Le cronache del mondo nascosto. Demoni dimenticati

di lelle96meridiesfun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. L'angelo ***
Capitolo 2: *** 1. Fate ***
Capitolo 3: *** Ombre al Vaticano ***
Capitolo 4: *** Blackout ***
Capitolo 5: *** Sangue e Candele ***
Capitolo 6: *** Il carro del peccato ***



Capitolo 1
*** Prologo. L'angelo ***


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Forse era una delle notti più gelide dell’anno, anzi era decisamente la più fredda, infatti il  termometro appeso al muro della cucina, proprio accanto al calendario, aperto sul mese di Dicembre, segnava zero gradi. Aveva nevicato per tutto il pomeriggio e le finestre erano completamente appannate. C’era un gran silenzio, non si sentiva volare una mosca, se un ladro fosse entrato proprio in quel momento in casa, Emily se ne sarebbe sicuramente accorta. Stava seduta Emily, seduta al tavolo della cucina con i piedi incrociati. Un tavolo decisamente vecchio, eppure pieno di ricordi. I segni che vi erano stati incisi coi coltelli e le punte delle forchette durante i numerosi banchetti in occasione delle feste, erano ricordi che non si sarebbero mai cancellati. La gioia, le risate e il divertimento che si provava durante quei banchetti riaffioravano nella mente di Emily. Ricordi belli, ricordi piacevoli, esperienze che da quella notte non avrebbe più vissuto. Dagli occhi arrossati scendevano lacrime, lacrime amare, perché Emily sapeva bene che quella notte, la sua vita e non solo la sua, sarebbe finita. Sospirava e deglutiva senza staccare lo sguardo dall’orologio, in quelle lancette si concentravano gli ultimi istanti della sua vita, una vita in fondo bella, piacevole, vissuta, piena di emozioni ma anche di delusioni, una vita come le altre insomma, a cui però Emily avrebbe desiderato un finale diverso.

D’un tratto la stanza si riempì di un odore forte, un odore simile a quello dell’acqua ossigenata, che Emily conosceva molto bene, soprattutto le sue ginocchia e i suoi gomiti. Da bambina capitava spesso che mentre correva per i campi, inciampasse graffiandoseli. Ora quelle stesse ginocchia, se le guardava e se le toccava, molti graffi si erano cicatrizzati, divenendo dei segni indelebili della sua spensierata gioventù. L’odore si era fatto più forte, Emily alzò lo sguardo dalle ginocchia e lo vide, bello e possente dinanzi a lei, scalzo come sempre e con le braccia che scendevano lungo il corpo. Una semplice mantella azzurra gli circondava il bacino, lasciando scoperto l’addome, per poi scendere dietro la schiena, da cui spuntavano le larghi ali bianche, mentre i riccioli biondi gli scendevano sulla fronte.  In tutti i modi, Emily cercò di non guardarlo negli occhi, ma non ci riuscì, quegli occhi azzurri la chiamavano, era impossibile non guardarli e non perdercisi dentro. Gli angoli della sua bocca si sollevarono, formando delle simpatiche fossette e dalle labbra fini e sottili una voce profonda gli ricordò che era giunto il momento. Emily si alzò dalla sedia senza alcuna esitazione, passò per l’ultima volta il palmo della mano sul tavolo percorrendo ogni linea e ogni minimo segno. Si diede un’ultima occhiata attorno per poi avanzare a passo lento verso di lui, il quale l’afferrò delicatamente per una mano, guidandola fuori dalla casa. Non appena la porta si aprì, una ventata di aria gelida la investì, mentre lui rimase impassivo, sembrava non avvertire in nessun modo il gelo e il freddo. Il colore dorato dei suoi capelli, risaltava in mezzo a tutto quel bianco, rendendoli ancora più brillanti. Emily mise un piede fuori dalla porta, che in men che non si dica affondò nel fresco manto nevoso.
- Aggrappati a me - gli disse lui.
Emily gli si aggrappò con entrambe le braccia attorno alla vita, quando lui si alzò in volo, spiegando le ali fra i fiocchi di neve che iniziavano nuovamente a cadere dolcemente verso terra. Le ali erano perfettamente coordinate, ogni battito rappresentava un tocco delicato nell’aria gelida. A un paio di metri da terra, Emily si strinse più che poteva a lui, sentendo i muscoli dell’addome contrarsi ad ogni battito di ali. Il panorama che si vedeva da lassù era stupendo, la neve caduta aveva creato un enorme distesa bianca, sulla quale la luce della luna rifletteva, assolutamente spettacolare. Dolcemente, lui iniziò la discesa, non appena i piedi di Emily toccarono terra, si accorse che non si erano allontanati di molto. Si trovavano alle pendici della Dormiente del Sannio, intorno a loro erano circondati da cespugli e arbusti completamente nudi, mentre in lontananza si vedevano le luci della città di Benevento. L’ambiente era decisamente tetro, fra i cespugli spiccava un albero alto, grande e nudo che attirò l’attenzione di Emily.
-Hai indovinato, è il noce quello!
Emily per un secondo rimase in silenzio, era perplessa.
- Come facevi a sapere quello che stavo pensando, sei forse in grado di leggere nel pensiero? - chiese lei.
- Sono in grado di fare questo e molte altre cose! -, rispose lui, - ora muoviamoci, lei ci sta aspettando-
Emily avanzò verso il noce molto lentamente, ma soprattutto molto timorosa.
- Dimmi solo una cosa - disse Emily, - farà male?
- Ma certo che no! - rispose lui, - ricorda, che devi essere fiera del gesto che stai per compiere -, dopodiché iniziò a recitare delle frasi che però Emily non riusciva a comprendere, perché dette a bassa voce, le uniche parole, chiare e concise che giunsero al suo orecchio furono create e legate. D’un tratto, dopo qualche minuto, Emily si sentì qualcosa avvolgersi intorno alla caviglia. Diresse lo sguardo in giù e vide una radice del noce avvolgersi anche intorno all’altro piede. In meno di un secondo, le sue gambe erano completamente bloccate, le radici la spingevano verso il tronco del noce, urlava, imprecava e chiedeva aiuto, ma nessuno avrebbe potuto aiutarla. I suoi capelli mutarono in rami pieni di foglie, le braccia si sollevarono verso il cielo diventando dei flessibili rami e la sua pelle iniziò a tramutare in corteccia dura e spessa. Prima che quest’ultima gli arrivasse a coprire anche gli occhi, Emily vide spuntare due radici dalla terra, diventare due gambe ricoperte di pelle secca e ruvida più della corteccia, seguite man mano da due braccia e da due mani, mentre le sue, Emily ormai non se le sentiva più. Prima di emettere gli ultimi sospiri, provò un senso di terrore e turbamento nello scorgere un volto, ormai quasi un teschio, se non fosse stato per quella pelle da cui era coperto. Cavità nere e profonde al posto degli occhi, della bocca e del naso.  Con quel poco fiato che le era rimasto in gola, Emily emise un urlo, che con molta probabilità nessuno avrebbe mai sentito. Dopodiché la vista iniziò ad oscurarsi, finché i suoi occhi devennero due  cavità nella corteccia dell’albero.
-Amira, mia Signora!- esclamò l’angelo avvicinandosi a quel corpo nudo e in piedi nella neve.- Mia Signora dovete coprirvi, ecco avvolgetevi attorno al mio mantello.
Nel momento esatto in cui il mantello l’avvolse, la donna cadde fra le braccia dell’angelo.- Ho bisogno di…di…
-Non preoccupatevi- la interruppe l’angelo.- C’è del sangue fresco che vi aspetta, riacquisterete presto la vostra forza.
L’angelo si alzò in volo, nel cielo si stava consumando una vera e propria tempesta di neve. Amira si teneva stretta alle sua braccia, mentre nella bocca,  assaporava già il gusto dolce e succoso del sangue. 

