A breath of life

di revengekc
(/viewuser.php?uid=363837)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alone ***
Capitolo 2: *** Run ***
Capitolo 3: *** Like a flower ***



Capitolo 1
*** Alone ***


 Si svegliò di soprassalto. Era madida di sudore, una lacrima sfuggì dai suoi occhi. L'aveva sognato di nuovo. Il cuore di lui stretto nel pugno dell'ibrido, mentre i suoi occhi mori si spegnevano guardando il suo assassino, una macchia di sangue a terra, che piano piano si allargava, come l'inchiostro sulla stoffa. E lei lontana, a casa sua, senza poter fare niente, senza poterlo salvare, senza poter frenare l'ira omicida dell'originale. Senza neanche sapere, quando, dove. Era passata quasi una settimana da quando Tyler aveva dovuto lasciare Mystic Falls, Elena e gli altri erano tornati dalla ricerca della cura, portando nient'altro che brutte, pessime notizie. La cura era stata rubata, Silas era tornato in vita. E Jeremy era morto. Elena era a pezzi, spenta, e Damon l'aveva costretta a spengere anche la sua umanità. Non poteva davvero andare peggio di così. Caroline non aveva detto quasi niente su Tyler e Klaus ai suoi amici, aveva paura di sembrare inappropriata, insignificante, davanti al dolore di Elena, al dolore di tutti quanti. Come sempre, si era sentita inferiore, e si era rifugiata nella solitudine delle sue angosce. Solitudine. Sì, in quel momento si sentiva infinitamente e irrimediabilmente sola, abbandonata da tutto e da tutti. Ed era tutta colpa sua. Aveva sfidato Klaus per troppe volte, troppe volte aveva superato il limite, aveva esagerato. Lei e Tyler, e tutti gli altri, avevano esagerato. Ed adesso Klaus si era rivoltato contro Tyler, aveva sete di vendetta. E la sete è la tentazione peggiore per un vampiro. Niente sarebbe stato in grado fermarlo, lei lo sapeva, lo capiva. Ma non poteva continuare a stare chiusa in casa, a fare incubi terribili, incubi che sarebbero presto divenuti realtà. A meno che lei non facesse qualcosa per impedirlo. Doveva fare qualcosa. O si sarebbe sentita in colpa per tutta la vita. E sola, completamente sola. L'unico modo per superare le proprie paure era affrontarle, doveva andare a cercare Tyler e trovare il modo di salvarlo. Perché Tyler era ancora vivo, lo sapeva, non poteva essere… No, non voleva neanche pensare ad una cosa del genere. I suoi incubi le bastavano.
Scese dal letto, e nell'oscurità della notte i suoi occhi brillarono di determinazione. Sarebbe andata a cercarlo.



 
 
 
***



 
 
Si stava rigirando il braccialetto tra le dita, accarezzando le tre piccole pietre intrecciate nel cuoio: erano corniole*, simbolo dell'energia del sangue, cremisi come quella linfa vitale di cui adesso aveva ossessivamente bisogno. Non era proprio un bisogno, lo voleva, ad ogni costo, voleva il suo sangue, il sangue del proprietario di quel maledetto braccialetto. Lo aveva trovato nel salotto di quella prigione d'aria in cui era stato intrappolato da quella stupida strega. Il salotto infernale in cui era stato costretto ad assistere alla morte del fratello, in cui aveva visto il suo corpo carbonizzarsi, fino a diventare quasi irriconoscibile. Il salotto gelido in cui era tornata a galla la sua debolezza, l'umanità che credeva ormai affondata per sempre in qualche secolo passato, lì aveva versato la sua prima vera lacrima: per Kol. Per Caroline. Ancora non riusciva a capire come era potuto accadere, come poteva quella giovane vampira influenzarlo così tanto. Gli era sembrata insignificante e fastidiosa come tutti gli altri abitanti di quella città, doveva essere come gli altri. Eppure non lo era. Quando parlava con lei desiderava dimenticare chi era, tutto il dolore che aveva causato. La conosceva così poco, ma sentiva che voleva cambiare sé stesso per lei; e quando lo guardava, con quegli occhi così azzurri, si sentiva vulnerabile, in qualche modo vincibile. Ma gli piaceva passare il tempo vicino a lei. Quando l'aveva morsa, e l'aveva resa morente, l'aveva fatto per ricordare a tutti che era invincibile, senza scrupoli. O l'aveva fatto per ricordarlo a sé stesso? Lui non aveva un cuore, non provava nient'altro che rabbia e rancore. E allora perché non riusciva a smettere di pensare ai suoi occhi pieni di lacrime, alle sue urla, al suo volto pieno di sofferenza? Le parole della ragazza rimbombavano nella sua testa: So che sei innamorato di me. Innamorato? Che cos'era l'amore, se non un'insignificante sentimento pieno di debolezze? Lui non conosceva l'amore. Non più. Ma mentre lei era lì, davanti a lui, a un passo dalla morte, gli era nata una strana sensazione alla bocca dello stomaco, che non l'aveva più abbandonato; anche in quel momento, guardando quel braccialetto, poteva percepirla. Che cos'era? Non poteva certo sentirsi in colpa. Eppure, per la prima volta, far soffrire gli altri non lo aveva fatto stare meglio, non aveva placato la sua perpetua bramosia di sangue. Anzi, si sentiva ancora peggio. Per questo doveva trovare lui, ed ucciderlo. Per questo era tornato a Chicago. Lì c'era la persona che poteva aiutarlo. Avrebbe usato il braccialetto per localizzarlo. Sapeva che era suo, l'aveva visto cadere dal polso di Tyler, quando aveva cercato di minacciarlo. Pessima mossa, quella di minacciarlo: adesso avrebbe pagato. Ma non era l'unico motivo per cui voleva ucciderlo. Aveva spezzato il legame di asservimento, e poi aveva spinto anche tutti gli altri suoi ibridi a farlo. Aveva fatto sì che rimanesse solo. E poi aveva lei, aveva il suo cuore. E Klaus non poteva sopportarlo.



























