Io, Lucy

di Inilis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Salve, sono Lucy, e mi sto svegliando da un sonno durato 20 anni.

In lontananza si sentono risate, un risveglio piuttosto insolito, è come se fra me e quel dolce rumore ci fosse un muro, una barriera che mi separa da tutto ciò che sto ambendo da anni, anche se adesso che ci penso, io no so cosa voglio veramente.
Sento il profumo del sole sulle lenzuola in cotone, come se le avessero messe da poco , anche se mi rendo conto che è improbabile, mi sembra di aver dormito per anni.
Apro gli occhi, la stanza è in penombra, dal soffitto pende un lampadario decorato con piccoli motivi floreali. Voltandomi alla mia sinistra noto un comodino nocciola chiaro, uno di quelli che si trovano benissimo all'Ikea, dove poggiato c'è il mio Ipod.
Non riesco a capire dove sono, mi sento confusa e disorientata. Non ricordo nulla di ciò che ero prima, di ciò che mi è successo.
Il fiato inizia a mancarmi, annaspo alla ricerca di aria, sembra che un pungiglione penetri nel mio debole cuore lasciandomi senz'aria. Mi rannicchio pensando di contenere quel dolore al petto, in una singola zona, ho paura a sdraiarmi, ho paura che il dolore si estenda, già così mi sento morire, e forse è la cosa migliore dato che non ho un'identità.
Per caso mi casca l'occhio sull'Ipod, un senso di tranquillità mi pervade. E' come se quel singolare oggetto sia l'unico appoggio, l'unica sorgente di sicurezza.
Con uno sforzo immane decido di prenderlo e stringerlo forte fra le mani, so che sembra una sciocchezza, ma in poco tempo il mio respiro torna regolare e abbandonandomi alla dolce melodia de “Le Onde” di Einaudi riprendo il sonno.

            

Una ragazza con una maglietta più grande di lei mi si presentò davanti, indossava dei pantaloni anch'essi di una taglia di troppo per il suo fisico abbastanza esile, la salutai, ma pareva come se io non fossi lì, come se stessi vedendo un film.

Era una delle prima giornate di sole, era stata un'invernale primavera, nessuno era pronto a quel caldo soffocate d'estate inoltrata.
Il tempo sta impazzendo” pensò, mentre teneva fra le mani una scopa. Si trovava in una scala di una palazzina di 6 piani. Solitamente sono fresche le scale, ma quella proprio non voleva saperne, era come se anche la pietra volesse godere di quel sole appena spuntato, era come se avesse paura del ritorno della pioggia.
Nonostante quell'atmosfera soffocante lei continuava a pulire, doveva arrivare a fine mese. Aveva deciso di anticipare sua madre a lavoro quella mattina, sua madre sgobbava già abbastanza, voleva evitarle uno sforzo in più. Sapeva che, anche se lei non lo ammetteva, stava poco bene, e non c'era modo di convincerla ad andare a fare visite. Così, appena poteva, la giovane andava a fare i lavori più faticosi.
Fu come un flash, all'improvviso un attacco di caldo la fece crollare, aveva bisogno di zuccheri, quella mattina non aveva nemmeno fatto colazione.
Sentì dei passi nelle scale, qualcuno saliva, doveva nascondersi, non poteva farsi vedere star male davanti a quelli che la pagavano, altrimenti avrebbe perso il lavoro, e loro ne avevano veramente bisogno di quei soldi, non erano molti, ma messi insieme agli altri ritagli facevano un gruzzoletto che avrebbe permesso a lei e a sua madre di arrivare a fine mese.
Buio, l'ultima cosa che sentì erano delle braccia che la sollevavano da terra e lo scatto di una porta che si apre.            

 

Mi risvegliai, la canzone stava per finire, avevo dormito veramente così poco? E quel sogno che voleva dire?

Guardai l'ipod e decisi di sbloccarlo, rimasi stupita. La schermata si aprì sui promemoria, il messaggio dice:

 

Ben svegliata :) Appena riesce ad alzarsi venga pure nell'altra stanza.

Ah, non si preoccupi, a cambiarla è stata la signora delle pulizie.
Buon risveglio,
Alan”

 

Ora si che sono veramente confusa, davvero non riesco a capire, e Alan chi è? Perchè mi da del lei? Ma allora..

Mi alzai e andai a specchiarmi davanti allo specchio del lungo armadio che copriva completamente la parete di fronte al letto. Constatai che ero io quella ragazza esile che avevo visto in sogno, sono io.. Solo che ora i vestiti larghi sono spariti, una lunga camicia da notte che profuma di gelsomino copre il mio corpo. Forse è della moglie di questo Alan, ma non gli darà fastidio la mia presenza? Ho dormito nel loro letto, penserà che sono una sua amante!
Devo tranquillizzarmi, molto probabilmente la moglie sa della mia presenza, ma ora ragioniamo. Mi sedetti sul letto, l'unica cosa che può togliermi ogni dubbio è andare di là e chiedere spiegazioni. Ma non posso andare vestita così, ho bisogno dei miei abiti.
Su una sedia trovai un biglietto sempre di Alan, a quel signore piace la caccia al tesoro a quanto pare.

 

Ecco degli abiti puliti, spero che siano di suo gradimento.

Alan”

 

Indossai una gonna grigia con delle pieghe, molto semplice, nessun fronzolo che può creare fastidio, l'unico decoro sono due righe sottili di color verde ai lati che terminano con dei bottoni anch'essi verdi. Successivamente una maglietta smanicata bianca, con dei fiori verdi. A quest'uomo piace il verde, o meglio a sua moglie, si.. deve essere proprio così, un uomo non può avere tutto quel gusto nel vestire.

Feci un grande respiro, oltre la porta sento gente che ride e scherza, ho paura. Non so che dirgli, non sono mai stata una ragazza socievole e tanto meno chiacchierona, specialmente con la gente che non conosco. Forse è meglio che aspetto, una volta andati via tutti farò la mia apparizione, ma non sono sicura di riuscire a resistere col dubbio per chissà quanto tempo.
Questi pensieri mi stanno facendo scoppiare la testa, odio il mio essere un'indecisa cronica! Forse è per questo che il mio corpo decise di non aspettare il segnale dal cervello, che evidentemente era entrato in corto circuito, e aprì la porta.
Timidamente percorsi un piccolo e stretto corridoio, sembra assurdo ma stò camminando verso la luce. Sorrisi al pensiero di ciò che significa il “camminare verso la luce” e mi buttai fra le braccia della verità.


Salve, sono Lucy, e mi sto svegliando da un sonno durato vent'anni.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


A dire il vero mi buttai fra le braccia di 4 ragazzi.

