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Dopo circa un’ora di viaggio cominciarono a comparire i
primi alberi verdeggianti che anticipavano di un paio di chilometri il cartello
di benvenuto diForks. Forks……. sarebbe diventata la mia
nuova abitazione…..ancora per una volta. Trasferirmi non mi dispiaceva, non
avevo mai avuto il tempo necessario per affezionarmi a
un edificio tanto da chiamarlo “casa”. Infatti il
lavoro di mio padre aveva obbligato me e la mia famiglia a cambiare continuamente
città. Los Angeles, Miami, San Francisco, New Port……..non mi ricordavo nemmeno in quante città avevamo vissuto.
Questa situazione aveva impedito sia a me che
a mia sorella di avere degli amici e ciò ci aveva indotte a considerare i
nostri genitori persone importantissime e indispensabili da cui ricevere quell’amore che non potevamo ottenere da nessun altro.
Questa volta però sarebbe stato tutto diverso. Il trasferimento
a Forks sarebbe stato più duro di quanto si potesse
immaginare per tutte e tre. La famiglia McAnderson
non sarebbe più stata come prima, dal momento che uno
dei suoi quattro membri era scomparso, mio padre, a causa di un incidente
d’auto. Questo aveva indotto mia madre, una delle più note e importanti
stiliste nel suo campo, a trasferirci ancora, ma questa volta per lasciare
tutto alle spalle e per cercare di dimenticare.
“Wow Forks! Non credete che sia un
posto stupendo? Con tutto questo verde! Lo sapete che a Forks
si registra la più alta percentuale annuale di pioggia di tutta l’America? Il
cielo sarà coperto per la maggior parte del giorno e questo elimina
il tuo problema, Natasha!”
Il mio problema…… l’aveva usato come scusa per il
trasferimento. Sapeva che anche se ero albina il sole non mi aveva mai dato
problemi, né a Miami né a NewPort.
Dalla morte di mio padre, LucasMcAnderson,
LilianMcAnderson, seduta
alla mia sinistra, era diventata un’altra persona. Era stata lei che alla morte
di papà aveva sostenuto me e mia sorella; ci continuava a ripetere che tutto si
sarebbe sistemato. Non aveva mai pianto davanti a noi, neanche al funerale, a Sancisville, il paese dove mio padre era nato e dove ci era sembrato più giusto sotterrarlo. Mia madre era una
donna forte, lo era sempre stata e aveva sempre cercato di dimostrarlo a tutti.
Anche questa volta aveva cercato di farlo, ma non c’era
riuscita, non con tutti almeno. Non era difficile sentirla piangere fino a
notte inoltrata, mentre anch’io piangevo.
Non smetteva di sorridere, era sempre stato nella sua
personalità, ma era un sorriso spento, vuoto, forzato. La sua vitalità e voglia
di vivere erano scomparse e chissà se sarebbero mai tornate…..
Avevo avuto sempre un’intesa particolare con mamma, quella
stessa intesa che mi aveva permesso di capire i suoi
stati d’animo.
“Là dietro tutto bene, Kathy?”
Mia sorella, Katherine, sbuffò. Di
certo, tra noi tre, quella che più era stata sconvolta dalla morte di papà era lei. Aveva un rapporto speciale con lui, un rapporto che neanche io avevo. Dalla morte di papà, una
settimana fa, non aveva più parlato. Eravamo sempre state legate io e lei,
sempre, e vederla in questo stato mi faceva stare ancora più male.
Mia madre la guardò con uno sguardo preoccupato, lo stesso
con cui da una settimana si rivolgeva a lei, e ritornò a guardare la strada. In
un’altra situazione avrebbe detto una delle sue solite ma efficaci battute e
tutte tre avremmo cominciato a ridere come delle pazze;
ma non questa volta. La sua sicurezza e la sua forza
di volontà erano volate via come la rondine lascia il suo nido per sfuggire all’inverno.
Senza dire una parola appoggiai la testa sul finestrino
freddo e chiusi gli occhi, aspettando l’arrivo alla nostra nuova abitazione
dove, ne ero sicura, ci sarei rimasta per molto, molto
tempo. Decisi quindi che era arrivato il momento di chiamare
“casa” il luogo dove avrei vissuto qui, a Forks.
Casa..... non suonava male……..mi ci sarei abituata.
“Edeccoci
qua!” Mia madre era su di giri. In questo caso “su di giri” era una parola
grossa, ma non potevo negare che era sempre stato nella sua personalità
agitarsi per questo tipo di cose.
“È proprio carina” dissi. Non mentivo, la nostra nuova
“casa” non era molto grande, ma vista da fuori aveva
l’aria di essere accogliente. Le pareti erano dipinte di un
ocra abbastanza chiaro messo in risalto dalle tegole rosse del tetto.
D’altro canto, mia sorella non rispose, si limitò a guardarla e a mugugnare,
come per dire -Sì, non è male, ma mi aspettavo di
meglio-, ma la conoscevo abbastanza bene da capire che piaceva anche a lei.
Il camion della ditta di trasporti si fermò dietro la
macchina di mia madre.
“Vado a parlare un attimo con il l’autista,
voi intanto andate a vedere com’è da dentro”
“Ok” Sia io sia mia sorella scendemmo dalla vecchia Volkswagen
di mamma e percorremmo il vialetto. La casa era circondata da un grande giardino dove, ne ero sicura, mamma ci avrebbe presto
fatto qualcosa. La casa si trovava un po’ fuori dal
centro; mia madre mi aveva detto che l’unica casa più vicina a noi era quella
del capo della polizia locale Swann.
Dentro la casa era più carina che da fuori; a destra era
situato il salotto, mentre a sinistra la cucina, non troppo grande ma neanche
troppo piccola. Davanti a noi vi era la scala che portava al primo piano, dove
c’erano tre camere da letto e il bagno. Mancavano tutti i mobili e sembrava un
po’ spoglia, ma mamma avrebbe fatto un ottimo lavoro,
come sempre d’altronde.
“Ti piace?” chiesi a mia sorella.
Lei si limitò a scuotere il suoi boccoli
color ambra, in risalto con i suoi occhi color nocciola.
“Kathy?”
Lei mi guardò.
“Mi dai un abbraccio?” mi guardò in modo strano, ma solo per
un secondo. Mi lanciò le braccia al collo e io fui costretta ad abbassarmi per
poter ricambiare.
“Ti voglio tanto bene” le sussurrai e le diedi un bacio
sulla guancia.
Mi staccai da lei e le presi le mani.
“Mi fai una
promessa?”
Lei mi guardò con sguardo impassibile.
“Mi prometti che ricomincerai a parlare?”
Ne avevo abbastanza, non sopportavo
più di vederla in quello stato. Lei d’altro canto si incupì
ancora di più.
“Non ha senso non parlare, lo sai benissimo anche tu,
chiudersi a riccio non serve a niente. Papà non avrebbe mai voluto vederti
così.”
Lei staccò subito le mani dalle mie e mi guardò con rabbia,
ma non se ne andò. Abbassò lo sguardo per qualche
secondo, poi lo rialzò.
“Tu credi che adesso papà non sia contento di vedermi così?”
Finalmente sentivo dopo sette giorni la sua voce!
“No, credo che papà vorrebbe che tu sia felice. Credo che in
questo momento lui stia soffrendo perché ti vede triste e anche io e la mamma stiamo soffrendo vedendoti così.”
I suoi occhi cominciarono a luccicare.
“Credo che tu abbia ragione…” la sua voce si era trasformata
in un sussurro “non voglio più farvi soffrire…..
ricomincerò a parlare….. “
Ero al settimo cielo!
“Brava piccola!” dissi dandole un bacio sulla fronte.
“…………ma ad una condizione!”
Nei suoi occhi c’era qualcosa di
strano…malizia forse?
“Cioè?” chiesi con voce un po’
preoccupata, ma felice di sentire la mia sorellina parlare di nuovo.
“Mi devi prestare la gonna bianca che mi piace tanto!” le sue
labbra si incresparono in un sorriso sempre più
grande.
Io la guardai sorpresa e senza parole, ma mi destai subito
per rispondere: “Non ci penso nemmeno!” incrociai le braccia e mi voltai.
“Tipregotipregotiprego!” stava
incominciando a saltellare intorno a me come un piccolo canguro agitato.
“Kathy! Quella gonna
è troppo per una bambina di sette anni come te!”
“Bhe, tu ne hai sedici! Non c’è
tanta differenza tra di noi!”
Aveva sfoderato la sua arma segreta: gli occhi dolci. Ma per
sua sfortuna io ero l’unica della famiglia che ne era
immune. O quasi.
“Noooo! Cosa vuoi
che siano nove anni?” risposi con sarcasmo
“Per piacere!” ormai mi implorava
in ginocchio.
Non seppi resistere: “Va bene!.....ti
lascerò usare la maglietta rosa che adori, ok?”
“SìSìSìSìSì! graziegraziegrazie!>>
Il mio canguro era tornato.
“Lo sai? 6 la sorellona più grande
che ci sia!” disse con il sorriso sulle labbra.
Detto questo corse in giardino. Solo allora cominciai a
sentire qualcosa di strano alla bocca; le labbra mi tiravano ed erano come se
fossero atrofizzate. Era una sensazione già sentita, ma da tanto tempo mai
provata. Solo dopo capì che quello era un sorriso.
Come vi sembra come primo capitolo? Non è molto, ma i
prossimi cercherò di farli più lunghi.
Posto da subito il secondo capitolo
dove cominceranno a comparire i personaggi della Meyer!
2)
Conoscenze
“SvegliaSvegliaSveglia!”
Io amo mia sorella. Io amo mia sorella. Io amo mia sorella.
Ma fino a un certo punto!
“KATHY! NN PUOI SVEGLIARMI ALLE SETTE DI MATTINA IN PIENO
AGOSTO!!! SMETTILA DI SALTARE SUL MIO LETTO!!!!”…..soprattutto
dopo aver passato la giornata precedente a pulire la casa, sistemare i mobili e
dipingere pareti. Quando mia madre si metteva in testa
qualcosa non intendeva fermarsi finché non era certa che fosse tutto completamente
a posto. E in questo caso questo “qualcosa” consisteva
nel “bisogna-assolutamente-mettere-a-posto-la-nuova-casa-costi-quel-che-costi”
e sempre in questo caso i “costi” erano “sfinire-Kathy-e-Natasha-fino-all’esaurimento”.
Ero stanchissima, anche se avevo dormito peggio di un ghiro,
ma ero anche contentissima. Mamma era felicissima che Kathy
avesse ricominciato a parlare e vedere sia mamma cheKathy felici aveva reso felice anche me.
“Ehi! Non prendertela con me! È stata mamma a chiedermi di
farti alzare! E comunque la colazione è
pronta!>> dicendo questo si alzò e cominciò a saltellare verso la cucina.
Ma come facevano mia madre e mia sorella a non essere mai
stanche? Avrei potuto benissimo decidere di dormire anche un po’, ma mi alzai
lo stesso, tanto sarebbe stato inutile poltrire ancora. Andai in bagno, mi
lavai e andai ancora in pigiama giù in cucina. Anche
se ne ero uscita distrutta, la giornata di ieri aveva dato
grandi frutti: ormai tutte le stanze erano state ridipinte, tutti i mobili
messi a posto e tutti i quadri di papà appesi. Eh sì, a papà piaceva tantissimo
disegnare e gli riusciva anche bene. Pensavo che vedendoli appesi
mamma avrebbe sofferto, ma invece era stata felice; ogni volta che li
guardava le spuntava un piccolo sorriso. Questo era senza dubbio un fatto positivo. La voce di Kathy le
aveva ridato parte della forza persa, anche se dal suo
sguardo era possibile capire che non si era ripresa ancora del tutto. Ciò valeva
anche per Kathy; anche se aveva ricominciato a
parlare gli era rimasto ancora parte di quel carattere introverso che non era
da lei. Ma rispetto a una settimana fa tutte e tre
avevamo fatto dei grandi progressi.
“Il mattino ha l’oro in bocca, non è
vero Natasha? Sbrigati a mangiare! Tu e tua sorella
mi dovete aiutare a sistemare il negozio! Dopo bisogna andare al supermercato…
se riusciremo a trovarlo. Sai, non è indicato sulla cartina di Forks che ho comprato, credo che neanche ci sia. Ma Forks è così piccolo rispetto a New York che non credo sia
un problema trovarlo, sempre se c’è, altrimenti bisogna accontentarsi di un
negozio di alimentari, quello ci sarà di sicuro! Poi devo occuparmi del giardino, messo così non è chissà che e
poi……”
Mamma alla carica! Quando cominciava a pianificare non la smetteva più! Per fortuna non era diventata una manager.
Intanto che lei parlava avevo gia finito il mio latte con i
cereali e stavo portando nel lavello la tazza. Oggi sarebbe stata una giornata
lunga.
“ …e non dimentichiamoci di andare dal
signor Swann! È il nostro vicino e bisogna andare a
presentarci!”
“Mamma, il signor Swann abita a
500 metri….tanto vicino poi non è……”
“E dai non fare la schizzinosa!
Forza corri a cambiarti!”
“Agli ordini signora!” il mio entusiasmo era quello di un bradipo
addormentato.
“Cavoli Natasha! Non entusiasmarti
troppo, mi raccomando!”
Bhè, essere svegliati da un
canguro con un megafono al posto delle corde vocali alle sette di mattina in
estate non è esattamente la mia idea di entusiasmo. Comunque mi aveva fatto piacere vedere mia madre così piena
di energia, quindi non mi vestii contro voglia.
Trasferendosi a Forks mia madre
aveva deciso di aprire un negozio di abbigliamento,
con abiti ovviamente cuciti da lei. Mia madre era la persona più fantasiosa che io avessi mai conosciuto, anche se devo ammettere che le
persone che avevo conosciuto bene non erano molte. Riusciva a creare dei veri e
propri capolavori con un ago, filo e stoffa.
Per dirigerci al negozio dovemmo passare per il centro di Forks. Erano quasi le otto di mattina di inizio
agosto e, giustamente, non c’era nessuno; ciò contribuì a rendere Forks un paesino ancora più piccolo e anonimo. Da sempre
avevo vissuto in grandi metropoli e mi sembrava quasi impossibile l’esistenza
di centri abitati così piccoli. Tempo cinque minuti ed eravamo davanti al
negozio: le vetrate erano chiuse da saracinesche e le pareti chiedevano
l’esasperato bisogno di una passata di colore. Dentro era anche peggio: polvere
dappertutto e pareti scrostate. Avevo la strana sensazione che anche oggi avrei passato il mio tempo a spazzare,riordinare e
dipingere…..
A mezzogiorno avevamo finito di spolverare ed eravamo tutte
e tre distrutte.
“Inizieremo dopo a scrostare le pareti,
ora è meglio pranzare. Bisogna andare fare la spesa al supermercato,
sempre se c’è. Poi continueremo, non vi preoccupate!”
Alla vista delle nostre espressioni “entusiasmanti”
mia madre incominciò a ridere. Fu un toccasana per me. Quasi non speravo più
che a mia madre ritornasse l’energia, figuriamoci le
sue meravigliose risate!
Trovare il supermercato non fu difficile, in un paesino così
piccolo poi! Eravamo entrate solo da dieci minuti e il carrello era già pieno.
Non pensavo mancasse così tanto cibo!
“Mamma posso salire sul carrello?” chiese Kathy
“Mi sembra un po’ difficile con tutta
questa roba dentro, non credi? E poi sei troppo grande per salirci sopra!”
“Non è vero! Sono ancora un piccolo canguro che deve
crescere!”
Non riuscii a trattenermi dal ridere
“Dai, piccolo canguro, aiutiamo mamma a riempire questo
carrello” dissi
“Ricevuto capo!” mi rispose
Ci dirigemmo verso il reparto cereali.
Mentre controllavo le cose da prendere sulla lista sbattei
contro qualcuno. Mannaggia a me e al mio vizio di non
guardare dove vado mentre cammino!
“Mi scusi!” disse la mia vittima
“No, mi scusi lei, sono andata io a sbatterle contro!”
Alzai finalmente gli occhi e scoprii che ero andata a finire
contro un ragazza. Era più alta di me e sembrava essere
più grande di un paio di anni; forse aveva diciotto
anni . Aveva un aspetto molto semplice, con occhi e capelli castani. Mi guardò
con sorpresa. Dovetti supporre che in un paesino come Forks
tutti conoscessero tutti, quindi aveva sicuramente capito
che ero una nuova arrivata.
“Ciao, sei nuova?” mi disse
Infatti.
“Si, mi sono trasferita ieri, vengo da New
York”
“New York? Caspita! Sarai stata
sorpresa di vedere un paesino piccolo come Forks”
Mi piacevano le persone che riuscivano a capirmi e
nonostante non la conoscessi da più di cinque minuti questa ragazza mi stava già
simpatica.
“Sai, anch’io mi sono trasferita due anni fa da Phoenix e i
primi tempi non erano stati dei migliori…” continuò
“Gia, è stato davvero strano…….comunque io sono NatashaMcAnderson e lei è la mia sorellina Kathy”
“Ciao!” disse lei, che intanto aveva iniziato a saltellare
sul posto, come era solita fare quando era allegra “lo
sai che sono un piccolo canguro?”
“Davvero? È la prima volta che ne
incontro uno, soprattutto uno che parla” rispose la ragazza con il sorriso
sulle labbra. In risposta Kathy
fece un sorriso a trentadue denti.
“Scusala, ha uno strano modo di divertirsi…” dissi
giustificando la domanda di Kathy.
“Non fa niente, anzi….Comunque
piacere, io sono Isabella Swann, ma chiamami pura
Bella”
“Swann hai detto? Sei per caso la
figlia dell’ispettore Swann?”
“Certo, perché?”
“Siamo i nuovi vicini” dichiarai
”Ah, allora avete comprato voi la vecchia casa a Treasure
Street?”
Vuoto totale. Ero in questa città da poco più di
ventiquattrore e non avevo fatto caso nemmeno alla via
dove avrei abitato d’ora in poi.
“Sì” rispose Kathy
Kathy aveva l’innato dono di
ricordarsi tutto; ma proprio tutto. Per fortuna che c’era lei!
“Verremo dopo a farvi una visita, lo sai?” continuò la mia sorellina
“Oh, davvero? Bene, allora devo da subito cominciare a
rendere la casa più presentabile. Ci vediamo dopo, ciao!” e se ne andò.
“A dopo!” risposi
“Ciao!Ciao!”
Devo ammetter però che come prima conoscenza non era stata
niente male.
Dopo il pranzo ritornammo in
negozio per iniziare a scrostare tutti muri. Erano passate tre ore e avevamo
ripulito solo una parete; conoscendo mia madre saremmo state qui fino a
mezzanotte!
“È permesso?”
A parlare era stato un ragazzo. Dimostrava più o meno diciannove anni, aveva i capelli biondi sparati
in aria col gel e gli occhi chiari. Se ne stava sulla soglia della porta a
guardarci con un sorriso.
“Sì, entra pure, ma ti avverto, ti potresti sporcare” disse
mia madre, ma lui entrò lo stesso.
“Non mi preoccupo dello sporco, ma grazie per
l’avvertimento…. Piacere io sono Mike Newton del negozio
di trekking qui a fianco>>
-Non mi preoccupo dello sporco, ma grazie per
l’avvertimento-caspita
che frase virile…..
“Piacere Mike, io sono LilianMcAnderson e loro sono Natasha e Kathy”
“Ciao Ciao!”
disse saltellando mia sorella
“Ciao Kathy!” rispose Mike
Io invece feci un saluto della mano che
lui contraccambiò con un occhiolino. Nonostante non lo conoscessi da più
di cinque minuti questo ragazzo mi stava già
antipatico.
“Siete le nuove arrivate qui a Forks?”
chiese Mike
“Sì, vedo che le notizie girano molto velocemente qui” rispose
mia madre
“In un paesino così piccolo non c’è da meravigliarsi signora
McAnderson”
“Chiamami pure Lilian, Mike” disse mia madre con un sorriso
“D’accordo, Lilian” rispose Mike, anche lui con un sorriso
Ma da dove era uscito questo qua?
Certo che ce n’era di gente strana anche qui…..
“Cosa pensate di vendere?” chiese Mike
“Vestiti, sarà un negozio di abbigliamento”
disse mia madre con un pizzico di fierezza. Andava orgogliosa della sua nuova
professione.
“Vestiti? Bhè avete azzeccato
l’idea, Lilian, Forks ha
proprio bisogno di un negozio di abbigliamento”
Più apriva bocca più mi stava
antipatico. Faceva troppo sfoggio di sé. Ma chi si
credeva di essere?
“Comunque sono venuto per chiederle
se potevo aiutarla a mettere a posto il negozio. È ridotto un po’ maluccio e ho
pensato che sarebbe stata una buona idea aiutarvi”
Bhè, almeno era gentile ed educato. Tutto sommato non era
così male.
“Oh, non fa niente Mike, non ti
scomodare” disse prontamente mia madre
“Ma no, insisto” gli occhi di Mike stavano brillando.
Ok, rimangio tutto quello che ho
detto!
“Bhe, se proprio insisti”
Mia madre era troppo condizionabile. Ma devo dire che senza Mike non avremmo
finito tutto per le sette, quindi in parte lo devo ringraziare. Ora il negozio era
pulito e pronto per essere riempito di vestiti e accessori vari. Mentre pulivamo le pareti Mike
cercava di attaccare bottone in ogni modo con me e quando alla fine mi salutò
lo fece con un occhiolino. Che ragazzo…..
Arrivate a casa mi feci una bella doccia
calda per scacciare la tensione, ma la stanchezza rimase. Avrei tanto voluto
distendermi sul mio comodo letto e poltrire un po’, ma
c’era ancora una cosa da fare, che tutto sommato non mi dispiaceva: la visita a
casa Swann.
Dopo esserci ripulite ci incamminammo
a piedi. Arrivammo dopo quindici minuti; sul vialetto erano parcheggiate ben in
vista un pick-up rosso, che doveva essere senz’altro l’auto di Bella, e l’auto della polizia dell’ispettore Swann.
Giungemmo alla porta e mia madre suonò il campanello.
Dopo pochi secondi la porta si aprì.
Comparve un uomo sulla quarantina con i primi segni di calvizie evidenti che indossava un’uniforme della polizia, fondina compresa.
Non appena ci guardò sorrise: ”Oh, voi dovete essere
sicuramente le McAnderson, piacere di conoscervi, io
sono l’ispettore Swann, ma potete chiamarmi Charlie” e porse la mano a mia madre che la strinse
calorosamente “Piacere io sono LilianMcAnderson, ma mi potete chiamare Lilian
e loro sono le mie due bellissime figlie Natasha e Katherine”
“Ciao,ciao!” disse Kathy che aveva cominciato a saltellare nonostante fosse
stanchissima.
“Ciao piccola!”
“Piacere signor Swann” dissi e gli
porsi la mano.
“Il piacere e tutto mio Natasha”
sembrava davvero contento di essere stato disturbato alle sette di sera da tre
nuove vicine, che poi tanto vicine non sono.
“Mi fai vedere la pistola?” disse la mia piccola sorellina,
molto più simile ad una palla rimbalzante impazzita che ad una vera e propria
persona.
“Kathy! Ma che domande fai! La scusi Charlie…”
le guance di mia madre si erano tinte leggermente di rosso. Intanto
l’ispettore Swann si era messo a ridere di gusto: ”Non
si preoccupi Lilian, non si preoccupi…”
All’improvviso comparve sulla soglia Bella che mi salutò:
“Ciao Natasha! Kathy!
Signora McAnderson, è un piacere conoscerla!” e strinse la mano a mia madre che contraccambiò
“Chiamami pure Lilian” disse
sorridendo.
Da quel momento la conversazione tra mia madre, l’ispettore Swann e Bella mi parve essere composta da
parole ovattate senza senso, mentre i miei occhi si erano persi in due laghi di
oro fuso e il mio olfatto in una dolce fragranza di miele.
“ …e
lui è il mio fidanzato EdwardCullen.”
Solo le parole di Bella riuscirono destarmi dal quell’ oceano d’oro.
“Piacere signora McAnderson” e
diede la mano a mia madre che ricambiò
”Piacere mio Edward”
Non avevo mai sentito una voce più melodiosa e più dolce in
tutta la mia vita.
“Ciao io sono Kathy!”
“Ciao Kathy” e sorrise… e che
sorriso!
“Lei è Natasha, la ragazza di cui
ti ho parlato!” disse Bella.
Per la prima volta i suoi occhi d’oro si rispecchiarono nei
miei rossi, ma stranamente non affogai in quelle pozze dorate, come pochi
secondi fa. Ciò che più mi colpì fu il suo comportamento. Dal momento in cui mi
guardò la sua espressione, prima neutra, si incupì e
quegli occhi cominciarono a trafiggermi come mille aghi di ghiaccio.
“Piacere..” il suo tono seppur
melodioso lasciava trasparire sospetto e cautela.
“P-piacere..” dissi
porgendogli la mano.
Lui non la prese, si limitò a guardarla e ad allontanarsi
ancora più da me. Sorpresa la ritrassi.
Da quel momento non mi importò più
niente di quello che stava succedendo attorno a me e quando tornai in me stessa
ero sotto le coperte del mio letto.
Un'unica domanda mi martellava la testa. Perché quel Edward si era comportato
così? Non me lo riuscivo a spiegare. E poi quegli
occhi dorati……
Cominciai a pensare anche al suo aspetto. Aveva
una carnagione bianchissima, degna di un albino, capelli ramati con
riflessi dorati, lineamenti del viso perfetti, come d’altronde anche il fisico.
Non c’era che dire, EdwardCullen
era un gran bel ragazzo. Stranamente invece di rimanere affascinata da questa
sua bellezza mi insospettii. Com’era possibile tutto
ciò? Non c’era neanche un difetto sul suo volto. Era talmente tanto bello da
non poter essere umano. La mia mente era confusa, ma tra tutte quelle
incertezze il mio istinto mi spinse a credere solo a una:
EdwardCullen nascondeva
qualcosa.
E allora? Spero ke
il secondo capitolo sia stato più soddisfacente del primo. Presto credo pubblikeròanke il terzo. E non
dimenticate di commentare!!!
Ed ecco il terzo capitolo! La
situazione si sta facendo sempre più intricata!
3)
Sospetti
L’indomani mi alzai presto, anche se avrei potuto benissimo
svegliarmi tardi. Tutta colpa di quel Cullen! Passai
la notte a riflettere su cosa avesse mai spintoEdward a comportarsi così. Non aveva dimostrato di essere
una bella persona. Mi alzai e scesi a fare colazione. Erano le otto e Kathy e mamma erano ancora a dormire. Erano davvero esauste
dopo la giornatina di ieri. Feci lentamente colazione
e lavai i piatti nel lavello, poi mi andai a fare un bagno caldo, che mi fece dimenticare un po’ Edward e
infine mi vestii. Nonostante cercassi di muovermi nel modo più calmo e lento possibile passò solo un’ora.
Decisi quindi di andare a fare una passeggiata per Forks, approfittando del temporaneo bel tempo; avevo più o meno capito come era strutturata. Lasciai un biglietto per mamma, presi la mia tracolla e salii in
bici. Tempo pochi mesi e avrei avuto la patente!
Non ci misi molto ad arrivare in centro; a differenza di ieri
c’era più gente per le vie. Non appena passavo tutti si voltavano a guardarmi
curiosi e sorpresi. Molto probabilmente era stato il fatto di
essere albina che aveva attirato la loro attenzione. Arrivai fino a
quella che tra poco sarebbe stata la mia scuola; era davvero piccola rispetto a
quelle che avevo frequentato nelle grandi città. Salii le scale che conducevano
all’entrata e sbirciai dentro; l’ambiente che mi si presentava era abbastanza
anonimo, un corridoio da cui si diramavano più e più aule. Subito mi affiorò un
pensiero; per la prima volta avrei conosciuto delle persone che sarebbero state
mie amiche per molto tempo e non per due o tre mesi. La cosa mi rendeva
felicissima! Finalmente mi sarei fatta dei veri amici!
Cominciai a scendere allegra le scale ma
di colpo tutto divenne nero. La testa cominciò a girare e non sentii più
niente. O mio Dio. O mio Dio.
O mio Dio. O mio Dio. Che
cosa diamine stava succedendo?! Alla fine non ressi e
caddi a terra; rotolai per tutti i gradini e quando mi fermai un dolore atroce
mi colpì il braccio sinistro e non potei trattenere un grido. Credevo proprio
di essermi rotta il braccio.
“Ehi!Ehi! Natasha! Natasha! Rispondimi!”
Una voce familiare giunse alle mie orecchie e mi voltai
verso la direzione da cui proveniva.
“S-signorS-swan?”
“Cosa ti è successo Natasha?!Natasha, non….”
Non riuscii a sentire il resto della frase
perchè non sentii più niente.
Quando mi risvegliai mi ritrovai su una barella in corsa,
circondata da due infermiere e con una flebo in vena.
“Ma cos..?”
“Natasha finalmente ti sei
svegliata!”
A fianco a me l’ispettore Swan mi
guardava felice mentre cercava di tenere il passo
delle infermiere.
“Ma cosa è successo?” chiesi
confusa.
“Ha avuto un mancamento, signoria. Dovremmo farle qualche esame” mi disse una delle due infermiere.
“Ma io non ho bisogno di nessAHi!”
Il braccio sinistro pulsava e mi faceva male.
“Il suo braccio ha riscontrato una frattura,
ma ora non è questa la cosa più grave” disse l’altra infermiera.
“Non ti preoccupare Natasha, tua
madre sta arrivando, andrà tutto bene!”
Povero ispettore Swan; gli avevo
fatto venire un attacco di panico. Mi chiedevo se non fosse meglio che fosse
lui a stendersi su una barella…
Dopo numerosi esami mi ritrovai su
un lettino ad aspettare il dottore che mi avrebbe esaminato il braccio. Non
dovetti aspettare molto che il più bel medico che avessi mai visto entrò nella stanza dove mi avevano lasciata. Il suo aspetto
invece di attirarmi però mi allarmò, come era successo
con Edward, perché era estremamente uguale a lui:
stessa carnagione, stesso fisico, stessi occhi, stessa perfezione del viso;
fatta eccezione per i capelli biondicci. Qualcosa mi diceva
che in qualche modo aveva a che fare con lui. Quando mi guardò la sua reazione tuttavia fu del tutto diversa da quella di Edward, ma non meno sospetta. Nei suoi occhi era evidente
la sorpresa e lo stupore. Si bloccò e mi fissò per alcuni secondi. Era come se
non credesse ai suoi occhi che io fossi lì, davanti a lui.
“Salve signorina McAnderson, sono
il dottor Cullen” disse quando
si ridestò con voce melodiosa mentre si avvicinava.
Cullen. Ecco. Lo sapevo. Scommetto
che erano in qualche modo imparentati.
“Salve…”
Avevo la voce un po’ roca e mi uscì un mugolio più che una
parola. Con delicatezza mi prese il braccio. Le sue dita erano freddissime, ma
maneggiavano il mio arto in modo che io non sentii
neppure la pressione delle sue dita.
“Non è niente di grave signorina McAnderson,
solo una piccola frattura, glielo dovrò fasciare però”
Annuì con la testa. Prese la garza e cominciò a fasciarmi il
braccio. Nei suoi occhi era ancora evidente la sorpresa. Non ce la facevo più.
Dovevo sapere.
“M-mi scusi dottor Cullen…” dissi
“Forse le sto procurando dolore, signorina McAnderson?” chiese lui con premura, troppa premura, che mi
fece insospettire ancora di più…..
“Non vorrei essere scortese e indiscreta, ma…. lei è per caso imparentato con EdwardCullen?”
Sospirò e poi sorrise: ”Sì, sono suo padre, dove ha avuto il
piacere di conoscerlo?”
P-padre? A me il dottor Cullen sembrava un po’ troppo giovane per
avere un figlio come Edward!
“Io e la mia famiglia ci siamo appena trasferite a Forks e l’ispettore Swan è il
nostro vicino di casa”
“Allora avete comprato l’abitazione a TreasureStreet?” mi chiese gentilmente.
Questa volta avrei saputo rispondere! Ma era mai possibile
che tutti sapessero il nome di una via così fuori città e inutile?!
“Sì” risposi con imbarazzo ripensando alla figuraccia fatta
con Bella al supermercato.
“Come mai sta arrossendo, signorina?” mi chiese il dottor Cullen con un sorriso.
Mannaggia alla mia carnagione! Ad
ogni minimo rossore le guance prendevano fuoco!
“N-niente, niente!” controbattei,
con l’unico risultato che arrossii ancora di più.
Intanto il dottore aveva finito di fasciarmi il braccio
senza neanche che io me ne accorgessi e andò a riporre
la garza da dove l’aveva presa con un sorriso. Lo stesso meraviglioso sorriso di Edward.
“Abbiamo finito; credo che adesso….”
Non finì neanche la frase che la porta sbatté. Mamma senza
neanche aspettare un momento si era catapultata in ospedale.
“Natasha!”
Non appena mi vide si fiondò
su di me e mi strinse in un abbraccio. Non riuscivo a respirare.
“Natasha!Natasha!
Ti prego non farmi più questi spaventi, chiaro?”
Non aveva un tono arrabbiato, ma solo molto, molto
preoccupato. Aveva la voce malferma ed il suo essere forte era l’unica cosa che
le tratteneva le lacrime. L’avevo spaventata a morte. Avrà avuto sicuramente
paura di avermi persa, come per papà. La vergogna
cominciò ad opprimermi.
“Mi dispiace mamma..” sussurrai
contraccambiando l’abbraccio e trattenendo le lacrime a fatica.
Mia madre si staccò da me.
“Non ti preoccupare, l’importante e che adesso tu stia bene”
mi disse sfoderando uno di quei suoi sorrisi che avevano fatto innamorare papà.
Intanto il signor Cullen si era
allontanato dalla nostra scena madre-figlia e quando spostai
il mio sguardo da mia madre a lui lo vidi che mi stava osservando. Più che osservando mi stava studiando attentamente, con sguardo
profondo. Che cosa strana…..troppo strana….
“Dottore, Natasha cosa…” disse mia
madre con voce tremante
“Non si preoccupi signora McAnderson, sua figlia non ha riscontrato nessun
tipo di ferita grave. Non appena riceverà i risultati
degli esami e la diagnosi potrete andarvene…” rispose prontamente il dottor Cullen con un sorriso per rassicurarla..
“La ringrazio per…”
“È il mio lavoro signora McAnderson.
Ora se permette dovrei lasciarvi, arrivederci.”
Si diresse verso la porta e uscì, non senza prima avermi dato un’occhiata. Questa volta il suo sguardo
non era sorpreso. Ero lo stesso sguardo sospetto di Edward.
“Natasha, ma come
è possibile che ti sia venuto un calo di zuccheri? Hai
fatto colazione, non è vero? Anche se a dire il vero ieri
sera non hai mangiato molto e ti comportavi in modo strano. Sembravi
essere su un altro pianeta. Forse è perché ti sentivi già male? Sai, non eri
costretta ad uscire ‘sta mattina, se proprio non te la
sentivi…”
“No mamma, non ti preoccupare, ora sto bene”
Passarono ben tre ore prima che
potessimo tornare a casa, a pomeriggio inoltrato, ma anche se non avevo
pranzato non avevo per niente fame.
Avrei tanto voluto chiudermi in un silenzio di tomba e
riflettere sul mio problema Cullen, ma dopo lo
spavento che avevo fatto prendere a mamma non potevo
fare scena muta, ma avevo il dovere di rassicurarla. Passai quindi il viaggio
in auto verso casa a convincere mia madre che stavo
bene, ma niente da fare. Mi obbligò a passare il resto della giornata a letto a
fare la malata.
“Ma mamma, tu e Kathy non
riuscirete mai a finire di riordinare il negozio da sole…” dissi
mentre scendevo dall’auto.
“Questo non è un problema tuo! Starai
segregata in casa per tutto il giorno!E poi molto probabilmente anche oggi Mike verrà ad aiutarci” mi rispose
trascinandomi dentro casa.
Wow, cosa mi sarei persa…..
“Ma il dottor ha det...”
“Il dottore ha detto che non c’è da
preoccuparsi e che sei fuori pericolo, ma lui non è tua madre! E per il potere di mamma che mi è stato conferito dal
momento in cui tu sei nata ti ordino di metterti a letto e di restarci fino a
domani!”
Era inutile, quando si metteva in testa qualcosa era
impossibile da gestire……
“SORELLONA!!!!”
Non appena entrai mia sorella mi stritolò i fianchi. Aveva
le lacrime agli occhi. In quel momento mi sentii davvero una nullità. Si era
preoccupata a morte per me, il mio canguretto.
“S-stai bene?” mi disse
singhiozzando
“Sì, è stato solo un piccolo mancamento, non ti preoccupare,
ora mi sento benissimo!” le risposi con un sorriso, per farle vedere che stavo effettivamente
bene.
Lei mi guardò, tirò sul col nasino e ricambiò il sorriso
“Oh, Kathy, non sai quanto mi
dispiace….” dissi abbracciandola
“Eh sì, ci hai fatto prendere un bello spavento……sei vuoi
oggi posso stare a casa e non andare al negozio se…”
commentò mia madre al mio fianco.
“Mamma, te l’ho detto, sto bene! E poi devi aprire il
negozio il più presto possibile, quindi devi sbrigarti a metterlo a posto!”
“Uff…. va
bene vado, ma per ogni cosa mi trovi sul cellulare, ok?”
si rassegnò mia madre
“Ma io voglio restare qui con te!” piagnucolò mia sorella
“Kathy, devi aiutare mamma a
mettere a posto il negozio. Devi per forza andarci, se non chi controllerà che
mamma non combini guai?” le sorrisi
“Va bene…” rispose lei amareggiata
“Mi raccomando Natasha! A letto! A
letto!” ordinò mia madre come se stesse parlando con un cucciolo poco addestrato
“Bau!” risposi a tono “A dopo! E divertitevi senza di me!”
“Contaci!” rispose con sarcasmo.
“Ciao ciao!”
Quando chiusi la porta feci un
sospiro. Avevo combinato un guaio enorme. Non bastava la morte di mio padre, ma
doveva starci anche il mio svenimento! Avevo fatto preoccupare le due persone
più importanti al mondo per me. Con rabbia diedi un calcio a
una sedia lì vicino, con l’unico risultato chemi feci ancora più male. Dannazione! Sarebbe stata una giornata
orribile! Bhe, almeno avevo il tempo di riflettere in
pace. Decisi di riorganizzare le idee su quello che mi era accaduto fino ad
ora. Cominciai quindi a camminare intorno al tavolo. Da sempre il movimento
stimolava il mio flusso di pensiero.
Allora, facciamo il punto della situazione: 1) un ragazzo di
cui conosco a malapena il nome mi guarda come se fossi una pericolosa e
schizofrenica serial killer. 2) un medico di cui
conosco a malapena il nome mi guarda come se fossi una capra a due teste.
Bhe, a dir poco deludente come
flusso di pensiero, complimenti Natasha!
Cercai allora di mettere bene in chiaro
cosa avevano in comune nell’aspetto…….ovvero praticamente
tutto, capelli a parte.
Era inutile, più pensavo, meno riuscivo a
elaborare un pensiero decente! UFFA!!!!
All’improvviso sentii suonare alla porta. Chissà
chi sarà mai. Quando l’aprii mi ritrovai Bella Swann davanti.
“Ciao Natasha! Mio padre mi ha detto che hai avuto un piccolo mancamento poche ore fa e mi
è sembrato carino venire a vedere come stavi; ti senti meglio ora? Forse
disturbo?”
La mia mente era ancora persa in quei pensieri senza senso. Ma poi ebbi l’illuminazione! Bella era la fidanzata di EdwardCullen.
Forse parlando con lei avrei capito qualcosa in più!
“Sì,sì, ora sto bene, ho avuto solo
un piccolo calo di zuccheri…. ti va di entrare?”
chiesi bene attenta a non mostrare i miei veri scopi.
“….Ok, va bene..”
ed entrò
“ Prego accomodati pure…” e le indicai una sedia.
Ora, Natasha, evita di toccare
direttamente l’argomento “Edward&family” e
comincia a rompere il ghiaccio con discrezione.
“Ti posso offrire qualcosa?” le chiesi educatamente
“No, grazie!”
Il silenzio calò. Mannaggia!
Odiavo questi silenzi imbarazzanti! Bella si stava guardando attorno ammirando
la cucina. Dovevo agire ora.
“Senti ti posso fare una domanda?” chiesi con tono il più vago possibile
“Certo, dimmi pure”
Non chiederlo direttamente. Non chiederlo direttamente. Non
chiederlo direttamente. Non chiederlo direttamente.
“Volevo sapere perché…..Edward pare avercela tanto con me”
Urca. Il massimo della dell’essere indiretti…
La vidi rabbuiarsi un po’; la cosa non mi piaceva per
niente. Rimase in silenzio per un minuto buono, forse in cerca delle parole da
dirmi. Alla fine parlò
“Non è colpa tua Natasha...”
“Non è colpa mia?! E questo cosa vuol dire?”
Calmati, Natasha! Non ha senso
arrabbiarsi con Bella!
“È….è difficile da spiegare…..” si stava sempre più imbarazzando e le sue guance
cominciarono ad arrossirsi.
“ Bhe, provaci…” le chiesi
gentilmente
Mi fissò per un istante con sguardo preoccupato
“…a dire il vero, Natasha, non lo
so nemmeno io….”
Sembrava essere sincera. Le si dipinse
sul volto subito un’espressione triste e amareggiata. Vediamo, Natasha, quante persone non saresti
riuscita a far soffrire, preoccupare e mandare nel panico?! Eh, oggi era
proprio un brutta giornata e non vedevo l’ora che
finisse…
Dovevo subito cambiare argomento e alleggerire la tensione. Però, non era giusto! Se Bella non aveva saputo rispondermi,
come avrei fatto a capire che cosa stava succedendo?!
All’improvviso qualcosa attirò la mia attenzione. L’anello
sull’anulare sinistro di Bella; com’era bello……un attimo! Anulare sinistro?! Mica poteva essere…?!
“Che bell’anello!” commentai con ammirazione
Lei lo guardò e subito sorrise imbarazzata. Bhè, almeno era ritornata felice.
“Oh, grazie…..è un regalo di Edward….sai…..tra poco ci sposeremo…”
Spo-sposare?!
“Lo so, sembra un po’ strano. Molti
hanno fatto fatica a capire, soprattutto mio padre, ma questa è la realtà”
Era evidente che faceva fatica a
trattenere un sorriso.
“Vi amate così tanto?”
“Sì”
Per quanto considerassi
strano Edward, questa nuova prospettava mi fece
capire che dopotutto non era una brutta persona, se aveva fatto innamorare a
tal punto una ragazza così gentile e sensibile come Bella.
“Li ha fatti tua madre questi quadri? Sono
magnifici, dico davvero” mi chiese curiosa. Io mi ridestai subito
“No, li ha fatti mio padre…” dissi un po’ a disagio.
“Tuo padre? E adesso dov’è?”
“Mio padre è morto”
Era la prima volta che lo dicevo ad altre persone…..e a me stessa. Mi crebbe un nodo alla gola e la tristezza
cominciò a crescere.
“Ah, m-mi dispiace…..” disse tristemente e un po’ imbarazzata per aver toccato un
tasto così delicato.
“Non fa niente, non potevi saperlo…..”
Passò un buon minuto di silenzio finché Bella parlò
“Quando è successo?” chiese Bella
con gentilezza.
“Poco più di una settimana fa” la mia voce era un po’ roca.
“Vi siete trasferite per questo?”
“Sì”
“Sarà stata dura i primi tempi”
“Non sai quanto….” Più parlavo, più mi
sentivo male
“Scusa, sono un idiota, molto probabilmente non ti andrà di
parlare di queste cose…..”
Eh sì, Bella Swan mi capiva alla
perfezione. Per questo mi piaceva.
“Ti posso fare una domanda, Bella?”
“Certo, dimmi”
“Vorresti diventare mia amica?” chiesi spontaneamente.
La domanda la spiazzò un poco, ma rispose senza esitazione.
“Certo, mi farebbe piacere, non credo tu conosca molte
persone, qui a Forks..”
“Infatti…..”
Guardò svelta l’orologio appeso in cucina e si alzò.
“Scusa, ma ora devo proprio andare, Edward
mi starà aspettando a casa. Magari ci vediamo domani, ti potrei far conoscere i
dintorni di Forks.”disse mentre l’accompagnavo alla porta
“Grazie, sarebbe una bella idea…..Allora
a domani, ciao!”
“Ciao Natasha, a domani!”
Quando chiusi la porta la mia forza di volontà
crollò. Mio padre è morto. Mio padre è morto. Mio padre è morto. Queste erano
le parole che mi rimbombavano in testa. Era insopportabile. Tutta la tristezza
che avevo faticosamente represso da una settimana mi
inondò. Mi accovacciai contro il muro e cominciai a piangere. Sapevo che non
serviva a niente. Sapevo che così facendo papà non sarebbe tornato indietro.
Sapevo che non sarebbe tutto tornato come prima. Non volevo accettarlo. Non
volevo accettare la morte di papà. Mi sentivo persa. Restai li
a piangere finché non mi uscirono più lacrime. Tutto ciò mi faceva ancora male.
Andai lentamente in bagno e mi risciacquai il viso. Mi guardai allo specchio: i
miei occhi, di per sé rossi, erano ancora più arrossati e facevano uno strano
effetto con la mia pelle bianchissima e i miei
capelli, anch’essi bianchi. Benché non avessi fatto niente tutto il giorno mi sentii improvvisamente stanca. Decisi
quindi di rimboccarmi sotto le coperte e di cercare di dormire, nel vano
tentativo di dimenticare questa brutta giornata. Mi addormentai quasi
subito, ma i miei sogni quella notte, non erano stati migliori.
Allora come vi sembra questo terzo capitolo? La vicenda sta
prendendo piano piano una forma….
Non posso svelarvi molto del seguito, ma vi avverto che le vere sorprese devono
ancora cominciare!
xmagicrossy:
Grazie tantissimime per il complimento e per aver
commentato! Spero ke tu continui a leggere qstfan fiction e a continuare con
i tuoi incoraggianti commenti! Kiss!
xTomoki:
Ti ringrazio tantissimo per aver commentato! Sono contenta che ti sia piaciuta Kathy ( piace tantissimo anche a
me!). Spero continuerai a leggere e a commentare! Grazie ancora!
x Ransie88219: mmm……
sn curiosissima di sapere quali sono le tue teorie…..
magari ci puoi azzeccare, chissà… Non ti preoccupare, quel triste non l’ho
messo per Edward e Bella, sta tranquilla! Anke se…. Ma non posso dirti
niente! Spero tanto ke questo capitolo ti sia
piaciuto ancora più dei precedenti e kecontinuerai a leggere (tutto, o quasi, verrà svelato a tempo
debito!) Kississimianke a
te!
Et voilà il quarto capitolo! Il titolo dovrebbe farvi
capire qualcosa......
4) La Push
Fiamme dappertutto. Non
riuscivo a distinguere più niente; solo il fuoco che mi circondava e che tra
poco mi avrebbe inghiottita completamente. Dovevo andarmene, ma non potevo……
come c’ero finita in un luogo del genere? Intanto le fiamme diventavano sempre
più alte e tutto stava diventando sempre più confuso. Ormai non potevo più
muovermi.
Mi svegliai di scatto. Ero
tutta sudata e ansimavo. Non ero una tipa che sognava molto e questo era stato
il sogno più reale che avessi mai fatto. Erano solo le tre di mattina. Avevo
caldo, quindi, per prendere un po’ d’aria fresca decisi di aprire la finestra.
Quando la dischiusi l’aria frizzantina d’agosto mi avvolse. Era un vero
toccasana dopo quell’incubo. Chiusi gli occhi e inspirai profondamente. Anche
gli incubi ci si dovevano mettere!
Quando riaprii gli occhi mi
parve di vedere qualcosa. Dopo capii che si trattava di cagoma, non molto ben distinta, una sagoma, non
molto ben distinta, seduta su uno degli alberi davanti alla finestra della mia
camera che preannunciavano l’inizio della foresta. Una cosa mi colpì: due occhi
dorati.
Non era possibile. Dovevo
essere talmente tanto ossessionata da loro che vedevo ovunque i loro occhi!
Infatti quando il mio sguardo tornò ad incrociarli, loro non c’erano più. È
meglio se vai a dormire, Natahsa....
La mattina dopo mi svegliai
abbastanza tardi, finalmente! Ma quando mi rigirai dall’altra parte andai a
sbattere contro qualcosa di caldo che si muoveva. Sapevo benissimo chi mai
poteva essere l’ospite che mi ritrovavo davanti. Il mio intruso preferito. Si
vedeva che faceva finta di dormire. Mi mossi di scatto e incomincia a farle il
solletico da tutte le parti. D’altra parte lei iniziò a ridere a
crepapelle.
“Non ci penso nemmeno!
Avresti dovuto conoscere quali fossero le conseguenze venendo a dormire da me!”
ribattei continuando.
“OK, MA TI PREGO, TI PREGO,
ORA BASTA!!!” e decisi di fermarmi.
“Come mai sei venuta qua
‘sta notte?”
“Ho fatto un brutto sogno…”
mi disse triste.
“Ah, anch’io…….sai qual è
il rimedio migliore contro i brutti sogni? Una bella scorpacciata di biscotti
al cioccolato!” dissi cercando di pensare ai quei stramaledettissimi occhi
dorati.
Non se lo fece ripetere due
volte e saltellando corse giù in cucina.
Là mamma aveva già finito
di fare colazione e si stava preparando per uscire.
“Salve, Belle Addormentate,
dormito bene?” disse felice. Oggi si era alzata col piede giusto.
“Da schifo….” le risposi
amareggiata.
“Sì, sì, da schifo, sì,
sì……..ma dove sono i biscotti?” le rispose Kathy agitata.
“Nell’armadietto lì a
destra, tesoro…..come mai, Natasha?”
“Incubi, sia per me che per
Kathy….”
“Ah, davvero? Mi dispiace…
io invece ho fatto un sogno bellissimo!”
Allora era per questo che
era così felice. Ci avrei messo la mano nel fuoco che avesse sognato papà.
“Tu invece ti sei ripresa?
Quando siamo tornate ieri sera dormivi come un tasso. Molto probabilmente era
stato lo stress a giocarti brutti scherzi……Lo sai, ieri io e Kathy abbiamo
finito il negozio! Oggi aprirà, finalmente! Non ce l’avremmo mai fatta senza Mike.
Che ragazzo gentile! Non capisco perché a te stia così antipatico....”
Ah, ecco svelato il mistero della strana felicità.
“Davvero! È fantastico!” le
risposi felice, traslasciando la mia opinione su Mike.
“Eh già... e Kathy questo
pomeriggio verrà ad aiutarmi; non è vero, Kathy?”
“S-sì” rispose con una
quantità disumana di biscotti al cioccolato in bocca.
“Tu hai qualche programma
per oggi?” chiese mamma curiosa.
“Sì, dovrei incontrare
Bella questo pomeriggio….”
“Vedo che siete diventate
amiche! Bene! Mi fa molto piacere!......Bhe, ora è tardi, devo andare, ci
vediamo per il pranzo, ok? E fatti anche tu una scorpacciata di biscotti! Ieri
sera non hai toccato cibo! A dopo” e uscì.
Aveva ragione, ieri non
avevo cenato e a pensarci bene neanche pranzato. Solo adesso stavo diventando
consapevole della mia fame. Mi buttai quindi anch’io sui biscotti.
“Cosa ti andrebbe di fare
oggi?” chiesi a mia sorella. Lei si limitò ad alzare le spalle.
Mamma aveva lasciato lì
vicino sul tavolo la sua cartina di Forks. La presi e cominciai a guardarla.
Più la osservavo, più Treasure Street mi sembrava anonima e distante. Chissà
perché tutti la conoscevano…….
Il mio sguardo si pose
sulla spiaggia. Io adoravo il profumo della salsedine e il rumore delle onde.
Chissà come sarebbe stata con questo tempo. La mia attenzione venne catturata
da un nome: La Push. La curiosità si impossessò di me.
“Che ne dici se andiamo in
spiaggia?”
“In spiaggia? Perché no? Mi
vado a preparare” e saltellando salì le scale seguita da me.
Anche oggi non pioveva e
stranamente c’erano poche nuvole in cielo. La Push distava circa mezzora in
bici e con la cartina non ci saremmo perdute. Da sempre avevo avuto un ottimo
senso dell’orientamento.
Dopo esserci lavate e preparate
uscimmo. Salii sul sellino della mia bici bianca e Kathy dietro di me. Ero
talmente tanto abituata a portare Kathy dietro di me che non mi accorgevo più
della sua presenza.
A metà strada cominciai a
sentire l’odore del mare. Caspita, era da molto che non lo sentivo!
Improvvisamente qualcosa di veloce e nero mi passò accanto e mi spaventò.
Maledette moto! Non le sopportavo! Andavano sempre troppo veloci e questa in
particolare! Per poco non sbandai e fece prendere uno spavento anche a Kathy
che si legò ai miei fianchi in una soffocante stretta. Se mai avessi incontrato
quel cretino…… infatti non aveva nemmeno il casco! Per quanto veloce andasse
avevo riconosciuto la pelle scura e i capelli corvini. Sembrava grande, intorno
ai venticinque anni.
Arrivate alla spiaggia
legai la mia bici ad un albero lì vicino e cominciammo a passeggiare. Non c’era
nessuno nei paraggi. Meglio così, non mi piaceva stare in mezzo a tante
persone. Kathy incominciò a saltellare e a divertirsi come una matta. Lei
adorava il mare. Io, invece, dovevo stare sempre molto attenta al sole, anche
se ormai mi ero abituata a questa situazione. Mentre lei si divertiva io
individuai uno scoglio non molto distante e decisi di andare a sedermi lì, dove
avrei potuto controllare Kathy e guardare il mare.
Era incominciata inmaniera molto insolita la mia permanenza qui
a Forks. Non saprei dire se in bene o in male. Chissà come sarebbe continuata.
Passai ancora qualche minuto a guardare Kathy giocare; si divertiva veramente
con poco quella bambina. Poi volsi il mio sguardo al mare grigio; quanto mi
sarebbe piaciuto tuffarmi, ma sfortunatamente le mie abilità in acqua erano
veramente scarse.
“Scusa, è tua quella
bicicletta? Non puoi lasciarla lì….”
Alzai lo sguardo e
incontrai due occhi neri. Non era possibile. Era il ragazzo della moto! Aveva
gli stessi vestiti. Guardai dietro di lui e poco distante c’era anche la moto!
La rabbia stava crescendo.
“Scusa, è tua quella moto?”
dissi con un po’ di stizza.
“Sì perché?” mi rispose
curioso.
Mi alzai in piedi con le
mani sui fianchi.
“Ma dico, sei per caso
stupido? Come ti è venuto in mente di andare così veloce?! Sai, prima stavi
quasi per investirmi!!” gli urlai.
Lui mi guardò con occhi
preoccupati e allo stesso tempo sorpresi; una persona che neanche conosceva gli
stava gridando in modo isterico. Molto probabilmente credeva di avere a che
fare con una pazza, ma in quel momento non me ne importava assolutamente
niente.
“Ah, sì? Scusa non ti avevo
vista…”mi rispose ancora sorpreso ma
ora un po’ in colpa.
“E chissà perché non mi hai
visto?! Appunto perché andavi troppo veloce! Non vi sopporto, voi motociclisti!
Vi credete chissà chi con quelle vostre moto! Comunque non ti preoccupare, tiro
subito via la mia bici….” gli risposi brusca.
Non c’era che dire, l’avevo
lasciato spiazzato. Ma subito dopo sul suo volto si dipinse un piccolo
sorrisino; ma non ci badai, ero troppa arrabbiata. Kathy intanto si era stufata
di giocare e si era seduta su un vecchio tronco d’albero, ormai bianco da
quanto era eroso dal vento e dalla pioggia. Sembrava che non si fosse accorta
del mio dialogo con quel tizio.
“Andiamo Kathy” le dissi
con un po’ di risentimento, che però lei per fortuna non notò.
“Ricevuto”e si alzò
rimbalzando come una pallina da tennis.
Ero appena salita in sella
che il ragazzo comparve all’improvviso davanti a me. Non era possibile.
“E adesso cosa c’è?” chiesi
stizzita.
“Bhe, mi era sembrato
giusto venire a chiederti scusa…” mi disse con tono gentile. Per lo meno era
sincero.
“Fatto sta che stavi per
mandare in ospedale sia me che mia sorella! E se permetti adesso dovremmo anche
andare…”
“È un tuo nuovo amico?”
chiese curiosa mia sorella
“No, non è un mio amico…”
risposi stizzita.
Stavo per andarmene ma lui
mi bloccò il manubrio con le mani e non potei muovermi. Caspita, che forza che
aveva.
“No, aspetta! Non ti avrei
mai fatto sbandare!”
“Davvero? Ti credi così
bravo? Lo sai, sei un maledetto motociclista pericoloso e sfacciato!” gli
risposi con rabbia, ma lui sembrava divertito, invece.
“Hai ragione, sono solo un
maledetto motociclista pericoloso e sfacciato. Come mi posso fare perdonare?”
disse allentando di poco la presa sul manubrio.
La domanda mi spiazzò non
poco.
“Bhe…..potresti cominciare
a non andare così veloce….” gli risposi senza essere certa di quello che
dicevo, ma comunque con risentimento.
“Ok, va bene, ti prometto
che andrò più piano d'ora in avanti….. poi, cos’altro devo fare?”
Questa domanda mi spiazzò
molto più della precedente. La ragione mi diceva di mandarlo via, ma il modo in
cui si stava comportando e la sua espressione gentile spinsero il mio istinto a
reprimere la ragione. Tuttavia non sapevo ancora cosa rispondere e lui mi stava
guardando sempre più divertito.
“Ci potresti offrire un
gelato!” chiese sfacciata la mia sorellina.
“Kathy!”
“Va bene, vada per il
gelato, Kathy!” disse staccando le mani dal mio manubrio.
“No, non diceva sul serio!”
“Ma io ho voglia di un
gelato!” si lamentò mia sorella
“Bhe, facciamo così Kathy,
noi due andiamo a prenderci un gelato e lasciamo tua sorella qua sola soletta,
che ne dici?”
Mi stava mettendo alle
strette, non potevo mica lasciare Kathy da solo con lui!
“Ma non ti conosco nemmeno,
come posso essere sicura che tu sia un tipo apposto? Con quella moto non mi hai
dato una buona impressione, sai?”
Lui mi si avvicinò con un
sorriso.
”Di solito l’apparenza non corrisponde sempre alla realtà. Hai ragione, niente
può dirti se sono un tipo apposto o no. A questo punto è solo questione di
tentare; e tu sei disposta a tentare?”
Era strano; non sapevo
perché ma il mio istinto mi spingeva a fidarmi di questo ragazzo. Non lo
conoscevo nemmeno, ma sembrava essere interessante. A dir la verità mi attirava
tantissimo.
“Allora, dove si va a
prendere questo gelato?” dissi alla fine arrendendomi.
Lui in cambiò mi sorrise.
Non era per niente simile a quello di Edward e del dottor Cullen, ma il
contrasto tra il bianco dei suoi denti e la pelle scura lo rendeva comunque
bellissimo.
Mi portò in una piccola
gelateria sulla spiaggia per poi sederci su una panchina lì vicino.
"Allora"
cominciai per spezzare il ghiaccio "ce l'hai un nome o ti devo continuare
a chiamare maledetto motociclista pericoloso e sfacciato?"
"No, maledetto
motociclista pericoloso e sfacciato può andar bene........ma se proprio ci
tieni mi puoi chiamare Jacob"
"mmmm......solo perchè
maledetto motociclista pericoloso e sfacciato è troppo lungo...."
Lui mi rispose con quel suo
sorriso.
"E tu ce l'hai un
nome, grande amica dei motociclisti?"
Stavo per rispondere ma mia
sorella mi anticipò.
"Certo! Lei si chiama
Natasha!"
"Davvero? E sai dirmi
anche quanti anni ha?" chiese Jacob curioso a Kathy.
"Io io ne ho sette,
mentre lei ne ha quindici, ma tra poco ne compierà sedici, non vedo l'ora! Così
mi potrà portare dove voglio senza quella vecchia bicicletta!"
La fulminai con lo sguardo.
"Mm, si vede che ha
capito tutto della vita, la piccola." disse Jacob guardandomi con intesa.
"Ehi! Grazie per la
grande stima! Non ti conviene parlare male della mia bici, perchè potrei anche
smetterla di darti passaggi, lo sai?"
"Sì, ma è un
catorcio" mi rispose lei col tono da una che la sa lunga
Guardai la mia bici; in
effetti non era nel suo massimo splendore: le ruote si erano tutte consumate,
il freno anteriore non andava ed era in alcuni punti scrostata. Ma comunque ero
legata molto a lei. Era stata il regalo dei miei genitori per i miei dieci
anni. Me lo ricordo ancora come se fosse ieri. Ero contentissima.
"In effetti tua
sorella ha ragione, è ridotta proprio male....." a svegliarmi dei miei
pensieri era stata la voce di Jacob "ma mi sembra una buona bici, non è
per niente da buttare.......che ne dici se te la sistemo un pò?"
Che pensiero gentile.
"Grazie, ma non posso
proprio accettare" dissi imbarazzata
"Eh perchè no?"
rispose con mezzo tono di sfida.
"Non vorrei crearti
problemi......"
"Ma no! Mi faresti un
piacere. Ho proprio bisogno di un pò di lavoro per distrarmi e non
pensare"
Le ultime parole le aveva
dette in modo strano, quasi triste. Chissà a che cosa non voleva pensare...
"Beh, se proprio per
te non è un problema..... è vero che la mia bici ha bisogno di un pò di
manutenzione....."
"Perfetto! Vieni, ti
accompagnio a casa mia, la tua bici starà nel mio garage."
Avevamo tutti finito il
nostro gelato, tranne la mia sorellina, ovviamente, che per farsi del male
aveva preso ben quattro palline.....
Presi la mia bici, ma Jacob
non la sua moto.
"Non prendi la tua
cara moto?" chiesi sorpresa e sarcastica.
"No, andrei troppo
veloce per te, ritornerò a prenderla dopo" disse lui "Hai detto che
tra poco compierai sedici anni, non è vero?"
"Già, ma anche quando
avrò la patente continuerò ad andare in bici, mi piace troppo sentire la brezza
sul viso."
"Ah, davvero? E io
pensavo che lo facessi commossa per tutto il faticoso lavoro fatto da me per
rimetterla in se stesso! Mah, guarda te con che persone mi tocca parlare!"
mi disse ironico scuotendo la testa.
La sua battuta mi fece
ridere. Era raro che le persone appena conosciute mi facessero ridere così.
"Eh già, hai ragione,
vedrai che commossa dalla trasformazione della mia bici ti ringrazierò
buttandomi ai tuoi piedi!" risposi a tono e anche lui si mise a ridere.
"Come mai tanta
curiosità per la mia età? Forse ti mette un pò tensione il fatto che io ho solo
quindici anni?" dissi dopo un pò.
Lui mi guardò confuso e
sorpreso.
"Perchè mai mi
dovrebbe importare della tua età scusa?"
"Bhe, per la grande
differenza di anni tra noi, intendo"
Sul suo volto si dipinse un
sorriso.
"Scusa, ma quanti anni
credi io abbia?"
"Bhe, sicuramente non
meno di venticinque" gli risposi convinta.
Comiciò a ridere di gusto
che quasi mi spaventò.
"V-venticinque?"
disse lui tra le risate.
Io lo guardavo confusa.
"Cosa c'è tanto da
ridere?" mi stavo un pò innervosendo.
"Tu credi davvero che
io abbia venticinque anni?" mi disse quando si era calmato un poco.
"Sì, perchè la cosa ti
fa tanto ridere?"
"Bhe, perchè io ne ho
solo diciasette" mi rispose sorridendo.
So-solo d-diciasette anni?
Mi rifiutavo di crederci. Vedendo la mia espressione stupefatta lui rincominciò
a ridere.
"Ah...." fu tutto
quello che riusciì a dire "n-non l'avrei mai detto..."
"Non ti preoccupare,
non sei stata l'unica che si è sorpresa della mia crescità"
"bhe.......come
dire......ma che razza di ormoni hai?" gli chiesi allibità.
"bhe.......come
dire.....si vede che avrò degli ormoni un pò particolari" mi rispose
guardandomi con un non sò che di misterioso.
"Chi vi capisce voi
uomini?"
"Chi vi capisce voi
donne?"
"La vuoi smettere di
ripetere tutto quello che dico?"
"La vuoi smettere di
ripetere tutto quello che dico?"
"Dai, stupido!" e
gli tirai una piccola gomitata alle costole.
Ebbe una reazione
imprevista. Si mise una mano dove l'avevo colpito e mi guardò in modo strano,
ma familiare.Non era possibile. Era lo stesso sguardo sospetto che mi aveva
lanciato Edward.
"Ti ho fatto
male?" dissi un pò sconcertata.
"No, no,
figurati" disse quando si ridestò come se niente prima fosse accaduto.
"Eccoci! Casa dolce
casa! Vieni, ti accompagno in garage"
Eravamo arrivati a casa di
Jacob; vista da fuori era molto piccola, ma graziosa. Il garage invece era
molto spazioso e pieno di attrezzi.
"Benvenuta nel mio
mondo!" disse con comica fierezza.
"Dove avverà la
magia?" chiesi ironica
"Dove avverà la
magia." affermò lui.
"Senti, non sei
obbligato a ripararla...."
"Che noiosa che sei!
Se ti ho detto che non mi dispiace, allora vorrà proprio dire che non mi
dispiacerà farlo, non credi? E poi è soltanto una bici! Sarà una passaeggiata,
la rimatterò in sesto in poco tempo!"
"Dimmi la verità,
oltre ad essere un maledetto motociclista pericoloso e sfacciato sei anche un
meccanico vanitoso e intraprendente?"
"Sì, ma solo quando so
di avere ragione" disse e quegli scuri occhi neri incontrarono i miei
rossi.
"Ti sei appena
trasferita non è vero? Non ti ho mai vista......" incominciò a parlare
dopo alcuni secondi.
"Bhe, devo dedurre che
mi si vede facilmente"
"A essere sinceri sì,
infatti ti ho subito notata prima in spiaggia"
Mi fissò curioso per un
istante.
"Non ti ha mai dato
fastidio?"
"Che cosa?"
chiesi confusa.
"Il fatto di essere
albina"
Ci pensai su un attimo.
"No, sai, è da quando
sono nata che devo fare i conti con questa situazione e dopo un pò sono finita
per abituarmici. Ho sempre avuto più limiti degli altri, certo, ma non ho mai
considerato il mio albinismo come un problema."
Lui rimase immobile a
fissarmi.
"Lo sai, non ho mai
visto degli occhi come i tuoi"
La sua voce era più
profonda del normale. Distolsi subito lo sguardo e sentii un pizzicore sulle
guance. Maledettissimo rossore! Maledettissimo rossore! Maledettissimo rossore!
Lui mi guardò tra il
divertitito e il sorpreso " Noooo. Non mi dire che sei arrossita perchè ti
ho fissata!"
"Non dire sciocchezze,
fa solo un pò caldo, tutto qui"
Nonostante avesse detto la
più vera delle verità avevo pur sempre un orgoglio da mantenare, ma lui
comunque non sembrò cascarci.
"Oh, sì, certo, il
calore...."
"Non per disturbarvi,
ma è già ora di pranzo e presto mamma tornerà a casa"
A parlare fu mia sorella.
Solo adesso mi ero accorta della sua presenza. Era stata per tutto il tempo
zitta e questo non era proprio da lei. Tuttavia sulla sua espressione non c'era
alcun segno di risentimento per non averla degnata nemmeno di uno sguardo, anzì
c'era qualcosa nei suoi occhi che in un primo momento non seppi interpretare.
"Ah, già, giusto
Kathy:"
"Devo dedurre che a
riaccompagnarvi a casa dovrei essere io" disse Jacob con un pò di ironica
sfacciataggine .
"Bhe, se proprio non
ti crea problemi....."
"Te lo già detto che
quando vuoi sai essere incredibilmente noiosa? Dai, montate, un buon cavaliere
non rinuncia mai a soccorrere povere donzelle in cerca di aiuto" e
sorridendo ci indicò l'auto parcheggiata non molto distante dal garage.
"Spero che non guidi
le auto come guidi le moto" gli dissi titubante mentre mi sedevo sul
sedile del passeggiero e Kathy su quello posteriore.
"Oh, non ti
preoccupare, guido molto più veloce in macchina" mi rispose serio mentre
accendeva il motore.
Io lo trafissi con uno
sguardo di disapprovazzione.
"Sto scherzando, sto
scherzando! Non ti preoccupare!" mi disse prontamente mentre inseriva la
prima.
Aveva ragione, non superò
infatti gli ottanta e mi riaccompagnò a casa in meno di quindici minuti.
Un improvviso e inquietante
dubbio mi invase.
"Scusa un attimo, come
fai a sapere che abito a Tresure Street? Io non te l'ho detto e non mi sembra
neanche Kathy..."
"Bhe, a quanto so la
casa a Treasure Street è l'unica abitazione disponibile di tutta Forks, perciò
ho dedotto che tu abitavi qui"
Quando mi rispose lo fece
in un tono più duro del normale. Infatti era da quando eravamo entrati a Forks
che Jacob si era fatto pensiero e silenzioso. Chissà poi perchè...... Quando mi
guardò però lo fece con un sorriso.
"Verrai a trovarmi
ancora a La Push, non è vero?" disse serio.
"Certo, ma solo per
vedere come sta la mia bici......"
"Bhe, certo, per
cos'altro, se no? Non credo proprio che verrai laggiù per far visita ad un
vecchio amico, nel vero senso della parola." mi rispose con la sua tipica
ironia.
Aprii la portiera e scesi
insieme a Kathy ridendo della sua battuta.
"Grazie ancora per
tutto Jacob. Allora ci si vede?"
Lui mi guardò, la stessa
occhiata che mi aveva fatto arrossire poco prima.
"Ci si vede"
Fece retromarcia e se ne
andò da Treasure Street. Ebbi solo un momento per guardare la sua espressione
attraverso il finestrino dell'auto in corsa ed era la stessa espressione dura e
pensieroso di prima, solo che adesso era ben visibile anche la tristezza.
Ta-dan! Allora? Come vi è sembrato? Spero
tanto che il carattere del mio Jacob sia simile a quello originale. Grazie
ancora a tutti colori che sono arrivati a leggere la mia fan fic fino a questo
punto e a tutti coloro che continuano a esprimere la loro opinione commentando!
x Ransie88219: mille grazie
per il complimento! Sono davvero curiosa di sapere cosa ti frulla per la
testa........ Ma quando tutto sarà svelato mi rivelerai le tue teorie, non è
vero? Sono trooooooopo curiosa! Grazie tantissime per aver commentato ancora!
Spero che anche questo capitolo sia stato all'altezza dell'altro! Grazie
tantissime anche per i tuoi super bacioni di incoraggiamento! Kissssiissssimi
ricambiati.
x magicrossy: grazie
tantissime per aver commentato ancora una volta! Sono contentissima che tu la
stia trovando sempre più interessante! Kisskiss ricambiati
Io e Kathy entrammo in casa affamate; mamma non era ancora
arrivata. Decisi quindi di pensare al pranzo........e a Jacob. Alla fine quel
ragazzo si era dimostrato una persona veramente simpatica! Tuttavia la sua
reazione era stata veramente troppo strana. Il fatto che quasi tutti coloro che
conoscevo si comportassero in modo cos' insolito mi faceva pensare e
preoccupare. Che cosa non andava in loro? O, molto più plausibile, cosa c'era
im me che non andava a loro?
"Non ti senti bene?" mi chiese mia sorella un pò
preoccupata.
"No, non è niente, sono solo stanca. Piuttosto mi
vuoi spiegare perchè sei stata così silenziosa?"
"No, niente......." mi rispose con un sorriso
strano.
La cosa mi insospettii.
"Lo sai, Jacob è davvero simpatico...." continuò
lei con un non-so-che di malizioso.
Ora mi stavo veramente preoccupando.
"Sì, è simpatico" le risposi guardigna.
"......e non è neanche niente male......" disse
alla fine lei con un tono di falsa non curanza.
Avevo capito dove voleva arrivare. Ecco cosa gli stava ronzando
in testa....
"Kathy, non metterti in testa strane idee, d'accordo?
Lo conosco solo da un paio d'ore e...."
"Ma io non ho detto niente di male, ho solo espresso
la mia opinione........ e poi stai arrossendo, lo sai?"
Mi aveva lasciata di stucco. Non avevamo mai parlato di
ragazzi e questi discorsi non erano proprio da lei. Che cosa era successo al
mio canguretto? Perchè si stava comportando in modo strano anche lei?
Probabilmente stava crescendo, non c'era nient'altra spiegazione......
Venni riscossa dall'arrivo di mia madre.
"Ciao a tutti! Allora, come l'avete passata la
mattina? Spero a non stare in casa tutto il giorno! Con questo tempo,
poi......."
"Siamo andate in spiaggia!" rispose Kathy.
"Ah sì? Dove? A La Push? La riserva dei
Quileute?" continuò mamma mentre stava preparando il pranzo.
Riserva dei Quileute?
"Già, abbiamo anche incontrato un ragazzo del posto,
si chiama Jacob." le risposi.
Lanciai un'occhiata di sottecchi a Kathy che intanto con
fare disinvolto stava ridendo sotto i baffi.
"Jacob? Intendi Jacob Black?"
Rimasi di stucco.
"Non so quale sia il suo cognome.....ma scusa, tu
come lo conosci?"
"Sai, oggi al negozio è venuto anche Charlie e quindi
ne ha approfittato per parlarmi di Forks e dintorni. A La Push vive un suo caro
amico, Billy Black, che a causa di un incidente è costretto alla sedia a
rotelle. Ha anche un figlio, Jacob; quindi si dovrà senz'altro trattare della
stessa persona. Charlie mi ha detto che è una brava persona, sei daccordo anche
tu?"
"Già....." risposi pensando ancora alla sua
strana reazione....
Dopo pranzo mia madre e Kathy andarono al negozio e io
decisi di fare una visita a Bella. Una volta arrivata suonai il campanello e
stranamente dovetti aspettare un paio minuto prima che Bella venisse ad aprirmi
la porta. Rimasi un pò scioccata. Aveva gli occhi arrossati, segno che aveva
smesso di piangere da poco, ed era più pallida del solito.
"Tutto bene?" le domandai preoccupata.
Che domanda idiota! Certo che non stava bene!
"Sì,sì, tutto bene.........in verità non va bene per
niente" mi disse malinconica, ma sincera.
"Vuoi che passi a trovarti un altro giorno?" le
risposi comprensiva dopo qualche minuto.
"Sì, forse è melgio........grazie Natasha, sei una
vera amica" e dicendo questo mi mise la mano sinistra sulla spalla. Mi
bastarono pochi secondi per notare che all'anulare non c'era nessun anello.
"Va bene, allora ciao!" feci dietrofront e me ne
andai. Chissà cos' era successo. Di una cosa l'istinto mi portava ad essere
sicura: il suo stato d'animo era coinvolto con la sparizione dell'anello. Forse
Edward e Bella avevano fatto una grande litigata ed era successo qualcosa di
brutto tra loro. La cosa mi sembrava un pò assurda, dato il grande amore tra i
due.
Ero quasi arrivata a casa e qualcosa attirò la mia
attenzione: parcheggiata davanti a casa stava una Volvo grigia sulla quale era
appoggiato niente poco di meno che Edward Cullen. A pochi metri da lui si voltò
verso di me. Il suo sguardo mi blocco le gambe. Non era uno sguardo di
sospetto, nè di sorpresa. Era uno sguardo che esprimeva odio e rabbia. Si
sollevò dall'auto e si diresse verso di me. Più si avvicinava, più il gelo
cresceva. Si fermò a pochi centimetri da me, sempre con quello sguardo
inquietante. Per la prima volta provai paura per Edward Cullen.
Arricciò il naso per qualche motivo che non riuscii a
capire
"Sei andata a divertirti dai tuoi amici Quileute, non
è vero?"
Anche la sua voce non era più melodiosa e dolce, come
l'avevo sentita la prima volta, ma rispecchiava lo sguardo.
"Ch-che cosa vuoi.....?" chiesi in un sussuro
che esprimeva la mia paura.
Lui si limitò a fissarmi per parecchi secondi. Ora il suo
sguardo non emanava solo rabbia e odio, ma anche disprezzo e disgusto. In lui
c'era qualcosa di inquitante, pericoloso. Sembrava una belva feroce pronta ad
assalirmi. Stava nascendo in me un grande desiderio di scappare, ma la mie
gambe non volevano saperne di muoversi.
"Sta lontana da Bella." scandì con decisione.
Senza aggiungere altro salì in auto e se ne andò a gran
velocità. Senza capire quello che era successo corsi in casa e sbattei la
porta. Cosa stava succedendo? Cosa stava succedendo? Cosa stava succedendo?
COSA DIAMINE STAVA SUCCEDENDO ALLA MIA VITA?!?!?!?!?!?!?! Avevo il cuore che
batteva a mille ed il respiro irregolare. Ripensai con terrore alle sue parole.
Come faceva a sapere che ero andata a La Push? Mi stava forse pedinando e
tenendo d'occhio dalla prima volta che mi aveva conosciuta? Mi ritornarono in
mente quegli occhi dorati visti ieri notte e più ci pensavo, più ero convinta
che non fossero un'allucinazione. La testa mi stava girando e dovetti subito
sedermi a terra. Ero spaventata e impaurita. Non pensavo che Edward mi potesse
provocare queste sensazioni così potenti.
Odiavo questo posto. Volevo andarmene via. Perchè mamma
tra tutti i peasini fuori dal mondo di tutta l'America aveva scelto di
traferirsi proprio qui?
Che cosa avrei fatto ora? Continuare a frequentare Bella
senza badare all'avvertimento di Edward, come avrei voluto?
"Stai lontana da Bella." Quelle parole
diaboliche continuavano a rimbombarmi in testa incutendomi terrore. Che cosa
avevo fatto a Edward da spingerlo ad odiarmi in questo modo?
Pian piano il mio respiro si fece sempre più regolare e mi
tranquilizzai. Ripensai ancora a quelle parole e ai quei occhi, ma stranamente
non mi facevano più paura. Ora pensavo ad Edward Cullen non come un essere
pericoloso, ma come un ostacolo tra me e la mia felicità con la mia unica
amica. Non avevo più timore di lui. Una domanda allora mi assalì: perchè dovevo
seguire le sue parole? Perchè non potevo vedere la mia unica amica? Perchè non
potevo essere felice?
Il coraggio aveva sostituito la paura. Avevo deciso: avrei
continuato a frequentare Bella. Edward non era nessuno per me e non aveva il
diritto di darmi degli ordini, tanto meno senza un valido motivo.
Mi alzai convinta e decisa di andare a trovare Bella uno
di questi giorni, quando si sarebbe ripresa.
Avevo tutto il pomeriggio davanti a me e non avevo nessuna
idea su come passarlo. Decisi quindi di vedere com'era la situazione al
negozio. Uscii, andai a prendere la bici di mia madre e pedalai verso il
centro, decisa e convinta di non farmi mettere i piedi in testa da un ragazzo
che neanche conoscevo. Fu allora che scoprii il mio odio verso Edward Cullen.
Non ci misi molto per arrivare. Era tardo pomeriggio e
ormai non c'era più nessuno al negozio, ad eccezzione di una cliente. Era poco
più alta di me, ma dimostrava qualche anno in più. Era molto minuta ed aveva
dei capelli corvini. Mia sorella la guardava ammirata.
"......e poi vorrei provare questo, signora
McAnderson, e questo, e anche questo. Le ho già detto che i suoi vestiti sono
favolosi?"
Era una persona molto esuberante con una voce insolita,
molto simile a quella di un piccolo elfo.
"Sì, me lo hai già detto..." rimase in sospeso
mia madre.
"Alice! Il mio nome è Alice!"
"....Alice. E poi puoi chiamarmi Lilian.........Oh!
Ciao Natasha!" mi disse mamma.
La ragazza, Alice, si voltò subito. La sorpresa che nacque
in me non era tanto dovuta al fatto della sua somiglianza con Edward ed il
dottor Cullen, da cui dedussi il legame di parentela, ma quanto per il fatto
che non smettevo più di incontrare Cullen! Ma quanti erano?! Ad eccezzione
degli altri mi guardava in modo.....come dire.....normale. La cosa mi parve
strana.
"Ciao Natasha! Io sono Alice, la sorella di Edward!
Piacere di conoscerti!" mi disse sorridendo.
Non era possibile. Allora in quella famiglia c'era
qualcuno normale. A differenza del fratello Alice era molto più vivace.....e
soprattutto più gentile.
"Grazie, Lilian, ora devo proprio andare, ma la verrò
a trovare presto, non si preoccupi! Arrivederci!"
"Ciao Alice!" le disse mia sorella, che
sicuramente aveva fatto amicizia con lei.
"Ciao pallina! Ci vediamo Natasha!" mi disse
sorridendo, ancora una volta.
"C-ciao!" risposi io perplessa.
Bhe...allora dopotutto le cose non andavano così male.
"Come mai qui Natasha?" mi chiese mia madre.
"Non sapevo cosa fare a casa e così sono venuta qua.
Cambiando disocrso, hai scovato qualche altro pettegolezzo di Forks?" le
chiesi un pò ironica.
"Bhe, a dir la verità, sì"
Non lo diceva in maniera allegra. Non erano buone notizie.
"Lo sapevi che Bella ed il suo fidanzato avevano in
programma di sposarsi?"
La cosa si stava facendo sospetta.
"Sì, me l'ha raccontato Bella"
"A quanto pare il matrimonio è stato rimandato"
Che cosa??????? Ecco il motivo della sparzione
dell'anello!
"E come mai?" chiesi ancora perplessa.
"Bhe, l'ho saputo da Charlie; è abbastanza sconvolto.
Non ha voluto dirmi nient'altro e posso capirlo."
Il matrimonio era saltato. Non c'era da stupirsi che Bella
fosse così triste; si vedeva la sua felicità quando guardava ammirata il suo
anello. All'improvviso ebbi un' illuminazione. Il rinvio del matrimonio deveva
per forza avere a che fare con il comportamento di Edward nei miei confronti.
La cosa che mi metteva nel panico era proprio quel " nei miei
confronti".
Se il matrimonio era saltato, perchè allora prendersela
con me? Chi ero io per mandare ammonte un matrimonio?
Soltanto allora capii che l'odio di Edward era in parte
giustificato; ma solo in parte. Mi era incombrensibilmente difficile capire
cosa c'entravo io in tutto questo.
Forse effettivamente non era così, forse stavo guardando
le cose dalla prospettiva sbagliata. Non ne stavo venendo a capo, decisi quindi
di non pensarci; ci avrei riflettutto in un altro momento.
Il tempo passò velocemente e dopo che Alice se ne fu
andata non arrivò più nessun' altro cliente, quindi verso sera mamma chiuse il
negozio ed andammo a casa.
"Ehi Natasha! C'è un pacchetto per te!" mi disse
mia sorella che era appena andata a controllare la posta.
Un pacchetto per me? Chi mai poteva essere. Era una
scatola di legno abbastanza lunga con allegato vicino un biglietto.
- Un piccolo pensiero da un "vecchio" amico un
pò troppo sfacciato e vanitoso -
Jacob. Aprii la scatola e dentro c'era un' unica ma bellissima
rosa bianca.
Sorrisii. Eh sì, Jacob era davvero una splendida persona.
Grazie a lui le mie nubi di pensieri e angosce di oggi si erano diramate, come
fa il sole dopo una tempesta.
"Allora allora allora? Chi te la manda?" chiese
mia sorella maliziosa e curiosa.
"Il mio sole personale"e senza dire nient'altro andai dentro casa
lasciando il mio piccolo canguro allibito e un pò confuso.
Ed è finito anche il quinto! Lo so, sta diventando un pò
noioso, sempre più dubbi non svelati, ma non vi preoccupate, tra poco
arriveranno le rivelazioni! Intanto commentate, commentate, commentate! :)
Scusate se il quinto vi sarà sembrato un pò corto,
rimedierò subito con il sesto!
6) Amicizia
Il giorno dopo mi svegliai abbastanza presto. La prima
cosa che vidi fu proprio la rosa di Jacob, che mi fece sorridere. L'avevo messa
in un vasetto vicino al comodino, proprio per vederla ogni mattina quando mi
svegliavo. Era stato un pensiero proprio carino. Mi sentivo in dovere di
ricambiare in modo adeguato. Ma cosa gli avrei mai potuto regalare? Intanto era
meglio se prima di tutto lo andavo a ringraziare di persona. Decisi quindi che
quella mattina l'avrei passata a La Push. Purtroppo guardando fuori dalla
finestra notai che stava iniziando a piovere. Come ci sarei andata a La Push
con questo tempo? Intanto che pensavo su cosa fare andai di sotto a fare
colazione. Là vidi mia madre già sveglia che stava bevendo il suo caffèlatte.
"Ciao piccola, dormito bene?"
"Sì..." le risposi con voce assonnata.
"Allora me lo vuoi dire?" mi disse lei con
curiosità.
"Te l'ho già detto! Noooo!"
Quando ieri mia madre mi aveva visto entrare con una rosa
in mano eraandata tuttas su di giri e
aveva cominciato a tormentarmi per sapere chi mai me l'aveva mandata.
"Va bene, tanto lo so che è stato Mike. Lo sai, credo
che quel ragazzo ti trovi interessante, non ho ancora capito perchè lo tratti
così....."
Ecco come rovinarmi una giornata iniziata bene. Non sapeva
quanto si sbagliava. Se a mandarla fosse stato Mike quella rosa non si
ritroverebbe proprio sul mio comodino....
"Senti, cambiando argomento, oggi puoi accompagnarmi
da Jacob prima di andare in negozio? Vorrei vedere a che punto è con la mia
bici."
"Sì certo........e comunque perchè non vai al cinema
con Mike un giorno di questi? Sarebbe una cosa carina da fare....."
Niente da fare, quando voleva mia madre poteva essere
veramente molto ottusa. Con un sospiro cominciai a prepararmi il latte. Però,
l'idea del cinema non era male. Ci sarei dovuta andare con Jacob uno di questi
giorni. Oppure con Bella. Non avevo ancora rinunciato ad andarla a trovare. Era
brutto da dire, ma sembrava quasi che lo volessi fare per disubbidire a Edward
e non tanto per andare a trovare un'amica.
Quando scesi dalle scale pronta e vestita mia madre mi
stava già aspettando in macchina. Da quando mi ero svegliata aveva continuato a
piovere sempre più, ma man mano che ci avvicinavamo a La Push la pioggia
diminuiva sempre più.
Le dissi dove Jacob abitava e quando arrivammo lo vidi lì,
fuori casa che ci guardava.
"Piacere, sono Jacob Black." disse educato a mia
madre prima di darle la mano.
"Anche per me è un piacere Jacob, chiamami pure
Lilian. Ho sentito molto parlare molto di te dall'ispettore Swan."
Sentendo quel nome si rabbuiò impercettibilmente, ma io lo
notai. Possibile che Jacob avesse avuto a che fare con Bella? Mi promisi di
chiederglielo.
"Bhe....spero che abbia parlato bene......"
continuò lui sorridendo.
"Certo, non ti preoccupare. Ora devo proprio andare
se no farò tardi. Mi raccomando, trattala bene!" disse salendo in
macchina.
"Non si preoccupi! La tratterò come una rosa!"
Detto questo mia madre accese il motore e se ne andò.
"......e a proposito di rose...." gli dissi io
avvicinandomi.
"Rose? Hai per caso ricevuto rose da un affascinante
e intelligente ragazzo, per caso?" mi rispose trattenendo un sorriso.
"No, in realtà le ho ricevute da un vecchio amico
sfacciato e vanitoso, per caso tu lo conosci?" chiesi stando al gioco.
"Non lo so, proverò a chiedere in giro......"
Ormai un sorriso a trentasei denti comparve sulla sua
faccia.
"Grazie tante per la rosa." dissi, questa volta
seria.
"Sta tranquilla, era solo un pensiero....."
rispose lui a tono, un pò imbarazzato con gli occhi bassi.
Se c'era qualcosa che apprezzavo veramente in Jacob era il
fatto che sapeva stare serio quando era il momento, a differenza di molti
ragazzi della sua età molto meno maturi.
"Allora, hai finito di aggiustarmi la bici?" mi
ridestai io dai miei pensieri.
"Sì, Natasha, grazie per avermelo chiesto, io sto
bene e tu?" mi disse ironico con un tono di voce leggermente alto.
"Cosa ti sorprendi? Sono venuta solo per vedere come
sta la mia bici, sai?" risposi io a tono.
"Oh, giusto giusto. Quasi me ne dimenticavo. Comunque
ho già finito di aggiustartela, vieni te la mostro, è in garage."
Quando la vidi era come nuova.
"Incredibile!" dissi stupefatta andandole
incontro "ma come hai fatto in così poco tempo?"
"Bhe, devi ammettere che il meccanico vanitoso ha i
suoi buoni motivi per vantarsi un pò...."
"Questa volta sono d'accordo con te, allora non
mentivi quando dicevi che eri in grado di fare magie" dissi ancora
allibita.
"Vedere per credere! Ti dispiace se mentre parliamo
lavoro un pò? Devo cercare di capire cosa c'è che non va nella mia auto."
"Certo, mi piacerebbe vedere il meccanico vanitoso
compiere la magia." dissi mentre mi sedevo su uno sgabello un pò rovinato,
ma ancora solido. Lui in risposta sorrise di sottecchi.
"Come mai eri fuori quando sono arrivata? Sapevi già
del mio arrivo?" gli chiesi dopo pochi secondi.
"In realtà ero certo che saresti venuta questa
mattina. Sapevo che a causa del mio fascino ti eri completamente invaghita di
me e non saresti riuscita ad aspettare più di un giorno." disse
guardandomi con finta non curanza, per poi tornare al lavoro.
"Oh, sì, certo, hai ragione. Infatti proprio ora che
sono davanti a te a fatica riesco a trattenere la voglia di saltarti
addosso." gli risposi io con lo stesso tono.
"e allora perchè non lo fai?"
Era stato un sussurro impercettibile. Non ero del tutto
sicura di averlo sentito.
"Scusa, cosa hai detto?" gli chiesi sorpresa.
"Eh? No, niente" disse voltandosi verso di me
"Allora, parlami un pò di te.....in effetti conosco solo il tuo nome e
dove abiti."
"Va bene, cosa vuoi sapere?"
"Cominciamo con il cognome" disse mentre
continuava a lavorare.
"McAnderson"
"McAnderson? Carino come cognome.....Da dove viene,
allora, signorina McAnderson?"
"Da New York."
"Caspita! La Grande Mela! E come mai una newyorkese
si trasferisce in un paesino piccolo come Forks?"
La domanda non mi mise a disagio. Da poco avevo imparato
che il secondo impatto era molto meno brusco del primo.
"Perchè mio padre è morto" risposi tranquilla.
Jacob smise subito di lavorare e si girò con
un'espressione mortificata verso di me.
"M-mi dispiace, Natasha. Non volevo toccare un tasto
così delicato...."
"Non ti preoccupare, ormai tutto è passato."
dissi sincera, perchè era vero; Natasha McAnderson aveva accettato la morte di
suo padre, finalmente. Solo in quel momento me ne rendevo conto.
“Lo sai, anche mia madre è morta, perciò posso capire come
ti senti….” disse un po’ amareggiato.
“Davvero?” chiesi sorpresa.
“Sì…..”
Passammo qualche minuto in silenzio.
"Posso farti una domanda?"
"Certo."
"Conosci Isabella Swan?"
La chiave inglese che stava usando gli sfuggì di mano e
cadde a terra provocando un rumore sordo. Il suo sguardo si incupii di nuovo.
"Sì" rispose malinconico, dopo pochi secondi.
Anch'io non avevo toccato un tasto molto delicato, ma lui
continuò lo stesso a parlare.
"Era la mia migliore amica, tempo fa. Ad essere
sinceri non era esattamente solo un'amica, ma la persona che amavo.
A un scelto punto ha dovuto scegliere, ma non ha scelto
me. E così........bhe, non ci parliamo molto. Anzi non ci parliamo per niente.
Ha deciso di tagliare tutti i contatti e non ci sentiamo da mesi ormai. Però io
rimarrò sempre un suo amico e ci sarò sempre per lei.Però............mi manca, mi manca
tantissimo."
Più parlava più si rattristava. I suoi occhi erano pieni
di dolore e agonia. Si vedeva he aveva sofferto. Mi faceva male vederlo così.
Il sole non poteva rattristirsi. Soprattutto il mio. Se no come poteva
illuminare le persone con i suoi raggi luminosi?
"Se ti fa male parlarne va bene. Non sei
costretto...."
"No, invece mi fa bene parlarne con qualcuno. E sono
contento che questo qualcuno sia tu."
Mi guardò ancora con quello sguardo, che mi fece ancora
arrossire.
"Caldo?" fece lui ironico.
"Caldo." confermai.
Lui in risposta tornò a lavorare con un sorriso.
"E quindi........io sono per te un'amica con cui
sostituire in parte Bella?"
Brutta domanda! Non dovevo proprio fargliela. Ma invece di
incupirsi ancora di più Jacob mi guardò con attenzione, come se stesse cercando
le parole giuste.
"Non esattamente....." disse alla fine
sorridendomi.
"E cosa intendi con "Non
esattamente"?" gli feci curiosa.
"Quello che ho detto: non esattamente.." mi
rispose neutro.
Avevo imparato che in questi casi non era buona cosa
insistere.
".......devo dedurre che i Cullen non ti stiano molto
simpatici allora...." la buttai lì, ormai pronta a rischiare.
" Soprattutto i Cullen non mi stanno
simpatici........"
Il suo tono di voce mi spaventò. Più che a una voce
sembrava il ringhio furioso di un lupo. Lui mi guardò.
"Scusami tanto"
"Non è niente...."
E quel tipo di conversazione finì lì. I miei tentativi di
capirci qualcosa di questa faccenda fallirono ancora una volta. Ormai mi ero
quasi rassegnata, quasi. Passammo il tempo a parlare di cose abbastanza inutili
e a farci domande talvolta anche stupide, ma tutto ciò con Jacob si trasformava
in qualcosa di assolutamente divertente e comico. E io avevo tanto bisogno di
ridere. Da troppo non lo facevo.
"Grazie, Jacob" gli dissi ad un certo punto, tra
una risata e l'altra.
"E di cosa mai, signorina McAnderson?"
"Di essere il mio sole."
Finalmente gli avevo detto quello che pensavo. Lui rimase
pietrificato.
"Quindi io sarei il tuo sole?"
Annuii. Lui in risposta cominciò a guardarmi con quello
sguardo che, lui lo sapeva bene, mi faceva arrossire. Restammo in quella
posizione per molti minuti, troppi.
"Ehm......forse è meglio che vada, tra poco sarà ora
di pranzo...." dissi distogliendo la sguardo da quel mare nero. Lui sembrò
dispiaciuto che avessi staccato gli occhi dai suoi.
"Ah, va bene.........vuoi che ti accompagni io? Mi
spiace ma non puoi ancora usare la bici; mi manca da fare ancora una
cosa."
"Oh, bhe, sì, gra..."
Non mi fece finire che mi porse un casco. Rimasi allibita.
"Mica mi vorrai salire su quel coso.." dissi
indicando la moto parcheggiata non molto distante dall'auto.
"Primo: non si chiama "coso", ma
"moto", nel caso non lo sapessi, secondo: non ho a disposizione altri
mezzi, terzo: di cosa ti spaventi? Non ho intenzione di farti sfracellare
sull'asfalto. Mica avrai paura?" mi disse con un sorrisino strano.
"N-no, certo che no.."
La mia vocale mi ingannò.
"Non ti preoccupare, te lo promesso che andavo piano,
no? Forse non ti fidi di me?"
Mi aveva messo alle strette. Non accettare voleva dire che
non mi fidavo di lui. Arresa presi il casco e me lo indossai.......ovvero,
cercai di indossarlo. Non ero molto pratica di caschi e quindi nonostante
cercassi di farlo entrare quello non ne voleva sapere. D'altra parte Jacob
cominciò a ridere divertito, ma mi aiutò comunque. Dopo aver portato fuori la
moto se ne mise uno in testa anche lui e salì in sella.
"Si accomodi, signorina, sul mio nobile
destriero!" fece lui, probabilmente per alleggerire la mia tensione.
Un pò incerta riuscì a salire dietro di lui.
"Dica al suo nobile destriero di andare al passo,
Messere" gli risposi io titubante.
"Te lo già detto che quando vuoi sai proprio essere
noiosa?" disse lui mettendo in moto.
Sentivo l’aria attraversarmi i vestiti e l’adrenalina a
mille. Le mie braccia si erano avvinghiate in una strana morsa attorno al suo
stomaco e a ogni curva si stringevano ancora di più. A lui sembrava piacere
questa situazione; a me per niente. Arrivammo in poco meno di dieci minuti, ma
anche dopo che aveva spento il motore le mie braccia non volevano staccarsi da
lui.
“Siamo arrivati, se non l’hai notato……. Ora puoi anche
staccarti.”
Ma io non mi mossi. Raramente avevo provato questo tipo di
paura. A confronto gli occhi di Edward di ieri erano dolci come caramelle!
Capendo che forse c’era qualcosa che non andava Jacob mi prese delicatamente le
mani e sciolse la mia presa senza tante difficoltà. Quando le sue mani
entrarono in contatto con le mie notai che erano caldissime, come se stessero
andando a fuoco. Ma al momento ero troppo impaurita per pensare alle mani
Jacob. Quando toccai i piedi per terra mi sentii abbastanza meglio.
“Toglimi immediatamente questo affare, chiaro?”
Nonostante cercassi di mostrare un tono arrabbiato lui non
si scompose, anzi, cominciò a togliermi il casco ridendo.
“Ma sei matto?! Avevi promesso che saresti andato
piano!”gli disse incavolata nera.
“Infatti, sono stato bravo, non ho superato i 150.” disse
con voce innocente.
“E per te 150 km/h sono pochi?!” gli gridai.
“Sì” mi rispose lui calmo e sincero.
“Sappi che non mi porterai mai su quel coso.”
“Si chiama moto” mi corresse lui non curante.
“mmmhh…..” stavo fremendo dalla rabbia. Dovevo sfogarmi.
Gli diedi uno spintone cercando di fargli del male, ma riuscii solo a spostarlo
di pochi passi. Quel ragazzo era un vero e proprio colosso.
“Ehi, ehi! Calmati tigre! Non sarai mica arrabbiata con
me, vero?” mi disse innocente. Non lo aveva ancora capito, eh?
“Ohh, che perspicace! Ma da cosa lo hai mai capito?”
continuai a urlargli contro. Per fortuna che mamma non era ancora tornata! Se
no chissà cosa avrebbe detto…..
“Mi dispiace, non me n’ero reso conto.” disse lui sincero.
Il suo noto dispiaciuto mi fece passare l’arrabbiatura. Se
era vero che non l’aveva fatto apposta non era giusto continuare ad incolparlo.
“Va bene, sei sincero, ti perdono, ma impara ad andare più
piano, d’accordo?” gli dissi arresa.
“Andare più piano? Ma se vado ancora più piano è come se
stessi fermo!Uffa…….non ti prometto niente, ma sappi che mi impegnerò…..” mi
disse amareggiato “Credo che devo trovare il modo di farmi perdonare, non
credi?” continuò come se avesse avuto un'lluminazione.
“Credo bene” gli risposi convinta.
“Senti, stasera si terrà alla spiaggia il raduno degli
anziani. Non è niente di che, verranno raccontate le storie del nostro popolo,
ma ci terrei tantissimo che tu venissi.”
Storie popolari Quileute…….. non suonava male.
“A che ora mi passi a prendere?”
“Alle nove va bene?” mi disse contento.
“Certo!”
“Allora a dopo, Natasha”
Senza rendermene conto mi diede un veloce bacio sulla
guancia, si mise il casco e se ne andò veloce.
Rimasi per un po’ lì, impalata, con la mano sulla guancia.
Che dolce che era stato. Era proprio un grandissimo amico. Contenta aprii la
porta.
“TI HA BACIATA! TI HA BACIATA! VI HO VISTI!”
Cavolo, a mia sorella non avevo proprio pensato. Ci avrà
guardati per tutto il tempo. Intanto mi stava girando attorno come una palla
rimbalzante e stava cominciando anche a darmi sui nervi.
“Smettila Kathy! Era solo un bacio sulla guancia! Niente
di che!” le dissi nervosa.
“Ma però non puoi negare che tu non piaci a lui! Ti ha
anche regalato la rosa!”
Mi bloccai. E se le sue parole avessero un fondo di
verità? Se veramente Jacob provava per me qualcosa? Ripensai alle sue parole e
mi rilassai. Me l’aveva detto lui stesso che non ero un rimpiazzo di Bella, che
era la persona che amava. Ergo lui non provava niente del genere per me. Fine.
“Ma……scusa un momento……. Come fai a sapere che me l’ha
mandata Jacob? Mica sarai andata a leggere la mia lettera!” chiesi indignata.
“Bhe…..era lì sul letto ed è probabile che le abbia dato
un’occhiatina……” ammise imbarazzata.
“Come ti permetti di andare a rovistare nella mia roba?”
le risposi indignata.
“Buongiorno a tutte!” disse mia madre entrando.
“Non dire niente a mamma, ok?"
Lei annuì e se la conoscevo bene mi sarei potuta fidare di
lei. Non che mi vergognassi di dirglielo, anzi, ma purtroppo ho imparato a mie
spese che non era una buona idea parlare con lei di queste cose. Aveva sempre
il vizio di ingigantire la cosa.
E con questo è
finito anche il sesto capitolo! Spero ke la trama vi stia coinvolgendo come
coinvolge me (e se non mi coinvolgesse sarebbe piuttosto grave) anche perchè mi
sto divertendo tantissimo a scrivere! Spero commentiate questo capitolo come
per i precedenti!
x becky cullen: Sono contentissima che tu abbia
commentato! Presto ai tuoi dubbi verrà data una risposta! Continua ancora a
leggere e, se ti va, a commentare! Grazie per l'appoggio e per il complimento!
x magicrossy: Grazie Rox per avere ancora una volta
commentato e per tutti i tuoi complimenti che ad ogni tua recensione mi fai!
Spero che anche questo capitolo ti sia piacciuto! Continua a commentare e
grazissime ancora!
Finito il pranzo, dopo che mia madre e mia sorella erano andate al negozio, iniziai a riflettere; su tutto:
dall’arrivo a Forks fino all’invito di Jacob per questa sera. Devo ammettere che le storie
popolari dei Quileute mi attiravano
moltissimo, nonostante non ne avessi mai sentita raccontare una. Mi ritrovai a
pensare poi al triangolo Jacob-Bella-Edward.
Chissà cos’era successo tra quei tre. Non erano affari
miei, ma ero più che sicura che tutti e tre in un modo o in un altro avevano sofferto. Non avevo mai vissuto in prima persona una
situazione del genere, ma il mio istinto mi spingeva a credere a questo. Poi
pensai a Bella. Essendo “quella di mezzo” poteva essere la persona che aveva
sofferto di più. Povera Bella. E per qualche strano motivo, che avevo grandi sospetti che c’entrasse con me, il suo
matrimonio, probabilmente il sogno della sua vita, con la persona che più amava
in questo mondo, ma che io odiavo, era stato rinviato e per questo stava
soffrendo ancora, come se non bastasse.
Dovevo andare a parlare con lei. Dovevo sapere se il suo
matrimonio era saltato a causa mia, per quanto la cosa mi sembrava strana. E
poi mica potevo presentarmi lì e dire “Ciao Bella,
senti volevo solo sapere se il motivo del rinvio del tuo matrimonio sono io.”
……………ma che altre scelte avevo?
Cominciai allora ad incamminarmi verso casa Swan.
Rimasi qualche secondo davanti alla sua porta, indecisa se
suonare il campanello o no. Forse era ancora presto?
Forse non si era ancora del tutto ripresa? Decisi che era meglio andarla a
trovare un altro giorno, per sicurezza. Dopo pochi passi però fui costretta a
ritornare indietro. Non potevo andarmene! Dovevo conoscere la verità! Avevo il
pieno diritto di sapere se la mia amica stava soffrendo per colpa mia. Suonai con convinzione il campanello, ma subito me ne
pentii. Ero ad un passo dallo scappare via quando la
porta si aprì. Mi ritrovai una Bella ancora pallida e sciupata, ma non appena
mi vide le si dipinse un sorriso.
“Oh! Ciao Natasha! Entra pure!”
mi disse contenta, per quanto poteva esserlo…..
Bhe…..finora
tutto bene…
“Allora? Come stai? Hai conosciuto qualcuno di nuovo?” mi chiese lei con garbo.
“Sì, va tutto bene…”
Preferii evitare di rispondere alla seconda domanda per
ovvi motivi.
“Mi dispiace per il matrimonio…..”
le feci con gentilezza.
Bhe, non era male come inizio, molto meglio di “Ciao Bella, senti volevo solo
sapere se il motivo del rinvio del tuo matrimonio sono io.” Complimenti, Natasha, stiamo migliorando.
Lei non rispose. Si limitò a guardare il
tavolo inespressiva. Lo sapevo che era una brutta idea venire!
Tutto ad un tratto la porta si spalancò ed entrò in cucina
Edward peggio di una belva. Non fui sorpresa che
sapesse che ero lì; se mi stava tenendo costantemente d’occhio sapevo che
sarebbe arrivato prima o poi. I suoi occhi questa
volta non erano semplicemente arrabbiati, erano infuriati, ma non mi facevano
paura. Ero certa che non mi avrebbe mai fatto del male con Bella presente.
“Edward! Cosa
ci fai qui? Carlisle ti ha proibito
di venire!” iniziò lei agitata.
Ma lui sembrò ignorarla, perché
era tutto concentrato su di me.
“Dimmi, McAnderson, cosa non ti è chiaro della frase “Sta lontana da Bella”?”
La furia deformava sia il suo viso che
la sua voce. Inoltre i suoi occhi, stranamente non più dorati ma neri,
incutevano ancora più terrore. In quel momento più che un
umano sembrava un demone. Ma il secondo impatto
per me era molto meno duro del primo, pertanto non mi spaventai.
“Le avresti detto di stare
lontano da me?”
Bella era allibita. Probabilmente non le aveva raccontato della nostra piccola discussione. Le sue parole si
persero nell’aria; questa era una battaglia tra me edEdward.
“Il perché lo dovrei fare. Scusa, ma non è nella mia
personalità stare agli ordini di una persona di cui conosco a malapena il nome.
Quindi, se di grazia mi potessi illustrare il motivo per cui
io non dovrei frequentare la mia amica, mi faresti un grande piacere.”
La mia voce era decisa e sicura e mi sorpresi io stessa
delle parole che dissi.
Lui non rispose, ma mi continuò a guardare con occhi che si infuriavano sempre più. Stava perdendo la calma, lo
sapevo.
“Perché le hai detto di stare
lontano da me, Edward?”
Il secondo tentativo di Bella non fu vano.
“Bella, se a causa sua non posso starti vicino io, perché
lo dovrebbe fare tranquillamente lei?” le rispose calmo, ma senza staccarmi gli
occhi di dosso.
Per me quelle parole sembravano incomprensibili.
“Cosa intendi dire con questo? Io
non sono pericolosa per nessuno……..”
La perplessità aveva sostituito la decisione. La furia
sembrava attenuarsi di un poco in Edward, ma solo di
poco.
“Tu non sai cosa sei….ed è meglio così.”
La perplessità aumentò ancora di più; più Edward parlava, più le sue parole mi parevano inspiegabili.
“Che cosa vorresti dire, Edward?” dissi con voce un po’ tremante; mi stavo
cominciando a spaventare veramente.
“Stai lontano da Bella, per favore…….”
Il suo non appariva più un ordine, quasi una supplica, ma
la furia era ancora molto visibile.
“…..e se ti importa qualcosa dei
tuoi amici Quileute sarà meglio che tu stia lontano
anche da loro…….anzi, se proprio vuoi salvare la vita a tutti sarebbe meglio se
tentassi di suicidarti…..”
Era serio, non stava scherzando. Che cosa diamine stava dicendo? Le sue parole mi avevano
fatto paura, molto paura. Cominciai a tremare; il gelo
stava tornando. Perché mi aveva detto quelle orribili
cose?
“Edward! Perché
glielo hai detto?”
Bella sembrava arrabbiata e sapeva cosa stava succedendo,
ma non mi aveva mai detto niente.
“B-Bella, t-tu sai cosa sta suc-ccedendo?”
non riuscivo quasi più a parlare dalla paura.
Lei mi guardò mortificata. Sì, sapeva cosa stava
succedendo.
“P-per favore, Bella t-ti prego,
dimmi cosa sta succedendo…” le dissi mentre mi
avvicinavo a lei.
“Sta lontana da lei!” mi disse Edward
con un sussurro arrabbiato che valeva più di mille urla.
Mi bloccai con la testa bassa e le lacrime agli occhi. Senza
dire una parola presi e me ne andai correndo. La mia
mente voleva smettere di pensare e ricordare, ma era impossibile. Non tornai a
casa, ma non sapevo neanche dove stavo andando. Più correvo, più copiose
lacrime scendevano dal mio viso, così da impedirmi di capire dove mi recavo.
Cosa volevano dire le parole di Edward?
Perché dirmi una cosa del genere? Perché
a tutte le domande che avevo in testa nessuno mi dava una risposta? Perché quasi tutti si dovevano comportare in modo strano? Perché tutto questo stava capitando a me?
Più pensavo, più piangevo. Dovevo
smettere di pensare; ma era inutile, non ci riuscivo.
Quando le lacrime si fecero più rade ormai
mi facevano male le gambe, ma non m’importava, volevo continuare a correre,
dovevo, come se farlo fosse indispensabile per non pensare. Dovevano essere
parecchi minuti che correvo, oppure erano ore; non lo sapevo e non era
importante per me in quel momento. Capii che ero finita nella foresta, che
equivaleva a dire che mi ero persa. Non guardando dove
stavo andando mi ferii parecchie volte alle braccia e al viso. Non dovevo
essere un gran bel vedere, ma mi era assolutamente irrilevante.
Superato l’ultimo cespuglio mi si presentò una scena di
cui in un qualsiasi altro momento ne sarei rimasta sbigottita: tre lupi mi
stavano fissando con i loro occhi neri; ma non erano semplici lupi. Erano alti come cavalli, avevano una corporatura simile a
quella di un orso ed affilate fauci. Non avevo mai visto delle creature del
genere. Se fossi stata cosciente me la sarei data a
gambe senza pensarci due volte, ma non ora; avevo le gambe distrutte e tutto il
corpo indolenzito per la lunga corsa. Restai quindi immobile, ansimando e con
il viso zuppo per le lacrime che ancora non cessavano di scendere.
Due di quei due lupi mi guardarono
con sguardo sospetto. Avevano intenzione di attaccarmi, ne ero
certa. Solo grazie all’intervento del terzo stettero immobili. Aveva un lungo
pelo rossiccio. Lentamente mi si avvicinò. Non sembrava volesse farmi del male.
Riuscii a sentire il suo caldo respiro sul mio viso
bagnato. Io rimasi ancora immobile. Cominciò ad accarezzarmi la guancia bagnata
con il naso umido e a strofinare lentamente il muso contro il mio viso. Poi
emanò un guaito; era triste. Che strano, sembrava
quasi che cercasse di consolarmi.
Si staccò improvvisamente da me e insieme ai suoi compagni
se ne andò. Furono velocissimi, perciò non ero più di
tanto sicura di quello che avevo visto, ma sembrava che ognuno di loro avesse
legato alla zampa posteriore qualcosa. Sembrava stoffa.........non
potevano mica essere.........dei pantaloni?
Solo allora sentii la stanchezza ed il dolore e crollai a
terra distrutta. Vedevo la luce filtrare dagli alberi e sentii piccole gocce di
pioggia sul mio viso. Il mio respiro si era fatto leggermente più regolare, ma
in compenso mi era venuto un grandissimo mal di testa.
Fermandomi l'ossigeno era arrivato al cervello e mi aveva
permesso di pensare più lucidamente. Ero scappata in un bosco senza nemmeno
sapere dove andare e mi ero persa. Se non fossi ritornata per cena avrei fatto preoccupare a morte mia madre e mia
sorella, di nuovo. Inoltre stavo per essere sbranata da un trio di lupi che tanto lupi poi non erano. Dovevo alzarmi e fare qualcosa,
subito, ma non ne avevo le forze; mi sentivo debole e
vulnerabile.
La stanchezza mi spinse a chiudere gli occhi. No, Natasha, no, non puoi addormentarti ora, non puoi! Niente da fare, entrai nel mondo dei sogni e chissà se
mai ci sarei uscita.
Sentivo caldo, tanto caldo. Era una sensazione piacevole. Se era un sogno, non volevo svegliarmi. Avrei
voluto rimanere così per sempre. Che dolce
tepore. Mi spostai molto lentamente dall'altro lato; ero sdraiata su qualcosa
di morbido.
"Lo so che sei sveglia, Bella Addormentata......."
Era una voce familiare.......troppo familiare.
Mi volsi verso il mio interlocutore e aprii piano gli occhi. Mi trovai JacobBlack davanti che mi fissava
divertito, ma anche molto preoccupato.
Lentamente mi tirai su e cercai di capire dove mi trovavo.
Ero distesa su un comodo letto a due piazze avvolta in un soffice piumone.
Guardandomi intorno capii che probabilmente ero in camera sua. Lui era seduto
non molto distante da me su una sedia accanto al letto.
"Per quanto ho dormito?" chiesi con voce roca.
"Solo un paio d'ore..........che cosa stavi
combinando, Natasha?" mi disse con voce seria e
molto preoccupata.
Non sapevo cosa rispondergli, anche perché non lo sapevo
nemmeno io. Mi limitai ad abbassare lo sguardo.
"Natahsa, ti ho trovato per
pura fortuna! Cosa ci facevi nel bosco svenuta e ferita?"
disse alzandomi e prendendomi le spalle per farmi voltare verso di lui.
"Poteva succederti qualcosa di brutto, visto che non credo tu conosca quella zona."
Non sapevo cosa dire. Aveva ragione, su tutto. Mi ero
comportata come una perfetta idiota. Mi sentivo così confusa.
"Ti prego, Natasha, se c'è
qualcosa che non va, ti prego, parlane con me..."
Il suo viso si stava facendo sempre più vicino al mio.
D'altra parte io continuai a stare in silenzio. Non volevo coinvolgerlo nei
miei problemi. Dopo alcuni minuti lui mi lasciò le
spalle e si allontanò rassegnato.
"Se hai bisogno di qualcosa
mi trovi in salotto......" disse dirigendosi
verso la porta con voce un po’ delusa..
Se in quel momento avevo bisogno
di qualcosa, quel qualcosa era proprio lui. Mai avevo avuto così bisogno di lui
come in quel istante. Avevo bisogno di un'ondata di
raggi luminosi che spazzassero le mie fitte e dense
nubi.
"Non te ne andare, per favore......"
gli dissi alzandomi dal letto, timorosa che non mi
desse retta.
Lui si fermò. Nel frattempo io gli andai incontro e quando
lo raggiunsi gli avvolsi i fianchi con le mie braccia, esili a confronto con le
sue. Appoggiando la guancia sul suo petto sentii un'ondata di dolce calore
avvolgermi. Jacob era veramente molto caldo, troppo
caldo, ma in quel momento quel tepore era più che
apprezzato.
"Ho bisogno di te......"
gli dissi in un sussurro.
Lui mi ricambiò stringendomi tra le sue braccia. Il caldo
aumentò. Si stava così bene.....
Staccai la guancia da lui per pochi secondi e notai
che..........era senza maglietta? Un po’ imbarazzata
mi staccai da lui, cosa che a lui parve non piacere
molto.
"Cosa c'è?" chiese lui
un po’ scocciato.
"S-sei senza maglietta?"
gli domandai rossa in viso.
Lui mi guardò male.
"Sì, allora? Perché, ti imbarazza?"
"Io.....ecco.....è
che......" mi stavo impappinando da sola.....
"Non c'è problema, mi metto subito su qualcosa..."disse aprendo il suo armadio
in cerca di una maglietta da mettersi, ancora un po’ allibito. Non che io non abbia mai visto un ragazzo senza maglietta, ma in questo
caso vedere Jacob così mi provocava un certo effetto,
che non riuscivo a spiegarmi neanch’io; forse questo
imbarazzo era dovuto proprio al fatto che lo conoscevo.
Notai i suoi pantaloni. Erano dei pantaloncini neri in
tuta che gli arrivavano fino al ginocchio. Assomigliavano molto a quelli che mi
era parso portasse il lupo rossiccio che mi si era
avvicinato.
Lui notò l'oggetto che stava osservando e sospirò.
"Allora, ti spiego, questi si chiamano
"pantaloni"" disse in tono da presa in
giro indicandoli " e servono per essere indossati. Quelli che sto
indossando io si chiamano pantaloncini, perché arrivano fino al ginocchio,
mentre quelli che indossi tu...."
"Smettila, stupido!" gli urlai ridendo tirandogli un cuscino che lui
prontamente prese.
"Allora lei vuole la guerra, signorina McAnderson..."mi disse lui in tono di sfida.
"Non aspetto altro, signor Black"
gli risposi a tono prendendo un altro cuscino.
"Lei è cosciente che non intendo risparmiare alcun
colpo nonostante lei sia una donna, non è vero?" continuò lui allerta,
come un predatore che sta studiando la preda.
"Ne sono più che consapevole, non si preoccupi...."gli risposi a tono.
"Bene...."
Iniziò così la battaglia. Ero da sempre stata imbattibile
nelle lotte con i cuscini. Nessuno era mai riuscito a sconfiggermi. Questa
volta tuttavia avrei dovuto accettare la sconfitta. Jacob
era troppo forte anche per me. Tra lanci di cuscini, piume da tutte le parti e
risate ci trovammo a fronteggiarci sul letto.
"Allora, ha deciso di arrendersi, signorina McAnderson, o vuole continuare finché morte non
sopraggiunga?" mi chiese lui ironico.
"Arrendermi? Piuttosto la morte!" gli risposi a
tono.
"Come vuole......"
Fu velocissimo; mi tolse il cuscino di mano, mi bloccò i
polsi con le mani e mi si mise sopra. Io rimasi impressionata dalla sua
velocità.
"Credo che debba ammettere la sua sconfitta,
signorina McAnderson....."
disse lui spavaldo.
"Eh, già"
Mi guardò intensamente per pochi secondi.
"Vieni, voglio farti vedere una cosa" disse
alzandosi e andando a prendere un altro paio di pantaloni.
Chissà cosa voleva fare.
"Forza, non ti mangio mica!"
Era serio, nonostante la battuta. Gli obbedii e lo seguii
fuori casa.
Ci addentrammo nella foresta adiacente a casa sua. Chissà dove mi voleva portare. Poco dopo ci fermammo.
"Cosa ci facciamo qui?"
gli chiesi curiosa.
"Ti devo fare vedere una cosa......." mi disse lui ansioso.
"Avrai sicuramente notato che la mia pelle è molto più
calda della norma..."continuò
lui
Io annui per dargli coraggio. Era davvero difficile per
lui spiegarmi.
"Bhe......non
è che sia un fatto proprio normale, questo perché la mia temperatura corporea è
di circa 42°C...."
Lo guardai sorpresa. Non stava scherzando,
era serio.
"C-come fai a non essere in
fin di vita, allora?"
"Io......io non sono un
normale........essere umano." disse alla fine
lui. Si stava davvero impegnando per trovare le parole giuste.
"C-che cosa vorresti
dire?" gli chiesi ancora più sorpresa.
"Voglio dire che io sono un
licantropo, Natasha" ammise lui alla fine tutto
ad un fiato.
Si conclude così anche il settimo
capitolo e finalmente Natasha ci sta cominciando a
capire qualcosa (insomma.......)!
Un grazie speciale a tutti coloro
che seguono la mia fanfic e soprattutto a coloro che
mi incoraggiano con i loro commenti!
Forse già dal prossimo capitolo si comincerà a rivelare
qualcosa, ma non ne sono ancora sicura (anche perchè
lo devo ancora scrivere, ma ho già un'idea.....)
quindi continuate a leggere e a commentare! Anchegrazzissime a tutti!
xbeckycullen: grazie ancora per tutti i tuoi commenti e i
tuoi incoraggiamenti! Aspetta ancora un po’, non manca molto ormai alla “rivelazione”^^
x CAMiL92: grazie tanto per aver
commentato! Spero che ti sia piaciuto anche questo! Kiss
ricambiati
x jena92: sono contentissima che
la mia storia ti abbia entusiasmato! Continua ancora a leggere e commentare! Grazie
ancora per i complimenti! Baci baci!
Licantropo? Dire che ero confusa
era un eufemismo…..
“Lo so, è difficile da crederci.....
quindi voglio fartelo vedere.”
Si tolse la maglietta e me la diede insieme ai pantaloni
presi poco prima.
“Forse ti potresti spaventare, ma non ti preoccupare, non
ti farò del male.”
Mi stava guardando come se sarei scappata da un momento
all’altro. Si vedeva che era difficile per lui, ma io non intendevo fuggire. Io
di Jacob mi fidavo.
Mi guardò un’ultima volta prima di chiudere gli occhi e
cominciare a tremare. La sorpresa fu grande. Un attimo prima
lì, a pochi metri da me c’era il mio amico Jacob,
adesso invece al posto suo era comparso lo stesso lupo rossiccio di prima.
Allora i pantaloni non erano stati un’allucinazione. Alla sua vista non mi
spaventai, anzi, quel lupo assomigliava a Jacob più
di quanto immaginassi; aveva gli stessi occhi neri.
“Allora eri stato tu prima…..” gli dissi sorridendo e avvicinandomi ancora un po’ sconvolta.
Lui in risposta annuì. Alzai lentamente la mano e
cominciai ad accarezzargli il muso. Il suo pelo era caldo. D’altra parte lui
incominciò a leccarmi il viso.
“Ehi! Dai! Smettila!” gli dissi
ridendo.
Lui smise e si accucciò accanto a me. Con il muso indicò
la sua schiena. Voleva che mi sedessi sopra di lui. Io lo guardai incerta; lui
rispose abbaiando. Sembrava un ordine.
“Va bene! Va bene! Va bene! Va bene! Salgo! Non serve fare
tante storie! Ma guarda che non mi preoccuperò di
tirarti il pelo se andrai troppo veloce……” dissi salendogli in groppa con
ancora in mano i suoi vestiti. Lui sembrava soddisfatto e partì.
Lo avrei ucciso. Lupo o no JacobBlack sarebbe morto. In confronto il viaggio in moto
era stato una passeggiata. Le mie mani erano attaccate al suo pelo che per poco
non si strappava. Non durò neanche un minuto, ma mi bastò. Lui abbaiò per dirmi
di scendere. Non me lo feci ripetere due volte.
Quando scesi però cominciò a
guaire e a muovere furiosamente il pelo, per poi abbaiarmi contro furiosamente.
La fifa era ancora tanta e in un primo momento non mi spaventai molto della sua
reazione, né riuscii a capire cosa c’era che non andava. Poi
notai che le mie mani erano ancora avvinghiate a qualcosa. Le guardai e
mi trovai tra le dita due grosse ciocche di pelo rossiccio. Ecco perché ce l’aveva tanto con me. Lui cominciò a ringhiarmi furioso,
ma io non avevo paura. Era strano; nonostante non fosse un umano mi comportavo
normalmente in sua presenza, senza pensare che mi avrebbe potuto fare del male,
perché sapevo che in realtà era Jacob. Quel lupo invece di incutermi terrore mi dava sicurezza.
Ringhiando mi fece vedere le lunghe zanne, ma io non mi scomposi
per niente.
“Bhe, ti sta proprio bene! Io ti
avevo avvertito! Lo sai che non amo la velocità! E tu
lo hai fatto apposta!”
In risposta lui si mise a
ringhiare ancora di più.
“E non ti azzardare a ringhiarmi
contro!” gli dissi decisa e arrabbiata.
Lui si accucciò, come se fosse una leonessa pronta ad
assalire la gazzella.
“E adesso cosa credi di fare?
Saltarmi addosso e mangiarmi? Oh che paura! Provaci e guarda che lupo o no
giuro che ti picchio!” gli dissi decisa.
E lui lo fece, mi saltò addosso.
Solo per un momento sentii la paura, ma solo per un momento. Caddi a terra. Il
suo enorme corpo era comodamente disteso sul mio e mi guardava sfacciato
scodinzolando. Io non riuscivo a muovermi, ero
completamente bloccata.
“E ora cosa hai intenzione di
fare? Sai, non ti conviene toglierti da questa posizione, perché quando mi
potrò muovere non mi farò tanti problemi a menarti!........
Ma essere sincera se provvedessi a spostare il tuo delicato e leggero peso da
me mi faresti un piacere; non riesco a respirare.”
Ed era vero, i miei polmoni erano
schiacciati e non avevano lo spazio sufficiente per riempirsi d’ossigeno. Lui
sembrò rimanere impassibile alle mie parole e cominciò a leccarmi il viso.
“No! No! No! Ti prego! Tutto tranne questo! Smettila! Che schifo! Dai! Ok,ok, hai vinto tu! Mi arrendo! Tu
vincitore, io perdente! 1 a 0 per te!”
Non riuscivo molto bene a pronunciare le parole, sia perché
non avevo fiato a sufficienza, sia per le sue leccate. Alla fine però smise e
mi lasciò andare. Con una manica mi ripulii il viso, mentre lui afferrò i
vestiti che avevo lasciato cadere a terra e si diresse nella foresta. Poco dopo
ne spuntò fuori Jacob sorridente, a differenza di me,
che stavo fremendo dalla rabbia.
“Prova ancora a leccarmi la faccia e giuro che non ne esci incolume!”
Nonostante cercassi di parlare con un tono arrabbiato lui continuava a sorridere.
“Mmm, cosa intendi dire per “non
ne esci incolume”?”
“Bhe, non ti conviene saperlo…”
“Oh, ma io sono un tipo curioso…”
Mi prese il viso con una mano e mi diede una leccata che
andava dal mento fino alla tempia. Mi mollò e si allontano
da me ridendo. Io lo guardai arrabbiata.
“BLACK!!” Voleva proprio
andarsele a cercare quel ragazzo!
Cominciai a correre verso di lui, e lui a scappare nel
cuore della foresta. Era veloce, ma lo ero anch’io. Più io gli gridavo di fermarsi, più lui rideva. Alla fine però lo persi
di vista. Chissà dov’era finito. Cominciai a urlare il suo nome, ma niente, nessuno mi rispose. Ad un
certo punto due braccia mi presero e mi sollevarono. Lanciai un urlo per la
sorpresa.
Dopo scoprii che quelle braccia appartenevano a Jacob, che era comparso dietro di me e mi aveva alzato per
farmi sedere sulle sue spalle.
“Mettimi-subito-giù!”
sillabai io.
“Non mi dire che soffri anche di
vertigini…” mi chiese lui come se nulla fosse.
“Sì” sbottai.
Lui rise “Questo non me lo dovevi
dire. Ora so come fare per farti paura…”
“Non ci pensare nemmeno! Mettimi giù! Ora! Guarda che se
non lo fai ti strappo tutti i capelli!” lo minacciai
cominciando a tirargli due ciocche; ma lui sembrò non accorgersene. Era tranquillo, stava perfino fischiettando. Decisi di coprirgli gli occhi con le mani, forse mi avrebbe
dato più retta. Infatti lui si fermò.
“Oh! Vogliamo giocare a mosca cieca! Per me va bene! Dimmi
dove devo andare, allora.”
Mi stava prendendo in giro, sapeva che io non conoscevo
quella zona e non avevo la benché minima idea di dove poter andare. Ma a pochi
metri da noi, alla nostra sinistra c’era un grosso albero e vedendolo mi era
venuta in mente un idea per riscattarmi della leccata
di prima.
“Vai a sinistra convinto!” gli
dissi facendo attenzione a non far intravedere le mie intenzioni.
“Eseguo subitissimo!”
Lui infatti non se l’aspettò e
dopo pochi passi centrò in pieno l’albero, ma purtroppo sembrò quasi non averlo
sentito.
“Complimenti, Natasha! Davvero
una bella idea! Dico sul serio! Ma sfortunatamente per
te noi licantropi siamo di gran lunga più resistenti
dei normali essere umani.” mi prese in giro lui.
Non era giusto…era una così grande e bella
idea…..UFFA!
“Cos’altro sapete fare voi
licantropi che noi comuni mortali non possiamo neanche immaginare?”
“Bhe, a dire il vero niente, a
parte trasformarci in lupi, poter rimarginare le ferite in breve tempo, avere
una temperatura, una forza, una resistenza più elevata del normale, la capacità
di vederci i pensieri a vicenda quando ci trasformiamo
e di non crescere.”
Rimasi un po’ sbigottita.
“V-vuoidire
che rimarrai un ragazzo di diciassette anni per sempre?”
“Ehi! Non avevi detto che ne
dimostravo venticinque? Guarda che mi offendo! Comunque
non per sempre. Ad una certa smettiamo di trasformarci……..ah,
già! Dimenticavo! Possiamo avere anche imprinting……”
“Imprinting? E cosa sarebbe?” gli
chiesi curiosa.
Lui parve pentirsi subito di avermelo detto.
“N-niente.” Era evidentemente
imbarazzato. Chissà perché poi.
“Perché non me lo vuoi?”
“Non insistere, per favore.”
“D’accordo” gli risposi sconsolata.
Senza essermene resa conto Jacob
si stava muovendo.
“Dove mi stai portando? Ehi! Attento a non farmi cadere!”
“Stai tranquilla! Non cadrai! Ti riporto
a casa mia……” mi rispose lui, questa volta sorridendo.
“Allora, hai finito quel lavoro che dovevi fare alla mia
bici?” gli dissi ricordandomene.
“Non ancora…..” mi rispose lui ancora sorridendo “Grazie per non esserti
spaventata prima……..”
“E
perché mai mi sarei dovuta spaventare?”
“Una persona normale lo avrebbe fatto…..”
mi disse lui preoccupato “Cosa ne pensi? Credi che
d’ora in poi mi tratterai in modo diverso?”
“Certo, quando
verrò a La Push mi devo ricordare di prendere un
collare e un guinzaglio, così potrò portarti a fare la passeggiata tra i
boschi.” gli dissi ironica “ Ma certo che non ti
tratterò in modo diverso! Bhe, all’inizio dire che ero sorpresa era poco, ma poi ho notato che anche
sottoforma di lupo mi era naturale trattarti normalmente, come se nulla fosse. Per
quanto mi riguarda quindi potresti essere anche una
pericoloso mostro a tre teste che sarebbe lo stesso!”
“…….grazie davvero, per aver capito, ci tenevo
tantissimo……” sussurrò.
Sbaglio o si era un po’ commosso?
Decisi di spezzare la tensione che si era creata.
“Da quanto ti puoi trasformare?”
“Da quasi un anno.”
“E perché solo adesso?”
“Passiamo ad altro……” mi rispose brusco; lui lo notò “
scusa, non volevo…..”
Perché anche Jacob
mi stava tenendo nascosto qualcosa? Io mi fidavo di lui…..
Bhe, aveva già fatto uno grande sforzo rivelandomi questo suo segreto; in futuro
mi avrebbe sicuramente detto anche ciò che non voleva dirmi ora.
“Quanti di voi possono trasformarsi?”
“Abbastanza, siamo quasi una decina.”
“E qual’è
il vostro compito? Ci sarà pure un motivo per cui vi
trasformate”
“Semplice, proteggere il nostro popolo.”
“E da cosa?”
“Prossima domanda…..” mi disse con lo stesso tono brusco di prima.
Io mi rabbuiai. Perché aveva così
tante cose da nascondere? Il mio silenzio gli fece capire la mia
delusione.
“Scusa, ma non posso dirtelo. La nostra legge dice che non possiamo rivelare la nostra vera natura agli
esseri umani e non voglio violarla ancora parlandoti di cose che non dovresti
sapere.”
“E allora perché l’hai fatto con
me? Perché mi hai detto di essere un licantropo? ”
“Perché volevo che sapessi a cosa andavi incontro, mi
sembrava giusto.”
Ero commossa dalla sua sincerità. Si vedeva che ci teneva
moltissimo a me.
In quel momento arrivammo a casa sua. Decise finalmente di
mettermi giù e andammo in garage. Lì vidi la mia bici come nuova. Non riuscivo
ancora a capire perché non me la potevo riportare a casa.
“Chi erano quei due lupi insieme
a te?”
“Paul e Jared”
“E perché sembrava volessero
attaccarmi?”
Lui non rispose. Mi aspettavo una domanda senza risposta, ma invece parlò.
“Non piaci molto agli altri, pensavo di poterli
convincerli del contrario entro stasera, ma non ci sono riuscito. Mi dispiace,
ma non credo che tu possa venire alla riunione……”
La cosa mi scioccò un po’.
“E perché mai? Non mi conoscono
neanche….”
I suoi occhi non mi piacevano per niente. Non voleva
dirmelo, si vedeva, ma lo fece lo stesso.
“Loro ti credono pericolosa, Natasha.”
Non rimasi perplessa, molto di più. Non poteva essere. Non
Jacob, no! Perché era
d’accordo con Edward?
“P-perché?” la mia voce tremava
dalla paura che cresceva. Che cosa diamine voleva dire
che ero pericolosa?!?!?!?!?!
“Natasha, stai tran…..”
“NON MI DIRE DI STARE TRANQUILLA, OK?!”
La mia reazione lo fece sorprendere. I suoi occhi esprimevano
dolore e rammarico. Poco m’importava. Dovevo sapere, ora! Prese un respiro
profondo e iniziò a parlare.
“Non riusciamo a sentire il tuo odore, anche se abbiamo un
olfatto molto più sviluppato; è come se tu non ce
l’avessi. Inoltre quando ti ho detto che noi
licantropi possediamo un resistenza e una forza molto più superiore di quella
degli umani, intendevo veramente molto più superiore. Pensa che l’ultima volta
che una persona umana mi ha tirato un pugno le si è
rotta la mano e io non l’ho neppure sentita…..”
La tristezza invase i suoi occhi; ciò mi permise di capire
che quella persona era stata Bella. Non mi lasciai trasportare troppo da questo
pensiero. Ero troppo concentrata su Jacob.
“Quando ci siamo conosciuti e mi
avevi dato una gomitata io l’avevo sentita e tu non ti eri rotta il braccio.
Anche questa mattina quando mi hai dato uno spintone
mi sono stupito del fatto che mi hai fatto perdere l’equilibrio. Nel caso di
una persona normale sarebbe stata lei a cadere all’indietro.”
Nel suo racconto Jacob era molto
determinato.
“Mi stai dicendo che non sono una
persona normale?”
Trattenevo a fatica le lacrime dovute al timore. Sapevo
questa volta quale sarebbe stata la risposta e mi faceva paura.
“Sì” mi rispose deciso.
“P-perché?”
“Non lo sappiamo”
Non lo sappiamo? Cosa voleva dire?!
O mio Dio. O
mio Dio. O mio Dio. La testa mi girava a mille! “e se ti importa qualcosa dei tuoi amici Quileute
sarà meglio se tu stia lontano anche da loro…….anzi, se proprio vuoi salvare la
vita a tutti sarebbe meglio se tentassi di suicidarti…..”. Quelle parole maledette
mi tornarono in mente……..
Avevo qualcosa di strano ed ero pericolosa. Questo era
quello che voleva dirmi Edward. Questo era quello che
in pratica mi aveva detto Jacob. Questo era quello
che io non riuscivo proprio a capire e non volevo accettare. Non avevo mai
fatto del male a nessuno. Perché dovevo essere
pericolosa? E cosa mai potevo avere di diverso?
“Natasha……non voglio dire che non sei umana, ma che hai qualcosa che noi non
conosciamo, ma a me non importa niente di questa storia…..” mi
disse Jacob accanto a me.
Sentii un’ondata di caldo avvolgermi. Erano le sue braccia
che mi stavano stringendo, ma servirono a poco per placare le mie lacrime.
“Perché allora hai continuato a
frequentarmi?” ne uscii tutto ad un tratto.
“Per lo stesso motivo per cui non
voglio spiegarti cosa sia un imprinting.”
Se a quella domanda non mi aveva
risposto allora ero sicura che non l’avrebbe fatto neanche a questa. Il
fatto che non mi volesse rispondere mi irritava sempre
più.
Sapevo che Jacob si era stupito
della mia reazione, che sicuramente aveva considerato troppo esagerata a
confronto di quella precedente. Decisi allora di dirglielo.
“Prima, sono fuggita nel bosco perché mi ero spaventata….”la mia voce non era molto chiara
tra i singhiozzi “ perché mi ero spaventata delle parole che mi ha detto Edward……”
Lui si staccò e mi guardò serio.
“Cullen? Cosa
ti ha detto?”
“che sono pericolosa per tutti,
in pratica……” dissi quasi sussurrando.
Per la prima volta vidi il suo viso tingersi di paura.
“Allora la cosa si fa più complicata….”
“E perché mai? È così importante
la parola di Edward?” gli
chiesi mentre stavo ancora soffrendo.
“Sì, questo ci da la possibilità
di vedere le cose da un altro punto di vista…..”
Più che a una discussione con me
il suo sembrava un monologo, ma anche lui si stava spaventando e preoccupando
sempre più.
"Ma cosa può contare
l'opinione di una semplice persona?"
"Natasha, Edward e la sua famiglia non sono
delle semplici persone! La loro bellezza non è casuale! Loro sono dei vampiri, Natasha!" quasi mi urlò serio.
Vampiri. Edward era un vampiro.
Bella avrebbe dovuto sposare un vampiro. Chi l’avrebbe mai
detto…… I Cullen dei vampiri. Certo, la loro era una bellezza quasi irreale, in parte non c’era da
sorprendersi che loro non fossero umani……..
Licantropi, vampiri, non ci capivo
niente! Cosa avevano da temere da me?
"Noi abbiamo cominciato a trasformarci per causa del
loro arrivo! Sono loro il pericolo da cui dobbiamo
proteggerci!"
Non avevo mai visto Jacob così. Dire che era agitato era poco. Si teneva le mani tra i capelli
e nei suoi occhi era evidente il terrore.
"Perchè stai violando le
leggi della tua gente?" gli chiesi ancora sconvolta.
"Il fatto che anche i succhiasangue
ti credano pericolosa rende irrilevante la legge, a questo punto!"
Mi guardò con occhi pieni di preoccupazione.
“È meglio se ti porto a casa, Natasha.
Ho bisogno di parlare con gli altri.”disse alla fine, smettendola di pensare a chissà quali
teorie gli avesse messo in testa la mia rivelazione.
Passammo il tragitto in macchina in silenzio. Jacob stava andando più veloce del dovuto, ma non glielo
feci notare. Il suo sguardo era ancora preoccupato e serio. In meno di dieci
minuti eravamo già davanti a casa mia. Era ancora abbastanza presto, quindi
mamma e Kathy non erano ancora tornate. Spense il
motore e piegò la testa all’indietro, appoggiandola al sedile.
“Natasha….” mormorò.
Io mi girai verso di lui e mi cinse
le spalle con le mani.
“Ti fidi di me?” mi sussurrò all’orecchio.
“Certo”
Non mi piaceva il suo tono.
“Allora fammi una promessa.”
“Cosa vuoi che faccia?”
“Promettilo.”
Rimasi in silenzio. Gli avevo detto
che mi fidavo di lui. Non potevo tirarmi indietro.
“Prometto.”
Lui fece un sorriso amaro.
“Ti prego, non venire più a La
Push.”
Spalancai gli occhi per lo stupore. Non andare a La Push voleva dire non vederlo più e per me questo era
impensabile.
“Ma…”
“Lo hai promesso.” I suoi occhi non ammettevano repliche.
Non poteva farmi questo, il mio sole non
poteva andarsene. Io avevo bisogno di lui. Intanto i miei occhi si
stavano riempiendo di lacrime.
“Ehi! Non piangere piccola….”disse con mezzo sorriso prendendomi con un dito una lacrima
dispettosa che voleva scendere sulla mia guancia “non ho detto che non ci rivedremo.
Non ti preoccupare verrò io da te, domani.”
“Me lo prometti?” dissi con voce roca.
Lui mi sorrise. Quello splendido e magnifico sorriso.
“Te lo prometto.”
Mi diede un bacio sulla guancia, di nuovo, solo che ad
eccezione dell’altra volta le sue labbra rimasero unite alla mia guancia più
tempo del solito.
“Allora a domani, Natasha!”
Il suo sguardo non era convinto, nonostante cercasse di
farmelo vedere; ma io mi fidavo di lui. Sapevo che sarebbe tornato domani. Gli
sorrisi.
“A domani, Sole!”
Lui mi ricambiò con un sorriso ancora più grande. Ma in
quello stesso sorriso notai qualcosa di strano, tristezza,
forse? Fece retromarcia e se ne andò.
Entrai in casa, felice che Jacob
sarebbe venuto domani. Gli avrei potuto fargli vedere la mia nuova casa e fargli
conoscere la mia vita prima che mi trasferissi a Forks.
Ma il giorno dopo Jacob non venne, e neanche il giorno successivo, nemmeno
quello dopo ancora…….
Ed ecco terminato anche l’ottavo!
Finalmente la trama si sta facendo più chiara! Mi auguro che anche questo
capitolo vi sia piaciuto come i precedenti!
xbeckycullen: mmmm……..bella
intuizione ;). Molto probabilmente il comportamento di Jacob
in questo nuovo chappy ti avrà
fatto capire sicuramente qualcosa, non è vero? Grazie ancora per il
sempre sentito sostegno baci!
x jena92: sì, hai ragione, sto
creando un Edward un po’ alterato……ma non sarà sempre
così! Don’tworry! Sono contentissima che ti piaccia la mia coppia
Nat-Jac, piacce molto anche a me (anche perché se non
piace a me che sono l’autrice la cosa si fa veramente grave…..)
grazie tante per aver commentato ancora kiss!
x CAMiL92: Sono stra contenta che ti abbia preso così tanto! Spero che ti coinvolga anche il seguito, anche se più scrivo, più non mi
convince….. ma va bhe! Comunque
non ti preoccupare! Prometto che dopo il prossimo capitolo
ci saranno grandi rivelazioni! Grazie ancora per aver commentato ancora bacibaci!
xmagicrossy:
sono felice che ti piaccia la mia coppia Nat-Jac; in
pratica questo capitolo è dedicato a loro! Per sapere che cos’è Natasha bisogna aspettare ancora un po’, ma solo un po’!
Grazie per aver commentato ancora una volta! Kississimi!
xblack_angel:
spero tanto che quello che hai letto in questo capitolo sia stato all’altezza delle
tue aspettative! Mi dispiace, ma ancora non si dice
che cos’è Nat; tempo ancora un capitolo! Grazie tanto
per aver commentato baci!
Due settimane. Erano passate due settimane da quandoJacob mi aveva promesso
che sarebbe venuto; ma non aveva mantenuto la promessa. Mi ero fidata di lui.
Mi era fidata del mio sole.
Il mio umore era caduto a terra. Non parlavo e non ridevo più
con la solita spontaneità; era tutto uno sforzo continuo. Lo facevo solo per
non far preoccupare mamma e Kathy, che per fortuna
non avevano notato niente. Sapevo però che mia sorella
aveva capito che c’era qualcosa di strano; non parlava più di Jacob e me come al solito. Tuttavia non mi aveva mai chiesto niente sull’argomento.
Sapeva che non era un buon tasto per me in questo periodo.
“Non voglio andare a scuola! Natasha
non ci va! Perché ci devo andare io?” urlò lei.
Ci risiamo. Le scuole elementari avevano aperto da poco e
mia sorella aveva già diagnosticato la sindrome anti-scuola.
“Smettila Kathy! Non fare tante
storie! AncheNatasha andrà
a scuola tra poco!”
Mia madre cercava in tutti i modi di convincerla. Era una
battaglia persa già in partenza per mia sorella. Sarebbe andata a scuola lo
stesso.
E tra poco ci sarei andata anch’io.
La cosa ormai non mi entusiasmava più. Non riuscivo nemmeno a ricordare il
numero di scuole che avevo cambiato. La mia mancanza di esaltazione
era però dovuta ad un altro fatto….
La rosa ormai era appassita; da tempo non le cambiavo
l’acqua, ma non volevo decidermi di buttarla. Era dopotutto l’unico legame che
avevo con lui.
Adesso che non potevo andare a La
Push passavo le giornate chiusa in casa. Avrei dovuto riflette sull’informazioni dettemi da Jacob,
ma non ne avevo più la voglia. Ora non mi importava
più di tanto se qualcuno mi considerava pericolosa, mi guardava in modo strano
e mi impediva di comunicare con altre persone. Dopo queste due settimane avevo
perso ogni interesse per questa stupidissima storia. Ero stufa. Dovevo andare
avanti, come avevo sempre fatto. Era difficile però; ultimamente cominciavo a
sentirmi sempre più stressata e non a mio agio con me stessa. Non avevo mai
provato qualcosa di simile. Era come se non mi riconoscessi più, come se fossi
un estraneo, perfino per me.
“Ehi Natasha! Tutto bene?” chiese
mia madre che aveva convinto mia sorella, ovviamente.
“Sì, tutto bene, pensavo…..”
La mia voce sembrava un po’ morta.
“Che ne dici se questo week-end andassimo
a fare un giro a Seattle? Non ci siamo mai andate, sarebbe
una bella cosa……”
Seattle? Perchéno.
Avevo bisogno di un po’ d’aria nuova.
“Sì, certo.”
“Perfetto, allora noi andiamo! Ah! Dimenticavo! Ti dispiace
riprendere tu Kathy da scuola oggi? Ho un impegno che
non posso annullare…..”
“Certo. Non ti preoccupare….”
“Bene! Allora ciao!”
“ciao……ciao…….”
Povero il mio canguretto.
Rimpiangerà ben i tempi delle elementari quando avrà
quindici anni.
A metà del pomeriggio uscii di casa
per andare a riprendere Kathy e presi la bicicletta
di mamma. Jacob aveva ancora la mia e chissà quando
me l’avrebbe ridata.
Non ero molto distante dalla scuola elementare di Forks quando
cominciai a intravedere delle fiamme. Qualcosa stava prendendo fuoco.
Avvicinandomi capii che era un edificio. Le scuole elementari. Aumentai
l’andatura fin quanto potevo e arrivai in pochi
minuti.
Era il putiferio, come se tutta Forks
si fosse riunita lì. In lontananza si sentiva la sirena dei pompieri. Cercai
con lo sguardo Kathy, ma non la trovai. La chiamai,
ma lei non rispose. L’ansia cresceva. Dov’era finita?
Vidi non molto distante un gruppo di bambine che mi parvero essere sue amiche.
“Hai visto Kathy?” chiesi a una di quelle.
Spaventata e con le lacrime agli occhi lei mosse la testa
negativamente.
“……..che una bambina sia rimasta
dentro e……”
Quella mezza frase detta da chissà quale
tra quelle migliaia di voci mi giunse come un coltello nella schiena. Kathy poteva essere dentro, in quell’edificio
in fiamme. Il pensiero che forse mi sbagliavo non mi sfiorò nemmeno
l’anticamera del cervello. L’istinto prevalse; cominciai a correre a perdifiato
verso l’entrata retrostante, dove le fiamme erano meno alte ed entrai. Subito
il fuoco mi avvolse. Urlai invano il nome di mia sorella, ma
nessuna risposta mi venne indietro. Il panico mi assalì. Dove
poteva essere? Gli era successo qualcosa? Mamma non avrebbe accettato un’altra
perdita, e nemmeno io. Salii le scale verso il piano superiore, dove si trovava
la sua aula. Forse era ancora lì. Il caldo stava diventando troppo e cominciai
ad ansimare. Mi mancava l’ossigeno e gli occhi mi lacrimavano; non avrei potuto
resistere per molto. Passai vicino ad una finestra aperta e guardai fuori,
nella speranza che un filo d’aria mi giungesse agli occhi. E
la vidi. Mia sorella era lì, fuori daquell’inferno, al sicuro. Non c’era niente da preoccuparsi;
stava bene. Ma allora cosa ci facevo ancora lì? Dovevo
andarmene via, subito. Mi guardai intorno; non potevo scappare, ero circondata dalla fiamme. Non avevo scampo. Mi ritrovavo in trappola.
Ebbi una strana sensazione di dejà-vu. Quella scena l’avevo
già vista. Per essere precisi l’avevo sognata. E se
ricordavo bene l’incubo non finiva nel migliore dei
modi. All’improvviso una trave in fiamme si staccò dal
soffitto pronta per cadermi dritta in testa, come nel sogno. Lo sapevo, era la fine. Cercai di chiudermi a riccio per
proteggermi, per quanto potesse essere utile. Non avrei mai dovuto andare lì dentro. Avrei voluto essere in un
qualsiasi altro posto. Avrei tanto voluto trovarmi nella foresta, dove il
venticello mi avrebbe rinfrescato da questo insopportabile
calore.
Fu un attimo. Divenne tutto nero e tutti i
miei sensi persero le loro capacità. Poi lo sentii. Quel
venticello che avevo tanto desiderato in quel momento. Pian piano aprii gli occhi. Incredibile. Mi trovavo veramente in una
foresta! E non in una qualsiasi; quella vicino a casa mia. Allora era così che succedeva quando si moriva; si andava nell’ultimo posto pensato.
Ma ero veramente morta? IO m sentivo
ancora abbastanza viva. Indossavo gli stessi vestiti pieni di fuliggine
e bruciacchiati in alcuni punti e non notavo niente di particolarmente strano
in me.
Decisi che era meglio ritornare a scuola, forse ci avrei potuto capire qualcosa in più. Fui costretta ad
andarci a piedi e ci impiegai parecchio. Ero
distrutta; ma i morti provano stanchezza? E poi
credevo che ci fosse un paradiso o qualcosa del genere….
Quando arrivai c’era lo stesso
ammasso di gente che guardava l’edificio scolastico ormai spento.
“NATASHA!!!!”
Qualcosa mi cinse fortemente i fianchi abbassai lo sguardo e
vidi mia sorella con le lacrime agli occhi. Ok. Mia
sorella, che da quanto avevo capito non era morta, mi stava abbracciando. Mi
guardai intorno e incrociai gli sguardi di parecchi persone,
che dunque mi vedevano. Ergo non ero morta. Ma se non ero morta, che diamine mi era successo? Fui troppo
impegnata a preoccuparmi per mia sorella per rispondermi.
“Ehi Kathy! Cosa
è successo? Tu stai bene?”
“S-sì, ma ho avuto tanta pau-ura”
Il mio canguretto stava tremando.
L’abbracciai quindi per cercare di consolarla.
“Dì la verità, sei stata tu a dare fuoco
alla scuola? Capisco che tu la odi, ma arrivare fino a questo punto…….” cercai di dire in tono ironico per farle migliorare il
morale. Lei mi rispose con una piccola risatina.
“NATASHA!KATHY!”
Mia madre strapreoccupata si stava
dirigendo da questa parte. Ci abbracciò in una stretta strangolatrice.
“Quanto sono stata in pensiero per
voi! State tutte e due bene?”
Sia la voce che le sue mani stavano tremando vistosamente. Si era presa un bello spavento; non potevo
darle torto. Aveva rischiato di perdere una delle sue due figlie, e non mi
stavo riferendo a Kathy. Povera mamma, quanto ancora
avrebbe dovuto soffrire?
“Sì, non ti preoccupare mamma; siamo usciti tutti prima che
il fuoco si propagasse troppo….” cercò
di consolarla mia sorella, che in minima parte ci riuscì.
Si venne a sapere poi che l’incendio era stato causato da
una piccola perdita di gas accidentale. Tutte le persone lì recatesi tornarono quindi
a casa, ancora scioccati dall’avvenimento e anche noi ce ne andammo
per fortuna tutte e tre più calme.
Io però avevo altro a cui pensare. Un
momento prima ero in mezzo alle fiamme, quello dopo in mezzo agli
alberi. Com’era possibile? Mi mancava qualcosa. “Natasha……non
voglio dire che non sei umana, ma che hai qualcosa che
noi non conosciamo.” Era questo forse che intendeva Jacob?
Era forse questa la cosa che i licantropi non conoscevano?
Come avrei potuto definire questo
fatto? Trasportarmi in un posto all’altro così, all’improvviso. Una sola parola
mi venne in mente. Teletrasporto. Io mi sapevo teletrasportare. Risi tra me. Impossibile, come ti vengono
queste idee, Natasha? Anche se……..
Non ero molto convinta della mia conclusione. Ero certa che
qualcosa di strano e anormale era sicuramente successo;
ma cosa di preciso? E soprattutto, sarebbe ricapitato?
L’ansia mi assalì. Com’era possibile che mi fosse accaduto?
Non mi era mai successo prima di allora. Avevo tanto bisogno di un sostegno in
quel momento. Avevo tanto bisogno di Jacob. Perché non era venuto? Gli era forse successo qualcosa?
Potevo andare a La Push a controllare, ma gli avevo
promesso che non l’avrei fatto, nonostante lui non avesse mantenuto la sua
promessa.
Fino a quando sarebbe continuata questa storia?
“Ma è minuscolo!” brontolò mia
sorella.
Non avevo mai visto un centro commerciale così piccolo come
quello di Seattle. Mi aspettavo infatti qualcosa alla
pari della grande città in cui mi trovavo, ma le mie aspettative erano state
deluse. Era sabato mattina ed io insieme a mia madre e a mia
sorella mi ritrovavo a Seattle, davanti al suo centro commerciale, per la
precisione.
“In effetti è un po’ piccolo, ma
non lo sai che nella botte piccola ci sta il vino buono?” le rispose mia madre.
Non si era ancora del tutto calmata dall’incidente,
nonostante io e Kathyfacessimo
di tutto per tranquillizzarla e ultimamente parlava in modo più nervoso del
solito.
“E questo che detto sarebbe?!” chiese
mia sorella allibita. Io trattenei una risata.
Entrammo nel piccolo centro commerciale e ci restammo fino a
tardo pomeriggio. Mamma dopotutto aveva avuto ragione.
“Va tutto bene, sorellona?” mi
chiese d’un tratto Kathy mentre mamma stava discutendo con una commessa su una set
di tazzine in ceramica.
“Perché mi fai questa domanda?”
“Ti vedo un po’ triste. C’entra Jacob,
vero? È da tanto che non vai da lui. Avete litigato?”
“Più o meno sì……” la mia voce era
più cupa del normale. Mia sorella lo capì e non disse più niente sull’argomento.
Allora qualcosa aveva intuito. Come poteva una bambina di sette anni essere così
perspicace?
Quando decidemmo di tornare a casa
c’era ancora molta gente, o così mi pareva a causa delle dimensioni
dell’edificio. Persi per un momento Kathy e mamma e
fu allora che lo vidi.
Ad alcune decine di metri un ragazzo mi stava fissando in
modo strano e penetrante. Aveva occhi di un azzurro glaciale in contrasto con i
corti capelli corvini; ma fu ben altro che mi spaventò. La sua carnagione e la sua bellezza mi erano familiari. Possibile che fosse un
vampiro anche lui?
Non voleva staccare gli occhi dai miei,
come io non riuscivo a farlo con i suoi. Il suo sguardo mi fece
raggelare il sangue nelle vene. Levai lo sguardo da lui un momento per vedere
mia sorella che mi aveva preso la mano. Quando lo rivolsi a lui non c’era più.
Passai tutto il viaggio in auto a pensare a lui. Ero quasi
sicura che fosse un vampiro. Ma se i Cullen mi
ritenevano pericolosa, perché lui non avevano reagito
nello stesso modo? Infatti non sembrava affatto
turbato da me, anzi. C’era qualcosa nel suo sguardo che mi aveva messo i
brividi.
Ormai ci avevo fatto l’abitudine alle stranezze e agli
incontri di questo tipo, di cui ne ero totalmente
stufa.. Mi convinsi quindi che mi stavo sbagliando; che quello era un ragazzo
normale come tutti gli altri. Funzionò. Quella infatti
fu l’ultima volta che quel pensiero mi tormentò, a differenza di ben altri.
Il pomeriggio del giorno dopo non ressi. Non ce la facevo
più a restare dentro casa. Dovevo andare a farmi un giro e respirare un po’
d’aria. Da sola, così avrei potuto consumare la tensione in santa pace. Non
avevo una precisa idea di dove andare, perciò mi incamminai
un po’ soprapensiero, lasciando che mi guidassero le gambe.
Il caso volle che senza rendermene conto mi ritrovai davanti a casa di Bella Swan.
Mi fermai di colpo. Il pick-up rosso era parcheggiato sul vialetto. Avrei fatto
bene ad andare a trovarla? “Stai lontana da Bella, per favore”. Nonostante avessi una voglia matta di sapere come stava la mia
amica, questa volta non volli disubbidire ad Edward;
non me la sentivo. Infatti il ricordo del
nostro ultimo incontro era ancora molto vivo e spiacevole. Lei sapeva cosa mi
stava succedendo e non mi aveva detto niente. Ad essere
sincera ero un po’ offesa per questo, ma mi convinsi che se non me
l’aveva detto c’era dovuto essere un motivo preciso.
“Mrao?”
Mi girai di scatto. Un gatto nero mi stava fissando con due
occhi verdastri. Non era possibile; ancora lui. Era da ieri sera che quel gatto
si aggirava attorno a casa e ora che lo vedevo sembrava che mi stesse
pedinando; infatti mi aveva seguito fino a lì da casa.
Ad dire il vero a me non mi piacevano molto i gatti;
anzi, li odiavo. Preferivo di gran lunga i cani. Fu
anche per quella presenza poco gradita che decisi di aumentare il passo per
cercare di seminarlo. Vidi la foresta che si estendeva a non pochi metri della
casa di Bella; non mi parve una cattiva idea addentrarvi un po’dentro. Ormai
conoscevo abbastanza bene la zona e non mi sarei persa
come la volta precedente. Inoltre cosa c’era di meglio
del profumo del verde, il vento tra le foglie e i rumori del bosco per
rilassarsi? Dopo pochi metri notai che il gatto di
prima non mi seguiva più, finalmente!
Dovevo dire che si stava proprio
bene: il profumo degli alberi prossimi ad appassire ed i tenui rumori in
lontananza di piccoli animali selvatici rendevano l’atmosfera molto tranquilla.
Che pace!
Camminavo molto lentamente per godermi tutto questo. Nessuno
qui mi avrebbe disturbato. C’eravamo solo io e la foresta. Nessun’altro. In quel
momento avrei voluto stare così per molto, molto
tempo.
La mia pacatezza rese ancora più forte la sensazione di avere il cuore in gola quando qualcosa di freddo e duro
mi tappò la bocca impedendomi di gridare per lo spavento e nel frattempo
stringendomi i fianchi e sollevandomi da pochi centimetri da terra.
Passarono pochi secondi, ma che per me parvero minuti.
“Maledizione! Anche questo non
funziona con te!”
La stizza di colui da cui proveniva quella voce rovinava la
sua armoniosità. Mi sentii buttare al suolo, ma mi rialzai immediatamente. Spiazzata
mi ritrovai davanti lo stesso ragazzo del centro commerciale. Rimasi un po’
scioccata dai canini che ora non aveva paura di nascondere. Avevo
ragione, si trattava di un vampiro.
“Sarà allora un po’ complicato portarti da Marte….”continuò con noia tenendo le
braccia incrociate.
Marte? Che cosa stava dicendo
questo tipo?
“C-chi sei?” dissi tremando un po’
e senza accorgermi indietreggiando.
Era la prima volta che incontravo un vampiro senza alcun
motivo di non farmi del male. Lui se ne accorse e fece
un mezzo ghigno; compensò la distanza che avevo creato in lenti e leggiadri
passi.
“Perché stai arretrando? Hai forse
paura di me?” mi disse con voce che voleva mostrarsi suadente,
ma che percepii essere pericolosa. Si fermò di colpo e mi guardò con una punta
di perplessità.
“Strano, pensavo che ti avessero detto di quello a cui avresti potuto andare incontro. Ah, già. Lo avranno
sicuramente fatto per evitare di allarmarti troppo.
Non si sa mai come voi possiate reagire in situazioni del genere…..”
Chi diavolo era questo tipo? Sapeva qualcosa sul “qualcosa”
di sconosciuto che mi aveva accennato Jacob? Lui
cominciò ad avvicinarsi pericolosamente a me, io ad allontanarmi sempre più
velocemente da lui, allarmata.
“Non ti preoccupare non ti farò niente; sentirai solo un
piccolo colpo.” il suo tono tradiva le sue parole.
Mi voltai immediatamente con l’intento di fuggire da lui, ma
quando mi girai mi scontrai con qualcosa di duro e
imprevisto; sembrava muro. Alzato lo sguardo capii che
si trattava proprio di lui. Com’era possibile. Il momento prima si trovava dietro di me. Era stato veramente troppo veloce. Mi
afferrò il collo con una mano sola e mi alzò da terra.
“È inutile che scappi…..non serve a
nulla.”
A causa della presa troppo forte e della paura feci fatica a
respirare. Che cosa voleva questo tizio da me?
Quello che successe dopo fu di una velocità sorprendete.
Il vampiro che mi teneva sospesa a mezz’aria si girò
di scatto verso un cespuglio sulla sua sinistra da cui spuntò una sagoma che
subito si avventò contro il mio aggressore. Dapprima pensai fosse un animale,
ma dopo mi accorsi che era una persona; un vampiro. La mano si staccò
immediatamente da me che caddi al suolo e subito dopo il suo proprietario
scomparve per evitare l’attacco del secondo vampiro. Non mi era immaginata
tutto; si era proprio dissolto. Anche il vampiro che
mi aveva salvato rimase sorpreso. Mi ci volle un poco per capire che quel
vampiro era il dottor Cullen. Mi sorpresi; sapevo che
il dottor Cullen era un vampiro, ma non mi sarei mai aspettata un intervento del genere da parte sua. Mi
girai intorno e vidi che altri tre vampiri circondavano
me e lui; uno di questi era Edward, allerta e
concentrato.
“Così tu dovresti essere Carlisle.
Finalmente ci incontriamo…..”
La sua voce sprezzante proveniva dall’alto di un ramo di uno
degli alberi lì vicino, dove stava comodamente seduto.
“Tu invece dovresti essere un dei nuovi giocattoli ben
riusciti di Marte, dico bene? Con chi ho il piacere di
parlare?” gli rispose il dottor Cullen in tono
provocatorio.
Al vampiro misterioso non piacque molto quella frase.
“Il mio nome è Jack, ma poco
importa a questo punto….Non mi piacciono i giri di parole, perciò arriverò subito
al dunque: datemi la ragazza e non vi disturberò più.” Me? Avevo capito bene? Voleva me?
“E se noi non accettassimo?”
continuò il dottor Cullen con la stessa intonazione.
Sbaglio o stava cercando di
proteggermi? Sul volto di Jack si dipinse un sorriso a
dir poco inquietante, ma a cui rimasi impaurita solo io.
“Vi avverto, io da qui non me ne vado
a mani vuote. Perciò se non mi darete lei……..” e scomparve. Non c’era nessun’altra
spiegazione. Si era volatilizzato.
“………mi accontenterò di quest’altra.”
Era ricomparso nello stesso punto in cui si era
smaterializzato; ma questa volta non era solo. Premeva Bella a sé stringendole
il collo con una di quelle mani perlacee. Spalancai gli occhi. No. Bella no!
Cosa c’entrava lei in quella faccenda?
“EDWARD!” gridò impaurita lei.
“NO! BELLA! LASCIALA ANDARE!!!!”
Edward era fuori di sé. Non
l’avevo mai visto così. Fece un salto di parecchi metri
verso Jack, il quale però prontamente scomparve un’altra volta, per comparire
su un altro ramo adiacente. Jack rise. Una risata
senza gioia.
“A quanto pare qui c’è qualcun altro a cui tiene molto a
questa piccola e insulsa umana, per giunta un vampiro. È davvero un grande peccato che ci debbano andare di mezzo persone
innocenti, non è vero?”
Ma non era dispiaciuto per niente,
anzi, sembrava che quasi si divertisse nel vedere Edward
così.
“TI HO DETTO DI LASCIARLA ANDARE!!!”
“E perché dovrei?Ha un così buon
odore…” detto questo si avvicinò al suo collo per assaporare il suo profumo.
Lei rispose tremando ancora di più. Un ringhio proveniente da Edward squarciò l’aria.
Non fece nemmeno in tempo ad assalirlo che Jack scomparve di nuovo, insieme a Bella. Questa volta però
non comparve da nessuna parte.
Non era possibile. Bella era stata rapita da un vampiro. Non
centrava niente in questa storia. E io non avevo
potuto fare niente. Nessuno aveva potuto fare niente. Ero a dir poco sconvolta.
Un urlò trafisse di nuovo l’aria. Questa
volta però era un urlo di dolore e disperazione. Era l’urlo di
Edward. Scese immediatamente dall’albero e si
diresse con velocità disumana verso di me.
“PERCHè? PERCHè
SEI ANDATA DA LEI?”
Edward era fuori di sé. In nessun altro momento se non in quello lo vidi così mostruoso,
così vampiro. Tutto ciò che era successo così improvvisamente
mi aveva talmente scombussolato che la reazione di Edward
non fece altro che spaventarmi ancora di più.
“M-ma io non ho mai…..” non riuscivo nemmeno a parlare.
“NON TI AZZARDARE A MENTIRMI!!”
