare un figlio. Come conoscevano la mia storia si allontanavano, avevo subito un grosso trauma e credevano non mi sarei mai ripresa. All'inizio non sentivo questo bisogno di affetto, ero piccola, non capivo. Volevo solo essere lasciata sola, volevo solo essere consolata in silenzio. E così feci. Non ricordo quando iniziò ma mi chiusi. Smisi di parlare con chiunque. I bambini si allontanarono, rimasi sola come avevo desiderato. Volevo solo la mia mamma e il mio papa e nessun altro. Non volevo dei falsi genitori, non volevo dei rimpiazzi, non volevo le attenzioni delle donne che vivevano con noi. Mi sentivo come...rotta. Come se qualcosa in me non andasse e così peggiorai solo la situazione.»
Una lacrima rigò la sua guancia.
«Quando mi accorsi che non potevo andare avanti così tutti ormai mi allontanavano. Vedevo negli occhi di chi mi guardava qualcosa che mi impediva di parlare, ogni volta che provavo ad aprir bocca mi bloccavo. Avevo una sola consolazione, i libri. Ne lessi a centinaia ed è per questo che son diventata quello che sono, che riesco a parlare molto meglio di te.»
Mi guardò ancora distrutta da quel racconto. Era incredibile, forse non aveva mai parlato così fluentemente. Una bambina di 11 anni che ne dimostrava almeno una ventina per il modo in cui si esprimeva. Doveva essere maturata molto velocemente, era dovuta crescere era stata costretta a tralasciare la sua infanzia.
«Ero strana Santana. Ero diventata quella strana. Solo che volevo affetto, volevo qualcuno che mi amasse eppure sembrava che le persone che passavano desiderassero tutti tranne me.» fece una piccola pausa «Poi siete arrivate voi...mi avete guardata e non so perché mi avete presa come vostra figlia.  All'inizio pensavo fosse tutto uno scherzo o un errore, invece mi avete caricata in macchina e Brittany ha cominciato a sorridermi, a darmi affetto incondizionato fin dal primo momento e...ho capito che dovevo fare qualcosa. Che se volevo essere amata, che se volevo ricevere amore dovevo fingere di stare bene. Dovevo diventare la bambina che voleva.»
Non so perché ma quando lo disse mi sentì come...sollevata. Come se per la prima volta da quando l'avevamo presa dall'orfanotrofio stessi riuscendo a parlare con la vera Sara.
«Così, non so ancora come son riuscita a sbloccarmi, a parlare. Quando ho detto la mia prima parola in macchina è stato come in un sogno. Non sentivo la mia voce da veramente tanto tempo, quasi non la riconoscevo. Ho cominciato ad abituarmi, parlare mi piaceva e così ho fatto in modo di meritare l'amore di Brittany. Tu...beh tu hai dimostrato di non tenere a me e così ho potuto riversare la rabbia che avevo accumulato nel tempo. Mi sono...»
«Ti sei sfogata!» la anticipai. Avevo sentito abbastanza. E il modo in cui mi guardava, quella sofferenza, quella tristezza, la consapevolezza che io rappresentassi la regola e Brittany l'eccezione. 
«Già. Ma come puoi capirmi tu? Avrai si e no la terza media, sei superficiale e...»
«Oh ti prego. Non venire a fare questo discorso a me bambina, io ne so qualcosa di segreti.»
«Davvero? E cosa?» chiese ironica. Come se l'unica cosa che potessi nascondere fosse il mio peso forma. Oh be...non so perché lo dissi, non so nemmeno perché decisi di riversare tutto questo su di lei. Era una bambina, era piccola ma allo stesso tempo era matura e forse ero semplicemente stanca di essere guardata con disprezzo per cui...mi sfogai.
«Ho tentato di suicidarmi.»
Stava per rispondere quando...capì quello che avevo detto e comprese che non scherzavo.
«Non sei l'unica ad aver sofferto qua. La cosa ti sorprende?»
Sara non parlò. Gli occhi spalancati, la sorpresa sul suo viso.
«Forse potrò sembrarti superficiale, forse lo sono stata ma ora...ora non più.
Ero una stronza di proporzioni gigantesche, una stupida che voleva solo divertirsi e provare quante più esperienze possibili prima di incontrare Brittany. Non ero nessuno, non meritavo nulla eppure lei mi ha amata, è stata una delle poche a capirmi. E io come l'ho ripagata? Tradendo le sue aspettative e la sua fiducia ben due volte. 
Ho rovinato la cosa più bella che avevo per ben due volte e ho fatto finta che questo non mi importasse, che tutto ciò che veramente desideravo erano solo le donne e il divertimento.»
La guardai. Le stavo sputando in faccia la mia storia ma ero stufa. Ero stufa marcia.
Capivo che aveva sofferto, capivo che quello che aveva passato era tremendo ma non era l'unica in quella stanza ad aver compreso il dolore.
«Ho vissuto una vita fatta di apparenza, di cose poco importanti supportata solo dai miei amici e quando ho rivisto tua madre mi son resa conto che non avrei potuto vivere senza di lei. Mi son resa conto che lei poteva cambiarmi, poteva rendermi una persona migliore, una persona degna di stare al suo fianco. Ma lei non sarebbe mai potuta essere mia. Ho vissuto un brutto periodo, mi son sentita debole e come una sciocca ho pensato che l'unico modo per mettere fine al mio dolore fosse di mettere fine a tutto. A chi sarebbe mancata Santana Lopez? Chi avrebbe pianto la mia inutile esistenza?»
Sospirai e sorrisi.
«Ed è stato allora che mi son resa conto che qualcuno mi amava già. Che avevo qualcuno di insostituibile al mio fianco e che avrei dovuto lottare per avere ciò che volevo, almeno una volta, almeno un ultima volta. E ho vinto Sara, ho vinto la mia battaglia personale. Brittany mi ha insegnato ad amare, mi ha trasformata in una Santana migliore e ho trovato il lavoro dei miei sogni, adatto per poter stare al suo fianco e per poter creare una famiglia.»
«Io non...»«Non lo sapevi eh? Be certo non è la prima cosa che dico quando mi presento.»
Sara sorrise. La scena doveva essere veramente buffa.
«Però è la mia storia. Questo è ciò che mi ha reso quella che sono. E tu sei una bambina geniale, una bambina che riesce a tenere testa ad un adulta perché hai vissuto un esperienza che ti ha cambiato. Hai sofferto e ora stai ricominciando.»
«Come te dopo il tentato suicidio.»
«Come me dopo il tentato suicidio.»
Ci guardammo e in quel lasso di tempo mi accorsi che forse avevo conquistato l'attenzione della bambina. Forse ero riuscita a smuovere qualcosa in lei. 
«Giusto per curiosità...ti sei lanciata dal 5 piano o...»«Sei un idiota!»
Risi. E lei rise con me. Diamine era riuscita a sdrammatizzare la situazione ma non avevo alcuna voglia di scherzare sull'episodio più buio della mia vita per cui cambiai discorso.
«Ma tutto il tuo discorsone alla fine a cosa ha portato?»
«C'è la possibilità che...io non abbia aperto bocca nemmeno un giorno a scuola.»
Oh. Oh. OH. PORCO CAZZO.
«Scherzi vero?»«Tento di arrivare presto per potermi sedere all'ultimo banco e stare in silenzio. Con voi mi sento in dovere di parlare, con te mi viene naturale perché sei una stronza...»«EHI.»«Ma loro...mi ricordano l'orfanotrofio e proprio non ci riesco. Mi blocco.»
«Quindi sei la strana della scuola?»«EHI!»
«Cosa? Mi hai dato della stronza.»
Sara fece spallucce «Diciamo che all'inizio non pensavo fosse importante. Faccio sempre i compiti e negli scritti sono la migliore ma...più si avvicinavano i colloqui più temevo quello che sarebbe successo.»
«E che dovrebbe succedere?»
«I professori parleranno molto male di me.»
«Favoloso.»«Già.»
Mi guardò spaventata «Temevo vi sareste arrabbiate da morire, temevo mi avreste allontanata e riportata in orfanotrofio se aveste capito che ero...rotta. Che avevo questo blocco.» «Sara tu non sei rotta. Andiamo...sei uno sgorbio, un mostriciattolo, una rompipalle ma stai tentando di rimettere insieme i pezzi e dovresti essere lodata per questo.»
«A scuola non la pensano così.»
«Beh...potremmo non andare ad i colloqui.»
«Chiamerebbero a casa, sarebbe molto peggio.» 
Oh perfetto. Quindi Brittany avrebbe scoperto quella cosa prima o poi. E avrebbe scoperto anche che io e Sara ci eravamo odiate sino ad allora. E mi avrebbe uccisa.
«Allora...potrei andare e fingere che tutto sia andato alla perfezione.»
«Lo faresti davvero?»«Non è solo per te, è anche per salvarmi la vita!»
«Dici che Brittany si arrabbierà?»«Per i colloqui e per la tua storiella? Assicurato. Brittany non è membro del fan club delle bugie e fidati io ne so qualcosa!»
Sara mi sorrise e annuì. Il piano poteva funzionare. Potevamo fingere, potevamo accumulare un altro segreto ed evitare che Brittany si arrabbiasse con me, con la bambina e con il mondo intero. OH DIOS. Ero la peggior moglie del mondo. 
Ma come mamma forse stavo migliorando, forse stavo finalmente facendo un passo verso quella bambina che finalmente mi appariva...vera. Fragile. Umana. Non più la figlia perfetta, la più adorabile tra le latine la cui madre adottiva aveva fatto un orribile torto.
Eravamo molto simili anche se non me ne rendevo conto.

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Capitolo 15
*** Lose It ***


Parcheggiai la macchina con una lentezza estenuante nella speranza che quella manovra non finisse mai e ci desse il tempo di fuggire da quella missione suicida. Entrare, ascoltare, fingere. Quella che si presentava davanti ai nostri occhi scuri era un operazione divisa in 3 semplici fasi e l'avremmo superata senza grossi problemi, io ne ero sicura.
Dopotutto quanto spaventosi potevano essere dei semplici professori?
E che ci sarebbe voluto a parlare un po' con le mamme degli altri bambini?
Andiamo. Erano cazzate no? 
«Te la stai facendo sotto vero?»
«TOTALMENTE.»
Sara e io ci guardammo un ultima volta prima di scendere dall'auto strette nei nostri vestitini tattici. Mamma e figlia modello erano pronte per i loro primi colloqui.
«Dai non puoi essere andata così male...» continuavo a ripetere mentre salivamo i gradini della scalinata principale «Santana i maestri non hanno mai sentito la mia voce.»
«Potremmo spacciarti per muta?!»
Questa era un idea geniale. In questo modo dalla strana della scuola sarebbe balzata direttamente ai primi posti. «Avreste dovuto indicarlo nel primo modulo no?»
«Potremmo sempre dire che non ce n'eravamo mai accorte.»
Sara si mise una mano sulla fronte, probabilmente la considerava una pessima idea.
Effettivamente in quel modo avrebbero potuto segnalare questa nostra negligenza all'orfanotrofio e ci sarebbe toccato passare qualche bel casino prima di riottenere la bambina. Brittany ne sarebbe morta, ne ero sicura. E io sarei stata accidentalmente uccisa da lei molto prima di tutto ciò. No, non potevo permetterlo!
«Bene. Come sto?» chiesi sistemandomi il colletto di quella camicetta presa in presto a mia moglie. Era professionale, semplice e dava l'idea di una perfetta madre e donna di casa.
«Poteva andare meglio.»«EHI. Sto dando il massimo.»
«Un massimo molto basso...» commentò ancora lei ricevendosi un pizzicotto al braccio.
«AHI. Mi hai fatto male!»«Quello era l'obbiettivo e...» immediatamente mi bloccai stampandomi un sorrisone da ebete sul viso. «Fai paura.» sussurrò lei rendendosi conto della ragione del mio cambio d'umore. Mandrie di genitori affollavano il corridoio, porte si spalancavano sui professori e i loro registri. Eravamo arrivati all'inferno.
«Ricordami perché lo stiamo facendo...» mugugnai prendendole la manina e mantenendo la mia spettacolare faccia da poker, speravo davvero che la coda fatta qualche minuto prima reggesse a tutta quella baraonda. «Per impedire che Brittany ti uccida e venga delusa da me»
«Ottime argomentazioni. Ora tre, due, uno...diamo inizio allo show.»
Presi posizione dietro l'ultima mamma per la prima fila di quello che a giudicare dal cartellino sullo stipite della porta doveva essere il loro insegnante di italiano. Faceva tanto liceo. 
I ricordi dei miei anni scolastici tornarono prepotentemente alla mia attenzione, tante gonne, tante ragazze, anche una certa quantità di studio. Sicuramente i miei genitori non si erano mai presentati a queste barzellette viventi, non riuscivano proprio a capire a che servisse un incontro tra insegnante e genitore. E poi odiavano sentire gli altri padri e madri vantare i loro figli oltre l'indicibile e mentire spudoratamente su quella piccola canaglia che si ritrovavano in casa. Io non avevo mai avuto bisogno di una cosa del genere, andavo discretamente e per sicurezza avevo sempre nascosto ai miei genitori le date di ogni colloquio. 
«Scusi?»
Una voce stridula proveniente da dietro mi riportò alla realtà. Mi voltai richiamata da una donna di carnagione chiara sul cui collo troneggiava una spaventosa collana di perle. I capelli rossi, folti, incorniciavano quel viso eccessivamente truccato e i vestiti che indossava, probabilmente di marca, chiudevano quella visione non proprio paradisiaca.
«Si?» chiesi confusa sentendo la stressa di Sara sulla mia mano farsi un po' più forte.
«Lei dev'essere nuova qua, sono Susan, la rappresentante della classe di sua figlia.»     
«Oh, conosce Sara?» 
La donna sorrise mostrando dei denti fin troppo bianchi e perfetti per non aver subito qualche piccolo aiuto dal dentista.
«Certo. Essendo rappresentante ho avuto modo di incontrare tutti i bambini più di una volta e di partecipare anche a qualche consiglio.»«Quale onore.» commentai sarcastica ricevendo in tutta risposta una piedata alla gamba. Sara sapeva come farsi sentire.
«Santana.» soffiai lanciandole un occhiataccia prima di allungare la mano a quella donna che, istintivamente, non aveva raccolto grande simpatia. 
«Una delle signore Pierce-Lopez vero?»«Vedo che è molto informata...»
«Amo svolgere i miei compiti al meglio.»
Non avevo alcun dubbio. Così conciata ricordava tanto una delle maestrine dei miei tempi, quelle ragazzine tutte codette, occhiali e maglioncini che si preoccupavano come prima cosa di ricordare alla professoressa i compiti delle volte precedenti.
«Volevo solo farle presente che non si può mettere in fila a piacere, ci son degli ordini da seguire e proprio per questo avrebbe dovuto rivolgersi a me. Ero all'ingresso!» aggiunse ridacchiando «Strano, non l'ho notata.»
Questa volta Sara non mi colpì per punirmi, anzi rise a quella velata frecciatina che avevo appena lanciato nascondendomi dietro la mia schiena.
«Oh be non c'è alcun problema. Tenga, questi son i suoi orari d'ingresso per ogni insegnante, non son poi tanti e non ci sarà molto da aspettare.»«Vedo che siete molto organizzate qua.»
«Beh una scuola di questo livello non può permettersi il caos delle altre, soprattutto una sezione importante come la nostra.»«Davvero?» chiesi quasi divertita.
«Le nostre bambine stanno nella A, una responsabilità non da poco.»
Curioso. Ora anche una lettera riusciva a definire le persone, come se gli alunni delle sezioni D o E meritassero di essere discriminati per il loro scarso intelletto. Molto futuristica come visione. La scuola continuava a sorprendermi in negativo, lo aveva sempre fatto e probabilmente non avrebbe smesso ora che mi sarei dovuta occupare di quella bambina.
«Capisco. Nel frattempo dove potremmo aspettare? A quanto leggo abbiamo ancora mezz'ora prima di iniziare i nostri colloqui.»
«Là in fondo a destra, sempre dritte abbiamo allestito una saletta d'attesa ma se vuole gli altri genitori son tutti là a...»«La saletta andrà benissimo» dissi sorridendo.
«Grazie mille per l'aiuto.» commentai ancora sarcastica prima che però Susan mi fermasse per un braccio tentando di prendermi da parte.
«Io le consiglierei di far un salto almeno a conoscere gli altri genitori, penso sia importante nella sua situazione...»«Nella mia situazione?» la bloccai subito.
«Con la situazione di Sara, il fatto che sia una bambina...un po' particolare e lei e sua...moglie non vi siete mai fatte vedere prima quindi io e le altre mamme pensavamo che sarebbe potuto essere divertente conoscersi un po'.»
Quella frase mi urtò veramente non poco. Probabilmente fossi stata per strada l'avrei spintonata, insultata e lasciata sul posto. Sprizzava razzismo e giudizzi da tutti i pori, il modo in cui aveva enfatizzato le parole particolare e moglie non era passato inosservato ai miei occhi ma lasciai passare, non c'era il tanto di prendersela ne di peggiorare le cose.
«Mi piacerebbe, davvero ma non vorrei lasciare Sara da sola. Sa non è con noi da molto e stiamo ancora cercando di farla sentire a suo agio.»
La donna provò ad interpretare il mio rifiuto in un altro modo ma alla fine la cortesia nella mia voce e la determinazione nei miei occhi non le lasciò altra possibilità se non quella di sorridere, salutarmi con un cenno e vedermi sempre più lontana. Ripresi la mano di Sara e proseguì verso la saletta che ci avevano indicato, dei piccoli divanetti la facevano da padrone sulla quale ci lanciammo a tempo di record. C'erano altre persone nella stanza, altri genitori con i loro bambini ma questo non rappresentava un problema.
«Il posto migliore è mio!» sussurrò Sara alzando il pugno verso l'alto in segno di vittoria. Stavo ancora pensando a come spodestarla senza dar nell'occhio quando quella mocciosetta mi puntò contro i suoi grandi occhioni da cucciola. «Ma se vuoi posso cedertelo. Sei stata brava con l'odiosa mamma di Molly.» Molly. Che nome odioso. Non c'erano dubbi sul fatto che probabilmente la figlia fosse stata condannata da quella donna, certo era una prima impressione ma solitamente non sbagliavo mai.                                     
«Era il minimo mocciosetta.» sussurrai io scorridendo e scompigliandole i capelli
«E ora che facciamo?»«Aspettiamo.»
Sara sbuffò vistosamente incrociando le braccia al petto «Che noiaaaa...»
«Hai un idea migliore tappo?» chiesi ironica mentre evitavo lo sguardo di una mamma visibilmente stanca e stressata da quella peste di suo figlio, un bambino impossessato dal demonio o sicuramente da qualcosa di simile.  
«Potremmo chiamare Brittany!»
Spalancai la bocca per emettere un gran bel NO ma quando mi resi conto della sua proposta non potei far a meno di trovarla estremamente interessante. Non sentivo la mia bionda da un intero giorno e avevamo poco meno di trenta minuti di attesa da far passare. Mi fiondai letteralmente a cercare il telefonino nella borsa, stranamente disperso in qualche angolo buio e sconosciuto e quando lo trovai andai subito alla ricerca di un luogo silenzioso dove poter attendere in silenzio una risposta che probabilmente non sarebbe arrivata. Non ricordavo come funzionava il fusorario ne che ore fossero ora in Germania ma poco importava, Sara in una mano, il cellulare nell'altra e grande trepidazione in attesa di quella voce delicata e familiare che mi avrebbe sicuramente dato la forza di affrontare quei colloqui.

