I love the way you lie

di Georgesmonkej_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1- he was just a memory of my past ***
Capitolo 3: *** 2- Heart attack! ***
Capitolo 4: *** 3- I was stupid to leave you ***
Capitolo 5: *** 4- You are tattoed in my mind! ***
Capitolo 6: *** 5- Do you love me or do you hate me? ***
Capitolo 7: *** 6- 10th November (1° parte) ***
Capitolo 8: *** 7- 10th November (2° parte) ***
Capitolo 9: *** 8- 10th November ( 3° ed ultima parte) ***
Capitolo 10: *** 9- That letter from you… ***
Capitolo 11: *** 10- I'm so sorry... ***
Capitolo 12: *** 11- Shall I know something that I don’t know? ***
Capitolo 13: *** 12-sorry not sorry... ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                
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  La ricchezza del mio cuore è infinita come il mare,
così profondo il mio amore:
più te ne do,
più ne ho,
perché entrambi sono infiniti.



 

Prologo

 

“Mi ascolti una buona volta e magari decidi di non fare di testa tua? Fai quel test!” mi sta supplicando Harriet da più di mezz’ora.
“Harriet! Lascia stare okay?” sbuffo io arrivando alla non sopportazione.
Ma se infondo fosse vero? Se fossi incinta di George? Come glielo avrei detto?
“No, perché tu hai paura!” dice lei tirandomi una botta sulla fronte mentre sono stesa sul mio letto.
“La nausea è la riprova che tu sei incinta, il vomito altrettanto, che aspetti ad avere la conferma al 100%? La manna dal cielo? Vedi che non arriverà mai!” scuote la testa ora mentre chiude gli occhi, sorride beffarda, incrocia le braccia al petto e poi scuote la testa.
Io sbuffo e roteo gli occhi al cielo.
“E facciamo ‘sto test!” bofonchio esaurita da quell’imbarazzante e bizzarra situazione che mi vede stesa sul mio letto in compagnia della sorella di 16 anni del mio ragazzo che, dopo avermi vista vomitare ed avere colpi di nausea e sapendo che l’avevo fatto qualche giorno fa con suo fratello, era convinta che io fossi incinta.
Così mi alzo delicatamente e prendo il test che lei aveva comprato e poggiato sul comodino vicino al mio letto.
Vado nel bagno che si trova dritto davanti al letto e mi ci chiudo dentro.
Leggo le istruzioni ed eseguo ciò che mi richiede e rimango ad aspettare per cinque o dieci minuti massimo.
Tiro su il bastoncino e mi ricompongo per poi poggiarmi sul lavandino.
Bastoncino rosa: voleva dire positivo? Oppure negativo?
Osservo il foglietto illustrativo dove c’è una specie di tabella.
Blu: negativo, ovvero non sei incinta.
Rosa: positivo, sei incinta.
“Oh santa Madonna!” sussurro.
“Allora?” urla Harriet spazientita da fuori la porta del bagno.
“Mi prometti una cosa?” le chiedo con il gelo che mi penetra nelle vene.
“Si, sicuro!” dice sincera.
Esco e, sorridendo ed un po’ spaventata, le mostro il bastoncino.
“Oh mio Dio! Lo sapevo!!” strilla eccitata.
“Shhh! Devi ancora mantenermi la promessa” sussurro io per farla stare zitta.
“Okay, Okay! Che promessa?” torna a parlare normalmente ma ancora eccitata.
“Non devi dirlo a nessuno, neppure a George, intesi?” dico io prendendola per le braccia.
“Si ma George deve saperlo, cioè: è il padre!” afferma lei.
“Lo saprà! Tranquilla: gli voglio fare una sorpresa!” le faccio un occhiolino.
“Aww che cosa carina! Gli vuoi fare il tuo regalo per Natale” si intenerisce lei congiungendo le mani.
“Già” sorride io saltellando eccitata.

 

 


 

Angolo Autrice

Okay la fabbrica FF è tornata alla carica con tutta la sua buona volontà e fantasia c:!
Diciamo che questa sarà una delle migliori FF che scriverò e di cui sicuramente andrò fiera trullallerotrullallà!
Non che delle altre non lo sia ma diciamo che questa FF ha un qualcosa di speciale che mi spinge a pensare tutto ciò!
Tutto questo è nato grazie ad un’altra FF che lessi, solo che era sui OneD ed era su una pagina di FB e mi era piaciuta molto come idea quindi mi sono lasciata ispirare da quella, non vorrei che fosse un plagio insomma ç_ç.
Spero vi piaccia, anche se a me questo capitolo non soddisfa molto, e spero che lasciate qualche recensione <3 c:
PS. Scusate se è corto :|
alla prossima xx

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Capitolo 2
*** 1- he was just a memory of my past ***


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Quando non sarai più parte di me
ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelline,
allora il cielo sarà così bello
che tutto il mondo si innamorerà della notte.

 

W. Shakespeare

 

          1- He was just a memory of my past!

 

 

Mi sono appena svegliata da un paio di minuti e già sento suonare al campanello di casa.
Immagino che colui che ha avuto la brillante idea di venirmi a disturbare a quest’ora del giorno non abbia il benché minimo da fare quest’oggi, quindi presumo che sia venuto a darmi il buongiorno.
Ore 7.30 della mattina.
Forse non era una semplice visita di cortesia da parte di qualche amico, evidentemente doveva dirmi qualcosa di veramente importante, data l’insistenza.
“Arrivo!” strillo per l’ennesima volta per cercare di fargli capire che sto sul punto di aprire a chiunque egli sia, nonostante la mortale voglia di starmene ancora a letto beatamente, dato che comunque è un sabato fresco e vorrei tanto non incominciarlo in negativo, cosa che nei giorni infrasettimanali non accade perché il lavoro non me lo consente.
Già, lavorare a 19 anni non è il massimo, ma vivendo a Londra, avendo abbandonato gli studi, ahimè, ancora nel fiore della mia conoscenza e premettendo la mia carriera dei sogni ed avendo una figlia di un anno non puoi fare altro che questo.
Sì, sono una ragazza madre, direi più una ragazza che si è pregiudicata il futuro facendo l’amore con il suo ex ragazzo senza usare le giuste precauzioni.
La mia bambina si chiama Maya ed ha appena 1 anno, come già accennato su.
È nata esattamente il 26 luglio dello scorso anno: è bionda con qualche sfumatura castana, come i miei capelli, ed ha un faccino adorabile, tanto simile a quello del padre.
Il padre? Beh il padre ha deciso di piantarmi in asso non appena mi disse che aveva intenzione di entrare ad X Factor e da lì non si è più fatto né sentire né vedere.
Ricordo ancora quando litigammo perché io avevo paura di perderlo per sempre mentre lui voleva fare la sua scalata verso il suo sogno, non tanto per i soldi e la fama, ma per la sua passione.
Infine, nonostante la mia voglia di stare sempre con lui, mi sono trovata costretta a lasciarlo dopo quell’immenso polverone che io stessa avevo creato.
Ma tornando alla realtà.
Sono finalmente giunta alla mia porta ed osservo dallo spioncino, scoprendo così che il mio intuito non si era sbagliato dall’esatto momento in cui Josh era diventato la mia coscienza, ma mi sorprendo nel rivederlo a Londra.
Josh.
Il vero nome è Joshua Thomas John Cuthbert, diciamo che l’ho conosciuto un po’ per caso e grazie ad un mio caro amico poco dopo che io e George ci lasciammo.
Quando nacque la mia bambina, notò una certa somiglianza in George, il padre ed il mio ex ragazzo, nonché componente dello stesso gruppo di Josh: gli Union J, ed io fui costretta a raccontargli tutto quanto facendomi promettere che non lo avrebbe detto a nessuno, neppure a George.
Fa strano sapere che George Shelley era il mio ex ragazzo ed ha una figlia, vero?
“Tho, qual buon vento ti conduce a bussare la mia porta alle… 7.30 del mattino? Comunque ben tornato” ironizzo ancora stanca morta poggiandomi sullo stipite della porta d’ingresso e guardando Josh che tutto affannato sta per schiudere la bocca.
“Grazie… Ti ricordi quando ti dissi che George sapeva che io ti conoscevo e che ormai vivevi qui?” chiede riprendendosi e raddrizzandosi.
Io lo faccio entrare e l’osservo in maniera accigliata e confusa, come se avesse appena detto che un meteorite sta per cadere sulla terra.
“E quindi?” cerco di farlo arrivare al punto sedendomi al tavolo e versando un po’ di caffè nella tazzina per poi porgerla a Josh che si accomoda tranquillamente di fronte a me.
“Si, Katelyn! Ed ha detto di vederci ‘sta sera!” mi informa lui ed io mi ritrovo a guardare un punto fermo nel vuoto della cucina in cui mi trovavo con Josh.
Lui è solo un ricordo nel mio passato!
Non può davvero aver deciso casualmente, nel pieno della sua carriera, di rivedermi.
Io sbuffo ridendo e chiudendo gli occhi in maniera sarcastica.
“Immagino che tu non avrai voglia di vederlo e lui anche si aspettava tale reazione e pensiero da parte tua, ma desidera vederti con tutte le sue forze” cerca di convincermi spiegando con fare calmo e tranquillo.
Mi rendo conto di quanto improvvisamente sia tornata ad essere importante per lui ma mi rendo ugualmente conto del rischio che corre la mia bambina se verrebbe a sapere chi è veramente suo padre e se lo scoprisse anche lui.
No! decisamente no: non metto a repentaglio la vita di mia figlia né voglio rivederlo.
“Ed io non voglio vederlo con tutte le mie forze, quindi riferiscigli che non ci sarò” sbotto alzandomi dalla sedia e prendendo le tazzine da caffè ormai completamente vuote con qualche goccia e zucchero rimasta sul fondo e mi dirigo verso il lavandino per poi poggiarmi lì ed abbassare il capo.
“Sai che cosa vuol dire non sentirlo da quasi due anni? Non che sia molto, sai? Ma dopo ciò che è successo non ho voglia di risentirlo! E comunque, se mi voleva così tanto, perché non si è fatto sentire prima, allora?” ritorno a dire seriamente su una crisi di nervi.
“Hai paura per la bambina, non è così?” mi chiede calmo giocherellando con le dita.
Io sbuffo non trovando una risposta abbastanza degna da dargli ed abbasso di nuovo il capo, incrociando le braccia al petto e poggiando la mia schiena sul marmo del lavandino.
“Ad ogni modo ci servirebbe anche un posto dove stare” cerca di cambiare di un po’ l’argomento portandomi a risollevare lo sguardo e fissarlo interrogativa.
“Ti prego! Sarebbe la tua occasione” aggiunge poi alzandosi dalla sedia e venendo verso di me per prendermi poi le mani.
Penso a lungo sulle ultime affermazioni che mi aveva fatto, rifletto sulle diverse occasioni che ho per dimostrare a George che non mi serve la sua compassione e che sola ce la faccio, ma rifletto anche sulla necessità di mantenere all’oscuro il fatto che lui è padre di Maya.
Infine decido che possono pure contare su di me e che sfrutterò le mie occasioni.
“Va bene! Potete stare quanto volete e cercherò di fare il più possibile per riappacificare con George” sbuffo dando l’okay a Josh che mi abbraccia calorosamente ed io ricambio con altrettanto calore.
Lui è sempre stato una specie di fratello sul quale contare ed ha fatto un po’ da padre a Maya, quindi in qualche modo gliene sono grata.
Ultimamente ha girato un po’ per l’Europa a causa dei tour che hanno avuto e quindi ha sicuramente bisogno di un posto dove stare per il momento ed ovviamente si è rivolto a me.
“Grazie Katy!”
“Figurati!”

 

 

Angolo Autrice

Tadadannnnnnn !! 
Sono tornaaataaaaaaaaaaaaaaaa!
sapete che c'è? questa storia credo proprio che la pubblicherò ogni 
giorno, solo così mi noterete e forse capirete che dovete leggere questa ff e dirmi in faccia se vi fa schifo oppure no ehehehe sembro molto cattiva ma sono stufa di sentirmi ignorata *maniaca dell'attenzione modalità on* okay scherzo.
Dunque, so che è un capitolo corto e mezzo sgangherato ma è da qui che faccio partire tutto, il bello viene dopo lol.
Ora ditemi: che ne pensate? c: ve piasa? è recensibile(?)? 
va bene ora tolgo il disturbo lollino <3
Alla prossima cicce <3
xx


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Capitolo 3
*** 2- Heart attack! ***


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Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice,
ma non dubitare mai del mio amore.

W. Shakespeare



 

2-Heart attack!

 


