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Ciao a tutti. In Sardegna ho scrittoqueste flash cui pensavoda tempo. Mi sono
lasciata andare ascoltando “Scatterheart” di Bjork e
le immagini che mi si sono presentate davanti agli occhi sono quelle che ho
cercato di riportare a parole. Sono i pensieri dei Saiyukiboys da bambini o ragazzi, ricordi di momenti o persone
che per loro hanno significato qualcosa di particolare e che hanno perso o
pensano di aver perduto. Comincio con Sanzo, o meglio
il giovane Koryu.
Tra virgolette è riportato il testo di “Scatterheart”
di Bjork.
Spero sia di vostro gradimento.
A voi.
Scatterheart
Koryu
“Black
night is falling
The sun is gone to bed
The innocent are dreaming
As you should sleepy-head
Sleepy-head, sleepy-head”
I capelli biondi del Maestro profumavano di fiori e la sua
pelle di pulito, del candido odore delle persone buone. Koryu
amava affondare il faccino nel suo petto, intrecciando tra le dita i morbidi
fili color sabbia. Quando Koryu era molto piccolo Komyo lo lasciava dormire nel suo letto, specialmente nelle
notti in cui era più inquieto, mugolando con voce dolce le note di una
ninnananna, affinché si addormentasse. In quei momenti si sentiva così al
sicuro da desiderare che la notte durasse per sempre.
I capelli biondi erano ricoperti da sangue nero. Un tempo
erano così belli, morbidi, ora parevano solo un groviglio informe e orribile. E
quel viso: sulla testa mozzata non c’era alcuna espressione di terrore o di
dolore, solo la morte, muta e gelida.
Nessun suono sarebbe più uscito da quelle labbra gentili, niente più baci,
niente più risate.
Niente più ninnananne.
Questa è dedicata a Gojyo, il suo rapporto col fratello maggiore e la loro
vicenda mi commuove sempre, mi tocca il cuore davvero, credo che tra tutte le
vicende, sia quella che più si avvicina alla realtà in cui viviamo, e questo
provoca in me molte emozioni profonde, se penso che c’è gente che certe cose le
vive sulla propria pelle.
Eccovi il secondo “cuore disperso”, come lo chiamo io, traducendo “a cazzum” il titolo della canzone.
A voi.
Gojyo
“All
the love above
I send into you
Comfort and protection
I'll watch over you
But don't ask me
What's gonna happen next
I know the future
I'd love to lead you the way
Just to make it easier on you”
Cosa fosse un padre, Gojyo non lo avrebbe mai saputo. Ma quello che sapeva di
certo era che poteva contare sull’affetto di Jien. Il
sorriso del fratello era più dolce delle crostate – che raramente mangiava – e
più rassicurante della vecchia e pesante coperta che usavano per ripararsi
d’inverno.
Aveva la sicurezza che lui ci sarebbe sempre stato.
Sempre presente. Sempre vicino. Pronto a proteggerlo da ogni cosa.
Le lacrime sul viso di Jien erano dure come promesse infrante. Immobile come una statua
rimase a lungo a fissare il fratello maggiore, mentre sentiva il sangue, caldo
e appiccicoso, colare lungo la guancia sfregiata. Solo quando gli voltò le spalle,
capì di averlo perduto per sempre. Jien non c’era più.
Non più presente. Non più vicino. Non poteva più proteggerlo da ogni cosa.
Ecco la flash su Gono. È forte, il
paragone che ho deciso di fare con la “carne umana”, ma non stavo cercando
eleganza stilistica, ma una metafora forte per quello che Gono ha commesso. Non
ci si può nascondere dietro a un dito, una carneficina resta una carneficina e
lui ha ucciso anche esseri umani innocenti. So anche benissimo che lui diventa
un demone dopo che Chin’iso lo provoca e lui lo uccide, trasformandosi in
demone, ma la perdita della sua umanità credo fosse iniziata già dal primo
omicidio.