Brittany
«AHAHAHAHAHHAHAH
Siete proprio due sfacciate allucinanti!»
«Lasciamo perdere Britt, mi sarei solo voluta sotterrare.»«Ma sentitela l'innocentina ora!»
Scoppiammo a ridere nuovamente ancor prima di andar giù il secondo cocktail della serata.
Stare con Laura e la sua simpaticissima ragazza Vivien a Berlino mi aveva assolutamente risollevato il viaggio che senza di loro sarebbe probabilmente passato tra noia e mancanze.
Ora invece, assumeva quasi i tratti di una vacanza se non fosse stata per l'assenza di mia moglie e della nostra bambina. Era tardi, avevamo finito l'ultima riunione tra acquirenti e aziende e molto presto ci saremmo tutte ritrovate sui nostri voli di ritorno. Io diretta a casa, Vivien in Francia per lavoro e Laura diretta alla loro casetta in una città poco fuori la capitale.
«Voi due mi mancherete da morire, dovete assolutamente passare a trovarmi!»
«In America? MAGARI!» Vivien scoppiò nuovamente a ridere prima di dare un tenero buffetto sulla guancia della sua ragazza «La signorina qua presente è troppo impegnata a lavoro per potersi concedere una vacanza simile!»
«Se ci ripenserete Laura sappi che noi saremmo ben felici di ospitarvi.»
«Guarda Britt, probabilmente verrei solo per conoscere la tua mogliettina...»«EHI.»
Si lamentò la rossa dandole un colpo alla spalla «Ma no Vivien, non in quel senso. Ci ha parlato così tanto di lei che muoio dalla voglia di incontrarla di persona.»
«Oh quello è vero! E poi confido sulla possessività di Britt in ogni caso!»
Scoppiammo a ridere tutte insieme di nuovo «Ci puoi giurare ragazza!»
Era veramente bello passare del tempo con delle persone così alla mano, così simpatiche. Persone che probabilmente non avrei rivisto mai più. Certo avrei potuto tenere i contatti tra internet e telefono ma non sarebbe certamente stata la stessa cosa, era da parecchio tempo che non si trovava così bene con delle nuove persone e se ci fosse stata Santana al suo fianco probabilmente avrebbe pensato la stessa cosa. E proprio come se il solo pensarla la potesse richiamare ecco che il mio cellulare cominciò a squillare illuminando il nome di mia moglie.
«Oh...è proprio lei. Scusate devo rispondere!»
«Tranquilla Britt...e salutacela!»
Smanacciai tentando di uscire dal locale per poter rispondere alla chiamata e una volta fuori con la schiena poggiata contro il muro premetti il tasto verde.
«Amore...» sussurrai sorridente mentre mi giravo un ciuffo biondo tra le dita.
«Brittany» sentì gridare in coro da lei e Sara. Dunque non era sola, anche la nostra bellissima figlia era con lei. SPLENDIDO. 
«Ciao ragazze. Sara come va?» chiesi subito fremendo e visualizzando mentalmente quel visino color caffè latte. «Bene Britt, tu là? Ci manchi.» sussurrò con quella vocina che mi fece rabbrividire dalla gioia. Strano vero? Rabbrividire di felicità? 
«Qua tutto bene, oggi abbiamo concluso l'ultima riunione con gli acquirenti e dopodomani prenderò il volo per tornare da voi. Mi mancate da morire.»
«Dove sei ora? Sento della musica...»
Santana, la solita. Sempre gelosa e attenta ad ogni particolare, ma non per questo meno amabile. Adoravo quando si preoccupava per me e facendo la possessiva tentava di nasconderlo. «Sono in un locale insieme a Laura, la mia collega europea di cui ti ho parlato e la sua ragazza Vivian.» marcai nettamente il fatto che le due stessero insieme, sarebbe andata in crisi se mi avesse immaginata da qualche parte con un altra ragazza.
«Oh favoloso. Te lo meriti amore, hai faticato così tanto ed è giusto un po' di divertimento!»
«Voi invece?» chiesi tentando di ricordare dove potessero trovarsi al momento. 
«Noi siamo in diretta dai colloqui, vestite di tutto punto e pronte per presentarci davanti agli insegnanti.» la sentì ridacchiare dall'altra parte del ricevitore. Oh giusto, quasi dimenticavo.
«Cavolo avete già parlato con qualcuno? Vabbe che Sara sicuramente andrà da dio e non ci sarà nulla da temere. Hai per caso conosciuto anche qualche genitore?»
Era nostro dovere cominciare a far amicizia con le madri delle amichette di Sara e non pensavo proprio che Santana si stesse impegnando in quel settore.
«A dir la verità proprio no. Diciamo che non concorrono per miss simpatia quest'anno, preferirei tenermi alla larga dai genitori.»«SAAAAN. Possibile che devi sempre essere così?»
«Così bella? Divertente? Affascinante? Insostituibile?»
Che idiota. Non riusciva proprio a trattenersi nemmeno al telefono, nemmeno a miglia di distanza. Le sentì farfugliare qualcosa prima di tornare al ricevitore.
«Ti amo deficiente.» le dissi ridacchiando.
«Ti amo anche io tedeschina!»
Aveva cominciato a chiamarmi così fin da quando l'aereo aveva toccato suolo tedesco.
«Dai ora ti faccio parlare un po' con tua figlia che mi sta...chiedendo di te.»
Sara chiedeva di me? Che dolce. Il mio cuore cominciò ad accellerare ancora di più.
«Ehi ciao piccolina.» sussurrai addolcendo la voce «Santana non la finiva più!»
«Eh...lo sai com'è fatta...» continuai ridacchiando e cercando un posto dove sedermi un attimo. Avevo bisogno di parlare bene con lei, non la vedevo veramente da troppo. E avrei avuto bisogno di parlare bene anche con mia moglie così sfruttai tutti i minuti di quella chiamata dimenticandomi per un momento dove mi trovassi e soprattutto che avevo delle persone che mi aspettavano dentro. 

Santana
Sara si avventò sul telefono come una piovra e con i suoi tentacoli mi allontanò da Brittany.
Non ne avevo avuto abbastanza della sua voce, del suo tono, dei suoi respiri e della sua risatina, io avevo bisogno di mia moglie e ne avevo l'assoluta precedenza. La mocciosetta però non la vedeva in questo modo e fuggendo e spostandosi in lungo e in largo provò in ogni maniera a tenersi il ricevitore. Io controllavo la situazione da lontano, litigavamo non verbalmente e a gesti e proprio quando stavo per mettere finalmente le mani sul telefono fui fermata dalla assai poco richiesta presenza della simpaticissima Susan.
«Che state facendo?» chiese con il suo miglior tono di cortesia tentando di non apparire per la scortese ficcanaso che era in realtà. Io mi voltai infastidita, non prima di aver lanciato un occhiataccia alla bambina e provai ad indossare una faccia calma e tranquilla.
«Abbiamo chiamato mia moglie e la bambina non fa altro che scorrazzare qua e là per la felicità, sa è in viaggio per lavoro da almeno due settimane...»
Nuove informazioni con la quale sparlare per almeno un altra ora, pensai osservando la sua faccia che dal confuso passava a una sorta di rammarico. «Una cosa meravigliosa e mi piange veramente il cuore ad essere io a dirlo ma, non son ammessi cellulari durante i colloqui.»
Feci finta di non capire avvicinandomi e scuotendo la testa «Come?»
«Durante i colloqui non si possono usare i telefonini!» rincarò lei.
«E da quando?» chiesi genuinamente sorpresa e lievemente, ma solo lievemente eh, contrariata. «Praticamente da un anno ormai, è una nuova politica adottata dalla scuola.»
Gran bella politica. I cellulari stavano cambiando il mondo e avevano tanti lati negativi, questo era vero, ma arrivare a vietarli durante una cosa simile mi pareva veramente eccessivo. Dopotutto poteva capitar qualsiasi cosa mentre si era in fila o si poteva anche solamente cedere ad una telefonata per evitare la noia proprio come avevano fatto loro.
«Oh be allora vedremo di spegnere subito il dispositivo. Sara saluta la mamma!» gridai verso la bambina che si stringeva sempre più stretta il cellulare all'orecchio. Quella piccola pestifera! Susan per tutta risposta sospirò sollevata come se da ciò fosse dipesa la sua vita.
«Perfetto. Sai nessuna di noi vorrebbe mai che un insegnante potesse notare la cosa e si venisse a peggiorare la situazione, è meglio per tutti rispettare le regole interne. Voi certo siete nuove ed è naturale questa ignoranza iniziale.»
«Peggiorare la situazione? Che intendi?» chiesi mettendo le mani sui fianchi. 
Non vi era nulla di minaccioso in quel gesto, non ancora per lo meno, mi veniva semplicemente spontaneo.
«Sappiamo tutte della povera Sara, dei suoi "problemi". Non vi dovete preoccupare avete tutto il nostro sostegno per qualsiasi cosa.»«I suoi problemi?» domandai sempre più infastidita. «Sì...»  continuò lei ammiccando «...i suoi problemi d'apprendimento.»
Sorrisi guardando in direzione della piccola latina, ancora impegnata nella chiamata «No guardi ci dev'essere un errore la bambina non ha alcun problema di apprendimento ha solo difficoltà a rapportarsi con gli altri.»
«Ma certo, qualsiasi genitore prenderebbe le difese del proprio figlio è naturale ed essendo Sara con voi da solo qualche mese è comprensibile che abbia tutta questa difficoltà a scuola.»
Continuava a fare la carina, ma non lo era affatto. Dietro quelle gentilezze, quella comprensione si nascondevano invece delle velate offese nei confronti della piccola mocciosetta e se c'era una persona che poteva insultarla, quella ero solo io.
«No guardi non la sto difendendo o esaltando, lungi da me l'idea di far passare Sara per la bambina che non è ma davvero tutta la sua situazione scolastica è una grande incomprensione. Lei potrebbe veramente essere la stella della classe ha solo una grande difficoltà ad aprirsi agli altri.»«Difficoltà che potrebbe costarle l'anno.»
Ok, la stavamo veramente mettendo in quel modo? Non mi pareva di star insultando sua figlia o qualcosa di simile! «Io penso che stiamo solamente esagerando...» minimizzai tentando di conservare il mio sorriso mentre notavo che altre due mamme cominciavano ad avvicinarsi verso di noi. Con la coda dell'occhio cercai Sara e la trovai a poca distanza da me, gli occhi spalancati, il ricevitore vicino all'orecchio ma una faccia che pareva molto poco assorta a quello che Brittany le stava probabilmente raccontando.
«Lei è la madre di Sara?»«Quella povera bambina...»
Per caso quella mocciosetta aveva subito un grave incidente e non ero stata avvertita? Perché la gente veniva a mostrarmi la sua compassione? Mi offriva il suo aiuto? Aiuto per cosa?
«Povera? Sara è una normalissima bambina che sta affrontando i normali problemi della crescita e...»«Guardi Santana lei è veramente una grande madre ma davvero a noi non deve mentire, può anche smettere di indossare questa maschera, tutte noi sappiamo cosa significa avere dei figli e le difficoltà che si incontrano. Se Sara avesse bisogno di ripetizioni la mia Molly potrebbe aiutarla in qualsiasi momento.»«Si, anche il mio buon Tom.» disse una donna che non si era nemmeno presentata ma che pareva esser stata attratta dalla sindrome del buon samaritano. Avrebbero ricevuto una medaglia? Avrebbero vinto qualcosa? Volevano dimostrare che i loro figli erano superiori a Sara? Volevano farmi pesare il fatto che mia figlia fosse, secondo loro, stupida? Va bene. Avrei giocato anche io ora.
«Sapete che potete fare con il vostro aiuto?» consiglia mantenendo ancora la mia faccia per bene «Prenderlo e andare a farvi fottere.»                       
Sapevo che me ne sarei pentita. Sapevo che avrei passato dei guai ma avevo raggiunto il limite di sopportazione. Tutto questo non era solo un insulto verso Brittany e me ma soprattutto nei confronti della bambina il cui unico problema era quello di non riuscire ancora a dar fiducia a delle persone che non avevano fatto altro che giudicarla.
«Santana forse deve aver frainteso...»
«Io? Oh non credo proprio. Mi avete puntata fin da quando son entrata no? La mamma della bambina che non parla, della bambina strana, dell'asino della classe perfetta in cui a nessuno è concesso il minimo errore. Sinceramente non ho alcun bisogno dei vostri consigli.»
«Senta» cominciò un'altra delle donne senza nome «Noi conosciamo i bambini e gli insegnanti da un po' di tempo e siamo madri da molto prima di lei, siamo le uniche in grado di darle una mano.»
«Certo. SICURO. Voi siete sicuramente delle madri migliori di me, questo non lo metto in dubbio. Avete dato alla luce i vostri figli, li avete allattati e cresciuti in ogni singolo istante della loro vita e questo fa di voi dei genitori modello mentre relega me nell'angolo dell'ultima arrivata no? A me non interessa. Lo ammetto, come madre non valgo niente, non mi sento pronta, non mi son mai sentita pronta e anche se provo a far il mio meglio so bene che non basta. Ma qui non stiamo parlando di me qua stiamo parlando di Sara e non vi permetto di trattarla come una stupida perché siete probabilmente di fronte ad una delle bambine più intelligenti che esistano.» 
Una delle mamme trattenne una risata, la vidi di sfuggita, probabilmente fin troppo sicura che la sua bavosa figlia valesse cento volte la mia Sara. Dietro di me sentì la bambina liquidare velocemente Brittany e farsi più vicina, forse voleva tentare di dissuadermi, voleva colpirmi un altra volta per farmi andare via.
«I voti non le danno ragione. Ma nessuno sta giudicando la piccola.»
«Voi lo state facendo! Con quell'aria di superiorità, pensando di poter risolvere qualcosa che invece è al di fuori della vostra portata. Sara non ha bisogno di ripetizioni, non ha bisogno di aiuto a scuola, ha solo bisogno di riuscire a trovare il suo posto nel mondo. Ha subito un trauma e lo sta lentamente superando, tutti hanno il proprio tempo e non vedo come potreste aiutarla considerandola in questo modo.»
«Sua figlia non parla mai...» commentò una di quelle tre deficienti.
«Non parla perché i vostri figli son degli idioti o perché ha paura o perché semplicemente non riesce a confrontarsi con delle altre persone ma posso assicurarvi che è solo di questo che si tratta, che la piccola Sara ha solo dei problemi nelle interazioni personali nient'altro.
Ed è stata lei ad insegnarmi questo termine, perché questa bambina» dissi indicandola «Ha una padronanza di linguaggio molto superiore a quella di qualsiasi altro bambino della sua età, perfino superiore alla mia.»
Non che ci voglia molto pensai senza però vacillare. Sentivo una rabbia montarmi dentro, sentivo il bisogno di difendere Sara anche se la cosa più razionale da fare sarebbe stato lasciar perdere e continuare a fingere. A far le brave madri e le donne cortesi. Eppure...
«Per cui lasciatevelo dire da una che sino a qualche anno fa non aveva combinato nulla dalla sua vita, questa bambina non appena avrà superato i suoi problemi, non appena riuscirà ad infrangere le barriere che la frenano farà il culo a tutti i vostri viziati figli. Prenderà il massimo possibile, si diplomerà a pieni voti, si iscriverà a Yale e un giorno diventerà qualcuno. Guardatela bene, ricordatevi il suo nome perché prima o poi la rivedrete e vi pentirete di averla considerata solamente un ignorantella.»
«Va bene Santana. Ha frainteso ed è arrabbiata e lo capiamo ma non c'è alcun motivo per dare spettacolo e capiamo tutti che non sia semplice una situazione del genere e per...»
«DIOS. E fatela finita! Non c'è nessuna situazione, la bambina sta bene, la bambina è sana, la bambina è forte PUTA! Questa bambina non ha niente che non vada, come tutti ha i propri limiti da superare, ha tanto da vivere e da dimostrare e posso giurarvi qua ora che io so per certo che alla fine dell'anno Sara avrà i voti più alti di tutti i vostri figli.»
Finalmente una delle mamme cominciò ad abbandonare la sua facciata a rivelarsi per il suo vero intento, a mostrare quanto si divertisse a giudicare i figli degli altri, quelli un po' più deboli. Avrei nominato quel trio, le mammine di merda. «E come fa a saperlo?»
«Perché è mia figlia e dimostrare agli altri che hanno torto è una cosa di famiglia!»
Non so ancora perché lo dissi in quel modo, non so ancora come quelle parole mi uscirono dalla bocca ma sul momento mi sembrarono giuste. Mi sembrarono necessarie.
Io credevo assolutamente in quella bambina, contro ogni aspettativa e contro ogni persona.
Potevo non sopportarla, potevamo lanciarci frecciatine dalla mattina alla sera, poteva infastidirmi il suo comportamento o la sua lingua lunga o il fatto che adorasse darmi sui nervi ma non potevo negare quanto fosse dotata. Aveva undici anni e parlavo con lei come ad un mio pari età, conosceva così tante cose che probabilmente avrebbe potuto vincere il Milione.
«E ora penso sia il momento di andarsene...» mi dissi prendendo per mano una Sara ancora incredula e trascinandola via sotto lo sguardo di tutti gli altri genitori. Ci potevamo prendere la libertà di saltare un inutile colloquio che sapevamo già come saremmo andato. Arrivammo alla macchina molto velocemente e sempre con rapidità lanciai la borsa nei sedili di dietro andando subito a cercare quella maledetta cintura. 