Sembrava che mi volesse assalire da un momento all’altro, ma per chissà quali
forze non lo fece.
Ciò che avevo detto era vero; non ero mai andata a trovare
Bella negli ultimi giorni. Non mi sono nemmeno avvicinata a casa sua, tranne
oggi. Oggi, oggi mi sono avvicinata a casa sua. C’era qualcosa che non andava.
Ripensai improvvisamente a quello strano gatto. E se
centrasse qualcosa con quello strano vampiro? Mi sembrava quasi assurdo. E se…..
“Edward! Ora smettila di accusarla!
Non è colpa sua se….” non finì di ribattere il dottor Cullen.
“NO CARLISLE! È TUTTA COLPA SUA! E
ANCHE TU LO SAI!”
Non avevo mai visto Edward così
disperato e arrabbiato. Se fosse stato umano avrebbe
sicuramente pianto; e chi lo poteva biasimare? L’amore della sua vita gli era
stato portato via con la forza.
“Se non fosse mai nata avrebbe fatto un piacere a tutti…”
disse con tono che gli riuscì molto difficilmente tener così basso, ma che
esprimeva tanto odio quanto ne si poteva leggere dagli
occhi.
“EDWARD! SMETTILA!” riprovò il
dottor Cullen.
Questo era troppo. Fu un’offesa a pieno petto. Soffrì
veramente per quelle parole, anche se dette da uno sconosciuto. Stava
incolpando me per quello che era successo a Bella; ma io non avevo fatto
proprio niente! Con sforzo riuscì trattenere le lacrime.
“È inutile, Jasper. Intanto su di
lei non funziona.”
A parlare questa volta fu uno dei due vampiri che non
conoscevo. Era alto e molto robusto con capelli scuri e ricci. Il vampiro a cui
si rivolgeva, con capelli biondi, aveva la mano sospesa in aria verso di me.
Che strano. Era come se volesse mettere la sua mano sulla mia spalla. Non
appena i suoi occhi dorati incontrarono i miei, la ritrasse
subito.
“COME JASPER, NON RICORDI? LA SIGNORINA è IMMUNE ALLE NOSTRE
ABILITà SUPPLEMENTARI!”
Con straordinaria velocità il dottor Cullen
prese per il colletto della camicia Edward.
“Ho detto di smetterla, Edward.
Troveremo un modo per salvare Bella. So che stai soffrendo, ma non serve a
niente comportarsi così. ” il suo era quasi un mormorio, ma anch’io lo sentii.
Edward si liberò dalla sua presa.
“AH Sì? E COSA CREDI DI FARE?
SENTIAMO!”
Il dottor Cullen questa volta non
rispose.
“Tu non hai la minima idea di quello che sto provando, Carlisle.”rispose
con lo stesso mormorio.
Mi lanciò un altro
sguardo. Il suo respiro irregolare non era dovuto ad
uno sforzo eccessivo, ma a tutta la rabbia che non riusciva a contenere. Mi
vennero i brividi lungo la schiena. Fece un balzo e se ne andò
agile e veloce nel cuore della foresta.
“Quando credi che tornerà?”
Per la prima volta sentii la voce del vampiro di nome Jasper.
“Non lo so……” rispose Carlisle stancamente
portandosi una mano alla fronte.
Dopo pochi secondi alzò la testa e mi guardò con un sorriso
un po’ spento.
“Mi dispiace tanto Natasha per
quello che sta accadendo……”
“M-mi spiegherà che cosa sta
succedendo, dottor Cullen?” la mia voce tremava
ancora.
Mi sorrise di nuovo. Questa volta sembrava più convinto.
“Certo. Ti spiegheremo tutto; da quando ti sei trasferita
qui a Forks, fino a quello che è successo oggi, ma
non qui; se non ti dispiace vorrei che lo facessimo a
casa mia, dove staremo più tranquilli.”
Piaciuto?! Anche questo è finito!
Finalmente nel prossimo si rivelerà tutto!
xmagicrossy: grazie! È un po’ triste, sì, ma
tra Natasha e Jacob non
sarà sempre così! Grazie ancora per aver commentato anche questa volta! Baci
x CAMiL92: eh sì, anche a me è
dispiaciuto tantissimo che Jacob sia stato quello che
è rimasto solo! È anche per questo che ho inventato Natasha.
Grazie ancora tantissimo per i complimenti! Kississimi!
xAmberMoody: anche per me Jacob è il
mio personaggio preferito! È così simpatico è dolce
(mi piacce immaginarlo così!). per quanto riguarda il
mistero di Natasha…….non
perderti il prossimo capitolo!!!! Grazie ancora per aver commentato e seguito
la mia ff fino a questo punto! Kiss
ricambiati!
xblack_angel:
davvero? Veramente non hai mai letto una ff così? Ma così mi fai arrossire! Ed è solo
la mia prima ff! Manie di protagonismo a parte……
grazie ancora tantissimo per il commento e per il grande
sostenimento! Glazie! Glazie!
Glazie! Baci!
Il dottor Cullen mi si avvicinò
calmo. Io, ancora spaventata, feci involontariamente un passo indietro. Lui si
fermò e sorrise della mia ingenua reazione.
“Mi spiace che quello che è successo ti abbia spaventata. Non ti faremo del male, non ti preoccupare.”
Dal suo sorriso, che cercava di essere
rassicurante, era evidente anche una strana sensazione di allerta.
“N-non volete farmi del male?”
Che domanda stupida! Se mi avessero
voluto ferirmi lo avrebbero potuto fare benissimo
tempo fa; ma ormai la paura faceva dominare l’istinto sulla ragione.
“No.”
Nel frattempo si era avvicinato ancora di più e distava da
me ormai solo pochi centimetri. Allungò le braccia verso di me, ma non mi
toccò.
“Posso?” mi chiese con voce gentile.
Non ero certa di quello che avesse
intenzione di fare, ma ero quasi sicura che mi volesse prendere in braccio. Mi
limitai ad annuire timida. Come volevasi dimostrare il
dottor Cullen mi prese in braccio. Era la prima volta
che mi trovavo tra le braccia di un vampiro. Erano fredde e dure. Non mi
trovavo a mio agio. Odiavo il freddo.
“Non aver paura di tenerti a me.”
Capii il significato di quella frase solo
quando cominciò a correre tra gli alberi. Era velocissimo, non quanto Jacob, ma non riuscii a non stringermi a lui il più forte
che potevo.
Il viaggio finì presto, ma il mio corpo non aveva nessunissima intenzione di muoversi, a differenza della
mente. Dovevo cominciare ad abituarmi a quei viaggi-lampo.
“Ora puoi anche mollare la presa. Scusa se sono andato
troppo veloce.” mi disse divertito.
Le sue parole mi ridestarono e io lo lasciai. Quando mi rimise
delicatamente a terra mi trovai davanti ad una
splendida villa bianca in mezzo al bosco; casa Cullen.
Era un vero e proprio spettacolo.
“Prego, entra.” mi
disse educato il dottor Cullen aprendomi la porta.
Da dentro era addirittura più bella che da fuori.
“Da questa parte.”
Mi condusse in salotto dove c’era uno splendido pianoforte a
corde. Appena entrai venni accolta da Alice, la
ragazza che avevo incontrato al negozio di mamma.
“Ciao Natasha! Spero che il
viaggio non ti abbia scandalizzato troppo! Io sono Alice, non se se ti ricordi di me, ci siamo incontrate nel negozio di
tua madre…..”
Non stava zitta un momento e aveva la voce tesa. Cercava sicuramente
di mettermi a mio agio, cosa che purtroppo non riusciva a fare.
“Ora basta, Alice, così la confondi.”
A parlare era stata la donna vicino a lei. Non sembrava
pericolosa, anzi aveva un non-so-che
di materno e protettivo. Mi guardò con quegli occhi dorati e magnifici sfoderando
un dolce sorriso.
“Piacere, io sono EsmeCullen. Sarai sicuramente un po’ scombussolata, siediti
pure….”
Esme era riuscita in quello che
Alice aveva tentato di fare e mi sedetti su uno di quegli
splendidi divani bianchi.
“PerchéEdward
è fuggito, Carlisle?”
A parlare era stata la ragazza più bella che
io avessi mai visto. Aveva splendidi capelli biondi in sintonia con gli occhi
dorati. Sembrava una statua fatta di oro e marmo
bianco.
Ma come sapeva quello che era
successo?
“Hanno rapito Bella.” rispose lui
secco.
“Che cosa?” urlò sconvolta Alice.
La risposta del dottor Cullen
aveva seminato il panico tra le tre vampire.
“Non ora, per piacere. Prima lei deve sapere……” e sei paia di occhi cominciarono a fissarmi. Mi sentivo un po’ in
imbarazzo; non era abituata a stare al centro dell’attenzione,
soprattutto all’attenzione di sei vampiri. Il dottor Cullen
si sedette sul divano davanti a me e così fecero anche gli altri.
“Hai qualche domanda in particolare da fare prima che
cominci a spiegare cosa sta succedendo?” si rivolse a me gentile.
Qualche domanda? Avevo valanghe di domande da fargli.
“Perché non volete farmi del male?”
Tra i quesiti che volevo porgli proprio quello meno importante dovevo scegliere?! Anche
il dottor Cullen si stupì di una domanda tanto
scontata.
“Bhe, conosci la nostra vera
natura, non è vero?” iniziò lui.
Il fatto che loro sapevano che io sapevo
mi sorprese parecchio.
“Sì”
“Il fatto che tu lo sappia mi facilita un po’. Sicuramente
conoscerai già qualcosa sul nostro conto da leggende e film, ma sappi che la
maggior parte sono falsità.” continuò
calmo.
“Vuole dire, signor Cullen, che i
vampiri non scappano davanti all’aglio?”
“Chiamami semplicemente Carlisle e
dammi del tu, per favore. Comunque, no, l’aglio non ci
fa alcun effetto” mi rispose sorridendo davanti alla mia ingenuità.
“E non dormite in una bara?”
“No.”
Le domande mi venivano così, spontanee e incontrollabili
come il flusso di un fiume al giungere della cascata, anche se si trattava di
domande assurde in quel momento.
“E non morite se venite conficcati
da un paletto d’argento?”
“No.”
“E non bevete
nemmeno sangue umano?”
Carlisle aspettò qualche secondo prima di rispondermi.
“Sì, ma non tutti lo
fanno.” disse e io lo guardai un po’ confusa “ Vedi,
ci sono alcuni vampiri che rifiutano questo stile di vita, che non vogliono
uccidere umani. Non potendo evitare di nutrirsi di sangue però tali vampiri
decidono di alimentarsi di sangue animale. Io e la mia famiglia facciamo parte
di questo piccolo gruppo di vampiri. Cipiacce definirci vegetariani per
questo….”
Vegetariani? Avevo a che fare con vampiri vegetariani? In
un'altra situazione questa notizia mi sarebbe apparsa quasi buffa.
“……per rispondere alla tua domanda, quindi, noi non vogliano ferirti sia perché abbiamo rifiutato l’idea di fare
del male agli esseri umani, sia perché anche se lo volessimo non potremmo
farlo……”
Lo guardai confusa. Cosa voleva
dirmi?
“Perché no?”Il suo volto si
contrasse.
“È difficile da spiegare…..fatto
sta che è impossibile per noi vampiri ferirti e farti del male; è la nostra
natura che ce l’ho impedisce e che ci permette di distinguervi dagli altri
esseri umani.”
Rimasi di sasso. I vampiri non potevano farmi del male? A
me? Com’era possibile? E poi perché stava usando il
plurale? Voleva dire che c’erano altri come me?
“E vale solo per me?”
“Sì, vedi, non lo sappiamo neanche noi il perché succeda,
ma……ecco……per noi vampiri voi rappresentate qualcosa di……come dire……sacro e
intoccabile, anche se non sarebbe il termine più appropriato…….”
La domanda che mi tormentava da lungo tempo sorse spontanea.
“Che cosa c’è in me che mi rende
diversa?”
Carlisle mi guardò negli occhi.
“In realtà anche noi vampiri sappiamo poco di quelli come te.
Anzi, non sappiamo quasi niente; non sappiamo nemmeno
cosa di preciso tu possa essere, a dir il vero. Fatto sta che è difficile
considerarti un’umana.”
Finalmente la mia domanda aveva ricevuto una risposta, che
tuttavia non aveva fatto altro che creare dubbi. Ritentai.
“Che cosa sono io?” gli chiesi
ancora, nonostante mi avesse già risposto a questa domanda.
Carlisle staccò lo sguardo dal mio
e si mise una mano sulla fronte. Sembrava cercasse i termini più opportuni per
rispondermi.
“Se vuoi posso dirti che cosa non
sei, ma questo credo tu lo sappia già. Non abbiamo dato
un nome a te e ai tuoi simili; non ci è sembrato necessario, visto che noi
vampiri abbiamo incontrato solamente una persona come te….” mi
disse con occhi un po’ assenti.
C’era stata prima di me un’altra persona nelle mie stesse
condizioni. A dire la verità questo mi rasserenava un
poco; almeno non ero stata l’unica. Ma ancora non
avevo capito che cosa io fossi. Giunta a quel punto solo di poco ero sicura: 1)
non ero umana 2) ciò che ero non aveva un nome
3)né
i licantropi né i vampiri che avevo conosciuto erano in grado di spiegarmi con
esattezza la mia seconda certezza.
“Forse spiegandoti quello che noi vampiri fino ad ora sappiamo
su di te, riuscirai a comprendere meglio la situazione.”
La voce di Carlisle mi ridestò dai
miei pensieri. Annui decisa. Lui mi sorrise.
“Sei immune altre nostre abilità speciali. Mi spiego. Un
vampiro possiede molte qualità che lo rendono tale: assenza di sonno e di fame,
immortalità, carnagione diafana, bellezza surreale, temperatura interna al di sotto della media, resistenza, olfatto e forza di gran
lunga più sviluppati di quelle degli esseri umani e molte altre. Alcuni
tuttavia dopo la trasformazione in vampiri riscontrano
delle capacità inusuali, che non tutti possiedono, delle capacità “extra”, se
così si possono definire. Per esempio, Alice è in grado di prevedere il futuro
in base alle decisioni prese, Jasper è in grado di
controllare le emozioni di chi lo circonda edEdward è in grado di leggere nel pensiero. Tu sei immune a
tutto questo. Per questo Esme,
Rosalie ed Alice sapevano quello che era successo nella foresta, se la domanda
di Rosalie di poco prima ti avesse fatto nascere il dubbio.”
Eh già, ora si chiariva la cosa. Ecco che
cosa voleva dire prima Emmett nella foresta. Ecco perché Edward il primo giorno in cui
ci siamo incontrati si era comportato in modo così strano. Non era
riuscito a leggere nei miei pensieri e si era allarmato.
“Hai sicuramente altre doti, che tuttavia noi non possiamo
stabilire con certezza. Crediamo che ognuno di voi possieda delle particolari
abilità che vi contraddistinguono l’uno dall’altro. Ti è mai capitato qualcosa
di strano quando provi una sensazione intensa, per
esempio?”
La risposta era sì. Ecco cos’era successo
a scuola.
“S-sì…..”
“Lo immaginavo” mi disse lui soddisfatto.
“Ma perché tutto questo avviene solo
adesso?”
“Questa temo che questa sia una delle tante domande di cui
noi vampiri non conosciamo la risposta..…” mi disse
cupo; poi continuò fissandomi “ Un’altra delle poche cose di cui siamo sicuri e
che avete tutti un aspetto simile. Capelli bianchi e occhi rossi.”
I-il mio aspetto? Ero rimasta un po’ spiazzatala da questa rivelazione; ma le domande
da porgli erano ancora molte e mi costrinsi a continuare e a non pensarci.
“Prima quel vampiro, Jack, mi aveva detto
che non mi avete mai rivelato niente per paura di come avrei reagito. Cosa significa questo? E cosa vuole
da me? Perché mi difendete da lui? E
chi è questo Marte?”
“Tranquilla…. non ti preoccupare!
Ti risponderemo a tutto.” mi fece lui sorridendo.
“Quando gli esseri come te provano
una forte emozione talvolta perdono il controllo e reagiscono in modo
involontario provocando reazioni anche con gravi conseguenze, soprattutto
quando non sono ancora in grado di controllare le proprie capacità.”
Pensai all’episodio del teletrasporto
e capii che Carlisle aveva ragione; ero succube di
una forte emozione ed era successo senza il mio volere.
“Perciò” continuò lui “avevamo
paura di come avresti reagito se ti avessimo svelato la verità subito. Ti
avrebbe sconvolto troppo. Avevamo deciso quindi di non dirti niente, a meno che non fosse stato necessario. Ora che ti hanno trovata però è indispensabile spiegarti cosa sta accadendo.
Sappiamo che ti abbiamo fatto passare un brutto periodo e ci dispiace molto…….”
Ero allibita. Lo avevano fatto apposta. Sapevano quello che
provavo e avevano aspettato solamente adesso per rivelarmi tutto. Ero un po’
risentita da questo loro comportamento, molto risentita; ma più pensavo alle
parole di Carlisle, più ero cosciente che dopo tutto avevano fatto bene.
“Per rispondere alle altre tue domande la cosa più opportuna
è quella di raccontarti una storia che mi coinvolge direttamente. Quindi ti conviene metterti comoda ed ascoltare con
attenzione.
Il giorno in cui divenni un vampiro accadde molti secoli fa.
Ora non voglio annoiarti con la mia storia, che è superflua con il resto del
racconto. Ma sappi che non ho vissuto sempre qui a Forks. Per un certo periodo della mia vita dopo la
trasformazione, quando ancora non avevo incontrato Edward,
ho vissuto in Italia, per la precisione a Volterra,
dove conobbi Aro, Marcus e Caius.
Erano, e sono tutt’ora, i vampiri più noti nel nostro mondo. La loro fama è dovuta al fatto che, credendo che l’esistenza dei vampiri
debba stare all’oscuro dagli esseri umani, puniscono con la morte coloro che
non rispettano le loro idee. Sono loro che dettano la legge e lo fanno con un
esercito di vampiri, tutti con delle particolari abilità speciali.
Al tempo vi era anche un quarto vampiro che completava il
gruppo, Iulius. A differenza di Aro,
Marcus e CaiusIulius desiderava la supremazia dei vampiri sugli esseri
umani; voleva che tutti li conoscessero, li temessero e li portassero rispetto.
Aro, Marcus, Caius e io sapevamo delle sue intenzioni, ma non aveva mai fatto niente
per realizzarle, anche perché si sarebbe ritrovato contro un esercito di
vampiri indistruttibile. O quasi. Al tempo non lo
sapevamo, ma dopo venimmo a conoscenza che stava
progettando in gran segreto qualcosa di terribile. Si scoprii che lui era
convinto che per poter imporre le proprie ideologie e quindi per contrastare
Aro, Marcus, Caius fosse
necessario un esercito di vampiri sotto al suo comando
molto più forte del loro. Non bastavano quindi semplici abilità supplementari
per creare un esercito così potente. Era necessario qualcosa di più “speciale”.
Cominciò così a modificare i geni dei vampiri.”
Si fermò per controllare la mia reazione, ma io invece
rimasi ferma e impassibile, coinvolta completamente nel racconto.
“Fece numerosi tentativi, ma quasi tutti fallirono.
Convinceva con l’inganno i vampiri che lui riteneva più idonei a sottoporsi
alle sue “sedute”, ma quasi tutti morirono. Riuscì a
raggiungere il suo obbiettivo solamente con un unico vampiro, il suo servitore
più fedele, Marte. Non si sapeva esattamente quali fossero
le sue capacità; non mostrò mai le sue doti, sottordine di Iulius.
Non voleva che si scoprissero le sue intenzioni troppo presto; un unico vampiro
era ancora troppo poco per realizzare il suo scopo. Le cose cambiarono
quando comparse quasi dal nulla Anastasia.”
Il suo sguardo si fece di nuovo assente.
“Un giorno Aro, Caius, Marcus, Iulius ed io notammo per le vie di Volterra una ragazza. Capimmo subito
che non era una persona come le altre. Aveva capelli bianchi e occhi rossi,
proprio come te; ma non era una semplice albina. Davanti a lei il nostro
istinto di vampiri ci impediva di farle del male. A
nessuno era mai capitata una cosa del genere. Eravamo stati tutti incantati da
lei. Non avevamo mai incontrato un essere tale. Un essere puro, semplice….e
intoccabile. Quella ragazza era particolare e speciale e aIulius questo non passò inosservato. Cominciò a
credere che se il suo esercito avesse avuto un essere
in grado di scatenare queste reazioni avrebbe sicuramente compiuto un
grandissimo passo avanti nel raggiungere il suo obiettivo. E
così lo fece. Non abbiamo la minima idea con che coraggio e con che forza ci sia riuscito. Trasformò quella creatura così innocua in un
vampiro.”
Ora nel tono di voce di Carlisle era
percepibile una nota di rabbia.
“Era……era stata una cosa orribile!
Aveva trasformato una creatura così…..così incontaminata
in un mostro! È difficile da spiegare quello che noi provammo vedendo quella
ragazza così. Era un sentimento inspiegabile, dettato dalla nostra natura di
vampiri. Iulius si accorse che trasformandola non
scatenava più quelle inspiegabili sensazioni così intensamente; ma non fu un
gesto del tutto inutile. Durante la trasformazione in vampiro parte del sangue
di colui che viene trasformato entra in contatto con
colui che lo trasforma. Iulius in questo modo assunse
parte del suo sangue.
Fu proprio questa piccola quantità di sangue che fece
diventare Iulius invincibile, nel
vero senso della parola. Quella ragazza non era umana ed il suo sangue
amplificava incredibilmente le nostre capacità. Iulius
riuscì a sconfiggere da solo l’esercito creato da Aro, Caius
e Marcus e divenne lui stesso il più potente e pericoloso
vampiro tra tutti quelli in circolazione. Era riuscito a raggiungere il suo
obbiettivo; da quella posizione aveva il potere su tutti ed io Aro, Caius e Marcus non potemmo fare
altro che sottostargli. Cominciarono così tempi duri
per gli esseri umani. Sempre più persone morirono o scomparvero. Ingenuamente
credevano che questo fosse dato da una pandemia.”
Fece una pausa e tornò a guardarmi. Questa storia mi stava
piacendo sempre di meno. Poi sorrise leggermente.
“Ho avuto più volte la possibilità di parlare con quella
ragazza, Anastasia. Era una sofferenza per noi solamente guardarla. Nonostante fosse un vampiro si rifiutava di bere sangue.
“Non mi piace il sapore del sangue, lo trovo troppo amaro” mi diceva sempre.” Allungò quel sorriso “La realtà era che non aveva mai
accettato di essere un mostro,pertanto non voleva comportarsi come
tale. Un vampiro, però, non può non bere sangue, perché un vampiro assetato può
diventare molto pericoloso. Lei però non manifestò mai questo tipo d’istinto. Invece morì.”
Carlisle stava quasi sussurrando.
“Lei me lo disse, me lo disse che
stava morendo; ma io non le credetti. Un vampiro non
poteva morire. Ancora oggi mi odio per non averle dato
retta, per non aver fatto qualcosa; anche se in realtà nessuno non avrebbe mai
potuto fare niente per lei. Fatto sta che con la morte di Anastasia
anche Iulius morì. Noi vampiri non siamo mai riusciti
a spiegare il perché di ciò, ma crediamo che il sangue di Anastasia
abbia creato un forte legame con Iulius, tale da
dipenderne persino la vita. Così Aro, Marcus e Caius tornarono al potere e dopo pochi secoli il loro
esercito venne ricostituito.”
”Ma com’è possibile che sia morta? I vampiri non sono immortali?”
Non potei trattenermi dalla curiosità e interruppi il suo
discorso. Lui mi guardò con occhi pieni di…….poteva mai essere compassione?
“I vampiri non nascono tali. Tutti sono stati esseri umani,
chi per più chi per meno e perciò tutti trasformandosi in vampiri hanno le
stesse debolezze e gli stessi limiti. Lei invece non era umana. Le nostre leggi per lei non
valevano…….
Scusa, la storia non è ancora finita, ma manca poco ormai.
Dopo la morte di Iulius tuttavia non si seppe più
niente del suo seguace, Marte. Fino a pochi decenni fa. Aro, Caius e Marcus mi comunicarono che Marte era ancora vivo, nascosto non si sa
dove, e che avesse continuato l’opera già iniziata da Iulius.
A differenza di lui Marte face numerosi progressi nella
mutazione genetica dei vampiri. Sta molto lentamente costruendo un
esercito, lo stesso voluto da Iulius. Ora ha molti vampiri
modificati e molto potenti al suo servizio. Quel Jack
per esempio era uno di quelli. La sua non era velocità; lui è in grado di teletrasportarsi e questa non può essere assolutamente
un’abilità speciale di uno semplice vampiro. Inoltre,
a quanto pare, neanche il suo istinto di vampiro
reagisce davanti a te come quello di noi altri; lui è in grado di farti del
male.
Ciò che è peggio è che ora Marte sa della tua esistenza e
non rinuncerà di certo a sfruttare il tuo sangue per i suoi scopi. È molto
determinato nel suo intento e non si fermerà davanti a niente. Non si farà
problemi a coinvolgere innocenti per usarli come merce di scambio pur di
ottenerti.”
Atterrita. Nessun’altra parola poteva esprimere al
meglio il mio stato d’animo. Persone innocenti stavano per rischiare la propria
vita a causa mia. Pensai a Bella e a quello che in quel momento le stavano facendo. Non riuscivo a sopportare quel pensiero.
Magari stava soffrendo, o peggio. Mamma e Kathysbucarono da un angolo della mia mente. Kathy.
Mamma. A loro che sarebbe successo? Avranno fatto la
stessa fine di Bella? Mi misi le mani tra i capelli. Non poteva essere. Tutta
quella storia era surreale, non poteva essere vera.
Non potevo crederci, mi stavano prendendo sicuramente in giro, tutti quanti,
dal primo secondo in cui avevo messo piede in questo paesino fuori
dal mondo. Non potevo crederci. O semplicemente
non volevo? Come si spiegava se no ciò che era accaduto a Bella? “…..e se ti importa qualcosa dei tuoi amici Quileute sarà meglio che tu stia lontano anche da
loro…….anzi, se proprio vuoi salvare la vita a tutti sarebbe meglio se tentassi
di suicidarti…..”. Ancora quelle parole. Questa volta però le capii appieno. Edward aveva ragione. Aveva avuto ragione sempre su tutto.
Fui destata dai miei pensieri da una mano gelida sulla mia
spalla che mi obbligò ad alzare lo sguardo. Carlisle
mi stava guardando con un triste sorriso.
“Posso capire che la notizia ti abbiamo
sconvolto; ma non ti preoccupare, ti proteggeremo noi con tutto ciò che è a
nostra disposizione, insieme a coloro che possono rappresentare dei bersagli
ovviamente.”
Enfatizzò soprattutto l’ultima parte, avendo sicuramente
capito cosa mi stava tormentando, ma non migliorò di molto il mio stato
d’animo.
“Co-cosa faranno a Bella?”
sussurrai.
“Non lo so.” disse guardandomi
triste dopo pochi secondi.
“Perché solo adesso mi vengono a
cercare?” continuai con le mie domande, nonostante la voce mi tremasse un po’.
“Perché prima di oggi non
sapevano minimamente della tua esistenza. Non sei rintracciabile in nessuna
maniera da noi vampiri, dato che per noi non hai odore. Quando Edward mi raccontò di te la prima volta che ti incontrò quasi non gli credetti;
quindi ti puoi immaginare il mio stupore quando ti vidi la prima volta in
ospedale. Incominciammo così a tenerti d’occhio; sapendo che Marte e i suoi
vampiri ti sarebbero presto venuti a cercare.”
Nella mia mente ricomparvero quegli occhi dorati visti tra
gli alberi parecchie sere fa.
“Conoscendo in parte il loro modo di agire sapevo che proteggendoti
avrebbero attaccato anche noi; per questo ho obbligato Edward
a non vedere più Bella e ad annullare il matrimonio; sarebbe stato un bersaglio
troppo facile, visto che è l’umana più in contatto con noi.”
Ecco finalmente spiegato l’odio di Edward per me, ed era un odio più che giustificato. Per
colpa mia non poteva neanche più vedere Bella. Come biasimarlo, anch’io stavo
cominciando ad odiarmi.
“La situazione peggiorò quando i
licantropi vennero da noi. Anche loro avevano notato
la tua stranezza, e ciò non mi piacque per niente. Volevano sapere con
esattezza che cos’eri, ma io dovetti risponderli solo
in parte, accennando ad un gruppo di vampiri molto pericolosi. Edwardne approfittò per leggere
le loro menti e scoprire che tu sapevi già qualcosa su di noi e su di loro.”
“Alice!” disse Jasper
all’improvviso.
Tutti si girarono verso di lei. Era immobile con gli occhi
chiusi, come una statua. Sembrava entrata in trans. Che cosa stava facendo? Si
ridestò tutto ad un tratto.
“Mi dispiace, ma non riesco a vedere. È come se facesse
fatica a pensare…..”
“Cosa? Non è possibile! Che cosa
gli stanno facendo?” disse Esme
preoccupata.
“È ancora viva, Alice? Riesci ancora a
percepirla?” domandò preoccupato Carlisle.
“Sì”
Lo guardai con scetticismo, che lui comprese.
“Alice sta cercando di leggere le decisioni di Bella per
aver una qualche idea di dove si trovi. Difficilmente
Alice non vede. Le uniche eccezioni sono il futuro dei
licantropi, il tuo e tutte le decisioni che hanno a che fare con voi.
Sfortunatamente questa è una di queste eccezioni. È impossibile per noi
prevedere le loro mosse e questo ci rende le cose molto difficili.”
Finalmente Carlisle aveva finito
di parlare, ma io quasi non ascoltai le ultime parole
che disse. La mia mente era ancora concentrata su Bella e sulla risposta alla domanda
di Esme. Tra tutte le
rivelazioni del giorno quella più orribile era stata
che tutto era successo per causa mia. Se non fossi mai arrivata a Froks nessuno si sarebbe mai fatto
niente. Ero molto più scandalizzata e sconvolta di prima.
“Ormai è quasi buio, sarà meglio che tu vada a casa.”mi disse Jasper
Volsi lo sguardo attraverso le bianche tende
del salotto. Era ormai il crepuscolo. Sentii due mani gelide toccarmi le
spalle. Carlisle mi guardava.
“Questa notte uno di noi sorveglierà casa tua. Non ti
preoccupare per Bella, la salveremo in qualche modo.”guardò poi Emmett “Potresti
accompagnarla tu a casa?”
“Certo.” rispose lui.
“Allora buonanotte, Natasha, e
non temere.” ritornò a me Carlisle.
Io ricambiai con un cenno della testa e mi lasciai prendere
da Emmett per farmi
riportare a casa.
TA-TA-TA-TAAAAAAANNNN! Finalmente la verità! Non so se può
convincere però come “grande rivelazione”, però. Da un po’ che ci pensavo e l’idea dei vampiri modificati mi era
sembrata originale e strana. Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate
di questa tanto aspettata rivelazione, se magari ve la sareste aspettata e se è
degna delle vostre aspettative; quindi commentate! Grazissime a tutti in anticipo!
x jena92: Spero che questo capitolo
ti abbia fatto capire i tuoi dubbi. Per Jacob non ti
preoccupare, tornerà presto anche lui! Grazie ancora per i tanti complimenti e
per il supporto! Kiss
xbeckycullen: non ti preoccupare per Edward!
Sì, ci sono andata un po’ pesante con lui, ma d’ora in
poi non si comporterà più così. Promesso! Grazissime
per i complimenti! Baci baci!
xmagicrossy:
questo capitolo avrà risposto a parecchi tuoi dubbi, vero? Se vuoi sapere cosa
succederà a Bella…..bhe…..allora
non perderti il prossimo capitolo! graziegrazie per i complimenti! Baci!
x CAMiL92: Ohhhh……mi
spiace di essere la causa delle tue crisi periodiche! Giuro, non lo sto facendo
apposta! Non sono così desiderosa di danneggiare la salute dei miei lettori! Ma
questo ultimo capitolo dovrebbe fermare il tuo circolo
vizioso una volta per tutte, vero? Spero proprio che i tuoi dubbi siano stati
chiariti ampiamente! Grazie grazie e ancora grazie
per il sostegno e complimenti! Tanti baci ricambiati!
xAmberMoody: eh sì, da adesso in poi si passa alla storia vera e
propria! Spero che questo capitolo abbia risposto a tutti i tuoi dubbi! Per Jacob e Natasha……..aspetta ancora un capitolo! grazie
ancora tantissime per aver commentato!
Non mi accorsi neanche di essere arrivata a casa; mi sentivo
sottosopra per quello che era successo. Dovevo riflettere, eccome se avrei dovuto riflettere. Inoltre ero
ancora piuttosto confusa, nonostante Carlisle fosse stato alquanto esauriente
nel rispondere ai miei dubbi. Senza troppe cerimonie Emmett mi mise giù non
poco lontano dalla foresta, affinché nessuno potesse vederci. Vidi la luce
della cucina accesa: mamma e Kathy erano tornate.
Avrei dovuto trovare una scusa per spiegare la mia assenza.
“Non ti preoccupare. Questa notte, ti terrò d’occhio io…..” mi disse Emmett risvegliandomi
dai miei pensieri. Era una mia impressione o non facevano altro che dirmi di
non preoccuparmi?
“Sarà la milionesima volta che me lo
dite, ma intanto non serve a niente. Mi preoccuperò lo stesso. E voi lo sapete…” gli risposi ancora scioccata.
“Sì, hai ragione. Ma noi tentiamo comunque….non si sa mai che ti tranquillizzi per pura fortuna.” mi rispose lui ironico.
“Voi e i licantropi non andate
molto d’accordo, vero?” domandai inaspettatamente, sorprendendo perfino me
stessa.
“già…….” mi rispose lui quasi
infastidito.
“perché?”
“è la nostra natura che ci spinge ad odiarci
reciprocamente……..e poi puzzano”
L’ultima frase mi sorprese un poco. Jacob aveva un buon odore.
Già…..Jacob…..
“Buona notte allora…..” gli risposi forse un po’ stizzita per il cattivo pensiero
venutomi in mente.
“Notte……” mi ripose, mentre si postava su un albero lì
vicino.
Entrai in casa. Tutto normale. Mamma stava preparando la
cena e Kathy la stava aiutando. Emisi un sospiro di sollievo.
Avevo vissuto gli ultimi cinque minuti nell’impressione che fosse
successo qualcosa a mamma e a Kathy.
“Finalmente, Natasha! Dove sei stata per
tutto questo tempo?”
La sua voce non era né arrabbiata né preoccupata.
“Ho fatto una passeggiata per Forks; avevo bisogno di un po’
d’aria…… vado a farmi una doccia…..”
Non mi piaceva mentirle, ma questa volta avevo un motivo più
che valido.
L’acqua calda non cambiò il mio stato d’animo, ma mi permise
di pensare meglio. Quello di cui ero venuta a sapere oggi non
mi aveva sconvolta, di più. Era irreale, impossibile, ma era vero.
Non avevo mai creduto ciecamente all’esistenza di vampiri e
licantropi, ma da quando mi ero trasferita a Forks avevo dovuto ricredermi. Cosa
che mi rendeva molto inquieta era che non ne ero
rimasta totalmente perplessa; sia quando Jacob mi aveva rivelato di essere un
licantropo sia quando scoprii che i Cullen erano dei vampiri non ne rimasi
scioccata a lungo, nonostante l’impatto iniziale. Era strano, come se nel mio
subconscio, sapessi già che a Froks la mia vita non
sarebbe stata come sempre. Neanch’io riuscii a comprendere questa sensazione.
Il fatto che più mi aveva sorpreso e
sconvolto tra tutti era stata la rivelazione che io non ero un essere umano.
Non volevo ancora crederci. Io, Natasha McAnderson, la più normale quindicenne
su questo pianeta non ero un essere umano. E non solo.
Nessuno sapeva che cos’ero. Inoltre ero in grado di
teletrasportarmi; incredibile, chissà cos’altro ero in
grado di fare.
E ancor peggio, a causa mia un vampiro mi odiava a morte,
una famiglia di vampiri stava rischiando la vita insieme a tutti gli abitanti
di Forks e un’innocente, nonché mia amica, era in
pericolo di morte; tutto perché un gruppo di vampiri geneticamente modificati
voleva me ed il mio sangue per assoggettare così gli esseri umani, i quali
negavano la loro esistenza. Detto così sembrava un film di fantascienza; in
un'altra situazione, se io non ne fossi coinvolta fino al collo, questa storia
mi avrebbe persino fatto ridere.
Ripensai poi al racconto di Carlisle. Povera Anastasia. Chissà
quanto avevo sofferto. Mi rividi in lei. Anche
questo Marte aveva intenzione di trasformarmi in un vampiro? Anche
a me sarebbe capitato il suo destino? Nonostante l’acqua calda dei brividi mi percorsero la schiena.
Ormai era una buona mezz’ora che ero sotto la doccia. Quando uscii mia madre mi chiamò per la cena, ma io non
avevo assolutamente fame in quel momento. Andai in camera mia cercando di
rilassarmi, ma la cosa era difficile da farsi, non solo perché un vampiro mi stava
sorvegliando davanti alla mia finestra.
La mia autostima era sottozero. Mi odiavo come non mai. Per
colpa mia adesso molte persone stavano soffrendo. Povero
Edward, chissà cosa stava provando ora, proprio in questo momento, senza sapere
cosa fare per salvare la persona che amava più in questo mondo. E chissà ora Bella cosa stava passando. Era ancora viva? Non
volevo nemmeno pensarci. Doveva essere ancora viva, doveva….
Quanto vorrei sapere dove sei, Bella, quanto vorrei comunicare
con te…..
“Na-Natasha?”
Co-cosa?! Sbaglio o era stata la
voce di Bella? Me l’ero solo immaginata?
“Na-natasha…”
Era lei! Non mi stavo immaginando niente! Sentivo la sua
voce! Forse si trattava di un’altra mia capacità sconosciuta di cui parlava
Carlisle. Era ancora viva. Bella era ancora viva; ma dovevo sapere dove si
trovava.
All’improvviso divenne tutto nero. Poi pian piano i contorni
di ciò che mi circondava divennero più chiari. Mi trovavo in una specie di
condotto sotterraneo. Sentii i rumori di un treno in corsa. Qui vicino dovevano
trovarsi delle rotaie. Stavo camminando per dei buoi corridoi, ma non sapevo
dove mi stavo dirigendo. Era come se stessi sognando.
Mannaggia! Quella
stupida creatura! Non riesco a teletrasportarmi insieme lei!
Un momento….. che cos’era? Sembrava
un pensiero, ma non era la mia voce…….. mi era familiare però. Passai davanti
ad una parete più lucida delle altre e ne approfittai
per vedere il mio riflesso. O mio Dio. Non ero io! Cioè, non era il mio corpo! Era quello di Jack!
Mi stavo trovando nella sua mente e ne potevo leggere i pensieri! Sì fermò
davanti ad una specie di cabina da cui si poteva vedere il suo interno
attraverso ad un oblò. Dietro quella porta c’era una
cella frigorifera. La temperatura doveva essere sotto allo
zero di parecchi gradi. E proprio in quella
stanza si trovava Bella, quasi morta dal freddo. Oh no, Bella, no! Cosa le volevano fare?
Chissà
cosa le vorrà fare Marte. Non aveva
mai fatto i suoi esperimenti su esseri umani. A pensarci bene però non è male.
Ha un buonissimo profumo. È un peccato sprecare il suo sangue in questo modo……
Ricominciai a muovermi, ovvero,
Jack si ricominciò a muovere. Stava andando sempre più veloce. Ormai stava
correndo. Non riuscivo a capire dove stava andando né cosa lo stava circondando; era troppo buio. All’improvviso comparve
la luce. Ora potevo vedere bene il luogo dove si trovava. Era una stazione
della metropolitana. Bella si trovava sotto le vie di una rete della
metropolitana. Ma dove di preciso? Un cartello blu
attirò la mia attenzione. Mointmaitre. Mi trovavo alla fermata di Mointmaitre.
Parigi. Me la ricordava bene quella città. Ci passai una delle più belle
vacanze con la mia famiglia. Ritornò poi tutto buio.
Riconobbi poi i contorni prima sfuocati, poi sempre più
nitidi della mia stanza. Ero ritornata in me. Con il respiro
affannato mi alzai dal letto.
Ora sapevo dove si trovava Bella. Ora l’avrei potuta
salvare.
Cominciai a camminare. Dovevo pensare. Dovevo trovare un
modo per salvarla. Dovevo avvertire Carlisle. Lui avrebbe saputo cosa
fare…….no! Avvertirlo era un pessima idea. Non volevo
che i Cullen rischiassero la vita. Ero costretta a fare tutto da sola; ma non
ci sarei mai riuscita. A qualcuno dovevo pur chiedere, altrimenti sarebbe stato tutto inutile. Poi mi venne in mente Edward.
Certo. Chi altri aveva il diritto di salvare Bella se no la persona che più l’amava
al mondo e che in questo momento stava soffrendo di più? Ma
chissà dov’era.
Non lo sarei mai riuscita a trovare. In che modo si poteva
trovare un vampiro? Non potevo mica andare in giro annusando l’aria come un
lupo?! Lupo……. I licantropi avevano un olfatto più
sviluppato degli esseri umani e avrebbero sicuramente trovato
un vampiro seguendo il suo odore.
Avevo bisogno di un licantropo per trovare Edward. No,
Natasha, ti prego non lo fare!
Avevo bisogno di Jacob, ma dove avrei trovato il coraggio di
andare lì e chiedergli come se niente fosse di aiutarmi a trovare Edward?! Poi ripensai cosa era Bella per lui. Se
lei era in pericolo anche lui aveva il diritto di salvarla, dopotutto. Ma andarglielo a chiedere a casa sua era un altro discorso!
Forza Natasha! Non fare la bambina! Devi farlo per Bella!
Ero ormai convinta di quello che dovevo fare, ma non sapevo ancora
come farlo. C’era un vampiro davanti alla mia finestra
e di certo non gli sarei passata inosservata se fossi uscita di
casa. Come avrei potuto fare? L’illuminazione arrivò
anche questa volta: teletrasporto. Mi dovevo per forza teletrasportare se
volevo andare da Jacob. Ma ci sarei riuscita di nuovo?
L’ultima volta stavo per essere schiacciata da una trave in fiamme; non ero
sicura che avrebbe funzionato anche adesso. E se sarei
comparsa in un altro luogo?
Dovevo tentare; lo dovevo fare per
Bella. Mi fermai e chiusi gli occhi, concentrandomi sulla casa di Jacob. Forza,
Natasha, forza! Divenne tutto nero, come l’ultima
volta. Riaprii gli occhi e mi ritrovai davanti a casa di Jaocb, immersa
nell’oscurità della sera. Aveva funzionato! Non era stato difficile! Mi potevo
anche abituare a questa situazione in fin dei conti……
Avevo paura della sua reazione quando
mi avrebbe vista, ma mi avvicinai con coraggio alla finestra della sua camera. La
trovai però chiusa e buia. Forse stava dormendo, o forse non c’era. Cosa dovevo fare ora?
“Natasha…..”
Era stato poco più di un sussurro, ma lo sentii
chiaramente. Mi voltai lentamente e mi ritrovai Jacob poco distante da me.
Indossava solo un paio di pantaloni; si era sicuramente da poco ritrasformato
in un umano. Il suo sguardo non mi piaceva per niente: aveva le sopracciglia
aggrottate e gli occhi leggermente lucidi.
“Perché hai violato la promessa?”
mi chiese ancora sussurrando; non era però arrabbiato.
“Perché anche tu lo hai fatto?” gli
risposi guardandolo negli occhi, ma non in tono accusatorio.
Lui abbassò lo sguardo.
“Senti, Natasha….” continuò lui
avvicinandosi; d’altra parte io mi allontanai ancora più da lui. Non volevo che
lo facesse. Non volevo che mi abbracciasse e che si scusasse con me. Non ora, comunque. La situazione era troppo grave. Lui sembrò offeso
dal mio gesto e si fermò mordendosi il labbro inferiore. Prima che lui cominciasse a parlare gli dissi il motivo per cui ero venuta
lì, senza tanti giri di parole.
“Bella è in pericolo. I vampiri l’hanno rapita.” gli dissi tutto d’un fiato.
“Che cosa?!” mi rispose sconvolto.
“È ancora viva, ma non credo lo sarà per molto. Dobbiamo
fare subito qualcosa. So dove si trova, ma non riuscirò mai a salvarla da sola.”
“Ma……come sai dove si trova?
Neanche i Cullen lo sanno……” chiese lui sempre più sbigottito.
“Ho visto attraverso gli occhi di uno di loro….”gli
dissi senza tanti preamboli.
“Co-come è possibile?” sembrava quasi non credere alle mie
parole.
“Perché io non sono un essere
umano, Jacob!” ormai stavo quasi gridando.
Lui mi guardò più stupito che mai.
“Ho bisogno del tuo aiuto per trovare Edward e salvare
Bella….”gli chiesi
finalmente.
Sul suo volto comparve un’espressione di stizza.
“Perché devi chiedere aiuto a quel….”
“Perché Edward è colui che in
questo momento sta soffrendo di più per lei e se c’è una persona che ha il
diritto si salvarla quella è lui!” il mio tono di voce era troppo alto.
Lui mi guardò per un secondo. Sembrava cercasse di capire a
cosa stavo pensando.
“Dammi un minuto per andare a prendere dei vestiti.”disse infine.
Stavamo correndo veloci nella foresta. Ormai mi ci ero abituata a questi viaggi-lampo, anche se mi era
impossibile non aggrapparmi saldamente al pelo di Jacob. Non riuscivo bene a
capire dove stavamo andando, sia perché era troppo buio, sia perché andava
troppo veloce. Stava seguendo il suo olfatto per trovare Edward, come avevo
immaginato. Non ci mise molto; presto si fermò. Con il muso mi ordinò di
scendere e di andare avanti, mentre lui si ritrasformava. Sbucai in una piccola
radura nella foresta. Era un piccolo paradiso nel bosco, reso ancora più bello
dai raggi della luna che filtravano tra i rami degli alberi. Lui era lì, a
pochi metri da me. Era seduto sull’erba e mi dava le spalle, ma sapevo che si
era accorto della mia presenza.
“Cosa vuoi ancora?”
Non era arrabbiato, ma quasi assente.
Stava proprio male; si poteva percepire il suo dolore dalla sua
voce.
“So dove si trova Bella.” dissi
tutto ad un fiato, mentre Jacob mi raggiungeva. Non amavo i giri di parole. Lui
si girò di scatto e mi guardò confuso.
“Pochi minuti fa ho visto attraverso gli occhi di Jack…” gli spiegai prontamente.
“Bella sta bene?” mi disse in tono preoccupato,
avvicinandosi.
Volli essere sincera con lui.
“È ancora viva, ma non per molto. Dobbiamo fare subito qualcosa…….”
“Carlisle lo sa?” mi chiese lui, ormai in preda all’ansia,
anche se non voleva farla intravedere.
La sua attenzione era concentrata tutta su di me e non
degnava Jacob di uno sguardo, a differenza di quest’ultimo, che sospettoso non staccava
gli occhi da lui.
“No, non voglio coinvolgere la tua famiglia…..”
“Bhe…..almeno una cosa giusta l’hai
fatta, Natasha….”
Per la prima volta Edward si rivolse a me con tono né
arrabbiato, né furioso, ma quasi riconoscente.
“Mi aiuterai a salvare Bella?”
“E me lo chiedi anche?” disse lui serio “Carlisle mi
ucciderà se ti prenderanno.” Poi mi guardò.
“Lo sai che se succedesse i tentativi della mia famiglia di
proteggerti saranno stati inutili e metterai tutti in pericolo?”
“Ho qualche altra scelta? Se hanno rapito Bella è colpa mia,
quindi spetta me rimediare.”gli
risposi schietta.
“E perché allora stai chiedendo il
mio aiuto?”
“Perché non ce la farò mai da sola e perché se c’è una
persona che ha il pieno diritto si salvarla, quella sei tu.”risposi decisa.
Lui mi guardò per un momento in modo strano, come non aveva
mai fatto con me. La sua bocca poi si allargò. Sembrava quasi un sorriso. A me.
Non potevo crederci. Edward Cullen mi stava sorridendo.
“Dimmi allora dove si trova.” disse
ritornando serio.
Ecco la parte più dura.
“A Parigi.”
Spalancò gli occhi insieme a Jacob, rimasto zitto per tutto
il tempo.
“A Parigi? Sei sicura?” rispose lui
sorpreso.
“Sì” dissi decisa, punta
nell’orgoglio. Credeva forse che gli stessimentendo?
Si mise una mano tra i capelli, gli occhi sbarrati dalla
paura. Il suo respiro si era fatto irregolare.
”Non ce la faremo mai, Parigi è troppo lontana…….Non
riusciremo a…..”
Avevo tutto il rispetto di questo mondo per le persone che
soffrivano; ma non per quelle che soffrivano per un
problema che non esisteva. Non sarebbe stato difficile andare a Parigi se ci saremo teletrasportati. Ma avrebbe
funzionato anche per un luogo così lontano? Sarei riuscita a farlo anche con
Edward e Jacob? Non c’era più tempo, dovevo provarci e
basta, ora. Presi per mano Jacob e mi diressi verso
Edward. Presi la mano anche a lui; in cambiò mi lanciò
un’occhiata confusa. Chiusi gli occhi e concentrai tutti le
mie forze sulla stazione della metropolitana di Mointmaitre.
Funzionò subito. Quando li riaprii
non eravamo più nella foresta, ma neanche nell’illuminata stanza dove speravo
ci saremmo trovati.
“Cosa diamine è successo?” chiese
sbigottito Jacob vicino a me.
All’improvviso vidi due luci venire veloci verso di noi.
Sembravano due fari.
“Sbaglio o un treno ci sta venendo addosso?” continuò Jacob.
Ops. Dovevo migliorare la mira. Ci riprovai. Presi di nuovo
Jacob e Edward. Ridivenne ancora una volta tutto buio. Questa volta per fortuna
ci trovammo alla stazione della metropolitana.
“Sei in grado di teletrasportarti?” mi chiese sbigottito
Edward.
Io annuì con la testa.
“Che cosa? Sei in grado di
teletrasportarti?” Jacob vicino a me mi stava
guardando come se fossi stata un alieno “Fico!” disse poi alla fine. Jacob,
Jacob, non crescerai mai, vero?
Edward guardò Jacob, come se si fosse accorto della sua
presenza solo ora..
“Deve per forza venire anche lui?” mi chiese con una impercettibile nota di disgusto.
“Sì” gli risposi io decisa.
“Dove ci troviamo?” continuò poi.
“Alla stazione di Mointmaitre, Bella dovrebbe trovarsi qui.” Poi mi rammentai dell’abilità di Edward.
“Non puoi leggere nei suoi pensieri per cercare di capire dove si trova
esattamente?”
Lui mi guardò con sguardo amaro.
“No, Bella è l’unica persona di cui non riesco a vederne i
pensieri.”
Mannaggia. Questo complicava le cose. Come avremmo fatto a trovarla? Forse…..avrei
potuto farlo io, come la volta precedente. Ma non avevo la più benché minima idea
di come fossi riuscita a leggerli nella mente….
“Na-natasha…”
Eccola di nuovo! Neanche a pensarlo che la
voce di Bella ritornò a rimbombarmi in testa. Cercai quindi di seguire
quel sussurro. Cominciai ad avvicinarmi ai binari seguita anche da Edward e
Jacob, che si chiedevano sicuramente cosa stessi facendo.
Ma io non ci feci caso; ero troppo concentrata sulla
sua voce. La stazione era deserta, quindi potei benissimo scendere sulle
rotaie. La voce di Bella proveniva infatti dal fondo
di quella galleria.
“Na-natasha……”
Resisti Bella! Resisti! Sto arrivando! Cominciai quindi a
correre. Ma nonostante tutto più correvo, più quella
voce mi sembrava lontana. Mi sentii affermare per un braccio. Era Edward.
“Che cosa stai facendo?” mi chiese
lui confuso, seguito da Jacob.
“Riesco a sentire la sua voce, ma è molto lontana…..” risposi io con il fiatone.
Entrambi mi guardarono curiosi.
“Riesci a leggere nel pensiero delle persone?” mi chiese
Jacob.
“Sì…..no…..bo, non lo so! Ma non importa adesso!” dissi agitata. Non era il momento
più adatto per queste domande.
Senza neanche che io me ne accorgessi
Edward mi prese in braccio.
“Dimmi dove devo andare.” mi disse
infine.
“Sempre dritto…” gli risposi io ancora un po’ sorpresa per
il suo gesto.
Con Edward che mi portava in spalle la voce di Bella si faceva sempre più chiara. Non mancava
molto, eravamo quasi arrivati. Ancora un poco, solamente ancora un poco.
Urlai ad Edward di fermarsi. Eravamo arrivati. Mi mise giù, mentre Jacob si
avvicinava a noi con un po’ di fiatone. Quando era umano non era così veloce
come da lupo; ma era riuscito comunque a stare al passo
di Edward. Lo guardai in faccia; sbaglio o c’era una nota di gelosia?
Bella era lì, oltre quella parete. La sentivo chiaramente.
Edward intese e non aspettò di più per sfondarla. Lui non si fece un graffio; la
parete invece si frantumò. Rimasi di stucco, nonostante conoscessi bene le
capacità dei vampiri.
Bella era lì, a pochi metri da noi, infreddolita e tremante.
“BELLA!”
Edwardnon aspettò un secondo di più e si precipitò verso di lei. Povera
Bella, era quasi morta e non riusciva nemmeno a parlare. Jacob mi sorpassò e si
diresse anche lui verso di loro.
“Posso?” gli chiese ad Edward. Ma
certo! Con il calore di Jacob Bella si sarebbe riscaldata un po’!
Edward lo guardò in cagnesco.
“Vuoi che muoia congelata, Cullen?” riprovò Jacob questa volta più deciso.
Edward si arrese e lo lasciò fare. Infatti
Bella si riscaldò poco dopo, riprendendo un po’ colorito. Guardai Edward. Non
staccava mai i suoi occhi da lei e Jacob. Si vedeva che la scena gli provocava
un po’ d’invidia. Eh sì, era proprio innamorato di lei. La
cosa che mi preoccupò e che anch’io provavo una sorta di gelosia per Bella.
In quel momento non sapevo che cosa avrei dato per trovarmi tra le calde
braccia di Jacob.
“Dobbiamo subito andarcene, a quest’ora avranno già
percepito la nostra presenza.”
Le parole di Edward mi ridestarono
dai miei strani pensieri. Uscimmo tutti e quattro da quella cella frigorifera e
ritornammo nella galleria.
“E-edward…..” sussurò Bella.
Si stava per fortuna riprendendo.
“Non ti preoccupare, amore, sono qui; presto saremo a casa.”gli rispose amorevolmente Edward,
dandogli un leggero bacio sulle labbra. In mezzo a quella scena si trovava Jacob,
che non si doveva sentire esattamente a proprio agio. Povero Jacob…..
“Come? Ve ne andate così presto?”
La sorpresa assalì tutti e quattro. A parlare era stato Jack, sbucato da chissà dove. Ci stava guardando divertito.
“È stato davvero sciocco da parte tua venire qui; ma almeno così ci hai risparmiato la fatica….”
disse a me.
La paura mi stava assalendo; non avevo previsto questa
possibilità…..
Edward cominciò a ringhiare e a fremere di rabbia.
“Tu…….la pagherai per quello che
hai fatto a Bella!” urlò gettandosi su di lui.
Tutto inutile, Edward era di gran lunga
svantaggiato contro la capacità di Jack.
Dovevamo andarcene subito; ma con Jack
mi era impossibile recuperare Edward. Bisognava creare un diversivo per distrarlo
e fuggire. Ma cosa si poteva fare? Intanto i due
vampiri avevano ingaggiato un feroce combattimento. Edward non avrebbe
resistito per molto. Jack era davvero troppo forte.
Dovevo pensare a qualcosa e alla svelta. Sopra tutti i rumori provocati dal
combattimento sentii quello del flusso dell’acqua
sopra di noi. Ci dovevamo trovare sicuramente sotto la Senna.
Acqua. Acqua. Acqua.
Acqua. Acqua. Acqua. Acqua. Una voce sconosciuta cominciò a rimbombarmi
dentro la testa come un martello. Cosa voleva dire
“acqua”? Acqua. Acqua. Acqua. Acqua.
Acqua. Acqua. Acqua. Stava diventando sempre più forte ed insopportabile!
Non riuscivo più a sopportarla! Mi presi la testa con le mani, ma non smise,
anzi, si fece sempre più forte.
”Natasha! Ti senti bene?” chiese Jacob verso di me.
Non ce la facevo più. Non ce la facevo più. Non ce la facevo
più. Non ce la facevo più.
“BASTA!!” urlai, infine al limite
della sopportazione.
Edward e Jack si fermarono e tutti
mi guardarono. Poi all’improvviso il rumore del flusso dell’acqua si fece
sempre più forte. Sempre più forte. Sempre più forte. Voltai la testa verso dove
proveniva quel rumore.
“O mio Dio.” mormorò
Jacob vicino a me.
Un’ondata d’acqua aveva riempito la galleria e si stava
velocemente avvicinando verso di noi. Era proprio il diversivo che desideravo.
Afferrai il braccio di Jacob. Ora dovevo solo toccare Edward; ma purtroppo Jack lo stava ancora trattenendo. Intanto l’acqua si stava
sempre più avvicinando, non ce l’avremmo mai fatto a
sfuggirle.
“Natasha! Ci sta per raggiungere!” urlò
Jacob.
Infatti dopo pochi secondi fummo investiti
in pieno e trascinati, ma restai comunque avvinghiata al caldo braccio di
Jacob. Tempo due secondi che sentii una mano fredda
prendermi la mano. Era quella di Edward. Non persi un
attimo di tempo e cercai di teletrasportarmi, nonostante le condizioni non
fossero quelle più ideali; infatti la mancanza di
ossigeno mi impediva di concentrarmi. Ma ci riuscii e dopo pochi secondi ritrovai l’aria. Alzai il volto e scoprii che ci trovavamo nel
salotto di casa Cullen. Molto probabilmente teletrasportandomi avevo portato
con me anche l’acqua che mi circondava. Infatti la
stanza era mezza allagata. Mi guardai intorno: vidi Jacob, Edward e Bella. Per
fortuna c’eravamo tutti. Il mio era stato un vero colpo di fortuna. Appoggiai
distrutta e ansimante la testa sul braccio, mentre intanto tutta la famiglia
Cullen ci stava circondando sorpresa e spaventata.
Uau! Lo scritto tutto d’un fiato
questo capitolo! Devo dire che mi ha preso tantissimo!
Spero (provate a contare tutti i “Spero” che dico, dovrebbero superare la
cinquantina :) !) che questo capitolo vi sia piaciuto
leggerlo come io a scriverlo. Non perdete il prossimo! Ci saranno rivelazioni
molto importanti anche lì. Grazie ancora a tutti per il grande
sostegno e per aver letto questa ff fino a questo punto! Baci a tutti!
x pazzerella_92: ecco qua il
seguito! Spero che così la tua curiosità si sia placata almeno in parte!
E grazie ancora per aver
commentato!
x magicrossy: nessuno mi aveva mai
detto di essere fenomenale; così però esageri! non
farmi arrossire, ti prego! Sono contenta che il decimo ti sia stato utile,
anche perché ho cercato di essere il più precisa
possibile con il racconto e tutto il resto, anche se non sono sicura di aver
reso bene…..va bè, comunque grazissime ancora per il complimento e per
commentare puntualmente ogni volta i miei capitoluzzi! Glassie ancora
tantissimo! Baci baci!
x blinkina: l’hai letto tutto d’un
fiato?! Neanch’io sarei in grado di farlo! Grazie tanto per il commento e per i
complimenti!
x CAMiL92: non è esattamente nelle
mie prerogative più importanti far morire i miei lettori, anche perché poi chi
me la commenta la ff? Quindi calmati e respira!
E sì, la storia si sta facendo sempre più intrigante e
complicata e anche più difficile da scrivere, visto che il mio povero e unico
neurone nella mia testa sta cominciando a perdere colpi……..
Strani pensieri a parte grazie ancora tantissimo per il
commento ed i complimenti sulla mia sfrenata fantasia (me
arrossisce!) Grazie ancora per il grande sostegno! Kississimi!
x jena92: bhe, ti spiego come la
vedo io: da quello che ho potuto intendere leggendo i libri della Meyer ho capito
che tra Bella ed Edward non c’è amore, ma un sentimento molto più grande, quasi
indescrivibile, che non può essere paragonato all’amore. Sì, lo so, adesso tu
ti potrai chiedere “ questa cosa ha fumato quando
scriveva?”, ma leggendo questi libri mi sono fatta questa strana impressione.
Quindi mi sono chiesta, se Edward ha odiato Bella così intensamente durante la
loro prima lezione di biologia (vedi Midnight Sun, dove lui stesso lo definisce
un odio malsano quello per Bella proprio perché non ne aveva
colpa), fin dove sarebbe arrivato il suo odio verso una persona che, seppur
inconsapevolmente, gli impedisce di stare insieme a Bella, cioè gli impedisce
di “amarla” (non sarebbe il termine più appropriato, perché, come ho detto
prima, non l’ama, ma molto di più)? E poi, lo ammetto,
non resistevo dalla voglia di vederlo incazzato! Ok, la risposta al tuo
commento sta diventando più lunga del capitolo stesso ancora un po’ che scrivo!
Spero comunque di essere stata chiara nel spiegare
perché ho fatto reagire Edward così. Per quanto riguarda
il dottore stra-fi…..ehm…volevo dire Carlisle………(me sta ridendo sotto i baffi
con strane idee in testa per i prossimi capitoli). Concludoinfine ringraziandoti per aver commentato e soprattutto per avermi fatto
accenno a questo particolare su Edward; queste discordanze sono mooooooooolto
importanti per me, perciò grazie per avermela detta! Grazie ancora! Smack!
Volsi lo sguardo verso il mio interlocutore. Alice mi stava
guardando con sguardo atterrito.
“Sì, sto bene…..”
In realtà ero stanchissima e completamente infradiciata; ma
non avevo intenzione di farla preoccupare ancora di più. Come diavolo mi era
venuto in mente di piombare a casa Cullen così
all’improvviso?! Ora avrei dovuto spiegare cosa mi era
passato per la mente di fare.
“Ma cosa è successo?!” mi chiese
con tono ancora più isterico.
“Ehm…….”
Non sapevo da dove iniziare. Pochi secondi dopo mi venne incontro anche Carlisle, allibito anche lui. Come avrebbe reagito se gli
avessi raccontato ciò che era successo?
“Natasha! Che cosa hai fatto?!”
Anche se la sua voce esprimeva preoccupazione
il suo sguardo era pieno di rabbia. Guardai Edward;
non mollava un secondo Bella, che era ancora scossa e
indebolita. Lui alzò le spalle come per dire - hai fatto tutto tu, ora paghi.-
Tornai a guardare Carlisle.
“Sono andata a salvare Bella…..” ammisi senza stare troppo a girarla intorno.
“Che cosa?” mi disse in un sussurro
quasi impercettibile, che non mi piacque per niente.
O mio Dio. Che
cosa avevo fatto? Ora dovevo pagare tutte le conseguenze di cui mi aveva fatto
accenno Edward e che ovviamente non avevo prevenuto.
Nonostante sapessi che un vampiro normale non mi avrebbe mai fatto del male mi
fece paura vedere Carlisleora così
infuriato.
“Natasha, ti rendi conto di quello
che hai fatto? Potevi rischiare di essere catturata da
loro! Lo sai cosa ti avrebbero potuto fare? Dovevi
venire da noi!”
Non stava gridando e questo mi faceva ancora più paura.
“Io……..” non seppi cosa dire. Era
stato davvero un gesto imprudente, e solo adesso me ne rendevo conto appieno. E se non fossi stata così fortunata? Avevo rischiato davvero
molto, ma il pensiero del motivo per cui l’avevo fatto
spazzò via dalla mente tutti i sensi di colpa.
Carlisle si rivolse ad Edward.
“Perché non l’hai fermata?” gli chiese,
questa volta arrabbiato.
“Non dare la colpa a me! Lo sai
benissimo che non lo avrei fatto!” gli rispose Edward.
Lui tornò a guardarmi, questa volta meno
teso.
“Lo so che lo hai fatto perché non volevi coinvolgerci e
tutti noi ti siamo profondamente grati per aver salvato Bella. Ma non provare mai più a commettere un’azione del genere, va
bene Natasha? Ti rendi conto che se ti avessero presa tutti i nostri sforzi per difenderti saranno stati
vani e avresti messo in pericolo ancora più innocenti?”
Mi sembrava di risentire Edward. Non sapendo cosa fare annui incolpa con la testa. Aveva
pienamente ragione e quindi decisi di impegnarmi ad obbedirgli.
Quasi casualmente posai lo sguardo su Jasper, che mi face l’occhiolino. Capii che stava
usando il suo potere per far restar calmo Carlisle.
Io gli sorrisi grata.
“Ora è meglio se tu vada a casa a riposarti; sarai
sicuramente distrutta. Domani verrà qualcuno a prenderti. Ho bisogno di
parlarti urgentemente.”
Detto questo mi lasciò e ritornò da Bella per visitarla.
Dopo aver fatto un veloce saluto generale, dovuto alla
fretta di tornare a casa, ai presenti, tutti ormai concentrati su Edward e Bella, me ne andai,
seguita da Jacob, il quale per tutto il tempo non era
stato minimamente notato, anzi, aveva ricevuto molte occhiate per niente
amichevoli da Emmett che non si fece problemi a
ricambiare.
“Natasha, dobbiamo parlare!” disse
prendendomi una mano, quando uscimmo da casa Cullen.
No, Jacob, non lo fare, ti prego….
Mi voltai verso di lui.
“No, mi hanno detto tutto. So che cosa sta succedendo. Hai
fatto bene a infrangere la promessa quel giorno. Ti prego,
Jacob, non starmi più vicino. Loro potrebbero ferire
anche voi. Lasciami stare, ti prego!”
Quello che stavo dicendo mi faceva un male da impazzire, e
anche a lui; ma era la cosa giusta da fare, se volevo bene a Jacob. Non potevo assolutamente permettere che qualcuno lo
ferisse.
“No, Natasha, io non posso stare
lontano da te!” era disperato e si teneva la testa con le mani.
“Co-cosa vuoi dire?” gli chiesi
confusa da quella frase. Non l’avevo mai sentito parlare in quel modo. Lui mi
guardò con occhi preoccupati e…….quasi rassegnato.
“Ho bisogno di parlarti. Poi potrai fare quello che vuoi, io
non te lo impedirò.”mi disse
leggermente più calmo, ma ancora scosso dalle mie parole.
Lo guardai a mia volta. Non riuscivo a dirgli di no; aveva
il diritto di parlarmi per l’ultima volta. Annui. Se doveva farlo
però quello non era il posto più adatto. E
divenne tutto nero, ancora una volta.
La luce della luna illuminava la spiaggia; proprio quella
dove c’eravamo incontrati per la prima volta. Brutto
luogo per l’ultima conversazione, dannazione; ma contemporaneamente mi sembrava
anche il più adatto per la situazione. Lui si guardò
intorno meravigliato; ancora non ce ne aveva fatto
l’abitudine, e sicuramente non ne avrebbe avuto la possibilità per farsela.
“È proprio una cosa eccezionale!” disse ancora sorpreso.
“già…..” gli risposi svogliata.
Non era proprio il momento per valutazioni del genere. E lui
se ne accorse. Ridivenne subito serio e iniziò a
parlare. Aprii la bocca, ma non ne uscii alcun suono. Cercava le parole giuste
per spiegarmi ciò che doveva dirmi. Alla fine si decise.
“A questo punto è giusto che tu lo sappia…….. voglio spiegarti cosa sia un imprinting…”
Che cosa? Tutto questo solo per
spiegarmi cosa fosse un imprinting?!Nonostante la mia perplessità lo lasciai parlare.
“Un imprinting è come un colpo di
fulmine, ma molto, molto più potente. Altri miei compagni lo hanno avuto. Non
viene spesso però, anzi, solamente un’unica volta nella vita con la propria
anima gemella…….”
Non capivo dove voleva arrivare. Si comportava in modo
strano; stava tremando e teneva gli occhi bassi. Quasi
sembrasse che si stesse vergognando di quello che mi stava dicendo.
“E………….e……….io ho avuto un imprinting con te, Natasha…….”mormorò, ancora più
imbarazzato e rosso in volto.
A causa della stanchezza non riuscii subito a intendere che cosa volesse dirmi. Senza neanche che io me ne accorgessi lui incominciò a correre verso quello stesso
scoglio su cui ci eravamo incontrati. Capii le sue parole solo
quando lui si fermò.
“IO TI AMO, NATASHA MCANDERSON!!!”
urlò con tutto il fiato che aveva in gola verso il mare.
Io rimasi di sasso. Non credevo che…..Non
pensavo proprio che…..O forse sì?
Lui intanto grazie alla sua velocità anormale era già
tornato indietro e ora mi stava guardando. Era quello sguardo, quello che mi
faceva arrossire.
“Scusami, ma non ce la faccio…..” disse dopo pochi secondi.
“a fare cosa?” chiesi io ancora arrossita e scombussolata.
“a non fare questo.”
Mi prese con entrambe le mani il
viso e mi baciò. Dapprima cercai di divincolarmi, ma lui era troppo forte. E poi era una bellissima sensazione quella delle sue labbra
sulle mie. Cominciò a muovere lentamente la mani tra i
miei capelli. Avrei tanto voluto che non smettesse mai. Il bacio divenne più deciso.
Ormai le sue labbra obbligavano a dischiudere le mie. Da dolce com’era stava
diventando sempre più intenso e di conseguenza aumentava sempre più anche
quella meravigliosa sensazione. Si fermò di colpo e si staccò da me. Io ci
rimasi un po’ male; non volevo che smettesse. Lui tornò a guardarmi, di nuovo
con quello sguardo. Arrossii tutta.
“Caldo?” mi disse sussurrando, avvicinando le labbra vicino
al mio orecchio e dandomi un bacio appena sotto a quello. Sentii i brividi
lungo la schiena e chiusi gli occhi, nella speranza che cessassero.
“no…….quando mi guardi così mi fai
arrossire…” gli svelai finalmente la verità del mio rossore.
“Da quanto sei innamorato di me?”
continuai con un pizzico di sfacciataggine.
Lui tornò a guardarmi.
“Ad essere sinceri, dal primo
momento che ti ho vista; mi sono accorto da subito che eri tu, la mia anima
gemella.” e dicendo questo posò la sua mano calda
sulla mia guancia. Rabbrividii per il contatto.
“Perché mi hai mentito? Perché mi
hai detto che non ero alla pari di Bella?”
Lui mi sorrise.
“Infatti, tu me per sei molto, molto più importante……..”
Si avvicinò ancora per tentare un’altra volta di baciarmi;
ma io lo bloccai. Non si poteva andare avanti così. Non andava bene. Cosa stavo facendo? Con la dichiarazione di Jacob sarebbe stato più difficile sia per me che per lui lasciarci. Ed essendomi
comportata così lo avevo solo assecondato. Dovevo trovare la forza per
respingerlo. Dovevo farlo per il suo bene. Se ci fossimo continuati a frequentare lo avrei messo in pericolo; lui e i suoi
compagni.
“Jacob, io non posso….”
Lui mi guardò dapprima sorpreso, poi sempre più mesto.
“Tu non capisci, io non riesco a
stare senza di te. Ogni licantropo ha con la propria anima gemella un legame
che nessuno è in grado di spezzare e che dura per sempre. Queste ultime
settimane sono state un supplizio per me. Dopo quello
che ci hanno detto i vampiri gli anziani mi hanno obbligato a non vederti più.
Non sai quanto è stato difficile. Non riesco ad abbandonarti di nuovo…..”
“No, Jacob, hanno ragione. Io
rappresento un pericolo troppo grande per te e per i tuoi compagni. Lo so che
non vuoi che accada qualcosa alle persone a te care. Quindi
la cosa più giusta e se non ci vedessimo più……”
“ma….”
“no, Jacob, hai promesso che dopo
avermi parlato mi avresti lasciato fare quello che avrei voluto. Non infrangere
un’altra promessa, Jacob….”
le lacrime agli occhi stavano crescendo, ma dovevo essere forte e continuare….
Ci avevo azzeccato, l’avevo colpito all’orgoglio, non poteva
far altro che assecondarmi.
Mi guardò negli occhi; stava piangendo anche lui.
“Sappi che ti amerò per sempre…..”
Senza darmi il tempo di impedirglielo mi diede
un ultimo veloce bacio sulle labbra e si allontanò. Io rimasi ferma lì,
impietrita. Lui si voltò per guardarmi un’ultima volta. E
mi sorrise. Quel sorriso che non sarei mai riuscita a
dimenticare.
Non mi ero mossa. Ero rimasta lì, ancora un po’ bagnata. Jacob si era dichiarato. Jacob mi
aveva detto che mi amava e questo aveva solo che
complicato la cosa. Ora la domanda da porsi era abbastanza esplicita: cosa
provavo io per Jacob? Non lo sapevo. Ero così confusa
da quello che mi stava accadendo che non avevo nemmeno avuto l’occasione per
pensare a lui da questo punto di vista e mai ne avrei
avuta alcuna. Ormai non l’avrei più rivisto. Mi convinci che l’avevo fatto per il suo bene. Ma non
era giusto! Io volevo stare con lui! Solo assieme a lui ero riuscita a provare
sensazioni mai sentite con nessun’altro!
Ma non potevamo stare insieme.
Avrei messo in pericolo sia lui che i suoi compagni.
Dovevo dar retta alla ragione o ai sentimenti? Non sapevo
cosa fare. E intanto lui se n’era andato.
Ripensai a tutti i momenti passati. Erano indimenticabili e solo
l’idea che non ne avrei mai più vissuti di simili mi
era impensabile.
La verità è che non potevo vivere senza di lui e non potevo lasciarlo
andare così. Una strana determinazione stava crescendo in me.
Dovevo fermarlo. Dovevo tornare da lui. Mi alzai di scatto e corsi verso
dove lui se n’era andato. Erano passati solo pochi
minuti e sarei riuscita benissimo a raggiungerlo. Che cosa avevo fatto? Avevo cacciato il mio sole. E ora dovevo andare a riprendermelo. In quel momento ero
disposta a tutto, anche ad essere una grande egoista. Ero
consapevole delle conseguenze di ciò che avrebbe potuto causare questa scelta,
ma il fatto di non poterlo vedere era di per se un
peso ancora più grande da sopportare.
Era da un paio di minuti che correvo e ancora non l’avevo
visto. Dove ti sei andato a cacciare, Jacob?
Poi lo vidi; camminava sulla spiaggia a poche decine di
metri da me. Non persi un attimo di più e andai da lui. Ormai le lacrime che
con fatica avevo trattenuto mi stavano scivolando liberamente sul viso. Lui si voltò solo quando
ero a un paio di metri da lui. Era totalmente allibito, non si
aspettava certamente che ritornassi. Gli saltai quasi addosso
abbracciandogli il collo. Ormai piangevo come una fontana; ma non me ne
importava niente in quel momento.
“Mi dispiace…..mi…..dispiace…..ma non
posso fare a meno di te!” le mie parole erano scosse dalle lacrime.
Avvicinai le labbra al suo orecchio.
“Anch’io ti amo……” gli sussurrai
nemmeno pensandoci, ma convinta come non mai.
Lui contraccambiò l’abbraccio e infilò una mano nei miei
capelli.
“Lo sapevo……lo sapevo che non mi avresti lasciato andare, lo
sapevo che mi avresti capito.”
“Lo sai quali saranno le conseguenze se rimaniamo insieme?”
mormorai io con voce ancora rotta.
“Sì e sono pronto ad affrontarle tutte pur di stare con
te……” e mi baciò di nuovo. Quello splendido bacio.
Si staccò ed i suoi occhi si riflessero nei miei. Passò
lunghi istanti a guardarmi sorridendo e io feci lo stesso, quasi ipnotizzata da
quel mare nero.
“Ti ricordi quando mi hai detto che
sono il tuo Sole?” mi disse infine.
Come dimenticarlo. Chissà quale strana
forza mi aveva spinto a dirglielo.
“Ho pensato che se io sono il tuo
Sole, allora……….tu sei la mia Luna, non credi?. Quella che mi rende felice, mi da fiducia e che con i suoi raggi
riesce a farmi ritrovare la strada nei momenti in cui mi sento perso.
Quella di cui non ne posso fare a meno.”
Io appoggiai la testa sulla sua spalla. Lui era il mio Sole.
Io ero la sua Luna. Sorrisi; che buffo.
“Lo sai che il sole e la luna non si possono mai vedere?
Solo ogni diciotto anni con l’eclissi…..”
“Sareidisposto ad aspettare anche un’eternità.…....”
Io alzai la testa dalla sua spalla e gli presi il viso con
le mani.
“Ma tu mi potrai sempre vedere ……”
e questa volta fui io che lo baciai. Restammo così per parecchi minuti, ma arriva sempre il momento in cui bisogna smettere.
“Non mi lasciare mai….” gli dissi
io.
“Non ci penso nemmeno.” mi rispose lui e riprese a baciarmi.
Le sue labbra stavano ancora una volta per toccare le mie,
ma dovetti subito ritrarmi.
“Etciuuu!”
Non ci voleva! Anche il
raffreddore! I vestiti umidi e il venticello di inizio
settembre mi avevano fatto prendere una bella raffreddata. Ma perché proprio
adesso dovevo starnutire!!
“Sarà meglio se ti cambi al più presto, se no potresti prenderti qualcosa….”
“Già….hai ragione…”
“Vuoi che ti accompagni a casa?”
“No, grazie, conosco un modo molto più
veloce…”
“Oh….giusto…” mi fece lui con un sorriso “bhe…..allora, a domani?”
“A domani, e niente scherzi!” gli feci io ripensando alla grande buca che mi aveva dato settimane prima. Lui intese
quello a cui mi riferivo.
“Non ci penso nemmeno a rifarlo di nuovo……” mi sussurrò
dandomi un ultimo lieve bacio.
“Fa sogni d’oro, mia Luna….”
“Uau, non pensavo fossi così
romantico.” gli dissi ironica.
“Infatti non sai quanto mi sto
impegnando per trovare queste frasi così sdolcinate….” mi disse lui
sogghignando.
“E devo dire che non ti escono
niente male, ma non è necessario…..”
”No, lo faccio con piacere, se questo ti rende felice.” mi
disse lui serio.
Eh si, eravamo ritornati alle battutine di sempre. Ero
contentissima di aver ritrovato il mio Jacob!
“Grazie, Jacob…..”
e lo abbracciai. “Notte, notte.”
“Buonanotte.”
Mi concentrai sulla mia stanza e al mio
tanto desiderato letto e divenne tutto nero, ancora una volta.
Solo quando arrivai in camera mia risentii la stanchezza. Non
avevo nemmeno la forza per farmi una doccia. E poi era
notte fonda, avrei svegliato mamma e Kathy. Mi misi
quindi subito il pigiama e mi rintanai nel mio tanto amato letto. Si stava
proprio bene, non quanto come tra le braccia di Jacob
però. Eh sì……Jacob, Jacob.
Erano solo pochi minuti che non lo vedevo e mi mancava già. Ero proprio
stracotta di lui e ora non avevo alcun problema a dirlo: io amavo JacobBalck.
Cominciai a pensare a quello che mi era successo oggi. Avevo
scoperto che possedevo delle strane capacità, avevo salvato da morte certa la
mia amica e avevo baciato Jacob. Giornatina
del tutto normale, dopotutto.
E talmente stanca che ero non passò
molto che mi addormentai.
Il giorno dopo mi svegliai che non stavo per niente bene. Mi
faceva male la testa e avevo freddo, nonostante
durante la notte mi fossi messa continuamente coperte. Andai giù in cucina
ancora mezza addormentata e scendendo le scale quasi mi ammazzai. Lì trovai
mamma e Kathy che stavano
facendo colazione.
“Gionro…”
Ecco….non ero nemmeno in grado di
mettere insieme un paio di lettere per formare una parola!
”Buon giorno, Natasha! Ma….ti
senti bene?! Hai gli occhi umidi…” mi disse venendo verso di
me mettendomi una mano sulla fronte.
“Natasha, ma tu scotti! Hai
sicuramente la febbre…..ritorna subito su, tieni,
questo è il termometro, misurati la febbre e quando ha finito chiamami, intesi?”
“…sì….”
Non avevo ben capito cosa dovessi fare. Mamma mia…..ero
ridotta proprio male…..
Cominciai a risalire faticosamente le scale. Entrata in camera
mia tirai su la persiana facendo entrare un po’ di
luce e tornai a rimbucarmi al calduccio sotto il mio letto, infilandomi il
termometro sotto il braccio. Managgia anche a questa
febbre! Così non avrei potuto vedere Jacob! E nemmeno andare dai Cullen come
promesso.
“È tardi. Cosa ci fai ancora a letto?”
Una voce in quel momento poco familiare rimbombò nella mia
testa. Mi alzai di scatto spaventata. Non potevo
crederci. Edward seduto sulla sedia della scrivania,
davanti al mio letto, mi stava osservando un po’ stizzito.
“Non hai una bella cera……” mi disse pacato.
“Co-cosa diamine ci fai qui? E
come sei riuscito ad entrare?” chiesi io ancora
sorpresa.
“Dimentichi? Sono un vampiro…..” continuò a dire lui “Sono venuto a prenderti per portarti a
casa nostra. Carlisle vuole parlarti.”
”Mi spiace, ma ho la febbre…..”
Lui mi guardò curioso.
“Come fai ad avere delle capacità
anormali per un essere umano e contemporaneamente avere le stesse debolezze?”
Giuro che ero talmente tanto intontita
che non riuscii a capire niente di quello che mi disse. Lui lo notò.
“Come se non avessi detto niente, va bene?”
Passarono alcuni secondi di silenzio.
“Come sta Bella?” chiesi io da sotto un metro di coperte.
“Sì, sta bene……è nelle tue stesse condizioni
ma sta bene. Ora c’è Alice con lei…..” poi continuò “in realtà c’è un altro motivo per cui sono
venuto qui….”
Attirò la mia curiosità.
“Volevo ringraziarti per aver deciso di salvare Bella e per
aver coinvolto me e non la mia famiglia. Ti sono
debitore….” era sincero.
“Fatto sta che mi odi però.” ……anche questo era sincero.
“Sì, non posso negarlo, sei la causa per
cui non posso nemmeno guardare Bella; non posso non odiarti. Quindi non
posso scusarmi per questo; ma dal tuo comportamento di ieri ho capito che ti
senti veramente in colpa per quello che la tua presenza ha provocato.”
Anche con l’annebbiamento della febbre compresi tutte le
parole che mi disse; ma metterle insieme e darle un senso logico era unaltro discorso.
“Perciò…..tu non mi odi….o no?”
“Sì, ma non come prima……” mi disse lui un po’ infastidito dal
fatto che io non lo capissi.
Bhe, grazie a questa storia EdwardCullen non mi odiava più,
anche se continuava a provare un certo risentimento per me. Si poteva definire
una buona notizia, no?
In quel momento tirai fuori il termometro per vedere quanta
febbre avevo; ma non riuscivo a mettere bene a fuoco quello che c’era scritto.
“Allora io vado…..”
“No, aspetta! Fammi un piacere. Dimmi quello che c’è
scritto.” e gli porsi il termometro.
“Certo che sei messa proprio male.” mi
disse prendendolo.
“già…..”
Passarono alcuni secondi e lui non mi disse ancora niente. Tirai
fuori la testa dalle coperte e lui ne approfittò per
mettermi una mano sulla fronte.
“Il tuo termometro è rotto…..non
puoi avere quarantacinque gradi di febbre….”
“Tira via immediatamente la tua mano gelida dalla mia
fronte! E poi cosa ne sai che il termometro è rotto?”
gli urlai contro dandogli la schiena e sotterrandomi ancora di più nelle
coperte.
“Alla signorina non piace il freddo a
quanto pare……” disse con una punta di sadismo.
“no…..” risposi il più imbronciata
che potevo.
Lui sogghignò e se ne andò nella
stesso modo in cui era venuto.
Maledetto! Approfittarsi così di me! Era vero che anch’io
avevo odiato EdwardCullen
per il suo comportamento fino a quando non avevo
saputo la verità. Tuttavia rimasi molto colpita dal
suo discorso e dalle sue scuse sincere. Pensai che, dopotutto, EdwardCullen, anche se serbava
rancore nei miei confronti, non poteva essere così sbagliata come persona.
WEEE! Allora? Vi è piaciuto? Giuro che questa volta mi sono
impegnata per la scena tra Jacob e Natasha! E mi sono anche divertita
tantissimo a scriverla! Perciò temete; ce ne saranno
più di qualcuna (parte risata diabolica di sottofondo)! Comunque
devo dirlo, non vedevo l’ora di scrivere questa scena da dichiarazione! Anche perché ormai persino i muri, i maiali e gli asini
l’avevano capito che Jacob si era innamorato!
Finalmente NatashaedEdward hanno fatto pace, anche
se non del tutto, eh, sì, adoro vederlo incazzato,
arrabbiato, stizzito, infuriato, collerico, furioso, irritato, adirato,
innervosito e, ultimo ma non meno più importante, furibondo! Perciò,
mi dispiace dirlo, ma cercherò di ritardare più che posso il momento in cui
quei due faranno pace del tutto!Lo so, lo so, con me ci vuole tanta, tanta,
tanta pazienza.
Finisco con il ringraziare tutti coloro
che sono riusciti a sopportarmi fino a questo punto e ad essere persino
riusciti a commentare questa ff! Quindi
grazie, grazie e ancora grazie! Al prossimo capitolo! (NB:
uau! Non ho detto nemmeno un “Spero” in questo
capitolo! Che conquista!)
x jena92: aspetta ancora un po’ di
capitoli; potrai capire così cosa intendo io per “pericolosa”. Comunque a dire la verità Edward
“normale” non è poi così male, anche se è inimitabile da arrabbiato (prova pure
compassione o riluttanza per la mia mente retrocessa…) anche se a parer mio Jacob-dolce-lupetto-innamorato supera tutti! va bene smettiamola con queste inutili scemenze…. Grazie
ancora tantissimo per il commento e per aver letto la ff
fino a questo punto! Baci baci!
xmagicrossy:
non esagerare ti prego, se no divento
rossa! Sono contenta che le capacità di Natasha! GlazieGlazieGlazie per il commentino e per tutti questi complimentoni! Bacibacibaci!
x pazzerella_92: …..eh va bene…..mi
hai scoperta…….CONFESSO!!!! ok, lo ammetto, l’idea
del teletrasporto l’ho presa anche da quel film…..ma,
nota bene, l’ho fatto accidentalmente! Essendo la mia mente malata e
vulnerabile è mooooooolto sensibile a stimoli esterni
di qualsiasi genere; perciò visto che quel film mi è piaciuto un kasino (e non solo quello: Hayden….Jamie…..sbavsbav..)
è possibile che qualche strana idea mi sia entrata e mai più uscita; ma giuro
che non l’ho fatto apposta!!!!!!! Deliri a parte grazie ancora per il
commentino, pazzerelladetective92!!
X blinkina:…….oh…..bhe….allora……aggiungi 20 a 45,
dividi poi per 7.6, moltiplichi poi sotto radice di 37……BON basta! Lo dico e
vado fiera dei miei quindici anni tondi tondi
(anche se ne dimostro dieci in meno^^……)! Scherzi a parte sono
rimasta davvero colpita dal fatto che ti piace come scrivo; giuro che io odio
fare temi e scrivere non mi piace molto, anche perché secondo la mia pagella
non mi riesce molto bene. Perché sto scrivendo una ff tu ti chiederai; a dir la verità non lo so nemmeno
io…..dovrò provare a chiederlo al mio povero e solitario neurone.........
Boiate a parte spero(ugh!) che
questo capitolo sia il bel chiarimento che aspettavi e
ti ringrazio ancora ancora per aver commentato!
Ormai dovevo essere almeno da due ore sotto le coperte. Dopo
che anche mamma aveva constatato che il termometro era rotto, dato che non potevo avere quarantacinque gradi di febbre, mi diede
comunque un antibiotico; ma niente, la febbre non accennava a scendere e io
stavo sempre più male. Mamma chiamò così il dottore, che avrebbe dovuto essere
lì a momenti. Avevo un brutto presentimento………
Passarono pochi minuti e mia madre entrò.
“Natasha, il dottore è arrivato;
lasciati visitare e fai la brava, va bene?” mi disse e subito dopo uscì.
Io le risposi con un mugugno da sotto le coperte. La odiavo quando mi trattava come una bambina, soprattutto
davanti ad altre persone.
“Buongiorno signorina McAnderson,
come andiamo?”
Lo sapevo. Il mio brutto sospetto era fondato. Il dottore
era Carlisle.
“Una coincidenza che sia venuto tu,
non è vero?” gli risposi io da sotto un metro di coperte. Sfidavo chiunque a
capire cosa avessi detto, ma trattandosi di un vampiro ci avrei
messo la mano nel fuoco che aveva capito ogni mia singola parola.
“Non esattamente…..ho bisogno di
parlarti.” mi disse sedendosi su una sedia lì vicino.
Io riemersi dalle coperte. Là fuori faceva parecchio freddo.
“Non hai proprio un bell’aspetto…..” mi disse studiandomi; poi si
destò “Raccontami che cosa è successo ieri.”
“Non l’ha già fatto Edward?”
“Sì, ma io voglio sentirlo da te.”Nella sua voce era chiara una nota di stizza.
Io ci rimasi un po’ male. Non era nella personalità di Carlislequesto atteggiamento. Forse
era ancora arrabbiato con me per ieri. Lui se ne accorse.
“Mi dispiace. Non volevo risponderti in questa maniera. Ma mi sto cominciando a preoccupare veramente. Non mi piace
come stanno andando le cose……”
Non riuscii a trattenermi.
“Ce l’hai ancora con me per aver
salvato Bella?”
“Bhe….non dico
che non sia stato un gesto da completi incoscienti e irresponsabili, per non
dire assolutamente disinteressati, ma no, non sono arrabbiato con te…..” mi lanciò un mezzo sorriso per cercare di essere più
convincente e per tirarmi un po’ su il morale.
Mi invitò ancora a raccontargli
cos’era successo ieri, questa volta un po’ più gentile, e io cercai di essere
il più precisa possibile.
“Che cosa hai letto di preciso nei
pensieri di Jack?” mi domandò poi alla fine del racconto.
Cercai di ricordare quello che avevo sentito.
“Ha detto che………non riesce a teletrasportarsi con me, credo, e……….volevano
fare qualcosa a Bella…..”
“Cosa di preciso?” mi chiese lui
incupito.
“Non lo so………esperimenti credo….”
Sul suo volto concentrato era possibile leggere un’ombra di allarme..
“Oh no…..” disse
poi portandosi una mano sul mento.
“Cosa?”
Mi guardò.
“Credo che Marte non abbia intenzione di mutare solo
vampiri, ma anche esseri umani……non va bene, non va assolutamente bene……..”
Si alzò e cominciò a camminare.
“Cosa intendeva dire Jack quando ha
detto che non può teletrasportarsi con me?”
“Bhe…..questo
può essere un fatto positivo. Vuol dire che le
mutazioni genetiche di Marte devono essere ancora perfezionate per avere
completamente effetto su di te, almeno per ora.
Quella voce di cui mi accennavi prima, di
chi era?“
“Non lo so, non l’avevo mai sentita
prima. Era peggio di un martello, continuava a ripetere “acqua” e poi....insomma……poi l’acqua è venuta. Secondo te che cosa è successo?” lo guardai confusa.
“Non lo so. Probabilmente è un’altra tua capacità, ma è
difficile capire di cosa si possa trattare.”
E sì, era stato proprio un fatto strano,
come se avessi chiamato verso di me quel flusso sopra di noi.
“Per curiosità, da quanto ti riesci a teletrasportare?”
“Non da molto, ma lo riesco a controllare.”
“Ho visto.” mi disse guardandomi,
ma pensando a chissà che cosa “Hai detto che sei riuscita ad entrare nella
mente di Bella. Come è andata esattamente? Riesci a
controllare anche questa abilità?”
“Purtroppo no, non ho idea di cosa abbia
fatto. È come se fosse stata Bella a chiamare me…..”
“Che strano…….Bella ci ha detto che è stata lei a sentire la tua voce che la chiamavi;
per il resto non riesce a spiegarsi nemmeno lei cosa le sia successo.”
Lo guardai sorpresa. Com’era possibile? Entrambe ci eravamo chiamate?
“Lei sta bene?” dissi con un po’ di eccessiva
premura.
“Sì, ha la febbre, ma sta recuperando velocemente.
D’altronde febbre alta sarebbe il minimo dopo che è stata rinchiusa in una
cella frigorifera per così tanto tempo….”
Mannaggia. Chissà cosa avrà dovuto
soffrire….
Perché proprio lei? Cosa aveva fatto? Già, loro sono disposti anche a
coinvolgere le persone più care per avermi. Per avere me. Se io non ci fossi sarebbe tutto più diverso. Più persone sarebbero felici e
meno avrebbero sofferto. Carlisle intuì i miei
pensieri dal mio improvviso atteggiamento introverso.
Mi si avvicinò e mi prese per le spalle.
“Smettila subito di pensare a quello che stai pensando,
perché non è assolutamente vero….”
“Come non è vero? Pensaci, se io non fossi
nata…..”
“Se tu non fossi nata avresti reso
vuota la vita di molte persone, credimi. Non pensi ai tuoi genitori? Non pensi
a tua sorella e a tua madre come potrebbero essere
adesso senza di te? Avrebbero superato ora il trauma della morte di tuo padre
senza la tua grinta?”
In parte aveva ragione. Dopotutto ero servita a qualcosa.
Pensai poi a Jacob e realizzai
che anch’io ero stata un’ancora di salvezza per lui come lo era stato per me.
Chissà dove poteva essere adesso se io non fossi mai venuta a Forks.
“Ma come è possibile che siano
venuti a sapere dei rapporti di Bella con me? Non mi sono avvicinata a lei….”
Carlisleaggrottò
le sopraciglia “ne sei sicura?”
La risposta era no. Un’unica volta
mi ero avvicinata a lei; quando Jack è venuto da me
per la prima volta. Ma non riuscivo ancora a capire
come avevano fatto a scoprire che bella mi conosceva.
Carlisle continuò “Non credo di
essere in grado di rispondere alla tua domanda; non ho la minima idea delle
capacità che possano avere adottato per scoprirlo…..”
“E ora che avete scoperto dove si
trova il loro rifugio cosa farete?”
“Non molto” mi disse con sorriso amaro
“conoscendo Marte a quest’ora avranno
sicuramente spostato la loro base. Non abbiamo fatto progressi, purtroppo;
siamo al punto di prima……”
Abbassai lo sguardo sconsolata. Mi
venne in mente una domanda tanto improvvisa quanto strana.
“Io sono simile ad Anastasia?”
Lui mi guardò strano. Di sicuro non se l’aspettava. Dovevo
aver toccato un brutto tasto, visto che mi mostrò un sorriso amaro.
“Lei era umile, gentile, di una dolcezza infinita. Sembrava
quasi un angelo.” poi sorrise, questa volta veramente
“insomma, il tuo opposto”disse alla fine molto probabilmente per sviare il
discorso.
“Vuoi dire che io non sono umile,
gentile e di una dolcezza infinita?” gli dissi risentita.
“No, tu sei arrogante, sgarbata e terribilmente insopportabile.” mi rispose continuando a scherzare.
“Uau, quanta stima hai di me……”
dissi con tono imbronciato.
Lui questa volta emise una risata spontanea.
“Forza, vediamo che cosa si può fare con te….”disse prendendo la propria
valigetta.
Non appena la sua mano entrò in contatto con la mia pelle io mi ritirai subito indietro. Caspita, che freddo!
“Ma se ti ho appena toccata…….” mi disse scettico.
“Lo so…….ma non sopporto il
freddo.” dissi con imbarazzo vergognandomi di
ammettere la mia debolezza. Lui emise un sospiro.
“Non hai sentito tua madre? Lasciati visitare e fai la
brava……”
Io mugugnai ancora e lo lasciai fare. Se c’era una cosa che
odiavo più di essere trattata come una bambina da mia madre era di essere trattata come un bambina dagli altri.
”Dopo mi darai la caramella se collaboro?”
“Certo…..” mi disse lui con grande
sarcasmo mentre cominciava.
Stranamente la visita fu più veloce del previsto.
“Che strano…” disse lui infine “la
tua temperatura interna è di circa quarantacinque gradi…”
Che cosa?!?! Allora il termometro
non era rotto!
“Come è possibile?!” chiesi io
meravigliata.
“Tu non sei un essere umano, perciò non è in fin dei conti strano che a te capitino cose che non succedano
agli esseri umani…”
“Ma……allora adesso cosa dovrei fare?!”
ribadii ancora più stupita.
“Rimanere a letto finché non starai
meglio. È inutile che ti dia antibiotici, la febbre è troppo alta affinché
facciano effetto.”
“E quindi dovrei stare qui sotto” e
indicai le coperte “per quanto tempo?”
“Non lo so, potrebbero essere giorni e settimane come anche
ore……” mi rispose lui ancora tranquillo.
Ma come faceva ed essere così…….calmo?!
Io stavo tremando dalla stizza! Per un qualcosa sconosciuto sarei
dovuta rimanere nella mia stanza per tempo indeterminato senza vedere Jacob, senza vedere Bella e senza vedere nessuno! Uffa!
In un istante tutto cominciò a tremare insieme a me: il letto, l’armadio, la scrivania, il comodino, come
se ci fosse un terremoto. Con un movimento di una velocità sorprendete
Carlisle mi prese come per proteggermi. Quando mi toccò tutto si bloccò di scatto.
“Cos’è stato?” chiesi sbalordita.
Carlisle non era agitato, ma solo
allerta. Stava pensando.
“Non lo so, ma……” si diresse verso la finestra e guardò attraverso
il vetro con assente e fisso su un punto indeterminato. Passarono alcuni minuti
e lui non si era ancora mosso.
Poi alla fine mi guardò “Non ne sono sicuro,
ma credo di aver capito cosa è successo.”
Si tornò a sedere sulla sedia accanto a me.
“Ieri hai usato più volte consapevolmente e non i tuoi
poteri. Questo credo abbia scatenato una serie di reazioni che hanno risvegliato il resto delle tue doti fino ad oggi
rimaste nascoste. Esse però stanno tendendo a manifestarsi tutte in una volta e
questo porterebbe a risultati catastrofici. La febbre
alta quindi potrebbe essere una reazione normale dovuta appunto per
“trattenerle”.”
Ah……come diavolo aveva fatto ad elaborare tutte queste strane
teorie in due minuti?! Già, vampiri……
“Perciò durante questi giorni dovresti
stare attenta ai tuoi stati d’animo, che potrebbero scatenare le tue capacità
in modo incontrollabile. E faresti bene anche ad evitare di usare il teletrasporto, potresti non dominarlo del tutto.”
Bhe….non
era tanto tragica come situazione, dopotutto.
“E quindi non dovrei più continuare
a rimanere a letto, giusto?” chiesi speranzosa.
“Certo che no, anche perché non credo che tu riesca ad
alzarti.”
Come non detto……… Ritornai sconsolata sotto le coperte.
“Ti rimetterai presto, non ti preoccupare” mi rispose lui mentre si dirigeva verso la porta.
“Ma non ti stufi mai di dirmi di
non preoccuparmi? Me lo avrai già detto una cinquantina di volte!” Lui
ridacchio “Va bene, allora grogiolati pure fino al
limite della disperazione e chiamami pure quando arriverai al suicidio….” Faceva pure lo spiritoso. Risbucai
dalla mia “tana”.
“La caramella però me la dai? Ho
fatto la brava…..”
Lui mi guardò prima male, poi rassegnato.
“Certo che tu dimostri proprio l’età di una bambina……”
“Ti aspettavi qualcosa di diverso da un’arrogante, sgarbata
e terribilmente detestabile ragazzina?”
Lui ridacchiò ancora “Solo per il tuo senso dell’umorismo e
per avere il dono di farmi ridire così facilmente; di solito nessuno ci riesce.”E mi lanciò un lecca-lecca. La
mia mano era già pronta per afferrarlo ma non ricevette
niente. Guardai verso Carlisle. Il lecca-lecca si era
fermato a mezz’aria.
Quando ritrassi la mano quello atterrò
sul letto. La cosa si faceva inquietante. Io guardai Carlisle
per di dirgli –ti prego aiutami, non voglio stare da
sola con me stessa-, ma lui, anche se lo capii, fece finta di niente.
“Buona fortuna; non ti preoccupare, passerà.”mi sussurrò prima di chiudere la
porta.
Maledetto vampiro! Irritata e seccata cercai di consolarmi
con il lecca-lecca. Era al limone; io odiavo il limone.
Non era possibile! Era ingiusto! Mancavano solo pochi giorni
all’inizio della scuola e desideravo tanto godermeli insieme a Jacob! Invece ero costretta a rimanere
qua, maledizione! A causa di questi tristi pensieri mi si chiuse lo stomaco e
non mangiai molto a pranzo. Era pomeriggio e mamma, dopo essere rimasta a casa
la mattina per badare a me, ora era ritornata in negozio, tormentandomi di
chiamarla nel caso avessi avuto bisogno di qualcosa. E
così me ne stavo da sola sotto una tonnellata di coperte ad aspettare che
questa…..”cosa” passasse alla svelta.
Un rumore strano alla finestra mi ridestò. Mi girai
svogliata per vedere cos’era successo. Non era possibile.
Jacob mi stava salutando tutto
contento oltre quel vetro. Era sicuramente impazzito; si era arrampicato
sulla grondaia ed era arrivato fino alla mia finestra, che si trovava al primo
piano. Non volli dargliela vinta troppo facilmente, nonostante morissi dalla
voglia di abbracciarlo; volevo fare un po’ la schizzinosa. Tornai a rigirarmi
nel letto con il sorriso sulle labbra, facendo finta di non averlo visto.
Questa volta aveva mantenuto la promessa ed era arrivato da
La Push per vedermi. Ero al settimo cielo. Lui batté un’altra volta, ma
io continuai a evitarlo. Chissà cosa
avrebbe fatto adesso……
“Allora hai intenzione di fare la difficile, eh?”
Urlai per lo spavento. Jacob stava
comodamente seduto sulla sedia dove questa mattina si era seduto Edward.
“Cosa….cosa
hai fatto? Perché sei entrato dalla finestra?”
Lui mi guardò ancora sorridente “ho provato a vedere
attraverso i vetri del piano di sotto e così ho dedotto che dovevi per forza
essere in camera tua…….”
“Potevi anche suonare….”
“Credevo che dormissi……e in effetti
ho fatto bene…..” mi guardò sorridendo.
“Ma…come hai fatto ad essere così
silenzioso?”
“Dimentichi che sono un licantropo?” mi domandò
ingenuamente.
Ah, giusto…….
“Eh anche un licantropo niente male a dire il vero.”disse alzandosi dalla sedia e
avvicinandosi.
“Certo. È così fortunato da stare con una bellissima e
intelligentissima ragazza come me.”gli risposi
ironica.
Lui si sedette sul bordo del mio letto e mi passò le braccia
attorno al collo. Caldo, finalmente!
“Hai ragione.” mormorò avvicinando
le labbra alla mie.
“No…..” mi ritrassi “Ho la febbre.”
Lui sbuffò “Ti ricordo che la mia
temperatura è di quarantadue gradi; non mi posso ammalare!”
Non ribattei gli contro; non volevo
rivelare le vere cause della mia febbre. Almeno non ancora; non volevo farlo
preoccupare. E poi non mi sentivo così tanto male; non
c’era motivo di metterlo in ansia.
“Ti amo.” mi sussurrò.
“Ti amo anch’io.” gli risposi al
settimo cielo.
“Ma quante coperte hai?” disse lui
cercando di contarle.
“Troppe, ed ho ancora freddo.”
“Davvero? Allora non ti dispiacerà affatto
se mi aggiungo anch’io.” disse mentre si coricava
vicino a me con un sorrisetto malizioso.
Che cosa voleva fare? Non avevo mai
baciato un ragazzo prima di ieri, figuriamoci starci
nello stesso letto! La cosa era veramente troppo imbarazzante.
“Non è necessario, sul serio……” cercai di trovare una scusa,
ma ormai era entrato del tutto.
“Quanto sei noiosa quando vuoi” mi
ripose lui indispettito “perché non vuoi che ti stia vicino?”
Mi aveva messo con le spalle al muro, anche perché non avevo
neanch’io un valido motivo per rifiutarlo. Mi distesi
vicino a lui e mi passò una mano intorno ai fianchi. Appoggiai la mia schiena
contro il suo petto e lui cominciò a baciarmi
dolcemente il collo. Chiusi gli occhi per godermi quella bellissima sensazione.
Ero forse in paradiso?
“Ti imbarazza tanto stare così
vicino a me?” mi sussurrò nell’orecchio tra un bacio e l’altro.
“Solo un poco, non mi è capitato spesso di stare nello
stesso letto con un ragazzo.”gli
risposi.
Lui cominciò a darmi baci più lunghi e intensi.
“Adoro quando sei imbarazzata e
arrossisci”
Mi guardò con quello sguardo che mi faceva impazzire. Lo
fece di proposito e io arrossii, ovviamente. Sollevò una mano e sorridendo mi
sfiorò le guance nel punto in cui si erano arrossate.
“Glielo hai detto ai tuoi compagni?” gli dissi
passati alcuni minuti in quella posizione.
Lui emise un sospiro.
“Sì, ma non hanno reagito bene.”
Dovevo immaginarlo.
“Credono ancora che tu sia pericolosa e che sia meglio se ti
stia lontano; anche se non mi impediscono di vederti
con la forza, visto che sanno dell’imprinting e possono capire cosa provo…”
Povero Jacob; era costretto a
disubbidire ai suoi compagni pur di stare con me. Non era giusto.
“Però gli ho chiesto di incontrarti.”
Mi girai stupita verso di lui.
“Come? Mi hai organizzato un incontro con loro?”
Lui annuì con la testa. “Voglio dimostrargli che si
sbagliano a giudicarti in questo modo e se non cambiano opinione, bhe, sono anche disposto a lasciare il gruppo.” e mi diede un bacio.
Era disposto ad andare contro ai propri compagni e a
perderli pur di poter stare con me. Mi venne in mente una domanda che mi mise
il dubbio. Lo amavo altrettanto da poter fare la stessa cosa? Ero così degna
del suo amore? Mi girai e mi strinsi ancora di più a
lui, appoggiando la testa sul suo petto.
“Cosa c’è?” mi chiese cominciando
ad accarezzarmi la schiena.
“niente, brutto pensiero” gli dissi forse un po’ triste.
Non lo convinsi del tutto perché il suo sguardo rimase guardingo.
“Sul serio, solo un brutto pensiero….” ritentai
con un sorriso.
Lui, un po’ più convinto, ma ancora non del tutto, cominciò
a giocare con una ciocca dei miei capelli.
“Lo sai qual è la cosa migliore da fare contro i brutti
pensieri?” mi disse con aria assente ma divertita.
Io lo guardai dubbiosa e sinceramente anche un po’
preoccupata. Con uno scatto fu subito sopra di me, mi prese con una mano entrambe le mie braccia per tenerle ferme e con
l’altra cominciò a farmi solletico dappertutto. Non sopportavo il solletico.
Cominciai a ridere come una pazza, alternando risate isteriche a prospettive di
morte, cosa che non fece altro che spingere Jacob a
continuare. Smise solo quando vide che non ce la
facevo proprio più. Questa me l’avrebbe pagata! Quando finalmente mi mollò ne approfittai per prendere il cuscino su cui ero sdraiata.
Ero pronta a vendicarmi come si deve; ma fatto sta che
lui fu troppo veloce e mi prese il cuscino prima che io glielo potessi tirare
in faccia.
“Siamo un po’ ribelli oggi……” disse malizioso
mentre lo cominciò a usare contro di me, stando bene attento a non farmi
veramente male.
“Ehi! Non ti hanno insegnato che le donne non si toccano
nemmeno con una rosa?!E poi
è un comportamento da vigliacchi torturare una povera, ammalata ed indifesa
ragazza!” cercai di urlargli tra una cuscinata e
l’altra.
“Indifesa?! Ho sentito bene?! Non
credo proprio……” si fermò però lo stesso e, ridendo, tornò
a distendersi vicino a me.
“Come stai?” gli chiesi.
“Caspita, che tempismo!” disse lui con la sua immancabile ironia
“Comunque non ti preoccupare, sto bene, ho fatto
preoccupare a morte i miei compagni e soprattutto mio padre, ma per il resto
sto bene.”
“Non devi andarli contro solo per me…” gli dissi io
svelandogli i miei dubbi.
Lui si mise a ridere “Io rischierei di
morire per te…” disse ricominciando a giocare con i miei capelli. Questa
sua ultima frase non fece che accrescere l’ansia dei miei brutti pensieri sul mio amore per lui.
“Posso farti una domanda?”
“Certo”
“Ti ha fatto male rivedere Bella?”
In risposta lui si strinse ancora
di più a me. Attesi invano una risposta, ma che però non arrivò. Cosa voleva dire questo silenzio? Certo, di sicuro vedendola
in quelle condizione avrà provato tristezza e anche
rabbia. Il suo silenzio non mi faceva affatto; mi fece
nascere la perversa sensazione che Jacob provava
ancora qualcosa per Bella. Cercai in tutti i modi di scacciare quel bruttissimo
pensiero e mi vergognai di dubitare delle parole di Jacob. Lui mi amava…….ma io così tanto
quanto lui?
Le parole di Jacob mi ridestarono.
“Sì, te l’ho detto, mi manca moltissimo……..”
e si strinse ancora di più.
Decisi di cambiare subito argomento; questa conversazione
stava prendendo una piega sbagliata.
Ci rimasi male quando si alzò tutto
ad un tratto dal letto. Ritornò subito il freddo e io mi sentii di nuovo sola nonostante lui fosse a pochi centimetri da me.
“Ora è meglio se vado, mi staranno sicuramente cercando…..”
Non volevo che se ne andasse……forse
era stata la mia domanda a demoralizzarlo così?
Lui intuì i miei timori e li collegò alla mia
domanda.
“Non ti preoccupare, non me ne vado per avermi fatto quella
domanda, sciocchina” mi disse stringendomi forte a sé. Quasi non riuscivo a
respirare e inoltre mi sentivo una stupida ad aver pensato ad una sciocchezza
del genere.
“Ritornerò domani pomeriggio, promesso…” e mi diede un
ultimo bacio.
“Così tardi?” borbottai stringendomi al cuscino. Non volevo
che se ne andasse.
“A domani Luna…..” mi disse sorridendo.
“Ciao Sole…….” mormorai
da sotto le coperte. Lui mi sorrise.
Proprio come era venuto se ne andò,
ovvero uscì dalla finestra. Era proprio matto, ma rimaneva comunque
il mio Jacob.
Sconsolata mi rigirai dall’altra
parte. Vidi il vasetto dove c’era la rosa bianca appassita. Ma
quella non c’era più; al suo posto c’era un unico ma semplice giglio. Chissà quando me lo avrà messo….
Ve lo devo dire; mi sto divertendo un mondo a scrivere
queste scene romantiche! Sì, lo so, posso essere anche unpo’ sdolcinata, ma vi avverto che
scene del genere d’ora in poi ce ne saranno molte! Per quanto riguarda
l’intervento di Carlisle in questo capitolo
voglio dire una cosa: lui riveste un ruolo abbastanza importante in questa
storia, soprattutto in questi ultimi capitoli, perciò scrivendo questo capitolo
volevo far capire che Natasha lo considera come una persona
di altrettanto importanza, una sorta di guida, insomma. Ok,
lo ammetto, sono sempre stata attratta oltre che da Edward
anche dal dottore “super-figo” Carlisle!
Anche per questo ho deciso di dargli così tanta importanza.
Chiudo questa piccola parentesi (che poi piccola non è) e finisco con la
speranza (nuovo sinonimo per dire “spero….”) che vi sia piaciuto
anche questo capitolo e scusandomi per il piccolo ritardo.
xblinkina:
Spero che ti sia piaciuto anche questo capitulozzo un
po’ romanticuccio! Ti ringrazio ancora una volta per
aver commentato e per avere tutta quella pazienza di sopportarmi! Glazieglazie!
xmagicrossy:
grazie per il capitolo perfetto (anche se non credo di meritarmi tutto questo
grande merito [anche se a dire il vero sono soprattutto i lettori a
giudicarmi]). Dopo questa parentesi tra parentesi apparentemente senza senso passiamo al sodo! Ti ringrazio ancora e ancora e ancora per
aver di nuovo e di nuovo e di nuovo commentato! Grazississississississississime per tutto quel sostegno che
mi hai dato fin dall’inizio e che ancora mi dai! Kississimi
a valangate!
x jena92: grazie “fan-super-mega-malata-della-mia-storia” ma che io
preferisco chiamare jena per motivi di lunghezza. Eh
dai! Però così esageri! Al massimo vi faccio venire
gli incubi (scherzo! La mia autostima non è ancora giunta a quel punto!)! Comunque ancora per il commento e per il complimento! Baci baci!
x pazzerella92: ecco pronta
un’altra dose da assumere! Scherzi a parte, carissima Sherlockkina,
a dire il vero non vedevo neanch’io l’ora di scrivere
quel capitolo e farli combinare! Comunque ancora
tantissime per il commentozzo! Baci! Ps: Hayden the best (sono ancora
dell’opinione che nel film di Twilight
sarebbe stato perfetto per interpretare Edward)!
x CAMiL92: Non ti preoccupare, non
ti mangio mica se non commenti! ;) Grazie per il
commento e per il grande sostenimento! Non vedevo l’ora neanch’io
di scriverlo! ed inoltre è stato troppo bello farlo! Comunque grazie ancora di tutto! Kiss!
Il giorno dopo mi alzai e mi sentii molto meglio, come se
ieri non avessi avuto cinquantacinque gradi di febbre. Per sicurezza me la
tornai a misurare e, come previsto, avevo trentasette. Che
fortuna! Pensavo di dover rimanere a letto per non so
quanto tempo. Inoltre oggi mi ero svegliata con il piede giusto. Sarebbe stata
una giornata bellissima. Pensai a Jacob che sarebbe
venuto anche oggi. Dovevo aspettare però fino a questo pomeriggio. Fino ad allora cosa avrei potuto fare? Intanto andai di sotto per
farmi una scorpacciata di biscotti.
“Buongiorno!” quasi urlai a mia madre e a Kathy.
“Vedo che oggi qualcuno è di buon umore!” mi disse mia
madre.
“Sì.” e diedi un bacio a lei e a Kathy.
“Sì, sì, ridi, ridi,
tanto tra poco dovrai andare a scuola anche tu……” mi disse imbronciata Kathy.
A causa di questa storia quasi me n’ero
dimenticata; tra pochi giorni sarei dovuta andare a scuola anch’io. Per
di più mi mancavano tutti i libri e dovevo per forza andare a Port Angeles per comprarli. Ci sarei andata di sicuro
domani; magari anche con qualcuno. Certo! Ci sarei potuta andare con Bella, infatti lei mi doveva ancora un giro per Forks!
“In effetti non vedo neanch’io l’ora che tu vada a scuola; non sopporto più
vederti qui a non far niente….”
“Oggi siamo tutti un po’ sadiche vedo……”
“Stiamo meglio oggi?”
“mmhmh” affermai io.
Per fortuna Carlilse aveva detto a
mia madre che il mio strano febbrone era solo una piccola alterazione
passeggera e che non appena si sarebbe verificato un qualche miglioramento avrei potuto uscire di casa; per tanto, visto che oggi ero
in piena forma, avevo la possibilità di fare qualsiasi cosa! Inoltre anche il
tempo mi andava incontro; alla radio parlavano di un fenomeno straordinario
quello di oggi a Forks: da
ben cinquant’anni non si verificava una temperatura
così alta. Sarei sicuramente uscita di casa quella
mattina. Ma dove sarei potuta andare? Intanto che pensavo
mamma era uscita per accompagnare Kathy a scuola e
per andare al negozio. Poi pensai che avevo un’amica in
via di guarigione che non vedevo da quasi un mese ad alcune centinaia di metri
da me. Era proprio giunta l’ora di andare a farle una visita; ci avrei
scommesso che avrei incontrato anche Edward, ma
dovevo dire che dalla nostra ultima chiacchierata i nostri rapporti erano
migliorati. Ma solamente un poco. Non persi altro
tempo e andai a prepararmi per uscire. Certo che si stava benissimo fuori! Quando
ero arrivata a Forks ero
quasi certa che non avrei mai avuto bisogno di canottiere, invece oggi mi
dovevo ricredere. Me lo sentivo, sarebbe stata una
bellissima giornata. Intanto ero gia arrivata davanti
alla sua porta e a differenza dell’ultima volta non mi feci troppi problemi a
suonare il campanello. Mi venne ad aprire Bella in forma e sorridente.
“Natasha! Finalmente!” e mi
abbracciò, cosa che contraccambiai anch’io felice.
“Stai meglio?” le chiesi.
“Sì, sono solo un po’ raffreddata. Ho saputo che anche tu
hai passato qualche giorno a letto.”
“Eh già, non è stata esattamente una bella cosa….”dissi ripensando ai brutti fatti
dell’altro giorno.
“Ti inviterei ad entrare, ma con
questa bellissima giornata stare chiusi dentro casa è un delitto. Giuro che non
ho mai visto una giornata più bella di questa da quando
sono arrivata a Forks, sai mi ricorda molto Phoenix…..”
e dopo esserci sedute sui quei pochi gradini che
anticipavano la porta di casa sua incominciammo a parlare della sua città, e di
tutte quelle in cui avevo abitato io. La vidi molto presa
e interessata dal mio racconto. Ma c’era qualcosa che non andava; mancava una
presenza…..
“MaEdward
dov’è?”
Lei sembrò dispiaciuta; la lontananza di Edward le faceva lo stesso effetto di Jacob
per me.
“Hanno approfittato del tempo per andare a caccia, erano
veramente tutti troppo affamati…….”
Parlando di vampiri inevitabilmente l’argomento cadde su
quello che era successo pochi giorni fa; proprio la cosa che ci voleva per
rovinare la giornata!
“Non sai quanto mi dispiace Bella…..”
comincia io con voce roca.
“No, Natasha. Non hai fatto
niente!” mi interruppe subito lei.
“Sì, invece! Sei io non fossi venuta qui……”
“Ma come potevi sapere che quello che sai ora
quando sei arrivata qui?”
Bastò per farmi tacere. Mi mise una mano intorno alla
spalla.
“Non sei tu la causa di tutto questo. È tutta esclusivamente
colpa di Marte se ci troviamo in questa condizione. Tu
non hai fatto niente di male, anzi, mi hai salvato; come minimo sono io che ti
devo ringraziare. Questo non ti basta per ricrederti su quello che hai detto?”
Ero commossa, davvero. Tra poco mi sarei messa a piangere.
Non avevo mai conosciuto una persona così comprensiva come Bella.
“Scusa per il comportamento di Edward. È stato davvero troppo…...”
“No, ha avuto più che ragione, anch’ io avrei
provato un odio fondato e inspiegabile se fossi stata in lui. Soprattutto se ti ama in quella maniera……. E poi è colpa mia se il tuo matrimonio è stato rinviato………”
Lei arrossii.
“Sì, l’ha fatto per me, ma ha esagerato comunque.
Qualche volta è troppo…..ansioso……”
“Vorresti dire troppo innamorato…” gli dissi
sorridendo.
“come, scusa?” mi chiese confusa.
“ quella che dici tu non è ansia, è amore……..anzi, nemmeno quello. Ciò che vi lega supera questo
sentimento. Non ho mai visto due persone amarsi così tanto.”
gli dissi allargando poi quel sorriso.
“Forse hai ragione tu….” rispose
anche lei sorridendo.
Passammo alcuni secondi in silenzio
“Sai……tu mi devi ancora un giro per Forks,
lo sai?” dissi alla fine con un sorrisetto.
“Eh, già!” mi disse sorpresa; anche lei, proprio come me se
n’era dimenticata.
“Che ne dice di barattarlo con una
gita a Port Angeles?” le dissi.
Lei ci pensò su un momento.
“Certo, credo che per domani noi ci siano rischi che mi
ritorni a salire la febbre. Facciamo allora domani mattina a casa mia?”
“Perfetto!” risposi io.
Finalmente avrei potuto andare in giro
per i negozi insieme ad un’amica, come le normali ragazze della mia età! Era da
un’eternità che non passavo un pomeriggio così;
inoltre sentivo la mancanza della normalità.
Parlammo poi della scuola. Tra poco sarebbe dovuta andare al
college anche lei. Data la situazione aveva deciso di
andare in una scuola abbastanza vicina e rinomata a Vancouver, insieme adEdward, ovviamente. Infatti Bella mi spiegò che, visto che allontanarla era
servito a ben poco, era quindi indispensabile a questo punto proteggerla costantemente
e il fatto di andarsene da Forks, per essere più
precisi andarsene da me, era un’occasione in più per metterla al sicuro.
Inoltre Vancouver non era molto lontano per un vampiro e ciò permetteva ad Edward di poter ritornare a Forks
in poco tempo nel caso ci fosse stato bisogno di aiuto.
“Vuoi dire che, se Edward può tornare a stare con te, non è c’è l’ha più con
me?” chiesi.
“Cova ancora qualche risentimento per quello che gli hai
fatto passare, ma da quando Carlisle gli ha dato questa notizia …no, non ti odia più……” mi disse
sorridendomi.
Stranamente la cosa mi rese felice. Nonostante io non avessi
mai avuto un grande rapporto con Edward
sapere che adesso non c’erano più persone in questo mondo che mi odiavano in
quel modo mi rendeva più serena. Mi vennero in mente i licantropi. Loro non mi
odiavo, mi credevano pericolosa, ma il sentimento di inquietudine
che scatenavano in me era simile. Mi venne automatico ripensare a Jacob. Forse era giunto il momento di dire a Bella di me e
di Jacob. Dovevo dirgli che
adesso lui stava bene.
“Nei periodi in cui Edward mi
aveva obbligato a non vederti ho passato molto tempo a
La Push.”
“Ah….” mi rispose lei non
esattamente a proprio agio.
Niente da fare; dovevo continuare a migliorare il mio tatto
nel dare spiacevoli notizie.
“e ho incontrato Jacob Black……”
“Sta bene?”
Più parlava più si rabbuiava. Non
dissi né sì né no.
“Ha avuto un imprinting con me…..” dissi alla fine rossa in viso guardando rigorosamente
davanti a me. Bella d’altro canto mi guardò sorpresa.
“Allora….tu….tu sei la sua anima gemella…..”
Io annuii rossa in viso.
“Quindi sta bene.” riprese.
Continuai ad annuire. Lei fece un sorriso amaro.
“Mi ha raccontato quello che è successo….”
“ah sì?” chiese lei ancora assorta.
Questa conversazione stava prendendo una brutta piega.
“Sai, sono in grado di teletrasportarmi.” dissi
velocemente per cambiare discorso.
“Già, Edward mi ha raccontato
quello che è successo. Sai fare qualcos’altro?” chiese lei ora più interessata.
“Sì, ma il teletrasporto è per ora
l’unica dote che riesco a controllare. Le altre, bhe, non so nemmeno io di cosa si tratta…..”
“Puoi farmi vedere come ti teletrasporti?”
mi chiese curiosa.
Ripensai alle parole di Carlisle e
a quello che sarebbe potuto succedermi se avessi seguito le parole di Bella; decisi
di avere giudizio. Bella ne aveva già passate
abbastanza; non desideravo che vivesse ancora avventure scandalizzanti.
“È meglio di no.
In questi giorni le mie capacità non sono molto stabili, non lo sa
nemmeno Carlisle il perché. Quindi
potremmo finire anche in mezzo ai pinguini, se lo facessi……”
“Ah….peccato. Comunque mi devi un
giro, va bene?” disse lei alzandosi per sgranchirsi le gambe.
“Certo! A questo punto dovrei anche cominciare a farmi
pagare. Potrei diventare ricca…..” gli
risposi alzandomi anch’io.
“Mi mancherai quando andrai via…..”
le dissi tornando seria.
“Anche a me, ma è meglio così……”
“Verrai a trovarci, vero?”
“Certo! Non credo ci siano problemi se qualche fine
settimana lo passerò qui ogni tanto.” disse sorridendo “Ora è meglio se torno dentro, se no mi
risalirà la febbre.”
“Già……allora ci vediamo domani?”
“Sì. Ciao Natasha! A domani!”
Ci abbracciammo per
salutarci e lei tornò dentro. Eh, sì; Bella Swan, mi
saresti proprio mancata.
Era una bellissima giornata e non avevo alcuna
intenzione di rientrare dentro casa.
Quando mi ero alzata da quei gradini
non sentivo più le gambe. Dovevo stiracchiarmi un po’. Decisi quindi di fare
una bella passeggiata.
Passai casualmente vicino a quella foresta dove avevo incontrato
Jack. Sentii un brivido lungo la schiena al ricordo di
ciò che mi era successo. Per reazione involontaria cominciai a correre per
scappare più che altro da quella paura che da quella
foresta. Che piacevole sensazione. Da sempre mi era
piaciuto correre; il vento sul viso e quella sensazione piacevole di ripresa
dopo una lunga corsa. L’aria sulla faccia si fece più forte; quel giorno ero
piena d’energia. Chiusi gli occhi un momento per assaporare di più quella
sensazione. Quando li riaprii stavo correndo ancora.
Decisi allora di fermarmi; così poteva bastare. Ma non
ci riuscii. Non riuscivo più a fermarmi. In compenso andavo sempre più veloce e
il vento aumentava sempre più, sempre più, sempre più.
Era come guidare una moto senza casco.
Oddio. Oddio. Mi prese il panico. Non riuscivo a fermarmi! E adesso cosa avrei fatto? Senza accorgermi mi ero
introdotta nella foresta. Mannaggia! A quella
velocità se fossi andata contro un albero mi sarei
fracassata la faccia. Ma invece non accadde, correvo
agile e veloce tra gli alberi e i cespugli, che mi sembravano delle macchie di
colore poco chiare.
Il mio corpo stava andando avanti da solo e io non sapevo
come fermarmi! Maledetta sensazione di paura! Scommetto che era
stata lei la miccia che ha fatto risvegliare questa mia dote! Non credo fosse sufficiente una sensazione cosi lieve. E adesso cosa avrei fatto? Non potevo mica correre verso chissà
dove per sempre; mi sarei fermata prima o poi, bhe, questo era quello che credevo! E
poi chissà dove mi trovavo!
Basta! Dovevo fare assolutamente qualcosa! Mi concentrai
nella speranza di fermarmi; ma niente. Stavo cominciando ad arrabbiarmi.
Intanto mi ero introdotta in un punto abbastanza scuro nella foresta e a quella
velocità sembrava che fosse sera.
“FERMATI!” gridai a me stessa al limite.
Bene, ora mi ordinavo persino le cose da sola…..
Funzionò però. Infatti mi fermai,
di colpo, ma mi fermai. Fu inevitabile, cominciai a
rotolare come una palla. Poco dopo mi bloccai. Per fortuna ero finita su un
prato abbastanza erboso e non mi feci niente, solo qualche taglietto, ma non
era stata comunque una bella esperienza. Stavo
tremando come una foglia; odiavo la velocità! Cercai di calmarmi, ma non ci
riuscii. Tremavo ancora.
Non avevo la minima idea che le conseguenze di cui parlava Carlislefossero queste. E per un semplice senso di paura, poi! La cosa stava
cominciando a diventare davvero grave. Mi guardai intorno. Come sarei riuscita
a tornare a casa? Non era proprio la situazione più adatta per teletrasportarsi. La paura mi stava attanagliando sempre
più.
Mannaggia! Mannaggia!
Mannaggia! Bhe, senza ombra di dubbio la prima cosa da fare era calmarsi.
Cominciai a fare dunque respiri profondi. Anche se mi ci vollero parecchi
minuti alla fine mi calmai. Mi alzai e valutai se mi ero in qualche modo ferita gravemente. No, tutto apposto,
solo qualche graffio. Ero nel cuore della foresta e non avevo la minima idea di
dove mi trovassi. Accidenti! Accidenti! Accidenti!
Cosa avrei fatto adesso?! Camminare alla cieca nella
speranza di trovare un luogo familiare e sapermi così orientare per ritornare a
casa o restare lì ferma ad aspettare che qualcuno per puro caso mi trovasse?
Feci un piccolo calcolo della probabilità di poter essere trovata. No, la cosa
migliore da fare era tentare di tornare a casa; peggio di così di certo non
poteva andare. E poi non ero gioiosa all’idea di
restare in questo posto magari fino a sera. Cominciai quindi a camminare, per
dove non lo sapevo. Il terreno era abbastanza stabile, così
potei muovermi abbastanza velocemente. Dopo alcuni minuti uscii dal
centro della foresta per trovarmi in un luogo decisamente
più soleggiato. Bene! Voleva dire che ero sulla strada
giusta! A meno così credevo.
Da quando ero uscita dal cuore della foresta
però il terreno si era fatto più ripido e scivoloso. Caddi alcune volte
e mi feci anche abbastanza male. Continuai a
camminare, ma ancora niente. Si voleva sapere dove cavolo ero
finita?! Passarono ancora minuti, che presto diventarono ore. Mi fermai
sfinita. Non ce la facevo più. Ero sporca, sudata, rossa, ammaccata, ma
soprattutto arrabbiata e disperata! Sarei mai uscita da questa
accidentissima foresta?! Cercai di appoggiarmi
ad un tronco con una mano, ma persi l’equilibrio. Ah, sì, mi ero dimentica……ero
anche talmente tanto stanca e spossata da non riuscire a mettere una mano su un
tronco!!! Guardai l’albero su cui mi sarei in teoria
dovuta appoggiare, ma lui non c’era più. Dove caspita era finito?! Mi porsi leggermente più in avanti. Era lì, spezzato. Oh
caspita; avevo sradicato un albero. No, così non andava proprio bene. Il fatto
di non potermi infuriare mi faceva arrabbiare ancora di più! Mi sforzai di
convincermi che arrabbiarsi sarebbe servito solo a
peggiorare ancora di più la situazione. Mi misi le mani sulla fronte e mi sedetti,
cercando di calmare le mie emozioni. Ecco a cosa voleva dire
che ero pericolosa, più che altro per me stessa che per gli altri. Avevo una
voglia matta di piangere dalla disperazione. No, tutto tranne questo, Natasha! Non sei ancora una povera disperata che non sa più
cosa fare! Quindi alzati da qui e pensa a qualcosa! Un
po’ più confortata da questo mio strano pensiero mi alzai.
Era vero, non potevo abbattermi così. Dovevo fare
qualcosa. Qualcosa di intelligente, possibilmente.
Solo allora notai i grandi alberi che mi circondavano; dovevano essere alti
come minino venticinque metri. Se mi fossi arrampicata fin lassù
mi sarei potuta orientare meglio forse. Ma la teoria era una cosa diversa dalla
pratica; sarei riuscita a scalare venticinque metri
d’albero? Bhe, non avevo molta scelta dopotutto. Mi
avvicinai ad uno dei più solidi. Il ramo più vicino si trovava a circa due
metri di altezza. Fui costretta a fare un piccolo
saltello per cercare di prenderlo. Ma invece di fare
un saltello di venti centimetri come pensavo ne feci uno di venti metri e senza
rendermene conto fui quasi in cima. Mi avvinghiai al tronco tremando per la
sorpresa. Mi ero presa un bel colpo. Queste strane “manifestazioni” mi
piacevano sempre meno. Solo allora mi resi conto di soffrire di vertigini. Che stupida a non ricordarmene prima!
“Non guardare giù. Non guardare giù. Non guardare giù.” cominciai a sussurrare a me stessa. Guardai quindi davanti a
me. Solo alberi; attorno a me c’era solo quello. Voltai molto lentamente la
testa e vidi una piccola casetta con il tetto rosso in lontananza. Casa mia!
L’avevo trovata! Il fatto che tra me e lei c’erano più
o meno ottocento metri non mi assicurava molto. Ma che razza di giro avevo fatto? Ora che mi ero orientata dovevo scendere; già, dovevo scendere. Come avrei fatto a
scendere?! Guardai di sotto e le gambe cominciarono a tremare. Tornai subito a
guardare avanti a me. Piuttosto che scendere sarei rimasta
qua finche avrei potuto! No, non fare la sciocca Natasha!
Fu allora che non sentii più il tronco dell’albero sotto i
piedi e comincia a cadere ad una velocità
impressionate. Maledetto tronco! Proprio adesso ti dovevi spezzare?! Non riuscii nemmeno a gridare. In un attimo atterrai, ma
non mi feci niente; infatti ero atterrato sulle gambe,
proprio come un gatto.
“uau…” sussurrai
involontariamente. Ero caduta da venti metri circa e non mi ero fatta niente. Se controllati questi poteri non erano poi così male, dopotutto.
Avevo ancora il cuore che batteva a mille, ma il pensiero che presto sarei tornata
a casa mi diede la forza per continuare a camminare.
Erano passati solo alcuni minuti ed eccola là, la mia
casetta adorata! Una volta entrata mi distesi immediatamente sul divano,
distrutta. Non potevo crederci, ero tornata a casa
sana e salva!
Ero ancora spaventata e scossa da quello che era successo. Se questo non era l’imprevedibile!
Però, chi l’avrebbe mai detto che
avrei potuto passare una mattinata del genere. Solo allora capivo veramente di
non potermi permettere di provare emozioni intense. Come potevo
evitare ciò?! Non avevo la minima idea di come fare. E
poi come avrei fatto con Jacob? Con lui provavo
sempre forti emozioni. Avrei dovuto per caso evitare di vederlo finche le mie
capacità non sarebbero più state troppo condizionate dai miei stati d’animo, se
fosse mai successo? No, non potevo stare lontano da lui. E
poi non era giusto; perché solamente lui doveva sacrificare qualcosa? Perché solamente lui era costretto ad andare incontro ai
suoi compagni pur di vedermi? Sentivo il dovere di rinunciare a qualcosa
anch’io. Ne ero sicura; sarei riuscita a superare
questa “prova”.
Ora però era giunta proprio l’ora di un bel bagno caldo.
Quando scesi giù in cucina e trovai là mamma e Kathy, che quel giorno usciva all’ora
di pranzo, con un’aria strana.
“Ciao Natasha! Come
è andata ‘sta mattina?” chiese mia madre mentre stava affettando le
carote.
“Sono andata a trovare Bella, sta
bene.” gli risposi mentre apparecchiavo la tavola,
tralasciando la mia piccola avventura da dimenticare.
“Ah, è vero, ho sentito che aveva la febbre…….”
“Già…….ah, dimenticavo, domani vado a Port
Angeles; mi mancano ancora tutti i libri.”
“Bene, vai con l’autobus?”
“No, vado con Bella, ora si è ripresa del tutto”
“Che ne dici di andare anche con Mike Newton? Tra pochi giorno deve
partire per il college e sarebbe carino da parte tua se…..”
”no, mamma! Ho detto che voglio andarci da sola con
Bella!” le risposi laconica.
Non era possibile! Era ancora fissata con quel Newton! Non potevo crederci!
Mi voltai per guardare mia sorella, che non aveva
spiaccicato ancora parola. Era strana ultimamente; aveva lo sguardo perso nel
vuoto, un sorrisino ebete sulla faccia e talvolta emetteva profondi sospiri.
“Kathy, cosa ti succede?
Ultimamente ti vedo un po’ strana…..”
Lei mi ripose con un altro dei suoi profondi respiri.
“Com’è carino……” mormorò poi.
“A chi si sta riferendo, scusa?” dissi voltandomi verso mia
madre con un misto di sorpresa e preoccupazione nella voce.
Mia madre d’altro canto cominciò a ridere “Sì è presa una
cotta.”
“Noooo!!”
tornai a guardare mia sorella ancora imbambolata “E di chi?”
“Ultimamente al negozio Alice viene insieme anche ad un
altro ragazzo, Jasper, dovrebbe essere suo fratello
adottivo, se non sbaglio, e a quanto pare la nostra Kathy
ha avuto una piccola infatuazione con lui….”mi rispose mia madre ancora sorridendo.
A fatica riuscii a trattenere una risata. Ah, non invidiavo affatto la mia sorellina. La sua prima piccola
cotticina con un vampiro. Se
solamente lo avesse saputo……
“Non è una semplice infatuazione! È
amore!” disse mia sorella ancora nel mondo dei suoi sogni.
Io continuai ad aiutare mamma a cucinare. Kathy, Kathy……dove ti sei cacciata……
Che strano però, mamma mi aveva più
volte raccontato che molto spesso Alice veniva da lei.Molto probabilmente era a questo a cui si
riferiva Carlisle quando mi aveva detto che avrebbero protetto le persone con
cui stavo più in contatto. Solo ora mi rendevo conto
di ciò che i Cullen stavano facendo per me. Ed era
veramente molto.
Finimmo di mangiare e mamma andò subito in negozio. Nel
frattempo Kathy non aveva ancora cambiato
espressione. La cosa poteva diventare grave, in qualche modo
dovevo intervenire.
“Kathy, stai ancora pensando a
lui?”
Lei mi rispose annuendo distratta.
“Non credi che sia un po’ grande per te?”
“Eh?” si risvegliò lei, che non aveva sentito una parola di
quello che avevo detto.
Ci rinunciai; ero già un caso perso.
“Niente, lascia stare….” le risposi
arresa.
“Ma…...sei ancora arrabbiata con Jacob?” mi chiese cauta lei.
Non appena sentii il suo nome sorrisi; lei lo prese per un no.
“Davvero? Ma allora siete tornati
amici?” mi chiese lei felice per me.
“In realtà un po’ più di amici……” sussurrai
io con gli occhi bassi e arrossii.
“Non mi dire che vi siete messi
insieme!” cominciò lei a saltellare dalla contentezza.
Non sapevo cosa rispondergli. Come si poteva definire il
rapporto tra me e Jacob? Bhe,
qualsiasi cosa si trattasse c’entrava sicuramente la
parola “amore”.
“…..più o meno…..” le risposi con sguardo basso arrossendo.
“Davvero?! Che bello!” saltò dalla sedia a
mi saltò in braccio, dimenticandosi subito della sua cotterella.
“Me lo presenterai, vero? Come fidanzato, dico.”
Jacob, il mio fidanzato. Mi
suonava malissimo. Sole era meglio.
“Cos’è? Non me lo vorrai mica rubare,
vero?” gli dissi io scherzosa.
“Non dire stupidaggini! Io ho già Jasper a cui pensare!” mi disse sognatrice, di nuovo
con la testa tra le nuvole. Come non
detto; questa storia sembrava poter durare per molto, molto tempo.
Et voilà! Cosa
ve ne pare? Forse può essere un po’ noioso rispetto ad altri, ma è stato
necessario per spiegare cose che verranno fuori in seguito. Quindi vedetelo
come una specie di “capitolo di collegamento.”
Purtroppo a causa di quel piccolo problemino
conosciuto da tutti come “scuola”pubblicherò dopo sempre più lunghi
periodi di tempo, almeno fino a che non finisca la scuola. Quindi
spero che siate pazienti anche perché, non vi preoccupate, continuerò a
pubblicare! Commentate in molti!
x _sefiri_:
Non sai quanto hai ragione! Altro che il dottore che ho io! Voglio anch’io Carlisle!!!!!!!
Prima che inizi a sbavare anche io ti ringrazio per il
complimento! Sono davvero contentissima che tu l’abbia messa tra le tue
preferite (e devo dire anche lusingata)! Spero che ti sia piaciuto anche questo!
x pazzerella_92: Urca! Scrivendo questa ff non
avevo proprio il buon proposito di danneggiare la salute dei miei lettori…… Jcoooomunque grazie ancora tantissime per il commentuccio e per il complimentozzo!
GruβeKusseauch dir! Ps: Hai ragione! Non
sai quanto sono rimasta male quando ho saputo che Edward l’avrebbe interpretato lui! Madonna! Per Bella va
già meglio; non deve essere eccessivamente bella e la Stewart
va bene. Famiglia (e soprattutto Carlisle!) no comment…..
xmagicrossy: Singsing…….AAA principe azzurro
cercasi anche per me! comunque grazie ancora per il
commento! Sono contenta che ti sia piaciuta anche questa scenetta! Scusascusascusa per non aver aggiornato presto! Me si inchina colpevole! Grazie ancora tantissimissime!
Kississimi
x CAMiL92:beh…..a dire il vero scrivere “bastò uno
sguardo per innamoramene” non mi attirava per niente come idea. Volevo complicare
un po’ le cose tirandola per le lunghe prima di giungere alla vera
dichiarazione e anche dopo con i dubbi esistenziali di Natasha
(che io preferisco chiamare seghe mentali!); ma
soprattutto mi volevo divertire a descrivere come si sarebbe sviluppato il
rapporto tra Natasha e Jacob!
Quindi per risponderti e per chiarire le cose uso la vecchia,
solita, ma sempre efficace scusa del “Natasha non è
un essere umano” perciò gli effetti dell’imprinting possono non essere gli
stessi di quelli sugli altri esseri umani. Comunque
grazie per avermelo fatto notare! Ad essere sincera quel pezzo del libro non mi
era proprioproprio chiaro (ecco cosa succede a
leggere New Moon saltando persino pagine su pagine
per capire quando ritornerà Edward!)
Prima di scrivere un altro capitolo con la tua risposta ti
dico glazieglazie ancora per il commento!
Spero che abbia risolto i tuoi dubbi! Megasmack!
x jena92: “la mia dose migliore di
eroina”. Mmmmmmhhhh questa frase lo già sentita J……
e mi lusinga anche tantissimo! Caspita! Non pensavo che la mia ff potesse creare effetti collaterali da portare a rovinare
la salute di qualcuno! Trovo anch’io
super cucciolo questo mio Jacob “tenero orsacchiottone” Black! Lo sempre
immaginato sotto-sotto così!
Comunque…….sarai
anche drogata, ma in quanto a perversione non ti batte nessuno! A dire il vero
però anch’io ci ho fatto un pensierino (e chi non lo farebbe con lo strafig…ehm…Carlisle! Tanto per
dimostrare anche la mia diperversione!) ma dopo ho pensato…….”sai
che casino”! Quindi ho deciso di lasciar perdere…..peccato
però! Concludo dicendoti ancora ancora
e ancora grazie! Bacissimi!
Ero veramente su di giri! Non mi era mai capitato di provare
così tanta felicità e agitazione per l’arrivo di una persona. L’arrivo, non la
persona stessa.
Ma era vero, nonriuscivo a non pensare a lui! Che cosa strana. Mentre lo aspettavo guardavo
non curante una farfalla girovagare tra i fiori sul davanzale. Il sole
splendeva ancora e la temperatura non aveva proprio intenzione di scendere.
Meglio così; dopo così tanto tempo passato sotto le nuvole un po’ di luce era
proprio quello che ci voleva.
“Perché stai muovendo il piede? Sei forse agitata?” mi
chiese mia sorella Kathy.
Infatti per l’impazienza mi ero messa a muovere agitatamente
il mio piede; era un tic che avevo ereditato da mio padre e che mi veniva
spontaneo nei momenti di agonizzante attesa. E questo era proprio uno di questi
momenti.
“Ho invitato Jacob qui e lo sto aspettando” le risposi
laconica.
Sfortunatamente la sua cotticina non le era ancora passata.
Certo, anch’io alla sua età mi ero infatuata del mio vicino di casa quando abitavamo
a Washington, di gran lunga più vecchio di me e forse era anche giusto
lasciarla sognare un po’. Sicuramente presto le sarebbe passata. E poi che male
poteva fare?
“Ah….ho capito…..” mi disse maliziosa e se ne andò in
salotto saltellando.
Ma io ero così perspicace alla sua età?! Non finii neanche
il pensiero che una Golf familiare stava parcheggiando nel mio vialetto. Era
finalmente arrivato! Corsi saltellando verso la porta d’entrata. Ero peggio di
mia sorella in quel momento! Aspettai ma ancora non suonava. Cosa stava facendo?
Sentii una mano calda coprirmi le labbra e non urlai solo perché mi bloccava la
bocca. Mi girai di scatto spaventata. Mi trovai davanti Jacob contento e sorridente.
“Ehi! Ma sei matto?” gli mormorai per non farmi sentire da
mia sorella in salotto. Era sicuramente entrato dalla finestra della mia
camera, come l’altro giorno.
“Ti aspettavi qualcosa di diverso da uno come me?” fece
divertito. Anche lui era felice di vedermi.
“No, ma almeno entrare dalla porta come tutte le persone
normali e non dalla finestra non farebbe male né a te né a me”
“Sì, ma io non sono una persona normale, giusto? E poi
credevo che avessi la febbre e fossi ancora a letto. Come è possibile che tu
sia già guarita?” mi chiese stupito. Lo notai subito; stava sospettando
qualcosa.
“Ecco…..”
“Ciao, Jacob!” spuntò dal salotto mia sorella.
“Ehi ciao, piccola!” la salutò lui spettinandole i capelli.
Oh no. Se c’era una cosa che mia sorella non sopportava era
proprio quella. L’ultima volta che qualcuno l’aveva fatto, cioè io, aveva
cominciato a urlare ossessivamente. E per una spettinata poi. Valla a capire
mia sorella…
Guardavo mia sorella attentamente in cerca di qualche
segnale di pazzia isterica; stava guardando con un’occhiata a dir poco
assassina Jacob, il quale era ovviamente confuso dal suo strano comportamento.
Oh no, se avesse fatto qualcosa a Jacob si sarebbe fatta male lei.
“Kathy…..” cercai di dirle avvicinandomi a lei.
Contro ogni aspettativa lei lo prese per una ciocca dei suoi
lunghi capelli corvini e lo obbligò ad abbassarsi alla sua altezza. Jacob,
nonostante fosse perfettamente capace di stare immobile, preferì assecondarla
per evitare di farle in qualche modo del male.
“non….provarlo….. a…..fare…..mai…..più……” gli sussurrò mia
sorella guardandolo ancora come un’assatanata. D’altra parte Jacob la guardava allibito
e leggermente intimorito. Poi lo lasciò andare e se ne andò in salotto, quasi
sbattendo la porta.
“Per curiosità……tua sorella non è posseduta, vero?” mi
chiese con la stessa espressione.
“No….scusala……reagisce così quando qualcuno le scompiglia i
capelli….” dissi mettendomi una mano sulla fronte per la disperazione. Che caso
umano mia sorella.
“E per caso reagisci anche tu in quel modo?” mi chiese lui malizioso.
Io volli stare al gioco.
“no, molto peggio….” gli risposi a tono, scherzando con un
sorrisino sulle labbra.
“Lo sai che sono un tipo curioso, no?” mi disse
avvicinandosi pericolosamente a me. Avevo una vaga idea di cosa volesse fare…..
“Non ci provare nemm……”
Come non detto. Neanche finita la frase che avevo già i
capelli tutti spettinati e pieni di nodi. Mannaggia a quel licantropo. Tempo
per cercare di aprirmi un varco tra quel ammasso di capelli per poter vedere
qualcosa che lui era già scappato in camera mia. Questa volta non l’avrebbe
fatta franca. Una sorta di agitazione e divertimento stavano crescendo in me.
Agitazione e divertimento. Caspita, non potevo provare queste emozioni in modo
così forte! Accidenti! Dovevo cercare di calmarmi. Per Jacob questo e altro. Per
Jacob questo e altro. Per Jacob questo e altro.
“Jacob…..” lo chiamai salendo le scale quando fui più calma,
ancora con i capelli aggrovigliati, attraverso cui riuscivo a vedere a
malapena. Dovevo sistemarmeli subito. Entrai nella mia camera e lo vidi, per quanto
potessi vedere, stravaccato comodamente sul mio letto che mi faceva segno di sedermi
vicino a lui.
“Nemmeno per sogno……sono arrabbiata con te….” dissi cercando
di recitare il meglio possibile e andandomi a prendere la spazzola dal mio
comodino.
“…..per così poco?” fece anche lui sarcastico.
“…sì….questa volta hai fatto il cucciolo cattivo ….”
scherzai io andandomi a sedere sulla sedia.
“…davvero? Allora vorrà dire che sarò più bravo d’ora in
poi. Bau!” disse lui con voce da cucciolo, per quanto un ragazzo di diciassette
anni che ne dimostrava venticinque potesse riuscirci.
“…per questa volta ti perdono!” dissi sedendomi vicino a lui
e continuando a pettinarmi, arrendendomi davanti al suo modo di fare. Anche
questa volta me l’aveva fatta franca. Sarei mai riuscita a vendicarmi
decentemente per ogni suo dispetto? Intanto io stavo facendo a lotta con i miei
nodi che non volevano saperne di sciogliersi. Mi aveva fatto diventare la testa
peggio di un cespuglio di rovi… e io l’avevo perdonato. Certo che ero proprio
cambiata da quando ero arrivata qui a Forks.
“posso pettinarteli io?”
Mi girai stupita; nessun ragazzo mi aveva mai fatto una
proposta del genere. Lui aveva un sorrisino ingenuo sulla faccia; chissà cosa
aveva intenzione di fare…
“O-ok…” e gli diedi la spazzola.
Lui la prese, si alzò e si sedette dietro di me. Con
delicatezza incominciò a pettinarmeli. Non li sentivo tirare per niente; era
come se i nodi non ci fossero. Dopo poco iniziò ad alternare spazzolate a lievi
baci sul collo, sulla guancia, sotto l’orecchio. Ecco cosa intendeva fare,
altro che spazzolarmi i capelli. Ad ogni bacio corrispondeva un brivido sul mio
corpo. Così non andava bene, mi stavo emozionando troppo. Forse era meglio
dirgli di smetterla e rivelargli che non poteva comportarsi in questo modo, se
no mi sarei agitata e avrei potuto combinare qualcosa di grave. Lui si era
aperto con me spiegandomi come si sentisse davanti ai suoi compagni e quindi
era giunto il momento anche per me di rivelargli la verità. Ma non volevo che smettesse.
Se non voleva scatenare in me sensazioni così grandi non poteva nemmeno
toccarmi, però; mi emozionavo ad ogni minimo contatto, anche se sarai riuscita
contenermi se mi fossi impegnata. Solo in quel momento sentii di essere più lontana
da Jacob di quanti immaginassi. Lui intuii la mia tensione e si fermò.
“Cosa c’è?” mi chiese dolcemente, appoggiando il mento sulla
mia spalla. Io mi allontanai da lui per poterlo vedere bene in viso. Il suo
sguardo si era fatto preoccupato.
“È successo qualcosa, vero?”
Lo sapevo che aveva intuito qualcosa.
“No.” gli dissi convinta “…no….” ripetei un po’ meno
convinta “Credo che abbiamo un problema.”
Lui si incupì ancora di più. Presi un respiro profondo e
cominciai a parlare.
“Quella di ieri non era una normale febbre …..”
Lui si fece prendere dal panico.
“Non….non vorrai mica dire che è qualcosa di grave? Io non
pos…”
“No, no! Non è grave come pensi!” cercai di rassicurarlo.
Lui si calmò appena.
Cominciai quindi a raccontargli finalmente della visita di
Carlisle e di quello che mi aveva spiegato l’altro giorno il più precisa
possibile.
“So…solo questo?” mi disse tremando un po’ finito il
racconto.
“Sì….” Gli risposi incerta non sapendo cosa volesse dire.
Lui tirò un grande sospiro di sollievo; si risedette sul letto
e si mise le mani tra i capelli.
“Pen…pensavo a qualcosa di molto più grave….pensavo a…..”
non finì la frase per il tremore.
Povero il mio cucciolotto; credeva che la febbre poteva aver
causato qualcosa di ben peggiore. Mi avvicinai e lo abbraccia, cercando di
fargli sentire la mia presenza.
Non gli avevo ancora raccontato la parte peggiore però.
“E quindi? Qual è il problema?” mi chiese lui un po’ più
calmo. Ecco.
“Bisogna che……diminuiamo il contatto fisico” dissi laconica.
“Cosa intendi dire?” chiese lui confuso.
“Basta solo che tu mi tocchi per farmi provare grandi
emozioni.” confessai senza preamboli.
“Quindi…..non posso nemmeno toccarti?” mi disse lui allibito
e anche un po’ triste. Stava cominciando a capire.
“No, non ho detto questo! Certo che mi potrai toccare! Mi
impegnerò al massimo per contenere le mie agitazioni.”
Lui mi guardò quasi spaventato. Si vedeva che l’idea di
limitare il contatto fisico che aveva con me gli era impensabile. Ma mi dovetti
ricredere; subito dopo fece un sorriso e mi guardò contento, come se non gli
avessi detto nulla.
“Anche se io non ti potessi toccare, non importava lo stesso;
mi è sufficiente stare insieme a te, dopotutto. Certo, mi rattrista parecchio
questa notizia; ma se questo porta al tuo bene allora sono disposto ad
accontentarmi…..”
Ero strafelice del fatto che lui fosse disposto a rispettare
queste condizioni. Purtroppo le cose non erano così semplici; lui sarebbe stato
capace, ma io non ce l’avrei fatta!
“Sono contenta che tu abbia capito” gli dissi con un
sorriso. Mi avvicinai per dargli un bacio, ma lui mi bloccò le labbra con una
mano.
“Ehi! Cosa abbiamo appena deciso?” mi disse con un tono da
ramanzina. Ero felice di notare che dalla sua voce non traspariva rammarico.
“Ma……può darsi che io questo lo sappia controllare…..” dissi
cercando ogni possibile scusa per baciarlo. Ecco, non ce la facevo di già! Era
un comportamento da veri irresponsabili; ma purtroppo era un prezzo troppo
grande per me! Dovevo quindi creare dei compromessi con me stessa, e inoltre sarei
stata in grado di gestire la situazione, se mi fossi impegnata. Quindi perché
rinunciare del tutto? Alcune cose avremmo potuto farle.
“Davvero? Allora bisogna verificare…..” mi disse facendomi
distendere accanto a lui con un sorrisetto “riesci a sopportare questo?” mi bisbigliò
accarezzandomi la guancia.
“Nessun problema” Era
vero; nonostante mi provocasse un grande calore seppi gestirlo con facilità.
“Questo?” continuò lui dandomi un lieve bacio sul collo.
“Sì” Questo era più difficile da controllare, ma ci riuscii.
“E questo?” mi disse prima di baciarmi sulle labbra. Era
veramente difficile; anche se ci riuscivo ero al limite. Purtroppo non si
fermò, continuò. Il bacio divenne più deciso; non ce la facevo più. Ebbi un
leggero sussulto quando sentii la mia lingua a contatto con la sua. Mi staccai
immediatamente e contemporaneamente la lampadina sul comodino si frantumò.
“Oh….mi dispiace…volevo cercare di capire fin dove mi era
permesso andare…spero che non ti abbia fatto niente…” mi disse preoccupato.
“No, no, non ti preoccupare…..” ansimavo leggermente e avevo
preso un colorito roseo. Le nostre lingue non erano mai entrate in contatto
fin’ora. Al solo pensiero quelle emozioni appena provate tornarono. No, dovevo
calmarmi subito!
“Sai per quanto dovrà durare questa situazione?” mi disse un
po’ turbato.
“Non lo so, purtroppo; settimane come anche mesi……spero
finisca presto……”
“Lo sai quanto sono disposto ad aspettare la mia Luna…….” e
mi diede un bacio sulla guancia. Involontariamente sorrisi.
Dovevo ammettere che non ero mai stata bene con una persona
che non facesse parte della mia famiglia quanto con Jacob. Allora più che mai
capii il bisogno inspiegabile della sua presenza nella mia vita.
Ad un tratto lui sorrise e si mise supino per potermi guardare
meglio. Aveva un sorriso a trentasei denti, bianchissimi.
“Sono riuscito a far cambiare idea ai miei compagni sul tuo
conto.”
Cosa?! Era riuscito a convincerli che io non ero un
pericolo? Prima che io potessi parlare lui mi anticipò.
“Li ho fatto capire finalmente quanto tu conti per me e cosa
sarei disposto a fare pur di stare con te. Non ti vedono più come un pericolo;
ti hanno accettata. Hanno capito che il pericolo non sei tu, ma ciò che ti
perseguita. Dato il legame che io ho con te hanno pertanto approvato di
proteggerti da loro.” I compagni di Jacob non mi consideravo più in maniera
negativa?!
Lui ridivenne serio e prese le mie mani tra le sue “i
succhi…..i vampiri non ci hanno dato molti dettagli della situazione, ma sappi
che sono disposto a rischiare la vita per te e anche i miei compagni si
impegneranno per difenderti.”
Non sapevo cosa dire. Ora non solo i vampiri, ma anche i
licantropi, convinti da Jacob, erano disposti a darmi protezione. La cosa
tuttavia non mi entusiasmò per niente. Ciò voleva dire sempre più persone che
rischiano la vita per me.
“Io….” cercai di pronunciare qualcosa, ma non ci riuscii.
“Non serve che tu dica niente…..” mi rispose subito Jacob.
Ero rimasta allibita. Senza aggiungere nient’altro mi
abbracciai a lui, godendomi quella sensazione di calore che non avrei ma
scordato.
Passammo alcuni minuti in silenzio; lui con il capo
appoggiato all’altezza del mio cuore, in ascolto dei miei battiti medio-veloci,
io con le mani tra i suoi capelli. I raggi del sole attraversavano le tende di
cotone bianche, illuminando la mia stanza ed un lieve venticello entrava dalla
finestra aperta accarezzandomi il viso. Sembra di essere in un sogno; poche erano
state le volte in cui mi ero sentita così bene e rilassata.
“Perché non me l’hai detto prima?”
Quello splendido e magico silenzio venne rotto da Jacob.
Riflettei per alcuni secondi sulla risposta da dargli.
“io…non volevo farti preoccupare troppo...ieri non era così
grave, non perdevo così facilmente il controllo…”
Lui alzò la testa e mi guardò scuro in volto. “Avresti dovuto
dirmelo lo stesso, lo sai…”
Anch’io mi rabbuiai “sì…hai ragione, mi dispiace…”
Sentii per un secondo le sue labbra sulle mie “promettimi
che d’ora in poi mi dirai tutto quello che ti succede….” mi disse serio.
“va bene…” gli sussurrai prima di ricambiarlo.
Mi venne in mente quello che era successo questa mattina; mi
ritornarono i brividi. Avevo promesso che gli avrei raccontato tutto quello che
mi sarebbe successo; quindi mi parve giusto raccontargli la mia piccola
avventura di prima. Lui ascoltò con grande attenzione quello che gli dissi, non
interrompendomi nemmeno per un secondo. Gli raccontai tutto, perfino delle mie
paure e dei miei momenti di panico. Lui mi stava guardando serio; poi mi
abbracciò.
“mi dispiace di non poter essere intervenuto...se c’è una cosa
che odio di più al mondo è vederti soffrire…” mi disse con la testa appoggiata
alla mia spalla.
“come potevi sapere che io ero in una situazione del genere?
Non è colpa tua se….” ma lui non mi fece finire.
“Ti prometto che non vivrai mai più un’esperienza simile” mi
disse lui serio.
Io rimasi attonita; come poteva darsi la colpa di non essere
riuscito a salvarmi da una situazione del genere? Ero stata io a combinare
tutto quel guaio. Poco dopo lui sorrise, forse per cercare di tirarmi su il
morale, dato la faccia perplessa che potevo avere.
“Devo dire però…che queste tue capacità…sono una vera figata!”
continuò lui “quando questo tuo…problema sarà passato me ne darai una
dimostrazione ufficiale?”
“Cosa? Mi hai forse presa per un fenomeno da baraccone?”
“Il fenomeno di baraccone più affascinante che io abbia mai
visto.”continuò lui scherzando.
“Ma davvero?” gli dissi, ormai ridendo anch’io. Le sue
risate erano davvero contagiose.
”Ah! Me n’ero quasi dimenticato! Tutta colpa tua che mi distrai troppo……” mi
disse sarcastico alzandosi dal letto.
“Bhe…sono un fenomeno da baraccone, no? il mio scopo non è
quello di divertire e distrarre?” chiesi con risentimento ironico. Lui emise un
sogghigno.
“Ti stanno aspettando…...e anche da un po’, a dire il vero,
caspita…siamo in ritardo…” disse un con un po’ di agitazione. Io non capii.
“E chi per curiosità mi dovrebbe aspettare?” chiesi confusa.
“I miei compagni…..ti vogliono incontrare…..non te l’ho
detto che ti avevo organizzato un incontro con loro?” Io rimasi pietrificata.
Sì, mi ricordo che aveva accennato a un qualcosa del genere, ma non credevo
proprio che quel giorno fosse oggi.
“Cosa c’è? Hai paura che i lupi ti mangino?” mi chiese
prendendomi in giro.
“no….è che……” balbettai. In realtà non ero ancora pronta per
quel incontro! Certo, pensandoci bene non ero logico agitarsi in questo modo, e
poi perché? Me lo aveva detto Jacob che mi avevano accettata… allora perché
sentivo le farfalle nello stomaco?
“Forza! Andiamo!” disse tenendomi la porta della mia camera
aperta. Ebbi solo un attimo di ripensamento, poi mi convinsi a muovermi. Perché
ero così agitata?! Non aveva senso.
Scendemmo le scale e arrivammo nel piccolo atrio.
“Kathy, io vado da Jacob, ritornerò prima di cena!” le
dissi.
“Ok! Ciao ciao!” mi urlò dal salotto, non senza prima aver
lanciato un’occhiataccia a Jacob. Cosa poteva mai avere quella bambina di tanto
strano? Uscimmo da casa e Jacob mi aprì la portiera della sua Golf. Entrai che
le farfalle erano aumentate ancora di più.
Eravamo da pochi minuti in viaggio verso LaPush e Jacob notò
finalmente il mio stato d’animo.
“Sbaglio o sei un po’ agitata?” mi chiese tenendo lo sguardo
fisso sulla strada. Sapeva che con me in auto doveva rispettare certi limiti.
“no….è che……” cercai di giustificarmi in qualche modo, ma
invano.
“Ho capito, sei agitata……perché?”
“…..a dire la verità non lo so nemmeno io……”
Lui mi lanciò un’occhiata timorosa.
“Hai forse paura che ti possano fare del male?”
“No, no! non è per quello!” risposi pronta io.
In cambio lui mi porse la sua mano, che non mi feci pregare
per stringerla.
Eccoci arrivati; la spiaggia di LaPush. Quando l’auto si
fermò mi ci vollero un paio di secondi per rendermi conto di dove fossimo. Le
farfalle continuavano a girare vorticosamente nel mio stomaco. Perché ero così
agitata?! Scendemmo sulla sabbia e a una cinquantina di metri da noi loro erano
lì. Erano disposti su un’unica fila e non mi perdevano di vista. Notai che
tutti erano senza maglietta, tranne l’unica ragazza che indossava una
canottiera. Jacob mi strinse la mano; pareva che fosse anche lui un po’ teso, o
forse era solamente una mia impressione. Probabilmente doveva essere così.
A ormai pochi metri da noi sentii alcuni fischi.
“…caspita….. niente male la ragazza….” disse una voce
profonda di ragazzo.
Io abbassai lo
sguardo imbarazzata.
“ahhhh…..guardata come arrossisce!” disse un’altra.
“Paul, Jared, finitela!” gli urlò Jacob. Non riuscii a
capire quale stato d’animo esprimesse; un misto tra teso e sarcastico.
“Ragazzi, questa è Natasha…..” disse indicandomi. Io cercai
di alzare lo sguardo, ancora rossa in volto. Era sorprendente, sembrava che
tutti avessero almeno vent’anni, tranne uno, il più giovane, che dimostrava più
o meno la mia età.
“piacere…..” sussurrai appena. Nessuno rispose. Mannaggia,
odiavo i silenzi imbarazzanti.
“Ciao, io sono Leah” mi porse la mano la ragazza con un
sorrisino. Finalmente un po’ di partecipazione! “e lui è mio fratello Seth”
disse indicando il più giovane.
“Ciao!” mi disse anche lui sorridendo, ma un po’ più timido.
“Ciao….” gli risposi con un cenno della mano. “Piacere, Jared.” un ragazzo alto
mi si mise davanti, mi fece il baciamano e l’occhiolino. Mi stavano anche
prendendo in giro, ma solo per far ingelosire Jacob; infatti lo vidi lanciargli
un’occhiata che non prometteva bene per niente.
“Come siamo educati, Jared….comunque io sono Paul e” mi
prese la mano e mi mise un piccolo pezzo di carta nella mano “questo è il mio
numero, non aspettare a chiamarmi, mi raccomando!”
Questa volta Jacob non si fece troppo trattenere; si
scaraventò su di lui e cominciò a spintonarlo via da me.
“Ma vatti a fare un giro, Paul!” gli urlò. Paul stava
ridendo. Questa scena mi fece sorride e un po’ le farfalle nello stomaco smisero.
“E loro sono Embry e Quil, i miei migliori amici.” mi disse
Jacob presentandomi a loro.
Io li feci un saluto con la mano, a cui loro risposero con
più energia.
“Ciao, Natasha,” dissero quasi contemporaneamente. Loro mi
guardavano in modo diverso dagli altri, ma non saprei come descrivere quello
che c’era in quello sguardo; forse riconoscenza?
“Io sono Sam e sono il………”capobranco”,diciamo” mi disse infine l’ultimo membro. Nonostante
non fosse molto diverso dagli altri in quanto corporatura, lui doveva
senz’altro avere più di vent’anni. Io cercai di sorridergli; mi guardava negli
occhi in modo strano; mi stava studiando.