Stanno seduti sul pavimento attorno ad un tavolo di vetro. Carte da gioco e fish sono sparse ovunque, il divano intasato da lattine di birra e bottigliette d'acqua. Dei cartoni delle pizza si trovano accanto a ognuno di loro e mi gustai quel delizioso profumo.
E' un appartamento modesto, non relativamente grande dove sala e cucina sono un tutt'uno.
-”E quella è una tua nuova conquista Al? Perchè non ce ne hai parlato?! Dopotutto siamo i tuoi migliori amici!”- disse in tono scherzoso un ragazzo, più o meno della mia età.
Si girarono a fissarmi, otto occhi che mi guardano e mi scrutano. Forza Lucy, salutali, non essere timida e non farti prendere dalla paura di essere in una casa di soli uomini, ma soprattutto Lucy non arros..come non detto.
I loro sguardi fissi su di me iniziarono a far bruciare le mie guance, mi sento sempre a disagio quando le persone mi fissano, divento una statua di marmo e inizio a dire cose a sproposito.
Un giovane di statura snella e longilinea si alzò e mi venne incontro. Cammina con passo sicuro, i suoi piedi non si sentono, si sta avvicinando, si sta avvicinando a me.
-”Ben svegliata”- ma è stato veramente lui a parlarmi? Non può essere stato mister sottiletta a parlarmi! E' troppo cupa per uno come lui, cioè, per uno col suo fisico. Lui dovrebbe essere più..più..più da..Okei basta farsi discorsi mentali da sola, già non sanno chi sono, cioè nemmeno io sono..anzi si! STOP! Tira il freno Lucy. Basta fantasticare!
Lo ringraziai con un esile filo di voce, la mia mente ha rincominciato a fantasticare ma.. Le gambe mi tremano, risulta impossibile fermarle, tutto inizia girare ed ecco che sento quella sensazione di precipitazione, la forza di gravità mi chiama verso di se.. ecco ancora che sento quelle braccia prendermi, mi sento a casa.
-”E' meglio che mangi qualcosa”- abbozzò ad un sorriso e per me questo è tutto ciò di cui avevo bisogno, la mia isola che non c'è sarà per sempre il suo sorriso, il suo sguardo, la sua protezione. Mi sembra irreale, non posso essermi innamorata di uno sconosciuto in così poco tempo, la vita non è un film.
Mi strinse forte al suo petto, riesco a sentire il gelsomino sul suo collo, quel profumo mi pervade e si attacca alla pelle come un tatuaggio.
Dopo avermi poggiata su una sedia ognuno dei ragazzi mi offrì un pezzo della loro pizza, dicono di non aver fame, ma per me non è vero, lo fanno per gentilezza verso un'idiota caduta dal cielo.
Li scrutai per un po di tempo, non so quanto, ma dall'inizio alla fine capii che dovevo proprio essere messa male,e infatti glielo riferii:
-”Devo proprio avere una faccia orribile..”- sorrisi loro, il mio cuore sorrise insieme a me.
Penso sia la prima volta, in vent'anni di vita, che mi capita di trovare un senso di pace e agio tale da colmare la solitudine patita.
Solo ora capisco quanto il mio isolamento sia stato vano, non è servito a nulla, ho sempre creduto che star per conto mio fosse la soluzione principale per risolvere i miei problemi, tanto agli altri non importava nulla della mia vita, ma non è così. Alle persone non interessa che tu abbia problemi, e se per questo nemmeno agli amici, a quest'ultimi non interessa del tuo fottutissimo problema, gli importa di come stai tu! Tutto il resto è superfluo, tutto il resto non conta.. Non importa se tu non vuoi parlare, non importa se ne stai parlando, ti prendono e ti fanno distrarre, ed è quello che questi ragazzi stanno facendo con me.
Non riesco a capire il perchè lo stiano facendo, mi conoscono solo da qualche ora, ma, forse, come me, anche loro hanno sentito i fili del nostro destino intrecciarsi in un nodo indissolubile.
Sento gli occhi bagnati, caldi, ma che mi succede? cerco di cacciare indietro queste lacrime ma è più forte di me, proprio non ce la faccio..Li osservo giocare, scherzare fra loro, mi coinvolgono, non mi sento esclusa, mi sento parte di una famiglia.
Alzarono tutti lo sguardo su di me, i volti sono preoccupati, chissà che staranno pensando, devo subito trovare un modo di bleffare queste lacrime.
-”Bhè ragazzi, scala reale maggiore, a me la fish!”-
-”Ci hai fregato, non è giusto! Sei crudele! Ci hai inteneriti con quelle lacrimuccie da cerbiatto!”- si lamentò Bac. Ad essere sinceri si chiama Fred, tutti lo hanno soprannominato Bac perchè somiglia a Bacco per quanto beve. Devo ammettere che fisicamente non somiglia proprio per nulla a quel dio paffuto e sempre rosso. Anzi, lui, da quanto ho capito, assume un'aria da uomo vissuto. Si, uomo vissuto che senza barba. Non so perchè ma la mia idea di uomo vissuto è un tizio dalle profondo rughe espressive, con qualche cespuglio di barba, ma questo ha tutto fuorchè l'aria da uomo vissuto.
Nonostante è il classico tipo che fa tendenza, devo ammetterlo, e posso giurare che quel colletto di borchie al collo attira molte ragazze, gli fa assumere l'aria da “cattivo ragazzo”. Se solo ci parlassero per qualche minuto si renderebbero conto che è tutto, fuorchè un cattivo ragazzo. Sembra più un bimbo viziato abituato ad avere ciò che vuole, non gli piace perdere, si intestardisce se vuole giungere un obbiettivo, non sembra uno che cambia idea facilmente.
-”Eddai Bac, è un gioco!”-
-”Ooh solo perchè è una ragazza dici così Al!”-
-”Che vorresti dire?”- Alan gli lanciò un'occhiataccia.
-”Lo sai benissimo che voglio dire”- la malizia era palpabile nelle parole di Fred.
-”Ah si eh?.. quindi io farei così perchè lei è una ragazza...”- Alan prese una bottiglia d'acqua e la versò sulla testa di Bac.
-”Così ti rinfreschi le idee”- soddisfatto si ricompose.
-”Vuoi la guerra eh?.. Che guerra sia allora!”- urlò come uno di quegli attori nei film di guerra, scoppiai a ridere. Stavo bene.
Iniziarono a volare cuscini, birra, acqua..Il pavimento è diventato un campo di battaglia, la gara a chi non scivola prima è una delle cose migliori. Nessuno riesce a reggersi, c'è sempre qualcuno pronto a farti cadere.
Risi, risi, risi fino allo sfinimento. Senza nemmeno rendermene conto mi addormentai a terra nella poltiglia.

-”Lucy, lucy!”- e chi è che urla così a quest'ora? Ho un mal di testa allucinante.
-”Zitto tappo!”- povero Ron, avevo iniziato a chiamarlo così dopo la quarta birra.
E' veramente basso, ma i suoi muscoli..Oddio, spero di non avere la bava.
E' un tipo molto loquace, specialmente con le ragazze, o così mi hanno detto, anche se con me non ha smentito la voce.
E' biondino, più sul castano, i capelli gli toccano appena le spalle, anche se un rasta spunta lungo fino a metà schiena.
Il suo volto tondo e sorridente mi sta dando il risveglio, se non sbaglio c'è profumo di brioches.
Il mio stomaco si fa sentire, con un balzo da ginnasta provetta sono pronta per avventarmi sul cibo.
-”Che buon profumo!”- la mia faccia deve essere molto idiota, incantata a pregustare quelle meravigliosa delizia ricoperta di crema.
-”Che c'è da ridere?!?”- cercai di metterci tutta la cattiveria possibile, ma loro continuarono a ridere.
Il rumore del caffè li fece zittire, ci dirigemmo all'isola che usiamo da tavolo e pancia mia fatti capanna.
-”Ma sono deliziose”- i miei occhi brillavano, per le mie papille gustative è un vero e proprio orgasmo di piacere.
-”Ma chi è che le ha prese?”-
-”Io, la mattina esco a correre, dato che ci troviamo tutti qui, ho pensato di fermarmi a prendere qualcosa da mangiare”-
-”Devi dirmi dove le hai prese!”- gli puntai un dito contro, ma lo ritrassi subito.
Mi sono rivolta a Ren con fare forse un po troppo arrogante, ieri sera non ho legato molto, se ne stava più sulle sue, magari è timido.
Ecco perchè ha un fisico così ben strutturato, lui corre. Anche io vengo a correre se quelli sono i risultati. Poi, Lucy, sii sincera, lui è Bello con la B maiuscola.
Non parla molto? Vabbhè per quello ci sei tu, tanti anni di silenzio devono pur sfociare da qualche parte no? Sempre se non ti perdi a giocare coi capelli in un disordine perenne, sono lisci ma stanno per i fatti loro; oppure nei suoi occhi verdi. Sono così profondi, sembra non abbiano fine. Hanno il segno di chi ha sofferto, di chi sa cosa vuol dire affrontare periodi bui, chissà.
-”Hei?”- mi strofinò una mano davanti agli occhi.
-”Vengo anche io a correre la mattina con te!”- esclamai decisa.
-”Ne sei proprio sicura?”- che è quello sguardo scettico?
-”Ma certo! Non vedi che fisico che ti sei fatto?!”- uomini..non capiscono nulla.
-”A dire il vero lo dico perchè stamattina quando sono uscito russavi come un toro!”- rise e mi scompigliò i capelli.
Ecco, di nuovo, le guance vanno in fiamme, che vergogna. E gli altri che hanno da ridere mi dico io.