«Tu mi hai difesa.»
La vocina debole di quella mocciosetta mi costrinse a voltarsi mentre ancora non riuscivo a sbloccare quel maledetto arnese. Mi guardava con gli occhi sbarrati, le mani sulle ginocchia.
«Quelle troiette hanno avuto quel che meritavano. Avrei volute prenderle a pugni ma sarebbe finita molto male non credi?»
«Perché mi hai difesa?»
Ma non stava ascoltando? Si era fusa qualcosa in testa a parlare così tanto al telefono?
«Non potevo lasciare che quelle arpie travestite da angeli ti prendessero in giro, quello è un compito della sottoscritta.» annuì convinta riuscendo finalmente ad agganciarmi la cintura.
Attesi che anche lei se la mettesse prima di infilare le chiavi nel quadro e mettere in moto. Avevo adrenalina pura in circolo e il cuore batteva a mille, ero ancora sotto l'effetto di quella discussione, di quella rabbia che bolliva nel mio sangue.
«Tu non mi odi...» soffiò ad un tratto Sara sorridendo e costringendomi a voltarmi.
«Tu non mi odi...» ripetè cominciando a ridere come una pazza.
«Tutto bene Sara?» chiesi confusa.
La bambina si specchiò nei miei occhi, due piccole nocciole lucide e con quel sorrisone, con quella risatina, tra un respiro ed un altro mi fece perdere un battito come solo la sua bionda madre era stata in grado di fare. 
«Finalmente sì. Va tutto bene ora.»

Angolo dell'Autrice
Per quanto son sparita? Giorni? Mesi? Anni? MI SCUSO UMILMENTE PER QUEST'ATTESA INFINITA E PER LA MIA SPARIZIONE. L'università e questa "nuova" vita mi hanno assorbita completamente portandomi via ogni energia e ispirazione. Ora che ci son le vacanze facendo un salto sui miei vecchi scritti ho trovato questo l'ho riletto tutto dal principio ho rimesso in ordine le idee e son ripartita. Non so quanti ancora saranno rimasti a leggerla ma mi sento in dovere di portarla a compimento.
E niente, questo è il nuovo lungo capitolo ed è anche un punto di svolta e da qua riprenderò e prometto di non sparire più :)


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Capitolo 16
*** Coming Home ***


«La vedi? Sta arrivando?»
«DIOS SARA. Non so se hai notato ma non sono un gigante, ne un falco per cui mi viene veramente difficile avvistare una chioma bionda da questa distanza e con questa marea di gente. Son già in ansia di mio, non peggioriamo la situazione...»
«In ansia?» chiese la bambina tirandomi nuovamente la manica per attirare l'attenzione.
«Non ci vediamo da due settimane. Hai presente quante cose cambiano in quel tempo?»
«Come il nostro rapporto?» chiese ridacchiando e mettendosi in punta di piedi per continuare a cercare una sagoma che sembrava non voler apparire. L'aereoporto era un luogo veramente caotico, valige ovunque, persone che si materializzano come funghi, di tutto e di più stipato in quel complesso mastodontico dove per non perdersi bisogna portarsi dietro un GPS. Inoltre l'attesa mi sbriciolava i nervi, ogni santa volta.
«Esatto! Guardaci, tu eri un idiota...»«...tu una stronza»
«E ora sei una stronza...»«...e tu un idiota.»
Ci guardammo in silenzio prima di scoppiare a ridere come due deficienti attirando l'attenzione di una coppia di anziani che cominciarono a guardarci sconvolte. «Che avete da fissare?»
Chiesi, ancora ridendo, allarmandoli e portandoli ad allontanarsi e tornare per la loro strada. 
«Continuo a non sopportarti eh!» precisai subito.
«E io ti considero sempre una vecchiaccia.»
Le abitudini erano dure a morire, quello che avevamo costruito in quei mesi non poteva essere disfatto ma finalmente tra noi stava crescendo un legame di fiducia e approvazione reciproca. Qualcosa che ci abbracciava dal profondo e che non potevamo controllare.
«Comunque non devi preoccuparti. Brittany ti adora, ti si lancerà contro appena arriva.»
«Dici?» odiavo quell'ansia e quell'insicurezza. Odiavo terribilmente preoccuparmi così ogni volta che la mia bionda mi si allontanava dal fianco ma non potevo farci nulla. Ero pazza di lei, pazza di noi e il solo pensiero di poter incrinare qualcosa nel nostro rapporto mi mandava fuori di testa. Erano solo due settimane, era lavoro e ci eravamo sentite praticamente ogni giorno da quando era partita ma la sua assenza mi aveva debilitata.
«Per quanto ami prendermi gioco di te oggi sei...favolosa.»
Sara mi sorrise, guardandomi con quei suoi grandi occhioni scuri. A volte dimenticavo che avesse solo poco più di 10 anni. A volte la consideravo quasi una mia pari, parlando del più e del meno come se niente fosse. A volte dimenticavo che era solo una bambina e quando la guardavo in viso, tra quei lineamenti delicati e quelle guancette colorate, sentivo uno strano calore. Quasi mi emozionavo. Stavo proprio perdendo colpi!
«Grazie...» risposi togliendomi una ciocca dalla fronte sorridendo per quel complimento.
Noi non eravamo tipe da complimenti, e anche se effettivamente mi ero veramente data da fare per la preparazione di quel giorno, non pensavo le avrei mai sentito dire qualcosa di così carino.
«Allora la vedi?»
Ecco. Rovinato il momento magico.
Possibile che dovesse essere così petulante? Bambini tse.
«Per la decima volta...NO. NON LA VEDO.»
Sbuffai continuando a sporgermi in avanti nel tentativo di scorgere il mio angelo varcare quelle porte ma purtroppo passavano solo alti e abbronzati ragazzi in vacanza, qualche uomo d'affari e cinesi pronti ad esplorare il continente. Di Brittany ancora nessuna traccia.
«Perché non si muove?» mugolò quella creaturina incrociando le braccia al petto.
«La tua mamma preferita ama le entrate di spessore.»
«Cioè? Che c'entra lo spessore?»
«OH DIO. OH MIO DIO. FERMI TUTTI. UNA COSA CHE SARA NON SA? SPUMANTE. ORA.»
«Idiota.»
Le diedi un colpetto ridacchiando mentre ancora fingevo di essere confusa da quella sua mancanza e mi guardavo a terra spaesata. «AHAHAHAHHA scusami ma è proprio un evento! Diciamo che è una sorta di modo di dire, come a dire un entrata in grande stile...»
«Aaaahn, e non potevi dirla così?»
Ma sentitela «Da che pulpito...»
Stavamo per darcele di santa ragione, verbalmente si intende, quando una voce familiare ci rimise ai nostri posti riportandoci alla realtà. Avrei riconosciuto quel suono ovunque, avrei potuto riconoscere mia moglie anche dentro una folla caotica come quella.
Mi alzai in punta di piedi per vederla correre verso di noi scarrozzando quell'enorme valigia che sembrava molto più piena di quando l'avevamo lasciata alla partenza. Brittany era bellissima, distrutta dal volo, con i capelli raccolti in una semplice coda non più perfetta come qualche ora prima e un foulard stretto al collo, un'anonima maglietta e annessa giacca e dei semplici pantaloni ma in quel momento mi sembrò di non averla mai vista tanto meravigliosa. Si lanciò letteralmente su di noi, afferrandoci entrambe in un abbraccio che ci costrinse ad indietreggiare di qualche passo per non cadere a terra malamente. 
«Quanto. Mi. Siete. Mancate.» scandì stringendoci forte e venendo contraccambiata. Il suo profumo mi paralizzò, i miei sensi fecero la ola. Ero un turbinio di emozioni per questo quando si staccò per poter stritolare bene la piccola mocciosetta avvertì quasi una delusione pari solo alla gelosia nei suoi confronti. 
«Ma è possibile che tu mi sembri più grande di prima? Due settimane...» commentò allontanandosi un attimo per poterla osservare bene per poi ributtarsi tra le sue braccia.
Sara era radiosa, avrei giurato di aver perfino visto una lacrimuccia rigarle una guancia.
Tutte quelle attenzioni aveva sopraffatto anche lei, la piccola bambina che nessuno aveva mai avuto l'accortezza di amare prima di allora, prima di loro.
«E tu...» mi indicò ad un tratto rimettendosi in piedi «Oh tu.» disse prima di tirarmi per la maglia e catturarmi in un bacio che avrei voluto durasse per sempre. Sentì la sua mano posizionarsi sulla mia nuca, come richiamata dalla forza dell'abitudine e l'altra raggiungere il mio fianco per attirarmi a lei in uno di quei baci che era solo nostro. Uno di quei baci che attendi per tutta la vita, che fanno arrossire le persone, che costringono la gente a distogliere lo sguardo. Uno di quei baci che mi facevano girare la testa, intrappolandomi in un vortice di emozioni dalla quale era difficile uscire una volta dentro. Oh quanto la amavo.
«Ciao.» sussurrai tra le sue labbra prima di baciarla nuovamente «Ciao.» rispose lei sfiorandomi il naso e sorridendo come mai prima. Il mio cuore perse un battito.
«Baciami così un altra volta e giuro che non risponderò più di me stessa.»
«Non mi sfidare...» soffiò lei maliziosa lasciando che la sua mano percorresse lentamente la mia schiena prima di congiugersi all'altra che aveva stabile dimora sul mio fianco.      
«Ehm...»
La vocina di Sara che rossa in faccia ci implorava di rimandare i nostri saluti ci fece ridere come matte e ben presto contagiammo quella risata anche a lei. 
«Dai, non vedo l'ora di tornare a casa!» esordì Brittany passandosi un braccio sulla fronte
«Non avete idea di quanto sia stancante un volo simile...» continuò provando ad impedirmi di portarle la borsa e la sua valigia. DIOS. Quella bionda era proprio una dolcissima testarda.
«Proprio per questo non dovresti affaticarti! Preoccupati di tenere tua figlia per mano e di non perder di vista tua moglie, al resto ci penso io.» sorrisi guardandola sbuffare teneramente e circondare con le braccia quella piccola mocciosetta. «Agli ordini!» mi disse portandosi la mano alla tempia prima di prendere in braccio Sara e avviarsi verso l'uscita. Ecco, questo non era ciò che intendevo. Doveva proprio sfiancarsi portando quel piccolo peso morto? Incredibile. Roteando gli occhi velocizzai il passo per raggiungerle e inforcando gli occhiali da sole mi preparai per il viaggio d'auto che ci aspettava.

