Il Tridente Rubato

di tl_eisenmann
(/viewuser.php?uid=212089)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Il dio quella mattina aprì gli occhi e si mise a sedere sul comodo letto di alghe intrecciate e, dopo essersi stiracchiato per bene, si alzò e si ritrovò a fissare la sua immagine riflessa in un elegante specchio di corallo: i capelli scompigliati sembravano in disaccordo con la barba nera ben curata, invece il tutto, condito con un fisico atletico da far invidia a Brad Pitt, faceva di Poseidone il vincitore dell’anno del concorso “I più fighi d’Olimpo”.
Ripensando a quando aveva ricevuto il premio da quella gnoccona di Afrodite, il dio si fece sfuggire un sorrisetto compiaciuto, dopodiché si infilò il suo paio preferito di bermuda, una camicia hawaiana e ovviamente le immancabili infradito, e si diresse verso la sala reale.
Qui, una volta sedutosi sull’imponente trono di corallo, fece per stringere con la mano il tridente quando afferrò il nulla: nessun tridente.
Nessun tridente? Nessun tridenteeeeee!
Fuori di sé, balzò giù dal trono e si mise a correre per tutte le stanze del palazzo, imprecando in greco antico e maledicendosi per avere una dimora così schifosamente enorme.
Ma essendo pur sempre un dio, in pochi minuti aveva già controllato tutte le stanze, senza però aver trovato ciò che cercava; così, in un attimo, la terra tremò, onde anomale si alzarono quando… Poseidone si ricordò che due giorni prima (dopo secoli l’alzheimer si fa sentire ogni tanto…) aveva dato il tridente al suo figlio ciclope preferito, Tyson, affinché glielo rimettesse apposto dopo che in un’accesa discussione nell’ultimo concilio degli dei l’aveva storto vistosamente fracassandolo in testa a quell’idiota di Ares.

Così si precipitò alla fucina dei ciclopi, dove scorse subito Tyson intento ad addentare una fetta di pane col burro d’arachidi grande quanto una tavola da surf.
Quando il giovane ciclope vide suo padre balzò in piedi felice, urlando “Poppodoneee!” e corse ad abbracciarlo, stritolandolo e alzandolo da terra.
Dopo aver risposto al saluto della sua adorabile creaturina con due pacche sulla schiena, Poseidone chiese a Tyson se avesse finito di aggiustare quello che era il simbolo del suo potere sui sette mari: - Il forchettone? - domandò il giovane ciclope sfoggiando l’intelligenza tipica della sua razza, - Sì sì finito ieri pomeriggio! - rispose felice, continuando a fissare il padre con un sorriso idiota da fare invidia ad Ares.
- Allora? Potrei riaverlo per cortesia? - chiese infine il dio, mentre la vena sulla fronte già gli pulsava per il nervoso.
Finalmente Tyson capì di doversi dare una mossa e si mise a frugare tra le cianfrusaglie ammucchiate vicino al muro: continuò a scavare per una buona ventina di minuti e a gettare via ferraglia di ogni genere, elmi, spade, mazze, armature… ma del tridente neanche l’ombra.
Finita la ricerca, il ciclope non aveva coraggio di girarsi a guardare l’espressione del padre, ma infine fu costretto a farlo: Poseidone se ne stava lì, vicino al tavolo da lavoro, ed era perfettamente immobile, fatta eccezione per l’occhio destro che era violentemente scosso da tic nervosi; il suo sguardo assassino-disperato-incredulo-pallealtamentegirate era rivolto dritto dritto verso Tyson.
- Dov’è? - chiese in tono calmo, troppo calmo, il dio; dallo sguardo sconvolto e terrorizzato del figlio, Poseidone capì subito che il giovane ciclope non ne aveva la minima idea: il suo tridente era stato rubato.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Era una giornata tranquilla al campo mezzosangue: Grover correva dietro alle figlie di Afrodite, i fratelli Stoll rubavano le armi dalla casa di Ares, mentre Clarisse sfogava la rabbia distruggendo con la sua lancia elettrica i manichini per gli addestramenti corpo a corpo. Annabeth, invece, da quando aveva ricevuto l’incarico dagli dei di ricostruire l’Olimpo dopo la battaglia finale contro Crono, passava tutto il giorno a studiare piantine, disegnare progetti, pensare… Perciò Percy se ne stava da solo sul molo a guardare le Nereidi che lo salutavano da sotto la superficie dell’acqua. Il giovane semidio si stava per addormentare, la sua mano pendeva giù dal molo, fino a sfiorare l’acqua, quando a un tratto si sentì strattonare violentemente verso il basso, cadde in acqua e, mentre veniva tirato sempre più in profondità da una forza misteriosa, perse conoscenza.