Verso le nove se ne andarono tutti, rimanemmo io e Al.

Lo aiutai a pulire, avevamo proprio fatto un macello la sera prima.
Mi scusai parecchie volte, non pensavo di aver creato tutto quel disturbo, ma lui mi tranquillizzò dicendomi che era routine, tutte le volte che si incontrano è così.
Finimmo per mezzogiorno, mi permise di fare una doccia. Sono un po a disagio, però se voleva fare qualcosa poteva benissimo approfittare ieri sera, ero ubriaca come mai in vita mia. E' proprio un ragazzo per bene, so di essere troppo affrettata coi miei commenti, ma è una sensazione che ho, e solitamente non sbaglio mai.
Mi sto rilassando sotto lo scrosciare dell'acqua quando un flash attraversa la mia mente..
Esco e mi vesto velocemente.
-”Alan!”-
Nel vedermi scoppiò a ridere.
-”Che c'è? Non ci trovo nulla da ridere”- mi sentii umiliata, perchè ride? Infondo non sono uscita nuda.. cos'ho che non va? Magari sta ridendo perchè mi ha filmata? CHE PORCO! Oppure ride per quel che mi farà tra poco?!
Mi prende per un braccio e mi trascina nella camera dove mi ero svegliata, io mi divincolo, non mi avrà! Brutto maniaco! Mi sono fatta un'idea sbagliata di lui! Mannaggia a me e al mio sesto senso, non è vero che indovina sempre, sbaglia sempre!
-”Stai tranquilla, non ti faccio nulla, ti sto portando solo davanti allo specchio”-
Lo guardai stupita, che scema che sono. Il mio sesto senso ci azzecca sempre! Eccome!
-”Grazie sesto senso”- sussurrai, non immaginavo che lui avesse sentito.
-”Grazie? Nono, non mi chiamo sesto! Sei proprio una zuccona sai, non ti ricordi mai il mio nome!”- rise ed io risi con lui. Le nostre risa si unificarono, come se fossero una cosa unica, un'unica voce.
-”Vabbhèèè, è solo una maglietta al contrario e un paio di pantaloni girati nel verso sbagliato.. quanto la fate lunga voi uomini”- e comunque, il tuo nome sarà quella cosa che non scordeò mai, ci puoi giurare, dovessi morire qui. Sono passate solo poche ore, mi sento un fuoco dentro ogni volta che mi guardi, che mi sorridi, che ti prendi cura di me. Questa è una promessa, io mi prenderò cura di te come tu fai con me, mi stai salvando, prima di ieri mi sentivo affogare in un mare di angosce, ma tu, il mio bagnino, sei arrivato a trarmi in salvo.
-”Che dovevi dirmi?”- che cambiamento drastico, si deve essere preoccupato. Continuo a domandarmi come fa, come fa ad avermi così a cuore.
-”oh bhe ecco..-" ho vergona a dirgli ciò che sento. Mi prenderà per una persona insensibile, senza cuore, ma devo dirgli, altrimenti non riuscirò mai a togliermi questo peso. 
-"Si tratta di mia madre, sono stata così bene che nemmeno c'ho pensato”- mi incupii, che figlia snaturata, sarà in ansia per me. . Come ho potuto dimenticarmi così di lei? Non mi è mai capitato..

Mi alzò il volto e mi sorrise.
-”C'ho pensato io, tranquilla. Le ho detto che sono un tuo amico di vecchia data e che ti ho praticamente costretto a stare da me per qualche giorno. Sei libera di star da me quanto vuoi.”-
-”Ma come?...”-
-”Shh.. questo è un segreto”- disse strizzandomi l'occhio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Dall'alto del mio appartamento scruto i vicini. Mi balzano all'occhio i loro cambiamenti, le diverse abitudini, oppure semplicemente sono io che sono cresciuta, semplicemente quando ero bimba certe cose non le notavo, o meglio, le vedevo ma avevo una visione piuttosto fantasiosa delle realtà e della vita.

Ero ingenua, credevo a tutto ciò che mi raccontavano, non capivo il perchè la gente doveva mentire su ciò che diceva, per me tutto era vero, tutti erano sinceri.. che ingenua.
L'unica cosa in cui non ho mai creduto è stato il principe azzurro, però per me la magia e tutto ciò che essa comporta rappresentavano la mia fede. Ad essere sincera, nel profondo, ci credo tutt'ora.
Sono dell'idea che qualcosa che muove tutto in fondo ci sia. Non concordo con gli estremisti che dicono:“Siamo noi a creare il nostro destino”, solo in parte dico io.
Le scelte siamo noi a farle, ma gli ostacoli, gli incontri, le occasioni..qualcosa c'è, e da questa convinzione non mi smuove nessuno. Siamo umani non dei, da soli non siamo in grado di fare nulla, qualcuno al nostro fianco c'è sempre, che esso sia vivo o morto.

Mi ricordo di me da piccola, parlavo da sola, ma non realmente da sola, era come se comunicassi col mio angelo custode, gli raccontavo la mia giornata, le mie ansie, le mie gioie. Ogni tanto lo sgridavo, non mi dava mai un segno tangibile della sua presenza, però quando mi addormentavo sentivo la sua vicinanza a me. Mi sentivo al sicuro, riuscivo ad addormentarmi col sorriso sulle labbra.
Ora che sono cresciuta mi rendo conto che la mente umana cerca di rendere possibile ogni nostro desiderio, e il mio era quello di avere un amico. Così la notte, quando chiudevo gli occhi, il subconscio si metteva in moto per realizzare ciò che più ambivo.
Infine un'amica riuscii a trovarla, ormai sono sei anni che non ci parliamo. La sua capacità di mettere rogna e zizzania ovunque determinò la fine del nostro rapporto. Puntualmente finivamo nei guai, era mia amica, l'unica che avessi mai avuto, tenevo troppo a lei, non potevo abbandonarla.
Sapeva incoraggiarmi, muoveva in me le corde adatte, siamo cresciute tali che io ero il suo strumento e lei mi suonava. Il suono per alcuni anni era armonico, una dolce melodia che coinvolgeva ogni persona che ci circondava.
Purtroppo, durante lo sviluppo, lei cambiò. Per carità, cambiare è giusto, è un senso di maturità, ma lei.. Iniziò lì la crisi del nostro rapporto, la melodia dolce e coinvolgente divenne uno stridio continuo, interrotto da poche note concordi. Mi spiace, le volevo bene, ma dovevo pensare anche a me. Mi ero stancata di mettermi nei guai, per quella cattiva passavo io. Io avevo una madre che non mi proteggeva, anzi, se succedeva qualcosa era la prima ad incolparmi, mentre i suoi genitori la proteggevano, lei è la classica ragazza brava a casa ma fuori casinista fino alla fine.
E così finì l'unico rapporto di amicizia della mia vita.
Io ero diventato strumento, autore e nota. Avevo imparato a suonare da sola, e ciò che ne usciva era una malinconica melodia che tutt'oggi mi accompagna.
Successivamente venni a sapere che le si erano interrotte altre amicizie per questo suo modo di fare, ma a me non dispiaceva per nulla. La cattiveria aveva inaridito il suo splendido cuore, per me non ce l'ha più, si è sbriciolato sotto la coltre di comportamenti egoistici e totalmente personali.
Mi manca il suono delle nostre risate, dei nostri giochi, delle nostre “campagne”, ma la vita è così, ti fa incontrare persone, girare in un vortice che sembra non finire mai e poi ti sputa fuori e tutto riparte da capo.