 

*Corniolali antichi egiziani ritenevano che la pietra fosse sacra ad Iside, la dea che ricompose il corpo di Osiride riportandolo in vita. Quindi la corniola è sempre stata ritenuta come l'energia del sangue, ovvero come quella pietra che dà coraggio ed elimina ogni paura, anche quella della morte. (fonte:http://www.intrage.it/intrattenimento/oroscopo/linguaggio_delle_pietre.shtml)





--------------------------------------------------------------------------------------------------------
Note dell'autrice:
Ecco qua. Questo è un breve capitolo di introduzione della mia opera. È un'idea che mi è venuta qualche mese fa, e adesso mi sono decisa a pubblicarla. Ovviamente la mia grande ispirazione sono stati i bellissi Klaus e Caroline, coppia che amo con tutto il cuore, e la storia è proprio incentrata su di loro. È la prima fanfiction che scrivo quindi accetto molto volentieri qualsiasi tipo di consiglio, commento o nota. Spero di avervi incuriositi abbastanza :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Run ***


La macchina correva lungo la strada, la ragazza vedeva sfrecciare accanto a se l'ombra degli alberi nella notte. Dietro di sé, ormai lontano, aveva lasciato la sua casa, il posto in cui era cresciuta, i suoi amici, Elena, Bonnie, Matt, i Salvatore, tutti i suoi ricordi. E sua madre. Vedeva ancora davanti a sé, come impresso negli occhi, il suo volto pieno di lacrime, lacrime di dolore, iniziate a sgorgare quando le aveva detto cosa aveva deciso di fare. Poche ore prima, dopo l'incubo, aveva deciso di salvare Tyler. E così, dopo aver preparato lo stretto necessario, era andata da sua madre per dirle addio. Liz, che nonostante fosse stata sempre molto assente a causa del suo lavoro, aveva sempre cercato di colmare quel posto che il padre di Caroline, abbandonandole entrambe, aveva lasciato vuoto, e si era impegnata a non farle mancare niente. Lei e sua figlia non erano mai andate d'accordo, ma dopo che era diventata vampira, aveva iniziato ad ascoltarla di più e a capirla meglio, e tra loro era nato un grande rapporto di fiducia e comprensione. Caroline le voleva bene più che a qualsiasi altra persona al mondo, ma doveva prendersi le sue responsabilità e lasciarla andare.
-Mamma, devo dirti una cosa. Devo andarmene. Non posso più rimanere qui. Tyler è stato costretto a fuggire, la sua vita è in pericolo, per quanto ancora posso vivere qua, al sicuro, sapendo che lui rischia ogni secondo di più di cadere nelle mani di Klaus? È tutta colpa mia, non dovevo lasciarlo andare, avrei dovuto trovare un modo, convincere Klaus, e invece non ci sono riuscita. Devo riuscire a salvarlo,  devo aggiustare tutto.- una lacrima le rigò la guancia, Non doveva piangere, doveva essere forte per sua madre, doveva farle capire che ormai era cresciuta, che era pronta a prendersi le sue responsabilità. - Ti voglio bene, mamma, e sempre te ne vorrò. Un giorno tornerò, e sarà solo per te. - accennò un sorriso. Liz la guardava, con gli occhi pieni di pianto. Non era riuscita ad aprire bocca per tutto il tempo. L'aveva vista crescere, conosceva perfettamente quello sguardo, quei bellissimi occhi azzurri erano pieni di determinazione. Ricambiò il sorriso della figlia. L'aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato, sapeva che non avrebbe potuto fare niente per trattenere a sé la sua Caroline.
La vampira ripensò all'abbraccio che si erano scambiate, si erano strette per minuti, minuti che erano volati troppo velocemente, scivolati via per non ritornare, lasciandosi dietro soltanto il loro riflesso, impresso nei ricordi delle due donne, madre e figlia mentre si dicevano addio. Ricordò la voce della madre -Andrà tutto bene, tesoro. Ti voglio bene.- le aveva sussurrato prima di sciogliere quell'ultimo abbraccio.
Aveva salutato soltanto lei, e poi era salita in macchina, senza voltarsi indietro. Sapeva che se lo avesse fatto, se avesse indugiato un secondo soltanto, avrebbe perso la forza di continuare a guidare, non sarebbe riuscita a lasciare casa.
Adesso guidava attraversando l'ennesimo paesino, pieno di edifici e luci, eppure apparentemente così vuoto a quell'ora della notte. Dovevano essere già passate le tre, sarebbe arrivata entro la sera del giorno seguente. Sapeva dove andare.
Aveva subito capito quale sarebbe stata la prima tappa della fuga di Tyler: Florida. Lo zio dell'ibrido, Mason, aveva vissuto per qualche anno in Florida, vicino Tallahassee e lì aveva lasciato un piccolo appartamento. Era un posto scontato, il primo da associare a lui, ma era sicura che ci sarebbe passato, e lei avrebbe trovato qualche indizio su che pista seguire.
 