Quando Percy si risvegliò, qualcuno lo stava scuotendo violentemente, e quando riuscì finalmente a mettere a fuoco la figura di fronte a lui…
- Papà? Ma che succede? L’Olimpo è di nuovo sotto attacco? Si è risvegliato Tifone? Si è risvegliato Crono?

- No Percy, non ti devi più preoccupare di quelle cosucce da niente, questo è moooolto peggio!

Dopo queste parole, a Percy venne mezzo infarto e sarebbe svenuto un’altra volta se Poseidone non lo avesse prontamente preso al volo e rimesso in piedi; dopo qualche minuto, ancora sconvolto, Percy riuscì finalmente a trovare il coraggio di chiedere a suo padre quale fosse questa disgrazia così grande, e la risposta fu -Mi hanno rubato il tridenteeeee!

- … e la Terra sta per essere distrutta? - domandò Percy.

- Peggio, peggio! Qualcuno vuole spodestarmi! Qualcuno vuole mandarmi per sempre nell’oscurità del Tartaro! Qualcuno vuole… beh insomma dobbiamo andare a cercare il mio preziosissimo tridente!

Percy non aveva mai visto suo padre così preoccupato, e se in un primo momento lo avrebbe gettato lui stesso nel Tartaro per lo spavento che gli aveva fatto prendere, adesso iniziava a capire l’agitazione di Poseidone. Doveva aiutare suo padre e, ad ogni modo, pensò, gli avrebbe fatto piacere passare un po’ di tempo insieme a lui; fu così che Percy e Poseidone cominciarono la ricerca.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
Chi potrebbe mai essere il primo indiziato per un furto? Ovviamente Ermes, il dio dei ladri.
Così Percy, dopo essere stato trasformato in vapore e trascinato da una lieve brezza marina, si ritrovò a New York, ai piedi di un grattacielo altissimo.
– Siamo arrivati a casa di quel ladro di mio nipote – disse Poseidone, e si avviò verso l’entrata.
Una volta entrati nell’ascensore, Poseidone schiacciò il pulsante dell’allarme. - Ma che…? – fece solo in tempo a dire Percy, prima che l’ascensore si muovesse alla velocità della luce dapprima verso l’alto, poi a destra, poi a sinistra e poi ancora su e su. Il giovane semidio pensò di essere finito sulle montagne russe del luna park degli dei, e la cosa peggiore era che prima di partire aveva mangiato con Grover quintali di enchiladas…
Per fortuna, proprio quando iniziava a sentirne il gusto in bocca, l’ascensore si fermò e le porte si aprirono con un “ding”.
“Ovvio, tutto normale” pensò ironico Percy.
La porta dava su un’enorme stanza piena di macchinari per smistare la posta dove creature volanti non ben identificate si muovevano indaffarate di qua e di là.
Quando si accorsero dell’arrivo di Poseidone si fermarono tutti e si inchinarono rispettosamente.
Percy si disse che avrebbe fatto lo stesso se avesse visto arrivare il dio dei mari con quello sguardo assassino, che faceva presagire una violenta tempesta in arrivo.
- Dov’è Ermes?! – chiese in tono irritato, molto irritato, Poseidone.
Dopo alcuni interminabili secondi di silenzio, una specie di maiale con le ali riuscì a biascicare che il loro datore di lavoro si trovava nel suo appartamento all’ultimo piano dell’edificio.
Dopo essersi precipitati nel luogo indicato, Poseidone fece esplodere la porta dell’appartamento con un movimento rapido della mano, sotto lo sguardo incredulo di Percy.
Entrarono quindi nell’appartamento del dio dei ladri: era un enorme salone di marmo bianco molto elegante, con la postazione cinema da una parte e un moderno soggiorno supertecnologico dall’altra.
“Alla faccia dell’appartamento…” pensò Percy.
- Ermes! Dove ti sei nascosto maledetto ladro?!
E detto questo, Poseidone passò in rassegna tutte le stanze: mentre Percy cercava il tridente spostando delicatamente tutti gli oggetti che trovava e preoccupandosi poi di rimetterli esattamente al loro posto, suo padre usava il metodo “prendi, getta in aria e spacca”, che si usava molto a Sparta a suo dire…
Percy decise che era meglio non fare troppe domande.
Infine, dopo aver distrutto letti, armadi, divani, aver prosciugato la piscina, aver svuotato la cucina e aver aperto tutte le scatole delle scarpe volanti di Ermes (cosicché ora la casa era anche infestata da centinaia di scarpe volanti impazzite), mancava da controllare solo il bagno.
Poseidone aprì la porta e…