Le ore successive volarono.
In macchina non facemmo altro che straparlare e riempire quei pochi attimi di silenzio con della buona musica che avevo selezionato prima di partire. Brittany ci raccontò ogni dettaglio del suo viaggio, almeno le parti divertenti, quelle di svago e relax, tralasciando invece gli aspetti lavorativi che dovevano averla veramente provata. La sua mano non lasciò la mia sino a che non giungemmo a casa, mi fece compagnia sulla leva del cambio senza aver la possibilità di scrollarmi i brividi che mi correvano lungo il braccio. Questo era l'effetto che mi faceva ed era incredibile quanto mi fosse mancato, quanto quei piccoli dettagli che riscoprivo in auto facessero alzare la mia temperatura corporea. Una volta sistemati i bagagli ci dedicammo ad una veloce cena dato che probabilmente la mia bionda sarebbe presto caduta con la faccia sul piatto. La vedevo lottare contro la stanchezza mentre mi guardava sorridente nella speranza di riuscire a non far cadere le palpebre. Era una scena di una dolcezza disarmante e colsi con la coda dell'occhio perfino Sara intenta ad osservarla sognante. Si stropicciava gli occhi pigramente tra una forchettata e l'altra e giuro che contai almeno una decina di sbadigli trattenuti. Quando Brittany non ce la fece più, colsi tutti i segnali più drammatici, portai Sara nella sua camera da letto, le rimboccai le coperte e la lascia così senza il bacino della buonanotte che nessuna delle due aveva voglia di condividere. Avevo un altra piccolina di cui occuparmi ma prima di questa pensai fosse una buona idea farsi una doccia veloce, calmare i bollenti spiriti con dell'acqua tiepida e darsi una generale rinfrescata prima di farle compagnia sotto le lenzuola. Pessima idea.
Quando infatti entrai nella nostra camera, i capelli ancora coperti dall'asciugamano e con indosso solo la biancheria intima pulita mi ritrovai davanti ad una splendida bionda con i capelli lucenti, la pelle candida e i lineamenti delicati COMPLETAMENTE addormentata al centro del nostro letto. Risi senza nemmeno rendermene conto ma tentai di fare piano, per quanto possibile. Dormiva così pacificamente che non me la sentì di svegliarla, avremmo avuto tanto tempo per noi, tanto tempo per parlare e per fare l'amore. Ora aveva solamente bisogno di qualche ora di sonno, anzi di decine di ore di sonno e dato che aveva praticamente assunto la posizione a stella marina impedendomi di mettermi al suo fianco senza compromettere la sua dormita optai per il divano. Non altrettanto comodo, non altrettanto bello ma sicuramente una soluzione dell'ultimo minuto per la quale mi avrebbe ringraziato il giorno seguente. 
«Britt si è addormentata?» chiese dal nulla quell'ombrosa figura dall'alto delle scale facendomi letteralmente saltare dalla paura. Con una mano sul petto a tentare di placare il cuore pulsante mi voltai verso la mocciosetta con un aria eccessivamente minacciosa.
«Ma sei impazzita? Cosa ci fai ancora in piedi? Corri a letto!»
«Ti ho sentita scendere le scale...» mormorò sporgendosi in avanti.
«La tua mammina si è addormentata profondamente e si è impossessata del letto quindi stanotte la passerò qua. Tu corri a dormire che domani abbiamo una lunga giornata di scuola da affrontare!»«Non le dirai nulla vero?» sussurrò facendomi quasi sorridere. Il suo tono era così impaurito, dolce e bambinesco che mi venne quasi spontaneo risponderle affermativamente senza nemmeno pensarci. No, non avrei detto a Brittany cosa fosse successo, avrei dovuto, probabilmente, ma avevo ancora tempo per pensarci. E poi non volevo incasinare tutto proprio ora che le cose cominciavano ad andare bene tra me e Sara.
Con questi pensieri mi avvolsi in una coperta e lasciai che gli scomodi cuscini del divano mi massaggiassero la testa. 
---

Oooh il paradiso. Brittany. Una spiaggia. Perché stava sorseggiando il mio cocktail? DIOS, le avevo detto mille volte di aspettarmi prima di bere sulla spiaggia. MARE. SOLE. Che meraviglia. Ci trovavamo in vacanza? Chi si ricordava. Vedevo solo il suo splendido costume scuro, le sue forme nascoste da quella stoffa ingombrante. Lei su un amaca, con quel bel cappello di paglia e un sorriso che era rivolto solo a me. A ME. Sua moglie.
«Arrivo...» mormorai nel sonno mentre lentamente venivo richiamata alla realtà. Tutto incominciò a divenire sfuocato, le immagini svanirono lentamente a rallentatore. Avvertì una sensazione umida sul collo, una pressione sul fianco, una carezza sul viso e poi...spalancai gli occhi. Stavo sognando. Avevo sognato la mia splendida moglie e me in chissà quale luogo tropicale, a sorseggiare alcool e goderci la vita come solo in luna di miele avevamo fatto.
Se pensavo alle Hawaii morivo lentamente dentro, quanto ci eravamo divertite.
Sbattei le palpebre più e più volte prima di mettere a fuoco la realtà e quella cascata di capelli biondi  che non mi appartenevano. DIOS. Quasi imprecai quando mi accorsi che Brittany stava su di me, le labbra sul mio collo, gli occhietti vispi che mi osservavano di nascosto. «Ehi...» mugolai con la bocca ancora impastata e la classica voce da primo mattino. Dovevo essere terribile, mi ero rigirata decine di volte prima di trovare una posizione comoda, solo dio sapeva in quali condizioni dovevano essere i miei capelli. PUTA.
«Ehi...ti sei svegliata finalmente.»«Ma sentila un po'...» ridacchiai sfiorandole il viso.
«Volevo farmi perdonare per averti cacciata dal letto ieri notte!»
«E violentarmi nel sonno ti sembrava una buona idea?» ricevetti un bel colpo per quella risposta, alla spalla, DOLORE. «AHI.» gridai poco prima di essere zittita dalla sua mano.
«Ssssh sveglierai Sara. Ti sembra una cosa carina da dire a tua moglie?»
«Ho solo detto le cose come stanno.» ridacchiai ancora sporgendomi in avanti per baciarla.
«Dunque la cosa ti dispiace?» chiese lei allontanandosi con quello sguardo indagatore e allo stesso tempo malizioso che mi faceva impazzire OGNI volta. Io la guardai divertita.
«MINIMAMENTE.» commentai prima di saltarle letteralmente addosso e catturare le sue labbra in una presa che difficilmente avrei mollato. DIOS, quanto mi era mancata.
Mentre la baciavo con passione, mentre approfondivo quel contatto con lei la lasciai togliermi via la giacchina che indossavo. Le sue mani andarono a cercare i miei fianchi e una volta trovati la colsi di sorpresa portandomela sopra. 
«Signora Lopez.» protestò lei riprendendo fiato prima di scostarmi i capelli e baciarmi il collo.
Era un punto che le piaceva particolarmente e io non dissentivo affatto. «Pierce Lopez.» 
La corressi baciandole il petto e lentamente sfilando via quella maglietta. Il suo corpo, sotto il mio tocco. Ero eccitata da morire. «Mi...mi punirà per questo errore?» ansimò cercando il mio viso con le mani per poter tuffarsi sulle mie labbra. ANCORA.
«Nemmeno immagini!» con uno scatto mi misi in piedi tenendola su per quello splendido fondoschiena che si ritrovava. Lei gridò per la sorpresa ma soffocai la sua voce con un altro bacio mentre a tentoni mi avviavo lungo le scale. «Come siamo audaci...»
«La tua assenza mi ha fatto questo...e altro.»
Labbra contro labbra. Sospirando e continuando a spogliarci arrivammo alla camera da letto con non poca fatica. La schiacciai contro la porta di camera prima di spalancarla e lanciarla su quel materasso parso sino a quel momento troppo lontano. CHE SPETTACOLO.
La mia bionda preferita era là, solo i pantaloni addosso e uno sguardo che non mi tenne a distanza per molto a lungo. «QUANTO. TI. AMO.» scandì tra un bacio e l'altro mentre mi liberavo dell'ultimo indumento che indossavo. Presto l'aiutai a far la stessa cosa. 
Pelle contro pelle. Io e lei. Nessun'altro.
«Ciao.» soffiai sulla sua bocca, gli occhi persi nei suoi.
«Ciao.» mi rispose lei prima di tirarmi per la nuca e coprire i centimetri che ci separavano.
Non c'era nient'altro al mondo come fare l'amore alla mattina. Farlo con lei. Una, due.
E anche tre volte prima di lasciarci cadere tra le lenzuola ansiamanti e soddisfatte.

«Tu mi uccidi...» farfugliò Brittany riprendendo fiato. Era bellissima.
Così, con quei capelli scomposti, il viso arrossato, la pelle che sapeva di me.
«Mmm» mormorai baciandole la spalla nuda e risalendo sino alla sua bocca.
«Mi ero dimenticata di quanto fossi brava.»«Ti eri...? EHI.» dissi dandole un colpo di cuscino e scatenando il successivo putiferio che finì con lei a cavalcioni su di me. Niente di meglio.
«Dico solo che ogni volta è sempre meglio con te!»«Salvata in corner!»
«Io come son andata? L'aria europea mi dona a letto?»
Oh oh. La ragazza faceva pure la spiritosa ora. 
«Non particolarmente.» sbuffai ricevendo un altra cuscinata in risposta. Quell'idiota!
«Scherzavo! Sei fantastica, come sempre.»«Mmm...»«Cosa? Non mi credi?»
Mi lanciai in avanti sino a baciarla prima di riessere messa al mio posto.
«Potresti farmi qualche complimento in più eh...»
Risi. Senza potermi controllare mentre afferrandola per i fianchi ribaltavo le posizioni.
Voleva dei compliementi? Quelle ore non erano sufficienti? Incredibile.
«E cosa mai potrei dirti?» mi domandai retoricamente portandomi un dito alla bocca e roteando gli occhi verso il soffitto «Che sei la donna più bella che io abbia mai visto? Che sei l'unica donna che è stata in grado di conquistare il mio amore? Che nei tuoi occhi mi ci perderei per sempre o che resterei ore ad osservarti mentre dormi solo per poter cogliere ogni tuo piccolo particolare?» vidi i suoi iridi brillare, un sorrisone comparire automaticamente sulle sue labbra. «O che ho la moglie migliore del mondo, bella, con un fisico da urlo, simpatica, dolce, tenera, premurosa, ottima donna di casa, incredibile sul lavoro tanto che me la portano via per settimane così come a letto. Una moglie di cui non mi stancherei mai nemmeno tra dieci anni, nemmeno tra venti...nemmeno...»
Non riuscì a completare la frase perché quella mia meravigliosa moglie mi si lanciò contro stringendomi il viso tra le mani e premendo le sue labbra sulle mie. DIOS. CHE MOGLIE!
Quando ci allontanammo nuovamente, ansimanti, impazienti di riprendere fiato si acoccolò al mio petto, come un cucciolo. 
«Ti amo. Ti amo Santana Lopez e giuro che non averti avuto tra le mie braccia per potertelo ripetere mi ha distrutto in queste settimane dunque...ti amo. ti amo ti amo.» continuava a ripetere lasciandomi baci umidi sulla pelle provocandomi dei brividi di piacere.
«Oh be ci son tante altre cose che dovresti dirmi no? Dobbiamo aggiornarci!»
Brittany ridacchio annuendo divertita, si sporse in avanti per controllare l'orologio in modo da stimare quanto tempo avessimo prima che la mocciosetta dovesse essere accompagnata a scuola e notando che comunque avevamo ancora un oretta buona si mise a sedere trascinando con se lenzuola e cuscini. «Da cosa vuoi che inizi?» chiese facendo spallucce.
«Mmm non so...potresti cominciare dalla tua nuova amica europea...»«La solita!»
Sbuffò lei spostandosi una ciocca dalla fronte «Laura è una persona incredibile, divertente, simpatica, solare e soprattutto fidanzata.»«Questo particolare mi piace più degli altri!»«Idiota.»
Scoppiammo a ridere tentando subito di fermarci, svegliare Sara prima del tempo sarebbe stato veramente controproducente. «Come ti ho raccontato l'ho incontrata durante una noiosissima riunione e da quel momento il viaggio si è fatto godibile. Insieme a Vivian, la sua ragazza, mi ha portata in giro per la città in posti favolosi che...oh San dobbiamo assolutamente andare a vederli insieme. Poi non abbiamo fatto altro che parlare di te!»
«Di me?»«Sì, era molto interessata al nostro grande passo.»«Il nostro matrimonio?»
Brittany sorrise «Già, Barcellona.»«Posto magico...»
«Voleva chiedere alla sua ragazza di sposarla ma era ancora impaurita dunque sentire e risentire di quello che abbiamo fatto e passato noi era tutto ciò che chiedeva.»
«Mi sta già più simpatica questa ragazza!» commentai cominciando veramente ad apprezzarla, dopotutto non era una minaccia e anche se mi ingelosivo di qualsiasi persona si avvicinasse troppo alla mia bionda da quel che sentivo mi semrbava innocua.
«La adoreresti San, è identica a te. Caratterialmente.»«Oh e fisicamente com'è?»
Sapevo che avrei ricevuto una cuscinata, ne ero certa ma nulla riuscì a trattenermi da quel commento malizioso che mandò subito Brittany su tutte le furie «DEFICIENTE.»
«Vieni qua...» sussurrai allora prendendola per la mano. Dovevo farmi perdonare con un bacio, ero già in astinenza delle sue labbra. CAVOLO. Avevo di nuovo mia moglie al mio fianco come poteva pensare che potessi resisterle a lungo?
«No, no ora stai al tuo posto!» mi rispose lei incrociando le braccia al petto e allontanandomi con il piede. QUELLA DONNA. Mi avrebbe fatta impazzire. «Ora è il mio turno per una domanda...»«Oh stiamo facendo qualche quiz di cui non sapevo nulla?»
Le strappai un sorriso così dicendo e il mio cuore fece le capriole, sempre che con vene e arterie connesse gli fosse permessa una simile rotazione cosa che sinceramente dubitavo.
«No ma tu mi hai fatto una domanda e ora tocca a me!»
La lascia fare annuendo in modo che capisse che poteva pure cominciare.
«Come son andati i colloqui?»
BUM. ECCOCI. La domanda da un milione di dollari era arrivata. DIOS.
«Vuoi la verità?» 
«San mi devo preoccupare?» chiese lei mettendosi subito in allertà, avevo scelto veramente male le parole. E poi non potevo venir meno ad una sorta di promessa!
«No no, con Sara nessun problema. Abbiamo un genio come figlia. Intendevo me...»
«Oh dai, che hai combinato ora?»«Potrei...e dico potrei...aver litigato con buona parte del comparto genitori odiosi della classe.»«SANTANA.» mi gridò dietro dandomi una cuscinata.
«Cosa? Avresti fatto la stessa cosa...»«IDIOTA. Non potevi trattenerti?»
«Britt seriamente dovevi vederli. Non hanno fatto altro che guardarci dall'alto in basso e vantarsi dei loro figli favolosi e...»«Avresti dovuto semplicemente dire che anche Sara lo era!» disse la bionda sbattendosi le mani sulle cosce. «Ed è quello che ho fatto...solo, non con le parole più politicamente corrette del mio vocabolario.»
Brittany mi guardò con quei suoi grandi occhioni blu.
«Le hai insultate vero?»
«Già.»
«Quindi non possiamo più farci vedere a scuola?»
«Praticamente. Potrei aver detto che Sara straccerà tutti i loro figli alla fine dell'anno in quanto a voti e penso che questo abbia inalzato un muro tra noi e loro.»
«Santanaaa...» mugolò lei lasciandosi ricadere in avanti, a pancia in giù e portandosi con se il cuscino. Era arrabbiata? Era delusa? Sicuramente era nuda e questo era un dettaglio che non riuscivo a togliermi dalla testa. Lentamente appoggiai la testa contro la sua schiena e cercai i suoi fianchi con le mani «Mi dispiace...»
«Non fa nulla.» soffiò lei senza distogliere lo sguardo dal muro «Se sei scattata ci sarà stata una buona ragione e in parte è anche colpa mia. Lasciarti così, da sola con Sara, tutto quello stress...avremmo dovuto dividercelo.»«Non lo dire nemmeno per scherzo!» protestai io costringendola a girarsi per poterla guardare negli occhi. Se c'era una persona incolpevole in quella storia era proprio Brittany, portata lontano da un viaggio di lavoro improrogabile.
«Tu dovevi andare, sei stata costretta a lasciarci a casa da sole e per quanto io sia cambiata sai bene che alle volte perdo comunque il controllo. Tu non hai alcuna colpa stupidina!»
Mi sporsi in avanti per baciarla sulle labbra suggellando così quel momento, nella speranza che durasse per sempre. Io e lei, poche lenzuola. Noi contro tutti. Era così che avevamo iniziato quel matrimonio ed era così che volevo continuasse. Nei minuti successivi parlammo di tutto quello che ci era capitato. Brittany si lamentò del lavoro, degli orari stressanti e delle riunioni noiose alla quale aveva dovuto assistere ma anche delle splendide nuove idee proposte e le incredibili persone che aveva incontrato. Io le raccontai invece di come ce l'eravamo cavata a casa io e Sara, omettendo le parti negative e mettendo in risalto quelle divertenti. Mi soffermai un po' sul lavoro, sul fatto che non avessi grande ispirazione ultimamente e di quanto mi avrebbe dovuto aiutare in cucina nei prossimi giorni.
Venimmo salvate dalla maniglia quando Sara si svegliò prima del previsto e ci trovò una avvolta tra le coperte e l'altra nascosta sotto il letto, nuda, che si nascondeva al meglio. 
Una normale mattinata, una mattinata di ritrovata normalità. Io e Sara non eravamo più costrette a fingere di piacerci dato che la cosa stava cominciando a diventare reale e ora che Brittany era di nuovo con noi, con i suoi occhioni, con la sua risata, con i suoi capelli dorati, con il suo viso, con la sua sola presenza ero sicura che tutto avrebbe funzionato per il meglio.