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Capitolo 2
*** 1. Fate ***


Ronnie si svegliò con il naso gocciolante e rosso quella mattina del 26 Marzo. Il forte profumo dei fiori piantati da Elen, aveva riempito un’intera casa e ovviamente anche la sua stanza. Elen era la sua sorellina più piccola ed ogni momento per lei era buono per piantare un nuovo fiore, per un compleanno, una festa, un bel voto a scuola o anche una promozione al lavoro per William, loro padre, sia in casa che nel giardino e quale miglior occasione come l’arrivo della primavera per piantare un bel fiore? Lo scorso anno Elen aveva preso la passione per le margherite, quest’anno la casa era piena di ciclamini. Non appena alzò la testa dal cuscino,  Ronnie si rese conto che aveva il naso completamente appi lato, non ne usciva un filo d’aria, ma solo…si beh…del muco.- Elen!- esclamò con fermezza e rabbia Ronnie, alzandosi dal letto e buttando letteralmente per aria le coperte. Senza neanche indossare le pantofole uscì nel corridoio, si guardò attorno, era circondata, ciclamini bianchi e rosa dappertutto. Non appena spalancò la porta della stanza di Elen, uno starnuto gli uscì naturale, dopodiché un urlo si elevò in tutta la casa.- Elen!. Ed è proprio da questo feroce urlo che ha inizio la nostra storia.
Elen stava inginocchiata sul tappeto rosso peloso, indossava ancora il pigiama anche se il letto era stato fatto già da un pezzo. Era una bambina dotata di una grande fantasia Elen. Non aveva molti amici, gli piaceva stare da sola, con i suoi fiori e con le sue matite colorate. Il disegno era la sua seconda grande passione dopo i fiori e le piante e già a nove anni faceva dei ritratti molto verosimili. Il ritratto tuttavia non gli piaceva, o meglio non gli piaceva ritrarre gente comune. Amava disegnare soprattutto fantasy, quindi elfi, folletti, fate a volte anche qualche gnomo, ma la cosa bella era che lei diceva di vederli per davvero, ma ovviamente nessuno gli credeva, anche se dopo la morte della madre, William aveva iniziato ad assecondarla. Erano ormai due anni che Marina era morta, lasciando Ronnie ed Elen nelle mani di William. Tutti dicevano che erano una gran bella coppia, stavano insieme dai tempi del liceo e la sera prima del diploma, William chiese a Marina di sposarlo e lei senza rispondergli niente corse subito a casa. Il giorno dopo, alla cerimonia di consegna del diploma, alla fine del discorso di apertura aggiunse- oh…e prima di lasciarvi c’è un’ultima cosa che devo dire- fece un respiro profondo e incrociando lo sguardo di William disse- per ieri sera è . Tutti si guardarono confusi, genitori, professori e preside compreso, solo William con un salto si alzò dalla sedia, salì sul palco e stringendo Marina fra le braccia, la baciò. Si sposarono qualche settimana dopo. Durante le prove dell’abito però Marina si sentì male, corsi all’ospedale, lei e William ricevettero una gran bella sorpresa, Marina portava in grembo Ronnie già da un mese. Due anni dopo esatti, la famiglia si allargò, da tre divennero quattro con l’arrivo della piccola Elen.
-Elen mi sembrava di averti detto di non piantare fiori e tu invece che fai? Trasformi la casa in un giardino botanico. Ronnie prese un attimo di fiato- eppure sai benissimo che tutti questi fiori mi creano fastidio al naso, allora? Non hai niente da dire?
- Sss…- esclamò Elen portandosi il dito davanti la bocca- non urlare, le stai spaventando!
- Ma chi?- domandò stupita Ronnie.
- Ma come chi, le fate- replicò Elen.- Salutale altrimenti si offendono, oggi sono venute  a trovarmi prima- disse sbattendo a destra e a sinistra i capelli raccolti in una coda di cavallo.
- Oh, no…ancora con questa storia? Elen guardami e ascoltami bene, non ci sono fate qui dentro, non ci sono fate in questa stanza, non ci sono fate in questa casa e non ci sono fate in questo mondo- replicò Ronnie spalancando le braccia.
-Bene! – sospirò Elen- pensa quel che vuoi, tanto lo so che non mi credi, sei scettica, questo è il problema. 
-Che cosa? Io sarei scettica? Beh…ti sbagli di grosso!- esclamò Ronnie puntando il dito accusatorio verso la sorella.
Elen rivolse uno sguardo triste alla sorella, quasi di compassione.- Sai, purtroppo la verità è dura da accettare, ma tu sei scettica e non possiamo farci niente.
Ronnie scosse il capo- qui la verità e un’altra e cioè che ti inventi le cose.
-Non è affatto vero, non mi invento niente- disse Elen alzandosi dal tappeto peloso.- Siete tu e papà che non mi credete, ma la mamma mi credeva, anche lei diceva di vederle.
- La mamma era malata-intervenne bruscamente Ronnie- cosa avrebbe dovuto risponderti in punto di morte quando tu le dicevi quelle cose me lo vuoi dire? E…
- Che succede qui? – chiese William spuntando alle spalle di Ronnie.- Stavate litigando?
Ronnie si voltò verso il padre- ma certo che no…
-Si! – la interruppe Elen mentre Ronnie le rivolgeva uno sguardo quasi assassino.
- D’accordo adesso basta – disse William separando le due con un gesto della mano. – Siete sorelle e le sorelle non si comportano così, adesso finitela e scendete in cucina prima che si freddi la colazione!- William si avviò verso le scale quando si fermò di colpo- e vedete di sbrigarvi, devo dirvi una cosa, per cui vi voglio intorno al tavolo fra cinque minuti esatti, massimo dieci.
Ronnie guardava il suo riflesso nello specchio, cercando di scegliere quale camicetta mettere-quella bianca o quella blu- pensava, poi decise- mm…quella bianca è meglio. Si tirò su la minigonna a scacchi, si allacciò le scarpe, si mise la tracolla, si guardò ancora una volta allo specchio e dopo aver sistemato una ciocca fuori posto uscì dalla stanza. Si avviò verso le scale quando sentì –tranquille ve lo porto. Si voltò indietro, la porta della stanza di Elen era aperta.
-Se continuate ad agitarvi così, scordatevi il miele ! – esclamò Elen aprendo con prepotenza il suo album di schizzi. – Tornerò presto non preoccupatevi, il tempo di mandare giù un pancake e sono qui, voi nel frattempo aspettatemi che quando torno vi faccio un altro ritratto, questo è venuto malissimo- disse accartocciando un foglio del suo album per poi gettarlo nel cestino. Mentre guardava quella scena e sentiva quelle cose, Ronnie si sentì lo stomaco stringersi e in quel momento provò un senso di colpa per tutte le cose cattive che qualche minuto prima aveva urlato contro alla sorella. Elen stava per uscire dalla camera, Ronnie corse di fretta verso le scale, piene anche queste di ciclamini, tutti viola questi erano. Così la sua discesa verso il soggiorno fu accompagnata da un concerto di starnuti.
William era già seduto al suo posto intorno al tavolo circolare e la luce che entrava dalla piccola finestra dietro di lui gli creava dei luccichii nei capelli castano scuro. Con una mano sfogliava il giornale, il BOSTON JOURNAL,con l’altra invece reggeva una tazza di caffè che sorseggiava tutte le mattine.
- Non credevo che avessi fatto il caffè- disse Ronnie accomodandosi sulla sedia.- In genere quando prepari il caffè, l’odore invade tutta la cucina, saranno forse i tuoi fiori Elen?- chiese Ronnie ironicamente, mentre versava il latte caldo nella tazza.  
- Sta tranquilla!- sdrammatizzò William. –Non sono i fiori, questo caffè è di ieri sera- aggiunse lui porgendo la bevanda eccitante e fredda a Ronnie.- Ne vuoi un po’?
- No, grazie! – rispose lei sgranocchiando una cucchiaiata di fiocchi di mais.
- Come vuoi!- commentò William piegando il giornale per dirigersi con lo sguardo verso di Elen che si stava letteralmente infilando un intero pancake nella bocca.- Elen!- esclamò William.- Cerca di non strafogarti, se è per quello che ha detto tua sorella sappi che a me il profumo dei tuoi fiori piace tantissimo.
- Ah…a me no!- replicò Ronnie.
-Ehi! Allora si può sapere perché hai tanta fretta di finire la colazione?- chiese William allontanando il piatto con i pancake da Elen.
- A che serve rispondere tanto non mi credereste!- esclamò Elen prima di accorgersi di aver decentrato il bicchiere versando il succo d’arancia sul tavolo.
- Deve portare il miele alle sue amiche fate- disse Ronnie portandosi alla bocca anche gli ultimi fiocchi di mais rimasti nella tazza.- Oh…e poi deve fargli un altro ritratto- aggiunse.
- Basta così, io vado in camera ho delle cose da fare- Elen afferrò di corsa il barattolo con il miele per poi avviarsi verso le scale. Anche Ronnie si alzò dal tavolo, con la borsa a tracollo in direzione della porta però.
- Fermatevi tutte e due- William si alzò di scatto dal tavolo- non andate da nessuna parte c’è una cosa che devo dirvi perciò sedetevi subito.
- Non è una cosa lunga vero?- disse Ronnie andando incontro al padre.- Perché vedi devo correre alla metropolitana, devo incontrarmi con David a Downtown.
David era forse l’unico vero amico di Ronnie, condividevano tutto, avevano la stessa passione per la musica pop, i film dell’orrore e cosa molta importante si conoscevano fin da piccoli. Anche le loro madri si conoscevano fin da piccole, erano state grandi amiche durante e dopo la scuola. Quando Marina morì, David e sua madre cercarono di stare il più possibile accanto a Ronnie, alla piccola Elen e a William. Dopo la morte di Marina, Ronnie e David ebbero ancora più cose in comune, David infatti era cresciuto senza padre. Liam, suo padre, morì poco prima che David nascesse.
-Beh…dì a David che tu non andrai a Downtown oggi!- William si accomodò nuovamente al suo posto seguito subito dopo da Elen, che continuava a tenersi stretto il vasetto del miele.- Ti spiace sederti adesso?
Ronnie si avviò al suo posto, tirando la sedia dal tavolo e gettando la tracolla sul pavimento. -Ecco!-esclamò- sono seduta.
-Quello che devo dirvi è che mancherò per qualche giorno da casa…
-Perché? Dove vai?- lo interruppe Elen con una voce piuttosto agitata.
-No tranquilla niente di grave, dovrò solo andare a New York per qualche giorno, non so esattamente quanto mi fermerò, ma credo tre, quattro giorni al massimo.
-E come mai?- chiese Ronnie.
-Ci stavo arrivando, se non mi fermate in continuazione- replicò William mentre Ronnie rispondeva con uno sbadiglio.- Tempo fa ho mandato il mio curriculum al direttore del New York Times, ebbene ieri ho ricevuto una risposta, un e-mail. Mi ha fissato un appuntamento per domani alle quattro in punto, per cui non posso farne a meno, devo partire il prima possibile- nella voce di William si percepiva una gran gioia, cosa che non provavano Ronnie ed Elen.- Ragazze questa è una grande occasione per noi, New York è una grande città che può aprirvi un sacco di sbocchi.
- A me piace Boston però!- esclamò Elen con grande amarezza.- Non voglio andarmene.
- Sì, neanche io voglio andarmene- rispose di botto Ronnie alzandosi dalla sedia.- Siamo cresciute qui, in questa casa, in questa città, i nostri amici stanno qui, non possiamo mollare tutto e andare a New York.
- Capisco che siate confuse, ma non c’è bisogno di allarmarsi così- cercò di tranquillizzarle William, di certo non si aspettava una simile reazione.- Non c’è niente di certo ancora…
-Oh ma per favore papà- intervenne bruscamente Ronnie.- Non c’è niente di certo ancora? Il direttore vuole incontrarti, è logico che ti assumerà- Ronnie iniziò a fare avanti e indietro per la stanza.
- Non riesco a seguirti, pensavo ti piacesse scrivere per il Boston Journal?- disse Ronnie scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi.
- Mi piace infatti – rispose William.- Ma Ronnie, vedi…il New York Times è una grande occasione per me, possibile che pensi solo a te stessa?
- No! – esclamò Ronnie. – Vedi è qui che ti sbagli, io non penso solo a me stessa, io penso ad Elen, penso a te e penso anche alla mamma.
- Cosa c’entra tua madre adesso in tutto questo?
- C’entra e come, perché so benissimo che lei non sarebbe stata d’accordo con tutta questa storia, lasciare Boston per andare a New York, lasciare la sua casa, la vostra casa- Ronnie prese un attimo di fiato- la stessa casa che avete comprato con i vostri risparmi, i risparmi di una vita, fidati! Lei non sarebbe stata affatto d’accordo.
- Va bene adesso basta- disse William interrompendo la discussione.- Ho l’aereo fra poche ore e ancora devo finire di fare la valigia e non ho alcuna voglia di discutere con te adesso, vieni Elen- disse allungando la mano verso la figlia minore- aiutami a mettere posto i vestiti, tu invece di urlare fai qualcosa di utile e metti a posto la tavola, oh…e togliti quella mini gonna - e mentre William ed Elen salivano le scale mano nella mano, Ronnie iniziò a togliere i bicchieri e i piatti dalla tavola depositandoli nel lavandino per poi lavarli. Quando aprì il rubinetto dentro di sé era così piena di rabbia, che se fosse stata in un fumetto l’avrebbero di certo disegnata con del fumo che le usciva dalle orecchie.
 
I piatti e i bicchieri erano asciugati e messi al loro posto, Ronnie stava stesa sul divano nel  soggiorno, quando udì degli scricchiolii provenienti dalle scale. Alzò gli occhi e ciò che vide fu una grossa valigia nera con cerniere grigie. William portava la valigia seguito da Elen che reggeva un cappotto verde scuro. Elen avanzò verso di Ronnie e gli allungò una mano, per poi dirgli- dai su! Vieni a salutarlo.
Il taxi bianco e nero si trovava già davanti casa, era una splendida giornata a Beacon Hill e in tutta Boston. Il sole splendeva alto nel cielo, la primavera si sentiva e come. Quelle poche nuvole bianche che c’erano si riflettevano sulla John Hancock Tower e sugli splendidi grattacieli di vetro e acciaio di Downtown. In quel momento Ronnie si ricordò di non aver chiamato David, per avvertirlo che non si sarebbero incontrati.
-Ehi…- disse William inginocchiandosi per guardare Elen dritta negli occhi.- Mi raccomando fai la brava e fa sempre quello che ti dice tua sorella, io tornerò presto, promesso.
-Promesso?- ripeté Elen.
- Promesso- le rispose William, andando adesso verso di Ronnie.- Mi raccomando state attente.
Ronnie non rispose per qualche secondo poi dalla sua bocca uscirono le parole- mi dispiace. Mi dispiace per prima, non avrei dovuto urlarti contro in quel modo, davanti ad Elen per giunta.
-Ehi, ascoltami- disse William.- Va tutto bene, accetto le tue scuse, ora però è meglio che mi muova se non voglio perdere l’aereo e mi raccomando quando torno non farti trovare con questa minigonna, ok?- disse in tono ironico William avviandosi verso il taxi e voltando le spalle alle sue figlie.
- Papà?- urlò improvvisamente Ronnie, scendendo con attenzione i gradini e correndo verso il padre a braccia aperte.- Ti prego, non accettare- disse stringendolo con tutta la forza che aveva.- Non accettare quel lavoro ti prego- ripeté nuovamente, mentre William le ricambiava l’abbraccio. Nel frattempo Elen li raggiunse, cercando di abbracciarli entrambi con le sue corte braccia. William diede un bacio sulla folta chioma di capelli di Ronnie, poi dopo aver ritirato le braccia le disse- ora devo andare.- dopodiché diede una carezza alla guancia di Elen e salì sul taxi, poggiando la valigia sul posto vuoto affianco a lui.
Ronnie diede un abbraccio alla sorella minore, mentre il taxi si allontanava davanti i loro occhi lungo Commonwealth Avenue. 

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Capitolo 3
*** Ombre al Vaticano ***