E' già passata una settimana da quando ho lasciato la casa di Alan per tornare alla mia, non abitiamo tanto distanti, solo un paio di vie ci separano.

Le serate coi ragazzi mi mancano, forse perchè il clima in casa si è fatto pesante, sempre di più.
Siamo solo io e mia madre, non la sopporto, si lamenta per ogni cosa, posso capire la stanchezza e tutto, però anche io ho dei sentimenti e lei non se ne preoccupa per nulla al mondo.
E' vero, abbiamo troppe cose per la testa, cose da pagare, problemi con mio padre, coi miei parenti, col lavoro.. sono tante le cose a cui pensare, a volte passano giorni dove nemmeno ci incontriamo, ma bastano due minuti perchè lei mi scarichi addosso tutte le sue angosce aggredendomi, facendomi sentire una merda e distruggendo quel briciolo di tranquillità che si era creata nel mio debole cuore.
Ha sbalzi d'umore improvvisi, un momento prima stai scherzando e successivamente sclera, fa una sfuriata per il nulla. E' proprio questo che mi fa star peggio, quando sfuria riporta tutto a galla, errori passati, mi umilia, vorrei picchiarla, farla finita una volta per tutte.
Non ha mai una buona parola per me, mai, sa solo trattarmi come una sua schiavetta, con le persone sono il suo straccio per pulire casa..
In quest'ultimo periodo i soldi la ossessionano. Se solo mi desse ascolto, ce la faremmo lo stesso, senza che lei faccia dalle quindici alle sedici ore al giorno di lavoro, ma non mi ascolta, questo la sta portando sulla via della pazzia.
Ora si è fissata che deve dimagrire, nell'ultimo anno ha già perso 15 kili, ha iniziato a prendere pastiglie per arrivare al suo scopo, non c'è storia che le faccia cambiare idea. Ho provato a nascondergliele, lei è impazzita, ha ribaltato tutta casa finchè le ha trovate, quasi mi metteva le mani al collo pur di sapere dove le avessi messe.
Molte volte ho pensato di scappare, di fuggire, ma non avevo mai un posto, se correvo da mia sorella lei mi avrebbe rispedita a casa, dicendomi che dovevo star dietro a mamma, che fatica molto per noi, per farci felici. E' vero, lei fa molta fatica, lo ammetto, però non è semplice starle vicino.
E' per questo che a volte esco e vado in giro da sola, ho bisogno di staccare le mie orecchie da quella parlata petulante che non mi da tregua, rientro poi la sera, quando lei ormai è tranquilla a riposare nel suo letto.
Un altro difetto di mia madre, l'egocentrismo.
Quando è a casa io non studio mai, mi riesce impossibile. Sembra una bambina che vuole stare al centro dell'attenzione. Scherza simpaticamente, però per me è una scocciatura, specialmente se ho bisogno di concentrazione.
La voglia di fuggire, di essere libera, è sempre stata presente in me, fin da quando ero piccina.
Ora un posto dove rifugiarmi ce l'ho, anche se Alan non mi permetterebbe mai di stare da lui.
Le settimane passate da lui hanno fatto in modo che io lo conoscessi.
Appena penso di scappare mi vengono in mente le sue parole: “Se vuoi io ti ospito, ma non posso proteggerti da ciò che prima o poi dovrai affrontare”.
Ha stramaledettissimamente ragione, cavoli!  Posso nascondermi finchè voglio, ma i miei problemi non li risolverei mai. Alan ha la capacità di farmi riflettere, mi basta un suo sguardo per capire ciò che pensa o ciò che vuole dirmi.
Quel ragazzo è strano, ha venticinque anni, ma la sua maturità sembra maggiore.
Deve averne passate anche lui di esperienze non del tutto eccezionali, vorrei sapere, ma non oso chiedergli. So di persona quanto possa far male raccontare gli affari propri sotto pressione, quando vorrà, io sarò sempre accanto a lui per ascoltarlo. Non posso dirgli che gli dono una spalla, le mie sono molto piccole, e la sua testa troppo grande per poggiarsi, però gli dono il mio cuore, su di esso può far sempre appoggio, è grande, spazioso perchè è sempre rimasto solo, e per un amico si apre per scaldarlo con tutta l'energia e il calore che riesce a trasmettergli.
Una cosa di Alan non riesco a capire, come lui sa tutto di me senza che io gli abbia detto nemmeno un'unghia della mia vita.
Quel ragazzo è strano, ha un alone di mistero che lo circonda, devo ammettere che mi inquieta un poco ma infondo con lui e con gli altri mi sento me stessa, non devo indossare nessuna maschera.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3


Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L'ennesimo litigio, l'ennesima lancia che trafigge il mio cuore.
Eppure ormai sono anni che convivo con la doppia personalità di mia madre, ma ancora non riesco ad abituarmi.
E' una sofferenza troppo grande, ogni litigio è un devasto interiore, piano a piano sento sgretolarsi la briciola di serenità che ero riuscita a raggiungere. Mi sento persa e per l'ennesima volta sola, è la riconferma che non ho nessuno da amare, è la riconferma che non sono amata da nessuno.
Non sentirei questo vuoto precipitoso dentro me se avessi qualcuno a cui aggrapparmi..
Quanto desidererei scoprire cosa sia l'amore, non l'ho mai appreso, non l'ho mai vissuto, quel poco che so, lo devo solo ed esclusivamente a me stessa, alla mia mente che mi aiuta a fantasticare, a viaggiare in posti dove non sono mai andata, dicono che sia bello il posto dove vive l'amore. Vorrei proprio andarci..Prendere un'astronave e vagabondare nell'universo alla ricerca di questo amore che tutti ambiscono, che tutti, almeno una volta provano..Chissà, forse persino una disperata come me riesce a trovare questo amore..Chissà..

La nostra non è mai stata una famiglia.. è una dittatura dove mia madre vive come sovrana incontrastata. Non puoi pensare, è lei a prendere ogni decisione, non hai il libero arbitrio. Se ti mette davanti ad una scelta puoi star tranquillo che è sempre quella sbagliata. Lei è l'unica che sa fare bene le cose, tu sei solo un servo incapace.
Non m'ha mai insegnato nulla, di lei mi ricordo solo le sue grida e la cattiveria che usciva a fiumi da quegli occhi neri. Mi terrorizzava, il mio corpo non reagiva, penso di non dimenticare mai la sensazione di immobilità che mi prendeva..una statua, proprio una statua incapace persino di chiudere gli occhi davanti alle lacrime che facevano a pugni per uscire..Non le diedi mai la soddisfazione di piangere davanti a lei, uscivo di casa a corse e correvo, correvo, correvo finchè non mi fermavo sfinita su una panchina e li il fiume si trasformava in vero e proprio torrente in piena mentre nelle mie orecchie risuonavano ancora le sue urla..non mi spiegò mai il perchè gridava in quel modo, mi diceva solo“Sei la solita incapace! Sei una stupida! Ma da dove sei uscita tu?!”, ma cosa pretendeva da una bambina di sette anni, mi ha solo traumatizzata.
Sono cresciuta con la paura nel sangue, ho paura della gente, non so mai cosa dire alle persone, per mia madre ogni cosa che dicevo era stupida o insensata.
Dopo oggi la mia decisione è definitiva: me ne vado!
Continuare mi porterebbe alla pazzia, ho bisogno del mio angolo, del mio spazio, ho bisogno della mia libertà.
E così, inizio a preparare i miei bagagli, andrò da Alan finchè non troverò una casa tutta mia, o almeno qualcuno con cui conviverci.. suppongo che sarà dura giungere a questo secondo punto conoscendo il mio carattere, spero solo di trovare una persona per bene e che si faccia i carpacci suoi.
-”Cosa stai facendo?”-
-”Me ne vado!”-
-”Non dire idiozie, tu non vai da nessuna parte! Non saresti in grado di concludere nulla da sola!”- il disprezzo nella sua voce, il sangue inizia a ribollire nelle vene.
-”Non sta a te dirlo”- pacata, calma, nascondendo i miei sentimenti.. devo continuare così, non posso cedere all'ira.
Respiro profondamente, un lungo sospiro mi aiuta a scaricare l'energia negativa che vibra nell'aria e investe il mio animo.
-”Sappi che se esci da quella porta non potrai più ritornare!”-
-”Meglio, così almeno ora sarò libera per sempre da questa prigionia!”-.
Così detto, presi i miei stracci e me ne andai ma prima di chiudere la porta..
-”Le mie chiavi sono nel cassetto, non le ho prese, puoi stare tranquilla ora, potrai vivere nel tuo mondo perfetto senza che io te lo rovini!”-
-”Tanto tornerai da me strisciando, sei e sarai per sempre una buona a nulla!”- urlò dietro la porta che si era affrettata a chiudere con le chiavi.
Ora, inizia il nuovo capitolo della mia vita, il risveglio è totale.