“Posso parlarti un attimo? Da soli, se non ti dispiace…..”
mi disse gentile.
“Sam, non……” disse Jacob serio prendendolo per una spalla.
“Non ti preoccupare Jacob…..” gli rispose Sam. Poi mi guardò
e mi fece strada verso la riva, lontano dagli altri. Io lanciai un’occhiata al
gruppo; si erano seduti sulla sabbia. Guardai Jacob; non voleva staccarmi gli
occhi da dosso. Mi sorrise; ricambiai. Mi tornai a girare verso Sam, a quanto
pare neanche lui voleva togliermi gli occhi di dosso. Aveva appena aperto bocca
quando una voce profonda squarcio l’aria all’improvviso.
“…….che fortunato che sei a stare con quella bambola! Devo
dire ch….AHI!”
Era proprio la voce di Paul; che tipo. Era stato molto
delicatamente interrotto da Jacob che agli spintoni aveva alternato le
gomitate. Mi tornai a girare verso Sam, col capo chino e rossa in viso.
“Scusalo…….non si comporta sempre così….” mi disse Sam, anche
lui imbarazzato per il comportamento dell’amico. Ma devo dire che il
comportamento di Paul era stato tutt’altro che sgradito per me, anzi, era
riuscito a farmi ridere e a scacciare in parte le farfalle dal mio stomaco.
“Bene….che ne dici di camminare un po’?” mi chiese Sam dopo
alcuni secondi. Io annuii con il capo iniziando a camminare sulla sabbia. Il
terzo grado stava per iniziare.
Ta-daaaan! Ed ecco finalmente il quindicesimo capitolo!
Anche in questo mi sono divertita un po’ con Natasha e Jacob……hihihihi (<---
risolino satanico). Per la situazione è ancora tranquilla…..ma rimarrà così per
molto?! Questa volta ad essere sincera sono un po’ a corto di fantasia per
chiudere il capitolo decentemente…..quindi direi anche di smetterla di dire assurdità
e…..consigliarvi di tenervi pronti per il prossimo capitolo (hihihihii……)!
x pazzerella_92: hai riletto la mia ff?!?!! WOAW!!! Giuro
che io non l’ho mai fatto (tutta una tirata dall’inizio alla fine, intendo)! E
la cosa è piuttosto grave, direi, visto che sono io quella che la scrive….
Comunque grazie ancora per i complimentoni e per il commentozzo!
Ps: hai perfettamente ragione…....Come hanno potuto?! Almeno
lui….dico…almeno lui…..potevano risparmiarlo, no? Il figone super-bono secondo
solo a Doctor Cullen…… invece no! altro che Jasper! Hanno messo Mr. Parrukkino
ambulante, come dici bene…... me lo sento, me lo sento…..il film sarà una
m***a!
x _sefiri_: spero che con questo tu ti sia rifatta della
mancanza di Jacob nel capitolo precedente! Bhe…..tra le due quella che deve
ringraziare qua sono io! Vedere questi splendidi commenti positivi, soprattutto
nei momenti in cui ci si sente un po’ giù, ti tirano su il morale in maniera
incredibile! È a dir poco fantastico sapere che ci sono persone che apprezzano
veramente i propri lavori! Comunque anche tu hai ragione; talvolta la scuola sa
diventare pesantissima e non fa altro che distruggere le tue aspettative….ma talvolta
si può rivelare positiva, diventando lei stessa parte dei propri sogni. E dopo
questo profondo pensiero filosofico ti saluto e ti ringrazio ancora tantissimo!
Bye!
x jena92: spero che le tue facoltà mentali stiano ancora
bene per leggere questa risposta al tuo commento! J Cooooooomunque……mmm……tapetta-salterina-leggi
nel pensiero-teletrasportosa……. Mi piace come idea! È divertente! Però questa
volta ho io una domanda per te…… cosa ti fa capire che Natasha non sia un
gigante? Non credo che io l’abbia mai scritto (o forse sì? Giuro che come
autrice sono deludente! È da chissà quanto che non me la rileggo tutta). No,
perché la cosa è strana…..in effetti io mi immagino veramente Natasha un po’
bassina (per essere più precisi dalle parti di Alice)! Mmmmhh….. mi raccomando
rix presto! Concludo infine ringraziandoti ancora tantissimo per il commento!
Passo e chiudo! Baci!
x CAMiL92: allora ho fatto centro! Scrivendo quei pezzi
cercavo anche di arricchirli con un po’ di comicità! Non è proprio nel mio
genere scrivere brani troppo lunghi e seri; ad un certo punto ho anche bisogno
di dare un tocco di comicità alla cosa (talvolta anche rendendo la scena un po’
disdicevole). Cooooooomunque grazie ancora per i complimenti (me arrossisce
imbarazzata!)! Spero che questo capitolo ti abbia soddisfatta! Ancora tanti
baci! Ps: ad essere sincera anch’io lo avrei fatto al suo posto! sbavsbav *-*
x magicrossy: oooooook! Ora mi sento più tranquilla^^ grazie
per il complimento sulla mio modo di scrivere! All’inizio odiavo scrivere, ma
con questa ff ho capito poi che non è tanto male (soprattutto quando sai cosa
scrivere!). Manie di protagonismo a parte……eh sì…..ho deciso di dare anche a
Kathy un po’ di rilievo in questo capitolo....a chi non è mai successa una cosa
del genere?! Ti ringrazio ancora per aver un’altra volta commentato la mia ff!
BACISSIMI!
“…You are my Sunshine my only Sunshine
“…Tu sei il mio Sole, il
mio unico Sole
you make me happy when skies are grey mi rendi felice quando i
cieli sono grigi
you never know
dear how much I love younon
sai caro quanto ti amo
so please
don’t take my Sunshine away…” allora
per favore non portatemi via il mio Sole…”
Stavamo camminando ormai da due minuti buoni e ancora Sam non mi aveva posto
alcuna domanda. Molto probabilmente non voleva che gli altri ci sentissero. Le
farfalle iniziarono ad agitarsi ancora. Odiavo quei silenzi imbarazzanti.
Quando fummo abbastanza lontani ci fermammo.
“Jacob ti avrà sicuramente detto che all’inizio noi ti
ritenevamo pericolosa…” cominciò lui.
Io annuii; lui mi guardò “non lo abbiamo fatto per motivi
personali, ma perché non sapevamo “cosa”tu fossi; quindi abbiamo cercato di starti più alla larga possibile. La
cosa non era così semplice, visto che Jacob ha avuto un imprinting con te…”
“è per questo allora che avete deciso di difendermi?” gli
chiesi con un tono di voce più basso del solito. Lui continuò a guardarmi
immobile.
“Jacob è disposto a dare la vita per te e noi non
abbandoniamo un nostro compagno. Inoltre se ti succedesse qualcosa non so se si
riprenderebbe…” poi continuò “tuttavia non offenderti se anche ora continuiamo
ad…avere qualche piccolo dubbio su di te; non abbiamo ancora idea di cosa tu
sia. Certo, Jacob ci ha più e più volte detto che non sei pericolosa e noi gli
crediamo, ma se tu potessi dirci cosa tu sei, forse ci possiamo fare un’idea su
chi stiamo proteggendo…”
Io gli feci un sorriso amaro “mi dispiace, non lo so
nemmeno io……”
Lui sembrò quasi stupito “oh…i vampiri non te l’hanno
saputo spiegare” Io scossi con la testa. L’ultima frase l’aveva detta con un
briciolo d’irritazione; altro segno del cattivo sangue che scorreva tra
licantropi e vampiri.
Poi si riprese e continuò “C’è un motivo preciso per cui
ti ho allontanata...” improvvisamente le farfalle si risvegliarono “è riguardo
a Jacob” Ebbi un piccolo sussulto.
“Anche se ci siamo abituati a questa nostra condizione,
non nego che qualche volta possiamo perdere il controllo.” mi guardò
preoccupato “A Jacob non è mai successo niente di simile, ma…può succedere.”
Staccò lo sguardo da me e guardò in un punto indefinito
“Le probabilità sono molto basse, anche perché in tal caso
ci siamo noi che lo possiamo…controllare; ma…ho sentito le emozioni che gli
provochi…e sono potenti, molto potenti.
Nonostante questo, non credo che queste forti sensazioni
gli faranno perdere il controllo, è in grado di controllarle, ma sta comunque
attenta, va bene?”
Ero rimasta spiazzata; allora anche Jacob provava le mie
stesse emozioni; anche lui poteva perdere il controllo, anche se, se avevo
capito bene, era molto difficile che potesse succedere. Perché non me l’aveva
detto? Molto probabilmente per i miei stessi motivi; anche io non gli avevo
detto la verità, non era giusto incolparlo per questo. Ma il fatto che io gli
avevo promesso di raccontargli tutto quello che mi succedeva, mentre lui no, mi
faceva un po’ innervosire. Gli avrei sicuramente parlato di questo.
Sam mi guardavo in modo strano; solo allora capii che non
gli avevo ancora risposto. Annuii quindi decisa verso di lui. Lui mi sorrise.
Poi tornammo dagli altri e ci sedemmo, io ovviamente
vicino a Jacob.
“Non te l’ho mai chiesto per paura che tu non ne volessi
ancora parlare” mi fece lui vicino a me “ma vorremmo sapere cosa è successo di
preciso quella notte in cui sei venuta a casa mia...”
E come potevo dimenticarla; iniziai quindi a raccontarli
tutto, dall’incontro con Jack, alla spiegazione a casa dei Cullen e ai miei
poteri.
“davvero? Che forza! Ce li puoi far vedere?” mi chiese
curioso Seth di fronte a me.
Io gli sorrisi e gli spiegai il perché non potevo,
raccontando ancora una volta ciò che mi aveva detto Carlisle e ciò che mi era
successo questa mattina. Quando finii tutti mi guardavano stupiti.
“Caspita…questo sì che è un gran bel kasino!” commentò
Quil.
“Cosa pensi di fare Sam?” gli chiese Embry vicino a lui.
Sam sembrava riflettere “la situazione è più complicata di quanto sembrava; se
vogliamo evitare di complicare ancora di più le cose dobbiamo parlare con i
vampiri e…stringere un’alleanza temporanea.” disse le ultime parole a fatica.
Si diffuse un’atmosfera di sorpresa generale.
“Che cosa?! Un’alleanza con i succhiasangue?!” urlò Paul.
“Sam! Non possiamo! È trop…” non finì neppure Jared che fu
interrottò da Sam.
“Sì, lo so che è difficile accettarlo. Ma vi ricordate
quando è stata l’ultima volta in cui abbiamo combattuto insieme? Vi ricordate
per che cosa? Questa volta non si tratta di vampiri neonati, ma di…” sembrava
cercasse il termine più giusto “di…”qualcosa” molto più potente, correggimi se
sbaglio, Natasha.” si rivolse a me, che gli risposi annuendo con la testa.
“Non riusciremo a proteggerla da soli, pertanto” continuò
“non abbiamo altra scelta.” Il suo discorso fu veramente molto efficace;
nessuno osò ribattere. Quando aveva fatto cenno a quello strano evento di cui
non avevo la minima idea di cosa si trattasse Jacob mi aveva stretta a se che
quasi mi aveva tolto il respiro. Gli avrei chiesto sicuramente spiegazioni,
anche se non sembrava essere un fatto piacevole per lui.
I vampiri e i licantropi avrebbero stretto un’alleanza per
me…e non era la prima volta che succedeva. Chissà per quali strani motivi
due…creature così diverse tra loro e che si odiavano in questo modo erano
disposte a collaborare. Pensai poi contro cosa pensavano di allearsi, e mi
vennero i brividi. Non era un gioco, stavano rischiando veramente la vita per
me. Cominciai a tremare e soltanto grazie al calore del corpo di Jacob vicino a
me riuscii a calmarmi. Improvvisamente si alzarono, tutti tranne Jacob e me.
“Credo che non ci sia altro di cui discutere, ci rivedremo
presto, Natasha” mi sorrise Sam, a cui io contraccambiai. Anche gli altri mi
salutarono prima di andarsene dalla spiaggia, tutti tranne Paul, il quale mi
mandò un bacio con la mano e scoppiò a ridere dalla reazione di Jacob vicino a
me, che gli aveva fatto un gesto poco carino con la mano. Probabilmente se
n’erano andati tutti per lasciare me e Jacob da soli.
“Non andiamo anche noi?” gli chiesi.
“No, restiamo ancora un po’ qua” mi disse sistemandomi tra
le sue gambe.
“Ok” gli risposi chiudendo gli occhi e assaporando quella
piacevole sensazione.
Eravamo già da un paio di minuti in quella posizione e
ormai il sole stava cominciando a tramontare. Non ero mai stata una tipa
sdolcinata, ma devo dire che quella atmosfera era proprio romantica. Mi dispiaceva
rovinarla ponendo a Jacob domande un po’ spiacevoli, ma dovevo sapere.
“Perché non me lo hai detto?” risposi laconica.
“Perché non ti ho detto cosa?” mi fece lui tranquillo
mentre giocherellava con una ciocca dei miei capelli.
“Che anche tu puoi perdere il controllo”
Lui non si scompose e continuò con lo stesso tono
pacato.
“È questo che ti ha detto Sam prima?”
“Sì”
“Allora ti avrà anche detto che non può succedere”
“Diciamo che mi ha messo in guardia”
Lui si fermò all’improvviso. Mi fece girare e mi guardò
negli occhi. Il suo sguardo era deciso.
“Se c’è una cosa che non potrà mai succedere, mai, è che
io perda il controllo e ti faccia del male. Non preoccuparti di quello che ti
ha detto Sam, è comprensibile che sia ansioso; a lui è successo, quindi è
normale che ti abbia informato di questo.”
Io lo guardai stizzita. Stava insinuando che io avevo
paura di lui?
“Lo so che non perderai il controllo; mi fido di te. La
cosa che mi rode è che non me l’abbia detto tu, ma Sam.” risposi con tono un
po’ più alto del normale.
“Non volevo farti preoccupare troppo” disse con uno
sguardo di sfida.
Lo sapevo, aveva usato le mie identiche parole per
rispondermi.
“Guarda che non ce l’ho con te per questo! È solo che…se
io ho promesso che ti avrei detto tutto ciò che mi succede, allora mi sembra
giusto che questa condizione valga anche per te.”
Ecco! Finalmente glielo avevo detto! Lui mi guardò
soprapensiero, poi mi sorrise e abbassò lo sguardo.
“Sì, hai ragione. Prometto che ti dirò tutto quello che mi
succederà e risponderò ad ogni tua domanda” disse alzando la mano sinistra e
mettendo la destra sul cuore.
Io mi tornai a distendere sopra di lui più sollevata.
Tutta via il mio interrogatorio non era ancora finito.
“Grazie.”
“E per cosa?”
“Per quello che state facendo; la collaborazione con i
vampiri e tutto il resto…”
Lui mosse la testa rassegnato.
“Lo sai che sei proprio noiosa quando vuoi? Mi pare di
avertelo già detto che sono disposto a morire per te…”
“Certo, ma lo sai che così facendo metti in pericolo la
vita dei tuoi compagni?”
Lui si mosse dietro di me agitato. Non avevo toccato un
buon tasto.
“Sì, lo so. Ho persino cercato di convincerli a lasciarmi
stare e ad agire da solo. Pensavo fosse la cosa più giusta. Ma non hanno
sentito ragioni; non hanno voluto abbandonarmi. Mi ritengo molto fortunato ad
avere dei compagni così fantastici. Non volevo perderli. Ecco perché quando mi
hanno imposto di starti lontano non ho reagito e ho obbedito. Ma non avevo idea
che fosse un supplizio tale non vederti…” mentre stava dicendo l’ultima frase
mi strinse ancora di più a se.
Ero atterrita; nessun’altra parola esprimeva meglio il mio
stato d’animo. Ero rimasta atterrita dal suo amore per me. Cercai di
immedesimarmi in lui; io sarei riuscita ad andare contro alla mia famiglia pur
di vederlo? Sarei disposta a mettere in pericolo la vita di mamma e Kathy per
difenderlo? Mi ero posta una domanda che mi fece troppa paura. Non volli più
pensarci. Io amavo Jacob, basta. Sì, ma quanto? Come lui amava me?
“A quanto ho capito non è la prima volta che stringete
un’alleanza con i vampiri” cercai di dire per distrarmi da questi brutti
pensieri.
“No.” Il suo tono era lo stesso che aveva usato quando mi
aveva rivelato di essere un licantropo e si rifiutava di rispondermi ad alcune
mie domande. La cosa non mi piaceva, anche se questa volta ero certa che mi
avrebbe riposto. L’aveva promesso, in fin dei conti.
“Perché l’avete fatto?”
Lui rimase in silenzio per alcuni secondi. Non voleva
rispondermi, ma doveva.
“Lo abbiamo fatto per salvare Bella…” la sua voce era un
po’ smorta. Io ebbi un sussulto.
“Mesi fa Bella era cacciata da una vampira, che aveva
creato un esercito di vampiri neonati per ucciderla. Noi e i vampiri ci siamo
alleati per sconfiggerli. Ci siamo riusciti ed è ritornato tutto come prima.
Fine della storia.” disse laconico.
“Ma perché…”
“Ho detto fine della storia.” disse ancora più cupo e
brusco.
Avevo toccato veramente un brutto tasto. Si stava parlando
di Bella dopotutto, non mi dovevo sorprendere.
“Mi dispiace, non volevo” disse veramente pentito e per
farsi cercare di perdonare iniziò a darmi lunghi, dolci e lievi baci sulla nuca
e sul collo. Subito brividi di piacere mi assalirono. Dovevo resistere; non
potevo agitarmi. Quasi senza volerlo strinsi la stoffa dei suoi pantaloni dove
era appoggiata la mia mano. Lui se ne accorse e smise subito.
“Scusa...” disse allontanandosi.
“No! Non ti preoccupare! Riesco benissimo a…”
“Non voglio che tu ti sforzi troppo” mi disse limitandosi
ad un bacio sulla guancia.
Io ritornai nella posizione di prima con un broncio. Lui
sorrise.
“Allora? Non mi hai ancora detto cosa ne pensi di loro”
“Sono simpatici. Mi sono sembrati gentili, a parte Paul…”
dissi ironica.
“Ah....intendi il sacco d’immondizia Paul?” mi rispose sorridendo
“non ti offendere, non è sempre così, si diverte solo a prendermi in giro.”
“Sì, l’avevo notato! C’è solo una cosa che non capisco.
Perché Quil ed Embry mi guardavano in modo strano?”
Lui sorrise “loro sono i miei due migliori amici e le
persone con cui passo più tempo assieme. Con…con la decisione di Bella io…ero
un po’ giù; diciamo che ero terribilmente depresso.” Disse stringendomi a se
“Da quando però ti ho conosciuta hanno notato qualcosa di diverso in me. Mi
vedevano più felice, e infatti lo ero, per merito tuo. Ti sono in un qualche
modo grati per avermi…fatto rinascere. Loro sono stati i primi che mi hanno
creduto quando li ho detto che non eri pericolosa.”
Allora pensavo bene. Anche io ero stata un’ancora di
salvezza come lui lo era stato per me.
“Anche tu sei stato importante per me…dopo la morte di mio
padre e tutto il resto” gli dissi guardandolo negli occhi. Lui mi sorrise
strofinando il naso contro il mio.
Come se niente fosse mi venne in mente una canzone; non
una qualsiasi, quella che mi cantava sempre papà prima di andare a dormire,
quando ero piccola. Pensandoci bene era perfetta per Jacob, lo descriveva alla
perfezione. Senza neanche badarci mi ritrovai a mormorarla, anche se Jacob
poteva capire benissimo quello che dicevo.
“You are
my sunshine, my only sunshine; you make me happy when skies are grey; you never
know dear how much I love you; so please don’t take my sunshine away…..”
Dietro di me lui rise abbracciandomi ancora di più.
“Direi che è proprio la mia canzone, non trovi?” mi disse.
“Sì, è proprio adatta a te…” gli dissi. Lui sorrise. Era
forse il sole che stava tramontando che gli dava una strana sfumatura, o forse
era il vento tra i suoi capelli lasciati sciolti, ma non avevo mai visto
un’immagine tanto perfetta e semplice allo stesso tempo. In quel momento capii
che non l’avrei mai dimenticata e che mi sarebbe venuta sempre in mente
ascoltando quella canzone.
Improvvisamente fui inspiegabilmente attratta da quella
semplice perfezione. Senza neanche essere conscia di quello che stavo facendo e
lasciandomi guidare dall’istinto mi avvicinai al suo viso prendendolo con
entrambe le mani e posai le mie labbra sulle sue. Lui sembrava un po’ sorpreso
dal mio comportamento improvviso, ma contraccambiò lo stesso. Il mio istinto
non desiderava un semplice bacio. Socchiusi le labbra cercando con la mia
lingua la sua. Quando la trovai un brivido mi assalì. Sapevo che questa volta
non avrei perso il controllo come l’ultima; ero sicuro di farcela. Dapprima si
sorprese di tanta confidenza e cercò di scostarmi; ma io gli rimasi attaccata
con tutte le mie forze. Si arrese e si lasciò andare anche lui. Le nostre
lingue si stavano avvolgendo l’una sull’altra. Stavo per esplodere, lo sapevo,
ma il mio istinto mi obbligava a resistere fino al limite.
Mentre ero concentrata a non perdere il controllo sentii
qualcosa di caldo sulla mia schiena. Jacob mi stava sfiorando la pelle sotto la
maglietta. Questo era veramente troppo. Mi staccai di colpo perdendo l’equilibrio
e cadendo all’indietro con il fiatone.
“Perché lo hai fatto?” mi disse Jacob un po’ cupo.
“Io…non lo so...” dissi alla fine. Che cosa mi era preso?
Avevo agito irrazionalmente e da irresponsabili.
Lui sbuffò divertito “ Benvenuta nel mio mondo, Natasha! È
da quando ti ho incontrata che provo sensazioni del genere.” mi si avvicinò con
un sorrisetto “è dalla prima volta che ti ho incontrata, alla spiaggia, quando
ho subito capito che tu eri la mia anima gemella, che avevo il perverso
desiderio di saltarti addosso. E adesso che so che tu non mi rifiuterai, ma so
che non posso comunque farlo, è ancora più difficile trattenermi. Ma lo sai
perché non l’ho mai fatto e non lo sto facendo ancora ora?”
Non l’avevo mai visto così; il suo sguardo e quel sorissetto
erano strani, mi mettevano paura. Anche nel tono di voce c’era qualcosa di
insolito. Io scossi la testa, quasi impaurita, e quello sguardo, insieme a quel
sorriso, sparirono, trasformandosi in quegli occhi che amavo tanto e che mi
facevano arrossire.
“Perché ti amo.” Io mi calmai e ricambiai il sorriso.
Mi venne in mente la domanda fattami da Kathy l’altro
giorno.
“Ieri mia sorella mi ha fatto una domanda strana, a cui
nemmeno io sono riuscita a rispondere. Che…come si può definire il nostro
rapporto, secondo te?” gli chiesi incrociando le gambe e appoggiando la testa
su una mano. Lui mi guardò preoccupato “Sei sicura che tua sorella non abbia
qualcosa di strano? Quando l’ho conosciuta non mi sembrava così grave...se
fossi in te la porterei da un bravo psicologo...”
“Ehi! Non ti permetto di criticare la salute mentale di
mia sorella!” gli feci sorridendo “è mentalmente sana tanto quanto te!”
“Sbaglio o mi stai accusando di avere dei problemi
mentali?”
Io cominciai a tirargli spintoni sulle spalle.
“Ok! Ok! Scherzavo!” disse lui sorridendo “Comunque,
scherzi a parte, è davvero una bella domanda…ma importa qualcosa?” mi chiese
con ancora quel ghigno.
“Certo, non cambia niente…”
“Ma tua sorella ti ha messo il dubbio, non è vero?” finì
lui per me. Io annuii; mi conosceva talmente bene che era in grado di leggermi
nel pensiero.
“beh…a dir la verità non lo so nemmeno io, ma…diciamo che
ti amo talmente tanto da essere disposto a sposarti anche adesso, in questo
momento” mi fece sorridendo e guardandomi negli occhi.
Avevo capito bene?! Spo-Sposarmi?! Ma-matrimonio?! Era
disposto a sposarmi?!?!?! Per me l’idea era impensabile. Lui mi amava a tal
punto di potermi sposare. Ora tutti i miei dubbi si confermarono; io non sarei
mai riuscita a sposarlo, adesso, in questo momento! Dovevo ammetterlo, io non
lo amavo fino a questo punto.
“Ehi! Calmati! Non volevo spaventarti! Non ti ho chiesto
mica di sposarmi!” mi fece lui ridendo prendendomi le spalle “Ho detto che sono
in grado di sposarti, ma non intendo farlo adesso! Insomma, siamo ancora troppo
giovani, no? Tu non hai nemmeno sedici anni…”
Nonostante cercasse di rassicurarmi, non ci riuscii.
Pensandoci bene, però, il fatto di non volermi sposare adesso, non negava il
fatto che lo avrei fatto più tardi. Improvvisamente mi trovai a pensare a cosa
sarebbe successo a noi; ci saremo sposati? Avremmo vissuto felici per tutta la
vita? Avremmo avuto dei bambini? Al solo pensiero un senso di nausea mi invase.
Non avevo mai pensato a questo “concetto di eternità” visto da questo punto di
vista.
“Ehi!” mi fece lui “non ti avrò mica spaventata?”
“No! No!...che ne dici di camminare un po’?” forse ero
stata troppo diretta e aveva capito che c’era qualcosa che non andava; ma lui
si alzò lo stesso.
Cominciammo a camminare lungo il bagnasciuga mano nella
mano; altra scena sdolcinatamente romantica, ma che apprezzai in quel momento
più che mai anche perchè risucì a placare in parte la mia agitazione.
“Lo sai, sei cresciuto.” dissi d’un tratto.
“Davvero? Cosa te lo fa pensare” chiese curioso.
“il fatto che tu non chiami più i vampiri succhiasangue.”
“Oh…” mi disse “bhe...sono in un certo senso loro
riconoscente, non ti pare? Ti hanno salvato da quel vampiro e ti hanno protetta
fin dall’inizio, sono in un certo senso loro debitore…”
Questa notizia mi rese più felice; il fatto che almeno
Jacob non ce l’avesse con loro mi rassicurava un poco.
“Ma non è solo per quello che ti vedo cambiato” continuai
io.
“E per cos’altro ancora?” mi disse lui ancora più curioso.
“Sei diventato improvvisamente più maturo e più cosciente
di quello che fai. Non dico che non mi dispiaci; mi sono sempre piaciuti i
ragazzi maturi” dissi rivolgendoli apposta uno sguardo suadente “ma ad essere
sincera, mi manca un po’ il vecchio Jacob di quando ci siamo conosciuti, un po’
scemo che se le va sempre a cercare...”
Lui rifletté per alcuni secondi, poi si tirò indietro i
capelli con una mano per darsi arie d’importanza “Ti ringrazio moltissimo per
la maturità, modestamente…” ma era tutto tranne che modesto “ma chi ti dice che
il vecchio Jacob che hai conosciuto è scomparso?”
“Perché? Non se ne è andato?”
“No, per niente e te lo dimostro subito.”
Oh oh. Il suo sorisetto non mi piaceva; si stava
avvicinando pericolosamente verso di me. Prima che io potessi indietreggiare
lui mi prese di peso e mi trascinò in acqua.
“No! Jacob, no! Non so nuotare!” ma lui non mi stava più a
sentire. Mi buttò in acqua; era gelata, mi sarei presa un raffreddore. Inoltre
era anche profonda per me, quindi fui costretta ad attaccarmi a lui.
“Allora? Credi ancora che il vecchio Jacob se ne sia
andato?” mi fece lui con un sorrisino.
“Jacob Balck! Io ti uccido!!!” dissi cercando di fargli
affondare la testa in acqua, ma sfortunatamente lui riusciva a toccare il fondo
benissimo.
“Ah sì? Vediamo allora cosa succede se ti mollo.”
“Nononono!” dissi attaccandomi ancora di più a lui.
“Vedo che qualcuno ha bisogno di lezioni di nuoto. Che ne
dici di incominciare da subito?”
“Ma sei matto?! È quasi sera e fa freddo! Non vuoi che mi
ammali un’altra volta, vero?”
“mmm…hai ragione, anche se l’idea di farti da infermiere
mi garba parecchio.”
Lo guardai per rimproverarlo; ma rimasi ancora una volta
sopraffatta. Il sole che stava tramontando e l’effetto dei capelli bagnati rievocarono
quell’immagine semplicemente perfetta e l'istinto prevalse sulla ragione, di
nuovo. Questa volta dovevo trattenermi, non potevo farmi condizionare così; ma
non ci riuscii, almeno, solo in parte. Mi avvicinai a lui e passai lievemente
la punta della lingua sulle sue labbra; poi mi staccai subito.
“Mi devo forse preoccupare di questi tuoi attaccati
improvvisi?” mi fece lui con finto scetticismo
“Oh, sì.” Cercai di mantenere un’aria pericolosa per
fargli paura.
“Bhe, allora avvertimi, non vorrei che mi trovassi
impreparato…” mi disse ridendo.
“mmm…finora non mi hai mai deluso.”
“Stai attenta" mi fece questa volta serio
“Fidati di me”
Mi avvicinai per dargli un bacio. Lui era già pronto per
contraccambiare, ma io mi ritirai subito; lui ci rimase un po’ male.
“Prima riportami fuori” lui mise il broncio; ma cominciò a
dirigersi verso la riva, con me in braccio.
Appena usciti però non mi mise giù.
“Perché non mi metti giù?”
“Non dimentichi forse qualcosa?”
Ah, già giusto. Gli diedi il bacio e lui mi mise giù.
Mi accompagnò a casa sua dove ci asciugammo e mi diede dei
vestiti puliti.
“Non penso proprio che papà abbia nascosti dei vestiti da
donna sotto il letto, quindi ti dovrai accontentare di questi” mi disse
porgendomi dei vestiti suoi “sono di quando avevo più o meno tredici anni,
spero ti stiano bene.”
“Non ti preoccupare, mi so accontentare.” li presi e mi
cambiai. Anche se erano di un ragazzo di tredici anni mi stavano comunque larghissimi:
la maglietta mi arrivava ai ginocchi e i pantaloni, che erano dei pantaloncini,
mi arrivavano ai polpacci.
“Devo dire che mi stanno un po’ stretti.” gli dissi quando
uscii.
“Eh già…la prossima volta sarò costretto a dartene dei
miei, a patto che anche quelli non ti stiano stretti…”
“Che stupido!” gli dissi tirandogli uno scappellotto sulla
nuca.
“Allora, cenerentola deve andare a casa?” mi disse
guardando fuori. Caspita! Era sera!
“già!”
Visto che non mi era permesso usare il teletrasporto fu
Jacob dovette riaccompagnarmi a casa.
Senza neanche una parola mi accompagnò fuori e mi fece
salire sulla sua Golf.
Passarono quei quindici minuti necessari per arrivare a
Forks ed eravamo già davanti a casa mia.
“Che cosa fai domani?” mi disse tutto ad un tratto. Non so
se la risposta poteva piacergli.
“Domani vado al centro commerciale a Port Angeles con
Bella, sai, le ultime cose per la scuola…”
“Ah...giusto…” non capivo se il suo malumore improvviso
fosse dovuto al fatto di andare con Bella oppure di non potermi vedere.
“Tu e Bella siete diventate amiche…” mi disse con lo
stesso tono.
“già…”
“E suppongo che abbiate parlato di me più di una volta”
ora il suo tono era un po’ stizzoso.
“…sì…” mormorai io.
“Ci vediamo, Natasha.” mi disse brusco aprendomi la
portiera. Io rimasi completamente spiazzata. Non mi aveva mai trattata così.
Lui tuttavia parve rendersi immediatamente conto dell’errore fatto.
“Scusa! Mi dispiace!” mi disse prendendomi per le spalle
“mi capita spesso quando si parla di...lei.”
Io lo guardai sorridendo. Come ci si poteva arrabbiarsi
con una faccia da cucciolo come quella?
“Non ti preoccupare, posso capire” dissi appoggiando la
mia mano sulla sua. Lui mi guardò raggiante.
“Sei un angelo solo per sopportarmi ogni giorno” mi fu
inevitabile sorridere. Lui mi baciò per un’ultima volta.
“Ciao, Luna.” mi disse dolce
“Ciao, Sole.” risposi io ancora sulle nuvole, scendendo
con in mano una busta che Jacob mi aveva dato per in vestiti bagnati . Volsi un
ultima volta lo sguardo verso la Golf e feci appena in tempo per vederla
scomparire dietro l’angolo. Entrai poi a dentro casa, sorprendendomi ad
assaporare il profumo dei vestiti di Jacob; avevano ancora il suo splendido
odore.
Finalmente sotto il mio letto! Era stata una giornata
stancante, ma bellissima in fin dei conti. Jacob. Jacob. Jacob. Jacob. Jacob.
Jacob. Ogni volta che lo dicevo mi era impossibile non sorridere!
Fortunatamente mia madre e mia sorella non hanno fatto
molte domande vedendomi entrare in quello stato e nemmeno durante la cena mi
hanno tartassato di interrogativi insistenti. Non mi stupii di questo; sapevo
che non era nella loro personalità farlo. Guardai un’ultima il giglio sul mio
comodino.
“Notte, Jacob.” sussurrai prima di sprofondare nel mondo
dei sogni.
Ed ecco finito un altro capitolino! Lo scritto molto
volentieri (hihihi…). Lo so, lo so, posso sembrare una perversa maniaca
psicopatica…. e probabilmente è quello che in realtà sono….ma rileggendolo
questo capitolomi è piaciuto molto!
Spero che sia lo stesso anche per voi! Ciauz!
x CAMil92: giuro, ho aggiornato il più presto che ho
potuto! Spero che questo capitolo abbia risolto i tuoi dubbi (e ti sia piaciuto
tanto quanto è piaciuto a me…hihihihihi……) e ti abbia stuzzicato! Grazie
tantissime per il commento! BaciBaciBaci!
x jena92: ecco svelato l’arcano! A dire il vero in effetti
è così…..si deve alzare sulle punte dei piedi per baciarlo (lo trovato
assolutamente adatto e OBBLIGATORIO perché così è trooooooppo dulce!). Però,
certo che la tua mente fa concorrenza con la mia! Anche se sono
convintissimissima che tra noi due quella che ha la mente più malata sono
senz’altro io……( perdona la mia doppia-perosnalità schizofrenica e logorroica…)
AAHAHAHAHAHAHA…… mai poi, una cosa non ho capito….cosa intendi per strane
idee?!?! A pensarci bene non è proprio detto che tra noi due la più malata sia
io….
Cooooooomunque sì! Lo ammetto! Non appena ho letto il tuo
commento precedente ho subito incominciato a scrivere il seguito perché non
volevo che tu andassi fuori di testa! Lo riammetto! E poi se tu sei in
manicomio come fai a leggere la mia ff?! Perdona ancora una volta la mia doppia
personalità schizofrenica e logorroica…… finisco sto papirozzo senza senso
ringraziandoti ancora una volta del commento! Bacissimi!
x pazzerella_92:ehehe……tutto
grazie all’arrivo della primavera ( proprio proprio primavera no, visto che
siamo a metà aprile) che ha fatto uscire dal letargo il mio povero neurone!
Grazie ancora per aver commentato! ps: caspita! È tipo dal tredicesimo capitolo
che mettiamo questi ps davvero liberatori! Comunque bello o no tutte le fan di
twilight hanno il diritto ed il dovere di andare a vedere sto film! Pensiamo al
lato positivo…ci metteremo a ridere! Pensiamo al lato negativo…ci metteremo a
piangere!
x Ada Wong: Grazie per i complimentoni! Per quanto
riguarda la fine…bhe…secondi i miei calcoli sarà ancora mooolto lontano spero
solo che la noia non sopraggiunga su miei, cari, letteri….. cooooomunque dopo
questa piccola parentesi ti ringrazio ancora per aver commentato e spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto!
x _sefiri_: et voilà! Seguito postato! Qua Jacob si dà
alla pazza gioia! MWAHAHAHAH! Ok, va bene, la smetto….sono troppo andata…… Ringrazio
tantissimo ancora! Smack!
Correvo. Non sapevo dove; correvo nel buio. Sentivo che
dovevo farlo, ma non sapevo il perché. Più correvo, però, più mi tagliavo alla braccia e alle gambe; come se lame appuntite
cercassero di colpirmi. Cosa stava succedendo? Poco
dopo dall’oscurità emerse Edward. Il suo volto era
impassibile. Più cercavo di avvicinarmi a lui, più lui sembrava allontanarsi,
anche se non si muoveva. Cercai di chiamarlo, ma sembrava non accorgersi di me;
il suo volto continuava a guardarmi impassibile. Ero quasi riuscita a
raggiungerlo; ma all’improvviso la terra mi mancò sotto i piedi. Mi sentii precipitare
nel vuoto, circondata dal buio.
Mi svegliai improvvisamente insieme al suono della sveglia
che quella mattina avevo programmato presto per andare
a Port Angeles con Bella. Ero tutta sudata. Esattamente come l’ultimo sogno, anche questo mi era sembrato
terribilmente reale. Cosa mi stava succedendo?
Forse…non era un semplice sogno. Dopotutto l’altro si era realizzato. Poteva
essere un’altra delle mie doti. Ma questo non aveva
proprio senso. Perché mai Edward
non mi dovrebbe aiutare se fossi in pericolo? E cosa ancora più importante,
perché mai ho sognato Edward?!
Ancora tremando un po’ decisi di alzarmi e di andare a
prepararmi; ma sì, era stato solo un semplice sogno. In mezz’ora ero pronta.
Mamma era già uscita per andare al negozio e Kathy
era a scuola; ero a casa da sola. Uscii accompagnata dalla mia immancabile tracolla
bianca per andare a casa di Bella; il sole splendeva ancora. Per fortuna! Solo
ultimamente ero diventata consapevole del fatto che il sole mi rendeva felice;
cosa strana, visto che il mio umore non era mai stato condizionato dal tempo. Mi
dovetti però fermare subito. Davanti a casa mia era parcheggiata in tutto il
suo splendore una Porche blu, e al suo interno niente
poco di meno che EdwardCullen
che mi stava guardando; poco dopo mi fece cenno di salire. Io andai da lui
titubante; cosa ci faceva EdwardCullen
davanti a casa mia? Aprii la portiera del passeggero e mi sedetti vicino a lui.
“Ciao” mi fece lui con un sorriso.
“Ciao” gli risposi io ancora sorpresa.
“Mi spiace, Bella non è potuta venire; ha dovuto sbrigare
affari più urgenti con Alice. Perciò ha chiesto a me
di accompagnarti” mi disse ingranando la prima e dirigendosi verso Port Angeles.
“Come mai?” chiesi sorpresa. Che
strano, non mi sarei mai immaginata un comportamento del genere da Bella. E poi mi avrebbe chiamato lei stessa per annullare.
“Quando la vedrai te lo dirà….” mi fece lui con un sorrisetto.
Qualcuno mi stava nascondendo qualcosa, ma non persi molto tempo dietro a
questo pensiero; prima o poi lo avrei saputo.
“È solo un piacere che fai a Bella oppure hai deciso di
posare completamente lascia da guerra?”
“Il semplice fatto che non mi stia sforzando di parlare da
persona civile dovrebbe suggerirti la risposta, non credi?” mi disse con ancora
quel sorrisetto. Allora veramente Edward
non ce l’aveva più con me. La cosa mi rese molto
felice. Io lo ricambiai e guardai fuori dal
finestrino; quasi mi prese un colpo. Gli alberi e le auto attorno a noi stavano
scorrendo veloci, troppo veloci. Guardai il
contachilometri; 200 km/h!
“Ma sei diventato matto? Rallenta, accidenti!” gli urlai contro.
“Non mi dire che la velocità ti
spaventa…” mi disse guardandomi allibito.
“Sì! E tieni gli occhi sulla
strada!”
“Lo sai che non ti potrà mai succedere niente, vero?
Dimentichi che forse sono un vampiro?” mi rispose
continuando a guardandomi.
“Non me ne frega niente se tu sei un vampiro o no!
Rallenta!”
“Se no?” mi guardò imperturbabile.
Mi aveva messo le spalle al muro; non sapevo cosa ribattere. Mi lasciai andare
sul sedile cercando di evitare di guardare fuori.
“Rilassati! Non succederà niente! E poi arriveremo a Port Angeles più velocemente.”
Io gli risposi con un mugugno; se Edward
era sempre così, bhe, allora povera Bella!
“È nuova?” chiesi per spezzare il silenzio.
“Già; a me piacciono le auto veloci, a differenza di una mia
conoscenza” disse guardandomi di sottecchi. Ecco, adesso cercava anche di fare
il simpaticone.
“Posso passare tutto il tempo a dirti di rilassarti che tu
non farai una piega, vero?”
Io annuii con un broncio, con l’unico risultato di vederlo
sorridere ed accelerare ancora di più.
Senza rendermene conto in un quarto d’ora eravamo già a metà
strada; non avrei mai potuto pensare di fare Forks-Port
Angeles in mezz’ora! Durante il tragitto io edEdward non parlammo molto, ma da quel poco compresi che in
fondo era una persona simpatica; non mi sarebbe dispiaciuto averlo come amico. EdwardCullen, la persona che settimane fa mi odiava con tutto se
stesso, mio amico. Chi l’avrebbe mai detto…
Finalmente arrivammo; le nuvole erano ritornate a coprire il
cielo. Accidenti! Chissà se anche a Forks
il cielo si era rannuvolato. Giungemmo al parcheggio e
con una manovra spettacolarmente veloce parcheggiò. Giuro che anche se
avessi avuto la patente non sarei mai riuscita a fare una cosa del genere!
“Cosa c’è?” chiese lui sospettoso,
non capendo il perché del mio improvviso sconquasso.
“N….no, niente.” dissi uscendo
subito da quell’auto infernale! Era vero, non mi era
successo niente ed eravamo persino arrivati in gran anticipo;
ma non avrei fatto i salti di gioia per ritornarci dentro! La sola idea di
doverci risalire per tornare a casa mi fece venire i brividi. Insomma, a
viaggiare in quella macchina non mi sentivo a mio agio!
Mi fece strada verso l’interno del
centro commerciale in silenzio; manteneva però sempre un po’ di distanza da me.
Entrammo dentro all’edificio. Che strano, sembrava
molto più grande di quello di Seattle.
Solo dopo alcuni minuti che giravamo per i negozi mi accorsi che si stava guardando intorno con
circospezione e sospetto.
“C’è qualcosa che non va?” gli sussurrai avvicinandomi a
lui.
Quando lui si accorse di me, mi
parve che ebbe un piccolo sobbalzo, come se lo avessi distratto da una profonda
concentrazione.
“No, non è niente…..” mi fece sorridendo per rassicurarmi. Ma
non ero stata del tutto convinta.
La mia attenzione e i miei pensieri vennero
catturati da qualcosa di luccicante in vetrina; uno spicchio di luna in
argento. Subito mi venne in mente Jacob, sarebbe
stato un pensiero carino regalargliela; così avrebbe sempre pensato a me quando non c’ero. Potevo sembrare un po’ impertinente, ma
ero sicurissima che gli avrei fatto un grosso piacere.
“Puoi aspettare un attimo?” dissi correndo verso il negozio
di quella vetrina.
Non immaginavo però costasse così
tanto; infatti spesi tutto quello che avevo portato quel giorno. Mannaggia! Ma ne era valsa la pena
dopotutto.
Corsi fuori dal negozio felice e
contenta. Edward se ne accorse.
“Hai trovato quello che cercavi?”
“No, in realtà è stato lui a trovare me.” Lui mi guardò con
un sorriso.
“Sai…non sarebbe una cattiva idea fare un pensierino a
Bella……o forse tu non sei tipo per regali?”
Lui alzò gli occhi al cielo.
“Sì, non sono per niente un tipo da regali; ma non è una
cattiva idea...”mi disse con
un sorriso misterioso.
“Oh, oh. Che cos’è quel sorriso
indecifrabile? Mi devo forsepreoccupare?” chiesi io ironica. Lui
sorrise mostrando la sua bianchissima dentatura.
Proprio in quel momento passammo vicino ad un bagno.
“Potresti aspettare un momento?” dissi indicandogli la
toilette.
“Certo” mi rispose.
Quando fui abbastanza lontana da
lui mi tornai a girare solo per un momento; si stava ancora guardando intorno
diffidente. C’era qualcosa che non andava. Entrai in bagno
mentre stavo ancora riflettendo sul perché Edward
si stava comportando in modo così strano; dopo gli avrei sicuramente chiesto
spiegazioni. In quell’istante il cellulare squillò.
Lo presi e risposi senza neanche guardare il numero sul display.
“Pronto”
“Natasha! Dove diavolo sei finita?! Ti stiamo cercando dappertutto! Anche i licantropi non
sanno dove tu sia! Come ti è saltato in mente di
andare a Port Angeles da sola?!”
Non era possibile. Non logicamente e
razionalmente possibile. Non poteva essere la sua voce!
“E-edward?....”
sussurrai roca.
“Nata...”
Non finì nemmeno di parlare che riattaccai subito impaurita
e scossa. Non poteva essere lui! Era là fuori che mi stava aspettando! La cosa
non aveva senso! Cominciai a camminare per il bagno deserto in ansia. Che cosa voleva dire questo? Era come se ci fossero due Edward; uno che mi avevo
telefonato e uno che era lì con me. Come potevano esserci due Edward? A meno che……uno dei due non
fosse Edward. Ma se non era
lui, chi diavolo poteva essere? Il primo pensiero che mi venne in mente fu a
Marte. E se fosse stato uno dei suoi vampiri? Sì, ma
quale dei due era quello vero, se la mia teoria era giusta? Era
identici in tutto per tutto. Il mio istinto mi spinse a credere che
fosse quello che mi aveva accompagnata qua, anche
perché la telefonata di prima non avrebbe avuto senso. Cominciai a tremare;
voleva dire che ero finita dritta nella trappola che
mi avevano preparato. Così si spiegava il perché della sua velocità; per farmi
allontanare il più possibile da Forks, approfittando
dell’assenza dei Cullen a caccia. Così si spiegava il
perché si comportava in maniera ansiosa; temeva che i Cullen
sarebbero arrivati da un momento all’altro. O molto
più probabilmente aspettava qualcuno…
Ora dovevo smetterla di pensare; dovevo
fare qualcosa. Cercai allora di teletrasportarmi per
andarmene via da lì; ma non funzionò. Riprovai; continuava a non funzionare! Mannaggia! Perché proprio adesso?!Perché non funzionava? Ero ormai da troppo tempo in
bagno ed “Edward” si sarebbe allarmato.
L’unica cosa che potevo fare era andare fuori e
comportarmi come se nulla fosse, finché non avrei trovato la giusta occasione
per scappare. Mi preparai quindi ad uscire; non dovevo assolutamente farmi
prendere dal panico. Dovevo fare come se nulla fosse; dovevo
stare calma, se no lui si sarebbe insospettito. Presi un respiro profondo e
uscì. Lui era ancora lì; non si era mosso.
“Scusa per il ritardo!” dissi con più naturalezza possibile.
“Non fa niente” disse lui tranquillo. Per fortuna non si
accorse di nulla. Lo guardai bene per pochi secondi. Non c’era niente da fare;
era proprio Edward. Come poteva un altro vampiro
assomigliargli in questo modo? Magari mi potevo essere sbagliata; lui era il
vero Edward, anche se la cosa mi sembrava strana.
Volli tentare.
“Sai, a Bella piace tanto il rosa, potresti
regalarle qualcosa di quel colore…..”
“Perché no? È il suo colore
preferito.”
Bella odiava il rosa. Me l’aveva detto mia madre un giorno,
quando Bella era andata al negozio. E insieme a lei
c’era anche Edward, ovviamente. Non poteva non
saperlo. Ormai ne ero certa; vicino a me non c’era Edward. Dovevo andarmene, e alla svelta.
Giungemmo al centro dell’edificio, dove si era concentrata
abbastanza gente; sufficiente per poter scappare. Entrai nel volgo che mi si
presentava davanti ed “Edward” mi seguì indifferente.
Per fortuna non si era accorto di quello che volevo fare. Cercai di inoltrarmi
ancora un po’, ma senza allontanarmi troppo, per non creare sospetti. Quando
fui totalmente certa di poter scappare da lui
cominciai a correre come non mai. Correvo tra la gente, abbassandomi e
spintonando più di qualcuno; ma non mi importava se
numerose voci di protesta mi giungevano alle orecchie. Correvo come una matta e
subito mi venne il fiatone. Riuscii a raggiungere l’uscita dell’edificio senza
problemi; ma non avevo ancora il coraggio di voltarmi. Finalmente uscii e
attraversai la strada davanti al centro commerciale senza nemmeno guardare le
auto che sfrecciavano veloci con il verde; più di una volta rischiai di farmi
prendere sotto. Quando finalmente attraversai la strada sana e salva ebbi il coraggio di voltarmi; lui mi guardava dall’altro
lato della strada. Aveva quello stesso sguardo d’ira e d’odio con cui Edward si era rivolto a me quel giorno a casa di Bella,
solo che questa volta c’era anche qualcosa di più……qualcosa di
inquietante e…..anormale.
Non mi fermai e continuai, non sapendo bene dove mi stessi
dirigendo, visto che non conoscevo la città.
Mannaggia! In che guaio mi ero
cacciata?! Sarei riuscita questa volta a salvarmi?! La paura stava crescendo e insieme a
quella anche le lacrime agli occhi. Perché quando servivano i miei poteri non
funzionavano?! Non avevo la minima idea di dove mi trovassi. Quello che sapevo dover fare era correre; non
importa dove, ma lontano da lui. All’improvviso sentii qualcosa graffiarmi le
braccia e le gambe; proprio come nel sogno. Allora pensavo
bene, i miei non erano semplici sogni.
Più correvo più mi facevo male. Ma
dove ero finita?! Era tutto buio. Poi finalmente la
luce. Ero finita in un bosco. No, questo non ci voleva. Ero in un luogo troppo
poco esposto; mi avrebbe potuto fare del male senza problemi. Feci appena tempo
a voltarmi che mi trovai “Edward” davanti.
“Abbiamo finito di giocare a nascondino…..”
mi fece lui minaccioso.
Guardandolo così da vicino incuteva ancora più paura. Nei
suoi occhi c’era qualcosa di malvagio, molto malvagio, che rovinava tutta la
bellezza degli occhi di Edward
e dei Cullen. Feci un passo indietro atterrita, che
lui compensò subito. Involontariamente cominciai a tremare dalla paura come non
mai; questa volta non credo sarei riuscita a
scamparla.
“Oh……non avere paura, piccolo pulcino bagnato” mi disse con
uno sguardo che non incuteva niente furché paura. Io
rimasi immobile, incapace di muovermi, mentre lui, una volta avvicinatosi,
cominciò a girarmi attorno.
“Pensavo di essere stato convincete come Edward.
E dire che mi ero tanto impegnato per essere uguale al
tuo amico vampiro. Non credevo proprio che saresti stata in grado di scoprirmi.
Sei molto più intelligente di quanto pensassi.”
Lui continuava a girare ed io
“Sai, non sei per niente male. Aveva ragione Jack; è un vero peccato sprecarti in questo modo…”
Quale modo? Cominciò a passarmi la sua mano fredda sul mio
collo. Altri brividi si aggiunsero. Poi si fermò davanti a me, guardandomi con
quei malefici occhi dorati.
“Che buffo…….invece
di portarti da Marte potrei benissimo morderti adesso, diventando così il
vampiro più potente di tutti, perfino più potente di Marte……e dire che sei
solamente un’inutile ragazzina….”disse
con lo stesso sguardo perverso, mentre continuava a sfiorarmi il collo con la
punta delle sue dita fredde.
In un attimo di incontrastata paura
mi fu involontario, quanto inutile, voltarmi e scappare. Lui, ovviamente, mi
prese subito per un polso costringendomi a rivoltarmi verso di lui. Nel suo
sguardo era riapparso odio e rabbia. Sentivo la sua mano stringersi sempre più
attorno al mio polso. Ora mi faceva veramente male. Finché
non sentii un sonoro “crock”. Un dolore allucinante
mi aveva assalito la mano. Urlai con quanto ossigeno avevo in gola e pian piano
copiose lacrime cadevano dal mio viso. Mi aveva rotto il polso. Me lo
continuava a stringere e mi faceva ancora più male.
“Smettila di giocare……” mi disse sempre con quell’orribile sguardo. Io abbassai lo sguardo,
abbandonandomi al destino e lasciando perdere ogni
tentativo di opposizione. Questa volta era veramente la fine per me.
Tutto accade troppo velocemente, troppo. Una strana forza mi
fece perdere l’equilibrio e cadere all’indietro. Sbattei la testa violentemente
per terra. La vista mi si era appannata e non riuscivo a capire quello che mi
stava circondando. C’era confusione, tanta confusione;
grida, figure offuscate che si muovevano disordinatamente. Il polso pulsava
come non mai. I suoni li captavo ovattati. Riuscii a intercettare solo una frase pronunciata da una voce
familiare e vicina.
“ALICE!! PORTALA VIA! PORTALA VIA!!”
Mi sentii improvvisamente sollevare, così credevo, non
riuscivo bene a capire. Mi faceva male la testa; sapevo che presto sarei
svenuta. E infatti quella voce fu l’ultimo suono che
sentii.
Nessuna semplice e unica parola poteva esprimere come stavo
se non bene. Mi sentivo rilassata, come quando dopo una lunga corsa si cade a terra distrutti, ma sollevati dell’aver ritrovato l’ossigeno.
Sentivo la testa girarmi e questo mi faceva uno strano
effetto, come se fossi sul pelo dell’acqua e lentamente, ma inesorabilmente, mi
avvicinavo sempre più alla riva. Solo allora sentii qualcosa accarezzarmi i
capelli. Me lo faceva sempre papà per farmi addormentare
quando sognavo incubi. Era una sensazione
meravigliosa, proprio come me la ricordavo. Forse a causa
dell’annebbiamento temporaneo, era come se mio padre fosse proprio lì, vicino a
me. Non riuscii a capire se lo nominai o semplicemente lo pensai
ma mi venne spontaneo pronunciare il suo nome.
Purtroppo la sensazione sui capelli svanì; invece sentii il
polso bruciarmi e farmi male.
Quel dolore fu sufficiente per risvegliarmi del tutto. Aprii
lentamente gli occhi. Mi trovavo in un morbidissimo letto a due piazze con
comodi piumini.
“Ti sei svegliata finalmente.”
Cercai di focalizzare il proprietario di quella voce
gentile. Ebbi un sussulto quando vidi che Carlisle mi stava fasciando delicatamente la mano. Mi fu
involontario per la sorpresa ritrarla. L’unico risultato fu che mi feci solo
più male. Carlisle con pazienza me la riprese e
continuò il suo lavoro.
“Non ti agitare, hai preso un brutto colpo in testa.”
Infatti la testa girava ancora e mi
pulsava. Mi misi una mano sul capo e le dita toccarono alcune bende.
“Ma cosa è successo? Chi era quel
vampiro? Come mi avete fatto a trovare? Mi dispiace così tanto, non volev……” dissi
alzandomi di scatto.
Non riuscii nemmeno a finire che le fredde mani di Carlisle mi presero le spalle e mi costrinsero a riappoggiarmi
al cuscino.
“Ora calmati, va bene?”
Com’era possibile non tranquillizzarsi davanti a quegli
occhi così caldi e a quella voce così gentile? Solo
allora notai la grande differenza tra gli occhi del
sosia di Edward e dei Cullen.
Mi appoggiai allora sul cuscino, in
attesa di risposte; ma lui invece si alzò e si diresse verso la porta.
“Ora riposati, ti racconteremo
tutto quando ti sarai ripresa” e fece per andarsene.
Eh no! Dove credeva di andare?! Non
avevo bisogno di riposare in quel momento! Avevo bisogno di risposte!
“Carlisle!..”
dissi mentre cercavo di alzarmi il più veloce
possibile per cercare di fermarlo.
Non appena mi alzai però persi
l’equilibrio. Stavo quasi per cadere a terra quando
due braccia fredde mi presero al volo. Carlisle fece
un respiro profondo prima di parlare.
“Quando imparerai a smetterla di
comportarti come una bambina?” mi fece severo
“Ti aspettavi qualcosa di diverso da un’arrogante, sgarbata
e terribilmente detestabile ragazzina?”
“Non c’è dubbio che adesso non lo dimostri di essere!” mi disse un po’ scocciato riappoggiandomi sul
letto.
“Cosa vuoi sapere” continuò serio
sedendosi su una sedia lì vicino.
Beh, almeno avevo raggiunto il mio scopo!
“Dove sono esattamente?” Meglio
cominciare con la domanda più semplice.
“Nella camera di Alice” mi disse
lui con un tono un po’ più dolce.
“Come avete fatto a trovarmi?”
“Dopo che Bella non ti ha visto arrivare ha subito
contattato Edward, il quale ha chiamato anche te,
vero?” Io annuii “Abbiamo impiegato più tempo del solito per trovarti, anche se
sapevamo che tu eri a Port Angeles, grazie al segnale
del tuo cellulare. È stato grazie alle tue urla che siamo
riusciti ad orientarci.” Si mise una mano tra i capelli “ Èstata una brutta idea approfittare del
tempo per andare a caccia, nonostante fossimo tutti troppo affamati. Pensavamo
che i vampiri di Marte non avrebbero reagito con il sole, ma a quanto pare la loro pelle non produce il nostro stesso effetto….per fortuna il cielo si è rannuvolato e ci ha permesso di muoverci…”
“E cosa succede alla vostra pelle
sotto il sole?” chiesi curiosa.
Lui mi guardò misterioso “Forse un giorno lo vedrai…..” Chissà di che cosa si trattava.
Un dolore allucinate mi prese il
polso.
“Ahi!” gradi io involontariamente.
Carlisle si avvicinò e prese fare
le sue mani ghiacciate il mio polso. Una sensazione di sollievo mi invase.
“Quel vampiro” iniziò Carlisle,
ormai convinto del tutto a raccontarmi ciò che era accaduto “era un vampiro di
Marte; il suo aspetto fisico è stato modificato in modo del tutto identico a
quello di Edward, ma a parte
questo non possedeva nessun’altra capacità anomala;
non è stato difficile eliminarlo.”
Mi vennero dei brividi. Come si poteva uccidere un vampiro?
Era veramente così orribile e tremendo come immaginavo?
“Ma come ci sono riusciti?”
Lui mi sorrise amaro “A Parigi probabilmente Jack ne ha
approfittato per prendere un campione di Edward. Da questo Marte è riuscito a trasformare un vampiro
qualunque in una copia di Edward
identica in tutto, perfino nell’odore. Incredibile. Non avevo idea che fosse arrivato fino a tanto.” Mi guardò allarmato
e continuò “Questo ci mette senza dubbio ancora più in difficoltà; se Marte è
in grado di riprodurre copie così fedeli, non siamo più sicuri di chi ci
circonda. Quello che è successo oggi può succedere
tranquillamente di nuovo. Dovremmo fare ancora più attenzione.”
Un brivido mi percorse lungo la schiena all’idea che poteva
succedere nuovamente.
“E a proposito di questo…” mi disse guardandomi con una
strana espressione che non seppi proprio interpretare
“credo che tu sia felice di sapere che noi ed i licantropi abbiamo stretto
un’alleanza; è stata la cosa migliore da fare data la situazione…”
Che cosa?! Allora Jacob ed i suoi compagni c’erano riusciti! Carlisle mi continuava a fissare ancora con quello sguardo
assillante e apprensivo; non l’avevo mai visto nei suoi occhi. Stavo per
domandargli cosa avesse di tanto strano quando lui
cominciò a parlare.
“Abbiamo deciso di tenerti sottostretta sorveglianza
alternandoci con i licantropi. Data la gravità della
situazione tuttavia noi siamo ancora molto svantaggiati contro di loro.
Abbiamo veramente bisogno di aiuto.” Rivolse lo sguardo
verso di me “Per questo intendo chiedere aiuto ai Volturi; loro come noi sono coinvolti in questa storia, dopotutto.”
I Volturi? I vampiri di Volterra? Certo! Il loro esercito di
vampiri sarebbe stato in grado di contrastare i vampiri di Marte. Oppure no?
“E…..vorrei che tu li incontrasti
per dimostrarli veramente che tu esisti…”
Eh? Carlisle voleva portarmi a
Volterra e farmi incontrare con i vampiri più potenti tra tutti? L’idea detta
in questo modo era molto inquietante. Improvvisamente, proprio come era successo con i licantropi i brividi tornarono. Carlisle lo notò e cominciò ad accarezzarmi lievemente il
palmo della mano che ancora stringeva per rassicurarmi.
“Sta tranquilla, non ti possono fare del male…” mi disse con
la sua voce calda.
“Ma…come? Quando?
In che mo…”
“Non ti agitare; è ancora tutto da organizzare.”
Riuscii a calmarmi un poco.
“Mentre fuggivo dal…..quel vampiro
ho cercato di usare i miei poteri, ma non hanno funzionato…”
“Si vede che le tue emozioni oltre a scatenare i tuoi poteri
ti impediscono anche di usarli nei momenti in cui sei
veramente troppo sottopressione…”
Maledetti poteri! Pareva che facessero di tutto per rendermi
la vita difficile! Potevano sembrare la fine del mondo, come secondo Jacob, ma in quel momento erano la cosa che odiavo di più! Decisi quindi di raccontare ciò che mi era successo quella mattina
anche a Carlisle, visto che tra tutte era la persona
che più convenivo tenere informata. Mi ascoltò con grande
attenzione e non tolse gli occhi dai miei.
“Non pensavo potessero arrivare fino a questo punto” disse
lui assorto.
“Già…..passerà presto questa
situazione?” chiesi speranzosa
“Non lo so….” mi rispose lui. Non
fece altro che far aumentare la mia disperazione. Ebbi
un improvviso bisogno di sfogarmi con qualcuno; dovevo liberarmi.
“Carlisle...io…io non ce la faccio
più…è troppo difficile per me non provare emozioni in questo modo…prima o poi scoppierò e provocherò qualche danno veramente
grave e irreparabile. Forse coinvolgerò anche innocenti; chi lo sa a questo
punto? Ma la cosa che mi da più fastidio” ormai ero
partita e chissà quando mi sarei fermata; dovevo dire tutto quello che pensavo,
ora, in quel momento, mentre lacrime agli occhi per la disperazione stavano per
scendere “quello che mi da più fastidio è che qui tutti stanno rischiando la
vita per salvare me! E io non sto facendo altro che
combinare guai e ancora guai! Se…”
Non finii nemmeno la frase che Carlisle con una
velocità disumana mi prese con entrambe le mani le
spalle. I suoi occhi erano solo ad una decina di centimetri di distanza dai
miei.
“…smettila…subito…” disse con tono calma,
ma deciso.
Quegli occhi mi facevano uno strano effetto; quel colore
dorato emanava calma e tranquillità.
Quando vide che mi ero abbastanza
calmata divenne teso, e lo sguardo di poco prima riapparve.
“Sei uguale a lei. Non c’è niente da fare, sei uguale a
lei….”mormorò fissando un
punto indefinito della stanza. Lei? Chi era mai questa lei? Non ebbi il
coraggio di chiederglielo.Senza che neanch’io me ne accorgessi si alzò
e si diresse verso la porta.
“Ora riposati…mi posso fidare?”
“Sì, prometto di fare la brava bambina…” risposi io ironica.
Lui mi sorrise per poi subito uscire.
Come si spiegava quel suo comportamento irrequieto e teso?
Per non parlare di quello strano sguardo. Si era veramente comportato in modo
quasi anormale da parte sua. E poi a chi si riferiva
poco prima?
Sfortunatamente non potei rispondere a tutti questi miei
quesiti che la stanchezza mi obbligò a distendermi su quel morbidissimo letto e
lasciarmi trasportare verso le braccia di Morfeo.
Uffa! Mi dispiace mi dispiace mi
dispiace! Sarà tipo una settimana che non aggiorno! Mi dispiace ancora! Non
vedo l’ora che queste maledettissime vacanze arrivino!
Ancora sette settimane! Sette settimane! Sette settimane! Ok,
ora basta, sto andando in paranoia.
Cooooooomunque piccola
informazione di servizio; per coloro che attendono
presto la fine della storia, bhe, che si illudano
pure MWAHAHAHAAH!!!! Ho fatto un po’ di conticini….mancano
ancora abbastanza capitoli da scrivere. E diciamo anche
parecchie cose da dire, da fare, per non parlare del finale che, come ogni
finale che si rispetti, deve essere........come un finale che si rispetti,
insomma.^^° La cosa mi preoccupa un po’; riuscirò mai
a finirla? Io vorrei metterci veramente tuuuuuutto
quello che la mia mente malata partorisce ogni santo
giorno. Ma non importa quanto tempo passerà, io ce la
farò! Riuscirò a finirla tutta! Passerò le vacanze estive (sicuramente non
riuscirò a finirla entro giugno) sulla tastiera, ma non importa!
Dopo questa piccola parentesi chiudo
sperando che anche questo capitolo vi sia piaciuto (dite la verità, avreste mai
immaginato che Edward non era il vero Edward, eh?) e dandovi a tutti un grandissimo SMACK!
x jena92: bheeee……devo
dire che neanche come autostima non scherzi tu, eh? Altro che morale sotto i
tacchi, sono felicissima che tu mi abbia recensito! Comunque mi arrendo! Hai vinto tu! In fatto di perversione
la più pazza sei tu! Sam che si comporta come Paul….io non sarei mai arrivata a tanto! Sei il maestro
della perversione da venerare! È meglio avvertire (non si sa mai) che anche in
seguito ci saranno sicuramente scene del genere Nat-Jac,
quindi mi raccomando… a bada la perversione! Dopo questo elogio
alla pazzia concludo ringraziandoti umilmente di aver ancora una volta
commentato! Ciuz!
x _sefiri_:
graziegraizegraziegraziegraziegrazie! E indovina un po’? ancora tante graziegraziegrazie! Riporto le tue immacolate parole “ti
prego aspetto il prossimo capitolo con ansia...spero di non morire dalla
curiosità nel frattempo”…..ok….è
passata tipo una settima…ok…tipregotipregotipregotipregotipregotiprego
non mi uccidere! Spero che il capitolo abbia (di
nuovo) compensato il mio piccolo (piccolo?) ritardo……me ancora in colpa si
scusa e ringrazia ancora tantissime!
x pazzerella_92: diciamo che per le
leggi della fisica non solo lei si deve alzare sulle punterei piedi, ma anche
lui è costretto ad abbassarsi…maledetti uomini alti sempre 2 metri! Cooooomunque grazie ancora per incomplimentozzi! Spero che ti sia piaciuto anche questo
capitolo superavventuroso con colpi di scena (oh Dio….adesso sto esagerando un
po’ tropppo) anche se per niente sugarsugar.
Davvero? Fai urletti di gioia
quando aggiorno? Urli di disperazione avrei
anche capito, ma di gioia……WAOW! Mi sento onoratissima in questo
momento^^^^!Ancora tantissime grazie
per il commentozzoozzo! KISS! Ps:
solo un’altra piccola, piccolissimissima cosa…..se c’è una cosa che mi ha fatto urlare più della vista di mr Parrucchino è stato Edward con
gli occhiali da sole! Che cosa c’entrano gli occhiali da sole?!?!?!?!??!?!?!?!
Spero solo che sia una foto scattata durante la pausa! Giuro che se lo becco
così il giorno in cui andrò al cinema a vedere questo filmucciolo
(non trovo il coraggio di definirlo film) mi alzerò e….non so esattamente cosa
farò, ma non sarà una bella cosa!
x Ada Wong:
^^^^^^^^^sono stracontenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente. Anch’io penso sia stato assolutamente molto love-love! Grazie
ancora tantissime per i complimetoni e per il
sostegno!^^
Ovviamente non mi addormentai, nonostante fossi veramente molto stanca e mi trovassi sopra un comodo letto con soffici
cuscini. Il comportamento di Carlisle di poco prima
mi faceva ancora pensare; perché si era comportato così? Non era proprio da
lui. Era vero che tutti avevano delle giornate no e si comportavano in maniera
strana. Sapevo che continuare a pensarci serviva ben
poco a trovare delle risposte. E dopotutto questi non
erano di certo fatti miei.
Con calma ripensai a quello che mi era successo quel giorno;
solo allora divenni completamente conscia di quello che era successo. Un
pericoloso vampiro era stato a pochi passi nel farmi veramente male fingendosi
un’altra persona. Non pensavo si potesse arrivare a tanto. La mia idea di
“situazione pericolosa” non era esattamente questa. Mi sentivo in gabbia e
costantemente controllata; non potevo fare niente di ciò che avrei voluto fare
da sola, ci sarebbe stato sempre qualcuno di non-umano accanto a me. Ero sempre stata un tipo piuttosto solitario e tutto questo
controllo, insieme alla gravità della situazione, non fece altro che mettermi
ancora più agitazione.
Guardai funesta fuori dalla
finestra; un cielo plumbeo copriva Forks e presto
avrebbe piovuto. La mia attenzione fu attirata dall’elegante orologio appeso
alla parete; segnava le quattro. Caspita! Avevo promesso a mia madre che sarei rientrata per ora di pranzo! Sarebbe sicuramente stata
in pensiero e mi avrebbe creduta per dispersa. Dovevo
avvisarla che stavo bene. Nello stesso momento in cui mi raddrizzai la porta si
spalancò. Era Alice.
“Sapevo che non saresti riuscita ad
addormentarti” mi disse con la sua voce tintinnante.
“…già…” dissi d’accordo io.
“Ti senti meglio?” mi disse avvicinandosi e sedendosi sul
letto.
La guardai bene. Era veramente bella; i corti e spettinati
capelli e corvini le incorniciavano i tratti leggermente infantili del viso e
gli occhi dorati risplendevano più che mai. Era veramente molto minuta, sembrava un bambola di porcellana pronta a rompersi
in mille pezzi da un momento all’altro. Era incredibile che in quel corpicino ci fosse la forza dei vampiri.
“Sì, mi sono ripresa del tutto ormai…”
Lei sorrise “ Meglio così; è stata veramente una brutta
esperienza per te. Fortunatamente siamo arrivati in
tempo…”
Io mi limitai ad annuire con la testa. Non avevo
assolutamente la voglia di parlare di questo e perciò mi rabbuiai un poco. Lei
per fortuna se ne accorse e pensò di tirami su il
morale.
“Sai….tua sorella è proprio un
fenomeno!” mi disse raggiante
“Eh…già….allora hai notato anche tu la sua cotta…”
Lei rise ancora di più “Già! Non hai idea di come lo
guardi!”
“Mi dispiace un po’ per Jasper…”
“Eh, già…. Non gli è mai capitata un’esperienza del genere!
Non ha idea di come comportarsi! Soprattutto con i problemi che ha avuto.”
Mi incuriosì “Che genere di
problemi?”
Lei non si scompose per niente “ Vedi,
Jasper è stato quello che ha avuto più difficoltà ad
abituarsi al nostro stile di vita. Soffriva molto più la sete di tutti noi ed era
costretto ad andare a caccia più spesso per evitare di perdere il controllo e
di far del male a qualcuno. Qualche anno fa non si sentiva molto a suo agio tra
gli umani e talvolta stava veramente male.”il suo sorriso si spense per alcuni secondi per poi
ritornare subito ad accendersi “Ora però il suo autocontrollo è molto
migliorato e non ha più queste difficoltà.”
“Ma comunque mia sorella
lo…..disturba, in questo senso?” dedussi io alla fine.
“Bhe….diciamo
che non va matto per Kathy! Se devo dire la verità… Kathy è un essere
umano un po’ strano…”
Io aggrottai le sopracciglia confusa.
“Intendo dire che l’istinto degli
esseri umani li spinge a evitarci, seppur siano attratti da noi. Tua sorella
invece non si fa problemi ad avvicinarsi e a toccarci. Non
pensare male, credo solo che lei non si faccia intimorire da noi. È
raro, ma penso che possa succedere a volte questo negli esseri umani…”
Caspita….dove ti sei cacciata, Kathy?
Il mio sguardo si posò sulla sua camicetta. L’avevo
riconosciuta. Era di mamma. Mi ricordo che aveva lavorato
tantissimo per realizzarla. Era uno dei capi di cui andava più fiera. Alice
intuì i miei pensieri.
“Sono ancora stupita dagli abiti di tua madre! Non ho la
minima idea di come riesca a farli così belli!” mi
disse elettrizzata.
“Già….dice sempre che un abito può
essere paragonato ad un quadro; un bravo stilista ci mette tutta la sua
passione ed il suo impegno per realizzarlo per poi alla fine attirare con i
suoi colori e la sua bellezza.“
“Hai ragione. Dice sempre anche a me che i colori esprimono
diverse sensazioni che riescono da subito ad attirare le persone con il
corrispondente stato d’animo. Tua madre è proprio una
persona fantastica. Anch’io avrei tanto voluto avere
una famiglia come la tua…”
Il suo tono si era fatto triste ed il suo sorriso amaro; non
aveva dovuto avere una buona esperienza con la sua famiglia;
perciò non insistei troppo su questo argomento. Lei si ridestò e ridivenne
felice. I suoi occhi mi studiavano curiosi.
“Lo sai che sei proprio carina?” mi disse entusiasta.
“G-grazie…” dissi io completamente
spiazzata dal suo complimento inaspettato. La guardai negli occhi; c’era un non-so-che di strano ed
inquietante.
“Dico davvero…non ho mai visto dei
capelli e degli occhi come i tuoi…”
”Bhe…sai, ce li ho da una vita…”
Alice stava cominciando a fare paura. Cosa aveva intenzione di fare?!
“Mi puoi lasciar divertire un po’?” aveva un sorriso sfavillante
che andava da un orecchio all’altro; ma che stranamente mi incuteva
una strana sensazione di irrequietudine. Senza che io le rispondessi
si diresse verso l’armadio e lo aprì.
“Vediamo…cominciamo da questo!” e ne tirò fuori uno
splendido vestito da cerimonia celeste, con delicati merletti. Era davvero
splendido, ma non avevo ancora capito cosa volesse fare.
“Co-cosa vorresti fare?”
Se avesse potuto sarebbe arrossita
“Voglio farti provare un po’ di questi, ti spiace? Solo per gioo!”
mi chiese con aria innocente
“Bhe…ecco…” l’idea
ad essere sinceri non mi entusiasmava per niente.
“Ti prego! Non mai avuto la possibilità di farlo!...per favore…ora che Bella se ne andata ho bisogno di
trovare qualcun altro su cui…….”esprimere la mia arte!”” disse dando
particolare enfasi alle ultime parole.
Ah…che strana idea che aveva del
divertimento. Mi ricordò per un istante mia sorella ed il tono mieloso
che usava per convincermi. Questa volta però era un po’ diverso. Davanti a me
c’era un vampiro e non ero proprio in grado di resistere a quei giganteschi e
dolci occhi dorati.
“…sì…” mormorai io. Alice si entusiasmò ancora di più.
Perché? Perché
l’ho fatto? Perché ho detto quel sì?! Aveva dato
inizio ad una vera e propria tortura! Non avevo mai
provato così tanti vestiti tutti insieme! Voleva forse farmi mettere tutto il
suo guardaroba, seppur splendido? Sembrava non finire mai. Ma la cosa peggiore non era solo quella; non si limitava a
vestirmi, ma anche a truccarmi e a farmi complicate, anche bellissime
acconciature che mi tiravano i cappelli in modo assurdo!
“Sei fantastica!” disse per la
milionesima volta dopo il milionesimo vestito “non si può non farti una foto!”
Che cosa?!?!?! No! anche la foto no! Tutto inutile; Alice aveva la capacità di
farmi fare tutto quello che voleva con i suoi occhi
dolci! In quel momento mi sentivo molto più simile ad una marionetta che ad una
persona. Improvvisamente la porta si aprii. Entrò la splendida Rosalie.
“Si può sapere cosa stai facendo, Alice? Perché
stai facendo tutto questo baccano?” chiese leggermente scocciata. Alice
si voltò entusiasta.
“Prova vestiti!”
Rosalie la guardò un po’ con la
stessa espressione “E tu non mi hai chiamata? Questa me la paghi, Alice.”
Oh mio Dio. Ora erano due le vampire che mi stavano vestendo,
truccando, pettinando e perfino fotografando come se fossi la loro bambola
preferita! Ero al mio limite di sopportazione! La cosa che mi preoccupava di
più era che loro non avevano assolutamente la minima voglia di fermarsi! Anzi!
Più continuavano, più non volevano smettere di
toccarmi! Non capivo cosa ci fosse di tanto divertente in tutto questo! Giuro
che se tra poco non si sarebbero fermate loro, lo
avrei fatto io!
Tutto ad un tratto la porta si aprì e per un secondo il mio
supplizio si fermò.
“Ma che diavolo state facendo?”
entrò Edward stizzito.
“Ci stiamo divertendo un po’!” le rispose Alice raggiante e
sincera. Non se ne rendeva proprio conto della mia sofferenza?!
Fatto non del tutto negativo, dopotutto; ciò voleva dire
che me la cavavo a mascherare le emozioni. Edward mi
guardò. Approfittai di quel momento per cercare di fargli capire che le cose
non stavano andando esattamente come sembravano con un’occhiata che sembrò lui intuì.
“Natasha, Carlisle
ti vuole parlare”
Non me lo feci ripetere due volte e andai spedita verso di
lui. Finalmente ero stata salvata!
“Di cosa mi vuole parlare Carlisle?”
Lui mi guardò, poi sospirò
rassegnato “Era una scusa, Natasha…”
Giuro che non me n’ero accorta; non
sembrava proprio che avesse mentito.
“Ah….comunque grazie per avermi
salvata…” risposi io arrossendo per la figuraccia di prima.
“Figurati…nessuno si merita una tortura del genere…”
Mi guardò dal basso verso l’alto “Sembri un pupazzo di neve”
Infatti stavo indossando un vestito
bianco lungo fino ai ginocchi e un paio di ballerine bianche. Non dovevo essere
molto colorata…
Intanto che parlavamo lui mi accompagnò in salotto, con
divani, tende e pareti bianche, per la precisione. C’era effettivamente troppo
bianco intorno a me; stavo cominciando a non sentirmi più. Mi fece sedere su
uno di quei divani e lui si mise davanti di me.
“Ti sei ripresa?” cominciò lui
“Sì, sto meglio.”
Era un sensazione stranissima;
nonostante sapessi ciecamente che quello davanti a me era il vero Edward mi tornavano in mente spezzoni di quello che era
successo ore prima. Essere stata aggredita da un sosia completamene uguale e
guardarlo adesso, in questo momento, non mi faceva
sentire a mio agio per niente, anzi, provavo ancora tanta paura. Forse lui se ne accorse.
“Posso immaginare cosa adesso tu stia
provando vedendomi; avrai passato sicuramente brutti momenti. Ad essere sinceri anche a me ha fatto un certo senso
incontrare, uccidere e fare letteralmente a pezzi un mio sosia…” mi disse per
sconsolarmi.
Passarono alcuni secondi di silenzio in cui lui non mi tolse
gli occhi di dosso.
“Bella mi ha raccontato quello che è successo; allora hai
posato l’ascia da guerra?”
Lui si appoggiò allo schienale del divano e sospirò
“Diciamo di sì…” mi guardò e mi sorrise, sincero. Era la
prima volta che il “vero” Edward mi sorrideva
“Parlando con lei ho capito che era inutile continuare così…Ad essere sincero
mi sono comportato da stupido…”
“No…non ti sei comportato da stupido, ti sei comportato da innamorato” lo interruppi subito io.
Lui mi guardò confuso “cosa vuoi
dire?”
“Voglio dire che sei talmente tanto
innamorato di Bella da farti prendere completamente dall’odio per una persona
che minaccia di rovinare il vostro rapporto, anche se totalmente
inconsapevolmente. Questa può essere vista come una reazione irrazionale e
stupida, come dici tu. In realtà se si vede in un altro senso
questo non fa nient’altro che dimostrare ancora di più l’amore che hai per lei.”
“NatashaMcAderson”
mi disse stupito “dopo tutto quello che ti ho detto e
che ti ho fatto, tu cerchi ancora di giustificarmi. Sei
proprio strana come…creatura” mi disse scuotendo il capo.
Una strana sensazione mi percorse quando mi chiamò
“creatura” invece che “persona”. Niente di più vero, certo, ma io non mi
sentivo per niente diversa, anche se ero perfettamente conscia del contrario.
Ciò mise un po’ di tristezza. L’essere diversa talvolta portava all’essere soli; ma dovevo ammettere che non era di certo il mio
caso. Erano tante le persone intorno a me….disposte a rischiare la vita. Tornai
a guardare Edward.
“Allora, pace?” gli dissi porgendogli la mano. Lui la
guardò, poi tornò a fissare me. Mi sorrise e questa volta me la strinse. Di nuovo il freddo mi diede sollievo al polso
fratturato.
Una domanda tanto strana quanto paurosa comparve nella mia
mente; volli rischiare e porgliela.
Una domanda che richiamava una sensazione che tanto tempo fa
avevo provato e che mi aveva fatto passare dei brutti
momenti.
“Posso farti una domanda?” sussurrai io.
Lui accennò con la testa intuendo qualcosa che non andava.
“Se…se tu potessi farmi del male e… e avessi avuto la
possibilità di farlo…” mi stavo impegnando per trovare le parole più adatte e
intanto lui aveva aggrottato le sopraciglia “…il tuo odio ti avrebbe spinto a
fare lo stesso che ha fatto il vampiro che mi ha attaccata?”
Solo adesso mi rendevo che questa era stata una domanda
perversa e malsana, dovuta al paragone improvviso fatto tra il “vero” Edward ed il “falso” Edward;
dico, non me ne potevo stare zitta?
Lui invece parve riflettere, ma in realtà non era così;
stava studiando il mio sguardo, molto probabilmente per intuire il qualcosa che
mi aveva spinto a domandargli una cosa del genere; dopo alcuni secondi rispose
“No, non lo avrei mai fatto; non avrei mai tentato di
ucciderti, mai. Anche se è nella mia natura uccidere
umani, oramai provo un certo ribrezzo nel farlo. E poi
avrei deluso Carlisle enormemente…perché il motivo di
questa domanda?” mi fece indiscreto. Io mi limitai ad abbassare la testa e ad
alzare le spalle. La mia coscienza mi spingeva a parlargli e a confidarmi con
lui.
“…di-diciamo che le…le parole che mi hai detto quella volta
a casa di Bella e la volta prima ancora a casa mia mi…mi hanno spaventata…” confessai un po’ titubante.
Lui sembrò un po’ sorpreso. “Davvero?” mi fece calmo. Io
annuii.
“Mi dispiace davvero…anche se a
dire il vero neanche tu mi hai fatto passare un bel periodo…ma se per questo non
lo farò più, sta tranquilla…”
“Lo spero bene!” risposi io ancora un po’ tesa. In risposta lui scosse il capo.
“Ma…scusa un attimo… dov’è Bella?
Come mai non sei con lei?”
“È con suo padre” mi rispose lui “tra poco
partiremo per Vancouver…”
Fu come se la terra mi mancasse sotto i piedi. Oh no. Il giorno della partenza era vicino. Mi dispiaceva
tantissimo doverla già salutare; avevamo passato così poco tempo insieme. E poi mi dispiaceva a dire il vero anche per Edward; proprio quando c’eravamo riappacificati. I miei
pensieri furono interrotti dalla voce di Edward, che mi stava guardando già da un po’ con
attenzione.
“Quando siamo andati dai licantropi per sapere dove tu fossi
ho letto nei pensieri di Jacob quando ha saputo che tu eri scomparsa” cominciò lui “ E non
mi sono per niente piaciuti. Non sono di certo affari miei,
ma mi sembra giusto che tu lo sappia; quando abbiamo informato i licantropi di
quello che stava succedendo lui ha subito perso il controllo. Ha anche
aggredito i suoi compagni che stavano cercando di trattenerlo.” Il cuore mi salì alla gola. “Si è comportato da sciocco;
in quello stato non poteva di certo venire con noi a cercarti a Port Angeles. Inoltre così facendo ha impedito anche hai
suoi compagni di venirti a salvare.”Cosa diamine avevi fatto, Jacob?
“Ho potuto percepire il sentimento che prova per te....”
Non riuscivo ancora a capire cosa voleva dirmi “Lui è ancora troppo debole per evitare di farsi prendere dal panico in situazioni di
emergenza, anche se lo sa gestire adeguatamente in condizioni normali…ma…sta
attenta…l’amore rischia di ferire, in tutti i sensi. Io posso essere l’esempio
per eccellenza; essere tanto egoisti da amare un essere umano.”
Il suo sguardo si fece teso. Pensandoci bene aveva ragione;
un essere umano doveva affrontare qualche rischio per stare insieme ad un vampiro, no?. Valeva anche per un licantropo e per….un creatura come me? Mi tornò improvvisamente in mente il
mio dialogo con Jacob di ieri.
“Ho saputo che non è la prima volta che i vampiri di Forks si alleano con i licantropi di LaPush.
Cosa è successo l’anno scorso?”
Edwardin
risposta fece una strana smorfia e strinse i braccioli de divano su cui era
seduto.
“Te l’ha detto Jacob, vero?”
“Non vedo come questo possa c’entrare con la risposta alla
mia domanda” replicai io. Lui mi guardò con i suoi occhi dorati
“Ormai è una storia lontana e passata. Non è
indispensabile per te sapere cos’è successo. Tieni ben presente che con
questo non voglio in alcuno modo offenderti, ma non
sarò certo io a raccontarti come è andata. Vorrei cercare di dimenticarla,
nonostante mi sarà impossibile farlo…” disse un po’
sconsolato.
In un primo momento ci rimasi un po’ male dalla risposta di Edward, ma il tono gentile che
usò nonmi fece rattristare. Chissà
cos’era successo di così tanto grave da volergli fare
dimenticare. Dopotutto però aveva ragione; questi non erano affari miei. Quello
che era successo tra vampiri e licantropi non mi
doveva interessare. Questo tuttavia mi rattristò un po’. Se
non volevano raccontarmi, né gli uni né gli altri, quello che era successo
significava che in fin dei conti forse… non mi consideravano una di loro. Forse
significava che per loro ero solo un fardello venuto fuori
dal nulla da proteggere con la vita. Soltanto un inutile peso. Ancora
questi brutti pensieri; molti mi avevano detto che ciò
che pensavo di me stessa non era vero, ma non riuscivo a credergli, seppure mi
impegnassi molto nel farlo. Ero sicura che avrei sempre pensato che il mio
arrivo qui a Forks aveva nient’altro che peggiorato
le cose. Prima di farmi prendere totalmente dall’ansia cercai di pensare a
qualcosa che mi distraesse. Ci riuscii.
“Probabilmente tu sai che Carlisle
ha intenzione di farmi incontrare con i Volturi. Tu gli hai già conosciuti?”
Lui mi guardò greve “Purtroppo sì. Carlisle
ha deciso di farlo solo perché, a questo punto, lo ha ritenuto veramente
indispensabile. I Volturi non sono come noi; bevono
sangue umano e non hanno pietà per nessuno. Non è solo per questo che Carlisle si è rifiutato di aiutarci. Da parte mia, io sono
assolutamente in disaccordo con la sua scelta.”
“E perché?” chiesi curiosa.
”Perché così Bella rischia di morire.”
Per un attimo, ma solo per un attimo,
rivide nei suoi occhi l’antica rabbia e l’antico odio; ma solo per un momento.
“Non appena i Volturi hanno saputo che un essere umano era a
conoscenza dell’esistenza dei vampiri hanno subito minacciato di ucciderla; a
patto che non fosse stata trasformata in un vampiro. Così hanno risparmiato la
sua vita, con la promessa che verranno a controllare
se abbiamo rispettato la parola data. Fortunatamente la loro cognizione del
tempo è diversa da quella degli esseri umani; un giorno è per loro un anno. Con
questa scelta però Bella viene messa in pericolo.”
“Quindi se Bella rischia di nuovo di morire è colpa mia…” il
mio tono di voce era più roco e triste di quanto immaginassi.
Edward non poté non udirlo.
“Per quando succederà
Bella sarà a Vancouver con me; credo che saranno così preoccupati a pensare a
te che non gli passerà nemmeno per la testa di andare a verificare fino a
Vancouver.”
“Sono così importante per loro?”
“Sì, se per questo sono stati coinvolti anche loro tanto
quanto Carlisle.”
Rimasi qualche istante in silenzio, poi
feci la fatidica domanda
“Non mi odi per aver messo in pericolo Bella, di nuovo?”
Lui mi guardò e scosse la testa scocciato
“mi sembra di avertelo già detto che non ce l’ho più con te, no? Mi da un po’
di fastidio, ma saremo al sicuro per quella volta e ci sarò io a proteggerla.
Inoltre ho promesso a Bella di non trattarti più in quel modo.”
“Quindi lo fai solo perché lo hai
promesso?”
“No, non lo faccio solo per quello” mi guardò studiandomi.
Passarono alcuni secondi di silenzio.
“Quando partite?”
“Domani sera”
Sbarrai gli occhi “già domani?” lui annuì
con la testa. Dovevamo già salutarci? Lo sconforto mi assalì. Che peccato aver
passato così poco tempo con Bella, anche se sapevo che se ne sarebbe andata comunque, per il college, non solo per colpa mia.
“Mi dispiace per quello che ho causato venendo qui…” cominciai a parlare senza rendermene conto dicendo ancora
una volta sempre le stesse cose.
“Smettila con questo tuo comportamento autolesionista!”
iniziò lui quasi gridando “lo sai perché le persone
poi si riducono a odiarti? Per questa tua sciocca filosofia! Quando
lo capirai che non sei tu che hai causato tutto questo? Lo sai cosa dovresti
fare? Hai dei poteri, no? Allora per facilitare le cose a tutti prova ad usarli!” disse con tono deciso, ma non arrabbiato.
Non mi offesi delle sue parole, anzi, ne
rimasi profondamente colpita. Aveva ragione; aveva completamente ragione. Perché non ci avevo
pensato prima? Avevo dei poteri, perché non usarli? Non volevo più fare la
vittima; volevo partecipare anch’io a ciò che avevo
dato inizio. Purtroppo non li sapevo controllare; ma….forse con un po’ di
pratica ci sarei riuscita. Guardai Edward ammirata
con un sorriso.
“Hai ragione. È quello che avrei dovuto
fare anch’io tempo fa. Grazie mille” gli dissi
sorridendo.
Lui in cambio mi fece un sorrisetto.
Improvvisamente la mia attenzione fu catturata dal
pianoforte nero che creava un gran contrasto con tutto quel bianco.
“Chi lo suona?” chiesi curiosa.
“Io”
“Mi puoi far sentire qualcosa?” chiesi io con una
spontaneità che sorprese perfino me stessa.
Lui mi guardò un po’ stupito da quella improvvisa
domanda, ma si alzò e si diresse verso quello strumento musicale. Si sedette e
iniziò a suonare; lo faceva splendidamente. Capii subito che canzone stava
suonando: Claire de Lune. Era la canzone dei miei
genitori. Rimasi incantata per non so quanto ad
ascoltare quelle splendide note. Edward suonava
divinamente. Avevo ormai perso la cognizione del tempo e la mia mente viaggia libera guidata da quella melodia. Era come essere sul confine del sonno e della realtà. Mi sentii
trascinare dalla musica, finché non decisi di giungere in una delle due parti
che quel confine separava. E ovviamente scelsi quella
del sonno.
Buuuuuu…..uffaaaaa!!! Sto aggiornando sempre meno frequentemente! Mi
dispiace tantissimo, non riesco proprio il tempo di scrivere…..Vacanze!
Quando arrivate?!?!?!?! Mi dispiace un sacco, ma credo che fino a giugno gli aggiornamenti saranno
sempre più rari……
Cercando di parlare di argomenti
più felici spero a tutti che anche questo capitolo molto slowly
vi sia piaciuto! Un grandebacione
di ringraziamento a tutti coloro che non si sono ancora stufi marci di leggere
questa ff! SMACKKKKKKKKK!
x pazzerella_92: davvvvverroooooooo????? Anche gli urletti? Mi devo forse preoccupare? Mmmmmm…….eheheheheh…..chissà perché questa
osservazione della Volvo non mi sorprende detta da
parte tua…caro Holmes…..eheheheh……
comunque grazie ancora tantissime!!!!!
Ps, inutile, non finirà mai: Su dai! Pensiamo positivo! Se partiamo già col piede sbagliato allora sì che sarà un
film bruttissimo! ßè un messaggio in codice:
per la disperazione mi sono data all’alcolismo e adesso credo a cose che non
esistono….eh sì…..eh sì….
x _sefiri_:
peccato….in questo capitolo Jake
non compare….ma ci sarà sicuramente nel prossimo
(sperando che riesca a pubblicarlo in tempi decenti…..) Coooooomunque
riguardo alla tua deduzione su Carlisle….mmmmm……..gngngnnggn………..bù! non lo so……forse…..sì…..no……sinceramente non lo
so!!!!!!! (anche perché anche a me dispiace per Esme!)mah…….vediamo con che piede mi alzo il giorno in cui scriverò quel
capitolo, ok?
Grazie ancora tantissime per i complimentoni!
Baci!
x Ada Wong:
Glazzzzieeeeee!!! Spero tanto che anche questo
capitolo ti sia piaciuto! Don’tworry, Jacobuccio
si farà sentire presto! Ho pensato anch’io che fosse
originale come idea….Ancora grazie grazie!
Kiss!
x lupacchiotta89: Mi spiace…..Jacky non c’è nemmeno in questo capitolo….ma spero che sia stato lo stesso all’altezza delle tue
prospettive! Comunque, in vista dei tuoi dubbi è no! Carlisle non è assolutamente innamorato di Natasha (Cioè, dico, Carlsile con quella palla di neve?! Ma scherziamo?!?J)! Grazie ancora tantissimo
per aver recensito! Baciuz!
Uno scossone mi risvegliò. Ero sicurissima di trovarmi nel
mio letto, sotto le coperte. Invece quando aprii gli occhi di
soprassalto mi ritrovai in tutt’altro posto.
Ero distesa su un soffice tappeto mai visto in una stanza sconosciuta. C’era un
letto a pochi metri da me. Solo pochi secondi prima di farmi prendere dal
panico mi resi conto di dov’ero: la stanza di Alice.
Cercai di connettere la mente; e tutto mi fu chiaro. Caspita! Non era
possibile! Mi ero addormentata mentreEdward suonava il pianoforte, peggio di una bambina! Ero stata
talmente tanto stanca da essermi addormentata
semplicemente ascoltando il Claire de Lune! Ma era
mai possibile che con lui facessi solo figuracce? Probabilmente quando mi ero
addormentata mi aveva rimessa a letto. Mi misi supina guardandomi attorno con
un bruttissimo presentimento addosso. No, non era possibile, di nuovo! Tempo
fa, quando ero piccola, soffrivo di qualche attacco di
sonnambulismo ogni tanto, ma poi avevano smesso. E l’unica cosa che potesse spiegare il fatto che mi fossi svegliata sul tappeto e non
sul letto era questa. Gli attacchi di sonnambulismo erano ritornati. Non mi preoccupai molto, non poteva essere niente di grave, proprio
come le altre volte. Forse il sonnambulismo si era ripresentato per motivi di
crescita, adolescenza e cose del genere. Guardai la finestra dietro di me che era coperta da pesanti tende e vidi spuntare una lieve luce.
Guardai l’orologio e scoprii che erano le due di pomeriggio. Caspita! Per
quanto avevo dormito! La porta si socchiuse lentamente e la
forte luce che entrò quasi mi accecò.
“Natasha, tutto bene? Ho sentito
uno strano rumore…”
Era la dolce voce di Esme. Probabilmente aveva sentito il tonfo che avevo provocato quando ero caduta. Per fortuna che ero atterrata
sul tappeto; mi sarei potuta fare male.
“Oh mio Dio, Natasha! Cosa ci fai lì per terra?!” disse dirigendosi velocemente verso di
me preoccupata. Fin dal primo momento che l’avevo vista avevo capito che
sarebbe potuta essere una mamma perfetta.
“Non è niente. È stato solo un piccolo attacco di
sonnambulismo…” risposi calma. Vidi i suoi grandi
occhi color del miele ingigantirsi ancora di più.
“Che cosa? Attacchi di
sonnambulismo…bisogna che chiami subito Carlisle. Carlisle!”
Non gridò il suo nome, ma ero sicurissima che Carlisle avesse comunque sentito. Infatti mentre Esme spostava le
tende per illuminare la stanza lui era già davanti a me.
“Cosa c’è?” chiese con la sua
solita voce calma.
“Natasha ha avuto un attacco di
sonnambulismo” gli rispose Esme lievemente tesa.
“Davvero?” chiese lui chinandosi verso di me, che ero ancora seduta per terra.
“No! Non è niente! Da piccola mi succedeva qualche volta! Mi
hanno detto che era un’innocua patologia dovuta alla
crescita! Infatti non si è più ripresentata, fino ad
oggi!”
Lui però non era convinto. Infatti
incominciò a visitarmi, ancora una volta. Da sempre i medici non mi erano mai
andati particolarmente a genio, se poi uno di quelli, anche se vampiro, non smetteva
mai di visitarmi, non sarebbe passato molto tempo che
il mio sarebbe diventato un perenne fastidio!
“Sei in perfetta forma…” fece lui ancora teso.
Ecco, lo sapevo! Non c’era niente da preoccuparsi!
“Ma non credo che questa sia stata una coincidenza …la
ricomparsa di questi attacchi proprio adesso…non mi convincono…”
“Perché no? Perché non può essere una semplice coincidenza?” gli risposi io.
Lui mi guardò come se lo avessi in qualche modo offeso,
forse anche per il tono un po’ brusco che avevo usato.
“Dimmelo tu perché credi sia una
coincidenza…”
Fregata. Non ebbi modo di ribattere. Lui sembrò addolcirsi
un poco.
“Non so esattamente cosa ti sia successo…”
“…dì pure che non ne hai la minima idea…” feci sincera con
un sorrisino.
Anche lui rise sotto i baffi “È
vero. Non ho la minima idea di quello che ti è successo” ritornò serio “Ma
proprio perché non so cosa sia accaduto non bisogna sottovalutare questo fatto.
Potrebbe essere una fatalità del caso, come dici tu…o no.
Pertanto ora come ora non c’è niente che si possa fare, ma avvertimi
immediatamente se ricapita, va bene?”
Io annui con la testa. Lui si alzò. Avevo la netta
sensazione che i vampiri stavano cominciando ad andare in paranoia ogni cosa mi
succedesse…
“Per il resto… puoi tornare a casa, se vuoi.”
Non aspettavo nient’altro! Così avrei potuto parlare con Jacob e farmi spiegare cosa avesse combinato.
“Esme, la puoi aiutare a
cambiarsi?” chiese aEsme
amorevolmente.
“Certo” rispose lei a tono. Non c’era che dire; loro due erano
proprio una coppia perfetta.
Detto questo Carlisle uscì per
lasciarmi cambiare.
“Spero che stasera tu ci sia…” mi fece Esme
con il suo solito tono dolce. Io la guardai confusa.
“Stasera?” chiesi io.
“Oh!...Alice non te l’ha detto?
Stasera a casa nostra faremmo una piccola festicciola per salutare Bella edEdward, che partiranno per
Vancouver; questo lo sai, vero?”
In risposta io annuii.
“Però…mi sembra un po’ troppo
esagerato una festa, se non sono troppo scortese... dopotutto ritorneranno per qualche
fine settimana, a quanto ho sentito…”
“Sì, hai ragione, ma Alice è fatta
così. Pensa sempre le cose in grande! Ah! A proposito di Alice.
Mi ha detto di darti questo.”
Mi porse una rigida e abbastanza grossa scatola bianca.
Sbirciai dentro. Non era possibile! Era il vestito bianco che mi aveva fatto
provare ieri, ballerine comprese! Che pensiero
gentile!
“Oh…devo assolutamente ringraziarla!” dissi io.
“Beh…adesso lei non è qui, la puoi ringraziarla stasera, se
verrai. Mi ha esplicitamente detto di dirti che ti
vuole con indosso quel vestito” mi disse sorridendo.
Il pupazzo di neve la vendetta. Non
dico che non fosse bello, anzi! Ma…era troppo strano
vedermi con addosso quel vestito!
Quando finii scesi nell’atrio; non c’era
nessuno. Questa volta toccò ad Esme portarmi a
casa. Mi accompagnò in garage dove mi fece salire su una sfavillante
decappottabile rossa. Con un auto del genere non ci
volle molto per arrivare a casa. Scesi e ringraziai Esme
per la cortesia ed entrai in casa.
“Salve a tutti!” chiesi io.
“Ciao Natasha! Hai passato una bel pigiama party da Alice?”
Pigiama party? Ah, giusto, la scusa di Alice.
“Certo! È stato bellissimo!” fui
costretta a mentire io.
“Sai, sono contenta che tu abbia legato tanto con lei! È bello vederti assieme a qualcuno!” mi fece lei. Aveva
ragione; in tutta onestà non ero mai stata così felice, e allo stesso tempo
triste, come qui a Forks.
“Che cos’hai in mano?” fece mia
madre curiosa.
“Oh! Alice mi ha regalato un vestito”
“Vediamo, vediamo!” fece mia mamma
già con l’occhio critico da stilista. Lo tirai fuori e glielo porsi.
“Caspita! È una meraviglia! Certo, non ti dà molto colore,
ma per il resto è splendido!” continuò lei ancora nel
suo mondo.
“Stasera Bella edEdward partono per Vancouver e dai Cullen
si terrà una festa. Alice me la regalato per questa
occasione. Posso andarci?”
“Certo! Mi sembra il minimo per ringraziarla!”
disse ancora con gli occhi fissi su quel vestito. Mamma diventava
proprio ossessiva quando si impegnava!
“A proposito” dissi per cercare di distrarla “dov’èKathy?”
“È in salotto” e fece un sospiro “Ce l’ha
con te perché sei andata dai Cullen e lei no.”
No! Qualcuno le avrà sicuramente fatto
il lavaggio del cervello! Sbattei la testa contro la parete per disperazione.
“Sì, lo so, non credere che sia pesante solo per te!
Speriamo solo finisca presto!” disse mia madre sconfortata.
“Vado di sopra! Ciao Kathy!” dissi
io quando passai davanti al corridoio. Lei in risposta mi mugugnò. Non la sopportava già più! Quando
passai per il salotto presi anche il telefono con
l’intenzione di chiamare Jacob. Quando entrai in camera avevo già composto il numero di casa sua.
Passarono solo pochi secondi e qualcuno rispose subito.
“Pronto?”
Non riconobbi la voce. Probabilmente era suo padre.
“Sono Natasha,
c’èJacob?”
“Natasha?! Finalmente! Allora stai
bene! Sono Embry! Vieni subito qui! Jacobè diventato intrattabile!” mi disse
lui quasi isterico.
“Co…cosa è successo?” chiesi a
mezza voce.
“Te lo diremo quando verrai qui!
Muoviti! È urgente!” e mi sbatté il telefono in faccia.
Che diavolo hai combinato, Jacob Black? Ritornai subito giù.
“Mamma, puoi accompagnarmi da Jacob
ora? È urgente!” le dissi tutto d’un fiato.
“Calmati! Cosa è successo?” chiese
lei tesa.
Dissi la prima cosa che mi venne in mente, che in fin dei
conti poteva anche essere vera.
“Jacob sta male; mi ha chiesto se
posso andare subito da lui.”le
risposi io.
“Oh!... allora ti ci porto subito…”
In cinque minuti eravamo già a un
quarto d’ora da LaPush, nei quali la mia ansia non
aveva fatto altro che aumentare. Scesi che mia madre non si era nemmeno
fermata. Le dissi che sarei ritornata giusto in tempo
per vestirmi e andare alla festa. Senza neanche aspettare la sua risposta corsi
verso la porta della casa di Jacob e l’aprii. Lì
c’erano tutti, ma proprio tutti, i compagni di Jacob,
stretti in quel piccolo salottino e tutti avevano lividi o ferite. Oh mio Dio, Jacob, cosa hai combinato!!!
Quando entrai si levarono alcuni gridolini di gioia.
“Finalmente! Devi andare subito da lui!”
mi disseQuil venendomi incontro.
“Ma…ma cosa è successo?!” chiesi io
confusa.
“Te lo spiegherà lui, ma adesso devi
andare immediatamente da Jacob! Solo tu a questo
punto sei in grado di calmarlo!” mi urlò Jared mentre cercava di spingermi verso la sua camera aiutato da Paul. Cercai di oppormi, ma erano veramente troppo forti.
Mi portarono fino all’entrata della sua porta e se ne andarono
incoraggiandomi ad entrare.
Io guardai quel pezzo di legno davanti a
me. Non si sentiva niente provenire dall’altra parte. Immaginai cosa stesse facendo Jacob in quel
momento. Alla fine mi decisi e bussai lievemente.
“NON AVETE CAPITO CHE NON VOGLIO VEDERE NESSUNO?!?!?” urlò lui dall’altra parte. Io per lo spaventò feci un salto indietro. La sua voce non era arrabbiata,
piuttosto disperata. Povero Jacob, perché tutto
questo? Mi feci coraggio è aprii piano la porta
infilandoci la testa.
Lo vidi disteso sul suo letto con le mani sul viso.
“Ma allora no…” si fermò non appena
mi guardò. La sua espressione da scocciata che era si trasformò in totale sorpresa. Entrai e chiusi la porta. Lui mi sorrise, mentre vedevo già i suoi occhi diventare lucidi.
Non ebbi nemmeno il tempo di avvicinarmi che le sue calde braccia mi stavano
già avvolgendo. Io lo ricambiai. Il suo respiro era irregolare a causa delle
lacrime che faceva fatica a trattenere.
“Ehi!...calmati...ora sono qui con te”
gli sussurrai per cercare di calmarlo. Lui si staccò da me e mi prese il viso
con entrambe le mani. Gli occhi erano leggermente rossi e sulla sua bocca si
apriva uno splendido sorriso.
“Lo sai quanta sfortuna hai per esserti innamorata di uno come me? In questo momento sono sicuro di essere la tua più grande disgrazia…” mi disse con la voce
roca.
“Io invece credo di essere la persona più fortunata su
questa terra …” gli dissi guardandolo negli occhi. Lui fece un sorriso
sforzato.
“Davvero credi che essere innamorati di una persona che
aggredisce le persone più care che ha sia una
fortuna?”
Io lo guardai impassibile e andai a sedermi sul suo letto;
lui fece lo stesso. Lo invitai a raccontarmi che cos’era successo.
“Bhe…quando i vampiri sono venuti
da noi per chiederci se sapevamo dove tu fossi mi sono fatto prendere subito
dal panico. L’idea che tu fossi in pericolo mi
terrorizzava e mi faceva sentire completamente perso. Non so neanch’io cosa mi sia successo, ma non appena l’ho saputo mi
sono subito trasformato in lupo e….ho perso totalmente
il controllo…” si strofinò la mano sulla fronte “ho combinato un grosso guaio, Natasha. In quelle condizioni non potevo di certo venire da
te; inoltre ho impedito anche ai miei compagni di venirti a soccorrerti perché
erano occupati a trattenermi. Sono un vero disastro. Li ho feriti e loro sono
stati costretti a subire pur di non farmi del male. Mi sono comportato come un
totale irresponsabile. Sam mi ha obbligato,
giustamente, a rinchiudermi in casa, una volta ottenuto
l’autocontrollo necessario per ritornare umano. Le cose sono peggiorate
quando ho saputo cosa era effettivamente successo e…che eri stata
ferita” nascose il viso tra le mani “Hanno fatto veramente di tutto per tenermi
chiuso in casa, in modo da non farmi combinare guai in giro; sono davvero dei
compagni fantastici. Mi stavo comportando come un’altra persona. Quando ho capito quello che stavo facendo ho deciso di
rinchiudermi qua dentro e di non vedere nessuno…così non avrei potuto più far
del male a qualcuno. Stavo veramente male; non riuscivo a non pensare a come tu
potessi stare, fino a quando non sei entrata da quella
porta…” e sorrise guardandomi. La sua voce non voleva saperne di tornare
normale e continuava a essere roca.
Io lo abbracciai. Se io ero in pericolo
davvero poteva arrivare fino a questo punto? Mi sentivo spaventata e allo stesso tempo felicissima di amare una persona così
speciale.
“Anch’io avrei perso il controllo
se fossi stata al tuo posto” gli dissi per consolarlo “avrei sicuramente combinato
qualcosa. Non preoccuparti per i tuoi compagni; se dici
che sono così formidabili allora avranno capito il perché tu ti sia comportato
in quel modo e se tu ti scuserai allora non si creerà alcun problema” gli dissi
accarezzandogli una guancia “L’importante è che adesso stiamo bene entrambi,
non credi?”
Lui mi guardò con quello sguardo che mi faceva impazzire.
“Stai bene?” mi disse
“Certo! Io sono imbattibile! Ricordatelo!”
gli dissi tirandogli un pugnetto con la mano
buona per fargli migliorare il morale. Lui mi sorrise, ma notò il mio polso
bendato.
“Ti fa male?” mi disse preoccupato.
“Non tanto…” gli risposi.
Lui continuò ancora a guardarmi con quello sguardo. Sentii
un pizzicore alle guance.
“Come va con i tuoi poteri? Ora puoi provare emozioni liberamente?”
Rimasi zitta, dopo quello che mi
era successo a Port Angeles non sapevo proprio cosa
rispondergli. Decisi di raccontarglielo. Lui parve pensarci un attimo.
“Forse…questo significa che non sei più condizionata da loro..” mi disse con qualcosa di malizioso
negli occhi avvicinandosi.
“Probabile…perché? Anche se fosse?
Cos’hai intenzione di fare?” gli dissi a tono.
Lui mi guardò fissò “perché ho
intenzione di fare la stessa cosa che tu hai fatto a me l’altro ieri…”
Capii che si stava riferendo al bacio. Non avevo la più
pallida idea di cosa fare. Anch’io volevo riprovare
quelle emozioni. Forse avrei dovuto rischiare? Oppure…Non
riuscii nemmeno a rispondermi che Jacob aveva già
posato le sue labbra sulle mie, mentre la sua lingua cercava la mia. Non potei
resistergli. Lui infilò entrambe le sue mani tra i miei capelli. Facevo una
fatica immensa per non lasciarmi andare totalmente. Avevo tanta paura di poter
combinare qualcosa. Provai a diminuire il controllo di me stessa per verificare
se succedeva qualcosa. Niente. Tutto normale. Non era
successo niente. Forse Jacob aveva ragione; forse ora
non ero più condizionata dai miei poteri. Volli tentare; era un gesto del tutto
incosciente, ma volevo rischiare. Mi lasciai andare del tutto, provando quelle
sensazioni che non mi era permesso sentire. Niente!
Ancora una volta non era successo niente! Allora effettivamente non ero più influenzata
da loro! Potevo di nuovo teletrasportarmi! Ero
felicissima. Appunto. Ero felicissima e nonostante provassi tanta felicità non
era successo niente! Jacob intuì il mio benessere e
si staccò da me.
“Cosa c’è?” mi sussurrò speranzoso
“riesci a controllare i tuoi poteri?”
Io annuii con la testa. Lui mi sorrise e si distese sul
letto. Io rimasi un po’ delusa. Pensavo che avrebbe reagito in modo diverso a
questa notizia. Io mi distesi accanto a lui.
“Perché hai messo il broncio?”
disse sorridendo sfiorandomi il naso con il dito.
“Pensavo che avresti reagito in maniera diversa…” gli dissi.
Lui sogghignò “Come hai pensato che
reagissi?”
“Non lo so…” dissi sincera.
Lui guardò il soffitto sempre con quel sorrisetto
sulla faccia.
“Sai, un po’ mi vergogno a dirlo, ma mi è
capitato spesso di pensare alla mia reazione quando tu un giorno mi avresti
finalmente detto di essere in grado di controllarti. Questo non è stato
esattamente quello che avrei immaginato di fare” disse ridendo
“E cosa avresti voluto fare?”
chiesi io
Lui si voltò verso di me con un sorriso sincero.
“Una cosa per cui tu non sei
pronta…”
Una cosa per cui io non ero pronta?
Di cosa stava mai parlando?! Non riuscivo a capire.
Lui notò il mio sguardo pensieroso.
“Che cos’è?” chiesi io
“Una cosa per cui tu non sei
pronta” mi fece ancora lui sorridendo. QuandoJacob si comportava in questo modo era inutile continuare a
discutere. Mi misi le mani in tasca e sbuffai. Lui rise per la mia espressione.
“Cosa fai stasera?” mi fece lui con
un sogghigno.
“Bhe…Stasera Edward
e Bella partono per Vancouver e i Cullen hanno
organizzato una piccola feste e quindi…” dissi io un
po’ imbarazzata.
“Oh…” fece lui cupo.
Odiavo vederlo così triste. Lo guardai bene; perché era
anche un po’ arrabbiato?
“Jacob, perché sei arrabbiato con
me?” gli dissi io.
Lui sospirò “non sono arrabbiato
con te. È solo che…passi più tempo dai Cullen che con
me!”
Io lo guardai scioccata “Ma non è
vero!”
Lui mi guardò scuro in volto “Ah no?”
Pensandoci bene forse aveva ragione. Accidenti! Perché i
vampiri ed i licantropi si dovevano odiare in questo modo?!Anche se…mi dava una strana sensazione vedere Jacob così geloso per me….
“Forse hai ragione…” lo guardai negli
occhi “Domani sono completamente libera. Ti prometto che passerò tutto
il giorno con te!”
“Grazie, è davvero un pensiero gentile da parte tua” lui mi sorrise “ma domani inizia la scuola.”
Che cosa?!?!! Era come se il mondo
mi fosse caduto addosso. Il primo giorno di scuola?!
Non era assolutamente possibile! Jacob capì che non
me lo ero ricordata, rise per la mia espressione e mi abbracciò.
“Su, su, dai! È dura per tutti!”
Uffa! In questo modo sarei potuta stare con Jacob sempre meno, visto che frequentavamo
scuole diverse. Avevo la netta sensazione che ultimamente per me le cose si
stavano mettendo molto male.
La mano ancora nella tasca toccò qualcosa. La luna che gli avevo comprato! Giusto! Mi tornai a mettere supina e a infilare il pacchettino dietro la schiena. Lui capì che
stavo nascondendo qualcosa.
“Fammi indovinare…hai qualcosa per me…” fece
lui.
“Cosa te lo fa mai pensare?” feci
io ironica.
“Non so. Forse il fatto che nascondi
qualcosa dietro la schiena?”
Emisi un sospiro e lo tirai fuori.
“Cosa ti fa credere che sia per
te?”
“Perché? Non è
per me?” fece lui falsamente risentito.
“Certo che no! Sai, pensavo di fare un pensierino a Paul…ma
non so se gli piacerà… tu che ne pensi?” dissi mentre tiravo fuori la
collanina.
“Mmmhhh….sì…penso gli piacerà…”
fece lui sarcastico, poi divenne serio “È davvero bellissima.”
E sorrise. Io d’altro canto
arrossii. Gliela diedi e lui la indossò.
“Come mi sta?”
“Mmmhh….sarebbe stata meglio a Paul…” feci io.
Lui si mise a ridere e mi saltò letteralmente addosso. La
cosa mi stupì per alcuni secondi. Subito dopo cominciò a farmi il solletico
ovunque.
“NO! Ti prego! Smettila! Basta! Non ce la faccio
più!” dissi io tra una risata isterica e l’altra.
“Mmmhhh…non saprei…” rispose lui
sorridendo.
Le mie toccarono qualcosa di soffice poco lontano da me; era
un cuscino. All’improvviso mi venne un’idea. Con tutta la velocità che avevo in corpo lo presi e glielo lanciai in faccia. Lui si
bloccò subito.
“Ti devo ricordare com’è finita l’ultima battaglia?” disse
lui con falso cinismo.
“In un modo che non si ripeterà due volte” replicai io a
tono.
Avevamo entrambi in mano un cuscino. I nostri sguardi erano
ridotti a due fessure. Eravamo pronti per cominciare un’altre
epica battaglia coi cuscini, ma strani rumori provenienti fuori dalla
porta ci distrassero per un momento; erano delle voci.
“…no! cosa fai, Quil?!
Non entrare!...” disse una
voce familiare che mi sembrò quella di Embry.
“…Embry! Sono quasi quattro ore
che stanno chiusi lì dentro!” disseQuil.
Quattro ore! Impossibile! Guardai l’orologio sul comodino.
Erano quasi le sei! Caspita! Dovevo assolutamente andare a casa a prepararmi!
“Quil! Se
apri quella porta li disturbi di sicuro! Te lo senti poi tu Jacob!
Staranno facendo le loro cose!…”
“…Embry! Ma cosa cavolo stai dicendo?!?!?! Non stanno facendo un bel niente là
dentro…!”
“…E tu che ne sai….?”
Vicino a me Jacob era piegato in
due dalle risate.
“È tardi, è meglio se vai o arriverai in ritardo…mi occupo
io di loro, non ti preoccupare” disse mentre si
calmava un poco. Non aveva la voce stizzita di prima, ma
neutra. Era un buon segno.
Avvicinò le sue labbra alle mie e mi baciò.
“Ci vediamo domani” mi fece lui dopo essersi staccato da me.
“A domani” dissi io ancora scombussolata.
Mi concentrai per teletrasportarmi
a casa mia, sperando di non finire in qualche altro luogo. Ma
andò tutto bene; quando riaprii gli occhi mi ritrovai davanti alla porta di
casa mia.
Ed ecco che entra di nuovo in scena
il caro Jacobbino più tenero che mai! Adesso la
storia ha preso un ritmo mooooooolto lento….ma tra poco le cose si ritorneranno a farsi sempre più
intricate!
x pazzerella_92: nooooooo! Anche tu storia?! Pure
io dovevo ripassarla per l’interrogazione (oltre anche a latino…ma questi son dettagli^^)! Ma dovevo assolutissimamente aggiornare e soprattutto
continuare a scrivere! Salutami tanto il tuo diabete^^ps: daidaidaidai! Pensiamo positivo! quest’agosto esce il quarto! Io
non sto più nella pelle! Anche se sarà in inglese, ed
il mio inglese fa proprio schifo, di certo non starò ad aspettare che la Fazi editore lo traduca! Capirò sicuramente fischi per
fiaschi….ma questi son
dettagli! ^^
x lupacchiotta89: grazie tantissime
per i complimenti chiedendo ancora scusa se adesso i miei aggiornamenti
risulteranno più che rari… Comunque grazie ancora tantissime per pensare che ne
vale la pena di aspettare per leggerla!^^ sono strafelicissima di questo! Tanti
baci ricambiati!
x _sefiri_:
davvero?! Ti immedesimi veramente in lei?! Uau! Giuro che sono lusingatissima
di questa tua constatazione!^^ Sono contenta che Alice e Rosalie abbiano
compensato un po’ il tutto, anche se finalmente in questo capitolo il caro lupacchiotto si è fatto finalmente
vedere!^^ Scusa ancora se ti ho fatto aspettare così tanto! Kiss!
Ps: eh…eh…eh…anche se non l’ho ancora scritto la mia
mente malata è in continuo ribollimento su questo
benedetto capitolo….eheheh….
x jena92: oh dio della perversione,
dopo lungo tempo ridiscendi tra i comuni esseri umani…. ^^ Cooooooomunque
sì! Da sempre la mia mente malata desiderava un Edward
non tutto zucchero e tenerezze, ma uno veramente veramente malvagio! Purtroppo Edward
non ha questa suo lato oscuro…..sigh….alloraho trovato
questo piccolo trucchetto per soddisfare l’esigenze
del mio neurone solitario Squizzo (eh sì, ora ha
anche un nome…)!
Giuro che appena ho letto il tuo commento ho subito detto “Ma sta qua cosa si è fumata?”No, perché ne voglio un po’ anch’io!!!! Un
quadrato amoroso?! Questo non può che non essere degno
di te! Comunque l’idea di Jacobgelosone mi era venuta già venuta in mente (ah,ah!
Questa volta ti ho anticipata) eh….si
vedrà!^^ SMACK!
Questo era quello che continuavo a domandarmi guardandomi
allo specchio. Nessun’altra parola oltre a “pupazzo di neve” poteva meglio descrivermi in
quel momento. Fatta eccezione per gli occhi rossi, ero totalmente
bianca! Il monocolore fatto a persona. Con un sospiro andai in cucina.
“Woaw! Sei uno splendore! Un po’
monocromatica, ma stai bene!” fece mia madre.
“Sei bellissima!” disse raggiante Kathy.
Mi riguardai allo specchio dell’entrata; perché io ci riuscivo
a vedere solo un pupazzo di neve?!?!
“Forza, andiamo, ti staranno già aspettando tutti” disse mia
madre. Mi diressi allora in giardino, insieme a lei e
a Kathy. La guardai bene; anche lei era vestita
elegante. Perché mai? Non ne aveva
il motivo. Poi però mi ricordai dove eravamo diretti; oh no, non era possibile,
ancora! Quando sarebbe finita questa sua cotta?!
Lanciai uno sguardo preoccupato a mia madre mentre
salivo in macchina, a cui lei rispose roteando gli occhi.
Passarono i minuti, ma ancora casa Cullen
non si trovava; infatti nonostante avessi fatto quella
strada quello stesso pomeriggio, il fatto che la villa si trovasse leggermente
all’interno della foresta mi disorientava un pochino.
“Sei sicura che sia la strada giusta questa?” mi fece mia
madre.
“Certo! A meno così credo…” feci un
po’ meno convinta.
Era ormai passata mezz’ora e ancora non
l’avevamo trovata.
“Ma quando arriviamo?” fece mia
sorella impaziente dietro di me.
Ok, non si poteva andare avanti
così. Presi il cellulare e chiamai casa Cullen. Mi
risposero subito.
“Pronto” Era la voce squillante di Alice.
“Ciao Alice! Credo che…”
Proprio in quel momento comparve finalmente in lontananza
villa Cullen.
“…che ci vedremo tra pochi secondi!
Ciao!” e riattaccai. Dietro di me mia sorella aveva cominciato a saltellare.
Non avevo la minima idea di come potesse riuscirci anche
da seduta. Mia madre non si fermò nemmeno che era già scesa dall’auto.
“Vado a salutare Alice!” gridò prima di chiudere la
portiera.
“Fa che non combini guai e riportala subito qui” mi disse
mia madre disperata. Non potevo essere più d’accordo di così. Scesi e corsi verso di lei, che intanto aveva già suonato il
campanello e non voleva smetterla di saltellare. Sfortunatamente la
persona che aprii la porta fu proprio Jasper.
“Ciao Nat…” si fermò
quando abbassò gli occhi incrociando quelli di mia sorella.
Non avevo mai visto un sorriso grande come quello di Kathy in quel momento; sembrava veramente che arrivasse
fino alle sue orecchie.
“Ciao, Jasper” disse lei con un tono
talmente tanto dolce da far poter far venire il
diabete a chiunque.
“Ci…ciao, Kathy…”
In quel momento mi dispiaceva sinceramente per Jasper. Anche se stava cercando di dimostrarsi gentile la
sua espressione si era fatta annoiata, quasi
disperata. Prima che Kathyaprisse
bocca arrivai dietro di lei e la presi per le spalle cercando di spingerla
verso l’auto.
“Forza, Kathy! La mamma ti sta aspettando!” le dissi io convincente.
“Ma io…” cercò di ribattermi.
“Kathy! Vieni!”
la chiamò mia madre, venendomi in aiuto. Lei si convinse.
“Va bene…puoi salutare Alice da parte mia?” si rivolse a Jasper ancora con quel tono sdolcinatissimo.
Jasper, da parte sua, si limitò ad annuire con la
testa, ancora segnato da quell’espressione. Salutai mia
madre con la mano ed entrai. Non appena lo feci Jasper chiuse immediatamente la porta emettendo un profondo
sospiro.
“Grazie per averla mandata via…” mi disse demoralizzato.
“Fa niente, anzi, ti chiedo io di scusarla se si comporta in
questo modo…” gli risposi.
“Non per offendere, ma…..non la
sopporto più!” disse prendendosi la testa con le mani. Se
avesse potuto l’avrebbe sbattuta contro il muro
“Le passerà presto, vero?” mi chiese con uno strano tono
speranzoso.
“Sì…” ma non lo dissi molto convinta, anche perché non ero sicura
nemmeno io. Lui lo capì e scosse la testa sconsolato.
La scena aveva un non so che di comico, ma non potevo
di certo mettermi a ridere davanti a lui; quindi trattenei un sorriso. Intanto
che parlavamo mi stava accompagnando in salotto, da dove sentii provenire
alcune voci.
“Cosa diavolo ti ha fatto mettere Alice?!”
disse d’un tratto lui squadrandomi “Sembri un fiocco di neve con le gambe!” Uau, da pupazzo a fiocco di neve; stavo facendo progressi.
“Lo so, ma non ci posso fare niente. È incredibile. Riesce a
farmi fare tutto quello che vuole!”
“Alice ha tutto un suo modo di comportarsi…non resta altro
che tenercela così …” disse con uno strano sorrisino sulle labbra. Non ne ero certa, ma credevo proprio che quei due erano
innamorati l’uno dell’altra.
“E….visto
che tu la conosci da tanto tempo, saprai sicuramente come prenderla…” dissi io.
Lui si fermò e mi guardò, cercando di capire dove volessi andare a parare.
“Insegnami come fare per non farle
fare tutto quello che vuole!” gli chiesi io convinta alla fine, mentre i
brividi per l’esperienza dell’altro giorno cominciavano a percorrermi la
schiena.
Questa volta toccò a lui trattenere un sorriso “ Fidati, è pressoché impossibile che tu ci riesca. Non la conosci
abbastanza.”
“In cambio posso convincere mia sorella a non tormentarti
più” feci io con un sorrisino. Me la sono sempre cavata a trattare.
Lui mi guardò per un istante e senza
pensarci due volte mi porse la sua mano.
“Fatta.”
Io la strinsi, contenta che non sarei stata più trattata come
una bambola.
“Guarda che non sarà facile…” mi fece lui.
“Anche convincere mia sorella non
sarà una passeggiata…” gli risposi.
“Impegniamoci allora” mi disse infine aprendo la porta del
salotto.
C’erano già tutti e tutti mi stavano
guardando; Carlisle, Esme,
Rosalie, Emmett, Edward e
Bella.
Quando entrai salutai subito Bella,
la quale mi venne incontro abbracciandomi calorosamente.
“Sono contenta che tu sia venuta” mi fece con un sorriso
“Mi dispiace tantissimo che ci dobbiamo già lasciare” le
risposi io.
La bocca dello stomaco mi si chiuse; avevo sempre odiato gli
“arrivederci” di questo tipo.
“Stai veramente bene vestita così”
“Assolutamente; un pupazzo di neve a tutti gli effetti”
Vicino a lei spuntò improvvisamente anche Edward. Io in riposta gli mostrai la lingua e Bella vicino
a lui gli lanciò un’occhiataccia.
A proposito di questo, solo allora mi ero accorta che tutti
intorno a me stavano indossando vestiti per niente appariscenti; anzi, si erano
vestiti normalmente, come tutti i giorni. Ero solo io l’unica conciata in quel
modo. Mi accorsi anche di un’altra cosa; Alice non c’era, dov’era andata?
Improvvisamente qualcuno mi prese per le spalle e mi fece girare. Alice mi stava
guardando con un grandissimo sorriso sulle labbra.
“Ciao Natasha! Allora sei venuta!”
Guardai il suo vestito, era uguale
al mio. Eravamo vestite con gli stessi identici vestiti, ballerine comprese, solo
che lei ne aveva uno nero, con un cerchietto dorato
sulla testa che si intonava perfettamente ai suoi occhi.
“Ora ho capito perché me lo hai dato…grazie tantissime!”
“Già!” mi disse mettendomi sulla testa un cerchietto rosso
accesso.
“Stai proprio bene vestita così,
anche se ti sarebbe stato meglio quello rosso…” mi fece Rosalie, bella come
sempre, riflettendo sul mio vestito.
“Bene?! Certo, può anche stare bene, ma….è tutta bianca! Sembra un pupazzo di neve!” constatòEmmett
vicino a lei. Grazie per l’incoraggiamento, Emmett!
Guardai Carlisle ed Esme
nella speranza di vedere espressioni rassicuranti. Loro però mi annuirono per
niente convinti. Io mi depressi ancora di più.
“Emmett! Chiudi quella bocca! Natasha vestita così sta benissimo!” mi
disse Alice vicino di me cingendomi le spalle con un braccio.
Dopo questo piccolo disguido iniziale la serata procedette
nei migliori dei modi. La maggior parte del tempo lo passai
parlando con Bella ed Edward, ma mi ritrovai a
chiacchierare anche con tutti gli altri. Non avevo proprio idea che i vampiri potessero essere così simpatici! Soprattutto
Emmett, anche se bisognava prenderlo per il verso
giusto.
Mi ricordai tutto ad un tratto del fatto che ormai i miei
poteri si erano ristabiliti e lo comunicai felice a Carlisle.
“E tu che non facevi altro che lamentarti…”
mi fece lui con un sorriso a cui io risposi trattenendo un sorriso ed alzando
le spalle.
“Che ne dite di fare un paio di foto?” disse d’un tratto
Alice con in mano la macchina fotografica.
Oh no! Basta foto! Ne avevo avute già
abbastanza! Ma ovviamente Alice riuscì a convincerci,
uno per uno; come faceva sempre, d’altronde. Jasper
aveva molto da fare con me.
Erano passate un paio di ore e la
situazione non era cambiata di molto. Forse erano i vampiri che percepivano la
monotonia in un certo modo, essendoci in fin dei conti abituati; forse ero io
che mi ero fatta una certa idea di “festa”, ma non
potevo fare a meno di pensare che, insomma, mi stavo cominciando ad annoiare! Infatti per pura fortuna riuscii a far passare uno sbadiglio
di noia per uno di sonno. La cosa strana era che Bella, pur essendo umana, non
dava questo tipo di segni. Molto probabilmente sarà stata la presenza di Edward al suo fianco a farle
perdere la cognizione del tempo. Non aveva tutti i torti; anch’io l’avrei
pensata così, se ci fosse stato Jacob. Al suo
pensiero una strana invidia mi percosse e me ne imbarazzai anche un poco.
“Tutto bene, Natasha?” mi fece Rosalie accanto a me. Il rossore mi aveva puntualmente
tradito.
“Sì, certo! Mi potresti dire dov’è il bagno?” dissi riscuotendomi subito.
“Sali le scale, prima porta a sinistra” mi rispose lei
indicando le scale con la punta del suo indice perfettamente curato. Mugugnai un grazie e mi alzai. Appena salite le scale
la mia attenzione venne catturata da una grosse croce, molto rifinita e
decorata posta sulla parete dall’altra parte del corridoio. Mi avvicinai per
ammirarla. Era davvero molto bella. Non avevo una grande esperienza
in campo artistico, ma credevo proprio che fosse originale. Molto
probabilmente perché lo era, Natasha. Che buffo, però. Avevo sempre creduto che i vampiri avessero
timore di aglio, paletti d’argento e croci. Questo
dimostrava ancora una volta che le dicerie che si sentivano in giro sui vampiri
erano assolutamente false. Mi girai per dirigermi al bagno per così rinfrescarmi
un po’, ma dovevo aver fatto con la testa uno scatto
troppo veloce. Infatti l’orecchino a forma di cerchio
che indossavo mi scivolò dall’orecchio e finì dritto dritto
sotto un tavolino lì vicino. Mai una che mi andasse bene, eh? Senza
preoccuparmi molto mi misi a gattoni per vedere dove fosse
finito. Ovviamente con la sfortuna che avevo era finito proprio in fondo
e non riuscivo a prenderlo con la mano, nonostante avessi infilato tutto il
braccio. Non mi piaceva per niente questa situazione; cosa avrei fatto adesso?
Andare a chiedere aiuto a qualcuno per un orecchino? Mentre
pensavo su cosa fare improvvisamente il mio orecchino si mosse
impercettibilmente. Cos’era stato?! E se fosse… mi venne l’idea. Certo! Avrei potuto usare i miei
poteri! Se non sbaglio una volta avevo fatto lievitare
un lecca-lecca. Forse anche adesso ci sarei riuscita! E
poi, come consigliato da Edward, dovevo imparare a
gestire i miei poteri. Quindi cercai di concentrarmi
per far muovere quel benedetto orecchino, ma subito dovetti fermarmi. Di
preciso, come si faceva a spostare qualcosa con la forza del pensiero?! Ora come ora l’unica cosa che mi restava da fare era tentare. Tornai quindi a concentrarmi cercando
di farlo spostare in qualche modo. Forza, dai, muoviti!
Strizzai gli occhi per cercare di sforzarmi il più possibile, finché le mie
dita non toccarono qualcosa di sottile e freddo. Ce l’avevo
fatta! Ero riuscita a farlo muovere con la forza del mio pensiero! Per la
felicità feci un balzo che mi fece sbattere la testa
contro il tavolino. Cavoli! Che male! Ovviamente la
mia sfortuna non doveva limitarsi solo a questo, mi pareva
giusto. Sopra quel tavolino c’era anche uno specchio. Tolsi il cerchietto che
mi aveva dato Alice e ne approfittai per sistemarmi e
per rimettermi l’orecchino. Ebbi però una brutta sorpresa; due ragnetti, uno piccolino, l’altro piuttosto grosso per i
miei gusti, stavano facendo la loro passeggiatina serale sui miei capelli. Il
ribrezzo e la paura mi assalirono e non potei non trattenere un urlò. Cominciai a dimenarmi e a scuotere convulsamente i
capelli. Maledetti ragni! Morissero tutti quanti!
“Cosa è successo?!” disse una voce
familiare che io ero troppo occupata per identificare.
“SUI CAPELLI, SUI CAPELLI! SONO SUI
CAPELLI!!!!” cominciai a gridare continuando a
muovermi alla cieca. Non c’era che dire, in quel momento ero davvero patetica e
buffa, ma non riuscivo a farne a meno.
“Sembra posseduta!” sentii ridere qualcuno che non poteva
essere altro che Emmett. Per pochi secondi quella
frase mi calmò un poco e cercai di rispondergli in
modo più calmo possibile.
“POSSEDUTA VALLO A DIRE A QUALCUN ALTRO! PIUTTOSTO TIRAMELI
VIA DALLA TESTA!!!!”
Ecco, per l’appunto, in modo più calmo possibile. D’altro
canto Emmett rise ancora di più per la mia risposta. Sentii
qualcuno prendermi per le mani e mobilizzarmi senza
problemi.
“Natasha, calmati! Non hai niente
tra i capelli!”
Io riuscii a calmarmi e alzai la testa. Davanti a me Alice mi stava tenendo i polsi e mi stava guardando con aria
piuttosto preoccupata, come d’altra parte stavano facendo tutti quanti. Mi
voltai lentamente verso lo specchio. Era vero, non avevo più niente in testa, solo una montagna
di capelli arruffati. Tirai un sospiro di sollievo e
mi tirai i capelli indietro. Mi tornai a girare; tutti dal salotto si erano
precipitati qui e mi stavano guardando come fossi pazza. Io arrossi di botto.
“Ehm…ragni suoi capelli…” ammisi in un sussurro.
Da preoccupati i loro sguardi diventarono scettici; Emmett scoppiò in una risata fragorosa, Carlisle
si stavano tenendo la fronte con le mani, Bella ed Alice stavano a sento trattenendo un sorriso, Esme
mi guardava con compassione, Rosalie tirò un sospiro, Jasper
sbuffò ed Edward scuotendo la testa tornò giù in
salotto. E io continuavo ad essere rossa.
“Hai…hai gridato perché hai visto un ragno?” fece Alice
davanti a me con un grandissimo sorriso che voleva trattenere una risata.
“Erano due” feci io mogia.
“Cioè…tu ti sei spaventata perché
hai visto questi?” mi fece Emmett con i due ragni in
mano.
“Tienili lontano da me!” cominciai a
urlargli io incontro, nascondendomi dietro di Alice.
“Non per offenderti Natasha…”
cominciò Rosalie scendendo le scale “ma sei proprio un
caso disperato!”
“Perché proprio una così?” disse
sarcastico Jasper alzando le mani e gli occhi al
cielo e seguendo Carlisle.
“Ehi…grazie tante per la stima!” feci io imbronciata.
“Ehi! Non ti offendere! Stiamo solo scherzando!”
disseEmmett ridendo cingendomi con un braccio
il collo e con l’altro sfregandomi il pugno in testa.
“Lasciami subito andare!” cominciai a dimenarmi io, con
l’unico risultato che lui rise ancora di più, ma alla fine mi lasciò stare.
“Ci hai fatto allarmare, lo sai?”
mi fece Carlisle avvicinandosi con aria rassegnata.
“Perché, non lo faccio sempre?”
feci forse con tono un po’ amareggiato. Lui mi guardò per un paio di secondi
con aria pensierosa. Poi mi sorrise e mi sfiorò il
naso con l’indice.
”Forza, vieni giù.” Io risposi al sorriso e lo segui
scendendo le scale.
Come se niente fosse la situazione tornò come pochi minuti prima. Io d’altro canto me ne stavo ancora
sulle mie pensando a quell’abominevole figura. Ma, dico, mai possibile che non me ne vada bene una? Inoltre
mi accorsi benissimo che Edward, non appena fui
tornata in salotto mi lanciò un’occhiata molto pesante. Probabilmente
perché l’avevo fatto scomodare per niente. Pensandoci bene, però, ciò
non era tutto negativo; infatti stava a significare
anche che, in qualche modo si era preoccupato per me. Ciò dimostrava veramente
che non serbava più odio nei miei confronti. La mia piccola riflessione venne interrotta dalla dolce Esme.
“Edward, potresti per cortesia
suonarci il pianoforte? Mi piacerebbe molto sentire per l’ultima volta la mia
canzone preferita prima che tu te ne vada” fece lei
con uno smagliante sorriso.
”Certo, Esme, ne sarei molto felice, ma…” fece lui
con un tono leggermente più alto del normale “…rischierei di far addormentare
qualcuno” e mi lanciò un’occhiata maliziosa. Io arrossii ancora di più.
“Non vorrai mica dire che fiocco di
neve si è addormentata mentre tu suonavi il piano?!” disse Emmett
ricominciando a ridire fragorosamente, nonostante in quel rumore ci fosse una
strana nota armoniosa. Questa me l’avresti pagata, EdwardCullen. Poi mi ricordai di quello che avevo fatto
poco prima e…mi venne in mente un’idea geniale! Notai che ormai l’acconciatura di Edward era diventata fin troppo
monotona e che…aveva bisogno di un drastico cambiamento! Inoltre così facendo
avrei anche dato un po’ di vita a alla situazione.
Oddio…parlare di vita quando si trattava di vampiri mi pareva un grande
eufemismo. Esattamente come avevo fatto poco prima mi
concentrai sui suoi capelli; in pochi secondi, senza che nessuno se ne accorgesse
una ciocca si alzò, dritta e immobile. Però, stavo
imparando velocemente! Ciocca dopo ciocca in pochi
minuti i suoi capelli si erano tutti quanti drizzati e si levavano dalla sua
testa in un modo insolito; sembrava che avesse un porcospino al posto della
cute. Finalmente qualcuno se ne accorse; Alice, a
bocca aperta, guardava prima lui, poi me, Bella ed Esme
se la ridevano sotto i baffi. Jasper si avvicinò a me
con disinvoltura
“Sei una grande!” mi disse a denti stetti e porgendomi il
palmo della sua mano, a cui io sorridendo diedi il cinque.
Insomma, l’unico che non se n’era accorto
era proprio lui, impegnato in una conversazione con Carlisle,
Emmett e Rosalie. Non vedevo l’ora che se ne accorgesse per vedere che faccia avrebbe fatto!
“Edward” disse Alice. Lui si volto verso di lei, che prontamente gli fece una foto. Lui
capì che c’era qualcosa che non andava. Prima guardò con
sospetto tutti i presenti, per poi andare in salotto, dove c’era un
grande specchio di fronte alla porta d’entrata. Quando uscì un mormorio di
risate trattenute si levò nella stanza.
“Oh, oh. Si è arrabbiato
parecchio; ti consiglio di cominciare a correre” mi fece Jasper
vicino a me ridendo. Infatti poco dopo le porte del
salotto si spalancarono di botto ed entrò Edward
peggio di una furia, ma invece di spaventarmene mi rallegrai ancora di più.
“McAnderson…” digrignò sotto i
denti guardandomi
“Sì, Cullen?” risposi io
trattenendo le risate
“Rimettimi subito i capelli a posto…” mi minacciò lui.
“Quali capelli? Ah, quelli! Perché?
Ti stanno così bene….” gli risposi io facendo la finta
tonta.
“Lo sai, Natasha, in questo
momento devi ringraziare il fatto che io non ti possa
far del male…” mi fece scherzando e avvicinandosi a me.
“Come? Non lo sai che le donne non si toccano nemmeno con un
dito?” feci io indietreggiando, per non essere sovrastata dalla sua altezza al
pari di quella di Jacob.
“Appunto, le donne, non i pupazzi di neve” mi fece riducendo
gli occhi a due fessure. Io imbronciata gli feci una linguaccia.
Improvvisamente intorno a me si fece tutto nero.
“Ok, molto divertente! Ora potete
anche riaccendere la luce!” dissi calma, ma nessuno
parlò.
“Natasha, la luce è accesa…”
sentii vicino a me la voce di Bella tesa. Cosa?
Com’era possibile? Sentivo che tutti i miei sensi funzionavano, ma non la
vista.
“O mio Dio….guardatele
gli occhi…” commentò Rosalie seria. Cosa avevano i miei occhi che non andava?!
“Natasha, ti senti bene?” sentii
la voce diCarlisle vicino a me. Io annuii; stavo infatti benissimo,
ma c’era qualcosa che non andava ai miei occhi. Improvvisamente una luce
sfuocata mi si presentò davanti. Non era una luce normale, di quelle chiare e
rassicuranti. Era una strana e spiacevole luce viola al neon; come quelle usata
nei laboratori. Era quindi in un laboratorio che mi trovavo? Poi mi bloccai un
momento. E se stava succedendo lo stesso che era
successo con Jack? E se ero ritornata a vedere con la
sua mente, così, all’improvviso, oppure con quella di qualcun altro? Era però
una cosa stranissima. Il mio udito, il mio tatto ed il
mio olfatto mi facevano capire di essere a casa Cullen;
solamente la vista mi tradiva.
“Natasha, co…”
cominciò Alice.
Io la interruppi con la mano; dovevo essere circondata dal
silenzio più totale per capire cosa stava succedendo. Sotto quelle
poco luminose ed inquietanti luci riuscì a distinguere solamente una serie di
camere a vetro e tanti fili alla rinfusa sul pavimento e su delle specie di
ripiani, tutti sporchi di uno strano liquido chiaro che sotto quella luce non
riuscii a capire cosa fosse. In che diavolo di posto ero? In lontananza vidi
una porta aprirsi e sprigionare una chiare luce
giallastra grazie alla quale potei vedere le ombre di ciò che la stanza di
quella porta contenesse. Erano grosse ombre che si dimenavano come impazzite;
di cosa non riuscii a capire. Non avevo mai visto ombre di esseri
così…insoliti. Emanavano infatti una forte atmosfera
di pericolo. Dei brividi mi percossero la schiena. A casa Cullen
se ne accorsero e cercarono di parlarmi, ma io li
interruppi prima che proferissero sillaba. Non ora; dovevo cercare di capire
dove mi trovavo e chi ero, ma non riuscii a capire
nient’altro che l’ombra di quello che doveva essere un lungo abito nero.
Ancora una volta divenne tutto scuro. Quando fu tutto più chiaro questa volta mi trovavo a casa Cullen.
Il bianco candido delle pareti mi illuminò gli occhi
che per troppo tempo erano stati in un luogo buio. Ero seduta su uno di quei
divani bianchi e l’intera famiglia Cullen mi stava
circondando.
“Ehi! Si è svegliata!” disseEsme vicino a me. Tutti quanti mi circondarono con
un’espressione seria sul viso.
“Natasha, tutto bene?” mi fece Carlisle vicino. Io annuii. Solo allora mi accorsi che ero
madida di sudore.
“Sei sicura? Sei stata per più di quattro
ore così!” continuòEsme. Quattro ore? Com’era
possibile? A me era sembrato non più di qualche minuto!
“Cosa hai visto?” mi fece poi scuro
in volto Carlisle. Cominciai quindi a raccontare ciò
che mi era successo nei dettagli. Ciò non fece altro che incupire ancora più
tutti.
“Cosa poteva mai essere?” dissi
alla fine.
“Questa volta non ne ho la più pallida idea. Dopo il tuo
attacco di sonnambulismo di questa mattina stiamo
sempre più perdendo il controllo della situazione. A questo punto ci possiamo
aspettare di tutto da Marte…se si tratta sempre di lui, ovvio…” fece rassegnato
Carlisle “L’unica cosa che possiamo fare è anticipare
la partenza per Volterra il più possibile…”
“L’importante è però che tu adesso stia bene” mi fece Alice
vicino a me per rassicurarmi. Io segui il suo incoraggiamento,
anche se quei brividi restarono.
“Bella edEdward
sono già partiti?” chiesi premurosa, visto che non li vedevo da nessuna parte.
“Sì, sono dovuti subito andare…” mi rispose Esme. Che peccato! Non avevo
potuto salutare Bella edEdward
come volevo. Li avrei sicuramente rivisti tra breve, ma ciò non contribuì a sollevarmi il morale.
“Pensa che Edward è dovuto andare
via con quei capelli!” fece Alice sottovoce per tirarmi su il morale, cosa che
riuscì.
Dovevo ammettere che dopo quel episodio
la mia mente si sentiva molto, molto stanca. Era strano, non
avevo provato una così tanta spossatezza l’ultima volta. Carlisle se ne accorse.
“È meglio se adesso tu vada a casa a riposarti…Alice, la
puoi accompagnare tu?”
“No! Non fa niente! Non voglio creare altro disturbo! Sono
in grado ormai di teletrasportarmi!”
“Sei sicura?” mi disse Rosalie sospettosa.
Io annuii con energia, cercando di convincerli.
“Bene…allora buonanotte, Natasha…”
mi fece Carlisle.
“’notte
anche a voi!” poi riflettei bene su quello che avevo detto e arrivai alla
conclusione che non era proprio adatto alla situazione. Per fortuna sembrava
che gli altri non se ne fossero accorti. Feci un saluto generale a tutti e
pochi secondi dopo mi ritrovavo di nuovo davanti alla
porta di casa mia. Entrai quatta quatta;
mamma e Kathy stavano dormendo. Non c’era da stupirsi
visto che era mezzanotte passata. E domani dovevo
anche andare a scuola.
Rimboccata sotto le coperte desideravo moltissimo riflettere
e cercare di capire qualcosa di più sulla “visione” di poco prima, ma ero
talmente tanto spossata che mi addormentai subito, con l’immagine del ciglio
non ancora del tutto appassito sul mio comodino.
Ah…ah…ah…questa volta sono stata un
po’ crudele con Edward (perché quando non lo sono?).
Non è perché non mi piaccia questo personaggio, anzi, solo che…è una
persona che “ispira” (Attenzione! Parola molto sospetta...) Ehehehehe…
Venendo al sodo vorrei fare un annuncio: dalle mie parti è
arrivata l’estate! Cosa c’entra questo con la ff? Bhe… con il caldo tendo a
perdere un po’ TANTO la testa, in modo mooooooolto
pericoloso. E questo ha delle altrettante pericolose
conseguenze su quello che scrivo. Tutto questo quindi solo per chiedervi di non
spaventarvi se proprio nel momento di spunnung del
capitolo di turno qualcuno si mette un gonnellino di
paglia e inizia a ballare il limbo o comincia a mettere e togliere la cera
gridando “Metti la cera! Togli la cera!” oppure si crede Maria
de Filippi a C’è Posta per
Te oppure Tonio Cartonio.
Ultima cosa: ho messo raiting
giallo per sicurezza anche perché sinceramente non so nemmeno se ho fatto bene;
tra rosso, giallo, verde e arancione la cosa è più complicata di un semaforo!
Mancano solo il violetto, l’indaco ed il blu per farci l’arcobaleno!
Concludo prima di cedere
ringraziando tutti per essere arrivati fino a questo punto della ff e per tutti gli incoraggiamenti e commenti che
puntualmente non mi fate mancare! Vi ringrazio tantissimo
ragazzi!
x pazzerella_92: *dentro il
cervellino dell’autrice alla parola “ospedale” [ospedale=dottori=dottori anche
piuttosto figi=Dott.Cullen=sbav…sbav…*-* ] * ok….basta pensare a queste cose!
Grazie ancora tantissimo per il commento! W il diabete e i dottori in ospedale
che te lo curano *-* (scusa, ma ormai la mia mente è tutta lì e non riesce a
rispondere in modo decente)! ps: o Dio…ma hanno
proprio stravolto tutto! Il dialogo iniziale del film nel libro si verifica quando tornano da Port
Angeles, non in una stramaledettisma foresta! E
adesso divento una furia…PERCHÉ SALTA FUORI DALLA FINESTRA ALLA FINE?!?! DIMMI PERCHÉ! No… cioè, dimmi
se sono io un’idiota totale e stavo pensando al cielo com’era bello con gli
uccelli che cinguettavano mentre leggevo quel pezzo oppure se lo sono inventati
loro di sana pianta. CHE COSA VUOL DIRE CHE SALTA
FUORI DALLA FINESTRA??!?!EH?!?!? >:(quella scena è tutta sbagliata anche perché
non so se hai notato poi come prendere Bella…le avrebbe sicuramente strappato
un braccio!…Ok...ora prometto che mi calmo…grrrrrrrr…>>>>>: ((((((((
x _sefiri_:
ok… ho paura °_° scusa….ma
cosa intendi dire per “non riesco a trattenere l’emozioni”? *nel cervellino
matto dell’autrice [sefiri che comincia ad urlare
istericamente come una pazza da manicomio davanti al computer con un mescolo in
mano ed una pentola in testa]* Cosa c’entrano il
mescolo e la pentola? Sinceramente non lo so…chiedilo alla parte remota della
mia mente da dove viene tutto quello che pubblico…Capita che talvolta la mia
mente malata confonda la pazzia con le emozioni…Dopo questa parentesi penosa ti
ringrazio di cuore per aver commentato e per
considerare questa ff fantastica!^^ Tantissimi Kisses!
xjena92: ro…rosmarino? Tu sfrutti il potere del
rosmarino per diventare ciò che sei, o dea della
perversione? Dovrei provarlo anch’io… chissà poi cosa ne esce
fuori… altro che bacetti e frasi ambigue…qualcosa di
molto più simile a due criceti iperormonali durante
la stagione degli amori che a due persone normali… ok,
già capito, evitiamo il rosmarino e diamoci a qualcosa di meno forte, va. Visto! Sto imparando! Anche se il rosmarino non ce l’ho la mia mente malata sta diventando sempre più
perversa! MHWAWAWAWAW!!!Grandi baci!
x lupacchiotta89: Se dici ancora
una volta Jake giuro che vado all’ospedale per coma
improvviso! Grazie tantissimo per il sostegno e per sopportare i ritardi
disumani di questo essere strano e complesso che sta comunicando con te (la mia
autostima fa paura…)! Aspetta solo fino agiugno…. Aspetta solo fino agiugno…+-+…basta, mi
sto facendo paura… Grazie ancora tantissimo! Alla prossima!
x Saphira87: uau!
Chepapirozzo! Vediamo di
rispondere in maniera altrettanto adeguata. 19 capitolo in una mattina?! Caspita! Ahi del fegato ragazza! Giuro che quando parto
con il presupposto di rileggermi, che dopotutto non mi farebbe male, è già
tanto se arrivo a tre! Poi mi stufo e lascio stare. Così alla fine scrivo non
ricordandomi di quello che è successo. Questo solo per informarti a che razza
di persona hai commentato! Ah… sono rimasta senza
parole per cosa hai scritto! Cioè…uau!
Sono strastrastralusingata! Soprattutto quando hai
scritto di aver avuto fortuna a leggere questa ff! Mi
hai reso veramente strafelicissima! Solo… solo una cosa… puoi posare quel
coltello a terra per piacere? Mi fa solo un po’ di paura…°-°. Mmmhh… non vorrei deluderti, ma non penso
di descrivere nei minimi dettagli quella scena, per un semplice motivo di raiting. Non credo di sapere scrivere una scena simile
intrisa del romanticismo di cui deve essere degna. Insomma… ho paura di
descrivere l’accoppiamento selvaggio di due puma altrettanto selvaggitipo Superquark! Romanticismo
zero e scene da raiting altro che rosso! Per ora
quindi non vorrei rischiare, ma… aspetta…aspetta… ^^! Adesso
che sai che hai a che fare con una pazza spero solo che tutte le buone opinioni
che ti sei fatta su di me non si siano frantumate! Grazie ancora tantissimo per
aver commentato! Smack!
xPocia:
w chi ama Jacob! Giuro che non capisco tutte coloro che non lo apprezzano L.Bo… È solo un
povero cucciolotto confuso ...sigh….grazie
tantissime per apprezzare sta rob…ehm…ff e anche per il modo in cui scrivo (strano, visto che da
sempre non mi è mai particolarmente piaciuto scrivere )! Prometto che mi impegnerò a postare il più presto possibile! Parola di
lupetto (lupetto=Jacob=sbav…sbav…*-*)!
x Ada Wong:
eheheheh….aspettaaspetta il prossimo capitolo hihihihih….Prometto
che cercherò di inserire Jacob il più spesso
possibile, anche perché ho notato che molti aspettano impazienti il lupacchiotto super caldo cucciolotto
( pardon, detto così mi sembra un sosia dei cuccioli cerca
amici…-.-) *-* ! Grazie ancora per il commentozzo!
Spero che anche questo capitolo ti abbia “interessato”, anche
se il Jake non c’è stato…. Tanti bacioni!
Perché? Perché mia sorella era destinata a rendermi il
mattino difficile, seppur fosse già di suo complicato? Quanto avrei voluto che
se ne fosse stata zitta e che mi avesse lasciato dormire. Purtroppo sapevo che
se lo faceva c’era un perché: era il mio primo giorno di scuola e scommettevo
che, stufa di vedermi ancora in vacanza mentre lei era a scuola, stava provando
una gioia immensa nel farlo. Questo era il lato sadico di mia sorella.
“Dai Kathy, smettila... ancora cinque minuti” mugugnai
nascondendomi sotto le coperte.
“Kathy? Io non sono Kathy!” disse quella voce, che ora
seppi con certezza non trattarsi di mia sorella. Mi alzai di scatto. Non ci
potevo credere! Alice si trovava in camera mia e cercava di buttarmi giù dal
mio letto!
“Alice! Cosa diamine ci fai qui?”
“E me lo chiedi pure? Oggi è il tuo primo giorno di scuola
e devi essere splendida!” fece lei.
Guardai l’orologio. Cosa? Le cinque del mattino?! Cercai
di connettere i pensieri; un vampiro si trovava in camera mia per farmi
vestire?!
“Senti, Alice, io non ho bisogno di essere splendida”
cercai di farla ragionare.
“E dai! Cosa c’è di male?”
Oh no, lo stava facendo, ed era più forte che mai; la sua
persuasione era più forte della mia forza di volontà!
“…o…ok…” sussurrai io. Lei mi rispose con un grandissimo
sorriso e non perse tempo. Si diresse verso il mio armadio per decidere quale
vestito avrei dovuto mettere. Non capii quanto tempo stette immersa tra i miei
vestiti, anche perché io mi riaddormentai di nuovo. Pazzesco! Perchè stava
succedendo?!
“Ehi! Svegliati! È tardissimo! Forza mettiti questi!” e mi
lanciò addosso dei vestiti. Io guardai assonnata prima lei, poi i vestiti.
“Forza! Non abbiamo mica tutto il giorno!” disse battendo
le mani. Certo che quando si impegnava diventava veramente una forza della
natura. Molto svogliatamente obbedii. Non capivo perché ci aveva messo tanto,
insomma, si trattava solamente di un paio di pantaloni bianchi e di un golfino
nero! Mah...
La parte peggiore però doveva ancora arrivare: i capelli.
Restai circa un’ora seduta sulla sedia della mia camera mentre Alice dietro di
me, lo dovevo dire, esprimeva tutta se stessa. Prima mi fece i capelli lisci,
poi ricci, ma non contenta me li ritornò a fare lisci e mi fece questa volta i
boccoli.
“Finalmente sei pronta!” disse dopo quelle che dovevano
sembrare ore. Mi guardai allo specchio; quello che aveva fatto lei in ore io
avrei potuto farlo in cinque minuti, capelli a parte, ovviamente. Ormai non si
riusciva più a capire se fossero mossi, lisci o boccolosi. Tornai a guardare
Alice, la quale stava studiando la sua creazione, ovvero me.
“Sì, sei proprio pronta! Vai, che sei già tardi, e non
rendere vano il mio lavoro!” mi disse spingendomi con poca delicatezza fuori dalla
porta. Guardai spazientita l’orologio. Caspita, aveva ragione! Mancavano solo
dieci minuti all’inizio delle lezioni e se non mi fossi mossa sarei arrivata
sicuramente in ritardo! Scesi quindi subito giù in cucina. Mamma era andata ad
accompagnare Kahty a scuola, quindi non c’era nessuno a cui potevo chiedere un
passaggio. Mi misi il mio giubbotto bianco e uscii di casa. Mannaggia! Se solo
avessi conosciuto bene il luogo mi sarei almeno potuta teletrasportare! Invece
mi ritrovavo a correre come una matta per la strada! Anche perché…caspita!
Quasi me l’ero dimenticata! Jrere come
una matta per la strada!re e Kahty a
scuola, quindi non c' minuti.i
boccoli.o una gioia immensacob
aveva ancora la mia bicicletta!!! Quando si sarebbe deciso a ridarmela, una
volta per tutte?!? Così con questi pensieri in testa maledicendo Alice per le
sue fissazioni stavo correndo verso scuola. Guardai l'orologio; mancavano solo
cinque minuti ed io non ero ancora arrivata a metà strada! Non dovevo
assolutamente arrivare in ritardo il primo giorno! Prima di pensare cosa fare
vidi passarmi vicino un auto della polizia che si fermò poco dopo. Era l'auto
dell' ispettore Swann
"Ehi, Natasha! Vuoi un passaggio?" mi fece lui
con il finestrino abbassato. La mia salvezza! Con un gran sorriso entrai in
auto dalla parte del passeggero.
"Grazie mille, signor Swan!"
"Figurati! E chiamami Charlie!" mi rispose lui
sorridendo.
Il viaggio durò solo cinque minuti e lo passammo più che
altro parlando di Bella e del suo college a Vancouver. Appena arrivati tutti
stavano guardando l'auto della polizia. Oh caspita, a questo non avevo proprio
pensato! Attirrammo l'attenzione per tutto il tempo, anche perchè Charlie si
fermò proprio davanti all' entrata. Non male come inizio! Scesi dall' auto
rossa in viso. Uau, proprio una figuraccia da record.
"Buon primo giorno!" mi salutò lui andandosene.
Io risposi con un cenno della mano, dirigendomi verso l'entrata della mia nuova
scuola. Tutti mi stavano guardando, ma ormai non mi stupivo più di tanto. Ero
abituata a questo tipo di accoglienza. La nuova ragazza albina di cui nessuno
sapeva niente. Era il titolo che mi portavo dietro da tantissimo tempo. Quando
attraversai il corridoio notai più di qualche occhiatta seguirmi, nonostante
continuassi imperturbabile a seguire il corridoio in cerca della segreteria. La
cosa che però mi diede più fastido fu quando un ragazzo sicuramente più grande
di me, passandogli accanto, cominciò a guardarmi ossessivamente il didietro. Se
c'era una cosa che non sopportavo era proprio questa. Mi girai a guardarlo con
non curanza e continuando a camminare.
"Ti consiglio di tornare a guardare il tuo ciuccio e
lasciare stare queste cose da grandi"
Notai che lui rimase piuttosto perplesso, mentre i suoi
amichetti, che non si dimostravano a quanto pareva meno stupidi di lui,
cominciarono a sghignazzare e a rinfacciarglielo. Mi tornai a girare
imperturbabile, ma anche leggermente soddisfatta. A quanto pareva anche nelle
scuole di piccoli paesi non mancavano personaggi di questo tipo. Riuscii a
trovare la segreteria dove mi consegnarono una cartina della scuola ed il mio
orario delle lezioni, insieme ad un modulo che dovevo far firmare a tutti i
professori del giorno, di cui io non capii tuttavia l'utilità. Cominciai quindi
a dirigermi verso la mia aula; quella di biologia. Quando entrai il professore
non era ancora arrivato; in compenso circa una ventina di occhi mi stavano
osservando. Entrò tuttavia solo pochi secondi dopo; firmò con non curanza il
modulo che gli presentai e mi mandò a sedere, senza nemmeno presentarmi alla
classe. Meglio così, non ero costretta a ricambiare forzatamente tutti quelli
sguardi. Mi diressi verso il fondo della classe non avendo la minima idea di
dove potermi sedere. Trovai un posto libero nell'ultima bancata, vicino ad una
ragazza dai lunghi capelli neri e setosi e dagli occhi leggermente a mandarla.
"Posso sedermi qui?"
Lei mi guardò per pochi secondi studiandomi; poi le si
illuminarono gli occhi.
"Certo!" fece lei togliendo dalla sedia su cui
dovevo sedermi con poca gentilezza la sua borsa. Dovevo ammettere che questa
ragazza era parecchio strana, ma mi incuriosiva tantissimo. I suoi capelli
erano legati in una scompigliata coda improvvisata con una matita e la sua
borsa multicolore non la smentiva. Mi piaceva questa ragazza; non aveva paura
di far vedere se stessa.
"Piacere, Yasumi Evans" mi fece lei porgendomi
la mano. Notai che aveva le unghie, seppur lunghe e curate, smaltate di colori
vivavi l'uno diverso dall'altro.
"Natasha McAnderson."
Lei mi guardò sospettosa
"Da quanto sei qui a Forks? Non ti ho mai vista in
giro quest'estate"
"A dire il vero mi sono trasferita ad agosto e non ho
avuto molto tempo per uscire..."
"Davvero? Strano... in questo sputo di paese di
solito si sa tutto di tutti. Mi stupisce il fatto che non sia girata la
voce..." Ecco perchè mi stavano fissando in maniera strana.
"Ah ah..." fece lei studiandomi. Sì poteva mai
sapere cosa aveva tanto da fissare?! Mai visto un'albina? Bhe...molto
probabilmente no, visto che non credo che a Forks pullulase di albini prima di
me.
"Lo sai" fece lei ancora con quella espressione
"mi stai simpatica. Bhe... qualsiasi persona che sgamerebbe quel cretino
di Stevenson mi starebbe simpatico, a dire il vero. Sei stata proprio
forte!"Io d'altro canto arrossi.
Allora avevo avuto un pubblico più vasto di quanto avevo immaginato poco fà.
Non mi era mai capitato di conquistare la simpatia di qualcuno in così poco
tempo e soprattutto in questo modo. Purtroppo la lezione cominciò e dovemmo
troncare lì la nostra conversazione. Per altrettanta fortuna finì anche
velocemente.
"Che lezione hai adesso?" mi fece subito Yasumi.
Io guardai il mio foglio.
"Inglese"
"Anch'io, ci andiamo insieme?"
"Certo"
Mi piaceva questa ragazza; era una tipa fuori dal normale,
ma era molto alla mano.
"Da dove hai detto che vieni?" mi chiese mentre
ci incamminavamo verso l'aula di inglese.
"New York" risposi io sciolta.
"Cosa?! E come caspita può una newyorkese
attraversare l'intera America per venire qua?!" chiese scioccata.
"Storia lunga..." morzai io. Non volevo che
persone conosciute da poche ore sapessero questo tipo di cose sul mio conto,
per quanto potessero essere simpatiche. Lei d'altro canto non insistette molto;
altro punto per lei.
"Ehi Crosta, come va?" sentii d'un tratto dire a
Yasumi. Era la voce di un ragazzo, non molto più alto di me e di Yasumi, che le
si avvicinò e le scompigliò i capelli. Portava un paio di occhiali che
rovinavano il suo bel viso e aveva corti capelli castano chiaro sparati in aria
col gel . Insomma, un semplice ragazzo nella norma.
"Ehi! Chiudi quella boccaccia, quattrocchi!" gli
fece lei ridendo di gusto. Da come si comportavano dovevano essere sicuramente
grandi amici.
"E lei chi è?" disse un'altra voce maschile più
gentile. Mi voltai e quasi mi venne un colpo. Era la voce del ragazzo più alto
che avessi mai visto! Raggiungeva benissimo il metro e novantacinque. A parte
questo la cosa che mi colpì più di tutte fu la cuffia nera che indossava e che
nascondeva per gran parte gli occhi, che sotto quel nero parevano essere di uno
scintillante blu chiaro. Inoltre la cuffia faceva pandan con i capelli neri che
si potevano intravedere.
"Signori, lei è Natasha!" fece lei. Io li
salutai con un cenno della mano.
"Mentre loro, Natasha, frequentano il penultimo anno
e sono le persone più decenti che tu possa trovare in questa scuola" mi si
avvicinò e continuò "e ad essere sincera neanche loro sono un
granchè!" finì ridendo.
"Ehi Crosta! Fa chiudere quel forno!" replicò in
risposta il ragazzo con gli occhiali "Comunque piacere, io sono
Jason"disse a me guardandomi.