Piazza San Pietro era qualcosa di incredibile. Neanche alla morte dell’ultimo Papa c’erano così tante persone, in quel momento tutti i riflettori erano puntati su Roma e in particolare sul Vaticano. Migliaia di fedeli aspettavano impazienti la fumata, speranzosi che fosse bianca ovviamente.
-Allora cardinale, secondo lei come uscirà, bianca o nera?- chiese Sel in tono ironico.
Il cardinale Lora guardava fisso nella piccola televisione che aveva di fronte, non sbatteva ciglio, gli occhi erano fissi sul piccolo riquadro che inquadrava senza sosta il comignolo lungo e stretto dal quale sarebbe dovuta uscire la famosa fumata.
Nella stanza del palazzo vaticano, si udivano le voci dei fedeli gremiti nella piazza che pregavano, che ringraziavano il signore.
-Ma sentili, pregano, ringraziano…beh, le loro preghiere non li salveranno da quello che gli aspetta!- esclamò Sel spegnendo la piccola televisione con il telecomando per poi gettarlo sulla moquette del pavimento, proprio di fianco la scrivania. La stessa scrivania di mogano, sulla quale il cardinale Lora picchiettava con le dita della mano da più di un’ora. Ora che la televisione era spenta, il cardinale diresse i suoi occhi affaticati su Sel.- Oh…ma che meraviglia, finalmente mi degni di uno sguardo, direi che era ora.- disse Sel, tirandosi il mantello bianco sulle spalle, per poi avanzare a passo lento verso il cardinale seduto dietro la scrivania.- Adesso senza giri di parole, rispondi alla domanda che ti ho fatto più di un’ora fa!- Sel appoggiò le mani sulla scrivania e poi si inginocchiò, ora lui e il cardinale si guardavano dritti negli occhi.- Dove sono. I doni, dove li tenete nascosti.
-Riaccendi la televisione.- rispose il cardinale Lora, senza staccare gli occhi dall’angelo.
-Che cosa?- chiese stupito Sel.
-Gradirei vedere la fumata se non ti dispiace.
-Ah davvero?
-Si, davvero- rispose il cardinale in tono serrato.
-Forse lei non ha capito una cosa- disse Sel, alzando di nuovo le gambe.- Se non mi dite dove sono i doni, voi non avrete l’occasione neanche di vedere il nuovo Papa, mi sono spiegato?
-Io invece ti ordino di riaccendere la televisione- rispose Lora.- Se non erro, tutti gli angeli e quindi anche tu, giurano somma obbedienza alla Chiesa, ai suoi capi e ai suoi membri.- In quell’istante  Sel arricciò le labbra e alzò leggermente le sopracciglia, quasi per esprimere il suo dissenso da ciò che stava sentendo.- Per cui, in quanto membro nonché capo in questo momento della Chiesa, ti ordino di obbedirmi!- esclamò il cardinale alzandosi dalla sedia.
Sel fece uno smorfia accompagnata da una risata sarcastica. Allontanandosi dalla scrivania si diresse a passo lento verso l’enorme finestra della stanza. Con la mano scostò delicatamente la tenda rossa che gli copriva la visuale. – Evidentemente non vi rendete conto di ciò che sta accadendo, in questo momento non sono di certo l’unico angelo a non prestare servizio alla Chiesa e ai suoi capi come dite voi.- Sel prese un attimo di fiato.- In questo momento piazza San Pietro è piena di spuri, pronti ad obbedire agli ordini di voi sapete chi!
-Questa è una menzogna- urlò il cardinale Lora avanzando verso l’angelo.- La Chiesa ci ha pensato anni fa ad ucciderla, è stato stretto un patto…
- Conosco molto bene il patto di cui state parlando- lo interruppe Sel.- Ma forse la Chiesa non ci ha pensato bene, una donna potente come lei non poteva di certo lasciarci così facilmente, non trova?
Il cardinale continuava ad avere un’espressione stupefatta sul viso, le mani e le gambe gli tremavano. Sel lo guardò affondo negli occhi nei quali percepiva tutta la sua paura.
-Fate bene ad avere paura!- esclamò l’angelo tirandosi leggermente la lunga veste bianca che toccava terra, scoprendosi così le caviglie e i piedi nudi.- La mia pazienza ha un limite, voglio sapere dove nascondete i doni del consiglio, lo voglio sapere, dimmelo, prima che la situazione si metta male.- Sel si incamminò di nuovo verso la scrivania estraendo dalla lunga veste bianca un piccolo pugnale dall’impugnatura a forma di croce.- Allora- disse puntando il pugnale alla gola del cardinale- vuoi parlare? Sai, in fin dei conti potremmo anche offrirti come sacrificio al noce…
-Non essere sciocco- lo interruppe Lora mentre la punta del pugnale gli pizzicava il pomo d’Adamo. -Cosa potrei donare, io, ad Amira eh? La saggezza e la curanza di un vecchio uomo di chiesa?
-Ha ragione!- esclamò una voce alquanto femminile, mentre le due enormi porte di legno della stanza si spalancarono. Lora vide una donna, una ragazza bassa e minuta, con indosso un lungo mantello nero. I capelli e gli occhi erano coperti da un cappuccio, altrettanto nero. Del viso erano visibili solo un paio di piccole labbra di un rosso molto acceso. Quando si tolse il cappuccio, Lora vide due enormi occhi verdi che lo fissavano, mentre una chioma di capelli biondi era legata in una coda di cavallo.- Ha ragione!- esclamò nuovamente la ragazza con un tono di voce più lieve avvicinandosi a Sel.- Un uomo anziano come lui non ha niente da offrire ad Amira.
-Beh, la saggezza è una dote importante per comandare- rispose Sel allontanando il pugnale dalla gola del cardinale.
-Oh ti prego Sel, secondo te una donna come quella va alla ricerca della saggezza? Se ne avesse avuta almeno un po’ non avrebbe di certo fatto tutte quelle cazzate nella vita.
Lora era disorientato, era evidente che la giovane ragazza proprio come Sel era un’alleata della strega ma allora perché ne parlava con così tanto disprezzo?
- Amanda non dovresti parlare di lei così e poi che diavolo ci fai tu qui, credevo dovessi fare da guardia, cosa facciamo se arriva qualcuno?- disse Sel.
-Non verrà nessuno e poi qual è il problema, un tocco di bacchetta, un incantesimo mortale ed ecco fatto, ma forse tu non hai il coraggio? Vero?
-Non dire sciocchezze!- esclamò Sel.- In  questo momento abbiamo ben altri problemi- disse voltando le spalle ad Amanda riportando la sua attenzione sul cardinale.- Ma che diavolo…
-Non muoverti!- esclamò Lora con in mano un pugnale simile a quello che qualche minuto fa era puntato contro la sua gola- non muoverti- ripeté con i denti serrati.- Vedi gli angeli non sono gli unici a possedere pugnali angelici.
- Questo sarà pur vero- disse Sel.- Ma scommetto che non hai di certo i riflessi di una volta!
In men che non si dica, Sel con un rapido gesto strappò via il pugnale dalla mano di Lora, per poi girargli il braccio dietro la schiena. Si udì uno scricchiolio di ossa proveniente dal braccio di Lora mentre quest’ultimo apriva la bocca per sprigionare un urlo di dolore.
-Perterrito!- esclamò Amanda. In quel momento dalla punta della bacchetta di legno nero puntata contro il petto di Lora, si sprigionò in fascio di luce rossa accompagnata da qualche scintilla, che penetrò letteralmente nel petto di Lora, che sentì improvvisamente un forte dolore al cuore, come se una mano glielo stesse stritolando. Amanda manteneva uno sguardo fisso su Lora, che ormai giaceva a terra, contorcendosi e sprigionando urla di puro dolore.
-Amanda!- esclamò Sel, che nel frattempo osservava il cardinale contorcersi ai suoi piedi.         -Fermati. Amanda fermati, è troppo vecchio il suo cuore non può resistere ad una stretta così letale, fermati, prima che lo uccidi.
Amanda staccò lo sguardo dal cardinale. Lora alzò appena lo sguardo e vide una mano rossa uscire dal suo petto  per poi ritirarsi nella bacchetta di Amanda. –Sei stato fortunato- disse lei.- Qualche altro secondo è saresti morto.- Sollevò lo sguardo verso Sel- ringrazia l’angelo che sei ancora vivo.
In quell’istante Sel sospirò.- Coraggio alzati- disse. – Su alzati ho detto.
Il cardinale con quelle poche forze che le erano rimaste in corpo, si alzò faticosamente da terra per poi gettarsi sulla sedia.
-Chiariamo una cosa- gli sussurrò Sel nell’orecchio. – Ora ti ho salvato, ma potrei non farlo più, se non mi dici subito dove sono nascosti i doni.- Sel sospirò- a te la scelta.
Lora rivolse uno sguardo ad Amanda, la bacchetta era ancora puntata su di lui, soprattutto verso il suo cuore. –Va bene!- esclamò Lora.- Vi dirò dove sono.
-Meraviglioso!- esclamò Amanda, quando d’un tratto una donna, una suora, entrò nella stanza con un’espressione in viso decisamente sorpresa.
- Oh mio Dio, ma che succede, cardinale Lora vi ho sentito urlare state bene?
- Va tutto bene, non preoccupatevi, ma ora, vi prego, andatevene- rispose Lora affannato.
- Ma voi avete l’affanno, aspettate vi porto subito la vostra medicina.
-No! Vi ho detto che sto bene. Ma adesso per favore suor Angela se ne vada, la prego vada via.
- Ha sentito il cardinale- disse Amanda avanzando versa la suora.- Non le serve il suo aiuto, quindi se ne vada prima che…
- No vi prego- urlò Lora vedendo la bacchetta puntata contro il petto della suora.
Amanda guardava suor Angela dritta negli occhi. Dopo qualche minuto di silenzio disse- ah! Ora capisco perché sei corsa qui. Hai capito la suora!
-Vi prego- urlò nuovamente Lora.- Lasciatela andare, non fategli del male, vi prego, ho detto che vi dirò tutto ma lasciatela andare.
- Questo lo decideremo noi!- esclamò Amanda voltandosi verso il cardinale. – Tu invece dimmi- disse questa volta verso la suora.- Da quanto tempo va avanti questa storia fra te e il cardinale?
-Io non capisco di che state parlando- rispose suor Angela. –Il cardinale Lora urlava e sono accorsa…
-Oh…si…certo- la interruppe Amanda.- peccato che mi è bastato guardarti negli occhi per capire cosa fate tu e il cardinale ogni sera, proprio qui, in questa stanza, proprio su quella scrivania…
-Ti stai sbagliando- rispose Lora.
-Oh…ma certo scusa, hai ragione tu- rispose di scatto Amanda con un sorrisetto sul viso.- Qualche volta lo avete fatto anche in camera da letto.
In quell’istante Lora abbassò lo sguardo, mentre Sel continuava a rimanere in silenzio. Forse era semplicemente confuso, forse non riusciva a credere a ciò che stava ascoltando. Il suo cardinale addestratore, colui che gli aveva insegnato tutte le arti di combattimento, tutte le mosse essenziali per uccidere un vampiro, un licantropo e qualsiasi altro tipo di creatura, aveva peccato.
-So io che fare di te- la punta della bacchetta di Amanda divenne incandescente.- Kab Vikus.
Suor Angela cadde a terra, senza emettere alcun tipo di grida o urlo di dolore. I suoi occhi erano chiusi e aveva smesso di respirare. Anche Lora in quel momento non disse nulla, non urlava, non gridava, ma piangeva. Solo qualche secondo dopo iniziò a singhiozzare, con la testa abbassata e gli occhi pieni di lacrime rivolti verso il pavimento.
-Tranquillo- disse Amanda senza compiere alcun tipo di movimento.- Non è morta, sta solo dormendo- Lora alzò gli occhi da terra. -La risveglieremo solo quando ci avrai portato ai doni…
La voce di Amanda fu interrotta da un improvviso suono incessante di campane, mentre dalla piazza si alzavano urla di gioia.
-Dobbiamo andare, subito!- urlò Amanda.
-Forza!- esclamò Sel afferrando il braccio del cardinale.- Muoviti, cammina.
I tre uscirono di corsa dalla stanza. Le campane continuavano a suonare e la folla in piazza continuava a gioire. Si udivano dei passi pesanti in lontananza, diretti verso di loro.
-Sono le guardie svizzere- disse Sel.- Stanno arrivando.
-Stammi bene a sentire Lora, se vuoi che la tua amata suora si risvegli dimmi dove dobbiamo andare.
-I doni si trovano nella stanza segreta degli archivi, è lì che sono nascosti.
-Eh allora cosa aspetti- rispose Amanda.- Forza, guidaci.
- Dobbiamo andare dritto per tutto il corridoio- rispose lui.
Amanda in testa a tutti si mise a correre lungo il corridoio di marmo bianco. Tutte le stanze erano chiuse da enormi porte di legno, mentre le mura erano tappezzate di arrazzi e dipinti ritraenti santi di tutto il mondo. D’un tratto Amanda, seguita da Lora e da Sel si fermò di blocco, il corridoio era finito, davanti a loro c’era un’enorme cristalliera, contenente bicchieri, coppe e calici d’oro.
-Sel!- esclamò Amanda.- Muoviti, crea una barriera.- Sel fece dei movimenti circolari con le mani, pronunciando delle parole, probabilmente in latino, in sottovoce. Dalle dita delle sue mani si sprigionavano delle leggere onde azzurrine che fluttuavano nell’aria, creando una barriera tra i tre e la cristalliera.- Fatto!- esclamò Sel con convinzione, come se fosse contento del lavoro appena fatto.
-Contriti- pronunciò con forza Amanda, scandendo bene ogni singola lettera, tenendo come al solito la punta della bacchetta verso la cristalliera, la quale si frantumò in mille pezzi. Le schegge di vetro schizzarono dritte verso di loro, ma nessuna di queste li colpì. C’era qualcosa che divideva i tre fuggiaschi dalla cristalliera, una sorta di barriera invisibile.
-Ottimo lavoro- disse Amanda voltandosi verso Sel.- Una perfetta barriera, davvero.
-Beh…grazie- rispose Sel.- Mi è venuta bene è vero…
-Ora però falla sparire- lo interruppe Amanda. Sel si avvicinò, graffiando l’aria con il dito indice. In quel momento, Lora vide di nuovo delle piccole onde, sottili e azzurrine diffondersi nell’aria. Proprio come i cerchi che si creano nell’acqua alla caduta di una goccia.
-Prima le signore- disse Sel facendo una piccola reverenza, mentre Amanda camminava sui vetri sparsi sul pavimento. Ora al posto della cristalliera c’era una porta, o meglio si vedeva solo il contorno nero della porta sul muro completamente bianco.
Lora che in tutto quel tempo non aveva detto una parola, spezzò il suo silenzio- c’è bisogno della chiave per aprirla.
-Non ci serve nessuna chiave- rispose Amanda bruscamente. Detto questo, Sel con una piccola pietra appuntita iniziò ad incidere un cerchio leggermente deformato sulla parete, mantenendosi sempre nei contorni della porta. Bastò una piccola spinta con la mano, ed ecco che nella parete si aprì un vano.
-Prima tu- disse Amanda puntando la bacchetta contro il cardinale, che con quelle poche forze che gli erano rimaste oltrepassò il vano seguito da Sel e per ultima Amanda. -Luminio- pronunciò quest’ultima e la punta della bacchetta sprigionò una luce bianca. I tre si trovarono in una piccola stanza rettangolare, Amanda dirizzando la luce verso il centro della stanza vide una scala a chiocciola che sprofondava verso il basso, nel buio.
-Da lì dobbiamo scendere- rispose Lora.
- Va avanti sempre prima tu.- Il povero cardinale, con la bacchetta puntata contro, iniziò a scendere la stretta scala a chioccia con molta cautela. Man mano che si scendeva, il buio diminuiva e la luce aumentava, in particolare c’era un leggero bagliore giallastro e un odore stantio saliva dal basso.
-La risveglierete dopo, vero?
-Ti ho già detto che la risveglieremo, sempre se tu manterrai il patto però- rispose Amanda.
-Mi sembra che lo sto mantenendo, vi sto portando ai doni!
-Veramente io non ho visto ancora niente.- Amanda poggiò una mano sulla spalla del cardinale che si fermò di scatto e avvicinandosi all’orecchio disse- voglio vedere quei doni nelle mie mani, è chiaro.
- Chiarissimo- rispose Lora, nella sua voce si percepiva una gran paura. -Comunque sia, vi avverto, arrivare ai doni non sarà facile.
- Tu non preoccuparti, il tuo compito è portarci nel luogo in cui li tenete nascosti, al resto ci penseremo noi- rispose Amanda scendendo l’ultimo gradino della scala seguita da Sel.
Angeli, cinque giganteschi angeli di marmo con delle fiaccole fra le mani, li circondavano. La stanza in cui erano scesi era circolare, non una porta, non una finestra, solo quei cinque angeli. Le pareti erano ricoperte da giganteschi blocchi di pietra, macchiati da violenti schizzi di colore    rosso. Sangue.
-Che significa? Dove dobbiamo andare?- urlò Sel verso il cardinale.
-Vi avevo detto che non sarebbe stato facile!- rispose di botto Lora.- La stanza fu progettata in modo che nessuno la potesse più aprire una volta chiusa. L’ingresso è sicuramente nascosto.
D’un tratto Lora colpito da una scossa al fianco destro cadde a terra.
-Non provare a mentire!- esclamò Amanda mentre le ultime scintille della scossa rientravano nella bacchetta.- Conosco bene la storia. So che la chiesa chiuse nella stanza oltre ai doni, anche tutti i cardinali che ne sapevano dell’esistenza. Beh, certo tutti tranne te, avevano bisogno che qualcuno la riaprisse in caso di necessità. Per cui, forza in piedi e dicci dove si trova quella dannata entrata.
Lora si alzò da terra molto lentamente, poi con un filo di voce disse- va bene. Vedete questi cerchi davanti agli angeli? Uniscili con un tocco della tua bacchetta.
Amanda agitò rapidamente la bacchetta, dalla cui punta uscì un leggero e sottile fascio di luce rossastra, con la quale unì i cerchi ai piedi degli angeli. In quel momento una barriera rossastra e lucente, dalla forma di un pentagono, si innalzò da terra, circondando Sel e Amanda, mentre Lora si era lanciato al di fuori, tenendosi ben azzeccato alle pareti.
-Brutto vigliacco!- esclamò Amanda.
-Ma che cavolo succede- chiese Sel con agitazione.
-é una barriera magica Sel!- rispose Amanda.- Preparati an lottare.
In quell’istante i cinque angeli di marmo saltarono giù dai loro piedistalli che andarono in frantumi, gettandosi all’interno della barriera. Dalle fiaccole iniziarono ad uscire lingue di fuoco dirette verso  Sel e Amanda. Quest’ultima agitò di scatto la bacchetta creando una cupola intorno a sé e a Sel, sulla quale le lingue rimbalzarono. Due colpirono uno degli angeli alla testa, facendola andare in frantumi, così come il resto del corpo. Uno era andato ma ne rimanevano altri quattro.
Uno di loro iniziò ad avanzare verso Sel, quest’ultimo tirò fuori il pugnale angelico frantumandogli il gomito destro, mentre Amanda gli strisciò alle spalle conficcandogli la bacchetta di duro e puro legno nella spalla, facendolo frantumare su se stesso. Nel frattempo una lingua di fuoco sfiorò la mano destra di Sel, che urlò dal dolore facendo cadere il pugnale sul pavimento. Amanda si voltò di scattò, sfiorando un’altra lingua di fuoco con la bacchetta, poi diresse questa verso l’angelo che avvicinava la sua gigantesca mano versi di lei e pronunciò ad alta voce- contriti. In quell’istante un fascio di luce affondò nell’addome marmoreo dell’angelo che come i suoi compagni cadde in frantumi.
-Amanda- urlò Sel lanciandogli il pugnale che stava a terra con un calcio. Lei lo afferrò puntandolo e lanciandolo dritto nelle parti basse del quarto angelo che si avvicinava, il quale alzando leggermente il capo verso l’alto vide andarsi le gambe seguite dal petto in mille pezzi, mentre la testa cadde intatta sulle macerie. Sel nel frattempo ripresosi dal dolore, si strappò il mantello bianco ormai diventato quasi nero, scoprendosi il petto. Con un rapido gesto delle gambe saltò addosso all’ultimo angelo di marmo ormai rimasto, proprio dietro la testa, stringendo le sue gambe intorno al suo massiccio e freddo collo. Amanda gli gettò una delle fiaccole superstiti, Sel l’afferrò al volo e la conficcò nel petto dell’angelo, dal quale iniziarono ad uscire lingue di fuoco e scintille prima di andare in frantumi insieme al resto del corpo. Amanda corse verso le macerie, dalle quali tirò fuori Sel, tutto sporco in viso e con dei leggeri graffi sul petto.
-Stai bene?- chiese Amanda con un tono decisamente preoccupante forse era la prima volta che rivolgeva una domanda simile a Sel
-Si- rispose lui un po’ affannato.- Solo qualche graffio, niente di ché.
I due si fissarono per un istante negli occhi.- Siamo una bella squadra noi due, eh?- disse Sel, spezzando quel silenzio anche un po’ imbarazzante.
-Si è vero- rispose Amanda facendo anche una smorfia con la bocca.- Tu!- esclamò poi rivolgendosi a Lora, che continuava a stare appiccicato al muro.- Tu, volevi fregarci, sapevi che c’era una barriera di combattimento non è vero, eh?- Amanda avanzò verso il cardinale puntandogli la bacchetta contro.
- Amanda ferma!- urlò Sel.- Non farlo.
-Spiegami perché non dovrei ucciderti proprio in questo momento, dammi una sola ragione e io non ti farò niente.- Amanda ora aveva puntato la bacchetta al collo del cardinale.
-Perché lui può portarci ai doni- rispose Sel, appoggiando una mano sulla spalla di Amanda, la quale ritirò di nuovo verso di sé la bacchetta per poi dire- ma non è l’unico.
- Vi prego- intervenne a questo punto Lora.- Ho sbagliato, ma, ma vi prego, vi supplico, non uccidetemi, vi porterò ai doni.
- E allora fallo!- esclamò Amanda colpendolo nel fianco sinistro con un calcio. A quel punto Lora iniziò a strisciare, con il fianco dolorante, come un cane, verso l’unico piedistallo che era rimasto in piedi. Ci si gettò sopra, sputandoci del sangue che gli era uscito dalla bocca, poi con una voce tremolante disse- sono stati costruiti per versare sangue e solo il sangue può riportarli alla luce.- In quel preciso istante, il piedistallo iniziò a muoversi, per poi alzarsi verso il soffitto.
-Non era un piedistallo, era  una colonna!- esclamò Sel, con uno sguardo decisamente incredulo, cosa del tutto strana visto ciò che era accaduto pochi minuti fa.
La colonna che uscì dal pavimento, era di marmo, di un marmo rossastro, rosso come il sangue. Amanda fu subito attratta da un piccolo puntino luccicante, conficcato nella colonna. Si avvicinò lentamente. –Non ci credo- pronunciò con un filo di voce.
-Cosa?
-é questo Sel, è l’anello del risveglio.
-Dici sul serio?
-Si Sel, è questo.- Amanda avvicinò la mano, dando una lieve tirata. Grande fu lo stupore, quando si ritrovò l’anello stretto tra il pollice e l’indice per poi appoggiarselo sul palmo della mano destra.- Si dice che se lo stringi tenendo la mano vicino al cuore, senti le voci dei demoni e delle creature cadute che ti pregano di risvegliarle.- Amanda chiuse la mano attorno all’anello, se la portò al petto e chiuse gli occhi.
-Allora senti qualcosa?- chiese Sel.
-No- rispose stupita Amanda.- Non ho sentito niente.
-Beh, in fondo l’hai detto tu, quella delle voci era una leggenda.- Sel cercava di trovare una spiegazione.
-No, c’è qualcosa che non va!- esclamò Amanda riaprendo la mano. Riguardò con attenzione l’anello, per poi dire- è un falso.
-Che cosa?- rispose Sel.- Ma non è possibile?
-Ti dico che è un falso, guarda- disse Amanda, mettendo l’anello davanti agli occhi di Sel.- La runa incisa sulla pietra è consumata, alcuni punti sono addirittura scomparsi.
-Si sarà consumata- rispose Sel.
-Questo è il punto, la runa fu incisa con il fuoco di fenice, le loro incisioni non si consumano mai.- Detto questo Amanda gettò l’anello sul pavimento, prese la bacchetta e lo colpì con dei raggi di luce che lo ridussero in polvero.
-Dobbiamo cercare gli altri doni- disse Sel.
-No è inutile- rispose Amanda.- Se questo era un falso lo saranno sicuramente anche gli altri.
-Che suggerisci di fare allora?- chiese Sel.
- Come ti ho detto prima, c’è qualcun altro che potrebbe sapere dove si trovano i veri doni.
-E lui?- Sel indicò il cardinale Lora, che giaceva sul pavimento con uno sguardo decisamente spaventato. Amanda gli andò contro, tenendo la bacchetta pronta.- E lui ha detto che dovevamo risvegliare suor Angela!- in quel momento Lora alzò il capo e lo sguardo verso Amanda.- Se siete davvero destinati a stare insieme, non preoccuparti la rivedrai. In un’altra vita magari.
-No…- ma Lora non ebbe il tempo di urlare, che anche il resto del suo corpo cadde disteso a terra.
 