- A-P-P-L-A-U-S-E Make it real loud Put your hands up, make em touch, touch A-P-P-L-A-U-S-E Make it real loud Put your hands up, make em touch, touch…
Ermes aveva finito da poco di farsi la doccia e ora era lì davanti allo specchio a cantare “Applause” di Lady Gaga (?!) con l’I-pod a tutto volume e in accappatoio, mentre si pettinava.
Ebbene sì, a intervalli regolari usava anche la spazzola come microfono…
Dopo un minuto di shock, Poseidone ritornò in sé e strappò violentemente le cuffiette dalle orecchie di Ermes.
-Aaaaaah aiuto dei ladri! – urlò quest’ultimo, preso alla sprovvista.
- IO ladro?! Qui l’unico ladro sei TU! Restituiscimi subito il tridente! – rispose il dio del mare, sempre con le maniere carine tipiche di Sparta…
- Ma ce l’avrai tu il tuo tridente! Io è dall’ultimo concilio che non lo vedo! – rispose impettito Ermes.
- Abbiamo preso il pesce sbagliato – riuscì finalmente a borbottare Percy, che doveva ancora riprendersi completamente dallo shock della scena precedente.
Dopo essere stato messo al corrente dei fatti, la frase più intelligente che Ermes riuscì a dire per confortare Poseidone fu – Se vuoi ti presto il mio I-pod di ultima generazione, con questa nuovissssima playlist che mi ha caricato Apollo! Spacca di brutto!
Ovviamente, questa affermazione fu il colpo di grazia per il dio del mare, che crollò a sedere sul water, sconsolato per l’evidente buco nell’acqua.
Percy si sentiva inutile: insomma, l’unica volta nella quale solo lui avrebbe potuto aiutare suo padre… non aveva proprio la minima idea di che fare.
- Ci hai portato dei ratti? – sussurrò qualcuno alle sue spalle.
Dallo spavento, il povero semidio scivolò su una saponetta (rosa) che si trovava sul pavimento e che prima non aveva notato.
Per non cadere si aggrappò a qualcosa che sporgeva dalla tasca della giacca appesa di Ermes, che però non lo sostenne: si ritrovò così per terra, con le gambe per aria, le mutande del dio in testa e con in mano…
- George! Martha!
- Ciao Percy, che piacere vederti! Allora questi ratti?
- Ehm… Scusate ragazzi ma niente ratti, ho un grande problema: il tridente di mio padre è stato rubato e non sappiamo più dove cercare.
- Il tridente rubato?! Beh, chi può essere stato se non Ares? – disse Martha.
- Ares? Cosa c’entra? E’ stupido, subdolo, doppiogiochista, mi odia e quello che più desidera è uccidermi… ma perché dovrebbe rubare il tridente? – chiese Percy.
- Per far scoppiare una guerra tra dei? - suggerì George.
Intanto Poseidone ed Ermes si erano ormai ridotti ad ascoltare Miley Cyrus con una cuffietta a ciascuno, quindi non avevano seguito il discorso fra Percy e il caduceo.
Finalmente per il semidio era arrivato il momento di agire: - Hey papà, che ne dici se continuiamo il giro dei parenti e facciamo una visitina ad Ares?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
Ermes aveva chiesto a Poseidone e Percy se prima di andarsene volessero qualcosa da bere, ma poi era entrata in bagno una scarpa volante, che era finita dritta dritta in testa al dio dei ladri, il quale aveva solo fatto in tempo a dire – E questa da dove arriva?... – prima che Poseidone, tagliando corto, lo ringraziasse e se ne andasse, raccogliendo al volo Percy.
Così il semidio si devaporalizzò per la seconda volta e si ritrovò in un posto completamente diverso da quello precedente: c’era una grande casa dalle forme semplici, di legno massiccio e fredda pietra.
Percy si rese conto di non essere più a New York, ma in una foresta dalla vegetazione selvaggia.
- Eccoci arrivati in Tracia, la dimora preferita di Ares da secoli – affermò Poseidone, forse avendo notato l’aria smarrita del figlio.
Giunti sulla soglia della dimora del dio della guerra, Poseidone afferrò il batocchio a forma di testa di cinghiale e batté tre forti colpi sulla porta, che si aprì da sola con un cigolio inquietante.
Percy entrò dopo suo padre e, appena superò la soglia con il secondo piede, la porta si richiuse di scatto dietro di lui, creando una corrente d’aria molto forte, che mandò il giovane semidio contro Poseidone, il quale a sua volta, preso alla sprovvista, cadde a terra di bocca.
- Agh… che dolore – disse Poseidone, con il mento sulla pietra del pavimento e con Percy in groppa.