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Capitolo 17
*** Normal Life ***


E così si tornò alla normalità.
Brittany al suo lavoro in città, io al mio studio di registrazione, Sara a scuola.
Ci alternavamo per portarla, per strutturare le sue giornate e tentare di non lasciarla mai sola.
Che poi la mia bionda ignorasse alcune delle cose che erano successe tra me e la bambina quello era un piccolo dettaglio, un segreto tra me e lei che custodivamo gelosamente e sottolineavamo ogni volta che ci trovavamo da sole. Proprio come quella mattina, nella mia auto, correndo per riuscire a non mancare all'appello della prima ora.
«Possibile che tu debba sempre tardare tanto?»
«Ascoltami bambinetta ho i miei tempi di preparazione e dopo averti scaricata per strada dovrò fiondarmi in studio a lavorare eh.»«Si certo, come se fosse un lavoro...»
Amava punzecchiarmi a riguardo. Proprio lo adorava, DIOS.
«Vuoi litigare?»«No voglio solo arrivare a scuola in tempo!»
«Spero per seguire la lezione e non per correre agli ultimi banchi.»
«Siii» rispose subito lei scocciata guardando verso il finestrino «Ce la sto mettendo tutta per partecipare e far sentire un po' la mia voce.»«Ti hanno interrogata?» chiesi svoltando.
«Una volta e mi hanno fatto una marea di complimenti.»
Naturale. Era un piccolo genio!
Questo lo tenni per me, mi limitai a sorridere e darle una pacca sulla spalla in segno di approvazione prima di decellerare e iniziare il parcheggio. Avevo sempre una certa fortuna ultimamente. 
«E ti sei fatta qualche amichetta? Ora che stai parlando dico...»          
«Non esageriamo ora...un passo alla volta.»«SARAAAA. Devi farti amico qualcuno...»
«Ero la strana della classe sino a due settimane fa, lasciami tempo. Non è semplice.»
«Lo so, lo so ma devi aprirti. Devi comportarti come con noi, sii spontanea e naturale e vedrai che andrà tutto bene!»«Ci proverò.»
Sorrisi. Ero sicura che l'avrebbe fatto e non solo perché voleva farsi perdonare da me e tentare di impedire a Brittany di scoprire quel suo piccolo problema iniziale ma soprattutto perché finalmente stava rimettendo insieme i pezzi. Anche se odiavo ammetterlo alle volte i punti di somiglianza tra noi erano veramente tanti.
«Ti passo a prenderti alla solita ora.» le sussurrai slacciandole la cintura di sicurezza e vedendola sparire oltre lo sportello «Ah e dobbiamo fare un salto da Quinn poi eh.»
«Siamo a pranzo là?» chiese Sara allontanandosi senza distogliere lo sguardo
«No mangeremo un panino al volo, ciao. Buona lezione!»
«Buona pacchia...cioè lavoro anche a te!»
PUTA. Era proprio un idiota.
Eppure ora i suoi insulti e le sue frecciatine mi facevano sorridere e non più arrabbiare.
Una cosa veramente senza precedenti. Una cosa che Tim notò praticamente al volo.
Già, non avevo visto quel barbuto ometto sino a che Brittany non era tornata a casa e la nostra routine quotidiana mi era mancata da morire. Ero rimasta attualmente senza ingaggi, non avevo alcun lavoro urgente così semplicemente mi presentavo là mostrando i miei scarni lavori e osservavo i cantati sotto contratto in sala di registrazione.

«Dovresti recuperare questa fottuta ispirazione sai?»
«E tu dovresti proprio metterti a dieta.»
«STRONZA.» mi disse dandomi un colpo sulla schiena che per poco non mi fece soffocare.
Era sempre molto delicato, quanto un elefante. 
«Oh andiamo sai che non è colpa mia. Io son in attesa...»«Si, certo.»
Rispose spostando un fascicolo sopra uno scafale e tornando immediatamente al suo piccolo computer luminoso. «Sei fortunata che non hai nulla in ballo altrimenti sarebbe stata veramente dura! Vuoi che ti cerchi qualcosa?»
«No, tranquillo. Puoi passarmi anche le richieste dei gruppi minori come mi avevi detto qualche settimana fa, ho ancora dei vecchi testi da poter utilizzare.»
«Loro non hanno particolari richieste quindi non dovrebbe essere un problema. Potresti usare i volumi IIA e IIIA!»«Il IIIA mi piacerebbe conservarlo ancora...» dissi pensosa. Ci avevo lavorato veramente tanto a quei testi e avevo sviluppato una sorta di affetto. Avrei preferito una certa visibilità per quelle parole.
«Va bene, ai suoi ordini!»
«Invece parlami del mio nuovo collega. So che avete messo un ragazzo sotto contratto!»
«Giovane, affascinante, divertente. Insomma per nulla il tuo tipo! Scrive un genere molto diverso dal tuo e quindi ne ho approfittato per prenderlo sotto la mia protezione.»
«Devo preoccuparmi?» chiesi ridacchiando e girando sulla mia sedia.
«Na, due generi diversi. Però potreste ritrovarvi a lavorare insieme nei prossimi giorni.»
«Mmm?»
«Penso che potreste andare d'accordo...»
«Lo spero per lui!»
Tim si mise una mano sugli occhi. Si, ero incorreggibile ma oggettivamente quello era il mio territorio e stava là da prima di lui quindi se non ci fossimo trovati bene sarebbe stato lui a soffrirne. Come ogni persona che si metteva contro di me, chiaramente!
«Mi pento ancora del giorno in cui ti ho fatto firmare quelle carte.»
«Sai bene che non è vero!»
---                           
«RULLO DI TAMBURI...SIGNORI E SIGNORI SANTANA LOPEEEEZ!»
La voce calda di Matt accompagnò così il mio ingresso nella casa della bionda più stronza della terra, quasi mi stupì dell'assenza di coriandoli tanto parevano ingigantire la cosa. Non ci vedevamo da due settimane, Sara e Brittany mi avevano letteralmente assorbita, non capivo dove stava il problema. Dopotutto non era poi così tanto tempo. Ok. Forse lo era.
«Siete due deficienti!»
«E tu sei peggio di un fantasma ormai!» ribatte Quinn gettandomi le braccia al collo prima di dari un sonoro pugno alla spalla. DIOS. La odiavo quando faceva così, mi sarebbe sicuramente rimasto il livido. «Fatti abbracciare stupida latina!» sussurrò invece Matt prima di sollevarmi letteralmente da terra e darmi un bacio con schiocco sulla guancia. 
«Mi siete mancati anche voi ragazzi...Sara ti ricordi di questi due idioti vero?»
«Ehi non dire così alla bambina! Io sono Quinn, la migliore amica della tua mamma immigrata ricordi?» niente e nessuno mi impedì di darle un calcio allo stinco dopo quell'affermazione.
Immigrata? L'AVREI UCCISA. In ogni caso Sara annuì sorridente «Sisi, certo che mi ricordo. E tu sei Matt, quello con la bambina piccola.»
«Uo, hai una buona memoria bambina, è un piacere rivederti.» le disse stringendole le mano.
Piccola passi avanti. Molto piccoli. 
«Beth è in camera sua, sta facendo compiti ma son sicura che se vai a disturbarla non potrà che ringraziarti!»«Ha preso tutto dalla madre...»«E dal padre.» aggiunse la bionda invitando Sara a raggiungere sua figlia. Prima di andare la piccola latina si voltò verso di me, una sorta di domanda negli occhi che risposi annuendo e intimandola a far del suo meglio. Beth poteva essere una buona amicizia anche se più grande di lei di qualche anno e ormai sempre più dentro l'adolescenza. Ma dopotutto Sara aveva la mente di una ragazza di vent'anni, se non di più, dunque dubitavo avrebbe avuto grossi problemi.
«Finalmente sei tutta per noi!» esordì Quinn chiudendosi la porta alle spalle. Mi sentì quasi in trappola nonostante mi trovavo invece con i miei migliori amici. Amici che non rivedevo veramente da un eternità a giudicare dal loro aspetto. Matt aveva gli occhi cerchiati da due occhiaie violacee e si era lasciato crescere una barbetta che lo rendeva terribilmente sexy nonostante l'aria sciupata. Quinn invece non mi era mai sembrata tanto bella e radiosa, una cura a base di Puckerman doveva aver dato i suoi effetti.
«Siete assurdi...»
«Noi? Mi pare di ricordare fossi tu quella che è sparita da settimane.»
«Tempo in famiglia...» commentai quasi laconica
«San anche noi siamo la tua famiglia.»
Gli lasciai così per un po', ad aspettare una mia reazione, un mio semplice movimento o anche solo un espressione e poi mi lanciai su di loro, a rischio di ribaltare il divano.
«Mi siete mancati stronzetti! E mi dispiace tantissimo di avervi abbandonato per così tanto prometto che non risuccederà più ora che le cose vanno bene.»
«Vanno bene? AGGIORNAMENTO. ORA.» disse Quinn staccandosi dal mio abbraccio e fingendo di esserne quasi schifata. Sapevo che non era vero, sapevo che stava semplicemente facendo la troietta come suo solito.
«Aggiornamento veloce? Io e Sara abbiamo risolto i nostri problemi, stiamo lavorando ad una soluzione insieme, il lavoro è stabile ed è tornata Brittany!»
«E ti pareva che non si parlava di sesso...»
IDIOTI. I soliti idioti. Eccoli là i miei migliori amici a prendermi in giro come ai vecchi tempi.
«Fantastico. Stupendo. Eccitantissimo sesso coniugale.»
«Non voglio sapere altro. Giuro Santana tu sei l'eccezione che conferma la regola!»
«Ehi, anche io e Mandy non ce la caviamo male...» si lamentò Matt grattandosi dietro la nuca «Certo, non ai livelli dei due conigli del gruppo ma abbiamo pur sempre una bambina piccola!»«Giusto.» rimarcò Quinn come a dargli qualche merito «E anche io e Noah ci stiamo dando da fare a letto.»
«Ah si?» chiesi con un tono di voce che fece scoppiare a ridere anche Matt
«Ormai si ferma sempre più spesso a dormire da noi.»
«Dormire...» fece eco il mio migliore amico mentre mi guardava complice.
«Siete due deficienti!»
Adoravo stare con loro. Adoravo passare le ore a scherzare, ridere, prenderci in giro e parlare delle nostre vite liberamente. Gli amici servivano a questo, erano un supporto indispensabile, una fune alla quale aggrapparsi sempre durante la tempesta e da sistemare nei giorni di sole. Facemmo buio a parlare di quanto stava diventando grande la piccola di Matt e Mandy o di quanto stressante fosse non riuscire a dormire la notte per i suoi continui pianti. Quinn ci raccontò di come stava programmando la nuova vita con Noah, di come il matrimonio fosse nell'aria e di quanto fosse in ansia ora che Beth stava entrando nell'età più critica. Per quanto riguarda me, allietai la loro serata con i racconti di Sara.
«Scherzi? Hai seriamente risposto in quel modo?»
«Quella donna se l'è cercata!»«Mai mettersi contro Santana Lopez.» dissero in coro quei due deficienti ridendo come matti «Pierce Lopez.» precisai io per la centesima volta senza però smorzare il loro entusiasmo. «Tu comunque devi esserti bevuta il cervello. Ho odiato molti dei genitori della classe di Beth per tipo...anni senza mai dire una parola, lasciando che le occhiatacce facessero il tutto. Tu li vedi per la prima volta e fai già una scenata simile? Sei il Top San!»«E quando Brittany l'ha scoperto come ha reagito?»
«Oh sai Matt ha fatto i salti di gioia.»
Scoppiammo a ridere tutti insieme immaginandoci la scena. Veramente stupida.
«Sai quanto Britt tenga a queste cose...» cominciai io prendendo un altro di quei dolcetti che il diavolo di Quinn ci aveva posato sul tavolino. Erano un richiamo irresistibile. Forse non aveva mai veramente combinato nulla della sua vita ma in quando a sfornare bambini e dolci la mia amica era proprio la migliore.
«...si è arrabbiata, molto probabilmente. C'è rimasta male, cose così ma posso giurarvi che non ha tenuto il broncio a lungo.»«Tu risolvi tutto con il sesso però!» si lamentò la bionda
«Chi ha parlato di sesso?»«Neghi?» mi chiese invece Matt puntandomi i suoi meravigliosi occhi contro. Sapeva già la risposta, la sapevamo tutti ma comunque tentai di tirare la cosa per le lunghe e chiaramente...non durò.
«Ho pochi pregi e quello è il mio punto forte. Non dovrei sfruttarlo? Tu sei bello e lo fai come lavoro, io son brava a letto e quando possibile mi gioco sempre quella carta e Quinn...»
Lascia la frase all'aria cercando di ricordare qualcosa in cui fosse brava e allo stesso tempo impegnandomi per far durare l'attesa il più a lungo possibile. Sentivo già un suo colpo pronto a partire. «Quinn è brava a schiaffeggiare la gente!»«CRETINA.»       
Bum. Puntuale come sempre. Sulla stessa spalla.
Giuro che se avessi perso la mobilità al braccio sarei andata da lei a riscuotere le parcelle della riabilitazione. Se mi fossi controllata probabilmente avrei trovato qualcosa di rotto.
«Mamma hai detto qualcosa?» sbucò ad un tratto dal nulla Beth.
I capelli erano sempre più lunghi e il suo viso...DIOS, era la coppia sputata di sua madre.
«No, dicevo alla tua zietta preferita!» mugugnò veloce la donna facendosi subito sorridente.
Era proprio vero che i figli facevano risplendere i loro genitori, certo li portavano pure al limite della sopportazione come era capitato a me ma dopotutto vivevamo per loro no?
Almeno gli altri, io ero ancora in una fase neutro.
«AHAHAH Che hai combinato zia San?»«Il solito Beth, il solito, è tua mamma il problema! Sara sta facendo da brava?» chiesi addolcendo il tono.
«Oh si, sai non me la ricordavo così simpatica! Mi ha perfino aiutata con i compiti...»
«BETH.» mi urlò in un orecchio quella deficiente di una bionda «Cosa?»
«Avresti dovuto fargli da sola!»
«Un aiutino non fa mai male.» rispose quella piccola canaglia con un sorrisone e correndo subito via nella sua camera. Dunque Sara si stava comportanto bene...PERFETTO.
Beth poteva essere un valido aiuto nella sua ripresa, nel suo riinserimento in società.   
«Tua figlia ti somiglia sempre di più.» disse Matt sorridendo e mandando giù un sorso di una bevanda che non ricordavo avesse preso «Proprio come Sara è la copia sputata di San.»
«EHI.»
«Cosa? Fisicamente siete identiche. E a caratterino non so chi delle due sia messa meglio, in intelligenza invece penso ti batta.»«Non che ci voglia molto!» continuò Quinn prima di evitare il colpo che provai a sferrarle.
«Bah. Siete veramente pessimi. Ma su alcune cose avete ragione...solo su alcune. 
Poi sto puntando tutto su quella bambina ormai!»
«Oh oh oh. Abbiamo una mammina fiera.» 
Matt mi sorrise mentre ridacchiava tutto soddisfatto. Ero nel club dei genitori fighi, stavo veramente entrando tra loro e questa consapevolezza mi distruggeva quanto quasi quella di cominciare ad affezionarmi a Sara.
«Diciamo che per lo meno ho perso il desiderio di strozzarla nel sonno.»
«La solita...» Quinn mi scompigliò i capelli «Invece. Parliamo di cose serie...VACANZE.»
«GIUSTO.» Esclamò Matt come risvegliandosi da un lungo sonno «Si era parlato dell'Australia o ricordo male?» QUEL VIAGGIO. Come avevo potuto dimenticare? Ne avevamo discusso per mesi. Due settimane insieme a canguri, koala, squali e tanto caldo tra spiagge e onde per una vacanza molto familiare. Tre famiglie unite da un unico viaggio, sarebbe stato da paura.
«Dobbiamo aggiungere Sara, far coincidere tutti gli impegni vari e...che ne dite di Maggio?»                                             
«Io veramente ne dovrei parlare ancora con Britt...pensavo fossero i deliri di tre ubriachi.»
«Scherzi? Mandy mi chiede di continuo di questa storia!»«A Noah l'ho solo accennato.»
Cioè io ero l'unica deificiente che non aveva detto nulla? DIOS.
«Di quanti soldi parliamo?» chiesi cominciando a farmi dei calcoli. A Maggio non mancava poi molto trovandoci noi ormai a inizio Marzo per cui non sapevo come avrebbe reagito la mia biondina, soprattutto per il fatto che Sara era con noi da veramente poco. Forse avrebbe temuto che questo viaggio avrebbe potuto destabilizzarla.
«Niente che tu non possa permetterti! Ho un amico che lavora in agenzia che potrebbe trovarci dei pacchetti da urlo e poi da quand'è che non ci prendiamo una vacanza così?»
«Parigi...e le Hawaii»«Io Miami con Noah e Beth.»
Matt sorrise, lui aveva molti altri viaggi da nominare ma poiché era anche parte del suo lavoro non perse tempo ad elencarli. «Ce lo meritiamo eccome!»
«Io propongo di riparlarne davanti ad un bel bicchiere d'alcool, solo noi tre, una bella seratina tranquilla.»«No, no ehi Kurt mi chiede un uscita così da secoli non possiamo farla senza invitarlo!» protestai subito ricordando di quanto porcellana mi ansiasse con le sue email e i suoi messaggi. Non ci vedevamo da tipo...mesi.
«Vuole vedere la bambina?»«Affermativo!»
«Io qualche tempo fa ho visto Rachel e mi ha parlato di una possibile rimpatriata ma poi...non ho più saputo nulla.»«Non sarebbe male rivederli tutti!»
Matt aveva ragione. Mancavano, e veramente tanto. Chissà che stavano combinando quei pazzi e chissà quando li avremmo rivisti!         
«Potremmo organizzare non credi?» chiesi appigliandomi al mio migliore amico, cercando conforto in quelle forti braccia che mi mancavano così tanto. 
«Ci penso io. GIURO!» affermò Quinn portandosi la mano al petto.
«Per quanto riguarda una serata da soli invece...io propongo dopodomani. Solito posto.
Soliti deficienti.» Matt non era cambiato di una virgola. «Ho bisogno di una pausa dalla bambina, ve ne prego...»
«Ti sei già stancato del tuo prezioso diamante?» lo canzonai io ripetendo il nome con la quale quell'idiota era solito chiamare il suo fagottino. Era da tanto che non rivedevo quella bambina dai ciuffi rossastri e anche Mandy a dir la verità, avrei assolutamente dovuto rimediare.
«No. Solo che una pausa da pianti e notti insonni non mi farebbe male. Tu hai saltato tutta quella parte San non immagini neanche quanto possa essere dura!»«CONCORDO.» aggiunse subito Quinn. Ricordavo ancora le occhiaie che le rigavano il viso i primi anni con Beth e quando si addormentava su praticamente qualsiasi superficie solida. Era un vero spasso per me, forse un po' meno per la biondina. «Io son stata "diversamente" fortunata.»
Scoppiammo tutti a ridere. Ancora. Come sempre.
Passammo un altra ora a parlare del più e del meno, organizzare serate improbabili e discutere delle nostre vite poi trascinando con la forza Sara in macchina tornammo a casa dove sapevo Brittany ci avrebbe preparato qualcosa di buono per cena. Non avevo visto la mia biondina preferita in tutto il giorno e sentivo terribilmente la mancanza della sua pelle chiara, delle sue labbra sottili e dei suoi occhi azzurri e profondi. 