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Capitolo 4
*** Blackout ***


-Molte grazie Josh. Quindi come avete sentito, cari telespettatori, la perturbazione dovrebbe raggiungere Boston nelle prossime ore. Il consiglio che vi diamo è ovviamente di prestare attenzione e di evitare le uscite. Adesso invece andiamo in Italia, dove da poche ore il Conclave ha eletto il nuovo papa, per cui ci colleghiamo subito con il nostro inviato a piazza san Pietro…- la televisione si spense di botto.
-Ehi!- esclamò Elen rivolgendosi a Ronnie.- Perché hai spento?
-Perché è tardi, va a lavarti i denti e va a letto- rispose Ronnie poggiando il telecomando sul divano.
-I denti li ho già lavati a dire il vero.
-Bene allora va a letto.
-Non ci penso proprio, sono solo le otto.
-Ascolta Elen- disse Ronnie tornando dalla cucina con un sacchetto di patatine in una mano e una ciotola nell’altra.- Tra non molto verrà David, visto che non posso uscire perché devo badare a te, ci vedremo un film in salotto.
-Ottimo!- esclamo Elen.- Posso rimanere anch’io a vedere il film, giuro che mi metterò sulla poltrona e non fiaterò.
-Non se ne parla!- esclamò Ronnie.- Fila subito in camera tua. Potresti farti una bella chiacchierata coi tuoi amici elfi?
-Fate!- precisò Elen.- E comunque no. Non possono più andare oltre i confini del Public Garden a quanto pare…
-Si certo, le fate. Vai che ti stanno aspettando- la interruppe bruscamente Ronnie. DIN DON!- Questo dev’essere David. Elen non voglio ripetertelo più, fila in camera tua.
Elen iniziò a salire i primi gradini della scala quando si sentì chiamare.
-Ehi Elen- urlò David zuppo d’acqua dalla testa ai piedi. I capelli bruni, di solito alzati, ora erano tutti scomposti, mentre dai vestiti delle goccioline d’acqua stavano creando un lago sul pavimento.
-David- rispose a sua volta Elen andandogli contro, anche lei come Ronnie lo considerava come un fratello maggiore.- Che hai fatto sei tutto bagnato?
-Fuori sta piovendo, sembra autunno, altro che estate!
- Esistono gli ombrelli!- esclamò Ronnie avvicinandosi con degli asciugamani.
-A dire il vero non pioveva quando sono uscito di casa- rispose di botto David.- Ora mi dai un asciugamano o devo asciugarmi sul tuo divano?
-Tieni stupido!- Ronnie gli porse un asciugamano.- Asciugati i capelli, sai sei strano senza il tuo solito ciuffo.
-Allora io vado, ciao David.
-Ma come Elen non rimani a guardare il film con noi?- chiese David stregandosi la testa con l’asciugamano.
-Vorrei ma Ronnie non vuole…
-Fidati è meglio se non lo vede- s’intromise Ronnie.
-Va bene allora ciao.- Elen ricambiò ancora una volta il saluto a David per poi avviarsi in camera.
-Allora guardiamo questo film?- disse Ronnie raccogliendo le asciugamani dal pavimento.
-Non vedo l’ora!- rispose David, mentre Ronnie gli strappava anche la sua di asciugamano dalle mani.
 
 
-Sai, non avrei mai creduto che mi potessi innamorare di una vampira.
-Ma secondo te è giusto quello che stiamo facendo? Cioè le nostre famiglie si fanno guerra da tempo.
-Non preoccupiamoci delle nostre famiglie. In fondo la tua non sa nemmeno che sei una vampira.
-E non devono saperlo! Non sto scherzando Lucas, non devi dire niente.
-Andiamo Elsa, ma ti pare che io vada a dire in giro che tu sei una vampira? A me importa solo di noi due, noi due soltanto.
-Ma io ho paura Lucas. Capisci? Ho paura.
-Ma di cosa?
-Di farti del male. Metti che perda il controllo che non riesca a controllare il mio istinto e ti succhiassi tutto il sangue che hai in corpo.
-Beh…di questo non devi preoccuparti. Puoi succhiarmi tutto quello che vuoi.
 