Vago per le strade di questa piccola cittadina, non so nemmeno io dove sono diretta, non voglio affrontare Alan, o almeno non ora, sono troppo impregnata di rabbia per poter affrontare una discussione con lui, arriverei a farmi odiare, e questo non posso permetterlo.
Decisi di dirigermi al parco comunale, a dire il vero è molto più di un parco, è un posto magico dove la natura si combina in armonia, sembra una piccola oasi verdeggiante, con le sue piante carnose, i roseti che in questo periodo sono in fiore, le risate dei bambini che riecheggiano; chiunque entra in questo parco rimane meravigliato dal suo assoluto senso di pace, riesce a trasmetterlo a chiunque entri, è per questo che adoro venire qui.
Mi dirigo verso la mia panchina, è solitaria ma è proprio questa sua solitudine che la rende speciale, che la rende me. Vive fra lo scontro di due nature, i sempre verde che fanno a gara a chi tocca prima il cielo, e l'inizio di una lunga siepe dove alla base spuntano timidamente dei gelsomini. Il profumo degli abeti e dei gelsomini mi aiuta a liberare la mente, non penso proprio a nulla quando sono lì.
Mi lascio cadere sulla panchina abbandonando le poche cose che mi sono portata dietro: “Questo è il paradiso” pensai.
La mia mente si liberò e si mise a giocare con la parte fantasiosa di me, quella che cerca di trovare figure in ogni nuvola, ed è proprio mentre sto giocando che i miei occhi iniziano a sentirsi pesanti e chiudendosi fanno scappare rivoli di acqua salata. Piano a piano il ruscello si trasforma, c'è un'alluvione in arrivo; il mio corpo, da abitudine, si raggrinza in un piccolo feto mentre i polmoni vanno alla ricerca di aria, si sentono ristretti, in una stanza troppo piccola per loro, sta per finire l'ossigeno a disposizione nonostante l'immensità delle piante intorno a me.

-”Lucy?..Lucy!”-
Qualcosa mi percuote, mi sembra di essere su un trattore, le budella che vanno su e giù, la testa che mi balla di qua e di là, non ce la faccio a riprendermi, non voglio svegliarmi, non voglio tornare alla realtà.
-”Lucy, svegliati!!”- ma questo è..
Apro leggermente gli occhi, la vista è appannata ma il suo inconfondibile viso..
-”Lucy che è successo?”-
-”Lascia che si riprenda..”-
-”Parole sante..”- sbiascicai appena la voce mi tornò.
Finalmente la vista mi torna normale, ed ecco che incontro occhioni verdi, quegli occhi che sanno cos'è la sofferenza, li riconoscerei fra mille.
-”Mi hai fatto preoccupare scema!”-
-”Ma allora ha funzionato!!”- cercai di mettere tutta l'enfasi possibile, Ren è un bersaglio duro da ingannare.
-”Cosa funzionato?.”- non sembra molto convinto.
-”La mia parte! Oddio.. sto migliorando sempre di più! Il mio insegnate di teatro sarà estremamente contento di vedere i miei progressi!!”-
-”E da quando fai teatro?”- la sua faccia assomigliava all'espressione che si utilizza nei messaggi -.- .
Infatti scoppiai a ridere senza trattenermi.
-”Sembri il trattino punto trattino! Giuro d'ora in poi ti chiamerò TPT!”-
-”Ma sei matta?!?! Mi hai fatto preoccupare! Stavo persino per chiamare Alan, e se lo viene a sapere lui vedi quante ne senti!Cavolo Lucy, è mai possibile che tu sia così idiota?!”-
-”Cosa?!?! Idiota io?? Ma pensa piuttosto a te! Nessuno ti ha chiesto di venire qui, e poi cosa ci facevi qui eh?eh?eh?.. Mi spiavi?? MANIACO!!!!”-
-”Ma chi ti credi?! Non sei Claudia Schiffer! Lei si che l'avrei spiata volentieri, non uno sgorbio come te!”-
Il mio viso diventò rosso, gli occhi mi bruciavano, giuro che adesso questo lo ammazzo! Lo giuro! Con le mie stesse mani!
-”Bimbi, ora basta!”-
-”E tu che vuoi?!”- mi rimangiai subito la parola.
-”Oh, scusa.. Piacere Lucy!”-
-”Peter, ti presento Lucy lo sgorbio!”-
-”COME OSI MANIACOOOOOOOOOOOOO!”-

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


-”Vieni a casa mia?”- mi chiese mentre camminiamo per il parco.
Sono passate due ore da quando lui mi ha trovata, due ora in cui la conversazione è stata al minimo, mi aveva esortato a parlare ma io non sapevo che dire, non sono mai stata brava a farmi amici ma in quel momento non mi andava proprio di parlare.
-”Scusa?”- chiesi quasi inconsciamente, avevo sentito solo la sua voce ma non sono sicura di aver capito bene.
-”Dato che non parliamo pensavo di fare un po di azione”- si zittì, a quanto pare si stava aspettando una risposta, non ricevendola aggiunse -”a volte si è più disinvolti a fare altro piuttosto che parlare, non trovi?”- ancora non gli risposi, non capivo se fosse serio o meno, è così disinvolto nel parlare di certe cose.
-”E soprattutto se non si ha voglia di parlare. Aiuta a sfogarsi. Poi se ti va puoi rimanere a dormire, la casa è grande e spaziosa..e avresti un bagno tutto per te.”-
Ci stiamo dirigendo verso l'uscita del parco, io fisso davanti a me, imbarazzata per quella proposta spontanea come bere un bicchiere d'acqua.
Non dico nulla, non replico, non ho parole per rispondere. Il mio cervello sembra svuotato, probabilmente ci stanno passando palle di rovi.
-”Chi tace acconsente”-.
Detto ciò mi prende il borsone di mano e se lo appoggia sulla spalla. Mi sorprendo a fulminarlo e lui in risposta mi guarda con con la faccia da pesce lesso.
-”Che c'è? Mi sembrava pesante e volevo aiutarti a portarlo”- sospira -”non vedo nulla di male nella gentilezza”-
-”Il problema non è la gentilezza”- dico sbuffando.
-”E allora qual'è? E non rispondere “sei tu””-
-”Sei tu e la tua mancata pudicizia”-