- Per Poseidone! Ehm… scusa scusa papà, non volevo venirti addosso ma la porta si è chiusa da sola e… - stava cercando di spiegare Percy, quando ad un tratto riecheggiò un sonoro “criiiic” nel corridoio buio in cui si trovavano.
- Oh no… Dimenticavo…
- … cosa dimenticavi?
- La passione di Ares per le trappole!
Infatti, appena finita la frase, padre e figlio volsero lo sguardo davanti a loro, da dove era provenuto il rumore, e videro un enorme masso rotondo rotolare verso di loro.
Poseidone puntò a terra i palmi delle mani per alzarsi, ma mise la mano destra proprio sopra una pietra che, una volta premuta, fece aprire improvvisamente una botola sotto i due malcapitati, i quali iniziarono una ripida discesa per una fitta rete di tunnel sotterranei, finché “bum bum toc!”: i due atterrarono dopo due rimbalzi.
- Ahia!... Però l’atterraggio è stato più morbido del previsto! – esclamò Percy sorpreso.
- … questo perché sei atterrato ancora sopra il mio corpo divino! Agh che dolore! Vedo i cavallucci marini verdi!... Ma siamo scesi fino al Tartaro?!
In un primo momento anche Percy pensò la stessa cosa, trovandosi immerso nella più completa oscurità; ma poi, quando i suoi occhi si abituarono al buio, riuscì a mettere a fuoco l’ambiente in cui si trovava. Sembrava una vecchia cantina polverosa e molto ampia; c’erano armi di tutti i tipi e di tutte le epoche accatastate ovunque.
C’era anche un odore acre nell’aria, sembrava quasi… sangue?
Beh, si trovava pur sempre in casa del dio della guerra e chissà quelle armi che cosa avevano visto!
Percy decise che fosse meglio non pensarci, anche perché cominciava ad avere un forte senso di nausea.
Il semidio fu scosso da questi pensieri quando un elmo di bronzo gli volò dritto in testa.
Soffocò un grido di dolore. Era stata ovviamente colpa di Poseidone e della sua tecnica spartana “prendi, getta in aria e spacca”: infatti il dio si era già messo a frugare fra tutte le armi, alla ricerca del suo tridente.
- Mmm, bene bene: a quanto pare questa volta ho preso un pesce grosso e un pesce-pivello!
Percy non potè trattenere un brivido gelido che gli corse lungo tutta la schiena, all’udire alle sue spalle quella voce gelida e crudele, purtroppo familiare.
- Ares! Poteva capitarmi un nipote più idiota?! Razza di scorfano, squalo che non sei altro…
Ares, che sembrava solo divertito dalle “offese” di Poseidone, scoppiò in una fragorosa risata.
Effettivamente, però, non aveva tutti i torti: infatti il dio del mare lo stava minacciando con un manico di pugnale (sì, senza lama, ma Poseidone era l’unico a non essersene accorto…), poi aveva in testa un cappello dei Michigan State Spartans ed era pronto a difendersi con un piccolo scudo di legno con su scritto “Buona festa del papà, Clarisse”.
“Ok prendere le prime cose che capitano, ma si poteva sicuramente fare meglio di così…” pensò Percy, imbarazzato.
Poi pensò di attaccare Ares con la sua spada Vortice, ma decise che correre a caso contro il dio della guerra nel suo scantinato pieno d’armi non sarebbe stata l’idea del secolo.
- Posso sapere a cosa devo questa visita? Per caso sei finalmente venuto a offrirmi tuo figlio in sacrificio, vecchio zio-alga marina?
- Simpatico come sempre Ares… Restituisci il tridente a mio padre! – urlò tutto d’un fiato Percy.
Ma Ares reagì a quella che voleva essere una minaccia, ridendo ancora più forte.
- Piantala di grugnire e parla, stupido cinghiale senza cervello! – tuonò infine Poseidone.
- Dov’è il mio tridente?! L’hai dato a Crono?! O magari sei lo scagnozzo di qualcun altro stavolta…
- Ah piantala vecchio paranoico! Anche se non mi dispiacerebbe rubarti il tridente dopo che me lo hai fracassato in testa all’ultimo concilio, non sono stato io a prenderlo! E sai benissimo che fra dei non ci si può rubare i poteri!
- Beh, è chiaro che avrai dato l’incarico al Luke della situazione!
- E perché avrei dovuto farlo?
- …giusto, perché avrebbe dovuto farlo? – disse Poseidone, ormai in evidente confusione.
- Per far scoppiare una guerra fra dei! – intervenne Percy.
- Sì ecco, per far scoppiare una guerra fra dei! – ripeté Poseidone.