“Quindi ‘sta sera dove andiamo?” chiedo a Josh, mentre intendo cucinare una pasta alla bolognese come si deve.
“Avevamo intenzione di andare da Nando’s oppure in qualche ristorante o pizzeria italiana” fa spallucce lui tendendo in braccio la bambina, che si era appena svegliata da meno di qualche minuto.
“E se andassimo dai Fratelli la Bufala? La pizza lì è molto buona e poi è comodo per voi che è una parte di Piccadilly molto riparata: di fan ce ne sono pochissime” propongo io mentre continuo a cercare di aprire la scatoletta della salsa di pomodori.
“Si può fare” esclama lui cacciando fuori dal taschino il suo iPhone bianco, sicuramente per avvisare gli altri tre.
“Li stai avvisando?” dico io mentre mi sposto per prendere una pentola.
“Si, ho appena finito di inoltrare il messaggio a George.”
Evviva la sincerità.
“Beh credo che mi andrò a lavare, Maya vieni con la mamma, tesoro, su!” dico prendendo la bimba in braccio e poi dirigendomi in bagno per lavarci.
Fortunatamente Maya non sa dire molte cose, quindi non devo preoccuparmi sul fatto che mi avrebbe chiesto di George, perché non lo farebbe comunque.
Prima lavo la bambina, assicurandomi di curare, senza dimenticare, ogni dettaglio e poi mi lavo io, preparandomi per bene.
Esco dal bagno in mutande e reggiseno, non badando alla presenza di Josh, che fortunatamente è in cucina a pensare alla pasta, per dirigermi poi in camera a sistemare me e la mia bimba.
“Bene, cosa ti metto?” chiedo ironicamente a Maya, riflettendo o su qualche tutina o su qualche bel completino.
Intanto trovo una onesie bianca, che sembra quasi un coniglietto, sulla mia sedia, optando, così, per metterle quella.
Gliela infilo accuratamente e la stendo sul letto, dicendole di starsi buona lì mentre io mi preparo.
Decido di mettermi un paio di jeans attillati ed una maglietta a maniche lunghe, normale e bianca, anche quella.
Torno in cucina dove trovo Josh che prepara il tavolo accuratamente e poi prende la pentola per versare il contenuto nei piatti.
“Buon appetito!” gli sorrido io sedendomi con la bambina in braccio.
“Scusa, ma perché non la metti a sedere sul seggiolone?” mi domanda lui accigliandosi mentre prende una forchettata dal suo piatto.
“Perché piangerebbe e poi è tranquilla: a me non da’ alcun fastidio” gli spiego io mangiando un po’ della mia porzione di pasta.
La bebè è intenta a bere dal suo biberon un po’ di latte mentre guarda tutta interessata, con sguardo penetrante, Josh mentre mangia.
“è bello lo zio Josh mentre mangia, vero amore?” le dico normalmente, dandole poi un bacetto in testa, avendo finito di mangiare.
Lui si limita solamente a sorridermi per poi riportare lo sguardo sulla bambina, che ha appena terminato di bere dal biberon, sbadiglia annuendo leggermente con la testolina.
“Vado a pulire i piatti, ti dispiace farla addormentare?” gli chiedo a Josh quasi sussurrando per poi porgli la bambina, mentre lui si limita solo a fare un cenno di approvazione con il capo.
“Bene” sbuffo io pensando all’arduo lavoro, che mi sta attendendo da ore con impazienza.
Inizio a lavare i piatti come non ho mai fatto né desiderato in vita mia, sfregando con cura e pazienza tutte le varie stoviglie per poi metterle, una ad una, nella lavastoviglie.
Finisco il mio lavoro subito, dato che a mangiare eravamo solo in due, e mi gratto con la parte asciutta del mio polso destro la fronte, che gronda sudore e prude come una forsennata.
Mi dirigo piano, verso il salottino, dove Josh deve trovarsi insieme alla bebè addormentata e lì, appunto, li trovo una sopra l’altro.
Josh è steso ed addormentato sul divano, mentre la bambina è stesa sulla sua pancia con il ciuccio in bocca.
È la scena più dolce alla quale avessi mai potuto assistere in vita mia, così, finisco di asciugarmi le mani sorridendo a quella scena e vado a sistemare le camere, per quando sarebbero arrivati loro.
Giungo in camera mia, quasi esausta, sul filo del desiderio di mollare tutto e buttarmi sul letto, ma il pensiero della perfetta ospitalità, che avrei dato mi pervade la mente, spingendomi a cercare, nonostante la stanchezza, che cerca di dominare, di sistemare nel minimo possibile quello che sembra uno scempio di casa, con all’interno di alcune stanze ancora scatoloni che, a causa della mancanza di voglia e del tempo, che non ho mai avuto, dopo il trasloco avrei dovuto riordinare nei diversi scompartimenti.
Finisco così di sistemare le poche robe, tra mie e quelle di mia figlia, che si trovavano sparse tra il letto matrimoniale, la culla, divanoletto, scrivania e sedia, e corro a riordinare i diversi scatoloni, sicuramente tutti impolverati, nello stanzino per poi tornare a sistemare le tre diverse camere.
In quel momento solo mi accorgo che in casa ho solamente tre letti effettivi ed uno che è un divano apri e chiudi.
Uno di loro dovrebbe dormire in camera mia, sperando che non mi rimpiazzano George, ma conoscendo Josh, la percentuale che George non finisca in camera con me è dell’incirca 0,1%.
Termino tutto in tre ore, giungendo così alle quattro del pomeriggio, e, totalmente svilita, mi butto sul letto finendo per addormentarmi subito, avendo due altre ore di tempo.
Un mare di pensieri, idee, ricordi e litigi ritorna fiorente nella mia mente mentre riprendo coscienza della vita reale risvegliandomi.
L’ultimo litigio con George fu quello che concluse per sempre tutta la nostra storia.
Dopo esattamente 3 anni che eravamo insieme, nonché 17 anni che ci conoscevamo, il nostro amore, che da sciocchi c’eravamo giurati sarebbe stato eterno, sgretolò via come un castello di sabbia al vento.
Pensare al nostro primo bacio, sotto quel tempaccio che c’era, facendomi rischiare una broncopolmonite, mi rabbrividisce facendomi salire fitte enormi al cuore ed un pizzicore al naso che vorrebbe spingermi a piangere, ma non cedo subito alla tentazione che si presenta sotto mentite spoglie.
Quel pianto sarebbe l’ennesimo liberatorio in quasi due anni interi.
La cosa dolorosa è che il giorno stesso in cui ci lasciammo era lo stesso in cui tutti e due avremmo dovuto dirci le due più importanti notizie che avrebbero cambiato le nostre vite, i nostri progetti, per sempre: io aspettavo una bambina mentre lui voleva entrare ad X Factor.
L’una avrebbe portato gioia e amore ad entrambi cambiando radicalmente le nostre vite e spingendoci ad essere sempre uniti, ed io ero fiera di pensare questo ed ero fiera di essere convinta di averlo al mio fianco e contare su di lui sempre, ma mi resi conto che così non era.
L’altra avrebbe cambiato, anzi lo ha fatto, comunque le nostre vite spingendoci, se lui avesse, quindi ha, passato il provino, a non sentirci quasi più mentre se non ci fosse riuscito avrei avuto nuovamente la speranza di rivederlo.
Beh, o una cosa o l’altra, pensavo io.
Ricordo quel giorno come se fosse successo qualche istante fa.
Era il 23 dicembre, esattamente 1 giorno prima alla vigilia.
Lui arrivò a casa mia precipitoso e quando varca la soglia mi butto tra le sue braccia.
“Amore mio, sei qui” gli sussurrai guardandolo negli occhi e sorridendo a 360 gradi con uno sguardo sognante.
Ero euforica: gli avrei confessato tutto e non vedevo l’ora.
Immaginavo che avrebbe preso un po’ spaventosamente la faccenda ma, conoscendolo, sapevo che se ne sarebbe fatto una ragione: era George! 
“Devo dirti una cosa importantissima” disse lui prendendomi in braccio e baciandomi, contento sicuramente.
“Si, io pure, sarai contentissimo” dico tenendo la sua faccia tra le mani.
Il mio cuore non ne voleva sapere di fermarsi: batteva all’impazzata come non aveva mai fatto in vita sua.
Ero ogni minuto sempre più esageratamente impaziente.
“Va bene, ma prima io! È davvero importantissima amore mio, tu non sai quanto sono contento” disse lasciandomi di nuovo a terra mentre lui mi stringeva forte a sé permettendomi di inalare di nuovo tutto il suo buon profumo.
“Anche la mia lo è” dissi io perdendomi in ogni suo minimo centimetro.
Casa mia non mi era mai sembrata così luminosa e ricca di addobbi natalizi sino a quel giorno.
“Bene, parto io” dice lui staccandosi infine ancora entusiasta come un bambino quando vede tornare il padre con un lecca-lecca.
“Ma…” dissi io perdendo un battito perché avrei voluto dirglielo prima io.
“Bene, a maggio partirò per X Factor” disse ancora più estasiato di prima.
Lì il mio cuore perse davvero un battito, e non per la gioia, ma per la tristezza.
Il mio sorriso a 39 denti si trasformò in una smorfia di dolore e confusione.
Ed ora?
“Amore? Non sei contenta? Se divento un cantante! Oddio solo il semplice pensarci mi entusiasma: tu sai quanto ci tengo a suonare e cantare!” disse lui ancora contento non notando la mia aria avvilita.
Distrattamente mi scappa una lacrima ribelle e finisco per spostare lo sguardo in basso verso il lato destro.
Lui mi prese la guancia notando il mio essere triste.
“Ehi, raggio di sole! Non ho detto che non ci vedremo né sentiremo più.”
A quell’esclamazione sollevo il capo con sguardo adirato.
Sapevo cosa significasse avere un fidanzato famoso: significava non vederlo pure per un anno per via del suo lavoro, significava perdere un battito e piangere ore per degli stupidi rumors che girano attorno le star quando erroneamente finiscono per baciare un’altra celebrità o si ubriacano o altro ancora.
Io non volevo perderlo.
Non volevo che George cambiasse del tutto per la fama.
“Sai che significa questo, vero?” gli dissi io tristemente mantenendo una certa calma.
“Certo amore, so che significa, ma che intendi?” cambia totalmente faccia incupendosi ancora di più.
“Significa che se diventi famoso non potrò più rivederti” dissi io piangendo e scuotendo la testa.
Lui parve riflettere su quelle parole e poi tornò a guardarmi.
“No amore, non è vero! Noi ci rivedremo, lo sai” disse cercando di tornare a sorridere per rincuorarmi anche un po’.
Io mi limitavo solo a scuotere la testa e continuare a singhiozzare, ogni volta sempre più forte.
“Amore!” disse lui abbracciandomi ma io cercavo di evitarlo sempre più spingendolo via e quando finalmente riesco a liberarmi dalla sua presa mi sposto portando una mano vicino alla bocca guardando in basso e piangendo.
“Tu ti dimenticherai di me George, lo fanno tutti!” dico risollevando lo sguardo quasi urlandogli contro.
“Certo che non lo farò! Ma cosa stai dicendo? Noi ci amiamo, non è così?” disse lui non molto convinto dell’ultima sua affermazione.
Io lo fissai come se volessi cercare nei suoi occhi una via di rifugio ma invece di ciò, trovavo solo confusione.
“Dovresti chiederlo a te stesso George, non a me” dissi riducendomi ad un filo di voce quasi inudibile, tanto che George faticò a sentire ciò che dissi.
Lui sbuffò sorridendo in maniera sarcastica e buttando la testa all’indietro con aria nervosa.
“E allora fare l’amore con te non avrebbe avuto alcun senso” sbottò lui rabbioso.
All’inizio avrei sempre pensato che non avrebbe mai reagito in quel modo né avrebbe mai detto cose del genere ma lì persi tutta la calma ed il mio buonsenso voltandomi verso di lui adirata.
“Per te era tutta una questione di sesso allora! Non è così, George?” gli urlai praticamente contro senza rendermi conto di cosa esattamente avevo urlato.
“No! certo che non lo è né mai lo sarà!” rispose lui con il medesimo tono e sguardo innervosito.
“Mi stupisce allora come tu abbia potuto rispondermi in tal modo!” 
L’atmosfera da gioiosa qual era stava subendo una lieve metamorfosi, prendendo una piega alquanto negativa.
Non potevo credere che George avrebbe potuto mai dire quelle parole: tanto semplici nel loro essere ma completamente devastanti nel modo in cui vengono dette e soprattutto a chi vengono dette.
“Non ti importa nulla di me! Non so più chi sei: non riconosco più il vero George con il suo buonsenso che non avrebbe mai detto quelle parole” aggiunsi infine scuotendo la testa in lacrime.
Lui tornò a ridurre gli occhi a fessure minuscole.
“No, semmai è a te che non importa un cazzo di me.” rise sarcastico lui.
“Bene, allora addio George” dissi io sempre tristemente guardandolo in maniera seria senza tralasciare ombra di dubbio.
Lui mi guardò cercando un lume di saggezza ma trovò altro che serietà e tristezza.
“Addio Katelyn” ammiccò infine sbuffando per poi avventarsi contro la porta, finendo per urtarmi con la spalla violentemente, ed uscire di casa.
Conclusione la mia notizia, la più bella che potessi mai dare, è passata inosservata.
Sapendo che avrebbe partecipato a quel talent show pensai ed optai per non dirgliela mai nel caso in cui diventasse famoso: non avrei mai desiderato che mia figlia finisse sui giornali come la figlia bastarda del famoso cantante George Paul Shelley.
Questo ricordo mi distrugge le viscere, solo al semplice ed effettivo ricordo della sua ultima affermazione“addio Katelyn”.
Scoppio in lacrime non badando che ci sono due persone in casa, e quindi dovrei evitare ma alla fine è l’ennesimo pianto disperato e liberatorio che mi faccio e mia figlia ormai non mi chiede più il motivo.
Il pensiero che lo rivedrò questa sera non mi alletta per niente, anzi, mi crea soltanto un misto di rabbia e tristezza.
Sento dentro un brivido: un piccolo pensiero ribelle che mi invita a riabbracciarlo e perdonarlo perché lo amo ancora, ma lo sopprimo schiaffando un netto pugno contro il muro, facendomi male, così, alle nocche che diventano gonfie e rosse.
Ne tiro un altro con l’altra mano, più forte questa volta: ne ricavo una ferita ben più grossa, una sbucciatura.
Vado in bagno, ancora piangente, per medicarmi la ferita e nel frattempo apro il rubinetto per lasciar scorrere copiosa l’acqua ed infine scoppio in un pianto ben più forte di quello di prima.
Il mio sforzo, invano chiaramente, di reprimere le lacrime, permettendo così di non udirle a nessuno, fallisce miseramente, nonostante il forte scrosciare dell’acqua.
“Stai di nuovo pensando a quello che è successo quando vi siete lasciati, non è così?”
La figura di Josh si presenta seria con un velo di tristezza davanti all’entrata del bagno, esitando leggermente sul da farsi.
Io mi asciugo le lacrime per poi rivolgere un’occhiata di compassione a Josh che è sempre lì a sorbirsi qualsiasi mio problema senza mai discuterne o sollevare polveroni più grossi.
Da mesi ormai sa qual era il mio costante problema e da mesi cerca un modo per aiutarmi a superarlo, ma ormai credo si sia rassegnato ed abbia compreso che per me quello non è altro che un chiodo fisso.
“Sai? È incredibile come lui sia riuscito ad andare avanti nonostante credo gli sia rimasta una parte di te nel suo cuore mentre tu, nonostante dici di odiarlo con tutte le tue forze, ci pensi ancora, io non credo quello sia odio, anche perché piangi come una disperata ogni volta che ti torna in mente il suo ricordo” viene verso di me e mi abbraccia cercando di rincuorarmi nel miglior modo.
“Le giornate felici con lui le sogno durante la notte, poi, però, prendono una piega assai negativa, diventando un incubo: è come un bruco durante la sua metamorfosi in farfalla, solo che questa farfalla è nera, come la pece, come l’atmosfera che si crea in quell’incubo” dico io tranquillamente ancora con qualche lacrima sbarazzina che scivola di qua e di là lungo il mio viso dalla pelle candida come il latte.
“Mi manca, Josh! È una cosa più forte di me” ammetto infine nonostante la rabbia nei suoi confronti che mi bolle nelle vene.
A momenti sembro una vera pentola a pressione: il suo pensiero mi agita, mi scuote tutti i nervi che sino a qualche istante prima erano intatti e ben in ordine, giungendo alla constatazione che la rabbia mi fa dire o pensare cose non vere e che realmente non sento.
“Sono contento che alla fine tu ti sia sincerata lì dove non avevo bisogno di un capitan ovvio, mia cara Katelyn, però ti posso, anzi, mi permetto di suggerirti una maniera: tu tutto questo non devi fare altro che affrontarlo e mostrare il tuo lato forte. E poi dovresti riprenderti George, perdonarlo in qualche modo e dirgli tutta la verità, compresa Maya” dice lui con tono calmo e tranquillo cercando di convincermi.
Davvero si aspetta che io gli avrei parlato di mia figlia? I motivi per il quale non l’ho fatto glieli avrò ormai spiegati un centinaio di volte, ma lui continua a credere che un modo perché non risulti tutto negativo come penso io esiste, basta solo cercarlo e metterlo a frutto.
Io mi fido ciecamente della sua parola, ma se tutto ciò fallisce? Non mi va di vedere o un padre che disconosce la propria figlia o magari l’accetta ma il che diventa una realtà complicata per la bebè che potrebbe trasformarla in qualcosa che da grande verrà definita sindrome da montatura o peggio ancorasindrome da fama.
Io non voglio questo per mia figlia: io vorrei che lei faccia ciò che io non ho potuto fare, ciò che avrei desiderato fare con tutte le mie forze, cioè che lei desidera maggiormente.
Vorrei che non ripercorresse il mio stesso errore di fare l’amore senza ripercorrere in alcuna precauzione arrivando con il rischio di fare un figlio e magari vedersi un padre e un fidanzato che abbandona per qualsiasi motivo.
Vorrei che, in tal caso, non ripercorresse l’errore di piangere giorni e notti per lui.
Anche se vorrei tanto anche che lei abbia la figura del padre al suo fianco e che cresca con lui e non solo con me.
Vorrei semplicemente la sua felicità.
“Josh non credo che funzionerebbe” dico io sconfitta da quel pensiero ed incerta su cosa raccontare a George.
“Kate, lui è il padre della bambina! Merita di saperlo” dice lui sorridendomi e prendendo la mia faccia asciugando qualche lacrima.
Io non ne sono tanto convinta che dirglielo risolva alcun problema, anzi, sono sempre più della convinzione che sia un passo in più per la caduta nel fosso: dirglielo comporterebbe molti altri danni oltre a quelli che recherebbero a mia figlia.
Dirglielo potrebbe indurlo a pensare che io mi stia ripresentando con l’idea di diventare famosa con lui e dicendo a tutti che abbiamo avuto una figlia insieme e che lui mi ha abbandonato.
Questo tipo di gossip diffamatori e ingiuriatori non gli ho mai apprezzati: sono qualcosa di un orrido e viscido che possa mai esistere.
 Nonostante questo non sia un gossip ma la pura verità, ma io non ho voglia di percorrere questi rischi mettendo a repentaglio la vita di mia figlia.
“Al di là di questo, se lui merita o non merita, ci sono dei rischi che accettiamo, nel caso in cui decido di dirglielo, di percorrere ed io ancora non ho voglia di affrontarne nessuno.”
Detto ciò vado in camera mia e cerco il miglior vestito che potessi avere per quella sera.
Infine decido di mettere un’altra maglia bianca, con le maniche che arrivano poco più su del gomito, attillata ed una gonna che arriva sino a metà coscia blu con dei piccoli motivi a fiore.
Torno di nuovo in bagno e lo trovo chiuso: immagino che ci sia Josh dentro.
“Josh, ci sei dentro tu?” domando da fuori.
“Si, ho appena finito di fare la doccia!” esclama lui “se vuoi puoi entrare” continua poi.
Io entro senza badare al fatto che è nudo con solamente un asciugamano attorcigliato intorno alla vita.
“Sei la prima ragazza che conosco a vedermi così e non rimanere folgorata” scherza ridendo puntando al fatto che quando sono entrata sono andata direttamente dritta al lavandino per mettermi un po’ di trucco e passarmi la piastra ai capelli.
“Josh, sei un bel ragazzo, per carità, ma non pensare che il fisico sia tutto nella vita.”
Gli do’ una specie di lezione morale mentre ero intenta a mettermi un po’ di lucida labbra e specchiarmi.
Lui mi fissa attentamente il fisico e poi mi abbraccia da dietro.
“Ha parlato colei che ha passato la vita dietro una stupida dieta ed ad uno stupido esercizio fisico quotidiano” mi sussurra sempre in maniera scherzosa all’orecchio.
“Mens sana in corpore sano, Josh” gli dico osservandolo attraverso lo specchio e sorridendogli.
Io sono nota per le mie uscite geniali, il che non stupisce data la mia passione per i libri.
“Latinista.” Brontola lui sorridente.
In un’ora finiamo di prepararci tutti ed aspettiamo il fatidico arrivo degli altri tre.
Io, Josh e Maya ci accomodiamo sul divano guardando un po’ di televisione quando sentiamo suonare al campanello.
“Succede sempre quando decido di sedermi!” brontola divertito Josh mentre io lo accompagno con una fragorosa risata.
Sento un ciao partire da un ragazzo che mi è ben noto e due altri salve che dovevano essere JJ e Jaymi.
Metto a sedere la bambina sul divano mentre giocherella con i suoi giocattolini e mi avvicino verso l’ingresso che si trova alle spalle di dove mi trovavo io in questo momento.
Lo vedo.

 


 

Angolo Autrice

Eccomi di nuovo qui a sbombardare i marroni alle mie fantastiche lettrici!
voi direte: "ma no, cosa dici, ci fa piacere leggere le tue storie" ed è proprio qui che casca l'asino perchè se non ci fossi io a chiedervi di cagarmi una delle mie storie voi di vostro non lo fareste.
No basta così mi sento stronza! Vi adoro ragazze <3
Allora? Che ne pensate? Clamoroso ritorno di George? O magari si è rivelato disastroso? Fatemi sapere! <3

 

comunque questa è la nostra Katelyn lol



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Capitolo 4
*** 3- I was stupid to leave you ***


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Vi è qualche particella di bene anche nelle cose peggiori,
sta agli uomini saperla attentamente estrarla.

 

W. Shakespeare

 

 

3- I was stupid to leave you

 

 

Una fitta al cuore me lo blocca per una cinquina di secondi scarsi, per poi farmelo ripartire, più frenetico che mai.
Mi sta osservando anche lui, con quei suoi occhi che mi hanno sempre fatta sognare, ma che, questa volta, mi stuzzicano solo un’incredibile necessità di piangere.
Non cedo, continuo ad osservarlo.
Lui continua ad osservarmi impenetrabile, muto, serio.
“Mamma!” sento dire alle mie spalle da una voce da bambina, che sembra sull’orlo della disperazione, e mi volto verso dove Maya è seduta, e la vedo aggrappata allo schienale del divano, con sguardo impaurito.
Sento dei versi, che stanno ad indicare tenerezza, provenienti da JJ e Jaymi e poi, ricordandomi di George, mi volto verso di lui e lo vedo accigliarsi, con un’aria interrogativa.
Non so cosa, ma a me sembra avesse anche un non so che cosa che lo aveva spinto ad essere un po’ geloso.
“È tua la bambina?” mi chiede poi incuriosito, senza distogliere lo sguardo e rimanendo serio, ma facendo un leggero cenno con la testa verso di lei.
Vado per prenderla e poi ritorno verso quella direzione.
Esito sul dirglielo, ma poi butto un’occhiata, che necessita aiuto, a Josh che me ne manda una di rassicurazione come risposta.
“Si, è mia figlia” dico solamente sicura di me stessa ed irremovibile, abbracciandomi sempre più forte la bimba.
Lui si limita solo a farmi spallucce per l’ennesima volta.
“Beh allora andiamo” dice infine con aria confusa e stordita cercando di riprendere in mano le redini della situazione.
Giungiamo finalmente alla macchina dove scopro che c’è un’altra ragazza con noi quella sera, realizzando che quella ragazza è Jesy delle Little Mix.
Ricordo di aver letto qualche news, appunto, che ritraeva foto di George e Jesy insieme, ma più in là di così non mi sono mai spinta.
Esito un secondo a salire in macchina, notando che la ragazza mi osserva con fare stranito, spostando continuamente lo sguardo su Maya.
George le avrà sicuramente raccontato tutto.
Infine salgo in macchina, lasciando che sia Josh a mettersi in mezzo mentre io mi ritrovo sulle gambe di JJ, mentre Maya è sulle mie.
Ci ritroviamo a discutere su me e mia figlia durante il tragitto.
L’argomento non mi alletta decisamente, ma sono costretta ad affrontarlo.
“Giusto per capire, Kate..” inizia cercando di schiarirsi la voce Jesy.
Tutti si zittiscono e si voltano verso di lei.
Il freddo comincia a prendere posto del caldo nelle mie vene.