A
voi.
Gono
“My
Dearest
Scatterheart
There is comfort
Right in the eye
Of the hurricane
Just to make it easier on you”
Era sempre stato un bambino
difficile, aveva sempre e solo voluto l’amore della gemella mai conosciuta,
rifiutando quindi ogni contatto, ogni tentativo di avvicinamento, gelando
chiunque con i suoi occhi color verde lago.
Fino a che altri occhi verdi come i suoi, ma grandi e profondi, non gli
strapparono il cuore.
Sentiva finalmente di appartenere a un luogo, a una persona, di non dover aver
paura di aprire se stesso. Non con lei, non con Kanan, metà della sua vita. Nessuna
paura.
Lui, che non aveva mai posseduto niente, ora sentiva di avere tutto. Aveva
tutto solo abbandonandosi tra le sue braccia, appoggiando il viso al suo seno
accogliente.
Le sbarre ormai erano diventate
come carne tra le sue dita, tanto le aveva strette. Erano calde, viscide, come
il sangue che aveva versato in quel castello, quella notte. Come il sangue che
usciva ancora dal ventre della sua gemella, da quella che era stata la metà
della sua vita.
Lui, che aveva tra le mani tutto trovando Kanan, ora era rimasto senza niente.
Se non con quelle sbarre, umide, calde e viscide, come carne umana. Carne
umana, che lui non era più.
Mi sono lasciata trascinare da Aronofsky per quel che riguarda la primavera e l’inverno
citati alla fine. Questa è l’ultima flash, ho dovuto aspettare la notte per
scriverla, perché quella che avevo scritto al mare non mi piaceva più e ho
dovuto quindi rischiare con qualcosa di nuovo. Credo che il risultato sia
quello che volevo ottenere: dolcezza infantile e poi il dramma della perdita di
Goku. Ovviamente mi sono rifatta al Gaiden per questa
perdita importante.
Spero sia di vostro gradimento anche questa flash, un po’ più lunga delle
altre.
Ringrazio quelle anime pie che hanno
letto questo mio primo esperimento con le flash e chi tanto gentilmente mi ha
lasciato la sua opinione. Grazie davvero.
A voi.
Goku
“All the hurt in the world You know There's nothing I'd love to do more Than spare you from that burden It's gonna be hard
If I only could Shelter you From that pain Just to make it easier on you”
Famiglia. Aveva letto la parola in uno dei libri che Tenpo gli
aveva regalato. Che cos’era una famiglia? Lui non ce l’aveva…
o forse sì. Nelle vignette c’erano sempre un uomo e una donna e uno o più
bambini. Non aveva compreso bene cosa diceva la didascalia che spiegava
l’immagine, così aveva chiesto a Tenpo. Gli aveva spiegato che una famiglia era
composta da persone che si amavano, che non era necessariamentecome quella dell’immagine. Allora aveva
sorriso, dicendo che loro erano la sua famiglia. Konzen era come un padre,
Tenpo uno zio, Kenren il fratello maggiore, e Nataku l’amico di una vita.
Li amava tutti. Erano suoi. La sua famiglia. I suoi amici. Il suo tutto.
Tra le dita aveva solo cenere. Tutto era diventato nient’altro che
quello. Esattamente come i resti di Konzen scivolavano via dalle sue dita, i
ricordi gli bombardavano la testa. I loro visi, le loro voci, i loro profumi,
il tocco delle loro mani. Tutto svanito.
Il dolore era così forte che lo rese folle, tra le dita non aveva più neanche
quel poco che era rimasto e non poteva… non poteva…
I petali dei ciliegi caddero, l’equilibrio si era spezzato per
sempre. Un animo puro e candido era stato ferito, macchiato, distrutto. Un
cuore a pezzi disperdeva il suo dolore.
E non ci sarebbe stata più vita, in quei fragili rami.
Niente più Primavera.
Non fino alla fine del suo Inverno.