 
 
***
 
 
 
Correva. Correva da ore, da giorni, era l'unica cosa che ricordava. Mystic Falls era ormai lontana, non solo nello spazio. L'aveva spinta nella parte più remota della sua mente, come un brutto ricordo, che vuoi dimenticare a tutti i costi. Aveva promesso. Aveva detto che avrebbe dimenticato. Che sarebbe stato felice. Ma come era possibile dimenticare la propria vita? Dimenticare chi era? Perché Mystic Falls era lui, le persone che la abitavano facevano parte di lui. Soprattutto lei.. Ma no, non doveva pensarci, non doveva pensare.
Correva. Il bosco intorno a lui lo avvolgeva come in un abbraccio infinito, la voce degli uccelli lo accompagnava, le strida dei grilli contavano i suoi passi. Aveva lasciato la città da giorni. Si era fermato più del previsto in quell'appartamento, lo sapeva, ma non era riuscito a resistere. Aveva frugato tutti i cassetti, tutte le scatole dello zio. Aveva trovato perfino un album di fotografie: si era steso sul divano e aveva iniziato a sfogliarlo, ammirando le foto di suo padre insieme al fratello. C'era anche una sua foto da bambino; evidentemente i sui genitori l'avevano mandata allo zio per una delle tante feste in famiglia che si era perso. Sul retro della vecchia fotografia c'era scritto "Tuo nipote Tyler è cresciuto tanto, a volte chiede di te. Ci manchi, la tua famiglia". Mason doveva averla ignorata, come la maggior parte delle altre lettere. Ma ciò che l'aveva spinto a ripartire, ciò che gli aveva dato una nuova meta, era stato un semplice messaggio vocale nella segreteria dello zio Mason. Era stato lasciato prima della morte di lui, o almeno prima che tutti ne venissero a conoscenza. La voce grave diceva che avrebbero aspettato Mason nel solito posto, vicino alla città. Se voleva tornare lo avrebbero accolto come un fratello. Per chi non era un lupo quel messaggio sarebbe stato poco chiaro, ma al ragazzo aveva dato la conferma che c'era un branco di licantropi nei boschi vicini a Tallahassee, e lui voleva trovarlo a tutti i costi. Gli serviva una protezione, non poteva combattere da solo contro l'originale, non avrebbe avuto alcuna possibilità. Vista la sua natura ibrida, era più forte di qualsiasi altro lupo, e non avrebbe avuto difficoltà a diventare in poco tempo capo-branco. Ma questo branco si era nascosto bene, era difficile da localizzare, e lui era da giorni che lo cercava. Fortunatamente la Luna Piena stava arrivando. Il peggior nemico dei lupi, li avrebbe smascherati: durante la trasformazione si perde il controllo e non si bada più alla prudenza. Se in quel bosco c'era un branco di licantropi, lui li avrebbe trovati. Nel frattempo correva, il più lontano possibile dal suo predatore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Note dell’autrice:
Si, lo so, anche questo capitolo è miseramente lungo, ma fa parte dell'introduzione, insieme al primo; considerateli come un unico capitolo. Ho presentato tutti e tre i personaggi principali, da qui in avanti la storia si svilupperà su questi tre punti di vista differenti, e spero che si capisca bene quando cambio personaggio. Ancora niente Klaroline praticamente: vi chiedo di pazientare un po'. Non mi piace fare le cose troppo di fretta, provo a costruire la storia piano piano, analizzando ogni piccolo dettaglio. Non voglio rischiare di essere banale nella trama e di saltare subito al finale scontato. Comunque vi basti sapere che per me il Klaroline è meant to be, so..
Non so quanto spesso potrò aggiornare, proprio perché ci metto molto a scrivere e perfezionare ogni capitolo. Spero comunque che vi abbia incuriosito abbastanza per ora, e che continuiate a seguirmi! Ah, e vi prometto che il prossimo capitolo sarà più lungo. A proposito, vi lascio un piccolo spoiler dal terzo capitolo: introdurrò un nuovo personaggio, che spero possa ottenere un ruolo importante nello svolgimento della storia; ho scelto un’attrice per dargli un volto, Madison Mclaughlin
 