-Ecco lo sapevo, lo sapevo!- esclamò David.
-Ma che ti prende?- chiese Ronnie buttando giù un pop-corn.
-Ora capisco perché non hai voluto che tua sorella lo vedesse. Gira  e rigira alla fine si finisce sempre al sesso.
-Oh no! hai detto la parola proibita, per fortuna che non c’è mio padre altrimenti a quest’ora eri già fuori casa. Per lui è un tabù quella parola.
-A proposito di tuo padre, ma quando torna da New York?
-Non saprei. Ti ho detto che avevamo avuto una sorta di litigata prima che partisse!
-Si me l’ho hai accennato- rispose David.- Ma non vi siete più sentiti d’allora?
-Ha chiamato oggi verso ora di pranzo, ma l’ho sentito un po’ agitato, sai mancava poco all’incontro con il direttore.
-Lo dici come se la cosa t’infastidisca!
-Certo che m’infastidisce!- rispose di botto Ronnie.- Io non voglio lasciare Boston, non voglio lasciare la nostra casa. Con chi guarderò i film sul divano il Venerdì sera se non ci sarai tu.
-Puoi sempre trovare un mio sosia a New York?- rispose David con una risata.
-No!- esclamò Ronnie.- Io non mi muovo da qui. Uno stupido giornale viene prima di una figlia.
-Allora è questo il problema- disse David.- Sei gelosa. Sei gelosa perché tuo padre da più importanza ad un giornale che a te.
Ronnie non rispose, rimase zitta a frantumare i pop-corn caduti sul divano.
-Oh…su Ronnie andiamo non puoi essere gelosa per una sciocchezza simile.
-Allora perché quando gli ho chiesto di rinunciare all’impiego prima che partisse lui non mi ha risposto? Te lo dico io il perché. Perché scrivere articoli su uno dei giornali più importanti della metropoli più grande al mondo è molto più importante della felicità di una figlia.
-Oh…si…
-Spegni questa dannata tv prima che lo faccia io con un calcio!
-Ok sta tranquilla- rispose David, spegnendo la tv.- Non innervosirti, cerchiamo di rimanere calmi. Comunque Ronnie io penso che tu la stia facendo troppo tragica. In fondo non c’è niente di certo ancora…- lo squillo del telefono interruppe bruscamente David.
-Pronto!
-Ronnie?
-Papà? Senti non c’è bisogno di urlare, ti sento, quindi abbassa un po’ il tono di voce per piacere.
-Certo scusa, ma io non ti sento bene, qui sta piovendo ha dirotto, lì com’è il tempo invece?
-Qui!- esclamò Ronnie voltandosi verso la finestra. -Beh…non è dei migliori, ha piovuto un po’ prima ma niente di ché.
-Ah…bene e dimmi è tutto a posto nel quartiere, voglio dire…
-Papà, sta tranquillo- lo interruppe Ronnie.- Ti ho già detto che è tutto a posto, davvero! Tu invece, dimmi com’è andato l’incontro con il direttore?
-No Ronnie, ascolta- disse William con un tono allarmante.- Ascoltami bene, non andate in città, mi hai capito bene? Non prendete pullman, tram, taxi, metropolitana o qualsiasi altra cosa.
-Bene! Anche perché li hai elencati tutti!
-Non fare la spiritosa, io non sto scherzando.
-Va bene.- Disse Ronnie.- Ma calmati vuoi dirmi almeno il perché?
-Non posso spiegarti ora, comunque sia io torno prima, domani sarò a Boston.
-Questa è una bella notizia, ma continuo a non capire tutto questo allarmismo, che cosa succede in città, perché non possiamo andarci?
-Tu fa come ti dico, ti prego. Dà un bacio ad Elen da parte mia, io cercherò di arrivare il prima possibile.
-Va bene!- esclamò Ronnie, decisamente confusa.- Come vuoi…
-Oh…aspetta Ronnie non riattaccare, mi ero completamente dimenticato, se succede qualcosa chiama questo numero, il 222.
-Cosa? 222?
-Hai capito bene! è importante Ronnie, mi raccomando, non esitate a chiamarlo se succede qualcosa hai capito?
-Io davvero non ti capisco mi stai mettendo paura vuoi dirmi per favore che cavolo sta succedendo?- chiese Ronnie, senza però ricevere nessuna risposta, William aveva riattaccato. Ronnie lasciò cadere il cordless sul pavimento per poi gettarsi sul divano afferrando il telecomando della televisione.
-Che succede!- esclamò David stupito dall’azione di Ronnie.- Che ha detto tuo padre, perché non si può andare in città?
-Non lo so.- Rispose di botto Ronnie premendo il tasto di accensione della tv. –Ma ho intenzione di scoprirlo.
 
-Allora Derry, dicci cos’è che sta accadendo precisamente a New York in questo momento, la polizia come ha intenzione di agire, ci sono già delle piste da seguire?
-Beh…che dire Tory, i newyorkesi sono di certo abituati agli omicidi, ma questo in particolare sta sollevando grandi domande, sia tra la polizia che tra i cittadini. Prima di tutto per il luogo in cui è stato ritrovato il corpo, ovvero Time Square, una delle zone forse più popolari di New York, ma ciò che ha veramente lasciato a bocca aperta tutti, è lo stato in cui è stato ritrovato il corpo, con entrambe le braccia rotte e con il collo sanguinante.
-Wow…non oso immaginare la scena Derry…
-Scusa se interrompo Tory, ma proprio in questo momento è arrivata la notizia di un secondo omicidio, si tratterebbe sempre di un uomo…ehm…corporatura robusta, forse sui trent’anni, il cui corpo, dicono i testimoni sia caduto dall’ultimo piano dell’Empire State Building.
-Accidenti…ricordiamo Derry ai nostri telespettatori che l’Empire State Building è alto 102 piani, quindi che dire…proprio una bella caduta!
-Si…poi Tory ecco un altro particolare che a quanto pare lega i due omicidi, su entrambi i corpi infatti, in prossimità della scapola destra era stata marchiata una croce…
-Come scusa? Derry ho capito bene? Hai detto che era marchiata una croce? Ma forse ti sei sbagliato, forse era tatuata?
-No, no…no Tory non mi sono sbagliato, la croce marchiata sulla pelle, un po’ come si fa con i capi di bestiame, hai presente?
-Si, si, ma è una cosa se me lo permetti un po’ agghiacciante perché…
-Basta!- esclamò con forza David spegnendo la tv.
-Ehi…ma insomma che ti prende stavo seguendo- disse Ronnie scattando dal divano come se fosse una molla.
-Che mi prende? Tu piuttosto vuoi dirmi che succede?
-Non lo so neanche io!- esclamò Ronnie.- Papà per telefono mi ha chiesto se era successo qualcosa di strano qui e ci ha vietato di andare in città fino al suo ritorno. Aveva un tono decisamente preoccupato e ora capisco perché.
-Io no…cosa c’entra tuo padre con questi omicidi?
-Io non lo so…- urlò Ronnie quando d’un tratto divenne tutto buio. Dentro casa, fuori, i grattacieli in lontananza, tutto era avvolto nell’oscurità.
-Oh…!- esclamò David.- Che diavolo succede adesso?
-è andata via la luce David, non vedi?
-A dire il vero no. -Rispose David in tono sarcastico.- Non vedo niente.
-Ronnie.- Era la voce di Elen questa. Il rumore dei suoi piedi che scendevano le scale, rimbombava per tutta la casa.- Ronnie è successo un guaio.
-Ma davvero Elen? Guarda non me n’ero accorta.
-Davvero? Aspetta ma tu a cosa ti riferisci?- chiese Elen.
-A cosa mi riferisco? Ma alla luce, è andata via la luce Elen, te ne sei accorta?
-Ma chi se ne frega della luce, Alerac è in pericolo dobbiamo salvarla!
-Un momento frena!- esclamò Ronnie afferrando Elen che stava fuggendo verso la porta.- Da questa casa non si esce, soprattutto con questo buio là fuori.
-Ronnie tu non capisci, ha detto Haller che i vampiri hanno rapito Alerac questa sera, noi dobbiamo salvarla.
-No noi rimaniamo qui finché non torna la luce, punto.
-Scordatelo, io non la lascio sola in mezzo a dei succhia sangue.- Detto questo Elen corse verso la porta seguita da David e uscirono in strada. In quel momento nella mente di Ronnie risuonavano per magia i numeri 222, chiama questo numero se succede qualcosa di strano. Ronnie fece uno sbuffo, raccolse il cordless dal pavimento, digitò il numero 222 e poi poggiò il telefono sul comodino attaccato al divano, per poi correre in strada da Elen e David che si erano fermati ad osservare la casa a blocchi vicina.
-Che guardate!- esclamò Ronnie, quando anche lei rimase a bocca aperta per la sorpresa. La casa che avevano di fronte era l’unica in tutto il quartiere  e in tutta la città con le luci accese.
-Credevo fosse un black-out generale?- disse David stranito.
-Infatti lo è!- esclamò Ronnie.- Com’è possibile!
-Magari sono delle luci di emergenza!-ipotizzò David.
-Impossibile, ormai sono già due mesi che i Reigan si sono trasferiti a Beacon Hill, dall’altro lato della città- rispose Ronnie.
-Si però dentro ci dev’essere qualcuno!- esclamò David.
-Vampiri!- rispose di botto Elen, quando un fascio di luce lì investì da dietro le spalle. I tre colti di sorpresa si voltarono, la luce accecante che li aveva colpiti, adesso si era ridotta a due faretti che a malapena si accendevano. I faretti erano di due motociclette e in sella alle motociclette c’erano due individui vestiti di nero con la testa coperta da caschi. Nonostante la poca luce, Ronnie riuscì a leggere dei numeri che si trovavano su entrambi i lati delle motociclette, i numeri in questione erano 222.

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Capitolo 5
*** Sangue e Candele ***