Vi prego, fermate subito questa giostra!
“..Dato che tu e George siete stati insieme, prima che lui diventasse famoso.. non è che Maya è sua figlia?” azzarda toccando il tasto intoccabile.
Sì, è sua figlia, ma di certo non lo avrei confermato ora, né mai! Già mi bastava che a saperlo fossero i miei genitori, la sorella di George, Josh, JJ e Jaymi.
Cala il silenzio più totale in quella macchina, mentre Jaymi continua indisturbato a guidare, senza fare una piega, però, osservandolo attraverso lo specchietto retrovisore, si può intuire che è nervoso quanto me.
JJ sobbalza lievemente con le gambe e si scompone un po’, mentre Josh tossisce rumorosamente a causa del colpo che Jesy gli ha fatto prendere con quella domanda e poi mi fissa facendomi capire che dovevo inventare al più presto una scusa o tutto poteva essere il minimo sospetto.
Osservo infine l’ultima persona del sesso opposto a quello di Josh, JJ, Jaymi e George in quella macchina che, dopo aver osservato attentamente in maniera interrogativa Jesy, sposta lo sguardo su di me con aria che pare tutta mista alla speranza ed alla dolcezza.
“N-no, certo che non è figlia di George!” balbetto inizialmente, scoppiando poi in una risata nervosa, poi guardando Josh che mi segue a ruota.
George mi osserva con sguardo che sembra lievemente deluso, poi si ricompone, ritornando a guardare davanti a sé e poggiando la testa sul pugno destro e poggiando il gomito dello stesso lato sul finestrino, rimanendo serio mentre tutti ridiamo.
Strano che lo stia facendo anche Jesy, che mi è sempre parsa un po’ ostile nei miei confronti, ma evidentemente non le mancava essere di buone maniere.
Giungiamo finalmente in pizzeria, dove troviamo un tavolo e riusciamo ad ordinare le nostre pizze.
Mentre tutti parlano mi sento in un incredibile senso di disagio: è come se quel posto si stesse rimpicciolendo velocemente davanti ai miei occhi, finendo per stringerci tutti.
Sentivo il mio respiro mancare.
C’è chi parla di carriera musicale (JJ e Jaymi), c’è chi amoreggia fissandomi (George) e chi amoreggia nel vero senso della parola (Jesy).
Josh era intento a giocare con mia figlia, così, sperando in nessun occhio indiscreto, che mi avrebbe vista alzare il culo da quella sedia, appunto, mi sollevo e mi dirigo in bagno con lo sguardo verso il basso e camminando più veloce che potessi, finendo, così, per essere osservata interrogativamente da tutti i partecipanti a questa cena di ritrovo.
Arrivo finalmente in bagno e mi metto davanti allo specchio, aprendo l’acqua del rubinetto e bagnandomi un po’ i polsi ed il collo, riflettendo un po’, quando sento una porta alle mie spalle spalancarsi.
È lui.
È George, in tutto il suo splendore, che mi guardava normale con un lieve soffio di dubbio nel suo sguardo.
Ahimè, se in questo momento il mio cuore non ha fatto un salto nel petto facendomi venire un attacco di mancanza d'ossigeno nei polmoni.
Io mi soffermo a guardarlo ed una lacrima involontaria parte, portandomi, così, ad abbassare lo sguardo, che sino a qualche istante fa avevo alto e fiero.
“So che stai male.”
Quella voce.
Di sicuro, però, non mi serve che ci sia lui a capire i miei problemi, dopo avermeli creati.
“Ah davvero?” sbotto io, sorridendo sarcastica e respirando fortemente a causa dell’ansia che sta prendendo la mira per colpire il centro dei miei problemi.
“Non è il momento di fare la sarcastica, Katelyn.”
Sentire il mio nome pronunciato da lui era un mistero di emozioni ogni volta.
Lui è serio, ritto e fiero davanti a me, senza alcun timore nelle sue parole pronunciate.
“Sarà passato un anno, ma di me hai fatto in fretta a dimenticarti” lo provoco sempre con lo stesso sorriso sarcastico, tornando fiera.
“Ti riferisci a Jesy, non è così?” dice ancora con il medesimo sguardo e nella medesima posizione.
Io risollevo lo sguardo, portandolo nuovamente dritto davanti a me, dove incontro i suoi occhi che sembrano esprimere debolezza, stanchezza e dispiacere.
Lo sento sbuffare e poi si avvicina a me sempre più.
Lo lascio fare proprio per vedere dove sarebbe arrivato e fino a che punto gli avrei permesso di parlarmi.
“Lo so che ti sto facendo soffrire, ma non pensare che io l’abbia portata qui solo per farti del torto” dice lui ormai vicino a me con un filo di voce parzialmente udibile e la sua mano destra che accarezzava la mia guancia sinistra, leggermente inumidita a causa delle lacrime.
“Sai? Sei ancora più bella ora” mi dice poggiando ora la sua fronte sulla mia.
Io chiudo gli occhi respirando leggermente più affannata, mentre qualche lacrima cerca di sfuggire dalla mia presa, fallendo miseramente.
“Cosa vuoi?” riapro gli occhi osservandolo intensamente.
Lui mi osservava sempre più avvilito.
“Chiariamo” mi dice sicuro, come se fosse la cosa più semplice del mondo, dopo che aveva pensato a sé stesso per quasi due anni, scordandosi completamente di me.
“Dopo ciò che mi hai fatto pensando solo ai cazzi tuoi? Mai!” scuoto la testa adirata perdendo una lacrima.
“La mia idea non era quella di abbandonarti! Io ti ho sempre amato e credo di farlo ancora a distanza di qualche mese, Katelyn! Ti prego, riflettici” dice dolcemente ma senza convincermi del tutto.
Mi aveva fatto del male e non si era fatto più sentire, ora pretende di spuntare così come un fungo e venirmi a dire che non si è mai scordato di me e che mi ama ancora?
Per chi mi ha preso? Non ho intenzione di stare a perdere del tempo su come reagire, così sbuffo non trovando il da farsi così mi metto ad osservare i miei piedi, che giocherellano nervosi.
Sono stato stupido a lasciarti andare” sussurra infine risollevandomi il viso, sorridendomi lievemente mentre io lo guardo intensamente: quelle parole sono qualcosa di veramente sensato che abbia mai potuto dire in tutta la sua vita.
Non facciamo in tempo a terminare alcun ragionamento al di là di quella frase, semplice e casta, che la porta si spalanca, dandoci la perfetta visuale di una Jesy che sembrava confusa.
“Ehm…” sento partire dalle corde vocali della ragazza.
Io prima guardo George, che sembra osservarmi cercando una via di mezzo per risolvere questo macello ed infine alzo gli occhi al cielo e sbuffo.
“Non è affatto come credi” diciamo all’unisono io e George per terminare la situazione in bellezza.
“Ah no?” è sarcastica anche lei.
Devo ammettere che non le sfugge nulla.
“No stai tranquilla, ci siamo trovati per caso” ammetto io cercando di sembrare il più normale e sincera possibile.
Lei sembrava non esserne molto convinta, anche perché lui arrivò dieci secondi dopo di me in bagno e non la biasimo di certo nel pensare che non mi abbia seguita.
“Già” annuisce George nervosamente mandando, come al solito, tutto il mio discorso a monte.
Lei è sempre più convinta di avere ragione.
Si vede benissimo che non ha intenzione di credere a nessuno dei due, ed infondo perché avrebbe mai dovuto farlo? Io sono una bugiarda nata certe volte, ed in quest’ultimo periodo ne racconto di grosse, come quella di Maya che non è figlia di George: ma dai! Infondo anche un mulo nota la somiglianza.
Ma per mia fortuna Jesy non aveva continuato ad insistere, anche se la mia opinione è quella che lei sappia la verità, e George non è il tipo di ragazzo sospettoso anche per la minima somiglianza.
“Va bene” dice lei “chiudiamo pure un occhio, infondo voi siete stati insieme per tre anni ed eravate anche degli ottimi amici” ci butta una pietra sopra permettendoci, così, di uscire dal bagno che ormai è diventato una sauna.
Appena fuori, mando un’occhiata d’intesa a George con sguardo serio, il più serio che potessi trasmettergli.
Lui si limita a farmi l’ennesimo sbuffo ed annuisce, dopo di che ci dirigiamo a tavola sorridendo e celando il tutto.
“Ma che fine avevate fatto voi due?” domanda JJ mentre gli altri hanno il loro sguardo indagatore su di me.
Io e George ci osserviamo per poi spostare il nostro sguardo sugli altri.
“Io ero andata in bagno per fatti miei a dir il vero, però so benissimo, tranquilli, è tutto okay” sorrido cercando di rassicurargli nel meglio.
Mia figlia sorride ancora seduta sul suo seggiolone con la sua bambola preferita tra le braccia.
“Mamma, mamma! Kelly” dice mostrandomi la bambola sorridente ed io la osservo un attimo per poi tornare a sorriderle.
“aw, amore mio” le dico dandole un bacio sulla testa.
Infine arrivano le pizza e nel frattempo torna Jesy dal bagno.
La serata riusciamo per lo meno a concluderla in bellezza senza fiatare sull’argomento di mia figlia o altri argomenti che ritraessero me e George, mangiando anche la nostra pizza.
Finito di fare ciò, Josh ordina il conto e si solleva una guerra tra Josh e Jaymi su chi avrebbe dovuto pagare.
“Ma guardalo lui, eh? Il paladino della giustizia!” afferma Jaymi ridendo e soffiandogli via da sotto al naso il suo portafogli.
Josh solleva lo sguardo lievemente stizzito e guarda Jaymi.
“Dammelo!” si alza in piedi per cercare di prenderselo.
Scoppia una guerra che vede Josh che cerca di riafferrare il suo portafogli mentre Jaymi, con una mano è intento ad allontanarlo da Josh, mentre con l’altra prova ad avvicinare i soldi al tavolo.
Io sbuffo mista alla stanchezza ed al divertimento e mi decido a pagare la cena a tutti.
Caccio il portafogli e prelevo 50.00£ e le poggio sul piccolo vassoio per il conto.
“Cosa fai?” mi chiede JJ confuso ed accigliato.
“Pago” rispondo con tono chiaro e netto “sennò da qui non ce ne andremo mai” aggiungo sorridente mentre lui ricambia.
“Mi dispiace! Purtroppo andare a cena con quei due è una cosa che crea assai tanti di quei dilemmi che tu non immagini nemmeno” mi dice lui con sincerità e prendendomi la mano.
Ricordo che lui era fidanzato così cerco di rammentarglielo.
“Cat non ne sarebbe contenta” dico solamente estraendo via la mano da quella sua e percependo lo sguardo nervoso di George su quella scena.
“Ci siamo lasciati” risponde lui solamente facendomi voltare.
Lo guardo spalancando gli occhi mentre lui abbassa lo sguardo sconfitto.
“Oh…” mi mordo un labro non sapendo cos’altro aggiungere.
“M-mi dispiace.”

 

 

 

 

Angolo Autrice
Eccomi di nuovo c:
so che non è decisamente il massimo di capitolo che potessi scrivere ma ho dato lo stesso del mio meglio per farlo.
Questo credo sia una specie di capitolo di passaggio ma comunque fondamentale, in quanto c’è il ritorno di George c:, quindi non è poi tanto di passaggio.
Il fatto che JJ non sia più con Caterina, ed il che se succedesse davvero mi dispiacerebbe :/, è un passo fondamentale per la storia quindi non vi preoccupate ;) vedrete in seguito
<3
PS. scusate gli errori ma non ho riletto tutto :/ lol e non so se si vede ma a causa di NVU gli altri capitoli non sono comparsi allo stesso modo... il carattere delle scritte dovrebbe essere diverso (incrocia le dita) prest modificherò anche gli altri se riesco questa volta.


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Capitolo 5
*** 4- You are tattoed in my mind! ***


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Nascondi chi sono,
 e aiutami a trovare la maschera più adatta
alle mie intenzioni.

 W. Shakespeare

 

4-  You are tattoed in my mind!

 

“George?” lo chiamo sorridendo lievemente e poggiando delicatamente, per non fargli del male, gli avambracci sul suo petto nudo e fresco.
Lui mugugna ancora mezzo addormentato, invitandomi a proseguire.
“Tu mi ami davvero tanto, vero?” gli domando con voce soffusa, per poi stendere delicatamente la mia testa sul suo petto, finendo per solleticarglielo con i miei lunghi e lisci capelli biondi.
Lui sospira sforzandosi per risollevarsi un po’ e mettersi comodo sul letto.
“Certo amore” si schiarisce la voce sorridendo.
Anche se io non posso vederlo chiaramente, a causa della mancanza di luce, anche se la luce lunare entra lievemente attraverso il vetro della finestra della mia stanza, permettendomi una poco chiara visuale, ma percepisco comunque il suo sorriso e la sua dolcezza.
Questa è stata la nostra prima notte per entrambi, immagino capiate cosa intendo, non vorrei poter spifferare tutto liberamente.
Ho deciso io stessa di lasciare che lui venisse a casa mia a dormire, dato che i nostri genitori andavano a cena con degli amici a Nottingham.
Dopo aver visto per l’ennesima volta il Titanic, ed esserci baciati appassionatamente alla fine del suddetto film, lui mi aveva presa a mo’ di principessa e mi aveva trasportato fino in camera mia.
Mi aveva spogliata lentamente e delicatamente aveva accarezzato aveva accarezzato ogni singola parte del mio corpo che vedeva le mie vesti scivolare via sotto il tocco delicato della sua mano.
Quando giunse che stava per togliere lo slip esitò un attimo osservandomi incerto sul da farsi quando poi lo invito con un cenno della testa a continuare.
“Sei sicura?”
Aveva chiesto, a due centimetri dalla mia bocca, un po’ tremante ed ormai sulla soglia del fare l’amore e dopo che io gli avevo tolto ogni indumento dal suo corpo.
Eravamo praticamente stesi l’uno sull’altra, nudi nel mio letto e coperti da un lenzuolo bianco, attendendo che io dicessi un misero ‘si, sono pronta.’
“Altrimenti che senso avrebbe avuto spogliarsi, amore?”
Gli chiedo ironicamente, facendo piano e tirando il suo viso verso la mia faccia per baciare le sue labbra.
Terminiamo entrambi con una risata iniziando a possederci veramente l’un l’altra.
“Il nostro amore è eterno” mi sussurra all’orecchio in maniera dolce.

Quel ricordo.
Così bello eppure così devastante in ogni suo singolo termine, mi ha sempre fatta sentire una sciocca, mi ha fatta sempre sentire una stupida perché pensare al suo pensiero d’infinito mi da’ un senso di presa in giro.
Mi aveva presa in giro.
Noi non siamo più nessun infinito.
Tutto quello mi fa sentire così impotente, minuscola, in confronto all’immensità di quel semplice termine.
Sembra una piccola parola innocua, ma se detta in un determinato contesto, può avere vari significati: devastante se è negativo, estasiante se è positivo.
Sono ormai tre ore che le passo insonne seduta, con un semplice magliettone, sul pavimento del balcone della cucina, a stringermi nelle mie gambe e guardare oltre il mio orizzonte, che rappresentava le grate che separavano casa mia dal resto del mondo britannico ai primi raggi del sole che sbucano, illuminando il paese con un colore arancio , regalandomi un campo visivo che solitamente possiede un carcerato che osserva attraverso di esse.
Quelle quattro mura proteggevano me e la mia bambina dai pericoli del mondo esterno, ma ormai, da quando gli Union J al completo avevano varcato la soglia di casa mia, portando con essi anche George, occupando così il nostro spazio vitale, era diventato tutto così frenetico.
La sera prima non era andata esattamente nel modo in cui mi sarei aspettata che andasse, già dal momento in cui avevo potuto vedere che George si era portato la bella compagnia: Jesy.
Vuole chiarire!” mi dissero.
Più che un chiarimento, mi sembrava una dichiarazione aperta di guerra o un gesto alquanto provocatorio nei miei riguardi,  che avrebbe visto una parte di me che cerca di congelarsi per lasciare che quella calma mantenga la supremazia.

Sono stato uno stupido a lasciarti.
Quella frase rimbomba ancora chiaramente nella mia mente, come se l’avesse appena finita di dire in questo preciso istante, lasciando libero sfogo alle mie labbra di sorridere in maniera sarcastica.
Che stupido!
Pensa di riconquistarmi raggiungendomi cinque secondi più tardi in bagno, accarezzandomi la faccia, facendomi sentire il suo respiro addosso, facendo un paio di complimenti per poi terminare, in bellezza, con 7 parole in croce ad effetto che comunque non mi smuovono?
Piuttosto preferisco essere torturata a vita o, addirittura, l’ergastolo piuttosto che essere presa in giro di nuovo da uno come a lui!
Io mi fidavo della sua parola, sempre! Ora non sono poi così tanto convinta di dovergli dare ragione ad ogni costo.
Mi fa così ingenua dopo 18 anni che conosceva me e la mia mentalità da ragazza non facile così come sembra.
Si vede che aveva fatto in fretta a scordarsi della mia esistenza e di come sono fatta.
Sento dei passi alle mie spalle fino a quando non si blocca a qualche centimetro da me, ma io non intendo voltarmi a vedere chi è, tanto l’ho riconosciuto dai passi.
Sapevo che era lui, George.
Il ragazzo dietro di me sbuffa pesantemente e poi viene a sedersi di fronte a me, mentre io mi stringo ancora di più nelle mie gambe.
È sin troppo prevedibile lui o sono io che lo conosco così bene, in ogni suo minimo dettaglio?
Fatto sta che ho ragione un’altra volta sul suo conto.
“Non è mai un buongiorno quando tu ti svegli prima di tutti.”
Preferisco non rispondere e mando giù un po’ della saliva rimasta in bocca, aspirando anche un po’ d’aria per depurare e rinfrescare i polmoni dall’ossigeno ormai vecchio.
Mi giro ad osservarlo intensamente negli occhi.
È serio, irremovibile, un misto tra il teso ed il rilassato, una cosa che non posso decifrare.
Mi giro di nuovo verso il mio orizzonte, oltre le grate di casa mia, degnandolo di nuovo del mio profilo e del mio silenzio.
“Come immaginavo.”
Sospira e si alza da lì, dov’è stato seduto fino a qualche millesimo di secondo fa e la tentazione mi spinge a voltarmi e vederlo andare verso il cucinino, sempre con la medesima aria fredda.
“Quello che hai detto ieri sera, mentre eravamo in bagno, non mi fa alcun effetto.”
Infine decido, da ragazza educata quale sono, di degnarlo della mia parola e permettergli di assaporare quel poco della mia voce che ancora non gli avevo permesso di udire.
“Ah allora parli” afferma lui mandandomi un sorriso ironico per poi tornare serio e freddo, mentre si prepara la sua buona razione di caffè mattutino: noto con piacere che almeno le buone e sane abitudini, che ha sempre posseduto, non le ha perse.
“Si parlo, e per tua informazione, anche se già credo che tu lo sappia, a meno che i manager non ti hanno chiesto di cancellare anche questo, ti ricordo che io non sono una ragazza facile” gli ribadisco sta volta mettendo in evidenza il mio peggior pregio, che può risultare anche il miglior difetto.
“Ieri sera dicevo sul serio.”
Si volta verso di me, ancora freddo, ma con un filo di speranza, mentre aveva una tazzina in mano, cercando di rifare la scalata sullo specchio.
“George, finiscila! Tu stai con Jesy, perché cerchi di riprovarci? Sei ridicolo!” sbotto io nervosa.
Lui sembra riflettere su questo e poi abbassa lo sguardo, sbuffando esausto.
“Perché quella per Jesy è una cotta, nulla di più, non dureremo mai più di così. Quello per te, invece, è amore!”
Risolleva lo sguardo tornando a preparare il caffè.
In quel momento pare aver detto qualcosa di veramente sensato, che mi stava riaccendendo una leggera speranza, ma ancora non volevo dargliela vinta.
Lo vedo prendere due tazze, una con del caffè lungo e l’altra con un cappuccino, che mi porge, per poi mettersi a sedere.
La prendo osservandolo ancora seria.
“Cambiando discorso: ora che siamo solo noi due…” sembra fare una pausa, mentre si tocca i ricci nervosamente, ed io l’osservo silenziosamente con la tazza in mano “… Maya è mia figlia, vero?”
Il suo sguardo è un vero chiaro e netto misto di emozioni e confusioni, posso addirittura leggere la sua convinzione nell’essere il padre della bambina, ma io non gli affermerò mai nulla di tutto ciò.
“Cosa ti fa pensare che sia tua?”
Sono gelata, sia nello sguardo sia nelle parole.
Infondo non sono la classica ragazza, che quando sa di aver torto, riflette mille volte sulle bugie e sta interminabili minuti a pensare che ormai ha fallito e che è stata sgamata con le mani nel sacco: io non mi comporto da perdente.
Comunque ci sono dentro ormai da un bel po’ in questa storia, continuare a mentire non è poi tanto errato in fin dei conti.
Bisogna sempre osservare i vantaggi e gli svantaggi in ciò, ad ogni modo: io osservo sempre i primi, ma è anche vero che Josh mi ha attribuito della codarda ed una che sa solo come raggirare gli ostacoli, senza mai veramente trovare una via d’uscita e dire la verità a George.
“Me lo sento.”
Mi riferisce lui con tutta la sua buona intenzione e l’amore che dice di sentire e nutrire per me.
“Ammesso che sia tua ed ammesso che te lo avrei detto prima che tu andassi via, quale sarebbe stata la tua soluzione?” dico semplicemente senza però dargli l’impressione che lui abbia ragione o torto.
“Cosa intendi dire?” cerca lui con lo sguardo un capitan ovvio.
“Non dico che è tua, ma se lo fosse stata… cosa avresti concluso?” dico io sempre con tono e sguardo neutrale.
“Le avrei dato tutto l’amore che ho nutrito e continuo a nutrire per te.”
Afferma continuando ad avere lo sguardo attento sui miei spostamenti per cercare una risposta, che non gli darò mai anche nei miei occhi.
“Quindi saresti rimasto o andato comunque verso la tua strada, non è così?” gli dico ancora neutrale.
Non voglio litigare, voglio solo che impari a comprendere i suoi errori ed il fatto che non mi abbia neppure lasciato dire qual era la mia notizia importante per lui, ma ora non importa più perché non la saprà.
In fondo la sua occasione l’ha avuta, quasi due anni fa, ora è troppo tardi per tornare indietro.
“Beh, certo che sarei rimasto se tu mi avessi detto che tu eri incinta, che razza di ragionamenti fai?” infine esplode sbattendo la tazzina a terra, che fortunatamente non va in frantumi, mentre io sussulto per lo spavento.
Il mio cuore, dal classico e naturale battito regolare, è praticamente partito alla velocità della luce, quasi come se volesse uscirmi fuori dal petto.
Io rimango così per un tempo indeterminato quando, poi, George nota che non lo degno più di alcuna risposta, si alza da lì e ripone la sua tazzina nel lavello, ormai vuota, se non con qualche piccola gocciolina di caffè e zucchero, ormai nero, perché impregnato di caffè, e poi si para di nuovo davanti a me con sguardo serio ed intimidatorio, che a me comunque non fa alcun effetto.
“Conclusione di chi è la bambina?”
Io vorrei tanto non degnarlo di alcuna risposta, ma chi tace acconsente, e se sto zitta, gli farà credere di aver ragione.
“Non è di sicuro tua.”
Mento.
Mento per l’ennesima volta, mento spudoratamente e non mi sono mai sentita così male dopo aver detto, per un numero ormai che non
conosco più, date le volte in cui ho ripetuto questa medesima menzogna.
Sento il mio cuore nuocermi in petto, come se volesse uscirmi fuori e buttarsi su di lui e dirgli tutto, ma non cedo alla tentazione.
Sono forte!
Sono forte, mi ripeto nella mente, con la convinzione che non avrei ceduto nemmeno all’ennesimo disperato pianto liberatorio.
Spero continui così.
Sento un calore bruciarmi le viscere, sento ardere ogni punto del mio corpo, ardere di un’emozione ancora non conosciuta o inspiegabile.
Rabbia? Vergogna? Terrore? Slealtà? Cosa vuol dire? Ho paura.
Non ho mai sentito un’angoscia peggiore di questa, e non solo nel mentire a lui, ma anche nel semplice guardarlo negli occhi.
Si sa che certe persone sono come lupi travestiti da agnelli, ma lui cos’è?
È sempre lo stesso George di prima? Io non lo so.
Non lo riconosco più.
Sento il mio respiro placarsi pian piano, paro davanti la bocca la tazza per bere un po’ del mio cappuccino e socchiudo gli occhi, mentre un’altra tra le tante lacrime cade nel mio latte, finendo per essere ingerita da me insieme all’altro liquido.
Lui sbuffa e va via scuotendo il capo.
Finisco la mia colazione e poi mi alzo per mettere nel lavandino la tazza e per cominciare a lavare almeno quelle due tazze, prima di andare al lavoro, almeno due cose in meno a fare al ritorno.
Finito, li metto nella lavastoviglie e l’accendo per poi andare a lavarmi.
Prendo tutto ciò che avrei indossato in quel giorno e vado tranquilla in bagno, inceppando in un appena sveglio Jaymi, che si trovava
sullo stipite della porta e mi sorride dolcemente.
Io ricambio per poi voltarmi di nuovo verso il bagno dalla porta chiusa e cercare di aprirla.
“C’è George in bagno.”
Quell’affermazione mi basta per farmi voltare ed osservare Jaymi in modo cauto e tranquillo.
Io sbuffo e mi limito ad andare verso l’altro bagno, che si trova giù per le scale, vicino la cucina.
Sotto la doccia è tutta un’altra storia: solo lì riesco a far scivolare via tutti i brutti pensieri e ricordi assieme alla tristezza, rigenerando, così, anche la mia mente, oltre al mio corpo.
Esco da lì e mi avvolgo un asciugamano che possa asciugarmi per bene, infilando, poi, per prima cosa l’intimo e poi tutto il resto.
Mi sono vestita mettendo una maglietta bianca con la scritta “Ramones”, che arrivava giusto un poco più in giù della pancia, un paio di leggins neri, delle Dr. Martens nere, un cardigan grigio con il cappuccio ed una sciarpa nera pesante.
Si sa che è ancora ottobre e non è tutto questo freddo, ma in Inghilterra bisogna sempre andarci pesante, anche se non è freddissimo, in fondo il tempo degenerava in qualsiasi momento.
Lascio che i capelli mi ricadano liberi giù fino a poco più giù del mio petto, arrivando, così, all’altezza della pancia e metto giusto un po’ di fard ed un po’ di matita per occhi nera, aggiungendo un lucidalabbra rosso chiaro, anche se risaltava di parecchio, a causa della mia carnagione chiara.
Torno su per chiedere se Josh, o almeno uno di loro poteva prendersi cura di Maya, mentre io ero in libreria per lavorare, quando mi capita davanti JJ, che ha solo un paio di boxer addosso.
Praticamente direi di essergli finita quasi sopra, arrossendo violentemente, ma mi sembra troppo scontato, così mi limito a dire che ci troviamo petto contro petto e posso chiaramente sentire il suo respiro caldo addosso.
Lo guardo nell’immensità dei suoi occhi, spostando, di tanto in tanto, lo sguardo sulle sue labbra e poi sui suoi capelli, che d’appena sveglio, gli danno un tocco in più di aria selvaggia.
“B-buongorno” balbetto io accennando un lieve e timido sorriso.
“Buongiorno splendore” mi saluta lui invece sicuro di sé stesso “come mai così di corsa ‘sta mattina?” aggiunge scostandomi dalla faccia un ciocca dei miei capelli biondi, sfiorando dolcemente la mia guancia e sento un brivido a quel tocco.
Che succede? Cosa mi prende ora? JJ è diventato un punto di debolezza per me.
“Volevo chiedere a Josh o a qualcuno di voi se badava a Maya mentre io ero via” gli spiego con l’affanno e guardandolo ancora negli occhi, con sguardo tremante.
“Non ti preoccupare, ci siamo qui noi” mi dice in un sussurro per poi mollarmi un bacio sulla guancia, ad un angolino della bocca, mentre io intravedo George, che si gusta la scena con aria d’assassino e poi sparisce di nuovo nella sua camera.
Non mi importa, ritorno seria ed osservo di nuovo JJ che mi sta accarezzando la guancia sorridente.
“Grazie JJ, ora vado” gli sorrido per poi prendere la sua mano e lasciarla andare via.
Prendo la mia borsa, con tutto l’occorrente all’interno, e mi dileguo per andare tranquillamente a lavorare, sempre con un’altra marea di pensieri, che invade la mia testa, come un ammasso di guerrieri alla carica.