 
 
Grazie infinite a quelli che hanno recensito il capitolo precedente, mi avete strappato piú di un sorriso di gioia pura. Davvero grazie :) 
Alla prossima, Ali.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Like a flower ***


Era ormai l'alba quando, esausta, fermò l'auto. Era da un giorno e mezzo che guidava quasi ininterrottamente, e aveva passato le ultime ore a girare per Tallahasse, cercando l'appartamento. Tirando un sospiro scese dall'auto; era davvero stanca, ma almeno era arrivata a destinazione. Il cielo si era ingrigito, stavano iniziando a cadere piccole gocce d’acqua, ma non sembrava che dovesse durare. Guardò la semplice porta verde davanti a sé, dalla parte opposta della strada, l'appartamento non doveva essere molto grande, cinque stanze al massimo, forse una cantina, ma niente di più. Mason aveva scelto un quartiere davvero molto silenzioso, tranquillo, nella periferia da dove già si poteva scorgere la foresta poco fuori città. Probabilmente aveva scelto quel collocamento per non essere notato dai vicini, o dalle persone in generale, per dare nell'occhio il meno possibile, soprattutto nelle notti di Luna Piena. La Luna Piena: ecco che cosa aveva dimenticato. Quella notte ci sarebbe stata la Luna Piena, pessima scelta come giorno per andare a curiosare dentro la casa di un lupo mannaro morto, che con molta probabilità aveva lasciato altri lupi mannari vivi che non aspettavano altro che vendicarsi su un vampiro solo e giovane come lei. Caroline scacciò questi pensieri bruscamente; Tyler aveva bisogno di lei, non aveva tempo di farsi intimorire da una stupida luna, un po' più visibile e bianca del solito. Si guardò intorno cauta, per controllare con più attenzione che non ci fosse nessuno che potesse vederla, ma la strada sembrava totalmente deserta, quasi inquietantemente deserta. Così si decise a raggiungere la porta dell'appartamento e mosse la mano sulla maniglia. Fece una leggera pressione, e senza sforzo riuscì a spalancare la porta. Strano - pensò allertando i sensi - niente lucchetto. Entrò comunque, scrutando tesa l'ambiente nella penombra che si trovò di fronte. L'ingresso dava subito su un salotto, c'era un piccolo divano scuro proprio davanti a lei, e un tavolino di legno con sopra alcuni scatoloni aperti. Più a destra c'era una modesta libreria, e i muri erano addobbati con pochi quadri raffiguranti paesaggi colorati e quasi onirici, a parere di Caroline. Si avvicinò agli scatoloni e subito qualcosa catturò il suo sguardo: c'era una vecchia fotografia, la fotografia di un bambino, Tyler. Quasi inciampò per la contentezza, mentre si allungava per prenderla tra le dita. Sì, era proprio il suo Tyler quello raffigurato nella foto; non si era sbagliata, era riuscita a trovare la casa giusta. Si voltò e freneticamente iniziò a girare per le poche stanze, in cerca di un indizio, qualsiasi cosa, che potesse suggerirgli che lui era ancora vivo ed era passato di lì.
Improvvisamente sentì un dolore lancinante alla nuca, la vista le si annebbiò, le ginocchia le cedettero. Mentre provava a riprendersi, e a mettersi in posizione d'attacco, una voce le fece spalancare gli occhi dallo stupore: -Quanto tempo, succhiasangue. È sempre un piacere.- Un'altra fitta, alla spalla sinistra, la costrinse a chiudere gli occhi per un secondo. Poi le zanne le forarono le gengive, e minacciose uscirono dal loro nascondiglio: -Hayley!- ringhiò. Come aveva fatto a non sentirla arrivare? Si maledisse per aver abbassato stupidamente la guardia, e balzando in piedi si pose di fronte all'insopportabile lupa, gli occhi iniettati di sangue e le zanne pronte a squarciare.
Ma prima che potesse attaccare, un altro particolare la distrasse nuovamente, facendola rimanere immobile, a guardare alle spalle di Hayley imbambolata. Sul tavolo, proprio dietro a lei c'era un fiore. Non un fiore qualsiasi, era il fiore, il loro fiore. Non ancora seccato del tutto, il Non ti scordar di me era posato proprio al centro del tavolo, con una grazia tutta sua. Concentrandosi su di esso Caroline poté anche sentirne il profumo, lieve e delicato, indimenticabile, proprio come l'amore che rappresentava. Una serie di immagini le tornarono alla memoria: lei, Tyler, sdraiati sull'erba di un prato nascosto, nei pressi di Mystic Falls. Un fiore. Il fiore. La frase di lui: -Quando tutto sarà finito, andremo insieme in Georgia. Solo noi due. Ho sentito che lì si possono trovare campi interi di Non ti scordar di me. Ne voglio uno tutto per te, e ogni giorno coglierò un fiore e te lo porterò. E la nostra vita sarà perfetta, spensierata.- Le immagini sfumarono e una terza fitta la riportò al presente. Hayley l'aveva colpita di nuovo, questa volta più forte, alla testa. Probabilmente l'energia della luna piena che di lì a poche ore sarebbe sorta le aveva dato molta più forza del normale. Il colpo rimbombò nella testa di Caroline, e la sua vista cominciò ad annerirsi nuovamente, sempre di più. Rivolse un altro sguardo a quel fiore così semplice eppure così importante e pieno di significato: la prova che Tyler era stato lì, e che aveva voluto lasciare un messaggio, nel caso che lei avesse mai deciso di cercarlo. Fu l'ultima cosa che vide, poi il buio la avvolse completamente.