- Ma figurati! In questo periodo ho di meglio da fare! Sto pensando a come migliorare le trappole in casa, a come distrarre lo Zoppo per il mio prossimo appuntamento con quella figa di Afrodite, a che altra impresa far assegnare a Clarisse, a quanto esplosivo mettere sotto il trono di quell’ubriacone di Dioniso al prossimo concilio, a come farmi aumentare la paghetta settimanale da papà… vedi? Ho tanti di quei bei progetti! Non perdo più tempo tentando di far scoppiare una guerra in famiglia… per ora.
- Sei stato tu, devi essere stato tu! – esclamò Percy.
- Io, pivello? – questa volta la risata di Ares era più cupa, simile a un latrato.
Percy vide che il dio lo stava fissando dritto negli occhi e, sotto quegli occhiali da sole a mascherina, sapeva che due orbite vuote lo stavano trafiggendo con odio.
- Ehi pivello, ricordati che io sono il TUO vero nemico, non di tuo padre. Guardati le spalle in futuro.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“Puff”. Percy e Poseidone erano tornati alle fucine sottomarine dei ciclopi… a mani vuote.
Il dio del mare era sconvolto, riusciva solo a boccheggiare come un pesce, e Percy era un misto di delusione, inquietudine e rabbia. Delusione per non essere riuscito a trovare il tridente. Inquietudine per la minaccia ricevuta da Ares. Rabbia per non avere aiutato suo padre.
Oppresso da questi sentimenti, il semidio tirò un pugno sul tavolo da lavoro vicino, ma l’aria del movimento fece volare un biglietto, sudicio di olio da motori, che Percy prese prontamente al volo; in una scrittura storta e bitorzoluta campeggiavano le parole “Ho preso io il tridente perché sono l’unico che può aggiustarlo come si deve. Efesto”.
- … papà!
- Mmm… mare… guerra… sangue… vendetta… ladro… ma chi?… tridente… -
Ok, ormai Poseidone era proprio catatonico. Allora Percy prese il sudicio biglietto e lo spiaccicò davanti al naso di suo padre, che per la felicità stritolò fra le braccia il figlio e lo alzò da terra mentre piroettava per la fucina (ovviamente calciando elmi, pestando scudi e fracassando qualunque altra cosa capitasse in mezzo). Finito il momento di euforia, Poseidone guardò Percy, si rese conto della situazione imbarazzante e lo rimise a terra.
- Ehm ehm… bravo figliolo! – disse dando una bella pacca sulla spalla a Percy, mentre cercava di ridarsi un contegno.
- E ora andiamo da quell’asociale di mio nipote!
“Puff”. Ora si trovavano in una fucina ancora più grande di quella dove lavorava Tyson. In questa infatti c’erano molti ciclopi e altrettanti robot che lavoravano incessantemente. Una figura attirò lo sguardo di Percy: un uomo massiccio dava le spalle ai due nuovi arrivati e batteva con violenza il martello sull’incudine, lavorando qualcosa con tre punte...
- EFESTO! PER LA BARBA DI CRONO, DAMMI IL TRIDENTE!– tuonò Poseidone.
- Sì sì, Altri due colpi e ho finito – rispose scorbuticamente il dio del fuoco.
“Ting”, “ting”. – Ecco fatto: il ciclope aveva fatto un lavoro egregio ma non era ancora perfetto - disse infine Efesto, e lanciò il tridente nelle mani di Poseidone, che lo prese al volo.
L’intera fucina venne scossa da una scarica elettrica potentissima, scaturita dal tridente e dal dio del mare.
- Ooooh! Adesso sì che si ragiona! Sono tornato in piena forma!
Poseidone era come un bambino la mattina di Natale: aveva un sorriso compiaciuto stampato sul viso e continuava a rigirarsi tra le mani il tridente, quasi come non credesse di averlo davvero ritrovato. Poi lo soppesò attentamente e lo guardò da tutte le visuali, finché esclamò:
- Ah vecchio mio! Un altro lavoro perfetto, come sempre! Però… PERCHE’ NON HAI LASCIATO SUBITO UN BIGLIETTO PER DIRMI CHE AVEVI TU IL MIO TRIDENTE?!
“Ecco mi sembrava strano…” pensò Percy.
- Guarda che io ho lasciato subito il biglietto – ribatté Efesto.
Solo allora Percy guardò con attenzione il biglietto che stringeva ancora in mano: nell’eccitazione del momento, prima non si era accorto che, oltre alle macchie di olio, c’era anche qualcos’altro… Delle macchie di burro d’arachidi e il chiaro segno lasciato da un morso.
Quando il giovane semidio alzò nuovamente lo sguardo, si accorse che anche suo padre aveva avuto il suo stesso pensiero.
-… Tyson! – esclamò Poseidone.
 