 

 

 

Angolo Autrice

 

Eccomi qui di nuovo c:
allora, premettendo che questo capitolo è molto particolare che cosa ne pensate voi? Ho eliminato la fase in cui loro entrano e quindi passano la prima
notte in casa di Katelyn perché volevo un po’ d’are un inizio ad effetto.
Il flashback? Che ne dite? A me piace molto e mi è venuto in mente un pomeriggio mentre ero a mare (fantasia portami via, hip hip hurray!).
E JJ? Che ne pensate? C: ci sta un po’ provando con lei, diciamo sin dal primo momento in cui l’ha conosciuta (ho spoilato un pochino c: lol).
Va beh, vi lascio così, anche perché non ho un cavolo da aggiungere lol, spero in una vostra recensione <3. Adios! Xx



Georgesmonkej_

 

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Capitolo 6
*** 5- Do you love me or do you hate me? ***


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Amami o odiami,
entrambi sono a mio favore.
Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore
Se mi odi, sarò sempre nella tua mente.”

W. Shakesperae

 

 

 

5- Do you love me or do you hate me?

 

Verso l'una realizzo che si è fatta ora di tornare a casa, così, termino di sistemare le ultime cose in cassa, prendo la mia giacca e la mia borsa e mi dirigo verso la porta per uscire.
“Ciao Emily, ci vediamo domani!” saluto la mia collega uscendo dal negozio.
Ci metto all’incirca una ventina di minuti per  giungere a casa, data la lontananza da Covent Garden a South Kensington, nonostante l’ausilio della metropolitana.
Arrivo a casa quasi esausta, scoprendo che le sorprese di questa giornata non erano finite lì dove erano incominciate.
“Tu non hai fatto altro che farla soffrire in un anno! È chiaro che non ritornerebbe mai da te, cosa credi?” sento sbottare da una voce maschile proveniente dal salone.
Scosto lo sguardo allungando il collo verso destra, lì dove la voce proveniva, allungando qualche passo, scorgo due presenze, JJ e George.
“E tu, quindi, pensi di poter fare del tuo meglio per renderla felice? Sei patetico, JJ” sorride beffardo lui, con aria sarcastica, ma parlando tranquillamente.
“E tu credi di poter continuare così, portando avanti la tua relazione con Jesy e pensando di riottenere qualcosa indietro da Katelyn? Svegliati, George! Non sei in un romanzo.”
Dopo di che si accorgono della mia presenza, imperterrita davanti a loro, ed io, delusa da ciò, scuoto la testa correndo di sopra.
“Kate!” cerca di richiamarmi JJ, ma ormai è troppo tardi per fare un passo indietro e tornare da lui, non avevo neppure voglia di discutere.
Mi chiudo in camera e qui realizzo che il mio vero mondo è questo qui: chiusa in pochi metri quadrati, circondata da quattro mura, nel silenzio più assoluto.
Ma adesso anche il silenzio mi sembra così assordante: mi spacca i timpani, mi esplode nelle viscere.
Mi tappo le orecchie e scoppio di nuovo a piangere, seduta con le gambe accavallate sul letto.
Non ce la faccio più, già da due giorni che lo vedo e già so che non resisterò a lungo.
La rabbia scorre copiosa in me: ho voglia di tirare un pugno contro qualcosa, così mi alzo ed istintivamente miro la porta chiusa.
Prendo un bel respiro e concentro tutta la mia forza nel pugno destro, cacciando uno sfogo, digrignando i denti, ma improvvisamente la porta si apre ed io finisco, involontariamente, per dare un pugno sul naso a JJ, che si spinge indietro, perdendo l’equilibrio e sbattendo la testa contro il muro, svenendo.
Mi sento stupida.
Metto le mani davanti la faccia e mi avvicino a lui.
“JJ” inizio scuotendolo un po’, mantenendo ancora un altro po’ le lacrime.
“Ti prego, JJ! Rispondimi” iniziano copiose, ora, a sgorgare, mentre scuoto più forte il ragazzo.
Realizzo solo ora che ormai è svenuto e mi metto le mani in testa, scoppiando, ancora una volta, in lacrime.
“Perdonami” gli dico prendendogli la mano e baciandogliela.
Non posso fre altro che sentirmi una sciocca per quello che gli ho fatto.

Ad un tratto scorgo un movimento da parte sua e noto che finalmente sta riprendendo conoscenza.
Sorrido lievemente e gli prendo un braccio mettendomelo intorno al collo per portarlo in camera mia e farlo stendere sul letto, poi corro in bagno e, frettolosamente, cerco la cassetta del pronto soccorso ed appena la trovo, la porto in camera.
“Non credevo che le ragazze fossero così potenti” scherza lui riprendendosi del tutto e massaggiandosi la testa.
Cerca di mettersi a sedere ma, per via del dolore, non riesce.
“Shsh, stai calmo! è tutto apposto” sorrido facendolo stendere di nuovo e mettendogli una busta di ghiaccio sul naso ed una dietro la testa.
“Non lo è invece: ho sbagliato tutto” mi smentisce abbassando lo sguardo, per poi risollevarlo in cerca dei miei occhi.
Io sospiro abbassando lo sguardo, incrociando una scena che mi fa sorridere: la sua mano sulla mia.
“JJ, non è vero! Tu cerchi solo di fare del tuo meglio! Ora non so da dove esattamente sia iniziato il vostro litigio, ma so solo che non potrei mai arrabbiarmi con te, ora che rifletto meglio” spiego abbracciandolo.
“Ah… beh…” balbetta mentre io gli prendo la guancia e gliela accarezzo.
“Grazie per i tuoi sforzi e…” rido facendo una pausa “…scusa per il pugno, ci sono andata veramente pesante” aggiungo e poi smetto di sorridere sentendo, ora, una strana attrazione verso le sue labbra.
Istintivamente le sento su di me e sento anche una presenza alle nostre spalle.
Una presenza costante nella mia vita, una presenza incredibile, che non mi lascia respirare.
Istintivamente non riesco a pensare ad altro che non sia George.
Il mio cuore continua a ripetermi che lo amo, che lui è una parte di me, che faccio del torto a lui e lo faccio anche a mia figlia, ma intanto lui sta con Jesy, no? E poi abbiamo chiuso.
JJ scioglie il bacio e guarda con tristezza e aria combattuta fuori la porta della mia stanza e poi abbassa lo sguardo.
Io mi volto e vedo George inferocito e lo guardo con lo stesso sguardo che lui sta rivolgendo a JJ.
“Fattene una ragione, George.”
Lui mi guarda a me con aria triste ed avvilita, più di quella che aveva JJ, e poi sospirando va via.
Io mi giro di nuovo verso JJ e gli sollevo lo sguardo e gli sorrido, ma lui sembra irremovibile e riabbassa lo sguardo.
“Niente sarà più come prima, JJ” scuoto la testa e lo bacio di nuovo.
Lui sposta via la testa, rifiutando il bacio, ed io lo accarezzo.
“Non mi sento di fare un torto ad un amico.”
Detto questo si alza e va via mentre io rimango ad osservarlo andare, seduta sul letto e poi abbasso lo sguardo.
Infondo come biasimarlo?
Io neanche avrei mai voluto fare un torto ad una mia amica, in una situazione del genere.
Scendo giù per andare in salone e prendere il telefono per chiamare Josh ed avere, così, notizie di mia figlia.
Quando arrivo, vedo George, con sguardo misto 
all’avvilito ed il nervoso, che ora mi osserva indeciso su quale delle due espressioni avrebbe preso il sopravvento.
Decido, ora, di ignorarlo e gli passo davanti, prendendo il cordless e digitando il numero di Josh, per poi mettermi a sedere in un angolino libero sullo stesso divano sul quale George è disteso.
“Pronto! Josh?” dico con lo sguardo fisso sul televisore “dove siete?”
“Ehi Kate! Siamo in giro, non ti preoccupare, tra un’oretta torniamo” risponde per poi riattaccare.
Riattacco anch’io e poi poso il telefono sul tavolino e mi lego i capelli, senza alzarmi da lì.
“Perché?” sento dire alla mia destra da George.
“Perché?” ripeto io chiaramente “chieditelo tu un perché, George!” esclamo infine osservandolo.
“Io non ho bisogno di chiedermi il perché mi comporto da puttana, Katelyn.”
Seguono alcuni minuti di silenzio, dove io sono tentata nel tirargli uno schiaffo o alzarmi ed andarmene via.
“Sei uno stronzo George” esclamo io a denti stretti e con gli occhi, che ormai al culmine, esplodono in lacrime.
Lui si solleva e mi blocca un polso.
“No, io non ti do’ della puttana perché ti amo, quindi ti chiedo scusa per quello che qualche istante fa ti ho detto, nonostante il tuo precedente comportamento con JJ, ma forse è vero: sono uno stronzo” afferma lui a due passi dal mio viso con sguardo triste ma serio.
“Lasciami stare!” sbotto cercando di svincolarmi, ottenendo una stretta maggiore da parte sua.
“Prima rispondi alla mia domanda.”
Io mi blocco dinanzi al suo sguardo con il cuore che continua a non darmi tregua e piango senza fermarmi mai.
"Mi ami o mi odi?" si avvicina sempre di più alle mie labbra e sento una forte voglia di assaporare le sue.
Continuo a tremare e piangere come una forsennata.
“Ti prego, rispondimi.”
“I-io…” non faccio in tempo che finisco, senza rendermene contro, sulle sue labbra, che, realizzo, non mi sono mai mancate così tanto quanto in questo momento.
È sempre stato, immagino lo è tutt’ora, qualche cosa di inspiegabile: ogni volta con intensità ed ‘effetti collaterali’ sempre diversi.
Questa volta avevo i brividi e piccole scosse nello stomaco.
Non avevo voglia di interrompere quel bacio, per nulla al mondo.
Si, lo amo ancora e questo è ciò di cui posso andare ancora fiera, ma non del tutto.
Sono ancora arrabbiata con lui.
Il mio cuore ora fa male.
Dopo che la mia droga, ovvero George, se n’era andato sentivo di non aver più alcuna ragione d’essere quella ragazza forte e ottimista di sempre, ma qualcosa, ancora, mi portava ad avere una forte speranza, che mi spingeva a mantenere la forza: la maternità.
Maya è stata la cosa più bella che mi potesse capitare!
Effettivamente, non potevo odiare George, dopo che mi aveva regalato la creatura più fantastica ed unica che potessi mai desiderare.
Mi sento così bene in questo momento che non me la sento di staccarmi da questo bacio, tanto bene che mi sento passare ogni male, tanto bene che anziché respingerlo leggermente, gli cingo le braccia al collo, stringendolo il più che posso e baciando con maggior passione le sue dolci labbra, che hanno sempre avuto lo stesso profumo, lo stesso sapore: quello del caffè.
Infondo cosa ci si potrebbe mai aspettare da un amante del caffè come George?
Si, lo amo ancora! Con tutte le forze che ho.
Ho quasi voglia di confessargli la verità, e questo pensiero blocca il tutto, che è andato avanti per minuti, spingendomi a mettere due dita tra le nostre labbra.
No, non glielo dirò, o almeno non in questo modo ed in questo momento.
Pian piano mi sto convincendo che dirglielo sarà una cosa giusta, ma bisogna aspettare.
Ora ci osserviamo: lui con un volto confuso ma rasserenato, vorrebbe ancora baciarmi.
 Io non so se sorridergli o dire qualcosa, fatto sta che dopo un anno, e qualche mese, che non lo baciavo più, mi sento bene.

Voglio sentire di nuovo il suono della sua voce, assaporare ogni singola parte di lui, ricordare il nostro passato abbracciata a lui, lo rivoglio indietro, ma mi freno da questa tentazione, nonostante questa voglia, che mi consuma le viscere.
Lui respira faticosamente e mi osserva, accarezzando delicatamente la mia guancia e permettendo che i suoi capelli mi sfiorino delicatamente, tanto da solleticarmi la pelle.
La mia mano è sempre stata, involontariamente, contro il suo petto, ma non per respingerlo, per sentire il suo battito, che porta ad aumentare il mio.
“Di’ qualcosa, ti prego.” Il mio respiro è affaticato ed il sudore gronda da ogni poro della mia pelle candida.
"Ti amo."

 

 

Angolo Autrice

Ehilà stupende c:
che ve ne pare di questo altro capitolo? Ve lo avevo detto che JJ era fondamentale e credo che lo sarà ancora, ma non per fregare la ragazza a George, tranquille lol.
Infondo JJ ha un buon cuore e non ruberebbe mai la ragazza ad uno dei suoi migliori amici.
Voi vi stavate sicuramente che fine avesse fatto Maya ad un certo punto, tranquille lo zio Josh ancora non fa il rapitore di bambini lol, vedrete nel prossimo capitolo che cosa hanno combinato Jaymi, Josh e Maya c:.
Che ne dite? Si degna di una recensione questo capitolo? Vi prego sarebbe davvero fantastico leggere le vostre recensioni anziché vedere sempre lettori silenziosi :c.
Ps. si ho cambiato banner lol che ne pensate?
Alla prossima c: xx

 Georgesmonkej_

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** 6- 10th November (1° parte) ***


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È tutta colpa della luna,
quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti.
W. Shakespeare

 

6- 10th November (1° parte)

 

Dopo quello che avevo visto, il mio più grande desiderio era quello di tornare a casa.
Che arrogante!
È proprio cambiato, non è lo stesso ragazzino che conoscevo quando aveva 10 anni, che aveva me come unica amichetta, ora, che era un po’ più apprezzato ed il suo fisico non era più al centro dell’attenzione di nessuno, lui è cambiato.
Ma infondo io cosa ne so? Certo che ne so!
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare: questo detto rasenta la sua dettagliata descrizione in questo momento.
Cammino come una stupida sotto la pioggia, con il cappuccio che dovrebbe riparare i miei capelli e la mia faccia, ma ne ripara solo un minimo, bagnandomi tutta, ma infondo cosa può riparare una misera giacca di cotone pesante? Non di sicuro una ferita del cuore.
Me lo avessero detto prima di diventare la sua migliore amica non ci avrei mai creduto, ma ora come ora preferirei tornare solo indietro nel tempo, giusto per cancellarlo dalla mia storia.
Non so cosa, ma sento di amarlo ancora, e l’amore vince sempre contro l’odio
Lui non sa, invece, che lo amo da ben 16 fottuti anni.