"E io Matthew" fece l'altro.
"Ti avverto, sotto la sua altezza da gigante Matthew
è una persona stratimida!" disse Yasumi "mentre Jason....bhe, a dire
la verità Jason non nasconde niente! C'è esattamente il poco che vedi!"
"Cos'è, oggi ti senti in vena di prenderle?" le
rinfacciò Jason, che le tirò uno scapellotto sulla nuca ridendo.
Io mi avvicinai a Matthew "ma fanno sempre
così?" gli chiesi alzando la testa. Lui per sentire la mia voce si dovette
abbassare un poco. Oh...non mi ero mai sentita bassa come ora.
"Sì, sono peggio di cane e gatto, ma si vogliono un
gran bene in realtà."
"Comunque.." si rivolse a me Yasumi "quando
ho detto che questi due sono i ragazzi più decenti che puoi incontrare non
mentivo..."Matthew si sbattè una
mano sulla fronte e Jason sbuffò.
"No, Jason, Natasha ha il diritto di sapere che ogni
essere, o quasi, per fortuna, che cammina in questa scuola è vittima dello
stupido conformsismo della società, materialisti allo stato puro...."
Mentre stava parlando vidi i suoi occhi quasi scintillare. Io impressionata dal
suo linguaggio cercai di chiedere spiegazioni con lo sguardo a Jason.
"L'anno scorso Yasumi era capo di consulta"
iniziò Jason " e all' assemblea di natale ha fatto davvero una gran bel
casino su questo argomento. Le hanno tolto immediatamente la carica e
quest'anno hanno rifiutato di ridargliela. Ancora adesso le rode moltissimo..."
Io annuii. Allora era così che la pensava sui ragazzi di
Forks. Dopottutto non erano molto diversi da quelli delle grandi città. Che
strane persone che avevo incontrato. Dovevo ammatterlo, nonostante fossero
davvero una insolita compagnia mi resi conto che erano delle persone molto
unite e simpaticissime.
Le ore della mattina passarono molto velocemente, anche se
non in tutte ero stata in compagnia di Yasumi. Comunque l'ora di pranzo arrivò
subito e così seguì tutti i ragazzi della scuola verso la mensa. Presi un pezzo
di pizza ed una mela e andai alla ricerca di un tavolo qualunque dove sedermi.
Vidi sventolare una mano verso di me; era quella di Yasumi. Senza pensarci
troppo mi diressi verso di loro e mi sedetti vicino a lei. In quel tavolo non
c'erano altre persone oltre a loro. Probabilmente non stavano molto simpatici
al resto della scuola.
"Ed ecco tutta la plebaglia di questa scuola" mi
fece Yasumi facendo un ampio gesto con la mano "non credo sia paragonabile
a quella di New York, vero?" io con un sorrisetto scossi la testa sincera.
"Per l'amor di Dio, Matthew, quando ti deciderai a
togliare quella cuffia?" gli disse scocciata
"Ehi, perchè non torni a tormentare Jason?"
"Eh no, amico, te la devi subire anche tu" Jason
alzando gli occhi al cielo.
"Zitto Jason" poi tornò a Matthew "lo sai
che ci sono tantissime ragazze in questa scuola che ti sbavano addosso? Forse
non li vedi i cartelloni durante le partite? Sono tuttiper te!"
"Piccola parentesi; Matthew è il capitano della
squadra di basket della scuola" mi informò sottovoce Jason davanti a me.
"Zitto Jason" poi riprese "Lo so, quasi
tutte le ragazze di questa scuola sono delle oche, ma non tutte, per
fortuna"
"Jason, come si spegne?" fece sottovoce Matthew
a Jason.
"Secondo te se lo avessi capito starei ancora
qua?" gli rispose lui.
"Ehi! Mi stai ascoltato?!"
"Sì, Yasumi" disse Matthew in modo naturale
"ma al momento non mi interessa avere una ragazza!"
"Oh...certo!" continuò lei "Pensi solo a
quella palla! Sveglia, Matthew! Vivi la vita!" dicendo questo Yasumi si
alzò e tolse dalla testa la cuffia di Matthew. Aveva proprio ragione; era
davvero un bel ragazzo. I capelli erano di un nero lucente e gli occhi che mi
erano parsi blu erano di un bel azzurro brillante. Lui fu più veloce di lei, se
la riprese e se la rimise subito in testa.
"Questa me la paghi..." gli sussurò minaccioso.
Lei in risposta gli mostrò una linguaccia. Dopo questa comica conversazione non
potei fare a meno di non ridere. Loro in risposta mi guardarono male. Ops,
forse avevo esagerato. Ma poi sorrisero anche loro.
"Mispice Natasha, ma credo che ti dovrai abituare a
questo tipo di scenate!" mi fece Jason
"Possiamo sembrare dei pagliacci, e infatti lo siamo,
ma almeno siamo gli unici esseri diversi in questo posto!"disse Yasumi
"Quindi credo che ti tocca imparare a sopportarci, a
meno che tu non voglia stare con altre persone" mi fece Matthew.
In quel momento avevo la strana sensazione di essere stata
messa su un bivio; di dover scegliere se stare con loro o no. Ma credevo di
avere abbastanza esperienza da capire cosa fare.
"Mi farebbe molto piacere stare con voi; se per voi
va bene, s'intende..."
"Se per noi va bene? Ma che domande fai?! Certo che
va bene! Ci voleva un pò di novità per risveglaire le membra di questi tre
vecchi!" disse cingendomi le spalle Yasumi.
"Ehi! Parla per te! Vecchia sarai tu!" gli
rispose Jason tirandogli un calcio sotto il tavolo.
Giuro che non me l'aspettavo proprio di trovare questo
tipo persone in un paesino così piccolo, quando non l'avevo mai trovate nemmeno
in grandi città come New York. La cosa non mi sconvolse, anzi, mi piaceva
moltissimo questa loro spontanietà e il loro forte legame di cui io ero un pò
gelosa a dire il vero. Credo proprio che mi sarei trovata bene, qui alla Forks
High School.
"Da quanto tempo vi conoscete?" feci io ad un
tratto. Yasumi si mise a ridere.
"Da quando portavamo il pannolino..." mi rispose
Jason.
"Le nostre famiglie si conosco ormai da un' infinità
di tempo, essendo originarie di Forks. Ad eccetto di quella di Yasumi..."
disse Matthew.
"Già" continuò lei "mio padre è di Forks,
ma mia madre è giapponese"
"Cosa significa il tuo nome?" chiesi io curiosa.
Lei mi fece un gran sorriso.
"Il sostantivo che mi rappresenta di più:
vacanza!" mi rispose alzando le braccia e stiracchiandosi.
"Invece tu da dove vieni?" disse genitle
Matthew.
"New York"
"New York?! E come mai ti sei trasferita qui?"
disse Jason sconvolto tanto quanto Matthew. Io rispondendo alzai le spalle.
"Storia lunga" risposi ancora.
"Bhe abbiamo tutto il tempo..." continuò lui.
Yasumi lo incenerì con lo sguardo.
"Jason? Cos'è, oggi sei più stupido del solito? Se
dice che una storia lunga non credi che forse non ne vuole parlare?"
"Ehi! L'ho detto giusto per dire! E poi tu cosa ne
sai? Se effettivamente è una storia lunga? Non puoi mica saperlo?"
"Jason! Apri gli occhi! Solo uno stupido, come tu
adesso dimostri di essere non lo noterebbe!"
Ed ecco che ricominciavano. Certo che sembravano proprio
una vecchia coppia di sposi. Io lanciai un'occhiata a Matthew "Sta a
vedere" mi disse sottovoce "Scommetto che ti è dispiaciuto dover
lasciare i tuoi amici di New York" continuò con voce normale. Nello stesso
istante in cui finì di parlare Yasumi e Jason smisero di battibeccare,
guardandomi interessati. Uau, ormai Matthew aveva imparato benissimo come
prenderli.
"Direi anche di no, visto che mi sono talemente tante
volte trasferita che non ho mai potuto farmi degli amici veri."
"Davvero? E in che città hai vissuto?" mi chiese
Jason.
"Bhe... San Francisco, Miami, New York, Philadelphia
solo per citarne alcune; ad essere sincera ho perso il conto."
"Caspita! Sarà stato un vero e proprio schock venire
qui a Forks" mi fece Yasumi mentre beveva un sorso della sua bibita.
"Un pò sì..."
"Perchè hai dovuto cambiare così tante volte
città?" continuò Jason ricevendo un'occhiataccia da Yasumi.
"A causa del lavoro di mio padre"
"Aspetta un momento!..." fece Matthew
osservandomi "per caso il tuo cognome è McAnderson?" Io annuii
curiosa
"Allora è tua madre che ha aperto il nuovo negozio
d'abbigliamento in centro?" Io annuii di nuovo.
"Davvero? Allora quella bambina rimbalzante che gira
per il negozio deve essere tua sorella" disse Yasumi.
Io annui ancora questa volta un pò rassegnata
"Quella bambina è proprio simpatica! Non dimostra neanche l'età che ha.
Sembra avere sette anni."
"Lei ha sette anni" feci io. A Yasumi le andò di
storto la sua bibita.
"Davvero?"
"Davvero" le dissi io. Jason si mise a ridere
per la figura di Yasumi, la quale cominciò a tiragli calci da sotto il tavolo.
"Per fortuna che sei arrivata tu qui; ancora un pò di
anni e non sarei sopravvissuto" mi disse intanto Matthew.
"Io credo invece che te la saresti cavata
benissimo" gli risposi pensando a poco prima. Lui d'altro canto sotto
quella cuffia arrossii. Era vero; era proprio un ragazzo timido.
"Quindi..." disse d' un tratto Yasumi con gli
occhi illuminati lasciando stare Jason "...hai preso la casa Treasure
Street?"
"Sì"
"Uau! Allora devo assolutamente venire da te!"
fece lei eccitata.
"E perchè?"
"Come, non lo sai? Non ti ha raccontato nessuno
perché la casa di Treasure Street è famosa qui a Forks?"
Io scossi la testa; stavo finalmente per scoprire perchè
tutti la conoscevano.
"Yasumi....ti prego..." fece Jason con le mani
tra i capelli.
"Zitto Jason!" i suoi occhi ormai erano due
scintille "Da parecchio tempo, qualche notte, in quella casa, si sentivano
degli strani rumori, che rimbombavano per tutta Forks!" fece lei
elettrizzata.
"Mi spiace, ma non credo alle storie di
fantasmi..." feci io.
"Bhe....non si tratta di fantasmi; da quella casa si
sentivano veramente degli strani rumori...." fece Matthew annoiato.
Inspiegabilmente sentii questa volta piccoli brividi di freddo percuotermi la
schiena.
"Alla fine la polizia ha scoperto che si trattava di
una banda di teppisti, ma questa crosta schizzata non ne vuole sapere e crede
ancora che si tratti di fantasmi..." fece Jason.
"Ti sbagli Jason!"
"Su cosa? Sul fatto che tu sia una crosta schizzata o
che in quella casa non ci sono i fantasmi?"
Ecco perchè tutti la conoscevano. Solo allora però mi resi
conto che il fatto di aver trovato casa così facilmente e a un così basso prezzo
non poteva essere del tutto una casualità. La cosa però non mi spaventò più di
tanto; ormai ero grande per le storie di fantasmi. Yasumi però, per quanto
simpatica, si dimostrava un pò infantile credendoci ancora.
"Non notate qualcosa di diverso?" disse d'un
tratto Jason.
"Cosa vorresti dire?" gli fece Matthew.
"Qui, in mensa, l'atmosfera è come se si fosse fatta
meno tesa..." continuò guardandosi intorno.
"Probabilmente perchè se ne sono andati tutti
quest'anno" disse Yasumi serena.
"Tutti chi?" chiesi io.
"I Cullen..." mi rispose serio Matthew.
Ed ecco finalmente il 21esimo capitolo! Credo proprio che
questa storia non finirà mai... per questo ringrazio ancora una volta tutti
coloro che si sono sorbiti questi 21 capitoli, ammirando il loro grande
coraggio e forza di volontà! Per il resto ho fiinito! Alla prossima!
x Pocia: scusa se non ho specificato sugli occhi! Anche
perchè a dire il vero non so esattamente io cosa potessero avere, dato che
questo perticolare non avrà importanza in seguito. E ancora una volta hai avuto
la prova che stai leggendo una storia assurda scritta da una squinternata!
Jacob con i capelli da porcospino? mmmhh....... ad essere sinceri non ce lo
vedo proprio! Meglio il vampiro Edward-superperfettino-con-mai-un-capello-fuori-posto-vestito-sempre-très-chic-ma-bono-da-far-paura-Cullen.
Grazie ancora tantissimo per il commento! Baci!
x _sefiri_: Sono sincera. Ogni capitolo che tu commenti (e
di cui sono profondamente grata *me si costerna ai tuoi piedi*)
non ho potuto fare a meno di notare queste tue stupende e
meravigliose considerazioni sulla mia storia. Non avrei mai pensato che
potessero fare un effetto simile. Mi dispiace quindi se pubblico in ritardo i
capitoli e, come dici tu, non poterti con essi cambiare le tue giornate. In
questo momento mi sento estremamente colpita e lusingata. Perciò ancora grazie
di tutto, sefiri! Grandissimi baciotti!
Saphira87: Ed eccoti accontentata con il seguente
capitolo! Eh già! La scena del porcospino mi è venuta quasi naturale! Anche
perchè mi ha un pò stufato vedere quel bonazzo sempre impeccabile! Caspita, a
quanto pare ci sono parecchi tra i miei lettori che hanno gli ormoni peggio di
pantegane! Ti comunico che io sono una persona civile che non intende scrivere
scelleratezze simili * scrivo questo mentre la mia mente si fonde nel pensare a
quali cose sconce possono fare i due criceti Nat&Jac nel prossimo
capitolo*! E comunque non si tratta di macarena, ma dell'antica arte del limbo!
Rispetto prego ^^ :)! Grazie ancora per aver commentato! ^^ Kuss!
x jena92: Eh già! Scioccante e terribilmente imbarazzante
per Edward! ihihii.....sembra che gli voglia male, ma in realtà è solo un modo
strambo per manifestare quanto apprezzi il bonazzo! D'altronde cosa ci si può aspettare
da una pazza come me, eh? E approposito di pazze...ancora una volta con questo
commento hai dimostrato di essere tu la più perversa! La mia mente casta e pura
(empf....) non si è nemmeno immaginata una cosa del genere (solo perchè è
talmente scarsa di neuroni che non se ne accorta)! Ancora tantissimi baci per
commentare puntualmente ad ogni capitolo! Tanti baci!
x pazzerella_92: Allora... ti spiego cosa la mia mente
perversa ha creato... quelle "visioni" non sono visioni (capito,
vero?). Si tratta principalmente della capacità di vedere attraverso gli occhi
di altre persone, ma non sapendo come chiamarle ho deciso di usare il nome
visioni, furba ne? Grandi condoglianze, anche io posso capire come ti senti
quando, agonizzante, vedi la barra di download di explorer caricarsi tacca per
tacca leeeeeeeeeenta. :.......( . Finisco dicendo
graziegraziegrazietantotantotanto! w i caffè macchiati del bar che ti aiutano a
svegliarti alle sette di mattina e a farti superare i rietri del pomeriggio!
ps: (oh no! Adesso c'ho preso gusto e continuo per tutta la ff!) O MIO DIO!
giuro che non appena ho letto la tua ultima frase la bocca mi si è
letteralmente spalancata! Giuro! Perchè anche a me sta succedendo la stessa
cosa! oh mio dio, o mio dio. Ma ad essere sincera io mi fido di Robert. Certo,
come viso non ci siamo proprio, ma credo che sia più che in grado di
interpretare il ruolodi Edward a dovero (in realtà sono solo mooolto
ottimista). Perciò se visto il film non ne esco soddisfatta nemmeno da questo
punto di vista, anche se non credo visto che considero Bobert, dopotutto, un
buon attore (ottimista,ottimista!), non mi resta, purtroppo, nient'altro da
fare che spaccargli il bel muso che si ritrova. Eh... pazienza! Vorrà dire che
ne metteranno un altro per New Moon (se lo faranno e io ci spero tantissimo),
per esempio, un nome a caso....Hayden!
I Cullen?!
Cosa c'entravano loro in questa storia?!
"Non credo tu li conosca..."
mi disse Jason. Io non seppi
cosa rispondergli; dirgli o no la verità? Per ora era meglio dimostrarsi cauti.
“Ho sentito molto parlare della bravura del dottor Carlisle, ma niente di più….mi
hanno detto che sono delle persone tranquille….” I loro sguardi si scurirono.
“Certo, delle persone tranquille….”
disseMattew.
“Bhe, almeno erano diverse da
tutta questa marmaglia…” ammise Yasumi “anche se…”
Cosa stavano nascondendo?
“Cosa c’è che non va in loro?”
chiesi dimostrando meno noncuranza possibile. Loro mi continuavano guardare grevi.
“Li hai mai visti?” mi fece sottovoce Jason.
Io mentii rispondendo di no.
“Sono strani” continuò “insomma, sono
veramente belli. Tutti. Detto così può essere una cosa normale, ma questo è
veramente troppo. Sembrano usciti da un cartellone pubblicitario.”
“Inoltre sono tutti pallidissimi
con delle perenni occhiaie. E poi era strano stare
vicino a loro. Come se crescesse un’inspiegabile paura.
Attirano e suscitano timore allo stesso tempo” finì
per lui Matthew.
“Stavano sempre alla larga dagli altri, a mensa se ne
stavano in quel tavolo laggiù” riprese Jason e mi indicò un tavolo vuoto dalla parte opposta della sala “Non
mangiavano mai niente, e, anche se non gli do molto torto data la cucina della
mensa, questo è davvero troppo…fuori dalla norma…”
“Insomma, sono troppo strani.” disse Matthew.
“Vampiri” disse tranquilla Yasumisorridendo mentre continuava a giocherellare con la sua
pasta. A me quasi venne un colpo. Sapevano che non
erano umani! Sapevano che erano dei vampiri! Come era
possibile che i Cullen non lo sapessero?! Con la
capacità di Edward di
leggere il pensiero e di Alice di prevedere il futuro questo non si poteva
spiegare!
“Certo! E io sono la creatura di Frankestein! Yasumi, cosa diavolo
stai dicendo?” intervenne Jason
“Non sono dei vampiri…Smettila di credere a fantasmi e mostri!”
“Ehi! Stavo solo scherzando!” replicò
lei con un sorrisetto.
Tirai un sospiro di sollievo e la
tensione svanì; era solo una strana fantasticheria proveniente dal lato
infantile di Yasumi. Avevo preso proprio un gran bel
colpo. Avevano capito che c’era qualcosa di strano, ma non avevano sospetti fondati. Ad essere sinceri anch’io
la prima volta che avevo visto Edward mi aveva molto
lasciata perplessa. Fortunatamente non c’era niente di cui preoccuparsi e visto
che ormai i Cullen non frequentavano
più questa scuola i loro dubbi sarebbero subito svaniti. All’improvviso Yasumisi imbronciò e tirò uno sbuffo.
“Black ha la fidanzata….” fece triste. Io quasi mi soffocai con il
pezzo di pizza che avevo in bocca. Conoscevano Jacob?! E soprattutto…a Yasumi piaceva Jacob?!?!?!?!? Le cose stavano
prendendo veramente una gran brutta piega!!!
“Oh…..quanto mi dispiace” fece Jason per niente dispiaciuto.
“Sei insensibile, quattrocchi!” poi guardò me con gli occhi
scintillanti “Jacob Black è uno, se non per dire il
più figo di tutti i Quileutesdi La Push e fidati, sono tutti dei gran bei ragazzi!”
“E così la Crosta qui presente si è
infatuata di lui…” continuò Jason.
“Ehi! Non è mica colpa mia se lui è favoloso! A differenza
di una persona di mia conoscenza…” fece lei sarcastica ricevendo un calcio da
sotto il tavolo da Jason.
“E poi” continuò lei “a quanto ho sentito con i ragazzi di La Push ci si diverte tantissimo! Altro
che con queste amebe con le gambe!” disse indicando la mensa. Ecco spiegato perché a quel tavolo non c’era nessuno oltre a noi
quattro.
“Purtroppo ultimamente sono diventati molto riservati e stanno
sempre sulle loro…. non è facile parlarli. Chissà chi
è la sua nuova ragazza… è proprio fortunata…
sicuramente sarà una Quileute anche lei….”
A quel punto il mio viso era molto vicino al bordeaux.
Sentire parlare di Jacob in questo modo da un’altra
ragazza mi faceva uno stranissimo effetto. Preferivo non dichiararle che ero
proprio io quella persona, anche perché non sapevo come fare; non potevo mica
uscirne con “ah…Yasumi…sai, sono io la fidanzata di Jack Black.”! Per fortuna proprio in quel momento la
campanella suonò e dovemmo andare a lezione. Non avevo la minima idea che Jacobavesse delle ammiratrici qui
a Forks. Il fatto mi diede un sorriso inaspettato;
chissà che faccia avrebbe fatto se glielo avessi detto!
Era straordinario come le lezioni quel
pomeriggio passarono così velocemente. In men che
non si dica mi ritrovavo di nuovo insieme a Jason, Yasumi e Matthew diretti verso l’uscita della scuola. Era
incredibile che Yasumi e Jason
non si stufassero mai di battibeccaretra di loro. Guardai Matthew che
mi lanciò un lungo sospiro. Notai che mentre attraversavamo il corridoio la
gran parte delle ragazze che incontravamo gli lanciavano sguardi dal basso
verso l’alto. Era vero allora che faceva colpo su molte. Lui però sembrava non
accorgersene. All’entrata Yasumi si fermò di colpo.
“Ehi, cosa ti prende?” disse Jason.
Lei aveva gli occhi sbarrati e con l’indice tremante stava indicando un punto
nel parcheggio.
“B…Bla….ck….”
disse balbettando. Io guardai nel punto che stava indicando. E lì c’era lui; appoggiato
alla sua vecchia GolfJacob
Black stava guardando sorridente verso di me.
“O mio Dio…..perché sta guardando
da questa parte?” fece lei con un filo di voce.
“Ehm….devo andare….ci vediamo
allora domani…” dissi io. Matthew e Jason mi salutarono calorosamente, mentre Yasumi non si accorse nemmeno che me ne stavo andando e
rimase lì imbambolata ad osservare Jacob. Tra poco
avrebbe avuto una brutta sorpresa; non era bello da pensare, ma mi faceva un
po’ pena. Mi diressi verso Jacob il quale mi
abbracciò e subito mi diede un bacio leggero, ma allo stesso tempo intenso sulle
labbra.
“Fino a stasera sei tutta mia” mi sussurrò all’orecchio mentre mi apriva la portiera della sua Golf.
Non appena chiuse la portiera lanciai uno sguardo fugace e disinvolto
verso Yasumi. Era sempre rimasta lì, immobile e mi
stava guardando con la bocca spalancata. Mi dispiaceva un po’ per lei, anche
perché era stata la prima persona con cui avevo stretto uno straccio di
rapporto quel giorno. Speravo solo che non l’avrebbe
presa troppo male. Intanto Jacob aveva già ingranato
la prima.
“Com’è andata?” mi chiese lui mentre
la sua mano sinistra accarezzava la mia gamba.
“Interessante…” risposi io. Pensandoci bene in fin dei conti
non era stato per niente male come primo giorno. Anzi,
avevo subito instaurato delle amicizie che sembravano poter durare. Ero
nettamente felice quel momento.
“Hai fatto amicizia con qualcuno?” Sembrava mia madre.
“Sì, mamma….” gli risposi io con
voce infantile.
“Brava la mia bambina…” mi rispose facendomi girare il mento
con la mano verso di lui e dandomi questa volta un bacio serio. Sentii ancora una volta le sue labbra calde e morbidi prendere possesso
delle mie.
“Ehi… pensa a guardare la strada…” sussurrai discostandomi
appena.
Lui un po’ seccato eseguì. Guardai fuori
dal finestrino; non era la strada per andare a casa mia.
“Ehi! Dove mi stai portando?”
Lui mi sorrise “Ora vedrai. Ti
riporterò sana e salva a casa per cena, non ti preoccupare.”
Io contraccambiai il sorriso.
“Cosa ti sei fatta hai capelli?” mi
fece lui toccandomeli.
“Non me lo chiedere…” A pensarci bene nessuno a scuola aveva
notato il mio look. Alice non ne sarebbe stata
contenta. Non mi stupii molto, dato che le persone che avevo incontrato non
giudicavano dall’aspetto fisico, ma dalla personalità. Mi tornarono in mente le
parole di Yasumi su Jacob e
subito arrossi mettendomi però anche a ridere.
“Non sapevo fossi il sex symbol di Forks...”gli feci. Lui spalancò gli occhi scioccato e la sua mascella cadde come morta.
“Cosa è successo?” fece lui
perplesso.
“Niente, niente…” feci io ridendo ancora di più.
“NatashaMcAnderson,
dimmi subito cosa è successo” disse lui con finto tono
minaccioso.
“Diciamo che anche alla Forks High School hai una
discreta notorietà….” gli dissi sul vago.
“Cosa? Davvero? E chi mi conosce?!” Cavoli, era parecchio scioccato dalla notizia. Io
in risposta alzai le spalle. Lui era ancora sconvolto,
ma poi si riprese subito.
“Bhe…alla fine hai scoperto che in
realtà sono perseguitato da molte ammiratrici…” fece lui scherzando dandosi
false arie da macho.
“Certo! Credevi davvero che alla fine non me ne sarei accorta?”
Alla fine ci mettemmo a ridere come matti
per niente, finché non arrivammo a La Push. Si fermò davanti alla spiaggia e
scendemmo dalla sua Golf. Mi portò nello stesso posto
dove ci eravamo conosciuti… e dove ci eravamo baciati
per la prima volta. Era allora questo il luogo misterioso.
“Carino come posto… non ci sono mai stata…” dissi io
sarcastica.
“Già… non lo frequento molto neanche io” mi rispose lui a tono.
Sorrise mostrando la sua perfetta dentatura bianca e mise il braccio attorno al
mio fianco.
“Sai” dissi io all’improvviso “credo che a scuola abbiano molto apprezzato il mio sedere…”
Mi stupii sentirlo ringhiare al mio fianco. Sembrava un cane
che tratteneva a stento un ringhio. Che geloso…
“…mmmhh…e per caso c’è stato
qualcuno che ha particolarmente apprezzato?”
La sua voce era neutra, ma non convincente.
“Bhe… testuali parole che ho
riferito a questo qualcuno: Ti consiglio di tornare a guardare il tuo ciuccio e
lasciare stare queste cose da grandi.”Jacobaffianco a me si mise a
ridere sonoramente
“Vai così, piccola!” disse mentre
mostrava la sua mano per ricevere il cinque, che non gli feci aspettare. Pochi
secondi dopo lo vidi sporgere la testa verso il basso
e contrarre le sopracciglia con aria critica.
“Chiunque sia questo qualcuno non posso
negare che non abbia buon gusto….”
“Cosa stai guardando?” insinuai io.
“Chi io?” disse lui tornando a guardarmi negli occhi e a indicarsi con l’indice. Io gli tirai un pugno al braccio.
Ormai eravamo arrivati esattamente davanti al tronco bianco ed eroso che
caratterizzava quel luogo diventato per me speciale.
“Ehi! Mi hai fatto male!” disse lui
tenendosi il braccio nel punto colpito. Lo capivo benissimo dal suo sorrisino
che stava fingendo.
“Certo! Come no!” risposi io. Lui mi si avvicinò cingendomi
i fianchi con le mani.
“Mi devi dare un bacio se vuoi che passi.”
Le sue mani si erano spostate dai miei fianchi fino a
prendermi il viso. Mi stava guardando per l’ennesima volta con quello sguardo
profondo che fin dall’inizio mi aveva incantata. E per l’ennesima volta inevitabilmente arrossii di nuovo.
Lui sorrise.
“Lo sai che mi sei irresistibile quando
arrossisci?” mi sussurrò ad un millimetro ormai dalle mie labbra. Sentii la sua
lingua muoversi delicatamente dentro la mia bocca. I brividi mi ritornarono a
percorrere la schiena. Sentii le sue mani staccarsi dal mio viso e posarsi
sulle mie gambe, dopodiché mi alzò di peso e mi prese
in braccio. Io mi staccai per la sorpresa. Lui intanto si sedette sul tronco
tenendomi sempre sopra le sue gambe. Mi tornò a guardare pensieroso.
“Come sta la tua mano?”
“Ancora in fase di guarigione” gli dissi mostrando la
bendatura che me la ricopriva “Mi devi dare un bacio se vuoi che passi”
Lui me la prese e posò le labbra su di essa;
dal palmo passò a baciarmi le dita e a sfiorarle con la guancia. Poi me la
strinse dolcemente tra le mani. Cavoli, la mia sembrava davvero piccolissima a
confronto con le sue! Un buffo pensiero mi fece sogghignare.
“Perchéridi?”
“Non te lo dico…”
“E perché no?” disse lui
incuriosito.
“Perché ti farebbe ridere, è
davvero troppo infantile”
“Ti prometto che non riderò e che non ti guarderò male” fece
lui già sorridente. Figurarsi.
“Giura”
“Giuro”
“Su cosa?”
“Su Paul” rispose subito lui.
“Certo, che grande garanzia…” feci
io lanciandogli un’occhiataccia “giura sulla tua Golf” Sapevo che questo era il
suo punto debole.
Lui mi fulminò “ma tu allora giochi
sporco…” Io superba alzai le sopracciglia. Lui sbuffò.
“Va bene…”
“Quando ho visto pochi secondi fa
le nostre mani vicine” cominciai io con lo sguardo basso “mi hanno tanto
ricordato i gusti panna e cioccolato di un gelato” alzai lo sguardo e lui era
assolutamente neutro.
“Bhe… non sto ridendo e non ti sto guardando male, fino a prova contraria…”
“E cosa ne pensi allora?”Lui si avvicinò al mio orecchio.
“Penso che io adoro la panna” Mi stavo già immaginando le
sue labbra sulla mia guancia quando sentii la sua
lingua dentro l’orecchio.
“Che fetente! Mi hai
dato una leccata all’orecchio!” dissi cercando di ripulirmelo.
Se c’era una cosa che odiavo era
questo! Se poi era nell’orecchio ancora peggio! Lui mi
fece un sorriso sornione.
“E a te piace il cioccolato?” mi
fece in tono piuttosto di sfida.
“Mmmh….a dire il vero preferisco
il gusto Paul…”
“mmmhh…..” fece
lui imbronciato “questa è stato davvero un colpo basso! Una freddura in piena
regola!”
“Mi dovevo pur vendicare in qualche modo, no?”
Lui mi guardò ancora con quel sorrisetto
fasullo “Sta attenta Cappuccetto, che il lupo di
leccate te ne può dare quante ne vuole…”
“Dì pure al lupo che Cappuccetto nasconde
ben altro che torte dentro il suo cestino” replicai a tono io. Ci mettemmo di
nuovo a ridere come due idioti. Ero felicissima del fatto che, anche se quello
tra Jacob e me si era trasformato in un qualcosa ben
molto al di là dell’amicizia, noi continuavamo a
scherzare e dire sciocchezze come all’inizio. Adoravo Jacob.
Lo guardai per un attimo in silenzio.
“Ti amo”
“Ti amo anch’io”
Restammo a fissarci in quella posizione, lui con le mani sui
miei fianchi e le mie attorno al suo collo, per un
tempo che a me parvero ore. Sentivo veramente molto caldo, ma era perfetto con
un tempo umido e nuvoloso come questo. Infatti non
tardarono ad arrivare anche le prime coccioline di
pioggia. Maledetto tempo! Dovemmo per forza andare a ripararci da qualche
parte. Lui mi portò quindi al suo garage. Quanti bei ricordi. Vidi la mia
bicicletta esattamente nello stesso luogo dove l’avevo lasciata. Finalmente! Mi
avvicinai curiosa. Era normale, niente di particolare, proprio come l’ultima
volta che l’avevo vista. Solo più lucida e più bella.
Io mi voltai verso di Jacob.
“Allora?”
“Allora cosa?”
“Cos’era la cosa di tanto importante che dovevi
fare alla mia bici?”
Lui si mise le mani in tasca e abbassò la testa.
“Ecco…ti ho detto una piccola
bugia…non dovevo farle niente.”
Io non mi offesi particolarmente, tuttavia rimasi confusa.
“Perché allora l’hai tenuta con te?” Lui arrossii
impercettibilmente.
“Prometti di non ridere?”
“Jacob…!” dissi io impaziente
“Ok, ok,
ok….l’ho fatto perché… era l’unico legame che avevo
con te… se ci pensi…”
Io continuai a guardarlo confusa.
“Ma… perché? Io…credo di non
capire, scusa…” Lui sorrise
“Non ti tormentare. Anch’ io
qualche volta non riesco a capirlo. Vedi… io… sento un
bisogno irrefrenabile di averti vicino. Sam mi ha detto che è una conseguenza normale dell’imprinting. Ma non potendoti avere sempre vicina… mi sono dovuto
accontentare di qualcosa che apparteneva a te”
“Ah… che complicato…” ammisi io alla fine rimuginando sopra ciò che aveva detto.
“Già… comunque la puoi riprendere
pure. Ho ben altro ora” disse mostrando la mia
catenina che portava al collo. Involontariamente io sorrisi.
“Lo sai” disse lui avvicinandosi “credo di non averti ringraziata
come si deve per il regalo”
“E cosa hai in mente di fare?” Lui
sembrò discostarsi leggermente.
“Non so se ti può piacere…” cominciò “ma…
posso passare la notte da te?”
Io rimasi perplessa. Dormire da me?
“Ma mia madre…”
“Ehi! Non ho mica detto che lei
deve saperlo”
“Ma… se ti scopre in camera mia
ucciderà prima te e poi me!” conclusi io.
“Ehi! dimentichi che sono un
licantropo?” fece lui vanitoso. Ci pensai su un attimo.
“Va bene” Lui mi sorrise radioso.
Dopo questa piccola discussione io mi sedetti su uno
sgabello li vicino e lo osservai maneggiare i suoi
attrezzi, mentre scherzavamo e parlavamo del più e del meno. Ebbi un piccolo dejà-vu
e sorrisi.
“Quando
pensi di fare la patente?” disse improvvisamente. Io alzai le spalle. Non mi
era mai interessato particolarmente guidare. Non lo trovavo troppo
interessante. Dovevo ammettere che però mi sarebbe parecchio
servito.
“Non lo so… quando avrò compiuto
sedici anni…” Lui rifletté un momento.
“Perciò tra poco…” concluse. Dove voleva andare a parare?
“Sì…” lo guardai dubbiosa.
“Quindi saprai senz’altro qualcosa della materia…”Arrossii un pochino.
“Ehm…. A dire la verità no…” Lui si
voltò verso di me.
“Tra poco stai per fare la patente e non hai la minima idea
di come si guida un’auto?!” Io annuii
“Oh… bisogna che qualcuno ti insegni
a farlo…”
“E quel qualcuno per caso saresti
tu?” feci io maliziosa.
“Bhe… vedi in giro altri Jacob?” disse lui con un sorriso “forza, vieni…” e mi aprii
la portiera della sua Golf poco distante da lui. Eh? Voleva
farmi guidare adesso?! Non avevo la minima idea di
come si faceva a guidare un’auto!
“Ehm…Jacob…”
“Mh?”
“Io non so nemmeno da dove si comincia!”
“Per questo ci sono qui io!”disse mentre saliva dalla parte del
passeggero. Io rassegnata lo seguii e salii dalla parte del guidatore. Stavo
combinando un’assoluta sciocchezza. Provavo una strana sensazione stare seduta
sul sedile sinistro.
“Forza! Metti in moto” poi mi guardò con
sospetto “sai mettere in moto, vero?”
“Sì, ma…Jacob, ti rendi conto che
posso distruggere la tua auto?”
“No, mi fido di te.”
“Io se fossi in te non lo farei, Jacob”
gli dissi con un’occhiata che spiegava più di mille parole, ma che a lui non
fece né caldo né freddo. Emisi un sonoro sospiro. Ecco come fare per mandarci tutti e due all’ospedale. Possibile che Jacob
non se ne rendesse proprio conto che io non conoscevo il significato della
parola guidare? Provai ad accendere il motore. E come previsto
persi subito il controllo. Senza che io facessi
nient’altro l’auto partì di scatto in avanti andando proprio a centrare la
parate davanti a noi, non poco distante. Ecco, lo sapevo. Cercai
di capire come ciò fosse successo. Ah… avevo messo
il piede sull’acceleratore senza rendermene conto. Guardai Jacob.
Sul suo viso c’era un’espressione sconvolta mai vista prima.
“Scendi immediatamente” fece in un sussurro. Io eseguii
subito e con piacere. Anche lui fece lo stesso e si
diresse a vedere come stava il suo cofano. Dalla faccia che fece non doveva
essere nelle migliori condizioni.
“Per fortuna che il motore sta bene…” disse tra sé per
cercare di calmarsi.
“Jacob…mi dispi”
non feci nemmeno il tempo di finire la frase che lui mi aveva già preso per il
polso e trascinato senza troppi complimenti sul sedile del passeggero. La sua
strana espressione non era ancora cambiata. Poi si sedette vicino a me sul
sedile del guidatore.
“Allora, Natasha” disse mentre indicava il volante “questo è un volante ed è
dove deve sempre stare la tua mano sinistra mentre su questa” e appoggiò la
mano sul cambio delle marce “deve sempre stare la tua mano destra!”
“Jacob, fino a lì ci arrivo.”
“Natasha! Per piacere!” e mi fece
segno di stare zitta. La sua voce non era arrabbiata, ma
letteralmente isterica e leggermente squilibrata. Non l’avevo mai visto
così. Un po’ spaventata seguii il suo consiglio.
Accese il motore sempre continuando a spiegarmi anche le cose più sciocche e mi
portò a casa, come da promesso, visto che era già
arrivata sera. Ci mettemmo ben mezz’ora per arrivare a casa mia, visto che Jacob continuò a dire sempre le stesse cose sempre con
quella voce da invasato andando a 50 km/h.
“…e arrivati a questo punto spegni
il motore come lo hai riacceso!” disse infine girando la chiave. Eravamo finalmente
arrivati a casa mia. Io ero stata tutto il tempo zitta
e qualche volta avevo persino annuito. Lui lasciò cadere la testa sullo
schienale. La sua espressione era ancora tesa.
“Mi dispiace….sei tanto arrabbiato
con me?” dissi in un sussurro.
Il suo viso si era fatto più rilassato.
“No sciocchina” disse per poi mettersi a ridire
“Ma come diavolo ci sei riuscita? Non voglio offenderti, ma non ho mai
visto una persona più imbranata di te alla guida!”
Inaspettatamente mi misi a ridere anch’io. Non mi offesi per ciò che aveva
detto, anche perché era la pura verità.
“Dimmi almeno che questa esasperante mezz’ora è servita a
qualcosa!”
“Certo! Non ti preoccupare!” gli risposi io “Dici che riuscirò a fare la patente?”
Lui mi guardò dubbioso.
“Reduce dell’esperienza fatta non credo che la risposta ti
piacerà molto!” Io lo guardai seria.
“Sai, sto prendendo veramente in considerazione l’idea di girovagare
a vita con la bicicletta che mi ritrovo!”
“Ehi! Guarda che con me come istruttore non avrai nessun problema!” disse lui risentito.
“Bhe…smettila di gridare come una nonnetta isterica mentre mi spieghi
e posso anche cominciare a sperare di passare!”
“Nonnetta isterica a chi,
sgorbio?” mi disse con tono di falsa minaccia cominciando a farmi il solletico
dappertutto.
“Dai smettila!” Lui questa volta smise
subito.
“Allora ci vediamo dopo?” Giusto! Mi ero dimenticata che
sarebbe venuto dopo! Io annuii con la testa. Mi si avvicinò e mi diede un bacio
leggero sulle labbra. Lo guardai un’ultima volta, presi il mio zaino dal sedile
anteriore dietro di me e scesi dall’auto diretta verso la porta di casa,
incapace di dover aspettare fino a stanotte.
E dopo un’eternità ecco ad
aggiornare ancora, finalmente! Pardon per l’abnorme ritardo, non riesco, questa
volta credo di avere veramente forato! Vi prego, vi supplico in ginocchio di aver pazienza fino a
giugno! Non ce la faccio proprio a scrivere in questo momento! Vi prometto che
da giugno scriverò e basta e forseforseforse per
settembre avrò finito di tormentarvi!
Coooomunque spero che questa nuova
versione di Jacob-nonnetta-isterica
sia stata di vostro gradimento! Come si dice il detto: donne e motori, amore e
dolori (si dice così?O_o). Grazie ancora per
sopportarmi ad ogni (raro) aggiornamento! A tutti coloro
che mi hanno sopportato fino a qui un grande SMACK!
x _sefiri_:
non credo mi abituerò mai ai tuoi super-complimentozzi! E nemmeno di ringraziarti a dovere,
anche se è veramente molto difficile, dato le grandi considerazioni che hai su
di me^^ Grazie, grazie, grazie e ancora grazie!^^ Tanti tantitanti
baci!
x Saphira87: :…….( scuuuuuuuuuuusa! Perdono in ginocchio! Mi dispiace
moltissimo di averti fatto aspettare ben una settimana! Mea colpa, mea culpa! …..sig….sob….Cooooomunque è strano che ti
faccia pensare The Eye, perché sinceramente non l’ho
neppure preso in considerazione. Sai, di solito nei libri, film, poesie e
persino quadri il titolo dice molto del contenuto. Per questa ffquesta cosa non vale. Odio dare
i titoli ai capitoli. Non ho idea di cosa scrivere e così sparo a caso, così
come ho fatto con il titolo della ff. Perciò non dare molto peso al nome, ok?^^ Quindi, tra un delirio e l’altro, o essere
onnipotente, ti comunico che sì, stiamo (io ed il mio
neurone Squizzo) a cosa sconce, lo ammettiamo con
fierezza, ma che, purtroppo, non si possono scrivere per problemi di raiting ed “espressione&descrizione”
(ß
attenzione! Parola pericolosa!) ….sobsob…..:( Finisco ringraziandoti ancora tantissimo per i tuoi DUE
commenti (^^)! Superkiss!
x Ada Wong:
a differenza dell’altra volta per questo capitolo ci ho messo una vita! Pardon
sommessamente! Un capitolo tutto per loro non sono
sicura di promettertelo, ma va bene se facciamo due in cui il 75% di ogni è
dedicato a loro? Questo è uno dei due, l’altro sarà il prossimo (che leggerai a ottanta anni quando avrai la cataratta, visto i miei
aggiornamenti DEVO DIRE MOLTO FREQUENTI). Anche a me Matthew piace tantissimo!^^ Non so perché, ma me lo
immagino un po’ emo… per quanto riguarda Yasumi, davvero ti ricorda Tonks?
Giuro che non ho preso spunto da lei! Cmuunqoegazrieahnce per i cmolpminetivsero il mio iatilnao! XD Prova a dirlo alla mia prof
di lettere, la farai strafelice! Kisses!
x pazzerella_92: in pratica sì, è
solo di passaggio; deve pur fare qualcosa e conoscere qualcuno questa santa a
scuola, no? Non preoccupa, non sei costretta a
commentare ogni volta! ;)ps:
ragazza, ma noi siamo sulla stessa lunghezza d’onda! Sei
troppo ganza! Anche per me questi sono
GLIUNICIEDINIMITABILI attori! StevenStrait è troppo giusto per Jacob!
È Jacob punto e basta! (sbav…sbav). Per Bella,
sinceramente a me va bene qualsiasi corpo con le gambe di sesso femminile, ma
per il resto, insieme aEmmyRossum per Esme, TrentFord per Jasper e TomWelling
per Emmett, gli attori che hai citato tu sono IL
CAST!
Entrai ancora su di giri per quello che sarebbe successo
stasera. Dormire con un ragazzo; non mi era mai accaduta un’esperienza simile.
Beh… mi era già capitato di stare con Jacob nello stesso letto, ma credevo che
questo non contasse.
“Ehi! Eccoti finalmente!” Mia madre mi venne incontro con
una strana espressione preoccupata. “Come sta Jacob?” Ancora un’altra volta le
dovetti dire una bugia; non mi piaceva farlo, particolarmente se spesso, ma non
potevo certamente dirle che stava male perché credeva fossi stata ferita da un
vampiro, no?
“Ha la febbre piuttosto alta, ma credo si riprenderà” le
dissi io, neanche fossi un medico.
“Ah… mi dispiace per lui…”
“Gli sta bene! Mi ha tirato i capelli!” sibilò sottovoce
mia sorella dal salotto, anche se noi la sentimmo benissimo. Mia madre la
fulminò con lo sguardo.
“Kathy!” la rimproverò. Lei in risposta sbuffò. Era
veramente molto strana la mia sorellina.
Decisi di andare a farmi una doccia rilassante; ci voleva
proprio dopo questa stressante giornata.
Non appena aprii la porta della mia camera però mi
ritrovai Alice davanti. Sobbalzai dallo spavento.
“Ehi! Alice! Mi hai spaventato!” Non era una sensazione
piacevole quella di aprire la porta e ritrovarti un vampiro davanti agli occhi
come se niente fosse. Notai qualcosa di strano nei suoi occhi. Non erano felici
e allegri come sempre, bensì scuri e cupi.
“Sei stata con il licantropo, non è vero?” mi chiese lei.
La sua domanda non mi piacque per niente. Non dovevo dare
spiegazioni a nessuno se andavo con Jacob o no.
“Sì, perché?” chiesi un po’ brusca.
“Allora è vero.”
“Cosa?”
“Che tu lo ami.” Io rimasi un attimo paralizzata. Alla
fine allora anche gli altri, oltre ad Edward, l’avevano capito. Doveva
succedere prima o poi.
“Perché mi fai questa domanda?” Lei continuò a guardarmi
impassibile.
“Sta attenta. Quello è un licantropo adolescente che,
seppur riesca a controllarsi, può comunque anche senza volerlo farti del male.”
Era la stessa ramanzina che mi aveva rifilato Edward.
Possibile che non capissero quanto si stavano sbagliando tutti quanti? Jacob
nemmeno senza farlo apposta mi avrebbe fatto del male. Era una cosa
assolutamente ridicola ed impossibile. Sapevo che lo stavano facendo per il mio
bene, ma i vampiri stavano reagendo nei confronti dei licantropi in modo troppo
sopravalutato, forse anche a causa del grande amore che scorreva tra loro.
“È la stessa cosa che mi ha detto Edward. Perché pensate
tutti quanti in questo modo?” chiesi io calma.
Lei sbuffò “Non ci fidiamo di loro, come loro non si
fidano di noi”
“Ma… perché? Come fate a non fidarvi tra di voi, proprio
ora?” chiesi allibita.
“È nella nostra
natura. Non ci possiamo fare niente. Noi ed i licantropi non potremmo mai non
odiarci” e mi liquidò così in due piedi “Allora? Come è andato il primo giorno
di scuola?” fece lei subito per cambiare discorso, di nuovo serena.
“Piuttosto bene…” risposi ripensando ancora alle sue
parole e recuperando in giro per la stanza vestiti puliti. Passi Edward, ma da
Alice proprio non me l’aspettavo. Veramente la loro natura poteva condizionare
il loro pensiero fino a questo punto?
“Cosa ti hanno detto del tuo nuovo look?” mi chiese
andando al sodo.
“Nessuno mi ha detto niente.” La sua faccia era allibita.
“Davvero?” Io mi girai verso di lei e annuii.
“Ah…..” Dire che ci rimase male era poco, ma subito dopo
si riprese.
“Ti sei fatta degli amici?”
“Sì, credo di sì ma…..posso farti una domanda un po’
indiscreta?”
“Fa pure”
“Cosa ci fai tu nella mia stanza?”
“Bhe… fuori è cominciato un vero e proprio acquazzone.
Odio sentire i vestiti bagnati sulla pelle.”
“Ah…altra domanda, cosa ci facevi fuori?” Lei mi guardò
con sospetto.
“Non ricordi? Carlisle ha detto che ti avremo tenuto sotto
stretta sorveglianza. C’è sempre qualcuno di noi che controlla casa tua. I
turni diurni li facciamo di soliti noi, anche se spesso lo fa anche qualche
licantropo” sorrise dalla faccia allibita che avevo “Se ti interessa saperlo è
da quando hai incontrato Edward che ti teniamo d’occhio, anche se non in
maniera così rigida.”
Ero sempre stata controllata da qualcuno?!?!?! La cosa mi
fece letteralmente spalancare la bocca. Non avrei mai, mai immaginato che ogni
cosa che facevo, ogni posto in cui andavo ero stata sempre osservata da
qualcuno! Solo allora capii che da quando mi era trasferita a Forks la mia
privacy era maledettamente scomparsa, svanita nel nulla. Era ovvio che non me
la presi e sapevo che in questo caso dovevo solo stare che zitta, visto che lo
facevano per me, per proteggermi. La cosa si era fatta veramente molto
assillante e pesante. Dovevo avere ancora quella stessa espressione, dato la
cristallina risata di Alice.
“Vado a farmi una doccia…” ammisi io un po’ demoralizzata,
a cui Alice rispose ridendo ancora di più.
L’acqua calda mi fece solo che bene. Per me il bagno
creava un’ atmosfera perfetta per riflettere. Tutto ciò che successe quella
giornata mi ritornò in mente. Yasumi, Jason e Matthew. Che strano gruppetto che
formavano, soprattutto i primi due. La verità era che ero irrimediabilmente
gelosa della loro forte amicizia e mi sembrava quasi un oltraggio intrufolarmi
tra di loro e fare parte di questo rapporto. Dei tre quella che mi ha colpita
era stata Yasumi; aveva uno strano modo di comportarsi, quasi infantile, ma nel
contempo deciso e responsabile. Si dimostravano comunque tutte e tre delle
persone fantastiche. Improvvisamente mi sentii felice di aver legato con loro.
Nonostante tutte queste loro particolarità quei tre si
erano rivelati molto furbi ed intelligenti. Avevano scoperto che nella famiglia
Cullen c’era qualcosa di strano. Certo, era vero che, se fatto notare, i
vampiri potevano sembrare molto differenti dagli esseri umani. Yasumi non
sapeva quanto la sua ingenuità era stata vicina alla realtà. Fortunatamente che
questi si erano rivelati solo degli strani sospetti poco fondati.
Mi ricordai anche della strana visione, se così si poteva
chiamare, che avevo fatto l’altro giorno. Nemmeno l’acqua calda che scorreva
sulla mia pelle riuscii a placare i miei brividi. Non avevo la minima idea di
come dare a questo fatto una logica sensata. Ero riuscita a capire poco e
niente. Seppur simile non era per niente uguale all’ultima volta. Era tutto
confuso. Cosa voleva dire? Questa volta invece di aiutarmi aveva solo
complicato le mie idee. Cosa mi sarebbe successo? Quelle ombre mi vennero alla
mente e un po’ intorpidita uscii dalla doccia. Mi asciugai in fretta e ritornai
subito in camera mia. Alice era ancora lì. Stava fissando interessata la mia
foto sul comodino, vicino al giglio, ormai del tutto appassito. Era una foto
che ritraeva me, mia madre, Kathy e mio padre. La foto più recente che avevo di
papà.
“Questo è tuo padre, vero? Non è venuto qui a Forks; ora
dov’è?” mi fece lei placida.
“Mio padre è morto” le risposi io, stranamente con la
stessa placidità.
“Oh… scusa…” fece lei distogliendo lo sguardo da quella
foto “è per questo che vi siete trasferite qui, non è vero?” Io annuii. Mio
padre. Presa da tutto ciò che era successo non pensavo a lui da moltissimo
tempo e un po’ me ne vergognai. Sapevo però che erano stati i fatti che erano
accaduti a rendermi più forte e ad avermi permesso di accettare la realtà.
Tornai a guardare Alice; stava ancora osservando la foto
con aria serena.
"Alice..."
"Mh?" disse lei alzando subito la testa.
"Perché quando ci siamo conosciute tu sei stata
l'unica a trattarmi normalmente." Questa era una domanda su cui riflettevo
da molto tempo, ma che non ebbi mai il coraggio di porre ad Alice. Lei rimase
sorpresa quanto me, visto che quelle parole erano uscite senza volerlo.
"Ti stai riferendo a quella volta al negozio?"
Io annuii. Lei sorrise.
"Perché non avrei dovuto? Perché forse nessuno sapeva
cosa fossi, tu compresa? Tu, la più confusa di tutti? Mi sembra un motivo che
giustifica benissimo quello che ho fatto..." Questa volta toccò a me
restare allibita.
"Ma... Edward…"
"Edward aveva la mente offuscata dalla rabbia perché
Carlisle gli aveva chiesto di non vedere più Bella! Lui è fatto così. Non devi
contare il suo comportamento..." Io la guardai con occhi ammirati. Era
stata forse l'unica persona tra i Cullen che mi aveva sempre considerata non
per una creatura pericolosa, ma per una ragazza particolarmente sconvolta.
"Grazie per quello che hai fatto..." sussurrai
io.
"E perché mai dovresti ringraziarmi?" fece lei
con un ampio sorriso.
“Natasha! Tra cinque minuti è pronto!” urlò mia madre
dalla cucina.
“Già…scusa, dimenticavo che tu mangi…” mi fece Alice.
“Non ti preoccupare….” dissi io, ancora imbambolata dalle
sue parole. Mi ritornò in mente la frase di Jason, …Non mangiavano mai
niente, e, anche se non gli do molto torto data la cucina della mensa, questo è
davvero troppo…fuori dalla norma….
“Ma…voi non mangiate niente? Vi nutrite solo di sangue?”
Lei annuii “Il cibo umano ci fa letteralmente ribrezzo nel
toccarlo, odorarlo e soprattutto mangiarlo. Ingerire il vostro cibo sarebbe
come ingerire per voi spazzatura” poco dopo annuso l’aria e mostrò una faccia
schifata “Stasera si mangia lasagne… Posso aprire la finestra solo un pochetto?”
“C-certo…” risposi io un po’ incredula. Le lasagne erano
il mio piatto preferito. E poi a chi non piacciono? Perciò fu normale che
rimasi incredula dopo aver sentito Alice parlare così male di una pietanza
tanto squisita.
“Natasha!” Ecco il richiamo. Mamma non era un tipo molto
paziente in queste cose e se non si rispondeva subito si sarebbe arrabbiata
molto.
“Scusa…ora devo proprio andare…” Alice in riposta mi
annuii. Scesi velocemente le scale ed entrai in cucina. Mangiai poco quella
sera, tanto ero eccitata per quello che sarebbe successo tra un po’. Mi stavo
rendendo conto che fin troppo spesso mi agitavo senza conoscerne pienamente il
motivo. Guardavo ossessivamente l’orologio ipotizzando quando sarebbe venuto.
Per fortuna riuscii a nascondere l’agitazione sia a mia sorella che a mia
madre. Finalmente quando anche Kathy ebbe finito, sparecchiai velocemente e mi
ritirai in camera mia. Lì Alice non c’era, se n’era andata. In compenso trovai
un suo biglietto sopra la scrivania:
Sta arrivando, tolgo il disturbo. Alice.
Sapevo che si riferiva a Jacob. Allora sarebbe arrivato a
momenti. Mi sedetti impaziente sul letto, muovendo ossessivamente il piede.
Perchè mi stavo agitando per così poco? Natasha, ora calmati! Jacob avrebbe
fatto una delle sue solite battutine se mi avrebbe vista in quello stato.
Decisi quindi di calmarmi cominciando a leggere un libro; Romeo e Giulietta. Me
l'aveva regalato mamma pochi giorni fa e subito me n'ero innamorata. Pensai che
tutte le ragazze avrebbero voluto un proprio Romeo, e dovevo dire sottosotto
anch'io. Ma non avrei mai scambiato Romeo per il mio Jacob, quindi
mi andava a meraviglia così. Sarebbe stato blasfemo
lamentarsi. Guardai l'orologio per l’ennesima volta. Ovviamente il libro non mi
aveva distratto a sufficenza. Era già passata mezz'ora. Alice aveva detto che
sarebbe arrivato presto. Perché non si faceva ancora vedere? Mi stavo
cominciando a preoccupare. Forse stava preparando ancora uno dei suoi soliti
scherzi, questa volta per niente divertenti. Le avrebbe sentite di brutto. Il
tempo passò lento e agonizzante e lui non si era ancora fatto vedere. Cosa
dovevo pensare? Forse non era venuto ed Alice si era sbagliata? No,
impossibile, sia l'una che l'altra supposizione. Erano ormai le undici e ancora
niente. Credevo che Jacob non sarebbe venuto. Ma me l'aveva promesso, perché
non aveva mantenuto la promessa? Forse aveva avuto un'emergenza o un
contrattempo... Rassegnata e un po’ allibita indossai il mio pigiama e mi
rimboccai sotto le coperte, chiudendo la luce. Sapevo che non sarei riuscita
comunque a dormire. Mi raggomitolai triste su me stessa.
"Ehi! Da quando non si saluta?" Una voce troppo
familiare mi giunse all'orecchie. Mi voltai di scatto spaventata. E Jacob era
lì, disteso sul mio letto, accanto a me, braccia sotto la testa. La tristezza
di colpo svanì e l'eccitazione ritornò.
"Ciao!" gli dissi felice dandogli un bacio
"Perché ci hai messo così tanto?"
"Volevo essere sicuro che tua madre e Kathy fossero
andate a dormire... perché? Ti stavi forse preoccupando per me?"
"No, no... figurati..." feci io tornando alla
stessa posizione di poco fa. Eccome se ero stata preoccupata per lui. Un senso
di colpa mi invase all'improvviso; come avevo fatto a non fidarmi di lui? Lui
intuì che ciò che gli avevo detto non era proprio la pura verità. Sorrise e mi
strinse a se.
"Lo sai che tu non meriti una persona come me?"
"Io direi proprio di sì..." risposi rigirandomi
di nuovo e guardandolo negli occhi, a cui lui reagì ricambiando il bacio di
poco prima.
"Ti ho riportato la bici; è nel garage."
"Finalmente! Dici davvero che se ci salgo sopra non
si rompe in mille pezzi?" Lui si scostò bruscamente da me.
"Che cosa? Stai forse mettendo in dubbio le mie
capacità di meccanico?" e incominciò a stringermi ancora di più a se. Stavo
morendo dal caldo, che ben presto mi tolse anche il respiro. Lui se ne accorse
in tempo e mi lasciò andare.
Io mi girai verso di lui.
"Scusami, sono troppo caldo..."
"Per me vai benissimo anche così..." dissi
raggomitolandomi contro il suo petto, mentre lui con una mano mi accarezzava i
capelli. Non mi sarei mai dimenticata di quel tocco delicato e caldo, quel
tocco che mi faceva sentire totalmente protetta.
Se prima il tempo era come se si fosse brutalmente fermato
ora stava andando veramente troppo veloce.
"La macchina sta bene?" chiesi io per rompere un
po' il ghiaccio.
"Non ti preoccupare; la mia bambina si rimetterà in
presto..." Io lo guardai storta girando il capo verso di lui.
"La tua... bambina?"
"Mica sarai gelosa di una vecchia Golf?" fece lui
incredulo con una risata. Io piegai leggermente la testa.
"Sì... hai ragione..." feci io con un sorriso
rimettendomi comoda.
"Posso farti una domanda un po’... così?" Il suo
tono di voce si era fatto subito strano e... indugente.
"Cosa vorrebbe dire "così"?"
"Del tipo..." fece lui incerto "Se io sono
il tuo... primo, insomma." Questo argomento lo stava veramente mettendo in
imbarazzo. Capii comunque cosa voleva chiedermi.
"Sì" feci io sciolta. Lui rimase allibito.
"Dici sul serio?" Questa volta rimasi io allibita.
"Perché? Cosa c'è di strano?"
"No, no, niente. è solo che mi sembra un po’ strano
che una persona come te non abbia mai avuto prima di me un..." Io sorrisi
per la sua goffaggine.
"Perciò...tu non hai mai fatto..." continuò lui
ancora più imbarazzato.
"Mai cosa?" feci io calma e confusa allo stesso
tempo.
"Bhe... quella cosa..." chiese lui sempre più
imbarazzato. Che cosa stava dicendo?
"Non ti capisco..." chiesi io.
"E dai, Natasha...!" disse lui un po’ stizzito.
Io lo guardai sinceramente confusa. Non si era mai comportato in questo modo
prima d'ora. Lo guardai in faccia. Anche con il buio e sotto la sua pelle scura
notai benissimo che era diventato più rosso di me quando mi imbarazzavo.
"Quello che sto cercando di domandarti è... se sei
ancora vergine" esplose alla fine lui. A questo punto anch'io diventai
bordeaux. Ah. Allora era questo che stava cercando di chiedermi. Cercai di
mantenere quel poco di decoro che mi restava. Prima o poi dovevamo parlarne,
era inevitabile, le persone che si amano lo fanno. Solo che ero talmente tanto
abituata alla mia idea di amore che di questo me n'ero proprio scordata. Annuii
con la testa rigorosamente in risposta alla sua domanda. Lui sembrò calmarsi un
poco. Un silenzio imbarazzante, come non ne avevo mai avuti con Jacob, calò su
di noi. Bruttissima sensazione. Dovevo cercare di fare qualcosa, qualsiasi cosa
per romperlo.
"Tu?" ebbi il coraggio di sussurrare io.
"Sì" mi rispose lui con lo stesso tono
"però..." Quel però non mi piacque per niente. Improvvisamente mi
venne in mente quella strana frase che mi aveva detto quello strano pomeriggio.
Una cosa per cui tu non sei pronta. Che si riferisse a questo? No, non
era possibile. Ma volevo sentirlo pronunciarlo dalla sua bocca.
"Jacob..." iniziai io sussurrando "cosa
voleva dire quella frase che mi hai l'altro giorno a casa tua?"
Lui mi guardò con sguardo colpevole. Allora avevo visto
giusto. La sorpresa mi fece capire troppo tardi ciò che in realtà intendeva
dire quel giorno, quando aveva scoperto che ero in grado di controllare i miei
poteri.
"No" fece lui prima che io potessi aprire bocca
"non è come pensi! Non fraintendermi! "
Niente oltre a goffaggine, imbarazzo e vergogna potevano
descriverlo.
"Io..." cominciò, ma non riuscì a continuare.
Per lui, come anche per me, questo argomento era molto difficile da affrontare
"Io...sinceramente non riesco ancora capire cosa mi
prende." Non era stato il massimo della precisione.
"Qualche volta, senza che io riesca a controllarmi,
quando sono insieme a te" iniziò confuso "dico e penso delle cose...
strane persino per me stesso. Quel pomeriggio, per esempio..."
"Ma le pensi veramente?" Lui chiuse gli occhi.
"Sì, quello che mi spaventa di più è che le penso
veramente..."
"Quindi tu desideri veramente... perdere la verginità
con me?" finalmente trovai il coraggio per dirlo.
"Sì" rispose anche lui conciso.
Quel sì era stato come un grande colpo alla testa. Non
avevo mai immaginato che i desideri di Jacob potessero essere questi, anche se
era sciocco meravigliarsene. Insomma, era un adolescente di diciassette anni;
era normale pensarlo e parlarne alla propria ragazza, che ero io. E poi sentivo
che mi amava tantissimo, troppo. Perché allora mi sentivo così strana? Certo,
l'imbarazzo era giustificato, ma c'era anche qualcos'altro. Quella confessione
mi aveva fatto un certo effetto.
Poteva essere comprensibile anche questo? Insomma, avevo
quasi sedicianni, non era più una bambina. Era forse dovuto al fatto che non mi
era mai capitato di affrontare una situazione del genere? Jacob mi mise una
mano sulla spalla per rassicurarmi. Infatti dall'inizio di quella conversazione
c'eravamo allontanati sempre più.
"Natasha!" mi fece lui con voce calma "Non
ti sto obbligando a fare niente! Lo so che non ti senti pronta!"
Io mi stupii. Come faceva Jacob a capire il mio problema,
che non avevo compreso nemmeno io?
"Come...come fai a dirlo?"
"L'ho capito da come hai reagito il giorno che ti ho
presentato gli altri, in cui ti ho toccato la schiena. Non ti sei ritratta solo
perché dovevi controllarti. Se adesso lo rifacessi reagiresti nella stessa
maniera..."
Io mi stupii ancora di più. Aveva notato cose che io non
mi sarei mai sognata.
"E poi..." continuò lui "in realtà...
neach'io mi sento totalmente sicuro..." disse lui tornandomi ad
abbracciarmi. Una sensazione di calma tornò ad invadermi di nuovo e mi rilassò.
Sembrava avere tutta l'aria di chiudere questo argomento imbarazzante. Cosa che
io fui totalmente d'accordo. Non era un argomento che mi attirava
particolarmente. Mi ripetei che era logico parlarne, e inoltre faceva bene ad
entrambi. Ciasuno conosceva così i desideri dell'altro ed era un modo che
approffindiva moltissimo il rapporto tra due persone. Di per se quindi era
importante parlarne e al punto in cui eravamo arrivati io e Jacob, con il
grande amore reciproco che l'uno provava per l'altra e viceversa, poteva
considerarsi quasi un dovere discuterne.
Una cosa non riuscivo a capire. Perché Jacob si comportava
in questo modo? Perché in mia presenza doveva comportarsi in modo diverso?
Perché reagiva in questa maniera? E non mi riferivo solo a questa volta. Da
quando c'eravamo conosciuti mi aveva spiegato che molti suoi insoliti
comportamenti erano dettati dall'imprinting. Possibile che dipendesse solo dal
fatto che lui era un licantropo? Bhe... probabile, visto che le mie conoscenze
sui licantropi erano scarse.
"Perché non reagisco come reagisci tu?" dissi
senza pensarci. Ultimamente dicevo le cose senza pensarci due volte; era un
vizio che avrei fatto bene ad eliminare. Lui mi guardò confuso.
"Cosa intendi dire?"
"Perché a te succede tutto questo? Per il fatto che
sei un licantropo? O è in questo che consiste l'imprinting? Perché allora a me
non succede la stessa cosa?" Ormai avevo ingranato la quinta.
"Ehi! Calma!" disse lui "Anche a me è
venuto in mente questo dubbio. Ho provato a chiedere a Sam. Lui mi ha risposto
che si tratta di qualcosa di più complicato" adesso il suo tono era
diventato serio "L'imprinting non dovrebbe causarmi queste... stranezze
nel comportamento. Tendo a comportarmi sempre in modo... differente quando ci
sei tu. Il Jacob che vedi tu ogni giorno, fidati, è totalmente un'altra persona
da quello insieme a chiunque altro. Ora come ora questo può dipendere solo dal
fatto che tu non sei umana..."
Ovvio; tutto prima o poi andava a finire su questo. Sul
fatto che io non ero umana. Mi rabbuiai impercettibilmente, ma non per molto
tempo. Era davvero uno spreco essere triste insieme a Jacob. Lui mi strinse
ancora di più.
"Lo sai che mi sento più che onorato sapere di essere
il primo ad averti baciata?" disse ad un centimetro dalla mia bocca prima
di posarci le labbra.
"Posso dire lo stesso di te..." risposi io. Lui
inaspettatamente si rabbuiò e si discostò leggermente da me. Qualcosa non
andava.
"No, non puoi..."
"Cosa vuoi dire?" Di nuovo quell'aria colpevole.
"Voglio dire che tu non sei la prima persona che ho
baciato..."
"E chi è?" chiesi con un sorriso. Ma non era
l'atmosfera più adatta per ridere. Lui mi continuò a fissare con lo stesso
sguardo.
"Bella." Io rimasi sorpresa. Come era possibile?
Bella era innamorata persa di Edward.
"Impossibile." dissi io decisa "Bella ama
Edward." Distolse i suoi occhi dai miei. Sembravano prendere fuoco.
"Non ho detto che lei era d'accordo,
all'inizio..." Il suo tono era basso e non riuscii a capire che emozione
trasmettesse. Anche perché io ero troppo sconvolta da quello che avevo saputo.
Jacob aveva costretto Bella a baciarlo? E non solo, da quanto avevo capito
Bella non l'aveva respinto. Lui tornò a guardarmi.
"Ti prego, non guardarmi così..." disse lui
tornando a guardare immediatamente il soffitto. Molto probabilmente la mia
espressione esprimeva un non so che di disgusto, che a quanto pareva gli dava
parecchio fastidio. In quel momento pensai che poteva stargli solo che bene;
aveva costretto qualcuno contro la sua volontà a baciarlo. Se fosse capitato a
me l'avrei odiato.
"Ti sbagli" continuai io "Bella ama solo
Edward" ripetei di nuovo. C'era qualcosa che mi disturbava parecchio, e
non capivo cos'era.
"Mi potrei anche sbagliare, se non me lo avesse
esplicitamente detto...." Che cosa?! Bella aveva detto a Jacob che
l'amava?! No! Lei amava Edward! Ma era anche vero che Jacob non mi avrebbe mai
detto una bugia. E adesso? Jacob cosa stava pensando? Forse... un pensiero
troppo orribile mi sfiorò per pochi secondi la mente, troppo confusa anche lei.
E se... anche lui provava ancora qualcosa per Bella?! NO! Al solo pensiero mi vennero
le lacrime agli occhi. NO! Lui amava solo me, me lo aveva più volte dimostrato.
Dovevo assolutamente smetterla; stavo pensando a cose che non c'erano nè in
cielo nè in terra.
"Natasha..." mi disse sussurrando prendendomi il
viso con entrambe le mani "Tutto questo è successo prima che io sapessi
che tu esistevi. Se ti dico che da quando ti ho conosciuta la mia vita è
completamente cambiata, sei disposta a credermi?"
Io mi limitai a guardarlo. Un grande senso di ansia mi
aveva catturata.
"Ascolta bene quello che sto per dirti..."
continuò "L'unica persona che amo sei tu, basta. Nessun'altro. Non
m'importa più niente di Bella. E sinceramente non mi importa nemmeno più quello
che pensa di me. Mi importa solo di te."
Io rimasi commossa, nessuno mi aveva mai parlato in questo modo. Le lacrime
agli occhi stavano per scendere un'altra volta.
"è tardi..." mi disse guardando l'orologio sul
comodino. Lo guadai anch'io. Oh. Mi sarei dovuta alzare tra due ore. Ecco. Il
tempo ce l'aveva con me. Solo allora mi accorsi della stanchezza delle mie
palpebre.
"Non ho sonno" dissi sbadigliando. Jacob si mise
a ridere, mi strinse a se in una posizione più comoda.
"Scusami se abbiamo parlato di questi argomenti poco
felici e non siamo riusciti a stare insieme" ammisi io con gli occhi
socchiusi. Sfortunatamente non riuscii a capire la sua risposta.
"Aspetta prima di partire..." mi disse lui
sorridendo "prima ti devo dare questo..."
Mi prese il mento e mi obbligò a girarmi verso di lui. La
sua bocca si incontrò con la mia e la mia lingua sentii la sua. Percepii lievi
brividi percorrermi la schiena. Quei meravigliosi minuti purtroppo finirono
troppo presto. L'ultima cosa che sentii prima di cadere in un sonno profondo
furono i dolci sussurri di Jacob
"Buonanotte, mia Luna."
Eh bhe! Questa volta ho messo la quinta anch'io! Credo di
essermi spinta un po' troppo in là. Mi sono fatta prendere la mano. Un vero
peccato non è vero? ;) Mi dispiace, è stato solo una piccola conseguenza del
caldo. Non penso che ci saranno capitoli così spinti. Il mio neurone Squizzo
quando vuole fa brutti scherzi. Bhe... che dire? Spero che il capitolo vi sia
piaciuto leggerlo come io per scriverlo! COoOoOoOmunque ringrazio puntualmente
di cuore tutti coloro che lessero, hanno letto, leggono e leggeranno e
soprattutto quelle persone troppo pazienti nei miei confronti (non me lo
merito!) che commentarono, hanno commentato, commentano e comenteranno. E dopo
aver dismostrato molto penosamente a tutti la correttezza del mio italiano
concludo con un grandissimo CIAO!!!
x Ada Wong: Urca! I tuoi commenti mi stanno emozionando un
aggettivo dopo l'altro! Bhe, spero solo che il 75% di questo capitolo sia stato
all'altezza del precedente! Nooo!^^ Non potevo mica far arrabbiare il mitico
Jacobbuccio con il pupazzo di neve solo per un rottame rosso e sfasciato (eh
sì, questo è quello che penso dell'auto di Jacob! Poveruccio, non se la merita
:.......(! )! Bhe... proprio emo,emo,emo,emo no! L'eccesso non mi piace
particolarmente nemmeno a me (senza offesa per gli emo che ascolto e che io
apprezzo moltissimo)! Ma ce lo vedo benone vestito un pò noir! ^^
Ehhh....purtroppo lo so, lo so, lo so....manco uno degli
attori che immaginavo recito in quello stramaledettissimo film! Peccato...
:......( ...sing....sob.... non ce la farò ad aspettare il 12 dicembre; data in
cui uscirà quello in inglese, si noti bene! grrr.....Coooomunque grazie ancora
tantissimiso x il commentozzo!^^ ps: NON PROVARE A STRAPAUSSARE ANCORA IL MIO
JACOB! Sta attenta, eh! Questi rapporti fisici non mi piacciono! Guarda che
chiamo la guardia forestale e do inizio al bracconaggio alla Ada's specie! ^^
:) Baciotti!
x Pocia: Grazie tantissimo per il commento! Scusa ancora
se non ho potuto aggiornare in tempo! Spero ancora tantissimo che ti sia
piacciuto anche questo. Per quanto riguarda Yasumi, bhe, aspetta (se prima non
diventi vecchia) il prox capitolo! Baci ancora!
x pazzerella_92: Nooo! Certo che sei sadica!^^ Bhe... ti
dico una cosa... lo sono anch'io (un esempio a caso...ehm Edward)! hihiiihi!
grazie tante per la scena dell'auto! Sai, è stato spontaneo, visto che è
esattamente quello che farei io!
ps: abbiamo talmente criticato gli attori, la summit, il
regista e tutto l'ambaradam che se scomprono le nostre consversazioni è già
tanto se ci linciano e basta! Ma tanto lo so; quando uscirà andrò a vederlo e
mi piacerà pure, è inutile, bello o brutto che sia è destino che accada....
x _sefiri_: Eh già! Anch'io ho proprio bisogno di un paio
di lezioni di guida! Lui che ti prende le mani e te le fa mettere nei punti
giusti!! Ok! Ora basta! Sono completamente andata! Grazie ancora per il sempre
senitito sostegno! Sono contenta che il Mio dolce Jacob sia vicino all'immagine
che hai del Tuo! TRIPLOSMACK!
x Saphira87: Se sei ancora viva allora rispondo al tuo
commento in questo modo: Hihii! Anch'io mi sono divertita tantissimo a scrivere
queste scene imbarazzanti! E non penso mi fermerò a questo.. (nel mio cervello
bolle qualcosa di sospetto...). Mah, sinceramente il fiocco di neve ha fatto
bene a distruggere quella catapecchia. Jacob non si merita quel ammasso di
ferro vecchio! Lui merita il meglio! Sì, lo so, credo di provare un malsano e
inspiegabile odio contro un oggetto che non esiste. Eh...pazienza! Mmmm....la
situazione è più grave di quanto pensassi... sbaglio o sotto queste perifrasi e
giri di parole c'è un coltello puntato alla mia schiena che mi minnaccia di
scrivere scene a luci rosse?eh?eh?eh? Ma che volgarità! Io? Una mente così
pura? IO?! (...sì sì...sì sì...) Mah, che gente, che gente!^^ Grazie
ancorancora! Kiss!
La sveglia cominciò a suonare. Di già.
Ma io non riuscivo a sentirla. Più
che mai si faceva spazio nella mia mente la prospettiva di prendermi un giorno
sabbatico. Possibile che dovesse già essere mattina? Cercai a tastoni la
sveglia sul comodino e la spensi. Ancora cinque minuti
non sarebbero guastati. Mi girai dall’altra parte. Un raggio di sole che
spuntava dalle spesse tende però riuscì a farmi
svegliare del tutto. Quando mi alzai quasi non ricaddi all’indietro.
Avevo dormito solamente due ore. Ero distrutta. Il solo pensiero di ciò che io
e Jacobavevamo parlato ieri
notte mi fece venire un forte mal di testa. Era meglio non pensarci. Guardai il
comodino. Al posto del giglio appassito ora c’era un girasole. Jacob l’aveva cambiato ancora una volta. Un sorriso mi si
dipinse in faccia; un sorrisino che doveva sembrare, nelle mie condizioni, un
po’ ebete. Misi apposto la sveglia che era caduta. Segnava le
8.01. Una parola molto volgare mi uscì dalla bocca. Con un improvvisa energia datami dall’adrenalina del ritardo corsi
in bagno, dove cercai di lavarmi la faccia e pettinarmi contemporaneamente.
Mamma e Kathyuscivano
sempre prima di me e quindi anche questa volta ero spacciata; non potevo
chiedere a nessuno un passaggio. Dopo dieci minuti ero pronta. Maledicendo ogni
persona che mi veniva in mente uscii di casa correndo
come una forsennata sbattendo la porta. Avevo percorso il vialetto
quando mi fermai di botto, colpita da un’illuminazione. Io ero in grado
di teletrasportarmi. Un senso di speranza e serenità mi invase, ma anche di derisione e sconforto per me stessa,
dato il fatto che non ci avevo pensato prima. Era proprio in questi momenti che
adoravo le mie doti. Come sempre mi concentrai, su un
luogo vicino alla scuola. Un luogo isolato, dove nessuno mi
poteva notare. Trovai perfetto il piccolo boschetto che circondava
l’edificio. Riaprii gli occhi e mi trovai esattamente lì. Senza perdere altro
tempo corsi all’entrata della scuola rischiando anche d’inciampare. Quando entrai vidi i corridoi deserti. Non mi stupii, le lezioni dovevano essere cominciate già da un
pezzo. Oggi dovevo avere biologia. Entrai in classe. Per fortuna era quella
giusta. La professoressa aveva improvvisamente finito di parlare e mi stava
guardando come se volesse fulminarmi. Era una professoressa molto giovane per
la sua età, e ciò contribuì a farmi percepire ancora di più quello sguardo
pieno d’odio. Già non la sopportavo.
“M-mi scusi per il ritardo…” feci
io entrando, chiudendo la porta a testa bassa e dirigendomi verso un banco
vuoto. Lei guardò il registro.
“Lei è la signorina McAnderson?”
fece lei con tono severo. Io annuii.
“Spero che abbia dormito bene…”
Oh no. Era una di quelle veramente
infide. Quelle che non perdevano occasione di metterti in
imbarazzo davanti a tutti. Io rimasi zitta.
“Non accetterò un altro ritardo, signorina McAnderson…” continuò a farmi minacciosa. Io annuii ancora.
Bene come inizio del secondo giorno…veramente niente male.
Sentii un brusio di risate trattenute intorno a me. Eh già, veramente bene.
Fortunatamente la lezione passò in fretta. Per tutta la
mattinata non potei vedere Yasumi, anche perché
avevamo solamente inglese e storia come orari coincidenti. Ah già, Yasumi. Mi sarebbe sicuramente saltata al collo per non
averle detto di me e Jacob. Bhe,
se non avrebbe accettato la situazione, pazienza, non
sarebbe stata un’amica.
Potei incontrarla solo all’ora di
pranzo. Misi nel mio vassoio quel poco che c’era di buono e volsi lo sguardo
verso il tavolo di Yasumi, Jason
e Matthew. Stavano parlando, ma non pareva avessero
un’aria allegra da qui. Mi diressi verso di loro. Non appena fui abbastanza
vicino smisero tutti e tre di parlare. Matthew e Jason abbassarono gli occhi, mentre Yasumi
aveva cominciato a giocare con la sua pasta.
“Pos..” cominciai
io.
“Siediti” fece lei con tono neutro scostando con poca
delicatezza la sedia vicino a lei. Io mi sedetti cauta. Jason
e Matthew alzavano alternativamente lo sguardo dal
loro piatto lanciandomi occhiate di compatimento. Mi sarebbe
saltata addosso, lo sapevo. Infatti fu quello
che fece; mi lanciò le mani al collo. Quello che mi rese perplessa è che non mi
stava strozzando, bensì abbracciando. Mi aveva lanciato le braccia addosso per
abbracciarmi. Quando si staccò vidi un sorriso a
trentasei denti sulla sua faccia. Reazione totalmente inaspettata.
“Tu…stai con JacobBlack?” mi fece felice. Immaginavo che me lo avrebbe
chiesto, ma non con quel tono. Io annuii ancora scombussolata. PerchéJason e Matthew
mi stavano lanciando ancora quelle occhiate?
“Ma…è fantastico!” Un momento, non
era lei quella che le piaceva Jacob? C’era qualcosa
che tornava…
“Dio…non sai quanto sei fortunata!” disse togliendomi le
braccia dal collo, sempre sorridendo, ovviamente. Almeno un punto su cui eravamo d’accordo tutte e due. Yasumi
cominciò a osservarmi con il mento appoggiato ad una
mano. Gli altri due da lanciarmi occhiate fugaci erano ora passati a fissarmi.
“Quindi devo supporre che conosci
anche gli altri Quileutes” dissi lei maliziosa.
Ah…chiaro. Ora capivo tutto. Voleva che le presentassi gli
amici di Jacob. Ecco il perché di quelle occhiate di
compatimento. Non vidi niente di male in questo. Anche se
sapevo che mi avrebbe tormentato a vita. Come si dice: morto un papa se
ne fa un altro. Quella per Jacob quindi si era alla
fine dimostrata solo una piccola cotta. Mi sentii più sollevata.
“Certo. Se vuoi te ne presento
qualcuno. Sono davvero simpatici come dici tu….” dissi
precedendo Yasumi. Jason e Matthew spalancarono la bocca. Non credevano proprio in una
risposta del genere da parte mia. D’altro canto Yasumi
mi mostrò un sorriso ancora più sfavillante.
“Dici sul serio?” disse in un tono
acutissimo.
“Certo, perché no?” Lei mi buttò le braccia al collo,
rischiando quasi di schiacciare la mia pizza con il mio
gomito.
“Sei davvero forte, Natasha!” fece
lei sprizzante di felicità. Certo che era proprio un tipo
strano.
“Ma scusa, perché non ce l’hai mai
detto?” Ovviamente usò il plurale per non essere indiscreta. Non ero certo una
persona così vanitosa da sbandierare ai quattro venti che stavo
con Jacob Black.
“Lasciamo stare!” disse lei, dato il mio silenzio.
“Avete visto la nuova di biologia? La Coups?”
disse subito Jason per cambiare argomento.
“Chi? Quella là? Ma per piacere!
Non vedi quante arie si dà? L’unica cosa di decente sono le sue unghie viola!”
“Cioè, e tu le vai a guardare le
unghie? Non hai visto che corpo che ha! Mi hanno detto
che ha solo ventotto anni!” le rispose agitato Jason.
“Jason! Tira a freno gli ormoni!
Solo voi maschi idioti correte dietro ai docenti appena più che decenti!”
sbraitò Yasumiin risposta.
“Oggi sono arrivata con dieci minuti di ritardo e se avesse
potuto mi avrebbe fulminato” dissi io tanto per entrare nella conversazione. A Yasumile si illuminarono gli
occhi.
“Ecco! Vedi! Lo dice anche Natasha!
Impara da Matthew! Lui mica va in giro a sbavare su
ogni corpo che cammina dal sesso opposto al suo come fai tu!”
“Sì, ma Matthew è un caso
particolare! Ha mezza scuola che gli corre dietro, ma lui non se ne accorge nemmeno.”
“mmmhhh… su questo hai ragione…”
affermò Yasumi guardando seriamente Matthew dall’alto al basso.
“Volete smetterla di parlare della mia vita amorosa?
Grazie!” si unì Matthew.alla conversazione
“E comunque” continuò Jason “non negare che non ti saresti comportata nello
stesso modo se la Coups fosse stata un uomo!”
“Certo che non mi sarei comportata come te!” affermò
convinta con un’espressione di disgusto.
Avevano ricominciato a litigare. Matthew
ed io ci stavamo scambiando occhiate di rassegnazione.
Jason aveva cominciato a tossire
“…Coufcouf…Dottor…CoufCouf…Cullen…CoufCouf…”
La limonata che stavo bevendo mi andò di storto e cominciai
a tossire veramente. Solo Matthew se ne accorse.
“Tutto bene?” mi chiese quando ebbi
finito. Io annuii sorridendo per essere convincente.
Yasumi intanto aveva spalancato la
bocca e guardava Jason con rabbia.
“Questo è un colpo troppo basso…” fece lei.
“È la guerra, tesoro” rispose con un sorrisino beffardo Jason.
“Mica è un professore! Lui è un dottore!”
“Sta di fatto che fino a qualche mese fa gli sbavavi
dietro!”
“Jason! L’intera popolazione
femminile di Forks lo fa! È un fatto normale!”
L’intera popolazione femminile di Forks tranne me.
Non mi sentivo particolarmente a mio agio. Perché
succedeva sempre se stavo insieme a loro? Sentire
parlare di Carlisle in questo modo mi dava la stessa
strana sensazione di ieri, quando Yasumi parlava di Jacob. Non avevano altro di meglio di cui parlare? E poi a
dire il vero non è che mi interessava molto venire a
sapere questo genere di informazioni. Tentai quindi di cambiare argomento, ma
invano; era impossibile fermare Jason e Yasumi
“Come no!” disse Jason
sarcastico.
“Ah sì? Non mi credi? Natasha.”
Per poco non mi andò di traverso anche la pizza Finché parlavano loro due
andava bene, ma coinvolgermi anche me no! Guardai Yasumi
titubante. Perché? No, no, no.
Non me lo chiedere!
“Tu che hai incontrato il Dottor Cullen,
non credi che l’intera popolazione femminile di Forks
abbia ragione a sbavargli dietro?” Me lo stava chiedendo veramente a me? Io la
guardai allibita. Cosa mai avrei dovuto rispondere? Mi
stava chiedendo veramente il colmo!
“…S” cercai di dire io.
“Ecco!” mi interruppe lei,
guardando con sguardo vincitore Jason “E poi era solo
una cosa passeggera!”
”Certo! L’anno scorso sei stata tutta la notte sotto la neve per farti venire
il febbrone e farti portare al pronto soccorso!”
“Peccato che poi non è stato lui a curarti” disse Matthew con un sorrisino, anche se era più interessato ai
composti dell’acqua minerale che stava bevendo che alla conversazione. Yasumi di colpo arrossii. Sapeva che questa battaglia
l’aveva vinta Jason, che la stava guardando con un
sorrisino furbastro. Yasumi aveva avvinghiato
entrambe le mani al bordo del tavolo con tutta l’intenzione di provare a sgretolarlo
e con gli occhi stava fulminando e incenerendo Jason.
“Prima avevi detto che sei arrivata
in ritardo” intervenne Matthew per stabilizzare la
situazione “Come mai?” Proprio come ieri Jason e Yasumi si voltarono interessati verso di me lasciando totalmente
perdere la loro battaglia con gli sguardi.
“Non ho dormito molto bene…” mentii io. Non potevo mica dirgli che avevo dormito con Jacob!
Non volevo che altre persone, che d’altronde conoscevo
solo da due giorni, sapessero questi fatti strettamente private sul mio conto. La
conversazione non durò a lungo perché la campanella suonò e l’intera mensa si
alzò, noi compresi.
Il resto delle lezioni pomeridiane finì in fretta. Non era
mai successo che il tempo trascorresse così velocemente. Di solito a scuola le
lezioni per me trascorrevano lente e insopportabili. Invece
qua a Forks provavo una sensazione completamente differente.
Chissà perché poi. Bhe… tanto meglio per me. Mi
diressi verso il piccolo boschetto che circondava la scuola per trovare un
luogo inosservato dove teletrasportarmi. Mi girai
intorno per controllare che nessuno mi guardasse.
Nessuno; bene. Chiusi gli occhi, mi concentrai, e subito mi ritrovai in camera
mia. Adoravo queste strane doti. Mi avevano risparmiato di attraversare grandi
pozzanghere che minacciavano di schizzarmi addosso alla prima auto che fosse
passata. Scesi giù in salotto e mi rilassai stendendomi sul divano. Oggi Jacob non si era fatto vedere e nemmeno Alice. Per Alice non
mi preoccupavo eccessivamente; non era costretta ad essere sempre presente
nella mia stanza. Ero invece un po’ tesa per Jacob.
Era vero che nemmeno lui era costretto a stare sempre con me; era giusto che
ognuno si potesse ritagliare i propri spazi. Ma… la
verità era che mi mancava. Speravo che sarebbe venuto dopo. Un pensiero mi
attraversò la mente. Magari aveva deciso di non venire per la conversazione su
Bella. No. Cosa andavo a pensare. Sapevo che Jacob, seppur qualche volta si comportasse come un bambino
di cinque anni, non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Il mio pensiero di
conseguenza andò a Bella. Cosa diamine le era successo.
Era innamorata pazza di Edward,
e questo si vedeva, ma aveva detto a Jacob di amarlo.
Detta così era un completo controsenso. C’era qualcosa
che non quadrava. Non presi nemmeno in considerazione la probabilità che Jacob mi avesse mentito. Lui aveva
la mia completa fiducia. Continuando a pensare a questo argomento
mi venne anche un gran mal di testa. Niente da fare. In questo modo non potevo concludere niente. L’unica cosa che or ora potevo fare per
capirci qualcosa di più era proprio quella di chiedere
spiegazioni alla diretta interessata. Cosa un po’ difficile,
visto che si trovava a circa 50 km di distanza e chissà quando l’avrei mai rivista.
I miei pensieri vennero interrotti da qualcosa di
caldo che mi saltò addosso e mi tolse il respiro. Senza nemmeno che mi fossi
resa conto mamma e Kathyerano
rientrate in casa.
“Ehi Kathy! Mi raccomando, non
essere così leggiadra la prossima volta.”
“Ciao, Cucciolo!” mi salutò mia madre entrando in casa. Quando faceva così non riuscivo a sopportarla. Mia madre
aveva lo strano vizio di chiamare me e mia sorella con i soprannomi più
sdolcinati e smancerosi. Non lo faceva sempre, per fortuna. Da quando era morto
papà ci aveva sempre chiamato con i nostri nomi di battesimo ed il fatto che
aveva ricominciato voleva dire che si era ripresa
quasi del tutto. Fu per questo che quella volta non mi
arrabbiai, bensì sorrisi.
“Ciao, mamma.” Mia sorella intanto non si voleva
decidere di togliersi da me. Ultimamente nominavaJasper
meno del solito. Forse si stava veramente rendendo conto dell’impossibilità
della cosa.
“Ehi microbo! Togliti!” dissi
cercando di staccarmela di dosso.
“No!” mi rispose le ridendo.
“Allora tu mi vuoi proprio fare arrabbiare, eh?” dissi anch’io
ridendo.
“Ehi! Vedete di non farvi male, voi due” ci avvertì mia madre dalla cucina. Proprio in quel momento il
campanello suonò.
“Vado io!” urlò mia sorella staccandosi immediatamente da
me. Le sue intenzioni facevano paura tanto variabili
che erano. Ebbi solo un momento per sentirla urlare “Ciao Alice!”
Allora era venuta anche oggi, ma perché non era entrata
dalla finestra come sempre?
“Ciao Alice! Come mai qui?” disse mia madre allo stesso
tempo felice e sorpresa. Mi alzai e le andai anch’io incontro. Alice entrò in
casa con un grande sorriso, sempre vestita in modo
impeccabile.
“Buon giorno, Lily! Sono solo venuta a fare una visita a Natasha. È da così tanto tempo che
non ci vediamo!” disse lei in tono convincente. Cosa
aveva intenzione di fare? Non ne ebbi la minima idea.
“Hai ragione, non è una passeggiata fare Forks-Seattle
ogni giorno!” le rispose mia madre.
I Cullen avevano deciso di andare
all’università di Seattle dopo il liceo; questa era la scusa che avevano usato
per poter stare qui a Forks e contemporaneamente
sembrare dei normali ragazzi.
“Già, ma dopo un po’ ci si abitua” affermò Alice
accondiscendente. Non riuscivo ancora a capire dove volesse andare a parare.
“Come sta Jasper?” Ecco. Nemmeno a
pensarlo e Kathy aveva già ingranato la quinta. In risposta Alice rise.
“Lui sta bene” le rispose, poi continuò
a parlare a mia madre “Sa, Lily, volevo chiederle una cosa…” La mia attenzione
salì al massimo.
“Dimmi pure, Alice” le fece mia madre interessata.
“Questo fine settimana io e la mia famiglia pensavamo di
andare a fare trekking” incominciò lei “Così mi è
sembrata un’idea carina invitare anche Natasha”
concluse guardandomi.
Trekking?! Mi era sempre piaciuto muovermi ed il trekking non mi dispiaceva. Ma che
motivo c’era venire a casa mia per dirlo direttamente a mia madre? No, c’era
ancora qualcosa che non riuscivo a capire. Decisi comunque di fare il suo gioco.
“Mi piacerebbe tantissimo andarci” dissi a mia madre per
convincerla.
“Sarebbe una cosa bellissima per te, Natasha.
Ma visto che Natashadovrà
dormire fuori, desidererei parlare con tuo padre al riguardo, Alice” disse mia
madre con il suo tipico tono professionale.
“Ovvio, mi sembra più che giusto” confermò Alice.
“Posso venirci anch’io?” disse Kathy
che stava in quel momento rimbalzando peggio di una pallina impazzita.
“Nemmeno per idea! Vieni, tua sorella ed Alice vorranno restare sole” le disse mia madre prendendole per un
braccio e trascinandola in cucina.
Mia sorella brontolò scontenta ed Alice si mise a ridere per
la sua scenata. Io intanto avevo cominciato a guardarla di sottecchi.
“Trekking, eh?”
“Bhe… mica
potevo dire a tua madre che ti portiamo in Italia, no?” Io spalancai gli occhi.
“Mi volete portare dai Volturi questo fine settimana?!” dissi in un sussurro per non farmi sentire da mamma e Kathy. Alice annuii. E me lo
diceva così? Con una settimana di anticipo? Senza poi
nemmeno dirmelo prima a me, ma bensì prima a mia
madre?! Bhe… a dire il vero sapevo che presto sarebbe
dovuto accadere. La cosa mi rendeva leggermente ansiosa. E
se per questo fine settimana avessi dovuto fare qualcos’altro d’importante?
Scossi involontariamente la testa e mi diedi della stupida per il sciocco pensiero avuto. I Cullen
si stava facendo in quattro per me e non potevo di certo complicarli ancora di
più le cose con i miei capricci.
“Ne abbiamo parlato anche con i
licantropi” Questa volta Alice non sorrideva, ma aveva un’espressione neutra
che non era per niente da lei.
“Non l’hanno presa molto bene, soprattutto Jacob…” Io ebbi un sussulto. In fin dei conti potevo anche capirli. Già non apprezzavano i Cullen, se poi mi portavano in mezzo ad altri vampiri…
“Hanno a stento accetto, tutti tranne Jacob…”
Altro sussulto. Dovevo immaginarlo che non avrebbe mai accettato. Che situazione complicata….
“E si è anche arrabbiato parecchio”
concluse finalmente Alice. Avevo la strana sensazione che oggi non avrei visto Jacob.
“Cercherò di convincerlo io…” le dissi.
“Bhe…non è un problema; anche se
non ci riesci noi ti portiamo a Volterra comunque…” mi
disse Alice con un sorriso. Le sue parole mi colpirono profondamente.
“ma… in un’alleanza non si dovrebbe…” ma
venni subito interrotta da lei.
“In un’alleanza normale. Così facendo noi agiamo anche per
il loro bene, seppur non intenzionalmente. Con i Volturi
dalla nostra parte saremo entrambi avvantaggiati. Non abbiamo tempo da
perdere dietro a dei licantropi adolescenti che non riescono a capirlo.”
Non avevo mai sentito un tono così acido da parte di Alice. I miei occhi erano spalancati per lo stupore.
“Scusa…” disse lei con il suo solito tono melodioso ed un
po’ in colpa “non volevo offendere nessuno…” Per un attimo pensai
che Alice avesse ragione, ma solo per un attimo. Non riuscivo però a darle
nemmeno torto. In realtà non sapevo cosa pensare. Avevano ragione sia i
licantropi a comportarsi in questo modo, dato che ne sapevano tanto quanto me
di questi Volturi, sia i vampiri, visto che effettivamente l’aiuto di questo
esercito sarebbe stato di grande aiuto.
“Bene…” disse Alice riscuotendomi dai miei pensieri “ora
devo andare... ci vediamo sabato mattina.”
“A sabato..” dissi
io un po’ assente. Mi sorrise per un ultima volta
prima di uscire dalla porta.
Non cenai neppure tanta era la
tensione. Mamma aveva intuito che c’era qualcosa che non andava, ma non aveva
capito cosa. Sinceramente anche io avevo notato qualcosa che non andava in me,
ma neanch’io sapevo cosa. Sapevo solo che era legato
a Jacob. Perché non voleva
capire? Dovevo parlargli, non c’era niente da fare. Anche perché, a contrario di quello che aveva detto Alice,
non mi sarei mai allontanata da Jacob senza che lui
fosse d’accordo. Solo allora sentii il fastidio per le parole di Alice. Perché nemmeno lei voleva
capire quanto contava per me? Era davvero un grande
problema l’incompatibilità tra vampiri e licantropi. Uffa. L’unico risultato fu
che quella notte mi addormentai arrabbiata e rattristata per non aver visto
quel giorno Jacob.
Il giorno dopo, nonostante mi alzai in orario, mi sentivo
ancora giù e confusa. Ciò non sfuggì all’attenzione di Jason,
Yasumi e Matthew, ai quali
tuttavia risposi che andava tutto bene. Lasciai quindi Jason
e Yasumi litigare in santa pace, tuttavia Matthew continuava a guardarmi guardingo. Non mi aveva
creduto per niente. Infatti quello stesso giorno,
mentre stavamo uscendo da scuola, Matthew si abbassò
verso di me.
“Sai” cominciò “fa sempre bene parlare
quando non ci si sente bene” mi disse con un sorriso.
“Grazie per il consiglio, Matthew”
gli dissi io guardando in alto. Avevo imparato che una delle sue
caratteristiche era proprio quella di intuire il vero dai movimenti e
dai gesti delle persone. Era stato proprio un amico. Tuttavia non sarebbe stata
una bella idea parlare con qualcuno di questa
faccenda. Pensavo ancora al consiglio di Matthew e a Jacob anche mentre stavo tornando a casa con la mia bici. Anche
se il teletrasporto era utile e molto comodo non avrei mai rinunciato ad un viaggio in bici. Fu
proprio allora che mi venne un’idea. Se lui non voleva
capire da solo quello che i vampiri stavano facendo, allora dovevo farglielo
capire io. Quindi invece di svoltare verso casa mia andai dritta con
destinazione La Push, ormai convinta di quello che
stavo per fare.
Arrivai a casa Black venti minuti
dopo e appoggiai la bici. Sentii dei sordi rumori di attrezzi
provenienti dal garage. Probabilmente Jacob stava
lavorando per smaltire la rabbia. Decisa entrai. Lui, concentrato nel suo
lavoro, non si era accorto della mia presenza. Stava sistemando il cofano della
sua auto che, a quanto pareva, era messo davvero maluccio. Aveva la schiena
voltata verso di me. Mi avvicinai quatta quatta e mi posizionai dietro di lui. Gli coprii gli occhi
con le mani e lui smise di lavorare.
“Indovina chi sono” feci io neutra, per la poca voglia di
scherzare che avevo al momento, dato l’argomento che dovevamo affrontare.
Sentii le sue guance alzarsi. Stava sorridendo.
“Una pallina di gelato alla panna
con le gambe?” rispose anche lui neutro. Non aveva neanche
lui voglia di scherzare. Non c’era da stupirsi, visto che era ancora
teso.
“Guarda che mi arrabbio” feci io togliendogli le mani dagli occhi mentre lui si girava verso di me.
Anche se il suo animo era inquieto a
me riservava sempre uno dei suoi perfetti sorrisi. Non mi andava di vederlo
scomparire subito. Guardai la sua Golf.
“Che disastro…” dissi in colpa. Mi
dispiaceva veramente avergli distrutto la macchina, seppure se lo fosse
meritato, visto che lo avevo avvertito. Lui mi
scompigliò i capelli.
“Quanto sei noiosa” mi fece con un sorriso “te l’ho detto che non fa niente. E poi mi
aiuta a distrarmi…” Emise un profondo sospiro.
“Scusa se non sono venuto ieri, non stavo particolarmente
bene” continuò dispiaciuto, poi però il suo sguardo si
fece cupo “immagino tu sappia il perché…” Io annuii con la testa senza
problemi. Si cominciava. Lui si sedette su una sedia malconcia, ma ancora
stabile non molto lontano da noi. Mi stava ancora guardando con quello sguardo
cupo.
“Lo sai che non permetterò a nessuno di portarti via da qui
senza il mio consenso, vero?” Io annuii.
Nel suo tono severo sembrava essere evidente anche un non so
che di minaccioso, che non mi intimorì per niente. Poi
però si raddolcì.
“Bene… volevo solo mettere in chiaro l’idea che tu non in
Italia non ci andrai.”
“Sai, io invece sono venuta qui
proprio per mettere in chiaro l’idea che io in Italia ci andrò” dissi io con lo
stesso tono minaccioso che aveva usato lui poco prima. L’ultima cosa che volevo
era litigare con Jacob, ma per fargli capire la situazione
non sapevo in che altro modo comportarmi. Lui mi fissò stupito. Probabilmente
non si aspettava una conclusione simile. Quando
ricominciò a parlare non aveva però il tono severo di prima, ma quasi
preoccupato.
“Natasha… tu non capisci… hai mai incontrato questi… Volturi? Cosa ti spinge a fidarti di loro?”
“Io non li conosco, certo, ma mi fido dei Cullen.”
“Io no.” Ora il suo tono era veramente minaccioso, di cui
questa volta ebbi un fremito di paura. Se si andava
avanti in questo modo non sarei mai riuscita a convincerlo.
“Jacob, anche se tu non sei
d’accordo, loro mi porteranno in Italia lo stesso” dissi anch’io minacciosa.
Lui con uno scatto fulmineo si alzò dalla sedia e senza che io me ne rendessi
conto era già a pochi centimetri da me. I suoi occhi stavano prendendo fuoco.
“Sono disposto a tenerti rinchiusa in questo garage pur di non
farti andare con loro.” No, minacciarlo in quel modo
non era stata per niente una buona idea. Fui talmente
impressionata dai suoi occhi infuocati, mai visti prima,
e senza rendermene conto feci un passo indietro. Lui se ne accorse
e subito si raddolcì leggermente, abbassando la testa dispiaciuto.
“Scusa, non voglio obbligarti a fare niente, sai che è l’ultima
cosa che voglio fare…” poi alzò lo sguardo. I suoi occhi erano tornati quelli del
mio Jacob, profondi e neri “lo faccio
perché tu non vuoi capire che…”
“No, Jacob, sei tu che non vuoi
capire” feci io. Lui cominciò a guardarmi negli occhi, come se volesse leggermi
nella mente.
“Se vuoi tanto andare con i Cullen”
iniziò lui leggermente acido “perché non ci vai e
basta? Perché sei venuta qui per chiedere il mio
permesso?” Io lo guardai con un sorriso, non badando al tono che aveva usato.
“Perché non sarei mai in grado di andarmene senza che tu sia
d’accordo; non sarei mai in grado di ferirti in questo modo.”
A questo punto anche Jacob sorrise. Bene, le cose
stavano andando bene.
“Jacob, i Cullen
lo stanno facendo anche per voi. Lo sai benissimo anche tu che le cose sono
peggiorate di molto. Il rischio è grande. Non hai paura che qualcuno dei tuoi
compagni possa morire?” dissi io decisa. Jacob non mi rispose, si limitava
a guardarmi negli occhi. Avevo fatto centro. Lui si mise una mano sulla fronte
e abbassò lo sguardo scuotendo la testa.
“Natasha, lo sai quanto sono
importanti per me…” mormorò lui.
“Sì, lo so. Appunto per questo ti pongo questa domanda. Se
non ti fidi dei Cullen allora, ti prego, fidati di
me.” dissi infine. Lui mi guardò greve. Se si fidava di me allora mi avrebbe lasciato andare.
“Natasha… lo sai quanto ti amo, se
ti accadesse qualcosa…” cominciò lui, ma io lo fermai
subito.
“Non mi succederà niente, Jacob!
Con me ci saranno i Cullen. Te lo prometto”
gli dissi io con dolcezza. Lui mi stava ancora guardando greve. Non se
la sentiva proprio di ammetterlo.
“Due giorni sono troppi…” Jacob, Jacob. Si era ridotto a trovare le scuse più assurde per
farmi restare qui a Forks. Io gli
sorrisi e cinsi il suo collo con le mie braccia.
“Hai ragione. Ma, sbaglio o sarò comunque
insieme a te?” gli dissi sfiorando il ciondolo che gli avevo regalato.
“Non è la stessa cosa…” disse lui triste “giuro che se ti
succede qualc…” Non finì nemmeno di parlare che le
mie labbra avevano incontrato le sue.
“Jacob” gli dissi
quando ci staccammo con uno sguardo che voleva dire più di mille parole
“Ti prego” Lui mi stava guardando con sguardo profondamente amareggiato, ma
alla fine cedette.
“Va bene…” sussurrò impercettibilmente. Io lo strinsi ancora
di più.
“Ti amo Sole”
“Ti amo anch’io, Luna” mormorò ad un mio orecchio questa
volta dolcemente.
“Ti verrò a salutare sabato mattina” Nella sua voce c’era
qualcosa di stranamente malizioso.
“Va bene...” risposi io. Cosa aveva in mente?
Mi accompagnò fuori dal garage. Io presi la mia bicicletta e ci salii sopra.
“Sai, ho fatto tutta Forks-LaPush senza che si smembrasse in mille pezzi…” commentai io
ironica.
Dopo una conversazione di quel tipo un po’ di sarcasmo era
quello che ci voleva.
“Allora il meccanico vanitoso e intraprendente ha dimostrato
di valere qualcosa” disse lui rammentandosi dei vecchi tempi. Io allora mi misi
a ridere di gusto. Ero felice che l’atmosfera fosse ritornata quella serena che
c’era sempre stata tra noi due.
“Verrò a trovarti domani”
“Pensavo fosse scontato…” dissi io ancora con un sorriso. E finalmente arrivò. Quel bacio che tanto
mi era mancato quel giorno. Quel bacio speciale, in qui sentivo
veramente Jacob vicino a me. Sentivo la sua lingua
sfiorami delicatamente il palato prima di uscire dalla
mia bocca. Prima che io andassi mi accarezzò per
un’ultima volta la guancia.
“A domani”
“Ciao” mi limitai io, ancora scossa per il bacio, prima di
pedalare verso casa. La brezza che sentivo sul viso adesso era più rinfrescante
e rincuorante di quella sentita all’andata. Da questa mattina il mio umore era
nettamente migliorato. E poi sarei andata in Italia,
anche se non per fare la turista. Non c’ero mai andata e da quanto avevo
sentito era un paese davvero stupendo. Eh sì. Si poteva dire
che ero veramente felice e sollevata.
Le trombe suonano, i tamburi battano
ed i coriandoli scendono. E dopo una settimana eccomi
qui! Credo che con questo capitolo ho veramente superato
il mio record di ritardi.
Dunquedunque…
se nell’altro capitolo ci ho messo Jacob, come non
potevo mettere in questo Carlisle? Hihihihi… Le conversazioni di Nat
con quei tre sono i miei piccoli momenti di sfogo per la mia perversione… hihihhi….:)
Vi ringrazio tutti di cuore per sopportare questi miei tempi
moooolto lunghi. Un’altra cosa; visto che a questo
passo la storia non finirà MAI ho deciso di fare i capitoli un po’ più lunghi a partire dal prossimo capitolo. Saluto e ringrazio ancora
una volta tutti coloro che non si sono ancora stufati
di leggere questa mia PICCOLA e COOOOORTA ff e che da
mesi stanno aspettando il finale (eh..eh..eh..sperate, sperate…) Un mega SMACK
a tutti!
Saphira87: Grazie tante per la considerazione che hai di me
e grazie tante anche per avermelo scritto; in quanto alla mia di considerazione
per me stessa in questo periodo siamo un po’ agli sgoccioli… Comunque
spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto come i precedenti! Baci!
Ada Wong: Bhe…
mi sa che con questo capitolo ho compensato la puntualità dell’altro…^^Cooomunque
sono davvero soddisfatta che quello precedente ti sia stato all’altezza del
secondo 75%! Eh…eh…mi dispiace deluderti, ma non credo che da adesso in poi ci
saranno queste scene con la stessa frequenza; sai, pensavo di fare una cosa
nuova, ovvero continuare la storia e cercarla di fare
finire ^^. Bhe… non c’è da stupirsi se riesco a
scrivere così tanto; non ho niente da fare tutto il
giorno, qualcosa con cui passare il tempo dovrò pur fare, no?:)
Mmmmm……la mia mente è in
ebollizione. Carlisle o Jacob?
Carlisle o Jacob? La scelta
è veramente troppo ardua…cosa fare? chi scegliere? (la mia mente malata fa la finta tonta, ma in realtà sta già
pianificando un piano diabolico per rubarti Carlisle
dalla mani, ovviamente nella speranza che la mia mente non elabori piani
malefici alla stessa velocità con cui scrive ff, se
no quando finalmente ci riuscirò mi ritroverò un Carlisle
vecchio e con la barba [e voglio ben sottolineare che Carlisle
è un vampiro!]) Per quanto riguarda quel capitolo tra Carlisle
e Anastasia più di qualcuno me lo ha chiesto, ma ho paura che alla fin fine non
riesca a introdurlo nella ff. Cercherò quindi di scriverlo a parte finita la ff, se ci sarà gente che non ne avrà fino al collo di
questa solfa! Concludo finalmente ringraziandoti
ancora per il commento! Kiss!
_sefiri_: sisisisi!....sbav….sbav…*-*!
Ma…. Jacob è sempre carino carino! In ogni dove! Hihihihih!
Ti ringrazio ancora tantissimo per il commentozzo e
per la grande pazienza che hai con me! Smack!
pazzerella_92: cara amica
diabetica… ti scrivo comunicandoti che purtroppo (sing…sing) scenette del genere saranno meno frequenti. Credo sia
giunto veramente il momento di dare un po’ di dinamismo a questa ff ^^! (ß grinta alquanto
sospetta in una creatura pigra e fiacca come la sottoscritta…) Ma non per
questo la cosa si farà meno interessante! Anzi! I veri guai devono ancora venir
fuori! (ß
attenzione! La parola guai è un'altra parola sospetta!!!)!
Cordiali Saluti (Il massimo dell’eleganza, ne?) Ps:
ah…d-davero?..ok! Promemoria: mai fare arrabbiare la silvia. Eh no! ora che hai stuzzicato la mia fantasia lo voglio sapere
eccome! Altro materiale da commento: hai notato che in giro si vede uno
spezzone del film? Giuro che quando l’ho visto avevo gli occhi spalancati e un
sorriso da ebete stampato in faccia! Però… alla fine non mi ha colpito
abbastanza… forse è dovuto proprio al fatto che visto
così, dal computer, non rende a sufficienza. E poi ho
notato una cosa: certo, per quanto riguarda all’aspetto fisico con Bobert non ci siamo proprio, ma per quanto riguarda la
recitazione credo che sia Edward 100%! Lo dico e lo
ripeto! Il caro Bob è all’altezza per questo arduo compito!
Era sabato mattina. Per la precisione le quattro di sabato
mattina. Era da sempre stato un mio vizio quello di agitarmi per niente prima
della partenza per un viaggio. Così alle quattro di quel giorno io ero ancora
sveglia. Avevo passato il tempo a rigirarmi inutilmente sotto le lenzuola. Mi
sarei dovuta alzare tra un ora, ma invece non avevo chiuso occhio.
Mi aveva sorpresa la normalità di quella settimana; tra
scuola, Jacob e visitine occasionali di Alice questa era stata una delle poche
volte in qui il mio morale si poteva considerare normalmente sereno; l’unico
fatto emozionante era stata mia sorella che brontolava perché voleva venire
anche lei con me.
Alice mi aveva raccomandato di portare solo un semplice
zainetto, più per copertura che per altro. Mi aveva detto che saremmo andati
diretti a Volterra, senza fermate. Quello però che mi rendeva più nervosa era
l’idea di salutare Jacob. Aveva detto che mi avrebbe salutato questa mattina.
Mi dispiaceva tantissimo lasciarlo, anche se per poco.
Degli strani rumori contro il vetro attirarono la mia
attenzione. Io ebbi un sussulto ed il sudore freddo. Mi alzai cauta dal letto e
andai a scostare le tende della finestra. Un sorriso mi illuminò il viso. Jacob
mi stava salutando dall’altra parte del vetro, aggrappato alla grondaia. Non
doveva essere una posizione particolarmente comoda la sua. Era venuto a
trovarmi di notte un’altra volta. Io aprii la finestra. Un venticello autunnale
e freddo mi ghiacciò la pelle, subito compensato dal calore del corpo di Jacob
vicino a me.
“Questa allora è la tua idea di saluto” gli dissi.
“Certo, quando mi impegno faccio le cose in grande” disse
lui cingendomi i fianchi.
“Mi piace come idea” feci io “E quindi di cosa si tratta
questo tuo modo di salutare “in grande”?”
Lui in risposta mi sorrise malizioso. Fu troppo veloce e
non mi resi nemmeno conto di quello che fece. Mi ritrovai distesa sul mio letto
con lui sopra di me. Solo in quell’occasione divenni conscia del fatto che il
corpo di Jacob era quasi il doppio del mio. Anche se rimasi all’inizio un po’
sorpresa non mi sconvolsi particolarmente. Lui, sopra di me, mi continuava a
guardare con sguardo particolarmente dolce.
“E quindi?” dissi anch’io maliziosa. Lui si appoggiò sui
gomiti, disposti entrambi ai lati del mo viso.
“E quindi, signorina McAnderson, faccia un bel respiro” mi
sussurrò lui ad un centimetro dalle mie labbra prima di baciarmi. Sempre quel
bacio particolare. Ma sembrava diverso. Jacob non mi aveva mai baciata in quel
modo. Ne ero sicura, si trattava di quel bacio. La sua lingua si intrecciava
con la mia e sentivo il suo respiro dentro la mia bocca. Perché allora sembrava
così diverso? Cominciai ad avere anche il fiatone. Facevo fatica a respirare.
Volevo che Jacob si staccasse per riprendere aria, ma al tempo stesso non
volevo assolutamente che accadesse. Inoltre, anche se avessi cercato di
scostarlo, sarebbe stato davvero difficile; infatti lui non sembrava avere
nessuna intenzione di staccarsi da me. Alternava baci dolci e decisi, con baci
passionali, per niente violenti, ma che possedevano la stessa intensità. A
causa di Jacob stavo cominciando a sudare e a morire dal caldo. Ma volevo lo
stesso che non smettesse. Quando dopo pochi minuti si staccò da me sentii
l’ossigeno entrarmi pienamente nei polmoni. Era una sensazione rasserenante, ma
mai quanto quella provata prima. Sentivo il respiro veloce. Lui invece sembrava
impeccabile. Mi guardava con un sorriso.
“Dovrebbe bastare per sopravvivere per due giorni”
constatò alla fine con un velo di ironia. Io, perplessa, non riuscivo ancora a
capire cosa avesse fatto.
“Ma cos…” non finii la frase che il mio sguardo incrociò
l’orologio. Era passata mezz’ora, altro che pochi minuti. Per tutto questo arco
di tempo lui mi aveva baciata in quel modo “speciale”. La durata che aveva
prolungato l’intensità aveva reso tutto diverso.
“Qualcosa non va?” mi chiese Jacob ancora sopra di me,
insospettito dalla mia espressione perplessa.
“No…no…” balbettai io “Sai, credo che dovrei andare via
più spesso…” dissi io sarcastica.
“Non ci provare nemmeno” mormorò avvicinandosi a me.
Questa volta però non mi baciò sulle labbra, ma bensì cominciò a darmi dei
piccoli e lievi baci sul collo. Non l’aveva mai fatto prima. I brividi si erano
trasformati in vere e proprie scosse che mi percuotevano tutto il corpo. Lui se
ne accorse, ma continuò ininterrottamente con baci sempre più frequenti. Quando
smise però le scosse non si fermarono.
“Perché stai tremando? Hai per caso freddo?” Io gli
risposi con un sorriso, ma ancora sorpresa.
“No, tremo per colpa tua. Da quando in qua sei diventato
così intraprendente?”
“Ovvio, per colpa tua. Tu te ne vai, tu paghi le
conseguenze” rispose lui con un sorriso stampato in faccia. Anch’io risposi al
suo sorriso. Perché le scosse non erano ancora passate?
“Sei sicura di sentirti bene?” Lui mi guardò preoccupato.
Io però annuii in modo non convincente. Da preoccupato si fece sorpreso.
“Non starai mica ancora tremando per quello che ti ho
fatto?”
Non volevo sembrare una che si emozionava per niente, ma
anche se avessi negato lui non mi avrebbe creduta. Annuii ancora una volta
abbassando lo sguardo.
“Ah…” Lui si sorprese ancora di più. I brividi cessarono
solo quando lui decise di abbracciarmi. Le sue braccia coprivano quasi tutta la
mia schiena ed era una sensazione meravigliosa quella che provavo appoggiandomi
al suo petto. In questo modo i tremori passarono immediatamente. Era davvero
una sensazione meravigliosa ed inspiegabile.
“Mi mancherai…” sussurrò prima di darti un piccolo bacio
dietro all’orecchio. Io sorrisi
Erano trascorsi solo pochi secondi quando un trillo acuto
mi perforò le orecchie. Quella maledetta sveglia aveva cominciato a suonare.
Era il segnale che mi avvertiva che dovevo andare, che dovevo lasciare Jacob.
Tutto quel caldo mi impediva di pensare lucidamente. In quel momento nessuno
poteva essere in grado di farmi staccare da Jacob, soprattutto se si trattava
di una maledettissima sveglia.
“Credo sia proprio ora di alzarsi…” mugugnò Jacob.
“Non ne ho la benché minima voglia…” replicai io.
“Allora non andartene. Resta qui.”
Io lo guardai in malo modo, ma solo per un secondo. Avevo
avuto la strana impressione che Jacob tentasse ancora un’ultima volta di
convincermi a non partire e si era ridotto a questi ruffiani, se non penosi,
sotterfugi. La cosa che mi convinse a non badarci, anzi, ad apprezzarlo era che
lo stava facendo per me. Anche se controvoglia mi alzai dal letto e mi scostai
da lui. Subito una sensazione di gelo mi trafisse la pelle. Anche lui si alzò e
si diresse verso la mia finestra.
“Bhe… allora ci vediamo…” Stava cercando di fare
l’indifferente, ma si intuiva dai suoi occhi che lo stava facendo per
mascherare la sofferenza. Mi diressi verso di lui e cinsi un’ultima volta il
collo con le braccia.
“Andrà tutto bene, non ti preoccupare…”
“Promettilo”
“Lo prometto”
“Natasha.”
“Cosa?”
“Ti amo.”
“Ti amo anch’io.”
Ed infine un ultimo bacio. Scavalcò la finestra e se ne
andò. Presi un profondo respiro. Sarebbe stato un giorno intenso. Mi convinsi a
prepararmi; da lì a poco i Cullen sarebbero arrivati.
Quando scesi in cucina per la colazione insieme al mio
zaino-copertura mamma era sveglia e pimpante; alle cinque di sabato mattina. Desiderava
salutarmi un ultima volta prima di partire. Neanche andassi chissà dove. Beh…
andavo in Italia ed effettivamente poteva essere paragonato a questo “chissà
dove”, ma lei non lo sapeva. Stavo andando a fare una fantastica gita immersa
nella natura con i Cullen, non aveva motivo di essere più agitata di me.
“Buon giorno!” mi disse energica “pronta per la grande
scampagnata?” Una grande scampagnata che comprendeva viaggio in auto e volo in
aereo. Mi dava un grande fastidio mentire, soprattutto a mia madre, anche se
questo rappresentava il “mentire a fin di bene” per eccellenza.
“…sì…” dissi moscia alzando a malapena il braccio in aria.
Solo adesso mi stavo rendendo conto del mio sonno. Mamma mi guardò severa.
“Non hai chiuso occhio, vero?” Io annuii ad occhi chiusi.
Ora il sonno si sentiva perfettamente. Ero certa che avrei passato tutto il
viaggio a dormire; non credo che avrebbe creato problemi. Ebbi solo le forze
sufficienti per tenere in mano una tazza bollente che mi diede mia madre.
Caffè.
“Mamma, il caffè non mi fa niente!” mormorai io sedendomi
su una sedia e sbadigliando. Mamma mia che sonno!
“Lo so, ma non c’è altro. Sei messa proprio bene. Potevi
prenderti una camomilla ieri sera, no?”
“Non mi fa niente nemmeno quella…” mormorai sorseggiando
il caffè bollente.
“Mi assicuri che non cadrai come una pera matura proprio
mentre attraversi un burrone?” Io non riuscii a capire quello che disse,
tant’ero assonnata.
“Kathy dorme ancora?”
“Per fortuna” fece mia madre tirando un sospiro di
sollievo. Ieri sera non aveva fatto altro che tormentarci dicendoci che si
sarebbe svegliata anche alle tre pur di salutare Jasper. Ma stava ancora
dormendo; questo vuol dire che le stava cominciando a passare questa sua
fissazione.
Sentimmo un lieve rumore di ruote sull’asfalto; erano
arrivati. Io mi alzai molto lentamente dal tavolo. Sentii le forti braccia di
mia madre abbracciarmi.
“Divertiti, tesoro” mi disse prima di darmi un bacio sulla
fronte, scostandomi la frangia.
“Certo” risposi placata mettendomi sulle spalle il mio
zaino. Riuscii ad uscire di casa senza problemi per fortuna. L’aria frizzante
del mattino presto mi rinvigorì i polmoni ed in parte mi svegliò. Ovvero, mi
diede l’energia sufficiente a tenere socchiusi gli occhi. Guardai davanti a me
e vidi una Mercedes nera tirata a lucido. Il massimo della discrezione. La
portiera anteriore si aprì e ne uscì Alice, sorridente come sempre. Io andai
verso di lei.
“Sei pronta?” mi disse con un sorriso. Annuii e cercai di
sorriderle anch’io. Lei mi prese lo zaino e lo mise nel bagagliaio, mentre mi
invitava a salire in auto. Seguii il suo consiglio e mi sedetti nel posto
centrale. Mi accorsi che tutti i sedili disponibili erano occupati. Vicino a me
c’era Jasper, che mi impegnai a salutare con un sorriso, ma avevo paura che mi
fosse uscita una smorfia.
“Buon giorno Natasha” mi salutò Carlisle, al volante, con
la solita voce melodiosa.
“Buon giorno Carlisle” gli risposi, roca.
Alice intanto era rientrata in auto e si era seduta vicino
a me. Non appena chiuse lo sportello Carlisle partì immediatamente. Capii che
l’espressione “rispettare i limiti di velocità” non era presente nel loro
dizionario.
“Ciao, Natasha…”
Vicino a Carlisle sul sedile davanti c’era un'altra
persona, vampiro sicuramente, che in un primo momento, anche a causa del sonno
che avevo, non riuscii a capire chi fosse. Poi tutto mi fu chiaro. Davanti a me
c’era Edward, ma aveva qualcosa di strano, che, sempre a causa del sonno, non
riuscii a capire. Dopo pochi secondi lo capii e rimasi a bocca aperta. Aveva
ancora i capelli a porcospino. Fu una vera e propria sorpresa. In tutto questo
tempo i suoi capelli erano rimasti in quel modo. Come era possibile? La
sorpresa mi diede l’energia sufficiente per intrattenere un discorso logico. A
fatica trattenetti un sorriso.
“Ciao Edward!” questa volta la mia voce esprimeva
veramente entusiasmo “Mi piace il tuo nuovo taglio di capelli!” Era ritornato a
fissarmi con il vecchio sguardo pieno di rabbia, anche se molto più limitata.
“Rimettimeli a posto.”
“E se non ne fossi capace?” feci io con un sorrisetto.
Volevo divertirmi a stuzzicarlo un po’. Lo stavo proprio facendo arrabbiare, ma
mi stavo divertendo tantissimo. E poi se non lo prendevo io in giro, chi altri
era in grado di farlo?
“Possono capitare a tutti degli incidenti” mi disse con
tono calmo, ma ostile.
“È forse una minaccia?”
“Se lo desideri intendila pure in questo modo”
“Ehi, datevi una calmata.”
La voce placata di Carlisle riuscì a porre fine alla
nostra discussione. Era venuto il momento di finirla di scherzare anche per me.
Proprio come l’ultima volta mi concentrai sui capelli di Edward, ed in un
secondo ricaddero sulla sua testa.
“Ti potrei anche ringraziare se non fossi stata tu a farli
diventare in questo modo” disse distogliendo il suo sguardo dal mio,
rimettendosi comodo e cominciando ad appiattirsi i capelli sulla testa.
Pazzesco. Non riuscivo a capire. Come hanno potuto i capelli di Edward rimanere
in quella posizione, immobili e dritti? Sicuramente aveva fatto qualcosa per
farseli tornare come prima, ed essendo un vampiro era veramente strano che non
ci fosse riuscito.
“Ma… sei stato… tutto il tempo così?” chiesi ad Edward
allibita.
“Sì” rispose lui secco. Jasper stava veramente fatica a
non ridere.
“Non sai che risate quando l’abbiamo visto così!” disse
ridendo Alice.
“Ma… sempre a causa mia?”
“Sì, cara…” mi rispose Edward irritato. Caspita. Era
sorprendente. Non avevo davvero la minima idea che le mie doti potessero
arrivare a tanto. Mi stavo quasi facendo paura. Il mio sguardo si posò sullo
specchietto retrovisore dell’auto e vidi l’espressione di Carlisle. Non era
serena come quella di Jasper ed Alice e tanto meno come quella arrabbiata di
Edward. Ebbi anche un piccolo dejà-vu. Era l’esatta espressione seria ed
attenta di quando l’avevo visto la prima volta, in ospedale. Sentii uno strano
desiderio di voler conoscere a tutti i costi i suoi pensieri. Lui si accorse
del mio sguardo fisso su di lui. Mi sorrise e tornò a guardare la strana con
espressione neutra. Non mi piaceva. Anche la scorsa volta si era comportato in
modo piuttosto strano. Dovevo parlargli. Avevo diritto di sapere se a farlo
comportare in maniera così insolita ero io. Fu allora che mi accorsi di una
cosa.
“Perché sei tornato qui a Forks?” chiesi curiosa ad
Edward.
“È esattamente la stessa cosa che mi sono domandato io.
Perché non se ne poteva stare laggiù?” fece ironico Jasper. Non pensavo fosse
anche lui un tipo così alla mano.
“Grazie, Jasper…” rispose asciutto Edward.
“Non è mai un bene fidarsi dei Volturi. Per non correre
rischi sono necessarie le doti superflue di Edward, Alice e Jasper.” intervenne
Carlisle.
"Quindi anche Bella è venuto qui a Forks.”
“Ovvio.” Questa volta Edward mi aveva risposto con un po’
più di entusiasmo. Bene. Avrei potuto parlare con lei del bacio di Jacob e
togliermi di dosso finalmente l’orribile sensazione che provavo solo
pensandoci. E che, perciò, stavo provando anche ora, dato che ci stavo
pensando. La cosa che mi faceva innervosire e arrabbiarepiù di tutte era che non sapevo perché mi
faceva così male. Era una faccenda avvenuta prima del mio arrivo. Una faccenda
che non mi riguardava, per certi versi, di cui non mi dovevo preoccupare. Perché
allora ero sempre così ansiosa?
Il freddo emanato da Jasper e Alice mi permise di destarmi
e rimanere sveglia, anche se il gelo non mi era mai piaciuto. Sentii un piccolo
brivido dovuto al freddo lungo la schiena che mi fece tremare leggermente e mi
diede anche parecchio fastidio. Carlisle lo notò e ben pensò di accendere il
riscaldamento. Una piacevole arietta calda e confortevole mi avvolse. In mezzo
a tutto quel tepore mi sentivo benissimo, tanto bene da potermi addormentare.
Tutto il sonno che avevo provato si fece risentire e le palpebre diventarono
pesanti. Mi sarei sicuramente addormentata. Avrei voluto tanto reagire e
cercare di contrastare il desiderio di dormire. Senza rendermene conto la mia
testa si appoggiò sulla spalla di Alice. Ero però ancora desta e consapevole di
quello che mi circondava. Continuavo infatti a sentire le ruote dell’auto che
veloci correvano sull’asfalto, producendo per mia sfortuna un dolce tremolio,
che mi fece del tutto addormentare.
Uno scossone mi risvegliò. Mi guardai intorno un po’
spaesata. L’auto era vuota e per poco non mi venne un colpo.
“Ehi, dormigliona. Siamo arrivati all’aeroporto.” Eravamo
arrivati all’aeroporto di Seattle.
Mi girai di scatto. Alice, fuori dall’auto, teneva aperta
la portiera e mi stava guardando con un sorriso. O mannaggia. Come si voleva
dimostrare mi ero addormentata. Il fatto più grave è che mi sembrava di avere
più sonno di prima. Con grande forza di volontà che non sapevo neppure di avere
scesi dall’auto. Dovevano essere le sei di mattina, quindi non c’era un sole
accecante, ma non appena uscii dovetti subito chiudere gli occhi per la troppa
luce; appena alzata ero strasensibile alla luce, ma non volevo far perdere
tempo a tutti, quindi mi sbrigai a chiudere alla svelta la portiera della
Mercedes, lasciando al suo interno il mio zaino-copertura.
“Così abbiamo fatto la notte in bianco” disse Jasper
comparendo al mio fianco, mentre tutti e cinque ci stavamo dirigendo verso
l’entrata dell’aeroporto. Aveva uno strano sorrisetto da presa in giro che mi
diede parecchio fastidio.
“…ma dai…” risposi io tra la stizza ed il sonno. Avevamo intanto
raggiunto l’entrata e tutta la magnificenza dell’aeroporto si mostrava ai miei
occhi. Certo, avevo visto aeroporti più grandi, ma nonostante tutto mi sembrò
veramente gigantesco.
“Perché c’era lui, non è vero?” mi disse neutro. E no.
Questo era troppo. Jasper non si poteva permettere di farmi queste domande. Gli
lanciai uno sguardo fiammeggiante.
“E anche se fosse?” bisbigliai acida.
“Ehi, non voglio farti la ramanzina. A quello credo che
Alice ci abbia già pensato, vero?” dissi lui pacato guardandomi. Io non riposi,
ma lo continuai a fissare. Lo prese come un sì.
“Prima di giudicare quello che ti ha detto, che non
dovrebbe essere stato positivo,” continuò questa volta guardandomi in viso “forse
è meglio che tu sappia che Alice ha fatto i salti di gioia quando ha capito che
tu ti eri innamorata.” Spostò lo sguardo davanti a sé “Bhe… non ha reagito
nello stesso modo quando ha scoperto di chi ti eri innamorata…ma questa è
un’altra faccenda.” Io lo guardai stupita. Credevo che a causa del sonno avessi
capito male. Davvero Alice era stata felice per me? Era strano crederlo; solo
le persone che mi volevano bene, come mamma e Kathy, erano felici per me. Che
Alice fosse diventata una di quelle?
“Perché me lo hai detto?” chiesi ancora stupita e meno
assonnata.
Avevamo attraversato tutto il grande corridoio
dell’aeroporto e stavamo facendo la fila al check-in.
“Per farti capire che ci sono un po’ di vampiri a Forks
per i quali tu conti più di qualcosa…” mi rispose Jasper guardandomi con mezzo
sorriso. Io guardai in basso. Avevo pensato giusto. Non ero più semplicemente
un fardello da proteggere.
“Sai… credo anch’io che ci siano un po’ di vampiri a Forks
che per me contino più di qualcosa…” gli risposi rivolgendogli lo sguardo “Non
pensare che tra questi ci sia anche tu…” dissi ironica con un sorriso. Era
quasi arrivato il nostro turno al check-in.
“Non mi ha nemmeno sfiorato il pensiero…” rispose lui con
lo stesso tono sarcastico. Io gli sorrisi, e lui contraccambiò. Si era
dimostrato davvero un grande amico.
Passato il check-in dovemmo aspettare solo pochi minuti
prima di imbarcarci sul nostro aereo. Strano, visto che di solito l’attesa era
di ore. L’imbarco invece durò due ore. Ecco la fregatura. Passai queste due
esasperanti ore seduta a combattere contro la mia voglia di dormire. Quando mi
consegnarono il mio biglietto notai con sorpresa che mi sarei goduta tutto il
viaggio di complessive nove ore in prima classe. I Cullen si erano trattai
proprio bene. Solamente una volta avevo viaggiato in prima classe. I sedili
erano proprio comodi per dormire. Inoltre il volo era diretto, perciò sarebbero
state nove ore di assoluto sonno. Già me le pregustavo. Non ero mai stata
troppo dormigliona, ma ora desideravo fare solo quello. Arrivò finalmente il
momento di salire sull’aereo. La prima classe era, come dire, degna di questo
nome. Sedili disposti a due a due, con uno grande schermo in fondo alla sala,
cameriere che ogni due ore offrivano cocktail dai nomi impronunciabili e tutto
quello che una prima classe poteva avere. A me importava poco di tutto questo.
Quello che mi premeva di più era l’imbottitura dei sedili che, a prima vista,
sembravano davvero comodi. Mi sedetti subito al posto indicatomi sul biglietto,
tra Alice ed il finestrino. Era veramente comodo come sembrava, ottimo per un
piccolo sonnellino di nove ore. Con grande forza di volontà mi costrinsi ad
ascoltare l’hostess mentre ci indicava le uscite di sicurezza e ci segnalava le
solite precauzioni base di sicurezza. Non appena finì mi misi comoda e mi
appisolai subito, evitando di sentire Alice vicino a me ridacchiare.
Non feci però sogni tranquilli. Era tutto molto confuso. E
buio. C’era tanta, troppa confusione. Mi stava facendo male la testa, seppur
stessi dormendo. Tutto attorno a me era sfuocato. E soprattutto buio. Si
incominciarono a susseguirsi tante immagine, troppo velocemente da poterle
capire. Il mal di testa stava crescendo, insieme alla successione di immagini
sempre più veloci. Aprii di scatto gli occhi. Mi ritrovai raggomitolata sul mio
sedile. Il mio cuore stava battendo velocemente, troppo velocemente.
“Dormito bene?” mi disse Alice al mio fianco. Io annuii
con la testa.
“Vado un attimo al bagno” risposi io. Mi alzai e andai
verso la toilette. Ne approfittai così anche per stiracchiarmi un po’. Sentivo
tutte le gambe intorpidite. Mi chiusi nel piccolo bagno e mi bagnai il viso con
un po’ d’acqua. Il cuore nel frattempo aveva smesso di battere così veloce. Non
andava bene, non stava andando per niente bene. Prima quella visione strana,
adesso questo. Perché era diventato tutto così diverso? Invece di aiutarmi i
sogni e queste “visioni” mi stavano complicando le cose. Decisi di non
dirglielo a Carlisle. Almeno, non ora. Tra attacchi di sonnambulismo e strane
visioni ero sicura che lo avrei allarmato e basta, anche perché credevo che,
esattamente come le altre volte, non avrebbe saputo nemmeno lui cosa fare.
Guardai l’orologio. Erano le sette di sera ed il cielo era diventato buio. Tra
poco saremmo atterrati a Firenze.
Ci volle la bellezza di un ora per atterrare e scendere.
Eravamo all’aeroporto di Firenze. Abituata agli aeroporti delle grandi città
considerai questo il più piccolo aeroporto che avessi mai visto. Ma non
importava. Non mi trovavo qui per giudicare le dimensioni di un aeroporto.
Sentii le farfalle nello stomaco. Non avevo mai pensato seriamente all’incontro
con questi Volturi. Più volte i Cullen mi avevano detto che erano persone
imprevedibili di cui era bene non fidarsi totalmente. Sapevo che non potevano
farmi del male, essendo comunque dei comuni vampiri, ma per la prima volta
divenni timorosa di incontrarli. Uscimmo finalmente dall’aeroporto.
“Aspettate un attimo” disse Carlisle andandosene chissà
dove. Cinque minuti dopo tornò insieme ad un coupé nero a cinque porte che
parcheggiò davanti a noi. Salii in silenzio, cercando solo di immaginare dove
avesse preso un’auto del genere. Una volta saliti l’auto partì subito spedita
alla volta di Volterra. Luci sfrecciavano veloci nel paesaggio buio attraverso
il finestrino. In circa un’ora arrivammo presso ai bastioni che circondavano la
cittadina di Volterra. Carlisle parcheggiò poco lontano. Gli altri scesero.
Stavo per imitarli quando Carlisle mi chiamò.
“Natasha?” Io mi fermai, seduta sul sedile posteriore.
“Sei agitata?” mi chiese lui.
“Un pochino” dissi sincera. Sul suo viso si dipinse una
smorfia.
“Lo sai che non possono farti del male.”
“Sì lo so” La sua smorfia si trasformò in un sorrisino per
niente allegro.
“Immune o no, hai ragione ad esserlo.” Il suo sorriso
scomparve e tornò serio “Da quando il loro esercito è stato distrutto sono
diventati molto più cauti. Questi non sono per loro dei bei ricordi. Pertanto alcuni
si sono rifiutati di credere alle mie parole riguardo la tua vera natura.
Comportamento giustificabile. Quindi potrebbero dimostrarsi… non molto cortesi
nei tuoi confronti.” Poi tornò a guardarmi negli occhi “Non ti spaventare di
come si potranno comportare all’inizio.”
Cosa vorrebbe dire “Non ti spaventare di come si potranno
comportare all’inizio”?!?! Un piccolo brivido mi percosse la schiena. Carlisle
percepì la mia perplessità e abbassò lo sguardo.
“Chiedere aiuto ai Volturi era l’ultima cosa che avrei
voluto fare. A questo punto però non c’è altra scelta, data la situazione…” poi
tornò a posare lo sguardo su di me.
“Sono pronta” gli dissi io con un sorriso, a cui lui
contraccambiò. Scendemmo entrambi dalla decappottabile e raggiungemmo gli
altri, ai limiti dei bastioni.
La piccola e antica città brulicava di persone, ignote
della presenza dei vampiri in una così tranquilla cittadina. Pensai che almeno
avrei visitato una città italiana. Invece non mi condussero attraverso il
centro, bensì mi portarono in vie strette e poco illuminate. Tanto era il
silenzio che non osai chiedere dove e come con precisione avremmo dovuto
incontrare i Volturi. Mi accorsi che mi avevano circondato; Carlisle camminava davanti
a me, Jasper ed Alice ai miei fianchi ed Edward dietro di me. Mi sentii un po’
soffocata.
“È da molto che non abbiamo il piacere di una tua visita,
Carlisle.” Era una voce molto profonda.
Quella tipica e melodiosa dei vampiri, ma in quella voce c’era anche una nota
che stonava, che incuteva una strana paura. A causa di Carlisle davanti a me
non riuscii a vedere il proprietario di quella voce, ma distinsi chiaramente
l’imponente massa del suo corpo.
“È vero, Felix” si limitò a dire Carlisle, con lo stesso
tono. Non avevo mai sentito la voce di Carlisle impressa di quella strana nota
di terrore. Per un secondo ebbi quasi paura di lui.
“È qui?” Sentii chiaramente una goccia di sudore
percorrermi la schiena. Stavano parlando di me. Attorno a me gli altri erano
rimasti totalmente impassibili, in silenzio, guardando davanti a sé.
“Certo, dubiti forse della mia parola?” gli rispose
Carlisle gentilmente, ma allo stesso tempo provocatorio.
“Non mi permetterei mai, Carlisle.” rispose Felix.
“Bene, guidaci allora.” Felix non rispose, in compenso
Carlisle davanti a me cominciò a muoversi e io lo seguii. Questo Felix ci stava
guidando dai Volturi. Sentii la fredda mano di Alice stringere la mia. Aveva
dunque percepito la mia agitazione. Camminammo per dei buoni cinque minuti,
finché non ci fermammo in mezzo alla strada.”
“Prego” sentii dire Felix
“Prima tu, Felix” gli rispose Carlisle gentilmente, ma in
tono freddo. Non capii cosa stava succedendo. Trascorsero alcuni secondi di
silenzio, finché Carlisle si mosse. Fece solo pochi passi che subito scomparve.
Io strabuzzai gli occhi per lo stupore. Poi vidi tra il buio del terreno un
tombino aperto e intuii che Carlisle fosse saltato giù. Fogne? I Volturi
abitavano nelle fogne? Mi ero fatta un’idea diversa dei “vampiri più famosi tra
i vampiri”. Credevo fossero più raffinati. Guardai in basso; da laggiù Carlisle
stava ricambiando il mio sguardo. Certo che da lì pareva essere profondo. Ed io
soffrivo di vertigini. Non era però proprio il momento di lamentarsi. Senza
guardare giù saltai. Nei terribili secondi in qui sentii il vuoto sotto i piedi
sentii anche il cuore alla gola. Subito dopo però le fredde braccia di Carlisle
mi presero al volo. In quell’occasione vidi interamente per la prima volta
Felix. Era il più grosso vampiri che io avessi mai visto, anche se di vampiri
ne avevo visti piuttosto pochi. Superava persino la stazza di Emmett. I miei
occhi si incontrarono con i suoi e vidi una cosa che non mi aspettai: totale
stupore. Quando Carlisle mi posò a terra gli altri erano già scesi e subito
ripresero la postazione di prima, coprendomi dalla visuale di Felix. Carlisle
davanti a me si incamminò ed io feci lo stesso. Perché quel vampiro mi aveva
lanciato un’occhiata di stupore? Sapeva del mio arrivo. Forse in realtà era uno
di quelli che non avevano creduto a Carlisle? Pensava forse che io fossi solo
una comune umana?
Questi erano i pensieri che ronzavano nella mia testa
mentre percorrevamo un lungo corridoio buio e freddo, per giunta. Camminammo
per un buon quarto d’ora nel buio e nel freddo. A causa dei vampiri che mi
circondavano non riuscivo ad orientarmi per niente. La mia sopportazione della
temperatura esterna stava per raggiungere il limite, ma nonostante tutto
riuscii incredibilmente a trattenere ciascuno dei brividi che minacciavano di
percorrermi la schiena, finché entrammo in un ascensore molto ampio. Mi limitai
ad immaginare cosa ci faceva un ascensore lì sotto. Senza alcun rumore le porte
si chiusero e sempre in silenzio cominciò a salire. Bastarono solo pochi
secondi e subito le porte si riaprirono di nuovo. Ora mi trovavo in uno spazio
del tutto diverso da quello precedente; anche se il buio persisteva il salotto
in cui mi trovavo era arredato in maniera lussuosa e raffinata. Questa era per
esattezza la mia idea di vampiri. Non ebbi però tempo per pensare a queste cose,
sia perché la mia visuale era ostruita dai quattro vampiri che mi stavano
circondando, sia perché Carlisle davanti a me aveva ricominciato a camminare,
ora in maniera molto più spedita. Felix davanti a noi aprì numerose porte, che
svelavano un lungo corridoio ricoperto da una soffice moquette. All’improvviso
tutti si fermarono. Eravamo giunti davanti ad una possente, ma nel contempo
anch’essa raffinata, porta intarsiata da numerose decorazioni.
“Vi stanno già tutti aspettando” ci comunicò Felix prima
di spalancare come se niente fosse quelle porte apparentemente molto pesanti.
In quel momento capii che dietro a quella porta c’erano i Volturi. Alice mi
strinse ancora una volta la mano e questa volta risposi stringendola più che
potei.
Quando entrammo Alice e Jasper si portarono dietro insieme
a Edward, potendo farmi vedere lo spettacolo che mi si parava davanti. Per un
momento mi dimenticai come si respirasse. Non avevo mai visto tanti vampiri in
una volta sola. E tutti mi stavano guardando con lo stesso sguardo di stupore
di Felix. Non volevano togliermi lo sguardo di dosso e ciò contribuiva a
mettermi in tensione più di quanto non lo ero. Cercai di evitare di guardare
tutti quei vampiri che mi stavano fissando e mi limitai a tenere lo sguardo
fisso sulla schiena di Carlisle. Sfortunatamente anche Carlisle si era spostato
accanto a me. Davanti a me si innalzava un imponente vampiro, coperto da un
grosso mantello nero. Pur essendo un vampiro la sua pelle diafana era diversa;
smbrava fragile carta velina pronta a spezzarsi da un momento all’altro. Mi
sembrò strano, visto che i vampiri, a quanto sapevo, erano immortali. Forse
quello davanti a me era un vampiro millenario e dopo i millenni era probabile
che la pelle finisse per perdere la sua composizione. Una cosa di cui ero più
che sicura era che il suo sguardo mi metteva una grande soggezione.
“È un vero piacere avervi qui con noi” La voce di quel
vampiro risuonò per tutta la stanza, diretta ai Cullen, i quali tuttavia non si
mossero. Non sembravano per niente tranquilli, anzi, si mostravano all’erta.
“Ed è un vero onore per noi la tua visita, Carlisle”
continuò rivolgendosi ora solamente a lui.
“Il piacere è mio, Aro.” Aro. Era questo quindi il nome
del vampiro davanti a me. I suoi occhi rossi incontrarono di nuovo i miei.
“E quindi questa sarebbe…”
“Natasha” risposi io. Era stato più forte di me rispondere,
anche se la soggezione mi attanagliava.
“Natasha…” sillabò Aro continuando a fissarmi con lo
sguardo “Potresti venire più vicino, Natasha? Desidererei vederti meglio.” Non
mi piacque per niente il suo tono di voce. Sembrava molto quello del macellaio mentre
si rivolgeva all’agnello. Ed in questo caso l’agnello ero io. Accumulai tutta
la poca sicurezza rimasta in me e mi avvicinai ad Aro quanto bastava. Lui
continuò ad osservarmi e cominciò anche a girarmi attorno. Mi stavo
innervosendo molto. Si fermò di nuovo davanti a me.
“Credo che ora tutti siano d’accordo riguardo le parole di
Carlisle” Aro aveva un tono di voce leggermente più alto del solito ed
esprimeva quasi rimprovero. All’improvviso vidi la sua mano avvicinarsi a me.
Io la guardai confusa.
“Potresti toccare la mia mano?” mi disse in tono gentile.
Io non capii cosa volesse fare, ma obbedii. Finalmente toccai quella sottile e
delicata pelle diafana; era più morbida di quella dei normali vampiri, ma
sembrava essere lo stesso altrettanto resistente. Passarono solamente pochi
secondi e la sua mano si staccò dalla mia.
“Quindi le nostre capacità non funzionano nemmeno su di
te…” affermò lui, continuando a studiarmi. Come aveva fatto a capirlo? Forse
l’abilità di Aro si basava appunto nel contatto diretto. Lui notò la mia
incredulità.
“Sono in grado di leggere i pensieri attraverso il tatto…
Oh!...scusami se non mi sono ancora presentato” continuò, questa volta rivolto
a me “io sono Aro e questi sono i miei fratelli Caius e Marcus” ed indicò due
vampiri dietro di lui, anch’essi coperti dallo stesso mantello nero e con la
medesima pelle diafana. Uno di loro aveva gli stessi capelli lunghi e corvini
di Aro, l’altro invece aveva una lunga chioma bianca. Non avevo la minima idea
di come rispondere alla presentazione. Mi limitai quindi a chinare goffamente
il capo, pensando che comportarsi come alla corte di Francia dell’800 non
facesse male.
Fu proprio durante quel impacciato saluto che il mio
sguardo si incontrò casualmente con quello di uno dei vampiri che circondavano
Aro. Fu proprio quello sguardo che mi colpì; non era rosso, come tutti quelli
dei vampiri che si nutrivano di sangue umano, ma bensì di uno blu scuro, che si
distingueva benissimo tra quelli degli altri ed era in grande contrasto con i
suoi capelli ramati. Non era un vampiro normale. Impossibile. E se… I miei
occhi tornarono a fissare quelli di Aro. Avevo la strana sensazione che avesse
capito chi stessi osservando. Tornò poi a guardare i Cullen.
“Non credo che voi conosciate Andreas” ed indicò il
vampiro dagli occhi blu, il quale fece un passo avanti ed un leggero inchino
con la testa. Già, l’aveva capito.
“Un nuovo membro del tuo esercito, suppongo” gli rispose
questa volta Edward dietro di me.
“Supponi bene, Edward. Andreas era un vampiro di Marte che
ha rinunciato a seguirlo e si è unito a noi.” Ecco! Lo sapevo! Non era un
vampiro normale. Qualcosa però non tornava. Carlisle mi aveva detto che i
Volturi erano diventati molto più prudenti; non pensavo che fossero ancora disposti
ad accettare tra loro un vampiro di Marte, anche se pentito. Qualcosa non
andava; speravo tanto che lo avessero notato anche i Cullen. Ma forse mi stavo
sbagliando. Probabilmenteero troppo
condizionata dai miei pregiudizi sui Volturi e quel Andreas aveva rinunciato
veramente a seguire Marte. Scossi lievemente la testa e tornai a posare lo
sguardo su Aro.
“Allora, Natasha…” mi disse sempre con tono gentile
“Possiedi qualche…dote fuori dal comune?” Sul momento la mia voce non
rispondeva ai comandi inviati dalla mente, quindi mi limitai ad annuire.
“Bene.” continuò Aro “Non voglio sembrare troppo
indiscreto, ma potresti darci una piccola dimostrazione?” La sua voce mi
piaceva sempre meno. Era tutto tranne che rassicurante. Non mi fidavo per
niente di questo vampiro. Carlisle aveva aperto bocca, ma io lo anticipai
subito.
“Mi spiace, ma non riesco a controllarne nessuna. Tutte
queste… abilità si manifestano involontariamente.” Se c’era qualcuno che doveva
parlare di me, la persona che aveva il pieno diritto di farlo ero io. Al
momento non mi importava quello che intendeva fare Carlisle. Sapevo che in
questo modo avrei mandato all’aria i precisi disegni che Carlisle si era fatto
su questo incontro, ma di quel Andreas non mi fidavo più di Aro ed l’ultima
cosa al mondo che avrei fatto era svelare ad un vampiro di Marte, pentito o no,
le mie strane abilità.
“Davvero? Che peccato” Eh già, davvero un peccato, pensai
sarcastica.
“E quali abilità hai dimostrato di possedere?” A parlare
ora non era stato Aro, bensì quello che sarebbe dovuto essere Caius.
“Non molte; finora sono riuscita solamente a far lievitare
occasionalmente gli oggetti.” Sapevo fare molte più cose ed ero anche in grado
di teletrasportarmi secondo la mia volontà, ma non intendevo rivelarlo. Potevo
sentire le occhiate di fuoco che Carlisle mi avrebbe lanciato se solo avesse
potuto. Quelli davanti a me erano i vampiri che Carlisle intendeva convincere
per proteggermi. Avrei dovuto stare zitta e lasciare fare tutto a lui. Ma era
più forte di me; di loro non mi fidavo e basta.
“Sembri essere piuttosto stanca, Natasha.” La voce di Aro
mi destò dai miei pensieri. Effettivamente tutta quella tensione che avevo
provato aveva reso quelle nove ore inutili. Mi sarei seduta più che volentieri.
Mi metteva però in imbarazzo l’idea che la mia stanchezza era così visibile.
“Jane, potresti accompagnare Natasha a riposarsi?” Riuscii
a notare il messaggio sottinteso di questo messaggio; Aro voleva che io me ne
andassi per parlare da solo con i Cullen. Una ragazza che non poteva dimostrare
più di tredici anni si diresse verso di me e mi superò spedita. Caspita, che
modi. Io arrivai quasi al punto di correrle dietro per seguire il suo passo. Ne
approfittai per osservare le espressioni dei Cullen; erano rimaste esattamente
come prima, immobili, attente ed impassibili. Ebbi però poco tempo per
osservare i loro volti, poiché dovetti tenere il passo di quella piccola
vampira. Quando uscii la vampira, Jane, senza nemmeno controllare se io la
seguissi o meno, rifece la strada inversa a quella fatta per giungere quella
grande sala piena zeppa di vampiri, sbattendo con rabbia le porte che
incontrava. Io ormai stavo correndo per tenere il suo passo. Avevo come la
netta impressione che io non le stessi molto a genio. Eravamo arrivati presso
l’ascensore con cui ero salita poco prima; a causa della confusione non avevo
potuto notare la scrivania e i numerosi divanetti che decoravano la sala.
Sembrava una sala d’attesa, senza dubbio molto signorile e lussuosa. Jane si
fermò di colpo e si girò verso di me; il suo bel visino era rovinato da
un’evidente smorfia.
“Vi potete accomodare qui, Miss ” mi disse acida prima di
andare via velocemente come aveva fatto prima. No, non dovevo stargli molto
simpatica. Non sapevo il perché e sinceramente non mi importava scoprirlo. Mi
sedetti su uno di quei comodissimi divanetti. Si stava proprio comodi, ma non
era sufficiente per calmarmi; ero in un edificio che non avevo la più pallida
idea di dove si trovasse pieno di vampiri. Anche se erano riuniti tutti in
quella grande sala non mi sentivo per niente tranquilla. E inoltre morivo dalla
voglia di ascoltare quello che i Volturi volevano dire ai Cullen e che io non
potevo sentire.
All’improvviso divenne tutto buio. Oh no. Se succedeva
senza la mia volontà allora voleva dire che non era un buon segno. Poi lo
scenario davanti ai miei occhi si fece man mano più chiaro e meno sfuocato. Mi
trovavo nella grande stanza di poco prima. O no. Stava succedendo esattamente
quello che era successo con Jack. Ma ora ero nella mente di chi? Dal posto dove
mi trovavo potevo vedere benissimo i Cullen. E inoltre mi trovavo vicino ad
Aro. Fu proprio la ciocca di capelli ramati che mi spinse a concludere che gli
occhi del vampiro con qui in quel momento vedevo erano di Andreas. Cercai di
ascoltare la conversazione.
“Perché non l’hai fatto prima, Carlisle, perché non l’hai
uccisa quando ancora non aveva manifestato nessun tipo di poteri?” disse Aro
“Sai meglio di me che lei è pericolosa.”
“Aro, cerca di capire, questa volta è dalla nostra parte.
Non capiterà la stessa cosa successa secoli fa” gli rispose Carlisle
“Carlisle, il nostro esercito è stato completamente
distrutto! Lei è troppo pericolosa per rimanere ancora in vita!” Aro si stava
sempre più irritando.
“Aro, ma cosa è successo! Non ti comporti più come una
volta!” Anche Carlisle si stava irritando.
“No, Carlisle, sei tu quello che è stato cambiato da una
creatura come lei!”
“Aro, lascia stare Anastasia”
“Ammettilo, Carlisle, non l’hai uccisa perché ti ricorda
Anastasia”
“Anastasia non c’entra niente, Aro, cerca di ragionare” Il
tono di Carlisle ora si era abbassato
“Carlisle, quello tra noi due che non capisce sei proprio
tu…”
“E come pensi di fare? Come pensi di ucciderla…” chiese
Carlisle provocatorio. Sul viso di Aro si dipinse ciò che in teoria doveva
essere un sorriso.
“Andreas è un vampiro di Marte, sarà più che sufficiente
per Natasha…” Carlisle guardò Aro acido.
“Mi spiace, Aro, ma non posso permetterlo…”
“Carlisle, ti conosco da tanto tempo. Sei uno dei miei più
grandi amici. Non intendo far del male a te e alla tua famiglia. D’ora in poi
voi non avete più la responsabilità di quella creatura. Ce ne occuperemo noi.”
Fece un ampio gesto con la mano e una decina di vampiri circondarono i Cullen.
Ci fu un susseguirsi di ringhi, ma a causa del gruppo di vampiri che copriva la
visuale non riuscii a capire cosa stesse succedendo con esattezza.
“Vai, Andreas” mi disse la voce di Aro. Io annuii con la
testa e mi diressi verso la porta e le immagini ridivennero scure e confuse,
fino a scomparire del tutto.
Quando tornai in me ero piena zeppa di sudore. Ed ero soprattutto
confusa. Mi misi le mani sulla testa e cercai in pochi secondi di fare un
piccolo riepilogo della situazione. Carlisle non era riuscito nel suo intento
di convincere i Volturi, che anzi, avevano intenzione di uccidermi. Inoltre
questo potevano farlo benissimo, dato che dalla loro parte avevano un vampiro
di Marte, che, se non sbagliavo, proprio in questo momento stava venendo qui
per uccidermi. Sentii in lontananza il rumore delle spesse porte che sbattevano
contro la parete. Stava arrivando. Dovevo andarmene. Subito. Cercai quindi di
teletrasportarmi. Chiusi gli occhi e mi concentrai sui bastioni di Volterra.
Quando gli riaprii mi trovavo esattamente dove avevo desiderato. L’aria della
notte mi scompigliava i capelli. Avevo l’adrenalina a mille. Non mi ero mai
trovata in una situazione del genere. Altro che film dell’orrore. Mi sedetti su
un masso, non molto distante dal coupé nero. Mi misi le mani tra i capelli e
cercai di pensare cosa fare. Mi congratulai innanzitutto con me stessa per non
aver svelato ai Volturi della mia capacità di teletrasportarmi; adesso non
avranno la minima idea di dove possa essere. Inoltre per vampiri io non avevo
odore e quindi per loro sarebbe stato difficile trovarmi. Bene.
Teletrasportarmi era stata la cosa migliore. Ma i Cullen? Dovevo lasciarli dai
Volturi? Si sarebbero cavati? Poi mi venne in mente che anche se fossi tornata
là, non sarei comunque servita a niente, primo perché non sapevo usare i miei
poteri, secondo perché sarei passata sicuramente all’altro mondo e Carlisle non
me l’avrebbe mai perdonato. Sì, quella del teletrasporto era stata un’ottima
idea. Il ritmo del mio cuore si calmò per un secondo e riuscii a prendere
fiato. Bene, ora cosa avrei fatto? Avevo assolutamente la mente vuota. Lì certo
non potevo rimanere; ero comunque troppo esposta ed inoltre stava cominciando
ad avere veramente freddo, dato assolutamente trascurabile, vista la
situazione. Allora, dove andare? Sicuramente lontano da Volterra, per ora.
Quindi con grande cautela decisi di allontanarmi dai bastioni e, senza avere la
minima idea di cosa stessi facendo, mi diressi verso i boschi che circondavano
la città. Per fortuna c’era la luna piena che illuminava il minimo
indispensabile del sentiero che incoscientemente stavo affrontando. Sapevo con
esattezza cosa stavo facendo? No, ma in quel momento tutto era meglio che stare
là ferma! Più camminavo, più sentivo la mente diventare più lucida. Il cuore
aveva ricominciato a battere. Solo ora stavo capendo che avevo fatto una totale
sciocchezza. Io non conoscevo affatto quel bosco e mi sarei sicuramente persa.
Sentivo le lacrime scendermi sul viso involontariamente. Mi ero persa. Ed avevo
fatto solo che peggio. Che stupida ed ingenua che ero stata! Mi asciugai le
lacrime con la manica del golfino. No, Natasha, non permetterti di piangere;
non serve assolutamente a niente. Alzai la testa ancora e di colpo mi fermai.
Davanti a me non si stagliava più il bosco, bensì una piccola pianura spoglia
con un lago al centro di medie dimensioni. Avanzai con cautela verso quel lago.
Che luogo strano. Emanava una strana tranquillità. Era proprio ciò che
nell’antichità si poteva considerare un luogo ameno. Giunsi fino alla riva del
lago. Era come se tutta quella serenità e pace fossero emanate da quel lago.
Che strana impressione. Mi trovai a contemplare la luna piena riflessa sullo
specchio dell’acqua; era un vero spettacolo. Avevo come ritrovato la mia pace
interiore.
“E tu cosa ci fai qui?” Una voce sconosciuta mi fece
sobbalzare e girare di scatto. Mi ritrovai davanti un ragazzo. Doveva avere più
o meno attorno ai diciassette anni, forse un po’ di meno dai lineamenti del
viso, ma l’impermeabile nero che indossava e che gli arrivava fino ai piedi lo
faceva sembrare più grande. Aveva dei capelli davvero strani, con diverse
sfumature arancioni e rosse; sembrava avere il fuoco al posto dei capelli.
Inoltre si intonavano con gli occhi, di un profondo oro caldo. E soprattutto
era un vampiro; la pelle diafana e la bellezza surreale lo confermavano.
Nonostante in quel momento era meglio tenersi più lontano possibile dai vampiri
non riuscii ad agitarmi alla vista di quello davanti a me. E non c’entrava
l’atmosfera di quel posto. Lo intuivo dal suo sguardo che mi potevo fidare di
lui. I suoi occhi mi scrutavano curiosi e sul suo volto si era dipinto un
sorriso, probabilmente dovuto dalla mia espressione imbambolata. Nonostante
fosse un vampiro si muoveva esattamente come un ragazzino; aveva le mani dentro
le tasche del suo impermeabile e stava oscillano da un piede all’altro. Visto
così sembrava una persona davvero simpatica e anche un po’ infantile. Ma la
cosa che mi convinse totalmente di potermi fidare di lui erano gli occhi;
avevano lo stesso colore dei Cullen. Da questo potevo intuire che non si
trattava di uno dei Volturi, ma di in vampiro vegetariano. Inoltre sapevo che,
in quanto vampiro, non poteva farmi del male. Lui corrugò la fronte e mi
sventolò la mano davanti agli occhi. Caspita, chissà per quanto tempo ero
restata fissa a guardarlo in quel modo. Scossi la testa.
“Tutto ok?” La sua voce era più dolce del miele stesso.
“Sì…” feci io, ma poco convincente.
”A me non sembra…” fece lui inclinando la testa. Eh già, proprio un ragazzino.
Decisi di cambiare argomento presentandomi.
“Io sono Natasha…” e gli porsi con un sorriso la mano
ancora fasciata. In quel momento vedevo quel vampiro come la mia ancora di
salvezza. Lui estrasse la sua mano fredda dalla tasca dell’impermeabile e me la
strinse, sfoderando uno sfavillante sorriso, uno dei più rassicuranti che io
avessi mai visto.
“Piacere, io sono Marte.” Lentamente il mio sorriso svanì,
lasciando posto ad un’espressione confusa e perplessa. Marte? No, non poteva
essere. Lui si interessò alla mia fasciatura, incominciando a sfiorarla con un
lungo e freddo dito.
“Mi spiace che Edwin ti abbia rotto il polso, ti prometto
che non capiterà più” mi disse con la stessa voce dolce di prima. Com’era
possibile che una persona che esprimeva così tanta sicurezza fosse quella che
mi voleva uccidere? Cominciai a scuotere convulsamente la testa.
“Tu… tu non puoi essere Marte…” dissi decisa in un
sussurro. Lui alzò la testa dalla mia fasciatura e mi guardò sorpreso.
“Perché ti sorprendi? Forse ti stupisce il fatto che per
una volta il cattivo si rivela troppo buono per essere tale?” mi chiese
gentile. Scosse il dito della mano a destra e a sinistra e fece dei piccoli
schiocchi con la lingua “Questo succede solo nelle fiabe, Natasha. Cresciamo un
po’, va bene?”
Io ancora non ci volevo credere. Il vampiro che facevo
fatica a chiamare Marte mi stava ancora stringendo il braccio. Io lo ritrassi lentamente
indietro e lui lo lasciò senza problemi. Come faceva a sapere che io ero qua?
Lentamente stavo prendendo coscienzache
forse quello che avevo davanti era veramente Marte. Non potevo nemmeno dargli
torto; io non lo avevo mai visto. Questo allora voleva dire che era finita.
Tanta fatica per niente. Ora non avevo scampo, mi avrebbe portato chissà dove e
chissà cosa mi avrebbe fatto. Ci sarebbero state persone che avrebbero sofferto
ed altre che avevano tanto sacrificato per poi fallire miseramente. No. Non
potevo permettere che questo succedesse senza tentare qualcosa. Va bene, ero
sola, ma dovevo tentare e salvarmi da questa situazione. Avevo dei poteri, no?
Dovevo cominciare ad usarli. Mi maledii per non aver seguito prima il consiglio
di Edward.
“Sai Natasha” mi disse Marte sempre con lo stesso tono di
voce “le mie intenzioni non sono quelle di farti del male” e mi prese di nuovo
il polso “È solo una piccola conseguenza delle mie vere intenzioni, conseguenza
che sono pronto ad affrontare…”
Conseguenza delle sue vere intenzioni?! La mia vita una
piccola conseguenza delle sue intenzioni?!?!?! Non persi altro tempo ad
ascoltare le sue parole e lo guardai con sguardo acido ritirando indietro il
braccio. Lui mi guardò offeso.
“Credo di non essere stato convincente.” e sospirò
“Peccato; te l’ho detto che non volevo farti del male. Ma così mi costringi ad
essere veramente cattivo…” mi disse apparentemente dispiaciuto, ma poi sorrise.