 
***
 


-Allora? Puoi aiutarmi o no?- soffiò a denti stretti con il tono più minaccioso che poté. Quella strega lo stava incredibilmente irritando, e se non si fosse decisa a parlare nei seguenti attimi, quegli attimi sarebbero stati gli ultimi della sua inutile esistenza, pensò l'ibrido mentre la rabbia lo assaliva togliendogli mano a mano il controllo delle sue azioni. Le zanne stavano uscendo, allungandosi sempre di più, finché arrivarono a sfiorare il labbro inferiore di Klaus. I suoi occhi si fissarono in quelli della donna imprigionata tra i suoi artigli: tutto ciò che vide in essi era paura, paura del mostro che di fronte a lei si stava trasformando in un qualcosa di ancor più demoniaco. Nessuna traccia di orgoglio, fierezza, o arroganza che potesse essere la causa del suo silenzio. Solo paura. E quando Klaus vide quella paura, la riconobbe bene: era la stessa che lui trovava sempre nei propri occhi, paura di quello che avrebbe potuto fare, se avesse perso il controllo, se avesse permesso di nuovo che la rabbia incontrollabile che covava prendesse il sopravvento. Quando succedeva, il suo desiderio di sangue diventava insaziabile. Si prendeva una vita dopo l’altra, con una facilità che spaventava anche sé stesso, succhiando l’anima a chiunque incrociasse la sua furia. Ma sentiva il peso di ogni singolo morto, di ogni lacrima che aveva provocato; se lo portava sempre dietro, sentendolo aggravare sempre più, ogni volta che perdeva il controllo.
Fu in quel momento che si ricordò della strana sensazione alla bocca dello stomaco, quella che era nata pochi giorni prima. Le zanne, lentamente, tornarono a nascondersi, gli occhi ripresero il loro colore azzurro, gli artigli si ritirarono. L'ibrido lasciò la donna e fece un passo indietro, per farla respirare di nuovo con libertà. Poi le pose di nuovo la domanda, che però questa volta suonò molto più disperata che minacciosa. La strega, con quello che sembrò un enorme sforzo per lei, riuscì a dire: - E'.. E' molto, m-molto complicato localizzare un i.. un ibrido…- Klaus la guardò nuovamente; era ancora molto giovane, e a giudicare dal suo comportamento verso di lui, doveva essere anche abbastanza inesperta come strega, non doveva aver scoperto da tanto i suoi poteri. Ma sicuramente sapeva come rintracciare un ibrido: erano poche le streghe che avevano anche solo una piccola conoscenza sugli ibridi, e Klaus le conosceva quasi tutte, almeno per fama. Lei era una di quelle, aveva ereditato quell'incantesimo dalla famiglia, custodito da secoli nel suo grimorio; e l'originale lo sapeva bene, perché proprio lui, anni prima, era stato carnefice di ogni singolo membro di quella famiglia, a causa di quell'incantesimo, eliminando così un potenziale nemico. Ma aveva lasciato vivere la bambina, sapeva che gli sarebbe stata utile prima o poi.
-Serve il sangue dell'ibrido originale, u-un oggetto personale, un fiore di Aconitum Napellus e un bocciolo di v-verbena.-
-Bene. Sono tutte cose che abbiamo, suppongo. Possiamo procedere subito, quindi?-
-N-no. C'è un'altra cosa. L'incantesimo deve essere compiuto durante il Plenilunio, quando la luna è all'apice del suo potere.-
Mancavano ancora due notti prima della Luna Piena. Klaus inveì sottovoce, poi guardò la strega: -Bene. Allora aspetteremo. Tornerò tra tre  giorni. Nel frattempo ti terrò d'occhio. Fa che sia tutto pronto, ho bisogno di quest'incantesimo.-
La ragazza annuì, prima di vederlo sparire.
In quei tre giorni, avrebbe girato per la città e si sarebbe divertito un po', pensò Klaus. Era da tanto che non si divertiva. Avrebbe trovato il modo per passare il tempo, dopotutto la città del vento gli era sempre piaciuta.