Il ragazzo, ancora in sella alla sua motocicletta, si sfilò il casco dalla testa, mostrando un ciuffo ribelle di capelli neri. Lo stesso fece la ragazza, cacciando invece una cascata di capelli bruni, raccolti in una lunga coda di cavallo.
-E voi chi diavolo sareste?- chiese David con aria sospetta.
-Li ho chiamati io!- esclamò Ronnie.
-Tu!- esclamò David.- Ma perché e chi sono innanzitutto.
-A questo ti rispondo io- disse il ragazzo scendendo dalla motocicletta seguito dalla ragazza,-apparteniamo all’MSHC.
-Ministero sicurezza di umani e creature- concluse la ragazza.
-Io sono l’agente Demons, lei invece è la mia collega, l’agente Dalìa.
-Agenti…ministero…sicurezza…creature!- David si mise una mano sulla fronte.- Ma che diavolo sta succedendo!- rivolse lo sguardo verso Ronnie. -Ronnie?
-Non chiederlo a me- rispose lei.- A questo punto sono confusa quanto te!
-Smettiamola di perdere tempo!- esclamò Elen.- Lì dentro c’è una fata che chissà quali torture sta subendo, dobbiamo fare qualcosa.
-Un momento- disse l’agente Demons avvicinandosi alla piccola Elen.- Hai detto fata?
-Si una fata!- esclamò con decisione lei.- é stata presa dai vampiri.
-Sentito?- chiese l’agente rivolgendosi alla collega.- A quanto pare abbiamo un occhio magico qui in mezzo.
-Dobbiamo sbrigarci- rispose l’agente Dalìa.- Fate e vampiri insieme non portano nulla di buono.
-Hai ragione- rispose il ragazzo.- Allora ecco il piano, grazie per la segnalazione, adesso ci pensiamo noi, voi restate qui e non muovetevi.
-Non se ne parla, io voglio venire dentro con voi!- esclamò Elen.- Non lascio da sola Alerac.
- Oh…tu non vai da nessuna parte invece- rispose di botto Ronnie.- Li hai sentiti? Se ne occuperanno loro
-Ma…
-Niente ma- la interruppe Ronnie.- Elen, ascoltami bene, io non so cosa diavolo stia succedendo, ma sicuramente niente di buono. Papà aveva detto esplicitamente di non uscire, per cui adesso, noi rientriamo subito a casa, ok?
-No- rispose Elen, correndo in fretta e furia per poi lanciarsi come una scheggia dentro la casa.
-Elen- urlò Ronnie correndogli dietro, ma il braccio dell’agente Demons la bloccò proprio sul ciglio della porta.
-Ci pensiamo noi- disse il ragazzo fissando attentamente Ronnie negli occhi.
- è mia sorella non la lascio sola in una casa piena di vampiri!-Oh mio dio… l’ho detto davvero? Pensò Ronnie in quel momento.
-Come vuoi , ma se davvero vuoi entrare dovrai tenerti a me.
-Ok- rispose Ronnie.
-Entro prima io- disse l’agente Darìa, scostando dalla porta il braccio di Demons.
-D’accordo Jennifer, vai tu per prima- rispose lui.
-Jennifer? Ti chiami Jennifer davvero?- chiese Ronnie.
-Si, perché hai qualche problema forse?
-No assolutamente- rispose Ronnie indietreggiando.- Ansi, trovo che sia un bellissimo nome.
Jennifer entrò per prima nella casa, dando prima un’occhiataccia a Ronnie.
-Scusala!- esclamò l’agente Demons.- Sembra antipatica, ma in fondo, molto in fondo è simpatica.
-Ah…guarda non ne dubito!- disse Ronnie in tono ironico guardandosi attorno per paura che ricomparisse.
-Allora, vogliamo andare?
-Certo, andiamo- rispose Ronnie.
-Molto bene, ma ricorda che ti ho detto stammi attaccata.
-Si ho capito sta tranquillo- lo rassicurò Ronnie.- Beh…David tu che fai non vieni?- David era seduto sul marciapiede e si massaggiava i lobi.- Ho capito! Ci vediamo dopo allora, sempre se ne esco viva.
Il piano di sotto della casa era completamente al buio, le luci erano accese solo al piano di sopra, da cui si accedeva con una scala. C’era un gran silenzio, non si sentiva volare una mosca, di Elen nessuna traccia, eccetto le orme sul pavimento ricoperto di polvere.
-Elen- urlò Ronnie.
-Sta zitta ma sei impazzita- rispose subito l’agente Demons.- A proposito ti ho detto che dovevi starmi azzeccata?
-Ti sono azzeccata, sto dietro di te, ho fatto gli stessi e identici passi che hai fatto tu.
-No, forse non ci siamo capiti, devi tenerti a me, aggrappati alle mie spalle.
-Non ci penso nemmeno!- esclamò Ronnie.
-Aggrappati alle spalle se non vuoi che un vampiro ti stacchi la testa.
-Ok…ok stiamo calmi, mi aggrappo.
-Ah…
-Cosa c’è, non ho ancora poggiato le mani.
-No sta tranquilla, ho solo sbattuto contro qualcosa.
-Chiamalo qualcosa!- esclamò Ronnie uscendo da dietro le spalle.- Questo è il vecchio divano dei signori Reigan, incredibile lo hanno lasciato qui, chissà perché.
-L’hai detto tu, è vecchio- rispose Demons ironicamente.
-Wow… guarda!- esclamò Ronnie sollevando la plastica che lo ricopriva.- C’è ancora la macchia di salsa che abbiamo fatto cadere io ed Elen, sai noi venivamo spesso dai Reigan, anche se il loro gatto ci soffiava sempre quando ci vedeva. Era così odioso, sai credo che sia morto adesso.
-Molto interessante, ma sai penso che lo sarai anche tu se non decidi a muoverti.
-Va bene!- disse Ronnie.- è pensare che era Jennifer quella nervosa.
-Ti decidi ad aggrapparti a queste maledette spalle.
-Si, si…ma stiamo calmi però. A proposito non conosco nemmeno il tuo nome?
-Se vuoi saperlo mi chiamo Phil.
-Phil? Gran bel nome- rispose Ronnie.- No davvero, mi piace.
-Grazie- rispose Phil.- Ora ti dispiace stare in silenzio?
-Bastava dirlo- rispose Ronnie seccamente.
Ronnie e Phil entrarono nella stanza in cui un tempo si trovava la cucina. C’era una piccola finestra con il vetro rotto, i pezzi erano ancora sul pavimento, mentre al centro della stanza vi erano delle candele accese, già molto consumate, disposte a formare un numero, il numero cinque.
-Cosa vuol dire?- chiese Ronnie.
- Niente di buono- rispose di botto Phil.
Ronnie chinò la testa dirigendo lo sguardo verso i pezzi di vetro sparsi sul pavimento, in uno di questi vide il riflesso di un ombra nera camminare con tutti e quattro gli arti sul soffitto.
-Phil?- chiamò Ronnie.- C’è qualcuno qui!
-Lo vedo- rispose Phil. Quando Ronnie rialzò gli occhi da terra vide che Phil aveva lo sguardo rivolto invece verso la porta sulla cui soglia vi erano degli individui che apparivano come delle ombre nere con gli occhi che luccicavano nel buio.
-Ronnie?- chiese Phil.
-Ss…si- rispose Ronnie con la voce tremolante.
-Sei aggrappata alle spalle?
-Ehm…si.
-Molto bene- rispose Phil mentre Ronnie vide che una delle ombre nere, quella centrale si stava piegando sulle gambe, come se stesse per saltare e lo stesso stava facendo Phil che disse- mi raccomando, non mollare la presa.
D’un tratto Ronnie non si sentì più il pavimento sotto i piedi, i capelli erano come al vento. Teneva gli occhi chiusi, quando li riaprì vide che tra le dita stringeva pelliccia, pelliccia di un colore bruno, molto scuro quasi nero. La pelliccia era di un enorme lupo e Ronnie gli ci stava seduta sopra, come se lo cavalcasse. Sentiva sotto il suo sedere, i muscoli delle spalle contrarsi. D’un tratto, l’enorme lupo, che sotto le sue gigantesche zampe stava schiacciando un ragazzo, girò la testa verso di lei. La ragazza riconobbe quegli occhi che la fissavano, erano gli stessi che aveva osservato prima di entrare in quella maledetta casa, erano gli occhi di Phil. Ronnie fece un piccolo sorriso al lupo, che fatto un piccolo grugnito diresse di nuovo la testa e i denti affilati verso il ragazzo che teneva sotto di sé ed in meno di un secondo gli staccò la testa gettandola sulla parete vicina. Ronnie rimase sorpresa, dalla testa e dal corpo mozzato del ragazzo non usciva un filo di sangue. Dopodiché rivolse lo sguardo verso la porta, le due ombre rimanenti saltarono verso di loro, quand’ecco che un altro gigantesco lupo, dalla pelliccia bianca lucente, ne atterò una. I due rotolavano sul sucido pavimento, fra urla e ringhi, finché il lupo con un morso strappò via il braccio al ragazzo che lo stringeva, per poi conficcargli i lunghi artigli nel torace strappandogli la maglia. Infine tenendolo immobile, steso sul pavimento, senza un braccio e con degli artigli conficcati nel torace, gli strappò via la testa con un morso. Anche in questo caso non c’era una sola macchia di sangue.
Nel frattempo l’ultima ombra si gettò verso di Ronnie, che si  ritrovò delle mani stringergli intorno al collo. Ronnie vide che a soffocarla era una ragazza, dai capelli neri e lunghi proprio come gli occhi e le sopracciglia che erano sottili e ben curate. Il viso era di un bianco cadaverico, come le braccia e le mani che la stavano soffocando. Ronnie non si sentì più fiato, quand’ecco che il lupo diede una testata alla ragazza, che mollò la presa e cadde per terra. Il lupo bianco corse verso il corpo disteso sul pavimento e con una zampa le schiacciò la testa, che si frantumò come fosse stato una masso.
Ora Ronnie toccava di nuovo il pavimento con i piedi, tra le sue dita non c’era più la pelliccia bruna, ma la pelle del giubbotto nero di Phil. Il ragazzo si voltò, l’espressione che aveva in viso era molto seria, proprio come quella di Jennifer, tornata anche lei in sé.
-Voi siete…
-Licantropi- concluse Phil,- o lupi mannari, figli della luna, chiamaci come vuoi.
- E che importanza ha?- disse Jennifer verso Ronnie,- tanto per te siamo solo dei mostri non è vero?
-No!- esclamò Ronnie.- Mi avete salvato la vita, se non ci fosse stati voi mi avrebbero uccisa.
- In effetti i vampiri non si sarebbero fatti scappare del sangue fresco e giovane- disse Phil.
- Sporchi succhia sangue- aggiunse Jennifer,- magari bruciassero tutti!
-Jennifer- la richiamò Phil,- adesso basta.
-Un momento, mia sorella, dov’è mia sorella?
-Sta calma!- la rassicurò Jennifer.- è al piano di sopra, c’è la fatta ha salvato la fata.
-Davvero?- urlò una voce alle loro spalle, mentre i tre ragazzi sobbalzarono. –Io dico di no, non ci è riuscita.
Ronnie si voltò e vide Elen bloccata fra le braccia di un uomo molto robusto, dalla carnagione scura e dai capelli neri, un po’ più alto di Phil e di Jennifer. Indossava dei pantaloni neri e una maglia sgualcita dello stesso colore. Sul collo aveva una lunga cicatrice mentre i polsi erano ricoperti da bracciali d’argento che luccicavano nel buio e che premevano sul collo di Elen.
-Lasciala andare!- urlò Phil.
-Scordatelo- rispose l’uomo,- lei viene con me.
-Ronnie aiuto- urlò Elen trascinata dall’uomo sulla soglia della porta.
Senza pensarci un secondo Ronnie corse verso l’uomo gettandosi sulle spalle. Quest’ultimo lasciò andare Elen e scaraventò Ronnie in mezzo alla stanza, proprio sulle candele. La cera calda colò sul braccio della ragazza, provocandogli delle bruciature dalle quali iniziò ad uscire del sangue. L’uomo si fermò sul ciglio della porta, allargò le narici e fece un lungo sospiro, proprio come si fa dinanzi ad una squisitezza, in quel caso il sangue fresco e caldo di Ronnie era la specialità del giorno.
-Sapete che vi dico, magari faccio prima uno spuntino!
-Non provare ad avvicinarti a lei!- urlò Phil, coprendogli la visuale su Ronnie. La ragazza era distesa, con il braccio dolorante. Strisciava sul polveroso parquet spingendosi con le gambe.
L’uomo iniziò ad avanzare, calpestando anche i corpi mozzati dei compagni vampiri, che si frantumarono in mille pezzi, alzando nubi di polvere. Quando fu abbastanza vicino a Phil, circa un metro, alzò gli angoli della bocca scoprendo due canini sui quali rifletteva la luce fioca di quelle poche candele rimaste accese. Il giovane lupo rimase disorientato per qualche secondo, poi improvvisamente capì. Canini d’argento.
-Quando te li ficcherò nel collo non avrai neanche la forza di ribellarti, mi divertirò a succhiarti quel sangue maledetto che ti ritrovi in corpo mentre striscerai implorante ai miei piedi- il vampiro passò in rassegna con la lingua tutta la fila superiore di denti, canini d’argento compresi.
- Non credo proprio…- replicò Phil,- sarò io a godere quando i guardiani firmeranno la delibera per l’iniezione letale di acqua santa, perché è questa la pena che ti daranno, non puoi girare con i canini d’argento nella bocca, è assolutamente contro le Leggi…
-Tu non hai capito proprio niente…a me non fotte un cazzo delle Leggi…
 In quel momento, Phil saltò addosso all’uomo, i suoi denti divennero lunghi e affilati, le orecchie divennero appuntite, il corpo si ricoprì di pelo, le mani e i piedi divennero delle enormi zampe con artigli affilati che sprofondarono nel ventre del vampiro, che urlò per il dolore. Ronnie si rialzò da terra, stregando via la cera che le ricopriva il braccio. Jennifer afferrò una delle candele rimaste accese, fece un salto gettandola sul viso del vampiro che cadde a terra. Phil ritirò gli artigli e raggiunse Ronnie, che si sentiva il braccio come se stesse bruciando. Nel frattempo Jennifer corse fuori verso le motociclette, sollevò il sellino cacciando fuori una specie di estintore, completamente nero, se lo mise sulle spalle come se fosse uno zaino e corse subito verso la casa, mentre David gli urlava alle spalle- va tutto bene, ho sentito dei rumori?
Quando Jennifer rientrò in casa il vampiro stava sollevando Phil il lupo da terra mentre Ronnie era inginocchiata sul pavimento con le lacrime agli occhi.
-Aiutali!- urlò Elen stesa sul pavimento vicino le scale.
Jennifer avanzò a passo veloce verso il vampiro voltato di spalle. Tirò una pompa dall’estintore con la quale iniziò a gettare lingue di fuoco rosse e blu sulle spalle del vampiro, che lasciò cadere il gigantesco lupo.
-Uscite!- gridò Jennifer.- Muovetevi!
Ronnie si aggrappò alla pelliccia del lupo che corse verso la porta per poi saltare sul prato circonstante. Il vampiro con la schiena a fuoco si gettò sul pavimento, rotolando su se stesso. Jennifer rivolse le lingue di fuoco verso il vecchio divano che prese subito fuoco. Afferrò Elen per un braccio e arrivati sul ciglio della porta, disegnò una croce di fuoco sul parquet,- brucia all’inferno!- urlò. Si tolse l’estintore di fuoco dalle spalle, lo gettò nella casa per poi saltare insieme ad Elen sul prato, mentre una gigantesco incendio si sviluppava in tutto l’edificio. Jennifer atterrò sul duro marciapiede, qualche metro più avanti di Phil e Ronnie, mentre Elen colpì la testa sulla scarpa della sorella maggiore perdendo i sensi. La casa ormai era una vera e propria torcia che illuminava la zona circostante, della gente iniziò a scendere per strada. Ronnie si alzò faticosamente dal prato, Phil era disteso vicino a lei, non più sotto forma di lupo, ma non si muoveva, lo stesso Jennifer ed Elen. Ronnie vide una folla di gente radunata intorno a loro, in prima linea c’era David, qualcuno urlava, qualcun altro cercava di chiamare i pompieri. Lo sguardo di Ronnie andò verso la casa in fiamme, sulla soglia della porta vide comparire una sagoma nera, era lui, il vampiro. Scese lentamente le scale del pianerottolo, avanzò un po’ zoppicando verso la piccola Elen che era distesa priva di sensi sul prato, la prese in braccio molto delicatamente, poi si avvicinò a Ronnie sussurrandogli- ci rivedremo presto. Dopodiché s’infilò tra la folla di gente che si scostava al suo passaggio.
-No!- esclamò Ronnie con un filo di voce tremante.- Elen…Elen, Phil, Phil svegliati.
-Ronnie?- urlò David andandogli contro,- ma che diavolo e successo.
Ronnie all’improvviso si sentì mancare l’aria, fece qualche colpo di tosse, non riusciva a tenera alzata la testa, finché gli occhi gli si chiusero.
 