“Per tua fortuna sono abbastanza paziente; quindi te lo
voglio far capire con le buone.” Si abbassò e mi guardò dritto negli occhi; per
l’ennesima volta rimasi abbagliata da quelle pietre dorate e mi porse la sua
mano
“Vieni con me” mi disse. Per un momento, ma solo per un
momento fui tentata di prendergli la mano. Come diavolo faceva ad essere così
convincete? Non riuscivo a non fidarmi di lui, anche se sapevo che se lo avrei
fatto per me era finita. Che fosse questa la sua caratteristica da vampiro
modificato? Non ne ero sicura; le loro doti fuori dal comune non dovevano in
teoria avere effetto su di me, come per esempio il teletrasporto di Jack. In un
improvviso momento di lucidità diedi uno schiaffo con furia alla sua mano e lo
guardai con lo sguardo più pieno d’odio che io potessi fare. Lui mi guardò di
nuovo offeso.
“Perché mi costringi ad essere cattivo, Natasha? Ho
abbastanza pazienza, non infinita. Mi dispiace, ma adesso ti farò del male. E se
soffrirai sarà tutta colpa tua.”
Non avevo mai visto nessuno più veloce di lui. La sua mano
stringeva il mio collo peggio di una tenaglia. Non riuscivo più a respirare; mi
mancava del tutto il respiro. Ma non era quello ciò che faceva più male. La sua
mano non era più fredda, ma calda, bollente. Sentivo la pelle del mio collo
bruciare e non potei non trattenere un urlò. Chiusi gli occhi nella speranza di
sopportare meglio il dolore. Non appena urlai però la mano si strinse ancora di
più a me, provocandomi ancora più dolore.
“Più urli più la mano si stringe.” Questa non era più la
sua dolce voce, ma un orribile e malvagio sussurro. Aprii lentamente gli occhi.
Davanti a me non vidi più quei dolci occhi dorati, bensì due sfavillanti occhi
rossi come il fuoco che incutevano un enorme terrore. Nonostante fosse sempre
Marte, sembrava un’altra persona. Ecco, questo era il Marte che mi ero sempre
immaginata. Strinsi le labbra con i denti per evitare che quella mano si
stringesse ancora di più. Quegli occhi infuocati mi continuavano a fissare.
“Yuri, Liona” disse Marte continuando a fissarmi.
“Eccoci Marte” disse la voce di un ragazzo, che non
riuscii a vedere a causa di Marte che copriva la mia visuale.
“Chiama Andreas e digli di far saltare la copertura. Ora
che abbia la creatura non serve più fingere.”
Lo sapevo! Lo sapevo che non c’era da fidarsi! Quel
vampiro dagli occhi blu era una sua spia! A causa del dolore provocato dalla
mano non riuscivo a pensare a nient’altro che a non urlare. Ma dovevo farmi
forza e fare qualcosa. Ora, prima che fosse davvero troppo tardi. Ma non era
per niente facile. Dovevo teletrasportarmi per scampare al pericolo che avevo
davanti; ma mi era impossibile. Il dolore non mi permetteva di concentrarmi e
anche se non ci fosse stato se lo avrei fatto avrei portato con me anche Marte
poiché mi stava toccando. Dovevo quindi togliere quella mano dal mio collo; era
però una parola. Il mio limite di sopportazione stava raggiungendo il limite.
Doveva staccarsi da me; volevo che si staccasse da me. Ormai non pensavo più a
come trattenere il dolore, ma a come fare per staccare quella mano da me. E
accadde; inspiegabilmente accadde. Non sentii più niente al collo. Aprii gli
occhi e rimasi perplessa; Marte, insieme ai due vampiri, si trovavano a terra a
una decina di metri da me. Come diavolo avevo fatto? Non mi piacevano per
niente queste improvvise manifestazioni di quello che ero, anche se in questo
momento erano più che apprezzate. Bene, avevo raggiunto il mio obbiettivo, non
mi restava altro che teletrasportarmi. Chiusi gli occhi e divenne ancora per
l’ennesima volta ancora tutto nero.
Mi ritrovai ancora una volta davanti ai bastioni di
Volterra. Preferivo di gran lunga farmi uccidere dai Volturi, invece di farmi
catturare da Marte. Marte, al solo pensiero tremavo ancora. Era stata una
perfetta stupida, non c’era che dire. Era stata tutta una trappola. Incominciai
a correre per le vie di Volterra, concentrandomi sulla mia destinazione, per
evitare così di pensare a quello che mi era successo. In questo modo se Marte e
i suoi vampiri avessero pensato di seguirmi, probabilità plausibile, si
sarebbero per forza scontrati con l’esercito dei Volturi. Finché sarei rimasta
a Volterra sarei rimasta al sicuro da Marte. Rimaneva il piccolo problema che i
Volturi mi volevano uccidere. Questo era ciò che pensavo mentre correvo tra le
piccole vie ciottolate di Volterra, senza ben sapere con esattezza dove stessi
andando. A spingermi c’era solo il mio istinto di allontanarmi il più possibile
da quella foresta. Avevo ormai raggiunto la piazza della piccola città, con la
sua graziosa fontana ed il suo imponente campanile. Non avrei mai pensato di
visitare una città in questo modo. Continuavo a correre quando qualcosa
improvvisamente mi fece cadere. Mi era letteralmente saltato sopra e ora stava
schiacciando il mio corpo contro il pavimento ciottolato della piazza. Il battito
del mio cuore salì a mille e la schiena mi faceva male.
“Pensavi veramente di poter sfuggire?” sentii una voce
sconosciuta alle mie spalle, o per meglio specificare sopra alle mie spalle.
Dalla voce profonda doveva trattarsi sicuramente di un vampiro, ma non riuscivo
a capire chi. L’aria venne squarciata da un ringhio e il peso sopra di me si
spostò, dandomi la possibilità di respirare. Lentamente ed un po’ indolenzita
mi tirai su. Quando riuscii a vedere ciò che mi stava circondando rimasi quasi
a bocca aperta. Edward davanti di me sfoggiava un paio di canini affilati verso
il vampiro che mi aveva assalito, Andreas.
“Stai bene?” mi sussurrò lui. Io annuii tremando di paura.
“Allora sei tu che mi stavi pedinando, Cullen” disse
Andreas rivolto verso Edward con un ghigno “Intendi quindi proteggerla da me,
non è vero? Sei solo un illuso, non riuscirai a battermi…” Questa volta fu
Edward a sfoggiare un ghigno
“Ti sbagli, Andreas. So tutto. So che sei un infiltrato
agli ordini di Marte e so anche della tua dote di manipolare le menti” Andreas
mostrò i canini furioso, reazione che fece sogghignare ancora di più Edward. Io
mi limitai confusa a guardare la scena.
“Sei tu quello che non mi può battere. Io sono in grado di
leggere nella mente. Posso prevedere tutte le tue mosse. E inoltre…” alzò la
mano alzando tre dita “…tra poco…” dopo un secondo ne abbassò una “…i Volturi…”
dopo un altro secondo abbassò anche il secondo dito “…arriveranno…” dopo un
altro secondo ancora abbassò anche il terzo dito. Ombre veloci cominciarono ad
aggirarsi attorno alla piazza. Capii poi che non si trattavano di semplici
ombre, ma di sagome, sagome di vampiri che avevano circondato tutta la piazza.
Due vampiri spuntati dall’ombra bloccarono Andreas, il quale cercò di liberarsi
invano. Così era in grado di manipolare le menti. Tra la folla avanzarono
quattro figure; erano Aro, Caius, Marcus e Jane. Aro si diresse deciso verso
Andreas e gli toccò la mano. Andreas aveva cercato di divincolarsi ancora di
più, affinché Aro non raggiungesse il suo obbiettivo. Stava leggendo i suoi
pensieri. Bastarono pochi secondi e subito Aro staccò la propria mano dalla sua
ed emise un acuto ringhio, guardando con disprezzo il vampiro davanti a lui.
“Portatelo via… ed uccidetelo” ordinò in un sussurro ai
due vampiri che bloccavano Andreas, il quale, sentite quelle parole si dibatté
inutilmente. Io mi guardai attorno spaesata e confusa; di familiare c’era
soltanto la figura di Edward davanti a me. Aro si girò verso di noi, aveva sul
viso un’espressione dispiaciuta, ma nel contempo seria e dignitosa.
“Sono alquanto dispiaciuto per l’inconveniente…”
Inconveniente?! Stavo per essere ammazzata ed aveva il coraggio di chiamarlo
inconveniente?! Mi stava senza dubbio terribilmente antipatico.
“Questo non credo sia il posto più adatto per concludere
la nostra conversazione…” detto questo Aro, seguito da tutto il corteo di
vampiri presenti, cominciò ad incamminarsi. Io, ancora un po’ spaesata, non
potei fare altro che seguirlo. Durante la strada, un po’ intimorita dai vampiri
sconosciuti circostanti, non mi staccai da Edward. C’era una cosa che mi era
sembrata estranea nel tono di Aro, uno strano misto di rabbia e preoccupazione.
E non era presente solo nella voce di Aro, ma anche nei volti di tutti. Certo,
non potevo contraddirli, dopotutto i Volturi erano stati ingannati da Marte per
la seconda volta. Sentii la fredda e gelida mano di Edward posato su una
spalla.
“Non stai bene.” Non era una domanda, ma un’affermazione; la
più esatta affermazione di questo mondo. Non stavo per niente bene, per niente,
anche se cercavo di negarlo a me stessa. Io non alzai lo sguardo; non volevo
che guardando i miei occhi, fosse ancora più convinto della sua giusta
intuizione. Ciononostante non mi staccò la mano dalla spalla per tutto il
tragitto. Stavamo ripercorrendo, più o meno, lo stesso percosso che io avevo
fatto prima per entrare nel “covo” dei Volturi. Sentii per tutto il viaggio un
grande bruciore che colpiva tutta la parte superiore del mio corpo e si faceva
più intensa sul collo. Non riuscivo a capire cosa fosse ed ero ancora troppo
scioccata per pensare a una cosa in questo momento così poco importante.
Dopo dieci minuti eravamo giunti nella sala piena di
divanetti. Proprio in quella sala riuscii a scorgere Carlisle, Alice e Jasper.
“Potete aspettare qui…” disse questa volta Caius rivolto a
me e ad Edward mentre gli altri vampiri si dirigevano verso la sala grande.
Rimanemmo soli. Non ebbi nemmeno il tempo di voltarmi che sentii un paio di
braccia saltarmi al collo.
“Natasha!” urlò Alice quando si staccò da me “Stai bene?!
Cosa ti è successo?! Come hai fatto a sapere che…” Volli per un momento
bloccare Alice per spiegargli cosa era successo, ma non appena aprii la bocca
sentii qualcosa di freddo alzarmi velocemente il mento senza però farmi male.
Carlisle mi stava guardando il collo come per studiarmelo. Anche vicino a me
Edward mi stava guardando il collo, ma a differenza di Carlisle nei suoi occhi
era evidente anche la sorpresa. Avevo qualcosa sul collo, proprio dove si stava
concentrando il bruciore che mi tormentava da quando avevo incontrato Marte.
Avvicinai la mia mano fasciata per cercare di capire con il tatto di cosa si
trattava, ma velocemente Carlisle me la bloccò per non farmela sfiorare. Stava
per scostarla quando si immobilizzò. Ora anche nei suoi occhi era presente una
traccia di stupore. Lo avvicinò al viso; stava inspirando. Il fatto era veramente
strano, visto che per i vampiri io non avevo odore. Il secondo dopo mi stava
fissando; non l’avevo mai visto così serio e imperturbabile. Mi infondeva un
non so che di timore.
“Hai incontrato Marte?” mormorò. Quattro paia di occhi
dorati mi stavano scrutando ed esprimevano la stessa identica emozione. Rimasi
un attimo incantata davanti a quegli otto occhi dorati che risplendevano ancora
di più nella stanza poco illuminata. Come aveva fatto Carlisle a capirlo? Poi
ricordai; giusto, Marte mi aveva toccato il braccio e Carlisle ne aveva
percepito l’odore. Non intendevano staccarmi gli occhi di dosso; volevano una
risposta. Io annuii impercettibilmente la testa. Carlisle si girò lentamente
dall’altra parte tenendosi la testa con una mano e Jasper abbassò lo sguardo.
Alice mi ritornò vicina. Potevo quasi rispecchiarmi nei suoi grandissimi occhi
d’oro.
“Ma tu stai bene, vero?” mi disse decisa. Io annuii con
più forza e vigore di prima, per cercare di essere più sincera possibile.
Credetti che Alice avesse creduto alle mie parole, ma non ne ero sicura.
Sentii una mano gelida stringermi la mia. Era quella di
Edward. Sapevo che lo faceva per farmi coraggio. Mi sfuggì un mezzo sorriso.
Tra tutte le reazioni quella di Edward era stata senza dubbio quella che mi
aveva fatto sentire meglio.
“Siediti e raccontaci tutto” sentii Jasper.
“Non ora, non adesso…” lo contraddisse Carlisle. Aveva una
voce stanca e un po’ fiacca “Dagli una sciarpa, Alice.” Lei me la diede,
prendendola da chissà dove e io me la misi. C’era qualcosa che non andava;
Carlisle era agitato.
“È stata veramente una pessima idea venire. Dobbiamo
andarcene, subito. Da quello che è successo anche i Volturi non sono in grado
di contrastare Marte” Non l’avevo mai visto così; parlava a voce bassa e muoveva
convulsamente un dito. Quasi mi spaventai. Improvvisamente le porte si
aprirono.
Era Felix. Senza dire una parola, se ne andò come era
venuto, lasciando aperta la grande porta. Velocemente i Cullen l’attraversarono
e così feci anch’io; mi stavo cominciando ad abituare agli agili scatti dei
vampiri. Ritornammo nella stessa grande sala di prima. Quando entrai non provai
tuttavia lo stesso senso di timore e paura. Anzi, sembrava proprio di essere a
un funerale. Tutto intorno a me c’erano vampiri dai volti segnati da inquietudine
e amarezza. Doveva essere stato un brutto colpo per loro. Davanti a noi c’era
sempre Aro, questa volta con una mano sulla fronte; il suo volto era segnato da
una grande tristezza.
“Sono veramente desolato per ciò che è successo, Carlisle”
Lui non ripose, si limitava a guardarlo inespressivo. Non avevo ancora capito
totalmente cosa fosse successo. Quello di cui ero totalmente sicura era che in
qualche modo, di cui avrei sicuramente chiesto spiegazioni ai Cullen, i Volturi
avevano scoperto che Andreas era un impostore.
“A questo punto, credo sia ovvia per entrambi la risposta
alla tua richiesta di appoggio…”
“Molto” rispose Carlisle inespressivo. Aspetta un attimo,
quale sarebbe la risposta chiara e cristallina in questione?
“Bene, ti ringrazio per la comprensione, amico mio…non
credo ci sia nient’altro da dire se non le nostre più sentite scuse…”
“Le accetto di buon grado, Aro. Spero di ricontrarci
presto” rispose Carlisle. Cosa? Come sarebbe?! I Volturi non accettano la
nostra richiesta di soccorso ben esplicita e di grande gravità perché hanno
trovato tra loro un traditore?! Dovrebbero reagire esattamente l’opposto!
Credevo di avere a che fare con delle mummie troppo avvizzite. I Cullen intanto
si stavano dirigendo verso l’uscita. E no! Non intendevo andarmene così. Restai
immobile là dov’ero.
“Un momento!” urlai io. Tutti gli occhi si posero su di
me, non più inquieti, ma sorpresi ed incuriositi. Il bruciore continuava a
esserci e non mi ero ancora ripresa del tutto, questo era vero, ma, cavoli,
stavo quasi per metterci la pelle e non potevo assolutamente andarmene senza
aver fatto nulla; non importava se avrei o no migliorato la situazione. Dovevo
tentare. Osservai decisa Aro davanti a me, il quale mi stava guardando con interesse.
“Perché? Perché reagite in questo modo? Avete scoperto che
un vampiro di Marte si aggirava tra di voi. Perché allora non fate qualcosa? È
vostro giusto il potente esercito di vampiri di cui ho tanto sentito parlare,
no? Allora perché non decidete di intervenire? Di fare qualcosa?” ormai avevo
trovato tutta la grinta necessaria per esporre quello che pensavo e non mi
sarei fermata finché non avrei finito “Perché allora rinunciate nell’aiutarci?
Sarebbe vantaggioso per entrambi; riuscireste a sconfiggere il vostro nemico e
a non temerlo più.” decisa guardai dritta negli occhi Aro “Se non ci aiutate è
molto possibile che Marte riesca a raggiungere il suo obbiettivo, ovvero
catturare me, e nessuno a quel punto riuscirà a fermarlo e non avrà problemi a distruggere
nuovamente il vostro esercito…”
“Natasha, ora basta” Era la voce di Carlisle, severa. Mi
girai verso di lui. Mi stava guardando con aria di rimprovero. Cosa avevo
fatto, se non dire la verità?
“Sei uguale a lei.”La voce di Aro mi fece voltare di scatto un’altre volta verso di lui.
Ebbi una stranissima sensazione di dejà-vu. Chi me le aveva già dette queste
identiche parole? Poi ricordai: Carlisle. Me le aveva dette Carlisle. Si stava
riferendo ad Anastasia.
Aro non aveva mutato espressione; mi guardava curioso,
quasi meravigliato. Poi ci congedò.
“Ora se non vi dispiace, vi chiedo di andarvene” Che
cosa?! Le mie parole erano rimbalzate sui muri come se niente fosse?! Non potei
nemmeno ribattere che Carlisle mi stava già trascinando verso l’uscita.
Uscimmo in questo modo dalla stanza e non tardammo molto
ad uscire all’aria aperta. Un venticello freddo mi avvolse. Stava per giungere
mattina. Io ero ancora arrabbiata per il silenzio dei Volturi riguardo le mie
parole. Si potevano almeno degnare di una parola. Inoltre non capivo perché
secondo loro sbagliavo. Osai guardare Edward, Alice e Jasper dietro di me.
Ognuno aveva un’espressione diversa; Alice aveva la fronte corrugata dalla
preoccupazione, Jasper un grande sorriso, mentre Edward aveva una strana
espressione assorta. Mi rivoltai verso Carlisle, il quale mi stava ancora
tenendo per un braccio. Quello sano, ovviamente. Lui invece aveva un
espressione turbata. E soprattutto c’era silenzio; un orribile silenzio. Le
cose da dire erano tantissime, ma però c’era silenzio. Stavamo percorrendo le
strade oscure di Volterra, disabitate per l’ora tardiva. All’improvviso Edward
comparve al fianco di Carlisle e gli sussurrò all’orecchio parole pronunciate
troppo velocemente per essere capite. Questo silenzio cominciava ad irritarmi.
Quindi glielo dissi.
“Perché mi hai urlato di smetterla di parlare?” dissi
tutto in un fiato rivolta a Carlisle.
“Non ora, ti spiegherò quando saremo a casa” mi liquidò
lui su due piedi. La sua risposta non fece altro che irritarmi ancora di più. Impulsivamente
presi il braccio di Edward davanti a me e mi fermai di scatto in modo tale da
toccare contemporaneamente Jasper ed Alice. Chiusi gli occhi e mi concentrai su
casa Cullen. Credevo che avessero proprio l’intenzione di riportarmi a Forks in
aereo. Si erano forse dimenticati che io mi sapevo teletrasportare? Infatti
quando aprii gli occhi davanti a noi in tutta la sua magnificenza si innalzava
casa Cullen. Tutti, chi poco, chi meno, erano rimasti stupiti.
“Allora, ora mi dite quello che è successo?” dissi con un
po’ di stizza.
Bhé…che dire? Credo che questo capitolo si possa
commentare da solo in ogni modo^^ Sono solo curiosissima di sapere cosa ne
pensate J
Informazione importante! Domani parta per Londra! Questo
vuol dire che per due settimane come minimo non potrò aggiornare. Mi spiace di
avermi avvertito con così poco anticipo, ma spero che questo capitolozzo very
long possa essere sufficiente per due settimane^^
x _sefiri_: grazie ancora tanto per aver commentato! Credo
che a questo punto sia diventato inutile continuare a ringraziarti per ciò che
ormai tu sai a memoria, tante volte l’ho scritto! J Ahh! Non serve che ringrazi
per lo spazio dedicato al mitico Carlisle! Non è stato nient’altro che un
piacere (perverso, ma sempre piacere J)
Grazie ancora! Baci Baci!
x pazzerella_92: Ma nooooo! Monotona quando?! Al massimo
la monotona sono io, visto che ormai ho prosciugato le idee per rispondere ai
commenti di tutti e mi riduco a scrivere sempre le stesse cose! E quindi,
monotonamente come sempre, ti ringrazio per aver commentato, spero che anche
questo capitolo ti sia piaciuto…blablabla e compagnia bella^^ e w la monotonia!
Ps: wow! Che storia! A proposito di menare i propri compagni di classe… a
pensarci bene anche a me è capitata una cosa del genere, ed in questo caso il
genere in questione vuole significare “tirare una sberla al proprio compagno
che rompe (non troppo forte, s’intende)” AHHAHAH! Poi mi sono sentita davvero
meglio! Bhe… quello che è successo dopo è un’altra storia, che si può
riassumere in “me la fatta pagare per tutto l’anno tormentandomi l’anima”! E
vecchi tempi, vecchi tempi… cooomunque certo che mi piacerebbe scambiarci i
contatti msn, anche perché con tutte queste discussioni non si può proprio
andare avanti! Bel coraggio a leggerti 25 capitoli! Non ci riesco nemmeno io (e
la cosa p davvero grave, visto che è la mia di ff) Grazie ancora! Kiss!
x Ada Wong: Ed ekimi qua! E anch’io ripetitivamente ti
ringrazio ancora una volta per tuuuuuuutti i tuoi complimenti! ^^ Jacob in
Italia? Naaaahh! È troppo cucculuso Jacob-preoccupato-con-la-lacrimetta-che-gli-scende-da-un-occhio!
*Il cervello dell’autrice ha intanto elaborato un piano pressoché infallibile
per catturare Carlisle; va a casa Cullen, si dirige verso l’armadio di Esme, lo
apre, ruba un po’ di vestiti, se li mette, va da Esme, la rapa a zero (io:
MWAHAHAHAH! Esme: nuuu!!!ç_ç i miei capelli nuuuuu!!), dei suoi capelli se ne
fa una parrucca e taaa-dannn! Esme! L’autrice ormai andata e travestita da Esme
è pronta a liberare Carlisle dal nemico e grazie alla sua mimetizzazione non
avrà nessun problema a far cadere la sua preda (ovvero Carlisle^^) tra le sue
braccia! MWHAHAHAHAHAAHAH!* Fine? Ahahahah! Che ridere! Finire, questa ff?
AHAHAHAHAHAHAH! Credo proprio che non avrà fine, ci sono ancora tante cose da
scrivere (e guarda in alto fischiettando facendo finta di nulla). Cooooomunque
sono contenta e lusingata che io ti possa “ispirare” (ß attenzione! Parola
molto pericolosa se usata dall’autrice!) in qualche modo! Per il capitolo di
Carlisle e Anastasia avevo anch’io pensato a una roba del genere, sempre se
avrò ancora l’ispirazione per scriverlo, anche perché io scrivo scrivo di sta
qua di cui si sa poco e niente, ma in realtà non so nemmeno io cosa per
esattezza può essere successo tra i due! Che caso disperato che sono! Concludo
con tanti, tanti baci!
Davanti a me i Cullen erano ancora
leggermente stupiti per l’immediato cambiamento d’ambiente .
“…uau…” sentii sussurrare per un
momento Jasper, che non aveva mai vissuto in prima
persona questi miei “balzi di spazio”, ma io non ci
badai. Ero ancora confusa e perplessa sia per il comportamento di Aro, sia per quello di Carlisle.
“Ora mi volete spiegare cosa è successo?” dissi io,
relativamente calma. Non volevo che i Cullen
intuissero ancora la mia agitazione. Carlisle mi
guardò; potevo capire dai suoi occhi che desiderava anche lui capire cosa fosse
successo a me. Senza una parola aprì la porta di casa e tutti noi lo seguimmo
all’interno. Il bianco candore delle pareti di casa Cullen
sembrava emanare luce propria, a confronto del buio della notte all’esterno.
“Già di ritorno? Come è andata?” La
voce di Esme, spuntata quasi dal nulla al fianco di Carlisle, risuonò improvvisa nell’ingresso. Furono
sufficienti gli occhi di Carlisle per farle capire
che era successo qualcosa che non avrebbe dovuto capitare.
E bastò che Esme annuisse
impercettibilmente per far capire a Carlisle che
l’aveva intuito.
“Vado a chiamare gli altri” disse seria ed esattamente come
comparve, se ne andò. Carlisle
entrò in salotto e mi fece sedere su uno dei consueti divani bianchi. Anche gli altri si sedettero, Carlisle
davanti a me. Non era la prima volta che vivevo una situazione simile; mi
ricordai la prima volta che mi sedetti su quei divani bianchissimi, quando scoprii
tutto. In pochi secondi entrarono in salotto anche Rosalie, Emmett
e Bella. Bella. Non era cambiata per niente dall’ultima volta che c’eravamo
salutate, ma da quando aveva parlato con Jacob di lei
mi sembrava di vedere una persona diversa, quasi un’estranea che non aveva
fatto altro che ferire la persona che amavo. Mi pentii subito di quello che
avevo pensato e me ne vergognai profondamente; dovevo
assolutamente parlare con lei. Non mi stavo comportando come avrei voluto.
Appena mi vide le si dipinse un
grande sorriso, il quale però scomparve subito vedendo i visi cupi dei Cullen che mi avevano accompagnata a Volterra. Successe
così anche per Emmett, il quale, supponevo, fosse entusiasta all’idea di farsi raccontare quello che lui
non aveva potuto affrontare. L’unica a rimanere seria ed impassibile dal primo all’ultimo
momento era stata Rosalie, e più volte si era comportata in questo modo nei
miei confronti; ero sicura che fin dall’inizio io non le ero
andata affatto a genio. Come darle torto, però.
Quando anche loro si sedettero Carlisle prese la parola. Fece un breve,
ma dettagliato riepilogo per informare Esme,
Bella, Rosalie ed Emmett di quello che era accaduto.
Si fermò a quandoJane mi
portò fuori dalla grande stanza. Poi si rivolse a me.
“Cosa è successo dopo, Natasha?” mi disse serio dandomi la parola. Io avrei voluto
ribattere; volevo che continuasse lui, in modo da sapere cosa fosse successo
durante la mia assenza, ma intuii dai suoi occhi che non sarebbe
stata una gradita richiesta. Mi misi dunque a raccontare quello che era
successo da quando la piccola vampira mi aveva
accompagnata fuori; raccontai della visione, di come mi ero teletrasportata
prima che fossero venuti a prendermi, della foresta e… di come avevo incontrato
Marte.
“Aspetta” fece subito Carlisle
guardandomi confuso ed anche un po’ stanco “Hai detto
che ti ha preso il collo con la mano, vero?” Io annuii “Nello stesso punto in
cui ti sei procurata quella scottatura, non è vero?” Scottatura? Era una
scottatura quella che mi continuava bruciare sotto la sciarpa? Non avevo
nemmeno avuto il tempo di guardarmi alla specchio per
vedere che cos’era.
“Quale scottatura?” chiese Esme
leggermente tesa. Io mi tolsi la sciarpa. I suoi occhi si spalancarono per un
momento, insieme a quelli di Bella. Era davvero così
grave?
“E… te l’ha fatta con la mano?”
chiese perplesso Emmett. Io annuii ancora una volta
decisa. Possibile fosse così spaventosa? Cercai di
sfiorarla con la mano.
“Non toccarla” mi ordinò subito Carlisle.
Era diventato teso anche lui “Continua” mi chiese
dopo.
Io obbedii e finì il resto del racconto, fino al punto in
cui Carlisle scoprì la mia bruciatura sul collo. Da
lì in poi riprese il racconto Carlisle, che finì di
raccontare tutta la storia. Quando seppero del mio intervento di nuovo ricevetti un’occhiataccia da tutti i presenti, che non
capii proprio da cosa fosse dovuta. Solamente sui volti di Jasper
ed Emmett si dipinse un grande
sorriso.
“Davvero hai parlato in questo modo ai Volturi?” chiese Emmett spalancando la bocca.
“Eh, già, non sai cosa ti sei perso” rincarò la dose Jasper con un sorrisino.
“Natasha” disse Emmett guardandomi ammirato “sei diventata il mio nuovo
idolo! Gli sta bene a quei…”
“La volete finire!” si intromise
Alice stizzita.
“Un momento, ma cosa vi è successo quando
hanno portato via Natasha?” chiese Rosalie,
inaspettatamente interessata per la mia vicenda. Bene, questa era una domanda
che desideravo porre anch’io.
“Credo che la persona più adatta a raccontarlo sia Edward” disse Carlisle lanciando
uno sguardo ad Edward. Edward?
Cosa c’entrava lui? Lui, seduto accanto a Bella,
stringendola ancora più a sé, incominciò a parlare.
“I Volturi hanno accolto tra loro un vampiro di Marte, che
affermava di averlo tradito…”Il suo racconto venne subito interrotto
da una risata di Emmett.
“Un momento, stiamo parlando dei Volturi,
non è vero? Dopo quello che li è successo una volta
non è assolutamente possibile che siano arrivati ad accogliere tra loro un vampiro
di Marte…”
“Se permetti di farmi finire, Emmett…”
disse Edward che non perse tempo a lanciargli
un’occhiataccia; poi continuò “a tutti è sembrato strano un
azione del genere da parte dei Volturi, finché non ebbi ascoltato i
pensieri del vampiro in questione…” Mantenne un attimo di silenzio per far
aumentare l’attenzione “Tutto mi fu chiaro; non si trattava di un vampiro pentito,
ma di una spia. Non era stato difficile per lui convincere i Volturi
del contrario, visto che era in grado di manipolare le menti…” Ora mi tornava
tutto. Quel vampiro aveva manipolato la mente dei Volturi, di
Aro in particolare. Tutto pian piano stava tornando.
“Fui completamente certo delle mie
deduzioni quando Aro mandò via Natasha e
ordinò al vampiro in questione di ucciderla. In quel momento percepii bene i
suoi pensieri che manipolavano quelli di Aro. Anche gli altri capirono che non era stata un’azione normale;
troppo repentina ed immediata per un vampiro del suo calibro. Lui però non
sapeva che io conoscevo il suo segreto, e girai a mio
vantaggio questa situazione. Andarsene per eseguire gli ordini di Aro era stato il suo più grande errore” si fermò un
momento per stringere Bella ancora più a sé “Fu in quel momento che cercai di
insinuare il dubbio in Aro, non più condizionato dal vampiro. Fu difficile, ma
riuscii in parte a convincerlo. Decidemmo di seguire il vampiro per Volterra e
quando lo trovammo… beh… il resto lo conoscete già”
concluse infine Edward. Ora tutto era chiaro. Era
stato Edward a capire le vere intenzioni di Andreas. Era stato lui che mi
aveva salvato la vita e aveva fin dall’inizio capito cosa stava succedendo. Provai
improvvisamente uno strano, ma forte senso di
riconoscenza nei suoi confronti. Potevo dirmi in debito con lui. Ormai tutto
era stato chiarito e spiegato. Tutto tranne i miei di dubbi. Presa da tutta la
conversazione non mi accorsi del bruciore al collo,
anzi, d’un tratto non fece altro che aumentare ancora di più. Mi sfuggì un piccolo gemito. Ovviamente non passò inosservato.
“Vieni con me” disse Carlisle
alzandosi dal divano. Era sempre tesa. Mi alzai anch’io e lo seguii. Mi stava
portando in cucina; probabilmente mi voleva controllare la scottatura, che, per
precisare, non avevo ancora visto. Mi fece sedere sul tavolo, in modo tale da
essere alla sua altezza e mi fece alzare il collo. Faceva ben attenzione a non
toccarmi con le dita fredde, in modo da non causare uno shock termico con la
mia pelle scottata. Aveva la fronte corrugata e concentrata sul mio collo.
“Una grave scottatura di primo grado; ma considerando la tua
pelle particolarmente sensibile a questo tipo di reazioni si può considerare come
una di secondo.”
Ah… bene. Avevo una scottatura di secondo grado sul collo. Questa proprio non ci voleva!
Carlisle se ne andò
per alcuni minuti e quando ritornò aveva con sé una soluzione densa e liquida
da mettermi sul collo. Bagnò un tampone e con quello mi medicò la ferita. Al
contatto sentii bruciare ancora di più, ma era meglio non fare la bambina e
sopportare in silenzio. Finì in cinque minuti e posò la soluzione vicino a me.
“Tampona la scottatura tre volte al
giorno con questo e poi mettici sopra qualcosa di fresco, ma non freddo.” Detto
questo prese un asciugamano spesso e con quello mi circondò la gola, per poi
posarci la mano fredda. In questo modo la mia ustione poteva essere beneficata
dal freddo emanato dalla mano di Carlisle, ma
attenuato dall’asciugamano. Una sensazione di sollievo mi avvolse. Mi sentivo
come se avessi preso una potente medicina dopo un forte mal di gola. Questo era
il momento buono per iniziare con le mie domande.
“Carlisle?” Lui alzò lo sguardo su
di me; sapevo che avevo tutta la sua attenzione, ma sapevo anche che lui aveva
intuito cosa gli stavo per chiedere.
“Perché Aro non ha ascoltato quello
che ho detto? Ho forse esagerato in qualche modo?”Carlisle
sospirò impercettibilmente.
“Hai esagerato, ma non lo potevi
sapere…”
“Sapere cosa?” feci io sorpresa. Non credevo proprio che mi
avrebbe potuto dare una risposta del genere. Lui mi continuò a guardare greve.
“Non potevi sapere quello che i Volturi avevano
passato. Ad essere sincero ti sei comportata come un’impertinente.” Io sgranai gli occhi. Mai in quel momento ero stata così
in disaccordo con Carlisle. Lui, che aveva intuito la
mia perplessità, continuò a parlare in modo calmo e gentile.
“Non hai idea di quello che è capitato
quando il loro esercito è stato distrutto da Iulius.
Posso capirti; non hai idea di dove hai sbagliato. Credi di aver ragione, non è
vero? In effetti sarei d’accordo anch’io con te, se
non conoscessi i fatti accaduti. Puoi capire il tuo errore solo se riesci ad
immaginare i pensieri di un vampiro che ha paura.” Io
rimasi per un momento di stucco. I vampiri provano veramente paura? Non
riuscivo a immaginarlo. Forse riuscii a capire anche
cosa mi volesse spiegare Carlisle.
Pian piano si insinuò nella mia mente la
considerazione che forse avevo realmente sbagliato a dire quelle parole; avevo
calpestato un terreno troppo ignoto e sconosciuto per me e non avevo saputo
dove avevo messo i piedi.
“Sai perché non hanno accettato di aiutarci? Perché, dopo
aver scoperto che tra loro si nascondeva un impostore, era ritornata la paura.” Corrugò ancora di più la fronte e tornò a fissarmi “I
vampiri reagiscono in modo diverso alla paura, proprio
perché è un sentimento totalmente estraneo a noi. Per nessun vampiro è naturale
provare paura. I Volturi hanno provato paura quando il
loro esercito è stato spazzato via. E la paura ci porta a compiere azioni
strane anche per noi stessi…” Io riamasi a bocca
aperta. Ora capivo tutto. Paura; il motivo per cui non
hanno voluto accettare il nostro aiuto. Non riuscivo ad immaginare un vampiro
che provasse paura, creature così forti e sicure di sé. Fu proprio questo a
farmi capire alla fine che avevo sbagliato a dire quelle parole; premeva in me
la convinzione di non concepire la paura nei vampiri tanto quanto quella di
aver avuto ragione. Un particolare però, nella voce di Carlisle
attirò la mia attenzione.
“Ne parli come se avessi provato paura anche tu.” Fu una considerazione del tutto spontanea, ma che a Carlisle temetti non piacere molto; il suo viso si incupì e sul suo volto si dipinse un triste sorriso.
“Sì, ho provato paura anch’io…” La sua voce era un sussurro.
Non era stata per niente una mossa intelligente. Decisi di cercare di cambiare
argomento, in qualche modo.
“C’è una cosa che però mi ha
colpito tra tutto quello che a detto Aro…”
“Sei
proprio uguale a lei” citò
lui. Esatto, aveva centrato in pieno. Lui sorrise per la mia faccia sorpresa.
“Ti si è letto in faccia la tua perplessità. Perché ti ha colpito?” Sapevo però che anche lui conosceva
la risposta alla mia domanda.
“Perché è la stessa frase che mi hai detto tu.”
“E con questo?” Avevo come la strana sensazione che cercasse di evitare l’argomento.
“Si stava riferendo ad Anastasia, non è
vero?”
“Sì” mi rispose calmo. Io rimasi in silenzio. Anche se ero
stata di nuovo paragonata ad Anastasia, perché questo scatenava
qualcosa in me ogni volta che accadeva?
Eravamo simili, perché eravamo la stessa cosa, che, magari,
aveva vissuto gli stessi miei problemi. O forse persino
peggiori. Nacque all’improvviso la curiosità di scoprire com’era, di conoscere
la sua personalità, il suo carattere e la sua storia.
Eravamo uguali anche in questo? Tuttavia non glielo chiesi; era strano
discutere di Anastasia insieme a Carlisle;
era come se non volesse parlare.
“Natasha?” Io lo guardai.
“Cosa ti ha spinto a mentire ai
Volturi? Perché non hai detto la verità?” Io abbassai
lo sguardo.
“Non mi fidavo di loro…” mi limitai a rispondere
“Ma ho fatto bene a quanto pare.”
“Certo, hai fatto bene, ma sei stata impulsiva. In quel
momento erano le uniche persone in grado di aiutarti, non credi che forse
sarebbe stato meglio dire la verità e mettere da parte
questi tuoi pregiudizi?” Io lo guardai ad occhi aperti. Mi stava forse giudicando
perché non avevo detto i fatti miei ad un vampiro di Marte?!
“Non ti sto rimproverando di nulla, Natasha,
anzi, anch’io ho subito intuito qualcosa che non andava in loro. L’unica
differenza è che tu non li conosci, non potevi di
certo intuire l’insolito in loro. Ti sto chiedendo solo di pensarci due volte
prima di agire di testa tua, va bene?” Io abbassai la
testa ed annuii. Aveva ragione in effetti, ero stata troppo impulsiva e,
tecnicamente, avrei dovuto dire la verità. Sinceramente, però, non mi pentii minimamente di quello che avevo
fatto.
Ancora una volta l’espressione di Carlisle
mi distrasse. Da quando avevo raccontato che avevo incontrato Marte nei suoi
occhi era comparso qualcosa che non si addiceva per niente al suo viso. Forse
era tensione, forse era angoscia; non era facile distinguerlo. Incominciai a fissarlo,
nel vano tentativo di trovare qualcosa nel suo sguardo che mi permettesse di capire i suoi pensieri inquieti. Lui se ne accorse; non ne ero sicura, ma forse capì anche cosa
stessi cercando nei suoi occhi.
Poi distolse lo sguardo e sul volto gli si dipinse una
smorfia.
“Pensavo non saresti riuscita a notare la mia inquietudine…”
Io rimasi in silenzio, un silenzio che valeva più di
mille parole. Se la sua inquietudine era dovuta a
quello che era successo, cosa molto probabile, avevo tutto il diritto di
saperlo, soprattutto se la causa potevo essere io.
“C’è un unico modo per uccidere un vampiro.”iniziò finalmente Carlisle “Bisogna fare a pezzi il suo corpo, ma non basta,
bisogna anche bruciare i suoi resti.” Tornò a guardarmi. Io lo guardai con attenzione.
“Hai sempre creduto che i vampiri fossero creature
imbattibili, vero?” continuò lui. Io annuii; stava passando da punto in bianco
a diversi argomenti, tutti collegati tra loro in qualche modo, ma il cosa era proprio ciò che non conoscevo. Era come se Carlisle mi volesse far ragionare su questo “filo di
collegamento”; voleva che lo scoprissi io.
“Non è esattamente così; c’è un punto debole. Sai dirmi qual è? Dovresti averlo capito.” Le mie
supposizioni erano diventate certezze; voleva che fossi io a scoprire quello
che voleva dirmi. Se mi poneva una domanda del genere
era perché anch’io potevo conoscere la risposta. Una risposta che c’entrava con
Marte, lo sapevo, ne ero sicura. Marte mi aveva
procurato una scottatura. Per provocare una scottatura ci voleva qualcosa che emanasse calore, qualcosa che bruciasse. Il fuoco. Bisogna anche bruciare i suoi resti.
Tutti i pezzi si stavano incastrando tra di loro.
Avevo capito. Avevo capito tutto. Il punto debole dei vampiri era il fuoco. E se Marte era riuscito a procurarmi una scottatura…
“Marte è in grado di controllare il fuoco?” chiesi io in un
sussurro. Le labbra di Carlisle si mossero in un
mezzo sorriso.
“Vedo che alla fine ci sei arrivata…” la sua voce però continuava ad essere seria. Se Marte era in grado
di sfruttare a proprio vantaggio il punto debole dei vampiri, questo voleva dire che i Cullen non potevano più
fare niente per me.
“Gli altri lo sanno?” dissi in un sussurro.
“Sì, l’hanno intuito anche loro.” Non riuscivo a capire;
perché allora non rinunciavano a proteggermi ancora? Possibile che fossi
diventata più importante delle loro stesse vite? Ci sono un po’ di vampiri a Forksper cui tu conti più di qualcosa. Jasper.
Involontariamente sorrisi pensando a queste parole. Forse sì, ero diventata più
importante delle loro stesse vite.
“Eh comunque…” mi disse Carlisle con un vero sorriso togliendo la mano fredda e
l’asciugamano dal mio collo “non sapevo fossi diventata così brava con il
teletrasporto…” Anch’io gli sorrisi.
“I ritardi a scuola mi hanno fatto fare un po’ di pratica…”
Detto questo mi rimisi la sciarpa. Fuori era ancora
buio, quindi non sarebbe stata una buona disturbare
mamma e Kathy nel cuore della notte.
“Sarai stanca, puoi andare nella camera di
Alice a riposarti. Sai già dove si trova” mi disse Carlisle mentre chiudeva la
sua valigetta. Non avevo per niente sonno, ad essere sincera.
Poi pensai che avrei potuto passare la notte con Bella, a parlare di quella
cosa che mi tormentava. Ma dovetti concludere che non
era per niente plausibile; era notte fonda e Bella, come tutti gli esseri
umani, poteva essere stanca e volesse riposare. Inoltre credevo che avrebbe voluto restare un po’ insieme ad Edward,
come io avrei voluto stare insieme a Jacob. La terra
mi mancò sotto i piedi. Jacob. Dovevo andare a vedere
come stava; sarà stato in pensiero per tutto il tempo. Non volevo fargli
aspettare un momento di più; con Bella avrei parlato domani.
“In realtà…” cominciai, ma subito mi bloccai. Provavo il
timore di vedere sul viso di Carlisle la stessa
espressione che avevo intravisto su Edward, Alice e Jasper. Lui si voltò verso di me, interessato alla mia
indulgenza. Poi però presi coraggio.
“…vorrei andare da Jacob.” Con
tutta la mia sorpresa il volto di Carlisle
rimase impassibile. Forse lui non era dello stesso parere degli altri?
“Bene, va pure…” mi rispose calmo con un sorriso. In quel
momento stavo provando una grandissima riconoscenza nei confronti di Carlisle. Annuii e senza perdere tempo mi teletrasportai
lontano da casa Cullen.
Avevo deciso di fargli una sorpresa. Più di una volta lui si
era intrufolato nel mio letto; questa volta lo avrei fatto io. Quando però, di
punto in bianco, mi ritrovai nel suo grande letto
notai che era vuoto. Jacob non c’era. Vidi la
finestra della sua camera aperta. Dove poteva essere
andato a quest’ora? Che
fosse stato così in pensiero da non poter dormire? Adesso che cosa avrei dovuto
fare per trovarlo? Pensai a dove sarei andata se fossi stata in lui. Mi venne
subito in mente il vecchio ed eroso tronco della spiaggia; il nostro posto
speciale. Che fosse veramente lì? Provai a tentare. Chiusi
gli occhi. Mi ritrovai esattamente seduta su quel tronco, maJacob ancora non c’era. Dove caspita si era andato a
cacciare?! Volsi lo sguardo davanti a me e mi parve di vedere una figura, non molto distinta a causa
del buio. Cercai di aguzzare la vista per capire chi fosse.
Ed era lui, seduto sulla spiaggia a pochi metri da me.
Pareva essere assorto. Senza fare il minimo rumore mi alzai e mi diressi verso
di lui, mentre il venticello proveniente dal mare scompigliava la sciarpa di Alice. Subito mi fermai
inorridita. La bruciatura; non avevo mantenuto l’impegno fatto a Jacob. Un senso di malessere mi inondò
per quello che avevo fatto, o meglio, per quello che non avevo fatto. Dovevo comunque dirgli dell’incontro con Marte, almeno questa promessa
dovevo mantenerla. Sapevo che la sua reazione non sarebbe stata
delle migliori. L’avrebbe scoperto comunque,
però, prima o dopo. Decisi quindi che glielo avrei detto, ma
non adesso. Ora mi volevo godere per ancora una volta il suo sorriso. Mi
trovavo esattamente dietro di lui. Jacob non si era
ancora accorto di me. Gli passai le braccia attorno al
collo ed appoggiai la testa contro la sua.
“Ciao”
“Ciao” Le sue braccia si erano appoggiate sulle mie e le sue
dita mi stavano sfiorando i palmi delle mie mani.
“Ti sono mancata?”
“Da morire”
“Ma se non è passato nemmeno un
giorno intero”
“Questo vuol dire che non ti sono
mancato?”
“No, mi sei mancato anche tu da morire”Mi spostai da quella posizione, che
stava diventando anche parecchio scomoda, e mi accoccolai tra le sue gambe. L’unica
luce era quella emanata dalle stelle e quella riflessa
dalla luna. Non riuscivo a vedere con chiarezza il suo viso, ma mi era
sufficiente sentirlo vicino.
“È andato tutto bene?” Ecco. Il momento era subito arrivato.
Non trovavo però il coraggio di confessargli la verità; in confronto quello per
mentirgli era più che sufficiente, anche se odiavo farlo. Perché
la strada per le brutte azioni è sempre quella più facile da intraprendere?
“Sì” gli mentii io. Glielo avrei detto, non ora, ma glielo
avrei detto. Lo sentii emettere un sospiro
di sollievo.
“Bene”
“Eri in pensiero per me?” Sentii le sue braccia stringersi
ancora di più.
“Non sai quanto.” Bene, ora la pena ed il disgusto che
provavo per me stessa erano arrivati a livelli
stratosferici! Lui si crucciava per me e io gli mentivo!
“Natasha?”
“Cosa?”
“Voltati” mi disse con voce decisa. Io obbedii e mi voltai.
Percepii le sue calde e morbide labbra sulle mie e lentamente le sentii
schiudersi. Era quel bacio. Capii che non aveva la minima idea di staccarsi da
me, cosa che non mi dispiacque per niente e di cui ero d’altronde completamente
d’accordo. Tornai a passargli le braccia intorno al collo ed ad aumentare il
contatto tra le nostre labbra. Anche lui mi strinse a
sé. Ora che ero cullata dal calore di Jacob il
venticello autunnale non aveva alcun effetto su di me.
Avevo perso la cognizione del tempo e non sapevo se ne fosse
passato molto, quando sentii le sue labbra staccarsi dalle mie e appoggiarsi su
una guancia. Cominciò a sfiorarmi con le labbra il viso, per poi scendere giù
verso il collo. Chiusi gli occhi per assaporare meglio quella sensazione che
non volevo finisse mai. Sentii le sue dita intrufolarsi
dentro la sciarpa e provai uno strano senso di solletico al contatto.
All’improvviso lo sentii fermarsi. Per un momento non riuscii a capirne il
perché, poi tutto mi fu orribilmente chiaro. Era stata talmente tanto assorta
ad assaporare quei dolcissimi momenti che mi ero completamente dimenticata
della scottatura. E lui l’aveva notata. Con decisione
mi tolse la sciarpa dal collo; era ancora troppo scuro per
intravedere il suo sguardo. Sentii le sue dita sfiorarmi la bruciatura e
subito mi scostai per il dolore della sua pelle calda sulla mia sensibile.
Aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Sentii la sua mano stringermi
per un polso e trascinarmi lungo la spiaggia. Dove mi voleva portare? Aveva il
passo spedito e facevo fatica a seguirlo. Attraversammo tutta la spiaggia, fino
a raggiungere la strada deserta, data la tarda ora. Mi mise sotto un lampione
che emanava una sfuocata e fioca luce giallognola e mi alzò il mento. Non c’era
nessun dubbio; l’avevo notato. Finalmente intravidi l’espressione sul suo
sguardo, e fu meglio non desiderare vederla; era piena di orrore
e preoccupazione. Subito dopo queste emozioni cambiarono,
sostituite dall’odio. Mi sorpresi anch’io, non avevo mai visto così
tanta furia nei suoi occhi, sempre fissi sull’ustione. Riuscii a scostarmi
leggermente da lui; lo stavo guardando con sguardo mortificato, ma sapevo che
serviva a poco.
“Credo che noi due abbiamo un’idea un pochino diversa di
“bene”” disse lui sarcastico e furioso, subito dopo
tornò serio, ma l’odio permase.
“Mi hai mentito.” Eccolo. Fu più doloroso di una pugnalata.
Volevo dirgli che mi dispiaceva, che sentivo male
anch’io all’idea di averlo fatto. Aprii la bocca, ma non ne uscii nessun suono.
Aveva ragione lui; non ero stata attenta, non avevo mantenuto la promessa e non
gli avevo detto la verità su un fatto così importante.
Abbassai la testa ancora più mortificata, senza dire una parola. Tuttavia la rabbia di Jacob non si era
ancora placata e stava anche cominciando a tremare.
“Perché ti sei fidata di loro?” Non me ne accorsi
neanche che, a passo spedito, molto più velocemente di prima, attraversò la
strada e si diresse all’interno della foresta. Io gridai il suo nome, ma lui
non si girò. Ero ancora scossa dalla rabbia funesta nel suo sguardo e non
riuscivo a pensare lucidamente. Dove stava andando
adesso? Ripensai alle ultime sue parole. E se stesse
dirigendo dai Cullen? Sapevo che ne sarebbe stato
capace. Più ci pensavo più credevo di aver ragione. Mi
teletrasportai di nuovo a casa Cullen. Mi trovavo
all’ingresso.
“Sta arrivando un licantropo”Sentii chiara la voce di Emmett provenire oltre la porta chiusa del salotto. Mi
bastò questo per rendere le mie supposizioni certezze. Subito
quella porta si aprii. Emmett, Jasper, Edward e Carlisle mi stavano guardando sorpresi; di certo non si
aspettavano di trovarmi nel loro ingresso. Non riuscii nemmeno ad aprire bocca
che la porta d’ingresso si spalancò con un botto. Era Jacob,
più infuriato di prima; non avevo mai visto i suoi occhi così neri. Non credevo
che avesse notato la mia presenza, poiché si rivolse subito a Carlisle, avanzando lentamente, ma con determinazione.
“Avevamo un patto! Non l’avete rispettato!” Jacob aveva ragione quando mi
aveva detto che con me si comportava in modo del tutto diverso; facevo fatica a
riconoscerlo ora. Nonostante le parole di JacobCarlislerimase impassibile. Mi
lanciò un’occhiata fugace; ora capiva il perché mi trovavo lì.
“Non pensavamo minimamente che potesse accadere un fatto del
genere, Jacob” rispose Carlisle
sempre con lo stesso tono. Vicino a lui vidi Jasper
concentrato; ero certa che stesse usando le sue capacità per calmare Jacob, ma a quanto pareva servivano a ben poco. Nel
frattempo anche la parte femminile della famiglia Cullen
era entrata in salotto, tranne Bella.
“Non avevate pensato ad un fatto del genere? Avete per caso
visto cos’ha sul collo?!” Con uno scatto veloce si
avvicinò ancora più a Carlisle fino ad afferrargli violentemente
il colletto della camicia.
“Non m’importa se è stato premeditato o no!” sbraitò Jacob. Carlisle intanto non aveva
battuto ciglio e continuava a guardarlo impassibile. Io rimasi
a bocca aperta, non avevo mai visto Jacob così
violento. L’azione di Jacob scaturì la reazione di
tutti ipresenti
e si levarono diversi ringhi; solo le braccia di Carlisle
che si erano alzate leggermente a mezz’aria placarono quel rumore. Jacob però non aveva ancora deciso di mollare Carlisle e neppure il suo sguardo sembrava volesse mutare. Fu
allora che Edward avanzò e con uno strattone obbligò Jacob a mollare la presa su Carlisle.
Jacob posò lo sguardo da Carlisle
ad Edward, che si fece ancora più pieno d’odio; di un
odio vecchio, che io potevo solo immaginare da ciò che
mi avevano raccontato. Aveva anche ricominciato a tremare.
“Smettila subito, Jacob. Tutti e due sappiamo quanto è inutile il tuo comportamento.”
Edward pronunciò queste parole in modo calmo,
accentuando ancora di più la loro intimidazione. Con uno strattone Jacob si liberò subito dalla presa di Edward. Ora il suo viso stava mostrando un sorriso pungente
ed acido.
“Oh, Cullen. Proprio tu mi dici
quello che devo fare? Non ho la minima intenzione di prendere ordini da un succhiasangue!”
Edward non si scompose per
niente; poteva leggergli i pensieri e sapeva come agire. Ma
io no. Non conoscevo i suoi pensieri in quel momento,
ma conoscevo Jacob. Il mio Jacob.
E quello non era né il mio Jacob, né, ne ero sicura, quello che conoscevano i suoi compagni
licantropi. Poteva essere ilJacob
che conoscevano i vampiri, ma non poteva permettersi di fuoriuscire davanti a
me. Quello che è troppo è troppo. Possibile che quel minimo di riconoscenza che
provava verso i vampiri per avermi da subito difesa in questo momento fosse
svanito? Senza pensare corsi da lui e cercai di allontanarlo da Edward premendo sul suo petto. Impresa fin dal principio
assai ardua da compiere. Lui abbassò di scatto lo sguardo, che si raddolcì
quasi subito non appena mi vide. Sembrava che si fosse accorto di me solo in
quelmomento.
“Basta, Jacob.” Bastarono le mie
parole per farlo arretrare e calmarlo leggermente. Fu in quel momento che entrò
dal salotto Bella. Aveva tutti i capelli scompigliati, segno
che si era appena svegliata. Improvvisamente i battiti del mio cuore
accelerarono. Non andava bene; Edward, Bella e Jacob insieme nella stessa stanza era una combinazione
troppo pericolosa. No, non mi piaceva per niente. Il mio sguardo si posò su
Bella; era sorpresa, nettamente sorpresa. Sicuramente non rivedeva Jacob da un sacco di tempo, senza contare quella
vicissitudine di Parigi, dove, credevo, lei fosse
troppo occupata a sopportare il freddo per pensare a chi la stava circondando. Il
mio sguardo tornò su Jacob. Il suo sguardo non era
semplicemente sorpreso, come quello di Bella. C’era qualcosa di più. Sembrava quasi…
felice di vederla. Era uno sguardo che non mi aveva mai lanciato. Il mio cuore
smise di battere. Per un semplice, insulso, futile ed inetto secondo avevo avuto l’impressione che Jacob
non fosse innamorato di me, ma di Bella. Ma era stato
appunto un semplice, insulso, futile ed inetto secondo. Fu il dolce tocco di Jacob che mi sfiorò la mano, forse accidentalmente, forse
no, che mi riportò sulla Terra. Lui staccò lo sguardo da Bella e si diresse
verso l’uscita.
“L’alleanza finisce qui. D’ora in poi i licantropi prenderanno Natasha sotto la loro
protezione” disse senza nemmeno voltarsi.
“È davvero un peccato che intendiate rompere l’alleanza”
riprese la parola calmo Carlisle “Ma non possiamo assolutamente affidarla unicamente a voi.”
Jacob si fermò e tornò a guardare Carlisle,
questa volta con uno sguardo di sfida.
“Davvero?” e senza dire una parola mi prese il polso e mi
trascinò verso l’uscita. Io però mi dimenai e con uno strattone mi liberai
della sua presa. Lui si voltò di nuovo a guardarmi, sempre con quello sguardo
di sfida. Perché diamine ti stavi comportando così, Jacob? Non mi aveva mai guardato in quel modo. Sembrava che
mi dicesse “E tu rinunci a me per dei vampiri?”. Odiai
quello sguardo. In quel momento mi sembrava la cosa più ripugnante, ingiusta e
infame di questo mondo. Sentii il bisogno di fare qualcosa, qualsiasi cosa per farglielo scomparire dal suo viso. Cosi fu inevitabile; gli
tirai un ceffone. Senza rendermene conto lo colpii.
“Smettila di fare il bambino” Lui abbassò il
capo e lo scosse rassegnato.
“Proprio non vuoi capirlo, eh?” sussurrò lui, ma sapevo
benissimo che anche i vampiri presenti avessero sentito. Alzò gli occhi solo
per guardarmi, questa volta solo per guardare me.
Compassione e pena erano i due infidi sentimenti che quegli occhi mi stavano
inviando. Senza volerlo mi salirono le lacrime agli occhi. Perché,
Jacob? Perché? E senza dire nient’altro uscì. Nella mia mente erano ancora
impressi quegli occhi. Questa volta Jacob mi aveva
fatto del male. Davvero male. Era arrabbiato con me, lo
sapevo. Chiusi gli occhi e cercai di trattenere le lacrime per non
piangere. Dalle finestre si intravedevano i primi
raggi di sole spuntare tra qualche nuvola. Sentivo gli sguardi dei Cullen perforarmi la schiena, ma al momento me ne importava
poco. Mi limitai a rimanere lì, immobile, a continuare a pensare a Jacob.
“…Natasha?...”
La voce di Edward era
risuonata nell’ampio salotto. Fu la sua voce che mi riportò al presente. Dovevo
essere rimasta in quella posizione per parecchi minuti; i Cullen
erano usciti dalla stanza ed ora ci trovavamo solo io edEdward. Sentii la stanchezza delle gambe e crollai
all’istante, lì, sul pavimento, incrociando le gambe. Edward
vicino a me mi imitò. Perché
hai reagito in questo modo, Jacob? Perché?
Perché? Perché?
“Sai perché si è comportato in questo modo?” Neanche mi sapesse leggere nel pensiero. Catturò completamente la mia
attenzione.
“Perché è innamorato” mi rispose
lui guardando con attenzione un punto bianco sulla parete.
“Per amore non si prova odio e rabbia in questo modo”
risposi io sconsolata.
“Hai ragione, quello che c’è tra voi due è molto più che
amore…” Io lo guardai un po’ confusa.
“Non ti capisco Edward, perché
stai cercando di giustificarlo, quando eri stato il
primo a mettermi in guardia?”
“Prima mi ero sbagliato, mi ero fatto un’idea diversa di
quello che c’è tra voi due; non sono bastati i suoi pensieri.”tornò a guardarmi “Da quello che è successo oggi mi
sono reso conto che quel qualcosa tra te e Jacob e
molto, molto simile a quello tra me e Bella.”
“Ma… da cosa lo hai capito?” chiesi
io ancora confusa.
“Cosa ti hanno ricordato i suoi
occhi?” I suoi occhi. Con orrore ripensai ancora a quei
occhi furiosi. Non riuscii a collegarli a niente, finché non incrociai quelli di Edward. Edward.
Erano identici a quelli di Edward,
quando ci eravamo appena conosciuti. Esprimevano lo stesso sentimento di odio e rabbia.
“I suoi erano gli occhi di un ragazzo pronto difendere a
qualunque costo la persona che ama contro chi può in
qualche modo minacciarla.” Edward aveva ragione.
“Perché allora si è comportato in
maniera così diversa con me?” dissi io liberandomi della rabbia che tenevo
dentro. Io lo guardai; aveva letto nei suoi pensieri, sapevo che conosceva la
risposta.
“È meglio se questo te lo spieghi lui.” Passò un attimo di assoluto silenzio.
“Non mi hai ancora risposto.”
“A che cosa?” chiese lui continuando a
guardare interessato la parete di fronte.
“Perché stai giustificando Jacob.” Per la prima volta lo vidi abbassare il capo.
“Perché credo di essere in grado di
capire la vostra situazione. Se fossi stato in Jacob avrei reagito nello stesso identico modo, e tu
di questo ne hai già avuto una prova.” Il suo sguardo si posò su di me “E se
fossi in te, andrei da lui il più presto possibile.” Si
girò di nuovo verso la parete “Se prima ero stato il primo a mettermi in guardia,
adesso credo di essere il primo ad appoggiarti.”Dire che ero sorpresa era poco; ero letteralmente spiazzata.
Non potevo credere alle mie orecchie. EdwardCullen, che mesi prima mi lanciava sguardi assassini, ora
mi dava il suo sostegno. Non mi era per niente indifferente quello che i
vampiri pensavano di me e Jacob; contava molto che
riuscissero ad accettarlo. In fondo, ci
sono un po’ di vampiri a Forks che per me contano più
di qualcosa.
“Ehi! Sono ancora dell’opinione che tu debba
fare attenzione! Non fare salti di gioia solo perché
ho deciso di mettere per una volta da parte la rivalità per i licantropi!” mi
disse non appena vide la mia espressione.
“Un momento, sbaglio o ti stai preoccupando per me?” dissi
io ancora più sorpresa. Questa volta mi lanciò un sorriso “Sai, ci sono un po’
di vampiri a Forks per i quali tu conti più di
qualcosa.” Testuali parole di Jasper,
le stesse che un secondo fa io avevo pensato. Io
ricambiai il sorriso. Ripensai anche a come era
intervenuto a Volterra nei miei confronti. Non c’era che dire, EdwardCullen aveva dimostrato di
essere una splendida persona nei miei confronti, del tutto diversa da quella
che avevo conosciuto mesi fa. Lui si alzò dal pavimento.
“Vado a vedere se Bella è pronta.”
“Pronta per cosa?”
“Per tornare a Vancouver.” Io rimasi un
attimo attonita. Se ne doveva andare di già?! Ma se non l’avevo nemmeno salutata a dovere! Velocemente mi
alzai anch’io.
“Ehm… posso andare io da lei?” Lui mi guardò un attimo
confuso.
“Non l’ho nemmeno salutata decentemente e mi farebbe piacere
parlare con lei…” continuai io. Lui con un cenno della testa annuii e mi fece
passare avanti. Mi indicò la sua camera e cominciai a
salire gli scalini di marmo bianco della scalinata. Bussai alla porta e la
aprii lentamente. Bella era intenta a piegare i suoi vestiti e a riporli nel
suo zainetto, appoggiato ad un enorme letto in ferro
dalle coperte dorate. Sicuramente aveva dovuto fare tutto di fretta per venire qui in tempo. Mi dispiaceva disturbarla in questo modo, e
soprattutto mi dispiaceva tantissimo che fosse coinvolta
in questa storia. Provavo ancora un sentimento di frustrazione nei miei
confronti, nonostante Bella avesse già messo in chiaro conme, tempo fa, che io non avevo fatto
niente di cui mi dovevo incolpare. Lei si girò verso di me e sul suo viso
spuntò un sorriso. Mi avvicinai e l’abbracciai.
“Ciao, Bella” dissi io semplicemente.
“Ciao, Natasha. È stato un vero
peccato non averti potuto salutare la scorsa volta.”
Fece un respiro profondo “Mi spiace per quello che è successo e se c’è qualcosa
che posso fare per te…” Era impacciata ed imbarazzata,
era evidente. Per un attimo mi chiesi perché mai si dovesse dispiacere per me;
tanto ero presa da quello che stavo per chiedergli che nient’altro mi passava
per la mente in quel momento. Il volto di Marte tornò a materializzarsi nella
mia mente e il senso di nausea ritornò. Cercai quindi di salvare il mio stomaco
in extremis e cambiai di punto in bianco argomento.
“Quindi te ne vai di già? Mi sarebbe piaciuto rimanere con ancora per un po’ insieme” Lei mi
rispose con un sorriso.
“Anche a me piacerebbe molto…” continuò
mentre riempiva la sua “valigia”. Lo stomaco aveva di nuovo deciso di
aggrovigliarsi. Questa situazione mi piaceva sempre meno. Però
non c’era altro da fare; dovevo parlare con lei.
“Senti Bella…” iniziai ancora indecisa. Lei si voltò verso
di me, attenta. Abbassai lo sguardo e presi un respiro profondo; avrei fatto
come facevo sempre, ovvero dirlo tutto d’un fiato,
diretta e concisa. Di sicuro non avrei dimostrato la minima traccia di tatto,
come sempre d’altronde.
“Perché hai detto a Jacob di amarlo?” buttai tutto d’un fiato. Forse ero stata
troppo sintetica; non mi sarei stupita se non avesse capito ciò che intendevo. Dalla sua faccia invece lei sembrò capire eccome. Ora anche
lei aveva abbassato lo sguardo.
“Non è come credi…” mormorò
“Cosa sai a cosa credo? Dimmelo,
perché non so neppure io a cosa pensare!” fui sul punto di gridare. Mannaggia,
non dovevo alzare la voce e perdere il controllo in questo modo. Mi stavo
comportando come un’idiota; dovevo cercare di darmi una calmata.
“Scusami…” dissi con un po’ più di autocontrollo.
Il silenzio calò. Feci un paio di respiri profondi e mi calmai del tutto, sperando
che i Cullen di sotto non mi avessero sentito. Perché qualche volta dovevo essere così impulsiva e mi
facevo coinvolgere in questo modo dai miei sentimenti?
“Va bene” mi disse tranquilla lei, mentre si avvicinava a me
“Ti dico io a cosa credere.” Mi prese le mani e mi fece sedere sul letto dalle lenzuola dorate. Mi guardò negli
occhi e cominciò a parlare.
“Io amo Edward. Basta. Jacob per me non significa niente sotto questo punto di
vista.” Un senso di tranquillità mi invase.
Dette da lei queste parole sembravano essere le più sincere in questo mondo, soprattutto in questo
mio momento di “sensibilità psicologica”, come mi piaceva chiamarlo. Per un
momento mi sentii serena; per un momento crebbe in me
la sensazione di essermi comportata come una cretina a dubitare di Bella in
questo modo. Ma solo per un momento; le parole di Jacob mi fecero scomparire questa sensazione. Mi potrei anche sbagliare, se non me lo
avesse esplicitamente detto...
“Non hai ancora risposto alla mia domanda” continuai. Lei
abbassò la testa di nuovo. I capelli le ricaddero in faccia, ma potei
distinguere bene la sua espressione. Non l’avevo mai vista sul suo volto. Non
era facile da descrivere; era una moltitudine di emozioni,
tutte che però esprimevano sentimenti negativi: disperazione, indecisione,
ansia. Un’intuizione crebbe nella mia mente; e se nemmeno lei era in grado di
rispondere a questa domanda? Dal suo viso riuscii a capire
però una cosa; stava attraversando un problema, un grosso problema. E i fattori principali di questo problema erano lei, Edward e Jacob. Il fatto che non
mi avesse risposto voleva dire che era confusa, molto
confusa. Tutta la mia agitazione scomparve; in Bella stava succedendo qualcosa,
qualcosa che nemmeno lei riusciva a capire. Non serviva andare oltre; avevo
sbagliato a farle questa domanda in questo momento. Decisi
allora di placare il mio cuore su questa faccenda e di credere a quello che mi
aveva detto Bella. Sfoderai quindi un sorriso, quasi sincero.
“Scusami, non volevo farlo.” Lei mi
guardò per un momento confusa. Era ovvio che non intuiva il perché mi stessi scusando. Mi alzai e
l’abbracciai. Lei, ancora confusa, ricambiò.
“Va da lui” Io invece capii a cosa si stava riferendo. Mi
staccai e questa volta la salutai in maniera decente.
“A presto Bella”
“A presto” Non era necessario aggiungere altro. Girai i
tacchi e uscii dalla porta. Con mia grande
sorpresa vidi Edward appoggiato al corrimano delle
scale che mi fissava neutro.
“Nessuno ti ha detto che è
maleducazione origliare alle porte?”
“Difficile farlo, quando le persone all’interno della porta
in questione cominciano ad urlare.” Io abbassai lo
sguardo un po’ imbarazzata. Eh sì, mi avevano sentita.
Lui passò accanto a me e nel farlo mi diede una spintarella in avanti che quasi
mi fece inciampare.
“Ha ragione lei. Ora vattene” mi disse
con l’ombra di un sorriso. Io capii il messaggio sottointeso e ricambiai il
sorriso. Mi invitava ancora una volta ad andare da Jacob. Corsi giù dalle scale e uscii dalla porta, senza
nemmeno salutare gli altri membri della famiglia Cullen.
Era da maleducati, ma avevo troppa fretta. Inoltre
sapevo che loro avevano capito dove stessi andando. Aprii la porta d’ingresso e
la tenue luce dell’alba mi bagnò il volto, ma non mi fermai ad assaporare quel
momento. Sapevo dove poterlo trovare; se lo conoscevo bene, e lo conoscevo bene, adesso si trovava in spiaggia. Chiusi gli
occhi ancora una volta.
Il venticello mattutino dell’alba mi sfiorava i capelli. Lui
era davanti a me. Non era sorpreso di vedermi; sapeva che sarei venuta da lui.
I suoi occhi però non erano cambiati; delusione, delusione
nei miei confronti. No, Jacob non poteva guardarmi in
quel modo; tutti, tranne Jacob. Sul suo volto
comparve un ghigno sarcastico.
“Perché sei venuta qui e non sei
rimasta dai tuoi amici succhiasangue? Mi è parso di capire che volessi stare
con loro piuttosto che con me. O forse sei venuta qui
per darmi un altro schiaffo?” Ogni sua parola era come una forte ed
insostenibile pugnalata; insostenibile, se non fosse stato per il suo tono di
voce. Era sarcastico ed acido, ma sotto tutto quel disprezzo c’era dolore per
quello che stava dicendo. Stava soffrendo anche lui per quello che diceva,
tanto quanto stavo soffrendo io per quello che sentivo. Io mi limitai a
rimanere impassibile. Questa volta sarebbe stata dura riuscire a convincerlo
che stava sbagliando. Aspettai che avesse finito prima di parlare.
“Ora hai finito di offendermi e di farmi male?” dissi io più
neutra che potessi essere, trattenendo a stento le
lacrime che minacciavano di uscirmi
dagli occhi. Questa volta fu lui a rimanere immobile.
“Ti rendi conto di quello che hai fatto? Di come ti sei
comportato? Non ti sei reso conto di come hai perso il controllo per niente?”
“Per niente…?” disse lui sprezzante e perplesso “Hai rischiato
di morire e tu lo consideri niente?”
“Jacob!” gridai io; la mia
pazienza era davvero al limite “Credi che tutto possa andare bene?! Credi che ci sarà sempre qualcuno a rischiare la vita per
me?! Mi spiace deluderti, Jacob,
ma non tutti mi amano come te! Questo che mi hanno fatto” ed indicai il collo
“è niente rispetto a quello che mi possono fare! Non ti devi arrabbiare se i Cullen non hanno avuto l’opportunità di farsi uccidere
piuttosto di salvare me! È dall’inizio di questa faccenda che rischio di morire,
Jacob, e dovresti esserli
grato per avermi riportata a casa con solamente un graffio!” Ero letteralmente
scoppiata, ma ancora le lacrime non erano scese. Anzi, avevo preso coraggio
sufficiente per dire tutto quello che pensavo. Avevo gridato in faccia a Jacob per buoni cinque minuti. Il sole era sorto e
illuminava il volto di entrambi attraverso gli alberi opposti al mare. Jacob non aveva ancora detto niente, ma sapevo che aveva
capito quello che gli avevo urlato. Non erano state
belle parole, ma erano vere. Ancora non diceva niente. Abbassò lo sguardo.
Forse gli avevo fatto capire in cosa aveva sbagliato.
“Perché allora mi hai mentito”
mormorò lui. Non era più arrabbiato, bensì dispiaciuto. Tirai un sospiro di sollievo.
“Perché dopo un’esperienza simile l’unica
cosa che volevo era sentirti vicino” dissi io sincera “Te lo avrei detto”
Dopotutto era stata una bugia al fine del bene di entrambi. Lui sospirò. Nei
suoi occhi c’era la vergogna per sé stesso. Sapevo che
aveva capito che quello che aveva fatto era stato assolutamente inutile. Era
ritornato il mio Jacob. Non aspettai un momento di
più; gli andai vicino e lo abbracciai con quanta forza avevo. Mi inebriai del suo profumo. Anche
lui ricambiò. In quel momento fui davvero felice. La rabbia può davvero portare
gli uomini a compiere azioni stupide.
“Scusa” Un’unica, ma sincera
parola. La mia felicità, che stava sfiorando lo zero, aumentò. Io lo strinsi
ancora di più.
“Chiederò a Sam un incontro con in vampiri per sistemare i problemi che ho creato e per
farmi spiegare cosa è successo” disse neutro.
“Se vuoi te lo posso raccontare
io.”
“Non credo proprio tu salti dalla gioia per farlo.” Sorridendo io lo strinsi ancora di più. Era ritornato il
mio Jacob in grado di capirmi .
“Mi spiace” disse ancora una volta
sconsolato. Questa volta ne fui un po’ turbata; ora stava esagerando. “Mi
spiace per come ti ho guardato; so che non dev’essere
stato uno sguardo molto amichevole.” La sua voce era
molto roca.
“No, per niente” Lo stavo ancora stringendo a me e non
potevo vederlo in viso “Perché lo hai fatto?” Lui sospirò.
“Ero arrabbiato perché tu non riuscivi a capire che i Cullen non sono affidabili. Ero così sicuro di quello che
stavo facendo che non pensavo più ad altro. Ed invece
non ho fatto altro che complicare le cose. Io ho sbagliato. Hai ragione tu, Natasha.” Potevo toccare il cielo con un dito.
“Sai” disse questa volta con un singhiozzo
“credo che tu abbia proprio ragione” continuò scosso. Io mi allontanai
da lui il minimo indispensabile per guardarlo negli occhi. Aveva gli occhi
arrossati e lucidi. Se li strofinò con una manica della maglietta, sfoderando
un sorrisino di compatimento per sé stesso.
“Sto piangendo come un bambino…” abbassò lo sguardo
mortificato “Credo che questa sia la prima volta che comprendo appieno il fatto
che tu rischi veramente la vita…” Stava piangendo perché aveva paura. Era
terribilmente terrorizzato all’idea di perdermi. Nessuno aveva mai pianto per
me in questo modo. Cosa potevo fare io in quel momento
per tranquillizzarlo? Mi aveva del tutto spiazzato. Solo un’unica cosa mi venne
in mente in quel momento che potessi fare. Tornai ad
abbracciarlo e cominciai a sussurrare nel suo orecchio.
“You are my
sunshine, my only sunshine. You make me happy when skies are grey. Youneverknowdearhowmuch I love you. So pleasedon’t takemysunshineaway.” Lo sentii ridere mentre mi
stringeva ancora più a sé. Ora capivo cosa voleva dire Edward;
Jacob si era comportato così e mi aveva guardata in
quel modo perché era enormemente, terribilmente terrorizzato. Lo strinsi
anch’io; quasi non riuscivo a respirare, ma non m’importava in quel momento.
Volevo Jacob, percepire la sua presenza; mi bastava
quello. Lui era la mia condizione necessaria e sufficiente per vivere. Come unpensiero dispettoso
e infido, pronto a rovinare questo splendido momento, il ricordo del suo
sguardo per Bella mi ritornò alla mente. Ero sul punto di parlarne con lui, ma
mi costrinsi a non farlo, grazie a tre ragioni; primo, avevo promesso a me
stessa che non avrei più pensato alla faccenda “Bella-Jacob”,
secondo, mi fidavo di Jacob, terzo, non avrei
permesso ad un pensiero del genere di rovinare questo momento. Stavo bene; nessun’altra espressione poteva descrivere come mi stavo
sentendo. Sentii Jacob scostarmi e guardarmi negli
occhi. La sua espressione era un po’ preoccupata.
“Sei sicura di non essere stanca? Hai due occhiaie…”
“Certo che non ho sonno” dissi mentre
coprivo con una mano uno sbadiglio. Lui si mise a ridere, si sedette sulla
sabbia e mi costrinse a fare lo stesso. Mi fece appoggiare su di lui. Il suo
calore mi stava dolcemente coccolando. Era un invito diretto ad
addormentarmi, insomma. Con la garanzia di avere Jacob
come cuscino e coperta. Un’occasione che non mi feci
scappare. Mi sistemai meglio e lasciai che mi cingesse con un braccio. Ero
stata troppo tesa per quello che era successo e non mi ero resa conto della
stanchezza che avevo in corpo. Ma in quel momento stavo
davvero bene.
Ero appena arrivata a casa e mi trovavo in camera mia. Avevo
dormito solo un paio d’ore su di Jacob, perché,
purtroppo, doveva per l’appunto parlare con i suoi compagni di quello che aveva
combinato. Jacob, Jacob. Quanto lo amavo. Dopodiché mi ero
di nuovo teletrasportata a casa Cullen, che intanto
avevano recuperato la Mercedes di Carlisle
lasciata in aeroporto; dovevamo completare la nostra copertura. Quando arrivai
Bella edEdward erano andati
via e fortunatamente nessuno mi chiese nulla riguardo alla mia improvvisa fuga;
potevano immaginare dove fossi andata. Solo quando Carlisle
mi stava riaccompagnando a casa vidi per la prima volta la mia ustione attraverso
lo specchietto dell’auto. Era proprio come avevo immaginato; un evidente segno
rosso, con evidenti increspature. Un’ ustione di
secondo grado. Non credevo che sarebbe stato difficile nasconderla a mamma e a Kathy, se avessi messo golfini a collo alto. Inoltre Carlisle mi assicurò che sarebbe guarito presto se avessi
eseguito ciò che mi aveva detto. Quando raggiunsi finalmente casa mia madre mi tempestò di domande, come suo solito, a cui io
dovetti, per l’ennesima volta, fare sfoggio di tutta la mia fantasia e
mentirle. Né Kathy né mamma videro
la mia bruciatura, coperta dalla sciarpa ci Alice. Con il pretesto, vero, di essere stanca riuscì a sgattaiolare in camera mia. Stavo
cercando dei vestiti puliti e non appena li trovai mi svestii e andai a farmi
una doccia rilassante. Il getto dell’acqua calda fu un vero toccasana; mi
sentivo veramente riposata. Ma la conseguenza della
doccia si manifestò, purtroppo, anche questa volta; cominciai a pensare a
quello che era successo. E mi venne il mal di testa.
Ancora facevo un po’ fatica a credere che avevo avuto
davanti a me Marte in persona. Era stata una vera e propria trappola,
architettata nei minimi dettagli, che dimostrava tutta la sua astuzia. Nonostante
l’acqua sentii un brivido percorrermi la schiena.
Ripensai poi alla strana visione nella mente di Andreas. Avevo una teoria, non sicura, ma secondo me nemmeno da buttare: avevo avuto in
tutto tre “visioni”, una con Jack, una con Andreas e
quella a casa Cullen. Questo mi faceva pensare che le
mie “visioni” potevano funzionare solo con i vampiri
di Marte, visto che ne avevo avuto solo con loro. Era quindi probabile che anche
quella volta a casa Cullen fossi entrata nella mente
di un vampiro di Marte; ciò che non si spiegava era il fatto
che era tutto molto confuso. Ma per quello non avevo
una teoria.
Credevo di averne una però anche sui miei strani sogni
premonitori; avevo fatto in tutto tre di questi strani sogni, tutti e quanti
prima che accadesse qualcosa di brutto. Ero quasi sicura che si trattasse di
una specie di “segnale d’allarme un po’ troppo confuso”. Ma
purtroppo anche in questo caso non avevo certezze sicure. Stufa di pensare a
questi brutti pensieri chiusi il getto della doccia ed uscii. Ora avevo intenzione
di rilassarmi un poco; dopotutto quello che mi era successo credevo che me lo
fossi meritato. Con ancora l’accappatoio addosso mi distesi
sul mio letto e presi dal comodino Romeo
e Giulietta. Mi piaceva davvero quel libro. Non ero mai stata una tipa sdolcianta, ma grazie a questo libro il mio romanticismo
era aumentato di molto. Più di una volta avevo cercato di immaginare Romeo; un
ragazzo alto, dai capelli castani chiari e un po’ sbarazzini e dagli intensi
occhi nocciola, disposto a fare di tutto per la sua Giulietta. Ma di una cosa ero sicura; non avrei mai scambiato Romeo con
il mio Sole.
Ed eccomi qua! Dopo un rilassante viaggetto eccomi di nuovo qua a postare! Vi ho fatto tenere sulle spine per un po’, lo so… me un po’ in
colpa.
Coooomunque visto che lo scorso
capitolo l’ho inserito in tutta fretta prima di partire non
sono stata in grado di scrivere un commento finale decente, perdonatemi!
Quindi mi sono dimenticata la cosa più importante…(rullo di
tamburi)…(va bene, il rullo di tamburi non serve più)… sinceramente, cosa ne pensate di Marte? Era come ve lo siete
immaginati? Lo ammetto; è il mio ideale di cattivo! Insomma,
uno squilibrato totale con crisi d’identità e di personalità che soffre di schizofrenia.
Bella fantasia che ho, vero? Coooomunque passiamo
alle cose serie (cose serie?...AHAHAH!) la cosa si è
fatta più chiara? Bhe, spero di sì!
Ho fatto un po’ di conti, dovremmo
arrivare a circa quota 35 capitoli, quindi… sopportate ancora 9 capitoli! :……(
Scherzi a parte spero davvero che
questo capitolo vi sia piaciuto! Ringrazio ancora tutti coloro
che hanno avuto l’eroismo di leggere fino a questo punto, blablabla… uno Smack a tutti!
x _sefiri_:
bene, bene, bene… spero che leggendo questo capitolo la tua curiosità sia stata
in qualche modo appagata! Per quanto riguarda Emmett,
bhe, in una Mercedesmica ci può stare un letto a due porte! Ovviamente sto
scherzando, povero “Emmino-che-nessuno-caga-perché-ci-sono-già-gli-altri-tre-che-lo-mettono-in-ombra”!
Si dovrebbe sostenere questo piccolo orsacchiottonetanto tanto trascurato. Ed è in pratica quello che non ho fatto; lo confesso, mi
sono dimenticata di lui! Il pensiero di portarlo a Volterra non mi è
assolutamente passato per la testa. Hai avuto davvero un’arguta supposizione, sì sì, sì sì…
cooomunque grazie tantissimo per il sostegno che
puntualmente mi fai sempre sentire (bla,bla,bla… uffa! Sto diventando
sempre troppo ripetitiva!) e grazie anche per avermi augurato buon viaggio (che
per informazione è andato bene)! Sbaciotto!
“Ehi Natasha, cosa fai dopo? Vieni o no?” mi disseYasumi tutta eccitata all’uscita della scuola. Era il 31
ottobre, Halloween. Ad essere sincera mi era sempre piaciuta
questa festa; da piccola mi ero sempre divertita un mondo. Yasumi
accanto a me non faceva altro che saltare agitata. La ForksHighSchool per quella sera
aveva organizzato una festa in costume e lei stava andando in paranoia perché
non aveva ancora trovato un vestito. Data la sua passione, quasi mania, per
fantasmi e vampiri, non mi stupii che si fosse esaltata in questo modo.
“Mi spiace, ma devo accompagnare mia sorella a fare dolcetto
o scherzetto per Forks.”
“Davvero? Che peccato, ti saresti
divertita” disse lei realmente dispiaciuta. Alla nostra conversazione però
partecipavamo solamente io e Yasumi. Matthew infatti se ne stava zitto
e ripassava mentalmente la tattica che avrebbe dovuto applicare domani alla
partita di metà campionato. MentreJason…
“Ragazze…” disse infilandosi in mezzo a noi e cingendo le spalle mie e di Yasumi con un braccio
“non trovate anche voi che più i giorni passano più la Coups diventi uno schianto?” Noi ci scostammo immediatamente
da lui guardandolo in malo modo e sbuffando.
“Per l’amor del cielo, Jason!
Quando la smetterai?!” gli gridò Yasumi,
dando inizio ad un’altra litigata.
Era dall’inizio della scuola che Jason
non faceva altro che parlare della professoressa di biologia. E non era solo
lui, anche molti dei ragazzi della scuola parlavano spesso di questa insegnante con occhi ammirati. Io mi limitavo
semplicemente a non notarli. Ad essere sinceri però,
più i giorni passavano, più la Coups mi stava
antipatica. Da quando ero arrivata in ritardo la prima lezione
non aveva fatto altro che lanciarmi occhiate gelide e a farmi domande a
trabocchetto durante le lezioni. A causa però di tutti i problemi che
vorticavano intorno a me come, per esempio, il fatto che un vampiro con
problemi di personalità mi volesse uccidere, erano più che sufficienti a farmi
dimenticare di una semplice insegnante. Appena uscita dalla scuola salutaiJason, Yasumi
e Matthew e me ne ritornai a casa insieme alla mia
bicicletta. Sfortunatamente il mio compleanno era a dicembre, quindi non mi era
ancora possibile prendere la patente. Poteva essermi utilissima, certo, ma
sinceramente, da quanto dimostrato a casa di Jacob,
non saltavo dalla gioia all’idea di fare l’esame.
Arrivata a casa misi giù la bici in garage, nel solito
posto. Dall’episodio di Volterra i giorni erano passati in maniera normale e
serena: la tranquillità che avevo sempre sperato arrivasse, insomma. Inoltre la
bruciatura che avevo sul collo era quasi del tutto scomparsa. Corsi verso la porta di casa per evitare le gocce di pioggia che
cadevano. Avevo testato sulla mia pelle i giorni piovosi di Forks e avevo scoperto una cosa che mi aveva impressionato
moltissimo; adoravo la pioggia. Sul serio. Adoravo sentirla sul viso mentre pedalavo. Non era dopotutto un grande problema se tornavo a casa bagnata fradicia. La
pioggia però stava già passando; per quella sera i bambini di Forks sarebbero andati di casa in casa sotto un cielo
asciutto, schivando solo qualche pozzanghera di tanto in tanto. Quando aprii la
porta fu tanta la sorpresa che feci un salto indietro;
davanti a me mi stava sorridendo una piccola Alice in miniatura saltellante.
“Ti piaccio?” Era senza dubbio la voce di mia sorella.
Vestirsi da Alice; era proprio da mia lei.
“Ehi! Che carina che sei!” le dissi io.
Lei in cambio mi mostrò un grandissimo sorriso. Mi rendeva felice vedere
sorridere mia sorella; soprattutto in quel periodo. Credevo che nemmeno lei
stesse passando un bel momento; tutta l’ultima settimana l’aveva passata
dormendo nel mio letto e più volte durante il giorno l’avevo vista triste e
silenziosa. Le avevo più volte domandato cosa c’era
che non andava, ma lei mi aveva sempre risposto che andava tutto bene. Era
chiaro che non ne voleva parlare. Speravo solo che le
passasse presto o che si sarebbe aperta con me o con mamma; anche lei l’aveva
notato. Oggi però sembrava veramente felice e sorridente e la
sua allegria era veramente contagiosa. Dalla cucina spuntò il viso di
mia madre che mi guardava sorridente.
“Non doveva vestirsi da canguro?” le chiesi.
“No, ha cambiato idea all’ultimo minuto” Io scossi la testa
rassegnata e andai in camera mia a mettermi vestiti puliti.
Subito dopo cenato mia sorella, peggio di una pallina da
tennis, trascinò me e mia madre fuori dalla porta,
verso l’auto di mamma, per andare a fare dolcetto e scherzetto per tutta Forks. Mia madre parcheggiò vicino al centro e noi
scendemmo, ci raccomandò le solite precauzioni e se ne andò,
dicendoci di chiamarla non appena avevamo finito. Quindi Kathy
con il suo cestino a forma di zucca ed io con la mia inseparabile tracolla
bianca ci dirigemmo verso la prima casa. Vedemmo molti
altri bambini a caccia di dolci, accompagnati dai propri genitori, alcuni amici
di Kathy. Ad ogni porta Kathy
con il suo costume faceva ogni volta un grandefigurone, accaparrandosi tanti complimenti quanti dolci. Infatti avevamo attraversato solamente metà Forks e Kathy aveva già riempito
il suo cestino.
“Kathy, non credi che adesso è
meglio andare a casa? Hai già riempito tutto il cestino.” Lei strabuzzò gli
occhi.
“Non ho di certo intenzione di
tornare a casa con questa miseria!” disse facendo quasi fatica a tenere in mano
il cestino pieno.
“E dove pensi di mettere i dolci?”
dissi io per stuzzicarla.
“Dammi la tracolla” mi disse determinata prendendomi la
borsa e versandoci dentro tutti i suoi dolci. Che
infida!
“Ehi Kathy! Questo vuol dire barare!” ammisi io, sconcertata per l’azione di
mia sorella.
“In battaglia tutto è lecito, sorellona” disse lei con
l’aria di chi la sapeva lunga. Non avevo mai visto mia sorella determinata come
quest’anno. Aveva proprio intenzione di farsi
riempire la bocca di carie. Riuscì a riempire il cestino per ben due volte. La
borsa a tracolla piena di dolci stava cominciando a pesare. Più volte cercai di
convincerla a tornare a casa, ma lei volle setacciare le case
di tutta Forks. Quando finalmente
ebbe estirpato tutti i dolci da ogni porta decise che ormai era venuta l’ora di
godersi il proprio bottino.
“Aspetta!” disse lei fermandosi all’improvviso “Ho promesso
ad Alice che le avrei fatto vedere il mio vestito!”
detto questo si voltò e cominciò ad allontanarsi da me. Io la raggiunsi con una
breve corsa.
“MaKathy!
Sai dov’è casa Cullen?” dissi
io. Ad essere sincera non mi ricordavo nemmeno io con esattezza dove si trovasse, nascosta tra gli alberi com’era.
“Ovvio” rispose lei vantandosi. Ah già, lei aveva il grande dono di ricordarsi tutto. La conoscevo da sette anni
e non ero ancora riuscita a scoprire come faceva. Infatti
senza troppi problemi fummo subito davanti a casa Cullen.
Prima però di suonare il campanello Kathy pensò bene
di travasare i dolci rimasti nella mia tracolla, ormai stracolma di dolciumi e
schifezze varie.
“Poi la tracolla te la porti tu, eh!” dissi a mia sorella,
che ebbe perfino il coraggio di zittirmi con una gomitata. Si sistemò il
vestito e con un sorriso a trentadue denti suonò il campanello. Pochi secondi
dopo ad aprire la porta fu proprio Alice, impeccabile come sempre.
“Ciao pallina!” disse appoggiandosi allo stipite della porta,
muovendosi come una modella di una pubblicità.
“Dolcetto o scherzetto?!” disse lei
per la milionesima volta, sempre con un sorriso sulle labbra. Alice fissò il
suo cestino.
“Il tuo cestino è vuoto? Com’è possibile?”
disse lei sorridendo. Kathy sfoderò una delle
sue più espressioni più sconsolate.
“Nelle case in cui sono andata avevano finito tutti i dolci;
quindi se me ne potresti dare un po’ tu…” rispose Kathy,
avvicinando ad Alice il cestino a forma di zucca. Alice mi diede
un’occhiata e io, dietro a Kathy, le indicai
con un dito la tracollo piena zeppa. Alice non riuscì a trattenersi dal ridere.
“Sai Kathy” continuò Alice
“Indossi davvero un bel vestito” A Kathyle si illuminarono gli occhi.
“Davvero? Sono venuta apposta per fartelo vedere!” Alice,
sempre sorridendo, si inginocchiò per poterla vedere
meglio.
“Ma tu non ti dovevi vestire da
canguro? Perché hai cambiato all’ultimo momento e hai
deciso di travestirti da me?” disse Alice con un sorriso sulle labbra. Mia
sorella si imbronciò.
“Non mi sono mica travestita da te! Mi sono
travestita da vampiro!” disse lei decisa. La cosa mi spiazzò
leggermente. Assomigliava così tanto ad Alice, non
avrei immaginato che fosse un vampiro. Anche se, dopotutto, la differenza tra
Alice ed un vampiro era comicamente minima. Anche Alice parve essere leggermente sorpresa.
“Ah… davvero? Bhe… allora, sta
attenta all’aglio, se lo vedi” disse ironica Alice. Kathy
la guardò confusa.
“I vampiri non hanno paura dell’aglio”
“E perché non dovrebbero?” Questa
volta Alice l’aveva detto con fin troppa curiosità, che rivelava un velo di
preoccupazione. Non capivo perché Alice si stava comportando così; insomma,
mica temeva che Kathy avesse scoperto la loro natura
di vampiri? Era impossibile.
“Bhe… me la
detto il mio amico; sai, lui è un vampiro.” Questo era veramente troppo.
Doveva smetterla di guardare strani film alla tv.
“Certo; e scommetto che ha anche un nome…” dissi io
sarcastica ed un po’ acida. Kathy mi guardò ancora
più imbronciata.
“Sì, ce l’ha! Si chiama Marte!”
Il velo di sarcasmo sul mio viso scomparì
di punto in bianco. Avevo capito male? Guardai
confusa Alice; no, dal suo volto non sembrava avessi capito
male. Ma non era possibile, insomma, come
faceva Kathy a conoscere Marte? Era totalmente inverosimile.
“Sorellona, stai bene?” chiese preoccupata mia sorella. Io
la guardai in faccia. Il panico prese il sopravvento. Diceva
la verità? Forse le aveva fatto in qualche modo del
male? C’entrava qualcosa con il suo comportamento? Il mio respiro si fece
irregolare. Era tutto troppo surreale, questa volta, per crederci e provare a
ragionarci.
“Sì, Kathy, sto bene…” cercai di
dire in modo convincente.
“No, mi sembra che tu non stia per niente bene, Natasha” replicò invece Alice. Non sorrideva più. Era seria
e fredda come una pietra. Cercò di raddolcirsi subito però.
“Forse è meglio se ti siedi in salotto…” continuò lei prendendomi per un braccio e trascinandomi dentro casa,
seguita da Kathy. Il suo volto era segnata da
un’espressione preoccupata.
“Ciao Natasha!” Era Esme appena uscita dalla cucina. Avevo la netta sensazione
che i vampiri di quella casa avessero ascoltato la
conversazione di poco fa.
“Ciao Kathy, io sono Esme. Non ci siamo mai conosciute”
continuò rivolgendosi a Kathy.
“Ciao, ciao!” Kathy
era ritornata allegra e saltellante.
“Immagino che tu sia qui per i dolci, non è vero?” Kathy annuì timida con la testolina.
“Vieni con me in cucina…” Kathy
saltellando seguì Esme in cucina.
Quando Alice mi fece sedere sul divano
bianco. In salotto era comparso Carlisle;
ovviamente anche lui aveva sentito tutto.
“Rosalie ed Emmett, dove sono?”
disse serio ad Alice.
“Stanno controllando la casa di Natasha”
rispose lei rapida.
“Chiama sua madre e dille che Natasha e Kathy rimarranno qui
più del dovuto.” Alice annuì
“Bisogna chiamare Edward?”
continuò lei componendo velocemente il numero di casa mia.
“Me ne occupo io” disse prendendo
un telefono anche lui. Edward? Cosa
c’entrava Edward? Quando Alice ebbe
finito di telefonare Carlisle stava ancora parlando
con Edward. Discuteva in modo velocissimo e non riuscivo
a capire quello che diceva.
“PerchéEdward
deve venire qua?” dissi io roca ed ancora sconvolta. Alice aveva le mani sugli
occhi.
“…odio non vedere…” la sentii sussurrare. Subito dopo mi
stava guardando, preoccupata e tesa. Non mi piaceva la sua espressione.
“A tua sorella è successo qualcosa che coinvolge Marte”
disse lei. Certo, questo l’avevo capito, ma detto da
Alice sembrava essere una nuova e orribile rivelazione che mi sconvolse ancora
una volta.
“Tua sorella non è di certa in grado di capire cosa le è
accaduto. Bisogna che Edward interpreti i suoi
pensieri in modo da comprendere quello che è successo.”Più che annuire scossi convulsamente la testa. In quel
momento Carlisle finì di telefonare.
“Arrivano tra tre ore” Ancora una
volta Edward e Bella avrebbero dovuto scomodarsi.
“Natasha, stai bene?” mi chiese
sedendosi nel divano di fronte a me. In quel momento mi sembrava la domanda più
stupida che mi si potesse fare.
“No” risposi subito ed acida. Poi
però subito mi pentii.
“Natasha” continuò
lui paziente “Hai notato qualcosa di strano in tua sorella negli ultimi
giorni?” Io annuii leggermente.
“Ultimante è diventata più taciturna e… quasi triste. Lei
però mi ha sempre detto che stava bene” Lui annuii
leggermente ed io tornai ad abbassare lo sguardo. Se in qualche modo Marte aveva fatto del male a mia sorella, non mi sarei fatta molti
problemi a perdere il controllo. Cercai di fare un respiro profondo; non
serviva a niente comportarsi così. Cercai di pensare che in questo momento Kathyera al sicuro nella stanza
vicina. Ancora non riuscivo a credere che Marte avesse potuto
entrare in contatto con mia sorella.
“Sai che cos’è successo, Carlisle? Abbiamo sempre controllato quella casa” chiese Alice mentre mi teneva stretta una mano. Carlisle
scosse la testa.
“Non lo so” disse teso “Questa volta però
è grave; è stata coinvolta una persona troppo vicina a Natasha.”
Una sensazione di fastidio crebbe in me. Si stavano preoccupando di me e non di
mia sorella, ovvero la persona più coinvolta in questa
faccenda. La risposta del loro comportamento mi giunse rapida ed amara. Giusto,
ero io la non-umana che bisognava proteggere da un vampiro geneticamente
modificato terribilmente rassicurante.
Trascorsi le due ore successive a pensare a Kathy e al suo strano comportamento. Mi era ancora
impossibile immaginare che la sua silenziosità fosse dovuta
a Marte. Pensavo stesse attraversando un brutto periodo a scuola o comunque problemi del genere.
“Stanno arrivando” disse Alice, che si alzò di scatto
insieme a Carlisle.
“Natasha, Alice, andate da Kathy; è meglio che vicino a lei ci siano solo persone che
conosce” cominciò Carlisle, poi si rivolse ad Alice
“Cerca di farla parlare dei vampiri, così penserà a quello che è successo.” Alice annuì. Stava per darmi indicazioni anche a me, ma io
lo precedetti.
“Io mi comporterò da sorella” dissi “so
come si fa” Carlisle annuii. Io ed Alice entrammo in cucina ed ebbi solo per un secondo la
possibilità di vedere Edward e Bella che entravano
dalla porta d’ingresso. In cucina Kathy, in tutta
tranquillità, stava scartando mano a mano tutte le
caramelle ed i cioccolatini che aveva racimolato questa sera, mentre stava
chiacchierando con Esme.
“Credo che sia meglio lasciarvi da sole” disse d’un tratto Esme, fingendo di
uscire per non disturbarci. Ci sedemmo attorno a lei. Mi sentivo stranamente
agitata.
“Stai meglio ora? Mangia un po’ di
cioccolato” mi disse mia sorella offrendomene un pezzo. Io lo accettai.
Non avevo per niente fame, ma mi sforzai di mangiarlo. Ne offri
un pezzo anche ad Alice, che ovviamente rifiutò. Kathy
invece fece un sorriso del tipo “meglio, c’è ne più
per me”. Io sorrisi inconsciamente.
“Allora, dove eravamo rimaste?” fece Alice come se niente
fosse per iniziare a parlare. Avevo deciso che mi sarei limitata a guardare e
niente di più; lasciavo le redini del comando ad Alice. Kathy
ci pensò un attimo poi gli occhi le si illuminarono.
“Ah già, eravamo rimaste al mio amico vampiro, Marte” Mi
percosse uno scossone.
“Per l’appunto” continuò Alice “Sai, sono
piuttosto curiosa, tu sei la prima persona che incontro che conosce un vampiro”
Kathy arrossì.
“Bhe… diciamo
che non lo mai incontrato di persona. Mi viene a trovare però spesso, mentre
sogno.”
“Davvero? E parla con te?” disse
Alice curiosa. Mia sorella annuì la testa decisa con un sorriso.
“Sì, mi fa ridere. È simpatico, sto
bene con lui.” Un altro scossone. Marte si comportava esattamente così.
“Ah… e non fate nient’altro insieme?” Kathy
smise di mangiare cioccolata e divenne triste.
“Le ultime volte mi ha fatto molte domande su mamma e Natasha.”la
sua espressione divenne confusa “Non so perché, ma era molto interessato a Natasha.” Mi sentivo come se mi avessero tolto la sedia su
cui ero seduta e sentii anche un forte senso di nausea.
“Mi ha detto che sarebbe stato
felice di incontrarla; mi diceva di portarla nella foresta” Il senso di nausea
stava crescendo ancora di più.
“Io però non volevo farlo, ho sempre paura di andare dentro
il bosco, così lui…” Se un attimo prima il suo faccino era allegro ora era
diventato triste. Aveva le sopracciglia incrociate e il labbro inferiore
sporgente.
“Cosa ti ha fatto?” Alice intanto
era rimasta sempre impassibile. Come diavolo faceva?
“Niente, niente…” disse lei scuotendo il capo. Perché non voleva parlarne? Nonostante
tutto però Alice non insistette; quello che non voleva dirci lo aveva già letto
Edward. Alice mi guardò comeper dirmi che aveva finito; la sua
espressione non era delle migliori.
“Bene, credo che adesso si sia fatto veramente tardi. È meglio tornare a casa” dissi io. Kathy
si alzò dalla sedia. Aveva già mangiato metà dei suoi dolci e avrei scommesso
la mia paghetta settimanale, se solo ne avessi avuto
una, che si sarebbe sentita male. Mia sorella guardò preoccupata fuori dalla finestra.
“Ma è buio”
“Vi accompagno io a casa, non ti preoccupare” la calmò
Alice. Quando uscimmo dalla cucina non resistetti alla tentazione di lanciare
un’occhiata all’espressione degli altri, di Edward in particolare; aveva le sopraciglia corrugate. Il
cuore cominciò a battere a mille. In pochi istanti arrivammo a casa; non c’era
da stupirsi, visto la guida spericolata dei Cullen,
alla quale Alice non faceva la minima eccezione.
“Buona notte” ci disse quando
scendemmo, lanciandomi uno sguardo che mi avvertiva di stare attenta. Kathy saltellando andò verso la porta di casa. La guardai
bene. Ora sembravasi
comportasse normalmente, era serena. La porta si aprì e mamma ci accolse con un
sorriso.
“Allora? Vi siete divertite?”
“Ho mangiato un sacco di dolci!” gridò la mia piccola
sorellina.
“Natasha, ti senti poco bene?” mi
chiese tesa. Io mi ridestai.
“Certo” dissi, ma non credevo di essere stata molto
convincente “Sono solo un po’ stanca, vado a dormire” aggiunsi.
“Va bene, e vai a dormire anche tu” disse mia madre a Kathy
“Ma io non ho sonno! Voglio vedere
la tv!”
“Non ci pensare nemmeno! Fila!” ribadì
mia madre. Così salì le scale insieme a me con il
broncio. Io mi avvicinai a lei.
“Che ne dici di venire a dormire da me stasera?” Lei mi
rispose con un grande sorriso. Speravo che così
facendo si sarebbe calmata.
Mezz’ora dopo, quando io ero già rimboccata nel mio letto sentii il mio ospite oltrepassare la porta in punta di
piedi, nonostante producesse lo stesso rumore che avrebbe fatto un elefante
saltellante e si intrufolò tre le mie coperte, sistemandosi accanto a me. Io
d’altro canto Kathy strinsi ancora di più. Non avevo
capito cosa fosse successo a Kathy; l’unica cosa di
cui ero sicura era che Marte aveva in qualche modo parlato con lei e molto
probabilmente fatto del male. Nessuno poteva permettersi di fare del male alle
persone che amavo, nessuno. Mai avevo odiato una persona come adesso, fino al
punto di potergli fare del male. Marte non avrebbe mai più disturbato i sogni
di mia sorella, mai più. Mi ero creata la strana convinzione che con me vicinoKathy non avrebbe più avuto
sogni agitati di questo tipo. La strinsi vicino a me con determinazione. La pagherai Marte, la pagherai molto cara.
L’indomani quando mi svegliai non trovai più Kathy vicino a me, ma dai rumori che provenivano dalla
cucina potevo intuire che si era già svegliata. Mi diedi una ripulita veloce e
scesi giù in cucina. Vidi Kathy bella e pimpante che si
stava scatenando con i dolci rimasti della sera prima.
“Giorno Kathy” le disse
avvicinandomi a lei.
“N’ogno” mi rispose con la bocca
piena di caramella. Le sarebbero venute sicuramente delle carie.
“Dormito bene?” Lei annuì vigorosamente con la testa. Mi
rincuorò molto la sua risposta.
“Bene” dissi io allontanandomi. Era sabato mattina e un bel temporalone sovrastava tutta Forks
“Io vado a fare un giro, avverti tu mamma
quando si sveglia?” Lei mi guardò confusa
“Con questa pioggia?” mi disse con un grande ed evidente
disgusto. Quant’era perspicace.
“Sì, con questa pioggia” le risposi prendendo la mia
tracolla. Lei si limitò ad alzare le spalle e a continuare nella sua opera di “scarto&mangio”. Uscii dalla porta abbastanza serena;
sembrava che Kathy questa sera avesse veramente
dormito bene. Ma non bastava questo per dissipare la
rabbia che era nata dentro di me. Non appena uscii dalla porta mi guardai
intorno per controllare che non ci fosse nessuno; mi sarei veramente sorpresa
del contrario, dato che secondo me quella era la via più spopolata ed insulsa
di tutta Forks. Subito dopo aver controllato mi
teletrasportai immediatamente dai Cullen. Dovevano
dirmi tante cose. Mi ritrovai nel loro ingresso e senza
perdere tempo entrai in salotto. Erano ancora tutti lì, come se per loro
fossero trascorsi solo pochi minuti. E forse era
proprio così, visto che la loro percezione del tempo era assai molto differente
rispetto a quella degli umani. Nessuno fu sorpreso di vedermi lì; non erano
necessarie le perdizioni di Alice per intuirlo, ma
tutti gli occhi furono rivolti verso di me. Io invece avevo occhi solo per Edward. Ad essere sincera mi sorpresi di vederlo lì;
pensavo che lui e Bella se ne fossero già andati. Mi
fermai a pochi metri da lui, senza una parola; non era necessario usare la voce
per fargli capire cosa volevo sapere. Lui rispose con un’occhiata allarmata che
non prometteva niente di buono. Era strano, ma nel salotto di casa Cullen si era creata un’atmosfera per niente piacevole,
tesa, quasi insopportabile. Io non smettevo di fissarlo negli occhi.
“Marte ha cercato di usare tua sorella per arrivare a te” mi
disse conciso e tutto d’un fiato. Ecco. Era stata solo
un leggiero pensiero che mi era passato per la mente,
mentre cercavo di addormentarmi ieri sera, ma che avevo subito provveduto a
cacciarlo. Ed ora questo piccolo pensiero era
diventato la pura realtà. Non avevo ancora accettato completamente l’idea che
Marte si fosse in qualche modo intrufolato nella mente
di mia sorella, ma questo era troppo. C’era qualcosa in me che cercava di farmi
credere alle parole di Edward,
e alle mie più temute supposizioni, ma non ce la facevo. Non riuscivo ancora a
rendermene conto, pur avendo saputo da Carlisle in
precedenza che non si sarebbe fatto dei problemi a farlo.
Cercai di inghiottire il groppo che mi si era formato alla gola, ma senza
successo.
“Le ha fatto in qualche modo del
male?” chiesi in un sussurro. Questo era quello che più di tutto mi premeva
sapere. Ero sicura che la risposta era legata al
silenzio di Kathy di ieri. Sapevo di guardarlo in
modo implorante, ed infatti lo volevo implorare;
volevo che mi dicesse di no, che non l’aveva sfiorata con un dito.
“Sì” Fu peggio di una pugnalata, le gambe mi cedettero di
colpo e caddi sul divano. Marte aveva fatto del male a mia sorella. Marte aveva
fatto del male a mia sorella. Marte aveva fatto del male a mia sorella. Più
questo pensiero rimbombava nella mia mente, più l’odio per quell’essere abominevole cresceva. Strinsi i pugni
per cercare di contenerlo. Ero sicura che non fosse semplice odio. C’era anche
qualcos’altro. Per la prima volta sentii anche la voglia di ferire e fare del
male a qualcuno; per la prima volta desiderai di uccidere qualcuno. Era una
sensazione mai provata, che faceva paura persino a me stessa. Scossi
violentemente la testa; stavo perdendo il senno, dovevo cercare in qualche modo
di calmarmi. Feci quindi un respiro profondo pensando intensamente che in
questo momento Kathystava
bene.
“Che cosa le ha fatto?” Avevo la
voce tremendamente tremolante. Ci fu un attimo di silenzio. Probabilmente
nessuno aveva idea di come reagire nei miei confronti; ovvio, non sapevo
neppure io cosa fare.
“Non è stato un male fisico; Marte non è mai stato in
contatto diretto con lei” Io lo guardai confusa ed ancora arrabbiata.
“Non le ha fatto sempre del male” disse lui, vedendo che il
mio umore stava decisamente andando a pezzi.
“Ha cominciato solo quando lei non
ha voluto portarti nella foresta” continuò.
“Dimmi che cosa le ha fatto!” urlai
questa volta io. Qualcosa mi afferrò con forza la spalla. Non mi faceva male,
ma mi premeva molto. Per un attimo mi dimenticai di Edward davanti a me e mi concentrai su quella pressione.
Quella presa fredda, in quel preciso punto, in qualche
modo riusciva a calmarmi. Alzai leggermente la testa; Emmett
mi stava guardando irrequieto. Era stata la prima persona che aveva tentato di
tranquillizzarmi; ed in effetti ci era anche in parte
riuscito. Tornai a guardare Edwardin
attesa di una risposta.
“Incubi” disse lui. Così non si stava spiegando per
niente.
“Non incubi normali” Lui corrugò la fronte “È difficile da
spiegare, erano incubi reali.”
“Che cosa ha sognato?” chiesi in un
sibilo. Edward stette zitto; perché non voleva
dirmelo.
“Anche i suoi pensieri erano
confusi…”
“Edward, per piacere, dimmi cosa
hai visto” Edward mi guardò un’altra volta.
“Vuoi che sia sincero?” Cosa voleva
dire? Voleva forse dire che la verità era troppo dura
da accettare per me?! Avevo il pieno diritto di sapere cosa aveva fatto a mia
sorella. E credevo proprio che dalla mia espressione Edward avesse intuito la mia risposta.
“Ha sognato persone che le facevano del male, molto male. Persone che… la picchiavano, ma dai visi oscurati. Marte
l’ha torturata e le ha fatto molto male. Non si tratta
di un male fisico, ma… molto peggio. Marte ha torturato la sua mente. E… lei ha sofferto tantissimo.” Aveva ragione; era meglio se non fosse stato
sincero. Stavo fremendo dalla rabbia.
“Mentre parlava ho percepito il suo umore” fece questa volta
Jasper “Stava morendo di paura.”
Non ce la facevo più, stavo
scoppiando. Marte aveva osato fare male, molto male ad una delle persone che
più amavo. No. Me l’avrebbe pagata, l’avrebbe pagata
cara, molto cara. Mi alzai di scatto dal divano; non riuscivo a stare in piedi.
Mi alzai senza problemi, nonostante Emmett me lo
avesse impedito. Stavo ancora tremando e non avevo ancora idea di come fare per
farlo smettere. Esme mi prese per una mano nel tentativo di calmarmi.
“Natasha non…”
“Non mi toccare!” le gridai scostandomi ancora di più. Loro
non riuscivano a capire come mi stessi sentendo. Avevo rischiato di perdere
un’altra delle persone a me più care. Il cuore aveva
cominciato a battere maggiormente, il respiro divenne irregolare e i
tremori più forti. Stavo andando in iperventilazione. Era come se avessi avuto
dentro un enorme peso che ora più che mai premeva per uscire ed io non sapevo
come liberarmene. Un’allucinante bruciore si fece d’un
tratto sentire sulla mia guancia. Fu tale da farmi liberare da quel peso. Per
un momento riuscii a pensare lucidamente. Sentivo ancora la guancia pulsare, ma
nonostante tutto mi sentii leggermente più sollevata.
Era strano, ma era un male che mi fece bene. Poi capii che qualcuno mi aveva
tirato uno schiaffo, un forte schiaffo. Alzai gli
occhi; era stata Bella. Ovvio, chi altro poteva farmi del
male tra i presenti se non lei.
“Ti senti meglio?” mi disse tranquilla. Gli altri erano
rimasti a bocca aperta; non c’era che dire, era stata veramente una mossa
inaspettata da parte sua. Io annuii con la testa; perché in
effetti era vero, mi sentivo meglio. In quel momento provavo uno strano
sentimento di riconoscenza verso Bella per avermi picchiata. La cosa era
preoccupante, se per calmarmi era necessario picchiarmi; era la prima volta che
venivo a conoscenza di questo mio lato masochistico. Feci
un respiro profondo e tornai a guardare Edward,
questa volta più tranquilla.
“C’è dell’altro?” chiesi con voce straordinariamente ferma. Anche lui sembrava guardarmi con più serenità.
“Sì. Ho pensato che sarebbe stato più chiaro leggere la
mente di tua sorella durante il sonno, mentre… viveva
quei momenti.” Ecco perché Edward e
Bella si trovavano ancora qui. Ora mi faceva meno male parlare di questo argomento, ma solo un po’.
“Ma non è successo niente. Marte
non ha interferito con i suoi sogni.” Io lo guardai
scombussolata.
“E perché?”
“Forse perché insieme a lei c’eri
tu” disse d’un tratto Alice con mezzo sorriso. Io?
“Da quanto è accaduto si presuppone che Marte riesca a
controllare i sogni, o comunque a esercitare un potere
simile” iniziò serio Carlisle “Ma su di te non
funziona, proprio come è successo con la capacità di Jack di teletrasportarsi.
È possibile che tu abbia fatto da scudo a tua sorella.”
“Come fai ad essere sicuro che su
di me non funziona? Cosa ti fare pensare che non abbia già
tentato di insinuarsi nei miei sogni?” dissi ancora allibita.
“Ma lui ha già tentato, solo che non ci è
riuscito” disse guardandomi negli occhi “Ti ha solo provocato un leggero
attacco di sonnambulismo” Io mi rifiutai di rispondere e stetti zitta. Sapeva
cosa ne pensavo di quel attacco di sonnambulismo e
sinceramente mi ero stufata di discutere con lui di questo argomento. Era in effetti strano, ma ancora non sufficiente per farmi
credere alle sue parole. Guardai negli occhi i Cullen
e Bella uno ad uno; forse quello fu uno dei pochi
momenti in cui capii appieno quello che loro stavano facendo per me. Mi sentivo
ancora male e quel peso era rimasto lì. Avevo bisogno di aria,
avevo un assoluto bisogno di camminare, per cercare in qualche modo di
togliermi questo macigno. Avevo bisogno del mio Sole. Avevo bisogno di Jacob. Il solo pensiero riuscì in parte a rasserenarmi.
“Ora è meglio se vado” dissi ancora un po’ moscia. Con la
testa bassa, senza guardare nessuno mi diressi verso
la porta. Non avevo neanche la forza di salutare, ma solo un esasperante
bisogno di Jacob. Riuscirono a capirmi e nessuno
tentò di fermarmi, né con gesti, né con parole. Li ringrazia mentalmente e uscì
di casa Cullen. Diluviava
ancora, ma era l’ultimo problema a cui pensavo. Senza troppe attenzioni mi incamminai sotto la pioggia, lontano da casa Cullen. Non sarei riuscita a teletrasportarmi a causa del
mio pessimo umore, inoltre avevo bisogno di muovervi,
per così cercare di pensare ad altro. Decisi quindi di andare a La Push, a piedi e sotto la pioggia. La stanchezza e la
distanza in quel momento era problemi secondari. Ora
volevo Jacob. Con il morale sotto i tacchi quindi mi incamminai verso La Push.
Non ci misi molto per raggiungerla. In realtà sì, ci misi la
bellezza di un’ora, ma a me parvero solo pochi minuti. Aveva iniziato a piovere
più forte ed io ero completamente bagnata fradicia. Ma
era anche quello un problema secondario. Raggiunsi in pochi istanti il suo
garage, nella speranza che fosse lì. Aprii la vecchia porta arrugginita che da
sempre produceva un chiasso assordante, ma dentro lui
non c’era. Sconsolata richiusi la porta, che fece il solito e
stridulo rumore. Forse si trovava in casa. Nello stesso momento in cui
alzai la mano per bussare la porta d’ingresso si aprì.
Un uomo su una sedia a rotelle mi stava
guardando perplesso. Doveva essere il padre di Jacob.
“Ehm… piacere, io sono NatashaMcAnderson” dissi porgendogli la mano. Era strano, ma fin
dal primo attimo mi era parsa una persona dalla grande
simpatia. Non appena sentii il mio nome mi fece un
grandissimo sorriso.
“Finalmente ci incontriamo!
Piacere, chiamami pure Billy!” mi
disse stringendomi la mano. Non serviva scrutarlo bene per capire che
era il padre di Jacob; si assomigliavano tantissimo.
“C’è Jacob in casa?” chiesi subito
io.
“Mi spiace, ma è uscito da poco” Mi rattristai di colpo. Avevo bisogno di lui e lui non c’era. Certo, non era colpa
sua se non era presente; come poteva sapere che in quel momento il mio morale
era sottoterra?
“Dovrebbe però tornare a momenti,
che ne dici di entrare?”
“Non… non vorrei bagnare tutta la casa…” dissi io un po’
timida. Billy scosse la testa.
“Un po’ d’acqua non uccide mica. Entra pure, credo tu
conosca già dove sia il bagno.” Io annuii ed entrai in
casa, dopo aver almeno avuto la decenza di togliermi le scarpe sporche di terra
bagnata. Una volta in bagno cercai di darmi una sistemata. Billy
sembrava una persona proprio simpatica; notai che anche lui in qualche modo
aveva il potere di scacciare le nuvole delle altre persone. La parola più
adatta era solare. Billy si era dimostrato una
persona molto solare. Riuscii ad asciugarmi a dovere e scesi giù in cucina,
dove Billy fu così gentile da darmi una tazza di tè
caldo; proprio ciò che ci voleva.
“Devi avere un grande bisogno di Jacob, se ti sei dimenticata l’ombrello a casa.” Billy cercava di essere ironico,
ma riuscì tuttavia a farmi fare un sorrisino spento. Dalla mia espressione
probabilmente riuscì a capire che qualcosa di serio non andava. Nonostante tutto,
trascorsi uno dei pomeriggi più divertenti che avessi mai passato con qualcuno
conosciuto da appena cinque minuti. InfattiBilly mi fece vedere l’album di famiglia della famiglia
Black, dove c’era un’intera sezione dedicata a Jacob.
Passammo parecchi minuti a guardare quelle fotografie e mentre io rimanevo
talvolta perplessa, talvolta anche commossa Billy mi
raccontava a parole sue l’avvenimento intrappolato in ogni foto. Riuscii
persino a sorridere; grazie a Billy ero riuscita
finalmente a ritornare serena per alcuni minuti. Avevo visto giusto; Billy era una persona solare nel vero
senso della parola. Fu anche così gentile da darmene una. Per me questo
gesto significava davvero tanto. Donare una fotografia era come donare un pezzo della propria vita. E
lui mi aveva appena donato una parte della sua vita. Ero realmente commossa. La
foto in questione era quella che mi aveva colpito di più, nonostante la sua
stranezza. Raffigurava Jacob a tre anni, imbronciato,
mentre indossava un vestitino da bambina rosa con un cappellino in tinta. Vicino
a lui c’erano le sue due sorelle contente e soddisfatte della loro opera. Era
una foto buffa ed in quel momento mi parve proprio quella più adatta a
risollevare il mio morale a pezzi; quando si è tristi si è più sensibili alle
cose divertenti. Fu proprio questa la foto che mi fece sorridere. Vidi per la
prima volta anche la madre di Jacob; non c’era che
dire, era proprio una bella donna. Jacob aveva
sofferto per la morte di sua madre tanto quanto io per
la morte di mio padre.
Non era passato molto quandoJacob entrò in casa. Sarebbe stato difficile dimenticare la
sua espressione quando vide me e suo padre seduti sul
divano a parlare della sua infanzia. Dapprima si dimostrò di essere totalmente
sorpreso di vedermi qua, poi però quando vide anche
l’album di fotografie si mise le mani tra i capelli.
“Ah, Jacob, dovevi arrivare
proprio sul più bello” gli disse Billy ridendo.
“Per fortuna!” rispose Jacob, un
po’ imbarazzato, strappandomi di mano l’album e chiudendolo.
“Sai, sei un bambina veramente molto
attraente in questa foto” gli dissi maliziosa mettendogli sotto il naso
la fotografia che mi aveva dato Billy. I suoi occhi
si spalancarono e inorridì. Aveva allungato la mano per afferrarla, ma io fui più veloce e me la misi dietro la schiena.
“Natasha, dammi quella fotografia”
Era evidente il rossore sulle sue guance.
“E perché mai dovrei darti la mia
fotografia” dissi ponendo particolare enfasi sulla penultima parola. Jacob fulminò suo padre con lo sguardo.
“Sua, eh?”
“Sì, gliel’ho regalata” disse
semplicemente Billy. Jacob
spalancò gli occhi.
“Tu gliel’hai regalata?!”
“Sì, sei mica diventato sordo?” rispose lui sarcastico e
dopo un ultima risata cominciò a dirigersi verso
l’uscita “Forse è meglio se ora vi lascio soli” e detto questo mi salutò con la
mano, gesto che io ricambiai. Tornai a guardare Jacob
che mi stava fissando infastidito.
“Cosi ci facevi con mio padre?! E
soprattutto, cosa ci facevi con mio padre mentre
guardavate le mie fotografie?!” la sua voce era leggermente isterica.
“Niente, mi stava solo facendo vedere te da piccolo. Eri un amore” dissi l’ultima frase apposta con un tono
eccessivamente sdolcinato per stuzzicarlo ancora di più.
“Sì, certo, ora ridammela ” disse
lui svogliato porgendomi il palmo della sua mano.
“Non ho alcuna intenzione di
ridarti la mia fotografia” gli dissi, tenendola ancora dietro la schiena. “Sai,
tuo padre è davvero molto simpatico, ti assomiglia molto”
“Simpatico?! Quel uomo è diventato
un traditore! Cosa gli è preso per darti quella foto!”
disse mettendosi a sedere vicino a me “Allora Natasha,
tu sei un’esile ragazza di quindici anni ed io un robusto ragazzo di
diciassette. Non credo che tu abbia molta scelta.”
“Cos’è una minaccia? Intendi farmi del male?” dissi sarcastica mentre stringevo a me la fotografia.
“No, molto peggio” disse con occhi furbetti. Nemmeno un
secondo dopo e già mi stava addosso facendomi il solletico dappertutto. Odiavo quando faceva così. Con fatica mi distesi a pancia in
giù sul divano, in modo da sopportare meglio quella dolce tortura. Lui però non
sembrava essersi arreso e si distese anche lui a pancia in giù, ma sopra di me,
sorreggendosi comunque sulle gambe e sui gomiti per
evitare di schiacciarmi.
“Perché non vuoi che io la tenga?”
chiesi sotto di lui.
“Quella foto è imbarazzante! E poi
non ti basta l’originale dal vivo?” disse dandosi false arie.
“Ma sei così buffo e carino” dissi
sorridendo.
“Per l’appunto! Ora ridammela!”
“Non ci penso nemmeno” dissi con un sorrisino.
“Guarda che mi hai costretto tu a farlo” mi sussurrò in un orecchio avvicinandosi a me. Sentii la
maglietta alzarsi. Cosa voleva fare? Subito dopo
sentii le sue labbra posarsi lievi sulla mia schiena nuda. Involontariamente la
mano che non teneva la foto si strinse al copriletto del divano. Ad ogni bacio
mille brividi di piacere mi percuotevano la schiena. Non immaginavo che alla
schiena poteva essere molto più inteso che sul collo.
“…Jacob…tuo padre è…” Mi fu troppo
difficile in quelle condizione cercare di comporre una
frase di senso logico. Il mio obiettivo era di dirgli di smetterla, dato che
suo padre si trovava in casa ed io non avrei voluto fare
spettacolo nel caso ci avessi visti in quella posizione chiara e per niente
ambigua, oltre a evitare così di fare una tremenda figuraccia. Lui però non
sembrava avere la minima intenzione di smetterla, anche se glielo avessi chiesto. Invece continuava a
risalire la schiena, baciandola lievemente. Quando raggiunse il gancetto del
mio reggiseno si fermò. Divenni un po’ tesa. Cosa voleva fare? Non voleva mica…? Bhe,
anche se fosse? Insomma, ci conoscevamo da mesi e con il rapporto che avevamo non
doveva costituire un problema se lo avesse fatto. Allora
perché mi sentivo così nervosa? Bhe, certo, non tutti
i giorni io avevo… un rapporto del genere, ecco. Dovevo dire
che al momento mi sentivo veramente molto confusa; non sapevo come reagire
nemmeno io. Sentii la mano di Jacob prendermi il
gancetto e… me lo mollò di colpo, producendo un effetto elastico sulla mia
pelle.
“Ahio!” urlai io alzandomi da
quella posizione. Senza volerlo avevo mollato la foto, che era finita per
terra. Non raggiunse nemmeno il suolo che Jacob
l’aveva già presa e rimessa dentro l’album. Io lo fulminai con gli occhi; aveva
osato mettere in pratica queste tecniche da seduttore per poi ingannarmi in
questo modo?! Mi guardò; sembrava essere sorpreso
della mia espressione, cosa che mi fece arrabbiare ancora di più.
“Cosa c’è?” ebbe il coraggio di
dire. Io mi limitai a continuarlo a fissare negli occhi, poi
però non mi seppi trattenere dal parlare.
“E tu mi avresti ingannato in
questo modo?” dissi allibita.
“Ehi, te l’ho detto che te la sei
cercata!” disse lui mentre provvedeva a rimettere a posto l’infame album. Io mi
rimisi seduta e misi il broncio girandomi dalla parte opposta alla sua. Lui mi
guardava ancora più sorpreso.
“Non dirmi che ti sei offesa per
questo?” Io stetti zitta e tornai a girarmi. Chi tace acconsente.
“Non sarà facile questa volta perdonarti.”
“Ma te le sei cercate!” Io tornai a
fulminarlo con lo sguardo. Non mi ero offesa veramente, ma mi divertiva troppo
punzecchiarlo in questo modo. Mi girai dalla parte opposta.
“Potresti guardarmi in faccia solo per un minuto?” Io mi girai verso di lui. Non ebbi neanche il tempo di guardarlo
che le sue labbra si erano unite alle mie. Mi prese il
viso con entrambe le mani per aderire meglio la presa che aveva sulla mia
bocca. Eh sì, ora sì che era perdonato. Infilai le
dita tra i suoi capelli neri. Senza nemmeno staccarsi Jacob
mi fece distendere sul divano, in modo da stare più comodi. Stavo provando
ancora una volta quella sensazione fantastica che sentivo sempre
quandoJacob mi baciava. E
non avevo la minima intenzione di smetterla. Dei colpi di tosse rimbombarono
per il salotto. E non provenivano da Jacob. Lui si staccò immediatamente da me per guardare
verso la porta che dava sulla cucina. Io feci lo stesso. Sulla soglia c’era sua
padre che ci stava guardando con espressione indecifrabile. Oh cavolo. Billy si limitò ad alzare una mano e ad indicare con l’indice il piano di sopra.
“Subito” disse velocemente Jacob
alzandosi dal divano e trascinandomi per una mano dietro di lui. Mi condusse al
piano di sopra e aprì la porta della sua camera. Dopo averla chiusa,
sbattendola leggermente mi guardò con sguardo imbarazzato.
“Mi dispiace per l’inconveniente…”
“Fa niente, non ti preoccupare…” gli riposi subito io. In
realtà però il mio viso stava andando in fiamme per la vergogna.
“Ma lui sa che noi…”
“Sì, lo sa.”
“E dici che non si è arrabbiato?”
“No, non è il tipo” Niente da fare; eravamo tutti e due pieni di vergogna. Passarono alcuni imbarazzanti
minuti di silenzio.
“Comunque” disse lui cercando di
spezzare questo momento di imbarazzo “Come mai sei venuta da me?”
Per un attimo lo guardai confusa. Perché
mai ero venuta da lui. Poi tutto tornò a pesarmi addosso. Kathy. Come avevo potuto
dimenticarmi di lei. Billy e Jacob
mi avevano fatto dimenticare per un momento ciò che di orribile
era successo. Fui costretta a sedermi. In pochi momenti la paura di perdere Kathy tornò e quel peso, che se n’era magicamente andato, era ricomparso.
“Natasha, cosa è successo?” Jacob mi stava guardando pensieroso. Io lo guardai negli
occhi e gli raccontai tutto quello che era successo ieri. Alla fine del mio
racconto anche Jacob era rimasto senza parole.
“Natasha…” mi disse in un
sussurro. Ma non continuò, rimase in sospeso. Non
sapeva cosa dire. Ma da lui non volevo parole.
“Jacob…mi potresti abbracciare?”
sussurrai io.
“Non serve nemmeno che lo chiedi” mi rispose cingendomi con
le braccia. Io posai la testa sul suo petto e lui mi accarezzò i capelli. Non
avevo nessuna né intenzione né voglia di piangere. Continuare a piangere non
serviva a niente e avevo deciso di dare un taglio alle mie lamentele. Non
servivano a niente. Però… avevo bisogno del mio Sole.
In quel momento eraindispensabile.
Dovevo averlo vicino. Mi lasciai coccolare in quella posizione per un po’, quel tanto necessario per sentire il suo amore per me.
“Grazie Jacob” dissi con la testa
nascosta nel incavo del suo collo.
“Di cosa?” mi chiese dolcemente.
“Di amarmi” Capii che stava sorridendo.
“Grazie a te di esistere”
Passò poco più di un mese dall’episodio successo ad Halloween. Ed io ero diventata sempre più nervosa,
nonostante la vicinanza di Jacob avesse la funzione
di tranquillante su di me. Le cose cambiarono quando
un giorno Alice mi disse che Carlisle voleva
parlarmi.
In questo momento mi trovavo sempre nel solito salotto bianco,
con i soliti divani dello stesso colore con cui io
facevo pandàn. Quel salotto orami
era diventato la mia sala conferenze con i vampiri e fino ad ora non avevo mai
ricevuto belle notizie. Carlisle mi guardava calmo,
nonostante sapessi che nemmeno quella volta sarebbe stata un’eccezione e mi
stavo preparando a ricevere il colpo.
“Tu più di tutti hai colto la gravità del fatto avvenuto a
tua sorella” cominciò. Halloween. No, non doveva essere per niente una buona
notizia. Io annuii con la testa. Ancora adesso non mi sentivo bene per quello
che era successo. Fino adesso Kathy aveva sempre
dormito con me ed era sempre rimasta tranquilla, ma nonostante tutto io mi
sentivo ancora male. Annuii seria. Ora veniva la parte peggiore.
“Marte ha agito in questo modo per arrivare a te.” Bene, ora la mia autostima era scesa ancora di più. Pur non volendolo fare intenzionalmente Carlisle
mi aveva fatto di nuovo ricordare che se Kathy aveva
sofferto era colpa mia. Ed era vero, assolutamente
vero. Questo era il secondo motivo per cui in quei
giorni mi sentivo peggio di un cane.
“Ed è molto probabile che continui a farlo, magari su altre
persone, come tua madre.” Io lo stavo guardando con
occhi sbarrati. No, no, no. Che cosa voleva dirmi? Perché mi stava dicendo queste cose? Lui mi guardò negli
occhi.
“Quindi le probabilità che questo accada di nuovo si
riducono se tu non mantieni più i contatti con loro.”
Io ora lo guardavo confusa; non avevo capito bene.
“Tu…tu mi stai dicendo che sarebbe
bene se io me ne andassi?”
“Sì” Inaspettatamente fui più sollevata. Aveva ragione,
Marte voleva me, non mia madre o mia sorella, quindi
se io non fossi più stata accanto a loro, non sarebbero state coinvolte.
Ragionamento che non faceva una piega, sorgevano solo dei piccolissimi problemi...
“Va bene, ma… quando? E dove? Mia
madre di certo non mi permetterà di prendere e andare.”
Fu allora che sul viso di Carlisle spuntò un
piccolissimo sorriso.
“Che ne dici di passare le vacanze
di Natale in Alaska?” Io rimasi a bocca aperta. Cosa?
Voleva mandarmi in Alaska? Per due settimane? Al freddo?
“Perché proprio l’Alaska?” chiesi
io un po’ nervosa. Il sorrisino sul volto di Carlisle
si distese.
“In Alaska c’è un’altra delle poche famiglie di vampiri
vegetariani. Sono cari amici dei Cullen ed hanno
accettato di ospitarti. Dato quello che può succedere se Marte riuscirà a
prenderti, anche loro sono coinvolti in questa faccenda.”
Altri vampiri? Bhe… ero sbalordita. Altri vampiri
volenterosi di rischiare la vita per salvare la mia; perché sempre più persone
dovevano mettere a rischio la propria vita? Fui sul punto di rinunciare di
acconsentire alla proposta diCarlisle,
ma il pensiero di mamma e Kathy mi convinse a stare
zitta e comportarmi da egoista.
“Ma… cosa dirò a mia madre?”
“Dille pure che i Cullen hanno
intenzione di passare le vacanze di Natale in montagna e ti hanno invitata a
venire con loro” disse lui noncurante alzandosi dal divano. Ah, scusa perfetta.
Lui tornò a guardarmi.
“Sei sicura di essere d’accordo?” mi fece lui guardingo. Io
strabuzai gli occhi.
“Sì, perché me lo chiedi?”
“Sembri quasi sollevata di lasciare Forks”
Io feci un sorriso amaro.
“So che è meglio così” Lui mi ricambiò il sorriso, molto più
espressivo del mio.
“Fatti trovare pronta per la mattina del primo giorno di
vacanza” Io annuii ancora una volta.
Stranamente uscii da casa Cullen
consolata; così almeno, in teoria, né mamma né Kathyavrebbero sofferto. E nemmeno Jacob. Un senso di nausea mi bloccò all’istante e mi fece
sbarrare gli occhi. Jacob. Mi sembrava strano che non
potessi ricevere buone notizie da Carlisle. Come non avevo potuto non pensare a Jacob?
Non mi avrebbe mai, mai lasciata andare, dopo quello
che era successo a Volterra. Ora come glielo avrei detto?
Prima di tutto vorrei fare le mie scuse a tutti. Con questi
capitoli così lunghi mi è davvero difficile scriverli e pubblicarli prima. Mi
dispiace moltissimo di aggiornare in tempi così lunghi L. Cooomunque,
come vi è parso questo capitolo? Fatemi sapere! Eh…eh…brutto
Jacobfetentocchio!^^
Spero comunque che anche questo
capitolo sia stato di vostro gradimento! Un grandissimo bacio a tutti!
x _sefiri_:
Ma pensaci bene un attimo; se noti l’attenzione è tutta concentrata su Jasper, Carlisle ed Edward. Emmett si ritrova ad
essere il povero incompreso di turno. Bisognerebbe creare un centro sostegno
solo per lui; scommetto che è tutto il giorno depresso accucciato in un angolo
a deprimersi, poeretto. Scene immaginarie di Emmett a parte, eh…eh…eh…sta a
vedere, sta a vedere, c’è già un’idea che bolle… Come sempre grazie ancora tantissimissimo per aver commentato, baciotti!
xpazzerella_92:
Sono contentissima che tutti e due i capitoli ti siano piaciuti e che le
diverse scene tu te le sia immaginate così!^^ Grazie ancora tantissimo per aver
commentato JJSmack! Ps: mi sono
dimenticata la scorsa volta di scriverti il mio indirizzo msn,
è lalla124@libero.it
x Ada Wong:
Vediamo di cominciare (mi metto comoda sulla sedia, con una scodella di popcorn
da una parte e la coca dall’altra). Per prima cosa RILASSATI!
Commentare deve essere un piacere esattamente come lo è scrivere! Quindi non serve contorcersi in quel modo; take it easy! Non vengo mica a trovarti di notte vestita da MichealMyers e tento in tutti i
modi di ucciderti!
Tornando a noi, se ti dico che mi
ha reso strafelice quello che ha scritto, credo servi a poco, perché dicendo
queste parole non riesco ad esprimere per niente la gioia che ho provato quando
ho semplicemente visto la lunghezza del tuo commento con una recensione così
dettagliata (e quindi il fatto che hai sprecato tempo per me e la mia fic). Non so davvero come esprimermi,
veramente, e credo che anche se cominciassi a scrivere parole dietro a parole
non sarebbero comunque esauriente, sono più che lusingata, sono commossa; ti
basti sapere che il fatto di essere una tua fonte di ispirazione e che persino
hai persino fatto dei disegni sulla mia ff (su questo
ci arriviamo tra un po’, don’t worry)
mi ha fatto tremare con gli occhi sbarrati ed un sorriso da paralitica. È una
reazione da schifo, lo so, ma è normale che faccia così
quando ricevo una grandissima e bellissima sorpresa. Ok…
ora basta commuoversi, Laura!
Passiamo a rispondere (il più seriamente possibile, si
spera); no, non tutti hanno gli occhi blu, quello che si spacciava per Edward aveva gli occhi dello stesso colore di Edward (se no non si poteva
mica spacciare per lui), Matthew ha gli occhi blu
(quanto me la sto tirando!). Bhe… se proprio ci
tieni, lo schizzat…ehm…Marte te lo do pure J(ho già due trofei
da coccolare e non posso tenere anche il cattivo^^) me li prendo tutti io e
così faccio la figura dell’egoista (dico mi avvicino furtiva a Marte) hihihi….^^. Allora, ho messo le mie idee in chiaro (eh sì,
perché prima di chiarirle agli altri lo devo fare io a me stessa!) e ti
rispondo dicendoti di aspettare il prossimo capitolo. È una risposta schifosa,
lo so, ma questo tipo di domande fammele la prossima volta, va bene?
Ah chi lo dici, anche a me è
capitato un vecchiaccio di medico! Uffa! Sono contentissima e sorpresa che tu
abbia reagito in una maniera del genere per la scenata di Jacob
(ad essere sincera non tanto per avermelo RUBATO E SPUPAZZATO, ma questo è un
altro problema ^^)! Davvero ti è piaciuta in particolare questa frase? Di
solito gli ultimi pezzi mi vengono sempre un po’ maluccio, per la fretta che ho
di finire, ma comunque sono contentissima che ti abbia
emozionata così tanto :….)! Ma che cosa dici?! Ovvio
che mi è ha fatto piacere leggere la tua recensione! Sono importantissimissimi
i pareri dei miei lettori (come me la sto tirando…).
Eh…eh…prima di dire “solo nove capitoli?!”
leggili, questi nove capitoli, eh…eh…eh… (che tra parentesi non sono ancora
stati scritti, mettiamolo bene iin evidenza!). Comunque, ad essere sincera sincerasincera, avevo pensato ad un seguito, un giorno di
calda primavera, quando non avevo niente di meglio da fare, ma per ora non
credo scriverò nulla del genere (devo ancora finire questa, è un po’ presto per
parlare di seguiti) se ci sarà ci sarà tra moooolto, mooolto tempo.
Certo! Il mio indirizzo è lalla124@libero.it!
Vorresti parlarmi di una cosuccia che riguarda la one-shot?! Mmmmmmmmm……..hai stuzzicato la mia curiosità. E adesso preparati che
sto per scoppiare…..NON CI CREDO!!!!>< ><
HAI FATTO DEI DISEGNI? *-* NOOOOOOOOOOO! VERAMENTE?!?!?!?!
Ç_çmmimimii….. sono veramente commossa che ti abbia ispirato a questo
punto! Comunque… TI ORDINO DI FARMELI VEDERE! ORA CHE
ME LO HAI DETTO ME LI DEVI FAR VEDERE! PER VIA E-MAIL, VIA
FAX (notare che non ho il fax), VIA SHUTTLE, POSTA PRIORITARIA, CON IL PICCIONE
VIAGGIATORE O CON UNO SCOIATTOLO VOLANTE, CON UN SOTTOMARINO RUSSO PRESO
IMPRESTO (o rubato)! USA TUTTI I MEZZI CHE VUOI, MA IO VOOOOOOOOGLLIOOOOOOO
VEDERLIIIIII!!!!!!!!!!!!Ok,
sono esplosa; ora mi sento meglio! Davvero mi citerai come fonte di ispirazione
ç__________________________________________________ç non ho più parole, mi
spiace. Non vedo l’ora di leggere il tuo racconto! Ti ringrazio ancora una
volta per tuuuuuuuuutto quello che hai scritto, sono davvero commossa che tu l’abbia fatto (soprattutto
riguardo il tuo ps, una delle cose più belle che mi
abbiano mai scritto, sul serio)!
Chiesi a Carlisle se avessi potuto comunicare io ai licantropi la mia partenza
verso l’Alaska. Almeno questo glielo dovevo. Carlisle accettò senza problemi; anche lui non era
entusiasta all’idea di incontrare i licantropi, a causa dell’odio naturale
reciproco.
Non appena rientrai a casa quel giorno
lo dissi subito a mamma, che fu davvero entusiasta all’idea che io avessi trovato
qui a Forks amicizie così forti da poterci passare le
vacanze di Natale insieme. Il fastidio per la menzogna ritornò ancora una
volta. Mamma quindi era stata convinta e da questo punto di vista non si
presentavano problemi di alcun genere. Ciò che era
davvero difficile non era tanto quello di dirlo ai licantropi, quanto a Jacob. Due settimane senza Jacob
mi sembravano una vera tortura; l’assenza del mio Sole per così
tanto tempo premetteva tanti, tanti nuvoloni
neri. E sicuramente anche lui avrebbe pensato alla
stessa cosa; non avrebbe mai accettato la mia partenza. Questa volta però era
necessario mettere da parte sentimenti di questo tipo. Sul volto mi comparve un
sorriso molto amaro; stavo scartando in questo modo l’amore che provavo per Jacob. Ma questa volta c’era in
gioco la vita della mia famiglia. Mi ricordai di quella volta, quando chiesi a Jacob se teneva di più stare insieme a
me o alla vita dei suoi compagni. E lui non rispose.
Speravo proprio che questa volta riuscisse a capire, nonostante stessi andando
a mille chilometri di distanza, per due settimane, da sola in mezzo a vampiri
che non conoscevo. Al freddo. Ero certa che avrebbe fatto molta più resistenza,
ora che aveva saputo ciò che era successo a Volterra. Questa volta però ci
sarei andata anche senza il suo consenso. Era ciò che di più brutto c’era da
dire; era come se non mi fidassi più di lui. Ma la scorsa volta
la mia famiglia non era in così grave pericolo. Inoltre anche Jacob sarebbe stato più al sicuro senza di me.
Nonostante la mia certezza erano
passate ben tre settimane e ancora non glielo avevo detto. Era l’ultimo giorno
di scuola e Jacob non sapeva ancora niente. Di certo
dirglielo all’ultimo minuto non avrebbe di certo migliorato le cose. A causa
dei conflitti che c’erano tra la ragione di partire e l’istinto di non parlarne
a Jacob mi stavo sentendo
una completa idiota. Quel giorno ero davvero tesa; dovevo dirglielo, non potevo
rimandare ancora. Perciò quel giorno mi sentii agitata
e particolarmente isolata dal mondo, seppur la compagnia di Jason,
Yasumi e Matthew mi fece
rallegrare qualche attimo. Quel giorno erano più scatenati,
data la grande data. Persino Matthew si era
dimostrato più allegro e chiacchierone del solito. Sottosotto mi dava un grande sollievo anche la prospettiva di non dover vedere per
molto tempo la professoressa di biologia. Più si erano avvicinate le vacanze di
Natale, più si era fatta acida e persino cattiva nei
miei confronti. Per qualche strano motivo ce l’aveva
proprio con me.
Avevo in programma di vedermi con Jacob
subito dopo scuola. Aveva una riunione con i licantropi, quindi non sarebbe
potuto venirmi a prendere, ma non era per me un problema andare da lui; quel
giorno feci apposta a non portare la bicicletta proprio per potermi
teletrasportare alla fine delle lezioni. Raccolsi tutto l’entusiasmo che c’era
in me e riuscii a salutare in modo cortese ed allegro i miei tre amici. Non
persi tempo e mi diressi verso la foresta adiacente alla scuola, non senza prima avere la certezza, con il cuore alla gola, che non
fossi vista da nessuno.
Mi trovavo a poche decine di metri da casa sua e mi stavo
avvicinando alla porta, in passi lenti e a testa bassa. Il mio umore non era
cambiato per niente. Dovevo prepararmi ad una grande
discussione. Uno strano rumore proveniente alle mie spalle mi costrinse a
voltarmi di scatto. Nell’ombra, tra le foglie, c’era una figura che mi fissava.
Non riuscivo bene a intuire cosa fosse. Avanzò leggermente ed io involontariamente arretrai. Poi un sospiro di sollievo mi rincuorò i polmoni. Quella figura era
un lupo, ma non un lupo qualsiasi, ma il mio Jacob. Sollevata mi diressi verso di lui, il quale era già
pronto a darmi una leccata di benvenuto.
“Non ci provare nemmeno!” dissi io più veloce di lui,
dimenticandomi per un attimo del mio umore. Ci ramase
male ed abbassò le orecchie. Risi per la faccia che fece e
gli accarezzai il muso. Lui riprese tutta la sua vitalità e
scodinzolando furiosamente si accucciò vicino a me. Voleva che io salissi sopra
di lui.
“Non dirai sul serio?!” Dal suo
muso pareva di sì.
“Ah no! Non mi farai salire un’altra
volta!” dissi voltandomi dalla parte opposta. Lui fece una cosa del
tutto inaspettata; con la bocca mi prese il colletto della camicia e mi sollevò
senza problemi. Spaventata dal primo impatto tirai immediatamente le mani
indietro e cercai a tastoni un appiglio su Jacob a cui aggrapparmi. Afferrai le sue orecchie e le
tirai verso di me, ma era come se lui non se ne accorgesse.
“Cosa stai facendo?! Mettimi giù!
Mettimi subito giù!” ma lui non mi ascoltava.
“E va bene! Va bene! Salgo su di
te!” All’improvviso gli ritornò il senso dell’udito e
mi mise giù. Io svogliata salii sopra di lui e mi strinsi da subito al suo collo.
Avevo come la sensazione che avesse cominciato a
scodinzolare più velocemente. Partì veloce, schivando gli alberi e gli ostacoli
che incontrava. Sentivo il vento sfiorarmi le orecchie e la
sensazione di scivolare da Jacob mi attanagliava
ogni momento. Fu per questo che più tempo passava, più
mi stringevo a lui. E il soggetto in questione non
faceva altro che scodinzolare sempre più contento. Perché
doveva andare sempre così veloce? Questa volta quando si fermò scesi subito e mi allontanai il possibile da lui. Dovevo
riprendermi un attimo dallo shock della grande corsa.
Mi ero appena abituata ai viaggi-lampo con i vampiri; avevo bisogno ancora un
po’ di tempo per quelli con i licantropi. Vicino a me Jacob
stava scodinzolando ancora felice. Sembrava proprio un cucciolo. Mi guardai
intorno; ero circondata da alberi. Non avevo idea di dove mi avesse
portata; non conoscevo quel posto. Ma questo ora non
aveva importanza. Mi riscossi da questi pensieri e ritornai seria; era giunto
il momento di dargli la brutta notizia. Prima era meno ingannavo lui e me stessa. Lui smise subito di
scodinzolare e sfoderò un’espressione sorpresa dal mio improvviso cambio di umore.
“Ti devo parlare” dissi con voce seria, ma forse un po’
rauca. Lui mi guardò con i suoi occhioni neri e senza dire una parola si
nascose tra gli alberi. Uscì dopo pochi minuti con indosso un vecchio paio di
jeans sgualcititi in alcuni punti. Anche la sua
espressione era seria.
“Cosa è successo?” Io abbassai lo
sguardo. Perché glielo dovevo dire all’ultimo minuto,
mannaggia!
“Ti devo dire una cosa…” Lui si rabbuiò all’istante. Sapeva
che se usavo quel tono non dovevano essere di certo buone notizie. L’aria che
aveva assunto mi metteva soggezione e mi dimostrai meno decisa di quanto averi voluto essere.
“Sai quanto sono stata male per quello che è successo a Kathy” Meglio partire subito da questo. Lui annuì; ora era
certo che non sarebbe stata una buona notizia.
“Bhe… Carlisle
mi ha fatto una proposta che ho subito accettato, visto quello che è accaduto…”
“No” disse subito lui senza darmi il tempo di finire. Rimasi
per un attimo sorpresa. Non appena avevo pronunciato
il nome di Carlisle lui
aveva stretto i pugni. Mi sforzai di guardarlo negli occhi, ma non riuscì a
parlare. I suoi occhi mi stavano minacciando di non parlare. Stavo partendo da
subito svantaggiata.
“Ma…” tentai di dire
“Non m’importa cosa ha detto. Se vuoi chiedermi la mia risposta
in proposito, è no.” Chiusi gli occhi; mi stava
mettendo troppo panico. Decisi di dirglielo tutto ad un fiato, con gli occhi
chiusi.
“Domani partirò per l’Alaska e starò via per due settimane
e… passerò questo lasso di tempo insieme a dei
vampiri.” Avevo pronunciato lentamente parola per parola,
mormorando. Era l’esatto opposto di quello che volevo
sembrare. Jacob aveva smesso di stringere i pugni e
mi stava guardando sarcastico e pungente.
“Ho detto che non mi importa
niente! Tu da qui non ti muovi” Aveva un tono più alto
di un’ottava e ciò mi fece sembrare ancora più insicura. Questa volta non
sapevo se avrei vinto la battaglia.
“Se io me ne vado è possibile che
non accada più quello che è successo a Kathy. Questa
volta c’è in gioca la vita della mia famiglia… e anche
la tua. Me ne devo andare per non rischiare più di mettere in pericolo altre
persone, almeno per un po’ di tempo.”Anche questa volta avevo sussurrato, a testa bassa per
giunta. Lui però sembrò essersi raddolcito un poco ed io mi sorpresi.
“Hai ragione, se te ne andassi da
Forks per un po’, la tua famiglia sarebbe più al
sicuro.” Forse stava cominciando a capire. Mi guardò negli occhi.
“Vieni via con me” mi dissi più calmo. Io scossi la testa;
non aveva capito proprio niente.
“Se venissi via con te, non
avrebbe nessun senso andarmene da Forks! Saresti più in pericolo di prima!” Stavo cominciando ad
acquistare sicurezza.
“Sai che sono disposto a morire per te.”
“Ma non voglio che questo accada!
E credo nemmeno tu!” Lui sembrava aver perso quel poco
di calma che aveva.
“Bene… hai già capito che da me non otterrai il mio
permesso, quindi la faccenda è chiusa, tu resti qui” tornò a dirmi severo ed
autoritario.
“Mi dispiace, Jacob, ma questa volta sono pronta ad andare anche senza il tuo
permesso” dissi sempre più decisa. Lui mi guardò con rabbia, ma non era odio;
era un rabbia protettiva.
“Jacob, i vampiri non possono
farmi del male” tentai un’altra volta.
“Come è successo a Volterra, no? Anche i succhiasangue italiani non dovevano farti del male. Natasha, non hai capito, tu rimani qua, con le buone o con
le cattive.”
Per un attimo si era messo sulla difensiva.
“Cosa vorresti fare? Rinchiudermi
a casa tua per due settimane?” dissi io acida e sarcastica in tono di sfida.
“Se me lo costringi a fare…” ribadì
lui serio.
“So badare a me stessa Jacob.”
Lui scosse la testa. Credeva davvero che io non ne fossi in grado?
“Non posso restare qua, non voglio che Kathy
soffra ancora.”Ribadii un’altra
volta. Lui stava fremendo dalla rabbia.
“Io mi fido dei Cullen.” continuai.
“Proprio come l’altra volta, no?!”
gridò furioso.
“Non succederà quello che è successo l’altra volta.”dissi ritornando insicura. Arrivata
a questo punto non sapevo più cosa dire per convincerlo.
“E tu che ne sai?”
“Jacob, cerca di capire!” Ormai
ero esasperata.
“Perché dovrei cercare di capire?
Non hai detto tu stessa che saresti disposta ad
andartene senza il mio consenso?” rispose acido ed ancora arrabbiato.
Mi stava facendo male la testa. Cercai di massaggiarmi le
tempie per rilassarmi. Era più difficile di quanto avessi
immaginato. Non sapevo più che cosa fare.
“Sai, forse hai ragione, non soneanch’io perché sto cercando di convincerti!” dissi
esasperata. Non mi rendevo più conto neanch’io di
quello che stavo dicendo e facendo. Chiusi gli occhi con tutti i buoni
propositi di andarmene via da lì, ma Jacob mi prese
velocemente il braccio. Mi faceva malissimo, ma cercai di resistere. I suoi
occhi erano ridotti a due fessure.
“Non lo fare, Natasha.” Non sapevo se si stava riferendo al teletrasporto o alla
partenza. Ero davvero esasperata.
”Io non voglio far soffrire Kathy ancora…” dissi roca
per l’ennesima volta in un sussurro “devo andare, Jacob.” Mi stavano pizzicando gli occhi.
Lui aveva ricominciato a tremare, aveva gli occhi chiusi e
ancora non diceva niente; stava facendo di tutto per non perdere la calma.
“Perché
me lo hai detto solo adesso?” mi disse a denti stretti acido. Un macigno mi
cadde in testa.
“Sapevo che avresti reagito in questo modo e non volevo
vederti arrabbiato” Se questa fosse stata la verità o no, al momento non lo
sapevo. Aveva ripreso a tremare ancora di più.
“...Jacob…” Lo guardai negli
occhi e mi limitai a stare zitta. Ero disposta veramente a tutto per convincerlo.
Anche lui mi
stava guardando negli occhi; erano ancora arrabbiati e furiosi. I suoi tremori
ancora non si erano placati. Tornò a chiudere gli occhi. Non l’avevo mai visto
così teso; gli avevo fatto molto male oggi, e me ne dispiaceva tantissimo. I
suoi fremiti tuttavia non avevano smesso, anzi, avevano continuato e pareva che
non avessero la minima idea di smettere.
“…Natasha…” mi disse triste
stringendomi ancora di più al braccio che non aveva ancora mollato. Mi aveva
stretta troppo e mi stava facendo davvero male.
“…Natasha…” ripeté questa volta teso, con una smorfia di dolore sul viso. C’era
qualcosa che continuava a non andare. Le scosse aumentarono; si stava per
trasformare. Perché lo stava facendo? D’un tratto con rabbia mi strattonò facendomi finire ad una
decina di metri da lui. Cosa gli stava succedendo? Lo
guardai negli occhi; non erano più neri, ma sembravano quasi bruciare. In pochi
secondi si ritrasformò in lupo. Questa volta ebbi veramente paura di lui. Non
sembrava nemmeno Jacob; gli occhi continuavano a
bruciare e mi mostrava le zanne minaccioso. E se… avesse perso il controllo, esattamente come mi avevano
detto i Cullen? No, impossibile, Jacob
non mi avrebbe mai fatto del male. In uno scatto veloce cercò di balzarmi
addosso. Non era uno di quei balzi amichevoli che Jacobera solito farmi, ma quello del predatore sulla sua
preda. Mi fu inevitabile lanciare un grido di terrore, ma riuscii a scansarmi
appena in tempo. Lui mi guardò con ancora più rabbia. Perché
voleva farmi del male? No, lui non era Jacob. Lui non
l’avrebbe mai fatto, continuai a ripetere agitata. Mentre la mia mente era vuota e ancora molto confusa ed incredula
il lupo di fronte a me si stava preparando a balzarmi addosso nuovamente,
digrignando i denti affilati. Cominciai ad arretrare leggermente, ma
sapevo che sarebbe servito a poco. Perché
hai deciso di farmi del male Jacob? E finalmente
balzò verso di me. Ero ancora troppo scossa per realizzare
di poter agire in qualche modo e l’unica cosa che feci fu quella di chiudere
automaticamente gli occhi. Non sentii tuttavia le zanne del lupo infilarsi
nella mia carne, ma udì i suoi lamenti ed il ringhio di qualcosa. Quello di un
vampiro. Alzai la testa; davanti a me il lupo che faticavo a considerare Jacob ed un vampiro avevano
ingaggiato un furioso combattimento. Era un susseguirsi di scene troppo veloci
e tra ringhi e guaiti non riuscivo a distinguere chi potesse
essere il vampiro che era venuto in mio soccorso. Jacob
sembrava proprio fuori di sé e stava mettendo in seria difficoltà il mio
salvatore. Si fermarono solo per un momento prima di
continuare. Jasper; quel vampiro era lui. Come sapeva
che io ero qui? Era stanco e ferito, mentre Jacob
sembrava assolutamente incolume e pronto a combattere per molto altro tempo. Jasper stava facendo di tutto per proteggermi da Jacob. Il mio Jacob. Un’ultima sua
azzannata bastò per mandarlo a terra, che questa volta difficilmente riuscì a
rialzarsi. SeJacob avesse
attaccato ancora una volta, Jasper non avrebbe
resistito. Il solo pensiero che Jacob era benissimo
in grado di uccidere Jasper
mi piombò in testa. No, non doveva farlo; se sarebbe successo Alice non me lo
avrebbe mai perdonata. Dovevo fare qualcosa e subito. Nessuno
doveva morire in questo modo, per causa mia. Jacob
era balzato per attaccare ancora. A causa del poco tempo a
disposizione che avevo e del mio shock mentale ancora persistente le
circostanze per pensare non erano le migliori. Quindi feci una delle cose
più stupide che potessi fare. Mi rialzai sulle gambe
un po’ malferme e con tutta la forza che in quel momento avevo mi lanciai su Jasper per toglierlo dalla traiettoria di Jacob. Incredibilmente riuscii nell’impresa, tuttavia ora a
trovarmi sulla sua traiettoria era io. Qualcosa di molto appuntito mi trapassò
il braccio; era come se fossi trattenuta da qualcosa. L’attimo dopo mi ritrovai
a terra con un allucinante dolore nel punto colpito. Non riuscivo a muoverlo.
Abbassai leggermente lo sguardo. Il mio braccio era zuppo di sangue. Alzai a
fatica lo sguardo; a pochi metri da me c’era Jacob.
Aveva il muso sporco di sangue; il mio sangue. Anche
se era un lupo riuscivo a intuire la sua espressione
assolutamente sconvolta. Era ritornato il mio Jacob;
solo ora si rendeva conto di ciò che aveva commesso. Non avevo mai visto una
persona sofferente come lui in quel momento. Cercai di fargli un sorriso per
comunicargli che andava tutto bene, ma a causa del dolore mi uscì solo una
smorfia. No, non stava andando affatto bene. Stava
arretrando sempre più, sempre con quell’espressione
piena di dolore e orrore per sé stesso. Finché non scomparì tra gli alberi della foresta. Il braccio
mi pulsava ed il dolore mi impedì di trovare la forza
necessaria per chiamarlo ed attirare la sua attenzione.
Mi ricordai che insieme lì c’era anche un’altra persona. Dov’era Jasper? Era stato talmente
tanto ferito da non potermi aiutare? Il movimento aumentava ancora maggiormente
il dolore che stavo provando, quindi cercai di
muoversi il meno possibile e più lentamente che potevo. Guardai davanti a me. Jasper mi stava fissando, in piedi, vicino a me. Perché se
ne stava lì fermo? In quel momento sentivo veramente il bisogno di aiuto. La vista mi si stava facendo sfuocata, ma riuscii
a vedere benissimo i suoi occhi scintillanti color del sangue e i suoi canini particolarmente
appuntiti. Stava osservando avido la mia ferita. Cercai di aprire bocca per
parlargli e dirgli qualcosa, qualsiasi cosa. La vista però mi si appannò
completamente. L’ultima cosa che sentii prima di svenire a causa dell’eccessivo
dolore furono ripetuti ululati diffondersi in
lontananza per la foresta.
Sentivo delle voci. Più che voci erano
dei sussurri. Mi disturbavano, non mi lasciavano
dormire. E quella era l’unica cosa che volessi fare in
quel momento. Ciò che prima attorno a me era buio ora stava diventando di una
tonalità sempre più vicina al bianco. No, non volevo svegliarmi. Stavo bene
così. Le voci si fecero più forti. Davanti a me comparve il bianco, che faceva
un grandissimo contrasto con il buio di prima.
“Si è svegliata.” Percepì una voce più chiara delle altre.
Mossi lentamente la testa verso quella voce.
Davanti a me c’erano i volti di Carlisle
ed Esme. Mi ritrovavo distesa su uno dei divani del loro
salotto. Doveva essere stata la voce di Esme quella di prima. Cercai di alzarmi sapendo però che
sarebbe stato inutile, poiché la ferita non me lo avrebbe permesso. Tuttavia non sentii alcun dolore. Mi fissai ancora confusa
ed un po’ addormentata il braccio ferito. Non era
fasciato e non mi faceva male. Era come se il taglio non ci fosse. Lo guardai
attentamente, ma non c’era nessun taglio. La ferita era sparita.
“Stai bene?” La dolce voce di Esme mi svegliò dal mio tepore.
“Sì” dissi io poco convinta. In realtà ero ancora troppo
scossa per esserne certa.
“Hai bisogno di qualcosa?” Ad essere sincera
al momento avevo una grandissima sete.
“Mi potresti dare un bicchiere d’acqua, per piacere?”
dissi roca.
“Certo” rispose lei, sempre gentilmente, dirigendosi in
cucina.
“Grazie mille, Esme”
“Figurati” e detto questo uscì. Nel
frattempo Carlisle se n’era stato per tutto il tempo
zitto. La sua espressione era severa.
“…non serve che tu lo dica…” mormorai io a testa bassa.
Sapevo cosa voleva dire quello sguardo.
“Cosa? “Te l’avevamo detto”,
forse?” Sembrava essere arrabbiato, anche se al momento non riuscivo a capirne
il perché.
“Jasper ci ha raccontato cosa è
successo. Si trovava per caso vicino al confine e ha sentito le tue urla; è
arrivato giusto in tempo, per pura fortuna.” cominciò lui “Ti sei comportata come una perfetta stupida. Cosa ti è saltato in mente di fare?” Sapevo che si stava
riferendo al perché mi ero procurata quella ferita.
“Jasper poteva morire…” dissi un
po’ risentita.
“Complimenti, davvero eroico da parte tua. Peccato che hai
trascurato un piccolissimo dettaglio; potevi morire anche tu.”Carlisle era davvero furioso. Fu una sensazione
bruttissima, ma aveva ragione. Jacob mi poteva
uccidere se non fosse stato per Jasper.
Ma ero troppo innamorata di lui per crederci. Esattamente
come avevano previsto i Cullen, Jacob
aveva perso il controllo. E chissà quanto male stava provando
in questo momento. Perché era successo? Cosa non era andato? Le mie parole erano state così sconvolgenti
per lui?
“Preferisci che Jasperfosse morto? Da come ne stai parlando sembra che la mia vita
valga molto di più della sua!” ribadì subito io. Il
tono che aveva usato mi aveva fatto perdere le staffe anche a me. Questa era la
prima vera litigata tra me e Carlisle.
“Rispondi sinceramente, Carlisle”
Dovevo assolutamente sfogarmi in qualche modo “Se Jasper
ed io stessimo per morire, tu chi salveresti?”
“E se al posto tuo e di Jasper
ci fossero tua madre e tua sorella, tu cosa faresti?” rispose lui questa volta calmo, ma anche acido. Touché.
Alla sua domanda avevo rabbrividito da quanto questa situazione potesse essere un giorno così vicina alla realtà. Abbassai
la testa, finalmente consocia di quanto fossi stata
stupida a parlare in questo modo a Carlisle. Non
sapevo più cosa dire. Poteva dire qualsiasi cosa, ma non mi avrebbe
però fatto cambiare idea su quanto avessi fatto per Jasper.
Nonostante tutto gli si poteva leggere la rabbia in
faccia.
“Lui come sta?”
“Male, ma non a causa di Jacob”
Non voleva guardarmi in faccia. “A causa del tuo sangue” Ovvero a causa mia. Ecco. Sempre il solito dannattissimo
problema. Tutto era successo a causa mia! Stava diventando un concetto ovvio.
“Ma… perché? I vampiri non
riescono a sentire il mio odore, perché allora dovrebbero sentire quello del
mio sangue?” gli dissi ancora nervosa per quello che
indirettamente mi aveva detto. Carlisle fece un
respiro profondo per cercare in qualche modo di placare la rabbia che aveva
ancora in corpo.
“L’odore del tuo sangue compensa quello che non ha la tua
carne. Il tuo corpo può essere paragonato ad una boccetta di profumo; finché
non viene toccata il profumo non si sente, ma se si
rompe allora…”
“Dov’è adesso?”
“Fuori, gli altri stanno cercando di calmarlo. Ha sempre
avuto problemi di autocontrollo e questo è stato
davvero troppo per lui. È come se avesse sentito il profumo della boccetta
rotta tutto in una volta. L’odore del tuo sangue è stato una
vera propria tortura per lui, in estremo conflitto tra l’irrefrenabile
istinto di berlo e quello di non farti del male. La sua natura gli sta facendo passare dei brutti momenti…” Mi stavo sentendo
terribilmente in colpa per Jasper. Perché
ovviamente era a causa mia, se si sentiva male!
“Ma… perché la ferita non c’è
più?”
“Si è rimarginata subito.”
“Un’altra della mie doti?” dissi
esasperata. Stavo diventando peggio di ClarkKent.