Ma odiare non è un termine grosso infondo? Anche amare lo è, ma amare è una cosa bella, che ti fa sentire bene con te stessa e con tutti.
“Katelyn!” sento urlare alle mie spalle “ti prego… fermati!” il ragazzo alle mie spalle, dalla voce famigliare, è completamente affaticato, dal momento in cui realizzo che il suo respiro è appesantito.
Mi blocco ed alzo lo sguardo, mantenendo per un istante lo sguardo dritto davanti a me e poi mi volto a vedere chi è, ma il mio intuito non sbaglia mai.
“George!” esclamo con un tono di incredulità.
“Perché non torni dai tuoi nuovi amici? Sai? Ti staranno cercando!” ritorno con lo stesso tono arrogante di prima.
Lui si avvicina a me sempre di più, ma appena fa il suo ultimo passo, sfiorandomi la mano, io mi allontano di un passo, fissandolo delusa e accigliata.
“Lo so, mi dispiace, ma… non è ciò che intendevo davvero dire” si giustifica lui massaggiandosi i capelli nervosamente.
“E allora se non ti dispiaceva perché hai detto quelle cose cattive sul mio conto? Specie a quell’arrogante di Brook Carter” gli domando io in lacrime ormai.
“I-io… non lo so.”
Mente.
Lo sa! Lo sa meglio di me: lui lo ha fatto perché vuole essere loro amico, si comporta esattamente come loro, io lo so, lo percepisco il cambiamento in lui.
“Menti!” sbotto piangendo.
Fortunatamente, dato l’orario e dato anche il tempaccio, non c’è nessuno nel circondato, ma anche se ci fosse stato qualcuno non avrei mai avuto paura di urlargli in quel modo.
“Tu menti, riconosco il cambiamento in te, George! Ti conosco da una vita” abbasso il tono riducendolo ad un lamento, mentre le lacrime continuano a cadere ed il mento trema, mentre stringo i denti.
“Ehi, piccola, non piangere” cerca di scostare il ciuffo da davanti ai miei occhi ma io glielo impedisco con un movimento brusco della mia mano, che spinge via la sua e continuo ad osservarlo arrabbiata.
“Sai George? Non pensavo di dirtelo in questo modo ma io ti amo, ti amo da 16 anni, ma tu non te ne sei mai reso conto, vero? Te vai dietro a Brook!” gli dico per poi girarmi per andar via, ma una mano blocca il mio polso spingendo a girarmi e lo vedo pararsi a due centimetri da me.
Sento il suo respiro addosso, il suo profumo sa di caffè e non è mai stato così buono quanto in quel momento.
“Non dire stupidaggini e vieni qui” mi sussurra per poi baciarmi.
Mi sento così bene in questo momento che non voglio sciogliermi mai più da questo bacio.
Ora ci siamo solo io e lui, in un’altra dimensione.
È così bello poter baciare le sue labbra ed assaporarne ogni angolo.
È lui stesso a sciogliere il bacio delicatamente per accarezzarmi, altrettanto delicatamente, una guancia mentre io ho ancora lo sguardo sulle sue labbra.
“Ti amo, piccola, non dimenticarlo.”
Ore 6.10 am.
Oggi non è una giornata come tante: oggi è sabato 10 Novembre.
In tempi normali e felici, e per normali e felici intendo quelli passati con George, come una coppietta meravigliosa, che il mondo intero invidiava, equivaleva al nostro anniversario di fidanzamento.
Mi alzo dal letto, con una piega decisamente negativa e triste, perché è la prima volta che trascorro questo giorno senza di lui.
È così triste!
Beh, non che lui in casa non ci sia, ma non stiamo più insieme.
Quella volta in cui ci siamo baciati, quel fatidico giorno di ottobre, non era comunque significato niente per me, non siamo tornati insieme e lui non ha saputo nessuna verità.
In realtà, non so neppure cosa siamo ora, so solo che tra i fatti suoi e i fatti di lavoro non mi ha più considerata, né lo fa tutt’ora.
Una lacrima cede.
Decido di alzarmi e cercare di fare altro per levare dalla mente il suo pensiero, ma come si fa a non pensare alla persona che per tre anni ti ha praticamente donato l’anima? e viceversa hai fanto con lui.
Cos’è che provo io per lui? Lo amo ancora o è solo un’illusione? Io non me lo so spiegare.
Scendo le scale, mentre la mia mente cerca di rammentarmi a flash tutti i momenti felici passati insieme a lui, compreso il flashback del giorno fatidico, 10 novembre, in cui ci siamo dichiarati l’un l’altra, finendo per farmi fare il miglior sbaglio della mia vita.
Arrivo in cucina e sento che qualcuno sta piangendo.
Emette lamenti sconnessi e tira su con il naso.
“George?” mi esce dalla bocca involontariamente e subito me ne pento, ma lo vedo seduto lì che alza il capo e mi nota, asciugandosi le lacrime e tornando, poi, a fissare la sua tazzina di caffè.
Questa scena non può fare altro che lasciare andare un’altra lacrima di dolore dal mio occhio destro.
È così triste vederlo ridotto in quello stato.
“Ti prego, Katelyn! Almeno se non vuoi che torniamo insieme, lascia che riviviamo insieme questo giorno, felici” mi chiede voltandosi verso di me in lacrime.
Io non so come reagire ma continuo a guardarlo con volto triste ed indebolito.
Che reazione dovrei avere ora? Nessuna!
Mi si spezza il cuore sapere che anche lui è ridotto in quello stato, anzi, forse anche peggio di me.
“Ti prego” sussurra di nuovo alzandosi e venendo verso di me.
Appena arriva prova a riafferrarmi la mano, ma d’istinto faccio un passo indietro.
Lo sento ridacchiare e sollevo lo sguardo che haun velo indagatore.
“Facesti così anche quel giorno, ricordi?” dice lui, ora, con lo sguardo lievemente più allegro, rivolto alla mia mano.
Io mi limito solamente ad annuire con un lievissimo, quasi impercettibile, sorriso.
“Voglio rivivere questo giorno, così come lo abbiamo rivissuto per tre anni insieme.”
Io emano il primo sospiro, cercando di soffocare il pianto, ma non riesco, perché il mento trema e la mia faccia va in fiamme, mentre gli occhi sono un bagno di lacrime inesauribili, così sposto lo sguardo altrove, ma lui me lo rigira.
“Lo so che lo vuoi anche tu! Katelyn, tu non hai idea di quanto ti amo, di quanto, per mesi, per un intero anno, non abbia fatto altro che maledirmi per l’enorme torto che ti ho fatto, sono stato un idiota!” mi dice a due passi dal mio viso, così vicino che sento ancora il suo profumo di caffè avvolgermi le narici.
Io lo osservo ancora con il viso ridotto in quello stato e respiro profondamente per la seconda volta.
Rivivere quel momento ora significherebbe soffrire poi domani, io non so se lo rivoglio per davvero, ma infondo questo potrebbe ritornare ad essere il giorno più bello della mia vita, se non il migliore, anche se domani tornerebbe tutto alla normalità, magari con qualche cambiamento che potrebbe essere positivo o negativo.
In questo periodo, l’unica cosa positiva che c’era stata, era il fatto che George aveva lasciato Jesy.
Quello si che fu il giorno più bello della mia vita, peccato che è durato poco e non ha continuato a cambiare niente.
Ma il fatto che pian piano mi stessi auto convincendo di dire a George di Maya, è un gran passo in avanti, dovrei dirglielo a Josh.
“Mi concedi questa giornata?” mi sorride lui, mentre una goccia di liquido lacrimale fuoriesce dal suo occhio destro.
Che vada tutto come debba andare, io voglio rivivere nel meglio questo giorno con lui! Non importa quanto starò male domani, so solo che oggi sarà nel meglio.
Io gli sorrido e verso ancora qualche lacrima.
“Si, George!” annuisco sorridendo e poi ci abbracciamo, nel più caloroso abbraccio che mi avesse mai donato in 18 anni che lo conosco.
“Cosa ti preparo sta mattina?” mi domanda sorridendo, dirigendosi a grandi passi, se non quasi saltellando, verso la cucina.
Io rido.
Finalmente la risata più vera che potessi aver fatto in questi ultimi giorni.
Vado verso di lui e mi metto al suo fianco.
“Un cappuccino e biscotti, grazie” sussurro vicino al suo viso sorridente.
Lui mi sorride e mi osserva: anche lui mi sorride con il sorriso più vero che abbia mai fatto in questi ultimi giorni.
Ma il suo sorriso è qualcosa di più bello che si possa mai desiderare: è il più dolce e genuino di tutti quanti gli altri, sembra quello di un bambino alcune volte.
Rimaniamo così ad osservarci per interminabili secondi, quando io decido di accarezzargli la guancia destra e poi finiamo per avvicinarci sempre di più, quando finalmente scatta il suo secondo bacio in questo periodo.
E di nuovo sento le farfalle nello stomaco, che dopo tanto tempo erano rimaste immobilizzate, bloccate da ragnatele, prendere il volo e farmi vedere il mondo di nuovo a colori, almeno per quest'oggi.
L’atmosfera ha preso un colore rosso: rosso come il sangue, come l’amore, come la passione, come la vita, come il cuore, come il fuoco, che comincia di nuovo ad ardere il mio cuore.
È tutto, così, si scioglie nuovamente, tornando a riavere una prospettiva del mondo reale, ma con più colori.
“Mamma!” sento provenire dalle scale e vedo la mia piccola Maya con un sorrisone e poi osservo George.
“Ci ha visti?” sussurro spaventata.
“E che importa? Oggi godiamocela!” mi fa un occhiolino e poi va da lei.
“Ehi, piccolina! Lo dai un bacio allo zio George?” le sorride prendendola in braccio, ma io sorrido, pensando che ora non è più lo zio George per lei dopo ciò che ha visto.
“No zio” dice lei dispiaciuta ed io so cosa intende dire.
Lui mi osserva e poi rivolge lo sguardo di nuovo a lei.
“Come no? allora sei monella! Ed io che speravo in un tuo bacetto.”
Le sorride, ma non ha capito in che senso la bambina avesse detto quello che aveva detto.
“George!” lo chiamo con le braccia incrociate al petto e sorridente.
“Dai dammelo questo bacetto, allo zio tuo!”
Io scoppio a ridere e scuoto la testa, lui si volta verso di me sorridente ma con sguardo confuso.
“Che c’è?”
“Non si riferiva al bacetto” faccio una pausa per vedere se aveva intuito “ma al nostro bacio.”
Lui sorride e poi si volta verso di lei.
“Papà” dice lei allargando le braccia e sorridendo apertamente.
Lui mi guarda cercando un lume.
“Ed ora chi glielo spiega che non sono il padre?”
Più che altro la domanda è un’altra: chi glielo spiegherà, un giorno, che le ho mentito per tutto questo tempo? O chi te lo spiegherà, invece?
Mi sento così presa in quel momento che vorrei confessare davvero tutto, mi brucia il cuore dentro.
Mi sento una bomba ad orologeria ma non intendo mollare, pian piano ed al momento giusto.
Magari per Natale, infondo, il giorno in cui gli avrei voluto dire che ero incinta di Maya, era proprio il 23 dicembre, praticamente due giorni prima Natale.
Devo trovare un momento adatto e decidere veramente se farlo, ma le cose cambierebbero? Che cambia se glielo dico? Nulla! Rimarremo sempre divisi, o forse no? Io vorrei tornare con lui, ma ora come ora non so.
Rivaluto ogni possibile caso nella mia mente, arrivando a giustificarlo in ogni suo errore, infondo è umano e devo pur sempre imparare ad accettarlo con tutti i suoi difetti, anche se ne tiene davvero pochi.
“Katelyn?” mi richiama lui, riportandomi al mondo reale.
Io scuoto la testa sorridendo di nuovo e mugugnando per consentirgli di continuare.
“Chi glielo spiega?” sorride di nuovo.
Io rido e poi mi avvicino a loro, prendendo la bambina in braccio, salgo uno scalino e poi mi giro verso di lui.
“Tu continua a preparare la colazione” gli mando un occhiolino sorridente e lui ricambia.
Arriviamo in camera mia e metto a sedere la bimba sul letto.
“Mamma! Papà?” dice lei confusa.
“Tesoro di mamma! Allora…” ecco ora la mia mente è un groviglio di idee confuse, che fare? “Vedi, George non… non è il tuo papà!” le spiego sorridente ma un po’ triste e forse lei se n’è pure accorta.
“Si, George, si” dice lei cacciando qualche lacrima.
“No amore, però se vuoi può fingere di esserlo.”
Lei sembra triste ma alla fine ci sta ed annuisce.

Io le accarezzo amorevolmente la faccina.
“Tranquilla tesoro, sei ancora troppo piccola per comprendere certe cose. Ora la mamma si deve
preparare rimani qui buona.”
Detto ciò mi alzo e vado in bagno a farmi una doccia del corpo veloce, appena finisco, caccio fuori la mano dalla doccia e prendo l’asciugamano per avvolgermelo intorno, ed esco e quasi George mi fa prendere uno spavento.
“Accidenti, tanto brutto sono?” scherza lui ridendo.
Io rido facendo piano per non svegliare gli altri e vado da lui.
“No, ma sei bravo a comparire come funghi” gli do’ un bacio sul naso e lui sorride.
“Ti amo ancora, non scordarlo, piccola.” 

 

 

Angolo Autrice

 

Me voilà les filles! C:
Allora, come va? Si oggi mi è saltata in mente un po’ di vena francese lol.
Tornando però alla storia: si ho preferito spezzare il capitolo in due per allungarlo un po’ perché sennò la storia viene troppo corta :/ anche perché scrivo capitoli chilometrici xD (questo capitolo 8 pagine di world: RECORD!).
Va beh per il resto che ne pensate? C: voglio leggere molte recensioni lollino c:

amo troppo l’ultima frase *-* !! Ora mi dileguo c:
byeeee xx
Georgesmonkej_

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Capitolo 8
*** 7- 10th November (2° parte) ***


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Non è mai notte quando vedo il tuo volto;
perciò ora a me non sembra che sia notte,
né che il bosco sia spopolato e solitario,
perché per me tu sei il mondo intero;
chi potrà dunque dire che io sono sola
se il mondo è qui a guardarmi?

 W. Shakespeare – Sogno di una notte di mezza estate

 

 

7- 10th November (2° parte)

 

“Quindi…” mi sussurra lui con un lieve e dolce sorriso scavato nel suo tenero viso.
“Quindi… è ufficiale?” chiedo altrettanto io, tremante sotto al freddo, sentendomi ancora umida.
È ancora più bello vederlo bagnato ed il mio tanto atteso bacio sotto la pioggia è avvenuto: ora non posso biasimare alcun libro nel dire che il bacio sotto la pioggia è la cosa più irrealizzabile, nonostante il suo essere romantico in ogni dettaglio, che esista, infine basta solo un ragazzo, quello che ami, ed un temporale simile e poi lascia che ciò avvenga.
“Tu non vuoi?” mi chiede lui affannato ma sorridente.
“Ti avrei mai detto che ti amo?” ironizzo ridendo, mentre lui mi segue con la sua risata, che davvero mette i brividi.
“Ti amo piccola, con tutto il cuore” mi dice abbracciandomi forte.
“È da sedici fottuti anni che soffro per te, amore mio, tu non te ne sei mai reso conto per davvero ed ora scopro che mi ami anche tu, perché me lo hai tenuto nascosto?” gli domando sciogliendo l’abbraccio.
“Perché avevo paura. Paura di dirtelo e non essere ricambiato, paura di perderti per sempre, paura di non riavere più quello stesso rapporto di sempre, paura di non avere ciò che desideravo tutto per me. È difficile poter dire ti amo, lo sai?” mi sorride sincero lui, mentre io lo guardo e torno a baciarlo, per poi sciogliermi e cominciare a tossire come una forsennata.
È da un’ora e mezza quasi che ci troviamo a parlare sotto questa pioggia torrenziale, bagnati fradici, con il rischio di una forte broncopolmonite, o, come minimo, una semplice polmonite o bronchite, ma si sa che io sono debole di anticorpi e rischio facilmente di ammalarmi, avendo delle non molto alte, appunto, difese immunitarie, ma ora che sono con lui non mi importa nulla.
“Amore?”
“Sto bene!” mento con voce strozzata dalla tosse.
“È meglio se torniamo a casa, non voglio rischiare di perderti per cause naturali ora che sei mia.”

“Ricordi quando mi sono presa una bronchite di quelle forti ed ho veramente rischiato? Avvenne lo stesso giorno in cui ci fidanzammo!” rammento a George, mentre usciamo di casa.
Non siamo abbigliati elegantemente, nonostante la giornata dovesse essere stupenda in ogni dettaglio, ma non voglio che si vada in giro come dei pinguini o altro ancora.
Io ho indosso un semplice outfit: una maglietta grigia di cotone pesante a maniche lunghe, che arriva all’altezza dell’addome, lasciando la pancia scoperta, un paio di shorts di jeans celeste chiaro che arrivano sino a metà coscia, un paio di converse grigio chiare, quasi bianche, una collana con un gufetto ed i capelli legati in uno chignon.
“Certo! Ti ho fatto da infermiere per due settimane portandoti anche i compiti” mi dice lui, prendendomi per mano ed imboccando l’entrata per la metro.
“Stavo completamente morendo, se non fosse stato per te penso che mi sarei rassegnata” gli sorrido sinceramente, fermandolo, ora, per aspettare la metro.
“Amore! Perché volevi buttare via così la tua vita?”
No! fermate tutto: dopo quasi 2 anni che non stiamo più insieme mi chiama amore?
Abbasso lo sguardo e lui me lo risolleva con due dita, guardandomi con sguardo tenero e dolce.
“Perché privarti di così tanta bellezza?” dice.
“Ero ridotta malissimo! Sarò svenuta cinque volte in un giorno, ricordi?” rido accarezzandogli la faccia.
“Come dimenticarsi? Ho chiamato l’ambulanza dopo il quinto collasso” ridiamo entrambi a quel ricordo, che ce ne ha fatto vedere delle cotte e delle crude.
Se ciò era successo, era tutto per colpa del nostro amore, ma infondo è la colpa più bella.
Arriva la metro ed entriamo.
“Allora, dove mi porta questo galantuomo?” domando io sorridendo.
“Piccadilly, la statua di Eros” mi prende le mani e mi guarda dritto negli occhi con il suo solito sorriso.
“Che cosa dolce” lo bacio.
Quest'oggi serve a farci stare bene anche se non stiamo più insieme, quest'oggi dobbiamo fingere.
“Lo sai che ho sempre desiderato andare a Parigi?” gli domando sorridente e lui ricambia, so cosa sta per dire.
“Si, me lo hai detto mille volte.”
Come immaginavo.
Gli sorrido, mentre il mezzo parte, facendomi perdere l’equilibrio e finire su di lui.
Sento di nuovo il suo sguardo addosso e poi lo abbraccio, chiudendo gli occhi, e lui, mentre con una mano si mantiene alla sbarra, con l’altra mi stringe forte, e poggia le sue morbide labbra sui miei capelli.
“Profumano di fragola” biascica mentre respira il profumo dei miei capelli.
“Vorrei riportarti a casa ancora sobrio, vedi di non drogarti con i miei capelli” scherzo ridendo, mentre mi quasi appisolo sul suo petto caldo e rassicurante.
Dopo una ventina di minuti giungiamo, finalmente, a Piccadilly e scendiamo correndo.
Che strano non essere incappata ancora in nessuna fan.
“Dove mi porti?” rido mentre mi lascio trascinare da George verso l’uscita.
“Voglio comprarti un regalo, seguimi!” dice voltandosi mentre continua a tenermi per il polso.
“Cosa?! George, no! io… io non posso accettare!” dico continuando a seguirlo.
“Ehi, ma che paranoia! Non sei cambiata per niente, eh?” scherza lui.
“Grazie” bofonchio io con finto tono dispiaciuto.
“Dai, io voglio fartelo!” cerca di convincermi, mentre mi da’ l’impressione di sembrare un bambino che ha appena visto una caramella.
“E va bene” concludo io, lasciandomi convincere.
Infondo che sarà mai? Una rosa? Un mazzo di fiori? Un… bellissimo vestito abbastanza importante?
Okay, ora è chiaro tutto! No, non posso accettarlo.
“George ma… ma stai scherzando?” sbotto nel vedere la commessa, mentre mi mostra questo vestito ed io lo ammiro con stupefazione.
“Certo che no, l’ho fatto mettere apposta da parte!” afferma lui, seduto su un divanetto.
Io continuo ad osservarlo, come fa una gazza ladra alla vista di un diamante, ma le mie intenzioni non sono quelle né di rubarlo, né di comprarlo, né di farlo comprare a George.
“Perché nel frattempo non te lo provi?”
È davvero un bellissimo vestito: blu semplice senza maniche che riscende lungo tutto il corpo fino ai piedi, ricoprendoli del tutto.
Lo fisso male e poi mi decido ad entrare nel camerino.
Lo infilo accuratamente, facendo attenzione a non rovinarlo, anche perché ripagarlo verrebbe una fortuna, data l’importanza che ha.
Esco, mentre lascio che i miei capelli ricadano morbidi dietro la schiena e allargo le braccia, ammiccando un sorriso per vedere che ne pensa George.
Lui fa pollice giù e scuote la testa, imbronciando il muso.
Entro dentro il camerino, mentre la commessa me ne passa un altro.
Questa volta è un vestito bianco che mi rammenta tanto lo stile di una donna greca antica.
Anche questo è lungo e ricopre i miei piedi, solo che ha un taglio e permette che la gamba sinistra fuoriesca.
Esco dal camerino, poggiandomi allo stipite di quest’ultimo e mandando un’occhiata maliziosa a George.
Lui scuote la testa un’altra volta e ride.
Rientro e la commessa me ne passa un altro.
Mentre mi preparo, vedo George che si avvicina.
“Caspita! Non te ne sta bene uno: dovrei farti fare un vestito su misura” esclama e mi fa ridere per la battuta.
“Effettivamente!” dico io ridendo.
“Speriamo almeno in quest’ultimo” dice per poi allontanarsi.
Questa volta il vestito è blu, con una corda che parte dal centro del petto e finisce verso l’estremità della schiena, che me la ricopre.
La gonna non è lunga, bensì, davanti mi arriva sino a metà coscia, e un poco più su, mentre la parte di dietro è più lunga ed arriva sino a metà polpaccio, ed è fatta di velo.
È stupendo!
Esco un po’ imbarazzata però non vedo George.
Dove si è andato a cacciare?
“George?” provo a chiamarlo.
“Ehi, Katelyn! Ero andato un attimo a…” ricompare, ma si blocca subito nel vedermi.
Giusto! Non vi ho ancora detto nulla su come mi sta il vestito: beh, che dire? Mi sta perfetto! Io poi sono ben formata e molto magra.
Mi risalta le curve e descrive perfettamente ogni mio minuscolo dettaglio corporeo.
George è ancora lì, muto, a bocca aperta.
“Beh? Dì qualcosa!” lo incito sorridente, ma allo stesso tempo stufa ed imbarazzata di questa sua pausa.
“Sei… sei… sei stupenda!” balbetta giungendo alla fine sorridendo ed osservandomi dai piedi alla testa.
“Secondo me questo vestito è quello giusto” conferma le nostre ipotesi la commessa, che sorride ed annuisce.
“Comunque mi sono fatto consigliare un paio di scarpe con i tacchi” continua George sorridente, porgendomene un paio nere.
“George!” sbuffo io “così è troppo!” continuo.
“Mai se si tratta di rendere felice la ragazza che ami” dice avvicinandosi a me, ma io abbasso lo sguardo per l’ennesima volta, paonazza.
“George” risollevo lo sguardo, ma non termino perché due fan in crisi ormonale entrano, urlando come matte il suo nome.
“Oddio, George Shelley!” si esalta una e poi insieme all’amica strilla come una dannata.
Io allontano lievemente il capo, come si fa quando qualcuno ti strilla nelle orecchie durante una chiamata al telefono.
“Jcats?” chiede lui sorridente.
Le due annuiscono ripetitivamente, come due forsennate ed io continuo a seguire l’esilarante scena.
“Potresti farci un autografo?” domanda la mora.
“Certo, come vi chiamate?” prende un pezzo di carta ed una penna, sempre cordiale e sorridente.
“Io sono Leah!” dice la rossa “io Sam, cioè Samanta, ma mi chiamano Sam” si presenta, invece, la bionda, spingendosi indietro una ciocca di capelli.
“Okay…” firma il foglio, scrivendo loro una breve dedica “… ecco a voi ragazze!” dice porgendo loro i foglietti.
“Una foto?”
Iniziano a volerne un po’ troppe, ma rimango lì seria, a godermi la scena.
“Okay” sorride di nuovo, mettendosi in mezzo a loro.
“Senti, potresti farci una foto?” mi chiede con tono acido la tipa bionda.
“Certo” fingo cordialità, ma sto seriamente prendendo in considerazione di menarle uno schiaffo, tanto per farle perdere quell’atteggiamento da oca giuliva e arrogante che si ritrova.
“Fatta! Certo non sarò una fotografa ma…” mi interrompo non appena la ragazzetta mi strappa di mano la macchinetta, con medesima aria da arrogante "ehi" esclamo lievemente dispiaciuta e arrabbiata, ma non troppo da darlo nell'occhio.
Io riduco gli occhi a due fessure, a causa dei nervi che mi stanno per saltare.
George se ne accorge e viene verso di me, voltando loro le spalle, avvicinando la sua bocca al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa.
“Calma, è arrogante, lo so, ma te sei meglio di lei” cerca di calmarmi, dandomi un bacio e con quello mi si raffreddano tutti i bollenti spiriti.
“Grazie mille, George” dice la rossa, di sicuro è molto più simpatica della biondina.
“Una domanda: ma è lei la tua nuova ragazza? Quella di cui tanto girano le voci? Si dice che tu abbia lasciato Jesy Nelson delle Little Mix per lei” chiede con fare da giornalista la ragazzina dai capelli rossi.
Ci guardiamo e poi lui torna a sorriderle.
“Lei è la mia migliore amica, siamo stati insieme per tre anni ed ammetto di amarla ancora ma non è niente di confermato sul fatto che stiamo insieme, e poi ha una figlia di un anno, il cui padre…” mi osserva e poi si volta verso di loro “non sono io” dice deluso ed io abbasso lo sguardo, perdendo un altro battito.
“Oh… capisco, tranquillo George, non diremo niente” sorride sincera la ragazza ed io risollevo lo sguardo sorridendole e ringraziandola mentalmente.
“Grazie” esclama lui sorridente.
Le due si congedano ed escono tranquille, ma ancora euforiche, dal negozio.
“Perché hai detto quelle cose?” domando io, mentre lui si riavvicina.
A dir il vero non dovevo fargli quella domanda, perché il senso che gli do' io è quello del fatto che invece lui è il padre della bambina, ma fortunatamente lui non comprende il senso della domanda.
“Perché è la verità” sorride.