-Hei non vale! Avevo detto..”- lo interrompo.
-”Tu avevi detto di non rispondere “sei tu”, ed io infatti ho detto ”Sei tu e la tua mancata pudicizia””- sorrido.
-”Non vale, giochi sporco!”-
-”Vale eccome!”- replico ridendo, e poco dopo si unisce anche lui a me.
Continuiamo a camminare, ogni tanto ci stuzzichiamo con qualche battutina sarcastica, ma nulla di che, più che altro il suono che ci fa più compagnia è quello dei nostri passi. Mi accorgo che a differenza sua io strascico i piedi sull'asfalto.
-”Devi ricordarmi una cosa”- mi dice mentre sono presa a pensare alla brutta fine che faranno le mie suole se non cambio modo di camminare.
-”Dimmi!”-
-”A Natale..”-
-”Ma manca ancora molto a Natale!”- osservo.
-”Ti devo comprare un paio di scarpe nuove!”-
-”E perchè?”- dico offesa, non trovo carino il suo modo sarcastico di criticare il mio modo di camminare, o perchè è proprio quello che ha intenzione di fare, già lo so. E gli rispondo coi controfiocchi! Se lui mi dice, “Bhè cammini come un t-rex con la pancia piena” ed io gli risponderò “sempre meglio assomigliare ad un t-rex che a un bradipo”.
-”Perchè le tue sono piene di spifferi!”- sorride.
-”In che senso?”-
-”Non vedi? Hanno buchi ovunque mia piccola fiammiferaia!”- ride.
Decido di guardarlo male per qualche istante e poi rido con lui, effettivamente non ha tutti i torti, e poi non ha criticato il modo di camminare, sarà una stupidaggine ma va bene così.


-”Eccoci arrivati”-
Una palazzina di sette piani si presenta davanti a noi. Ren apre il portone in vetro smerigliato.
Appena dentro ci troviamo su uno zerbino marrone con la scritta rossa “Benvenuti nel condominio Rossi”. Alzo lo sguardo e una stretta scala in marmo ci saluta dall'alto della sua ripidità, mi guardo in giro in cerca di un ascensore ma nulla, niente si vede.
-”Non dirmi che abiti al settimo piano!”- dico, tenendo dentro di me la speranza di non fare tutti quei gradini.
-”Come preferisci tu”- mi risponde sorridendo.
Mi supera e inizia a salire le scale, facendo strada a me e a quelle quattro cose che mi sono portata via da casa.
Al terzo piano mi fermo per prendere fiato, lui mi ha seminata da un pezzo, si vede che è abituato a questa tortura.
Con la ferma convinzione di non fargli vedere che pappamolle sono riprendo la salita, mi aiuto con la ringhiera, ovvio, ma passo dopo passo arrivo all'ultimo gradino, dove mi faccio cadere abbandonando tutto, ormai senza forze.
-”Abiti davvero al settimo piano!”- esclamo tra un sospiro e l'altro. Voglio sembrare accigliata ma appaio solo una disgraziata che ha fatto una maratona.
-”Ti avevo promesso dell'azione no?”- sorride -”E azione hai avuto!”- mi guarda e poi si mette a ridere.
Avrei voluto ammazzarlo con le mie mani, mi riprometto di farla appena mi sarò lavata e riposata un attimo. Ha manipolato i miei pensieri, voglio dirgli che quello che gioca sporco è lui e non io ma preferisco rimanere zitta e non peggiorare la mia situazione.
-”Che pensavi?”- disse “ingenuamente” e persino con tanto di occhioni. Oltre ad avermi fatto credere una cosa per un'altra ora mi prende persino per i fondelli! Questo mi fa divampare, cerco di mantenere la calma e alla fine dico.
-”Mi avevi offerto una doccia no?”-
-”Certo! Una promessa è sempre una promessa!”-


Sono in ammollo nella vasca, questo è il mio primo bagno, prima non ne avevo mai fatto uno, mi era vietato. Fare la doccia andava bene, ma usare la vasca era sacrilegio, chissà che religione seguiva mia madre, a volte pareva veramente convinta di qualcosa e si impuntava come solo un religioso può fare. Magari non fare il bagno è uno dei loro comandamenti, bha chi lo sa. Comunque non ci voglio pensare, scaccio via quest'orribile pensiero che farebbe solo riaffiorare brutti ricordi, e mi concentro su me in vasca. Il mio corpo in ammollo nell'acqua bollente, un bagnoschiuma al gelsomino ricopre lo strato superiore con simpatica schiuma bianca ed emana profumo in tutta la stanza. Mi sembra di essere in una scena di un film americano, effettivamente ora che ci penso un sacco di film americani hanno una scena in bagno con la schiuma.
Mi lascio andare, chiudo gli occhi e la mia mente si delizia in quel delizioso silenzio, le mie orecchie vanno in vacanza, il mio cuore ha un battito regolare.
No, non sono per nulla pentita di essermene andata di casa. Qui prevedo di star bene, poi casa di Ren è un vero attico con tanto di vista mozzafiato, non avrei potuto chiedere di meglio.
Un finestrone ricopre una parete, si possono vedere le luci accese nelle case, nelle vie, luci che illuminano i vicoletti, vicoletti scuri e stretti come le gambe di un ragno, le case che partono a metà di quell'oscurità. Si vede la torre che domina su tutto il paese come unica regina degli scacchi, le case sono i suoi pedoni. Mi sentivo come una bambina in un parco naturale, osservavo tutto come se fosse la prima volta che lo vedevo. In realtà giravo sempre in quel mistero di strade, ma vederle da un'altra prospettiva cambiava completamente la percezione delle cose, era come un'altra cittadella e non la mia nella quale sono cresciuta.
Ero corsa al finestrone ignorando il resto della casa, mi riscossi quando Ren mi poggiò una mano sulla spalla e mi girò verso di lui. Al momento arrossii, ma poi vidi il suo braccio che si allargava davanti a me
-”Benvenuta a casa Greenwich”-
-”Che onore! Sono in casa meridiano!”- oddio che battuta pessima.
-”Mannaggia! Ho perso una scommessa..”-
-”Che scommessa?”-
-”Alan aveva ragione”- sbuffò dirigendosi verso il corridoio.
-”Ragione di cosa?”- lo seguii.
-”Che avresti fatto una battuta del genere”- sorrise e mi prese per un polso avvicinandomi a lui.
Appoggiò la sua bocca al mio orecchio, e mi sussurrò
-”Tranquilla, lui non sa che sei qui”-
Rimasi di sasso, poi come se non fosse successo niente si era allontanato e mi aveva aperto una porta, diceva che era lì che avrei dormito, e ci sarei potuta rimanere quanto volessi.
Non voglio stare sulle sue spalle, cercherò un altro posto appena ho un lavoro, ecco, domani andrò alla ricerca di un posto di lavoro. Non è un buon periodo per chiedere lavoro, ma non sono una persona schizzinosa, a me va bene anche pulire nelle case, lavorare su un bar, lavorare di notte per riempire scaffali, fare inventari, qualsiasi cosa disponibile è ben accetta.
Mi passo la mano sull'orecchio, proprio dove Ren mi ha sussurrato, ancora non riesco a farmi specie di come abbia capito a quel che pensavo. A dire il vero non lo pensavo, mi è venuto il dubbio solo dopo che lui me l'ha esposto, ero così esaltata per quella casa che il mio cervello faceva ancora fatica ad assimilare tutto. Meglio così comunque, prima o poi mi sarebbe arrivato a far visita ed ora, so che posso stare tranquilla, almeno per un paio di giorni.
Non riuscirò a tenere nascosto a lungo questo ad Alan, lui verrà a sapere dove sto, e da chi sto. Non voglio nemmeno mettere a rischio Ren per un mio capriccio. Ora, più determinata che mai sono convinta a cercarmi un posto nuovo.
Qualcuno bussa alla porta.
-”SI?”- chiedo mentre esco dalla vasca.
-”Sei pronta?”- è la voce di Ren, bhè e di chi altri mi aspettavo?
-”Eh...si, un paio di minuti e sono da te!”-
-”Sbrigati che la cena è pronta!”- ride e sento i suoi passi allontanarsi.


Chiedo scusa per il ritardo.
E' da tanto che non pubblico e mi dispiace, ma sono stata un presa.
Spero di essere un po più puntuale con gli altri capitoli.