 
***

 
 
Ormai le poche nuvole che avevano bagnato quel pomeriggio erano scomparse, il buio era calato, la luna era sorta, colorando gli alberi di una bianca luce sinistra, e mostrandosi nelle poche pozzanghere come un cerchio perfetto. Tyler aveva cercato per tutto il giorno, adesso era vicino. Ma quel bosco era davvero grande. E vuoto. Come lui. Il suo pensiero volò di nuovo a lei. Promettimi che mi dimenticherai. Era così difficile, continuare a camminare; ogni passo era un passo più lontano da lei, un passo più vicino al dimenticare. Ma era così difficile, svuotare la mente per sempre.
Non ti scordar di me. Non ti scordar di me. Questa frase lo stava tormentando. Non ti scordar di me. Quel fiore lo stava tormentando. Continuava a vederlo ovunque. Anche nell'oscurità, continuava a scorgere i riflessi di quei piccoli petali celesti. Non avrebbe dovuto lasciare quel fiore nell'appartamento. Lei non l'avrebbe mai visto, lei non sarebbe venuta a cercarlo. E quel fiore sarebbe stato un indizio in più, per il suo predatore, su dove poterlo trovare, su dove poterlo colpire. Era stato uno sbaglio così grande.
Un ululato. All'improvviso. Tyler lasciò cadere i suoi pensieri. Scattò verso destra. Un altro ululato, a sinistra. Erano molto più vicini adesso. Sembravano solo a qualche metro da lui. Un ringhio, alle sue spalle. Tyler continuava a girarsi, girava in tondo, seguendo ogni nuovo ringhio tra i cespugli. Era arrivato in una radura, mentre si tormentava con i suoi pensieri, si era distratto dalla sua ricerca, e adesso i lupi lo stavano cogliendo di sorpresa. Male, doveva essere lui a sorprenderli, non il contrario. Un altro ululato ancora. Lo avevano circondato, ormai il piano era cambiato. Doveva improvvisare.
Coppie di piccole luci gialle iniziarono ad accendersi nel buio. Prima due, poi quattro; erano undici paia di occhi, che circondavano completamente Tyler. Continuavano a ringhiare, sempre più forte. Il ragazzo, continuando a girare su se stesso, tirò fuori le zanne. Pessima mossa. Un lupo scattò subito attaccandolo. Tyler si scansò per poco. Ma che diavolo..?! Mi credono un vampiro! In effetti aveva sangue sui vestiti, residui dell'ultimo pasto che aveva avuto, qualche ore prima, donato inconsapevolmente da un cacciatore che aveva incontrato per strada. Dopo tutto aveva bisogno di tutte le forze possibili, per affrontare il branco. Un altro lupo si avventò su di lui, provando a morderlo. Tyler riuscì ad evitare anche lui. I ringhi si stavano facendo ancora più intimidatori. Altri due mannari lo attaccarono. Tyler, stava cedendo terreno. Non aveva scampo. Doveva trasformarsi, doveva dimostrare che era lui il più forte.
Gli artigli iniziarono ad allungarsi; con una mano scaraventò lontano l'ennesimo lupo che provava a batterlo. Non ci sarebbero riusciti. Non sapevano con chi avevano  a che fare. Alzò lo sguardo verso la luna, ormai non la temeva più, non era più suo schiavo. Non era più schiavo di niente e nessuno. Era il più forte. Ululò, con tutto il fiato che aveva nel suo corpo di ibrido. Ululò, richiamando la sua natura di licantropo, rivendicando il suo potere, la sua forza. Le ossa iniziarono a piegarsi, le vene diventarono più scure, la pelliccia iniziò a crescere. Ululò di nuovo, i suoi occhi gialli come l'oro guardarono il loro riflesso nella pozzanghera ai suoi piedi. Era un lupo.
Ringhiò ai licantropi intorno a lui, minaccioso. Adesso si erano fatti più lontani, allargando il cerchio. Avevano paura, avevano capito. Mugolarono piano, abbassando il capo. Avevano osato sfidare l'ibrido, l'immortale. Adesso dovevano scusarsi, implorare pietà. Ora va meglio, pensò Tyler. Ululò, verso ognuno di loro, e poi balzò nel bosco ed iniziò a correre, sicuro che lo avrebbero seguito. Dovevano cacciare insieme, durante il plenilunio. Sarebbe stato il loro alfa.