 

 

Angolo Autrice

 

Ciao ragazzuole c:
allora che dire? Non riesco a concludere questo capitolo con la seconda parte così ho messo anche la terza però saltando un po’ di pezzi nella giornata perché sennò si trasformerebbe in qualcosa di chilometrico lol.
Allora c: che ve ne pare?
Aspetto con ansia altre recensioni mentre ora mi dileguo.
See you xx

Georgesmonkej_

 

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Capitolo 9
*** 8- 10th November ( 3° ed ultima parte) ***


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Romeo
 “Parla ancora,
angelo luminoso,
sei così bella,
e da lassù tu spandi sul mio capo
tanta luce stanotte
quanta più non potrebbe riversare sulle pupille
volte verso il cielo degli sguardi stupiti di mortali
un alato celeste messaggero che,
cavalcando sopra pigre nuvole,
veleggiasse per l’infinito azzurro!”

 W. Shakespeare- Romeo & Juliet

 

 

8- 10th November ( 3° ed ultima parte)

 Sono collassata cinque istanti dopo aver mentito a George sul fatto che stessi bene.
“Che succede?” mi schiarisco la voce, riprendendomi e notando che George mi ha presa in braccio e mi sta portando in camera.
La mia camera è davvero grande e ben ordinata: ci sono appesi diversi poster che ritraggono i OneD, Miley Cyrus, The Wanted, Ed Sheeran, Michael Jackson ed altri, ed alcuni disegni con aforismi e citazioni che facevo io ed appendevo.
Sulla scrivania ci sono i libri che avevo usato oggi, ed alcuni quaderni con penne, matite, gomma e temperino sparsi per tutto il ripiano, con l’astuccio aperto.
“Sei svenuta, ma ora è tutto a posto, tranquilla” mi spiega, sussurrando e stendendomi sul letto.
“Menomale che ci sei te, George!” rido piano con gli occhi socchiusi, per via della debolezza.
“Non ti abbandonerò mai, ora che so di poterti essere accanto.”

Torniamo a casa esausti, ma allo stesso tempo contenti di aver passato quella giornata, che non finisce così.
“Ti aspetto fuori in giardino tra cinque minuti” dice per poi allontanarsi di corsa verso la sua stanza.
Rimango allibita qualche secondo e poi sorrido, andando in camera.
Guardo la sveglia: 18.00 pm.
Abbiamo girato tutto il giorno ed ora vorrei un attimo riposarmi.
“Allora?” fa capolino sbattendo la porta Josh, con un sorriso a 360 gradi.
“Più piano no?” mi lamento sollevandomi di nuovo.
“La telecronaca ora!” mi salta praticamente addosso, facendomi stendere di nuovo e facendo finta di non avermi affatto sentito.
“Si, anche perché devo confessarti che sto seriamente prendendo, lentamente e con calma, in considerazione l’idea di dirgli di Maya” confesso sorridendo e mettendomi composta sul letto.
“Ah, era pure ora!” dice allegramente.
“Si, lo so” rispondo io annuendo e sorridendo.
“Bene, ora la telecronaca” si strofina le mani, sorridendo e rimettendosi in piedi, saltellando come un matto.
Prendo la busta e tiro fuori il vestito.
Lui lo vede ed incomincia a fischiare.
“Che sciccheria oh!” lo osserva attentamente, sgranando gli occhi.
“Aspetta di vedermelo indossare allora” scherzo io ridendo.
“Avrai la tua occasione” annuisce, socchiudendo gli occhi ed incrociando le braccia al petto.
“Oh, si è fatto tardi devo andare in giardino da lui” gli dico lasciando il vestito sul letto e precipitandomi fuori dalla stanza ed andare in giardino.
Scendo le scale freneticamente, finendo quasi per inciampare.
“Attenta!” afferma prontamente Jaymi, afferrandomi per un braccio e ridendo.
“Scusa!” mi volto sorridente, per poi ricominciare a correre.
In tutto ciò, riesco, comunque, ad arrivare sana e salva in giardino, notando che George è steso sull’amaca ed ha la sua chitarra con sé.
Rallento e quando arrivo tossisco per fargli notare la mia presenza.
“Sei in ritardo, Jones!” mi osserva con finta aria di rimprovero, ma poi allarga le sue labbra in un bel sorriso, tipico da parte sua.
“Finiamo di goderci questa giornata” sussurro, mettendomi seduta accanto a lui e prendendo la sua chitarra.
Lui si mette a sedere dietro di me e sento il suo petto caldo contro la mia schiena e poi mette la sua chitarra davanti a me, prendendo le mi mani e posizionandole sulla chitarra per accompagnarmi a suonarla.
Inizia a strimpellare qualche nota che mi ricorda “Pompeii” dei Bastille.
I was left to my own devices
Many days fell away with nothing to show
And the walls kept tumbling down
In the city that we love
Great clouds roll over the hills
Bringing darkness from above…”

Lo ascolto senza interromperlo un istante, e sento delle leggere vibrazioni e scosse che partono da tutto il fondoschiena e risalgono su, fino al cervelletto.
Mi sento così bene in questo momento che vorrei che non finisse mai questo giorno, ma vola, come un’ape che sorvola da un pistillo di un fiore ad un altro.
Vorrei davvero che tutto ciò non finisca, ma purtroppo è destinato a terminare, lasciandomi sola a piangere, come una disperata.
Finisce di suonare e cantare, e poi lascia la chitarra, per prendermi il viso.
“Piccola” mi guarda sorridendo, mentre io mi concentro sulle sue labbra, e sfugge così una lacrima, maledetta e ribelle, come tutte quelle che mi hanno abbandonata negli ultimi mesi.
“Ti amo!” mi sorride più animatamente e poi mi bacia con passione.
Un altro bacio, altre milioni di farfalle, infinite altre emozioni.
Questo è il nostro ultimo bacio, il nostro ultimo bacio prima che torni tutto come a prima: io piangerò, lui mi eviterà, o proverà a farlo, io continuerò a prendermi cura di mia figlia, lui si troverà un’altra e continuerà con il fare la sua professione.

Godiamo finché possiamo.
“Non voglio lasciarti più” dice lui sciogliendo il bacio e accarezzandomi delicatamente le labbra.
Io sbuffo abbassando lo sguardo.
“Non possiamo tornare insieme, e tu lo sai” gli ricordo fredda, sempre con lo sguardo basso ed una lacrima di malincuore cede, irrigando il mio viso per l’ennesima volta e cade giù, finendo sulla chitarra di George, schiantandosi e schizzando via altre minuscole gocce d’acqua, che irrigano quella piccolissima zona circostante.
Sento che le sue mani scivolano via dal mio mento, terminando sul suo collo.
Io alzo lo sguardo e lo vedo togliersi una collana e mettermela al collo.
“Cosa fai?” domando confusa, mentre tocco il ciondolo a forma di “G”.
“Tieni questo in mio ricordo.”
Ora si che sono confusa! In suo ricordo? Mica sta per morire!
“George? Ma tu non stai per morire!” mi stupisco io con sguardo severo ed osservandolo, mentre ride e scuote la testa.
“Non è ciò che intendevo! Non vogliamo tornare insieme? Bene, questo è il simbolo che ti ricorderà di me e del nostro amore” sorride lui, sembra assai sincero.
Lo apprezzo davvero come dono e sorrido, eliminando dalla faccia quel broncio lievemente arrabbiato.
Sono confusa dopo quell’ultima frase: io non voglio perderlo, ho paura di perderlo, ma non so se voglio tornare con lui di nuovo.
“Grazie” aggiungo semplicemente, ora, osservandolo negli occhi.
“Non devi ringraziarmi” sorride sincero e mi prende la mano e me la bacia.
“Ricorda: dovessi avere bisogno di me, anche con un aiuto per la bambina, sarò sempre pronto a riceverti” mi sorride ancora.
“Grazie, di nuovo” ribadisco.
Ci alziamo dall’amaca, dato l’orario, e ci spostiamo dentro casa.
Maya è con JJ e Josh, che gioca serenamente, Jaymi è con Olly.
Decido di farmi un bagno rilassante, così, salgo su per le scale ed arrivo in bagno, dove mi spoglio lasciando, i vestiti a terra.
Mi immergo nell’acqua tiepida e chiudo gli occhi, ragionando sulla giornata e su tutto.
Mi tocco le labbra, rammentando ogni singola briciola delle sue ed ogni minima sensazione che mi ha fatto provare, anche nel suo semplice averle sfiorate.
Ricordo flash di ogni bacio che avevano dato le mie labbra alle sue e mi sento stranamente bene, con una piccola briciola di tristezza e mancanza di quel contatto.
Termino il mio bagno rigenerante e mi risollevo, prendendo un asciugamano bianco, che avvolgo lungo il mio corpo.
Appena termino di asciugarmi, mi rivesto con l’intimo pulito e poi infilo un magliettone e dei pantaloncini bianchi per andare a cenare e poi andare a dormire.
Scendo le scale ed incontro Josh, JJ e Maya.
“Amore mio!” esclamo vedendo la bimba, che mi viene incontro, così la prendo in braccio.
Poi guardo i ragazzi.
“Ehi, Jaymi? Non torna?” domando loro seriamente.
“Da Olly” mi spiega JJ sorridendo.
“Ah…”
“Ceniamo?” aggiungo poi dopo quella pausa.
“Certo, ho una fame” esclama JJ.
E così torno per l’ennesima volta in cucina per andare a cucinare qualcosa.
Preparo in meno di una mezz’ora una pizza e la servo a tavola.
“È buona!” annuisce, mentre mastica la sua pizza, Josh.
Io gli sorrido stancamente ed allo stesso tempo preoccupata per George.
A proposito…
“Ma George?” chiedo io osservando loro e lasciando il mio trancio.
“È fuori, non aveva tanta voglia di mangiare” spiega JJ mentre mangia e fa spallucce.
“Okay” sussurro io tornando a mangiare e controllare Maya che beve il suo latte.
Finito di mangiare prendo tutte le stoviglie per lavarle e le metto nel lavandino.
Sbuffo esausta, sapendo che avrei sicuramente fatto notte.
“Ehi, lascia stare, faccio io” sento dire da una mano che prende la spugna che avevo in mano.
“George! Oddio, certo che no” dico io scuotendo la testa.
“Avanti, non essere la tipica testarda: lascia che sia io per una volta” mi sorride sinceramente.
Io lo osservo e sembra davvero avere un’aria sincera.
“Okay” mi arrendo e vado via, lasciandolo fare.
“Aspetta” mi frena prima di andar via.
Io mi volto e vedo che si è avvicinato a me.
Mi bacia un’altra volta, ma questa volta dura poco, non è come le altre: questo era un vero bacio d’addio.
“Buonanotte piccola” mi sussurra accarezzandomi la faccia e facendomi un mezzo sorriso, ma rincuorante.
“Buonanotte George” gli sorrido, accarezzandogli la mano dolcemente, e poi vado in bagno per lavarmi i denti.
Finito di fare ciò, mi dirigo in camera e dondolo Maya cantandole la ninna nanna, finché non si addormenta del tutto e la stendo nella sua culletta.
Così, finalmente, mi stendo anch’io e mi risposo, anzi, rimango sveglia, facendomi cullare dai pensieri del giorno.
Mi tocco le labbra, riassaporando ogni bacio che riaffiora nella mia mente, come un flash, fino ad arrivare all’ultimo, al bacio che stava per un addio.
Infine, mi addormento completamente con quel pensiero.

 

 

Angolo Autrice

Ciao cupcakes c:
scusate se aggiorno così in ritardo ma o non ho avuto tempo o non mi collava di aggiornare e fare tutte le modifiche… pfff lol.
Allora? Che ne pensate? Ve piasa?
Se c’è una cosa che me piasa, e me piasa pe davero, è proprio il loro nuovo singolo jgdfjhgdsfhjg “Beautiful Life”! Amazinggg!! Jasgdjk <3
Allora ritornando alla storia voglio semplicemente ringraziare tutte coloro che recensiscono sempre e mi accompagnano sempre, chi ha messo nelle seguite, chi nelle ricordate, chi nelle preferite ecc…
Okay mi lasciate una recensioncina? C: grazie a tutte se lo fate ma so che lo farete <3 lol
Alla prossima c: xx

 

Georgesmonkej_

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Capitolo 10
*** 9- That letter from you… ***


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Succeda quel che succeda,
i giorni brutti passano,
esattamente come tutti gli altri.

 

9- That letter from you…

 

Ennesima notte in bianco.
Sono stanca di questa situazione: notti in bianco su notti in bianco, ma almeno, a mantenermi compagnia, ci pensano i fazzoletti, mi sembra una cosa giusta.
“Da quant’è che piangi?” sento alle mie spalle.
Alzo lo sguardo ed incontro quello di JJ e sospiro.
“Temo di aver perso il conto delle ore oramai” sorrido ironica, scuotendo il capo, per poi gettarlo indietro e chiudere gli occhi, tirando su con il naso.
“Mi dispiace, ma secondo me, se c’è una stupida, quella sei tu!” spiega lui, sedendosi accanto a me sul letto.
“Lo so” abbasso lo sguardo, affranta da quel pensiero, che non fa altro che martoriarmi ogni giorno.
“E perché non fai niente per riprendertelo? Eh? Di cosa veramente hai paura? Caccia ogni tanto le palle! Okay, non le hai, ma sono metaforiche: sii più coraggiosa!” mi incita lui  scuotendomi le spalle.
Infondo non è tanto sbagliata la sua idea, anzi, ha perfettamente ragione.
“JJ io ho paura di tutto, a partire dal dirgli di sua figlia.”
La paura è tale che mi frena in tutto: a volte mi maledico del fatto che non caccio il coraggio che ho dentro e gli sputo in faccia tutto a George, ma non so: ho paura della sua reazione, ho paura che poi tutto il mondo lo scopra, ho paura delle reazioni che avrebbero le fan…
Tanti motivi per mantenere quella bugia, che sarebbe dovuta saltar fuori mesi fa, se non 2 anni fa, all’incirca.
“Lui apprezzerebbe e non farebbe mai ciò che tu ti aspetti che faccia” mi spiega massaggiandomi una guancia e sorridendo, è come se avesse appena letto nel mio pensiero, come se avesse letto tutti i miei timori.
“Non so JJ, ho una paura matta di perdere Maya” mi chiudo tra le gambe.
“Beh fai come vuoi, io vado a prepararmi una sana e genuina colazione.”
Detto questo si alza e si dirige in cucina.
Qualche minuto dopo arriva un messaggio.

Noi due cosa siamo ora? G. x

Dunque.. cosa siamo ora io e George? Amici? Nemici? Conviventi? Che siamo?

Tu cosa desidereresti essere per me? K. x

Invio.
Mi sento una stronza per avergli fatto quella domanda, e sicuramente lui starà malissimo appena leggerà il mio messaggio.
Perché? Perché mi comporto così?
Non risponde.
Ma la mia domanda è un’altra: perché se è qui a casa parliamo via messaggio e via telefono? Ha paura di parlarmi forse? Ma perché? Non mi sembra che io sia un cane e quindi possa mordere, infatti can che abbaia non morde.
Aspetto entrambe le risposte da parte sua, ma una sembra che stia per varcare la soglia della mia stanza, attraverso le sembianze di una lettera, dove chiaramente riesco a leggere il suo nome: George!
“Questa te l’ha lasciata sul tavolo prima di andar via” fa piano JJ, avvicinandosi lentamente, e con passo felpato, per non svegliare la bambina ma anche perché non ha un’aria particolarmente allegra quest’oggi.
Osservo prima la busta muta e seria per interminabili attimi e poi osservo con sguardo interrogativo JJ, ma lui non può trovare le risposte che cerco, lui non sa nemmeno il quesito.
Me la porge ed io la apro delicatamente.
“Ha esplicitamente scritto che era per te e che avresti dovuto leggerla solo tu, io non mi sono permesso di sbirciare nemmeno una virgola, ed ora ,con permesso, io vado” esclama indietreggiando, per poi darmi le spalle ed uscire dalla mia stanza, ancora con il mio sguardo addosso.
Dopo che richiude la porta delicatamente, piombo lo sguardo addosso alla lettera.
Sulla busta c’è scritto con la scrittura di George “Per Katelyn! Ps. Deve leggerla solo lei e nessun altro G. xx.”
Il fatto che mi abbia scritto una lettera, dove devo essere solo io a leggerla, mi fa stare assai male e mi fa risalire in mente solo una marea di perché.
Sto per scartare del tutto la lettera quando mi giunge un messaggio da.. Harriet?

Devi dirlo a mio fratello, ora! O sarò io a farlo! H. xx

Okay, fantastico! Dov’è che era rimasta lei? No aspetta: perché dopo quasi 23 mesi ritorna a dirmi che devo dire a George, nonché suo fratello, di Maya?

Escluso! E tu non gli dirai nulla, intesi? Scusa ma ora ho altro da fare, ci sentiamo dopo. Ti chiamo io! K. xx

Messaggio inviato.
Conoscendo Harriet, non avrei mai dovuto scriverle ciò: lei è sempre tre volte più tosta di me! Le dici di fare ‘a’, chiaramente, lei ti risponde che è meglio ‘b’.
Chiaramente non risponde, ma io non me ne curo così tanto, infondo lei sa che se ci tiene a me non lo dice a lui, nonostante ami suo fratellocome pochi al mondo potrebbero, ma sa anche che rovinerebbe me e la bambina ed il buonsenso di sicuro non le manca.
Così tiro fuori la busta ed incomincio a leggere la lettera.

 

Cara Katelyn,

ho pensato che oggi sarebbe stato meglio non continuare a torturare i nostri cuori dopo ieri, così, oggi ho voluto tornare a Bristol, anche per rivedere i miei cari e respirare un po’ di aria di casa, mi mancava…
Non pensare che io sia voluto scappare da te, dalle lacrime, dai tormenti, pensa, piuttosto, che io sia andato via per una pausa di riflessione.
A proposito di riflessione: dopo ciò che è successo ieri, intendo il modo in cui ce la siamo spassata, cosa siamo ora? Cioè non dovremmo più trattarci da sconosciuti o semplici conoscenti, come abbiamo finto di essere in questi giorni, quando in realtà, così, non è mai stato, per tutto questo tempo.
Per me rimani sempre quel più della semplice amicizia, perché ti amo! Ed in questi giorni, ho sentito di amarti sempre di più, ma non possiamo tornare insieme, purtroppo…
Mi dispiace amore mio! È tutta colpa mia.
Spero avrai la bontà di perdonarmi!