Inilis


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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Sono dentro ad un locale, un gran bel locale. Parquet a terra, soffitto a volta con dipinti dei fiori, non so definire quali, ma sono molto graziosi. Un bancone di legno, lungo una quindicina di metri, si presenta subito a sinistra dell'entrata.
Io ora mi trovo seduta in una saletta scura con travi a vista, ci saranno una decina di tavolini in legno lucido coordinati alle sedie. Una targhetta sopra dell'architrave indica che mi trovo nella sala dei fumatori, i minuti non passano, mi sfrego le mani contro le gambe, probabilmente per attenuare la tensione. E' la prima volta che faccio un colloquio..bhè..è la prima volta che lavoro in vita mia, quindi non so che aspettarmi da questo colloquio, non so che dire..probabilmente la verità. No, non dirò che sono fuggita di casa e che vivo con un amico, dirò solamente che non so fare nulla..che, in fin dei conti, è la verità, e la verità viene sempre a galla. Non posso dire di essere brava, di aver già lavorato da altre parti, ovvio che no, lo capirebbe subito appena mi vede alzare un vassoio..oddio, un vassoio..Scuoto la testa, non devo fasciarmela prima del tempo, e poi che vuoi che sia, sono capaci tutti di portare un vassoio no?
La porta a doppio battente di fronte a me si apre ed entra una figura non molto alta, probabilmente incinta, il vestito bianco lungo fino ai piedi le segna la pancia, ecco perchè stanno cercando. Sposto il mio sguardo e sul suo volto stanno appollaiati degli occhiali blu rettangolari, e una chioma bionda riccia è tenuta insieme da un becco.
La ragazza si siede di fronte a me e mi fissa allungando una mano.
-Piacere, Clode- mi dice con voce sicura e piuttosto pungente.
-Piacere...Lucy...- a differenza sua la mia era una voce incerta e intimorita, sicuramente un punto a mio svantaggio.
Lei continua a guardarmi, senza batter ciglio, probabilmente sta aspettando una mia reazione, o mi sta studiando, questo non lo so. Decido di essere io a rompere il ghiaccio
-Volevo chiederti se avevi bisogno di qualcuno..Lavapiatti, cameriera..non sono schizzinosa, l'importante è lavorare.-
Clode rimani lì fissa senza dirmi nulla, continua a guardarmi penetrando nelle mie ossa. Mi sento a disagio ma allo stesso tempo sono infastidita da questo suo comportamento, insomma o ti servo o non ti servo, non mi tieni qui sulle spine.
-Cosa sai fare?- mi domanda proprio mentre ero sul punto di andarmene.
-Nulla..nemmeno portare un vassoio- arrossisco dall'imbarazzo, mi sento così ridicola. Mi costringo a fare un sorriso, magari le faccio tenerezza.
-Bene- dice senza muoversi.
Lo prendo come un modo per dirmi che non sono la persona adatta a lei, quindi mi alzo dalla sedia
e le allungo la mano per salutarla. Lei me la stringe e dice
-Domani alle quattro, rimani in prova per cinque giorni- non mi da il tempo di reagire le uniche parole che mi escono sono un grazie, ma penso che non le abbia sentite.
Se ne sta uscendo dalla porta quando la fermo.
-Come mi devo vestire?- chiedo con più sicurezza.
-Maglia bianca e pantaloni scuri o Jeans- inspira- quando sarai assunta ti darò la divisa- e così dicendo se ne andò, lasciandomi sola.
-Se sarò assunta- dico a me stessa.
Esco e la trovo dietro al bancone, le sorrido
-A domani- ed esco.
Per il breve tragitto che c'è fino all'uscita sento i suoi occhi sulla mia schiena, mi trapassano, mi scrutano, mi studiano.. Domani sarà un incubo.


Eccomi qui, sono davanti e cerco il coraggio ad entrare. Ren questa settimana è via, ed io non sapevo con chi sfogare, Alan ancora non lo sa, mi sento una vigliacca. Sono passate due settimane, ma non ho ancora trovato il modo di dirglielo. Ora dovrò farlo, ma dopo il lavoro. Adesso devo concentrare tutte le mie forze in questa serata.
Spingo la porta, ad aspettarmi c'è Clode, con un sorriso fino alle orecchie.
-”Ciao”- mi dice venendomi incontro e accompagnandomi in uno stanzino rettangolare.
Apre un armadietto e mi indica il mio scompartimento.
-”Qui puoi appoggiare le tue cose, ora mettiti il grembiule e poi vieni dietro al banco”- se ne va, lasciandomi sola.
Mi allaccio il grembiule alla vita, è uno di quelli che copre solo le gambe, con la pubblicità della Beck's stampata sulla tasca che ricade sulla coscia sinistra.
Getto una grande soffiata d'aria e vado al banco.
Lei è lì che mi aspetta sorridente:
-”Il tuo compito è prendere le comande, poi le porti a me, io preparo e tu le riporterai al tavolo”-
sorride e poi aggiunge -” Ma prima impariamo a portare un vassoio e i numeri dei tavoli”-
Il tempo è passato velocemente, ora sono le sei, ho imparato a portare i vassoi, i numeri dei tavoli li tengo a mente, e ho conosciuto le mie colleghe, tutte più grandi di me, a quanto pare sono la piccola del gruppo.
Sembrano molto gentili, ma sai, l'apparenza inganna.