«Non trovavate più la strada di casa?» ci chiede vedendoci tornare totalmente sconvolte.
Mi avvicinai lasciandole un tenero bacio sulla guancia che lei si godette chiudendo gli occhi e sfiorandomi il fianco con la mano libera. L'altra era impegnata a versare quella zuppa giallognola nei nostri piatti, pessimo aspetto ma ottimo odore.
«Vi stavo aspettando...» sussurrò aiutandomi a togliere il cappotto.
«Corri a lavarti le mani che si cena.» intimai invece io alla piccola latina che subito si lanciò sulle scale per poter poi mettere sotto i denti qualcosa. Inutile dire che sfruttai quegli attimi di pace per poter salutare mia moglie in modo più...consono.
«Com'è andata oggi?» soffiò sulle mie labbra lentamente.
«Non male, a letto ti racconterò. Tu?» continuai baciandola ancora senza però approfondire il contatto ulteriormente per paura che Sara saltasse fuori dal nulla come suo solito.
«Stancante. Anche se ora son decisamente più felice.» mi sussurrò all'orecchio scendendo con le mani oltre la mia schiena e facendomi rabbrividire. Non poteva dire quelle cose prima di cena.
Non poteva stuzzicarmi così quando nostra figlia stava per riapparire nella stanza.
Mi stupì immediatamente di quel pensiero. Nostra figlia. UAO. La cosa ormai stava diventando ufficiale addirittura per il mio cervello. Aveva quasi dell'incredibile.
«Pronta!» gracchiò la bambina fiondandosi sulla sua sedia e letteralmente avventandosi sulla zuppa fumante che avrebbe avuto ancora pochi secondi prima di scomparire nel suo stomaco.
«Tutti a tavola allora!»
Brittany sorrise staccandosi da me ed andando a prendere posto.
In quel momento mi sembrò di aver dato vita alla famiglia perfetta.
Quei sorrisi, quelle risate, quella tranquillità. Ancora non sapevo cosa tutto ci avrebbe travolto nei mesi successivi, quante ne avremmo passate e quanto incredibile sarebbe stato ancora il nostro viaggio.                                                                            

Angolo dell'Autrice
Ecco un nuovo Capitolo. Avevo bisogno di far un attimo il punto della situazione e prepararmi per quello che arriverà ora per la coppia che amiamo. Questa famiglia reggerà? Io ho buone speranze.Grazie mille a tutti per le recensioni e per quanti son ritornati a leggere questa ff che non scrivevo veramente da troppo! 

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Capitolo 18
*** Waves ***


Il lavoro mi avrebbe presto ucciso. Ne ero convinta.
Non potevo continuare a barcamenarmi tra quelle cartacce, studiare i bilanci, controllare i cataloghi del nuovo anno e riuscire pure a stare in conferenza con i nostri soci europei.
ERA TROPPO. Ero sicura che sarei esplosa. Avrei preso lentamente fuoco a partire dalla mia coda dorata per bruciare completamente sino ai piedi e poi...BOOM. Di Brittany Pierce Lopez non sarebbe rimasto che un bel ricordo. 
Odiavo passare l'intera giornata in ufficio. Soprattutto a svolgere QUEI compiti.
Mi tenevano lontana dalla mia famiglia, dalla mia bambina, mi tenevano lontana da LEI.
Avevo dovuto lasciare Sanny ancora addormentata tanto mi toccava svegliarmi presto, ormai passavo sempre meno tempo con loro ed era tutta colpa di quel viaggio. O meglio...merito.
Avevamo incrementato le vendite, avrei a breve ricevuto un aumento considerevole nello stipendio e probabilmente per la prossima stagione ci saremmo ritrovate con dei disegnatori da urlo per la nuova collezione ma era veramente stressante. Mi ritrovavo catapultata lontano dalla mia realtà familiare, da un mondo che avevo cercato da tipo...SEMPRE.
Britt, stupida Britt. Avevo fatto così tante pressioni a San per costruire finalmente una nostra famiglia e poi mi ritrovavo a passare il tempo sommersa dalle carte. Tornavo stremata a casa quando ormai la giornata era passata e le mie due belle latine si piazzavano a guardare la televisione sul divano. 9 giorni su 10 io crollavo tra le loro braccia costringendo mia moglie a portarmi in braccio sino al nostro letto. Non che mi dispiacesse, solo che...quei turni extra mi stavano distruggendo lentamente. 
«Dai Britt, un ultimo sforzo!» mi gridò dall'uscio della porta una delle mie assistenti vedendomi con le mani tra i capelli e un espressione persa. «Ci provo Wendy.» sussurrai sofferente.
«Ancora due giorni e poi torneremo ai soliti orari. DAI!»
Alzò il pugno verso l'alto e poi continuò la sua camminata verso l'ufficio di un altra delle ragazze con in mano due bicchieri di caffè. ODDIO. Avrei veramente dato un rene per un caffè ma prima dovevo assolutamente finire il plico che stavo esaminando per portarlo a Sandy, l'unica in grado di salvarmi da quella situazione drammatica.
«Sandy ci sei?» ridacchiai premendo un pulsante dal telefono dell'ufficio ricevendo subito una risposta altrettanto disperata. «Più o meno. Tu?»
«Ho quasi finito questo suplizio. Posso passare poi?»«Sì. TI PREGO.»
Gridò afferrando stretta quella possibilità di svago e distrazione che l'avrebbe sicuramente aiutata a finire quella giornata decisamente fin troppo lunga.  
«Due minuti e arrivo!»
E furono veramente due minuti. Libertà. Gioia. Un volto amico in mezzo a tutti quei numeri, quelle curve di bilancio, quelle parole, quel...DIOS, pensai citando mia moglie.

«Giuro che se non finiamo subito con ste puttanate do fuoco all'ufficio!»
«SANDY!» le gridai accucciandomi sempre più sulla sedia che stava davanti alla sua ingombratissima scrivania. Le sue poltroncine erano sempre più comode delle mie, un ingiustizia per la quale San mi consigliava sempre di lamentarmi. Che deficiente!
«Britt son al limite della sopportazione...e così tu.» affermò guardandomi sbuffare chiudendo gli occhi per godermi ancora quella sensazione di pace che non sarebbe durata poi tanto.
«Già, ma almeno tu non ti stai perdendo le giornate della tua bambina.»
«Quello è vero ma non credere che George ci vada per il sottile. Litighiamo praticamente ogni giorno da quando son iniziati questi stupidi turni!»«Se ti può consolare anche Santana è abbastanza acida in questo periodo ma è colpa mia, non facciamo l'amore da almeno 5 giorni.»
«Nuovi record eh? Povera Santana, già me la vedo in crisi d'astinenza! Be pensa che io e G. non lo facciamo da ben due settimane!»
«Oddio...» esclamai seriamente colpita «Probabilmente tornerei ad essere una donna libera per un periodo di astinenza simile. Mi dispiace tanto!»
Sandy ridacchio quasi divertita scuotendo la testa.
«Tranquilla, stiamo insieme da quasi otto anni ormai è normale non darci più dentro come prima e non appena finiranno questi turni infernali mi farò perdonare. Non tutti abbiamo una Santana Lopez come compagna di vita!»
«Pierce Lopez.» rimarcai. Possibile che tutti si dimenticassero il nostro doppio cognome? 
Era veramente fastidioso. Io e San passavamo ore a ripeterlo a chiunque sbagliasse e in questa categoria rientravano perfino i nostri migliori amici. 
«Giusto. Giusto. A che punto sei?»
«Con i bilanci? Lasciamo perdere. Odio essere il pezzo grosso e dovermi occupare anche di queste cose! Era così semplice quando mi limitavo ai cataloghi...»
Sandy sbuffò probabilmente tornando indietro a quei giorni in cui ci divertivamo come pazze senza preoccuparci di tutti quei numeri che ora ci stavano lentamente uccidendo. 
«Perché non torni a casa prima? Ti copro io.»
«Grazie S. ma non mi sembrerebbe giusto. Anche tu hai qualcuno da cui tornare.»
«Ma non è certo una bambina! Immagino che San abbia bisogno di aiuto no?»
Sorrisi immaginandomela tirar fuori valanghe di panni dalla lavatrice che aveva imparato ad usare solo qualche mese prima o intenta a insultare il microonde e tutti i fornelli.
«Non se la cava poi tanto male.»
Sandy sgranò gli occhi facendomi letteralmente scoppiare in una risata liberatoria.
«Stiamo parlando della stessa donna? L'amore ti da alla testa!»
«Lei mi da alla testa!»
«Brittany ti prego. MIELE. Risparmiami.»
Si lanciò su di me ignorando le montagne di fogli che rotolavano giù dalla sua scrivania e prese a farmi il solletico. Cosa che io odiavo. E che lei sapeva bene. MALEDETTA.
«Basta...Basta...Sandy ti preg...MI ARRENDO.»
Nemmeno ci accorgemmo dell'uomko che si osservava sulla soglia della porta con quello sguardo deluso e allo stesso tempo divertito. Quando i nostri occhi incontrarono i suoi era ormai troppo tardi.
«Vi guadagnate da vivere così voi due? TORNATE A LAVORO.»
Alex non era mai così duro. E il tono tradì quella falsa autorità ma non ci lamentammo dopotutto stavamo veramente perdendo troppo tempo in chiacchiere. Ricomponendosi mi alzai per tornare al mio ufficio strascicando un debole "subito" che si perse tra le risatine sommesse di Sandy. Ancora qualche ora e sarei tornata a casa e giuro, GIURO che stavolta non sarei crollata sul divano come le sere precedenti.
---
Santana
Mi crollò tra le braccia come ogni notte. 
Tornava ogni sera così tardi che appena toccato divano, appena lasciata la testa adagiata sul mio petto non riusciva nemmeno a resistere alla pubblicità che si intervallava tra una parte e l'altraa del film che io e Sara avevamo scelto. Si stringeva a me, mi lasciava un umido bacio sul collo e poi la sentivo rilassarsi completamente e addormentarsi su di me.
«Dorme?» chiese Sara a bassa voce voltandosi verso di me. Io annuì debolmente tentando di fare più silenzio possibile e subito la vidi sparire oltre la cucina. Sapevo già cosa stava andando a prendere, ormai la tenevamo direttamente al primo piano tanto eravamo preparate a quell'evenienza. Quando riapparve con la copertina non riuscì ad impedirmi di sorridere. Vedere quella nanerottola che si preoccupava di non far prendere freddo alla sua mammina stanca mi costava ammetterlo ma era una scena spaventosamente dolce.
«Abbassa un po' il volume non vorrei che si svegliasse.» sussurrai scostandole un ciuffo dalla fronte. Era così bella quando dormiva. Così tranquilla. Così pacifica. L'avrei guardata per ore, avrei perso tutta la mia giornata a stare al suo fianco a guardarla dormire.
Sapevo che lei lo avrebbe odiato, che avrebbe preferito resistere alle braccia di Morfeo per poter passare del tempo con noi ma a me non dispiaceva. Ero al corrente del duro lavoro che stavano svolgendo, di quei turni terribili e di quanto fosse stanca una volta tornata a casa, era logico che la supportassi anche così. Anche se lei pensava che cominciassi ad innervosirmi. Dios, forse pensava addirittura che di questo passo l'avrei lasciata.
Non l'avrei fatto nemmeno sotto costrizione.
Restammo così almeno per un altra oretta, almeno sino alla fine del film e al momento in cui Sara si fiondò in camera sua per dormire. Quella bambina riposava troppo poco per la sua età ma sapevo che sarebbe comunque rimasta sveglia, da sola, forse a leggere qualcosa per cui preferivo passare più tempo con lei piuttosto che svitarle la lampadina per costringerla a dormire prima. Come ogni sera portai Brittany in camera prendendola tra le braccia in un gesto che mi ricordava sempre la prima volta che eravamo passate per la porta di casa. 
Non ero amante delle tradizioni, mai stata, ma mi era piaciuto molto.
La posai delicatamente a letto o almeno ci provai dato che appena la sua testa sfiorò il cuscino vidi uno dei suoi bellissimi occhi blu aprirsi lentamente. Mugolò qualcosa che non compresi con la bocca impastata e quando finalmente mise a fuoco qualcosa riuscì anche a trovare la voce perduta.
«Che...che ore sono?» sorrisi guardandola stroppicciarsi gli occhi come una piccola bambina, proprio come Sara aveva fatto qualche ora prima quando della polvere le era finita in faccia.
«Mezzanotte...» sussurrai. 
«Oh no. Mi son addormentata di nuovo?»
Si lamentò, arrabbiandosi con se stessa mentre constatava di essere ancora vestita.
Io mi cambiavo lentamente senza distogliere gli occhi da lei, ancora confusa e rintontita dall'oretta di sonno che aveva assaporato.
«Amore tranquilla...» sussurrai ancora avvicinandomi finalmente e andandole a stampare un bacio sulla guancia. «Sei stanca, hai bisogno di dormire.»
«Mi sto perdendo tutto!» si lamentò mettendosi a sedere e incrociando le braccia al petto.
Era sinceramente dispiaciuta e la cosa mi faceva veramente sorridere. Lei notò quel mio compiaccimento e tentò di ribellarsi quando mi misi a cavalcioni su di lei, gentilmente.
Le presi il viso tra le mani e anche se avrei voluto baciarla con passione e farla mia, ora, in quel momento, con ancora quell'espressione da cucciolo bastonato, mi limitai a posare le labbra sulle sue dolcemente. Restammo così per quelle che mi parvero ore poi quando mi allontanai e le cinsi il collo con le braccia vidi finalmente gli angoli della sua bocca rivolgersi verso l'alto mentre avvertivo le sue mani sui miei fianchi.
«Ti stai rammollendo. Un tempo  se una ragazza ti avrebbe lasciata così tanto sola l'avresti lasciata dopo una manciata di giorni.» 
«Vero. Ma sai le cose son cambiate...» mormorai ridacchiando.
«Ah si? In che modo?»
«Sai mi son ritrovata in una cosina chiamata...matrimonio. 
Com'è che dicevano le promesse? In salute e malattia.» dissi imitando il vocione di qualche improbabile prete visto in tv i giorni precedenti. Brittany ridacchiò a sua volta unendosi alla recita.
«In ricchezza e in povertà!»«Meglio in ricchezza però!»
«Nella buona e nella cattiva sorte...» continuò la mia bionda facendosi più vicina e permettendomi di finire quella frase sulle sue labbra «Finché morte non ci separi.»
Ci baciammo. Un vero bacio. Uno di quelli che ti assorbono completamente.
Lasciai vagare le mani sulla sua schiena in estati, ammaliata da NOI.
«...che speriamo arrivi il più tardi possibile...» ansimò Britt spostandosi sul mio collo.
I brividi che mi percorsero il corpo furono veloci e quasi mi paralizzarono ma riuscì comunque a metterle una mano tra i capelli. «Molto, molto, mooolto tardi.»
Sussurrai roca. Ancora qualche bacio umido sino alla scapola e poi si fermò, tornano con i suoi occhi chiari sui miei. 
«Prometto che mi farò perdonare.»
«Ma finiscila! Non hai nulla di che scusarti, lavori e porti a casa i soldi come tutti e poi io ho sempre avuto molto più tempo libero di te!»
«Ma mai così tanto.» si lamentò lei lasciandomi un altro bacio vicino al labbro inferiore.
«Oh andiamo. Ancora qualche giorno e poi ti riavrò tutta per me.»
«E per Sara!»
Solo quando la nominò capì la vera preoccupazione di Brittany. Le catturai di nuovo le labbra in un bacio che la fece mugolare di piacere prima di staccarmi e rotolare al suo fianco.
«Sara non è arrabbiata con te così come non lo sono io. Abbiamo voluto un figlio e non credere che mi dia fastidio il fatto che in questo periodo tu non sia presente.»
«Ma dovrebbe. E lei mi vede così poco...»«Lei ti adora. Ti mette ogni notte la coperta per assicurarsi che tu non prenda freddo Britt. Sara è una bambina sveglia, capisce perfettamente per quale ragione tu stia facendo tardi e sia sempre così stanca.»
«Mmmmm...»«A meno che tu non stia nascondendo qualcosa anche a me...»
Lanciai quella frecciatine per farla sorridere ancora, questa volta maliziosamente. Naso contro naso mi sporsi di poco in avanti per baciarla una volta, poi due, poi tre. 
«Non ne avrei proprio il tempo.»«EHI! Vuoi dirmi che se ne avessi mi tradiresti così?»            
 Brittany scoppiò a ridere vedendomi fare la finta offesa, sapeva bene che stavamo giocando al nostro solito gioco. «Oh be non con la prima che passa. Magari con una rossa...»
«Una rossa? Da quando abbiamo queste passioni? Mi devo preoccupare?»
«IDIOTA.» disse dandomi un pugno alla spalla. Ma non feci in tempo a gridare per il dolore, o almeno a fingerlo che la sua bocca me lo impedì. DIOS quanto la amavo!
«Sai bene che sei l'unica donna che voglio.»
«Idem» sussurrai al suo orecchio ricevendo però in cambio un altro colpo, questa volta al petto. «AHI. E ora perché?»«Non si risponde idem ad una frase così!»
«Ti faccio vedere io come si risponde!»
E glielo feci vedere. Oh se glielo feci vedere. La portai via dalle braccia di Morfeo per alcune ore prima di permetterle di dormire con quel sorriso soddisfatto sulle labbra gonfie. Non mi sarei mai stancata di quella donna. MAI. Quando si addormentò rimasi ad osservarla per una decina di minuti prima di crollare a mia volta e di sognare la persona che stava al mio fianco.