Il tuo
George xx

 

 

Termina così la lettera ed io la lascio scivolar via dalle mie mani e butto la testa indietro chiudendo gli occhi ed una lacrima sorpassa ancora una volta la congiuntiva dell’occhio sinistro.
Mi sento privata da ogni forza in questo momento, non ho neppure quella stessa forza che mi permette di alzarmi dal letto, ma infondo cosa pretendo?
No! No, no, no ed ancora no! La colpa non è sua: la colpa è solo mia, che ho deciso di chiudere definitivamente con lui e l’ho fatto nel modo più barbaro e meschino con cui qualcuno solitamente potrebbe mai chiudere contatti con qualcun altro.
Ed ora?
Di sicuro non posso raggiungerlo: ormai sarà ad un’ora da qui.
Così chiamo Harriet, per bloccare la sua lingua, prima che dica qualcosa che non dovrebbe dire.
Digito il numero talmente freneticamente e con il cuore in gola, che mi sembra che ci sia una presenza invisibile a bloccarmi ad ogni movimento, ma infine riesco comunque a finire di digitarlo e portarmi il telefono all’orecchio.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli…
“Avanti, lo so che puoi rispondere” biascico irritata.
Sei squilli…
“Pronto?” risponde con voce metallica che sembrava ancora assonnata, ma è lei.
“Harriet, cazzo, era pure ora!” dico moderando a metà frase il tono, ricordando della bambina, che dormiva ancora beatamente nella sua culletta.
“Katelyn?”
“No, tua nonna! Si sono io! Senti volevo dirti…”
“Ho letto il messaggio! George ancora non è qui, ma se tu non glielo dirai sarò io a farlo! Mio fratello deve saperlo ad ogni costo! Ho visto le foto di ieri sul giornale online ed eravate stupendi, solo che poi ho sentito George che diceva a mia madre che ha bisogno di una riflessione: pensavo glielo avessi detto, ma poi ha detto che si trattava di ieri, del fatto che restare a Londra lo avrebbe fatto stare peggio.”
“Meglio che non c’è allora! Ad ogni modo: tu non fiaterai, chiaro? Harriet ti prego, riflettici! Di mezzo non ci vado solo io, se ce l’hai con me, ma anche tua nipote! Per favore!” esco dalla stanza incominciando a sollevare un po’ di più il volume della voce.
So che quella conversazione andrà per le lunghe e mi farebbe perdere una marea di soldi, ma lei non glielo dirà.
“E tu lo sai quanto è brutto averglielo tenuto nascosto? Per quasi 2 anni poi! Ma non ci hai pensato un po’ a lui ieri? Che ti credi? Che nella vita i rischi non vanno comunque affrontati? Ad ogni modo Will e mamma lo sanno, ringrazia che almeno lei ti difende e ti da’ un po’ di ragione, ma se mi capita che non reggo più la scusa, gliela sputa dritta in faccia” anche lei è molto arrabbiata.
“Ah! Non ti crederà mai, specie se glielo dirai in quel modo” continuo io uscendo in veranda dalla cucina.
“Vorresti! Mio fratello sa che io gli dico sempre la verità”
“Peccato che lui si fida ciecamente di ognuno di noi.”
In quel momento sembra quasi che lei stia iniziando a comprendere i miei motivi, ora riprendo a parlarle con delicatezza, magari si convince di più.
“Ti prego, Harriet! Fallo almeno per Maya” la imploro con le lacrime che non vogliono darmi alcuna tregua.
La sento sospirare.
“Va bene, ma non ti prometto niente al 100%, accontentati solamente del 50” sbuffa infine lei.
“Grazie!” sorrido ed addolcisco ancor di più il tono.
“Ma tu promettimi che glielo dirai, almeno fallo per amor suo e di tua figlia.”
Mi irrigidisco di nuovo, deglutendo pesantemente.
Infondo non ha tutti i torti: se non lo faccio io, la verità verrebbe comunque a galla da sola prima o poi.
Calma, Katelyn! Respira profondamente.
Annuisco, anche se lei non può vedermi.
“Va bene, te lo prometto” sorrido.
“Okay Katy, ora ti lascio, perché devo aiutare mamma ad aggiustare a tavola per quando arriverà George, ci sentiamo presto”
“Okay, salutami Toni e Will” mi congedo chiedendole di salutare sua madre e suo fratello maggiore e poi chiudo la chiamata.
Sospiro, buttando la testa all’indietro rilassandomi, notando che mi ero irrigidita per tutto questo tempo, senza neppure che me ne accorgessi.
“Che incubo” penso ad alta voce, ricomponendomi e rientrando in casa.
In tutto ciò, sono riuscita a svegliare la bimba, che piange peggio di una forsennata, e nessuno, chiaramente, se n’è accorto.
Corro su e la trovo in ginocchio sulla culletta, che si tiene alle sbarre ed ha delle lacrime da coccodrillo, e non appena mi vede, smette improvvisamente di piangere ed allunga le braccia verso di me.
“Mamma” dice ancora con il ciuccio in bocca.
“Amore mio! Scusami, ti ho svegliata” le sussurro piano, prendendola in braccio, uscendo dalla stanza ed avviandomi verso la cucina.
Nel passare, incontro un Jaymi appena sveglio che mi guarda dalla testa ai piedi interrogativo.
“Non l’avevate sentita?” dico bloccandomi e diventando seria.
“Scusami, avevo la porta chiusa e non riuscivo a comprendere” si scusa abbassando lo sguardo.
Io sbuffo.
Infondo se sono incazzata con me stessa non posso prendermela con il mondo intero.
“Scusa Jaymi, questa giornata è già cominciata male!” dico cercando di bloccare le lacrime, ma la voce tremante si nota.
“Ehi, ehi! Non fa niente! Che è successo?” mi chiede.
Io scuoto la testa, chiudendo gli occhi e sorridendo tristemente.
“Nulla, non ti preoccupare” lo faccio rilassare semplicemente e poi lo osservo con sguardo rassicurante.
“Okay, se lo dici tu” mi sorride.
“Andiamo a fare colazione?” sorrido asciugando le lacrime che stavano per scappare.
“Mmmm… okay!” afferma Jaymi, dubbioso all’inizio ma sorridendo dopo, ancora confuso.
Mentre scendiamo le scale, parliamo e lui caccia il discorso di George.
“È per George che stai così, vero?” mi chiede, mentre siamo finalmente giunti in cucina.
“Cosa te lo fa pensare?” metto a sedere la bambina sul seggiolino e le do’ un pupazzetto.
“È praticamente da quando abbiamo messo piede in casa tua che non fai altro che piangere o passare notti insonne, non mi fare così stupido” accenna un sorriso, mentre scuote la testa e si accomoda a tavola.
Se c’è una cosa che di Jaymi mi stupisce, è il suo essere incredibilmente maturo ed attento ad ogni cosa.
Non gli sfugge mai nulla.
Lo adoro per questo.
“Si, è per lui” butto giù amara infine.
“Beh, se vuoi la mia, ti dico semplicemente che nulla è perduto e tu puoi benissimo fare un passo indietro insieme a lui e ricominciare d’accapo e dire tutto sulla bambina, e sai cosa intendo per tutto” afferma la sua idea.
“Evidentemente non hai fatto caso che la bambina ci sta ascoltando e che, sfortunatamente per noi, non è stupida” cerco di fargli cambiare discorso mentre preparo la colazione, io penso sinceramente che è, invece, troppo tardi per reagire, ma forse non è proprio così.
Si, c’è sempre una soluzione, basta solo saperla trovare.
“È esattamente per questo che non ho specificato cos’è che dovresti dire a George” aggiunge convinto e tranquillo sull’argomento delicato.
“Senti, Kate! So che per te è difficile e so che non ti va di affrontare questo discorso per la maggior parte delle volte, ma, al contrario di ciò che pensi te, credendo che isolandoti risolvi tutto, sarebbe meglio che tu ti confidassi con qualcuno e non ti chiudessi, appunto, a mo’ di riccio, eh? In ogni caso, noi siamo qui” continua per poi alzarsi ed andare via dalla cucina.
Io lo osservo andare via e poi porto il biberon alla bebè per poi andare a preparare la mia colazione la mia colazione.
Jaymi ha ragione: sono chiusa, chiusa come un riccio!
Devo uscire da qui!
Josh ha sempre fatto di tutto per aiutarmi, ma io non ho concluso mai niente di ciò che lui mi diceva, suggeriva o consigliava di fare, forse per una volta potrei provare ad ascoltarlo, per esempio… partendo da oggi stesso e prendendomi una pausa.

 

Angolo Autrice

Okay ragazze eccomi di nuovo qui c:
si credo che in questi miei ultimi due giorni che me li passo a casa, prima che incominci la scuola, il 12, pubblicherò questo ed il prossimo capitolo.
Finchè non incominciano a caricarci di compiti, potrete pure sperare in una mia comparsa durante la settimana c: lol.
Bene che ne pensate di questo capitolo? jasbdv c: mi lasciate una recensioncina? mi farebbe molto piacere <3 
Okay credo che più in là di così non mi dilungherò.
Ps. cambio carattere di scritta nell'angolo autrice lol, scusate <3


Georgesmonkej_

 

 

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Capitolo 11
*** 10- I'm so sorry... ***


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Gli uomini sono come l'aprile
quando fan la corte
 e come dicembre
quando sono accasati.

 

 10- I’m so sorry…

 

A casa spesso ci si può sentire protetti, e felici, se sotto le calde braccia di qualcuno che ami, altrimenti ci si sente solamente protetti ma tristi, ma comunque in compagnia di amici e sotto una coperta.
Fa strano che a luglio faccia freddo, vero? Ma qui si parla di un luglio inglese, dove tutto è possibile, anche una bufera di neve.
Poi se sei incinta le cose si complicano ancor di più.
“La tua tazza di tè” mi dice Josh porgendomela, mentre io lo osservo e l’afferro con entrambe le mani.
“Grazie” gli sorrido, ma poi torno normale e fredda, come se niente fosse stato.
“George non sa che mi trovo qui, vero?”chiedo preoccupata a Josh, mentre mi riscaldo le mani con la tazza bollente.
Lui sbuffa.
È stanco.
La vita funziona così: un attimo prima ti sorride, ma non appena le volti le spalle, ti pugnala e ci ride sopra.
“Tranquilla” mi sorride dolcemente, accarezzandomi dietro la testa “questo sarà un segreto tra me, te, JJ, Jaymi ed i tuoi genitori.”
Mi da’ un bacio sulla testa.
“Veramente lo sa anche Harriet, la sorella di George, ma possiamo comunque fidarci” gli sorrido io.
Josh non è il mio ragazzo, ma gli voglio comunque un gran bene.
A dir la verità, non sa che la bambina è figlia di George ma un giorno mi toccherà dirglielo.
Ahimè, cerco ancora un buon modo per poterglielo dire.
“Ma alla fine di chi è figlia?” ecco quella domanda.
Mi sento come se fossi stata colta da un fulmine in ciel sereno.
“Ehm….” Inizio ma poi un dolore acuto mi blocca.
Mi tocco sotto la pancia ed inizio a respirare profondamente.
Josh mi guarda e si solleva un po’ su dal divano.
“Qualcosa non va?” sussurra spaventato.
Io lo osservo preoccupata e poi guardo a terra.
“Si sono rotte le acque.”

Tre ore.
Tre ore sola e seduta su una scomoda panchina d’ospedale, ad attendere gli aggiornamenti da parte di qualche medico su Josh.
Sbuffo nuovamente.
Rifletto su quanto la vita sia strana e lunatica.
Un primo momento vuole esserti d’aiuto, dopo, come se nulla fosse stato, ti volta le spalle.
Una lacrima, sarà la millesima in quasi 2 anni, parte rigando tutta la gote destra. 
Io non l’asciugo, la lascio solamente fare il suo corso, perché così deve andare.
Chi sono io per bloccare il destino?
Mi sento minuscola solo a questo pensiero.
Lo sguardo mio è fisso dritto davanti a me, verso una misera macchinetta del caffè, dove vedo un dottore ed un’infermiera prendersi la loro razione di caffè quotidiana.
Sorridono.
Avranno svolto il loro lavoro e lo avranno sicuramente fatto nel meglio.
Ora mi chiedo solamente come fanno, ma ricordo che un tempo lo facevo anch’io e, ripensando a Maya, lo faccio ancora.
Il telefono che suona mi distrae.
JJ.
“JJ?” rispondo portando il telefono all’orecchio.
“Katelyn, dove siete?” mi chiede, sembra allarmato.
“È una lunga storia, vieni in ospedale” spiego mantenendomi calma.
“In ospedale?! Katelyn…” lo interrompo.
“Voi venite e basta!” sbotto ed un’altra lacrima parte.
Segue un minuto di silenzio.
“Okay, arriviamo” dice mettendo una pausa tra una parola e l’altra.
Riattacco il telefono e butto la testa all’indietro, contro il muro, e chiudo gli occhi, tirando un sospiro.
Non mi aspettavo che la giornata avrebbe avuto questo riscontro… negativo!
Volevo, per un giorno, godermi una pausa e non correre dietro sempre hai soliti problemi e pensare, quindi, sempre alle stesse cose.
George, George e sempre e soltanto George.
Perché? La mia mente rimbomba solamente di lui ora.
Se continuo così mi dovranno chiamare uno psicologo.
“Bene…” sento la porta della stanza dove avevano portato Josh aprirsi e vedo, inoltre, un medico uscire.
Di scatto, come un lampo, volto la mia testa e osservo l’uomo che viene verso di me e mi si para davanti.
L’osservo normale, ma, allo stesso tempo, con aria interrogativa.
Sussegue un tempo indeterminato, che a me pare infinito, di silenzio, poi l’uomo decide di sbuffare.
All’improvviso, mi sento con un groppo alla gola, così, mando giù un po’ della mia saliva, riproducendo, in tal modo, anche un suono gutturale assai fastidioso, si direbbe.
“Il ragazzo sta bene, è pure sveglio ed è molto attivo” incomincia a parlare il dottore.
All’improvviso, tutta l’ansia, l’angoscia, il panico e lo strazio, che stavo provando qualche minuto fa, scompare e mi sento più leggera.
Sorrido cacciando un sospiro di sollievo e ringrazio il dottore congedandolo educatamente e poi mi alzo.
Vado verso la stanza di Josh ed entro.
Non so perché ma tutto in quella stanza ora risuonava di ‘Beautiful Life’, il singolo che uscì a fine estate scorsa, il singolo che ho amato, amo ancora, con tutta me stessa.
Nonostante lo ami, però, mi riaffiora momenti tristi di quando ero insieme a George, e spesso mi fa piangere, ma la amo come non mai.
Il fatto che la mia mente risuonasse, come una radio, ‘Beautiful Life’ mentre io mi stavo dirigendo, sorridente e con dei lacrimoni di gioia, verso il letto di Josh, mi rallegra.
La canzone è azzeccata in questo contesto secondo me, o almeno, solamente il titolo lo sarebbe, perché è come se ti volesse spiegare che la vita è bella e che la devi vivere infondo.
Josh è il mio guerriero preferito: non molla mai.
Questo mi piace di lui, non si è mai arreso sin dal momento in cui è nato, sin quando mi ha visto per la prima volta, e ha scorto che in me c’era qualcosa che non andava, fino ad oggi, fino a quando per la prima volta mi ha visto una lacrima e me l’ha asciugata premurosamente, con l’indice destro, e mi ha detto “ehi piccola, ti prego! Non piangere”, fino a quando ha visto la mia bambina venire al mondo, fino a quando ha deciso che doveva prendersi cura di lei come se fosse lui il padre, fino a quando mi ha iniziato a costringere a parlare con George.
Lui è come una fata madrina, un protettore, un angelo custode.
Si, un angelo caduto venuto qui per proteggermi da ogni dove ed aiutarmi per qualsiasi problema.
Eccolo, è lì che mi osserva e sorride.
Mi siedo su una sedia e gli accarezzo la mano.
“Non hai la minima idea di quanto sia contenta che stai bene” sussurro continuando a sorridere, totalmente inebetita.
“Già, ed io sono contento che tu lo sia” sussurra anche lui, solo di debolezza.
“Lo sai a cosa penso?” sorrido con più vigore e lui allarga le sue fossette perfette.
“Non mi dire… ti prego.”
Lui lo sa.
Lo sa, perché la prima volta che mi vide ascoltare il loro singolo, ‘Beautiful Life’, piangevo mista alla gioia e alla tristezza, ma anche alla rabbia.
“Si” rido e annuisco come una demente.
“No, dimmi che davvero non stai pensando a ‘Beautiful Life’ ti prego” sorride e scuote la testa, chiudendo gli occhi.
“Puoi dirlo forte, bro” dico io poggiando la testa accanto alla sua.
“Ehi, ehi, troppa confidenza” scherza lui.
“A te, che sei mio fratello!” scherzo anch’io ridendo.
Ride anche lui.
Non c’è cosa più bella del suo sorriso, mi fa sentire così bene che piangerei di gioia solo per il suo sorriso, che mi regala poche volte.
“Josh! Katelyn! Oddio, è tutto okay!?” si catapultano un JJ ed un Jaymi, con la mi bambina tra le braccia, nella stanza d’ospedale, talmente tanto mi han fatto spaventare, che ha saltato quasi di mezzo metro e la sedia, per quanto vecchia sia, si stava pure per rompere.
“Mamma mia, quasi non cadevo!” annuncio io, osservando la gamba mezza sgangherata della sedia.
“Vogliamo parlare dello spavento che ci avete fatto prendere a noi?” ci rimprovera Jaymi.
“Ehi non è colpa nostra” dice Josh giustificando la faccenda.
“Va beh, tanto abbiamo parlato con i dottori, hanno detto che presto tornerai come nuovo” spiega JJ annuendo e sorridendo.
Io sorrido ancora inebetita e poi mi alzo per andare a prendere mia figlia, che si trova tra le braccia di Jaymi.
“Che hai fatto oggi con lo zio Jaymi?” le sorrido guardandola mentre lei mi stringe il collo in un abbraccio.
“Siamo stati un po’ in giro, nulla di più” racconta lui scrollando le spalle, mentre Josh viene aiutato da JJ a rimettersi in piedi e rivestirsi.
“Ah! JJ, fai piano, per l’amor del cielo!” lo sento alle mie spalle lamentarsi, sicuramente della poca grazia che JJ aveva usato per aiutarlo.
“Molto aggraziato, dunque, JJ” ironizzo io voltando lievemente il capo verso di loro e poi rigirarmi verso Jaymi.
“Comunque George è appena arrivato a Bristol, tra non meno di 5 minuti dovrebbe trovarsi a Clevedon” mi riferisce serio.
Io mi limito semplicemente ad annuire.
Ci raggiungono anche gli altri due e poi usciamo dall’ospedale, non appena i dottori ci congedano.
Mentre andiamo alla macchina sento il mio telefono vibrare, così, lo prendo.
È un messaggio di George.

 Sono appena arrivato a Clevedon! G. x

 Bene!
Inizio a scrivergli un messaggio con un okay e poi schiaccio il tasto invio e rimetto il cellulare in tasca.
In poco tempo arriviamo a casa.
Josh va a stendersi sul divano, perché è stanco ed indebolito, mentre io vado in cucina e vedere di preparare qualcosa di buono per pranzo.
Jaymi sta facendo da babysitter a Maya, mentre JJ si diverte con il suo computer, a cazzeggiare e fare foto con il cellulare, che caricherà sicuramente su Instagram.
Mentre sono intenta a cucinare, avverto che il cellulare, riposto sul tavolo, comincia a vibrare e mi volto ad osservarlo.
Si accende e si spegne, ma a quella distanza non riesco a cogliere il numero o il nome del contatto.
Lo prendo e schiaccio direttamente il tasto verde, notando che era George ad avermi chiamata, osservo un attimo lo schermo con aria confusa ed accigliata e poi porto il display all’orecchio.
“Pronto?”
“Katelyn, mi devi dare delle spiegazioni.”

 

 

Angolo Autrice

Hello cupcakes!
Come va? C: si oggi è il mio ultimo giorno di libertà, prima del grande rientro ewe, per l’appunto ho finito oggi stesso il libro di spagnolo, ecco perché non mi sono potuta dedicare prima alla ff.
Cooomunque… scusate il finale in bellezza con la suspense ma ogni tanto va fatto lol.
Chissà che cosa è successo al nostro George.
Si accettano anche scommesse su cosa parleranno i due ex (e probabilmente futuri) amorosi(?) lol.
Beh… io mi dileguo e magari ricomincio a scrivere un po’ e vado avanti con l’undicesimo capitolo c:.
Okay vorrei avvisarvi che questa FF inizia ad assumere le sembianze di una Long Fiction c:, quindi amatemi perché non terminerà subito lol.
Alla prossima xx

 

amore dolce lui <3

Georgesmonkej_

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Capitolo 12
*** 11- Shall I know something that I don’t know? ***


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Vi è qualche particella di bene anche nelle cose peggiori,
sta agli uomini saperla attentamente estrarre.

 

 

11- Shall I know something that I don’t know?