La serata è iniziata, sono impacciata, mi sento tanto un robot, porto liste, prendo ordini, e riporto al tavolo. Non mi soffermo a chiacchierare, nonostante qualcuno mi chiede informazione su di me ma io fuggo imbarazzata colorandomi di rosso.
Clode da dietro il banco mi sorride, mi dice di stare tranquilla e di non preoccuparmi, e di sorridere un po di più. Ma non ce la faccio, cioè, se non me la sento di sorridere io non sorrido solitamente, non riesco a capire come si possa sorridere spontaneamente, se sorrido si vede che è uno sforzo, io non ce la faccio proprio.
-”Hei come va?”- mi chiede Melly venendomi incontro ad aiutarmi con un vassoio un po troppo pieno.
-”Ehm..Passaparola la accetti come risposta?”-
-”Prima volta eh?”- mi sorride mentre andiamo in cucina a portare i bicchieri.
-”Si vede tanto?”- chiedo timorosa.
-”Oh nono..Cioè si, ma te stai cavando bene!”- continua a sorridermi, la invidio, lei è così..Solare, spontanea, il mio opposto in pratica.
-”Grazie, ma se faccio schifo, ti prego, dimmelo!”- le dico e cerco di sorridere, ma esce solo una smorfia.
-”Ne ho viste di peggio, fidati!”- mi strizza l'occhio -”Ora meglio che torni su, altrimenti ti viene a cercare”-
Torno al bar, sta arrivando un gruppo di quattro persone, Clode mi fa segno di preparargli un tavolo. Non so da che parte girarmi, vedo Melly che mi viene incontro.
-”Ti do una mano, questi tavoli pesano”- mi strizza l'occhio.
-”Grazie..”- le dico.
Spostiamo tavoli e sedie, Melly indica ai ragazzi il loro tavolo mentre io vado a prendere le liste.
-”Hei guarda chi c'è! Un nuovo acquisto Clode?”- urla un ragazzo asciutto, con al collo un colletto con borchie, alzo lo sguardo sul suo volto privo di barba. Occhi incavati nel volto, capelli neri.
-”Non fa per te Bac! Lasciala in pace!”- risponde Clode da dietro al banco.
Bac! Quindi.. No, no no! E' tutto sbagliato! Oddio no! Non può essere! Se c'è Bac c'è anche.. No! Non doveva andare così, non può andare così.. Dopo il lavoro, dopo il lavoro..Dopo il lavoro l'avrei chiamato, lui sarebbe venuto a prendermi e avremmo parlato.. No, così no.. Non.. Non voglio perderlo, non posso perderlo, non riuscirei mai senza di lui.. Mi manca l'aria, cerco di concentrami sulle liste, sul tavolo, appoggiare le liste al tavolo e poi andarmene immediatamente, si scappare.
Magari non mi avrebbe vista, magari non mi riconosce, magari..
-”Ma guarda chi c'è! Lucy! Non ti avevo riconosciuta!”- Bac continua ad urlare, non urlare stupido! Così ti sentirà, così si accorgerà di me, così io lo perderò. Mi maledico, quanto mai non gli ho parlato, quanto mai non gliel'ho detto.
-”Hei Bac, ciao..”- sorrido istericamente mentre appoggio le liste sul tavolo e svanisco.
-”Non rimani qui con noi?”- esorta lui, ma Clode interviene
-”Lasciala stare Bac, è la prima sera, è già abbastanza impaurita.”-
Guardo Clode, poi Bac, poi.. Tolgo lo sguardo, non voglio guardarlo, non voglio incontrare il suo sguardo, ho paura. Che penserà di me? Della ragazza che ha trovato sulle scale? Di quella che ha ospitato a casa sua? Della ragazza che veniva a trovarlo tutti i giorni, che passava le sue giornate a casa sua da sola pur di non stare a casa? Che penserà di me? Cosa dirà della mia fuga? Lo sa? Cosa dirà del mio lavoro? Si chiederà perchè non gli ho detto nulla, si chiederà perchè sono sparita.
Sento gli occhi bollire, ma non posso continuare a stare qui, non posso piangere qui.. Voglio andarmene, voglio andare a farmi un giro, a correre e sfogare queste lacrime in un angolo da sola.. Sento che il mostro che mi attanaglia il petto inizia a farsi preda di me.
-”Lucy? Tutto bene?”- mi chiede Clode, con sguardo preoccupato. Alan, questi sono i suoi occhi, non posso sbagliarmi, i suoi occhi sulla mia pelle hanno un diverso contatto, caldo, pacifico..
-”Si.. fa solo un po troppo caldo qui!”- cerco di sorridere.
-”Sono freddolosa io!”- mi dice ridendo -”Sono le dieci, vai pure, per sta sera hai fatto anche troppo”- mi sorride.
-”Ho perso la mia occasione?”- le chiedo preoccupata.
-”No”- mi dice come se le avessi chiesto se la Terra è rotonda -”Ci vediamo domani alle cinque Lucy.”-
Vado verso lo spogliatoio prendo le mie cose, saluto Melly, ma ho fretta, voglio andarmene il prima possibile.
-”Ciao ragazzi!”- dico sfuggevole al tavolo di Alan, poi esco dalla porta.
L'aria mi fa riprendere, quanto è bella l'aria pura, quanto è bello essere all'aperto. Quella sensazione di panico inizia a sbiadire man mano che mi avvicino ad un viale alberato, l'odore della natura mi fa sentire meglio.
Arrivata mi lascio andare su una panchina, e guardo il cielo stellato. Quanto è bello, cattura tutta la mia anima, portando con se tutti i miei mali.
Non voglio tornare a casa, mi sento bene qui, a casa di Ren sarei sola, senza nessuno con cui parlare, senza nessuno che mi possa ascoltare, senza nessuno che mi dica che tutto va bene, senza..
Delle braccia mi tirano, il mio corpo reagisce come reagirebbe una bambola di pezza, finisco con il volto sul petto..Gelsomino..Stringo le mani attorno al maglioncino mentre mi metto a sedere sulle sue gambe. Inizio a piangere, senza contegno, senza misura.
Le sue braccia mi stringono forte, avvolgendomi, emanando calore che riempie il mio cuore. Lo sento diventare più grande, i battiti che prima nemmeno si sentivano iniziano a vorticare, ormai pulso anche io insieme a lui, la testa, le mani, le gambe, sono sincronizzate col battito del mio cuore, sto riprendendo a vivere grazie a lui..
Non voglio parlare, voglio solo rimanere qui, fra le sue braccia, per sempre.
Mi accarezza i capelli, dandomi dei leggeri sbuffi con le labbra sulla fronte.
-”Lu..”- mi dice dolcemente, alzo lo sguardo e lo fisso negli occhi. I suoi occhi sono più neri del solito, il suo volto non è cambiato, mi guarda sempre con quella punta di tenerezza. Vorrei piangere ancora, voglio svuotare tutto il serbatoio, e poi mettere un tappo per non averne più di quelle lacrime.
-”Alan io..”- cerco di dire, ma lui mi zittisce sfregando il pollice sulle labbra.
-”Ti prego, non piangere più”- mi dice mentre il pollice si sposta sotto agli occhi.
-”Non ce la faccio a vederti così”- la sua voce è morbida, la sua mano mi accarezza il volto ed io mi lascio cullare, sfregando la guancia contro il palmo.
Passiamo un buon quarto d'ora a stringerci, a coccolarci, a calmarci a vicenda, ma nessuno dei due parla, come se le parole sono superflue, tutto è passato ora che siamo di nuovo io e lui. Ma io voglio dirgli, voglio spiegargli, voglio parlargli..
-”Alan sono scappata di casa”- lui lascia cadere le mani e mi guarda con durezza.
-”Scappata, me ne sono andata, lei lo sa. E' per questo che ho cercato lavoro, è per questo..”-
-”Che non ti sei fatta viva vero?”- finisce lui.
-”Si..”- dico lasciandomi andare sulla panchina, ma lui mi blocca, tenendomi in braccio e costringendo i miei occhi a guardarlo.
-”Te l'avrei detto, davvero.. Volevo solo far passare questa sera poi ti avrei chiamato, tu saresti venuto a prendermi, avremmo parlato, e poi”- sospiro -”Tu avresti deciso di rimanere o meno mio amico”-
Sento il suo corpo sotto di me irrigidirsi.
-”Tu credevi che io non sarei più stato tuo amico?”-
-”Si, perchè tu hai tutte quelle morali, e i principi e..Io non ti merito!”- mi sfrego le mani sugli occhi -”Ma tutto è andato a puttane, quindi tanto vale che me lo dici adesso”-
-”Hai ragione Lucy! Io non voglio più essere tuo amico!”- dice arrabbiato -”Mi hai mentito, non ti sei fatta sentire per settimane, ti ritrovo in un bar a portare da bere, e ti seguo fuori dal locale abbandonando tutti solo per dirti che non sei più mia amica!”- fa una pausa -” Cristo santo Lucy! Ma che hai nel cervello eh?! Non siamo più all'asilo! Tu sei molto di più di un'amica! Pensi davvero che butterei nel cesso questi mesi passati con te? Lo pensi davvero? Mi fai così superficiale? Tutti abbiamo i nostri periodi, non ti sei fatta sentire perchè avevi problemi, quando ti sentivi meglio saresti venuta da me a raccontarmi, come hai sempre fatto! Cazzo..”- non lo avevo mai visto così, non mi ha mai urlato contro.. Gli occhi..Non ce la faccio a trattenerle, scusami Alan ma proprio non ce la faccio, non ce la faccio.
-”Scusa”- dico fra un singhiozzo e l'altro. Ma le sue braccia stanno già facendo da scudo riparatore.
-”Ti avevo chiesto di non piangere”- dice con morbidezza.
-”Lo so, scusa ma non sono riuscita a trattenerle..”-
-”Scusami tu, ho esagerato”- mi da un bacio sulla guancia, arrossisco, il cuore mi tamburella in gola mozzando il fiato.
Mi asciugo le lacrime, e gli sorrido, non voglio che pensi che piango solo per intenerirlo.
-”Sai, dovevo lavare questo maglioncino, è sporco”- gli indico una macchia.
-”Sai? Quella macchia gliel'hai fatta tu prima, col mascara!”- mi sorride. La mia isola, mi perdo lasciandomi trasportare dalle emozioni che mi trasmette il suo sorriso. Solo lui ci riesce, solo lui..

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