 
***
 


Klaus stava camminando per una vecchia strada di Chicago, ormai il sole stava tramontando. Mano a mano che il tempo passava, le strade si affollavano di più, donne con vestiti eleganti, uomini con smoking, che si preparavano a passare la notte per le vie della città del vento. Klaus stava al centro della strada, e camminava con un’aria di superiorità tale da intimorire chiunque gli passasse vicino. Si sentiva bene quella sera, sicuro di sé come non lo era da tanto, di nuovo invincibile. Aveva passato il pomeriggio tra un bar e l’altro a cercare nuove prede che potessero rinvigorirlo; non aveva ucciso nessuno, non era stato necessario, ma si era nutrito, di ogni donna che gli riservava anche solo una piccola occhiata. Si era divertito a sedurle, una per una, per poi appropriarsi del loro sangue e ammaliarle affinché dimenticassero. Gli era servito a riprendere il controllo, su tutto e tutti, il controllo che gli ultimi eventi a Mystic Falls gli avevano tolto bruscamente. Ma adesso era tornato l’ibrido originale, la creatura più forte al mondo, e le persone sarebbero tornate a temerlo, tutti stavano tornando a temerlo. Avrebbe trovato quell’ibrido sfrontato di Tyler, lo avrebbe tolto di torno come un insetto fastidioso, e poi avrebbe potuto fare quello che voleva, niente limiti, sarebbe andato dove voleva quando voleva. Non credeva di ritornare a Mystic Falls, almeno non per il momento: quella città ormai gli stava stretta, e era popolata da vampiri pieni di sé, ignoranti e irritanti.
Improvvisamente i suoi pensieri si interruppero, si fermò di scatto, incerto tra il girarsi o meno.
Con la coda dell’occhio riguardò ciò che pochi attimi prima l’aveva colpito così tanto da farlo fermare. Se il suo cuore avesse potuto battere, probabilmente in quel momento sarebbe saltato fuori dal petto. Si sentì un idiota, Fino a qualche secondo fa rimuginavo sul fatto di essere la creatura più potente al mondo, e adesso ho paura di guardare uno stupido vestito?! Paura di cosa poi?  Si ricompose, e si voltò deciso verso la vetrina alla sua destra, avvicinandosi di qualche passo, fino a trovarsi davanti al manichino più grande. Indossava un bellissimo abito da sera, blu con sfumature grigie, il corpetto a cuore decorato da piccole pietre e catenine. Era il vestito di Alberto Makali che lui aveva regalato a Caroline per il ballo a casa Mikaelson. Klaus ritornò a quella sera, era così bella la vampira in quel vestito, gli era sembrata quasi una visione, quando era apparsa tra gli invitati. Un sorriso affiorò sulle labbra dell’ibrido quando ripensò a quanto era scocciata Caroline per essersi dovuta presentare con il vestito che le aveva dato lui, Non ho avuto molto tempo per fare shopping, si era giustificata altezzosa mentre ballavano. Era stata una serata così bella, per Klaus, era stato come vivere in un universo parallelo per quelle ore, non era più un assassino pluriomicida che seminava stragi al proprio passaggio, era semplicemente un uomo affascinato totalmente dalla donna con cui aveva avuto la fortuna di ballare, di parlare.
Ma non sarebbe più successo. Doveva uccidere Tyler, e ovviamente lei non lo avrebbe più neanche guardato senza disprezzo e odio totale nei suoi bellissimi occhi azzurri. Figuriamoci se avesse mai ballato con lui nuovamente. Ma non gli sarebbe importato. Perché avrebbe dovuto tenerci? Klaus non teneva a niente e a nessuno, soprattutto non teneva a quella bionda vampira psicotica.
Si allontanò veloce da quella vetrina, scacciando ogni tipo di pensiero. Lui non aveva debolezze. A lui non importava.