«Ehi.»
Il suo respiro profumato e la sua voce mi riportarono alla realtà. 
Addio Europa, addio splendido hotel. Aprì gli occhi ritrovandomi davanti la mia bionda preferita vestita di tutto punto. Era elegante, professionale e dannatamente sexy.
«Ehi.» momorai roca stiracchiandomi.
«Sto andando a lavoro, volevo solo salutarti.»
«Ed è così che mi saluti?» chiesi tirandola per la camicetta e dandole un lungo bacio.
Si era messa pure il lucidalabbra che mi piaceva tanto. Se non fosse stata già pronta per andare a lavoro l'avrei costretta a letto ancora per un po'. 
«La tua giornata che prevede?» mi chiese allontanandosi e finendo di riempire la sua cartelletta da lavoro. La notte prima non ne aveva avuto il tempo. Feci mente locale, che cazzo dovevo fare quella mattina? Odiavo non ricordare.
«Accompagno Sara poi devo passare a lavoro e...OH GIUSTO. Oggi conosco il mio nuovo collega!»«Ah si? Quello di cui mi hai parlato qualche sera fa?»
«Esatto. Tim non fa altro che parlarne dunque son proprio curiosa...e poi...riprendo Sara.»
Tentai di collegare i miei pensieri. Che altro dovevo fare?
«Ah e ci son Quinn e Beth a cena da noi! Ci sarai?»
«Mi pare me lo avessi accennato ma non so se farò a tempo. Mi lasciate qualcosa?» chiese chinandosi per darmi un bacio sulla fronte. «Certo.»
«A dopo amore.» sussurrò dolce aprendo la porta. «Falli secchi tigre!» ridacchiai io tirandomi su le lenzuola per coprirmi istintivamente anche se mia moglie mi aveva vista nuda un numero di volte che era impossibile da contare. «Ti amo.»
Il suo "Anch'io" rimbombò giù per le scale e finchè non sentì la porta di casa chiudersi dietro le sue spalle rimasi sull'attenti. Poi mi limitai a lasciarmi cadere sul letto e a pensare all'inesistente voglia di uscire che avevo quel giorno. DIOS, sarebbe stata dura!

 

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Capitolo 19
*** Surprise ***



Trovata l'energia per sgusciare fuori dal mio letto caldo ero riuscita finalmente a mettermi in strada. Lasciata quella pulce di Sara alla sua scuola avevo imboccato il solito svincolo, scorciatoia per gli studi, presa ad una velocità esagerata. Ero costantemente in ritardo.
E quel giorno non avrei dovuto esserlo.
«Ma dove diavolo ti eri cacciata? Cazzo San, 15 minuti.»
«16 minuti e 34 secondi se vuoi essere preciso Tim...» dissi fingendo di guardare l'orario che avevo controllato poco prima e lasciandoli un bacio sulla sua fronte stempiata. Lui tentò di allontanarmi ma non lo fece con troppa convinzione, sapevo che non era davvero arrabbiato ma doveva comunque farsi sentire. Soprattutto dato che non eravamo soli. La figura che intravedevo oltre il vetro del suo ufficio mi fece capire subito che avrei a breve conosciuto il mio nuovo collega. Come presentarsi? Semplice. Come sempre.
«Farai da brava?» mi chiese tirandomi per la mano mentre già mi allungavo verso la maniglia.
«Certo!» mentì ridacchiando ricevendo in cambio un occhiataccia.
Sapevo che mi avrebbe in ogni caso controllata, in un modo o nell'altro se avessi esagerato Tim mi avrebbe fermata con il suo chiaro e diplomatico modo che lasciava sempre...
«FINALMENTE. La famosa Santana arriva sempre in ritardo a lavoro?»
Quella voce profonda impattò su di me non appena entrai nella stanza. Il giovane dalla quale erano state proferite quelle parole si era alzato al solo sentire il rumore della serratura e stava in piedi davanti a me. Dall'alto dei suoi dieci o quindici centimetri in più. Ad osservarmi dall'alto in basso, non che potesse fare altrimenti sia chiaro. Aveva dei biondi capelli che ricadevano sul viso nascondendo parzialmente i suoi occhi verdi o comunque chiari e una barbetta curata che delineava il suo viso abbronzato. Indossava un giacca nera non troppo elegante dalla quale si scorgeva una semplice maglietta bianca e da cui partivano due lunghe gambe rivestite da dei jeans non troppo aderenti ne eccessivamente nuovi. All stars ai piedi.
Era veramente...particolare ma era sinceramente un gran bel ragazzo, oltre che paurosamente ben piazzato per quanto magro apparisse. 
«Quasi sempre...è un problema?» dissi schietta allungando la mano 
«Assolutamente. Diamine, io son un tipo puntuale, ci completeremo!»
«Mm...ne dubito.» il piede di Tim sul mio mi fecero subito capire che avrei dovuto piantarla. Così optai per una comoda sistemazione su una delle due poltrone dell'ufficio lasciando a lui l'onore di finire le presentazioni.
«Ti avevo già parlato di Santana vero ragazzo mio? Soddisfatto?»
«Se la lasciassi parlare di più probabilmente...»
OH. Il ragazzo già mi piaceva. Aveva sicuramente visto la manovra di Tim ma nonostante la sua risposta sfacciata l'uomo scoppiò a ridere. «Voi due me ne farete passare delle belle!»
«Peter.» disse il ragazzo prendendo la mano che prima avevo allungato verso di lui.
«Mi chiamo Peter. Gran bel nome eh?»
Modestissimo. 
«Mai impazzita per i nomi da reali.»«Da reali?»
«Oh be chiamerei un lord Peter. Un principe. Un re. Non un ragazzo comune.»
«Infatti io non son un ragazzo comune.»
Lo sguardo che mi lanciò mi lasciò per un attimo senza risposta. E mi maledì per questo.
Tim dalla sua parte se la ridacchiava mentre noi due ci comportavamo come due animali messi per la prima volta uno davanti all'altro. Si osservavano, si studiavano. Si scoprivano.
«Ah no?»
«No. Ho ottenuto un contratto qua dentro. Qualcosa di speciale dovrò pur averlo no?»
«Anche io ho ottenuto subito un contratto qua!» rimarcai divertita ricordando quel giorno.
«Mai detto che tu fossi una persona comune.»
Oh. Giocava veramente bene le sue carte.
«Ho ventitre anni. Lavoro come cameriere part-time. Squadra di pallanuoto.»
«Non ti dirò la mia età. Lavoro solo qua. Niente sport.»
«Niente sport? Sai che aiuta a rassodare il corpo?»
«E pensi che ne abbia anche bisogno?»
Peter rise. Quella mia domanda lo fece ridere sinceramente. Sembrava divertirsi da matti.
«Non ti riterrai perfetta spero. Perché non lo sei!»
«E lo saresi tu?»
«Se avessi conosciuto le mie ex ragazze probabilmente non me lo chiederesti nemmeno.
Son tutto fuorché perfetto. Cosa che immagino ci accomuni!»
«Ma davvero?»
Il ragazzo sorrise. Maliziosamente. Si passò una mano sulla fronte per spostarsi quei capelli eccessivamente biondi e tornò a fissarmi impaziente di vedere la mia reazione.
«Già.»
«Hai famiglia?» mi chiese poi dal nulla. Probabilmente aveva intuito che ero più grande di lui di qualche anno «Sì.» risposi io mettendo in bella mostra la vede, strano che non se ne fosse accorto. Peter sorrise, ancora di più se possibile. 
«Tuo marito dev'essere un uomo fortunato e molto sfortunato allo stesso tempo.»
«Prima di tutto...moglie. Secondo...per quale ragione?»
«Moglie?» il ragazzo mi fissò senza nascondere la sua sorpresa, evidentemente Tim non gli aveva anticipato proprio nulla. Quello scontro/incontro era puramente dovuto alle nostre teste calde. «Uao. Non me l'aspettavo!»
«Ti da fastidio la cosa?» chiesi mettendo subito in chiaro che non me ne sarebbe importato poi tanto della sua risposta. Ma lui si limitò a scuotere la testa e a riprendere quel sorrisone.
«Na. Mio fratello è gay ed è una delle persone migliori che io conosca. L'orientamente sessuale non definisce una persona.»
Bel discorso ragazzino. Stava continuando a prendere lentamente punti.
«Ma cosa intendevi per la storia fortuna e sfortuna?»
«Oh be non dev'essere facile tenerti testa ma sicuramente deve essere divertente averti intorno. In giro per casa!»
«Hai riassunto la mia vita.» commentai laconica quasi sorpresa da quanta facilità avesse quel ragazzino ad inquadrarmi, orientamento sessuale escluso.
Ci guardammo per un tempo che parve infinito senza dire nulla, lasciando che i nostri occhi si specchiassero in silenzio. Esploravamo il nostro "avversario" o forse "compagno" in pace sino a che Tim non tossicchiò per richiamare l'attenzione.
«Il round uno è andato?» ci chiese probabilmente avanzando la proposta di poter parlare anche a lui a quell'incontro, cosa che fino a quel momento gli era stata quasi proibita.
Annuimmo impercettibilmente, quasi trattenendo una risata. Eravamo stati convocati là dal nostro cosidetto principale e non ci eravamo stati un attimo zitti. Tipico di me, ma non pensavo anche di qualcun altro.
«Bene. Perché in fin dei conti son io a gestire la situazione qua no?»
«Credici...» mormorai a bassa voce scatenando una risata che Peter faticò a trattenere.
«Ora che vi siete conosciuti possiamo passare alla fase lavorativa? GRAZIE.
Allora come ti ho accennato qualche giorno fa ora che seguirò sia te che Peter come punte di diamante della casa discografica dovremo riorganizzare il tutto. I miei colleghi mi hanno intimato a dar un senso ai vostri orari lavorativi e così ho fatto dopo essermi consultato accuratamente con alcuni dei nostri. Dunque ho preparato per voi i vostri "turni" se così possiamo chiamarli. Saranno i giorni in cui dovrete obbligatoriamente presentarvi a lavoro.»
Ci passò dei fogliettini freschi di stampa. Si faceva sul serio eh? Probabilmente l'incremento delle vendite e degli incassi dell'ultimo periodo oltre che l'ingradimento a cui si stava andando incontro avevano pesato su questi nuovi cambiamenti che avrei comunque accettato mio malgrado. Lavoravo veramente poco e venivo pagata bene non mi sarebbe dispiaciuto aggiungere qualche altra ora lavorativa al mio orario.
«Son tre giorni fissi. Uno a scelta. Il monte di ore è segnato alla fine e dovrete coprirle tutte. A seconda del giorno lavorerete in studio con i cantanti, o in sala da soli o verrete nel mio ufficio a discutere di futuri incarichi, problematiche, particolarità e via dicendo. Ora due volte al mese dovrete consegnare qualche nuovo lavoro random, voglio dire qualcosa che non vi venga commissionato e noi tenteremo di procurarvi almeno quattro ingaggi. A mese dico.»    
Era buono come programma. Considerato quante persone lavoravano in quel posto non sarebbe stato difficile trovare degli incarichi, la bravura di Tim doveva stare nel trovare quelli giusti, quelli in grado di dare la visibilità che avevo con il tempo ottenuto.
«Come potete vedere ci son giorni in cui starete soli e giorni in cui lavorerete insieme dunque preferirei che non vi faceste la guerra a vicenda. Lavorerete entrambi e guadagnerete entrambi, chiaramente Peter il compenso di Santana resterà inizialmente più alto del tuo essendo il suo nome ben più conosciuto.»
«Chiaro.» si limitò a dire serio.
«Avete qualche domanda?»
Feci un attimo mente locale. L'orario non era eccessivamente pesante, c'erano delle novità e qualcosa che non mi faceva impazzire ma me lo sarei fatto andare bene. L'organizzazione con Brittany sarebbe stata necessaria ora che Sara era con noi e...Fu in quel momento che quel pensiero mi sfiorò il cervello. E alzai la mano d'istinto.
«Santana...»
«Sarebbe possibile qualche volta portare Sara qua in studio?»
Sarebbe stato molto più semplice averla sempre con me in caso Brittany non sarebbe potuta stare a casa e dopotutto lo preferivo a mandarla da Quinn o Matt in ogni caso. Tim ci pensò per un attimo ma poi si sciolse in un assenso.
«Nessun problema. Senza eccessi ovviamente.»
Logico, pensai. 
«Oltre questo nulla?»
Niente. Andammo allora con Tim allo studio dove continuò a parlarci di come le cose sarebbero cambiate mostrando al nuovo arrivato dove trovare tutto ciò che poteva servigli e mostrandogli a chi rivolgersi in caso di bisogno. Il tour si concluse a metà mattinata lasciandoci la possibilità di prendere una boccata d'aria subito intossicata dal maledetto fumo di sigaretta che Peter pareva aver voglia di spargere all'aria. Fumava pure eh? Questo non lo aiutava affatto. Non che non avessi fumato anzi, una sigaretta ogni tanto non me la facevo mancare ma non era un mio vizio era più...uno sfogo, cosa che invece non sembrava essere quello del giovane che prima di trovare il pacchetto giusto ne aveva tirati via almeno un paio vuoti dalla cartelletta scura che aveva con se. 
Alla fine riuscì comunque a ritagliarmi un attimo di pace per mettere al proprio posto alcuni testi nuovi che avevo buttato giù in quei giorni e ricontrollare delle vecchie cose. Mi ero ripromessa di farlo prima di ricominciare dopo i grandi cambiamenti e così avevo fatto. Incredibile, ero in corsa per una medaglia!
Purtroppo però non scampai alle grinfie di Tim che dopo aver insultato un gruppetto di ragazzini in sala registrazione tornò a chiedere la mia presenza al suo fianco. Due minuti e si congedò così, senza grosse spiegazioni, lasciandoci del tempo per conoscerci meglio, o almeno così ci disse prima di fuggire nuovamente in sala di registrazione. Per contro fu Peter a parlare per primo e a proporre un salto al take away che stava a qualche isolato da là e io, incredibilmente, accettai senza problemi. Amico o nemico che fosse avrei dovuto comunque approfondire la questione, soprattutto considerando il fatto che non avevo mai avuto un collega prima.