 

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Capitolo 6
*** Il carro del peccato ***


Il dolore partiva dalla testa e arrivava fino ai piedi. Ronnie teneva ancora gli occhi chiusi, eppure sentiva pungersi su tutto il corpo, in particolare aveva il braccio e le ginocchia che le bruciavano. Quando le palpebre si sollevarono, neanche un secondo che una luce accecante la costrinse a chiuderle nuovamente. Rimase per un istante con gli occhi chiusi, poi provò di nuovo a riaprirli molto delicatamente finché si rese conto che la luce altro non era che una lampadina al neon appesa al soffitto. Ronnie strizzò leggermente gli occhi per avere una vista più chiara e vide un insetto, una falena probabilmente, che si scontrava senza sosta contro la lampadina. Alla decima testata, la falena cadde sul braccio sinistro di Ronnie, la quale ritraendolo  si sentì delle punte taglienti conficcarsi nella pelle. Ronnie emanò un piccolo gemito, quando d’un tratto si spalancò una porta dalla quale entrò David, con le guance di un color rosso peperone.
-Ronnie!- esclamò David andandogli vicino.- Ti sei svegliata finalmente, è fantastico.
-Mm…per quanto ho dormito? – grugnì Ronnie.
-Non molto, anche se è quasi l’alba! Piuttosto perché sei sdraiata su delle sedie di chiodi?
-Beh…questo dovresti dirmelo tu, non credi? Dai aiutami ad alzarmi!
-Non so che dirti a dire il vero- disse David aiutando Ronnie ad alzarsi.- Io sono stato con Phil tutta la notte, è stata Jennifer a portarti qui.
-Ho sentito il mio nome!- esclamò Phil entrando nella stanza.- Incredibile ti sei svegliata?
-Perché, speravi che morissi?- disse Ronnie nervosamente.
-Oh…a quanto pare qualcuno qui è nervoso!- esclamò Phil.
-Certo che sono nervosa, ho dormito su delle sedie ricoperte di chiodi, sono piena di graffi e mi sento ancora quei maledetti chiodi nelle spalle.
-Un momento!- esclamò Phil in zittendo Ronnie.- vuoi dirmi che hai passato tutta la notte sulle sedie riservate alle streghe? Questa è proprio forte!
- Non lo è per niente invece! E poi scusa, io sarei una strega secondo te?
-No…no…non fraintendermi, vedi quelle sedie sono ricoperte di chiodi perché lì, facciamo accomodare le streghe e gli stregoni che portiamo in caserma in attesa di essere interrogati.
In quel preciso momento entrò Jennifer nella stanza.
-Bene, ti sei svegliata!- esclamò senza alcun tipo di emozione.
-Jennifer sei tu che hai poggiato Ronnie sui chiodi?- chiese Phil fra una risata e l’altra.
-Mi sono sbagliata, non mi ero accorta che c’erano i chiodi! Può capitare no? Di sbagliarsi- disse Jennifer stringendo i denti.
-Che vuoi dire con questo?- chiese David incrociando le braccia.
-Voglio dire che abbiamo fatto un errore a portarli qui!
-Oh…ma davvero? E dimmi tu che proponevi? Di lasciarli davanti a quella casa in fiamme? Sai bene che ogni dormiente che entra in contatto con qualsiasi creatura dev’essere interrogato!
-Un momento!- intervenne Ronnie.- Mia sorella, dove sta mia sorella, dove sta Elen?
-Ronnie…Elen è scomparsa- disse David cercando di essere sensibile il più possibile.- Il vampiro ricordi? L’ha portata via.
-Ma dove?
-Non lo sappiamo- rispose Phil.- Ed è per questo che abbiamo bisogno di interrogarti, anche perché il tuo amico non ha saputo dirci niente.
-Ti hanno interrogato?- chiese Ronnie al suo  migliore amico.
-Si, mi sento il viso bollire, faceva così caldo in quella stanza una cosa atroce- rispose David.- Per non parlare di quell’odioso uccellaccio non l’ho sopportavo più, non faceva altro che guardarmi.
-Ehi…le fenici sono creature molto intelligenti- specificò Phil. Poi rivolse lo sguardo verso di Ronnie.- Si dice che guardando una persona negli occhi riescano a capire se dice la verità o meno.
-Oh si…quella mi guardava, ma non aveva l’aria di chi vuole sapere la verità!- esclamò David.- No, quello ero uno sguardo assassino, scommetto che se ci avreste rimasti da soli in quella stanza, avrebbe cercato di uccidermi.
-Magari, ci avrebbe fatto un piacere!- esclamò Jennifer avviandosi verso la porta.- Allora vogliamo interrogarla o ci accomodiamo a tavolino e facciamo colazione?
-Sai una cosa?- sopirò Phil.- Io opto per la colazione!
Jennifer assunse un espressione alquanto sorpresa,- Ehm…Phil dai io stavo scherzando!
-Io no!
-No scusa, vuoi dirmi che non vuoi interrogarla?
- Penso che sia meglio che si riposi un po’ per ora, in fondo ha passato la notte su un letto di chiodi!
-Bene allora!- esclamò David con un gran sorriso.- Non c’è niente di meglio di bacon e pancetta per cancellare quello sguardo assassino dalla mente.
- Guarda che viene anche Lolly!- esclamò Phil.- Non possiamo di certo lasciarla qui da sola!
-Lolly, è così che si chiama allora. Va bene, basta che stia lontana dalla mio baco e dalla mia pancetta!
-Ma di che cosa stiamo parlando?- urlò Ronnie.- Mia sorella è sparita, l’ha portata via un vampiro e adesso potrebbe avere due denti ficcati nel collo e voi parlate di fare colazione.
-Ronnie devi calmarti adesso, ascolta ti prometto che la ritroveremo e uccideremo quel dannato vampiro, ma ora hai bisogno di riposarti!- esclamò Phil.
David, che ormai aveva la mente annebbiata dalla pancetta e dal bacon, suggerì una buona tavola calda in cui fare colazione.- Potremmo andare da Tiffany?
-Si…è magari invitiamo anche Audrey Hepburn a mangiare con noi!- esclamò Jennifer.- Niente locali da dormienti, conosciamo noi un bel posto dove fare colazione. Adesso mentre voi vi preparate io vado a prendere Lolly- detto questo Jennifer lanciò una di quelle occhiatacce simili a quelle del pennuto che tanto avevano turbato David.
-è ufficiale, quella ragazza mi fa più paura di Lolly!- esclamò David nascondendosi dietro di Ronnie che nel frattempo si avviò dietro di Phil verso la porta.
-Allora dove andiamo esattamente!- esclamò David.
-Vedrete- rispose Phil.
Ronnie si guardava intorno, stavano percorrendo un lungo corridoio con delle gigantesche vetrate da cui si vedeva un panorama mozzafiato di tutta Boston. Dal lato opposto una gigantesca mappa del globo occupava l’intera parete. La ragazza la osservò con attenzione e curiosità. In ognuno dei cinque continenti correvano strisce di vari colori e lunghezza. L’Europa era piena di strisce azzurrine che partivano da una nazione e arrivavano ad un’altra. Lo stesso era per gli altri continenti, strisce rosse per l’America, verdi per l’Oceania, gialle per l’Asia e un paio di strisce nere per l’Africa. In particolare Ronnie ne notò alcune che dall’America arrivavano in Europa e viceversa, in Oceania e così via ed erano di un colore argenteo.
-è la mappa mondiale di passa porte!- Ronnie sobbalzò quando Phil gli parlò da dietro le spalle.- Ogni continente possiede la propria rete di passa porte, ed ogni rete ha un proprio colore. Quella di colore argento è la rete oltre oceano, significa che il campo di queste passa porte è così potente da riuscire a trasportarti dall’altra parte del globo in solo mezzo secondo.
-Wow!- esclamò Ronnie mezza stupita.- Se tutti ne potessero usufruire le compagnie aeree fallirebbero in un solo mese…
-Eh già…- replicò Phil,- la società si arricchirebbe sicuramente…
-Quale società?
-Quella che gestisce e controlla tutte le reti di passa porte…la PASSAPORTE s.r.l., forse la società magica più potente dopo…
-Dopo?- Ronnie cercò di tirargli le parole fuori di bocca.
-Lascia perdere…- concluse Phil.- Non ha importanza, non capiresti.   
-Va bene…dov’è che ci troviamo esattamente?- chiese Ronnie rivolgendo lo sguardo al panorama della città, nella sua voce si percepiva una certa perplessità.
-Siamo nella sede dell’MSHC di Boston, esattamente al sessantunesimo piano della John Hancock Tower, da qui teniamo sotto controllo tutta la città!- rispose Phil chiamando l’ascensore.
-Credevo che la torre avesse solo sessanta piani- ribatté Ronnie
-E infatti è così, il piano in cui si trova il ministero è invisibile all’occhio dei dormienti.
-Wow! Ma siete solo tu e Jennifer?- Chiese Ronnie mentre la porta dell’ascensore si spalancava.
-No, io e Jennifer in genere facciamo sempre il turno di notte, anche perché è il momento diciamo più pericoloso per voi dormienti, gran parte dei vampiri più pericolosi si aggirano di notte e così…
-E così tu e Jennifer sareste i più bravi nel vostro mestiere!- lo interruppe Ronnie.
-E anche i più sfigati!- urlò Jennifer correndo verso di loro con Lolly appollaiata sulla sua spalla.- Ah…eccoci qui, beh…Lolly tu conosci già David vero? Perché non ti appoggi un po’ sulla sua spalla?
-No…no- urlò David uscendo dall’ascensore.- Sapete una cosa, credo che andrò a piedi una bella camminata mi farà bene!
-Su David, non fare lo stupido, vieni dentro, non vorrai davvero farti tutte le scale della torre?- sbuffò Ronnie.
- E perché no!- disse Jennifer.- Meno siamo, più l’ascensore scende veloce, ci vediamo giù David.- Jennifer agitò la mano in segno di saluto.
-Fermi! E va bene vengo, ma per favore tieni quell’uccellaccio lontano da me!
-è una fenice.- specificò Phil.
-Come ti pare!- sbraitò David.
-Va bene come vuoi, ma adesso entra altrimenti davvero scendiamo senza di te!
David rientrò nell’ascensore e mentre le porte si chiudevano Jennifer esclamò-Cenere!
Quando le porte dell’ascensore si riaprirono al piano terra, il viso di David era ricoperto di macchie nere, sembrava appena uscito da una miniera.
-E ringrazia che gli ho fatto tossire della cenere anziché del fuoco!- disse Jennifer.- Altrimenti a quest’ora non c’è l’avevi proprio più la faccia e magari avresti fatto un piacere a tutti.
David ridacchiò in quel momento.
-David ma cosa ridi? Ti ha offeso, voleva dirti che sei brutto!- lo rimproverò Ronnie afferrandolo per un braccio.
-Ronnie ma possibile che ancora non hai capito?
-Cosa dovrei capire David?
-Jennifer si comporta così perché in realtà è pazza di me!
-Ok, questo fa davvero ridere, davvero pensi che Jennifer, forse la ragazza più fredda al mondo, sia attratta da te?
-Cosa c’è di strano?- chiese perplesso David.
-Cosa c’è di strano? Magari il fatto che è umanamente impossibile?
-Come vuoi Ronnie, pensa quel che vuoi!- esclamò David.
-Allora voi due vi muovete o dobbiamo aspettare che si faccia mezzogiorno?- urlò Jennifer.
Nonostante la luce fosse tornata e fosse quasi giorno, le strade della città erano quasi deserte e si sentiva un gran silenzio. Il cielo era di un colorito bluastro molto chiaro, le stelle ormai erano scomparse anche se strizzando leggermente gli occhi si riusciva ancora a scorgerne qualcuna.
-Allora cosa stiamo aspettando?- chiese David.
-Niente, è arrivato!- esclamò Phil.- Ragazzi ecco a voi il carro del peccato!
Ronnie e David videro comparirsi davanti una macchina simile ad un vecchio maggiolino malconcio, rosso e giallo, anche se i colori in questione erano parecchio sbiaditi.
-E noi dovremmo salire su quel catorcio?- chiese David puntando un dito contro il maggiolino fermo al lato della strada.
-Il catorcio come dici tu- specificò Jennifer,- è più veloce di una nave, un aereo, un autobus, un treno ad alta velocità e qualsiasi vostro altro mezzo di trasporto per dormienti!
-Ma davvero? E come fa ad essere così veloce?
-Ha un motore da 8000 cavalli!- esclamò Jennifer, aprendo il vano motore, dal quale uscì una piccola novala di fumo e una spira assunse la forma di un cavallo che iniziò a saltellare da una parte all’altra proprio davanti ai loro occhi per poi terminare con un ultimo salto prima di sgretolarsi sul naso di David che emise un piccolo colpo di tosse.
-E adesso sono 7999!- aggiunse Phil mentre Jennifer richiudeva il vano motore con un pugno talmente forte da far saltare tutti in aria. Poi aggiunse- forza salite, io sto davanti.
-Aspetta!- urlò Phil a Ronnie,- ti apro la portiera.- Ma non appena la tirò, la portiera venne giù.- Accomodatevi!-esclamò Phil spingendoli delicatamente attraverso la portiera aperta, per poi seguirli a ruota. All’interno i sedili erano morbidi e comodi. Gli specchietti retrovisori avevano gli specchi scheggiati, così come lo specchietto interno, sul quale Ronnie notò due piccole palle appese con un sottile filo rosso. Dopodiché rivolse lo sguardo al guidatore. Quest’ultimo indossava una felpa verde molto larga, con il cappuccio tirato sulla testa. Ronnie guardò anche le mani appoggiate sul volante, erano grandi, di un colorito giallastro, le dita erano più lunghe del normale con le unghie a punta cresciute e nere. Quando il guidatore voltò la testa, Ronnie e David rimasero a bocca aperta. Il viso era perfettamente ovale, dello stesso colore giallastro delle mani, ma non aveva gli occhi. Esattamente al centro vi erano due piccole fessure nere, probabilmente per respirare, mentre la bocca era una linea sottilissima rosa appena accentuata. Proprio sotto il mento penzolavano dei bozzoli di pelle giallastra.
-Non abbiate paura- li rassicurò Phil,- è Leonard, è un ibrido! Saluta Leonard.
L’ibrido scosse leggermente la testa, per poi emettere uno strano verso simile ad uno spiffero di vento.