“No, è una cosa normale per te, dopotutto…” Normale non mi sembrava una parola che mi si
addiceva.
“Per te sarebbe normale rimarginare all’istante le
ferite?”
“Per me no, ma per te sì. Ne va in fondo della tua
sopravvivenza. Sarebbe davvero pericoloso se il tuo sangue fuoriuscisse dal tuo corpo. C’è un motivo per cui
Marte lo vuole.”
“Quindi funziona solo con i
tagli?”
“Sì”
Era da un pezzo che Esme era
fuori; solo adesso l’idea che andarsene era tutta una strategia per lasciare me
e Carlisle soli.Per tutta la conversazione Carlisle non aveva
fatto altro che parlarmi in tono severo. Mi sembrava molto Jacob;
sembrava che anche lui non capisse che era già tanto
se ne uscivo sempre con un graffio o con una slogatura! Con l’unica
eccezione che Carlisle ogni volta aveva sempre
ragione. Ono. Jacob. Jacob. Jacob.
Dovevo andare assolutamente da lui. Sapevo che stava male in questo momento.
Volevo fare disperatamente qualcosa per lui. Jacob. Jacob. Jacob. Jacob.
“…Jacob…” Avevo talmente tanto
pensato al suo nome che per sbaglio lo avevo
sussurrato. E Carlisle se n’era
purtroppo accorto. Mi dovevo assolutamente teletrasportare per andare da
lui. Dovevo parlargli. Chiusi quindi gli occhi, ma non appena lo feci sentii la
mano fredda di Carlisle prendermi con forza il mio
braccio. Nei suoi occhi ora la rabbia era più che evidente.
“Sei impazzita ad andare da lui dopo quello
che ti ha fatto?” mi disse guardandomi dritto negli occhi.
“Proprio a causa di quello che mi ha fatto sto andando da
lui!” risposi a tono.
“Natasha, adesso è diventato più
pericoloso! È entrato in contatto con il tuo sangue! Sai questo
cosa può dire? Non può stare insieme a te! Non sappiamo
quali siano gli effetti che il tuo sangue può avere su
di lui.”
“E tu mi costringeresti a non
vederlo più?” gli urlai io, fregandomene delle sue parole.
“Sì” rispose lui deciso. Sinceramente non m’importava
molto nemmeno della sua risposta; ora l’unica cosa che m’importava davvero era
togliere dal mio braccio la sua mano ed andare da Jacob.
“Jacob non è pericoloso!” urlai
di nuovo lui. Carlisle si stava esasperando.
“Natasha, smettila di fare la
bambina e apri gli occhi! Jacob ti ha fatto del
male!” Ora ne avevo abbastanza. Carlisle
mi aveva proprio stufato. Desideravo vedere Jacob in
quel momento più che mai. Gli diedi uno strattone con più forza che potessi e lo guardai con occhi furiosi in faccia.
“SMETTILA DI DIRMI COSA DEVO FARE! NON SEI MIO PADRE!” gli
gridai fuori di me. Non mi sprecai nemmeno per vedere l’espressione che aveva
assunto e senza perdere tempo chiusi gli occhi.
Mi ritrovavo di nuovo davanti a casa sua e stavo correndo
verso la porta. Fui talmente maleducata da non bussare neanche, ma la porta era
già aperta.
“Jacob!” urlai entrando. Otto
paia di occhi mi stavano fissando allibiti. Erano i
licantropi, riuniti a fatica dentro il piccolo salotto di casa Black, Billy compreso. MaJacob non c’era. Ero sicura di
trovarlo lì.
“Ditemi dov’è Jacob!” Tutti
quanti cominciarono a parlare contemporaneamente e ad avvicinarsi. Tanta era il
rumore che non riuscii a capire nemmeno una parola. Io
mi allontanai tenendomi la testa con le mani, per cercare di sfuggire a quella
confusione e a quei visi ancora sbalorditi.
“Volete fare silenzio!” urlò Sam
agli altri. Ed il silenzio scese in tutta la casa.
“Natasha, co…cosa
ci fai qui? Non eri stata ferita?” mi disseBilly vicino a me. Era
sconvolto tanto quanto lo erano gli altri. In qualche modo sapevano quello che Jacob aveva combinato; non si aspettavano di certo una reazione
simile da parte sua.
“Sì, ma… il taglio è scomparso…” dissi io cercando di
domandare dove fosseJacob,
ma non mi facevano parlare.
“Scomparso?” chiese sbalordita Leah.
“…sì…” risposi io infastidita. Non era il momento di
discutere di questo. “Ditemi dov’è Jacob!”
“Natasha” Guardai Sam che mi aveva parlato, serio, ma
deciso “Poche ore fa Jacob è entrato da quella porta
disperato! Anzi, disperato è troppo poco; nessuno l’aveva mai visto così.
Continuava a gridare cose senza senso sul fatto che ti aveva ferita e che stavi
male. Ci ha spaventati. Dicci cosa è successo!” mi disse autoritario. Quindi non sapevano
cosa fosse successo esattamente. Glielo avrei raccontato, se ne
avessi avuto sufficiente forza di volontà, ma non ora. Dovevo trovare Jacob. Sapeva che aveva fatto una cosa orribile e solo ora se ne rendeva conto; dovevo andare da lui per
dirgli che stavo bene.
“Ditemi prima dov’è andato!” continuai imperterrita io.
“Non lo sappiamo nemmeno noi dov’è…” mi disse Embry un po’ giù. Era il suo migliore amico insieme a Quil, non c’era da stupirsi se stava
male in questo modo. Non sarebbe servito a demoralizzarmi; avrei provato con la
spiaggia.
“Conosci la RedRock?” disse d’un tratto Billy. La conoscevo; Jacob mi ci aveva portato una volta. Era famosa perché un
tempo c’era una grotta scavata nella roccia marroncina-rossastra
della montagna, ma poi era crollata e aveva perso tutta la sua attrattiva. Ora
era solo una semplice zona montagnosa circondata da una pianura.
“È lì che si trova” continuò serio. Io annuii. Come era sicuro che fosse lì? Anche
gli altri rimasero alquanto sorpresi. Forse si poteva considerare una
manifestazione di quello strano istinto paterno che avevano tutti i genitori. Non
persi altro tempo ed esattamente dove mi trovavo chiusi gli occhi.
Era inverno e la sera era calata prima. La solita
pioggerellina continuava imperterrita a cadere. Ciò contribuiva a conferire a quell’ambiente un’atmosfera che metteva molta soggezione,
anche per il fatto che non ci veniva mai nessuno. Il vento mi costrinse a
chiudere gli occhi; era più forte a causa dell’assenza alture ed altre rocce
che potevano fermarlo. Mi guardai attorno in cerca di Jacob,
ma continuavo a non vederlo da nessuna parte. Dannazione.
“N…non sei ferita?” mancò poco che quel sussurro lo
confondessi con il vento. Jacob era a pochi metri
dietro di me; mi girai lentamente. Era seduto su una di quelle rocce e non
avevo mai visto il suo viso così deformato. Poteva il dolore mutare in questo
modo un viso di natura gioioso come il suo? Non guardava me, ma un punto
indefinito accanto a sé.
“No… è guarita” dissi sforzandomi di sorridere; non avevo
assolutamente le forze per farlo, tanto meno la voglia, ma volevo far capire a Jacob che la situazione era meno grave di quanto pareva. “Sto
bene ora.” Lui però continuava a guardare quel punto definito, come se non mi
avesse ascoltato.
“…ho sentito il tuo sangue nella mia bocca...ho sentito il
tuo sangue…i miei denti hanno perforato la tua carne…” Aveva cominciato a
mormorare cose senza alcun senso; stava molto peggio di quello che pensavo.
Cominciai ad avvicinarmi a lui lentamente.
“…come è potuto succedere… ho
perso il controllo… stavo per farti del male… stavo per ucciderti… stavo per
uccidere te…” Si era preso la testa tra le mani “Sono un mostro…”
“Tu non sei un mostro, Jacob. Sei il mio Sole” gli dissi. Con uno scatto girò la testa
verso di me. I suoi occhi spalancati e neri mi guardavano spaventato, non di
me, ma di sé stesso, come se si fosse accorto solo in
quel momento della mia presenza. Mi venivano le lacrime agli occhi, per come
stava; stavano per scendere dai miei occhi, ma dovevo
tenere ancora duro.
“…non ti avvicinare… posso ferirti di nuovo…” disse
deciso. Ma io non mi fermai e continuai lentamente ad
avanzare verso di lui.
“Non mi puoi fare più del male”
“…ho sentito il tuo sangue nella mia bocca...” Stava cominciando a delirare; dovevo fare qualcosa. “…non
ti avvicinare…” continuò lui, ma io ancora per una volta non
gli diedi retta. Ormai ero solo ad un metro da lui.
“HO DETTO DI NON AVVICINARTI!” Questa volta il suo urlo mi
costrinse a fermarmi per la sorpresa, ma non avevo intenzione di obbedirgli.
Feci ancora un passo avanti; cinquanta centimetri tra me e lui. Qualcosa mi
colpì forte in faccia e mi costrinse a girare la testa. La guancia mi bruciava
come non mai. Jacob mi aveva tirato un ceffone; non
aveva mai alzato le mani su di me.
“Vai in Alaska, Natasha. Va dove
vuoi, ma stammi lontano. Chiunque sarebbe meno pericoloso di me.” Adesso aveva
cominciato a delirare veramente; lo confermava la sua voce di un ottava più alta del normale e leggermente isterica a
causa della sofferenza. Ora le lacrime mi stavano bagnando tutto il viso, ma
ancora non volevo muovermi. Era troppo sconvolto per poter
capire. Forse era meglio assecondarlo ed andarmene. Mi dispiaceva moltissimo
che l’ultima volta insieme dopo due settimane di separazione fosse finita in
questo modo.
“Vattene via” Questa volta lo disse
con rabbia, vera rabbia. Cercai di mordermi il labbro inferiore per non
scoppiare a piangere veramente. Me ne dovevo andare; non sarei servita più a
nulla.
“…ciao Jacob…” lo salutai io in
un sussurro. Ti prego, rispondimi, fammi sentire la tua voce ancora per una
volta. Invece rimase zitto, continuando a fissare quel
punto. Strinsi il pugno per evitare che altre lacrime cominciassero a scendere
ancora. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo per ritrovare la
concentrazione sufficiente per teletrasportarmi.
Per l’ennesima volta mi ritrovai davanti a casa Black. Dovevo spiegare quello che era successo ai
licantropi, ma in questo momento desideravo moltissimo
la compagnia di Billy. Una persona solare come Jacob. Feci la strada
soprapensiero e tornai in me stessa solo quando fui davanti alla porta. Questa
volta bussai; mi venne ad aprire Sam. Se n’erano andati tutti ed in casa non c’era più nessuno, tranne Billy, Sam ed io. Non
riuscivo però a vedere Billy. Sam
mi stava guardando preoccupato.
“Ti ha picchiata?” mi disse serio indicandomi la guancia.
C’era un segno evidente quindi, tuttavia non mi faceva male. Ovvero, il dolore
dello schiaffo non era tanto grande quanto quello dentro di me.
“Mi ha tirato solo uno schiaffo…” feci io un po’ moscia.
Lui fece un respiro profondo per mantenere la calma.
“Forza, entra” e si scansò dall’entrata “Billy arriva adesso” Chiuse la porta più forte del normale.
Io restai in piedi lì dov’ero.
“Ora per piacere, dimmi quello che è successo a Jacob.” Stava per perdere la calma
anche lui. Non mi andava assolutamente di parlarne, ma svogliata riassunsi brevemente quello che era accaduto. Sam dovette fare un altro respiro profondo per calmarsi.
“Come sta adesso?” Io gli indicai con gli occhi la guancia
colpita e mi limitai a stare zitta.
“Scusa, domanda stupida” Altro respiro “Speravo davvero
che non succedesse. Non avviene così quando…” Sapevo
dove voleva arrivare
“Quando i licantropi hanno un imprinting
con delle ragazze normali” dissi con rabbia e accidia. Sam
stette zitto; era esattamente quello che voleva dire. Lo sapevo; ora Jacob stava male per colpa mia e per quello che ero. La realtà era che non era lui il mostro, lo ero io.
D’altronde tutto aveva sempre girato su questo; sul fatto che io non ero umana.
Ancora una volta se qualcuno stava soffrendo la colpa
era mia, mia e di nessun’altro. Mi facevo schifo.
Sapevo che Sam aveva notato il mio improvviso
malumore e sapeva che era legato a questo. Se avesse detto Non è colpa tua o
frasi del tutto simili gli avrei tirato un ceffone. Fortunatamente
fece cadere l’argomento e mi giunse un senso di sollievo. Evitare
di parlare di quello che era successo; questo era ciò per il quale ero venuta
qua. Si abbassò verso di me con un’aria strana.
“Natasha” sussurrò allibito “ma…prima ti eri…teletrasportata?” Era sorpreso; bhe, non mi avevano mai visto farlo e prima lo avevo fatto
all’improvviso.
“Sì” gli risposi naturale. Andava benissimo parlare di qualsiasi
cosa in quel momento che non fosseJacob.
“Ah…ci hai spaventati lo sai?”
chiese ancora un po’ titubante.
“Scusa, la prossima volta vi avverto…” dissi ancora un po’
giù. Sam cercò di farmi un sorriso, ma neanche lui
aveva voglia di ridere.
“Ci vediamo, Natasha.”disse aprendo la porta e uscendo,
non avendo più niente da fare lì.
“Ciao, Sam e…grazie ancora” mi
limitai a dire io. Lui mi guardò confuso, ma stava sorridendo sinceramente
questa volta; sapeva che mi stavo riferendo al fatto che i licantropi mi
continuavano a proteggere.
“E di cosa?” Io scossi la testa,
mostrando un sorrisino anch’io. Sentii la porta chiudersi.
“Ciao Natasha…” Mi voltai di
scatto; Billy mi stava osservando dalla porta della
cucina. Non aveva il solito volto solare ed allegro. Anche
lui era in pena per Jacob; come contraddirlo,
qualunque padre lo sarebbe stato per suo figlio. La sua solita allegria lo
ringiovaniva; ora la sua espressione era solo quella
di un vecchio e triste padre.
“Ciao Billy” risposi io con il
suo stesso entusiasmo. Pensavo che mi avrebbe invitata
a sedermi, che mi avrebbe detto quelle parole che solo persone solari come lui
potevano darmi. Pensavo che sarei uscita da quella casa sollevata a sufficienza
da non scoppiare a piangere come una fontana non appena fossi entrata in camera
mia. Capii subito da quell’espressione che non
sarebbe successo niente di tutto ciò.
“Mi spiace Natasha per quello
che è successo.”fece un respiro
profondo, che per un attimo mi ricordò quello del figlio “Scusami, ma proprio
non mi sento in vena di ricevere visite.” Non mi stupii della sua risposta, solo che…
avevo tanto bisogno dei raggio di un sole. Invece
continuava a piovere, sia fuori che dentro di me. Bhe… dovevo prevedere che Billy
non sarebbe stato nelle condizioni più adatte per rassicurarmi.
“Ah… certo, Billy, scusami tu,
ti ho importunato fin troppo.” Non stetti nemmeno ad
ascoltare la sua risposta che uscii subito fuori di
casa.
Aveva cominciato a piovere più forte. Non mi importava se mi bagnavo, ma pensai comunque di cercare un
albero sotto il quale ripararmi per il momento, finché non avessi deciso cosa
fare. Mi stavo costringendo a non pensare a quello che era appena accaduto; non
volevo soffrire ancora. Avevo bisogno di stare con qualcuno; avevo bisogno di distrazioni. Immediatamente. Ma la scelta non era
molto vasta; a casa non c’era nessuno e mamma e Kathy
era tutte e due al negozio, né Billy né i licantropi avevano
voglia di vedere qualcuno e se sarei andata dai Cullen
me la sarei dovuta vedere con Carlisle.
Non era stato sufficiente litigare con Jacob, ma
anche con lui, che sarebbe d’altronde venuto a prendermi domani mattina, perciò
bene o male avrei dovuto subirmi la sua presenza. E chissà se sarebbe venuto
domani, dopo quello che gli avevo detto…! No, non
dovevo pensare a questo! Dovevo trovare qualcosa da fare, e alla svelta, prima
di uscirne totalmente distrutta. Da chi potevo andare? Poi venne il lampo di
genio e scommisi che i miei occhi si fossero leggermente
illuminati. Yasumi. Sarebbe stata sicuramente
meglio di niente. Non mi pareva giusto disturbarla, ma in quel momento ero
disposta ad essere egoista ed impertinente. Presi il mio cellulare dalla tasca
dei pantaloni e velocemente selezionai il suo numero. Passarono tre squilli e
rispose.
“Natasha, sei tu?” Era sorpresa;
in effetti non l’avevo mai chiamata sul cellulare.
“Sì, sono io. Senti, sei libera
adesso? Che ne dici se ci incontrassimo da qualche
parte?” Cercavo di essere il più naturale possibile.
“Natasha, tutto bene?” mi chiese
interessata. Non riuscivo proprio a nascondere le mie emozioni.
“Sì, sì, è tutto ok…”
“Bugiarda, tu stai male.” Si
notava veramente così tanto?
“Ma no, sarà il telefono che mi
farà una voce strana…” cercai di difendermi io.
“Natasha, cosa è successo?” Non
avevo mai visto Yasumi così determinata. E
soprattutto come faceva ad essere sicura che io stavo
male? Fatto del tutto vero, non lo metto in dubbio; comunque
rimasi stupita delle sua certezza. Sapevo che cercare di trovare scuse non
serviva più a nulla. Non potevo di certo dirle la
verità però. Decisi quindi di essere molto vaga.
“In realtà sì” dissi questa volta naturale, senza fingere
“Ho avuto qualche grosso problema con Jacob.” Se la conoscevo non avrebbe fatto
domande. Ci fu per alcuni secondi il silenzio.
“O Cielo. Ma quanto grosso?... Scusa, domanda del tutto inutile. Dove
sei?”
“A La Push”
“Vuoi dire che è successo da
poco?!” Era strano, sembrava contemporaneamente scandalizzata e preoccupata per
me. “Sta immobile e ferma lì, ok?” Non sembrava
essere un consiglio, più un ordine. Non aspettò nemmeno la mia risposta e
riattaccò. Forse non era stata una buona idea
chiamarla. Sentii bisogno di camminare, così mi diressi sotto la pioggia con
solo il cappuccio verso il cartello di benvenuto di La
Push; in questo modo Yasumi non mi avrebbe dovuto cercare
per tutta la riserva, anche se ne sarebbe stata capace. Quando arrivai lì
dovetti aspettare solo dieci minuti prima di vedere
sfrecciare verso di me a tutta velocità una Subaru un
po’ malandata. Mentre frenava aveva anche sferzato un
poco. Il guidatore spalancò la porta del passeggero.
“Salì!” mi gridò. Quel guidatore non era nient’altro che Yasumi. Un asciugamano bianco le circondava la testa e
indossava un accappatoio di Winnie the Pooh rosa con sopra Pimpi. Per
finire aveva ai piedi un paio di scarpe da ginnastica consunte che non avevo
mai visto su di lei. Non si era nemmeno finita di fare la doccia ed era subito
venuta qui da me. La sua vista mi immobilizzò per
alcuni secondi e se non fosse stata seria le avrei riso sicuramente in faccia.
In compenso sfoderai un sorriso ebete. Era proprio il tipo di distrazione del
quale avevo bisogno, in effetti.
“Muoviti! Non abbiamo tutto il giorno!” Io mi riscossi e salii subito sull’auto. Lei senza troppe cerimonie ingranò
subito la prima e partì dritta verso Forks alla
velocità di 100 km/h. Previsione per il futuro: mai farsi
dare un passaggio da Yasumi. Mi ero legata
velocemente la cintura e stavo strozzando il sedile in
pelle sul quale ero seduta.
“Non serve che tu vada così veloce” dissi io incerta.
“Non ti preoccupare Natasha! Non
serve che tu dica niente! Stai tranquilla!” mi disse stringendomi con la mano sinistra la mia, quando avrei
tanto voluto che in questo momento se ne stesse sul volante.
“Non è un problema per me andare veloce!” disse per
rassicurarmi. Non ne dubitavo, lo era però per me.
“Non serviva che venissi in accappatoio” continuai io.
“Natasha! Sarebbe
stato troppo tardi! Saresti scoppiata a piangere e nessuno sarebbe
riuscito a fare qualcosa! Ci sono passata, posso capirti.”Condivisi pienamente, ma amaramente, la sua prima
affermazione; la seconda non tanto per ben evidenti motivi.
“Hai l’assoluto bisogno di qualcuno che ti tiri su di
morale, adesso!” affermò di nuovo lei ponendo particolare enfasi sull’ultima
parola. Avevo proprio l’impressione che stesse
esagerando, ma la sua determinazione eccessiva era quasi ironica; mi stava
rilassando.
“E una cosa, non dire a Jason dell’accappatoio…” Io annuii la testa questa volta
con un accenno di sorriso.
In poco arrivammo a casa di Yasumi.
L’avevo sempre immaginata come una tipica casa giapponese, invece era uguale a
tutte quelle del quartiere.
“Scendi!” disse togliendosi la cintura
quando ebbe parcheggiato sul vialetto. Io goffamente feci lo stesso e
non appena ebbi chiuso la portiera sentii la sua mano avvinghiarsi al mio
braccio e trascinarmi dentro casa. Spalancò con violenza la porta.
“Yasumi! Cosa sta
succedendo?” sentii una voce provenire dalla cucina. Era quella delle madre di Yasumi, a parer mio
una bellissima donna giapponese.
“Chi è quella ragazza?” disse guardandomi curiosa. Yasumi in tutta risposta continuò a trascinarmi verso il
corridoio che portava al piano di sopra.
“È una crisi! Un’emergenza! Una catastrofe!” disse senza
fermarsi e mettendo l’indice della mano libera davanti al viso di sua madre.
Adesso stava veramente esagerando.
“Mi scusi...” ebbi il tempo di
dire alla madre di Yasumi. Mi trascinò in camera sua,
dove mi fece sedere con forza sul letto ancora disfatto. Mi guardai un attimo
intorno; era Yasumi fatta a camera, non esisteva
nient’altro per descriverla. Era un po’ piccola, ma
coloratissima, piena di veli e cuscini. Aveva persino un bagno privato e una
televisione con videoregistratore e lettore dvd.
Mamma non me lo avrebbe mai permesso. Lei si gettò sul telefono e digitò
velocissima un numero. Aspettò che smettesse di squillare tamburellando
nervosamente le dita sul tavolo vicino a lei.
“Ciao Matthew, sono io, Yasumi. Abbiamo un problema, un grosso problema.
Natasha sta per morire e ha bisogno di noi!... Sì, sta così male! Devi venire qua!… Adesso!... Cosa vuoi che mi importi se hai appena finito gli
allenamenti!... Ma chi se ne frega se devi farti la doccia e sei sudato!... Vai
da Tony e prendi una pizza maxi… la solita, no! Capperi, acciughe, cipolla e
salamino piccante! E non ti dimenticare del
rosmarino!Fai presto!” buttò subito giù e riprese a comporre un altro numero.
Sì, stava esagerando.
“Senti Yasumi…” cercai di
convincerla alzandomi. Lei mi puntò l’indice contro.
“Natasha! Calmati! Sta seduta!” mi ordinai. E io
obbedii. Mi stavo cominciando a spaventare veramente. Era partita e non avevo
idea di come si fermasse. Mi venne la nausea al solo
pensiero della pizza che aveva preso; non avrei avuto una digestione leggera quella
sera.
“Yasumi, forse hai un po’
esagerato, non sto per morire!” affermai io.
“Era solo una tattica per convincere Matthew;
lui è un credulone” mi rispose con il telefono all’orecchio.
“Ciao Jason, sono io. Vieni
immediatamente a casa mia! E fermati a prendere
qualche film. Fa, per l’amor del Cielo, che non sia un
film romantico! Prendi un film che sia divertente, che
faccia ridere, un film demenziale; prendi un horror, ecco! Muoviti a venire! Un
bacio!” E anche questa volta mise giù di scatto. Non c’era nient’altro di
meglio che un film horror per farsi un po’ di risate;
un ragionamento più che corretto, pensai sarcastica. Stava per entrare in bagno
quand’è che si fermò di botto per girarsi lentamente
verso di me con espressione sconvolta.
“Gli ho per caso mandato un bacio?” Io annuii con la
testa. Lei sfoderò un’espressione del tutto schifata ed emise uno strano verso
pieno di disgusto.
“Jason non era a casa? C’era la
segreteria?” chiesi io, dato che aveva parlato veramente molto veloce.
“No, si era appena svegliato” disse lei tranquilla
frugando tra i vari vestiti sparsi in giro per la camera.
“Ma… non credi abbia capito poco
e niente di quello che tu gli abbia detto?” domandai dubbiosa.
“Non ti preoccupare, se non ha capito ora, glielo farò
benissimo capire quando verrà qua” rispose con un
sorrisino minaccioso.
“Non credi che forse non è una brutta idea tentare di
calmarti un po’?” tentai ancora una volta io. Lei mi
si avvicinò; aveva un’aria rassicurante… per niente rassicurante.
“Ma io sto benissimo, Natasha. Piuttosto tu, come stai? Forse è meglio se ti
rilassi un po’ tu. Mettiti pure a tuo agio. Tieni.” mi
porse il telefono “Chiama tua madre e avvertila che sei qui da me; ti riporterò
io a casa.” detto questo si lanciò in bagno ancora con
le scarpe da ginnastica. Non aveva inteso niente. Digitai il numero di mia
madre. Non passò nemmeno un secondo che rispose.
“Pronto?” disse lei.
“Ciao mamma, sono io. Mi fermo da Yasumi,
mi riporterà a casa lei.”
“Ah, perfetto. Se hai qualche problema
io sono sempre a casa. E non fare tardi!”
“Sì, mamma” le risposi io ormai stufa di sentire sempre le
sue solite precauzioni.
“Ah, Natasha tutto bene?”
“Sì, mamma” ripetei. Si notava veramente così tanto.
“Ah… la tua voce sembra più serena del solito. A dopo!”
“Ciao…” dissi io un po’ sorpresa. Serena? Non mi sembrava
nemmeno a me di avere la voce serena. Che strano; l’effetto-Yasumi stava davvero facendo effetto. Mi trovai a
sorridere tra me e me. Yasumi uscì dal bagno esattamente
cinque minuti dopo, con indosso vestiti molto più consoni di un accappatoio.
Sembrava anche meno scalmanata, ma su questo non avrei messo
la mano sul fuoco.
Ben presto arrivarono anche Matthew
e Jason. Con grande sorpresa
Jason aveva capito tutto dalla telefonata di Yasumi, ma questo non bastò per evitargli i suoi scherzi e
le sue prediche. Era straordinario che due persone non smettessero mai di
litigare così tanto.
Quella fu una delle serate tra amici più belle che io abbia mai passato. Sul serio. Il troppo ridere mi
aveva fatto passare la fame. Jason e Yasumi non smettevano più di fare battutine divertenti e
demenziali sul film, seduti per terra sopra una miriade di cuscini; con loro i
film horror si trasformavano veramente in comici. Era
stata davvero una serata originale per me; non avevo mai passato momenti così
divertenti. Non smettemmo di ridere nemmeno durante i titoli di coda e quando
decisi che era giunta l’ora di andare a casa si era fatto
veramente molto tardi. Yasumi fu così gentile da
riaccompagnarmi a casa. Mamma e Kathyerano già andate a dormire, quindi io cercai di fare il meno
rumore possibile per raggiungere camera mia. Inaspettatamente riuscii a fare
una cosa che mai avrei pensato di fare; mi addormentai di botto, ancora col sorriso
sulle labbra per la divertente serata.
Il rumore fastidioso della sveglia echeggiò per tutta la
mia camera. La presi e la chiusi immediatamente. Erano le cinque di mattina.
Come mi era venuto in mente di programmarla durante le vacanze? Lo stomaco mi
si chiuse e il cuore accelerò. Ah. Carlisle sarebbe
venuto a prendermi tra poco. Come una potente ondata nel mezzo di una tempesta,
così giunse alla mia mente il pensiero di ciò che era successo ieri. Jacob, Carlisle, Yasumi. Insieme a questi pensieri arrivò anche un senso di ansia, che ben presto si trasformò in tristezza. Il
ricordo della serata divertente con Yasumi non era per niente sufficiente a spazzare via il resto, anzi, fu
il resto a spazzare Yasumi. Il viso di Jacob e Carlisle mi stava soffocando.
Avevo cominciato a tremare da quanto mi ero agitata. No, anche se Yasumi si era impegnata, non aveva cambiato niente; sarei comunque scoppiata a piangere prima o poi e nessuno avrebbe
potuto fare niente. Romeo non avrebbe mai permesso che succedesse questo a
Giulietta. Sfortunatamente non mi trovavo in un libro ed ero costretta ad
accettare la realtà. Cercai di calmarmi facendo un respiro profondo e mi alzai.
La valigia era già pronta e quindi dovetti solo cambiarmi. Scesi giù con il
senso di vertigini che mi provocavano le scale in quel momento di grande
instabilità mentale.
“Ben svegliata, mia piccola montanara!” La battuta di mia
madre non mi fece ridere nemmeno un po’, ma per fortuna era girata e quindi non
se ne accorse.
“Ancora addormentata, eh?” disse lei girandosi verso di
me. Io annuii la testa e me la nascosi tra le braccia.
“Non hai dormito nemmeno questa volta, vero?”
“No, ho dormito bene” dissi sincera. La mia voce era
terribilmente roca, ma mia madre la scambiò per il
fatto di essermi appena alzata.
“Ciao sorellina!” urlò mia sorella entrando ed
abbracciandomi. La sua allegria era contagiosa e riuscì a strapparmi un
sorriso. Solamente uno.
“Uffa, mamma! Anch’io voglio andare in montagna con Natasha!” Da quando aveva saputo
che me ne andavo in montagna con i Cullen non era
passato un momento senza che lei ne parlasse. La sua cotta per Jasper era diminuita, ma non era ancora del tutto
scomparsa. Ed io e mia madre c’eravamo arrese a
sopportare in silenzio. Sentii mia madre appoggiarmi sul tavolo qualcosa di
caldo. Io lo presi e lo bevvi. Tè;
quello che ci voleva. Mia madre aveva cominciato a parlare e non si era
fermata nemmeno per andare su in camera mia e portare giù la mia
valigia. In quanto a forza bruta quella di mia madre era impareggiabile
alla mia; a malapena riuscivo a portare sulle spalle lo zaino di scuola.
Io però non la stavo ascoltando; stavo ancora temendo
il suono del campanello alla porta. Sempre se fosse arrivato.
Quando lo sentii tutto il tè che avevo appena bevuto sembrava
voler fuoriuscire. Feci un respiro profondo mentre
mi alzavo e prendevo la mia tracolla. Mia madre andò ad aprire la porta,
seguita da una saltellante Kathy.
“Buon giorno, Carlisle” sentii
la voce di mia madre allegra.
“Buon giorno a lei, Lilian”
giunse più tardi quella di Carlisle. Si stava
rivolgendo in modo gentile a mia madre, ma questo non voleva assolutamente dire che l’avrebbe fatto anche con me.
“Ciao, ciao!” fece anche mia
sorella, saltellando sul posto.
“Ciao, Kathy. Tutto bene?” le
rispose Carlisle. Lei ricambiò con un ampio sorriso.
Ultimamente Kahtyaveva voluto
tornare a dormire da sola e fortunatamente non aveva avuto più brutti sogni. Sapevo
che Carlisle glielo aveva chiesto a causa
dell’episodio con Marte. Fu il pensiero che mi fece ricordare che me ne stavo
andando proprio per questo; ciò mi permise di trovare un po’ più di forza di
volontà. Presi la mia valigia e la trascinai verso la porta d’ingresso.
“Ciao, Natasha” mi dissi con un
sorriso. Cercai di contraccambiarlo; si stava comportando gentilmente con me
solo per la presenza di mia madre e mia sorella.
“Bhe, divertitevi, allora” disse
mia madre guardandomi malinconica, subito prima di avvolgermi in un abbraccio
strangolatore. Lei faceva parte di quella categoria di madri che si commuovevano
il primo giorno di scuola della figlia e la seguivano con lo sguardo, scostando
la tendina della cucina, fino alla fermata dell’autobus, con un fazzolettino di
stoffa in mano per asciugarsi gli occhi lucidi. Io cercai di ricambiare
l’abbraccio e mi staccai prima che le mie costole si frantumassero.
“Ciao mamma” dissi cercando di staccarmi, non prima
ovviamente di aver ricevuto un enorme bacio in mezzo alla fronte.
“Ciao Kathy” dissi abbracciando
mia sorella e dandole un bacino sulla guancia.
“Ciao…” disse lei un po’ giù, sia perché me ne andavo con i Cullen, sia perché
me ne andavo e basta.
“Ciao, ciao” mi salutò un ultima volta
mia madre mentre uscivo da casa. Io le risposi con un sorriso che cercava di essere convincete e muovendo la mano libera, finché non
chiuse la porta. Lanciai uno sguardo alla Mercedes
parcheggiata ai limiti del vialetto; era vuota. Ora eravamo io e Carlisle, da soli. Senza una parola, con un gesto veloce mi
prese dalle mani la mia valigia. Lo sapevo che era ancora arrabbiato, ma come
dargli torto. Mi ero comportata da maleducata, ma non me n’ero ancora pentita.
Lanciai un ultimo sguardo a casa mia. Questa volta mia madre non mi stava
guardando malinconica con un fazzoletto in mano scostando la tenda. No, questa
volta la tenda era chiusa, ma lei mi guardava lo
stesso. Tornai a guardare davanti a me, facendo finta di non notarla. La sua malinconia quasi comica sfortunatamente non mi fece nemmeno
sorridere.
“Sali” La sua voce era neutra; per questo scatenava un
effetto molto più forte di quanto avrebbe fatto se
fosse stata semplicemente arrabbiata. Obbedii senza dire niente. Sarebbero
state ore di viaggio molto lunghe e tese. Subito lui salì dalla parte del
guidatore ed immediatamente mise la prima. Avevo coma la sensazione che stesse andando veloce per raggiungere la meta il prima
possibile. L’atmosfera si riempì di un silenzio imbarazzante; si poteva
percepire la tensione che c’era. D’altronde io ero ancora troppo demoralizzata per cercare di dire qualcosa, anche se non riuscivo a
sopportare questo odiato silenzio. Era passata un’ora e ancora non avevo detto
niente. Ebbi il coraggio di guardarlo in viso; era duro come la pietra. Il
silenzio di certo non aiutava e in questo modo mi costringeva a pensare. E se pensavo, allora riflettevo sui maledettissimi fatti
successi ieri. E in questo modo soffrivo. Avevo l’opportunità di risolvere uno dei due problemi, avevo
la possibilità di parlare con Carlisle. Ma non avevo ancora le forze necessarie per farlo. Così non
poteva continuare; dovevo farlo. Per il mio bene e forse
anche per il suo. Dovevo cercare di svegliarmi e smetterla di essere vittima del mio dolore. Dovevo reagire in qualche
modo; se non fosse così sarei veramente finita come aveva predetto Yasumi. Forza, Natasha, reagisci e parlagli.
“Come fai?” Il mio era un debole sussurro roco, ma ero
certa che lo poteva capire benissimo.
“Dimmi come diavolo fai. Hai
rischiato la tua vita, quella della tua famiglia,
dell’intera Forks e ora anche quella di un’altra
famiglia di vampiri, hai stretto un’alleanza con i licantropi nonostante i
vampiri provino grande odio per loro e hai persino coinvolto i Volturi. Tutto
questo pur di proteggere me! Una sola persona. E io
cosa ho fatto? Ho continuato a complicare la cosa con i miei capricci ed i miei desideri, insulsi, visto la gravità della situazione.
Ora dimmi come diavolo fai” Più parlavo, più la mia
voce era salita e aveva acquistato tono; ora stavo letteralmente gridando a
denti stretti, piena di rabbia per me stessa, guardando davanti a me, battendo violentemente
i pugni sulle mie ginocchia.
“Dimmi come diavolo fai a non
fermarti adesso, in questo momento, e buttarmi giù da quest’auto.
Dimmi perché all’inizio di tutta questa storia, quando ancora non sapevo
gestire i miei poteri, hai deciso di proteggermi e non di uccidermi in qualche
modo! Un incidente sarebbe stato sicuramente efficace! Avresti sicuramente
risparmiato così tante pene a tutti! E…” L’auto si
fermò di scatto e solo grazie alla cintura di sicurezza non mi spiaccicai sul
finestrino. Solo ora mi ero resa conto che avevo fatto
proprio una bella scenata. Avevo rotto quell’odioso
silenzio e mi ero sfogata di tutto quello che più mi
premeva da chissà quanto tempo. Avrei potuto migliorare il modo nel quale mi
ero espressa, ma l’avevo fatto. Sentivo qualcosa che
mi stava bagnando la guancia, ma al momento non ci badai. Per tutta la sfogata avevo guardato davanti a me e non avevo osato guardare in
faccia Carlsile. Ora, lentamente, mi stavo girando
verso di lui. Non mi stupii vederlo impassibile. Ora mi avrebbe degnato di una
parola.
“Anastasia non era solamente umile, gentile, di una
dolcezza infinita. Ed effettivamente il suo carattere
non assomigliava a quello di un angelo. “Cosa
c’entrava ora Anastasia? Perché ne stava
parlando?Non mi era mai sembrato felice
di parlare di lei. Anche lui aveva il viso rivolto
davanti a sé e potevo giurare di vedere un sorriso.
“Era anche arrogante, sgarbata e terribilmente
insopportabile” Mi ricordai di queste parole; le aveva usate
quando era venuto in veste di dottore a visitarmi a casa mia per la
comparsa di quella strana febbre. Forse era per questo che siaCarlisle che i Volturi avevano affermato
l’assomiglianza con lei. Abbassò lo sguardo, nel quale si poteva notare una
strana tristezza malinconica.
“C’è un motivo per cui non voglio
mai parlare di lei. È con lei che ho avuto paura per
la prima volta; per essere più precisi è per lei che ho avuto paura. Ho avuto
la possibilità di conoscerla quando ancora non era un
vampiro.” Quello strano sorriso si era allargato. Stava parlando a scatti ed ad
ogni frase, che poco aveva a che fare con la precedente, si fermava, non tanto
per riprendere fiato, ma per pensare a quello da dire. Non avevo mai visto Carlisle così tentennante.
“Quando successe, quando venne
trasformata in un vampiro, non era vero che nessuno avrebbe potuto fare qualcosa
per lei. Io potevo benissimo fare qualcosa” Più parlava
più il suo tono diventava basso, lento, ponendo così più chiarezza alle parole.
“Ho assistito mentre veniva
morsa; fu quella volta che provai paura. Implorava il mio nome; mi pregava di
salvarla. In quel momento potevo fare qualcosa; potevo
almeno tentare. Invece non ho fatto niente. E sono rimasto a guardare. Quando
soffriva perché non era più in grado di piangere, costretta alla sua condizione
io non ho mai fatto niente. E sono rimasto a guardare.
Quando veniva maltrattata da Iulius
non ho mai fatto niente. E sono rimasto a guardare.”
Non avevo mai visto Carlisle in questo stato. Il suo
tono rimaneva calmo, ma i suoi occhi non stavano più guardando il paesaggio
davanti a sé, ma un paesaggio molto più lontano; non
nello spazio, ma nel tempo. Mi guardò negli occhi per la prima volta in quella
giornata. Fu allora che capii perché non voleva mai parlare di lei; ricordare
lo faceva soffrire. Era fin troppo evidente nei suoi occhi.
“Non ho mai fatto niente per lei. E
lei non mi ha mai odiato per questo.” Ritornò a guardare davanti a sé “L’ho vista pian piano morire senza fare niente. Avrei dovuto
tentare. D’altronde provavo qualcosa per lei.”
“L’amavi?” fui io a parlare, ma non me ne resi nemmeno
conto. Era una possibilità che aveva cominciato a frullare in testa da un po’
di tempo. La sua risposta fu immediata.
“No, no, non sto parlando di amore.
Dire che fosse un’amica è troppo poco ed il termine
sorella non è quello più appropriato. Non credo che ci sia una parola per
classificare quello che c’era tra me e lei.”Carlisle cominciava a farmi paura; era immobile, con gli
occhi spalancati, rivolti sempre verso quel punto immaginario, aveva due
pesanti occhiaie e due occhi particolarmente neri, segno
che non mangiava da diverso tempo. Ero quasi sicura che accanto a me ci fosse
un morto, se non fosse che stava parlando.
“Lei contava su di me, credeva che l’avrei aiutata. Ma non l’ho mai fatto. E lei non me
l’ha mai rinfacciato.” Sbatte una volta le palpebre e sembrò
per un momento ridestarsi.
“Credo che sia inutile spiegarti come fu grande da quella
volta l’odio per me stesso. Così, quando che ti ho vista, ho fatto una promessa
a me stesso.” Mi guardò negli occhi; due profondi occhi neri nei quali poter affogare.
“Questa volta non sarei rimasto a guardare.”
“Anche a costo di mettere in rischio la vita di altre persone?” mi fu inevitabile chiederglielo con voce
roca. Lui si sforzò di fare un sorriso amaro, ma gli uscì solamente una
smorfia.
“Sì, sono disposto ad essere talmente tanto egoista da far
morire più persone piuttosto che vederti soffrire. Quando ho
chiesto alla mia famiglia, alla famiglia di Tanya,
ai licantropi di aiutarci avrei tanto voluto che rifiutassero la mia richiesta;
invece nessuno l’ha fatto. Nonostante sapessero i
rischi ai quali andavano incontro ciò non mi svincola minimante dall’essere un
grandissimo egoista.” Fece un respiro profondo e mi guardò negli occhi “Per
rispondere alla tua domanda, se ho fatto tutto questo per te, è perché non
voglio assolutamente vedere ancora una persona simile ad Anastasia soffrire.”
Mi morsi il labbro inferiore nel tentativo di rattenere le
lacrime, ma i miei occhi erano sfocati. Non avrei mai pensato ad una cosa
simile; non avrei mai pensato che Carlisle fosse
disposto a tanto. Abbassai gli occhi piena di odio per
me stessa; mi ero comportata come una perfetta ingrata con lui, anzi, non
credevo esistessero termini in grado di definirmi. Prima aveva sofferto perché
non aveva mai fatto niente, ora, che aveva deciso di agire, soffriva perché si
sentiva un grande egoista ad avere coinvolto altre persone. Quella coinvolta di
più in questa storia, non ero affatto io, non avevo
più il lusso di comportarmi da vittima. Quello coinvolto di più in questa
situazione, quella che aveva tutto il diritto di questo mondo di soffrire era Carlisle.
Fu inevitabile, già da tempo rischiavo
di esplodere. E ora lo avevo fatto. Scoppiai a
piangere come una bambina, forte. Il mio pianto era alternato dai singhiozzi.
Poteva sembrare un comportamento da inutile piagnona, atto a fare scena e
basta. In realtà stavo piangendo per molte cose; stavo
piangendo per quello che avevo detto a Carlisle, per
il perché Carlisle stava facendo tutto questo, per le
persone in continuo pericolo a causa mia e per Jacob.
Carlisle aveva contribuito solamente a riempire un’ultima
volta il grande vaso pieno all’orlo che mi tenevo
dentro. E adesso quel grande vaso si era rotto,
finalmente. Mi stavo sfogando di tutto. Avevo pianto, ma mai come in questo
momento. Continuai finché il vaso non fu del tutto prosciugato. Incredibilmente quando finii mi sentivo bene, veramente sollevata.
Mi ero tolta un grande peso, che senza accorgermene aveva
continuato indisturbato a opprimermi. Non sapevo per quanto tempo avevo pianto,
ma Carlsile non fece mai niente per farmi smettere. Solo in quel momento capii che il suo
comportamento strano era dovuto veramente a causa mia;
anch’io sarei stata fuori di me se la persona che volevo proteggere disobbediva
alle mie precauzione e andava a cercarsele. Ciò non fece altro che farmi piangere ancora di più. Era un fatto positivo; più piangevo adesso, più ero sicura che sarei
stata bene dopo. Non del tutto, certo. Quando ebbi finito,
lentamente lo guardai negli occhi; mi sentivo veramente più libera.
“Perché durante il viaggio per
Volterra mi hai lanciato quell'occhiata?" Ero un
pensiero che aveva costantemente premuto dentro di me, tuttavia credevo di
conoscere già la risposta.
"Mi ero preoccupato del fatto che non sai ancora gestire
le tue doti; si capiva benissimo dal tuo viso sorpreso che non te l'aspettavi. Hai delle capacità troppo grandi per essere controllate." La sua voce era ritornata
normale, ma i suoi occhi non volevano staccarsi da quel punto. Non era di certo
la risposta che volevo, quindi ritentai.
"Ma il tuo strano comportamento è
dovuto a causa mia, non ne vero? Ultimamente ti comporti
in modo così insolito a causa mia e delle mie... trasgressioni, vero?"
dissi con più grinta. Lui fece un sospiro e annuì. Non mi stupii, lo
sapevo, ma contribuii a farmi sentire ancora più una nullità. A questo punto il
minimo che dovevo fare era scusarmi.
“Mi dispiace per come ti ho risposto ieri,” Avrei voluto dire un fiume di parole, ma in quel momento
non riuscivo proprio a trovare quelle giuste per esprimermi. Tuttavia a lui
sembrava bastare quello che avevo detto; non rispose, ma dai
sui occhi potevo cogliere il suo perdono.
“Quando ti ho urlato” cominciai cercando di mostrare la
voce più chiara possibile “ho detto la verità, tu non
sei mio padre. Ma… dopo tutto quello che hai fatto per
me... è molto difficile non considerarti come un padre” Dette queste parole lui
si ridestò; ora non guardava più quello strano punto indefinito, ma i miei
occhi. Tutta la sua attenzione era rivolta verso di me. Si era dimostrato
essere impassibile fino all'ultimo; ora vedevo qualcosa in lui. Vedevo una
scintilla di sentimento; che fosse riconoscenza? Poi mi sorrise; questa volta
era un sorriso vero e sincero.
"Dopo tutto quello che ho
fatto per te, anch'io credo sia molto difficile non considerarti come una
figlia." Le sue parole mi commossero al punto tale da fare una cosa del
tutto inaspettata anche per me.
"Ti posso abbracciare nel modo in cui abbraccerei il mio papà?" mi uscì come un sussurro e
quasi mi vergognai delle parole appena dette. Carlisle
era tanto stupito quanto lo ero io. Non mi aspettavo nessuno
risposta, ad essere sincera, e senza nient'altro dire mi avvicinai e lo
abbracciai. Riuscivo a percepire la sua sorpresa anche da quella posizione, poi
però lo sentii rilassarsi un poco e ricambiare al mio abbraccio. Avevo sempre
creduto che il contatto fisico tra due persone fosse un mezzo per comunicare
molto più efficace della parola ed in questa occasione
volevo cercare di far capire a Carlisle ciò che non
riuscivo ad esprimere a parole. Una parola però dovevo dirla.
"Grazie" sussurrai io. Subito dopo Carlisle si staccò da me per tornare ad ingranare la prima
e partire. Questa volta però il suo viso era più rilassato.
"Complimenti, sei la prima persona che è riuscita a
farmi commuovere; se non ti conoscessi non ti giudicherei umana solo per
questo" Era serio, ma un serio... rilassato. Non
era più arrabbiato; era tornato tutto come prima.
"Pace?" dissi serena con un filo di voce.
"Sì" mi rispose come se fosse la cosa più ovvia
del mondo "Ma basta pianti e scene simili, va bene?" rispose con una
punta di sarcasmo.
"Ricevuto" dissi io con un sorriso. Ora mi
sentivo finalmente rilassata. Interessata avevo
cominciato a guardare fuori dal finestrino; la neve stava pian piano ricoprendo
sempre più gli alberi.
Il viaggio non durò molto, ma si dimostrò molto più
piacevole di quanto avessi sperato. Incontrammo dopo pochi minuti un cartello, Denali; la casa dei vampiri che mi avrebbero ospitato era a
Denali. Il grande pianto cui
aveva assistito Carlisle, tuttavia, non fu
sufficiente a farmi togliermi un altro importante e crucciante pensiero; Jacob. Non potevo non pensare a lui e a quello che avrebbe potuto succedere più tardi. Non ebbi più tempo per
tormentarmi quand'è che fummo finalmente arrivati.
Davanti a noi si stagliava un imponente cottage in
legno, in mezzo agli alberi coperti dalla neve. Era proprio carino,
ma sopratutto... grande.
"Toglimi una curiosità; tutti i vampiri vegetariani
hanno l'abitudine di vivere in grandi e lussuose abitazioni in mezzo ai boschi?"
dissi a Carlisle scettica. Lui mi sfoderò un piccolo
sorrisino.
"Boris ha sempre avuto enormi manie di
grandezza" affermò Carlisle.
"Boris?" chiesi confusa.
"Lo conoscerai tra poco" rispose con un sorrisino mentre scendevamo dalla sua auto per dirigerci
verso l'ingresso. Più mi avvicinavo più sembrava
grande.
"Salve Carlisle!"
disse felicemente qualcuno. Una delle voci dal tono più duro e basso giunse ai
miei orecchi. Mi voltai verso Carlisle; stava
stringendo la mano ad un vampiro dall'aria simpatica, con dei neri capelli ricciolini, che mi fecero ricordare Emmett,
anche se non con il medesimo fisico robusto. Ad una prima occhiata sembrava molto più vecchio di Carlisle,
doveva avere circa trent'anni.
"Salve anche a te Boris. Tanya?"
Allora era lui Boris.
"A caccia insieme ad Irina e
JJ." Il suo sguardo si posò su di me; gli vidi illuminarsi gli occhi.
"E quindi questa è..." sembrava
si fosse improvvisamente bloccato.
"Natasha, piacere, bella la casa" dissi porgendogli la mano, ma
lui continuava ancora a guardarmi interessato negli occhi. Improvvisamente si
scosse, muovendo ininterrottamente le palpebre.
"Non... non credevo che
facesse un effetto del genere" disse sorpreso a Carlisle.
"Ti ci abituerai" disse Carlisle
come se la sapesse lunga, il che era vero, d'altronde.
"Non ci sono dubbi che mi abituerò!" affermò
lui.
"Bene, è meglio se ora vado" disse dirigendosi
verso l'auto.
"Di già? Resta ancora un po’!"
ribadì Boris. Era veramente un tipo strano. La sua
voce non sembrava neppure quella di un vampiro.
"È meglio di no" rispose Carlisle.
"Sei affamato" disse
questa volta Boris serio
"Lo so" Si diresse verso il bagagliaio della Mercedes e lo aprì, tirandone fuori come se niente fosse la
mia valigia. Io lo seguii per prenderla.
"Mi posso fidare di te?" mi disse guardandomi
negli occhi. Io annuii lentamente con un sorriso amaro. Lui fece un respiro
profondo, ma subito dopo mi sorrise.
"Ci vediamo tra due settimane" disse
scompigliandomi i capelli. Fu un gesto che apprezzai molto.
"Va bene" gli dissi anch'io in un sorriso. Salì
in auto e contemporaneamente saluto Boris con la mano,
mise immediatamente la prima e sfrecciò tra gli alberi innevati.
"Che maleducato che sono stato!" La profonda e
voce di Boris mi fece voltare verso di lui. Mi aveva
avvicinato la mano ed io l'avevo ben volentieri stretta. Aveva proprio una
stretta ferrea. "Io sono Boris, Natasha." Io gli sorrisi.
"Dammi pure la tua valigia" disse prendendola
come se fosse un cuscino. "Vieni, ti faccio vedere com’è la casa dentro"
Non mi guardava più stupito, ma gli occhi gli si illuminavano
ancora. In quel momento avrei tanto voluto essere un vampiro per capire quello
che si provava guardandomi, percepire questo qualcosa che impediva di farmi del
male. Boris si girò incuriosito verso di me.
"Sbaglio o prima hai detto "bella la
casa"?" Io annuii e lui sorrise.
"Benvenuta a casa Premyslidi,
Natasha" disse mentre
apriva la porta d'ingresso.
E con questo si conclude anche il
28esimo capitolo! Ad essere sincera mentre lo
rileggevo mi sono commossa in certi pezzi; a me è proprio piaciuto. Manie di
vanità a parte, spero che questo valga anche per voi! Bacio!
x _sefiri_:
eh,eh,eh…sì, lo ammetto, sono stata cattiva con Kathy.
Ma un po’ di avventura fa bene anche a lei!:) Orride
battute a parte mi incuriosiscono parecchio questi “mille modi per uccidere
Marte”, a dirla così sembra il titolo di un libro…. Cooomunque
ho già trovato un nome per il centro di assistenza per
Emmett! AMO, che sta per Aiutiamo i Morbidosi Orsacchiotti! Prevedo già un Emmett
felice e sereno! Hihihihi…Strani progetti a parte spero che anche questo capitolo ti abbia attizzata, Smack!
x Ada Wong:
Prima di tutto sono contenta di averti nuovamente fatto contenta (ma è italiano
questo?) per averti fatto trovare questa ff ai primi
posti (fiu…! L’ho detto!Adesso
andiamo a contare gli errori grammaticali!) e leggi piano! Se no Jacob qui da me mette il muso perché viene
preso in considerazione troppo poco! È un piccolo cucciolotto
con un grande bisogno di attenzioni, sai! ;) Scherzi a parte sono davvero lusingata, commossa, scossa,
emozionata per quello che ti fa provare la mia ff!
Sono veramente contenta e felice! J Sappi che anch’io ci
tengo a conoscere la tua opinione, conta moltissimo il parere dei miei lettori
su quello che scrivo! No, il costume da MichealMyers non l’ho trovato, in
compenso però ho rubato la maschera ad HannibalLecter (…….Gaspard…..*________*)
Certo! Almeno il birbone schizofrenico te lo do volentieri! Per il seguito, bhe,
già devo finire questa, per un seguito ce ne vuole di
tempo! Ah, l’hai già postata?! Cerco di leggerla il
prima possibile! Non ti preoccupare, la dedica non è
necessaria ^//////^ dico davvero! ^^ Rispondendo ai tuoi commenti del
capitolo: Sarebbe stato bello, sì, ma poi non sapevo
come coinvolgere Kathy e tutto il resto! Scusa, ma mi
sono dimenticata di specificare che Natasha non era vestita
da niente. (me maldestra). Ma
cosa e cosa Arancia meccanica! Falli vedere tutti i 5439024372972 episodi di Beautiful! (me perfida…hihiihi…)!We, vacci piano con Edward! Sarà morta la Meyer (10
prostrazione per aver nominato invano il suo sacro nome)
quando riuscirò a farlo muovere come lei! ^^ Beh, in questo capitolo Jacob ha avuto moooolto più
spazio per “esprimersi” ( trad: incazzarsi
come una bestia) Non è successo quello che volevi accadesse
(anche se ci siamo andati molto, molto vicino) ma spero che Jacob abbia fatto abbastanza resistenza; ad essere sincera
credo di aver un po’ sorvolato su questo aspetto, fammi sapere la tua opinione!
Per quanto riguarda Carlisle e
Anastasia spero che le informazioni che hai potuto ricavare
ti siano state esaurienti ;) Grazie ancora ed ancora ed ancora per commentare
sempre! Aspetto con pazienza la sacra scannerizzazione
*________*Bacissimi!
Appena entrata rimasi da subito enormemente impressionata;
l’interno era molto più appariscente dell’esterno, seppur semplice. Davanti a
me si stagliava un ampio salotto con pavimento in legno, un grande tappeto, un
paio di divani e poltrone, tutte rivolte verso un grande caminetto realizzato
nella parete. Rimasi per un momento immobile a contemplare lo spettacolo che
avevo davanti.
“Vieni, ti faccio vedere la tua camera.” La profonda voce
di Boris mi riscosse; si trovava a metà strada di un’ampia scalinata in legno
che portava ai piani superiori. Io lo raggiunsi velocemente. Il piano di sopra
era un vero e proprio labirinto; mi domandai se fossi mai riuscita a
raggiungere la porta d’ingresso da camera mia. Boris si fermò davanti ad una
spessa porta in mogano e l’aprì.
“Questa è la tua stanza” Era incredibile e bellissima. Il
letto era molto più grande di un due piazze ed era a baldacchino. C'era un
bagno privato, anch’esso molto grande e la vista dava su un bellissimo laghetto
ghiacciato. Non riuscii nemmeno ad esprimere il mio stupore e ringraziare
Boris.
“Ti lascio sola. Per ogni cosa mi trovi in salotto. Ti
verrò a chiamare quando gli altri ritorneranno” si limitò a dire semplicemente,
notando il mio stupore. Io annuii con il capo.
“Grazie di tutto” riuscii finalmente a dire in un
sussurro. D’altro canto Boris mi fece un amichevole occhiolino. Era proprio un
tipo originale. Mi diedi da fare per svuotare la valigia da tutti i miei
vestiti. Ci impiegai circa mezz’ora, dopodiché la misi in un angolo ad
arieggiarsi un poco. Finalmente mi buttai sul letto; era davvero comodo, molto
più del mio. Svogliata di lasciare un così comodo e piccolo paradiso mi alzai e
andai verso la finestra, scostando leggermente la tenda. Avevamo impiegato
circa un giorno per venire fin qua e ora davanti a me si stagliava il tramonto.
Era davvero uno spettacolo bellissimo vedere il sole mentre scompariva riflesso
nel piccolo laghetto ghiacciato. Guardai nuovamente la mia camera con
soddisfazione; ero stata davvero fortuna. Non avendo altro da fare decisi di
uscire; chissà, magari avrei potuto chiedere a Boris di offrirmi un piccolo
tour dell’abitazione. Ad essere sincera in quel momento non avevo nessuna
voglia di stare sola con me stessa. Non appena attraversai quella porta però mi
ritrovai di fronte una bambina. Era un vampiro, non c’era nessun dubbio. Non
sembrava avere più di dieci anni e ciò era evidenziato anche da due grandi ed
alti codini che raccoglievano i capelli corvini. Non voleva togliermi lo
sguardo di dosso; anche lei aveva una faccia del tutto sorpresa.
“Ciao, io sono Natasha” cercai di presentarmi. Lei però
continuava a guardarmi sorpresa e… forse anche un po’ impaurita. Infatti senza
dire una parola se ne andò velocissima via da me. Questa volta toccò a me
rimanere sorpresa dalla sua velocità e del suo comportamento. Che strana
bambina; avrei chiesto di lei a Boris. Fortunatamente riuscii a ripercorrere la
strada inversa grazie al mio senso dell’orientamento. Appena scesa però in salotto
non c’era solamente Boris, ma anche un altro vampiro. Doveva avere anche lui
più o meno l’età di Boris. Ciò che a prima vista mi colpì era la lunga coda di
cavallo che raccoglieva in modo elegante i suoi lisci capelli castano scuri.
Anche lui aveva cominciato a guardarmi sorpreso; dovevo cominciare a farmi
veramente l’abitudine della reazione dei vampiri nei miei confronti.
“Dunque, dunque… tu sei Natasha” Io annuii e gli porsi la
mano che lui gentilmente mi strinse.
“Piacere io sono Vincent” si voltò ancora sorpreso verso
Boris.
“È...” Non riuscì però a trovare le parole giuste per
esprimersi.
“Vero?” lo assecondò Boris con un sorrisino. A mio parere
Vincent si dimostrava molto più galante e garbato di Boris, il quale era un
tipo molto più alla mano. In quel momento mi sentivo più come un oggetto che
una persona, ma decisi di non badarci molto.
“Prima ho incontrato una strana bambina, chi era?” chiesi
per rompere in qualche modo il ghiaccio.
“Ah… lei era Stacey. Non è molto socievole. È stata morsa un
anno fa e solo adesso ha cominciato ad abituarsi a questa situazione” mi disse
Boris. Provai una sorta di strana tristezza per quella bambina. Non poteva
avere più di dieci anni ed era già costretta ad uccidere per vivere.
“Siediti pure Natasha” mi disse Vincent facendo lo stesso.
Io lo imitai seguita anche da Boris.
“Tra poco dovranno arrivare anche gli altri” continuò.
Infatti ebbe solamente il tempo di finire la frase che la porta si aprì.
“Per l’appunto” mi disse Boris alzandosi. Io feci lo
stesso, di nuovo.
“Tanya, è arrivata” disse Vincent a qualcuno dietro di me.
Mi voltai; tre vampiri mi stavano guardando con interesse.
“Ah! Quindi tu devi essere Natasha! Piacere io sono Tanya”
A parlare era stata una vampira che non doveva avere più di diciassette anni,
con dei bellissimi capelli color biondo rossiccio. Mi stava guardano
entusiastica.
“Questa è mia sorella Irina” indicò l’altra vampira vicino
a lei. Dovevano avere pressoché la stessa età, ma osservandole bene non erano
molto simili e non solo per i capelli, che lei aveva biondo cenere, ma anche
dai lineamenti del viso. Probabilmente il loro non era un legame biologico, ma
basato sulla confidenza che c’era tra loro. Ciò però che mi sorprese, e che mi
disturbò, era la sua espressione; pareva mi stesse incenerendo con gli occhi e
non mi degnò nemmeno di una parola. Non dovevo essere una benvenuta per lei.
“E questo è JJ” disse infine indicando l’ultimo vampiro.
Un ragazzo alto, dai capelli castani chiari e un po’ sbarazzini e dagli intensi
occhi color oro. Trattenei il respiro per un’infinita di tempo, a mio parere.
Romeo. Quel ragazzo era il mio Romeo. Quel Romeo che avevo sempre immaginato.
La sua somiglianza era sorprendente.
“Piacere” mi disse cordiale porgendomi la mano. Aveva una
voce profonda e melodiosa. Io mi limitai ad un sorrisino.
“Siediti pure” Tanya si era già messa comoda sulla
poltrona davanti alla mia.
“Mi spiace di non essere stata io a fare gli onori di
casa; mi sarebbe piaciuto vedere Carlisle” disse con grande gentilezza.
“Ci ho già pensato io” disse Boris.
“Un valido motivo che mi spinge a occuparmene di persona”
disse ironica Tanya.
“Stai forse insinuando che non sono in grado di dare il
benvenuto alle persone che entrano in questa casa?” disse lui risentito.
“Non mi permetterei mai, Boris!” rispose Tanya sarcastica.
Boris rispose dandole una gomitata. Mi ritrovai a sorridere; nonostante fossero
molto diversi questa famiglia di vampiri si dimostrava molto legata. C’era però
una cosa che continuava ad irritarmi: Irina, che mi continuava a guardare con
quello sguardo truce in un angolo del salotto a braccia conserte.
“Tornando a noi” disse Tanya guardandomi ancora
affascinata “Carlisle ci ha informato di ogni minimo dettaglio della
situazione, il buco nell’acqua a Volterra compreso...”
“Tolgo il disturbo” si intromise subito Irina che,
aggraziata, se ne andò velocemente al piano di sopra. Credevo proprio che ce
l’avesse con me.
“Irina!” le grido Tanya severa, mentre questa saliva le
scale.
“Perdonala, non ce l’ha con te” mi disse Vincent. “ma con
i Cullen. Tempo fa è accaduta una vicissitudine che ha portato a molte
conseguenze; per questop non ha mai consentito ad ospitarti e a fare a Carlisle
questo favore.” Come poteva avercela con i Cullen? Li rispettavo moltissimo e non
credevo che potessero in qualche modo venire odiati da qualcuno.
“Comunque” continuò Tanya come se niente fosse, nonostante
fosse evidente l’amarezza sul suo volto “C’è una cosa su cui Carlisle è stato
molto vago, e che ha… stuzzicato la nostra curiosità.” Ora tutti avevano
cominciato a guardarmi incuriositi.
“Carlisle ha solamente accennato alle strane capacità che
possiedi. Ad essere sincera vorremmo sapere di cosa si tratta. Se non sono
troppo discreta.” Non sapevano quindi quali erano le mie doti. Questa volta
decisi di seguire il consiglio di Carlisle, soprattutto dopo il nostro piccolo
discorso di prima, e dire la verità. Inoltre queste persone mi ispiravano
fiducia.
“Sono in grado di teletrasportarmi.”
“Davvero?! Posso vedere?! Posso?!” All’improvviso vicino a
me era comparsa quasi dal nulla Stacey, che mi fece sobbalzare dallo spavento.
Mi stava guardando con i suoi grandi occhioni color oro, che in quel momento
assomigliavano tantissimo a quelli di Alice quando tentava di convincermi a
fare quello che voleva.
“Non è un fenomeno da baraccone, Stacey.” Una voce che
proveniva dall’alto mi fece alzare la testa. Sopra di me potei vedere il viso
di JJ, che si era appoggiato allo schienale del divano su cui ero seduta. I
nostri occhi si incrociarono per un momento; non erano perplessi, ma del tutto
inespressivi. Tornai a guardare Tanya e gli altri vampiri. Assomigliava troppo
a Romeo; ora che sapevo che era dietro di me non mi sentivo molto a mio agio.
“Ah…interessante” disse Boris impressionato.
“Ed altro?” chiese Tanya veramente interessata.
“Sì, ma il teletrasporto è l’unica capacità che riesco a
controllare volontariamente. Ne ho dimostrate altre, ma solo
occasionalmente."
“Perdona l'insolenza, ma siamo terribilmente desiderosi di
conoscerle” domandò Vincent. Io ci pensai un attimo su, atterrita dal suo
vocabolario raffinato.
“Non sono delle doti molto definite. Una volta ho
sradicato un albero, effettuato un salto di venti metri e corso per svariati
chilometri orari, con l’unica eccezione che non sono riuscita a fermarmi. Sto
imparando a far lievitare piccoli oggetti, ma mi devo ancora esercitare. Faccio
strani e confusi sogni premonitori e ho delle strane visioni. Credo che possa
bastare…ah, no. Una volta ho allagato una galleria della metropolitana, sentito
la voce di una mia amica nella testa, fatto traballare i mobili della mia
stanzae atterrato tre vampiri, ancora
adesso non so come.” Avevo parlato delle mie doti come di una lista della
spesa. Nonostante tutto avevo realmente colpito i presenti, che ora erano molto
più perplessi di prima.
“Ah…” fece Tanya senza parole.
“Sai anche volare?” Mi voltai verso Stacey. Assomigliava
proprio ad una bambina curiosa.
“No” dissi sorridendole un po' imbarazzata dalla strana
domanda. Sul suo viso si creò un’espressione d’improvvisa tristezza.
“Alla faccia delle doti” intervenne Boris, in modo
amichevolmente sfrontato “Io riesco solo a controllare la sorte intenzionale…”
“Ti stai riferendo al tuo giochino che consiste nel far
uscire a tuo piacimento i numeri della lotteria?” fece sarcastico Vincent.
“Ehi! È proprio grazie a questo mio giochino che tu vivi
in questa casa!” Boris era una persona molto vivace e molto amichevole; fu per
questo che mi piacque da subito.
“Sorte intenzionale?” chiesi curiosa.
“Sì, riesco a far accadere eventi non dettati dalla
volontà di essere pensanti. Per esempio posso controllare il tempo
meteorologico come provocare una valanga” mi informò Boris. Caspita, e se ne
lamentava?
“Comunque” Tanya fece tornare l’attenzione su di sé “Sei
in grado di fare un bel po’ di cose…” Era ancora lievemente scioccata, ma si
riprese subito. Detto questo si alzò e mi sfoderò un sorriso.
“Scusami, adesso non ti tormenterò più con queste domande.
Spero che ti troverai bene per queste due settimane.” Si girò verso Boris.
“Le hai fatto almeno vedere la sua camera?”
“Ovvio!” replicò Boris punto nell’orgoglio.
“Quella giusta?” insistette Tanya.
“…Sì” disse questa volta meno convinto Boris. Tanya
sospirò, poi però le si illuminarono gli occhi e tornò a guardarmi.
“Scusa l’impertinenza della domanda, ma…tu mangi?” Nessuno
mi aveva mai posto una domanda del genere e sul momento mi lasciò veramente
spiazzata. Poi però capii che era dopotutto una domanda lecita, visto che non
essendo umana avevano probabilmente ipotizzato che non mi nutrissi come le
persone normali .
“Sì, come gli esseri umani” Notai che tutti i vampiri
presenti in quella stanza aggrottarono le sopracciglia; non credevo sarebbe
stato bello per loro trovare del cibo in casa. Per quei tre secondi mi sentii
essere un gran peso. Decisi quindi di fare una proposta.
“So che voi vampiri odiate il cibo umano. Credo già di
avere provocato troppi disturbi venendo qua. Quindi mi sembra giusto dovermi
occupare io stessa della mia alimentazione. Desidererei occuparmi io della...
preparazione dei miei pasti. Farò la minima attenzione affinché qualsiasi odore
di cibo non oltrepassi la cucina, che vedrò sempre di tenere chiusa, con la
finestra aperta.” Finito di parlare sfoderai un grande sorriso nella speranza
di vedere accetta la mia risposta. Ancora una volta vidi il volto dei presenti
perplesso.
“No…non serve che tu ti dia così da fare” mi disse Tanya
con voce un po’ tremula.
“No, dico sul serio.” Tanya guardò Vincent e Boris accanto
a lei. Sembravano in qualche strano modo imbarazzati e…commossi per la mia
proposta inaspettata. Mi guardarono tutti e tre con un sorriso. JJ rimaneva
sempre dietro di me e continuava a mettermi un po' a disagio.
“Non hai idea di quanto te ne siamo grati” continuò Tanya
sfoderando un grandissimo sorriso. Capii che accettavano la mia proposta.
Anch’io sorrisi, almeno così sarei stata un peso più leggero.
“A proposito di cibo, dovresti essere affamata. JJ,
portala a mangiare qualcosa; ti avverto da subito che qui dentro non c'è niente
di commestibile per te.” A dire il vero, anche se a pranzo non avevo mangiato
niente, non avevo per niente fame a causa dei pensieri che mi ribollivano in
testa. Mi girai di scatto; JJ era sempre rimasto dietro di me. Ora stava
sfoderando una faccia di assoluto disgusto; l'idea di poter stare a contatto
troppo ravvicinato col cibo lo mettava un pò a disagio.
“Va bene” disse però rassegnato ed un po' irritato,
prendendo il suo cappotto.
“Davvero, non ho fame...” cercai di dire, ma nessuno mi
ascoltò.
“Vieni” mi disse lui aprendomi la porta. Non riuscii
nemmeno a replicare e fui costretta ad uscire anch’io.
“Ciao!” Inaspettatamente Stacey mi salutò gioiosa. Io
risposi con una mano; non mi sembrava per niente una bambina associale, anzi,
era molto simpatica. JJ mi accompagnò al garage, che effettivamente era molto
più simile ad un deposito di porto, tant’era grande. Notai senza sorpresa che
anche a loro piaceva correre veloce, vista la grande quantità di auto sportive
presenti. JJ si stava dirigendo verso una Aston Martin nera.
"Si accomodi” mi disse JJ, aprendo tuttavia la porta del guidatore e non
quella del passeggero. Aveva delle buone maniere davvero ambigue.
“Ti avverto, a me la velocità non piace” dissi io
entrando. Lui mi guardò come se avessi parlato una lingua che non conosceva e
mise in moto. Avevo come l’impressione che non avesse compreso. Per precauzione
mi allacciai le cinture. Infatti, dopo aver messo la prima, era tranquillamente
passato alla quarta.
“Potresti rallentare un poco?!” chiesi io un po’ isterica,
aggrappata ai sedili in pelle nera. Lui mi guardò.
“Non ci schiantiamo” mi disse quasi annoiato guardandomi.
Davvero rassicurante!
“Non m’importa! E guarda davanti!” continuai io. Lui
sbuffò e cercò di rallentare più che poteva.
“Grazie” dissi mollando la presa.
“Solo perché i miei sedili rischiavano” Sapevo che stava cercando
di fare una battuta, ma non avevo molta voglia di ridere al momento.
“Non sei una tipa a cui piacciono le battute, vero?” mi
fece lui calmo.
“No, non è questo” dissi io un po’ giù.
“Ah, ti è dispiaciuto lasciare Forks” riprovò lui.
“È inutile andare a tentativi” cercai di dire gentile. Non
mi piaceva che qualcuno si intrufolasse nei fatti miei in questo modo.
“Davvero? Hai avuto problemi con qualcuno, magari il tuo
ragazzo?” JJ capì che aveva fatto centro dalla smorfia che si era formata sul
mio viso. Poi però fece cadere l’argomento lì e non ne parlò più.
“Non sembri avere molta fame” disse lui serio. Io scossi
la testa. Lui frenò bruscamente, sterzando e facendo una pericolosa curva a U
nella strada deserta, tornando indietro.
“Scusa” fece subito dopo. Io lentamente mi staccai dai
sedili ai quali mi ero nuovamente avvinghiata.
“Dove mi stai portando?" chiesi curiosa.
"In un posto dove si sta al caldo" mi disse lui
con l'aria di chi la sapeva lunga "Stai tremando" Davvero? Persa tra
i miei pensieri com'ero non mi ero nemmeno resa conto di essere scossa da
brividi di freddo. Mi portò in una piccola baita, dove dentro l'atmosfera era
davvero rassicurante. Era un posto molto tranquillo e sereno, pieno di
famigliole che dopo una giornata passata a sciare si riscaldavano con una tazza
di cioccolata calda. Quando entrammo un piacevole calduccio mi avvolse.
"Accomodati pure dove vuoi, torno subito" disse
dirigendosi verso il bancone. Io cercai il tavolo libero più appartato che ci
fosse, mi sedetti e mi tolsi il cappotto. Pochi secondi dopo JJ arrivò con una
tazza di cioccolata fumante in una mano e me la mise sotto il naso. Che
gentile; mi offriva la cioccolata, ma non mi apriva la portiera dell'auto. Non
c'era che dire, proprio ambiguo. Lo ringraziai con un sorriso, a cui lui
rispose senza esitazione. Si sedette sulla sedia davanti a me con una faccia di
disgusto, mentre elegantemente si toglieva il cappotto. Mi accorsi che vicino a
noi c'era un tavolo di giovani ragazze che non aveva fatto altro che mangiare
con gli occhi JJ, il quale non sembrava minimante accortosi di loro. La scena
mi fece ridere leggermente sotto i baffi. Tornai a guardare JJ; aveva sempre
quell'espressione disgustata.
"Ti dà fastidio l'odore della cioccolata?" Era
una domanda un po' stupita, date le circostanze, ma in quel momento mi parve
buona per rompere il ghiaccio. Lui annuì rassegnato.
"Ma sopravvivrò" disse infine. Io cominciai a
sorseggiare la mia enorme tazza di cioccolata; aveva ragione, si stava proprio
bene in questo posto. Inoltre la cioccolata mi fece rasserenare un poco. Stavo
passando un brutto momento, era vero, ma non era nemmeno giusto rovinare
l'umore anche agli altri comportandomi in modo cupo. Dovevo cercare di tenere
tutto dentro, per il momento; non volevo coinvolgere persone appena conosciute,
come avevo rischiato di fare prima. Guardai negli occhi JJ; mi sentivo in
dovere di parlare con lui per la gentilezza che mi aveva dimostrato. Nonostante
mi ci fosse piano piano abituata mi sorprendeva ancora adesso la sua
somiglianza con il mio Romeo.
"Posso farti una domanda?" gli chiesi curiosa.
La sua espressione da infastidita si trasformò.
"JJ sta per cosa?" Sul suo volto apparve un
sorriso trattenuto. Un magnifico e dolce sorriso trattenuto, per essere
precisi.
"Il mio nome non è molto... carino, quindi preferisco
farmi chiamare così" disse lui ancora con quel sorriso imbarazzato.
"Non hai risposto alla mia domanda" feci anch'io
con un sorriso continuando a sorseggiare la mia cioccolata.
"Non metterti a ridere però."
"È così buffo?"
"Sì, riderai sicuramente"
"Mettimi alla prova" mi guardò con occhi di
sfida.
"Jonathancarlserberg"
"Bhè? Cosa c'è di male in Jonathan?" Il suo
sorriso si ampliò.
"-carlserberg non è il cognome" Ah. Mi lasciò
veramente sorpresa.
"Jonathancarlserberg" mormorai io ancora
attonita.
"Già" rispose lui amaro.
"Mi hai stupita" mi arresi io.
"Te lo avevo detto. Ed il cognome è ancora
peggio."
"Non offenderti, ma quello non lo voglio sapere"
"Figurati, mi imbarazzerei io a pronunciarlo"
fece ridendo sarcastico.
"Decisamente meglio JJ"
"Già" Passarono alcuni minuti di silenzio. Ero a
metà della mia cioccolata.
"Posso farti un'altra domanda?" Lui non aveva
tolto lo sguardo da me, nonostante quel gruppetto di ragazze lo stava ancora
guardando e non finiva più di dire più petulanti commenti sul suo conto.
"Perchè ad Irina i Cullen non stanno simpatici?"
Lui fece un sorriso amaro ed un sospiro.
"Non badare al suo comportamento strano, non è dovuto
a te."
"Questo l'ho capito"
"È una storia lunga..."
"Nel senso 'è una storia lunga, non mi va di
parlarne' o 'è una storia lunga, possiamo starci ore a discuterne'?" Lui
sghignazzò realmente divertito.
"Credo sia più un 'è una storia lunga, non mi va di
parlarne'. Non sono coinvolto direttamente, ma lo è Irina, quindi non mi
andrebbe di spiattellare i suoi fatti così alla leggera." Giusto, senza
volerlo mi ero comportata da vera maleducata.
"Scusa, ho fatto la ficcanaso" dissi continuando
a sorseggiare.
"Figurati, non hai avuto tutti i torti dopo che ti ha
trattato in quel modo" fece lui sereno.
"Posso farti un'ultima domanda?" chiesi ancora
io.
"No, questa volta no" fece lui sarcastico
"Perché me lo devi sempre chiedere e semplicemente non me la dici?"
chiese sorpreso, poi cominciò a studiarmi con sguardo critico "Forse ti
sto mettendo in imbarazzo?"
"No, ma cosa dici?" dissi io appoggiando la
tazza sul tavolo. Cosa andava a pensare? Ad essere sincera però aveva ragione.
Il mio continuo paragone con Romeo non mi metteva a mio agio; questa
fantasticheria mi faceva comportare come un'imbambolata. Lui non aveva smesso
di studiarmi e non voleva staccare i suoi occhi dorati dai miei. Questo mi
metteva veramente a disagio. Si riscosse di punto in bianco.
"Cosa volevi chiedermi?"
"Anche tu hai qualche potere, come Boris?” feci curiosa.
“Sì, sono in grado di percepire la presenza degli altri
vampiri, anche a lunge distanze. In questo modo riusciamo a prevedere gli
attacchi. Sono… la sentinella della famiglia. Vincent invece riesce a mettere tutti
noi in comunicazione telepatica; è molto utile nel combattimento poter
comunicare attraverso i nostri pensieri per coordinarci meglio” mi continuò a
guardare guardingo “Qualche altra domanda?” Io con un sorriso scossi la testa.
Avevo appena finito la mia cioccolata e mi alzai subito dal tavolo; credevo di
aver già tormentato JJ abbastanza. Lui mi guardò grato e mi accompagnò fuori;
il freddo mi fece nuovamente rabbrividire. Fui costretta ancora una volta a
subirmi un viaggio alla velocità della luce che per poco non mi svuotò della
cioccolata appena bevuta. Questa volta però fu perfino così galante da aprirmi
la porta d’ingresso e farmi entrare. Le sue maniere erano troppo ambigue e...
imprevedibili. Dentro il salotto era stranamente deserto.
“Hai bisogno che ti accompagni fino in camera?” Io gli
sorrisi ironica.
“Sì, ho capito dov'è. Grazie per la compagnia, JJ” dissi
io mentre salivo le scale.
“Figurati” mi fece lui sorridendo “A domani” Mi girai solo
un momento per salutarlo con la mano prima di scomparire lungo il grande
corridoio. Lo percorsi ed entrai in camera mia. Nel mio bagno privato c’era una
vasca e quindi non mi sarei fatta scappare l’opportunità di farmi un bagno
caldo come si deve; quando un'occasione del genere si presenta bisogna coglierla
al volo. Infatti quella sera uscii dal bagno un po' più rilassata. Non ero
stanca, ma mi rimboccai lo stesso nel mio grande letto. Sotto le coperte si
stava ancora meglio. Sfortunatamente non fui dell’umore giusto neppure per
leggere. Nella vasca avevo cominciato a pensare costantemente a Jacob; era
quello che succedeva se stavo sola. Pensai che forse queste due settimane gli
avrebbero fatto bene; gli sarebbe passata. Ma avevo seri dubbi che ciò potesse
accadere. E se sarebbe invece accaduto l'opposto? Se avrebbe deciso di non
stare più con me per quello che mi aveva fatto? Cosa sarebbe successo? Non
serviva domandarselo. Se fosse successo questo la risposta era chiara e
limpida; non mi avrebbe più permesso di stargli vicino. E questo comportava una
conseguenza che non avrei mai, mai pensato. Un’orribile conseguenza; io e Jacob
ci saremmo dovuti lasciare. La tristezza ritornò ad incombere su di me. Io non
volevo questo; ero troppo innamorata di lui. Non lo sai che la vita è
ingiusta? Una voce dentro di me risuonò nella mia testa. Aveva ragione, ma
questo era davvero troppo.
Mi ricordai della mia dichiarazione quella volta sulla
spiaggia, di come lo avevo messo in pericolo con la mia scelta ed accontentare
i miei desideri. Mi ricordai che all’inizio avevo esitato. Forse era giunto il
momento di ritornare indietro e ripercorrere l’altra strada? Forse avevo
sbagliato sentiero e ciò che era successo poteva essere una possibilità per
cambiare? Forse se non fosse stato Jacob a dirmi di non vedermi più, per il bene
d’entrambi, non appena sarei ritornata a Forks, lo avrei dovuto fare io? In un
impulso di rabbia presi uno dei tanti cuscini sul letto e lo lanciai contro la
parete opposta. No! Non avrei mai fatto una cosa del genere! Non avrei mai
mentito in questa maniera! Ma allora… come mi sarei comportata? Mancava un
piccolo particolare, un dettaglio molto importante; quella volta avevo
accontentato anche i suoi di desideri. Con rabbia mi presi la testa con le mani
premendo con forza contro le tempie; provavo come lo strano bisogno di
schiacciarmi la testa per così togliermi finalmente la capacità di pensare.
Quella notte dormii poco ed il giorno dopo mi sentivo
peggio di prima. Mi svegliai con un gran mal di testa; non avevo dormito molto
bene, nonostante quello fosse il miglior letto sul quale mi fossi mai stesa. Mi
alzai e andai a sistemarmi in bagno. Il mio malumore era inoltre amplificato
dal senso di fame che mi premeva continuamente lo stomaco; stavo letteralmente
morendo di fame. Certo, ieri avevo bevuto solamente un tè ed una cioccolata,
era logico che adesso avessi una fame da… lupi. Mannaggia. Dovevo smetterla di
pensare a Jacob. Ieri sera avevo decisamente esagerato. In realtà no, sapevo
che non avevo esagerato per niente e sapevo anche cosa sarebbe successo se
fosse accaduto veramente, cosa che continuavo a non sperare. Uscita dal bagno
presi il cellulare per controllare l’ennesimo messaggio di mamma. Ero qui da
nemmeno ventiquattrore e questo era già il decimo messaggio che mi mandava. Con
un sospiro aprii la porta e scesi le scale. Avrei domandato gentilmente a JJ se
mi avrebbe potuto riaccompagnare in quel locale tranquillo di ieri, anche se a
dire il vero mi seccava chiederglielo. Appena uscita apparve alla porta Stacey,
mi stava sfoderando un grandissimo sorriso.
“Ciao, dormito bene?” Che dolce. Più la guardavo più
assomigliava a Kathy. Lei però era un vampiro; morsa a soli dieci anni. Provai
di nuovo una grande tristezza per quella bambina; condannata ad una eterna
maledizione fatta di rimorsi e odio per sé stessi. Nonostante tutto continuava
a sorridere, dimostrandosi felice. Era però un sorriso strano, non era come
quello di Kathy; decine di volte più bello, ma decine di volte più triste. Lei
aveva inclinato la testa e mi stava guardando dubbiosa, probabilmente perché
non le avevo ancora risposto. Mi riscossi da miei pensieri.
“Ho dormito benissimo” risposi con un sorriso.
“Ah… ho sentito dei strani rumori di cuscini provenire
dalla tua stanza. Ti piace tirare i cuscini? Anche a me mi piace!” disse elettrizza
“Potremmo giocare insieme un giorno di questi.”
Mi fu inevitabile sorride; era proprio una bambina. Fui
sorpresa che Stacey avesse sentito il rumore del cuscino che avevo tirato, ma
mi dovetti subito ricredere; si stava trattando di vampiri.
“Certo, una sera di questa potremo farlo” le dissi mentre
mi apprestavo a scendere le scale. Una volta giù credevo di trovare sicuramente
qualcuno, ma non trovai nessuno.
“Sai dov’è JJ?” chiesi a Stacey che mi aveva accompagnata.
“Proprio dietro di te” La sua voce mi fece sobbalzare di
parecchi centimetri “Perché mi stavi cercando?” Mi girai verso di lui ed il suo
volto mi mise per un momento tanto imbarazzo e soggezzione da rimanere
immobile. Mi riscossi subito però.
“Mi potresti portare in quel locale di ieri? Ci vorrei
andare da sola, non voglio disturbarti, ma ieri era buio e non ho visto bene la
strada che…”
“Ehi! Ti ci porto volentieri! E smettila di trattarti come
se fossi un peso per noi” disse JJ con il cappotto già adosso. Io ancora
titubante su ciò che aveva appena affermato indossai il mio, che la sera prima
avevo appoggiato all'appendiabiti all'ingresso.
“Perché non lo sono?” feci in un sussurro imbarazzato. JJ
si rivolse a Stacey.
“Stacey, per te Natasha è un peso?” Stacey cominciò a
scuotere vistosamente la testa, scuotendo freneticamente anche i codini che le
scendevano. Io feci un leggero sorriso un po’ commossa.
“Visto?” JJ mi stava guardando con espressione soddisfatta
mentre apriva la porta d’ingresso, uscendo però prima lui “Andiamo.” No, aveva
degli strani modi di comportarsi.
“Stacey, vuoi venire anche tu?” Inaspettatamente lei
divenne subito triste e con una smorfia scosse la testa.
“Non posso” sussurro.
“Stacey ha il divieto di non andare in centro” disse JJ
con la voce da fratello maggiore autoritario “Fa la brava e non tentare di
allagare la casa come l’altra volta che ti ho lasciata sola!” Lei in compenso
lo fiammeggiò con lo sguardo.
“È stato un incidente! Comunque tornate presto…” disse
mentre lei tornava a salire le scale e noi uscivamo diretti verso il garage. Mi
fece salire sempre sulla solita auto, che avevo imparato in parte a temerla,
lei e la sua velocità. Questa volta però JJ aveva deciso di non superare gli
ottanta chilometri orari. Mi sentivo leggermente più rassicurata. Notai che JJ
e Stacey avevano proprio un bel rapporto; mi ricordava molto quello tra me e
mia sorella.
“Stacey è davvero simpatica” cominciai per spezzare il
ghiaccio. JJ sorrise.
“Perché non è potuta venire con noi?” chiesi incuriosita
dalla sua affermazione di prima. Questa volta il suo sorriso diventò amaro.
“Stacey è stata morsa solo da un anno e ha seri problemi
di autocontrollo, per questo le abbiamo severamente proibito di entrare in
contatto di qualsiasi tipo con gli esseri umani. Non si farebbe troppi problemi
ad assalirli all’istante.” Mi rabbuiai anch’io. Mi dispiaceva moltissimo per
lei.
“Come è successo?” sussurrai.
“Un incidente. Per lei non è stato tragico quel momento,
ma quelli che sono venuti dopo; è stata costretta ad abbandonare i suoi
genitori, i quali la credevano morta. Per questo si è sempre comportata in modo
introverso e chiuso. Era raro vederla ridere...” Ciò contribuì solamente a
rabbuiarmi ancora di più; il destino era stato davvero ingiusto con lei. Quel
sorriso amaro ora però si era rilassato e JJ mi stava guardando malizioso.
“…finché non sei arrivata tu. Col tuo arrivo ha cominciato
a ridere di più. È più serena.” Io mi stupii all’istante. Ero un’estranea che
di punto in bianco si era intrufolata come un’intrusa nella sua famiglia; si
sarebbe dovuta comporta esattamente nel modo opposto. JJ continuò cercando di
risolvere la perplessità ben visibile in faccia.
“Stacey si sente bene in tua compagnia; non sente
l’incontrollabile bisogno di assalirti, bensì l’opposto. Si sente rassicurata
dalla tua presenza. Insieme a te può davvero rilassarsi.” Per un momento mi
compiacqui di me stessa; almeno per una volta il fatto di non essere umana
aveva portato a qualcosa di buono.
“Per te è come una sorella, non è vero?” JJ annuii con un
ampio sorriso.
“Quindi, mettiti bene in testa che tu non sei assolutamente
un peso per noi” fece lui con tono da falsa presa in giro. Io mi girai
dall’altra parte, arrossendo un poco. Cinque minuti dopo ci trovavamo davanti
allo stesso locale di prima. A causa del buio ieri non avevo notato la pista
sciistica, ora affollatissima, a qualche decina di metri di distanza. Il
piccolo locale ora era quasi vuoto, poiché tutti erano occupati a sciare. Mi
sedetti nel tavolino di ieri ed ebbi la faccia tosta di chiedere al cameriere
tre brioche e due cappuccini. Stavo veramente morendo di fame.
“Qualcuno qui ha davvero fame” affermò JJ impressionato
dalla mia ordinazione, arricciando il naso. Io non lo stetti molto a sentire e
mi buttai avida sulla prima brioche. Avevo un bisogno esasperato di zuccheri.
"Non sei costretto a restare qui se l'odore del cibo
ti dà fastidio."
"Ma figurati" disse lui un pò stizzito. Un
imbarazzante silenzio calò su di noi.
"Dove sono adesso gli altri?" chiesi per rompere
il ghiaccio e parlare di qualcosa.
"Tanya ed Irina sono andate a fare shopping. Hanno un
lato femminale che fa davvero paura. Mentre Vincent e Boris sono andati a
lavoro"
"Lavoro? Che bisogno c'è di lavorare con la capacità
di Boris?" chiesi mentre mi stavo ripulendo la bocca dalla marmellata
della prima.
"Scusa, più che lavoro la loro è una passione. Sono
molto legati; si conoscono da bambini e hanno vissutto proprio tutto insieme,
compresa la trasformazione in vampiri. Sono stati morsi dallo stesso vampiro,
ma non ricordano molto di quell'evento. Hanno da sempre condiviso la passione per
l'arte e sia prima che dopo la trasformazione hanno sempre esercitato la
professione di critici d'arte insieme, anche se per loro rimane sempre una
grande passione." Annuii interessata con la testa. Non avrei mai detto che
Boris e Vincent fossero così uniti. Era davvero forte il rapporto che c'era in
questa famiglia.
"Diciamo che non hanno sofferto come è successo a
Stacey."
"E tu hai sofferto?" chiesi con poca noncuranza.
Lui mi fulminò subito con lo sguardo. I suoi occhi dorati stavano trafiggendo i
miei.
"Da morire" sussurrò con un tono che voleva dire
'hai una bella faccia tosta a chiedermelo'. Io abbassai lo sguardo sul mio
capuccino. Avevo commesso un grande errore. Ultimamente ne facevo spesso; non
ero solita commetterne tanti in poco tempo.
"Perdonami" sussurrai io con gli occhi bassi.
Diedi imbarazzata l'ultimo morso vorace alla mia terza brioche e finii l'ultimo
sorso del mio secondo cappuccino. Lui non aveva ancora smesso di guardarmi, ma
non era più quello sguardo sprezzante. Prese un fazzolettino di carta dal
portafazzoletti al centro del tavolo e me lo spiacchicò letteralmente sulla
bocca. Quello non cadde, ma restò lì attaccato a causa di tutto il cappuccino
che dovevo avere intorno alla bocca. JJ ritornò sereno come sempre e con un
sorriso si appoggiò allo schienale guardando fuori dalla finestra. Più lo
guardavo, più non potevo fare a meno di paragonarlo a Romeo.
"Io ho finito" dissi per cercare di scacciare
quegli strani pensieri. Annuì e si alzò anche lui. Quando uscimmo dal locale un
vento gelido mi costrinse a chiudermi ancora di più nel capotto. Il freddo
proprio non lo sopportavo. Mentre mi dirigevo verso l'auto diedi ancora
un'occhiata alla pista sciistica e a tutte quelle persone che parevano
divertirsi a provare a schiantarsi. Non avevo una grande passione per lo sci.
Primo, perchè coinvolgeva la neve e quindi il freddo; secondo, perchè mi
sembrava piuttosto pericoloso.
"Vuoi sciare?" mi chiese JJ neutro mentre saliva
anche lui in auto.
"No, non mi ispira" risposi secca, mentre lui
accendeva il motore "Perché me lo chiedi?"
"Ti vedo così interessata alla pista sciistica"
rispose lui guidando verso casa Premyslidi. Un sorrisino gli comparve sul viso.
"Ogni pomerggio accompagno Stacey a pattinare su un
fiume ghiacchiato non molto lontano da casa. Ti andrebbe di venire?" Ad
essere sincera l'idea mi piacque molto fin da subito. I pattini mi ispiravano
molto più degli scii. Inoltre sapevo che mi sarei mossa di certo meglio con i
pattini; per molti anni aveva praticato il pattinaggio agonistico su rotelle e
d'estate mi piaceva andare in giro con i roller. Non avevo mai provato
pattinaggio su ghiaccio.
"Va bene" dissi convinta. In realtà lo stavo
facendo anche per far felice Stacey; forse si sarebbe divertita con me.
Tornati a casa Tanya, rietrata anche lei dallo shopping,
fu così gentile da accompagnarmi al supermercato per la spesa e tutto. Certo,
ero costretta a mangiare in cucina da sola con la finestra aperta per di più.
Tuttavia non potevo lamentarmi; mica potevo riempire la casa dell'odore del
cibo. Appena finito di mangiare JJ mi aveva detto che mi avrebbe aspettato
fuori per andare al fantomatico fiume ghiacciato. Finito di mettere a posto la
cucina, mi misi il capotto e uscii dalla porta d'ingresso. A pochi metri JJ e
Stacey mi stavano aspettando; si vedeva da un chilometro che lei era irrequieta
ed agitata, proprio come una bambina prima di una gita al lunapark. Sì, credevo
proprio che con me si sarebbe divertita.
Il fiume non si trovava molto lontano, ma fummo costretti
a percorre un tratto di strada tra i boschi che a causa del ghiaccio era
pericolosamente scivoloso. Quando arrivammo mi sorpresi di vedere quanto il
fiume fosse largo, quasi quanto un lago.
"Ho preso un trentotto, spero ti vadano bene" mi
disse JJ porgendomi un paio di scintillanti e bianchi pattini.
"E se non ti vanno bene li metti lo stesso!" mi
urlò Stacey autoritaria ed impazziente, mentre scivolava già veloce sul
ghiaccio. Con il sorriso sulle labbra mi allacciai i pattini anch'io. Mi girai
verso JJ, ma vidi che non stava indossando nessun paio di pattini.
"Tu non vieni?"
"Non mi ispira pattinare, preferisco sciare" mi
rispose lui quasi ironico.
"Non lo fa mai; secondo me non sa pattinare"
disse Stacey ridendo mentre completava il primo giro.
"Stacey, chiudi il becco!" le urlò JJ ancora
ironico, scatenando risa da parte della bambina. Cercai di alzarmi, ma non
appena lo feci persi l'equilibrio e caddi subito all'indietro. Con un grande
sospiro JJ mi prese per le braccia e mi mise dritta sul ghiaccio come se fossi
una bambola.
"Non ti dispiace se conto il numero di volte che
cadrai" mi disse lui sarcastico.
"Non ti preoccupare, non succederà nemmeno una
volta" gli dissi in tono di sfida, cercando di essere sicura di me, quando
non lo ero per niente.
Cominciai a fare le prime scivolate, ma a quanto pareva
non scivolavo abbastanza. Era più difficile di quanto sembrasse.
"Vuoi deciderti a pattinare?" mi urlò
sarcastico. In risposta mi girai verso di lui e gli sfoderai una linguaccia.
Non aiutava per niente. Qualcosa mi prese per i fianchi e mi fece scivolare
pericolosamente veloce. Stacey dietro di me si stava divertendo come una matta
a spingermi.
"Stacey! Fermati! Stacey!" Cercavo di urlarle di
fermarsi, ma lei non voleva saperne. La cosa più grave era che io non avevo
ancora capito come si frenava. Stacey mi lasciò i fianchi, lasciandomi andare
avanti. Bene, ora dovevo vedermela da sola. Sorprendentemente riuscii a girare
con grande facilità. Mi era decisamente più facile sapermi gestire mentre ero
in movimento che non da ferma. Guardai verso JJ. Sembrava quasi essere deluso
di non avermi vista cadere. Gli feci un'altra linguaccia e mi diressi verso Stacey,
che intanto stava girando come una trottola per tutto il fiume ghiacciato.
Sembrava essere davvero contenta di avermi come compagnia; era davvero una
bambina simpatica. Pattinammo per ore e nessuna delle due era ancora stanca. O
meglio, io non ero ancora stanca; i vampiri non provavano stanchezza. Era
davvero sorprendente quanto potesse essere divertente pattinare sul ghiaccio.
Era un'esperienza che non credevo mi potesse piacere così tanto.
"Dammi ancora le mani!" mi gridò Stacey. Lei me
le prese senza che io facessi niente e cominciò a girare su se stessa,
facendomi girare per l'ennesima volta anche me. Mi trovai a ruotare intorno,
formando con i pattini un cerchio concentrico e tenendomi per le mani Stacey
che rideva felice. Era l'ennesima volta che mi faceva vorticare in questo modo
e non sembrava avere nessunissima voglia di smettere di farlo. Quella volta
però ci fu un piccolo imprevisto e le cose non andarono come sarebbero dovute
andare. Facendo l'ennesimo giro l'acciaio del mio pattino si incastrò in un
solco abbastanza profondo, prodotto sicuramente da Stacey nel mentre dei suoi
abili salti e trottole. Mi mancò per un attimo il respiro, sicura che quando
fossi caduta sarebbe tornato. JJ avrebbe sicuramente detto qualcosa in
proposito alla mia prima caduta. Ma non fu così, il respiro non mi ritornò
appena toccato il ghiaccio, anzi, fui costretta a trattenerlo ancora di più.
Eravamo al centro del lago, dove il ghiaccio si faceva meno spesso. Fu così che
non appena caddi violentamente in pochi attimi il ghiaccio sotto di me si
frantumò facendomi cadere dentro l'acqua. Un'ondata di acqua gelida mi ricoprì
impedendomi di respirare. Sotto il ghiaccio l'acqua fluiva veloce e mi trascinò
violentemente con sé, portandomi lontano dall'apertura che io avevo creato ed
impedendomi di risalire. Ora un'immensa lastra di ghiaccio continuava a
persistere sopra di me, che cercavo disperatamente di spaccare con le mani, ma
inutilmente a causa della forza continua del flusso dell'acqua. Il gelo mi
stava opprimendo e il respiro mi stava per mancare del tutto. Solamente
l'istinto di sopravvivere mi impedì di sentire la grande paura che avrei
sicuramente provato dopo, ripensando a questi attimi. Se fossi stata in grado
di pensarli. Improvvisamente due grandi e potenti braccia spaccarono senza
problemi quella lastra di ghiaccio creando una nuova apertura. Mi cinsero
fortemente i fianchi e mi portarono in superfice. Appena entrai in contatto con
l'aria tossii cercando di far fuoriuscire l'acqua che mi era entrata e feci dei
grandi respiri profondi. Ma non fu una buona idea. L'aria fresca di montagna
penetrò talmente fredda nei miei polmoni da poterli bruciare. Fu per questo che
cominciai a tossire più forte; ogni attacco di tosse era una pugnalata. L'aria
fresca inoltre provocava lo stesso effetto al mio corpo, fradicio e bagnato. In
quel momento provavo talmente freddo da non riuscire nemmeno battere i denti.
Sentivo delle voci, ma non riuscivo bene a capire cosa dicessero; mi giungevano
ovattate. Sentii qualcosa di asciutto e pesante ricoprirmi, ma non servì a
riscaldarmi nemmeno un po'. C'era qualcosa che mi stava stringendo. Qualcosa di
duro come la pietra; qualcosa che ora mi stava alzando da terra. La mia mente
acquistò finalmente lucidità e potei così vedere cos'era questo qualcosa.
Quelle braccia erano di JJ; era riuscito a tirarmi fuori prima che fosse troppo
tardi. Si era tolto il suo capotto e me lo aveva messo a me.
"...JJ..." cercai di sussurare io per attirare
la sua attenzione. Lui mi guardò immediatamente. Il suo viso era rovinato dalla
tensione.
"Natasha, stai bene?" mi disse preoccupato.
Sentivo che si stava muovendo, ma quasi non me ne accorsi. Non risucivo a
rispondergli. Il freddo era un po' diminuito ed i denti avevano cominciato a
tremare ossessivamente.
"Non devi svenire, Natasha, non devi svenire, ascolta
la mia voce!" mi disse seriamente preoccupato. Io cercai di annuire, ma il
freddo mi permetteva solamente di tremare. Dopo pochi minuti un'improvvisa
ondata di caldo mi invase. JJ mi aveva portato al cottage, riscaldato dal fuoco
nel caminetto. Mi tolse il capotto fradicio e mi avvolse con due coperte
pesanti. Mi fece sedere con la schiena appoggiata alla parete vicino al
caminetto, in modo da potermi riprendere meglio e non rischiare difarmi addormentare. Lui si era seduto vicino
a me e mi stava cingendo le spalle, sommerse dalle coperte, con un braccio.
Avevo smesso di battere i denti ed ora mi stavo sentendo meglio. Probabilmente
non c'era nessuno in casa, visto che non avevo sentito alcuna voce oltre quella
di JJ. Pian piano il calore del caminetto mi fece riprendere e per godermelo
tutto chiusi gli occhi. In quelle condizioni la temperatura di JJ sembrava
quella di una comune persona. JJ continuava a tenerrmi stretta, ma nemmeno
sentii la sua presa a confronto con il fuocherello che scoppiettava dentro il
camino.
"Stacey, cosa vuoi?" disse JJ serio e severo.
Dapprima ci fu il silenzio, poi Stacey cominciò a parlare.
"Co...come sta?" disse in un sussurro.
"Male, Stacey, sta male" rispose lui. Perché ce
l'aveva con Stacey? Non era stata colpa sua se avevo preso in pieno quel solco.
Riuscii ad aprire gli occhi; ora il freddo era solo un ricordo. Mi sentivo però
un po' febbriciante.
"JJ" sussurrai, cercando di scostarlo per
alzarmi. Lui però non accennava a volermi dare corda.
"Come ti senti?" rispose lui.
"Bene" dissi cercando di alzarmi. Questa volta
JJ mi accontentò. Mi ci volle un po' per mantenere l'equilibrio, ma riuscii a
stare in piedi; dopotutto mi sentivo relativamente bene. Sentivo i vestiti
umidi che mi si appiccicavano alla pelle. Quello che desideravo fare adesso era
un bel bagno caldo ed una bella dormita. Mi diressi lentamente verso le scale,
con alle calcagna JJ.
"Dove stai andando?" mi chiese serio.
"A farmi una doccia calda ed una bella dormita"
risposi secca.
"Ti porto in braccio" disse avvicinando le sue
braccia muscolose verso di me. Io però mi tirai leggermente indietro e gli feci
segno di no.
"Ce la posso fare, sto bene" gli dissi decisa.
Feci il primo scalino, ma fu come se il mio equilibrio fosse scomparso
all'improvviso. Caddi perciò all'indietro, ma JJ mi prese in braccio al volo.
"Davvero?" fece amaramente sarcastico, salendo
le scale con me tra le braccia e mettendomi giù solamente davanti alla porta
della mia camera. L'aprì e ci entrò.
"Non è necessario che tu debba stare qui" gli
dissi più per imbarazzo che per gentilezza. Lui mi guardò serio e sospettoso.
"Sei sicura di sentirti bene?" Io annuii
convinta con la testa. Lui rassegnato uscì dalla mia camera. Andai in bagno a
riempire la vasca di acqua calda. Non appena mi infilai dentro un incredible
tepore mi avvolse. Dopo quello che avevo passato poteva essere il vero
paradiso. Vedevo il fumo dell'acqua calda riempire il bagno e appannare le
pareti, insieme allo specchio. In quel momento non me la sentii prorpio di
pensare a quei momenti, per così riviverli; era meglio se dimenticavo tutto in
fretta. Ero stata circa un'ora dentro la vasca e quando decisi che mi ero cotta
a puntino decisi di uscire. Ora mi ero del tutto ripresa e stavo veramente
bene. Mi asciugai velocemente con un'asciugamano e mi misi il mio pigiama.
Quando uscii il freddo della camera mi fece leggermente rabbrividire. Mi buttai
quindi subito sotto le coperte calde. Il caldo mi circondò ancora una volta. Stavo
davvero bene.
"Vedo con piacere che non sei svenuta" La voce
di JJ mi fece immediatamente sobbalzare.
"Cosa diamine ci fai qui?!" dissi nettamente
imbarazzata. Mi sbalordii; era seduto sulla poltrona vicino alla finestra,
intento a leggere il mio Romeo e Giulietta. Non mi degnava di uno
sguardo.
"Ti prendo in parola. Chiamami solo amore. E avrò
un nuovo battesimo non mi chiamo più Romeo." citò lui. L'aveva detta
esattamente come me la immaginavo. Sembrava essere detta da Romeo in persona.
Arrossii un poco imbarazzata. Alzò lo sguardo, come se si fosse accorto di me
solo allora.
"Non pensavo fossi un tipo da Romeo e Giulietta"
Io arrossii ancora di più.
"Non hai ancora risposto alla mia domanda!" gli
chiesi scioccata io, mentre lui appoggiava il libro sul davanzale della
finestra chiusa.
"Quando mi hai detto che stavi bene non eri stata per
niente convincente" disse lui alzandosi e dirigendosi verso l'uscita.
"Perché ti preoccupi così tanto per me?" Lui mi
inchiodò con lo sguardo.
"Pretendevi di muoverti come se niente fosse dopo
solo un'ora da quando stavi per morire affogata?" mi rispose lui. Io
abbassai lo sguardo afflita. Aveva ragione. Si stava preoccupando per me e io
gli rispondevo in questo modo, oltre ad avermi salvato la vita; come minimo lo
dovevo ringraziare
"Grazie" sussurai. Lui alzò l'indice.
"Ecco! Questa era la parola che volevo sentire"
disse mentre usciva.
"Aspetta!" lo fermai io. Lui mi guardò confuso.
"Come? Prima fai di tutto per mandarmi via ed adesso
vuoi che resti?" fece leggermente ironico lui. Il mio sguardo però fece
scomparire tutta la sua ironia.
"Non è stata colpa di Stacey se sono caduta. È stata
colpa mia, lei non centra niente" dissi subito. Lui scosse la testa.
"Stava andando troppo veloce. La colpa è mia che non
le ho detto di fermarsi." Questa volta fui a scuotere la testa esasperata.
Mi tornai a distendere accocolandomi tra le coperte. Dandosi la colpa a vicenda
non si risolveva nulla, quindi era tempo sprecato discuterne. Sentii la porta
chiudersi lentamente.
Non mi addormentai subito, però. Mi ritrovai invece a
pensare. A JJ. Stavo bene con lui. Era la perfetta distrazione di cui ero in
cerca ed era la persona con cui aveva più legato maggiormente da quando ero
arrivata qua. Inoltre provavo una grande riconoscenza nei suoi confronti per
avermi tolta dal ghiaccio. Non avevo ancora capito il rapporto che legava me e
JJ, se eravamo solo conoscenti o se ci potevamo definire persino amici. Di una
cosa ero però sicura; insieme a lui non pensavo più a Jacob. Me lo faceva
toglire completamente dalla testa; come se non esistesse. Un senso di
costernazione per me stessa mi salì dallo stomaco. Come potevo dimenticarmi del
mio Jacob? Ma non era quello che volevi? si fece sentire la voce dentro
di me. Basta! Non ne potevo più di pensare ed inevitabilmente soffrire! Misi la
testa sotto il cuscino per tentare di soffocare i miei pensieri, più che me
stessa. Cercai quindi di abbandonarmi al sonno, ma ancora una volta il mio
obbiettivo venne interotto da qualcuno.
"Natasha?" Sentii un mormorio provenire da molto vicino. Aprii gli
occhi di scatto e vidi piombare davanti a me il viso di Stacey.
"Stacey, cosa c'è?" chiesi rimettendomi per
l'ennesima volta a sedere. Seduta sul letto, con le sopraciglia corrugate mi
stava guardando con un'espressione più che addolorata.
"Mi dispiace" continuò a mormorare lei. Io le
risposi con un sorriso.
"Non è stata colpa tua; è stato un incidente" dissi
per rassicurla.
"Quindi non sei arrabbiata con me?" riprese
ancora mormorando piena d'ansia.
"No!" le dissi come se fosse la cosa più
evidente di questo mondo. Sul suo visino comparve un piccolissimo sorrisino.
"Ora però sono un po' stanca; vorrei tanto
dormire." Lei annuì repentinamente la testa, scese dal letto e con una
velocità sorprendente uscì dalla mia camera. Tornai a corircarmi con un
sorriso. Stacey. Mi ricordava tantissimo mia sorella. Mi stavo cominciando ad
affezionare molto a quella dolce e gentile bambina. Avevo notato però qualcosa
di strano in lei; nonostante le avessi detto che non era stata colpa sua
quell'espressione addolorata non era mai scomparsa. Speravo tanto che non se la
prendesse troppo con sé stessa. Notai che ciò che provavo con JJ, lo provavo
anche con Stacey; con entrambe le persone riuscivo a dimenticare quello che
avevo lasciato a Forks. Ciò non avveniva invece quando ero da sola; avveniva
l'esatto contrario di solito. Cercai quindi di addormentarmi ancora una volta,
ma nuovamente qualcosa mi disturbò. Era il mio cellulare che vibrava sul
comodino. Lo presi stizzata. Era mia madre che mi stava chiamando.
"Pronto?" dissi neutra sottorrandomi con il
telefono sotto le coperte.
"Ciao Piccola, come va?" Piccola, mi aveva chiamata
Piccola. Cercai di reprimere la stizza che era cresciuta.
"Va tutto benone. Oggi ho pattinato sul
ghiaccio" dissi senza aggiungere altro.
"Davvero? Almeno tu ti diverti con la neve, da noi
piove sempre. Anche se le previsioni dicono che tra pochi giorni arriverà anche
qua."
"Senti, lì da voi tutto bene? Kathy sta bene?"
dissi smettendo di parlare di cose poco importanti come il tempo.
"Sì, certo, anche lei sta benone...Ah! Ecco! Ti
ricordi del tuo amico di La Push, Jacob Black?" Sentii lo stomaco contorcersi
e strizzai gli occhi in modo da far smettere quella fastidiosa sensazione.
"Sì" cercai di dire il più disinvolta possibile.
"È scappato di casa due giorni fa. Non sai quanto è
in ansia suo padre. Anche Charlie è in pensiero per lui. E dire che mi sembrava
un ragazzo così calmo..."
"Ah..." fui l'unica cosa che riuscii a dire.
"Io...io sono un po' stanca, vado a riposarmi un po'..."
"Ma se è pomeriggio! Bhe...va bene... ci sentiamo
domani allora, bacio!" disse lei.
"Ciao" le risposi in un filo di voce. Sapevo che
mia madre aveva notato qualcosa dal mio strano tono di voce, ma non era il
primo dei miei pensieri. L'ansia e la tensione che mi erano nate in corpo mi
costrinsero ad alzarmi dal letto. Una volta uscita dalle coperte un'ondata di
freddo mi invase, quindi cercai di camminare su e giù per un po', in modo da
riscaldarmi e smaltire la notiza. Jacob, scappato. Dove, poi. Se gli fosse
successo qualcosa? Basta, Natasha, lui era un licantropo, sapeva cavarsela. Ma non
era quello il motivo per cui mi sentivo così. Ero più che sicura che fosse
colpa mia. Si sentiva veramente così in lite con sè stesso da scappare? Ebbi un
improvviso bisogno d'aria. Mi diressi verso la finestra, ma non appena l'aprii
me ne pentii subito. L'aria fredda mi penentrò i polmoni come lame di ghiaccio.
La richiusi quindi subito. Era bastato semplicemente sentire il suo nome per
mettermi sottosopra. In un ultimo disperato tentativo mi coricai sotto le
coperte e presi in mano Romeo e Giulietta. Tentai di leggere un paio di
pagine; le rilessi più e più volte, ma non riuscivo proprio a concentrarmi. Ero
quasi al punto di scendere per andare da JJ, o da Stacey, ma riuscii a
trattenermi. La testa mi stava girando e sentivo particolarmente freddo. Speravo
solo di non svegliarmi con la febbre. La testa stava cominciando a girare
sempre più. Ora riuscivo a sentire gli effetti del bagno nel fiume ghiacciato.
Cercai quindi di fare respiri profondi per tranquillizzarmi, ma era come se
ottenesi l'effetto contrario. Non sapevo più cosa fare per calmare quella cosa
che continuava a contorcermi lo stomaco. E pensare che era bastato così poco.
Passai forse ore ad osservare il soffitto del letto a baldacchino. La tensione
stava pian piano svanendo e cominciavo a sentirmi meglio. Anche le palpebre
cominciavano ad essere pesanti e chiusi gli occhi. Chissà, forse sarei riuscita
a dormire.
Ed ecco qua! Questa volta ho proprio esagerato, credo di
aver superato il mio record personale di "aggiornamento più tardo". A
giustificarmi ci sono seri problemi, quali "assoluta mancanza ed
incapacità di scrivere". Per un po' di giorni non ho scritto niente a
causa di un'improvvisa scomparsa di ispirazione, ma oggi dovrebbe essere
finalmente tornata.
Tengo a precisare una cosa; pur conoscendo quali sono i
vampiri appartenenti alla famiglia di Denali ho voluto lo stesso inventarne dei
miei, a causa del carattere e dell'aspetto fisico che non conosco. Ho voluto
però mantanere Tanya ed Irina, le vampire dell'Alaska "più famose"
diciamo, per essere almeno un po' attinente ai libri della Meyer (dieci
prostrazioni per aver nominato il suo sacro nome invano).
Cooomunque ad esseri sinceri mi piace molto il personaggio
di JJ. Mi spiace per il nome assurdo che gli ho dato, poverino, ma mi sembrava
una bella idea dargli un nome originalmente bruttino (tengo a sottolineare che
l'ho inventato totalmente io di sana pianta, quindi è molto probabile che non
esista) per chiamarlo poi con l'iniziale ripetuta (che fantasia!). Ed anche a
Stacey mi piace molto.
Spero che anche quest'ulimo capitolo sia stato di vostro
gradimento! Un Bacione a tutti! SMACK!
x elisaterra: Ah! Ti prego, chiudi un occhio sui primi
capitoli; rileggiendoli li ho trovato quasi penosi! Andando avanti dovrebbero
essere "in teoria" migliori, un pochettino più approfonditi, ma non
ci metterei la mano nel fuoco! Comunque sono contenta che ti piaccia questo Ed;
ho sempre pensato che, se si tratta di Bella, il controllo per lui va a farsi
benedire e quindi ho deciso mi mettere in pratica questa mia deduzione (eh,eh).
E poi personalmente adoro Edward incazzato! Comunque grazie tantissime per aver
commentato e per i complimenti sulla mia scrittura! Ne sono lusingatissima^^
bacio! PS: mi piace quel "uomo/maschio" che hai usato ^^
x _chocola_: Pietà! Basta con le maledizioni! Allora è
colpa tua se la mia tazza si è rotta! Scherzi a parte (ma quando mai!) sono
contenta che la mi ff ti piaccia ma ancora di più che tu mia abbia espresso la
tua opinione! Thank you so much! Per quanto riguarda i tempi di aggiornamento
con me non c'è niente da fare... sono mooooolto variabili... sono un caso
disperato...! Sono contenta che anche i personaggi di mia invenzione ti
attizzino, come anche per il cucciolo Jake e per Edward superimbufalito (penoso
eufemismo)! Tra quando finisce? Tra cinque/sei capitoli. Quando li pubblicherò?
....Boh! Chi lo sa... uffa! Grazie ancora tantissimo per aver commentato!
bacio! PS: NO! un'altra maledione noooo!
L'indomani dormii fino a tarda mattina; avevo però dormito
poco. Mi alzai ancora un po' scombussolata, ma per fortuna stavo bene e non
avevo febbre. Mi lavai, mi vestii e scesi giù in salotto; non avevo per niente fame,
ma un grande e strano bisogno di camminare, nonostante ieri fossi caduta
nell’acqua ghiacciata. Appena raggiunsi il salotto trovaiBoris, Vincent
e Tanya intenti a confabulare tra loro. Avevano
saputo dell'accaduto di ieri, perciò quando mi videro scendere mi si avvicinarono per chiedere cosa fosse successo.
“Natasha, stai bene?” mi chiese Vincent, non eccessivamente preoccupato. Aveva capito che
data la mia presenza dopotutto non stavo troppo male. Anche gli altri mi stavano guardando, intenti a studiare la
mia espressione segnata dal sonno. Misi subito in chiaro che stavo bene; non
volevo che scambiassero i segni del sonno per malattia.
“Sì, sto benone. È stato solo un
incidente.” Loro si tranquillizzarono subito. C'era anche Irina, che non
smetteva di guardarmi con accidia. Non ero stata nella stessa stanza con lei
per molto tempo e già odiavo a morte quello sguardo, nonostante cercassi di
ignorarlo il più possibile. Invece notai con mio grande
dispiacere che Stacey non c'era. Sperai vivamente di
incontrarla più tardi. Guardai il tempo; il cielo era limpido, perfetto per una
camminata.
“Penso che andrò a camminare un po’ fuori” avvertii i
presenti, togliendo così il disturbo. Mi rispose solo Boris
con un cenno del capo, gli altri si limitarono a guardarmi ancora con un
po’ di tensione. Dedussi che questo strano comportamento fosse
dovuto al fatto che molto probabilmente consideravano strano che un
essere umano dopo una nuotata del ghiaccio avesse voglia di camminare, ma
essendo poco abituati ad “accudire” umani in casa loro, non conoscevano i loro
limiti e, per paura di sbagliare supposizione, si erano limitati al silenzio.
Mi misi quindi il capotto ed
uscii. C’era un venticello che non era particolarmente freddo, ma perfino
piacevole. Pensai che dopotutto non era una brutta
idea andare a girovagare per il bosco che circondava il cottage. Magari questa
volta la natura avrebbe aiutato a migliorare il mio umore.
"Come stai?" Sobbalzai non appena udii una voce
meravigliosa provenire vicino a me. Era JJ, chi altri?
"Se non stessi bene non sarei
qua" gli dissi risolutiva. JJ non rispose.
"Dove hai intenzione di andare?" chiese indifferente.
"Nel bosco a fare una passeggiata" risposi
dirigendomi verso quello.
"Non pensi che sia un po' pericoloso andare da sola?
Non credo tu lo conosca." Sembrava mi stesse
rimproverando. Io mi girai sorpresa.
"Non mi perderò; non mi addentrerò molto" gli
risposi un po’ risentita.
"Non mi riferivo a quello; sai, ci sono parecchi
animali pericolosi per te anche in questa stagione" disse sempre con quel
tono di voce. Io lo guardai sospettosa; stava cercando di dirmi qualcosa che
non riuscivo a cogliere. Mi fermai e mi piantai
davanti a lui, che si fermò a sua volta.
"Mi stai impedendo di andare nel bosco?"
insinuai io. Lui mi guardò fisso con quegli occhi dorati.
"No, ti sto solo dicendo che
è pericoloso andarci da sola" mi disse con un piccolo sorrisino. Forse
riuscii a intuire il suo scopo.
"Mmh... hai ragione, che ne
dici di accompagnarmi?" Lui emise un grande
sospiro.
"Se proprio ci tieni"
mi rispose allargando quel sorriso, superandomi e ricominciando a camminare. Io
scossi la testa e lo raggiunsi.
"Perché ti stai scomodando
in questo modo per me? Insomma... mi porti a mangiare per ben due volte, mi inviti a pattinare sul ghiaccio insieme a Stacey ed ora mi accompagni nel bosco." Gli rivolsi
uno sguardo per vedere la sua espressione. Aveva gli occhi fissi davanti a sé
ed un'espressione enigmatica.
"Non mi sto scomodando" mi guardò sempre con
quel sorrisino sulla faccia "Ti trovo molto simpatica ed interessante." Tornò a guardare davanti a sé
"E poi stai simpatica a Stacey,
cosa che prendo molto in considerazione." Mi
venne da sorridere anche a me.
"Anche tu mi stai
simpatico" affermai io, ricambiando il gentile commento. Calò su di noi un
momento di silenzio.
"Come sta Stacey?"
chiesi interessata. Avevo la sensazione che non stesse
bene; ieri sembrava non esserlo per niente. Dallo sguardo che fece intuii che
avevo colto nel segno.
“Ce l’ha con sé stessa per quello
che ha fatto” disse lui leggermente abbattuto.
“Ma non è stata
colpa sua” ribadii io.
“No, ma lei crede
di sì.” Fece un respiro profondo “Si sente
tremendamente avvilita per avere fatto del male ad una persona con cui pensava
di comportarsi normalmente, senza correre il rischio di ferirla. Gli manca
molto il contatto con le persone. Così ora si sente un mostro.” Io mi rabbuiai
all’istante. Stacey non era un mostro; io vedevo solo
una dolce bambina.
“Stacey non è un mostro” mi trovai a sussurrare tra me e me.
JJ mi sentì.
“Ne sei sicura?
Sei sicura che tutti noi non siamo dei mostri?” mi disse
quasi in tono accusatorio. Io lo guardai allibita, più per il suo cambio di umore che per le sue parole. Perché
per lui vampiro era uguale a mostro?
“Sì” gli risposi
convinta guardandolo negli occhi. Lui scosse la testa.
“Tu non puoi
capire” sussurrò. Dalle sue parole capii che JJ era una persona molto
tormentata, in lite con sé stesso. Mi chiesi per la
prima volta se questo valeva per tutti i vampiri, vegetariani in particolare.
“Capisco che ci
sono dei vampiri che mi stanno aiutando! E per questo
sono sicura che non sono dei mostri!” gli dissi io con un’ottava più alta guardandolo.
“Se fossi umana non la penseresti così” mi rispose in tono
basso continuando a guardare davanti a sé.
“Davvero?” dissi con
tono accusatorio, fermandomi all’istante. Anche JJ
fece lo stesso. Mi stava fulminando con quegli occhi dorati.
“Credi che per
noi sia così facile resistere al sangue umano? Non è così. Per noi costituirà
sempre un’attrazione troppo grande.” Sembrava quasi
che si fosse arrabbiato.
“Ma voi non lo bevete! Tu non lo fai!” Aveva cominciato a scuotere convulsamente la testa ed
a camminare. Si era arrabbiato.
“Bene... credi
allora che i vampiri, quelli che si cibano di sangue umano non siano dei
mostri?” disse acido.
“Ma voi non lo fate…” ripetei io, un po’ meno decisa.
“Basta poco.” Il
tono di voce che aveva usato era stato terribilmente pericoloso, ma anche
terribilmente affascinante, tale che mi fece per un
attimo sentire strani brividi percorrermi la schiena.
“Rispondi alla
mia domanda” continuò lui con lo stesso identico tono, avvicinandosi. Eravamo ancora
a molti centimetri l’uno dall’altra, ma anche da quella distanza riuscivo
vedere i suoi occhi rabbiosi. Io stetti zitta; non avevo mai incontrato vampiri
nel vero senso della parola, pertanto non potevo
rispondere. Lui si girò con sguardo soddisfatto, ma
amareggiato e continuò a camminare. Stetti ancora ferma per
un secondo, poi mi decisi a seguirlo.
Passarono alcuni
secondi di silenzio. Il mio pensiero però era ancora fisso su quell’argomento.
“La tua domanda è
inutile; tu non lo sei” continuai io cocciuta. Sul suo viso comparve una strana
smorfia.
“Però lo ero. E mi piaceva esserlo”
bisbigliò lui con rabbia. Mi guardò sempre con quegli occhi pieni di rabbia, ma
c’era anche qualcos’altro, sofferenza forse.
“Ero un mostro;
mi divertivo ad uccidere per il solo piacere di farlo, mi sentivo come un Dio
in terra” disse con voce piena di disprezzo per sé
stesso.
“Cosa ti ha fatto cambiare?” dissi in un sussurro.
“È tutto merito
di Tanya ed Irina; li devo tutto” si limitò a dire
lui. Dalle poche informazioni che aveva confessato non doveva aver avuto un
passato di cui vantarsi.
“Perciò stai affermando che Stacey
è un mostro?” lo accusai io.
“Tanto quanto lo
siamo noi” mormorò amareggiato. Io scossi la testa. Decisi di lasciar perdere l’argomento “vampiri&mostri”;
non aveva senso parlarne con lui.
Ancora una volta
c’era il silenzio. No, non il silenzio. Sentivo i cinguettii dei passerotti e
degli uccelli, il rumore del vento ed il profumo dell’erba. Camminando la neve
si era sciolta fino a scomparire del tutto. Tuttavia la
temperatura era rimasta invariata. Mentre osservavo attentamente il
paesaggio circostante una stranissima constatazione mi
raggiunse.
“È qui che voi cacciate?”
Attirai subito la sua attenzione.
“Sì” mi rispose
incuriosito e sospettoso.
“Mi sono sempre
chiesta…bhe…in realtà me lo sto chiedendo solo ora,
come… fate” dissi io continuando a guardarmi intorno.
“A fare cosa?”
chiese lui confuso.
“A… cacciare gli
animali” Cercai di specificare il più possibile che intendevo gli animali e non
gli umani; non volevo confrontarmi ancora una volta con lui. Sembrava ancora
non capire.
“Sii più precisa”
Io arrossii un poco; non riuscivo a spiegarmi bene.
“Bhe…ecco…insomma…hai capito?” gli dissi
mentre tentavo penosamente di mimare con le mani un assalto. Mannaggia, che vergogna. Non potevo trovare un modo un po’
più consono? Lui in compenso si mise a ridere sonoramente. Aveva proprio una
bellissima risata.
“Credo di aver
capito” disse lui con un sorriso a trentadue denti; un bellissimo sorriso a trentadue denti. Vidi una scintilla attraversargli
gli occhi e subito quel sorriso si trasformò in un ghigno malizioso. Il momento
dopo lui non era più davanti a me. Si era mosso
talmente tanto velocemente che non riuscii nemmeno a notarlo. Sobbalzai da
tanta velocità.
“…JJ?” chiamai
io. Ma non ricevetti nessuna risposta. Attorno a me
percepivo solo i rumori della natura. Feci alcuni passi in avanti; magari da una
prospettiva diversa sarei riuscita a capire dove fosse JJ. Continuai a
chiamarlo, ma di lui nessuna traccia. Mi stavo cominciando a preoccupare; mi
sentivo sola e confusa. Aprii bocca per chiamarlo un’altra volta, ma qualcosa
mi balzò improvvisamente addosso, afferrandomi di lato. Non ebbi né il tempo di
urlare, né tanto meno quello di provare paura. Un
attimo dopo mi trovavo a terra con JJ sopra di me. Stava
sorridendo soddisfatto.
“Hai capito?” disse
lui ancora sorridente. Non mi ero nemmeno accorta di essere caduta a terra. Non
provavo alcun tipo di dolore, né di paura. Era tutto esattamente come prima,
fatta eccezione che un vampiro mi era balzato addosso. Incredibile, era stato
velocissimo. Io lo guardai ancora sorpresa, incapace di parlare. Non avevo mai
visto i suoi occhi dorati da quella distanza; tanto profondi da non finire mai.
Con altrettanta velocità si rialzò e mi porse una mano. Io, ancora scossa, al
confronto ero una lumaca. Lentamente mi misi seduta, continuando a guardarlo
perplessa.
“È sempre così?”
chiesi convincendomi a dargli la mano. Lui la prese e mi tirò su.
“Con me sì” mi
disse calmo. “Istruttiva come esperienza?” mi disse sarcastico, ma con una
punta di amarezza.
“Certo, per la
prima volta qualcuno mi ha fatto sentire un capriolo” risposi nello stesso
tono, ma invece dell’amarezza ci sostituii ancora la
sorpresa. Lui si lasciò andare in un’altra risata cristallina che mi colpì da quant’era splendida. Ero anche certa di essere rimasta per
alcuni minuti a fissarlo imbambolata; infatti quando
ridivenni conscia, JJ se ne stava a parecchi metri di distanza da me. Con una
breve corsa riuscii a raggiungerlo; si vedeva che gli era tornato il buonumore.
Ero ancora totalmente scossa dalla strana esperienza; non pensavo succedesse
così. Non appena gli fui di nuovo accanto lui mi sventolò
qualcosa sotto il naso; era una rosa.
“Che c'e' nel nome? Quella che chiamiamo rosa,
Anche con altro nome avrebbe il suo profumo.”citò lui. Shakespeare, Romeo e Giulietta. Altra citazione, altro rossore da parte mia. Ogni volta che si comportava
così mi imbarazzavo sempre per il mio sciocco paragone.
Mi stavo comportando come una bambina che fantastica
su cose che non esistono; era più forte di me. JJ mi guardò con un sorriso.
“Sai come va avanti?” Scossi il capo.
“Non sono mai stata brava con le citazioni” dichiarai. Lui
mi guardò accigliato e scosse il capo.
“La verità è che sono troppo bravae non vorrei così sminuire la… tua
capacità di espressione” dissi con un sorrisino, sarcastica, mettendola
sull’ironico. Anche questa volta lui si mise a ridere
di gusto.
“Come mai sei così informato su Romeo e Giulietta?” gli chiesi.
“È l’opera di Shakespeare che
preferisco.” Mi guardò sorridendo e mordendosi il
labbro inferiore, come se fosse un bambino che non riesce a nascondere la gioia
per lo scherzo che è pronto a fare.
“Avresti mai detto che sono un
tipo romantico?”
“No, un tipo imprevedibile, semmai” gli risposi. Lui mi
studiò.
“Imprevedibile, eh?” Tornò a guardare davanti a sé.
“Hai ragione” disse con un sorrisino soddisfatto qualche
secondo dopo. A quel punto la stanchezza accumulata era troppa, quindi chiesi a
JJ di fermarsi per un poco. Ci sedemmo su un grande
tronco abbattuto, l’una vicino all’altro. Passarono ancora alcuni secondi di
silenzio e ne approfittai per godere della natura che
mi circondava. E anche per pensare. Mi sembrava così
strano che JJ sopportasse in questo modo la mia presenza. Ancora più strano si dimostrava il fatto che anche gli altri vampiri si erano
dimostrati così gentili nei miei confronti. Ero comunque un pericolo per loro,
venuto così, all’improvviso. Inoltre JJ mi aveva anche salvata.
“Non è vero” dissi d’un tratto.
“Cosa non è vero?” chiese JJ
neutro guardando davanti a sé.
“Che io non sono un peso. Sono
arrivata qua come se niente fossi, a disturbare la vostra
vita, coinvolgendovi in una situazione pericolosa persino per voi stessi. Senza contare che stavo anche per metterci le penne a carico tuo.
Come è possibile che io non possa essere un peso?”
“Sai quello che succederebbe se ti prendessero, vero? Bene
o male siamo coinvolti tutti quanti.” Rimasi un attimo zitta.
“Ma se io non ci fossi, se io non esistessi, non credi che tutti si sentirebbero più sollevati?”
“Ma non è colpa tua, stupida” Questa
volta me lo disse guardandomi negli occhi, in tono severo. “Ti avremmo ospitato anche se tu fossi stata una semplice umana” tornò a
guardare davanti a sé “Io e la mia famiglia sentiamo come… il dovere di aiutare
in qualche modo gli umani, dopo tutti quelli che abbiamo… ucciso. È un nostro
modo per riscattarci.” Tornò a guardare me.
“Ti senti terribilmente in colpa per quello che sta
succedendo.” La sua era più che altro una
constatazione. Non mi era mai capitato di parlare di questo con qualcuno di appena conosciuto. Annuii con la testa.
“Non è colpa tua” mi disse ancora una
volta serio.
“Non hai idea di quante persone me lo abbiano detto…” gli
risposi indifferente.
“Perché credi che lo sia? Se ci sono così tante persone che lo dicono non credi che
dopotutto sia vero?” Io rimasi zitta e scossi la testa. Nessuno, per quanta
buona volontà potesse metterci, sarebbe stato in grado di farmi cambiare
opinione su questo. JJ però fece un sorrisino. Ecco, imprevedibile.
“Il tuo è un senso di colpa insensato” Perché stava
parlando di questo argomento in modo così sciolto? “In
realtà nemmeno tu ci credi” Io sobbalzai e lo guardai confusa, con gli occhi
spalancati. Come era in grado di dire che io non ero
sicura di essere la causa di tutta questa situazione?! Lui mi guardò con aria
di sfida.
“Se sei davvero sicura che la
colpa sia tua, perché non hai mai provato a toglierti la vita?” Io rimasi più
che spiazzata. Nessuno mi aveva mai posto una domanda del genere; neppure io ci
avevo mai pensato. Ma che razza di quesito era?!
Questo, era totalmente insensato ed assurdo!
“N…non voglio morire..” cercai di ribattere io, il più sicura che potevo, anche se i
miei sforzi furono del tutto vani. Lo ammetto; mi aveva persino spaventata.
“Davvero sei così egoista? Sei allora
disposta a mettere a rischio le persone a te più care?” Più parlava più
questa conversazione mi faceva paura. Per un attimo ebbi il malsano
presentimento che JJ volesse convincermi a suicidarmi. Dove
voleva arrivare?
“Se lo facessi queste persone
molto probabilmente soffrirebbero di più!” dissi io un po’ più decisa.
“Ma allora perché ti lamenti
tanto? Perché dici che le cose andrebbero meglio se tu
non esistessi?” JJ continuava a parlare tranquillo, guardando le mie reazioni.
“I…io…” La sua risposta mi aveva lasciata
del tutto confusa e spiazzata.
“…Non…non è giusto che debbano lo stesso soffrire! Non è
colpa mia se…” Mi fermai di botto. Cosa avevo detto?
Qualsiasi cosa fosse l’avevo detta veramente. JJ rise
soddisfatto di aver raggiunto il suo obbiettivo.
“Ora capisci che se tu esistessi o no le cose andrebbero
male a tutti comunque? Non è colpa tua.” Lo guardai
guardinga. Era proprio imprevedibile. Non avevo mai visto le cose da questo
punto di vista. Ero da sempre stata sicura delle mie certezze, ma ora un vampiro
che conosco appena era riuscito in un batter d’occhio a farmi cambiare idea.
Pazzesco. Tuttavia rimanevano comunque situazioni la
quale causa ero io e basta. Situazioni che riguardavo
esclusivamente il fatto che io non ero umana e che non erano minimamente legate
a Marte.
“Quindi fino ad ora mi sono
comportata come una cretina autolesionista?” dissi io, ancora persa tra i miei
pensieri.
“Sì” rispose lui sicuro, poi però
vedendo la mia faccia che non aveva nessuna voglia di scherzare tornò serio e
mi diede uno schiocco sul naso con le dita. Io mi ridestai per la sorpresa. Lui
si alzò, sistemandosi i pantaloni. Io feci lo stesso.
“Scusa per le mie strane domande, dalla tua faccia non
sembrava che ti sentissi molto a tuo agio” disse mentrericominciava a camminare, seguito da me.
“Decisamente! Ad essere sincera
non capivo se mi stavi offrendo un invito al suicidio o uno strano lavaggio del
cervello!” dissi mettendola sul comico. In quel
momento avevo bisogno di ridere un poco.
“Scorda quello che ti ho detto; basta che tu l’abbia capito.
Inoltre…” Si avvicinò pericolosamente a me “Se ti dovesse
succedere qualcosa, ci sarò sempre io a proteggerti” Sarebbe stato tanto
romantico, quanto imbarazzante se nel dirlo non si fosse esplicitamente
espresso in un tono da presa in giro. Non contento mi aveva anche preso le mani
tra le sue; tutto ciò non fece altro che contribuire a rendere ancora più
comica quella scena.
“Idiota!” dissi io con un sorriso scostandogli bruscamente
le mie. Lentamente e scherzando ancora, JJ mi riaccompagnò di nuovo al cottage;
stavo infatti morendo di fame.
Consumato il mio magro pasto,
decisi di andare a farmi una doccia calda, per rilassarmi e togliermi tutti
quei pensieri. Ne ero sicura; JJ non poteva rimanere
ancora un conoscente. JJ era diventato un mio amico, un grande amico, da come si era comportato quest’oggi.
Dopotutto mi sarebbe davvero dispiaciuto andarmene da qui e lasciarlo. Era in
grado distrarmi alla perfezione, ma sarebbe stato un
comportamento da egoisti definirlo amico solo per questo. C’era qualcosa nel
suo modo di fare, di dire, persino di guardare che in qualche modo attirava. Non appena uscii dalla doccia sentii il cellulare
squillare. Lo presi veloce prima che smettesse.
“Pronto?” Ma dall’altra parte non si sentiva risposta. Solo respiri affannosi e irregolari, come se la persona
dall’altra parte del ricevitore avesse appena compiuto una lunga corsa. Riconobbi
quei sospiri immediatamente, nonostante le interferenze della linea telefonica.
La mia respirazione si fermò, come tutto il resto del corpo. Ebbi fiato per
pronunciare una sola parola.
“Jacob” La sussurrai, ma sapevo
che lui l’aveva sentita. Immediatamente sentii riattaccare il telefono. Ora
sentivo solamente il fastidioso e ripetitivo rumore della linea interrotta. Perché mi aveva chiamata per poi subito riattaccare? Voleva
forse controllare se stavo bene? Appoggiai il telefono al comodino vicino al
letto e mi distesi. Un grandissimo senso di ansia mi
premeva al petto e mi impediva di respirare correttamente. Il mio umore era caduto
di nuovo, nonostante la compagnia di JJ. Erano passati solo pochi giorni e già
non vedevo l’ora di tornare a casa per ricontrarlo di nuovo. Ma
non potevo, perché se n’era andato e chissà quando sarebbe ritornato. Mi alzai
dal letto. Volevo Jacob, volevo
rivederlo. No, basta, mi ero stufata di tormentarmi in questo modo. Mi alzai e
mi cambiai, decisa ad andare di nuovo da JJ, oppure da Stacey.
Avevo bisogno di una persona per scordarmi Jacob. Se
c’era il bisogno di altre persone per farmi
dimenticarlo non era un buon segno. Ma ogni volta che
pensavo a lui cominciavo a soffrire, per come stava e per quello che gli era successo.
Colpa mia, si intende; in questo caso JJ non aveva per
niente ragione. Furiosa con me stessa decisi di farla finita con quei pensieri
senza senso, aprii la porta ed uscii. Mi precipitai diretta già in salotto.
Prima ancora di scendere le scale mi accorsi del brusio di alcune
voci. Mi fermai e stetti a sentire. Tanya, Irina, Vincent, Boris e
JJ. Intuii da subito il loro argomento di conversazione, io.
“…per questo credo sia meglio rimandarla indietro” disse
Irina. Non sapevo che cosa aveva preceduto questa frase, ma senza l’ombra di
dubbio non dovevano essere state parole piacevoli su
di me.
“È un pericolo per noi. Non può restare
ancora qui!” finì decisa.
“Irina, ne abbiamo già discusso”
disse leggermente esasperata Tanya.
“Si vede allora che non abbiamo messo in
chiaro punti importanti! Io non la voglio qui dentro!”
continuò.
“Dì la verità, Irina, ti comporti così solo perché sono
stati i Cullen a chiederci questo favore” disse calmo
Vincent.
“Vediamo se la penserai ancora così
quando la nostra famiglia verrà distrutta per colpa sua” gli rispose
sprezzante lei.
“Non succederà” disse Boris, non molto deciso però.
“Ne sei sicuro, Boris? Tutti quanti lo pensano, ma credo di essere solo io l’unica ad averlo detto esplicitamente!” Irina
aveva cominciato a urlare.
“Sai, Irina, credo proprio che tu sia anche l’unica ad
essere così ottusa da non capire che lei non ha nessuna colpa” Era stato JJ a
parlare, sfoderando tutta la sua accidia.
“Ah…sei proprio tu a parlare, JJ. Sei sempre insieme a lei. Dici questo solo perché ti sei troppo affezionato a
quella… creatura.” Sentii chiaramente levarsi dei
ringhi soffocati. Bene, la ciliegina sulla torta. Mi voltai per tornare in
camera mia e fuggire da quelle parole, ma incontrai il visino di Stacey guardarmi ad occhi bassi. In salotto continuavano a
parlare, ma ora ero concentrata su Stacey. Lei
allungò la mano verso di me e posando il suo piccolo indice sulle labbra mi
guidò verso la sua stanza, senza fare il minimo rumore. Aprì piano la porta e
mi portò dentro. Era un camera davvero carina, proprio
come quella di una bambina di dieci anni. Mi fece sedere sul suo letto a due
piazze con copriletto bianco ed azzurro. Lei si raggomitolò abbracciandosi le
gambe, mentre io rimasi seduta sul bordo. Chissà cosa aveva intenzione di fare.
“Non offenderti per quello che ha detto Irina, per favore”
disse lei. Io mi limitai ad annuire, anche se stavo
mentendo. In realtà quelle parole mi avevano colpito molto. Sapevo che c’era in
Irina qualcosa che la portava ad odiarmi, ma non pensavo questo. O forse sì? Non era proprio quello che avevo pensato
effettivamente, non appena arrivata qua? Non dovevo stupirmi dopotutto della sua
reazione. Sentirlo però affermare in questo modo era un altro paio di maniche.
“Io non lo penso.” Sorrisi. Come per Irina, sentire queste
parole dette da una vocina del genere mi sollevarono un poco.
“Grazie, Stacey” dissi aprendo
le braccia per ricevere un abbraccio. Lei dapprima mi guardò allibita e
perplessa; di certo non se lo aspettava, poi però si
buttò nelle mie braccia con un sorriso.
“Sono contenta di non poterti fare del male” mi disse mentre ancora mi stava abbracciando. Io sorrisi.
“Non sei ancora arrabbiata con te stessa, allora?” gli
dissi io scostandomi da lei. Lei con un sorrisino timido scosse la testa.
“È stato JJ che mi ha fatto capire che non è stata colpa
mia” mi disse sorridendo. Scambiai il sorriso; ero contenta che Stacey non fosse più arrabbiata con sé
stessa.
Straordinariamente passai un’ora buona in camera di Stacey. Volle sapere molto della mia famiglia; le si illuminarono gli occhi quando le dissi che avevo una
sorella più piccola. Della sua famiglia però non ne fece nemmeno un accenno, ma
non mi stupii di questo. Alla fine riuscimmo perfino ad ingaggiare una
battaglia con i cuscini, che però vinse lei. Dovevo
arrendermi già in partenza se si trattava di vampiri o licantropi. Non sapevo
che con una bambina di dieci anni che non fosse mia sorella mi potessi
divertire in questo modo.
Quando arrivò sera la convinsi a
lasciarmi andare da camera sua, a causa della fame. In realtà non avevo fame,
ma era solo una scusa per andarmene da quella stanza; mi stava tenendo
rinchiusa là dentro come se fossi sua prigioniera. Riuscii finalmente ad
uscirne illesa. Mi diressi il più velocemente possibile verso la cucina, nella
speranza che non cambiasse idea e decidesse di
rincorrermi. All’angolo però mi scontrai con JJ, che si stava dirigendo verso
la parte opposta alla mia. Aveva lo sguardo basso e le sopracciglia corrugate,
forse ancora teso per la discussione di prima. Quando alzò la testa e mi vide i
suoi occhi si illuminarono e mi mostrò un sorriso. Il
nervosismo però era evidente.
“Ciao” lo salutai.
“Ciao” mi rispose lui. Anche il
suo tono era un po’ giù. “Ehm… cosa…fai adesso?” Non l’avevo mai visto
tentennare tanto.
“Ceno” risposi io studiandolo. Era come se fosse
imbarazzato. Ma di cosa?
“Ah…ehm…ti va se ti porto a cena fuori?” Più che ad un
invito aveva parlato come se avesse finalmente trovato una soluzione ad un suo
problema. E forse era proprio così. Questa volta fui
io a tentennare.
“E…va bene” risposi io.
“Ok… sei già pronta?”
“Sì, sì” risposi io scendendo le scale,
seguita da lui. Cos’era questo strano
imbarazzo? Non mi metteva per niente a mio agio ed inoltre era contagioso.
Scendemmo in salotto; era vuoto, come sempre, fatta eccezione per Irina. Non
appena mi vide mi fulminò con lo sguardo ed io fui costretta a guardare altrove
per la strana soggezione che trasmetteva. Questo “altrove” erano proprio gli
occhi di JJ, che stava a sua volta folgorando Irina. Rischiai e guardai di
nuovo gli occhi di Irina. Che strano, stava sfoderando
un sorrisino soddisfatto, ma si intravedeva anche l’amarezza.
Ero certa che lo strano comportamento dei due era dovuto
a qualcosa detta o fatta durante quella conversazione. JJ aprì la porta ed io
uscii velocemente per sfuggire a quell’atmosfera tesa
e… proprio strana.
In garage mi fece salire sulla solita AstonMartin. Mi aprì la porta per farmi salire e fu
proprio ciò che mi fece insospettire di più. Salì anche lui d’altra parte ed
accese il motore…lentamente. Mise la prima e partì. Stava però guidando normalmente,
ovvero non più dei 100.
“C’è qualcosa che non va?” Certo che c’era qualcosa che
non andava, ma per essere gentili glielo domandai.
“No, perché me lo chiedi?” mi rispose normalmente. Io
continuai a perforarlo con lo sguardo e svuotai il sacco.
“È per la discussione con Irina?” Lui fece un sorriso
amaro.
“Allora l’hai sentita.” Io annuii.
“Mi dispiace che tu abbia ascoltato” disse, realmente
dispiaciuto.
“Non scusarti; fin dall’inizio mi era sembrato strano che
nessuno lo pensasse.” Lui sbuffò infastidito.
“Perché devi sempre essere critica con te stessa?!” mi rispose alzando la voce di un’ottava, un po’ arrabbiato.
“Non sono critica, sono realista” risposi decisa. Lui mi
rise in faccia per scherno.
“Realista? Ma per piacere…”
continuò lui sempre con lo stesso tono. Si stava mordendo il labbro inferiore,
mentre accelerava sempre più; l’istinto lo spingeva a dire delle cose che non
voleva.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda” riprovai io,
rischiando di sembrare troppo impicciona, pur di spezzare la tensione. Lui
sembrò pensarci su un attimo; il malumore non gli era passato per niente.
“Sì…per una cosa che mi ha detto è che mi ha fatto
pensare” mi rispose un po’ brusco.
“Che c’entra con me?” gli chiesi
questa volta guardandolo con sospetto.
“No” mi rispose ancora con quel tono. Di qualsiasi cosa si
trattasse, io non avevo avuto l’opportunità di
sentirla. Di qualsiasi cosa si trattasse, stava
facendo agitare JJ. Aveva raggiunto i 200 chilometri orari ed il paesaggio,
buio a causa della prematura discesa della notte, era costituito da confuse
macchie scure. Temendo una sua risposta ancora brusca non gli chiesi di
rallentare, anche perché in quel momento non era la mia principale
preoccupazione. Chissà poi che cos’era questa cosa che lo
faceva comportare in questo modo. Stava ormai da tempo correndo e non
sembrava avere intenzione di fermarsi. Questa volta decisi
di parlare.
“Dove mi stai portando?” chiesi con un po’ di esitazione. Non avevo mai visto JJ così; proprio
imprevedibile.
“Mannaggia!” bisbigliò a denti stretti fermandosi di
colpo. Per poco non andai incontro al finestrino.
“Siamo usciti da Denali; non
pensavo a dove stavo andando” disse quasi per scusarsi. Cosa
caspita gli stava prendendo? Appoggiò la testa allo schienale con gli occhi
fissi sul tettuccio.
“Non credo sia stata una buona idea
portarti fuori” bisbigliò. Mi sistemai meglio sul sedile, in modo da poterlo
guardare bene in faccia.
“JJ! Che cosa diavolo ti prende?!”
gli chiesi severa. Lui girò la testa lentamente; sulle sue labbra comparve un
piccolo sorriso.
“Scusami se ti posso sembrare un po’…troppo strano. In
realtà non lo so nemmeno io…”
“Cosa ti ha detto Irina?” dissi
un po’ più comprensiva. Lui mi guardò per alcuni secondi prima di rispondere.
“Mi ha detto…” Passarono altri attimi di
esitazione, ma poi scosse la testa e rimise le mani sul volante.
“No, niente. Non mi ha detto niente. Mi sono solo…
lasciato prendere.” Ma da cosa?
“Allora, ti avevo promesso di portati fuori a cena, no?”
disse con di nuovo il sorriso sulle labbra riavviando
ancora una volta il motore. Era di nuovo JJ. Il suo
comportamento mi rendeva sospettosa però. Era turbato da qualcosa, ma non
voleva rivelarmi quale fosse. Certo, non era costretto
a confessarmi i fatti propri e se mi aveva detto che
io non c’entravo gli credevo. Tuttavia metteva ansia
anche a me. Era dopotutto un mio amico, no? Non era strano che mi preoccupassi
di lui.
“No, lascia stare, non ho più fame” gli risposi gentile.
Lui si girò si scatto verso di me.
“Il mio comportamento ti ha turbata?”
“Sì, ma non così tanto da farmi
passare la fame. Non è stata colpa tua” gli ridissi
ancora più gentile. Lui tornò a guardare la strada, abbattuto, ma convinto. Mi
girai a guardare il paesaggio fuori dal finestrino.
Gli alberi si distinguevano quasi chiaramente; non stava correndo come al solito.
“Così domani è il tuo compleanno…” Lo guardai in faccia
con gli occhi spalancati. Mi stava mostrando un irritante sorrisino beffardo.
“Come lo sai?!” sbraitai io.
“Sai, sei la prima persona che conosco che usa la sua
carta d’identità come segnalibro” rispose ancora con quel sorriso. L’avrà notata
quel giorno in cui l’avevo scoperto leggere il mio libro.
“Dovresti portarla con te, non lo sai?” continuò con un
tono da predica. Odiavo quando venivo trattata come
una bambina.
“E tu sai che non dovresti ficcare
il naso negli affari degli altri?” risposi io stizzita.
“Era aperta ed in bella vista” ammise lui. Io sbuffai e mi
girai dalla parte opposta, imbronciata. Non avevo un
segnalibro con me e mi seccava piegare gli angoli delle pagine, ecco tutto. Lui
scosse la testa rassegnato. Era da un bel po’ che
stava guidando; all’andata aveva impiegato molto meno tempo. Avevo come la
netta sensazione che non mi stava portando al cottage.
“Dove mi stai portando?”
“Non a casa” rispose vago.
“Questo l’avevo capito, così non mi aiuti” dissi seccata.
“Vuoi provare ad indovinare?” mi prese in giro lui.
“Cos’è, una sorpresa?” gli dissi con lo stesso tono. Lui
alzò le spalle misterioso; io lo guardai guardinga.
Viaggiammo ancora un poco, finché non mi portò su una collina. Era deserta, non
capivo proprio perché mi avesse portato in un posto del genere. Forse per il
paesaggio? No, non era niente di che, si vedeva a malapena il
cottage. Lo guardai confusa. Lui mi fece segno con l’indice di guardare
su. Io lo feci. Quasi mi si bloccò il respiro per lo
spettacolo che stavo ammirando. Una miriade di stelle stavano
luccicando davanti ai miei occhi. Non avevo mai avuto grande
passione per gli astri, anche perché nelle grandi città dove avevo vissuto
l’inquinamento era tale da rendere il cielo torbido. Qua
invece la pura e nitida aria di montagna contribuiva a dare maggior evidenza ad
uno spettacolo del genere. Erano tantissime, si poteva dire che c’erano più stelle che cielo. Ed
erano grandi, immense e luminosissime. Mi bloccai a testa alzata per parecchi
minuti; infatti quando la riabbassai sentii premere un
forte torcicollo.
“Siediti qui” Mi voltai verso JJ. Si era comodamente
seduto sul cofano dell’auto. Io feci lo stesso e ritornai a guardare ammirata
le stelle in silenzio. Non mi ero nemmeno resa conto di quanto tempo passai ad osservare quelle luci così lontane, ma che in quel
momento sembravano essere così vicine. Mi voltai verso JJ;
stava fissando me. Solo in quel momento mi accorsi che non eravamo stati mai
così vicini; le nostre spalle si toccavano senza problemi.
“Perché mi hai portata qui?”
chiesi spezzando il silenzio.
“Vedilo come un regalo di compleanno in anticipo”
“Non sai che i regali in anticipo portano sfortuna?”
“Non credo a queste superstizioni” mi disse beffardo lui.
Mi venne spontaneo ridere. Io mi rimisi a guardare le stelle e così fece anche
lui. JJ però non sembrava essere concentrato su di loro.
“Sono felice che tu sia mia amica” iniziò lui. Io mi
voltai verso di lui incuriosita dalle sue parole.
“Sei la prima persona che non è un vampiro con cui posso
stare senza… sforzarmi” Anche lui ora si era voltato. “Il fatto che io non
possa farti del male riesce a farmi stare in pace con me stesso; mi rilassi.”Io sorrisi e gli
presi amichevolmente la mano.
“Anch’io sono contenta che tu sia
mio amico; mi hai aiutato molto in questi giorni” Sentii ricambiare la mia
stretta, mentre mi perdevo nel mare d’oro davanti a me. I suoi occhi parevano
essere ancora più luminosi a confronto del buio della notte.
“Sai… quando ti ho detto quelle
parole, oggi, nella foresta” stava leggermente tentennando; era diventato teso
e quasi imbarazzato, come poco fa “scherzavo, ma… non ci metterei la mano sul
fuoco…” Io lo guardai confusa. Non avevo capito assolutamente niente di quello
che aveva detto, né a quali parole si stava riferendo. Quegli occhi dorati mi
tenevano ancora catturata; sembravano molto più grandi e profondi del solito.
Il momento dopo si scostò immediatamente da me. Non mi era
più vicino. Mi guardai intorno; era in piedi,pochi metri lontano. Stava guardando
fisso verso il cottage. I suoi occhi erano mutati all'istante, concentrati e
irrequieti.
“…no, Vincent…” lo sentii
sussurrare. Non riuscivo ancora a capire. Un momento… Vincent
aveva la capacità di comunicare telepaticamente a distanza. Che
in questo momento avvenisse proprio questo? Davanti a me JJ non muoveva un
muscolo, gli occhi ancora fissi sul cottage. Si stava stritolando i pugni e
mordendo il labbro inferiore; stava succedendo qualcosa.
“NO!” gridò improvvisamente. Esattamente un secondo più
tardi in corrispondenza del cottage in lontananza spuntarono le fiamme. Il
cottage aveva preso fuoco e credevo che questa volta non fosse stata proprio
colpa di Stacey. Non riuscii nemmeno a distinguere
quante e quanto grandi potessero essere che JJ mi
aveva subito preso per i fianchi e buttato in malo modo sul sedile posteriore.
Mi aveva trattato peggio di un sacco e quando mi prese
per un attimo persi il respiro. Ebbi l’impressione che prima di essere sbattuta
sui sedili l’auto fosse già partita. Cercai di
alzarmi, ma JJ stava andando talmente tanto veloce che se lo avessi fatto mi
sarei spiaccicata contro i finestrini retrostanti. Indubbiamente era successo
qualcosa di molto grave. Non riuscii comunque a
riflettere, troppo presa ad avvinghiarmi al sedile e a coprire le orecchie a
causa del troppo forte rumore delle ruote sull’asfalto causato dalla velocità.
Cercai di inclinare la testa di lato per vedere il contachilometri;
350…360…370…e JJ non pareva aver intenzione di rallentare. Anche
se avrei parlato non sarei riuscita a sentirmi nemmeno io ed ero certa che JJ
non avrebbe voluto ascoltarmi. Non sapevo per quanto tempo stetti avvinghiata
in quella maniera; a me parvero ore. In quel momento l’unico pensiero era la
mia incolumità; speravo che a JJ non venisse l’idea di fermarsi di botto. Senza alcun dubbio sarei finita spiaccicata contro il finestrino.
Mi stava crescendo anche un grande senso di nausea.
Sentii l’auto rallentare, ma quando frenò mi fu inevitabile finire almeno per
terra. La caduta mi fece davvero male e contribuì a crescere il mio senso di
nausea. Ora che l’auto si era fermata la testa mi
girava e mi faceva anche piuttosto male. Con un immenso sforzo riuscii a
sedermi, mano alla bocca. Mi veniva da vomitare. Cercai di fare respiri
profondi, che riuscirono in parte a calmarmi, insieme anche a tutte le
maledizioni che in quel momento stavo lanciando a JJ. Dopo
un paio di minuti il senso di nausea passò, ma non
appena mi muovevo cominciavo a tremare. Lanciai uno sguardo a JJ. Non riuscivo
a vedergli la faccia, ma da quella posizione sembrava morto. Aveva le mani sul volante immobili, come anche il torace. Guardai il
paesaggio circostante. Non riuscii a riconoscerlo, ma con mia grande sorpresa ci trovavamo in una zona balneare. Dopo
tanto tempo vidi la sabbia ed il mare. A causa della
stagione era tutto deserto ed cielo era grigio,
insieme alle onde che si infrangevano piatte sulla battigia. Aveva guidato
talmente tanto veloce da aver raggiunto il mare. Lentamente una mano si alzò
dal volante ed indietreggiare in silenzio. A pochi centimetri da me vidi il
palmo bianco di quella stessa mano aperto. In un primo momento non riuscii a
capire cosa volessi che io facessi. Proprio allora mi ricordai stranamente che Kathy quando faceva così desiderava che le dessi la mano.
Nonostante ci fosse una grande differenza di maturità tra
Kathy e JJ gli diedi la mia mano comunque. Lui la
prese e me la strinse; non appena lo fece lo sentii ricominciare a respirare. Sentivo
il suo pollice passarmi lieve tra le mie nocche. In compenso la mia mano stava
tremando ancora. Restammo per parecchi minuti mano
nella mano. Non osavo rompere il silenzio; non ora. Era intuibile che fosse
successo qualcosa, qualcosa che aveva sconvolto JJ; nessuno con un normale
stato mentale, vampiro o umano, avrebbe cominciato a guidare alla velocità di
400 chilometri orari all’improvviso. Pian piano riuscii
a muovermi senza tremare, ma la mia mano vibrava ancora. Fu allora che capii
che per tutto il tempo in cui avevo stretto la mano a
JJ, era stata la sua a tremare, mentre tutto il resto del corpo continuava ad
essere imperturbabile.
“…te l’ho detto che mi rilassi…”
mormorò lui. Era una frase senza senso, forse atta a spiegare il perché lui avesse
voluto prendermi la mano. Di certo la sua mano a contatto con la mia non era la
prima delle mie preoccupazioni; non si doveva
spiegare.
“JJ” lo chiamai io per attirare la sua attenzione. Lui
finalmente si girò verso di me. Non riuscii a decifrare la sua espressione; sembrava
che nemmeno lui sapesse che sentimento dovesse manifestare. Era come se fosse
costretto da qualcosa a mostrare talmente tanti sentimenti da non riuscire ad
esprimere tutti in una volta; per questo sembrava quasi indeciso su quale
scegliere.
“Stai bene?” disse più convinto. Non osava guardarmi negli
occhi.
“Sì”
“Bene” bisbigliò lui. No, JJ, non stava andando bene per
niente.
“Cosa è successo, JJ?” gli chiesi
stufa di non sapere. Lui abbassò lo sguardo ancora di più,
poi lo rialzò, continuando a non guardarmi.
“Non li sento più. Non percepisco più la loro presenza.
Sono… tutti morti.” Non era mai stato così serio e… malinconico. Mi stava forse
dicendo che i vampiri della sua famiglia erano morti?
Credevo proprio di sì. Nonostante la mia mente avesse
perfettamente inteso cosa volesse dirmi, il mio cuore non riusciva a produrre
nessuna reazione, né sentimento, poiché era troppo preso a sostenere il tremore
della sua mano ed il suo sguardo. Riuscii a fare l’unica cosa che in quel
momento parve essere giusta; strinsi ancora di più la sua mano. Lui finalmente
mi guardò negli occhi. Erano vacui, totalmente privi di emozioni.
Nonostante volessi cercare di capire qualcosa di più da
quello che era successo, decisi ancora una volta di stare zitta. Sentii
la sua mano staccarsi dalla mia e mettere velocemente la prima. Questa volta
non andò così veloce, ma per sicurezza mi misi la cintura di sicurezza,
come tutte le volte. Non sapevo adesso dove mi avrebbe portato, né avevo il
coraggio di chiederlo. Passarono circa due ore quando
lo capii; mi stava riportando a Forks.
Dopo pochi giorni, ma che a me sembravano essere stati
molti di più, vedevo finalmente il cartello di Forks. Questa volta però non ero felice come mi sarei
aspettata. Tutto il viaggio lo passai senza dire una parola. Ora JJ respirava. Fuori dal finestrino vidi i grandi e familiari alberi che
circondavano la strada che portavano a casa Cullen.
Già da questa distanza riuscivo a cogliere i volti di Carlisle,
Emse, Rosalie, Alice edEdward sorpresi di vederci. L’odore di JJ gli avrà
sicuramente preannunciato il nostro arrivo. Frenò con una grazia da far invidia
a chiunque, a non pochi metri dalle gradinate dove gran parte della famiglia Cullen ci stava osservando, con grande
tensione. Nonostante JJ si fosse fermato non era
ancora sceso dall’auto.
“Natasha, per favore scendi” mi
disse velocemente, mentre vedevo già CarlisleedEdward avvicinarsi all’auto con
circospezione. Non persi tempo ed obbedii. Non appena scesi dall’auto mi
ritrovai a pochi centimetri dal volto di Alice. Era
preoccupato, come quello di tutti, dal resto.
“Cosa è successo?” mi chiese
prendendomi per le spalle. Io non le risposi. Non avevo idea di quello che era successo
nemmeno io. Per il resto, ero stata troppo condizionata dall’umore di JJ per
trovare la vivacità di risponderle. Sentii la stessa domanda pronunciata da Carlisle a JJ. Mi voltai verso di loro. JJ non era ancora
sceso e CarlisleedEdward lo stavano guardando interrogativi attraverso il
finestrino abbassato. JJ non rispose alla domanda di Carlisle,
bensì cominciò a guardare in modo perforante Edward,
che ricambiava lo sguardo immobile. Non riuscii a capire cosa stava succedendo
finché JJ non parlò.
“Ve lo dirà Edward” disse indifferente. Aveva invitato Edward
a leggere i suoi pensieri. Non appena disse queste parole ingranò subito la
prima e se ne andò velocemente. Nessuno lo fermò.
Voleva restare solo; non aveva però pensato che voler stare da soli poteva
portare all’effetto inverso di quello desiderato. Io ne sapevo qualcosa. Lo
guardai andarsene finché non fu fuori dalla mia
visuale.
“Ritornerà” mi sussurrò Alice, ancora
vicina a me. Io la guardai curiosa. Si capiva così tanto
la malinconia del mio viso? Speravo che nessun’altro
l’avesse notato. E così fu, visto che tutta
l’attenzione dei presenti era concentrata su Edward,
il quale era ritornato qui a Forks per le vacanze di
Natale. Probabilmente Bella in questo momento si trovava da suo padre. D’altro
canto lui sembrava riflettere su ciò che aveva appena visto e sentito.
“Edward?” La voce di Carlisle fu sufficiente a farlo tornare tra noi. Continuava
ancora a mantenere il silenzio, ma poi alla fine parlò. Schietto
e diretto, proprio come me, quando non ero in grado di trovare un modo più
convenzionale per esprimermi. Forse anche per lui era la stessa cosa.
Per la prima volta vedevo Edward tentennare, anche se
guardava bene dal non farlo vedere.
“Sono tutti morti” disse ripetendo le stesse brevi parole
di JJ. Dapprima vidi lo stupore sul viso di tutti, poi l’incredulità e la
confusione. Ebbi quasi paura di osservare il volto di Carlisle;
sapevo che cosa aveva significato per lui portarmi in Alaska. Me lo aveva detto
durante il viaggio in auto chiaro e tondo. Ed ora che
le sue peggiori aspettative si erano realizzate potevo
solo immaginare come potesse stare. Gli lanciai finalmente uno sguardo. Il suo
viso era cupo, scuro, le sopracciglia aggottate. Poi guardò me e in quel
momento sentii come non mai il suo rimpianto per aver coinvolto i Premyslidi.
“Andiamo dentro, Natasha sarà
stanca” La sua voce si dimostrava ancora chiara e profonda,
ma era tutto un continuo sforzo per lui. Tutti i presenti senza dire una parola
entrarono dentro casa e ci dirigemmo nel salotto. Nell’atrio incontrai Jasper. Perché era rimasto dentro?