«E così hai una figlia eh? Uao.» disse Peter prima di dar un altro morso a quell'immenso panino che si era ordinato. Probabilmente gli avevano messo qualsiasi ingrediente presente nella loro cucina a giudicare dall'altezza, il ripieno e il colore. DIOS, chi si mangiava una roba simile? Ingrassavo solo a guardarlo.
«Non è tutto rose e fiori come pensi sia chiaro, però da soddisfazioni.»
«Ho una collega seria. Incredibile.»
Non riuscì a capire se fosse una battutina o meno ma gli diedi comunque un pugno alla spalla, uno di quelli che Britt mi rifilava sempre a letto dopo un commento troppo malizioso.
«Ehi. Che c'è? Son felice di aver con me una persona seria tutto qua.»
«E tu cosa saresti? Un teppista?» ridacchiai mandando giù un sorso di acqua fresca tra un boccone e l'altro. «Teppista no...» rispose velocemente.
«Son un eterno adolescente!»
Scossi la testa confusa. E probabilmente i miei occhi urlarono quel "in che senso?" che pensai immediatamente dato che lui mi scoppiò a ridere in faccia.
«Sai...sesso droga e rock n roll? Diciamo che son uno che ama divertirsi!»
«Ti droghi?»
«No deficiente. Era per dire...»
«Deficiente lo dici a tua sorella!» risposi immediatamente imitando quel gesto che la mia amica Mercedes amava tanto propinare a chiunque le mettesse i bastoni fra le ruote. Mercedes, mi mancava da morire quella pazza. Chissà che stava combinando ora? Avrei dovuto assolutamente ricordare a Quinn dell'impegno preso, la rimpatriata si doveva fare.
«Fanculo!» rispose di getto facendomi scoppiare a ridere nonostante avrei dovuto continuare quel gioco di insulti «Comunque intendevo nel senso che per la mia età non son propriamente una persona realizzata. Anzi...questo è il primo lavoro serio che mi trovo.»
Sorrisi di rimando a quel suo pensiero ad alta voce.
Aveva una compagna in questo. Prima di allora avevo solamente vivacchiato, nemmeno avevo idea di che significavano stipendi regolari, ferie pagate e ore di lavoro.
«Vivi con la mamma?» chiesi ridacchiando.
«No vivo con la sorella che mi hai appena insultato. Anche se ora lei è partita per qualche mese quindi direi che son solo!»
«Interessante!» 
«Oh e piantala. Passeremo insieme ore e ore della nostra vita e preferirei avere un dialogo con te considerato che tanto non ti porterò mai a letto...»
«EHI!»
«Andiamo. Non solo sei sposata, sei addirittura gay. Sei il tipo di persona che potrebbe essermi veramente amica.»«E tu sei veramente pessimo. Vuoi dirmi che qualsiasi ragazza cade ai tuoi piedi così?» 
Peter fece finta di pensarci prima di rispondere malizioso.
«Normalmente sì. Ed è per questo che non ho amiche femmine!»
«Che idiota!»
Già. Eppure mi ricordava qualcuno. O meglio un vecchio qualcuno.
Un qualcuno che passava le sue sere a rimorchiare nei locali e che passava ogni notte con una ragazza diversa. Tempi oscuri quelli. Mentre ripensavo a quando anche io come lui ero nella mia fase ribelle l'occhio mi cadde sul quadrante dell'orologio.
CAZZO. SARA.
«DIOS. Devo andare! Mia figlia esce da scuola tra...DIOS ORA.»
Mi voltai verso di lui che si era alzato di scatto proprio come me.
«Ci conosceremo meglio prossimamente donnaiolo, devo fuggire. CIAAAAO.»
Gridai cominciando a correre verso la macchina, mi avrebbe uccisa se non fossi arrivata in orario a prenderla e probabilmente non ce l'avrei fatta.
«Alla prossima...collega.»
  
---
«Sei in ritardo!»
«E tu sei un odiosa precisina. Mettiti la cintura...» dissi controllando lo speccheitto retrovisore mentre quell'uragano si chiudeva la portiera a lato. Sempre a sputar sentenze, DIOS, ero in ritardo di due minuti. Non aveva certo dovuto aspettare ore e ore sotto il sole cocente o intrappolata nella neve. Dopo una decina di secondi di silenzio in cui mi accorsi che Sara non avrebbe parlato sino a quando non avrei fatto qualcosa per perdonare quella mia uscita infelice sbuffai lasciando andare tutte e due le mani sul volante.
«Scusa...tono sbagliato.»
«Naa tranquilla, se non fai la stronza almeno una volta al giorno la cosa diventa strana!»
«EHI.» dissi dandole un colpetto alla spalla «Non usare quella parola che se la sente Britt prima ammazza me e poi si concentra su di te.»
Sara sorrise guardandomi e immaginandosi la scena. Sapevamo entrambe che Brittany se la sarebbe presa solo con me ma era comunque una minaccia non da poco.
«Com'è andata a lavoro?» chiese cambiando discorso.
«Bene direi. Ho conosciuto il nuovo collega ed è per colpa sua che son arrivata in ritardo!»
Puntualizzai subito. Dopotutto era vero, e anche se avrei dovuto stare più attenta all'ora era molto più semplice scaricare su di lui la maggior parte della colpa.
«Carino?»
«Passabile.» 
«Vabbe che non sei affidabile...»
«Scusa?» chiesi voltandomi verso di lei ma tenendo sempre d'occhio la strada.
Sara ridacchiò ancora incrociando le braccia al petto.
«Beh sappiamo bene quali son i tuoi gusti.»
ODDIO. Se avessi potuto arrossire lo avrei fatto. Quella bambina non poteva parlami così, considerato che era mia...mia figlia. DIOS SARA.
«Ma piantala...» dissi smanacciando e tornando a concentrarmi sulla strada.
«AHAHAHAHAH ho ragione io! Quando me lo presenterai?»
Cambiare discorso tempo due secondi. Sara poteva dire di saperlo fare alla grande.
«A seconda di come la tua mamma bionda si organizza molto, molto presto.»
«Uh, verrò a lavoro con te?»
Quella bambina era veramente un genio. Era veramente intuitiva.
«Così pare...» soffiai mettendo la freccia a destra e imboccando finalmente la nostra via.
Avevo una voglia matta di sdraiarmi sul divano e aspettare mia moglie là. 
Certo, avrei dovuto pulire e stirare e probabilmente preparare anche la cena ma...Quinn mi aveva esulata da quel compito proponendo una serata a base di pizza. SANTA DONNA.
«Mostriciattolo invece...ascolta, com'è la casa secondo te?»
«Avrebbe bisogno di una pulita se è quello che chiedi. Tocca a noi?» chiese facendomi quegli occhioni che speravano di ricevere una risposta che invece avrei dovuto dare.
«Uccidimi ora Sara.» sbuffai cominciando la manovra di parcheggio.
Con la coda dell'occhio la vidi lasciarsi andare contro il sedile e imitarmi.
«Uccidimi tu...»
Non so perché, non so nemmeno come ma mi ritrovai a sorridere.
Avevo una casa da pulire, le faccende da fare, e mia moglie non era in casa ma io sorridevo.
Sorridevo perché mi rendevo conto di quanto fosse incredibile avere quella mostriciattolina al mio fianco. DIOS, mi stavo proprio ramollendo.                                                         
---
«Biondo? Occhi verdi? Dov'è che devo firmare per lavorare da te?»
Per poco non mi andò di traverso il vino quando Quinn fece quell'uscita, risi come un idiota intimando di farle piano o voleva forse far sapere alla figlia che nonostante amasse alla follia Puck non per questo doveva smettere di dar almeno uno sguardo agli altri uomini?
Era arrivata molto presto, forse perché aveva capito al volo che io e Sara non saremmo mai state in grado di sistemare quella casa senza l'aiuto di Britt o comunque di una bionda. Ci aveva trovate sdraiate sul pavimento con delle improbabili fascette per le pulizie in testa e dei guantoni gialli alle mani. Scopa e secchio erano altro nostro fianco. Non che ce la stessimo cavando male si intende ma non eravamo nemmeno a metà dell'opera. Con il loro aiuto invece la casa ora splendeva e la mia adorata biondina non avrebbe dovuto metterci mano per almeno qualche giorno. Più tempo per risposarsi e più tempo per noi.
«Quanto sei idiota! Da come si è descritto non è certo un bravo ragazzo...»
«E da quando mi interessano i bravi ragazzi?»
Scoppiammo a ridere di nuovo e questa volta insieme.
Puck non rientrava assolutamente nella categoria, anche se era cresciuto molto.
La pizza e il vino ci avevano dato alla testa. Con le bambine a giocare in camera di Sara, sazie e stufe di star ascoltare i discorsi di due vecchie pettegole, stavamo dando il nostro meglio.
«Questo è vero.»
«Comunque non sembra male. Voglio dire per lo meno non mi è capitato un perbenista o un precisino o un sottuttoio. Poteva andarmi molto peggio, Peter sembra ok.»
«Santana Lopez che prende a cuore il suo lavoro. FAVOLOSO.»
«E finiscila. Invece...Signorinella...tu pensi che io me ne sia dimenticata eh?» dissi puntandole contro il mio dito indagatore «Ti dice niente la parola rimpatriata?»
«BOOM. Logico sorella. Me ne sto occupando, ho contattato quasi tutti ma non aspettartela a breve, sicuro non entro le prossime due settimane.»«UFFAA.»
Quinn mi guardò divertita mentre mi adagiavo con la testa sul tavolo «Volevo proprio trovare una scusa per portare Britt fuori.»«E non puoi farlo normalmente?»
Sbuffai. Oh Quinn, folle Quinn. «Magari. Con la questione del lavoro vedrai che non vorrà allontanarsi un attimo da Sara, ha questa strana paura di averla delusa con la sua assenza.»
«Davvero? Oh be condoglianze allora.»
Ridacchiai alzando il calice per batterlo al suo e mandar giù l'ultimo sorso di rosso che vi era rimasto all'interno. Condividere la propria vita e una bottiglia di vino con Quinn era terapeutico.
«Oggi è l'ultimo giorno vero?»
«Già. Ultimo giorno di orari folli. A cui seguiranno due giorni di totale relax e poi il nuovo orario lavorativo. Incredibile che entrambe siamo passate a rinnovamenti proprio nello stesso periodo.»«Ma dai i tuoi orari non son poi così improponibili...anzi.»
«Quello è vero. E spero che anche i suoi siano passabili altrimenti impazziremo.»
Quinn scosse la testa quasi sapendo di che parlassi.
«Corsi serali. Una maledizione! Per il resto con la scuola Sara come va?»
«Bene» sussurrai abbassando la voce «Non tutti i problemi son stati risolti ma se la sta cavando alla grande, media altissima e maestri stupefatti compresi. Con i compagni purtroppo...c'è molto da fare ma è un inizio.»
«Quella bambina ti ha fatto proprio dannare eh?»
«Quella bambina è la mia degna figlia Quinn.» ammisi vuoi per l'effetto del vino vuoi per quello che veramente sentivo da parecchio tempo. Non che fosse un problema ammetterlo ormai, ero sinceramente affezzionata a Sara ma comunque una dichiarazione simile mandava sempre Quinn in brodo di giuggiole. 
«Owww ma quanto sei carina quando dici così. Diavolo quando fai la mamma sei stupenda!»
«Solo come mamma?» chiesi alzando un sopracciglio.
«PALLONE GONFIATO!»

Non riuscimmo a continuare il nostro litigio. Il rumore di una serratura che ci apriva ci riportò sull'attenti e subito la mia incantevole e meravigliosa Britt comparve sulla soglia, un sorrisone stampato in viso e una gran voglia di farsi sentire. Probabilmente quella era la sua faccia da fine lavoro, oppure la sua faccia da "ehi stanotte facciamo baldoria" oppure semplicemente...
«Indovinate chi ho trovato ad aspettarmi al cancelletto quando sono arrivata?»
Sorrisi senza comprendere. Di che parlava? Era un nuovo gioco a premi? 
Il lavoro le aveva fuso il cervello? Io e Quinn con la coda dell'occhio ci scambiammo la medesima impressione o almeno così mi parve. Vidi il volto di mia moglie continuare ad indagare i nostri e infine probabilmente troppo stanca per continuare quell'indovinello si limitò semplicemente a muovere la mano contro lo stipite. Lentamente spalancò del tutto la porta rivelando alle sue spalle la presenza di una persona che mi fece subito perdere il sorriso. Non perché non mi piacesse anzi...ma perché non ero minimamente preparata a quell'arrivo.
«Signora Pierce!» esclamò Quinn sorridente.
DIOS. Esclamai mentalmente io abbozzando un sorriso.
ODIAVO LE SORPRESE. LE ODIAVO.

Angolo dell'Autore
UEEEEILA <3 
Mamma mia questa università mi sta veramente distruggendo ma alla fine son riuscita a scrivere proprio il capitolo che volevo, ricco di novità, avvenimenti e...insomma PIENO. AHAHAHHAH Arriva qualcuno a movimentare le cose, un nuovo personaggio che vedremo meglio molto presto e una futura reunion non troppo lontana. Mamma come vola il tempo, chissà che combineranno ora le nostre due donne preferite eh? 
Grazie mille a chi tutto mi ha lasciato un commento, io li adoro, è anche grazie a voi che questa storia sta continuando e ringrazio anche chi continua a seguirla tuttora. Alla prossima :D

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