 

George’s point of view

 

Sono appena arrivato a Clevedon da un paio di minuti e, stanco morto, entro a casa mia, sospirando.
“Ciao mamma, Harriet, Will! Sono venuto a trovarvi” urlo per cercare di farmi sentire.
Sento delle voci bloccarsi e cinque scarsi secondi di silenzio che si susseguono, poi avverto di nuovo rumore: questa deve essere Harriet che si sta precipitando giù per le scale per venirmi ad abbracciare, sin troppo prevedibile.
“Georgey!” mi chiama sorridente e spalancando le braccia per abbracciarmi.
“Ciao sorellina!” la saluto io abbracciandola forte, sorridendo e lasciando cadere il mio borsone a terra.
“Mamma? Will?” le domando quando sciogliamo l’abbraccio.
“Credo siano in cucina.”
Ci dirigiamo entrambi in cucina e, come previsto, sono proprio lì.
Will è seduto a tavola e mi sta sorridendo, mamma si è appena voltata per vedermi.
“Ciao ma’” le sorrido.
“Oh il mio cucciolo è tornato!” mi viene ad abbracciare.
Restiamo così per un paio di minuti poi ci sciogliamo ed io mi vado a sedere, mentre lei ed Harriet si dilettano a continuare a preparare.
“Allora, come mai il figliol prodigo è tornato?” mi domanda Will sorridente, ma si comporta assai stranamente oggi.
Io lascio che la mia schiena si spinga all’indietro, contro lo schienale della sedia e tiro un sospiro.
“Avevo bisogno di riflettere” inizio a dondolarmi con la sedia, mentre gli spiego tutto.
“Sei troppo vago, fratellino, a cosa ti riferisci? A Katelyn?”
Mi blocco e spalanco gli occhi: ha centrato perfettamente il discorso.
“Ehm…”
Esattamente non so se affermare, quindi portare avanti il discorso, oppure tacere e stenderci un velo pietoso.
“Ehm?” continua mio fratello con quel sorriso, che ora che ci penso sembra molto provocatorio e assai sadico.
“Hai intenzione di rovinarmi questo giorno? Vengo qui per cercare di risolvere i problemi e tu me li ripresenti?” mi metto in piedi alzando il volume della voce di qualche tacca.
“Calma, George! Volevo solamente sapere… e comunque, non risolvi un bel nulla sfuggendo a questi problemi” cerca di rilassarmi lui, spegnendo quel fastidioso sorriso e diventando serio.
Osservo mamma e Harriet, che sono una accanto all’altra: si osservano.
Una sbuffa e l’altra abbassa lo sguardo.
Ma che hanno tutti oggi?
Avverto un lieve movimento delle labbra dalla parte di Harriet che vuole accennare ad un “forse è il caso che sappia.”
Ora si che sono realmente confuso!
Mia madre, dal canto suo, mette una mano come segno di cautela su quella di mia sorella, che si stava per voltare dalla mia parte, e scuote la testa e bloccandola.
“Meglio di no! Lascia fare a lei.”
Lei, invece, non sembra badare alla mia presenza, quindi alza il volume della voce leggermente, mantenendosi comunque tra il medio basso.
Io non chiedo spiegazioni, ma quel ‘lei’ non mi piace per niente.
A chi si riferivano?
“Ma deve sapere! È da quasi due anni che la storia va avanti e lui è l’unico a non sapere di questa faccenda” ribatte Harriet più convinta.
“Lo so, tesoro, lo so! Ma meglio tardi che mai” la blocca più fiduciosa e poi si guardano intensamente, finendo entrambe per annuire complici.
La lei di cui parlano non è Katelyn, spero, anche se ho un presentimento che sia proprio sui suoi riguardi.
“Bene!” rompe infine il ghiaccio mia madre tornando a sorridere “come sta Katelyn e sua figlia, Maya?”
Aspetta… come sa che Katelyn ha una figlia? E come fa a sapere che si chiama Maya?
La guardo stralunato, come se mi avesse appena detto che in realtà sono stato adottato.
Poi avverto che mio fratello manda un’occhiataccia tremenda a mia madre, come per dire “hai toccato il tasto sbagliato”.
“Ehm… scusate… credo che andrò un secondo in bagno” mi affretto io ad alzarmi sotto lo sguardo traumatizzato delle due e quello intenerito di mio fratello.
Li sento discutere ma non ho voglia di stare ad origliare la loro conversazione, ma avverto solamente mio fratello esclamare un “George non sapeva che tu sapevi della figlia e che lei era incinta e Katelyn avrebbe preferito che tu non glielo dicessi, né rammentassi.”
Sembra scocciato, evidentemente perché pensa di aver fatto un disastro.
In realtà la mia destinazione non è il bagno, bensì la mia camera da letto.
Mi stendo cinque minuti sul letto riflettendo un attimo su ciò che mia madre sa e su ciò che mio fratello ha appena terminato di affermare.
Poi, ancora più confuso, mi rimetto in piedi ed incomincio a percorrere la stanza.
L’iniziale idea di avvertire un certo legame con Maya inizia a riaffiorare, portandomi a convincere di nuovo che lei mi abbia mentito e che Maya è mia figlia.
Ora mi vagheggia per la mente un ricordo, che potrebbe essere la conferma di quell’idea.
Lei, quando le dissi che sarei andato ad X Factor non era contenta, ed allo stesso tempo doveva dirmi una notizia altrettanto importante.
Okay, basta torturarsi.
Afferro il telefono e, con il cuore in gola, digito il numero freneticamente e lo porto all’orecchio.
Uno squillo, pausa… un altro squillo, pausa…
“Pronto?” risponde lei.

“Katelyn, mi devi dare delle spiegazioni” taglio corto io.

 

Katelyn’s point of view

La sua voce sembrava dura ma allo stesso tempo confusa e avvilita.
“Spiegazioni?” esito io all’inizio “che tipo di spiegazioni?”
Intanto, avverto che il cuore ha preso un certo tipo di battito che non gli appartiene.
“Si, spiegazioni!” si irrigidisce.
“Okay, ma che tipo?” ribadisco io spaventata.
“Innanzitutto vorrei che tu non pensassi che io sia uno petulante e so che questa è la seconda volta che…”
“George! Parla, per l’amor del cielo!” lo interrompo bruscamente.
“Okay” dice lui e poi respira affondo “ti ripeterò questa domanda e pretendo che tu sia sincera con me.”
Tiro un lungo sospiro.
“Okay” annuisco infine, socchiudendo gli occhi.
“Ma forse è il caso di parlarne in faccia, almeno hai il tempo per pensarci su e non voglio stressarti via telefono” afferma poi.
“Va bene” continuo con la mia rigidità e con l’ansia che mi perfora le vene e poi riattacchiamo.
Non ci salutiamo neppure, non ha senso.

 Dopo cinque minuti mi richiama.

 “Maya è mia figlia, non è così?” è serio e pretende una risposta.
“George, i…io…” inizio non trovando la forza.
“Senti, Kate, se è tutta una falsa quella che hai messo in scena per farmela pagare, posso comprenderti solo sino ad un certo punto, ma se solo mi capita di scoprire che lei è sangue del mio sangue e me la stai strappando via, me la prendo e con te chiudo per sempre.”
Comprendo la sua rabbia.
Deve essere brutto sentirsi presi in giro da ben due anni, specie se in ballo c’è una piccola ed innocente bambina.
Guardo Maya con un sguardo dolce e tenero, mentre gioca con Jaymi e Josh e costruisce casette ed omini con le costruzioni colorate della Lego.
Lei è felice e ride spassionatamente.
Non voglio che mi venga portato via quel sorriso, è l’unica cosa che mi rimane per davvero… oltre a Josh, che mi è vicino, ovviamente.
“Allora?” mi riporta lui alla realtà, facendomi capire che sono rimasta zitta per interminabili attimi.
“N…ne riparliamo quando torni” la mia voce trema mentre metto giù il telefono e mi porto una mano davanti alla bocca e Josh se ne accorge.
Il suo sorriso va pian piano svanendo così si alza e viene da me.
Io mi volto, non ho intenzione di affrontare quel discorso, anche se mi farebbe bene.
“Kate..” mi chiama con voce compassionevole e dolce “..ehi” mi mette una mano, quella non fasciata, sul fianco.
“Nulla…” scuoto la testa “… nulla” sorrido anche.
“Nulla viene dal nulla” mi rimprovera lui.
“Cosa ti ha detto?” mi chiede dolcemente.
Io mi volto verso di lui con una faccia traumatizzata e con le lacrime che sfregiavano le mie gote e con degli occhi stanchi ed assorbiti dalle lacrime.
“Credo che abbia capito chi è Maya!”

 

Angolo Autrice

Hello my little cupcakes! :D
Vi sono mancata? Dite la verità! A molte si lo so per certo ;) eheheh e voi? Si mi siete mancate spassionatamente <3
Allora ho deciso di rimettermi all’opera dopo un po’ di tempo, anche se il capitolo è venuto un po’ cortino, ma dettagli.
Purtroppo dovete capirmi: l’estate è terminata da un pezzo e così è cominciata la scuola ed io sono colma e stracolma di compiti (e quando mai? ç_ç).
Come state? C: immagino bene… va beh! Allora che ne pensate di questo nuovo capitolo? Fa un po’ schifo potete dirlo ahahh… se ci sono errori è perché non ho avuto il tempo materiale per rileggerlo molto.
Okay, lasciate qualche bella recensioncina ed io vi garantirò un seguito c:

Hasta luegooo!

 

 

Lily

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Capitolo 13
*** 12-sorry not sorry... ***


                                                                 Image and video hosting by TinyPic



12- Sorry not sorry…

 

20.25 pm.
George sta tornando a Londra ed io non faccio altro che camminare avanti e dietro per il piccolo spazio della cucina, mentre mi mordo le unghie nervosamente.

 

Sto per arrivare, sono appena entrato a Londra.
G. xx

 

Bene.
Passano altri dieci minuti e sento suonare il campanello.
Il cuore fa un tuffo in petto ed io mi blocco e chiudo gli occhi, con i nervi a fior di pelle, ed un’altra lacrima parte.
Dopo questa breve pausa mi dirigo verso la porta per aprire e lo trovo davanti a me.
Non sembra molto contento probabilmente non è contento di rivedere me: non ha tutti i torti, lo so, come biasimarlo, d'altronde?.
Anche io mi faccio schifo per ciò che ho fatto, non sono stata una madre degna.
Certo, avrò protetto mio figlia, ma sono stata sleale e disonesta.
-Allora?- sta aspettando, è impaziente.
È comprensibile il suo comportamento ed io sono maturata in queste ore che sono trascorse dalla sua ultima chiamata.
-Voglio essere sincera con te, nella buona o nella cattiva… sorte- dico facendo una pausa e distogliendo lo sguardo.
Ecco che il mento trema e le lacrime si fanno spazio impetuose.
-Kate…- mi chiama lui, sembra addolcito.
Come fa? Forse un altro non avrebbe mai avuto pietà di queste lacrime da coccodrillo.
Lo guardo.
-Come fai ad esserti addolcito?- domando io.
-Io non so neppure qual è la vera verità, aspetto solo che sia tu a dirmi cos’è vero, perché dovrei essere arrabbiato?- mi dice calmo.
Chiudo gli occhi e abbasso la testa in segno di piena resa e prendo aria a sufficienza per poi risollevare il capo e espirare.
-Ebbene… verità avrai- sorrido mentre un’altra lacrima parte.

 
Camminiamo entrambi in silenzio per le strade di Londra.
Io, a destra, con le mani sepolte in un cappotto bianco e lungo, il capo abbassato, una sciarpa bianca con alcuni motivi floreali ed un cappello nero in testa.
George è alla mia sinistra e aspetta solo me, ma con estrema calma e pazienza.
-Ricordi quando un mese esatto prima che tu decidessi di partire per venire qui e andare a XFactor facemmo… insomma quello che facemmo? - mi fermo io riprendendo aria,  decisa a cominciare e cercando di rammentargli quel fatidico giorno in cui concepimmo Maya.
-Ehm… intendi quando decidemmo di…?- domandò lui, anche lui un po’ scandalizzato.
-Si, quel giorno- rispondo io annuendo con lo sguardo rivolto verso il basso.
-L’abbiamo concepita quel giorno, vero?- mi chiede lui sbuffando.
Annuisco, poiché mi manca la forza per rispondere a parole, mentre l’osservo.
Sta reagendo allo stesso modo di come me l’ero già immaginato.
Butta il capo indietro e sbuffa.

 

-Il bello che mai mi sarei immaginata che sarei rimasta incinta quel giorno, è accaduto tutto così... insomma è stata una sorpresa inspiegabile anche per me- inizio a raccontare sorridendo nervosamente mentre lui mi segue passo per passo: non sembra malintenzionato, come aveva minacciato poche ore fa, dicendomi che me l’avrebbe portata via, anzi sembra calmo e commosso.
-È iniziato tutto quel fatidico giorno in cui mi sentii male a scuola, ricordi?- raccontavo mentre io avevo già chiara l’immagine nella mente.
Il flashback parte mentre io racconto.
Era un giorno normale di novembre, esattamente 6 giorni dopo che io e George lo avevamo fatto.
Ero accasciata dietro all’ultimo banco, mentre i miei compagni della classe di letteratura parlavano del più e del meno.
Uno dei tanti libri di letteratura inglese era aperto sul tavolo, insieme al quaderno.
Continuavo a studiare ma il capogiro non mi faceva capire nulla, quando poi scattò il primo conato di vomito che riesco a sedare subito.
Ad un tratto il capogiro e la nausea si fanno più violenti, quando poi, esasperata, non reggo più e mi accascio sul tavolo senza più capire niente, chiudendo gli occhi.
-Kate!- mi chiamò sorridendo Lilith Collins, una delle mie compagne di classe.
Non rispondevo, né muovevo un singolo arto.
-Kate?- iniziò a scuotermi diventando seria –Owh, Katelyn!-.
-Ragazzi! Oddio, aiuto!- urlò richiamando l’attenzione dei miei compagni di classe, che si avvicinarono lì.
-Katelyn Talia Williams! Sappi che non è per niente divertente, svegliati ora- sbraitò uno dei rappresentanti, convinto che sia uno scherzo, ma sa che sono abbastanza seria.
-Deficiente! È svenuta.. aspettate si sta riprendendo!- dichiarò la Collins appena notò che mi stavo riprendendo.
-Datemi una mano a farla stendere sul banco- esclamò mentre cercava di farmi alzare.
-Ragazzi…- dissi io con le mani alla testa.
-Calma- disse la Collins facendomi stendere sul banco e mandando qualcuno a prendere una bottiglietta d’acqua, dello zucchero ed un bicchiere e a qualcun altro di chiamare un professore o un bidello.
-Ehi, ma sto bene- mento, ma è evidente, perché tremo come una foglia e sono bianca cadavere, con delle sfumature nere sugli occhi.
-Che succede qui?- sentii la voce di una donna, probabilmente Mrs. Henderson, che varcava la soglia della porta per dirigersi verso di me.
-O santo cielo! Bisogna chiamare un’ambulanza qui- esclamò.
Ebbi uno strano presentimento così le presi la mano e gliela strinsi piuttosto forte.
-No, la prego!- la supplicai mentre lei si voltava verso di me confusa.
-Come sarebbe a dire? “No, la prego!”? ma te devi essere matta, ragazza mia!- mi rimproverò ridendo ed aiutando ad alzarmi per uscire fuori.
-La prego, chiami chiunque della mia famiglia, ma non l’ambulanza! La scongiuro- era come se avessi previsto quella ‘sorpresa’.
-E chi chiamo tesoro? Dimmi! Basta che mi dici che c’è qualcuno a casa- mi aiutò a sistemarmi sulla poltrona dell’aula dei professori mentre gli altri insegnanti bisbigliavano e si allarmavano.
-No! l’ospedale, no!- urlai dimenandomi.
La preside, mrs. Henderson, si girò dietro di lei e fermò il professore con il telefono in mano, che stava componendo il numero dell’ospedale, e lo posò giù annuendo.
-Va bene, ora chiamiamo tua madre o a casa-.
In quel momento sperai con tutte le mie forse che lei fosse a casa in quel momento, ma non c’era nessuno.
-A casa non c’è nessuno, Katelyn! Siamo costretti a telefonare l’ambulanza- disse lei tirando giù la cornetta.
-No!! chiamate la signora Shelley, per favore, è mia vicina ed amica intima di mamma! E  quando mi sento male e mamma non c’è lei si prende sempre cura di me, chiamate lei!- supplico.
-La signora Shelley intendi la madre di George e Harriet Shelley?- chiese lei perplessa.
-Si si! Lei!- annuisco mentre tasto la testa con il panno umido che mi aveva posto una professoressa.
Mrs. Henderson indugiò un attimo, poi prese la cornetta e cercò il numero con l’indirizzo di casa Shelley.
-Pronto? Signora Shelley!-
-Salve, chiamo dalla scuola di suo figlio George, la King of Wessex High School!-
-Si, sono Mrs. Henderson-
-No no, non è per suo figlio tranquilla… neanche per Harriet! Si figuri. L’ho chiamata perché la signorina Williams…-
Ad un tratto ebbi modo di sentire come un –CHE E’ SUCCESSO A KATELYN?-.
Lei sapeva benissimo che era una ragazza quasi modello a scuola, quindi le uniche cose che potevano succedere potevano essere solo semplici malori.
-Ecco, si! La giovane oggi ha avuto un malore ed è svenuta e la signorina Collins, tentando di chiamarla, si accorse del suo collasso. Adesso è qui cosciente di tutto, volevamo solo che magari potesse venire per prenderla da scuola! La ragazza ci ha implorato di non chiamare l’ambulanza e la madre a casa non c’era, tanto meno il padre, quindi…-
-Oh, ok! Arrivederci-  posò la cornetta al suo posto.
-Tesoro tranquilla, arriva subito la signora Shelley- mi sorrise tranquillamente accarezzandomi la testa ed io annuii, non tanto convinta veramente.
Passarono esattamente una quindicina minuti e Toni arrivò precipitandosi, tra l’altro estremamente preoccupata, nella sala dei professori.
-Katelyn!- boccheggiò sorpresa e stanca.
-Ciao Toni!- le sorrisi debolmente chiudendo gli occhi e continuandomi a tastare la testa.
-Oh santo… tesoro mio, sei bianca da morire e che occhiaie! Che ti senti, tesoro?- mi chiese sedendosi accanto a me e prendendomi la mano, mentre io gliela strinsi.
-Nausea, conati di vomito e sento di collassare a momenti e anche giramenti di testa- le racconto debolmente.
-Va bene, ora andiamo a casa tesoro su- disse lei sollevandomi dal divanetto e lasciandomi accompagnare fuori di là.
Mi portò fuori e mi fece prendere posto nel sedile anteriore mentre caricava lo zaino nel portabagagli per poi mettersi in macchina alla postazione del volante e poi azionare l’automobile e dirigersi a casa.
-Allora, mo che arriviamo a casa ti stendi e ti riposi. Comunque io dovrei necessariamente…- la interruppi, sapevo cosa voleva dire.
-Non mi porterete in ospedale, Toni! Né ora né mai. Io sto bene, solo che sta mattina non ho mangiato molto e ieri sera avevo un mal di pancia abbastanza forte, tranquilla, passerà- la rassicurai, sicura di quello che dicevo.
-E se si trattasse di glicemia?- mi domandò lei.
-Allora, se così fosse, i rimedi sono il farmi mangiare- dissi seria slacciandomi le cinture e scendendo dalla macchina velocemente ma, date le poche forze, ebbi l’ennesimo capogiro che mi spinse a chiudere gli occhi e poggiare le mani in testa per poi ricadere seduta sul sedile.
-Kate!- si allarmò Toni.
-Sto bene, davvero, grazie mille- ripeto scendendo dalla macchina.
-D’accordo, va bene- disse lei.
Mi accompagnò dentro casa e mi portò in camera di George e mi fece stendere sul suo letto e mi coprì con una coperta di lana.
-Ti preparo una tazza di brodo vegetale e te lo porto subito, okay?- mi disse dolcemente accarezzandomi la testa ed io le annuii sorridendo dolcemente.
Lei si alzò dal letto ed uscì dalla stanza lasciandomi sola, così chiusi un po’ gli occhi e presi sonno.
Un paio d’ore dopo furono delle voci a svegliarmi, erano George e Harriet che tornavano dal college.
-Ma’! siamo a casa- sento George salutare la madre e poi dirigersi verso le scale per venire qui.
La sua voce, a sentirla sorrido.
-Ehi George, vedi che in camera tua c’è Kate che non sta molto bene e sta riposando quindi…- viene interrotta.
-Katelyn? Cosa le è successo? Kate!- mi chiamò correndo in camera e spalancando la porta e osservandomi con aria preoccupata.
L’urto della porta contro il muro fu talmente violento che mi fece tornare l’emicrania più forte che mai.
-Amore, per favore, fai piano!- sorrido ma sofferente.
-Oh scusa, che hai fatto cucciola?- mi domanda in un sussurro, precipitandosi vicino al letto mettendosi ad accarezzarmi la testa.
-Non ne ho idea: questa mattina non avevo molta fame e non ho mangiato molto e ieri avevo mal di stomaco, ma… non è niente sto bene! Domani starò meglio tranquillo- lo rassicuro sorridendo.
-Ma che se sei bianca cadavere e hai due occhiaie che si vedono a distanza di anni luce, come fai a dire che stai bene?- ironizzò lui.
-Sto bene, George, fidati di me- lo guardo convinta e sorridente.

 

 

To be continued…



 

Angolo Autrice

Hey Cupcakes! :D
How ya doing? Okay dopo questa mia ‘favolosa’ performance di inglese vi dirò…
I’m back! Lalalalaaaa
Allora premettiamo una cosa: il cambiamento di carattere è perché questa è una fase di fondamentale importanza, da quanto avrete capito, Kate ha vuotato il sacco, sì, ed ora sta raccontando tutto ;).
Questo che scriverò ora è il flashback di tutto ciò che le è successo fino a quando non ha scoperto di essere incinta poi vedrete.
Come la prenderà o cosa farà in fine George quando lei finirà di raccontare la storia? Lo scoprirete nella prossima puntata ;).
Okay, detto questo… vi sono mancata? Voi si molto! Poi sapere che c’è sempre qualcuno che ama leggere le mie storie mi da’ un motivo in più per continuare la storia <3.
Alla prossima xx

 

Lily

 

 

 

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