Con un sorriso provai ad avvicinarmi a lui, ma si allontanò immediatamente,
guardandomi con aria dispiaciuta. Stava mantenendo una distanza di parecchi
metri. Era colpa di quel vecchio episodio avvenuto nel bosco? Soffriva ancora così tanto da non potermi stare vicino? Non aveva senso il suo comportamento per me, non poteva farmi
del male. Appunto, per me, era strano per me. Per un vampiro
probabilmente non lo era. Arrivati nel solito salotto senza esitazione
mi sedetti. Respirare dopo così tanto tempo aria familiare
mi risollevava un po’. Ma solo un poco. I volti tesi
che mi circondavano mi deprimevano. Solo io mi ero seduta; i vampiri attorno a
me non smettevano di fissare Edward. Non c’era il
bisogno di invitarlo a parlare.
“In qualche modo Marte ha scoperto tutto, dove Natasha si trovava e con chi. JJ era insieme a Natasha, quindi non ha avuto problemi a portarla in salvo.
Non sa con precisione cosa sia successo, solamente
quello che gli ha comunicato Vincent. È stato grazie
a lui se JJ è riuscito a fuggire insieme a Natasha in
tempo. Gli altri però non sono riusciti a resistere; gli hanno attaccati di
sorpresa e… l’abitazione ha preso fuoco. JJ non è riuscito a percepire la loro
presenza abbastanza velocemente. Come se fossero comparsi dal nulla.” Il suo
discorso fu fluente, diretto e non espresse alcuna emozione.
Fuoco; Marte era in grado di controllare il fuoco ed il fuoco
era, in pratica, il punto debole dei vampiri. Non era necessario essere un
genio per capirlo. Era inoltre intuibile che dietro all’attacco a sorpresa c’era la capacità di teletrasportarsi di Jack; per questo JJ
non l’aveva sentito.
Tutti quanti, io compresa, restammo
per un attimo quasi sbalorditi da quelle parole ed ora era calato un silenzio,
durante il quale ciascuno di noi stava pensando a ciò che aveva appena sentito.
Finalmente, ora anche il mio cuore reagiva a queste parole e provavo qualcosa.
Tristezza, rabbia, odio, compassione. Mi era davvero difficile gestirli. Ecco,
persone che dovevano proteggermi sono morte. Doveva accadere prima
o poi questo momento. Non dovevo pensare che i buoni avrebbero vinto sui
cattivi senza alcuna difficoltà. Non era un cartone animato questo. Era
talmente ingiusto e… quasi surreale da non crederci. Boris, così
esuberante che mi aveva così calorosamente ospitato. Tanya, che si era rivolta sempre
cordialmente nei miei confronti. Vincent, che durante la discussione con Irina mi aveva difeso. Ed
anche Irina; nonostante non si fosse mai dimostrata gentile nei miei confronti avevo il dovere di stimare anche lei. Anche lei era morta. E poi c’era Stacey. La piccola e dolce Stacey,
morta. Mi ci ero veramente affezionata a lei, davvero.
La vita le era stata davvero tanto ingiusta che odiavo con tutta me stessa la
persona che gliela aveva offerta in questo modo. Non avevo voglia di piangere,
non ne avevo il diritto. Quello che lo aveva era
soltanto JJ. Era lui la persona che stava più male. Aveva perso tutto; era
solo. Non potevo capire quello che provava, ma la sua situazione sì. Per lui Stacey era tutto. E l’aveva persa
per colpa mia. No, non per colpa mia, ma di Marte. Era stato Marte a
distruggere JJ. Non io. Era sempre stato lui. Solo in questo momento capivo
bene quello che mi aveva detto JJ nel bosco. Sentivo nascere quasi una sorta di incoraggiamento.
“Siamo stati fortunati se Natasha non si trovava lì” concluse
Edward definitivamente, sempre imperturbabile.
Un forte rumore di vetri rotti mi fece sobbalzare. Ai piedi
del pianoforte vidi una miriade di vetri rotti. Vicino a quelli c’era Carlisle; aveva rotto il tavolo di vetro vicino al
pianoforte. Stava fulminando Edward con gli occhi, il
quale continuava a rimanere indifferente.
“….fortuna un corno, Edward…” bisbigliò
furioso andandosene dal salotto. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare
il vaso. Non riusciva a reggere al suo egoismo. Credeva che fosse colpa sua, ma
non lo era. Anche i presenti avevano cominciato a
comportarsi in modo insolito. Esme, che si era
seduta, aveva affondato le dite tra i capelli e le sue
braccia erano appoggiate alle ginocchia. Jasper era
uscito dal salotto da tempo, insieme ad Alice. Rosalie
aveva cominciato a mangiarsi le unghie. Tutti erano più o meno sconvolti da quello che era successo. Edward era ancora immobile e sembrava immerso in una
profonda riflessione. Rischiavo benissimo di ricevere in faccia un altro tavolo
di vetro, ma decisi di parlare a Carlisle. Dovevo
fargli capire che la colpa non era sua, come non era mia. In questo momento mi
avrebbe anche scambiato per una ficcanaso ed mi
immaginavo già di ricevere un’occhiataccia delle sue, ma ero ben decisa.
“Potrebbe essere, come dici tu, colpa tua e del tuo egoismo se la famiglia di JJ è morta. Ma ricorda che la
causa delle tue azione è Marte. La colpa non è tua, ma
è sempre stata sua” dissi normalmente, restando comunque
seduta sul divano, ma convita che mi avesse sentita. Non ricevetti nessuna
risposta in cambio, ma non era questo il mio obbiettivo. Mi bastava che avesse
sentito.
Da quando avevo parlato nessuno si era ancora mosso,
tranne Edward che aveva cominciato a guardarmi con
attenzione. Non si mosse da quella posizione finché anche Esme
e Rosalie non furono andate via.
“Vuoi andare a dormire?” Non era per niente da lui parlare
di argomenti così sciocchi. Guardai annoiata fuori dalla finestra; era buio pesto. Posai il mio sguardo
sul mio orologio da polso. Erano le quattro di
mattina. Non era effettivamente una saggia idea presentarsi a quest’ora a casa. E poi chissà che scusa avrei
dovuto dire a mia madre per giustificare il mio anticipato arrivo. Non era una buona idea nemmeno raccontarle parte di verità; dopo
l’incendio avvenuto alla scuola di Kathy se le avessi
detto che il cottage era andato a fuoco si sarebbe fatta prendere da un attacco
da panico. Questa volta avrei dovuto inventarmi tutto di punto in bianco,
giustificando anche il fatto di non avere la mia valigia.
“Non addormentarti qua, possibilmente” La voce di Edward mi riscosse dai miei
pensieri. Dovevo avere una faccia proprio imbambolata. Io lo guardai confusa.
Già, mi aveva fatto una domanda.
“No, non ho tanto sonno” risposi un po’ rauca. Passarono
alcuni attimi di silenzio.
“Bella sta bene?” Continuavamo a parlare di argomenti piuttosto futili.
“Sì, lei sta bene” Altro silenzio.
“Jasper?” Gli si dipinse una
smorfia.
“Lui non tanto. Ha la fobia che possa
succedere di nuovo se rientra ancora una volta in contatto con te” Io mi
rabbuiai. Quel giorno era successo proprio un grande
putiferio. Tutti coloro coinvolti ne erano usciti
feriti, non fisicamente. Soprattutto una persona. Nuovamente mi ritornò l’ansia
e la tensione. Era ritornato? Adesso come poteva stare? Non sapevo se fosse una
buona mossa chiederglielo ad Edward, ma provai comunque.
“Non so se tu possa essere la persona più indicata ma…” cominciai con voce decisamente roca “sai qualcosa
di Jacob?” Lui mi guardò indifferente.
“È scappato” disse schietto.
“Questo lo so”
“Allora non so altro. Effettivamente non sono la persona
più indicata”
“Ah…” dissi monotona io. In effetti
lui, non essendo più di tanto presente qui a Forks,
non poteva di certo conoscere questo genere di cose. Feci un respiro profondo
per calmarmi.
“Stai male.” Non era una domanda, ma un’affermazione. Io
annuii senza aver paura di nascondere i miei veri sentimenti.
“Senti, Natasha…” aveva
cominciato Edward, ma subito si fermò.
Mi stava guardando fisso negli occhi ed aveva il tono di una persona che mi
stava per dare un’importante lezione di vita. Voleva dirmi qualcosa, ma subito
si era fermato. Non era un comportamento da lui.
“Quando ho sentito i pensieri di
JJ…” ricominciò un po’ meno deciso, ma ancora una volta si fermò. Cosa gli stava prendendo?
“Niente, lascia stare…” disse lui scuotendo la testa, come
se fosse stato certo che io non avrei capito. Forse mi stava sottovalutando, ma
pensando a questo credettidi essere
troppo presuntuosa. Non mettevo però in dubbio che c’era qualcosa che lo stava
agitando parecchio.
“Se vuoi dormire, va pure nella
mia stanza” disse per uscire da quel tentennamento. Non era solo una proposta,
ma un implicito invito a lasciarlo solo. Forse era sconvolto della morte della
famiglia di JJ molto più di quanto volesse far pensare.
Lo volli assecondare e mi alzai.
“Grazie, Edward” gli risposi un
po’ smorta. Lui non rispose. Mi alzai e mi diressi verso le grandi scalinate
che portavano al primo piano. Le salii e percorsi il lungo corridoio del piano
superiore. Giunta davanti alla porta della sua stanza vi entrai. La prima cosa
che vidi fu il grande letto in ferro battuto che
imponente era collocato al centro della stanza. Mi distesi senza tante
cerimonie, come se quello fosse il mio letto. Mi accorsi che era molto più comodo.
Sarebbe stato impossibile addormentarmi. In quel momento il mio pensiero era
tutto concentrato su JJ, altra persona che in questo momento stava soffrendo. Non
potevo nemmeno immaginare come potesse stare. Speravo
solamente che sarebbe ritornato presto. Non mi sentivo
affatto tranquilla per lui e per la sua moralità, non solo perché era fuggito
in quel modo. Si era comportato davvero in modo strano quella sera. Soprattutto
le parole che mia aveva detto prima che tutto ciò
succedesse, sulla collina, erano molto strane. Speravo solo
non avrebbe combinato qualcosa di grave.
Ta-dan! Mi sto rendendo conto
che ultimamente comincio a pubblicare sempre più raramente, con intervalli di
tempo tra un aggiornamento e l’altro mostruosamente grandi! Vi chiedo quindi di
perdonare ancora una volta questo mio piccolo/grande
difetto e di essere paziente fino alla fine (che è relativamente
vicina^^).
Dunque, dunque, dunque… mi sono
accorta che personaggi originali o no, non importa chi siano i vampiri
dell’Alaska, perché tanto alla fine muoiono tutti! MWHAHAH! Sono sadica e
perfida! Il bello però viene solo nel prossimo capitolo (eheheheh…)
Comunque spero che anche questo
capitolo vi sia piaciuto, nonostante manchi qualcosa che non ho ancora capito
cosa sia….mmhh…
A tutti le persone che seguono
ancora questa ff un fantomatico GRAZIE! Grazie,
grazie, grazie e ancora grazie di leggere quello che scrivo! Ma soprattutto,
tutto questo ed ancora un GRAZIE per tutti quei lettori che mi hanno commentato,
che mi commentato che mi commenteranno e che
continuano a sostenermi!^^ Concludo augurandovi tanta, tanta pazienza! J
SMACK!
xAngelOfLove:
Grazie tantissimo per aver sempre seguito la mia ff e
per aver commentato! Si, certo, con NatashaJacob se ne sta lontano da Bella, ma purtroppo non sono mai
riuscita a dare abbastanza importanza e rilievo alla coppia principale della
saga, che è passata in secondo piano (in poche parole Bella edEdward non vengono minimamente notati nella mia ff!) e un po’ mi è dispiaciuto…
Sì,sì, JJ è il solito vampiro
bello, ovvio^^! L’unica cosa che posso dirti in proposito è quella di leggere
il prossimo capitolo ;) (eheheheheh…).
Grazie ancora tante x aver commentato! Ciao!
x pazzerella_92: NOOO! Ti prego!
Povero bambino! Jonathancarlserberg è un nome
orribile (che sottolineiamo, non esisite!)! Perciò, ti prego, se devi nominare il suo
nome, chiamalo JJ (è proprio per questo che gli ho dato
un nome che fa schifo!) Da dove mi è uscito? Bo! Devi
chiederlo al mio povero e solitario neurone Squizzo… L’unica
cosa che posso dirti riguardo a JJ è quella di
leggere il prossimo capitolo ;). Grazie ancora tantissimo per aver commentato
(e non scusarti affatto per non averlo fatto ;) !). GrüßeKüsse! Ps:
scusa se non vengo mai su msn, ma da adesso verrò più
spesso!
x _chocola_:
Sì la storia finisce tra quattro/cinque capitoli…non scambiarla per un
Beautiful! ;) ecco, lo sapevo che mi avevi maledetta
di nuovo! Lo sapevo! E scommetto che lo hai fatto anche dopo… guarda che lo so quando mi maledici! Penosi scherzi a parte il nome di JJ infatti non esiste (eheheh…)
gliel’ho dato apposta così brutto per farlo chiamare dagli altri JJ. Scusa se
ho aspettato ancora così tanto prima di aggiornare, ma
grazie per la pazienza! JKiss!
xIOesty:
Grazie tantissime per il complimento! Jsono
contenta che tu abbia commentato! A quando sarai più sveglia! Buona notte e
grazie ancora^^
xBloodyKamelot:
Wuao! Sei la prima persona che conosco a cui piace il
suo nome (persino io lo trovo orrido ed estremamente
lungo!) Aspetta solo di leggere il prossimo capitolo XD! Grazie tantissime per
aver commentato e per gli stupendi complimenti (me lusingata) Kiss!
x claire92: Ti ringrazio
tantissimo per aver letto e commentato, riassumendo in breve, ma in maniera più
che adegua il mio modo di scrivere ed, insieme, il mio racconto. Ti ringrazio
moltissimo per considerare la fanfiction originale e
lo stile adatto, oltre per l’accenno sul miglioramento fatto dai primi capitoli.
Ti ringrazio ancora per il tempo impiegato per scrivere il tuo commento. Ancora
enormemente grazie!^^
Quella notte dormii al massimo pochi
minuti pensando, per intrattenermi, visto che prendere sonno era
impossibile, a che scusa avrei potuto nuovamente rifilare a mia madre. Fu Alice
il giorno dopo a riaccompagnarmi a casa, la quale mi aiutò anche a perfezionare
la mia scusa. Notai che era particolarmente taciturna. Inoltre la scenata che
mia madre avrebbe fatto vedendomi non avrebbe migliorato il mio umore. Ad
accogliermi fu infattiLilianMcAnderson, con un’espressione che già dall’inizio
preannunciava una crisi di nervi, totalmente sorpresa di vedermi davanti alla
sua porta. Per prima cosa quindi cercai subito di tranquillizzarla, ripetendole
più volte che stavo bene. Raggiunse il limite quando
notò che non avevo con me la valigia. Gli rifilai quindi la scusa; mentre io ed
i Cullen ci trovavamo alla
pista sciistica dei ladri avevano scassinato la nostra abitazione e avevano
rubato tutto quello che avevano trovato, compresa la mia valigia. Raccontandola
mi accorsi che era una scusa davvero penosa, ma mia
madre ci credette. Sì, perché mia madre si fidava di
me. Ero io che le raccontavo solo bugie. Kathy invece
si dimostrò estremamente felice di rivedermi e non
dimostrò alcuna preoccupazione; alla notizia del furto era rimasta dispiaciuta
solo perché dentro la mia valigia c’era anche la maglietta rosa che le piaceva
tanto. Ero contenta che almeno lei non avesse reagito come mia madre; in quel
momento avevo bisogno di una presenza positiva e
sorridente. Dopo un po’ anche mia madre si calmò finalmente, mi preparò un tè
caldo e mi invitò a raccontarle com’era andata la mia
piccola vacanza, che io sintetizzai in poche parole.
“Le cose qua come sono andate?” le chiesi per cambiare
discorso.
“Tutto bene; il negozio ha fatto davvero delle ottime
vendite con le feste di Natale” comunicò lei felice, poi però
si rabbuiò subito “Ma purtroppo il tuo amico Jacob
non è ancora tornato” Allontanai la tazza di tè ancora piena. Mi era passata
tutta la sete. Non c’era nessun’altro
argomento più adatto di questo per tirarmi su il morale! Mi rattristai quasi all’istante;
Jacob non era ancora tornato. Avrei dato qualsiasi
cosa per vederlo. Sia JJ che Jacob se n’erano andati a causa dei problemi che ciascuno aveva e che
preferivo sorvolare. Ed io ero totalmente a pezzi.
Guardai mia madre in viso. C’era qualcosa di strano nella sua espressione, come
se volesse cercare di nascondere qualcosa. Anche mia
sorella stava saltellando più del solito. Cosa stava
succedendo anche qua?
“Comunque, Natasha,
non credi sia meglio che tu ti vada a riposare un po’? Sarai
molto stanca…” disse lei con un sorrisino malizioso. Stava nascondendo
qualcosa; non era mai stata brava a fingere. Decisi comunque
di assecondarla. Salii sospettosa in camera mia ed aprii la porta. Niente di
strano, era tutto come lo avevo lasciato. O quasi.
C’era qualcosa sul letto. Mi avvicinai; si trattava di due oggetti. Uno era un
braccialetto di perline, che dedussi fosse stato fatto
da mia sorella, l’altro invece era una chiave con un fiocco argentato legato
sopra. Presi in mano la chiave ed il braccialetto confusa.
Entrambi erano legati tra loro da un bigliettino
Tanti Auguri da mamma e Kathy!
O cavolo. Oggi era il mio
compleanno. Me l’ero completamente dimenticato. Ormai stavo crescendo e
m’importava sempre di meno diregali e feste. Se si aggiungono poi i pensieri
che mi vorticavano in testa in questo periodo, non c’era da stupirsi se me
l’ero dimenticato. Eppure ieri JJ me lo avevo
regalato. Già, JJ…
“Buon Compleanno!” Mi girai di scatto. Dietro di me mamma
e Kathy mi stavano guardando con due grandi sorrisoni. Io d’altro canto ero rimasta spiazzata. Sentii
le forti e robuste braccia di mia madre avvinghiarmi le spalle e quelle più
sottili di mia sorella i fianchi. Guardai mia madre;
la mia espressione non era affatto cambiata. Quella
non era una semplice chiave che apriva una porta; quella era una semplice
chiave che apriva una portiera.
“Mi hai comprato una macchina?” chiesi con un filo di
voce. Lei sgargiante mi fece segno di sì. Oh…
“Ma… non ho ancora la patente!”
dissi un po’ più emotiva. Un’auto?! Ma che cosa le era
preso?!
“È un buon motivo per farla, non credi?
E poi mi sono stufata di portarti continuamente in
giro”
“Io…io non so cosa dire!” dissi
realmente scioccata.
“Forse qualcosa ti verrà quando
la vedrai; è giù in garage.” Io rimasi nuovamente di sasso. Era già qui. Mi
diressi come un fulmine al pianoterra. Non appena la vidi spalancai la bocca.
Era una vecchia Peugeot di seconda mano riverniciata,
d’accordo, ma in quel momento era l’auto più meravigliosa che avessi mai visto.
Uno splendore. Avevo un’auto tutta mia. Ancora non ci credevo. Aprii la portiera;
dentro tutto era perfetto. C’era uno strano odore di
menta, piccolo ricordo del precedente proprietario, ma per il resto niente di
strano. Guardai mia madre con ancora la bocca spalancata. Mi sentivo in dovere
di dire qualcosa, ma non riuscii a pronunciare una parola. Mia madre non si
scompose e reagì parandomi di fronte un libretto da studiare per l’esame della
patente.
“Prova con ‘Grazie mamma, mi
impegnerò affinché il tuo regalo non sia inutile’.”
Sempre piena di sé.
“Grazie mamma, mi impegnerò affinché
il tuo regalo non sia inutile” dissi assecondandola con un sorriso di
gratitudine abbracciandola forte. Poi mi abbassai anche verso mia sorella per
ringraziarla del suo piccolo, ma grandissimo pensiero.
Non tanto i regali, quanto il pensiero di volermi fare un
regalo riuscì a rallegrarmi per quella giornata almeno un po’; mi avevano fatto
ricordare che c’era ancora qualcuno che mi voleva bene. Alla gioia però
era combinato anche un sentimento di frustrazione per me stessa; dopo tutte le
bugie che avevo raccontato a mia madre, non meritavo per niente quei regali.
Fu soprattutto un mazzo di tulipani gialli che ricevetti
per posta durante il pomeriggio a raggiungere questa felicità. Erano una
dozzina ed erano molto profumati. Chissà chi me li aveva
mandati; a parte la mia famiglia, Jacob e JJ nessuno
conosceva la data del mio compleanno. Jacob.
Era Jacob che me li aveva mandati! Ne
ero sicura, mi aveva sempre regalato dei fiori! Con il cuore in gola
lessi anche il bigliettino allegato. Percepii un senso di tristezza. No, non
era Jacob. Che sciocca che ero
stata; davvero un’illusa. Come poteva mandarmi un mazzo di fiori, data
la situazione? Il fatto però che era stata una persona di altrettanta
importanza riuscì a strapparmi ancora un piccolo sorriso. Una persona del tutto
inaspettata.
I miei più felici auguri.
Grazie molte per le tue parole.
Carlisle.
Carlisle. Era da lui esprimersi
in questo modo formale fatto di poche parole; conoscendolo avevo imparato che
per lui era difficile esprimere veramente i suoi sentimenti. Mi rallegrai molto
per il suo pensiero. Chissà come avrà fatto a scoprire il
giorno del mio compleanno. Provvidi subito a metterli
in un vaso degno della loro bellezza che collocai apposta in salotto. Il
loro colore giallo dava all’atmosfera molto calore.
Il resto della giornata lo passai
molto tranquillamente giocando con mia sorella. Fuori aveva cominciato a
nevicare, ma non c’era sufficiente neve con cui divertirsi, perciò ci limitammo a vederla scendere lentamente. L’esuberanza di Kathy mi aveva proprio affaticato quel giorno; meglio così,
era proprio quello che in fin dei conti desideravo.
Non avrei quindi pensato con preoccupazione a JJ, né a Jacob.
Alla tristezza era nata anche la sofferenza. Da troppo tempo non sentivo la sua
compagnia e mi sentivo veramente oppressa. Avrei così tanto voluto vederlo.
La sera giunse presto a causa della stagione. Dopo aver passato un intero pomeriggio in compagnia di mia sorella
decisi di rilassarmi un poco in camera mia. Avevo lasciato la finestra
aperta, in modo tale da far arieggiare la stanza. Mi diressi verso quella e
presi le ante per chiuderle. Non appena misi la mia mano sulla maniglia una
mano bianca come il marmo la bloccò immediatamente. Io
feci un salto indietro spaventata e quasi non
inciampai sui miei stessi piedi quando arretrai. Dal buio spuntò il viso di JJ.
Emisi un grande sospiro di sollievo e fui davvero
felice di vederlo. Con il cuore ancora in gola gli sorrisi. Aveva
avuto ragione Alice, era tornato.
“Scusa, ti ho spaventata” fece
lui dispiaciuto. Lo vedevo più sereno, ma sembrava che non stesse ancora bene.
“Va un po’ meglio?” chiesi io. Lui con un sorriso
amareggiato annuii.
“Posso stare un po’ con te?” mi fece lui. Era di nuovo
imbarazzato; perché si stava comportando così?
“Certo” gli risposi comprensiva.
“Possiamo andare sul tetto? Ho bisogno
di un po’ d’aria…” continuò con lo stesso tono. Sul tetto? Mi aveva lasciata sorpresa.
“Non fa freddo” continuò per convincermi. Io annuii poco
convinta. Mi feci prendere in braccio e lui in pochi secondi balzò sul tetto.
Aveva ragione, nonostante prima avesse nevicato non faceva particolarmente
freddo. Ci sedemmo uno vicino all’altra, rivolti verso
la foresta che circondava casa mia. Il silenzio scese su di noi, ma non era uno
di quelli imbarazzanti che odiavo. Era un silenzio sereno. Era incredibile,
quando non parlavo con JJ il silenzio che nasceva non era mai spiacevole, anzi,
valeva più di mille parole. Questo era anche un altro motivo
per cui mi piaceva stare con lui. Lo guardai in viso; aveva gli occhi
fissi sulla foresta, ma sapevo che non era quella che stava guardando, perché erano
incredibilmente vacui.
“Dove sei stato?” chiesi per attirare la sua attenzione.
Pensavo che anche lui come me avesse bisogno di
parlare per distrarsi dai propri tristi pensieri.
“Ho guidato un po’ per rilassarmi e… pensare” disse risoluto.
Si zittì per alcuni secondi “Mi sento così debole a provare
questi sentimenti umani” bisbigliò quasi con rabbia. Io sorrisi. Si stava
confondendo; voleva smettere di soffrire e perciò dava
la colpa a se stesso. Dava la colpa alla sua natura da
vampiro, ma non si stava accorgendo che in questo modo era molto più simile ad
un umano.
“Tu sei più umano di quanto sembri” gli confessai.
“Non dire sciocchezze” rispose con lo stesso tono di prima.
Io scossi la testa; ancora questa storia del mostro.
“JJ, fidati di me per una volta, per piacere” gli risposi
seria. Lui mi fissò con i suoi occhi dorati e dopo pochi secondi mi mostrò un
piccolo sorriso triste.
“Va bene. Forse hai ragione”
“Pensi di restare con i Cullen?”
ripresi subito io.
“Non lo so, non voglio creare fastidi”
“Non penso proprio che creerai fastidi, e tu lo sai.” Lui tornò a sorridere malinconico; entrambi sapevamo fin
dove poteva arrivare la benevolenza di Carlisle.
Passarono altri secondi di sereno silenzio.
“Mentre guidavo pensavo a…”
cominciò imbarazzato “…ad una cosa legata ancora a quello che mi ha detto
Irina”
“Che cosa ti ha detto?” chiesi
con voce sorpresa. Forse finalmente me lo voleva dire.
“In realtà mi ha fatto un domanda.
Più che altro era una provocazione, ma, presa come
domanda, effettivamente non sapevo rispondere.” Non era stato molto preciso; mi ero sbagliata, non me lo aveva detto e non
credevo lo avrebbe fatto.
“E tu fino ad adesso hai pensato
ad una risposta a questa domanda” conclusi io seguendo il suo ragionamento. Lui
annuii soddisfatto che io avessi capito.
“Ma non sono riuscito a trovare
una risposta” Lui mi guardò negli occhi. Facevano ancora un grandissimo
contrasto con il buio che ci circondava. Oro nella notte.
“Voglio provare a fare una cosa per trovarla” affermò lui vago, non rispondendomi ancora. Fece un sorriso
amaro.
“È una totale assurdità” sussurrò sarcastico tornando a
guardare davanti a sé.
“Ma se sai che è una sciocchezza perché hai deciso comunque di farla?” dissi sempre più confusa. Tentavo di seguirlo ma non ci riuscivo.
“Razionalmente parlando è totalmente
inutile, anzi, persino pericolosa. Da veri e propri sadici e masochisti,
oserei dire. Può portare a catastrofiche conseguenze” affermò
lui seriamente. Ormai non lo stavo seguendo più.
“Ma da quello irrazionale” disse tornando a guardarmi
negli occhi “sono pronto a rischiare.”
Non riuscivo a capire niente di quello che mi stava dicendo.
Tanto meno quello che fece. Sentii entrambe le sue
fredde mani afferrarmi il viso. Non avevamo mai avuto un contatto del genere
noi due. Non ebbi nemmeno il tempo di sorprendermi che sentii le sue labbra
sulle mie. Non pensavo fossero così morbide, seppur fredde. Non riuscivo più a
capire niente. Non riuscivo più a reagire. Avrei dovuto scostarlo, ma non lo feci. Rimanevo immobile e passiva, interamente succube delle
sensazioni che stavo provando. Le sue labbra si muovevano lente,
ma regolari sulla mia bocca. Nessuno mi aveva mai baciato così, nessuno;
era l’unico pensiero che riuscii a realizzare. Brividi
di un piacere mai provato si fecero sentire questa volta dappertutto. Sentii
che le sue mani avevano cominciato a fare sempre più pressione verso la sua bocca.
JJ mi stava facendo provare delle emozioni quasi insostenibili da quanto forti.
Improvvisamente si staccò da me. L’ossigeno mi fece girare
un po’ la testa e riprendere anche un po’ di lucidità. Che cosa aveva fatto?! Lo perforai con lo sguardo, ancora un po’ scombussolata per
quello che avevo provato. Avrei voluto urlargli in faccia, picchiarlo se fosse
stato necessario, ma non ne ebbi il tempo. JJ si girò
di scatto verso gli alberi e sentii alcuni ringhi trattenuti fremergli la cassa
toracica. Totalmente scossa girai anch’io la testa
verso quegli alberi. Non riuscivo a capire perché JJ si fosse messo all’erta.
Poi capii il perché. In mezzo agli alberi c’era una figura. Una figura che
nonostante il buio e gli alberi riuscii a vedere
benissimo. Dapprima credevo che fosse stata solamente la mia immaginazione, poi quando capii che mi stavo sbagliando rimasi confusa
dalla sua espressione. Era addolorata, si intuiva
benissimo nonostante il buio. Fu proprio quell’espressione
a darmi lucidità a sufficienza per ragionare. O mio
Dio. JJ mi aveva baciato e lui aveva visto tutto.
“…Jacob…” A fatica riuscii a
sentirmi, ma JJ lo capì benissimo, visto che smise all’istante di ringhiare,
capendo che quella figura mi era conosciuta. Nonostante il buio riuscii a vedere i suoi occhi; si leggeva un grandissimo
tormento. L’attimo dopo non c’era più, era fuggito di
nuovo. No, no, no, no, no, no, no. No, aveva capito male. Io non amavo JJ, non
era stato un bacio ricambiato! Ma
allora perché non hai fatto niente per scostarlo? TACI STUPIDA VOCE! Sentii
che JJ mi disse qualcosa, ma non lo sentii. In quel momento non esisteva più
JJ, ma solo Jacob. Eravamo stati
vittima di un enorme fraintendimento. In quel momento ero più che
determinata a raggiungerlo per parlargli una volta per tutte.
Con abilità mi teletrasportai in pochi secondi a terra e cominciai a correre
come una disperata nella direzione in cui era scappato.
“JACOB!” gridai con quanto fiato mi era permesso,
nonostante sapessi che lui non mi avrebbe ascoltato. Corsi per un bel po’,
finché, arrivata al limite, finalmente lo trovai. Era
in piedi, davanti a me; sapeva che lo avrei rincorso. Non era arrabbiato,
quanto addolorato. Non era però quel dolore che avevo
intravisto quando mi aveva attaccato, prima di partire per l’Alaska. Era un
dolore diverso, un dolore misto a rassegnazione, meno forte del primo, ma da un
certo punto di vista anche più significativo.
Inaspettatamente parlò per primo lui.
“Sam aveva ragione; mi aveva più
volte detto all’inizio che potevi non essere realmente la mia anima gemella. Mi
aveva avvertito che quello che scatenavi in me era forse dovuto
al fatto di non essere umana. Io non l’ho ascoltato e ho sbagliato a non
prendere in considerazione questa possibilità fin dall’inizio” disse del tutto indifferente. Non era il tono di voce con
cui mi si rivolgeva sempre. Fu però il minore dei mali. Cosa caspita significava
quello che aveva detto?!
“Cosa stai dicendo, Jacob?” dissi con un’ottava più alta in tono quasi
isterico, più che spaventato. Mi perforò con i suoi occhi neri. Non erano
dolci, non erano per niente simili a quelli che vedevo sempre
quando stavo con lui.
“Tu cos’hai capito?” mi rispose questa
volta terribilmente malinconico.
“Stai dicendo che io non sono la
tua anima gemella?!” chiesi più isterica che mai.
“Forse” rispose lui secco. Se non
fosse stata per la situazione mi sarei messa a ridere
sarcastica.
“Ma Jacob, io ti amo” fu tutto
quello che riuscii a dire.
“Mi dispiace, ma non ti credo.” Non lo disse arrabbiato,
quanto sofferente. Io non riuscii a replicare, impegnata ad incassare quel duro
colpo. Perché non mi voleva più credere? Per quello
che aveva visto? Come poteva non credermi. Stava dicendo un mare di assurdità. Ma allora
perché non hai fatto niente per scostarlo?Di nuovo
quella voce. Le circostanze mi indussero a
prenderla seriamente questa volta. Non avevo ricambiato JJ, ma non lo avevo
nemmeno scostato. Cosa voleva dire questo? Che forse aveva ragione lui? Non era fattibile, né
possibile. Se c’era una cosa di cui ero sicura in quello che
era appena successo era che io amavo Jacob con tutta
me stessa. Perché si stava comportando in
questo modo assurdo e mi stava dicendo tutte queste cattiverie? Riuscii a
prendere un po’ di lucidità. Era impossibile che fosse dovuto
tutto a quello che aveva appena visto. Non sarebbe da Jacob
comportarsi in questo modo; sotto c’era dell’altro.
“Non ti fidi di me?” bisbigliai anch’io addolorata.
“Mi hai detto che mi ami, ma se
effettivamente è così di certo non faresti quello che hai appena fatto!
Un’anima gemella non si comporterebbe in questo modo!” Ora anche lui aveva alzato il suo tono di un’ottava, agitato.
“Io mi sono veramente innamorato di te. E
credo che tu non abbia mai capito quanto. Sicuramente molto più di quello che
tu provi per me.” Non riuscii a rispondere, troppo
presa a trattenere in qualche modo le lacrime. Aveva in parte ragione; più volte
avevo avuto il dubbio che lui mi amasse più di me e detto da lui in questo modo
mi parve essere una fattibile certezza. Ma sapevo di
amarlo e se l’amore era quello che credevo, se era quello che mi aveva fatto
provare lui, allora era la verità.
“Perché non ti fidi di me?”
chiesi guardando in basso, cercando di mantenere un tono di voce deciso.
“Perché sono stufo, Natasha!” disse questa volta lui esasperato. “Basta! Sono
stufo di soffrire per aver perso la persona che amo! Mi è già successo una
volta, è a fatica ho sopportato!” fece un respiro
profondo e tornò a guardarmi negli occhi; più che mai era visibile il dolore.
“L’unica cosa che mi convince a non impazzire del tutto
adesso è che perdendoti non potrei più farti del male…” Mi aveva lasciata spiazzata. Jacob mi aveva
detto che non si fidava più di me; equivale quasi a
dirmi che non mi amava più. Ma era effettivamente
così? Non mi amava più? No, se non mi amava più non
sarebbe né triste né addolorato.
“È meglio se la finiamo qui, Natasha”
disse infine. No, mi ero persa un passaggio. Voleva abbandonarmi pur amandomi.
La peggiore aspettativa che avevo
previsto si era avverata. Jacob aveva fatto quello
che mi ero rifiutata di fare non appena lo avevo pensato. La cosa peggiore era
che lo stava facendo non solo perché credeva che in questo modo non avrebbe più
rischiato di farmi del male, ma anche perché in qualche modo perverso si era
fatto l’idea che io non fossi abbastanza degna di avere la sua fiducia. In quel
momento lo odiai per il solo motivo che fosse uno
grande stupido. Glielo stavo anche per gridare in faccia, se non fosse stato per la causa che aveva suscitato in lui questa
convinzione. Mi aveva vista mentre stavo baciando JJ.
Per la prima volta riuscii a vedere le cose sotto la sua ottica; non osavo
immaginare cos’avesse provato e pensato vedere la persona amata di più al mondo
baciare qualcun altro. Ora il problema non era suo, era
mio. La domanda che dovevo pormi era perché non avevo respinto JJ. Che cosa provavo per lui? Al momento non lo sapevo e ora
come ora non me ne fregava niente della risposta. Sapevo, ero certa di amare con tutta me stessa Jacob
e non JJ. Questo mi bastava. Dovevo rimediare a quello che avevo fatto ed ora ne avevo la possibilità. Avevo detto tutto quello che ero riuscita ad elaborare, ma non era servito a niente. Non
riuscivo a dire più una parola. Non sapevo come farlo tornare da me. Che cosa
avrei ricavato dal suo abbandono? Che domanda patetica ed
egoista; dovevo smetterla di pensare solo a me stessa. Ci avrei ricavato
la salvezza di Jacob; se se
ne stava lontano da me era probabile che non sarebbe più stato coinvolto in
questa faccenda. Era proprio il motivo per cui me n’ero
andata d’altronde. C’era solo un piccolo problema; lui mi amava e se se ne sarebbe stato lontano da me avrebbe patito più di
quanto avrebbe sofferto insieme a me. C’era però un’altra cosa che non avevo
preso in considerazione; il fatto che non era certo che io fossi la sua anima
gemella. Forse quindi lui non mi amava; impossibile, non si spiegherebbe il suo
rammarico. Ero più che convinta che avesse finto; ne ero
sicura. Che si stesse allora convincendo che così facendo non sarei più stata
in pericolo insieme a lui, dicendomi che non si fidava
più di me, e facendosi odiare? No, anche lui sapeva tanto quanto lo sapevo io che l’amavo e allontanandosi da me mi avrebbe
fatto soffrire di più. Ma forse era convinto che la
mia vita contasse più del dolore che provavamo entrambi. Basta, stavo pensando
sempre alle stesse cose, come un circolo vizioso,
tutto si collegava a tutto componendo un anello di pensieri difficile da
interpretare.
“Ciao, Natasha” Il suo sussurro
mi fece finalmente uscire dai miei pensieri. Avevo sentito quello che aveva
detto, ma non del tutto compreso. Ormai il mio cervello era fuori uso, non
sapevo più cosa pensare, né cosa dire, con il risultato che rimasi
lì, ferma a fissarlo. Qualcosa che non conoscevo mi spingeva a correre verso di
lui, abbracciarlo per non lasciarlo più andare ed inspirare il suo profumo.
Qualcos’altro però di molto più forte mi fece rimanere lì, immobile, a fissarlo
imperterrita. Non mi ero nemmeno accorta che avevo il viso bagnato dalle
lacrime. Lui non aspettò una mia risposta, si girò e si addentrò tra gli
alberi, tornando da dov’era venuto. Alla fine quindi mi ero arresa; l’avevo
lasciato andare. In fin dei conti, se era quello che
voleva allora io lo avrei assecondato. Non si chiamava anche questo amare? Ma…Che
razza di pensiero stupido era mai questo…?!?! Stava
sbagliando ed io avevo il dovere di farglielo capire! Ma
stava realmente sbagliando? Non avevo le giuste facoltà mentali in quel momento
per capirlo. La testa mi stava girando a mille.
Mi voltai, cercando di trovare qualcosa su cui potermi
sedere e cercare di calmarmi. Non appena lo feci però
mi trovai davanti JJ. Mi stava guardando terribilmente dispiaciuto. Superata la
sorpresa di averlo trovato lì, lo guardai con un sentimento che poche volte avevo riservato agli amici; odio. I suoi occhi non mi intenerirono. Sapeva dell’esistenza di Jacob. “Davvero? Hai avuto problemi con qualcuno, magari
il tuo ragazzo” ed io avevo annuito. Stavo
guardando immobile JJ, cercando di capire cosa dovessi
fare. Sapeva che non provavo niente di tutto questo nei suoi confronti e
nonostante tutto mi aveva baciata. Cosa
cavolo aveva capito dal fatto che io avessi dei problemi con Jacob? In teoria niente, visto che non sapeva niente dei
miei problemi, ma chissà quanti castelli in aria si sarà fatto! Anche i miei
pensieri erano impregnati di odio. Speravo che anche
il mio sguardo riflettesse questi sentimenti. Ero pronta a rinfacciargli tutto
ciò che gli avrei voluto dire un secondo dopo che si
era staccato da me.
“Hai anche avuto la faccia tosta
di seguirmi ed origliare, dopo quello che hai fatto” gli disse estremamente
acida.
“Ti sei messa a correre all’improvviso,
cosa avrei dovuto fare?” rispose anche lui leggermente sprezzante.
“Non ti azzardare a parlarmi con quel tono!” gli urlai.
Lui rimase veramente dispiaciuto.
“Mi dispiace” sussurrò.
“Non me ne importa, non cambia niente”
“Cambia invece per me” rispose lui più convinto.
“Forse ora ho il diritto di sapere qual è l’insinuazione di Irina, no?” continuai io. Rimase un attimo di silenzio.
“Se ero innamorato di te” sussurrò dopo un attimo di esitazione. Dovevo capirlo, che stupida.
“Ed era necessario baciarmi?”
gridai questa volta. Corrugò la fronte; la sua espressione era quella di una persona
che stava attraversando una profonda crisi.
“Sì” rispose serio.
“Bene. E qual è il responso
finale?” dissi acida.
“Non lo so ancora.” Ero troppo arrabbiata per mettermi a ridere sarcastica.
“Uau, JJ! Sai che ho avuto dei
problemi con il mio ragazzo e riesci a baciarmi sul tetto di casa mia in suo presenza! Ti ringrazio tantissimo se adesso è
possibile che non lo rivedrò più! Il tuo egoismo mi fa
schifo!” dissi questa volta esasperata. Lui mi trafisse un’altra volta
con lo sguardo; serio ed imperscrutabile.
“Prima ho perso la mia anima insieme alle persone a me
care e sono diventato un vampiro, vivendo come un mostro, poi ho perso ancora
una volta le persone più care che avevo e che mi hanno sostenuto
quando ne avevo bisogno. Ora, avrò il diritto di comportarmi da egoista, non credi?” mi sussurrò minaccioso. Io rimasi
zitta. Non credevo che questa fosse una buona scusa per giustificare le sua azione.
“E d’altronde” continuò lui “non
mi sembra che tu abbia fatto troppe resistenze” Si avvicinò di più a me.
“Credo che se adesso lo rifarei non riusciresti ad
allontanarmi” insinuò lui. Questa volta fui io ad abbassare la cresta. Aveva ragione, non avevo fatto niente. Non era giusto dare tutta la colpa a lui; una piccola parte andava anche a
me. “Non dirmi che sono egoista; non hai idea di quello che sto attraversando a
causa della mia famiglia e tua!”
“Io non ti amo, amo Jacob” dissi
decisa. Lui mi tornò guardare malinconico.
“Lo hai dimostrato” affermò lui abbassando lo sguardo.
“Ed ora cosa hai intenzione di
fare con me? Ora che non sai ancora cosa provi?”
continuai sprezzante.
“Niente, anche se ti amassi non sarebbe un amore
ricambiato”
“Ma lo sapevi che io non ti
amavo! Lo sapevi che io amavo un altro!” gridai io isterica. Lui sogghignò
amaro.
“Infatti, l’ho fatto
esclusivamente per me stesso. Ti sei già dimenticata? Sono un
egoista…” Io lo guardai con occhi sbarrati.
“JJ…ti rendi conto quanto la tua azione mi faccia soffrire? Non solo per Jacob,
ma anche per te! Perché sto odiando un mio amico a
causa del tuo egoismo!” gridai isterica. Le lacrime quasi mi
stavano uscendo dagli occhi. Le sue parole mi avevano fatto davvero del
male. Lui fece un respiro profondo, a cui ne seguì un altro ed un altro ancora.
Stava stringendo i pugni e si stava morendo il labbro.
Abbassò la testa.
“Sarò sincero. So che ho sbagliato, che a causa del mio
egoismo ti ho fatto soffrire. Ne sono consapevole. E l’ho
fatto intenzionalmente, cosa che rende ancora più discutibile il mio
comportamento. Sono davvero un essere spregevole, come
persona, intendo. Perciò hai tutto il diritto
di odiarmi, non mi lamento. Nemmeno io sapevo cosa stavo esattamente facendo,
se quella era o no la cosa giusta da fare per me. Sembra una sciocca scusa
patetica e penosa per giustificare quello che ho fatto, lo so
e di certo non mi crederai, ma… è la verità. Vorrei dirti quello che sto
provando, quello che ho provato, ma non riusciresti a
capire e non credo che a questo punto te ne importerebbe qualcosa. Certo,
questo non mi giustifica, ma oltre ai Cullen, tu sei
l’unica persona che mi è rimasta, Natasha.”mormorò, poi alzò gli occhi.
“Sono disposto anche a non farmi più vedere, se è questo
che desideri. Chiedendotelo posso sembrare ancora più egoista, ma… ti prometto
che poi scomparirò, se lo vorrai. Perdonami per quello che ho fatto; sarà l’ultima
cosa che farai con me.”
Lo guardai impassibile. Covavo ancora un grandissimo
rimorso nei suoi confronti, ma era diminuito. Nonostante cercassi di mantenere
i nervi saldi il suo discorso mi aveva colpito. Era
stato sincero, realmente sincero; lo conoscevo abbastanza per
affermarlo. Aveva ammesso che aveva sbagliato. Per me
lui era davvero un amico, mi aveva aiutato moltissimo quand’ero
in Alaska. Riflettei sulle sue parole; si era pentito veramente per quello che
aveva fatto. Con il suo comportamento mi aveva fatto del male e sia io che lui avremmo ancora più sofferto con una risposta
negativa. Dovevo però pensare bene a quello che era
successo prima di decidere come mi sarei comportata con lui. Sarei riuscita a
perdonarlo, ma non credevo di poter mantenere l’amicizia
che avevamo. Gli lanciai un piccolo sorriso, che lui intese come un ‘sì’.
“Non credo però che potremo rimanere amici” dissi
imperturbabile. Inaspettatamente lui sorrise.
“Lo sospettavo; mi sarebbe andata troppo comoda.”
“Credi ne sia valsa la pena?” continuai io. Era stata
davvero un’assurdità; non era nelle sue intenzioni farmi del male, ma nonostante
tutto aveva compiuto un’azione che me ne fece. Lui annuì convinto.
“Sì” continuò a sorridere “ma non
mi aspetto che tu capisca” Aveva ragione, non avrei mai capito fino in fondo il
suo gesto, apparentemente stupido. Guardai negli occhi JJ, mentre il silenzio
calava. Ed era uno di quei silenzi imbarazzanti. Qualcosa
di grosso era cambiato nel nostro legame. E me ne
dispiaceva moltissimo.
“Devo… accompagnarti a casa?” mi chiese leggermente
imbarazzato.
“No, faccio io” gli risposi forse un po’
troppo secca.
“Bene…quindi…ciao?” continuò lui. Non era un’affermazione,
ma una domanda. In base alla mia risposta avrebbe capito se ci saremmo rivisti
o no.
“…ciao…” gli risposi in un sussurro io. Lui sorrise,
sollevato che la risposta non fosse stata ‘addio’. Per qualche strano motivo
però nessuno dei due si mosse. La scena poteva essere quasi divertente;
entrambi avevamo le mani dietro la schiena e guardavamo verso il basso. Ma purtroppo non c’era assolutamente niente da ridere. Finché finalmente non decisi di chiudere gli occhi.
Ero di nuovo in camera mia. Guardai
assente l’orologio. Era passata solamente mezz’ora da
quando me n’ero andata. Ed in mezz’ora ero
riuscita a perdere due persone importantissime. Questo concetto però non mi era
ancora molto chiaro. Mi sedetti sul letto. Cercai di pensare a quello che era
appena accaduto. Non riuscivo nemmeno a rendermi conto di come
era potuto succedere. Era come negli incubi, quelli veramente brutti,
dove le persone a cui più vuoi bene si comportano in
modo totalmente fuori dal normale, facendoti anche del male. Né il mio cuore né
la mia mente riuscivano a provare niente al momento.
Nessuna emozione oltre a confusione ed incredulità. No, questa volta non avrei
pianto, il mio cuore non ne capiva l’utilità. Ma c’era qualcosa, una sorta di ansia forse; un’ansia inspiegabile che mi premeva da
dentro e mi faceva provare qualcosa in effetti, ma non sapevo cosa. Mi stava
cominciando a rendere nervosa. Era come se mi impedisse
di respirare. Avevo cominciato a fare respiri profondi, ma servivano a poco. Mi
sentivo totalmente oppressa da questa… cosa. Ecco, ora provavo dolore, a causa
di questo qualcosa. Mi accorsi che quest’ansia
proveniva dal cuore; finalmente lui si era reso conto. La mente però no, quella
ancora non voleva accettare la realtà. Ora respiravo velocemente ed in modo
irregolare; mi stava facendo troppo male. Cercai di opprimere io lui, quindi
trattenei il respiro. Il risultato però fu che andai in iperventilazione. Ora
anche il mio corpo stava male. Mi distesi per cercare di placare questo
terribile malessere. Guardai in alto; al posto del bianco del soffitto vidi
tante piccole stelle luccicarmi negli occhi. Provai ad abbassare le palpebre,
ma appena lo feci mi trovai davanti gli occhi di Jacob nella foresta; la loro malinconia, insieme a quella
particolare sofferenza. Ora anche la mia mente stava soffrendo, insieme al mio cuore. Entrambi stavano
soffrendo; era un dolore insostenibile, talmente forte perfino da arrendersi
davanti alla sua potenza. L’unica cosa che mi spingeva a resistere era che se
avessi ceduto non sarei più riuscita a riemergerne. Al limite cercai di
raggomitolarmi e stringere le gambe al petto più che potevo;
sembrava funzionare. Ancora non piangevo e non credo
che sarei riuscita a farlo. Tanto questa volta non
sarebbe riuscito a diminuire per niente il mio dolore. Mentre
pensavo continuavo imperterrita a riflettere, sempre sulle stesse cose, in modo
da trovare una qualche risposta ai miei dubbi, ora che avevo acquistato più
lucidità. PerchéJacob si
era comportato in questa maniera? Solamente ora mi rendevo
pienamente conto che non c’entrava totalmente il gesto di JJ; era stata
solamente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. L’aveva usata
solamente come scusa, una scusa che poteva benissimo fare anche da causa. Ero
assolutamente certa che il perché delle sue parole era
proprio scatenare in me l’odio per lui. Voleva che io gli stessi lontana una volta per tutte, per paura di non ferirmi più. Il
problema adesso non era solo questo, era anche JJ. JJ
provava qualcosa per me. Nemmeno lui sapeva dire cosa fosse.
Ma stava realmente dicendo il vero? Forse aveva detto
queste parole per evitarmi di mettermi ancora più in confusione, dopo quello che era successo. Inoltre
sapeva che non lo avrei mai ricambiato in questo senso. Mi sembrava un gesto
troppo avventato da parte sua rischiare in questo modo la mia amicizia per poi
rispondermi “non lo so”. C’era qualcosa che non quadrava. E
se lui affettivamente avesse ricevuto una risposta sincera dal suo gesto? Se effettivamente avesse scoperto il nome del sentimento che
prova per me? E se effettivamente questo sentimento si
chiamasse amore? Non era una grande preoccupazione, io
amavo Jacob e dalle sue parole io glielo avevo
dimostrato. “Lo hai dimostrato”. Vista in questo senso il suo atto non
era del tutto stupido. E con questo inoltre si dava
una risposta anche al suo strano comportamento di ieri sera. C’era infine un
altro problema totalmente inspiegabile. Perché non avevo reagito
mentre JJ mi baciava? No, non era in realtà questa la vera domanda. Non
avevo reagito perché ero stata totalmente sopraffatta da quelle fortissime
emozioni. La domanda era quindi; perché avevo provato queste emozioni? Avevo
sempre creduto che le emozioni che provavo con Jacobfossero dovute anche perché io provavo qualcosa per lui. Con
JJ avevo provato le stesse emozioni migliaia di volte più forti, talmente
potenti da trasformarsi in altre. Quindi, secondo la
mia teoria io provavo per JJ qualcosa molto più forte di quello che provavo per
Jacob. Mi era impensabile però
ingigantire quello che c’era tra me e Jacob e
confrontarlo con me e JJ. Il mio cuore non provava niente per JJ. Non
sobbalzava ogni volta che mi avvicinavo a lui, come succedeva sempre con Jacob. E non arrossivo come con Jacob, nonostante la bellezza di quegli occhi dorati.
Cos’era successo quindi? Potevo essere così scorretta
da dare la colpa al puro istinto e curiosità di
provare per almeno una volta queste emozioni? Che mi avessero invaghita a questo punto? Ma soprattutto, avrei voluto
riprovarle una seconda volta? Avrei mentito a me stessa rispondendo di no. Ma
veramente sarei riuscita a baciare JJ per la seconda volta? Questa volta la
risposta era di nuovo no. JJ mi aveva fatto provare
emozioni che con Jacob non avevo
mai provato, ma con Jacob avevo provato emozioni che
con JJ non avrei mai affrontato. Era per questo che non avrei mai scelto JJ, se
ne avessi avuto l’opportunità. Non avrei rinunciato a Jacob neppure per mille baci di JJ. Non avrei mai
scambiato Romeo con il mio Sole.L’amore non è fatto solamente di baci.
Il respiro era ritornato regolare. Avevo capito quello che
era successo ed ero in pace con me stessa. Dovevo ora pensare a quello che
avrei fatto a questo punto, ma non ne avevo la forza.
Il mio sguardo si posò sul tavolino ed incrociò il vaso che tenevo per i fiori
di Jacob. Era vuoto; da molto non mi portava un fiore
con cui riempirlo. Guardai il mio vero obiettivo; l’orologio segnava le
quattro. Ero stata parecchio tempo a pensare, ma ora
come ora era una cosa insignificante. Tornai ad appoggiare la testa sul
materasso. Per la prima volta in quella notte mi venne in mente che non ero io
l’unica a soffrire al momento. C’era Jacob. E c’era JJ. Le emozioni possono essere talvolta così stupide
da portare a soffrire in questa maniera persone che, con un incontro a quattr’occhi risolverebbero ogni problema. Ma l’uomo era
inconsapevolmente un drogato di emozioni, e non ne
poteva proprio fare a meno. Chiusi le palpebre, ovviamente non nella speranza
di addormentarmi, ma di far riposare gli occhi che per tutto il tempo erano
stati fissi ed assenti su un punto della mia camera.
Sciolsi anche le gambe della mia presa strangolatrice e mi drizzai.
Sentivo tutti i muscoli che mi dolevano per la presa troppo stretta e troppo trattenuta. Sentivo il rumore del vento che faceva
sbattere gli alberi tra loro; era un dolce rumore, che riuscì per un po’ a
coccolarmi e a rilassarmi. “Quando ho sentito i
pensieri di JJ…”. La voce di Edward
rimbombò nella mia testa. Non era esattamente la sua voce, ma il ricordo che la
conteneva. Era riemerso all’improvviso. In effettiEdward si era comportato in modo strano, indifferente,
assente. E poi mi ricordo che aveva notato qualcosa
nei pensieri di JJ che voleva dirmi, ma non l’aveva fatto. Qualcosa
che aveva a che fare con l’incendio della sera prima. In quel momento io
mi trovavo con JJ, sulla collina. Edward aveva letto
i pensieri di JJ di quella sera. Quando ho sentito
i pensieri di JJ…Mi alzai immediatamente dal letto. Edward
conosceva i pensieri di JJ anche riguardo a me. Sapeva cosa JJ provava per me.
Non ne ero sicura, ma più ci pensavo, più ne ero
convinta. Ma se fosse così… Non mi aveva detto niente.
Perché non l’aveva fatto?! Avrei potuto anticipare JJ
e mettere subito le cose in chiaro, chiarendo grossissimi malintesi! Non ero
così stupida da non capire che Edward non aveva
nessuna colpa, per questo non sarei andata da lui
furiosa e sbraitante. Inoltre il fatto più grave, ovvero
quello che coinvolgeva Jacob, non era del tutto
dovuto a quello che era successo con JJ. Ciononostante sarei comunque
andata da lui per discutere di ciò, pacificamente. Ma
discutere di cosa, poi? Scoprii che in fin dei conti non avevo
niente da discutere con lui, ma il tremendo bisogno di vedere qualcuno. Tornai
a guardare l’orologio. Era passata solo mezz’ora. Non sarei riuscita a
trascorrere quattro ore senza far niente. Infatti al
momento non avevo la minima voglia di fare nient’altro se non andare a parlare
con lui. Poi riflettei sul fatto che lui era un vampiro, pertanto non lo avrei di certo svegliato. Ma dove
lo avrei potuto trovare? Non mi sarei di certo messa a cercarlo per tutta Forks. Poi mi venne l’ispirazione e la convinzione che
trovarlo era più semplice di quanto sembrasse. Ovvio,
era da Bella. Dove c’è Bella il più delle volte c’è
anche Edward. Forse però andando a casa di Bella li
avrei sicuramente disturbati. Pensando però all’ora presi
un po’ più di coraggio; Bella sicuramente stava dormendo. Mi alzai e chiusi
come di norma gli occhi. Prima ancora di aprirli sentii un fastidioso venticello
ghiacciato infilzare la mia pelle. Forse avrei dovuto mettermi addosso qualcosa di più pesante, ma avrei comunque
resistito. Guardai in alto; la stanza di Bella era al primo piano. La finestra
era chiusa. Come avrei fatto ad attirare l’attenzione?
Se avessi lanciato un sasso avrebbe fatto sicuramente
troppo rumore. Decisi di azzardare e sussurrai il nome di Edward. Speravo che il suo udito fosse sviluppato fino a
questo punto. Il vento aveva cominciato asoffiare più forte e stavo morendo di
freddo. Inoltre ero circondata dal buio, rischiarato a
malapena da un paio di lampioni dalla luce fioca. Aspettai qualche secondo; ma
ancora niente. Edward non c’era. Che
stupida che ero stata venire a quest’ora. Era
meglio se tornavo a casa.
“Allora?” La sua voce profonda e familiare mi fece
sobbalzare. Mi voltai. Lui era lì, a braccia conserte che,
con un cipiglio, mi stava fissando.
“Ciao…” Bene, e poi? Come sarei andata
avanti? Avrei dovuto, come tutte le volte, usare il mio tatto colossale?
Credevo che alla fine avrei fatto proprio questo.
“Cosa vuoi?” mi disse
straordinariamente gentile.
“Ehm…” Non avevo la più minima
idea “Cosa volevi dirmi ieri sera?” Non ero stata molto concisa.
“A cosa ti riferisci?” chiese un po’ stizzito. Non vedeva l’ora di ritornare da Bella, si vedeva.
“Lo sai a cosa mi sto riferendo” dissi anch’io leggermente
innervosita. Lui mi perforò con gli occhi.
“A esattamente quello che credi”
rispose lui, nemmeno mi sapesse leggere nel pensiero. Rimasi a fissarlo per
alcuni secondi.
“Sapevi che JJ provava qualcosa per me?”chiesi per avere
conferma. Lui alzò le spalle per approvare. Ecco, avevo ragione. Un momento,
che strano. Solo adesso me n’ero resa conto. Era come se Edward
sapesse cosa fosse accaduto. Se mi aveva risposto in questo modo
conosceva le riguardanti circostanze. Lo guardai di sottecchi.
“Sai cosa è accaduto poco fa?” gli chiesi in un bisbiglio.
“È difficile non sentire urlare qualcuno con l’udito che
possiedo” continuò ad affermare tranquillo. Edward si
trovava a casa di Bella quando stavo parlando con JJ e
aveva sentito tutto. Maledetti vampiri e le loro capacità!
“Perché non me lo hai detto?”
chiesi io.
“Non sono affari miei, ma di JJ” mi continuò a guardare
neutro “Hai quindi intenzione di darmi la colpa per
non avertelo detto?” insinuò leggermente con tono di sfida.
“No” risposilaconica.
“E allora perché sei venuta da
me? Non sono mica il tuo consulente amoroso!” continuò
indifferente. In ben altre circostanze avrei sorriso a
questa battuta.
“Per effettivamente essere sicura che tu conoscessi i
sentimenti di JJ” risposi ancora indifferente. Abbassai la testa.
“Bhe…scusa se ti ho disturbato…”
continuai con tutti i buoni propositi di andarmene.
“Aspetta” La sua voce catturò la mia attenzione. Mi mise
l’indice sulla fronte.
“Talvolta questa ha tanta ragione ed importanza quanto
questo” e questa volta con l’indice mi indicò il cuore
“Perciò se devi fare una scelta, pensaci bene…” Che in parole più semplici
voleva dire in questi casi o accontenti uno o accontenti l’altro. E sapevo che questo ‘talvolta’ era riferito a questo caso
specifico. Io gli sorrisi.
“Lo so” Lui mi ghignò soddisfatto. Lo guardai di sottecchi.
“Mi accusi di trattarti come il mio consulente amoroso, ma
poi sei tu che ti comporti come se lo fossi” lo accusai io. Lui roteò gli occhi
all’indietro.
“Ciao, Natasha” disse quasi
rassegnato. L’attimo dopo scomparì. Era stato veramente troppo veloce. Con un piccolo sorriso di soddisfazione chiusi gli occhi e mi
teletrasportai anch’io.
L’ultima settima era stata la più lunga e sofferente che avessi mai passato. Un vero supplizio. Ero terribilmente
preoccupata ed in pena per Jacob. Ero stata in
pratica sempre chiusa in camera e non avevo visto nessuno. JJ era meglio se non
si faceva vedere, mentre per Jacob non ci speravo
più. Nemmeno Alice o altri Cullen erano venuti a
farmi una visita; inoltre Bella, insieme adEdward, era tornata a Vancouver. Ero andata solamente una
volta a Port Angeles con Yasumi,
Jason e Matthew. Per il
resto mi ero comportata come un vegetale.
Come ciliegina sulla torta, mia madre un bel giorno, ovvero quello seguente alla ‘completa distruzione del mio
cuore e della mia ragione’ mi disse allegramente che Jacob era tornato. Dapprima provai uno strano senso di
gioia; almeno sapevo dov’era, anche se sapevo che lo
aveva fatto esclusivamente per restare insieme ai suoi compagni, data la
situazione. Se voleva restare lontano da me, Jacob faceva le cose in grande. Poi però conclusi
che così era peggio; una persona forte sarebbe andata da lui e gli avrebbe
parlato, ma, oltre a temere che potesse reagire esattamente come il giorno
prima di essere partita per l’Alaska, e più che una probabilità era quasi una
certezza, non avevo più la forza, né il coraggio. Alla fine sarei
andata sicuramente da lui, da troppo tempo eravamo troppo distanti, ma
non ora. Intanto, molto lentamente, le vacanze erano finite ed era arrivato il
primo giorno di scuola. Ad essere sincera provavo una
sorta di malsana gioia nell’arrivo di questo particolare giorno. Infatti la scuola era uguale ad una grande distrazione. Mi
promisi che mi sarei buttata a capofitto nello studio per non pensare ai
problemi che mi affliggevano. Quel maledettissimo giorno però la sveglia non
suonò. E la prima ora avevo biologia. La Coupsne avrebbe approfittato per
riprendermi e per godere nel farlo. Quando entrai
nell’aula accaldata e ansimante per la corsa tutti quanti erano già seduti e
non appena entrai mi lanciarono strani sguardi. Forse anche di compatimento.
Ebbi un piccolo dejà-vu; questa scena mi ricordava molto il mio secondo giorno
di scuola.
“Si sieda, signorina McAnderson”
disse lei senza nemmeno il disturbo di guardarmi negli occhi. Senza dire una
parola mi diressi verso il mio banco. Che strano, si
era limitata solo a questo. Ero certa però che covava qualcosa. Magari però
durante le vacanze si era addolcita un po’.
Stranamente oggi si era vestita diversamente; non portava più i soliti tailleurs, ma un elegante paio di jeans. Notai però che l’ossessione
che aveva di tingersi le unghie di viola non le era passata. Quella lezione facemmo numerosi esperimenti di chimica ed ad essere sincera
mi divertii abbastanza. Dopo due ore la campanella suonò e con allegria uscii di corsa dalla classe.
“Signorina McAnderson” La voce
acida della Coups mi fermò all’istante. Mi diressi al
bancone lentamente e a testa bassa. Lei, seduta ed apparente interessata a
delle carte sul suo tavolo, non mi degnava di uno sguardo, tanto meno di una
parola. Stava aspettando che tutta la classe uscisse. Nel
mentre sentii anche qualcuno toccarmi la spalla come gesto di
compatimento, anche se non riuscii a capire chi fosse. Sempre con lo sguardo abbassato
incominciò a parlare quasi infastidita.
“Si presenti alla fine delle lezioni nella mia aula. Le verrà assegnata una punizione per il ritardo di quest’oggi.” Ecco, mi pareva strano che oggi non si fosse
lamentata di niente!
“Va bene” sussurrai io. Non ne fui totalmente abbattuta però; era comunque una distrazione. Restai ferma
lì, in attesa di qualcos’altro.
“Posso andare?” chiesi dopo alcuni secondi di imbarazzantissimo silenzio.
“Se non vuole cominciare fin da
subito…” accusò lei sempre professionale, tenendo sempre lo sguardo basso.
“No” bisbigliai io quasi offesa uscendo subito dalla porta
e andando nella classe di trigonometria.
“Quella Coups! È davvero una str…!” gridòYasumi.
“Strafiga. Sono
pienamente d’accordo” continuòJason per lei.
“Jason! Vuoi chiudere quella
ciabatta parlante che ti ritrovi, una volta tanto?!”
gli urlò Yasumi. Eravamo a mensa e avevo appena
commesso lo sbaglio di raccontare al trio quello che era successo con la Coups.
“Quindi non potrai venire a
vedere la partita di fine stagione” fece Matthew, il
più normale dei tre. Matthew mi aveva invitata alla
sua partita; era la prima volta che lo vedevo giocare, ma per colpa della mia
punizione non sarei riuscita a venire. Mi dispiaceva molto, visto anche che lui
sembrava esserci rimasto male. Attorno a me c’era il persistente rumore, o
meglio chiasso, della mensa, che in quel momento mi stava dando parecchio fastidio.
“Tornando a noi” riprese Yasumilasciando perdereJason “Non ci
sono più dubbi, la Coups ce l’ha con te! Non può
essere più una coincidenza! Eppure tu non le hai fatto
niente!” Scossi la testa con aria leggermente annoiata; ogni piccola cosa era
buona per suscitare l’indole critica di Yasumi.
“Sì, ma nonostante tutto…” cominciò Jason
con aria sognante.
“…nonostante tutto quella è una
sadica e cinica insegnante! Nient’altro!” gridò nuovamente Yasumi
verso Jason, con aria da rimprovero. Emisi un sospiro
rassegnato e cercai di concentrarmi sulla poltiglia nel mio piatto, che vidi
bene dal buttarla letteralmente nel cestino. Nonostante tutte le distrazioni
che mi circondavano, soprattutto attorno a questi tre, mi sentivo
continuamente giù. Sempre. In realtà non mi sentivo semplicemente giù; stavo
male, tanto male, ma per qualche strano motivo il mio cuore aveva deciso di
cercare di essere forte, resistere e tenere tutto
dentro. Avrei voluto piangere, disperarmi ed anche la prospettiva di una
piccola depressione mi era rosea, per quanto inutile poteva essere, ma continuavo a resistere. Ed intanto
stavo male. Feci un respiro profondo e sotto gli occhi indagatori di Matthew mi alzai dal tavolo per andare a riporre il vassoio
ancora pieno. Non sapevo se Jason e Yasumi avessero notato il mio umore sotto i tacchi, ma di Matthewne ero certa; da parecchio
tempo mi stava guardando con occhi guardinghi, ma era sempre stato zitto;
niente consigli da amico questa volta. Molto probabilmente non
voleva mettere giustamente il naso negli affari degli altri. Quando riposi il vassoio mi diressi diretta verso l’uscita della
mensa. Avrei voluto starmene un poco fuori in
giardino, ma, come sempre in questa stagione e non, pioveva. Mi diressi quindi
in classe e tirai fuori il libro di storia per la prossima lezione; non avevo
alcun tipo di distrazione sottomano, quindi l’unica cosa che mi restava da fare era buttarmi sui libri. Chissà se il troppo studio
causava crisi di qualche tipo; in quel momento era proprio quello che ci voleva
al mio dannatissimo cuore.
Le lezioni pomeridiane passarono abbastanza velocemente
durante le quali aveva, per inciso, anche smesso di
piovere; non avevo ascoltato niente di quello che aveva detto il professore,
seppur avessi cercato di concentrarmi. Quando suonò la campanella con lentezza mi misi lo zaino in spalla e mi diressi verso
l’uscita. Proprio quando aprii l’ombrello mi ricordai che avevo la punizione
con la Coups. Chiusi svogliata
l’ombrello e, dopo aver chiamato mamma per avvertirla sul mio possibile ritardo
da scuola, mi diressi con più lentezza di prima verso l’aula di biologia. Ci impiegai un paio di minuti per arrivare alla porta; ne
speravo molti di più. Con noia, più che timore, bussai; la porta però era già
aperta. Entrai quasi con timidezza. La Cuops era
sempre seduta sulla solita sedia, apparentemente concentrata sulle carte che
teneva sul tavolo. Era come se non si fosse mossa e fosse sempre rimasta lì.
Stetti ferma ed in piedi davanti alla cattedra in
attesa di cosa dovessi fare. Parlò solo dopo dieci minuti.
“Li vede gli attrezzi di chimica dietro di lei, signorina McAnderson, o ha bisogno di un paio di occhiali?”
Non avevo mai sentito una voce così acida ed annoiata allo stesso tempo. Non mi
era piaciuto per niente né quello che aveva detto, né come l’aveva detto.
“Li pulisca” finì quasi riluttante. Mi girai per guardare
ciò che lei aveva nominato, approfittandone per
mordermi con foga le labbra per la stizza. Le mollai non appena vidi la
quantità di provette e serpentine varie che dovevo pulire; erano tantissime!
Non sapevo se avrei finito per le sei. Senza nemmeno tornare a girarmi verso la
Coups, che sapevo era tornata a guardare le sue
interessanti carte, mi diressi verso quella montagna
di plastica e vetro accanto al lavello dell’aula, tirandomi su le maniche.
Guardai la parete di marmo colorato di ocra chiaro,
tipico delle scuole, davanti a me. Era tanto lucido che riuscivo a vedere
benissimo il riflesso della Coups dietro di me; in
questo modo io avrei potuto osservare lei come lei lo avrebbe fatto con me.
Presi un grande sospiro e incominciai a lavare.
Passarono parecchi minuti, ma sembrava che la montagna non
si decidesse più a diventare un piccola collina. Di
tanto in tanto alzai lo sguardo per vedere il riflesso della Coups, ma lei non si era mai mossa.
Mi aveva da sempre messo una strana soggezione, soprattutto adesso. Passarono
altri minuti di pieno silenzio quand’è che sentii lo
scatto di una chiave. Alzai velocemente lo sguardo sulla parete lucida; la Coups aveva chiuso la porta a chiave. Prima ancora di
provare qualcosa, prima ancora di domandarmi cosa fosse successo
vidi il riflesso della Coups scomparire letteralmente
dalla porta e comparire ad un metro da me. No, il riflesso non era scomparso,
ma si era solamente mosso veloce, troppo veloce. Con la stessa di un vampiro.
Seguii l’istinto e mi scansai all’istante dal lavello, in tempo per sentire il
rumore del cemento sbriciolato. Caddi a terra ed alzai subito lo sguardo. Sulla
parete, in corrispondenza della mia testa, ora si apriva una larga profondità. Ed in questa si trovava la mano della Coups;
era stata lei a creare quella breccia nella parete. I suoi occhi erano rivolti
verso di me; erano gelidi e feroci.
“Te ne sei accorta in tempo, sei
stata davvero fortunata. E dire che io mi sono ridotta
ad aspettare per così tanto tempo in queste sudici condizioni per essere certa
che tu non avessi notato niente di strano in me.” Senza rendermene conto,
ancora distesa sul pavimento, mi ritrovai ad arretrare da quella figura.
“Ora però posso finalmente accontentare Marte” disse quasi
soddisfatta. Con una velocità impressionante aveva tirato via il braccio dalla
cavità ed era pronta per scagliarlo su di me. Io però
fui più veloce ed in tempo chiusi gli occhi.
Li riaprii. Mi trovavo nella foresta; il primo posto che
avevo pensato lontano da centri abitati. Sarei dovuta andare dai Cullen, che sciocca che ero stata. Insensatamente mi misi a
correre, con l’illusa speranza che in questo modo sarei
riuscita a mettermi totalmente in salvo. Avevo perso totalmente la ragione. La Coups, un vampiro di Marte. Non avrei mai sospettato di
lei, non in questo modo. Ancora adesso non credevo a quello che avevo visto;
era un’umana, non un vampiro. Non aveva i tratti tipici dei vampiri. Ma… forse
la sua particolarità era proprio questa; un vampiro
dalle sembianze di un essere umano. Ecco perché nemmeno i Cullen si erano accorti di lei. E
neppure JJ. Mentre scappavo vidi qualcosa sfrecciare
veloce accanto a me e per un pelo evitai il suo assalto. A terra, alzai lo
sguardo verso la cosa che aveva cercato di assalirmi; quasi urlai dalla paura.
Era senza dubbio un animale; era molto simile ad una tigre, ma non ne avevo mai viste di così grosse e muscolose; era alto
all’incirca come un cavallo e aveva delle zanne terribilmente sporgenti dalla
bocca, lunghe come un braccio e degli artigli paurosamente affilati. L’animale
mi stava ringhiando e minacciava di attaccarmi da un momento all’altro. Io
tremante non riuscivo a muovermi.
“Sai, gli animali morsi dai vampiri hanno una forza molto superiore di quella degli esseri umani morsi
dai vampiri, ma diventano dei giocattoli se riesci a controllarli.” Alzai
all’improvviso lo sguardo; seduto su un albero, un vampiro mi stava guardando
tranquillo, divertito nel vedermi in queste condizioni. I suoi capelli rasta biondicci mi fecero ricordare chi fosse;
uno dei due vampiri che era insieme a Marte quando lo avevo incontrato a
Volterra. Lo aveva chiamato Yuri. Tornai a fissare
tramortita la bestia davanti a me; se ne stava immobile, pareva non volermi
attaccare. Marte aveva provato a modificare anche animali, e questo vampiro a
quanto pareva riusciva a controllarli, in qualche
modo. Non mi feci condizionare troppo da questo particolare
ed, in preda al panico, cercai qualche altro modo per sfuggire. Chiusi
immediatamente gli occhi e quando gli aprii mi trovavo in un’altra parte della
foresta, questa volta da sola. Accidenti, ancora una volta avevo perso il
controllo! Dovevo andare a casa Cullen! Cosa mi stava succedendo? Non riuscivo più a ragionare, ma
solo a scappare. Sentivo l’adrenalina a mille ed il cuore in gola. In quel
momento non ero nient’altro che la preda mentre
scappava dal predatore. E se fosse successo quello che
era accaduto con JJ nella foresta, in Alaska, non potevo rimanere ferma un solo
secondo. Stavo per ricominciare a correre, ma di nuovo qualcosa cercò di
colpirmi. Io indietreggiai in tempo, ma non riuscii a trattenere un urlo.
Davanti a me si trovava un altro di quegli strani animali, sempre possente,
mostruoso e terribilmente pericoloso. L’unica cosa normale era il manto, liscio
e nero come la pece. Ero quasi certa che in precedenza si trattasse di una
pantera.
“È inutile che scappi, riescono a sentire il tuo odore” mi
girai di nuovo all’improvviso. Yuri mi stava fissando
divertito, con un ampio sorriso di scherno sul viso. Ma
non ci badai; se quello che aveva detto era vero, non avevo molte speranze. La
bestia davanti si stava preparando ad un nuovo attacco. Dovevo assolutamente
scappare. Cominciai a correre dalla parte opposta, nella vana speranza che non
mi raggiungesse. Non ero mai stata così spaventata; sembrava un brutto sogno,
incredibilmente reale. Avevo bisogno di aiuto. Ero
debole ed incapace di difendermi; non sarei riuscita a scappare per sempre.
Cominciai a correre il più velocemente possibile, non
volevo che mi prendesse. Non doveva prendermi. Sentivo quella specie di pantera
sempre più vicina. Dovevo correre ancora più veloce, come era
successo tanto tempo fa in questa stessa foresta. Non mi importava
se poi non sarei riuscita a fermarmi. Misi insieme quel briciolo di forza di
volontà ancora in me e cercai di concentrarmi per correre il più veloce che
potevo. Sentii l’aria soffiare sempre più forte accanto alle mie orecchie e le
mie gambe più veloci, come se fino ad allora fossero
state bloccate da qualcosa. Gli alberi che mi circondavano stavano diventando
verdi macchie confuse. Stavo acquistando velocità e non mi sentivo più seguita.
L’unica mia preoccupazione in quel momento era quella di fuggire e scappare.
Stavo correndo a caso, ma in qualche strana maniera riuscivo a schivare queste confuse macchie scure, proprio come l’ultima volta.
All’improvviso sentii uno strano rumore mischiarsi al
suono del vento. Era molto confuso, ma riuscii a
intuire che fosse una voce. Il secondo dopo presi in pieno un albero e caddi a
terra di botto e dolorante. Sentivo male dappertutto ed era come se fossi andata contro un muro. Strizzavo gli occhi per
soffocare il dolore. Cercai di rialzarmi, ma c’era qualcosa che me lo impediva.
Aprii finalmente gli occhi; non ero andata a sbattere contro un muro. C’era
qualcuno sopra di me; era stato lui a venirmi addosso. Il momento dopo questo
qualcuno si trovava in piedi, accanto a me. Potei vedere bene chi fosse e rimasi stupita; era JJ. La bocca sfoggiava un
ringhio che metteva in mostra gli affilati canini. Con sguardo d’allerta stava
guardando davanti a sé. Osservai chi avesse conquistato
la sua attenzione. Una vampira, in posizione d’attacco, stava studiando JJ con
occhi luccicanti. Mi ricordai di lei; era la seconda vampira che insieme a Yuri aveva accompagnato Marte. Liona.
Ed infatti il nome ci azzeccava; stava allerta come
una leonessa pronta ad attaccare. JJ mi aveva dovuto fermare in
tempo prima che lei mi fosse saltata addosso mentre correvo. Sembrava però avere un’arma in più; era impossibile non
notare le sue unghie. Non erano come quelle della Cou…
del vampiro che avevo come insegnante, ma erano
lunghe, almeno quindici centimetri. Al momento il vampiro davanti di me si
dimostrava molto più pauroso degli animali di poco prima. Nonostante fossero uno contro uno, non credo che JJ sarebbe riuscito a
contrastarla. Fu proprio in quel momento che mi accorsi che non eravamo soli.
Tutto intorno a me c’erano ringhi; non erano però suoni uguali, appartenenti
alla stessa specie. Mi guardai intorno spaurita; in men
che non si dica dall’oscurità della foresta erano spuntati licantropi, vampiri
appartenenti ad entrambe le fazioni e quegli strani
animali. Fu in quel momento che mi sentii del tutto terrorizzata, non solo per coloro che volevano farmi del male, ma anche per coloro che
volevano proteggermi. I licantropi non assomigliavano per niente a Jacob nella sua forma animale; per quanto
aggressività e zanne non avevano nulla di diverso dagli animali che
aveva modificato Marte. Furono soprattutto i Cullen a
spaventarmi; in quel momento avevano perso tutto ciò che di umano
possedevano e che avevano sempre dimostrato nei confronti miei e delle altre
persone. In quel momento capii che, buoni o cattivi, ero circondata da mostri.
Quello vicino a me, che faticavo ancora a credere che fosse lo stesso JJ che
conoscevo, non faceva affatto un’eccezione. Nessuno
aveva perso tempo e davanti ai miei occhi i mostri avevano cominciato a
combattere. Si muovevano con troppa velocità e non capivo cosa stava
succedendo; ciò contribuì solamente a farmi sentire più paura. Sentivo il mio
corpo tremare e sempre spaventa senza rendermene conto mi trovai a cercare con
lo sguardo tra tutto quell’ammasso di corpi che si muoveva freneticamente Jacob.
Sapevo che c’era anche lui, non avrebbe mai abbandonato i suoi compagni. Tuttavia provavo tanta curiosità quanto timore di vederlo;
non volevo vederlo come un mostro. Tuttavia non
riuscii a distinguere il suo folto pelo rossiccio. Un sonoro stridio, molto più
simile ad un guaito, che ad un ringhio, sovrastò tutti gli altri ed attirò
l’attenzione dei lupi. Era infatti un lupo che lo
aveva emesso. Mi voltai di scatto, sempre spaventata e tremante, verso la fonte
di quel lamento. Era lontano e buio e per questo non riuscii a vedere bene, ma
mi accorsi benissimo di un lupo che giaceva a terra, inerme, col pelo sporco di
sangue. Il mio cuore mancò un respiro. Non poteva essere Jacob.
Non ebbi nemmeno il tempo di controllare chi fosse,
che qualcosa di freddo e duro si avvinghiò ai miei fianchi. Il momento dopo
stavo vedendo di nuovo gli alberi sfrecciare davanti
di me, simili ad un’unica macchia verdastra che a corpi distinti, mentre
l’ululato dei lupi ed i ringhi si distinguevano dagli altri in lontananza.
Guardai con timore chi mi avesse presa; era sempre JJ,
mi stava portando lontana dal combattimento. Rimasi ferma a guardare il suo
viso; era tornato umano, non aveva più niente di mostruoso. Era teso come non
mai, le sopracciglia aggrottate e digrignava i denti.
“…mannaggia…” lo sentii imprecare a bassa voce. Sentii
stringermi ancora di più, mentre con la mano libera mi nascondeva il viso nella
sua spalla. Io d’altro canto mi tenevo a lui con tutti e quattro i miei arti.
Cominciò a corre più velocemente.
“DANNAZIONE!” urlò ad alta voce questa volta. Aveva
cominciato a zigzagare pericolosamente. Ad ogni cambio di deviazione mi sentivo
sballottare da ogni parte ed ogni volta sembrava che
sbattessi contro un muro. Io pensavo solamente a tenermi stretta, ancora piena
di paura, tanta da non riuscire più a pensare. Davanti a me
solo il buio creato dalla spalla di JJ.
“…mannaggia…mannaggia…mannaggia…” cominciò d’un tratto a ripetere ossessivamente. Oltre
alla paura ora si era aggiunta anche la preoccupazione. JJ era
disperato. Poi forse capii il perché; aguzzando l’udito mi
accorsi che non eravamo soli; c’erano anche altri rumori, che non erano
provocati né da JJ, né dalla sua corsa. Provai ad alzare lo sguardo, ma JJ teneva bloccata la mia testa.
“NO!” urlò un’ultima volta JJ. Tutto fu troppo veloce, ma
riuscii a vivere quei momenti appieno. Sentii violenta
la terra battermi la schiena e la mano fredda di JJ prendermi il volto. Ora il
suo viso si trovava a pochi centimetri dal mio. Cercai di vedere che cosa stesse succedendo, ma la mano di JJ mi teneva ferma.
Vidi i suoi occhi; non erano mai stati così scintillanti e dorati come allora.
Erano però totalmente diversi dalle altre volte che li avevo visti; erano pieni
di paura e tristezza. Perché JJ si stava comportando
in questo modo adesso? Non passò nemmeno un secondo; l’attimo dopo quegli
stessi occhi si spalancarono e a fatica le sue labbra soffocarono un lamento.
La mano bianca e fredda che toccava il mio viso scivolò inerme a terra ed il
peso di una statua di pietra premette contro il mio corpo. Pesava
moltissimo, ma non me ne resi conto. La sua testa mi stava premendo la
spalla. Lo tornai a guardare; sopra di me si trovava la statua di un angelo
colma di tristezza. Gli occhi dorati ora erano diventati vacui e con loro se
n’era andata ogni traccia di calore. Questa volta la realtà si fece bruscamente
spazio nella mia mente; JJ era morto. Non cercai né di capire cosa fosse successo,
né chi fosse stato, perché non ne ebbi il tempo. Qualcosa
mi prese saldamente i capelli e li tirò. Il mio istinto mi costrinse a urlare per il dolore causato, come se tra un momento
all’altro si fossero staccati dalla mia cute. La forza fu sufficiente per
togliermi dalla debole stretta di JJ e farmi venire le lacrime agli occhi.
Qualcuno mi aveva presa e mi aveva caricata sulla sua
spalla. Non riuscivo a vedere chi fosse, ma riuscii a
vedere il corpo inerme di JJ allontanarsi sempre più da me, insieme a quegli
strani e pericolosi animali che lo stavano circondando. Un altro vampiro mi
aveva presa e mi stava portando via da JJ. Riuscii a riconoscere i capelli del
mio aggressore, erano quelli della vampira che mi aveva attaccata
nell’aula di biologia. O no, o no, no.
Un vampiro di Marte mi aveva presa. Cercai di guardarmi intorno, ma c’erano solo macchie verdi indistinte. Nessuno poteva
aiutarmi. L’unica che poteva fare qualcosa ero io. Ma
non avevo più la forza per fare niente. Debole, incapace creatura che non ero
altro! Presa dal senso di panico feci la cosa più futile ed inutile.
“LASCIAMI ANDARE!” Cominciai a gridare ed ad urlare verso
la vampira che mi stava tenendo, ottenendo però solo le sue risate di scherno.
Come se con quelle minacce mi avrebbe lasciata!
Abbassai la testa a causa del vento e della leggera pioggerellina che era
iniziata, ma che da quella posizione mi colpiva come lame di fino ghiaccio. Sentii inutili lacrime scorgermi sulle guance. Uno
strano rumore attirò la mia attenzione. Alzai lo sguardo; un lupo era spuntato
dall’oscurità ed ora con grande velocità ci stava
raggiungendo. Aguzzai la vista come meglio potevo; non era un semplice lupo, ma
era lui, Jacob. Un senso di gioia totalmente fuori
luogo mi ridiede qualche speranza. Jacob in uno
scatto veloce riuscì a balzare in un lampo sul mio aggressore. L’urto fu più
duro di quanto avessi creduto; scivolai dalla spalla
della vampira e caddi violentemente a terra, sul braccio, ma non me lo ruppi.
Uno straziante lamento acuto mi fece voltare la testa. Assistei
alla scena più agghiacciante della mia vita, non c’era dubbio. Sembrava
quella di un film horror, se non l’avessi vista con i
miei stessi occhi. Questa volta la vidi bene e me ne
pentii subito. Jacob si comportava esattamente come
il mostro che non volevo vedere. Con gli artigli delle zampe teneva ferma la vampira e con le zanne stava violentemente cercando
di spezzarle il collo. La scena era resa ancora più agghiacciante dai lamenti
della vampira, i ringhi soffocati di Jacob ed il
rumore di ossa che lentamente si rompevano. Finalmente
con un sonoro “crack” la testa si staccò dal corpo, ma sembrava che Jacob non si volesse limitare a questo. Dalla ferita
provocata però non uscì sangue, non uscì niente. Nonostante non si muovesse più, Jacob
continuava a smembrare quel corpo. Dopo la testa infatti
era passato alle braccia e poi alle gambe. Davanti a me con rabbia e violenza
stava dimostrando di essere un mostro. Ringhiava furioso
mentre con voracità staccava le membra di quello che un tempo era una
vampira. Io lo osservavo imperterrita, ma non spaventata. Nonostante fosse uno
spettacolo raccapricciante e Jacob
si stava comportando come un mostro non provavo alcun genere di timore verso di
lui. Quando fu soddisfatto della sua opera e decise di smettere lentamente si girò verso di me. Ci impiegai un po’ per
capire cosa ci fosse dentro quello sguardo. Sembrava totalmente impassibile, ma
in profondità riuscii alla fine a scorgere anche qualcos’altro. Credevo di
essermi sbagliata, visto che quello che avevo visto era totalmente
inappropriato. Pensandoci bene però non era inadatto per niente; Jacob mi stava lanciando uno sguardo di sfida. Convinto che
mi avesse spaventata al tal punto da scappare, mi
sfidava a non provare timore nei suoi confronti e a non reagire di conseguenza.
Era troppo pieno di sé, perché in quel momento io non provavo paura verso di
lui. Riflettendoci bene forse c’era un motivo che spiegava il suo violento
accanimento contro quel vampiro; voleva rincarare la dose di ciò che aveva
detto il giorno del mio compleanno, nella foresta. Seconda la mia teoria quel
giorno voleva che io lo odiassi, adesso cercava di farsi temere. Questa era la
prova che conferma le mie supposizioni; Jacob voleva che io non stessi più con lui per così da non
rischiare più di ferirmi. Per un momento, ma solo per un momento,
dimenticai quello che era successo. Solo per un momento c’eravamo solo io, Jacob ed il suo problema. Aveva continuato a guardarmi
immobile, in attesa di una risposta, che non tardò ad
arrivare. Ebbi la forza di sorridergli, di fargli un sorriso sincero. In questo
modo speravo di colpevolizzarlo del suo stupido atto di
farmi paura. Tuttavia non riuscii a vedere la sua
reazione. Quel piccolo momento che mi ero creata, i cui protagonisti eravamo
solamente noi due finì subito. Un paio di braccia mi avvinghiarono
forse troppo forte il collo. Per la sorpresa ebbi un sobbalzo. Mi girai di scatto spaventata. Alice. Era lei che mi stringeva il
collo. La Alice che conoscevo, quella normale, non il
mostro di prima. Non riuscii a resistere ai suoi occhioni dorati soffocati dalla
paura e mi aprii in un sorriso rassicurante.
“Oh, Natasha! Stai
bene?” disse senza staccare le mani da collo.
“Certo” Che strano; mi era uscito uno strano
bisbiglio più che una parola. Eppure mi sentivo bene.
A causa di questo strano suono Alice non fu convinta e continuò a guardarmi
preoccupata. Mi girai dalla parte di Jacob, ma lui
non c’era. Se n’era andato.
“Vieni, ti porto dagli altri” mi disse gentile e senza
lasciarmi il tempo di rispondere mi prese subito in braccio. Nonostante avessi
quel giorno subito troppi viaggi lampo riuscii a
superare anche questo. Alice si fermò nello spiazzo dove si era ingaggiato il
combattimento. Vi erano due gruppetti; uno formato dai
licantropi ed uno dai vampiri. I primi erano in cerchio e sembrava che
circondassero qualcosa, mentre i secondi si aggiravano sparsi. Tra i due era
acceso un grande fuoco e nelle fiamme bruciavano i
resti degli strani animali. Appena Alice mi mise giù il tocco gentile di una
mano sui capelli mi costrinse a girarmi. Carlisle mi stava guardando con una grande
ansia.
“Stai bene?” Io mi limitai a sorridergli ed ad annuire;
non volevo che notasse qualcosa di strano nella mia voce come
era successo con Alice.
“Un vampiro però sì. Un lupo è riuscito ad ucciderlo”
Intuii che quel discorso confuso fosse riferito al
numero di vittime. Il tocco di un’altra mano gentile sulla spalla mi ridestò
dai miei pensieri. Mi girai; era Esme.
“Tutto bene?” disse con la sua dolce gentile da mamma.
“Sì” Questa volta riuscii a rispondere in maniera più
veritiera. Rosalie invece si limitò a sorridermi da lontano e lo stesso fece Jasper con sguardo rassicurante. Quando avrei avuto l’occasione gli avrei parlato. Emmettinvece per qualche
strano motivo non c’era. I lupi intanto non si erano mossi. Non capivo cosa
stavano circondando. Aguzzai la vista, ma in quel gruppetto non vidi Jacob. Finalmente tra quel pelo riuscii a vedere qualcosa;
un corpo umano. E riuscii a vedere anche di chi
apparteneva. Jared. Non si muoveva,
era immobile. Era morto. Jared, un compagno di
Jacob era morto.
“Ecco qua” Il debole sussurro di Emmett attirò la mia attenzione. Portava sulla spalla
qualcosa, un corpo. Il corpo di JJ. Lo posò a terra. Aveva ancora la stessa
espressione di prima. Anche lui se ne stava immobile. Quella
vista mi fece più male di quanto pensassi; pian piano
quei terribili momenti riaffiorarono nella mia mente. Era morto davanti a me;
JJ era morto davanti a me. Non era riuscito a
proteggermi ed era morto. Un’agghiacciante strappo mi
ridestò dai miei pensieri. Jasper, chino su di lui,
gli aveva appena staccato un braccio.
“NO!” urlai per impedirgli di compiere quel terribile
smembramento. Alice, vicino a me fu più svelta; mi prese per una spalla e mi
cinse in un abbraccio, girandomi e impedendomi di vedere.
“Cosa gli sta facendo?” chiesi
con uno strano tono di voce. Era singhiozzante.
“I vampiri morti devono venire bruciati” si limitò a
dire Alice. I rumori di ossa spezzate mi stava
perforando la testa.
“Cosa è successo a JJ?” chiesi
più per sottrarmi da quel suono, che per sapere cos’era successo realmente.
“Una di quei vampiri aveva la capacità di secernere una
sostanza altamente acida dalle proprie unghie. Sia il
licantropo che JJ sono stati colpiti da lei e la
corrosione è stata tale da averli uccisi.”
“Come mi avete trovata?” chiesi immediatamente dopo. Era
stata davvero una pessima domanda. Inoltre non volevo
sentire quell’orribile suono. Alice aspettò un paio
di secondi prima di rispondere, sorpresa dalla mia immediata reazione.
“È stato JJ; con la sua capacità in grado di rivelare la
presenza dei vampiri ha capito che c’era qualcosa che non andava. Immaginavamo
che ci fossi anche tu.” No, basta parlare di JJ. Mi sentivo così confusa, non
riuscivo ancora ad intendere con chiarezza quello che era successo. Alice mi
tenne stretta a sé finché Jasper non ebbe finito ed
il fuoco non fu spento. Mi sentivo terribilmente distrutta.
“Sei stanca. Ti accompagno a casa” mi disse velocemente Alice. Io scossi la
testa.
“Non ti preoccupare, credo di avere abbastanza forza per
teletrasportarmi.”
“Sei sicura?” mi chiese sospettoso Carlisle.
Io annuii sicura e senza lasciargli il tempo di ribattere chiusi gli occhi e mi
teletrasportai davanti alla porta di casa mia.
Finalmente anche il 31^ capitolo! Eheheheheh…
quanto sono cattiva! D’ora in avanti succedere sempre più cosa
inattese, visto che siamo davvero agli sgoccioli. Infatti
sono felice per me e per voi di comunicare che il prossimo sarà il penultimo
capitolo! Ne succederanno delle cose quindi…eheheh…
OmeineGute @_@ rileggendo questo capitolo ho fatto davvero
fatica a capire i pensieri di Natasha. Mi sto
domandando cosa stavo pensando mentre li scrivevo…
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Sono curiosa di sapere cosa ne pensate... Grazie ancora
moltissimo per essere ancora qui con me a leggere questo mio “piccolo” racconto!
Baci a tutti!
xBloodyKamelot:
ma… gusti son gusti… io preferisco JJ! Bhe… per quanto riguarda JJ…ehm… lasciamo stare JJ!^^
grazie tantissimo per aver commentato!
xAngelOfLove:
Allora, inizio col dire che quando ho letto il tuo commento avevo già scritto
questo capitolo… la prima cosa quindi che ho pensato leggendolo è stata “MA
QUESTA DA DOVE VIENE FUORI!” O_O Ci hai azzeccato quasi
tutto! Mi hai fatto paura...! Ciò significa che o la
mia fantasia sta diventando scadente, o che in realtà sei un hacker che si è infiltrato nel mio computer o che sei EdwardCullen e mi leggi nel pensiero!
“Morale della favola comunque
è che IO AMO JJ!Lo devo ammettere!E cosa ancora più sconcertante è che lo amo
più di Edward in questo momento! Però devo ammettere
che mi piace!” Ehm…eh…ora mi domando…ma…ho fatto
davvero la cosa giusta a pubblicare questo capitolo? Ho come la sensazione che non
mi dovrei stupire se mi ritrovassi tutto il giardino
pieno di mine…sarà solo un impressione? Per la promessa di pubblicare presto, bhe, anche il SACRO giuramento mignolo con mignolo dell’asilo non funziona con me… e spero che mi
perdonerai per questo. Grazie ancora tanto per aver commentato con la speranza che
ti sia piaciuto (ma ho come la sensazione che sia un’illusione…mah…)!
Ciauz!
xIOesty:
Bhe… cosa dire… Date le circostanze è un po’ difficile
che si innamorino! Credo comunque che tutte le tue
domande abbiano trovato una risposta in questo capitolo (in teoria…credo…spero…)
grazie ancora tantissimo per aver commentato!
xmylifeabeautifullie:
woau! Grazie tantissimo per i complimenti (e per l’impresa
di aver letto 30 capitoli in una volta sola)! Grazie ancora per aver
commentato!
La pioggia mi aveva proprio inzuppato per bene; ero del tutto fradicia. Nonostante ciò rimasi
ancora per un paio di minuti davanti alla porta di casa mia, come se fosse la
prima volta che la vedevo. Il mio sguardo era fisso su quella porta, ma non la
stava guardando veramente. Era uno sguardo perso, ma non nei miei pensieri; la mia mente in quel momento non pensava. Blackout. Era nel
nulla più totale. Non vedevo, non pensavo, ma sentivo. La mia mente era
inondata dal rumore della pioggia che picchiettava sulle tegole, sulle
grondaie, sulla ghiaia, sul marciapiedi, sull’erba. Mi riscossi d’un tratto, brutalmente, da sola, come se la mia mente
mi avesse ordinato di smetterla. Come se avesse deciso
di riaccendere all’improvviso la luce. E quello
strano risveglio fu duro, perché mi aveva fatto ritornare alla realtà. Una
brutta realtà da accettare. Il mio corpo, mosso da gesti abituali, aprì
finalmente quella porta ed entrai in casa. Tutto mi era familiare in quel posto
e tutto non era cambiato. Mamma, che stava preparando la cena, mi aveva
salutato e mi stava chiedendo come fosse andata a scuola; Kathy,
invece, era in salotto, intenta e persa in un puzzle. Perché allora quel luogo mi sembra così diverso? Così
estraneo? Non mi trovavo a mio agio; sembrava tutto cambiato, ma rimaneva tutto
comunque uguale. Solo allora capii che non era
l’ambiente che era cambiato, ma io. Io ero diversa, al
momento la mia mente non riconosceva più quell’ambiente.
Mi guardai intorno spaesata.
“Ma cosa ti prende Natasha? Stai bene? Sei bagnata fradicia, sei sicura di non
avere la febbre?” Visto che non riceveva più alcuna risposta, mia madre si era
avvicinata a me e mi aveva posato una mano sulla
fronte.
“Non mi sento molto bene; stasera non ceno…” dissi togliendo
dalla testa la mano di mia madre e salendo velocemente le scale. Mi stava
guardando allibita mentre mi dirigevo in camera mia.
“Natasha! Che
cos…” Non finii di sentire, poiché chiusi la porta. Rimasi lì immobile.
Forse avevo sbagliato a comportarmi così; non avrei dovuto farla preoccupare in
questo modo. Avrei quindi dovuto fingere e stare bene? No, non ci sarei
riuscita; ero stanca di fingere e mentire. Ed ero
stanca in generale; mente, corpo e cuore. Ero stanca di
tutto, una stanchezza che non sarebbe passata distendendomi sul mio
letto e riposando. Mi accovacciai per terra ancora bagnata, schiena contro la
porta. Ascoltavo il silenzio nella mia camera; non ci avevo mai fatto caso. Una melodia muta. Poi, come i lampi di un temporale,
i ricordi ritornarono. Il riflesso nell’aula di biologia, le
zanne di quegli animali, le macchie verdi degli alberi, la pelle scura di Jared. Gli occhi di JJ. Sapevo cosa voleva dire
perdere qualcuno di caro.
Dal momento in cui due persone non possono più
considerarsi due conoscenti avviene uno scambio. Uno
scambio di cuore; le due persone, senza neppure saperlo, si scambiano un pezzo
del proprio cuore. E più cresce il rapporto tra queste persone, più pezzi inconsapevolmente, vengono scambiati. Quando
una delle due persone muore, muoiono con lei anche i pezzi di cuore che ha
donato all’altra persona, che non possono essere rimpiazzati con altri. Questa
persona non ha quindi più un cuore completo. È come un puzzle, anche se questo
paragone non è il più adatto. Gran parte dei pezzi del mio cuore sono morti insieme a mio padre; io non ho un cuore completo.
Ma lo sapevo, lo avevo ormai accettato. Quello che
ancora non avevo accettato era la morte di Jared e JJ. Altri pezzi di cuore, piccoli o grandi che
fossero, sarebbero caduti. E nel farlo si soffriva
moltissimo. La cosa più brutta era che io sapevo che
presto sarebbe successo; sapevo che tra poco avrei sofferto. È nella natura
degli uomini cercare qualsiasi mezzo per non soffrire; nonostante io non fossi
umana, non facevo un’eccezione. “Piacere,
Jared.” , mi aveva
baciato la mano e mi aveva fatto l’occhiolino. Così si era presentato Jared, quando Jacob mi aveva
portata a La Push. Mi ricordavo ancora il
comportamento di Paul e Jared;
nonostante non si fossero comportati apparentemente con grande
garbo mi avevano aiutato molto. Ero tutta un filo di nervi e loro con il loro
modo di fare un po’ infantile mi avevano messo a mio agio. Ma…
non avevo il diritto di soffrire per lui. C’erano i suoi compagni, i suoi amici, genitori e parenti, che avrebbero sofferto molto
più di quanto potessi fare io per lui. Non lo conoscevo bene come loro. C’erano
persone con cui Jared aveva scambiato pezzi di cuore molto più grandi di quanto non abbia fatto con me. Pensavo
ai licantropi; avevano appena perso un compagno. “…sono davvero dei compagni fantastici.” Erano le parole che Jacobaveva usato per descrivere i
suoi compagni. Jacob aveva perso una persona
fantastica. E se anche gli altri licantropi la pensavano alla stessa maniera
sicuramente non soffrivano meno di lui. Era un dolore
che non mi apparteneva; per questo avevo da subito rinunciato all’idea di
andare da loro il giorno dopo. Non solo per Jacob. Non
sarei stata di alcun conforto.
‘Non siamo morti per causa tua’.
JJ avrebbe detto così se fosse stato qua. Ed io con un
piccolo sorriso avrei risposto ‘loso’.
Avevo capito; avevo finalmente imparato a distinguere i complementi di causa da
quelli di fine. Morire per me. Avevo sempre
considerato quel ‘per me’ come un complemento di
causa. È stato JJ a spiegarmi che quel ‘per me’ era un complemento di fine. Non mi sarei disperata per
la loro morte, dando a me tutta la colpa. Avrei invece dovuto alzare la testa e
dire ‘grazie’. Sapevo dove fin’ora avevo sbagliato e
non avrei continuato ancora. Questa volta sapevo che non era colpa mia. Ed in questo caso non mi sarei lamentata con me stessa. A JJ
dovevo tanto, moltissimo. JJ. Il suo era un cuore rotto e frantumato. Al suo
mancavano molti pezzi. Ma il mio lo aveva; aveva
sempre avuto il mio pezzo di cuore. Adesso, poche erano le persone che
avrebbero sofferto per la sua morte, poiché le persone più care che aveva erano
già morte. Con il mio arrivo la sua vita era andata da
male in peggio. Gliel’avevo rovinata. No, non io.
Marte. Io… io gliel’aveva forse salvata? Non sapevo
dirlo con certezza. Se si rilassava in mia compagnia,
non gli avevo nuociuto. Ciò che mi faceva più soffrire era come se n’era andato. Non lo avevo nemmeno potuto salutare, parlargli
per un’ultima volta. Se n’era andato più veloce di un battito
di ciglia. Per me; complemento di fine. L’aveva fatto per me. Davanti alla
sua morte, quello che era successo il giorno del mio compleanno non contava più
nulla. Rimpiangevo di non essere andata da lui negli ultimi giorni; rimpiangevo
di non aver pensato prima che quella poteva essere l’ultima volta. Nonostante quello che aveva fatto, rimaneva un mio amico. E aveva portato via gran parte del mio cuore; sentivo lo
spazio lasciato dai suoi pezzi farmi male. Il mio viso era ricoperto di
lacrime, ma me n’ero accorta solo in quel momento. JJ,
era morto. Non avrei mai più incontrato quegli occhi dorati, niente a confronto
con le stelle che mi aveva fatto vedere. Non avrei più sentito la sua voce
recitare versi di Romeo e Giulietta.
Non avrei più sentito l’imbarazzo mentre lo faceva.
Non avrei più incontrato il mio amico. Il mio amico Romeo. No, non ci riuscivo,
non riuscivo ad accettarlo. Non poteva essersene
andato senza dirmi niente! No! Non ci stavo! Ora le lacrime mi bagnavano anche
i vestiti. Se n’era andato senza sapere cosa provava
per me; senza che io sapessi cosa lui provava per me. E lo avrei mai saputo? Tirai
su con il naso.
Era stata una trappola; una trappola architettata con grande astuzia. Non era andata a segno, ma a che prezzo?
Feci un respiro profondo e cercai di smettere di piangere. Le lacrime però
scendevano ancora e non volevano fermarsi. Questa volta avevo veramente
rischiato. E non solo io; poteva andare peggio, il
numero di vittime poteva essere più alto. Erano troppo forti. Spalancai gli occhi
e dalla bocca dello stomaco sentii crescere un senso di nausea. Ora come non mai ero consapevole del fatto di poter perdere delle
persone. Avevo da sempre saputo che sia i licantropi sia i Cullen avrebbero rischiato la vita, ma solo a parole. Con
questo fatto ebbi la piena consapevolezza di quello che andavo
in contro. E se oltre a Jared
e JJ fosse morto qualcun altro? Rosalie? Leah? Carlisle? Edward? O…Jacob? Dovevo anche tenere conto
di ciò che era successo ai Premyslidi. Mi alzai
improvvisamente dal pavimento, cominciando a camminare freneticamente avanti ed
indietro. Ora come non mai riuscivo a comprendere la frase “morire per me”. Non
era finita, ed uno scontro del genere poteva succedere benissimo di nuovo. E ci sarebbe potute essere altre vittime. No, non sarei
riuscita a resistere alla perdita di altre persone. Ci
sarebbe stato troppo dolore, troppa sofferenza. Per
me; esclusivamente per me. Ero cosciente che non era colpa mia, ma cominciava a
nascermi uno strano odio per me stessa. Avrei potuto fare qualcosa. Lo sai cosa dovresti fare? Hai dei poteri,
no? Allora per facilitare le cose a tutti prova ad usarli! Le parole di Edward mi attraversarono come
delle lame. Mi ero comportata da vittima e l’unica cosa che avevo fatto era
stata quella di urlare e scappare a casaccio. Avevo dei poteri, ma non li
usavo; non sapevo come fare, ma non ci provavo neanche. La domanda da farsi; se
io fossi stata in grado di usarli, di difendermi, sarebbe successo lo stesso? Jared e JJ sarebbero morti comunque?
La loro vita avrebbe potuto dipendere da me? Erano
domande decisamente inopportune, che non avrebbero mai
avuto una risposta. Ma una certezza ce l’avevo; potevo
fare qualcosa. Mi ero sempre lasciata difendere. Solamente una volta, quando
avevano rapito Bella, avevo preso l’iniziativa. Era
forse arrivato il momento di farlo nuovamente? La morte di JJ, Jared e dai Premyslidi era un
motivo più che sufficiente. Restai immobile. Non potevo permettere la morte di altre persone: né dei Cullen,
né dei licantropi, né delle persone a me care. Di nessuno. Non potevo
permettere a Marte di uccidere ancora. Il obbiettivo
ero io, no? Aveva sempre attaccato persone che mi circondavano. E se fossi stata sola? Avrebbe dovuto attaccare me e basta.
Sarebbe stato un guaio per la mia incolumità, ma al momento quella degli altri era per me più importante. Me ne dovevo andare, subito.
Presa da un forte incoraggiamento presi una penna e della carta. Me ne stavo
andando e stavo scrivendo una lettera a mamma e Kathy; loro almeno sarebbero state bene. Fui molto vaga in
quello che scrissi. Lessi e rilessi quelle poche righe, ma più lo facevo, più
sembrava che la mia fuga non avesse un motivo. Non potevo rivelarle la verità.
Feci un respiro profondo; se mai fossi tornata mia madre mi avrebbe odiata a morte. Mi alzai pronta per andarmene. Avrei usato il teletrasporto, s’intende. In questa maniera non
avrei avuto tempo per pentirmene. Mi alzai convinta dalla sedia su cui mi ero
seduta. Subito, però mi bloccai. Dove sarei potuta
andare? Sicuramente non sarei dovuta restare qui a Forks.
Mi venne l’illuminazione. Seattle; sarei andata lì, per ora. Dovevo andarmene
il più lontano possibile. Non conoscevo però molto bene il posto per potermi
teletrasportare; ci sarei dovuta andare con qualche mezzo pubblico. Mi ricordai
che ogni ora sul ponte che faceva da confine con Forks
passava una corriera dritta per Seattle. Faceva a caso mio. Non potevo crederci, stavo programmando la fuga da casa mia.
Senza portare nient’altro come me, mi preparai per teletrasportarmi via. Avrei
fatto soffrire delle persone, ma avrebbero sofferto di
più se fosse morto qualcun altro. "Mi
posso fidare di te?" Questa volta furono le parole di Carlisle che mi fecero tentennare. Strizzai gli occhi; se
lo avessi fatto avrei deluso moltissimo Carlisle. Se mi fosse successo qualcosa, Carlisle
si sarebbe odiato per l’eternità. Dovevo pensare bene a quello che facevo.
Lentamente mi girai, presi un altro pezzo di carta e
scrissi poche parole.
Mi dispiace Carlisle.
Rimisi giù la penna e tornai ad alzarmi. Carlisle non mi avrebbe mai perdonato; non mi avrebbe più
rivolto la parola. Ma non importa. Ero disposta a
pagare un prezzo così grande per poter salvare la vita di molte altre persone. Non
volevo che altre persone facessero la stessa fine dei Premyslidi,
di Jared e di JJ. JJ… Cercai di concentrarmi sul
luogo dove mi dovessi teletrasportare, più che altro per
non dover pensare a JJ. Il mio cuore stava soffrendo in
silenzio. Chiusi gli occhi e divenne buio.
La pioggia continuava a scendere. Non mi ero portata
niente per coprirmi, quindi mi tirai su il cappuccio
dell’impermeabile che portavo e cominciai ad aspettare la corriera sotto il
tettuccio di plastica che copriva la panchina vicino alla fermata. Dovetti
aspettare quindici minuti, e questo fratto di tempo lo
trascorsi pensando ininterrottamente che stavo facendo la cosa giusta. In quel
momento nella mia testa c’erano soltanto i Premislydi,
Jared e JJ. La zona era deserta, e si poteva dire che il cielo grigio rispecchiava il mio stato d’animo.
Era un tempo confuso; non si capiva bene se tra poco avrebbe smesso di piovere
o sarebbe peggiorato. C’era sempre questa pioggerellina leggera, che nonostante
non si vedesse, se non attentamente, senza nemmeno accorgersi inzuppava i
vestiti. La corriera finalmente arrivò. Sfortunatamente non avevo con me un
biglietto, ma dentro non c’era nessun controllore e credetti
che per quella volta l’avrei passata liscia. Ma non
era certo una della mie più grandi preoccupazioni.
Dentro il mezzo era deserto. Senza guardare in faccia il guidatore mi andai a
sedere tra gli ultimi posti, in fondo alla corriera. Mi tirai giù il cappuccio
e appoggiai la testa sul finestrino. Sentii le portiere chiudersi e la corriera
partire. Per un attimo chiusi gli occhi e mi lasciai
trascinare dal dolce tremolio prodotto dal motore. Dopo li
riaprii e cominciai a fissare l’appannamento del mio respiro sul finestrino.
Sentii una goccia d’acqua scendere dal cappuccio bagnato e percorrermi la
schiena. In altre occasioni mi sarei lamentata per il fastidio, ma non mi
procurava disagio questa volta, anzi, fino all’ultimo rimasi in
attesa che quella gocciolina finisse il suo percorso sul mio corpo.
Attraversammo il ponte che sovrastava il fiume in piena
che faceva da confine con Forsk. Il fiume venne poi sostituito dal verde, quel verde che circondava
tutto, a Forks. Forks, la
cittadina del verde. Sorrisi per l’infantile battuta; sembrava il nome di una
città di folletti. Lo stesso verde che però fin da subito mi era piaciuto e che
mi aveva attirata. Anche se
avevo passato molti momenti spiacevoli nelle sue foreste, con quel verde
riuscivo a… rilassarmi. Il paesaggio boscoso cambiò; stavamo attraversando un
altro ponte, che sovrastava la diga. Una diga abbastanza distante da Forks; niente la circondava, solo il mare a pochi
chilometri di distanza. Abbassai lo sguardo, il muro di spesso cemento e
calcestruzzo separava l’acqua dalla terraferma. Vista
da laggiù sarebbe sembrata una insormontabile muraglia.
Stufa, chiusi gli occhi. Ero tesa e nervosa; sentivo crescere una grande agitazione, che fece aumentare i battiti del mio
cuore. Ero in crisi con me stessa. Era inutile, non ce la
facevo. Avevo provato di tutto, ma non riuscivo a non pensare a quello
che stavo facendo. Ripensai ancora per una volta ai volti di Jared, JJ ed i Premyslidi; era
per loro che lo stavo facendo, per evitare che altre
persone facessero la stessa fine. Ma c’erano altri
volti che riuscivano a scacciare i primi. Primi tra tutti quello di Carlisle. Non osavo pensare cosa potesse pensare.
E non solo lui, c’erano volti di altre persone; mamma,
Kathy, i Cullen ed i
licantropi. Mi stavo dirigendo a Seattle, senza sapere cosa avrei fatto
andandomene là. All’improvviso la prospettiva di fare la cameriera in un
qualche locale mi sembrava un lusso. Scossi la testa convulsamente. Mi stavo
rimangiando tutto quello che avevo programmato. Fu come un lampo. EJacob? A lui non avevo pensato;
non avevo pensato cosa potesse pensare, cosa avrebbe fatto se avrebbe saputo
che ero scappata. Dopo il comportamento dell’ultima volta che c’eravamo incontrati, non ero più così sicura. Ero certa che
il suo cuore si sarebbe sicuramente preoccupato, ma la sua mente? Come avrebbe
ragionato in questa situazione? Mi ricordai cosa aveva fatto
quando aveva saputo che ero stata messa in trappola dal sosia di Edward. Avrebbe reagito in questo modo? La vera domanda
era, lui cosa provava adesso per me? Lo sapevo, lui mi amava; poteva dirmi tutte le bugie di questo mondo, poteva farmi odiare o
temerlo, ma sapevo che lui mi amava. E allora avrebbe
reagito in quella stessa maniera; sarebbe venuto a cercarmi. Ero proprio una
stupida; stavo commettendo proprio una sciocchezza. I rumori dei freni della
corriera mi scossero per un momento e la corriera cominciò a riempirsi. Senza alcun interresse per quelle persone tornai a
concentrarmi guardando fuori dal finestrino. La corriera doveva essere
veramente piena se qualcuno si era seduto vicino a me. Sciocca, sciocca, sciocca. Solo ora mi stavo
rendendo conto che stavo commettendo un vero sbaglio; non sarei mai riuscita a
risolvere questa situazione da sola. Era inevitabile coinvolgere delle persone,
sarebbe stato molto peggio se non fosse stato così.
Avevo bisogno di aiuto e solo ora lo stavo capendo.
Pensavo ingenuamente di riuscire a fare tutto da sola, ma non
era affatto così, perché ero debole rispetto alle persone che mi
volevano. Ma non era tardi, ero ancora in tempo per
tornare a Forks. Mi sarei teletrasportata appena avrei potuto; non qui, c’erano troppe persone. Avrei subito
chiesto al conducente di fermarsi. Mi girai verso la persona che mi era seduta accanto per chiederle di spostarsi. Senza nemmeno
accorgermi, mi ero ritratta contro il finestrino. I miei occhi erano sbarrati.
Vicino a me c’era Marte. Per un momento il mio respiro si bloccò. Con il solito
impermeabile, se ne stava tranquillamente seduto mentre
guardava davanti a sé, con uno strano sorrisino tra il sereno ed il
soddisfatto. Si girò lentamente verso di me, sempre quel sorrisino. Quegli
occhi dorati mi incantarono ancora una volta. La sua
presenza non mi metteva agitazione, ma proprio per questo diventavo sempre più
tesa. Era incredibile quanto potesse essere
convincente e rassicurante.
“Finalmente ti sei accorta di me” disse dolcemente,
ampliando quel sorriso e formando due fossette sulle guance. Aveva il sorriso
di un bambino, cosa che lo rendeva ancora più innocuo. Si stava comportando
come un lupo travestito da agnello; non dovevo cadere nella sua trappola ancora
una volta. Non persi altro tempo e chiusi gli occhi per andarmene subito da lui,
persone o no. Ebbi la sensazione che un ferro rovente
mi fosse brutalmente caduto addosso e mi stesse
schiacciando la mano. Fui per mollare un urlo, ma qualcos’altro mi coprì la
bocca. In entrambi i casi erano state le mani di
Marte, ma la seconda non bruciava come la prima. Non mi sarei potuta
teletrasportare con lui, l’avrei portato con me. La mano sulla mia mi bruciava e mi pesava.
“Troppo tardi per tornare indietro” mi sibilò a denti
stretti. I suoi occhi erano diventanti rossi e
bruciavano, come se fossero fatti di fuoco. Subito dopo tornarono ad essere
dorati. La mano smise di bruciare e ridivenne fredda, come quella dei normali
vampiri. Fu un sollievo per la mia mano che stava per ustionarsi; inoltre anche
la pressione diminuì e tolse l’altra dalla bocca. Non fu però
un sollievo per me, non cambiò niente. Marte si trovava
vicino a me, mi aveva presa. Ed io non me n’ero
nemmeno accorta. Il cuore mi batteva a mille e sentii gli occhi diventarmi
lucidi, ma stetti bene attenta a reprimere le lacrime, non volevo che notasse
la mia paura. Aveva ragione, era troppo tardi per
tornare indietro. Avevo combinato una sciocchezza e ora dovevo pagare, non
importava quanto. La disperazione prese per un attimo il sopravvento. Nessuno
sapeva dov’ero, nessuno mi poteva aiutare questa volta. Era veramente finita.
Per una stupidissima mia sciocchezza. Tanta fatica e sforzi sprecati; avevo
rese vane tutte quelle morti. E io che pensavo scioccamente
di rendere loro onore. Stupida, sciocca, debole ed idiota. Fece passare
le dita tra le mie e mi strinse delicatamente. Io cercai di farle scivolare
via, ma lui aumentò la pressione.
“Ti devo ringraziare per essere fuggita da casa tua. Mi
hai fatto arrabbiare l’ultima volta” sentii la pressione aumentare, ma diminuì
prima che lanciassi un urlo “…ma ti perdono”
“Come hai fatto a capire dov’ero?” bisbigliai tesa.
“Oh… pensavo che l’avessi capito. Tu, i Cullen ed i licantropi siete così
sciocchi. Pensavo che fosse più evidente che mai; ma, fortuna per me, non ve ne
siete accorti. L’attacco nella foresta era solo un pretesto per sviare i Cullen ed i licantropi. Le due vittime erano solo una scusa
per distrarli da te; pensavo che, dovendo badare ai loro compagni morti” disse
l’ultima frase quasi con scherno, cosa che mi fece infuriare e stringere le
labbra, ma sembrava ignorare le mie reazioni “non ti avrebbero più controllato
finché le cose non fossero tornate al loro posto. E così è stato; ne abbiamo quindi approfittato per tenerti sott’occhio senza
problemi. Potevamo venirti a prendere direttamente a
casa, ma…” mi rivolse uno sguardo ed un sorriso mellifluo “non mi sarei mai
permesso di fare del male alla tua dolce mammina. Ah, la prossima volta che la
vedi salutami tanto Kathy.”Adesso oltre a mordermi le labbra stringevo entrambe le mani con
rabbia. Stava giocando con le persone che amavo. Non era la prima volta
che incontravo Marte da sola. A Volterra i miei poteri erano riusciti a
salvarmi in extremis, e speravo che anche questa volta potessero riuscirci.
Mannaggia, mannaggia! Ma il mio corpo non ne capiva il perché, perché doveva
difendersi dalla persona ‘terribilmente rassicurante’come quella che avevo davanti. Ero così debole…
“Ti sono grato per essere fuggita” concluse. Alzò la mia
mano intrecciata alla sua e la guardò interessato.
“Sembriamo due stupidi fidanzatini, non è vero?” disse
smielato dandomi un leggero bacio sul mio palmo. All’ira e alla rabbia si era
aggiunto anche il disgusto. Questa vota la mia reazione non
gli passò inosservata.
“Ma tu ce ne hai già uno, no?”
continuò. Volevo fargli del male, ferirlo. No, non doveva permettersi di
toccare Jacob e la mia famiglia! Avrei voluto
attaccarlo, fargli del male, tanto quanto avrei
desiderato scappare da lui. La rabbia e la paura si alternavano continuamente.
“Non ti preoccupare, non mi sarebbe di alcun
vantaggio fargli del male. Ho già quello che voglio” disse capendo la tensione
dal mio sguardo e lanciandomi un occhiata maliziosa e
profonda. Quella volta non reagii ai suoi modi convincenti, ma lo
guardai con più rabbia e odio che potei. Avevo anche
digrignato i denti per la rabbia e potevo sembrare in quel momento una leonessa
pronta per attaccare.
La corriera si fermò. Marte si alzò dal suo posto, sempre
tenendomi la mano. Cercai di impormi, ma lui senza alcuna difficoltà mi fece
alzare. Se solo per un momento mi avesse lasciato la mano
avrei potuto teletrasportarmi, ma non me la lasciava per un secondo. Vidi i
volti delle persone che mi circondavano su quella corriera, persone normali,
tranquille, che non avevano la più benché minima idea
di ciò che poteva succedere a ‘quella semplice ragazza albina’.
Scendemmo insieme dalla corriera. Il terreno era asciutto e non pioveva più. Mi
guardai intorno; eravamo soli, attorno solo gli alberi. Ora che non c’era
nessuno la paura mi immobilizzava.
“Non ti agitare, va bene?” mi disse calmo e gentile come
sempre. Subito dopo divenne tutto nero; qualcuno mi aveva messo qualcosa sulla
testa. Quando lo toccai con le mani sentii della
stoffa. Non riuscivo a vedere più niente. Mi prese il panico e mi dimenai,
cercando di liberarmi. Insieme alla stretta di Marte si era aggiunta anche una
presa che mi legava i fianchi e che mi aveva alzata da terra senza fatica. Mi
muovevo come una matta, ma il mio aggressore non sembrava accorgersi dei miei tentativi di liberarmi. Sentii un rumore; assomigliava
al suono di una portiera che si apriva. Il mio aggressore mi lasciò; atterrai
però su qualcosa di soffice. La mano di Marte sempre legata alla mia. Tentai di
togliermi il sacco che avevo in testa, ma qualcosa velocemente mi afferrò la
mano libera. Dalla temperatura leggermente più alta dovetti dedurre che era
stato Marte; ora mi stava bloccando entrambe le mani.
“Sii più veloce la prossima volta, Jack”
Era la voce di Marte, ma non era quella che aveva usato fin’ora.
Era dura, pericolosa e severa, non più dolce. Allora era stato Jack, che era molto probabilmente comparso alle mie spalle,
a prendermi. Lui però non rispose. Sentii in compenso l’aprirsi ed il chiudersi
di un’altra portiera e il rumore di un motore. Mi trovavo in un’auto che in
questo momento stava andando a svariati chilometri orari. E
quel che era peggio era che Marte non voleva che vedessi dove mi stavano
portando. Il mio respiro si fece sempre più irregolare; non solo perché sotto
quel sacco l’ossigeno cominciava a scarseggiare. La mia fine era sempre più
vicina. D’un tratto l’auto si fermò.
“Fate presto” ordinò Marte sempre con quel terrorizzante
tono di voce. Sentii portiere aprirsi e sbattere in contemporanea,
mani che mi prendevano e mi alzavano come se fossi stata un sacco. Marte
non mi aveva mai lasciato le mani; quella presa cominciava ad essere irritante,
seppur perversamente rassicurante. Ora colui che mi
portava si era messo a correre veloce. Sentii grosse porte arrugginite aprirsi,
ma niente di più. Poi cominciarono gli scalini; tanti tanti scalini. Continuava a correre. Finalmente mi
mise giù. Questa volta la superficie sottostante era dura, di metallo. Qualcuno
mi obbligò a stendermi. Alla fine qualcuno mi tolse il qualcosa di stoffa sopra
la mia testa. Mi guardai in torno. No, o no, o no. Le
lacrime cominciarono a salirmi negli occhi. Era lo stesso posto che avevo visto
in quella strana visione, a casa Cullen, tempo fa. Era illuminato da quella strana luce violetta, il pavimento era
pieno di cavi sparpagliati e di un liquido fosforescente a causa di quella
luce. Lo spazio però si rivelò molto più grande di quando
l’avevo visto. In lontananza si potevano sentire dei ringhi selvaggi; supposi
fossero quelli degli animali della foresta, data l’innaturale aggressività.
Riconobbi i vampiri intorno a me; erano Jack e Liona. Ognuno di loro mi prese le gambe e me le legarono
con delle imbracature installate in quella che doveva essere uno
lettino, simile a quello degli ospedali. Lo fecero con una velocità
impressionante; senza nemmeno accorgermi anche le mie braccia furono legate.
Guardai il soffitto, ma al suo posto c’era il volto di Marte, che io vedevo all’incontrario, guardarmi con uno smielato sorriso che mi
avrebbe fatto irritare parecchio, se non fossi stata bloccata dalla paura. Le
sue mani dalle mie si erano spostate attorno alle mie tempie e mi tenevano
ferma la testa. Un attimo dopo oltre a Liona e a
Jack, che non avevano aperto bocca attorno a me
c’erano anche un gran numero di siringhe, aghi e flebo. E credevo proprio
fossero indirizzate a me. Non volevo che mi iniettassero
strane sostanze dentro le mie vene. Ricominciai a dimenarmi, nella speranza di
slegare quei lacci, ma sembravano cemento. Senza
troppe difficoltà Marte mi riappoggiò la testa che avevo alzato sul duro
lettino. Avrei voluto urlare, nell’illusa speranza che qualcuno mi sentisse, ma
Marte mi aveva nuovamente tappato la bocca con una
delle sue mani. Ormai non mi importava più
dimostrargli o no.
“Credo proprio che questa sia l’ultima volta che potremmo
parlare; non penso che la prossima tu possa essere nelle
condizione più adatte per farlo…” disse sempre con quel tono gentile.
Non ci badai al momento. Cosa voleva dire con ‘condizioni
più adatte’?! No, non mi piaceva. Le lacrime
minacciavano di scendere, mentre sentivo i miei urli soffocati dalla mano di
Marte. Con la mano alla bocca Marte mi impediva di
vedere cosa Jack e Liona stavano facendo, tirandomi
indietro la testa. Sentivo tutti i muscoli tesi, in cerca della libertà da
quelle cinghie di pietra. Marte si avvicinò ancora di più al mio viso. Mise
l’indice della mano libera sulle labbra spiegate in un sorriso
“Shhh….” mi
sussurrò. Avvicinò poi le labbra per baciare la mano sulla mia bocca in
corrispondenza delle mie labbra. Fu allora che sentii
qualcosa trapassarmi entrambe le braccia. Era una sensazione
orribile, da una parte sentivo scorrermi tra le vene il fuoco,
dall’altra il ghiaccio. Urlai ancora più forte, ma la mano di Marte premeva
ancora. Strizzai gli occhi per cercare di contenere il dolore, ma serviva a
poco. Le cinghie mi impedivano di muovermi. Ero
costretta a stare immobile a subire quello straziante dolore. Mi pentii appieno
della sciocchezza che avevo fatto.
“Ciao, ciao, Natasha”
Sentii per l’ultima volta la voce di Marte. Il solo pensiero mi dava la nausea.
Si stava prendendo gioco di me. Pensando all’odio per Marte tuttavia non
riuscivo a sopportare di più il dolore. Che cosa mi
sarebbe successo? Era tutto un incubo, solo un brutto incubo.
Adesso mi sarei risvegliata. Tuttavia non sembrava essere
affatto un sogno. Piangevo, subivo e piangevo.
Non sentivo più la mano di Marte, ma nonostante cercassi di urlare non ci
riuscivo. Provai ad aprire gli occhi, ma non vedevo niente. Era come se tutti i
miei sensi si fossero spenti. C’erano solo questo
dolore ed i miei pensieri. Il dolore si era propagato e mi assoggettava tutto
il corpo. Ogni cosa sembrava male.
Ero morta? Sapevo di non essere viva. Ero morta, nient’altro;
era esattamente come me l’ero immaginato. Niente più
percezione dei sensi, del tempo, niente più emozioni, niente; un luogo dove le
anime vagavano, libere dalla loro prigione di carne. Niente più
pensieri. Ma io stavo pensando, io pensavo. Allora la
morte non era come me l’ero immaginata. Che strano… oltre ai pensieri c’erano anche i ricordi; io ricordavo.
Forse ero all’inferno e questa era una punizione; riflettere sulle mie memorie
era il mio castigo. Essere cosciente della mia morte e
pensare ai volti delle persone che avevo lasciato mentre
avrebbero sofferto per me. Senza però provare dolore e rimpianto per questo;
una tortura molto peggiore. Ma non ero all’inferno.
Tra i miei ricordi c’era Jacob. EJacob non era un castigo. Era quindi questo il
paradiso?
Rumore. Avevo sentito un rumore. No, me l’ero immaginato.
Qui non c’era nessun rumore, non poteva esserci. E se c’era non lo potevo sentire. Ma
non c’era nemmeno il silenzio. Soltanto il nulla. Ma…
eccolo di nuovo. No, non me l’ero sognato; quel rumore esisteva. E io lo sentivo. Era un brusio che si faceva sempre più
forte. Capii alla fine che non ero morta.
“Come sta procedendo?”
“Il sangue non lo assorbe” Erano due voci; ma di chi
erano? Erano vicine e chiare. Le sentivo, capivo cosa dicevano. Sì, ero viva.
“Cosa vuol dire che non lo
assorbe?! E lei?” Una delle due si era arrabbiata. La
riconobbi. Era la voce di Marte. Quella voce gentile che ora
si prestava ad infuriarsi.
“È solo in coma temporaneo” Riuscii a riconoscere anche
l’altra; Jack.
“Bene…è recuperabile” Cercai di parlare, ma non ci
riuscii. Era come se mi fossi dimenticata come si faceva. Tentai quindi di
aprire gli occhi, ma davanti a me rimaneva ancora il buio. Pensavo,
sentivo, ma nient’altro. Rimasi quindi in ascolto della conversazione
iniziata vicino a me.
“Gliela tolgo?” Cosa mi doveva togliere?
Quello che mi aveva iniettato? O forse altro… Non
sentivo il mio corpo, non riuscivo a muovermi.
“No, aspettiamo un’altra ora.” Cosa
mi aveva iniettato? E cosa mi avrebbe fatto? Avrei
dovuto provare paura per quello che mi stava succedendo, ma non sentii nulla del genere.
“Keyra! Che diamine stai facendo!” La voce di Marte tuonò e mi sembrò più chiara
che mai in mezzo a quel buio silenzio. Era furiosa e rabbiosa. Non l’avevo mai
sentita così. Mi potevo immaginare i suoi occhi rossi come il fuoco.
“Sto…sto portando la cisterna
d’acqua che mi hai chiesto…” Non avevo mai sentito questa voce e neppure il
nome mi era famigliare. Era la voce di una ragazzina, ma era storpiata
dall’accidia e dalla veemenza.
“Idiota! Non qui! Non lo capisci cosa mi succede se tocco l’acqua?!” Marte era furibondo, quasi isterico. Sembrava…
spaventato? Non smetteva di urlare e sbraitare. Cosa
gli succedeva se toccava l’acqua? Forse… era il suo punto debole? Dal suo
comportamento poteva essere. Inoltre seguiva la
logica: l’acqua spegneva il fuoco.
“Marte…no…” La voce della ragazza aveva cominciato a
tentennare. Subito dopo un lamento, molto simile ad un guaito spezzò l’aria. Poi
più nulla. Mi fecero male le orecchie per l’alta tonalità. Provavo dolore, provavo qualcosa; forse mi stavo riprendendo.
“Stupida, è sempre stata una delusione. Non mi è mai
servito a niente controllare i sogni…” Riuscii a capire; non era quindi stato
Marte a controllare i sogni di mia sorella, ma quella
vampira. Quindi non poteva manipolare i sogni. Kathy non avrebbe più fatto incubi. Allora però non riuscii
a comprendere appieno cosa ciò significasse.
“Non serviva incenerirla…” sentii ancora più vicina la
voce incerta di Jack. Incenerita? L’aveva quindi…
uccisa? Forse l’acqua era davvero il suo punto debole, se era giunto ad un
punto tale…
“Dimmi Jack, vuoi fare anche tu la sua fine?!” Marte si era davvero adirato e non aveva smesso di
comportarsi in modo isterico. La sua voce era impressa di cattiveria. Un odore
acre mi invase le narici. Ora potevo anche percepire
gli odori. Stavo uscendo da quello che loro avevo
chiamato ‘coma temporaneo’. Non sentii la voce di Jack replicare. Sentii l’improvviso sbattere di una porta.
Doveva essere pesante ed anche un po’ arrugginita dal rumore che fece.
“Sono qui!” Era una voce familiare, ma non riuscii a
collegarla ad un volto. Chi era qui? La voce tentennava, era
agitata.
“CHE COSA?!” Ancora una volta la
voce tonante di Marte riempì la stanza. Subito dopo un botto. Sembrava una
piccola esplosione. Poi tutto si fece confuso; un insieme di forti rumori da
non riuscire a distinguerli. Fragori di metallo contro metallo, ringhi di animali e vampiri. Li sentivo vicini, troppo vicini. Le orecchie ripresero a farmi male da tanto forti
che erano. Basta, dovevo aprire gli occhi. Al primo tentativo ci riuscii. Ora
vedevo. Non molto però; ero ancora sdraiata su quello scomodo lettino e davanti
a me solo il soffitto, mentre un chiasso indefinito continuava a circondarmi.
Sembrava quello di una cantina, o di un sotterraneo. Quella fastidiosa luce violetta era stata sostituita da numerose lampade
attaccate alla parete. Provai a muovere il collo, ma non ci riuscii; non potevo
ancora muovermi. Non perché le cinghie mi bloccavano le
braccia e le gambe. No, quelle era libere;
qualcuno me le aveva slegate. C’era qualcuno vicino a me, qualcuno che
conoscevo bene. Carlisle si muoveva troppo veloce per osservare con chiarezza l’espressione del suo volto. Con
esperienza mi stava togliendo ad una velocità impressionante le
due flebo che avevo attaccate alle braccia. I Cullenerano lì, mi avevano trovata. Ma
come avevano fatto? Avrei dovuto essere felice di vederlo, ma così non fu; non provavo ancora emozioni. Aprii bocca per parlargli,
ma non usciva niente. Finalmente incontrai i suoi occhi. Erano incredibilmente
rossi. No, erano sempre dorati, io me li immaginavo rossi. Rossi di rabbia. Era
tanto arrabbiato che i suoi occhi non riuscivano a contenere la rabbia. Non lo
biasimai.
“Se non muori adesso, ti uccido
io dopo” mormorò. La sua voce era impressa di quella stessa rabbia che
condizionava gli occhi. Allora provai qualcosa, era
gioia. A quelle parole avevo provato gioia. Non c’era niente di strano. Provavo
finalmente sollievo che qualcuno mi avesse trovata.
Vidi che mi prese in braccio; non riuscivo però ancora a sentire le mani fredde.
Cominciò a muoversi velocemente. Non capii dove; avevo richiuso gli occhi per
reprimere la sensazione di vertigine che si era improvvisamente fatta sentire,
dovuta alla troppa velocità. Il mio corpo stava cominciando a riprendersi. Un
ringhio di Carlisle mi fece riaprire gli occhi per la
sorpresa. Non mi trovavo però tra le sue braccia, ma sul pavimento. Non mi ero
nemmeno resa conto che fossi caduta. Sentivo ancora
fragorosi rumori, ringhi e ululati. Non riuscii però a vedere niente; la vista
mi si era appannata. Ancora non sapevo muovermi. Qualcosa mi aveva ostruito i
polmoni e non riuscivo a respirare. Qualcosa che bruciava.
Ora riuscivo a sentire il dolore del mio corpo. Provai a muovermi, ma il dolore
aumentò, come se qualcosa impedisse al mio copro di muoversi. I miei muscoli
non rispondevano più. Era stata la sostanza che mi
avevano iniettato, lo sapevo. Ero al limite, l’ossigeno mi
stava mancando del tutto. Qualcosa mi prese e mi tirò bruscamente indietro.
Un momento dopo quell’assordante rumore era diventato
più lontano e a causa dell’annebbiamento vidi le immagine
oscurarsi. Fu allora che sentii qualcosa perforarmi il collo. La pelle del mio
collo si squarciò come burro sotto quella morsa. Una fitta di dolore mi spinse
ad urlare, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono. Subito dopo però mi sentii
meglio; l’annebbiamento era scomparso del tutto. Pian piano riuscii
a riacquistare i sensi che il mio corpo aveva perso, come anche la percezione
di emozioni.
La morsa si staccò dal mio collo; finalmente mi stavo
bene. Mi guardai intorno; ero in un angolo buio, ma appena una parete mi
separava del putiferio che si stava svolgendo. Dei particolari
ringhi mi attirarono; erano molto diversi da quelli degli animali di Marte.
Erano latrati di lupi; oltre ai Cullen c’erano anche il licantropi. EJacob. Una voce mi destò dalle mie ipotesi.
“Stai bene?” C’era qualcuno dietro di me. Mi girai lentamente; era Jack. Riacquistate le forze non mi fu difficile scansarmi da lui immediatamente, ma lui fu più
veloce; mi prese per un braccio e mi tirò di nuovo indietro. L’attimo dopo
proprio dove sarei stata se Jack non mi avesse
spostato la parete opposta si sbriciolò. Per resistere al rumore causato
dall’impatto mi chiusi a riccio. Quando fu passato
alzai gli occhi verso il mio salvatore. Eh, già, perché mi aveva proprio salvata. Lo guardai con l’espressione più confusa che potessi esprimere; Jack, un vampiro di Marte, mi aveva
salvato, per due volte. Mi era assolutamente incomprensibile. Sì, perché ero
certa che quella strana sensazione di annebbiamento mi
fosse passata grazie a lui, non so come. Dopo essersi guardato furtivamente in
torno, poi mi guardò serio e cominciò a parlare in tono chiaro,
ma veloce.
“Ti abbiamo iniettato una sostanza che ti ha fatto andare
in coma temporaneo. Ti ho morso e te l’ho succhiata via, ma non ho sentito il
sapore del tuo sangue, non temere” Un’altra esplosione mi fece
nuovamente abbassare il capo.
“Che cosa diavolo stai dicendo?!”
gli urlai per sovrastare il frastuono che sembrava farsi sempre più forte. Non
riuscivo a capire cosa stava succedendo. Perché Jack mi stava difendendo?!
“Anche se non sono più un normale vampiro, ho sempre
fatto il doppio gioco con Marte” mi spiegò in fretta. Lui aveva sempre
mantenuto un tono di voce normale. Cosa? Quindi Jack era sempre stato dalla parte dei ‘buoni’? E ora mi stava aiutando. Era quasi pazzesco; avevo sempre
creduto fosse un vampiro che agiva senza rimorsi. Soprattutto dopo quello che ha fatto a Bella. Pazzesco, non riuscivo ancora a
capire, era troppo strano da crederci. Era una notizia piombata troppo
all’improvviso per fidarsi. Ebbi quasi l’impressione che stesse fingendo, ma
pensando a come si era rivolto a me e cosa aveva fatto in questi pochi minuti
trovai il coraggio di affidare la mia vita a lui. Era un gesto tentato e
ultimamente molti di questi finivano per portare a vere e proprie tragedie.
“Va via!” Sentii le sue grida, poi le sue
braccia che dure e potenti mi spingevano lontano da lui. Ruzzolai indietro e mi
fermai solo a parecchi metri di distanza. Quella forte spinta
mi fece davvero male e ci misi un paio di secondi per rialzarmi. Non appena lo feci un brivido mi percorse la schiena; al posto di
Jack c’era solo cenere e… Marte. Non assomigliava ad un vampiro, nemmeno
ad una persona, ma ad un mostro dagli occhi fiammeggianti. Nemmeno riuscii ad
osservare bene i suoi occhi che scomparve in una
nuvola di polvere causata dalla caduta della parete a lui opposta. Aveva
sentito le parole di Jack ed ora lui era… Un lamento
perforante che sovrastava quel trambusto di rumori attirò la mia attenzione.
Girai lentamente la testa. Uno spettacolo raccapricciante,
molto simile a quello della foresta, mi accolse. In quella scena non c’era più
niente di umano, né di animale, ma solo mostruoso. Le
creature che avevo davanti, tra le quali anche quelle che conoscevo così bene,
stavano dando sfogo a tutta la loro ferocia. Disgusto, ribrezzo e soprattutto
paura e terrore, voglia di scappare; provavo tutto questo immobile
ad osservare immagini veloci passarmi davanti agli occhi. Ma
c’era una figura che conservava ancora quello che di naturale aveva. Non
riuscii a riconoscerla. Una figura che non aveva niente di
mostruoso. Che però era immobile. Si trovava a
parecchi metri da me, ma nessuno sembrava tenermi conto; ogni bestia era impegnata
a lottare con un’altra bestia. Ero come invisibile. Una forza misteriosa mi
obbligò a dirigermi verso quella figura. Solo quando la raggiunsi capii chi
era. Sdraiato, stava respirando irregolarmente. Aveva gli occhi aperti, ma fissi verso un punto indeterminato. Solo quando lo toccai si
accorse di me. I suoi occhi tornarono ad illuminarsi e cominciò ad agitarsi.
Voleva rialzarsi, ma cadde nuovamente a terra, privato
della forza necessaria. Notai che il suo soffice e fulvo pelo rosso era sporco
di sangue, rappreso e fresco. Ero in preda al mio istinto e non riuscivo a sentire
le mie emozioni. Non riuscivo a capire il significato della scena che avevo
davanti. Quasi involontariamente alzai la mano verso il suo
muso e glielo accarezzai. Sentii dalla sua gola un guaito triste e ripetitivo.
Il respiro si manteneva irregolare. Quando la mia mano giunse ad accarezzargli
il naso lui mi diede una lieve leccata alla mano.
Questa volta non mi lamentai. In un momento non c’era più il mio lupo, ma il mioJacob, con la sua forma umana.
Il suo corpo era cambiato, ma i suoi occhi erano
sempre gli stessi. Profondi, neri, sofferenti, dispiaciuti, malinconici. Aveva
perso parecchio sangue ed il suo copro era ricoperto
di profondi graffi; era stato brutalmente attaccato. Erano profondi per un
essere umano, ma per un licantropo erano graffi da nulla. In ogni modo in
ognuno potevo leggere la sofferenza che gli dava; licantropo o no il dolore
c’era. Strizzò gli occhi e contorse le sua bocca in
una smorfia per trattenere il dolore. Cominciai improvvisamente a soffrire
anch’io e gli occhi diventarono umidi. Era sciocco
comportarsi così, non era niente di grave. Perché
allora dalla sua espressione sembrava proprio che non fosse così? Aprì di nuovo
gli occhi; un senso di serenità mi invase, una gioia
che da tempo non provavo e che impaziente aspettavo, anche se era un sentimento
del tutto inopportuno in quel momento. Finalmente vedevo gli occhi del mio Jacob, finalmente lui era con me. Le sue labbra lentamente
si spiegarono in un sorriso, che si fece sempre più grande. I denti bianchi
parevano scintillare. Sembrava il viso di un bambino felice; quello del mio Jacob. Il mio cuore perse un battito e quella gioia diventò
euforia. Quel sorriso, finalmente quel dolce sorriso!
Ora mi sentivo davvero tranquilla. Lo ricambiai.
“M…mi…di…spia…ce” cercò di dire
lui. Non riuscire a parlare. La sua voce mi riportò alla realtà. Le sue parole
per me avevano un significato molto più grande di una
semplice scusa. Si scusava per quello che aveva fatto e per come si era
comportato; si stava scusando di tutto. Con una sola e semplice parola. Io
ampliai il mio sorriso ancora di più, gli presi la mano calda e gliela strinsi,
annuendo convinta. Lo avevo perdonato. Chiuse gli occhi.
“Ti amo” gli dissi guardandolo.
“Ti…a…mo” sussurrò lui. Forti colpi di tosse presero il
sopravvento sulla sua capacità di parlare. Io gli strinsi la mano ancora di
più.
“Non parlare. Aspetta fino a che non ti sarai
ripreso del tutto” gli dissi io calma per tranquillizzarlo. Ed ingenua. Lui tornò a sorridermi, ma non come prima. Le
sopracciglia erano aggrottate, le sue labbra accennavano
solo leggermente ad un sorriso. Scosse con lentezza la testa
fino a che poté. Non fu quello, ma i suoi occhi che mi fecero capire che
mi stavo sbagliando. Ancora sofferenti e dispiaciuti. Cosa…? I suoi occhi
improvvisamente si chiusero, le sopracciglia si aggrottarono ancora di più e
con i denti si morse il labbro inferiore per cercare di soffocare dolorosi ed
acuti lamenti, che tuttavia riuscii comunque a
percepire. Io gli presi subito la testa fra le mani,
mentre trattenevo il respiro; un inutile tentativo di cercare di frenare la sua
sofferenza. Ormai respirava sempre di meno, perché, ne ero
sicura, farlo gli faceva male. Sentendo il contatto con le mie mani per un
attimo aprì gli occhi e tentò ancora un sorriso. Ancora una volta annegai in
quel magnifico pozzo nero senza fine. Jacob era
ancora un sole luminoso, nonostante sembrasse che si stesse spegnendo. Era
ancora il mio Sole. Fu allora che cominciai a fare la cosa meno appropriata del
momento; avvicinai la mia bocca al suo orecchio e incominciai a canticchiare,
per calmarlo.
“You are my
Sunshine, my only Sunshine. You make me happy, when skies are grey. You never
know dear, how much I love you. So please don’t take my Sunshine away…” Mi
discostai da lui.Aveva chiuso gli
occhi. Si sembrava finalmente essere calmato; stava persino sorridendo. Ora ero tranquilla, si sarebbe ripreso presto. Quei graffi non
gli avevano fatto niente. Si era sbagliato. Ma… stava
diventando freddo, ogni secondo di più. Posai una mano sul suo petto; non si
muoveva più. Tornai a guardare il suo viso. Stava sorridendo,
non poteva essere…! La mia mano non si era ancora staccata dal suo
petto, che stava diventando sempre più freddo, più di me. Il mio Sole si era
spento. Il mio Sole si era spento. So please don’t take my Sunshine
away… Me l’avevanoalla
fine portato via.Jacob era…
morto. No. Se fosse davvero morto non poteva… essere
così felice. Lo continuavo a guardare. Jacob era
morto, ma non mi faceva male pensarlo. Era sempre lì, accanto a me. Non stavo
soffrendo, continuavo a stare bene. Avrei passato
tutto il tempo della mia vita a guardare il suo corpo immobile. Brillava anche se non aveva più luce. Mi ero creata un mondo
tutto mio, talmente indifferente da quello dei mostri che mi circondavano. Come
quello di una margherita in mezzo alle erbacce. Così diversi,
ma vicini. C’era la calma. Ma
presto il mio mondo venne distrutto da qualcun altro.
“Oh… prima il tuo amichetto vampiro, poi lui. Mi dispiace di
averli uccisi entrambi. Posso solo immaginare cosa tu stia passando” La voce
che come una lama mi attraverso non era per niente
dispiaciuta. Quella voce aveva distrutto il mio mondo e mi aveva fatto tornare
alla realtà. Mi stava prendendo in giro; me, JJ e Jacob.
Mi voltai verso il proprietario di quella voce. Liona.
Era lei che aveva ucciso Jared, JJ ed ora Jacob. Si stava divertendo del mio dolore. Lo stava
prendendo in giro. Stava giocando con i miei sentimenti. Qualcosa scattò in me.
Davanti a me c’era la persona che aveva ucciso Jacob.
Qualcosa mi stava premendo il petto e aumentava il mio respiro. Come animali, bestie feroci che pretendevano di uscire.
Sapevo come si chiamavano; odio e furia. Mi inondavano
il corpo in una maniera mai sentita. Era simile a ciò che avevo provato quando Marte aveva fatto del male a Kathy, ma molto più potente. Infatti,
se quella volta avevo solamente pensato di uccidere, questa volta ero sicura
che l’avrei fatto veramente. Le due bestie si agitavano in me, per prendere il
sopravento della mia mente e del mio corpo. La morte
di Jacobfuori dal mio mondo
era talmente tanto dura da sopportare che di mia spontanea volontà mi lasciai
manipolare da loro; la vendetta non sarebbe servita a niente, ma non me ne
importava. Era il momento giusto per usare i miei poteri. Nacque in me un
desiderio di uccidere mai sentito. Uccidi, uccidi. Una
voce cominciò ad incitarmi, la stessa che tanto tempo fa mi ripeteva ‘Acqua’.
Avrei seguito questa voce esattamente come l’altra volta; non mi sarei fatta
problemi. Davanti a me c’era la persona che aveva portato via il mio Sole. E doveva morire. Lentamente mi stavo trasformando in uno di
quei mostri che mi circondavano. L’aria venne
squarciata da un ringhio tremendamente acuto, mai sentito. Certo, perché
proveniva da me. Ormai non ero più Natasha.
Odio e furia avevano ormai preso il sopravvento del mio corpo. Guardai
nuovamente la vampira davanti a me; era rimasta immobile, ma non aveva più quel
sorrisino di scherno sulle labbra. Tra poco sarebbe morta e non ne aveva la minima idea; le mie labbra involontariamente si
spiegarono in un sorrisino. Con velocità anormale mi gettai su di lei. Poi non
riuscii più a vedere cosa stessi facendo. Ma non era necessario vedere, odio e furia mi guidavano. Mi muovevo, mi stavano muovendo loro. Continuavo a colpire e a
rompere e sempre più diversi ringhi e lamenti si levavano vicini a me. Era
strana la sensazione che provavo, mai sentita e terribilmente coinvolgente; non
conoscevo termini per descriverla. Forse… euforia. Improvvisamente mi fermai;
le due bestie dovevano essere stanche. Furono pochi attimi, ma terribilmente
intensi. Tornai finalmente capace di intendere e di volere, di possedere il mio
corpo. Il mio respiro era irregolare, troppo. La vista si fece nuovamente
nitida. Mi sentivo terribilmente spossata, ma sollevata. Mi guardai intorno ed
un grande senso di nausea mi colpì lo stomaco; attorno
a me c’era una vera e propria carneficina. Con il respiro ancora irregolare,
osservai attentamente l’ambiente che mi circondava. Il pavimento era ricoperto
interamente di sangue; proprio come un lago. Ma il più
raccapricciante era che sul pavimento c’erano anche pezzi di corpi; braccia,
gambe, mani, zampe, teste. Guardai le mie mani; rosse, sporche completamente di
sangue. Non solo quelle, anche tutto il resto del mio corpo. Poche erano le
parti pulite. Quel sangue però non era mio, perché non ero ferita. Me lo sentivo
fresco sui capelli. Spalancai la bocca e gli occhi per lo stupore; quella
carneficina l’avevo fatta io, senza renderne conto. Attorno a me c’era solo il
silenzio, rotto solo dal mio respiro. Cominciai a tremare. Di paura, per me
stessa. Quella strana sensazione di euforia e di
conforto erano sparite. Provavo paura per me stessa. Ero
stata un mostro pericoloso. Continuavo a guardare le mie mani
insanguinate; io avevo ucciso. Non importa chi; io avevo ucciso. Mi ero
dimostrata molto più mostro dei presenti. Mi guardai velocemente intorno alla
ricerca dei Cullen e dei licantropi. Li vidi; erano a
molti metri di distanza da me. E stavano all’erta, mi guardavano seri e inflessibile, come se gli avrei attaccati da un
momento all’altro. Come se fossi un nemico, come se fossi un
mostro. In quel momento ero sola, sola con il
mio mostro. Allora era questo che succedeva se venivo
presa da tanto odio e rabbia. I miei poteri erano più o meno
sempre stati condizionati dai miei sentimenti, soprattutto durante quel periodo
di ‘malattia’. Ma potevano davvero trasformarmi in un
tale… abominio? Tra i licantropi qualcosa colpì la mia attenzione, qualcosa di
diverso da loro; Jacob. La sua espressione non era cambiata.
Fu l’unica cosa che riuscì a calmarmi per un momento. Uno dei licantropi dal
pelo nero, si mise davanti a lui e mi ostruì la mia vista. Mi lanciava occhiate
di allerta e quasi di sfida. Si era messo davanti perché… pen…pensava
che gli avrei fatto del male, forse? Era assurdo, non avrei
mai fatto una cosa simile! Eppure… l’avevo appena
fatto. Tornai a guardare i Cullen; erano rimasti impassibili.
Tutti continuavano a guardarmi. Non erano occhiate di disgusto, ma io le
confusi con questo lo stesso. Forse anche volontariamente. Era infatti lo stesso sentimento con cui mi sarei guardata;
facevo dei loro occhi i miei per giudicarmi.
Ero sola e disperata. Per tante cose, forse troppe per una
sola persona. Tornai per l’ennesima volta a guardare le mie mani. Il sangue era
rosso, ancora denso e fresco. Tentai di fregarmelo via, ma rimaneva; le mie
mani erano ancora sporche. Rassegnata le lasciai cadere lungo i fianchi. Il
respiro era tornato normale, ma mi era di poca consolazione. Stavo piangendo,
ma le mie guance era tanto sporche di sangue che non
sentii le lacrime scendermi. Ero distrutta e stanca. Non volevo pensare in quel
momento, riflettere. Erano successe così tante cose e volevo solamente
lasciarmele alle spalle. Ma non si poteva. Qualcosa mi
prese la mano e mi risvegliò. Alzai improvvisamente la testa. Edward? Sì, Edward mi era venuto
vicino. Gli altri però continuavano a guardarmi ancora più con attenzione,
soprattutto i Cullen. Perché
si era avvicinato?
“È tutto okay, Natasha” mi disse calmo, mentre ancora non staccava la mano
dalla mia. No, non era tutto okay. Ma io glicredetti. Qualche strana forza mi spinse a credere a quella voce melodiosa e
tranquilla. Ora che mi ero calmata un poco il livello di adrenalina
nel mio corpo si era abbassato, permettendo alla stanchezza di prendere il
sopravvento. Non mi ero mai sentita così stanca. Bhe,
quello che avevo fatto richiedeva un gran sforzo, no?
Cominciai a barcollare e gli occhi ad oscurarsi. Perfino la lieve luce che
c’era mi dava fastidio. Con tutti i miei sforzi cercai
di tenere aperti gli occhi, ma non ce la facevo. Credetti di svenire, o forse mi
addormentai, perché era come se avessi cominciato a dormire, in effetti.
Non sentii nemmeno il mio corpo accasciarsi a suolo e la mia testa colpire violenta il pavimento.
Quello fu uno strano risveglio. Normale. Caratteristica strana, visto ciò che era successo. Già, quello che era successo. Era stato solamente un sogno.
Reale, ma un sogno; spesso ne avevo fatti. Non volevo
aprire gli occhi; era proprio come il primo giorno di scuola, quando si sarebbe
di gran lunga preferito restarsene nel letto a
pisolare tutto il giorno. Perché effettivamente era il primo
giorno di scuola. O così pensavo. Ripensai
ancora per una volta allo strano sogno fatto; pensai con leggerezza che era
stato orribile, ma non mi colpì troppo. Per fortuna era stato solo un brutto
sogno. Con sollievo decisi quindi di aprire un occhio
solo, ma rimasi totalmente confusa. Non era la mia camera. Né
quello era il mio letto. Le coperte dorate ed il letto in
ferro con intarsi a forma di rosa mi erano però familiari. Cosa ci facevo nel letto di Edward? Inoltre avevo uno strano odore. Erano forse le coperte? No,
ero io. Era… era come se fosse… sangue. L’odore del sangue. Guardai le mie
mani. All’apparenza erano pulite, ma io non le vedevo così, le vedevo ancora sporche di quella sostanza rossa. Ono. Fu come se il soffitto mi
fosse caduto in testa. Era successo veramente. Marte, Liona,
Jack, il mostro… Jacob.
Tutto era successo veramente. Superato l’annebbiamento del risveglio questi
ricordi tornarono a galoppare e a correre nella mia mente
frenetici, e ogni immagine faceva più male della precedente. No, basta,
non volevo, non volevo pensarci. Sentii un fruscio
nella stanza; c’era qualcuno. Bastò che mi sporsi
leggermente dal letto per intravedere un camice bianco. In quella stessa stanza
c’era Carlisle. Strizzai gli occhi; dove avrei preso
il coraggio per parlargli? Era come se avessi fatto di tutto per non fargli mantenere la sua promessa, e quindi farlo soffrire.
Inoltre se avessi parlato, non credevo che mi avrebbe risposto. Ma volli tentare.
“…Carlisle…” sussurrai,
consapevole che mi avesse comunque sentito.
“Non sono Carlisle” mi rispose
indifferente la voce di Edward.
Alzai lo sguardo nuovamente confusa. Vicino a me c’era
Edward, con indosso un camice bianco. Metteva una
strana sensazione vederlo in questa uniforme. Per un
attimo mi perforò con lo sguardo; era arrabbiato. Fu lui però che lo distolse
per primo. Quando mi guardò per la seconda volta, i
suoi occhi erano tornati indifferenti.
“Perché…” Volevo chiedergli
perché non c’era Carlisle al posto suo, ma lui lo
capì prima che finissi di parlare.
“Secondo te?” mi disse di nuovo indifferente. Io mi
rabbuiai. Era così arrabbiato da non potermi vedere?
“Non l’ho mai visto così furioso” riprese poco dopo “mi ha
chiesto se potevo visitarti io. Lo ha ritenuto
necessario, visto le condizioni in cui ti abbiamo
trovata” Parlava con indifferenza e non sembrava che con quelle parole volesse
aumentare il mio senso di colpa “E comunque stai bene” concluse. Il mio stomaco
si contorse al solo pensiero di Carlisle infuriato.
“Non sapevo che anche tu te ne intendessi di medicina…”
ripresi laconica, vano tentativo di sviare la
conversazione.
“Potrei fare anch’io il medico come Carlisle,
senza problemi, ma… ho ancora qualche problema di autocontrollo
con il sangue” mi rispose anche lui laconico. Trascorsero alcuni minuti di
silenzio.
“Sei arrabbiato?” Che domanda stupida, ovvio che lo era.
Ma non ne ero così sicura, perché… non dimostrava
questa rabbia mentre parlava.
“Certo” disse sprezzante, ma
torno poi indifferente “Tutti noi siamo infuriati con te. Potrei benissimo
infuriarmi con te, ma, oltre al fatto che credo che questo compito spetti a Carlisle, non credo che sia… moralmente salutare per te.” Io lo guardai confusa. Moralmente
salutare? Cosa aveva il mio stato d’animo che… Lanciai uno
sguardo ansiosa ad Edward; compresi a cosa si
riferisse. Volevo sentirlo da qualcun altro, non lo avevo ancora del tutto
accettato. Volevo che qualcuno mi dicesse che non era
vero, che Jacob era…
“Jacob è…” Non riuscii a finire
la frase. Edward si rabbuiò un poco.
“Jacob è morto” disse in un
sussurro. Avevo paura a pensarlo, figuriamoci a
sentirlo con certezza da altri. Fu inevitabile, crollai.
Lentamente mi strinsi le gambe al petto e nascosi la testa tra le braccia. No,
no… Jacob era morto. Rivivevo quei momenti, gli
stessi momenti che, vissuti in quel piccolo mondo che avevo creato, sola insieme a lui, avevo amato, da quanto erano tranquilli.
Ora però non era così, non ero più nel mio mondo, ero nella realtà. Ed ora in quei ricordi ci vedevo solo dolore e morte, come
portatrici di sofferenza. Jacob era morto, no, no. Tutti i pezzi del mio cuore glieli avevo
dati a lui, tutti. E lui mi aveva dato i suoi. Ed ora stavano scomparendo, tutti, uno per uno. Ora non
avevo più un cuore. Sapevo come sarebbe andata; avrei sofferto, aspettando che
l’apertura dove un tempo c’era il mio cuore si sarebbe richiusa, ma era enorme
e troppo profonda. Avrebbe sanguinato, e anche se si fosse in qualche modo rimarginato,
ci sarebbe sempre stato uno spazio vuoto. Il mio Sole se n’era andato, non
c’era più, le mie giornate sarebbe sempre state
piovose. Jacob…no. Ciò che
mi dispiaceva di più era come l’avevo lasciato; dopo più di due settimane senza
vederci, né parlarci. Non avevo potuto approfittare della sua presenza; tutto
era come scomparso con le sue parole, con i suoi
occhi, la sua espressione ed il suo sorriso. Era forse una maledizione che
tutte le persone cui volevo bene se ne andassero senza
parlarmi per l’ultima volta? Raggomitolata su me stessa piangevo, ma solo
perché era una reazione del mio corpo per esprimere il dolore. Non era sufficiente, non sarebbe servito a niente. Per liberarsi
di quel dolore non sarebbero servite né lacrime, né conforti, né risate
contagiose. Forse nemmeno il tempo. Un dolore eterno. Pensai che forse
chiamarlo con questi termini fosse troppo esagerato, che
fosse condizionato dalla sofferenza del momento. Avrei veramente sofferto in
eterno per la morte di Jacob? Credevo proprio di sì.
Senza il Sole nel mio mondo niente poteva vivere, tutto
sarebbe diventato grigio e…sì…morto. La fredda mano che Edward aveva posato sulla mia spalla
mi risvegliò dai miei pensieri. Mi asciugai le lacrime rimaste sulle guance;
avevo smesso di piangere presto, volevo lasciare il mio cuore tranquillo,
mentre soffriva in agonia ed in silenzio, senza disturbarlo con il rumore di
lacrime inutili. Si piangeva per ogni dolore, per quello che provavo in questo
momento non volevo le lacrime. Sarebbero state troppo poco degne di
manifestarlo e rappresentarlo. Ma… avevo preferito
lasciarmi trasportare dalla vendetta e dall’odio e cominciare ad uccidere,
trasformandomi in un mostro. Avevo dimostrato il mio dolore in questo orribile modo; a questo punto avrei preferito le
lacrime. Mi vergognavo di me stessa ed ero sicura che anche Jacob
si sarebbe vergognato di me. No, non si sarebbe vergognato,
molto peggio, sarebbe stato dispiaciuto. Mi ero comportata come un mostro,
perché forse in effetti… lo ero. Ero un pericolo. Mi guardai ancora le mani;
perché le continuavo a vedere sporche?
“Le mie mani sono sporche di sangue…” continuai a
bisbigliare. Edward sfoderò un sorrisino malinconico.
“Anche le mie, sempre” rispose
lui. Io lo guardai in viso.
“…sono un mostro…” sussurrai con tono sofferente.
“Non sei un mostro” sentii vicino a me la voce di Edward “ti sei solo comportata
da mostro”
“Non è la stessa cosa?”
“No; secondo te io lo sono?” Lo guardai interrogativa. Mi
domandai quanto avesse scavato tra i pensieri di JJ, o
se fosse solo una semplice coincidenza. Non osai ribattere sull’argomento; ne avevo già discusso abbondantemente con lui. JJ…Solo allora mi ero
accorta che non ero molto diversa dai vampiri.
Mi trovai a pensare a quanto ribrezzo si potesse avere per la vita. No, non per la vita, per il
Destino. Fato, o Sorte; è sempre lo stesso. In pochi giorni, in due per essere
precisi, avevo perso due persone che erano diventate importantissime per me. Prima
mio padre, poi JJ e poi ancora Jacob. Tutto stava
svanendo nelle mie mani.
“Ho paura che possa ricapitare di nuovo…” mugugnai. Sapevo
che Edward avesse capito a cosa mi stavo riferendo.
“No, è successo solo perché ti sei fatta prendere dall’odio.
Posso capirlo; mi sarei comportato in modo molto più
mostruoso di te se fossi stato al posto tuo, perché dopo non mi sarei pentito
di quello che avevo fatto e avrei continuato” mi lanciò un’occhiata trapassante
“Invece credo che tu te ne sia pentita” Ricambiai quello sguardo, ma non
convinta.
“E se non mi fossi fermata? Avrei
attaccato anche voi! Ho visto come mi guardavate tutti quanti! I vostri occhi
mi dicevano che ero un pericolo! Qua dentro c’è un
mostro!” ribadii convinta portandomi una mano al
petto. Questa volta fu lui a non parlare. Cominciò a guardare fuori dalla finestra.
“Non lo nego; eri pericolosa. Vuoi anche che ti descrivi
nei dettagli quello che hai fatto in quei momenti? Non credo che tu lo voglia sapere. Sembravi un vampiro neonato, ma molto più
accanito. La tua reazione ci ha presi alla sprovvista
e non siamo riusciti a controllarti come avremmo voluto” disse franco. Nessuna
consolazione, solamente la verità. Era meglio così. Non che non le apprezzasi,
ma le sue consolazioni mi irritavano, perché non
avrebbero fatto niente. E mi dava davvero fastidio la
compassione se era inutile.
“Perché sei qui? C’è un altro
motivo, oltre alla visita” confermai leggermente più convinta, ma ancora
titubante. Edward mantenne la sua espressione seria ed
abbassò la testa; avevo fatto centro.
“Più volte ti ho detto che quello
che c’era tra me e Bella era molto simile a quello tra te e Jacob.