 
-Maialino! Maialino! Buono maialino!- stava dicendo Tyson, mentre era ipnotizzato davanti alla televisione a guardare Peppa Pig nella stanza dove andava a riposare dopo il lavoro.
Poi il ciclope guardò lo spuntino che teneva in mano e, forse riflettendo su quello che aveva appena detto, esclamò infine: -Ma burro d’arachidi MOLTO PIU’ BUONO di maialino!- e addentò soddisfatto il panino.
 
Ci mancò un pelo che Tyson venisse ucciso dalla sua merenda, dato che gli andò per traverso il boccone che aveva appena messo in bocca, perché tutto d’un tratto una mano dalla presa poderosa prese il suo collo da dietro la poltrona dov’era seduto.
 
-Papà lascialo dai! Non esagerare…- stava dicendo Percy a Poseidone, che teneva ancora in una mano il biglietto e nell’altra… il collo di Tyson!
Dopo alcuni istanti il dio mollò finalmente la presa e il ciclope cadde a terra tossendo.
 
-Perché papà uccide Tyson?
-Ti dice niente questo?- chiese Poseidone sventolandogli davanti agli occhi il biglietto di Efesto.
-Cattiva carta igienica! E’ entrata nel panino! Neanche buon sapore, bleah!... Ma perché papà strozza Tyson e non foglio che stamattina stava per strozzare Tyson?
Tyson si stava quasi per mettere a piangere.
-PERCHE’…- iniziò rabbioso Poseidone, ma non finì la frase perché si era accorto dell’umore di Tyson.
A Percy sembrò il momento giusto per intervenire: -Sai Tyson… è stata una giornata lunga e papà è molto stanco e stressato, ma non intendeva farti del male perché lui sa’, come me, che sei il ciclope più buono del mondo e che se mai fai qualcosa che non va non lo fai assolutamente apposta, ma in completa buona fede.-
Appena Percy ebbe concluso la frase, Tyson gli si gettò addosso abbracciandolo mentre piangeva come una fontana e farfugliava cose come “Percy vuole bene a Tyson”, “Percy è il fratello migliore”, “allora papà vuole bene a Tyson”.
Poseidone guardava compiaciuto i due figli e pensava. Percy era destinato a grandi cose non solo perché era suo figlio, ma anche perché era speciale di suo. “Sono orgoglioso di te, Percy. Grazie.”
In qualche modo sembrò che il giovane semidio avesse sentito i suoi pensieri, perché proprio in quel momento si voltò verso di lui e gli sorrise.
-Hey ragazzi, che ne dite di andare a mangiare una pizza alla alghe?- propose sorridendo Poseidone.
-Sìììì pizza con alghe e burro d’arachidi!- urlò subito Tyson.
“La pizza con le alghe non m’ispira proprio ma vengo volentieri” pensò Percy.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2109331