-Cos’è un ibrido?- chiese Ronnie raggomitolata sotto il braccio di Phil.
-è ciò che nasce dall’unione di un essere umano con un membro del popolo fatato, è per questo che si chiama carro del peccato, perché una simile unione è un peccato imperdonabile, gli umani non sono in grado di reggere il sangue fatato!
-Wow…-sospirò Ronnie con la bocca ancora aperta per lo stupore.
-Incredibile, da esseri così belli come le fate può nascere un simile mostro!- esclamò David per poi voltarsi verso Ronnie- non che io ne abbia mai vista una!
-Allora che vogliamo fare? Leonard ti decidi a portarci alla Gatta Mammona o c’è la dobbiamo fare a piedi?- urlò Jennifer dando una carezza alla tenera Lolly appollaiata sulla pancia.
Leonard emise un altro spiffero questa volta un po’ più lungo.- Reggetevi!- esclamò Phil.
-Un’ attimo come fa a guidare se non ha gli occhi?- chiese David in preda al panico.
-C’è li ha gli occhi, sono appesi qui- rispose Jennifer sbuffando e additando lo specchietto interno.
Prima che David potesse emettere un’altra parola, si sentì i cappelli di Ronnie nella bocca e il vento freddo sbattergli in faccia. Chiuse gli occhi perché non riusciva a tenerli aperti, gli bruciavano. D’un tratto andò sbattere con la faccia sul sedile davanti a lui.
-Vi avevo detto di tenervi!- esclamò Phil scendendo dal carro del peccato seguito subito da Ronnie,- mi fischiano le orecchie-sospirò lei.
-Tranquilla!- rispose Phil,- la prima volta è normale.
David scese dall’auto sputando dalla bocca una piuma rossa. Quando rialzò lo sguardo vide che Lolly lo stava fissando.- Ecco, ecco…di nuovo quello sguardo assassino!
-Ma piantala David- disse Ronnie,- qui nessuno vuole ucciderti!
-Io si!- esclamò di botto Jennifer.
-Piantatela voi due- replicò Phil.
-Ehi…ma siamo di nuovo a Back Bay! Questa è Newbury Street- disse con sua sorpresa Ronnie.
-Si, è qui che si trova la Gatta Mammona, seguiteci!- replicò Phil.
L’aria era abbastanza fresca, c’era un leggero vento molto piacevole. L’unico rumore che si udiva erano i fruscii delle folte chiome verdi degli alberi, che proteggevano dai raggi del sole del mattino. Le vetrine dei vari negozi e boutique erano addobbate con tende e vestiti colorati, ideali per l’estate.
Ronnie aveva davanti l’ultima delle tante case di mattoni a tre piani che caratterizzavano Newbury Street. A pochi passi da loro s’intravedeva l’ingresso del Public Garden, che aveva ancora i cancelli serrati. Phil diede una lieve spinta con la mano al cancelletto di ferro battuto che circondava l’intera casa, aprendolo. Prima di entrare nel piccolo cortile, Ronnie notò che quella era l’unica casa, in tutta la strada a non avere un’insegna di qualche negozio o ristorante e tutte le finestre avevano delle tende verdi che impedivano di vedere cosa c’era all’interno. Phil, portò tutto il gruppo sul retro della casa. Anche qui c’era un piccolo cortile, circondato da una gigantesca e altissima siepe. Due cassonetti dell’immondizia erano l’unico elemento di decoro. Un’insegna al neon, con il nome del locale affiancato da un gatto nero, sormontava una porta di legno ridipinta di verde. Quando Phil aprì la porta, si udì il suono di un campanello.
All’interno del locale c’era un’aria abbastanza fredda ma gradevole. Con suo grande stupore, Ronnie scoprì che in realtà la casa non era di tre piani, ma c’era solo il piano terra. Dal tetto di travi di legno, scendeva un enorme candelabro, anch’esso di legno, pieno di candele, di ragnatele e di stalagmiti di cera. Anche i tavoli erano di legno, c’è n’erano all’incirca dieci, tutti rotondi, ognuno con il suo divanetto e il suo separé.
-Ehi?- urlò una donna dalla corporatura robusta e dalla pelle scura, da dietro il bancone.- Phil, Jennifer, che piacere rivedervi! Sedetevi dove vi pare vi mando subito Lena.
-Grazie mille Patty!- replicò Phil, mentre Jennifer si era già diretta verso un tavolo, quello centrale.- Venite!- fece segno Phil a Ronnie e David. Lolly invece non si trovava più sulla spalla di Jennifer, ma si era posata sul candelabro e si divertiva a spegnere le candele.
-Lolly vedi di piantarla prima di far rimanere al buio tutto il locale- urlò Jennifer, mentre David seguiva con gli occhi ogni singolo spostamento di Lolly.
-Chi era la signora?- chiese Ronnie.
-Oh…lei è Patty, la proprietaria!- rispose Phil, afferrando uno dei menù rosa appoggiati sul tavolo.- Sai, dovresti conoscerla è telepate, riesce a leggere nella mente di qualsiasi creatura e dormiente.
- Ancora non capisco perché ci chiamate dormienti?
-Beh…i dormienti sono coloro che non hanno l’occhio magico, ovvero coloro che non si accorgono che c’è tutto un altro mondo intorno a loro.
-Ma…io ti vedo, ti ho visto quando eri un lupo e riesco a vedere tutto questo…
-Si, ma riesci anche a vedere le fate che in questo momento sorvolano il candelabro e che strappano le piume a Lolly?
-Ben gli sta!- rispose in mezzo David.
-No, non ci riesco- rispose Ronnie con una lieve voce.
-Beh…vuol dire che non hai l’occhio magico!- Phil richiuse il menù e lo poggiò sul tavolo.- Vedi avere l’occhio magico significa riuscire a vedere il popolo fatato…
-Quindi Elen, mia sorella aveva l’occhio magico?
-Si, credo proprio di sì- rispose Phil mentre Ronnie sospirava.- Oh…sta arrivano Lena, è la figlia di Patty, potrebbe sembrarti strana ma non preoccuparti.
Ronnie fissò la ragazza che si stava dirigendo verso il loro tavolo. Era alta, magra, di carnagione molto chiara, bianca quasi come il latte. I capelli erano lunghi, fluenti e bianchi, sembrava indossasse una parrucca. Gli occhi erano grandi e blu, proprio come il fondo del mare. Sulle unghie aveva uno smalto dello stesso colore. Indossava una maglietta stretta e rosa a maniche corte, con un grembiule bianco, mentre ai piedi aveva delle ballerine.
-Ciao Lena!
-Ciao Phil! Che bello rivederti- rispose lei,- e Jennifer, mi piacciono un sacco i tuoi capelli, per caso li hai tagliati?- aveva una voce molto squillante.
- No!- rispose di botto Jennifer.- Taglia corto Lena e portami il solito, ma vedi di metterci il caramello stavolta sui pancake e non sangue di cervo come l’ultima volta, non sono certo una vampira io.
-Oh…certo non preoccuparti, non sbaglierò!- Lena batté le palpebre per due volte mostrando le sue lunghe ciglia nere.- Phil anche per te il solito?
-Si Lena grazie.
-Molto bene e invece a queste due nuove facce che posso portare?
-Certo- sobbalzò Phil.- Questi sono due nostri amici, Ronnie e David, sono dormienti- specificò.
-Beh…molto piacere.- Lena allungò la mano a David che esclamò- wow che mano fredda che hai!
Lena scoppiò in una piccola risata, per poi allungare la mano verso Ronnie, non appena le mani delle due ragazze si strinsero, Lena si pietrificò. Era immobile, respirava molto profondamente con la bocca leggermente aperta. Il blu scomparve, gli occhi ora erano completamente bianchi.
-Ma che diavolo gli prende?- chiese Ronnie singhiozzando.
-Sta avendo una visione!- esclamò Phil cercando di tranquillizzarla.
Ronnie si sentiva il braccio congelarsi dall’interno, quella spiacevole sensazione finì quando Lena, finalmente, gli lasciò la mano. La sua bocca continuava a rimanere leggermente aperta e il suo respiro era ancora molto profondo, mentre gli occhi avevano riacquistato quella meravigliosa tonalità di blu scuro.
-Ehm…Lena, ascolta prendono anche loro i pancake, ok?- suggerì Phil.
Lena non rispose, ma fece segno di sì con la testa per poi allontanarsi.
-Aspetta!- urlò Jennifer,- loro ci vogliono il sangue sui pancake.
-Cosa? A me non piace il sangue!- esclamò David.
-L’hai mai assaggiato?- chiese di botto Jennifer.
-No!
-Allora come fai a saperlo che non ti piace?
David decise che era meglio terminare lì la discussione, mentre Phil cercava in qualche modo di tranquillizzare Ronnie.
-Ronnie, non c’è niente di cui preoccuparsi è tutto a posto, ha avuto solo una visione! Lena è una veggente, sai quante visione avrà al giorno?
-No, Phil non è normale- rispose Ronnie ancora scossa.- Sentivo il braccio congelarsi dall’interno ok? Guarda, ancora adesso non me l’ho sento è come se fosse addormentato.- Ronnie alzò il braccio davanti a Phil per poi farlo cadere sul tavolo a peso morto.
-Va bene, ma tu ora devi stare tranquilla, ancora un po’ di tempo e riacquisterai la sensibilità.
D’un tratto un tremolio improvviso scosse l’intero locale.
-Un terremoto!- esclamò David, alzandosi di colpo dalla sedia e sbattendo il ginocchio contro lo spesso legno del tavolo.
-Calmati…- lo rassicurò Jennifer,- non c’è nessun terremoto, è la gatta, si sarà trasformata di nuovo.
David e Ronnie alzarono il sopracciglio destro in senso di perplessità.
In quel preciso momento, arrivò Patty al tavolo, portando le ordinazioni, quattro piatti pieni di pancake, su quelli di Ronnie e David c’era cosparsa una sostanza di un rosso molto scuro.
-Ah…ragazzi questo sangue è freschissimo sono sicura chi vi leccherete i canini, buon appetito!- esclamò Patty posando i piatti sul tavolo.- scusa Phil, tu e Jennifer potreste venire un attimo con me vi devo dire una cosa…- gli occhi di Patty andarono su Ronnie,- una cosa…molto importante.
-Va, bene- rispose Phil- non c’è problema.
Quando Patty entrò nel retro bottega seguita da Phil e Jennifer, Ronnie notò che anche Lena si chiuse dentro con loro.
-Molto strano, secondo te di cosa devono parlare?- chiese Ronnie.
-Non né ho la minima idea- rispose David, sfogliando le pagine di un giornale che era stato abbandonato su un tavolo lì vicino.- Che strano!
-Cosa?- ribatté Ronnie.
-Su questo giornale ci sono scritte cose assurde…
-Fa un po’ vedere!- con un rapido gesto, Ronnie strappò via il giornale dalle mani di David, andando subito alla prima pagina, il cui titolo principale riportava:
VIETATE SCOPE VOLANTI SUI CIELI DI TELìA   Il no arriva direttamente dall’Ordine Americano
-Sentito David!- esclamò Ronnie con aria divertita.- A quanto pare non potrai più fare quel volo che desideravi tanto…
-Ah ah…- replicò il ragazzo.- Quanto sei spiritosa!
Ronnie continuò a leggere il resto dell’articolo.
Ed ecco, cari affezionati lettori le parole che il mago Irvi ha rilasciato ai nostri giornalisti:
le fatture che stregano le scope, sono dannose per le difese che circondano la città, per questo abbiamo ritenuto opportuno emanare questo importante divieto.
Nonostante le buone ragioni dell’Ordine, il divieto sta scatenando non pochi dissensi nella comunità degli stregoni e delle streghe  che urlano a gran voce di essere tenuti sempre più fuori dalla vita e dalle decisioni di una città, fondata, ricordiamolo, proprio da loro.
segue a pag.9
Nel leggere quelle righe, Ronnie non sapeva se ridere o preoccuparsi, nella testa aveva una gran confusione. Gli serviva assolutamente qualcosa da mettere sotto i denti e i pancake cosparsi di sangue non erano certo la miglior opzione.
- Una cosa è certa però, non ho nessuna intenzione di assaggiare del sangue!- esclamò David.- Ma…che stai facendo?
-Non lo vedi? Mangio un pancake- rispose Ronnie.
-Ma sono di Jennifer, quelli!
-E allora che t’importa? Tieni, sta zitto e mangia!
-Ehi… non ti permetto di trattarmi così.
-Oh ma davvero, da Jennifer si però?
-Beh…ma che c’entra, lei cerca di conquistare il mio cuore!
-Oh…ma per favore- rispose Ronnie ingoiando l’ultimo boccone di pancake.
-Cambio di programma!- esclamò Phil tornando al tavolo.-Dobbiamo andarcene e subito!
-Cosa? E perché?- chiese Ronnie presa alla sprovvista.
-Perché si. Non posso spiegarvi adesso, ma tu…- Phil puntò il dito contro Ronnie- da questo momento in poi sei sotto la nostra protezione, forza alzatevi adesso!
-Ehi…- urlò Jennifer.- chi ha mangiato i miei pancake?
-David!- rispose di botto Ronnie, saltando dalla sedia e correndo dietro Phil che era già uscito dal locale.
-Che cosa…ma non è vero…
-Oh…non provare a cercare scuse!- esclamò Jennifer puntando il dito verso David.- Se è la guerra che vuoi, l’avrai! Lolly! Forza andiamo!- Lolly planò sulla spalla di Jennifer, con il becco arrotondato completamente ricoperto di cera.
Il carro del peccato si trovava già parcheggiato all’angolo della strada. Leonard non aveva più la testa coperta dal cappuccio e una chioma, forse di dieci , venti capelli neri massimo, scendeva di lato coprendogli metà viso.
Phil aprì la portiera, afferrò delicatamente il braccio di Ronnie e la sospinse dentro, seguita da David e da Jennifer. Phil salì sul sedile davanti,- allora siete pronti? Tenetevi.
-Un momento!- urlò Ronnie.- Ma dove andiamo?
-A Telìa!- rispose Phil. 


Ok, arrivati a questo punto, devo dire che sono molto felice di come si sta evolvendo la storia e voglio ringraziare tutti voi che trovate il tempo di seguirla. Mi piacerebbe sapere però, anche che cosa ne pensate, quindi lasciate qualche recensione se vi fa piacere, altrimenti va bene lo stesso :) GRAZIE ANCORA!!!

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