 
***
 


Il sole era scomparso da un paio d'ore, lasciando il suo posto al perfetto cerchio bianco che con la sua luce illuminava debolmente la stanza dove si trovava Klaus. Il pavimento era coperto da un grande tappeto ricamato a mano, al centro c'era un piccolo tavolo tondo in legno di ebano, e sopra di esso un calice dorato. Una parete era completamente occupata da una grande libreria, piena di grimori e libri di tutti i tipi. Le altre erano arricchite da quadri, fotografie e qualche mobiletto sempre in legno, ed erano tutte dipinte di un arancio scuro, che sfumava verso il soffitto. C'era solo una finestra, che incorniciava perfettamente la Luna Piena in quel momento. Era la stessa stanza di tre giorni prima, dove lui aveva aggredito la giovane strega, Lydia. Ma soltanto adesso si era soffermato a guardarla veramente. Un rumore lo distolse dai suoi pensieri. Si voltò di scatto, Lydia stava arrivando dall'altra stanza con una scatola tra le braccia. Lui la osservò mentre, ignorando completamente l'ibrido, iniziò a prendere candele dalla scatola e posizionarle per tutta la stanza. Aveva lunghi capelli mossi, scuri con riflessi vermigli, gli occhi erano grandi e accesi, marroni. Ma il particolare che gli era rimasto più impresso, era un piccolo neo, proprio sotto l'occhio sinistro, un particolare che la rendeva speciale, che rendeva speciale il suo potere, che era simbolo del suo potere. Klaus era andato a cercare proprio lei, perché sapeva che non era una strega qualunque: aveva un grande potere, lui aveva visto la madre donarglielo poco prima di morire, prima di essere uccisa da lui. E quel neo era la testimonianza di quel passaggio, era nato dopo che la madre aveva esalato il suo ultimo respiro. Per questo Klaus non aveva ucciso anche lei; donare i propri poteri ad un'altra strega è estremamente complicato e pericoloso, addirittura la maggior parte delle streghe non conosce neanche la possibilità di fare una cosa del genere. Ma quando riesce, questi poteri si moltiplicano, la magia cresce ogni giorno di più dentro la ragazza, senza che ella o qualsiasi altro se e accorga. Solo Klaus poteva avvertirlo, perché lui era stato la causa della nascita di quel potere.
Lydia aveva finito di sistemare le candele, e si era posizionata in ginocchio davanti al tavolino, su cui aveva lasciato la verbena e l'aconito. Fece segno all'ibrido di mettersi di fronte a lei, dall'altra parte del tavolo. Poi prese la mano di Klaus e con un coltello, fece gocciolare il sangue dentro il calice. Fece lo stesso con la propria mano. Klaus la guardò con aria interrogativa.
-Il mio sangue servirá a potenziare l'incantesimo. Dammi l'oggetto.-
disse la strega. Klaus prese il bracciale di Tyler dalla tasca e lo lasciò cadere nelle mani della ragazza, mantenendo lo sguardo nei suoi occhi. Lydia mise le mani col bracciale sopra il calice:

 
-Coalescite et revocate
Originali nothi sanguis
et
Magiae sanguis
amissi nothi filii sanguinem.- *
 

Mentre la strega pronunciava la formula, le candele si accesero tutte contemporaneamente, e anche le sue mani presero fuoco. Lasciò cadere il bracciale nel calice con il sangue, e poi ci aggiunse anche lo strozzalupo e la verbena, ripetendo la formula. Dalla coppa si alzò una piccola nube confusa di fumo bianco, come la luna che assisteva dalla finestra all'incantesimo, che piano piano divenne più compatta prendendo la forma di un bocciolo, un bocciolo di aconito. Il colore del fumo cambiò, divenne vermiglio e il bocciolo si trasformò in un perfetto fiore di verbena.
Improvvisamente un forte vento alzò ancor di più le fiamme delle candele, fece sbattere tutte le porte e le finestre della casa, e Lydia con un urlo piegò di scatto la testa all'indietro chiudendo gli occhi.
Poi silenzio, buio.
 Klaus, che si era alzato in piedi all'urlo della ragazza, adesso la guardava, aspettando che si muovesse. La luna era ancora visibile, al centro della finestra, proprio alle spalle della strega. Passarono pochi secondi, in cui la stanza rimase immobile, come pietrificata nel tempo. Poi Lydia esalò un piccolo respiro, e si accasciò a terra. Le candele, silenziosamente, si riaccesero.
Klaus si chinò sulla giovane, le tirò su la testa con delicatezza, e la chiamò piano per nome. Lydia, aprì gli occhi lentamente, specchiandosi in quelli dell'ibrido. -L'ho trovato.-
 
 
 





 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
* “Sangue dell’ibrido Originale e sangue della Magia unitevi e richiamate il sangue del figlio ibrido perduto”
 
 
 ------------------------------------------------------------------------
Note dell’autrice:
Ecco qua anche il terzo capitolo. Mi raccomando per qualsiasi cosa recensite, i vostri pareri mi saranno tanto utili! Grazie a tutti quelli che stanno seguendo la mia storia, e hanno la pazienza di aspettare ogni mio aggiornamento :)
Alice 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2104232