Non posso dire che conosco il dolore che provi in
questo momento, ma se provo solamente a pensare a cosa farei se Bella…” si
fermò un istante trattenendo il fiato “Pensavo quindi che ti avrebbe aiutato la
presenza di una persona che può in un certo senso capirti, anche se in questo
modo posso sembrare presuntuoso, ma non è questa la vera ragione per cui sono
qui.” I suoi occhi si erano fatti di colpo accessi. Involontariamente
sorrisi, anche se era un sorriso vuoto e spento; ora c’era qualcuno accanto a
me, non ero più sola.
“Rispondi sinceramente; ora che Jacob
è morto, vorresti seguirlo anche tu?” Non mi scomposi troppo
per quella domanda, ma, anzi, ci pensai bene. Al momento la mia anima
era fatta di dolore e nulla. Se il mio dolore sarebbe passato
non avrei avuto più niente. Prima o poi, lo sapevo,
avrei voluto scappare da questa agonia. Non sarei stata capace di vivere senza
di lui. Non avrei più avuto alcuna ragione di vivere. La morte ora non sembrava
più una brutta cosa. Quasi… una soluzione. Quando si dice di provare paura per
la morte, si intende la morte delle altre persone a
noi care, non la nostra. Ed in pratica io ero come se
fossi già morta. Ma…no. No, non era vero che non
c’era più nessuna ragione di vivere. C’era mamma e Kathy. “Se sei
davvero sicura che la colpa sia tua, perché non hai mai provato a toglierti la
vita?” “N…non voglio morire..” “Davvero sei così
egoista? Sei allora disposta a mettere a rischio le persone a te più care?” “Se
lo facessi queste persone molto probabilmente soffrirebbero
di più!” “Ma allora perché ti lamenti tanto? Perché dici
che le cose andrebbero meglio se tu non esistessi?”. La conversazione con
JJ mi ritornò in mente. Per questo non potevo andarmene. Avevo fatto soffrire
fin troppe persone, in particolare i Cullen. Se mi
fossi tolta la vita avrei causato ancora più
sofferenza. Anche Jacob avrebbe sofferto se fosse ancora…
“No” affermai convinta. Vidi Edward
trasalire; non era la risposta che si aspettava.
“Perché no?” mi chiese leggermente teso, comportamento che
mi insospettii.
“Perché persone come mamma, mia
sorella, voi, soffrireste”
“Come può importartene qualcosa degli altri, se la tua
unica ragione di vita non c’è più?!” Strabuzzai gli
occhi. Edward si stava comportando in modo fin troppo
strano. Era agitato, ma per che cosa? Perché non aveva
accettato la mia risposta? Dalla sua ultima frase sembrava che si stesse
riferendo più a sé stesso che a me. Avevo forse messo
in contraddizione la base di una delle sue più grandi convinzioni?
“Se Bella morisse, tu la
seguiresti?” gli posi la sua stessa domanda.
“Sì” mi rispose prima ancora che avessi terminato. Lo
guardai negli occhi.
“Perché in fondo è quello che
vuole lui”
“E tu riusciresti a farlo per
tutta la vita?”
“Credo di no, ma voglio tentare”
“E per tutta l’eternità?” La sua domanda mi incuriosì e capii; non si stava riferendo alla mia
situazione, ma alla sua. Stava confondendo la mia situazione con la sua?
“No” risposi convita “Edward, non confonderti” gli dissi. Lui sospirò, più
tranquillo, ma nemmeno meno agitato.
“No, non mi confondo, volevo solo chiarirmi le idee. Anche perché… ” Un attimo di silenzio, poi dalle sue labbra
si estese un sorriso malinconico.
“Io non sarei in grado di sopravvivere nemmeno un giorno,
mentre tu vuoi provarci. Sei molto più forte di me.” Abbassò
la testa ma quel sorriso non scomparì.
“Sai, mi sono appena reso conto che tu lo ami molto più di
quanto io ami Bella.” Disse queste parole con
malinconia, che rispecchiava il sorriso. Non la considerai con una
consolazione, ma come una constatazione. Sembrava che Edward
si stesse quasi congratulando con me. Alzò finalmente la testa e mi sorrise. In
quel sorriso però intuii anche qualcos’altro, che un po’ stonava: invidia.
“Sei geloso della tua stessa affermazione?” gli chiesi
confusa.
“No, della tua forza” affermò lui. Anche
a me scappò un sorriso, seppur triste.
“Ti ringrazio” sussurrai. Benché lui non rispose capii che aveva sentito e lui non fece scomparire
quel sorriso.
La discussione con Edward non
cambiò niente in me, ma tuttavia mi fece comunque
piacere la presenza di qualcuno che mi stava appoggiando, qualcuno che sapeva,
e che poteva immaginare quello che provavo. La consolazione che poteva darmi,
seppur inefficacie era sincera.
“Credi che mi perdonerete?” sussurrai. Nonostante
me lo meritassi appieno, in momento desideravo che la controversia dei Cullen nei miei confronti scomparisse il più possibile.
“Devi subire una bella lavata di capo prima di poterlo
solamente sperare” disse tornando serio.
“Quindi nemmeno tu mi hai perdonata.”
“No” rispose secco. Bene.
In tutto questo però c’era una nota positiva.
Apparentemente positiva. Marte era morto ed insieme a lui tutti i suoi vampiri; i corpi in mezzo a quel lago di
sangue erano loro, non c’era nessun’altra spiegazione.
Tutte quelle preoccupazioni che avevo dovuto sopportare, come
mentire a mia madre, scappare e mettere in pericolo vite, erano finalmente
svanite. Sembravano però sciocchezze rispetto
alle conseguenze che dovevo affrontare d’ora in avanti.
“Credo che adesso la smetterai di farci esasperare tutti”
costatò Edward. Io annuii la testa.
“Sì, è finita finalmente” risposi monotona. Mi era di
magra consolazione questo fatto. Lui mi guardò accigliato.
“Di cosa stai parlando?”
“È finita; sono morti tutti i vampiri di Marte, lui
compreso. Non dovete più rischiare per me” mi spiegai.
Lui divenne confuso.
“Tutti tranne lui” fece serio Edward.
Continuai a guardarlo interrogativa.
“Marte non è morto.”
Prima di passare al commento di questo capitol(in)o
mi piacerebbe sottolineare il fatto che con questo ho
raggiunto il mio record di ritardo; ben sedici giorni! Non mi sorprendo
se qualcuno credeva che fossi morta (anche se dopo
questo capitolo penso che in seguito riceverò molte minacce di morte…)! Perché
ho tardato così tanto? Bhe… bhe…bhe… diciamo le vacanze, il
fatto che ultimamente internet mi fa capricci (ma in
realtà sono tutte scuse!)! Comunque per cercare di
farmi perdonare ho un notizia che vi potrebbe forse (?) piacere, bhe, o forse farvi sbattere la testa contro il muro,
dipende! Questo non è il penultimo capitolo! Che grande
sorpresa, ne? Mentre scrivevo l’ultimo capitolo ho notato che sarebbe diventato
troppo lungo, così lo tagliato in due. Ed ora passiamo al commento di questo capitolo!
……………………………………………………………..bhe,
diciamo che si commenta da solo, ça va? Bhe, comunque, prima di decidere
di lasciar perdere questa ff (sperando che non
l’abbiate già fatto una decina di righe fa), vi chiedo umilmente di aspettare
almeno il prossimo capitolo (se ci riuscite anche per quello dopo ancora,
quando finalmente finirà…). Con la speranza… desiderio… sogno… completa
illusione che vi sia piaciuto questo terzultimo
capitolo, vi saluto! Grazie tantissime ancora ed ancora ed ancora a tutti i
lettori che continuano a seguire il mio racconto! State rendendo una persona
felice! Bacio!
xmylifeabeautifullie:
indifferentemente dai prego che tu mi dirai io continuerò a dirti sempre
grazie!^^ Comunque sì, in parte ci hai proprio azzeccato, altra porta
disgrazie-catastrofi. Sta diventando un dato di fatto, soprattutto dopo questo
capitolo (che spero ti sia piaciuto… blablabla e
formalità varie) grazie ancora per il commento!
xBloodyKamelot:
mmmhhh….mhmmmm…mhmmmm… ci devo un attimo pensare… mi spiace, ma credo
proprio di no… Anche se a dire il vero le conseguenze di questa mia scelta mi
fanno un po’ paura, visto che sono strettamente legate a quello che tu potrai
farmi se non lo facessi… murblemurblemurble… ora ci
rifletto prendendo in considerazione la mia incolumità, ok?
Ma seriamente parlando non credo che questo sia
possibile… ancora grazie per aver commentato!
xIOesty:
mmhh… la tua domanda mi ha dato una ‘botta di ispirazione’ (trad in italiano:
mi ha fatto riflettere molto intensamente). In teoria la risposta sarebbe no,
visto che il paragone con Romeo lo fa Natasha solo
perché assomiglia all’idea di Romeo che si è fatta; JJ non era il vero Romeo.
Ma… se partiamo dal presupposto che Romeo e Giulietta fossero
realmente esistiti (ed è questo il bello di scrivere!) lo sai che non sarebbe
per niente una brutta cosa? JJ era realmente Romeo… ‘Un
giovane (di nome Romeo) che scopre di essere innamorato della fanciulla (di
nome Giulietta) che per lui è la più bella di tutte, ma che, per varie
vicissitudini dettate dal Fato, credendolo morto, si uccide. Disperato per aver
perso il suo amore, tenta di uccidersi, ma il morso di un vampiro gli impedisce
di compiere il suo intento. Disgustato dal suo stesso essere fugge dalla sua città, dalla sua vita, decidendo di andare nel Nuovo
Continente, cambia nome e comincia a vivere come un mostro, uccidendo persone
innocenti, spinto dal suo stesso dolore! Finché, giunto in Alaska, incontra una
famiglia di vampiri, esattamente come lui, ma più civili e padroni di se
stessi, che riusciranno a cambiargli la vita ed a permettergli in parte di
riscattarsi per quello che ha fatto.’…. WHAU!! CHE
GRANDE IDEA!... in dieci righe un riassunto di un
possibile passato di JJ! Mi piace assai! E tutto
questo grazie alla tua domanda! Ti ringrazio infinitamente per avermela fatta! Se
non JJ non fosse morto avrei seriamente preso in considerazione questa idea ed avrei potuto in qualche strano modo contorto
introdurre anche il suo passato. UFFA! Avrei potuto davvero rispondere di sì
alla tua domanda… Grazie ancora tantissimo per il tuo commento e per le tue
domande (che ho scoperto mi piacciono assai) spero che me ne farei
altre!
x pazzerella_92: bhe…ecco…hai detto di essere in lutto… con questo credo
facciano due… o forse ti darai all’omicidio… non si sa mai… tutto dipende
dall’affetto che si vuole dare a Jacob... Sono
sinceramente preoccupata per la mia salute… Comunque e seriamente, in un certo
e strano senso perverso, sono contenta che lo scorso capitolo lo hai trovato
tanto emozionante da arrivare a piangere. Sono lusingata. In pratica ti sto dicendo che sono contenta che tu abbia pianto e se fossi in
te mi arrabbierei anche un pochino per questo. Che sadica che
sono (e di conseguenza anche masochista, visto che me le vado a cercare…!).
grazie ancora per aver commentato lo scorso capitolo e
per aver letto questo. E nella speranza che tu lo
faccia anche per i seguenti ti saluto tantissimo! BACIO! Ps:
non ti preoccupare! Solo i sani di mente parlano da soli XD! Guarda me, per
esempio! Io lo faccio (e si vede!)!
xAngelOfLove:
caro Grillo Parlante… ho avuto la conferma che leggere la mia ff ti fa male! Perché, oltre ad averci
azzeccato un’altra volta (e per questo credo ancora fermamente che tu sia EdwardCullen, non mentirmi!),
credo proprio che la tua emotività sia a rischio. “Ogni volta che leggo
un capitolo soffro sempre di più” Giustissimo! E credo
che questo non faccia assolutamente un’eccezione! Soprattutto se prendiamo in
considerazione questa frase “Ed ora...chi mi rimane??Jacob!Devo dire che grazie alla tua ff
ho iniziato ad apprezzarlo di più e mi era anche simpatico”. Per quanto
riguarda le tue supposizioni per i prossimi due capitoli, SONO GIUSTE, TUTTE GIUSTE! Non ho la minima idea di cosa siano (ed ad essere sincera sono curiosa di conoscerle) ma, caro EdwardCullen, ci hai azzeccato
fino adesso, avrai azzeccato anche queste! È sicuro! ehh….
È inutile che continui a dirmi di aggiornare presto, tanto non lo farò mai!!! Credo sia più forte di me…grazie ancora per aver commentato e letto! Cordiali
saluti.
x _chocola_:
Giuro che non ti ho maledetto io! Non sono una serial
killer! Farà parecchio male, caspita… e poi io in maledizione non sono chissaché… comunque anch’io a
goffaggine sono una campionessa! Saltando (no salto in lungo, in alto o con
l’asta, ma facendo un piccolo salto di pochi
centimetri) mi sono slogata l’alluce che mi ha fatto male per un bel po’…
inoltre mi prendo sempre grandi tegate alle gambe non
facendo assolutamente niente… mah…! Davvero stai scrivendo un ff? Sono curiosa... Hai detto che
la scrivi su foglio? Io non ce la faccio, non ci riesco, anche perché poi ci
aggiungo così tante cose (sposta in là, taglia lavvia)
che non riesco neppure a capire quello che ho scritto. E
poi dopo un po’ mi fa male il polso, quindi preferisco sbatacchiare sui tasti. La
pigrizia fatta in persona ^^ Indecisione?! AHAHAH!
Indecisione è il mio secondo nome! Anch’io sono della
bilancia e, vedi un po’ tu, questa ff l’ho
incominciata a marzo! Comunque se posso darti un
consiglio per decidere cosa far fare ad un personaggio fai una scaletta. Io la
faccio sempre e mi aiuta molto. Poi sviluppo i dialoghi e le descrizioni. Potrebbe aiutarti, non si sa mai… Cosa? hai
detto che sono sadica? Grazie per il complimento^^. Sai, credo che morti, lacrime e tristezza facciano di un racconto un bel
racconto. Non sto dicendo che un racconto per essere
bello devo essere triste, per carità, ma credo che una bella dose di morti e
tristezza non faccia male. Concludo finalmente
ringraziandoti ancora per il commento!
Rimasi per un attimo allibita a
bocca aperta. Marte non era morto? Questo… questo voleva dire
che non era servito a niente. Tutto quello che i Cullen
ed i licantropi avevano fatto non era servito a niente! La
morte dei Premyslidi, Jared,
JJ e… Jacob, il mostro che si nascondeva dentro di
me. La morte di Jack; ero ancora stupita. Non avrei mai immaginato che non
fosse realmente un seguace di Marte. Ed anche lui era
morto per me. Niente, era stato tutto inutile. La mia maledettissima fuga. Strinsi
i pugni attorno alle lenzuola. La rabbia stava crescendo; un animale non meno
pericoloso dell’odio. Era stato tutto inutile…
Nella mia testa cominciavano a susseguirsi gli stessi
pensieri. Quella collera stava crescendo e diventando insopportabile.
“Natasha” Edward
attirò la mia attenzione. Lo guardai negli occhi. I Cullen
non sarebbero mai riusciti ad ucciderlo. Ed i licantropi… bhe…
non credevo ne avrebbero avuto le forze dopo la morte
di due dei loro compagni. Ma non era solamente quello.
Continuai a guardare gli occhi di Edward;
cosa avrebbe fatto Bella se non gli avesse più visti? Erano già morte troppe
persone; non volevo che succedesse ancora, ed ancora ed ancora. Stavo
scoppiando dalla rabbia; ora ne avevo davvero
abbastanza. Doveva finire.
Tutto questo voleva dire un’unica cosa. Continuando a
mantenere lo sguardo fisso nei suoi occhi mi allontanai da lui, gattonando
all’indietro sul letto. Quando giunsi dall’altra parte del
letto e mi alzai in piedi. Edward mi guardava
con sguardo preoccupato ed ansioso.
“Mi dispiace” sussurrai. Forse lui riuscì a capire cosa
stavo facendo, perché spalancò gli occhi e tentò di bloccarmi. Io però fui più
veloce e riuscii a teletrasportarmi in tempo.
Mi trovavo alla stessa fermata dell’autobus dove mi aveva
fatta scendere Marte. Ero il più vicina potessi essere
a lui, anche se non credevo che quella specie di sotterraneo dove mi aveva
portata fosse ancora utilizzabile. Avrei potuto nuovamente incontrarlo; anche
se ora era solo era molto potente. Ma era esattamente quello
che volevo fare; incontrarlo. La mia rabbia non era cresciuta
al punto tale da perdere la ragione, anzi, mi dava coraggio. Stavo
agendo consapevolmente. Non volevo che altre persone soffiassero la morte di altre persone. E l’unica che
poteva fare qualcosa ero io. Né i Cullen,
né i licantropi. Stavo compiendo di nuovo una grande sciocchezza? Forse, ma era
l’ultima che facevo. Volevo incontrare Marte per ucciderlo. Quella rabbia mi
aveva dato anche una grande forza di volontà; si
poteva dire che era una sorte di ‘rabbia benefica’.
Non ero in grado di gestire i miei poteri, ma ce li avevo e si sarebbero
mostrati in questa situazione, ne ero sicura. Dovevo
crederci. Era molto probabile che avrei fatto peggio, che fosse stato Marte a
vincere. Ma dovevo tentare. In un certo senso andava
contro alla risposta che avevo dato ad Edward; era
come andare contro alla morte. Ma non la vedevo così;
perché mi sarei impegnata per sopravvivere. Ora come non mai
sapevo quello che stavo facendo e come sarebbe finita. Ero davvero
sicura. Se Marte non sarebbe vissuto molte più persone
non avrebbero più sofferto se fossi morta io. Ora non era un problema
ucciderlo; per lui ero disposta a fare una piccola eccezione. Inoltre non lo avrei fatto nello stesso modo che avevo
riservato ai suoi vampiri; questa volta ero lucida e non mi sarei fatta
prendere da quell’odio. Al suo posto c’era quella
strana rabbia positiva. Mi dava forza, coraggio e forza di volontà. Mi sentivo pronta. L’unico dispiacere che
potevo avere era verso i Cullen. Se mi fosse successo
qualcosa non me lo avrebbero mai perdonato. Si
sarebbero davvero arrabbiato. No, anzi, si erano già
arrabbiato, per la mia seconda fuga. In quel momento pensai che fosse
male a quello che sarebbe potuto succedere. Davvero questa rabbia poteva
cambiare i miei pensieri fino a questo punto? Un altro dispiacere era per mamma
e Kathy. Non avrebbero resistito ad un'altra perdita.
Feci un respiro profondo. Lo stavo facendo anche per loro. E
poi sarei tornata da loro; non avevo dubbi.
Non ero sicura che Marte fosse ancora qui, ma non avevo la
minima idea di dove poterlo trovare. La zona era deserta, come sempre, ad
eccezione di quell’unica corriera che passava una
volta al giorno. Sarei davvero riuscita a trovarlo
qua?
“Ma che bella sorpresa” La risposta
era sì. Sentii la sua voce provenire dietro di me. La
rabbia cresceva. Mi strinsi i pugni.
“Tu stai bene?” chiesi con una punta di sarcasmo. Dopo quello che era successo non credevo di sì.
“Ma che carina… ti preoccupi per la
mia salute” rispose anche lui sarcastico. Ancora quella voce idilliaca. Ma mi ci ero abituata, per sua sfortuna. Non mi incantava
più come le prime volte; mi dava solo ribrezzo.
“Toglimi una curiosità… perché sei qui?” continuò,
io mi voltai verso di lui. Era molto più vicino di quanto pensassi. Lo guardai, stava
sorridendo. Ogni lineamento del suo viso mi disgustava.
“Per ucciderti” dissi calma. Lui alzò le
sopracciglia sorpreso e quasi incredulo.
“Ma davvero?” Quel sorrisino si
ampliò. Voleva diventare una risata di scherno, ma io lo fermai.
“Credi davvero che non ne sia capace?” gli chiesi acida,
facendogli ricordare che fine avevano fatto i suoi
vampiri. Questa rabbia mi stava facendo comportare come una persona totalmente
diversa; più decisa e sprezzante. Adatta all’occasione. Quel sorrisino scomparì
all’istante ed i suoi occhi si fecero più scuri.
“Credi davvero che adesso ti servirà qualcosa?” La sua voce
si era fatta decisa e rude. Io ricambiai il suo sguardo accusatore.
“Non è necessario con te” gli risposi sprezzante. I suoi
occhi diventarono rossi.
“Sei da sola e non li sai gestire; non farti troppe
illusioni, piccola”
“Questo lo dico io” continuai convinta. “E
non mi chiamare piccolo” dissi perforandolo con lo sguardo.
“Mi sono davvero stufato di te.” Non arretrai alla sua
intimidazione. Ero troppa decisa ad agire. Con un movimento rapido alzò il
braccio verso di me, ma prima che riuscisse a toccarmi io mi teletrasportai a
svariati metri di distanza. Lui non fu troppo sorpreso di vedermi lontana.
Aveva ancora la mano alzata e non si era mosso. Da quella stessa mano si levava
del fumo sottile, come se stesse bruciando. Mi rivolse uno sguardo di scherno.
“Sei stata davvero una stupida a venire qua credendo di fare
qualcosa. Dopo che avrò ucciso te ucciderò anche tutte
le persone a te care, che ne dici?” Aguzzai gli occhi e strinsi i pugni. No,
non sarebbe successo. Perché io non sarei morta.
Lui scomparì muovendosi veloce. Purtroppo fu troppo veloce e
non riuscii a schivarlo in tempo. Comparì subito dietro di me e mi legò il
collo e le braccia in una mossa strangolatrice con entrambe le mani. Il calore
emanato da quelle mi bruciò la pelle e mi fu impossibile non gridare.
“Ora credi di avere sbagliato?” Lui aumentò la pressione ed
il dolore aumentò facendomi urlare ancora di più. Era
insopportabile ed ad essere sincera per un momento mi
pentii di essere lì. La forza di volontà però era rimasta ed il mio obbiettivo
non era cambiato. Questa volta ero davvero sola; volevo che fossi sola. Il dolore era allucinante e non mi permetteva nemmeno
di pensare lucidamente. Anche se ero sola, se non
facevo qualcosa sarebbe davvero stata la fine.
“Toglimi la curiosità” Marte, intanto, tranquillo alle mie
spalle, si stava prendendo gioco di me “Sei rimasta tanto
male per la morte del tuo fidanzato?” Questo non doveva dirlo. Ripresi subito
lucidità e smisi persino di gridare. Ormai la rabbia superava il dolore. Ora
che ero lucida dovevo pensare a qualcosa; ucciderlo
non sarebbe stato facile se i miei poteri non sarebbero venuti in mio soccorso.
Questa era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Goccia. Acqua.
Mi venne all’improvviso l’idea. Ricordai; a Marte l’acqua faceva qualcosa. E da
come ne aveva parlato sembrava che… probabilmente
fosse il suo punto debole. Ma dove avrei trovato tanta
acqua da poter… la diga. Dovevo portarlo lì, ma
teletrasportarmi in queste condizioni mi era quasi impossibile. Dovevo però riuscirci, dovevo. Cercai di concentrarmi, ma il
dolore mi invase e non ci riuscii. No, non ce l’avrei mai fatta. All’improvviso era aumentato ed un
odore di carne bruciata mi invase le narici. Stavo
andando a fuoco. No, dovevo teletrasportarmi, se così non fosse
il dolore sarebbe aumentato ancora di più e mi sarebbe stato impossibile
teletrasportarmi. Ricominciai a gridare più che potevo
e le lacrime scesero spedite lungo gli occhi per il dolore, nonostante servisse
poco per concentrarmi. Provai e riprovai, ma non ce la facevo. Il dolore era
troppo. Davanti a me le immagini cominciarono a scurirsi. Stavo per svenire o…
peggio. Le gambe non mi ressero più, ma non caddi per terra, perché c’erano
ancora le braccia di Marte che mi stritolavano. Il calore stava diminuendo.
“Ora sei convinta che non è stata una bella mossa da parte
tua?” Sentii a malapena la sua voce. L’unica cosa che mi permetteva di non
svenire era il dolore che allucinante mi premeva il collo e le spalle. Ora che
aveva abbassato un attimo la guardia dovevo agire. In
quei pochi attimi in cui il dolore fu meno forte riuscii a concentrarmi a
sufficienza per teletrasportarmi. Chiusi gli occhi e finalmente mi
teletrasportai insieme a Marte.
Eravamo presso la diga fuori Forks.
Dietro di noi, a soli pochi centimetri, si stagliava imponente lo spesso muro
di cinta in cemento che separava noi da una montagna immensa d’acqua. Per la sorpresa Marte mollò totalmente la presa. Ora dovevo fare
del mio meglio; dovevo impegnarmi ad usare i miei
poteri. Mi girai di scatto presi Marte per le spalle e
lo sbattei contro la parete in cemento. Esattamente con la stessa forza con cui
avevo sradicato un albero tanto tempo fa ora
costringevo Marte a rimanere in contatto con quel muro. Lui con la mia stessa
velocità prese anche le mie di spalle e fu come se prendessero fuoco. Tornai a
gridare, nonostante cercassi di trattenermi. Marte stava cercando di farmi
arretrare e ci stava riuscendo; indietreggiai subito di tre passi.
“Hai scoperto il mio segreto. Complimenti. Fai sul serio allora” ringhiò lui agitato e frustato. Allora
era effettivamente così; senza saperlo mi aveva dato la conferma di tutto. Alzai
la testa per vedere i suoi occhi; erano più rossi del normale. Le sue mani
cominciarono a bruciare ancora. Arretrai ancora di due passi. Non riuscivo a
resistere alla sua spinta se dovevo resistere al
dolore. In più non avrei potuto fare quello che avevo in mente. Stavo
aspettando solo che venisse, che ritornasse. Quella strana
voce che tempo fa urlava ‘Acqua’
nella mia testa. Perché non veniva? Avevo
ideato un piano, ma non sarebbe funzionato se non
l’avessi sentita. Guardai di nuovo il viso di Marte. Era rimasto impassibile
davanti al mio dolore.
“Ora basta giocare” In un battito di ciglia mi lasciò da
quella presa strangolatrice. Potei solo per un secondo respirare. Mi afferrò la
testa e la spalla sinistra. Le sue mani avevano smesso di scottare, ma sembrava
avesse in mente qualcosa di peggio. I suoi occhi erano diventati
color del sangue ed i canini appuntiti erano messi in bella vista. Solo ora riuscii a sentire brividi di paura percorrermi
lungo la schiena. Le sue zanne si facevano pericolosamente vicine al mio collo.
Tentai di muovermi, ma la sua stretta era troppo ferrea. Era questa forse
veramente la fine? No, lo sentivo ancora, non era finita.
“Natasha!”
Sbarrai gli occhi all’udire quella voce, che si stava
pian paino trasformando in un eco. Non era la voce che proveniva dall’esterno,
di una persona reale. Era la voce di una persona che era morta, che rimbombava
nella mia testa e solo io potevo sentirla. Non era quella di Bella, come era successo tempo fa. Era quella di Jacob. Avevo sentito la voce di Jacob
pronunciare il mio nome nella mia testa. Avevo tanta
paura che fosse stata solo un’impressione, che fosse
stato solo un gioco della mia testa. Nonostante tutto riuscì
a ricordarmi il perché ero lì. Ero lì per Jacob,
per JJ, per Jared, Boris, Stacey,
Irina, Vincent, Tanya e
anche per Jack. Ero lì affinché altre persone non
facessero la loro fine. Ero lì perché al momento ero l’unica in grado di fare
quello che stavo facendo. Avevo dei poteri, sapevo
quali fossero. Questa volta sarei riuscita a
controllarli. Decisione e forza di volontà ritornarono
grazie a quella meravigliosa voce che, vera o no, mi permise di reagire. In uno
scatto veloce afferrai di nuovo le sue spalle ed in pochi e veloci passi riuscii a sbatterlo di nuovo contro il cemento. Questa volta
il contato provocò una profonda cavità da cui si creò una profonda crepa.
Sorrisi per pochi secondi; stavo raggiungendo il mio obiettivo: rompere quel
muro. Proprio in quel momento arrivò, finalmente. Simile ad una boccata
d’ossigeno per un subacqueo. Acqua, Acqua, Acqua, Acqua, Acqua, Acqua, Acqua. Era peggio di
un martello che perforava la mia testa, ma in quel momento era un rumore
assordante più che apprezzato. Anche Marte riprese le
mie spalle ed il mio corpo tornò a bruciare. Il dolore c’era, ma la voce non
era scomparsa. Era come se non dipendesse da me. La crepa si allungò in alto di
parecchi metri provocando un rumore scricchiolante che attirò l’attenzione di
Marte. Capì quello che stavo facendo. Con sguardo ansioso cercò di liberarsi
dalla mia morsa, ma non ci riuscì; questa volta era la mia stretta ad essere
più salda. La crepa continuò ad allungarsi.
“Se questo muro si spacca morirai
anche tu” ringhiò Marte esasperato. Non risposi, ma continuai a guardarlo. Mi
faceva un po’ pena; il suo istinto di sopravvivenza lo spingeva a mettersi in
ridicolo. La sua ipocrisia mi faceva ribrezzo; non gliene importava niente se
sarei morta o no. Era troppo tardi per tornare
indietro, dovevo andare avanti, costi quel che costi. Per
un attimo ripensai alle sue parole; non sarei riuscita a trasportarmi in tempo
da quella montagna d’acqua. O salvavo me e lasciavo
Marte, o mi facevo investire assieme a lui. Quella strana convinzione però
persisteva; io non sarei morta.
Tutto accede in pochi secondi: la
voce nella mia testa che martellava sempre più forte, la presa di Marte che
diventava sempre più stretta e sempre più calda mi fecero gridare e piangere,
ma nonostante questo continuavo a tenerlo immobile. Il suo viso era ansioso ed
agitato; sapeva che presto sarebbe giunta la sua ora. Al contrario del mio,
contratto dal dolore, ma non dalla paura. La morte era l’ultima delle mie
preoccupazioni. Anzi, era una preoccupazione cui tenevo
conto. Erano stati i secondi più sofferenti e pieni di supplizio che avessi mai vissuto. Era come se il tempo si fosse fermato e
quei secondi andavano avanti lenti ed inesorabili come ore,
come se lo facessero apposta. Dentro di me però continuava ad ardere quella
strana rabbia benefica che fin dall’inizio mi aveva spinto in quella pazzia. E poi eccolo, quel supplizio finì. Fu un innocuo rumore di
cemento a confermare la fine; la crepa era giunta all’estremità più alta della
parete. Ci fu solo il tempo di un battito di palpebre per vedere la montagna
d’acqua sovrastare quella parete e fuoriuscire energica dalla crepa che si era
creata. Quella strana rabbia d’un tratto sparì; ora
vedevo la realtà com’era. E divenni ansiosa, perché
per la prima volta ero veramente cosciente che sarei morta; non sarei riuscita
a competere con quella montagna.Visto da là sotto quello era un orribile spettacolo, ma per me quella vista fu
un sollievo, una liberazione. Significava tante cose quella montagna d’acqua
che presto avrebbe distrutto sia me che Marte. Non
avevo paura della morte, non mi importava di morire.
L’unico rimpianto era che avrei fatto soffrire moltissime persone. Ma solo ora avevo compreso che se io non fossi esistita, non
avrei fatto questo. Solo ora capivo che le persone che
stavo salvando erano molte di più di quelle che avrei fatto soffrire.
“NO!” Marte emise un ultimo grido, furibondo ed esasperato. L’ultimo.
L’acqua finalmente lo circondò e lo risucchiò tra i suoi vortici, facendolo
scomparire tra le sue onde. In pochi momenti sarebbe
toccato anche a me e non avrei avuto la possibilità di fuggire. Ero spacciata,
ma non avevo paura. Alzai la testa un’ultima volta per ammirare quella valanga
d’acqua sommergermi. Fu allora che li vidi per la prima volta. Credevo che
fosse una mia immaginazione; era molto probabile che fosse così, date le
circostanze. Ebbi la strana sensazione di vedere Carlisle,
oltre quella montagna d’acqua. E per la prima volta
vidi gli occhi di un vampiro che provava paura; ma me ne resi conto solo più
tardi. Quelli che vidi erano gli occhi di un angelo. Era stato come un lampo,
credevo che fosse stata un miraggio, come una specie
di strano rimprovero che la mia mente mi lanciava per quello che la mia morte
avrebbe lasciato a Forks. Continuava ad essere il mio
unico rammarico che inesorabile mi stava perseguitando. La massa d’acqua mi
raggiunse. Fu una sensazione orribile; fui letteralmente schiacciata e la
facoltà di respirare mancò subito. La pressione improvvisamente aumentò. Ben
presto non riuscii a vedere più niente; ero immersa nel buio. Continuavo a vorticare, spazzata dall’acqua, trascinata, finché,
molto lentamente non sentii più niente. Lo sapevo, questa
volta ero veramente morta.
Era totalmente diverso da come me l’ero
immaginata. Quando credevo di esserlo, quando Marte era riuscito a catturarmi,
non sentivo assolutamente nulla, né emozioni, né percezioni di
alcun genere. Adesso sentivo qualcosa; era diverso da quella volta,
adesso ero certa di essere morta. Non era per niente una brutta sensazione; la
gente la dipingeva come qualcosa di orribile, quasi
repellente. Ma si sbagliavano; come potevano sapere
cosa la morte poteva far provare? Questa concezione della morte è del tutto egoistica; la morte si ricollega al dolore non di
coloro che muoiono, ma di coloro per cui queste persone significavano qualcosa.
La morte implica la perdita di persone cui si teneva e l’uomo pur di non
soffrire è disposto anche a non accettarla. Avevo imparato che il vero
significato della frase ‘non voglio che tu muoia’ è diverso da come l’avevo sempre inteso; è sempre
collegato al dolore, ma si tratta di una sofferenza diversa; la sofferenza di
coloro che vengono lasciati. Questa è una certezza che si comprende appieno solamente quando si muore. La morte non è dolore, ma questo
solamente coloro che la affrontano potevano capirlo.
Non bisognava soffrire per i morti; non bisognava
essere così egoisti da pensare ‘vorrei che non fosse morto’
e negare a qualcuno una così bella sensazione come la morte. Bisognava invece
dire ‘sono contento che tu sia morto, che tu possa
provare una così bella sensazione’. Ma le persone non potevano saperlo. Non vi era alcuna
percezione, i ricordi svanivano, i pensieri svanivano;
si diventava il niente. Ma si provava qualcosa, una
sensazione assolutamente indescrivibile. Non si poteva usare altre sensazioni
come paragoni. Ciò che di più bello c’era nella morte
e che non si era soli; mi sentivo circondata da altre persone, ma non era il
termine giusto, perché non erano più ‘persone’. Erano lì, ma non sapevo che
erano lì. Era un concetto difficile da spiegare. Veniva tutto automatico, ma
non bisogna prendere in considerazione le parole; hanno una natura umana ed in
tutto questo non era presente niente di umano. Le sentivo, le percepivo… si poteva andare avanti per ore con
sinonimi del tutto simili, ma mai corretti per provare a descrivere. Anche se
qualcuno sarebbe riuscito a tornare indietro, non
sarebbe comunque riuscito a raccontare questa esperienza alle altre persone.
I ricordi erano svaniti, anche quelle delle persone a me
care; ed era bellissimo…
Natasha.
Conoscevo questa voce.Natasha. Anchequest’altra. Natasha. Come anche quest’altra
ancora. Persone che avevano portato via i pezzi del mio cuore.
Se le persone cui appartenevano queste voci mi
avrebbero tornato i pezzi del mio cuore con le quali avevo scambiato, ero certa
che avrebbe riottenuto la sua forma, se lo avessi ancora avuto. La prima non la
sentivo da tanto, troppo tempo e, se non fossi morta, avrei provato una grande fitta di nostalgia. Era quella di mio padre. A causa
della seconda sarei rimasta commossa e tormentata. Era di
JJ. E a causa della terza il mio cuore avrebbe sofferto
per l’ennesima volta. Era diJacob.
Avrei provato tutte queste sensazioni, se avessi avuto un cuore. Mi stavano
chiamando, ma come potevo sentirle? Cosa dovevo fare? Cosa volevano che facessi? Era questo che mi sarei
continuamente domandata se avessi avuto una mente. Natasha. Natasha. Natasha.
Continuavano a chiamarmi, ma continuavano ad essermi
indifferenti. Ma al momento ancora non le riconoscevo;
solamente dopo avrei capito a chi appartenevano. Natasha. Fu come un unico grido, che mi cambiò.
Cominciai a provare qualcosa di diverso. Qualcosa scorreva
su di me; era molto simile alle onde che si infrangevano
sulla battigia. Solo che la battigia ero io; le onde si infrangevano
su di me. Era una sensazione che avevo già provato, terribilmente umana.
Aprii gli occhi. No, non era possibile, non potevo aprirli, non ce li avevo. Eppure
lo feci; di fronte a me la battigia bagnata dall’acqua ed un cielo plumbeo che
minacciava un temporale. Sentivo anche un profumo strano e… conosciuto; acqua
salmastra. Respiravo, vedevo, sentivo; tutto umano. Ero… viva? Fu allora che
compresi di chi erano le voci appena sentite, fu allora che cercai di dare un nome a ciò che provai, ma che non ci riuscii. Inoltre riuscivo a ricordare, a pensare, ad essere
cosciente. Cosciente del fatto che non ero morta. Come
potevo non esserlo? Quella strana convinzione, che mi permetteva di andare
avanti, di non preoccuparmi, che mi diceva che non
sarei morta… allora era vera.
“Ehi tu!” Ecco un’altra voce, per niente
conosciuta e tutt’altro che simile alle tre
precedenti. Ed era vicina. Girai molto
lentamente il capo. Vidi degli scarponi molto vicini alla mia faccia. Alzai un
altro poco il viso. Con chiarezza mi appariva il volto di un uomo parecchio
anziano, senza barba, ma con capelli bianchi. Aveva un volto particolarmente
arcigno ed era furioso. Mi attestò un calcio abbastanza forte alle costole e mi
mancò il respiro. Quel vecchio ce l’aveva con me.
“Ho detto di andartene! Alzati e vattene via prima che chiami la polizia” Io, ancora particolarmente confusa mi
alzai traballante, ma ci riuscii.
“Muoviti!” continuò alzando persino una mano per
minacciarmi. Io mi scostai il più veloce da lui. Nonostante
non fosse particolarmente robusto, aveva una strana aria malefica, che in quel
momento mi disorientò ancora di più. Mi misi a camminare a passo spedito sulla
battigia il più lontano possibile da lui, mentre quest’ultimo
se ne andava borbottando parole come ‘ragazzi alcolizzati’ e ‘ubriacarsi in spiaggia fino a mattina’. Quando fu abbastanza
lontano mi fermai. Mi sentivo confusa e persa. Vidi una panchina vicino alla
sabbia, sulla stradina di asfalto parallela alla
spiaggia, e mi andai a sedere. Guardai il sole dalla parte opposta del mare;
era ancora nascosto dalla foresta che precedeva il mare. Doveva essere molto
presto. I pochi passanti che passavano sulla spiaggia, i temerari mattutini che
facevano jogging, mi guardavano curiosi, quasi disgustati da me, ma non ci
badai. Mi girava leggermente la testa e questa sensazione minacciava di
aumentare sempre più se non mi sarei calmata. Non ero affatto
morta, come pensavo. Mi guardai un’altra volta intorno per averne la certezza.
C’era il mare, la spiaggia e gli alberi, oltre alla strada in asfalto ed a alcuni chioschi chiusi tipicamente balneari. Paesaggio totalmente umano, che mi era tremendamente familiare.
Il nome di un chiosco lì vicino confermò i miei dubbi. Nel nome era compreso il
nome del luogo dove mi trovavo. Era una località
balneare, che si differenziava da La Push perché ci
venivano le persone più ricche. C’ero stata una volta con mamma e Kathy e non era molto lontano da Forks.
A meno che il paradiso, l’inferno, o ciò che aspettava
tutti dopo la morte non si chiamasse RubyOcean Beach, dovevo essere viva e vegeta. E questa era
un’importante certezza su cui appoggiarmi, pressoché sciocca,
ma unica. Altra domanda da porsi; come c’ero finita quaggiù.
Mi ricordavo Marte, la diga, l’acqua che mi avvolgeva e quella terribile
sensazione. Certo, la diga non era molto distante dal
mare; si trovava più o meno a metà strada tra Forks e
RubyOcean Beach. Ecco sopraggiungere un’unica, quanto assurda conclusione; l’acqua
della diga che si era rotta era giunta fino al mare, trasportando me; ecco come
si spiegava la mia presenza sulla battigia. Le distanze che aveva
percorso erano anche ragionevoli, ma il fatto che in mezzo a quell’acqua c’ero io e non ero morta la rendevano eccome
assurda. Rimaneva totalmente un mistero e anche affidare la causa di questo ai
miei poteri mi sembrava comunque ingiustificabile. Era
stato davvero… troppo. Quindi se non ero morta, cosa
mi era successo? Quelle voci, le voci delle persone
che erano morte; cosa volevano dire? Poco d’istante da quella panchina, vicino
alla fermata della corriera c’era un orologio digitale che segnava i giorni e
le ore. I miei occhi si spalancarono; due giorni, erano passati due giorni da quando la diga era crollata. Questo contribuì a rendere
ancora più inspiegabile questo mistero. Se non ero
morta, come gli avevo passati questi due giorni?
Ormai il sole era sorto e l’ambiente si fece
ancora più popolato. Cosa avrei dovuto fare adesso? Un
sorriso amaro si formò sulle mie labbra. Mi sarei dovuta preparare al peggio.
Avrei dovuto affrontare mamma e Kathy; con quel
biglietto pensavo di averle fatte soffrire fin troppo.
Prima la morte di papà, adesso la mia scomparsa. Avevo portato via tanti pezzi
di cuore. Non solo per loro, ma ora anche per i Cullen.
Carlisle non mi avrebbe più rivolto la parola, come Edward, Alice, Esme, Jasper, Emmett e Rosalie. E poi c’erano i licantropi. Ma andava
bene così. Riflettevo su quello che era successo e pensavo che mi fossi
comportata da vera idiota. Ma subito dovetti ricredermi;
gli altri pensavano questo, gli altri me lo avrebbero rinfacciato in seguito. Certo, la prima volta, quando Marte mi aveva presa,
l’isolamento e l’assoluta assenza di appoggio mi avevano portato ad esserlo, ma
la seconda, quella di alcuni giorni fa, ancora non lo consideravo un atto
stupido. Avevo finalmente scritto la parola fine, da sola, senza altre vittime.
Questo non lo pensavo né prima della caduta della
diga, né durante e neppure adesso. Ero lucida ed ero davvero sicura di poter
riuscire nel mio agire. Ne andavo fiera, a rischio di
ritrovarmi sommersa dal dolore che avevo provocato agli altri. Non credevo però
che i Cullen ed i licantropi potessero trovare
qualcosa di giustificabile nel mio gesto; non credevo che avrebbero potuto
capire. No, non me ne sarei pentita; avevo fatto la cosa giusta. In tutto
questo c’era una consolazione; effettivamente era una grande
consolazione, sperata, ma alla fine, non appena ottenuta, aveva poco di
consolante; Marte era morto, ne ero sicura, l’avevo visto con i miei occhi. Tirai
un respiro profondo per inspirare la salmastra aria marina. Mi
potei finalmente dire tranquilla; avrei trascorso una vita finalmente
tranquilla. Bastò averlo pensato per rimangiarmelo all’istante. Non era
vero; non avrei vissuto una vita normale, ma una vita
senza cuore. Le persone di quelle tre voci me lo avevano portato via.
Mi alzai da quella panchina per dirigermi in un luogo
isolato. Avevo intenzione di tornare finalmente a casa. Mi diressi quindi verso
la foresta, per non essere vista. Durante quel piccolo viaggio a piedi ricevetti altre occhiate di ribrezzo da parte dei passanti,
finché, stufa e curiosa del mio aspetto, mi specchiai in una vetrina di
passaggio. Avevano ragione a guardarmi così in malo modo; ero sporca di salsedine
e sabbia. Non c’era da stupirsi se il vecchio di prima mi avesse scambiata per un’alcolizzata. O peggio ancora… Spalancai gli
occhi per un piccolo particolare che colpì la mia
attenzione; il collo. Era di un marroncino, che si distingueva benissimo con il
resto della mia carnagione. Era uno dei punti in cui Marte mi aveva presa; la
mia pelle si era bruciata tanto da rimanere abbrustolita. Scoprii con sorpresa
che anche il palmo delle mie mani aveva lo stesso colore.
“… è ancora in
costruzione la diga crollata due giorni fa…” Una voce soffocata attirò la
mia attenzione. Ero capitata davanti ad un negozio di televisori; davanti a me
un presentatore in giacca e cravatta, apparentemente giovane, con i capelli
elegantemente tirati indietro dal gel stava parlando
proprio del crollo della diga.
“Sono ancora ignote le
cause che hanno provocato la rottura della diga di Forks.” Immagini dell’evento riprese da un elicotterosostituirono quella
del giornalista. Mi venne la pelle d’oca a pensare che io ero
lì dentro.
“Il flusso dell’acqua
nonostante abbia raggiunto il mare non ha provocato
vittime e danneggiato proprietà pubbliche o private. Ed
ora lo sport…” Distolsi lo sguardo finito l’articolo. Il crollo della diga
non aveva provocato altri feriti; era quello che volevo sentire. Ero sicura che
tra la diga ed il mare si estendeva una zona di alcuni
chilometri totalmente disabitata, ma il dubbio di potermi sbagliare fino a quel
momento era stata come una spina in gola.
Continuai a camminare, dirigendomi verso il tratto di
foresta opposta alla spiaggia. Mi fermai presso la strada che mi separava da
quel bosco e quando fui sicura che non stesse passando alcuna
auto la attraversai. Mi sentivo terribilmente frastornata, ma, ne ero sicura, sufficientemente presente per teletrasportarmi.
Mi addentrai appena nel bosco.
“Ciao Natasha” Una voce familiare attirò la mia attenzione.
Alzai lo sguardo. Sbarrai gli occhi e quasi vomitai per la sorpresa. Jacob era davanti a me, in piedi, la sua espressione
neutra.
“Jacob!” A quella visione la prima
cosa che mi fu automatica fu quella di lanciarmi su di lui. Non appena lo
raggiunsi caddi sul suolo terroso. Volevo stringerlo, toccarlo, ma invece avevo stretto solo aria. Scossi la testa; era
stata una visione, una strana visione. Per un attimo
mi era sembrata reale; ancora percepivo la gioia per ciò che avevo visto. MaJacob non c’era più. Bene, ora
avevo cominciato a vedere anche i morti. Avevo strane illusioni su di loro. Il
dispiacere mi fece salire le lacrime agli occhi, ma loro sembrava non voler
uscire. Feci un respiro profondo, per quanto potesse
essere inutile. Devo tornare a casa, devo tornare a
casa, continuavo a ripetermi ad occhi chiusi. Dovevo prepararmi alla reazione
di mia madre, di Kathy e soprattutto dei Cullen. Già, i Cullen. Ero sicura
che la reazione dei Cullen sarebbe stata di gran lunga peggiore di quella di mia madre e di mia
sorella. La causa di questo era proprio il fatto che i
Cullen conoscevano la verità. E
reazione peggiore era uguale a maggiore preoccupazione. Per questo decisi che
prima di andare da mamma dovevo andare da loro. Ne
sarei uscita moralmente distrutta, ma dopotutto me lo meritavo.
Chiusi gli occhi e mi concentrai.
La vecchia, ma pur sempre bella e splendente piccola villa
bianca davanti a me si innalzava imponente. La porta
in mogano aspettava solo di essere aperta. Eccoci
qua; dovevo farlo, forza! Alzai la mano tremante e bussai piano, ma sapevo che
i suoi abitanti avevano sentito. Mi fu spontaneo abbassare immediatamente lo
sguardo; non avevo la forza di guardare l’espressione di colui o colei che mi
avrebbe aperto, chiunque fosse. Erano passati cinque secondi, ma nessuno aveva
ancora aperto. Ormai erano due minuti. Mi crebbe un groppo alla gola che non riuscii a mandar giù. Perché
nessuno mi veniva ad aprire? Cercai di aprire la porta, ma era chiusa. Feci
alcuni passi indietro per vedere se qualche finestre
fosse aperta, ma era tutte chiuse. Fu allora che mi accorsi di un cartello a
pochi metri di distanza dall’abitazione, che non avevo mai visto. Era un
cartello di affitto. La casa era in vendita. Sbarrai
gli occhi; questo voleva dire che… Mi precipitai
davanti ad una finestra. La tenda bianca dell’interno non era stata tirata bene
e si poteva scorgere l’interno. Tutto era coperto da uno spesso velo bianco.
Arretrai atterrita. I Cullen se
n’erano andati. In quel momento avrei voluto tanto subirmi le loro
prediche ed i loro sfoghi, insieme alla loro rabbia, rispetto
a questo. No…no…! Mi mise confusione. Ma… perché così
all’improvviso? Per colpa mia? Per quello che avevo fatto?
“Non è colpa tua” Altra
voce familiare. Mi girai di scatto. JJ, davanti a me, con un sorriso
malinconico mi stava guardando con gli stessi occhi dorati che ricordavo. Prima
ancora che mi fossi avvicinata, lui scomparve. Ancora
una volta le lacrime minacciavano di uscire, ma non lo fecero.
Questa volta JJ aveva torto; era stata in
effetti colpa mia se Marte mi aveva presa. Una lama mi trafisse la
testa. Se Marte non mi avesse preso, Jacob non sarebbe morto. Era quindi colpa mia la morte di Jacob? Una fitta allucinante mi colpì lo stomaco. Se non fosse stato Jacob allora,
sarebbe stato sicuramente qualcun altro in seguito. Provai ad afferrarmi a
questo pensiero; non volevo ammettere che fosse colpa mia, sarebbe stato
troppo. Ma mi sembrava così evidente.
“Non è colpa tua” Di nuovo quella voce dolce come il miele. Non mi girai
questa volta, sapevo che non era reale. Riuscì comunque a riportare la mia attenzione sulla casa
abbandonata. Solamente una lacrima riuscì a cadermi dal viso. I Cullen se n’erano andati. Non
erano morti, questo era chiaro, ma era come se lo fossero. Mi avevano lasciata sola anche loro. Edward, Esme, Rosalie, Alice, Emmett, Jasper e…Carlisle. E Bella? Un attacco di speranza mi raggiunse. Forse lei…?
No, non avrebbe abbandonato Edward; ero sicura che
anche lei se ne fosse andata. Presi un respiro profondo. Non c’era nient’altro
da fare lì. Ora dovevo andare a casa. Feci un altro respiro e chiusi gli occhi.
Mi trovavo nel boschetto che circondava la mia piccola casa
dal tetto rosso. Da lì riuscivo a vedere il marciapiedi.
E quello che c’era sul marciapiedi; la mia piccola
sorellina se ne stava seduta a gambe incrociate. Le vedevo solo la schiena e la
testa era nascosta tra le sue gambe. Il groppo alla gola tornò e questa volta una seconda lacrima scese dal mio viso. Non le avevo
neppure visto il viso e già stavo cedendo; non pensavo
potesse essere così difficile. Feci un respiro profondo, l’ennesimo. Dovevo
essere coraggiosa, anche se il loro dolore mi avrebbe distrutta.
A passo misurato mi diressi verso di lei. Quando mi sedetti
sul marciapiedi vicino a Kathy, lei non aveva ancora
notato la mia presenza. La testa rimaneva sempre avvolta tra le braccia. Da due
minuti non si era mossa, solamente singhiozzi trattenuti
muovevano irregolarmente i suoi due piccoli polmoni.
“Ciao Kathy” sussurrai. La mia
voce era smorzata e per un attimo non credevo mi avesse
sentita. Lentamente alzò il suo visino. Sentii una
terza lacrima sulla mia guancia. I suoi occhietti erano arrossati e le sue guance rosse bagnate. I suoi occhi sembravano
grandissimi ed erano rossi a causa del troppo pianto. L’avevo vista in questo
stato solamente al funerale di papà. Non appena mi vide la sua bocca si storse in una smorfia e le si corrugarono le sopracciglia.
“Sapevo che non ti era successo niente” mi disse
singhiozzando. Al quel punto l’abbracciai, troppo commossa per
vedere il suo viso. Lei si lasciò cadere in un lungo e lamentoso pianto,
mentre io la sorreggevo abbracciandola. Ormai stavo per cedere. Passò poco
tempo che qualcosa mi costrinse a separarmi da mia sorella ed alzarmi in piedi.
Senza nemmeno il tempo di capire quello che stava succedendo sentii
tre ceffoni svelti e forti scalfirmi la stessa guancia. Per il dolore mi uscii
anche una quarta lacrima. Alzai finalmente lo sguardo; LilianMcAnderson mi stava guardando pallida, sfinita e
rabbiosa come non mai. Provai quasi paura a vederla in quello stato. I suoi
occhi però stavano luccicando. Inaspettatamente mi prese il viso tra le mani e mi
baciò ripetutamente la guancia colpita, per poi avvolgermi in un abbraccio
strangolatore. Aveva nascosto la testa nell’incavo della mia spalla e sentivo
che stava piangendo. Non aveva pianto nemmeno alla morte di papà. L’unica cosa
che mi impedì di seguirla nel suo pianto fu lo
strattone che usò per allontanarsi da me. Era tornata severa e rabbiosa, ma gli
occhi lucidi tradivano altre emozioni ben differenti. Era
talmente tanto disperata da alternare reazioni totalmente opposte tra loro.
“Cosa vuol dire questo?” bisbigliò
a denti stretti tenendo in mano la breve lettera che le avevo scritto. Io non
risposi. Sia per i Cullen che per mia madre avevo adottato una ben precisa strategia; non dire niente e
subire. Subire le conseguenze della mia scelta; di cui ancora
non riuscivo a pentirmene. Spiegare sarebbe stato un inutile; non
avrebbero capito il significato del mio gesto. Né i Cullen, né tanto meno mia madre.
“RISPONDI NATASHA!” urlò questa volta
lei. Kathy, che non aveva mai visto mia madre urlare
così forte, abbassò la testa e si mise a piangere ad orecchie tappate. Io
continuai a non rispondere. Anche perché, cosa le avrei potuto
dire? Le avevo mentito fino ad ora. Forse era arrivato
il momento di dirle la verità? No, non era una bella idea; non mi avrebbe mai creduto e l’avrei fatta
arrabbiare ancora di più, accusandomi di prenderla in giro. Rimasi quindi
ancora una volta zitta. Vidi i suoi occhi spalancarsi alla vista della
bruciatura che avevo sul collo. Mi guardò con occhi allibiti.
“Che cos’è questo?” sussurrò questa
volta quasi spaventata. Io abbassai la testa, per nasconderglielo.
“NATASHA MI VUOI DIRE CHE COSA TI È
PRESO?!” urlò nuovamente. Questo fu troppo; non le potevo proprio rispondere.
Alzai la testa con le lacrime agli occhi e scossi la testa. A mia madre
cominciarono a tremare le mani dalla rabbia. Basta, non volevo più vederla
così. Mi slanciai tra le sue braccia e nonostante i suoi tentativi di scostarmi
io le rimasi attaccata. Finalmente piansi.
“Mi dispiace, mamma. Mi dispiace tantissimo. Non lo farò
più! Perdonami ti prego, mamma!” Avevo cominciato a
gridare anch’io scuse, seppur non sarebbero servite a darle le spiegazioni che
voleva. Avevo la voce rotta dalla disperazione del pianto e se una persona
avrebbe assistito a quella scena avrebbe sicuramente pensato
che fossi una pazza ad urlare in quella maniera. La reazione di LilianMcAnderson sarebbe stata,
da donna forte e fiera di sé, respingermi e continuare ad urlarmi. Ma non fu così. Ricambiò il mio abbraccio in uno ancora più
forte. Non disse niente, anche perché le parole non servivano. Scoppiò anche
lei, finalmente. Pianse senza vergogna e senza orgoglio. Pianse
solo per me. Anche Kathy, con la sua indole solidale,
si unì a noi, stringendomi le gambe. Era lì, nel giardino dell’unica
casa a TreasureStreet, che
le tre McAnderson si stavano abbracciando versando
lacrime di gioia, ma anche di dolore e sofferenza per ciò che tutte e tre
avevano provato. Quel tenero, ma al contempo poderoso abbraccio durò parecchi
minuti. Quando ci staccammo vidi il viso di mia madre e quello di mia sorella,
bagnato ancora dalle lacrime, ma con un grande sorriso
sulle labbra.
“Non mi dirai mai il motivo per cui
l’hai fatto” mi disse mia madre guardandomi con un’aria perennemente
malinconica negli occhi, ma stranamente anche sollevata. Non era più arrabbiata,
quasi rassegnata da me e dal mio carattere. Io scossi la testa amareggiata,
mantenendo però lo sguardo.
“Non lo farò mai più” ridissi “È tutto a
posto” continuai per rassicurarla. Mia madre mi guardò per altri
istanti, poi sorrise, e sembrò credere alle mie parole. Non volevo
assolutamente mentirle, ma nemmeno dirle la verità. Promisi
a me stessa che quella della mia fuga sarebbe stata l’ultima grossa bugia che
le avrei detto. E così sarebbe stato, visto che ormai
si era concluso tutto. Ancora strette in un abbraccio
finalmente ci dirigemmo dentro casa, dove mia madre mi
raccontò quello che era successo dopo la mia scomparsa. Non appena aveva letto
il mio biglietto aveva chiamato subito Charlie, il quale aveva mobilitato tutta la polizia locale
per trovarmi. Non l’aveva esplicitamente detto, ma capii subito che sia lei che Kathy si erano sentite
esattamente come dopo la morte di papà. Quel grande senso
di colpa che non avevo provato mentre avevo agito, mentre ero fuggita da casa Cullen sotto gli occhi di Edward
per andare da Marte si fece sentire pienamente solo adesso e per un momento
volli tornare indietro per non commettere più quel gesto; ma solo per un
momento. La sofferenza che ancora una volta si leggeva nei loro sorrisi mi attanagliò. Prima di uscire dalla cucina mia
madre mi guardò intensamente ancora una volta. Da quello sguardo capii che
desiderava con tutta sé stessa sapere cosa mi era
successo. Era un diritto per lei saperlo, essendo mia madre. Ma ero sicura che
sapesse capirmi, che potesse non immaginare, ma comprendere le
ragione che mi spingevano al silenzio; ciò mi fu chiaro quando al posto
di quello sguardo le spuntò un ultimo e vero sorriso. Sorrisi
anch’io per la felicità di avere una madre così comprensiva con un’intesa da
sempre così forte; con una madre qualunque sarei stata costretta ad inventarmi
una nuova bugia, una grossissima bugia. Quando mia madre uscì dalla
stanza la mia sorellina mi si avvicinò, mi abbracciò e
mi diede un altro bacio.
“Perché ci hai lasciate?” Kathy invece era troppo piccola per capire che non ne
volevo parlare, benché fosse molto astuta per la sua età.
“Non posso dirtelo” mi limitai a dire
io. Il suo viso si oscurò dalla brutta risposta che le avevo dato,
ma si riprese subito.
“Ora sono molto stanca” dissi sinceramente. Con tutta quella
tensione mi era venuto un profondo mal di testa. “Vado a farmi una doccia”
Annuendo freneticamente si congedò dalla cucina anche lei. In quel momento mi
ricordò la piccola Stacey. Il ricordo mi fece venire
ancor più mal di testa. Salii le scale e mi diressi verso il bagno. Mi diedi
solamente una veloce risciacquata; sapevo cosa causava il flusso dell’acqua. E quello non era il momento adatto. Uscii in pochi minuti e
mi diressi verso la mia camera. Mentre stavo aprendo l’armadio in cerca di
qualche vestito vidi il mio aspetto sullo specchio.
Sbarrai gli occhi. Un’estesa macchia color caffelatte, in
contrasto con la mia pelle diafana, mi circondava l’intero collo, le
spalle, le scapole e l’intera schiena, oltre alle mani. Questi erano i punti
dove Marte mi aveva toccata. Aveva lasciato una sua memoria sul mio corpo, in
modo da poter ricordare ogni istante della mia vita. Bhe…
non era necessario questo per ricordare, mi sarebbe stato
impossibile dimenticare. Non cambiava niente; aveva sfregiato il mio corpo, ma non
era grave e non mi faceva stranamente più male. Presi
l’unguento che Carlisle mi aveva dato la volta di
Volterra; era ancora pieno e speravo riuscisse a rimediare qualcosa.
Dopo averlo spalmato sui punti bruciati continuai la ricerca di vestiti da
poter mettere.
Una strana maglietta che non riconobbi attirò la mia
attenzione. Con lei c’erano anche degli strani pantaloncini. Curiosa
li presi in mano per vederli bene. Un’ondata di dolce profumo m’invase.
Era il suo profumo. Riuscii a riconoscerli; me li aveva dati
quando mi aveva buttata a tradimento in acqua, affinché indossassi
qualcosa di asciutto. Non mi ero mai ricordata di restituirli. Chiusi gli
occhi, mi avvicinai ancora di più ed inspirai più forte. Era come una droga da
cui non riuscivo a separarmi. In un momento di improvvisa
lucidità li presi e li buttai dall’altra parte della stanza. No, così non
andava, non andava. Lo stomaco si era raggrovigliato,
il groppo alla gola comparso nuovamente ed il respiro bloccato. Ma non piangevo, e non l’avrei fatto. Lo
spazio che il mio cuore aveva lasciato riprese a sanguinare. Non avrei
più rivisto Jacob. Quell’orribile
pensiero mi stava facendo diventare pazza. L’avevo compreso, ma ogni qualvolta ci
pensavo mi faceva troppo male. Sarebbe stato impossibile vivere senza di lui.
Capii che nello stesso momento in cui lui era morto, ero
morta anch’io. Prima che la disperazione, in agguato da molto tempo, prendesse il sopravvento, mi diressi giù in cucina. La mia
corsa fu fermata dalla vista di mia madre che, completa di borsa e cappotto,
stava uscendo di casa. Mi stava guardando greve; era
chiaro e plausibile che fosse ancora sconvolta per la mia improvvisa fuga e ricomparsa.
“Ho avuto il tempo di riflettere” cominciò
severa “So che non posso costringerti a dirmi il perché della tua idiozia, e se
lo facessi mi diresti una bugia” Mia madre mi conosceva davvero bene.
“Ma non per questo non posso
punirti. Sei stata davvero una… stupida a scappare di
casa. Lo sai che se c’è qualche problema ne puoi parlare con me ed il fatto che
te ne sia andata mi fa capire che hai più di un grave
problema, motivo in più per parlarne con me” Mia madre aveva completamente
ragione, se solo fosse stata una situazione normale.
“Per tanto” concluse “per un anno intero non potrai usare l’auto
e non potrai uscire la sera. Inoltre le visite da
amici sono proibite. Per quello che hai fatto passare a me e
a Kathy questo credo sia il minimo. E non sto scherzando” Mamma mi stava puntando il dito
minacciosamente contro; era davvero seria, non era uno scherzo.
Nonostante tutto ero contenta che
mi avesse messa in punizione. Mi veniva quasi da sorridere per le sue parole;
le aveva dette con lucidità e questo voleva dire che
si era quasi del tutto ripresa. Annuii con la testa, cercando di dimostrare
un’espressione dispiaciuta; se le avessi sorriso sarebbe
tornata al comportamento di prima. Con un veloce cenno della testa affermò che
aveva messo le cose in chiaro, come un vecchio generale dei Marines.
Prima di uscire però mi diede un dolce bacio sulla fronte. Allora non potei
resistere nel sorridere.
Sarei dovuta essere contenta. Le persone che da sempre mi
avevano voluto bene ora stavano bene, avevano perdonato il mio comportamento a
loro a dir poco inspiegabile, nonostante la sofferenza causata e non sarebbero
più state in pericolo. Ma non lo ero, non ero felice. Era
egoismo? Era egoismo non vedere più il sole? Una pianta che ha acqua a volontà,
un luogo sicuro dove crescere, può essere egoista se si lamenta di non aver il
sole? No. Ed io in quel momento mi sentivo come una pianta in un buio che non
sarebbe mai diventato luce. Presto sarei appassita, inesorabilmente. Tentavo di
essere una pianta forte, ma potevo solo dimostrarlo agli altri. Più che ad una pianta assomigliavo ad un albero. La maggior
parte delle persone che non provano alcun particolare
tipo di interesse per la biotanica difficilmente
potevano affermare con certezza se un albero fosse vivo o morto. Vedendone uno potevano dire con certezza che fosse un albero forte e
rigoglioso, senza però sapere che in realtà era morto. E avrebbero sempre
considerato questo albero vivo e forte. Ecco, io mi
sentivo questo albero. Senza sole sarei morta, ma la
mia corteccia sarebbe rimasta; in questo modo coloro che mi circondavano
avrebbero creduto che fossi ancora viva. Sorrisi tra me e me. Un albero, che
buffo paragone. Sentivo la voglia di vivere lasciare il mio corpo ogni minuto
che passava. In quel momento mi domandai seriamente se fossi
riuscita a tenere fede a ciò che avevo detto ad Edward,
se sarei riuscita ad andare comunque avanti. Ora non ne ero
più tanto sicura. In cuor mio speravo che mamma e Kathy,
anche se involontariamente, mi avrebbero trasmesso almeno parte di quella
piccola forza che mi serviva. Ma l’acqua non poteva
diventare Sole. Inoltre non conoscendo il mio problema
non avrebbero potuto farlo di propria volontà. Ma
forse… l’avrebbero saputo. Avrebbero saputo prima o poi
che Jacob era… morto. Inoltre
doveva esserci anche un funerale per lui e Jared.
Avrebbero capito che il mio umore era legato a questo; sapevano che era un mio
amico. Amico, ma non ‘senso della mia vita’. Alla sola parola ‘funerale’
brividi mi percossero la schiena. Non volevo andare,
non me la sentivo. Ma… era strano; al contempo
desideravo anche andarci. Volevo vederlo per un ultima volta,
volevo vedere quel sorriso tranquillo e sereno. Volevo entrare di nuovo in quel
mondo che apparteneva unicamente a me a lui. Sapevo che lì sarei stata bene. Scossi
convulsamente la testa. No, sarebbe stato peggio. Non sarei dovuta andare a
quel funerale, non sarei dovuta andare più nemmeno al La Push,
nonostante desiderassi trovare un ultimo raggio di sole in Billy.
Ero però sicura che anche lui si fosse spento con la morte del figlio, come io,
d’altronde. Presi un respiro profondo. Avevo accettato ormai tutto, ma mi
sembrava così strano non poter piangere. Non riuscirci. Mi accasciai contro la
parete e mi guardi attorno. Quel luogo, casa mia, in quel momento mi sembrava così conosciuto, ma al contempo
così estraneo. Lo vedevo tutto grigio, buio, cupo e triste. Ed
io volevo il Sole. No, non potevo starmene ancora lì. Senza avvertire nessuno uscii di casa. Era ancora giorno, quindi non avrei
disubbidito a mamma, che sarebbe tornata tardi a casa. Inoltre
sapevo che Kathy mi aveva vista uscire. E sapeva che questa volta non sarei scappata. Chiunque
avrebbe notato che non stavo bene, ma solamente mia sorella sarebbe stata così
audace a lasciarmi andare. Si fidava di me e sperava che così facendo mi sarei
sentita meglio. Volevo un mondo di bene a mia sorella.
Mi inoltrai nella foresta; non era
un posto favorevole per chi desiderava cercare raggi di sole. Una particolare quanto strana induzione mi spinse a varcare quella
soglia alberata. La prima volta che avevo visto Jacob
sotto forma di lupo era stato nella foresta. Qualcosa
in me mi voleva far credere che lo avrei rivisto nuovamente. Scossi la testa
convulsamente. Era più difficile di quanto pensassi
vivere senza di lui. La mia mente l’aveva accettato, il mio
cuore purtroppo ancora non del tutto, come invece credevo. Viveva ancora nella
speranza di poterlo rivedere un giorno. Che ingenuo. Le
mie gambe camminavano da sole e prima che realizzarsi
ciò che in realtà mi stava accadendo mi ero già inoltrata tra gli alberi. Mi
guardai intorno; non mi ricordavo di un paesaggio simile. Credevo di essermi
persa, ma non era un problema, mi sarei
teletrasportata tra poco per tornare di nuovo a casa. Ero sul procinto di
farlo, ma quel qualcosa che mi aveva spinta ad andare
lì mi costrinse anche a rimanere. Perché, in effetti,
cosa avrei trovato a casa? Stare a casa, oppure qua, non avrebbe cambiato
assolutamente niente. Cercai di fare respiri profondi; il suo profumo scovato
nella maglietta era ancora dentro le mie narici. Mi
tappai il naso con le dite e ripresi a respirare con
la bocca, ma era tutto inutile, quel profumo rimaneva ancora lì. Guardai in
alto. Oltre alle fronde degli alberi, in quella zona poco
voluminose, si estendeva un plumbeo cielo grigio e ricoperto di nuvole che
reprimevano i raggi di Sole. Una smorfia mi si dipinse sul volto. Io
volevo vedere il Sole e quelle nuvole me lo stava
impedendo. Perché? Perché maledette nuvole volevate impedirmi di vedere il mio Sole?! Perché esistevate?! Andate via! Andatevene!
“…andate via…” mugugnai a denti stretti senza rendermene
conto continuando a guardare il cielo.
Le guardavo con odio e rabbia, perché erano l’unica cosa che
mi separava dalla felicità. La Luna rifletteva la luce del Sole. E senza di lui, si sarebbe spenta. Sarebbe continuata a ruotare
intorno alla Terra, ma nessuno l’avrebbe più vista. Ma
in realtà sapevo che non dovevo rivolgermi verso quelle nuvole; mi stavo
rivolgendo alle nuvole invisibili che circondavano me ed oscuravano la mia
visuale della realtà.
“Natasha”
Di nuovo la sua voce. Girai la testa di scatto e lo rividi
un’altra volta. Prima ancora di mettere a fuoco la sua immagine lui sparì. “Natasha” Mi
girai dalla parte opposta, ma non c’era nessuno. Era ritornato.“Natasha” “Natasha” “Natasha” “Natasha”
Sentivo la sua voce dappertutto. Continuava a chiamare il
mio nome. Continuavo a girarmi ripetutamente per vederlo, ma non c’era da
nessuna parte. “Natasha”
Rimbombava imperterrita nella mia testa, come se volesse spaccarla. Me la presi
fra le mani per reprimere quel dolore. Perché? Perché mi tormenti? “Natasha” No, basta, smettila…
“BASTA!” urlai disperata in mezzo alla foresta. L’unico
rumore era solo quello degli uccelli spaventati dalle mie urla e dell’eco della
mia voce che stava scomparendo. Le mani continuavano a
premere la testa. Se questa voce sarebbe riapparsa non
ce l’avrei mai fatta a reggere e continuare a vivere. Mi accasciai al suolo,
stringendomi le gambe in una morsa e cominciando lentamente a dondolare. I miei
occhi cominciarono a luccicare. Ovunque sarei andata
sarei sempre rimasta sola.
Tutto si era risolto; Marte era morto e tutto sarebbe
finalmente tornato alla normalità. Certo, ma tutto era cambiato; tutto era
peggiorato. Come un tornado che distrugge tutto al suo
passaggio. C’ero solo io in mezzo ad un paesaggio completamente
distrutto. Tutto si era risolto certo, ma cosa avevamo guadagnato? Ero sola; la
famiglia di Denali era morta, Jared
e Jacob erano morti, i
licantropi erano distrutti dalla morte dei loro due compagni ed i Cullen se n’erano andati. Già… perché l’avevano fatto? Perché se n’erano andati? Perché
non avevano aspettato per rimproverarmi di tutto? Se n’erano
andati, abbandonandomi. Una smorfia si dipinse sulle labbra. Allora ero
davvero un fardello e basta per loro? Appena le cose si erano sistemate se
n’erano andati, liberi di un grosso peso? Eppure le parole di Carlisle, Alice, Edward e Jasper… Sospirai. La loro fuga
doveva per forza centrare con le mie azioni, anzi, sciocchezze. Per tanto non
dovevo lamentarmi se se n’erano andati. Si erano
stufati, certo, di me e del mio comportamento suicida.
Ed avevano ragione. Poi c’erano i licantropi; avevano
perso due dei loro compagni. Equivale a dire due fratelli. Equivale dire Kathy, per me. Come mi sarei sentita
se avessi perso Kathy? Non volevo nemmeno pensarci.
Le uniche dove potevo trovare uno straccio di sostegno
erano mamma e Kathy, ma era un sostegno poco chiaro,
ambiguo. Non conoscevano tutta la storia e non le avrei mai
coinvolte. Ero da sola.
Quando mi fui ripresa mi alzai e
ricominciai a camminare. Camminare non sarebbe servito, come qualsiasi altra
cosa, ma lo stavo facendo, perché… qualcosa mi spingeva
a farlo. Le mie gambe mi trascinavano senza che io le guidassi; per il resto la
mia mente era completamente vuota, persa tra il rumore delle fronde degli
alberi e dei cinguettii degli uccelli. Un tuono in lontananza mi riscosse;
presto si sarebbe messo a piovere. Quando tuonò per un attimo
mi domandai dove fossi, ma subito mi fu chiaro. Ero a RedRock,
il luogo dove Jacob per la prima volta mi aveva
tirato uno schiaffo. Era un posto che riguardava Jacob,
pertanto me ne dovevo andare.
“Natasha”
Di nuovo quella voce, non era possibile. Proveniva
da dietro di me; mi girai lentamente. Questa volta lui non scomparve; lo
ritrovai a pochi metri da me, seduto sullo stesso masso dell’ultima volta. Aveva
persino la catenina che gli avevo regalato. A pensarci
bene anch’io mi trovavo nello stesso punto dell’ultima volta. Esattamente come prima, nel bosco di RubinOcean Beach, i suoi occhi erano vacui, mentre si
specchiavano nei miei. A differenza delle altre volte questo non
scompariva. Non c’era altra spiegazione, ero
peggiorata.
“…basta, lasciami stare…” dissi a denti stretti, girandomi e
andandomene via. Ora basta, non sarei mai andata a La
Push.
“Natasha” Quella voce mi fece
fermare improvvisamente. Era diversa dalle altre volte. Era sempre la sua, ma
era più chiara, non più un eco lontano. Era poco più di un sussurro, ma era chiara.
Mi girai lentamente; era ancora lì. Perché mi voleva fare così male? Non era più seduto, ma in
piedi. I suoi occhi erano sempre vacui. E finti, perché tutto
quello che avevo davanti era finto, uno scherzo della mia mente.
Cominciò anche a parlare, e fu un brutto colpo.
“…s…sei…viva? Natasha…sei….viva?” La sua
voce si era fatto ancora più lieve. Abbassai la testa e la scossi
freneticamente. Gli occhi ritornarono ad essere lucidi.
Perché mi stavi facendo soffrire in questo modo?
“Smettila, Jacob, smettila! Lasciami, per favore!”
urlai verso ilJacob
immaginario davanti a me.
“Natasha… io non sono
morto…guardarmi” continuò lui davanti a me. Io non gli
obbedii, continuavo a scuotere convulsamente la testa. Stavo soffrendo
tantissimo; me la presi così con il mio cuore. Era colpa sua se stavo
soffrendo, solo perché non era ancora in grado di accettare la morte di Jacob. Ed ora mi stava facendo
soffrire. Provai quindi a contrastarlo con la ragione.
“SMETTILA! JACOB È MORTO! L’ho visto
mentre moriva, mentre mi diceva che mi amava e si scusava con me! L’ho visto mentre sorrideva per l’ultima volta! JACOB È MORTO!!!” urlai con tutto il fiato che avevo nei polmoni. Sentii
due lacrime scendermi dalle guance ed arretrai con tutta l’intenzione di
andarmene da lì. Qualcosa mi prese quelle stesse
guance. Il respiro si fermò per un bel po’. Lo sentivo, era
vero. Era caldo. QuelJacob
davanti a me mi aveva preso le guance. Il mio cuore smise di battere. Di fronte
a me c’era lui, il suo viso. I suoi occhi, sempre di un nero profondo, avevano un non so che di luminoso e luccicante. Era lì a
pochi metri da me.
“…ho sentito il tuo sangue nella mia bocca…” Sentii brividi
lungo la schiena. Erano le stesse parole che mi aveva detto in quel posto. Da
molto non riuscivo a respirare. C’era un’unica spiegazione se ora riuscivo a
toccare Jacob; stavo sognando. Stavo vivendo un vero
e proprio incubo. Non immaginavo il rimpianto che avrei avuto non appena
svegliata. Stavo vivendo un’illusione, ed io non volevo vivere in una falsa speranza.
IlJacob davanti a me ora mi
stava perseguitando; erano le stesse parole, nello stesso luogo, non poteva
essere nient’altro. Inoltre stava sorridendo, non poteva sorridere dicendo
quelle stesse parole.
“Ho sentito il tuo sangue nella mia bocca” ripeté ancora. Io
chiusi gli occhi e scossi la testa. Era tutto un sogno assurdo; volevo solo
svegliarmi. Notai che questa volta la sua voce era più decisa. Continuavo a
trattenere il respiro. Sentivo il suo tocco caldo sulle mie guance. Quando
riaprii gli occhi me ne pentii quasi subito; quegli
occhi neri mi sommersero e sprofondai. La sua espressione era strana, quasi
confusa. Non me ne importava, volevo andarmene da lui.
Stavo ancora trattenendo il respiro. Fu allora che sorrise. Sentii battere il
mio cuore di nuovo ed il respiro si fece regolare. Quando
mi sarei svegliata mi sarebbe stato pressoché impossibile riprendermi. Con quel
sorriso sarei sempre stata legata a quelJacob che mi stava toccando le guance. Quel sogno mi avrebbe
fatto tanto male quanto bene. Quel sorriso, poi sembrava quasi vero.
“sei viva…” continuò allungando
quello splendido sorriso. Perché… perché continuava a
credere che fossi morta? Jacob era morto, non io. Cosa stava facendo il mio cuore alla mia mente? Ho sentito il tuo sangue nella mia bocca.
Perché il mio cuore dovrebbe far ricordare alla mia
mente quella frase? Poi però all’improvvisò capii…
Ho sentito il tuo
sangue nella mia bocca. Sangue, sangue, sangue.
Inorridii all’istante e dentro di me crebbe anche un senso di nausea. Sangue; Jacob aveva sentito il mio
sangue; era entrato in contatto con il mio sangue. Il mio… sangue.
Cominciai a tremare; la testa mi faceva male. C’era un motivo se Marte voleva
me; il mio sangue. Non era come quello delle altre persone; era esattamente ciò
che mi rendeva diversa. E Jacobne era
entrato in contatto. Il mio sangue rendeva i vampiri invincibili. Ed hai licantropi? Cosa avrebbe
potuto provocare? Non gli era indifferente; provocava anche a loro strane
conseguenze. Nella mia testa questi pensieri vorticavano
veloci fino quasi a confondermi. Quindi anche Jacob…
“Io non sono morto Natasha” Questa
volta udii da una prospettiva diversa le sue parole. Dire
che lo guardavo totalmente allibita e completamente confusa era un eufemismo. Non
riuscivo a capire, né a credere, neppure a realizzare uno straccio di pensiero
in quel momento.
“È stato perché ho ingoiato il tuo sangue…per questo mi sono
salvato…non sono morto” ripeté. Le sue parole riuscirono a realizzare
ciò che la mente, troppo confusa per farlo, non era riuscita a fare. La testa
cominciò a farmi male, davvero male. Era tutto un sogno, non
poteva essere vero. Che cosa mi stava
succedendo? No, non poteva essere vero. Qualcosa si posò sulle mie labbra.
Sentii una specie di scossa. Poi fu come se tutto nel mio corpo riprese a funzionare. I polmoni si riempirono d’aria e mi
sentii stranamente leggera. IlJacob
davanti a me mi stava baciando. Sentivo le sue labbra calde e morbide sulle
mie. Non avrei mai potuto immaginare un bacio così. Jacob era veramente… Mi staccai
improvvisamente da lui. Finalmente lo guardai nello stesso modo in cui
si vede una persona e non un fantasma. Il suo viso era
animato da un largo sorriso. I suoi occhi invece erano felici, non avevo mai
visto degli occhi così felici. Lo guardai dal basso verso l’alto. Quel bacio
poi… Era lui, non stavo sognando… il mio sangue lo aveva…
lui era…
Arretrai da lui. Dentro di me sentivo tutto così confuso… Avevo cominciato a respirare più velocemente. Avevo il fiato
corto e ciò fu sufficiente a mandarmi in iperventilazione. La vista mi si stava
offuscando. Caddi a terra. Successe come il primo pianto di un bambino appena
nato. Non appena crollai inizia a piangere, quasi istericamente. Non era la
caduta che mi fece male, ma era uno sfogo. Un pianto libertario, per liberare
tutto. Jacob era lì, ne ero
convinta. Ma…era stato, quella volta l’avevo visto
davvero morire! Ed ora era qui con me! Com’era
possibile?! Ancora non ci credevo. Ma era lui, ne ero sicura. Jacob non era
morto! Per tutto il pianto non gli staccai gli occhi di dosso, per paura che se
ne andasse. Anche lui non
toglieva lo sguardo da me. Si stava mordendo le labbra e aveva gli occhi
lucidi. O così mi sembrò; non ne ero sicura a causa
delle lacrime che mi rendevano la vista sfocata.
“Piangere non serve a niente… Natasha…
non ha più senso…” ma anche la sua voce si era fatta roca. Lo vidi mettersi una
mano sugli occhi, probabilmente per nascondere le lacrime. Il secondo dopo però
si chinò velocemente su di me, mi prese in braccio e mi alzò. Strinsi le
braccia attorno al suo collo. Sentii il calore delle sue braccia avvolgermi. Ecco, le nuvole se n’erano andate. Per la prima volta mi
sentivo illuminata dai raggi del mio Sole. Per la prima volta dopo tanto tempo
mi sentivo veramente felice. Il mio Sole era realmente
tornato. Ero ancora terribilmente confusa e scioccata. Avevo visto Jacob morire davanti a me, ma ora eccolo qui. Pensavo fosse
solo un sogno, ma era terribilmente tutto troppo reale. Mi aveva detto che era stato il potere del mio sangue a salvarlo; io
gli credevo, ma c’erano ancora troppe cose da mettere in chiaro. Avevo tanta
paura che non fosse vero, che effettivamente fosse
solo tutto un sogno. Continuai a stringerlo stretto a me, come d’altronde lui
stava facendo con me. Fu proprio lui a staccarsi pochi minuti dopo. Il suo viso
era rigato dalle lacrime, ma pensò bene di asciugarsi con una mano.
“Credevamo fossi morta Natasha…” cominciò
con voce roca, triste, ma al contempo sollevata. Io lo guardai confusa. No, ero
io che dovevo credere che Jacob fosse morto. Perché avrebbe dovuto crederlo? Cominciò a parlare con voce
calma, anche se ci riuscì solo in parte.
“Pochi minuti fa siamo andati dai succhiasangue…” Riprese
fiato per un minuto; stava parlando con una vena di disperazione che incuteva
una certa paura.
“Ci hanno detto che sei andata da
Marte da sola e che… eri morta insieme a lui a causa della diga che è crollata!!!”
Ora aveva cominciato ad urlare. Mentre parlava la sua espressione era mano a mano mutata. Ora era arrabbiata e furiosa, ma
soprattutto preoccupata. Abbassai lo sguardo. Ecco perché i Cullen
se n’erano andati senza aspettarmi, mi credevano morta. Ma
come facevano a sapere che ero morta in quel modo? Nonostante
fossi occupata, non li avevo visti. Forse… mi ricordai di quegli occhi dorati,
scuri, che avevo visto prima di essere inghiottita da quella montagna d’acqua. Forse
non me li ero immaginati, Carlisle
era davvero lì. Allora anche adesso credevano che fossi morta. Mi
riscossi e tornai a guardare Jacob. Continuava a
guardarmi con una certa aria di rimprovero. Come sarei riuscita a dirglielo? La
nostra conversazione però venne interrotta da
qualcosa. Un rumore in lontananza colse la nostra attenzione. Poi si udì una
voce, sempre più vicina.
“JACOB! JACOB!” la riconobbi, era
la voce di Seth, il giovane Clearwater.
Sembrava assolutamente fuori di sé.
“Proprio quando succedono le cose più importanti non sei un lupo?! Ti abbiamo cercato dappertutto! Charlie ha telefonato e ha detto
che Natasha è…!” Finalmente fuoriuscì dalla foresta ed
in breve fu a pochi centimetri da noi. Sì fermò non appena vide che ero vicino aJacob. Sul suo viso comparve
un sorriso a trentadue denti. Il suo sguardo passava velocemente da me a lui. Poi
si decise a muoversi e si diresse verso di me, travolgendomi nel
vero senso della parola. Sentii le sue braccia forti e calde
stritolarmi. Si staccò di me pochi secondi dopo. Il suo sorriso non era ancora
scomparso. Aprì bocca, ma da quella non uscì nessun suono; era troppo
entusiasta di vedermi. Tornò a guardare elettrizzato Jacob,
poi gli si illuminarono gli occhi.
“Ah già!” disse gioioso. Corse verso di lui e gli saltò addosso prendendolo per una spalla. Tornò poi a
guardare verso di me.
“Natasha! Hai visto?!Jacob è vivo! È vivo! È vivo! È
vivo! È vivo!” continuava a ripetere la stessa parola
saltellando sul posto, sempre con quel sorriso a trentadue denti, sempre
tenendosi a ridosso di Jacob. Era elettrizzato ed
euforico. Ed aveva anche uno strano sguardo isterico.
“Vado a chiamare gli altri!” quasi urlò per l’emozione di
vedere me e Jacob insieme.
“Seth” richiamò la sua attenzione Jacob un po’ imbarazzato. Infatti
entrambi eravamo imbarazzati, io soprattutto. Tenevo la testa bassa, ben
attenta a non alzarla.
“Tutto quello che vuoi, Jacob” disse
Seht ancora euforico. Jacob
indicò verso il basso e Seth lo imitò. Ero abituata a
vedere i compagni di Jacob in pantaloncini, a causa
della loro alta temperatura corporea; ma Seth in quel
momento non aveva nemmeno quelli. Molto probabilmente prima si era trasformato
in lupo e si era dimenticato di indossarli. Al momento non indossava
assolutamente niente.
“…ah…” se ne uscì Seth, non più
allegro come prima.
“…ehm…” continuò, senza sapere esattamente cosa dire. Si era
imbarazzato.
“Seth, vai a dire agli altri che Natasha è qui con me. Arriveremo tra un po’” cercò di
spezzare il ghiaccio Jacob.
“…o…ok…ehm…ciao… Natasha” disse questa volta totalmente
rosso in viso.
“Ciao Seth” gli risposi
continuando a tenere la testa bassa. Subito dopo Seth
si diresse nuovamente verso la foresta, e scomparve. Ora eravamo di nuovo io e Jacob. L’arrivo di Seth aveva
creato un nuovo tipo di tensione. Sì, perché avevo avuto conferma da un’altra
persona che Jacob era vivo e
la stessa cosa valeva per lui con me. Era stata la conversazione iniziata da Jacob poco prima che Seth
arrivasse a creare quell’atmosfera. Un’atmosfera
totalmente reale. Solo pochi centimetri separavano me e Jacob,
ma non osavamo toccarci. In entrambi l’espressione era tesa. Nessuno dei due
voleva iniziare a parlare. Perché c’erano moltissime cose di
cui parlare. Fui io ad iniziare. Alzai lo sguardo verso il suo.
“Credo che tu mi debba delle spiegazioni” il mio tono era
fermo. Eh già, era il momento per me e Jacob di
iniziare una lunga conversazione.
“Come tu me ne devi a me” Anche dal
suo non traspariva nessuna emozione.
No, non poteva essere tutto come prima se non chiarivamo
questioni importanti. Non potevamo baciarci ed abbracciarci senza prima chiarire. In quel esatto
momento avrei trascorso ancora un po’ di tempo tra le sue braccia, nella gioia
che lui non era morto. Ma non sarebbe stato reale
amore il mio. Dovevo contenere il desiderio di abbracciarlo fino a quando non avessimo chiarito. Era indispensabile a questo
punto. Lo guardai negli occhi, anche lui la stava pensando come me.
“Dobbiamo discutere di molte cose” continuai io.
“Già” fece lui serio. Fu come se il mio corpo si muovesse da
solo. Quell’atmosfera aveva fatto crescere in me una
strana rabbia. Gli tirai un ceffone; non appena lo feci mi sentii più libera.
“Ehi! Hai detto discutere!” mi rinfacciò
lui tenendosi la guancia con la mano. Ringraziai il fatto che
potessi colpirlo e fargli sentire dolore. Ma solo per
un attimo.
“Questo è per avermi dato uno schiaffo, per avermi
abbandonata, per avermi detto delle totali falsità che mi hanno fatto
terribilmente soffrire, per essere fuggito e per non esserti aperto sui tuoi
problemi che coinvolgono me!” sbottai io. Lui mi guardò imperturbabile e mi
diede un pizzicotto sul braccio.
“Ahi!” sbottai io tenendo il punto ferito con la mano
guardandolo allibita.
“Questo è per aver baciato un succhiasangue davanti a me e
per esserti comportata con così tanta stupidità ed idiozia da farmi quasi
vergognare di te per ben due volte.” Quasi ringhiò
queste parole, ponendo particolare enfasi su ‘succhiasangue’,
‘stupidità ed idiozia’. Rimasi per un attimo spaesata ed offesa per quello che aveva detto e
soprattutto per come, con disprezzo. Ecco, questi erano i problemi che dovevamo in questo momento affrontare. Certo, le mie di accuse erano sensate, ma più pensavo alle sue, più
credevo che fossero molto più riprovevoli. Davanti alle sue
le mie quasi perdevano importanza. I suoi occhi mi stavano perforando la
pelle. Abbassai lo sguardo per cercare di sfuggirli. C’era l’assoluto bisogno
di parlare.
“Da dove iniziamo?” fece leggermente acido Jacob.
“Dall’inizio” gli risposi con il medesimo tono.
Ah!Ah!Ah! Credevate veramente che
permettessi a Jacob di morire realmente?!Ok, va bene un racconto triste,
ma non disperato! Io per prima non avrei mai fatto morire Jacob!
(eh, giàgiàgiàgià…) Ma
l’idea di far credere che fosse realmente morto mi attizzava troppo! hihihihihi…! Comunqueeccoci qua! Questo è il penultimo capitolo! È ormai
ufficiale. In realtà questo dovrebbe essere anche l’ultimo, visto che in quanto
a fatti importanti non c’è più niente da raccontare. Il prossimo capitolo in
pratica serva a riassumere il tutto. Il fatto però che mi sia venuto più lungo
del normale mi fa pensare che c’è stata un bel po’ di
roba da riassumere… Comunque il prossimo (ed ultimo! WE!) è già stato scritto,
per tanto basteranno solamente un paio di giorni (o forse più) per rivederlo e
correggerlo. Visto che le mie promesse non sono molto attendibili, non vi
prometto che aggiornerò tra breve, ma mi impegnerò nel
farlo!
Insomma, Marte muore (come succede a quasi tutti i cattivi;
lo so, ha poca originalità) e Jacob non è morto.
Insomma, ho deciso di mettere un po’ di eventi felici
dopo due capitoli pieni di catastrofi. Spero che questo capitolo
vi sia piaciuto. Vi avverto che il prossimo sarà un po’ lunghetto, ma sarà l’ultimo! Ed è
così che finalmente questa ff ha una fine! Concludo ringraziando tutti i lettori che continuano a
seguire questa fanfiction (odio le formalità, ma
questa fa una grande eccezione e non mi stuferò mai di farla!)! Ma soprattutto
un grazie speciale per coloro che fino ad adesso hanno
commentato! Sono contentissima che quello che scrivo venga
apprezzato in questo modo! Grazie ancora infinitamente a tutti!
xBloodyKamelot:Sei felice che Jacob
sia morto?! Che sorpresa! Curiosità: Adesso magari ti
disperi perché si è scoperto che è vivo?XD Grazie ancora per il complimento e
per il commento! J
xmylifeabeautifullie:
bhe… Marte è morto… Jacob
non lo è… per la fine della storia ho finalmente detto basta con le
catastrofi!^^ Era ora, no? Sono comunque contenta di
non avere causato l’incombere della tua ira XD! Sono invece stracontentissima
che tu abbia potuto percepire le stesse emozioni di Natasha
attraverso il mio modo di scrivere! E grazie ancora infinite per il
complimento! ^///^ (ß me tanto tanto
lusingata)
xAngelOfLove:
ECCO! ECCO! Lo sapevo! ‘Ti è venuto un pensiero che Jacob potesse morire, eh?! Se solo non l’avessi già scritto ti direi a te di scrivere l’ultimo capitolo! Sono
sicurissima che lo avresti scritto ESATTAMENTE con gli
stessi fatti che ho scritto io…! Scoprirò dove ti nascondi, EdwardCullen! Mwahahahah! Parlando
di EdwardCullen ed arrivati a questo punto, visto che nel prossimo
capitolo non succede niente di relativamente importante, bhe,
ti posso dire che né lui, né altri Cullen moriranno.
(AHIAhiAhi! Questa volta hai fatto cilecca, Edward!) È più forte di me, anche perché non so quale
scegliere. Carlisle e Jasper
sono assolutamente tabù; il mio stesso equilibrio morale andrebbe distrutto. Di
conseguenza nemmeno Alice, sarebbe l’equivalente ad uccidere Jasper. Emmett nemmeno, così orsacchiottone e simpatico che è non ne ha nessuna colpa.
Di conseguenza neppure Rosalie, mi fa una certa pena con la storia che ha avuto
toglierle anche Emmett. Edward
no perché se no non avrei nessuno da torturare XD! E di conseguenza nemmeno Bella. Per cinque secondi della mia
vita ho pensato ad Esme, così facevo venire una bella
crisi a Carlisle, ma poi mi sono imposta di no.Esme, non si
tocca! Anche se poco importa questi miei pensieri, io
li ho detti lo stesso XD! Comunque è inutile, anche se
non la dici, ci sono serie probabilità che la tua ideuzza
sia vera! Grazie ancora per il commento! Alla prossima! J
x _chocola_:
‘…tu…tu…tu…tu…’ è il rumore della linea del telefono, vero? XD Scusa per la
pessima battuta! Comunque no, la salute mentale sta benone (oddio… diciamo che non è peggiorata…) e quella del
mio computer si sta riprendendo (insomma…), grazie per esserti preoccupata! Bhe… credo che con questo capitolo la tua salute mentale si
sia ristabilita un poco (spero)! Giuro che io non c’entro se ti stai facendo
ogni giorno più male! (promessa di lupetto=jacobjacobjacob…*____*
Auuuhh!). Mmmhhh… sono
sospettosa… ho fatto uccidere Jacob e tu mi dici ‘ti
voglio bene’…mmhh… sono
sospettosa…! Ma ovviamente sto scherzando XD! Lo sai
una cosa, anche a me piacciono i lieti fine, (anche se non troppo, diciamo la
maggior parte)! XD. Ps: parlando della tua sanità
mentale… morta… che eufemismo! Diciamo che ora è
all’ospedale (ospedale=medico=carlisle= *_______*) Grazie ancora per il
commento! Sono felicissima che questa ff ti piaccia
sempre di più! E spero che anche il finale sia
all’altezza! Ciauz!
x pazzerella_92: AhA! Mi hai scoperto! Sì, sono QuentinTarantino! Solo che di nome non faccio Quentin, il mio cognome non è Tarantino,
sono una donna, sono italiana, ho quindici anni e non ho mai avuto a che fare
con il cinema. Ma per il resto sono lui in tutto e per
tutto! XD …No! La nuvola di Fantozzi….NOOOO! Qulla bella e dolce nuvoletta non si
tocca! Appartiene a Fantozzi, e basta! OK! Il mio
indirizzo è… bhe… in realtà non ho un indirizzo,
visto il luogo dove abito. Comunque, vai in quel posto
che si chiama ‘Circolo polare nordico’. Giungi al
polo Nord, vai dritta per cinquanta metri (magari chiedi al primo Emmet… ehm…volevo dire orso bianco che passa
informazioni, là tutti mi conoscono!) Il primo igloo sulla sinistra è
mio!^^ Cooooomunque spero tanto che con questo
capitolo tu ti sia un po’ più….ehm…diciamo…rilassata! ^^° Bhe…
diciamo che con la storia del complemento di fine e causa per spiegartela
meglio diciamo che tutti quanti non stanno combattendo per colpa di Natasha, come se fosse solamente un peso (perché la colpa è
di Marte…blablabla…) ma combattono affinché Natasha non venga ferita, perché, per l’appunto, tengono a
lei. Bhe… diciamo che mi
faccio tante seghe mentali anch’io XD! Comunque buon
viaggio ed ancora ancora tantissime grazie per il tuo
splendido complimento! Bacio!
Ci guardammo negli occhi per parecchi minuti. Il suo
sguardo aveva smesso di essere acido.
“Ah…” Non sembrava entusiasta di parlarne. Doveva
non essere entusiasta di parlarne.oveva
non esserne entusiasta di parlarne. ‘Inizio’ si riferiva a molto tempo
fa, quando, sottoforma di lupo, mi aveva attaccato. A quell’evento che aveva
dato inizio al declino del nostro rapporto, ma senza il quale Jacob non si
sarebbe trovato qua. Che buffo… ciò che ha distrutto, ha poi salvato. E stavamo
incominciando a parlarne. Lo guardai negli occhi; stava osservando lo stesso
punto sul braccio dove mi aveva attaccata, dove però adesso non c’era niente.
La ferita si era rimarginata all’istante.
“Allora è veramente subito scomparsa” disse quasi malinconico,
con gli occhi sempre fissi su quel punto. Io annuii.
“Che cosa è successo quel giorno?” dissi per cercare di
farlo iniziare. Abbassò la testa; entrambi sapevamo che il vero problema che
aveva fatto scatenare tutto quanto era questo.
“…ho semplicemente perso il controllo…” sussurrò. L’aveva
detto quasi fosse una cosa disgustosamente evidente. Anch'io abbassai la testa;
i Cullen avevano sempre avuto ragione su questo punto.
“Quando ti ho vista così decisa, pronta ad importi in quel
modo contro di me…” Sentivo che si stava impegnando a spiegarsi. Fece un
respiro profondo.
“L’idea di lasciarti andare da… quei succhiasangue mi
infuriava. E tu sembravi pronta a farlo davvero. Mi convincevo che sarei
rimasto irremovibile nella mia scelta di non permetterti di partire, ma in
realtà ogni cellula del mio corpo stava disperatamente trovando un modo per
convincerti a rimanere qua; non ero per niente sicuro di me stesso. Continuavi
a minacciarmi di partire e questo mi mandava sempre più in agitazione.” Mentre parlava
il suo tono si faceva sempre più basso.
“Mi sono così trasformato ed ho perso il controllo. Per il
resto non so esattamente nemmeno io cosa fosse successo” Lui no, ma a quanto
pareva i Cullen lo avevano capito molto bene. Lo disse con uno sbuffo malinconico,
come se fosse stata una realtà difficile da accettare. Poi il suo viso si
distorse in una smorfia di dolore. Aveva corrugato le sopracciglia e cercava di
proposito di evitare il mio sguardo.
“Non volevo attaccarti, non l’avrei mai voluto, ma…” non
riuscì a continuare e si fermò per qualche istante, ora con una nota di
evidente disgusto negli occhi “Se quel succhiasangue non fosse arrivato ti
sarebbe successo qualcosa di molto più grave di una semplice ferita; ne sono
più che sicuro.” Riuscì ad alzare lo sguardo verso di me.
“Non hai idea di come mi sia sentito non appena ho ripreso
il controllo di me stesso; vederti lì a terra, ricoperta di sangue, sentire
nella mia bocca…” si fermò nuovamente, chiudendo gli occhi con una smorfia a
rovinargli il viso.
“In quel momento mi odiai davvero; mi disgustavo. Era come
se avessi ferito me stesso.” Riprese a guardarmi “Quando ti ho vista davanti a
me, proprio in questo posto ho provato paura, paura di poter nuovamente farti
del male. In quel momento ero terrorizzato da quello che ero; un mostro.” Le
ultime parole mi suonavano terribilmente familiari; mostro. JJ si definiva un
mostro. Ed anch'io pensavo che dentro di me ce ne fosse uno. Si fermò
nuovamente; vedevo il suo orrore nel dire queste cose.
“Ero diventato un pericolo per te e non potevo più correre
il rischio di starti vicino.” Come rassegnato abbassò la testa. “Ho cercato
così di allontanarti restando il più distante possibile da te. Ad essere
sincero non mi sono pentito di averti dato quello schiaffo, e nemmeno adesso…”
disse risoluto, continuando a guardare in basso.
“Quando te ne sei andata mi sono sentito… rilassato e
quando Sam mi ha detto che tu eri effettivamente partita per l’Alaska quasi per
un instante sereno. Mi ero convinto che quei succhiasangue non avrebbero potuto
farti più male di quanto te ne abbia fatto io. Ma anche con il pensiero che tu
stessi bene io continuavo a soffrire. L’odio non era diminuito e nemmeno adesso
è del tutto scomparso…” lo disse con una strana rabbia nella voce.
“Mi annebbiava la mente. Fu allora che decisi di andarmene
per un po’, senza dire niente a nessuno, per… pensare. Non avevo una meta
precisa, girovagavo per i boschi sottoforma di lupo e mi ritrasformavo in umano
solamente per riposare.” Fece un respiro profondo per prendere aria.
“Raggiunsi quindi alla conclusione che per la tua
incolumità era bene che stessimo distanti per un po’. Ma la sola idea mi era
insopportabile; infatti approfittai del primo telefono pubblico che trovai per
chiamarti e sentire la tua voce; mi bastava solo quella. Sono rimasto sorpreso
quando tu hai pronunciato il mio nome e mi hai riconosciuto.” Fece una pausa e
fece un sorrisino rassegnato.
“Con ‘stare lontani per un po’’ intendevo molto poco;
sarei stato capace di spiarti di nascosto da lontano pur di vederti. Dirai che
sono poco coerente con me stesso, ed hai ragione.” Si riscosse per un attimo e
continuò. Io continuai a rimanere zitta. Ascoltavo le sue parole con grande
attenzione.
“Dicevo, quando sono raggiunto a questa conclusione ho
deciso di ritornare a casa. Billy non si è sorpreso del mio ritorno, né della
mia fuga; sapeva che sarei tornato. Inoltre Sam e gli altri mi tenevano
d’occhio; d’altronde non era la prima volta che scappavo di casa.” Ebbi un
piccolo sussulto. Non era la prima volta che scappava. Per quale motivo era
scappato la volta precedente? Mi insospettiva e mi incuriosiva
contemporaneamente.
“Comunque, mio padre mi ha detto che tu eri tornata e
questo mi prese in contropiede; mi ricordo ancora adesso la sensazione di
vertigine che ho provato quando mi ha annunciato che tu eri già qui. Questo
voleva dire che qualcosa non era andato come sarebbe dovuto, me lo sentivo. Mio
padre però non sapeva il perché del tuo ritorno improvviso, mi sono quindi
precipitato da Sam.” Il suo tono stava acquistando sempre più timbro.
“Nemmeno lui e gli altri si sono sorpresi quando mi hanno
visto, sapevano che sarei tornato. Avevano appena avuto un incontro con i
Cullen. Sam cercava di spiegarmi, ma non appena riuscii a capire che la casa
dove tu… ‘alloggiavi’ aveva preso fuoco per quel…” Represse quella parola
mordendosi le labbra e stringendo i pugni.
“Non ci vidi davvero più niente. Non riuscii a capire
nemmeno se tu stessi bene o male; mi precipitai a casa tua. Non reggevo, volevo
vederti, sapere se stessi bene, ma…” bloccò all’improvviso il suo racconto
sempre più accesso “ma quando arrivai davanti a casa tua vidi una scena che non
mi è piaciuta affatto…” Rimasi stranita dal suo sguardo; così inteso, ma così
confuso. Stava perforando i miei occhi per cercare di trovare una risposta
nella mia mente.
“Adesso sei tu che mi devi delle spiegazioni” mi disse
terribilmente serio. Io abbassai la testa; adesso sarei stata io a soffrire.
“JJ…” cominciai, ma venni subito interrotta.
“JJ?” lo disse quasi con disgusto. Anzi, togliamo il
quasi. Io lo perforai con un’occhiataccia.
“JJ mi ha aiutata molto quando…” ribadii convinta e
sicura.
“Ho visto mentre JJ, giusto?, lo faceva; mentre ti
aiutava!” continuò sarcastico, con un’ottava nella voce più alta. Si stava
adirando.
“Non parlare in questo modo di lui! Non hai davvero idea
di cosa abbia fatto per me! Tu quanto me sai che il tuo comportamento mi ha
fatto soffrire! Anch’io in Alaska ho pensato e sono arrivata alla tua stessa
conclusione, ma l’ho subito scartata. Ero terribilmente in ansia per te e lui
mi ha dato il sostegno che cercavo!” gli urlai punta nell’orgoglio. Jacob non
poteva permettersi di giudicare JJ in questo modo. Se volevamo stare come prima
doveva accettarlo, anche se… era morto.
“E che sostegno…” disse malinconico. Quel ricordo gli
faceva male. Per un attimo esitai, ma solo per poco.
“Ha cercato di riparare a quello che tu hai rotto! Se non
fosse stato per lui, ora sarei cenere! È stato lui che mi ha salvato quando il
cottage ha preso fuoco; è grazie a lui se ora sto bene! Lui si è salvato
insieme a me, invece di andare ad aiutare la sua famiglia in difficoltà. E sai
che fine ha fatto la sua famiglia? Sono tutti morti! Anche lui ha sofferto il
tuo stesso dolore, ed era solo! Cosa avresti fatto se qualcuno non fosse stato
lì con te?” Lui stette zitto, con la testa bassa. Sembrava avere capito; fargli
ricordare Jared era stato un colpo basso, ma aveva compreso. Feci un respiro
profondo. Colpito ed affondato. Forse adesso lo avrebbe giudicato sotto
un’altra luce.
“Raccontami quello che è successo…” fu quello che riuscì a
dire. Quasi sollevata che non avesse criticato le mie parole gli raccontai
tutto, non nei minimi dettagli, ovvero non quello che riguardava JJ, e mi
bloccai al punto in cui mi aveva baciata.
“È solo un amico per me” dissi sincera. Intravedevo la sua
gelosia negli occhi. Mentre parlavo avevo notato che aveva cominciato a
stringere i pugni; per quello che avevo rischiato, ne ero sicura. Credevo che
adesso avesse finalmente capito. Fece un respiro profondo prima di parlare.
“Posso capire il suo dolore ed il fatto che tu sia stata
insieme a lui. Posso anche accettare il fatto che per te sia un amico. Ma non
accetterò mai il fatto che per… quello tu sia più di un’amica!” ringhiò
arrabbiato. Io non dissi niente; era stato più che chiaro. Aveva accettato solo
una parte di lui e rifiutato l'altra; la stessa che d’altronde non avevo
accettato nemmeno io.
“Non sai quanto mi abbia fatto provare vedere un
succhiasangue baciarti!” gridò. Il suo tono improvvisamente alto mi spaventò ed
arretrai di alcuni passi.
“Ero furioso; gli avrei spaccato la faccia, come si
permetteva a…” si fermò scosso da colpi di rabbia
“Sappi che il mio odio verso di loro è aumentato e sono
felicissimo che se ne siano andati!” continuò a gridare. Data la situazione non
me la sentii di controbattere su questo.
“È la seconda volta che uno di loro mi ruba la persona che
amo e la prima che mi viene tolta la mia anima gemella!” Aveva stretto i denti
e serrato gli occhi. Poi però sembrò quasi calmarsi, ma non era una calma per
niente serena.
“L’unica cosa che mi ha permesso di non saltargli addosso
era la tua reazione; non hai fatto niente.” Le sue ultime parole furono come
una pugnalata; erano piene di delusione, sorpresa e malinconia. Strinsi gli
occhi anch’io; non riuscivo a ribattere.
“Ero però troppo abbattuto e deluso per reagire da tale.”
Il suo sguardo inquieto mi trafisse nuovamente “Hai capito bene, deluso, di
te.” Sottolineò queste ultime parole con grande amarezza nella voce. Sentii gli
occhi inumidirsi.
“Vissi nella terribile sensazione che fosse successo di
nuovo, che la persona che amo si fosse innamorata di un succhiasangue e che mi
avrebbe lasciato. Quella sensazione era di gran lunga molto più dolorosa di
quella che provai quando ti ho ferita. E quel che è peggio era che ne avevo la
prova davanti a me.” La sua voce si era fatta un roco sussurro.
“Non ho retto a quella scena; me ne andai, ma tu mi hai
notato e mi sei corsa dietro. Parlarti era l’ultima cosa che volevo. È stato un
pensiero che mi ha fermato; se veramente era innamorata di un… altro, non
sarebbe stato un bene per lei? Non era il mio scopo farti allontanare da me?
Avrei raggiunto così il mio obbiettivo. Così ti affrontai. Sapevo che se ti
avessi detto di starmi lontano senza un vero motivo, non ti saresti mai data
pace.”
“Quindi credi che adesso io non ti ami più, ma ami un
altro?!” sbottai all’improvviso con la voce roca. Come diavolo poteva pensare
ad una cosa simile?! Lui mi guardò con mezzo sorriso. Sincero questa volta, e
riprese da dove lo avevo interrotto.
“Ma non appena mi hai detto di amarmi quella terribile
sensazione è svanita e mi sono pentito di quello che per un attimo ho pensato.
E dal quel momento non ne ho mai messo in discussione questo dato di fatto. La
tua voce, i tuoi occhi…” Aveva indirizzato lo sguardo verso un punto lontano e
sembrava essere perso nei meandri della sua mente.
“Tu mi amavi davvero” lo sussurrò, ma io lo sentii. Questa
volta era un sussurro dolce . Io sorrisi involontariamente, ma mi ripresi
subito.
“Perché allora mi hai parlato in quel modo?” gli chiesi
con voce malferma. Nella mia mente erano ancora impresse quelle parole. Alzai
lo sguardo verso di lui; una lacrima gli scorreva lungo la sua guancia, ma
questa volta non la raccolse, ma lasciò che segnasse tutto il suo profilo.
“Mi dispiace” disse con voce roca “Ho mentito a te ed a me
stesso. Il fatto dell’anima gemella, di non fidarmi più di te, di Sam
erano…tutte orribili falsità” girò la testa dalla parte opposta alla mia per
non farmi vedere il suo viso. Fece un respiro profondo, ma irregolare. Si voltò
verso di me.
“Ti ho detto che l’odio per me stesso mi ha fatto perdere
la testa, vero? In quel momento ero disposto davvero a tutto per farti stare
lontano da me. Pensavo che così facendo ti avrei fatto soffrire al punto da
farmi odiare…”
“Che idiota!” sbottai immediatamente io, quasi con
accidia. Che diavolo aveva in mente questo ragazzo?! Cosa… Pensai che era
meglio se fossi stata zitta ed ascoltavo prima di aprire bocca.
“Di questo me ne sono accorto solo molto dopo… “ disse
rassegnato “Pensavo solamente ad un modo per tenere lontano da te il mostro che
c’è in me. Solamente molto tempo dopo ho capito che avevo sbagliato
completamente in tutto. Pensavo davvero al peggio…” alzò improvvisamente la
testa “Hai davvero creduto alle mie parole?” Io risposi con sincerità.
“In quel momento sì, ma poi ho capito che era
effettivamente un modo per allontanarmi da te; ho realizzato che questo era il
tuo obbiettivo da quando mi hai tirato lo schiaffo. Ho potuto percepire l’odio
che c’era in te.” Allora si era comportato esattamente come avevo pensato.
“Hai capito tutto quindi” disse con voce malferma. Io annuii
“Quindi ti ho fatto soffrire per niente. Non è servito
assolutamente a niente dire tutte quelle bugie! ” La sua voce si era fatta
ancora più malferma e tentennante.
“Già” Emise un respiro mozzato ed alzò la testa e le
braccia al cielo.
“Ecco, questo era il peggio che immaginavo! E ci sono
caduto dentro in pieno!” urlò. “Mi sono comportato da completo idiota, anzi no,
molto di più…!” continuò; ora era disperato, ma cercai di non farmi trascinare
dalla sua disperazione. Abbassò lo sguardo e si rivolse a me.
“Che ne dici di darmi un aiuto di quello che sono,
Natasha?!”
“Una persona la cui mente era annebbiata dall’odio per sé
stesso. L'hai detto tu stesso, no?” dissi cercando di calmarlo. Lui stette
zitto, ma non si calmò. Ora che gli avevo comunicato che sapevo cosa stava
facendo fin dall'inizio si era fatto nuovamente prendere dal panico. Sapeva di
aver fatto tutta questa scena per niente.
“Questa conversazione sta andando di male in peggio…”
dissi convinta.
“Vogliamo andare avanti?” mi disse con voce incerta mentre
respirava irregolarmente, con gli occhi sbarrati, come se non avesse sentito le
mie parole.
“Raccontami esattamente cosa ti è successo a scuola…”
Stava stringendo i pugni. Questa volta non mi feci problemi a raccontargli per
filo e per segno quello che era successo a scuola… fino al punto in cui era
entrato in scena JJ. Non feci menzione né di come si era comportato, né della
sua morte; non volevo riportare la conversazione di nuovo su quell’argomento.
Non accennai nemmeno a Jared; sapeva più bene di me com’erano andate le cose.
Ora toccava a lui parlare; sembrava essersi ripreso, la voce era ritornata
normale.
“Anche per quella occasione ho perso il controllo. Sia
quando abbiamo sentito il puzzo di vampiri diversi dai Cullen ma soprattutto
quando ti ho vista sulla spalla di quella succhiasangue, con il tuo braccio
allungato verso di me in cerca di aiuto…” si fermò, incapace di esprimere
quello che stava provando “Mi sono volontariamente lasciato andare quella
volta. Mentre assalivo quella succhiasangue ho pensato ‘le dovrò sembrare un
mostro, starà provando paura di me’, ma non per questo ho smesso di comportarmi
da tale. Perché era quello che volevo fare; comportarmi da mostro e farti
paura.” si fermò e riprese guardandomi negli occhi.
“Ho visto il tuo sguardo pieno di ribrezzo e paura, mentre
eri lì in mezzo a quel massacro. Volevo che mi rivolgessi quello stesso
sguardo. Volevo che provassi paura al mio solo pensiero, così avresti capito
quanto fossi pericoloso. Pensavo che se non sarei riuscito io di mia spontanea
volontà a starti lontano per un po’ di tempo, me lo avresti imposto tu, spinta
dalla paura che avresti provato per me. Non avrei disobbedito alla tua
richiesta di starti lontano.” Fece un sorriso beffardo. Io stetti zitta
nuovamente stringendo i pugni e reprimendo la rabbia che mi nasceva da dentro.
Sapevo che tra poco sarebbe toccato vedere me Jacob veramente arrabbiato; era
l'unico pensiero che mi convinceva a non gridargli 'idiota' un'altra volta.
“Ma suppongo che tu abbia immaginato anche questo…” Il mio
sguardo gli fece intuire la risposta, poi continuò scuotendo la testa.
“Quando ti guardai per vedere la tua reazione mi presi
nuovamente in contropiede. Immaginavo un’espressione di paura e disgusto, non un
sorriso. Un sorriso di affetto; avevo ottenuto l’esatto contrario di quello che
desideravo! ‘Perché continua a sorridermi?!’ continuavo a chiedermi. Era
proprio quel sorriso che mi ha fatto ragionare, insieme anche a quello che era
successo, ma solo dopo ancora riuscii a capirlo. Solo più tardi capii che avevo
sbagliato tutto, che non potevo starti lontano; che non dovevo starti lontano,
che ti dovevo proteggere da una minaccia più grande di me. Era da incoscienti
allontanarmi proprio ora; se tenevo davvero a te non dovevo andarmene, ma
tenere duro ed a bada il mostro che ero e starti accanto.” Fece di nuovo un
sorriso beffardo. “Sono stato davvero…”
“Tu stai bene?” gli chiesi immediatamente. Non volevo
sentirlo criticarsi ancora; non ne aveva il motivo. Rimasi commossa dalle sue
parole; aveva capito, aveva finalmente capito. Mi bastava questo.
“Non che non sto bene! Ti ho…” sbottò all’improvviso.
“Non per me, per Jared”
“È una domanda idiota” sbottò quasi irritato.
“Lo so”
“Allora perché me la fai?”
“Perché mi è sempre importato per te” Non volevo farglielo
pesare, ma fu quello che successe.
“Non credo che la cosa valga per me” disse nuovamente in
un sussurro. Aveva stretto i pugni e vidi le sue nocche diventare bianche,
insieme anche agli occhi, che stavano diventando più lucidi. Io scossi
involontariamente la testa. Stavo per dirgli che si stava sbagliando a
giudicarsi in questo modo, ma lui mi anticipò.
“Ma a quanto pare non sono l’unica persona brava a fare
del male alla gente” Il tono che usò mi fece rabbrividire. Questa volta fu lui
a prendermi in contropiede; ora si sarebbe arrabbiato per davvero.
“Voglio proprio sentire cosa ti ha spinta a fare la grande
cazzata che hai fatto!” ringhiò. La rabbia che riuscivo a intravedergli in
volto mi fece abbassare la testa, ma il mio tono rimase deciso.
“Ho detto ‘basta’ e per la prima volta sono stata coerente
con questo pensiero. Delle persone sono morte per me, Jacob! Non potevo
accettarlo, era un peso troppo grande da portare! Se me ne fossi andata non sarebbe
successo niente alle persone che mi circondavano! Anche loro sono la mia vita,
e volevo salvarli; avrei salvato di conseguenza anche la mia esistenza! E non
c’era nessuno che mi potesse far cambiare idea! I Cullen erano occupati a
pensare a come reagire davanti all’attacco alla foresta, Sam e gli altri troppo
abbattuti per la morte di Jared, tu non c’eri e JJ era morto!”
“Ma l’idea che questa idiozia potesse portarti dritta da
quel succhiasangue non ti è passata per la testa?!” continuò lui.
“Solo quando era ormai troppo tardi…” dissi dopo un attimo
di silenzio, ripensando a cosa mi aveva convinto. O per essere più precisi,
chi; il pensiero della persona davanti a me. Mi ero veramente pentita di quella
volta.
“Certo, ha sicuramente aiutato a non farti prendere!”
ringhiò lui sarcastico.
“Anche tu sei scappato convinto che avresti migliorato le
cose!” gli gridai anch’io.
“Natasha, un vampiro non mi dava la caccia! Ci sono
persone che hai fatto esasperare, che hanno provato rabbia nei tuoi confronti!”
Le sue parole erano state lame. Anche perché era vero; persone mi odiavano per
questo. Avevo buttato all’aria tutto quanto.
“È proprio per salvare certe persone che sono scappata!”
sbottai ancora alla fine. Jacob stava per ribattere, ma io lo fermai
“Ma mi sono pentita! Ho capito che non potevo farcela da
sola! Che… così avrei fatto molto più male di quanto non volessi fare.” Jacob
non rispose. Respirò profondamente e attimi di lungo silenzio si susseguirono
prima che parlasse. Quando parlò non toccò più questo argomento; forse aveva
capito. Tuttavia toccò un argomento non meno pungente.
“Allora era lui il vampiro che è morto” Aveva cambiato
argomento; era ripassato di nuovo a JJ. La cosa che mi fece da subito
infastidire moltissimo era il fatto che sembrava quasi contento di questo.
“Che peccato” disse per niente dispiaciuto. Non ressi.
“Smettila Jacob! Non capisci!” gli urlai con rabbia.
Perché non voleva ancora capire, dannazione!
“Capisco che se lo avessi trovato sotto mano lo avrei
ucciso io!” Non si era ancora arreso e continuava a giudicarlo.
“Mi avresti fatto soffrire, ancora…” Questa volta glielo
volevo far pesare nuovamente, ma non servì.
“Il fatto che sia un succhiasangue e che ti abbia baciata
sono sufficienti. Se poi anche lo sapeva che…” rimase un attimo in sospeso, poi
mi guardò con occhi rabbiosi.
“Non sapeva che tu eri innamorata di me, vero?” Il suo
tono di voce non prometteva niente di buono, ma io annuii lo stesso.
“Ah, bene! È stato fortunato ad essere già morto!” Aveva superato se stesso.
“STA ZITTO! NON PERMETTERTI DI NOMINARE IL SUO NOME!!” gli
urlai. Per la rabbia mi erano venute le lacrime agli occhi. Lui rimase a
fissarmi per alcuni secondi; il suo viso era impassibile, sembrava che mi
stesse studiando.
“Sei cambiata” disse infine.
“No, sono cresciuta! JJ mi ha fatto crescere! Tu con il
tuo comportamento mi avete fatto crescere! Tutta questa storia mi ha fatto
crescere! Ed è bene che cresca anche tu!” conclusi risoluta io. Lo sfidai con
lo sguardo; ero curiosa di sapere cosa avrebbe controbattuto. Anche lui mi
ricambiò quel sorriso di sfida, che a quanto parve accettò.
“Ho solo un dubbio su quello che è successo tra te e
quel…” cominciò sospettoso “Non capisco perché che tu non l’abbia respinto.” Mi
irrigidii, cercando però di non farlo vedere. Sapeva come controbattermi.
Cercai di rimanere impassibile, continuandolo a guardare negli occhi. Ma come
potevo farlo in questo momento?
“‘Perché non l’hai respinto?’. È una domanda che vorrei
farti” fece un respiro profondo; il suo tono era straordinariamente neutro “ma
che non farò, perché… ho come la strana sensazione che non mi risponderai, non
perché la risposta sarebbe negativa per me, ma perché non credo che tu conosca
la risposta…correggimi se sbaglio” Mi ero irrigidita; cercavo di non esprimere
alcuna emozione, anche perché non sapevo neanche io cosa fare. Anche Jacob
aveva capito i miei problemi, come io i suoi. In quel momento mi convinsi che
queste erano veramente anime gemelle. Fui quasi rassicurata da quel pensiero,
che riuscì a commuovermi per unmomento.
Scossi la testa. Era strano, ma mi sentivo stranamente rilassata; Jacob non
voleva una risposta alla domanda cui nemmeno io avevo trovato una risposta e
che continuava a tartassarmi di tanto in tanto la testa. Alzai la testa verso
di lui.
"Promettimi che non parleremo più di JJ" dissi
convinta. Non so se un giorno avrebbe cambiato idea sul suo conto. Lo speravo.
Ma fino a quel momento non volevo sentire da lui nessuna parola sul suo conto.
Sarebbe stata di sicuro una pesante critica. Avrei preferito che lo
dimenticasse, piuttosto che continuare a parlare di lui in questa maniera.
D'altro canto, io non l'avrei mai dimenticato; e questo era l'importante. Lui
stette zitto per molti minuti. Alla fine però annuì ad occhi chiusi. Bene.
La sua voce calda, ma terribilmente seria mi fece tornare
alla realtà.
“Dimmi che cosa è successo dopo che tu te ne sei andata
via da casa” mi disse risoluto ed impassibile. Questa volta saltai tutti i
particolari possibili, limitandomi solo ai fatti realmente accaduti; mi fermai
però al momento della sua… ‘morte’. Per tutto il tempo parlai a testa bassa,
cercando di mantenere un tono neutro, mentre anche Jacob tentava di evitare di
farsi prendere dalla collera.
“Sai” iniziò in un sussurro arrabbiato; voleva farmelo
pesare un’ultima volta. “Fu quando riuscii finalmente a capire che mi ero
comportato da vero idiota con te che Charlie chiamò Billy per sapere se tu ti
trovavi a La Push; gli disse che tu eri scappata. Ci ha detto che tua madre era
impazzita e che avevi lasciato due lettere in cui comunicavi la tua scelta.”
chiuse gli occhi “Noi tutti, insieme ai succhiasangue ci mobilitammo per
trovarti. Non fu per niente facile farlo, e ci riuscimmo per un pelo, prima che
fosse troppo tardi” Riuscivo a percepire la rabbia nella sua voce.
“Quando….” Si fermò però subito “Quando…” riprovò, ma
neanche questa volta ci riuscì. Tutto il suo corpo stava tremando, i pugni
stretti, le labbra serrate e gli occhi chiusi. Temetti per un istante che
potesse nuovamente perdere il controllo, ma riuscì a trattenersi. Quando riaprì
gli occhi guardò il terreno che separava me e lui; si trattava di un paio di
metri. Infatti quando lo vidi in quello stato involontariamente retrocedetti di
alcuni passi. Lui l’aveva notato ed ora mi stava guardando con sguardo
malinconico.
“Non succederà di nuovo; so controllarmi” disse in un
sussurro. Ne era certo. Rifece un respiro profondo.
“Quando ti ho vista ho subito pensato al peggio, ho subito pensato che tu fossi
morta, che era troppo tardi.” La sua voce era rotta dal respiro irregolare.
Alzò lo sguardo e mi guardò; rimasi quasi sbigottita da quegli occhi scuri, mi
persi in quel buio non freddo, come di solito è, ma caldo e rassicurante;
quello sguardo era come l’ombra calda che il Sole creava quando finalmente
davanti a sé trovava la Luna in quel fenomeno chiamato Eclissi. E per un certo
senso questa poteva essere un'eclissi; dopo tanto tempo io e Jacob ci eravamo
finalmente ritrovati.
“Anch’io in quel momento ho detto ‘basta’. Anch’io in quel
momento volevo farla finita. Anch’io mi ero stufato. Ho smesso di coordinarmi
con i miei compagni e ho cominciato a fare di testa mia. Era come un ordine a
cui non potevo disubbidire, che non concordava con il piano d’attacco che
avevamo in mente. La mia reazione fu del tutto imprevista e sorprese sia i miei
compagni, che i succhiasangue. Quando ho scoperto di non essere morto, presi
una bella sfuriata da Sam e gli altri; erano parecchio delusi di questo mio
comportamento.” Fece un altro respiro profondo. “Riuscii ad uccidere un bel po’
di quegli strani animali, ma… andai un po’ troppo oltre. In quel momento non mi
importava se sarei morto, visto che pensavo che lo fossi anche tu. Ti avevo
perso, volevo tentare il tutto per tutto. Venni ferito gravemente, ma non mi
fermai. Loro ti avevano ucciso, dovevano pagare con la stessa moneta.” Le sue
ultime parole mi fecero rabbrividire; il suo tono era basso e minaccioso. Ed
avevo lo sguardo di un lupo inferocito. Quando però posò nuovamente lo sguardo su
di me tornò ad essere come quello che mi rivolgeva sempre. E mi stava
sorridendo.
“Quando cedetti, esausto, quando ero sicuro di morire,
quando il dolore delle ferite era troppo e ti vidi…” quel sorriso si allargò
“Sapevo che stavo per morire, stavo soffrendo, anche tu stavi soffrendo, ma… io
ero felice. Non eri morta, tu, non eri morta.” Abbassò lo sguardo.
“Stona dire che mi sentivo come rinato, vero?” disse
malinconicamente allegro. Il suo tono era strano. Capii perfettamente le sue
parole. Abbassai lo sguardo anch’io.
“Anch’io mi sono sentita felice. Ti stavo vedendo morire,
ma mi sentivo felice. Anche quando avevi chiuso gli occhi, vederti lì,
immobile, ma sereno… mi sentivo felice. Quando mi hai chiesto scusa e ti sei
pentito, quando mi hai detto ‘ti amo’” alzai lo sguardo, sorridendo “Sapevo che
ti avevo ritrovato.” Lui mi sorrise, ma io non avevo nessuna voglia di
sorridere.
“È dopo che ho sentito dolore” dissi stringendomi le
spalle “È dopo che ho sofferto.” La mia bocca si era contratta in una smorfia e
le mie sopracciglia erano contratte al solo pensiero di quei ricordi; era di
quelli che avevo paura, erano quelli che non volevo raccontare a Jacob. Anche a
lui il sorriso scomparve.
“Anche per me il dolore è venuto dopo…” Passarono attimi
di lungo silenzio, dove ognuno era perso nei propri ricordi. Dopo tanto tempo
diedi un’occhiata al paesaggio. Certo, non era cambiato, ma notai che il sole
stava ormai tramontando. Era il crepuscolo e mamma sarebbe tornata a casa a
momenti. Sembrava assolutamente irrilevante in quel momento. Ritornai ai miei
pensieri. Già, quello che era avvenuto dopo. Mi strinsi ancora di più le
spalle.
“Sai, non sei solo tu il mostro…” sussurrai attirando la
sua attenzione. La sua espressione era confusa.
“Cosa intendi dire?”
“Anch’io ho perso il controllo quando ti ho visto… morire.
Non so nemmeno io cosa sia esattamente successo. Non te l'hanno detto?” Lui
scosse la testa.
“Mi hanno detto che quell… Marte ed i suoi succhiasangue
era morti. Stavano anche per dirmi come, ma non appena mi hanno detto che tu
eri...” fece un breve pausa “morta, non ho più voluto ascoltare niente.” Mi
guardò con sguardo penetrante “Raccontami quello che è successo.” Io scossi la
testa; su questo proprio non mi sentivo di discutere. Lui rimase sorpreso.
“Perché no?”
“Te lo puoi far raccontare da Sam, o da qualcun altro?”
gli chiesi in un sussurro. Ora sembrava perfino preoccupato.
“Abbiamo detto di raccontarci tutto e…”
“Per piacere, Jacob. Loro sapranno spiegartelo meglio di
me.” Forse era stato il mio tono di voce tentennante a convincerlo, oppure i
miei occhi irremovibilmente bassi, fatto sta che non continuò più a incitarmi a
raccontare quei momenti. Voltai la testa dalla parte opposta alla sua, in
attesa che dicesse qualcosa. Ma continuava a non parlare. Speravo che non
toccasse nuovamente quell’argomento. Tuttavia il suo silenzio mi rendeva
ansiosa. Tentai di incrociare il suo sguardo, ma ad accogliermi fu una sorpresa
che non mi piacque per niente. I suoi occhi erano furiosi e le sopracciglia aggrottate,
le labbra serrate. Stava fissando il mio collo. Il mio collo? Ma se c’era il
maglioncino che… Di colpo mi fermai; invece di toccare il maglioncino toccai la
pelle del mio collo. Questo voleva dire che la bruciatura che mi aveva
procurato Marte era in bella vista. Era ciò che Jacob stava vedendo in questo
momento.
“ma cos..” sussurrò impercettibilmente avvicinandosi a me.
Mi obbligò ad alzare il collo e con le sue mani calde mi scostò il maglioncino.
Cercai di ribellarmi, ma era un colosso in confronto a me.
Sentii le sue mani calde farsi strada sul mio collo e
tirare il maglioncino, per constatare fino a dove arrivavano quelle macchie. Mi
ricordai di quella volta a Volterra e mi vennero i brividi pensare che sarebbe
successo lo stesso adesso. Un sonoro ‘crack’ mi fece rinvenire dai miei
pensieri insieme ad un insistente vento gelido che colpì la parte superiore del
mio corpo. Jacob mi aveva strappato il maglioncino. Ora i brandelli di quel che
ne rimanevano giacevano a pochi metri da me. Mi guardava il collo, le braccia e
le mani con aria mutevole; uno strano misto di rabbia e terrore. Ed era ben
diversa da quella che ricordavo aveva la scorsa volta. Tornò a guardarmi negli
occhi. Nonostante il fatto di essere andata volontariamente da Marte in teoria
dovesse essere per lui più grave di esserci andata senza volerlo, lui non si
infuriò come prima. Rimase zitto, immobile ed impassibile a fissarmi. Quello
sguardo però era molto peggio della sua furia. Sembrava inespressivo, ma
tremendamente penetrante. Dovetti abbassare lo sguardo. Il venticello che
soffiava mi obbligò a prendermi le braccia; se non fosse stata per il reggiseno
che indossavo sarei stata nuda. Cominciai anche a tremare.
“Natasha, guardami” disse furioso. Io lentamente tornai ad
alzare lo sguardo. Non riuscivo a reggere alla tensione. Cominciò a parlare,
continuando a mantenere quello sguardo.
“Quando venni a sapere che tu eri morta e come, quando ho
scoperto di non essere morto, sai cos’ho pensato, Natasha?” fece una pausa per
lasciarmi rispondere alla sua domanda. Io però stetti zitta, era evidente che
fosse una domanda retorica.
“Natasha, rispondi!” A quanto pareva voleva che io
rispondessi. Scossi la testa, mentre riabbassavo lo sguardo. Lui mi venne
vicino e mi prese il mento in una ferrea stretta, obbligandomi a guardarlo in
faccia. Dopo solo pochi secondi la sua presa mi faceva male, ma lui continuava
a mantenerla.
“Ho pensato ‘Che cosa ho fatto di male per avere un imprinting
con quella stupida idiota’. Per la prima mi sono vergognato di te. Per la prima
volta ti ho odiato. Sai cosa significa questo, Natasha?!” Il suo tono si era
alzato di un’ottava ed era più furioso che mai. Io continuavo a guardarlo
perché ero obbligata a farlo. Mi sentivo le ciglia bagnate dalle lacrime. Che
cosa ho fatto di male per avere un imprinting con quella stupida idiota. Le
sue parole continuavano a rimbombarmi in testa. Davvero le aveva dette? Sì,
questa volta sembrava serio. Feci un respiro profondo e le riscacciai indietro.
Dovevo essere coerente con me stessa; non mi sarei mai pentita del mio gesto,
per tanto non mi dovevo pentire nemmeno delle conseguenze. Facendo quello che
avevo fatto, non mi era importato di loro, perchè in quel momento ero sicura
che non ce ne sarebbero state e che tutto si sarebbe risolto a mio favore. Ma
le cose non erano andate proprio così; non ero morta, ma si era creduto di sì.
Sapevo quali erano, ed ora dovevo affrontarle; erano proprio l'odio da parte
delle persone che fino ad ora avevano cercato di proteggermi. Ma non avevo
immaginato, non avevo immaginato che potesse essere così difficile. Perché non
avevo pensato che potesse essere proprio Jacob ad odiarmi. Non mi ero preparata
alla sua reazione; credevo che fosse morto e non immaginavo che mi potesse dire
queste parole.
“Perché, Natasha, perché l’hai fatto? Perché hai voluto
ucciderti?!” sentivo la sua voce rotta da singhiozzi. Mi si formò un groppo in
gola, ma cercai di inghiottirlo. Dovevo ancora riprendermi dalle sue parole.
Rimasi zitta. Non credo avrebbe capito quello che avevo provato in quei
momenti. Non credevo avrebbe capito quella strana rabbia, ciò che mi aveva
spinta a compiere quel gesto. Di una cosa però ero più che sicura...
“Io… io non credo che l’avrei fatto se tu fossi vivo”
risposi io. Lui rimase allibito.
“NO! Non dovevi farlo perché credevi che io fossi morto!
Non avresti dovuto farlo comunque! Sei stata un’incosciente!” Aveva cominciato
ad urlare. Arretrai a causa del rumore troppo vicino. Alzai lo sguardo e lo
guardai turbata e seria con occhi di sfida.
“Anche tu ti sei comportato da incosciente, anche tu
dovevi cercare di mantenere il controllo quando mi hai visto lì distesa, anche
tu non avresti dovuto farlo comunque, anche se credevi che fossi morta!” Ben
decisa gli rinfacciai ciò che era successo nel nascondiglio di Marte. “Tu ti
sei comportato come me!” continuai. Lui rimase allibito e sorpreso.
“Che cosa diamine stai dicendo, Natasha?!”
“Sto dicendo che non sarei andata volontariamente da lui,
se tu non fossi morto; perchè ci saresti stato tu, lì con me. E non ti avrei
mai abbandonato!”
“Io non avrei perso il controllo se tu non fossi scappata,
per così morire!” Oh no. Quel pensiero che aveva per un attimo invaso la mia
mente poco prima dai Cullen.
“Io non sarei scappata, se tu fossi stato vicino a me…”
ribadii. Jacob aprì bocca, ma non uscì alcun suono. Avevo vinto io. Vinto? Bhe…
era un termine troppo fuori luogo; non avevo vinto proprio niente. Lui abbassò
la testa e lasciò il mio mento. Sembrava riflettere su quello che avevamo
appena detto.
“Quindi… quindi è colpa mia…è…colpa mia se tu…” Il suo
tono era diventato improvvisamente neutro e aveva cominciato ad arretrare da me
tremando leggermente. Io gli andai più vicino; la sapevo lunga sulla frase ‘È
tutta colpa mia’. Gli presi le spalle. Al quel contatto lui alzò la testa verso
di me. Aveva gli occhi più lucidi del normale.
“Non sarei mai scappata se non fosse stato per Marte” gli
dissi guardandolo negli occhi. “Non è colpa tua” Lui però non sembrava essersi
calmato per niente; era ancora turbato.
“Ho come la sensazione che tu l’abbia fatta più grossa di
me…” rispose
“Stranamente anch’io… forse perché la posta in gioco nel
mio caso era più alta…”
“Ah…ecco…grazie per avermelo ricordato…”
“Ma tutti e due ci siamo comportati nello stesso modo…”
precisai.
“Tu però dovevi cercare di essere più intelligente di me…”
continuò. Io lo guardai storto.
“Come puoi dirmi una cosa del genere, se tu per primo non
l’hai fatto?” Lui non rispose. Poco dopo ritornò a guardare le mie macchie
color caffellatte.
“Io mi sono procurata queste, mentre tu sei… ‘morto’ ”
affermai io, per evidenziare il fatto che eravamo stati 'marchiati' da
quell'esperienza entrambi. Ispezionai il suo corpo in cerca di quelle profonde
ferite che avevo visto, ma non notai niente di simile. Era forse questa la
velocità per rimarginare le ferite dei licantropi?
“Racconta” disse con una sola parola. Io cominciai a
raccontare da quando mi ero svegliata a casa Cullen, evitando accuratamente il
dialogo con Edward. Gli raccontai dello scontro a grandi linee, della diga e di
come mi ero ritrovata improvvisamente a Rubin Ocean Beach. Gli raccontai
persino la discussione con mamma.
“Io ho finito, ora tocca a te” gli dissi a testa bassa.
Lui prese un respiro profondo. Sembrò in qualche modo più sollevato. Non gli
davo torto, anch’io provavo le sue stesse emozioni. Questa conversazione stava
finalmente per finire. Provavo però qualcos’altro, paura forse. Già, avevo
paura che questa conversazione, insieme ai fatti accaduti, avrebbe potuto
inclinare qualcosa nel mio rapporto con Jacob. Io invece volevo che tornasse
tutto come prima.
“E' successo proprio stamattina. Quando… morii, per così
dire, credevo di essere veramente morto. Non pensavo proprio di potermi
svegliare. Era stata davvero una strana sensazione, come se avessi dormito.
Quando vidi Paul però dovetti ricredermi, non ero morto. Il più confuso dei due
credevo di essere proprio io, soprattutto quando mi accorsi di essermi svegliato
in una bara. Mi sentivo così confuso… non riuscivo a capire cosa fosse
successo.” Fece una pausa ed un sorriso si allargò sulla sua bocca.
“È stato davvero divertente; Paul si è messo ad urlare
come una bambina di cinque anni” aveva cominciato a sghignazzare, ma si fermò
subito.
“Anche Sam e gli altri quando mi videro
furono…bhe…sorpresi è un eufemismo. Non ci capivamo assolutamente niente; come
potevo essere vivo? Andammo quindi immediatamente dai Cullen. Quando arrivammo
a casa loro fummo tanto felici, quanto sorpresi di vederli intenti a
traslocare.” I Cullen quindi se n'erano andati, da poco. Pocchissimo. Io
strinsi i pugni; non ero per niente d’accordo su ciò che aveva detto Jacob, ma
non lo interruppi.
“Nessuno ci degnò di uno sguardo, solamente il capo gruppo
ci parlò” Intuii che si trattasse di Carlisle.
“Fu di poche parole, ma riuscimmo a capire che il motivo
per cui io non ero morto era legato al sangue che avevo assunto quando ti ho
ferita. Dava strane capacità hai vampiri, quindi poteva farlo anche con i
licantropi.” Alzò la testa e mi inchiodò con quello sguardo. Era tornato sereno
e felice.
“Quindi se io sono ancora vivo è grazie al tuo sangue”
ribadì ancora. Non continuò a parlare, ma rimase zitto, continuando a fissarmi
negli occhi. Io ne uscii con una smorfia.
“Tu non sei morto grazie alle capacità del mio sangue; io
non sono morta molto probabilmente grazie alle mie capacità. Tutta questa
storia è iniziata a causa delle mie capacità.” Feci un sorriso di scherno. “Non
è tutto assolutamente assurdo?”
“È tutto assolutamente finito” ribadì lui. Io allungai il
mio sorriso. Aveva assolutamente ragione. Jacob ritornò improvvisamente serio.
“Non è tutto… ci dissero che l’alleanza era finita. Non ce
n’era più bisogno; Marte era morto... insieme a te" Fece davvero una
grande fatica a pronunciare queste parole. "Ci dissero che eri stata tu ad
ucciderlo, ma... che eri morta." Fece un respiro profondo.
"Pensavo di vivere un incubo. Pensavo che fosse tutto
così ingiusto; morivo dalla voglia di vederti, invece quando seppi questa
notizia, volevo morire e basta." Lui mi guardò malinconico "Sai cosa
ho potuto provare" Io anuii. Lui abbassò lo sguardo.
"Ero distrutto. La mia anima gemella era morta.
Questa volta davvero. Mi allontanai immediatamente dal gruppo. Questa volta non
sarei scappato, volevo solo rimanere solo. Non li volevo credere, non volevo
accettarlo. Io sapevo che tu eri viva, me lo sentivo. Per questo quando ti ho
vista qua non ho fatto molta fatica ad affermare che non eri un miraggio. Il
mio istinto mi obbligava a credere che tu fossi viva. E così è stato." Si
fermò per prendere fiato. Ebbi un attimo di esitazione; io ero sicurissima che
non sarei morta se avessi sfidato Marte, e così è stato. Jacob invece era sicurissimo
che io non ero morta. Ero più che sicura che fosse la stessa cosa per entrambi;
era tutto così simile. La sua voce mi riscosse.
"Da quando ti ho ferita ho sviluppato come un sesto
senso. Più di qualche volta ho creduto di conoscere le tue sensazioni. Ed è
proprio grazie a questo se ti abbiamo trovato quando Marte ti ha presa. Mi sono
fatto guidare da questo strano istinto; ero sicurissimo che ti avrei trovata. E
così è stato, non ne dubitavo." Mi prese le mani; il calore mi fece
tentennare.
"Sapevo dov'eri. I succhiasangue dicono che è legato
al fatto del sangue, ma io non ci credo. Piuttosto credo che sia dovuto al
fatto che tu sia la mia anima gemella." Io lo guardai negli occhi e
sorrisi. Concordavo assolutamente con lui; non servivano legami di sangue o
altro per confermare l'amore che avevo per lui. Continuandolo a guardare negli
occhi strinsi anch'io le sue mani.
"Ora anch'io ho finito" disse in un sospiro.
Nessuno dei due parlò più. Continuavamo a tenerci le mano e a guardarci negli
occhi. Fui io a parlare per prima.
"Cosa succederà adesso?" mormorai.
"Cosa intendi dire?"
"Tra noi due" Lui abbassò lo sguardo abattuto.
"Vorrei che tornasse tutto come prima"
"Credi davvero che ci riusciremo?" Lui non
parlò. Alzò lentamente la mano verso di me, fino a toccarmi la guancia. Io
chiusi gli occhi e la presi con entrambe le mani, per assaporare al massimo
quel calore. Con Jacob così vicino mi dimenticai di non indossare niente.
Quando aprii gli occhi sussultai; Jacob era vicinissimo. E si stava avvicinando
ancora di più, lentamente. Mi guardava con occhi profondi e quasi esitava.
Finché finalmente non sentii le sue labbra sulle mie, di nuovo. Le mie mani si
spostarono sulle sue tempie, mentre sentivo le sue attorno al mio collo. Chiusi
gli occhi per assaporare appieno quella sensazione di piacere. Quel bacio,
dapprima delicato e caldo, si fece sempre più appassionato. La sua bocca si
schiuse, obbligando a farlo anche alla mia. Sentivo le sue mani stringermi con
forza le punte dei miei capelli. La mia lingua cercò avida la sua e la trovò.
Jacob mi prese il viso con entrambe le mani e me lo premette con più forza
contro il suo. Le sue labbra erano un aprirsi e rischiudersi continuo. Per un
attimo le sue labbra si staccarono da me ed andarono a posarsi sul mio collo.
Per l'azione imprevedibile mi sfuggì anche un gemito. Lui smise dolcemente e
tornò a guardarmi, tenendo le mani attorno al mio viso. Ecco, quello sguardo,
così vicino. Era lo sguardo che mi faceva sempre arrossire. Era da così tanto
tempo che non lo vedevo. Il sorriso che fece venne illuminato dalla luce del
sole, che d'altronde credevo proprio contribuisse ancora di più a darmi più
colorito alle mie guance arrossate.
"Ti amo" mi sussurro. Quasi mi venne da piangere
dalla felicità. Feci un respiro profondo per calmarmi. Era lui; era di nuovo
lui.
"Ti amo anch'io" gli risposi avvinghiando le
braccia attorno al suo collo. Lui mi prese le gambe e mi prese in braccio. Mi
avvinghiai a lui anche con le braccia. Aumentai la presa su di lui più che potei.
Lui se ne accorse.
"Non ti lascierò più andare..." dissi
nascondendo la testa nell'incavo che il collo formava con la spalla.
"Non ce ne sarà bisogno non andrò da nessuna
parte." mi rispose iniziando ad accarezzare la mia schiena nuda. Mi
vennero i brividi a contatto della mia pelle fredda con la sua mano calda.
“Io ho cercato di uccidermi perché ho creduto che tu fossi
morta; tu hai cercato di ucciderti perché credevi che io fossi morto. Siamo uno
peggio dell’altro…” iniziò lui con una strana malinconia nella voce.
“Sono curiosa di sapere quale sia quello peggiore” gli
risposi monotona. Lui fece una piccola risata trattenuta.
“Diciamo che siamo tutti e dei completi idioti in ugual
misura”
“Ecco, così va meglio…” Passarono alcuni minuti di
completo silenzio.
“Sai…” cominciò ad un tratto. “Questa storia mi ricorda
molto…com’è che si chiama…? Ah sì! Romeo…e? Romeo e Giulietta!” A me venne un
sobbalzo.
“Perché?” gli chiesi curiosa.
“Bhe… insomma… anche loro si sono uccisi perché credevano
che l’altro fosse morto, no? Assomiglia moltissimo a quello che è successo a
noi…” Io sbarrai gli occhi. Romeo era morto perché credeva che Giulietta fosse
morta; quando Giulietta si svegliò si uccise perché Romeo era morto. Jacob era
morto perché credeva che Natasha fosse morta; quando Natasha si svegliò si
uccise perché Jacob era morto. Combaciava perfettamente. Certo, non eravamo
morti; non era nostra intenzione ucciderci di propria spontanea volontà.
Abbiamo semplicemente classificato la morte al secondo posto in ordine di
importanza. Noi non eravamo morti, ma, come Romeo e Giulietta, siamo rimasti
insieme. Avevo sempre desiderato di vivere una storia d’amore come Romeo e
Giulietta; avevo sempre desiderato di incontrare Romeo. Ma ero stata troppo
cieca per capire che il mio Romeo era davanti a me. JJ non era Romeo, poteva
sembrarlo, ma non era lui. Jacob era il mio Romeo. I momenti felici che avevamo
passato insieme avevano molto da invidiare a Romeo e Giulietta. Io ero
Giulietta e lui Romeo. Sul mio volto si aprì un grande sorriso a trentadue
denti. Mi vennero quasi le lacrime agli occhi per la gioia.
“Mi perdoni?” disse d'un
tratto. Lo strinsi ancora di più.
“L’ho già fatto, ricordi?” gli risposi. Già, lo avevo già
perdonato quando lui mi aveva detto 'mi dispiace'.
"Tu mi perdoni per quello che ho fatto?" lui
sorrise e mi diede un dolce bacio sulle labbra.
"Lo sai che qualche volta sei proprio noiosa?"
Io gli sorrisi. Fece un respiro profondo, come se, soddisfatto, avesse finito
un lavora a cui teneva particolarmente. Rimasi incantata a guardarlo.
"Quindi tutto come prima?" continuiai io. Quasi
non mi sembrava vero. Era stato come un brutto sogno. Ed ora mi ero svegliata
felice.
"Certo" disse sorridendo. Guardò un punto oltre
alla mia spalla.
"Guarda un po'... è già il tramonto" Ebbi un piccolo sussulto. Mamma
sarebbe arrivata a momenti. Se non mi avrebbe vista si sarebbe arrabbiata
ancora di più. E non volevo deluderla ancora. Jacob notò la mia espressioni
mortificata.
"Cosa c'è?"
"Bhe... sai cosa ho fatto passare a mia madre"
Lui annuì con la faccia da chi la sapeva lunga "Ecco, mi ha proibito di
uscire e quindi se torna e non mi vede si arrabbierà ancora di più..."
"Ma non credi che io faccia un'eccezzione?" mi
disse stringendomi ancora di più. Anch'io ricambiai la stretta. Mi era
impensabile lasciarlo ancora, anche se per poco.
"Purtroppo no..." risposi malinconica.
"Ripeto; ma non credi che io faccia
un'eccezzione?" mi disse con un sorrisetto furbo. Dapprima io non capii e
lo guardai confusa. Poi tutto mi fu chiaro; voleva venire di nascosto.
"Oh!" gli rispsosi con il medesimo sorrisetto
"Certo che sì!"
"Bene..." approvò lui. Pensieroso tornò a
guardare il sole che tramontava.
"Sarebbe meglio se andassi dagli altri; è meglio
avvertirli che tu stia bene." Già... gli altri.
"Anche loro sono furiosi con me?" mugugnai.
"Certo, ti sta bene e tu lo sai" affermò
convinto.
"Lo so" gli diedi ragione io.
"Ti vorranno sicuramente vedere..." Mi nacquero
strane e familiari farfalle allo stomaco.
"Mia madre non mi lascerà andare a La Push."
"Non trovare strane scuse..." mi disse con voce
dolcemente da rimprovero "Credo che Billy riuscirà a convincerla..."
"Io non credo" dissi imbronciata.
Involontariamente mi uscì una voce da bambina. Jacob cominciò a ridere. Mi mise
finalmente giù, tenendomi sempre vicino a sè.
"Verrò stasera, va bene?" O no. Mi stava
lasciando. Era il tramonto e se non mi muovevo mamma mi avrebbe sicuramente
presa in flagrante. Ma non volevo lasciarlo, anche se si trattava di poche ore.
Lo guardai negli occhi; sembrava avere il mio stesso desidero.
"Faccio un po' prima di stasera, va bene?"
"Sì, sì" dissi convinta. Era il compromesso più
elargivo che si poteva ottenere. Anche perchè anche lui doveva andare.
"Allora a dopo" mi disse un poco malinconico. Io
mi avvicinai ancora di più a lui e mi alzai sulle punte dei piedi.
"Un ultimo bacio?" gli sussurai.
"Ehm..." stava guardando goloso le mie labbra,
ma inaspettatamente chiuse gli occhi e si allontanò
"È meglio di no" la sua risposta mi prese
totalmente alla sprovvista. "Se te ne dessi uno non riuscirei a staccare
più le labbra da te. Non mi tentare Natasha" Si avvicinò e mi diede un
lento bacio sulla guancia.
"Ti dovrai accontentare di questo" Un po'
afflitta anuii; era meglio di niente dopotutto. Lo guardai un ultima volta
prima di chiudere gli occhi e teletrasportarmi. Ma un improvviso e gelido
venticello si fece violentemente sentire. Aprii di scatto gli occhi. O no, non
indossavo niente. A causa del calore di Jacob non me n'ero accorta. Svelta
guardai il punto in cui era finito il maglioncino mi diressi verso di quello e
lo raccolsi. Quando mi girai Jacob era ancora lì. La sua espressione mi
confuse; stava guardando me, ma non il mio viso. Stava guardando il mio corpo.
Stava facendo una scanerizzazione completa del mio corpo. Nei suoi occhi c'era
uno strano barlume mai visto prima. Si accorse che lo stavo guardando; dapprima
i suoi occhi furono sorpresi, ma subito dopo si abbassarono imbarazzati. Il suo
comportamento tuttavia non mi mise in imbarazzo anche me.
"Ehm..." cominciò a dire "Beccato in
flagrante" Guardò dall'altra parte "Perdona il diciasettenne
iperormonale che hai davanti." Per poco non si mise a balbettare. Non mi
lasciò neppure rispondere che si girò di nuovo verso di me.
"Scusa per il maglioncino; ehm... avrai freddo"
dicendo questo si tolse la maglietta a maniche corte che raramente indossava e
me la diede. Io la presi e me la misi. Era grande il triplo; ma era intrinsa
del suo odore. Senza vergognarmene presi il colletto tra le mani ed inspirai
quel profumo estasiatico. Tornai a guardarlo con un sorriso.
"Ti amo, diciasettenne iperormonale" e senza
dargli il tempo di fare alcunchè gli diedi un veloce bacio sulle labbra e mi
teletrasportai all'istante.
Mi ritrovai davanti alla porta di casa. La prima cosa che
feci fu controllare che la Volkswagen di mia madre non fosse parcheggiata nel
vialetto. Per mia somma fortuna non lo fu. Entrai di corsa in casa. In salotto
vidi Kathy intenta a rimettere i pezzi di puzzle nella scatola. Mi guardò
appena e rimase sconcertata dalla maglia che indossavo. Triste tornò nella sua
occupazione. Con un sorriso amaro mi diressi verso di lei. Mi sedetti vicino;
era visibilmente triste.
"Tu non mi vuoi bene" affermò lei.
"Perchè dici così?" risposi con un groppo in
gola.
"Me lo dovevi dire il perchè te ne sei andata"
Io riabbassai lo sguardo.
"Se l'ho fatto è perchè ti voglio bene, a te e a
mamma" Lei si girò con occhi furibondi.
"Se allora ci volevi davvero bene dovevi rimanere qua
con noi!" urlò "Appena tornata te ne sei subito andata! Non dirò
niente a mamma, ma mi hai fatto arabbiare! Dovevi rimanere qui con me!" La
sua voce si era fatta singhiozzante.
"Lo so, lo so che sei stata da lui!" continuò
"Tu vuoi più bene a lui che a me!" urlò lei. Io senza pensarci due
volte l'abbracciai forte; nonostante lei cercasse di allontanarsi da me.
"Non lo dire nemmeno per scherzo! Io sono andata da
Jacob perchè non sapeva che io ero tornata!" le presi il viso con entrambe
le mani. Non sapevo se quello che le dissi fosse la verità o una bugia; credevo
nessuno delle due.
"Io ti voglio un mondo di bene, Kathy. Ma sono
successe delle cose che non posso proprio raccontarti" Oramai mi stavo
commovendo anch'io.
"Ti prego Kathy, non domandarmelo più. Non farò più
una cosa del genere, mi credi?" le dissi guardandola dritta negli occhi.
Lei mi continuava a guardare con occhi luccicanti, ma alla fine le sue labbra
si aprirono in un sorriso e mi strinse anche lei.
"Puzzi, va a lavarti" mi disse. Io rimasi a
bocca aperta e le scompigliai i capelli. Questa fu l'unica volta che non diede
di matto. Decisi di seguire il suo consiglio e andai a farmi una doccia.
Mentre mi accingievo a prepararmi mi ritrovai a
canticchiare e volteggiare felice, come una bambina che aspetta il giorno del
suo compleanno. Ancora facevo fatica a crederci; dopo tutto quello che era
successo ora tutto si era finalmente risolto. Ed io e Jacob potevamo stare
finalmente insieme. Mi misi sotto il flusso caldo della doccia e mi rilassai.
Fin dal primo getto sentii tutti i muscoli del mio corpo stendersi. L'acqua,
purtroppo, favoriva enormemente anche il mio flusso di pensiero. In questo modo
mi suggerii che non tutto era rose e fiori. I Cullen. Da quello che avevo
capito se n'erano andati proprio oggi. Jacob non me ne aveva detto il motivo,
ma ero più che sicura che la causa fossi io; non avevano più niente da fare lì
a Forks se io ero morta. Infatti, a quanto pareva non sapevano che io fossi
viva. E non era tutto; c'era JJ. Un po' me ne vergongnavo; da quando Jacob
era... 'morto', non avevo mai pensato a lui. Sembrava che JJ non fosse più
importante come prima, ma non era assolutamente vero! Certo, la 'morte' di
Jacob mi aveva scandalizzato molto più di quella di JJ. Ed ora che sapevo che
Jacob non era morto, non pensavo a lui comunque, troppo felice di stare con
Jacob. Mi sentivo davvero una persona ignobile. Io volevo bene a JJ, come
amico. Pensai un attimo a cosa avevo di lui, di materiale, per ricordarmelo.
Giunsi alla conclusione che ne avevo solamente il ricordo. Sarebbe stato più
forte del tempo o lo avrei dimenticato? E poi c'era quel bacio. Dire che non
era stato bellissimo avrei mentito a me stessa. Ma... perchè? Perchè non
l'avevo respinto?! Una risposta doveva esserci! Ormai tutta la mia euforia era
nuovamente diminuita. Feci un respiro profondo. Non cambiò niente. JJ. JJ. Il
suo nome continuava a risuonarmi. Mi mancava davvero. Avevo scoperto che non
era il mio Romeo, ma una delle persone più speciali che avessi ami conosciuto.
E non solo lui. Anche i Cullen mi sarebbero mancati. Ebbi un'improvvisa idea.
Uscii dalla doccia, mi asciugai e mi vestii velocemente. Andai dritta in
mansarda; lì tenevamo le cose che non sapevamo dove mettere, ancora negli
scatoloni del trasloco. Ne aprii un bel po', prima di riuscire a trovare quello
che cercavo. Quando finalmente trovai quello che cercavo sorrisi. La posizionai
e l'accessi.
Quando finii e scesi mamma era appena tornata. Sapevo che
non mi era permesso uscire, ma per questa volta credevo che avrebbe accettato.
"Ciao mamma" dissi quando la vidi.
"Ciao Natasha" mi disse indaffarata a togliersi
il capotto e mettersi vestiti più comodi.
"Pensavo..."
"Natasha, cosa vuoi?" mi disse mia mamma con
mezzo sorrisino sulle labbra. Mi conosceva davvero bene.
"Potrei andare a trovare l'ispettore Swan?"
"Natasha, sei in punizione" mi ricordò mia madre
severa.
"Lo so, ma pensavo che almeno questa volta me lo
avresti lasciato. Credevo che gli avrebbe fatto piacere vedermi di
persona..." le disse facendo finta di nulla. Lei mi lanciò
un'occhiataccia.
"Solo per questa volta" io le sorrisi e uscii di
casa. Corsi verso la mia bicicletta bianca. La mia cara bicicletta bianca, ora
nuova di zecca.
Grazie ad un meccanico vanitoso e intraprendente. In men
che non si dica arrivai a casa Swan. La vista della sola macchina della polizia
mi diede un po' di maliconia; sapevo che Bella ora si trovava a Vancouver, ma
sapevo anche che non sarebbe tornata a Forks, ma avrebbe seguito i Cullen. Mi
avvicinai alla porta di casa Swan e suonai il campanello. Solamente dopo un
paio di minuti Charlie mi venne ad aprire. Il suo volto era sciupato e stanco,
tanto da farlo sembrare più vecchio di quello che era. Non appena mi vide però,
sul suo viso si dipinse un sorriso che lo fece sembrare di dieci anni più
giovane.
"Oh, Natasha..." Aveva una strana malinconia
nella voce e nello sguardo. Potevo quasi indovinare quello che in questo
momento Charlie pensava. 'Questo proprio non me lo aspettavo da lei'.
"In persona" mormorai io. Lui scosse la testa e
si appoggiò sullo stipide della porta.
"Prima Jacob, ora tu..." Mi guardò
improvvisamente, come se avesse appena avuto un'illuminazione.
"Natasha" iniziò greve "so che già da molto
tempo hai iniziato a frequentare Jacob. Non vorrei che quel ragazzo abbia avuto
un brutto ascendente su di te..." Io scossi immediatamente la testa.
"Non si preoccupi, Charlie, Jacob non c'entra"
mentre però lo dicevo non mi sembrò del tutto sincero "come intende
lei" mi affrettai ad aggiungere. Non sembrò molto convinto; bhe, era un
ispettore di polizia, no?
"A cosa devo la tua visita" disse per cambiare discorso.
"Bhe... pensavo che farmi vedere non sarebbe stata
una cattiva idea..."
"Ed hai pensato bene" disse con un mezzo sorriso.
"E poi volevo darle questa" dicendo questo tirai
fuori dalla mia borsa a tracolla la videocassetta che avevo appena registrato.
"Vorrei che la desse a Bella" gli chiesi
gentilmente. In realtà era diretta per tutti i Cullen, ma dentro avevo messo un
biglietto che spiegava tutto. Charlie l'avrebbe inviata a Vancouver, da Bella,
che l'avrebbe data ai Cullen. Lui sospirò.
"Lo farò"
"Lei non sa niente di me? Del mio ritorno?" Che
si traduceva 'della mia resuscita'.
"No, ma la chiamerò subito per dirle..."
"No! Vorrei che non lo facesse! Glielo vorrei dire io
con questa videocassetta" gli spiegai. Dopo un attimo di esitazione
Charlie annuii.
"Credo tu non sappia la grande notizia" mi
comunicò sospirando. Io scossi la testa.
"Bella ed Edward hanno stabilito di nuovo la data del
matrimonio" I miei occhi si illuminarono.
"Ma è una splendida notizia!"
"Già..." Charlie non sembrava essere felice all'idea. Forse per un
padre è difficile accettare il fatto che una figlia così giovane si sposi,
oppure è probabile che abbia avuto qualche controversia con lo sposo. Infatti
all'inizio Edward non mi stava particolarmente simpatico; poteva valere anche
per lui.
"Si sposeranno quest'estate. Credo che Bella ti
inviterà di sicuro..."
"Io credo di no" rispsosi questa volta io poco
felice all'idea "Abbiamo... litigato e non so se..." Charlie scosse
la testa. Indicò la videocassetta.
"Gliela darò sicuramente. Grazie ancora moltissimo
per la visita, Natasha"
"È stato un piacere" risposi. Il secondo dopo la
porta si chiuse. Feci un respiro profondo prima di salire sulla mia bicicletta.
Questa era fatta. Mi sentivo più sollevata. Speravo tanto che i Cullen vedendo
quella videocassetta avrebbero capito.
Arrivai a casa in pochi minuti. Rimisi a posto la
biciletta ed entrai immediatamente in casa. La cena era già in tavola. Mangiai
tutto con gusto e non fui impaziente di andare in camera mia, dove tra poco
Jacob sarebbe sicuramente venuto. Invece aproffittai di quei momenti
godondomeli tutti insieme alla mia famiglia. Ancora una volta mi ricordai che
non ero sola e che quelle persone mi sarebbero state sempre vicine. Era da
tanto che non stavo così bene in famiglia. Mi ero infatti sempre tenuta tutto
dentro, senza comprendere che c'erano state persone che mi avrebbero potuto
confortare con le loro risate, i loro gesti, anche solo con la loro voce.
Sapevo di aver sbagliato, e non avrei commesso lo stesso errore due volte.
Aspettai con calma che tutti avessero finito di cenare e sparecchiai. Proposi
anche una partita a carte, proposta che venne accolta con grande gioia da mi
sorella e che con altretta gioia venne vinta, da mia sorella. Finalmente mi
decisi ad andare in camera mia. Mi sedetti sul letto, mentre aspettavo con
impazienza l'arrivo di Jacob. Mi tremava il piede e tamburellavo impaziente le
dita sul cuscino. Mi trovai a pensar cosa avrei fatto domani. Sarei andata a
scuola, certo, ma chissà cosa sarebbe successo. Di sicuro la notizia della mia
fuga si sarebbe sparsa. Come avrebbero reagito tutti quanti? Sicuramente mi
avrebbero guardata con aria curiosa e sempre guardandomi avrebbero sparlato di
me. Ma di loro poco m'importava. Colei che mi preoccupava era Yasumi; non
potevo assolutamente prevedere le sue reazioni. Avrebbe reagito in modo molto
originale, come portare a scuola un cartellone di benvenuto o simile,
assaltarmi prendendo la rincorsa buttandomi a terra, o forse anche, peggio di
tutto, una festa in mio onore. Oppure tutto questo in una volta sola. E allo
stesso modo si sarebbe comportato Jason, ne ero sicura, criticando ogni cosa
che avrebbe fatto Yasumi. Tra i tre però quello che mi preoccupava era Matthew;
certo, sapevo che entrambi si sarebbero proccuapati di me. Ma di lui... Aveva
sempre intuito qualcosa che non andava. Avevo paura della sua reazione.
Conoscendolo mi avrebbe sicuramente tirato in disparte e mi avrebbe parlato a
quattrocchi. Comunque sia dovevo delle spiegazioni a tutti e tre ed ancora
adesso non ero pienamente convinta di ciò che avrei fatto.
Un improvviso rumore mi distrasse dai miei pensieri. Non
capii però cosa fosse; proveniva da fuori, ma non era chiaro. Mi avvicinai
quatta alla finestra e qualcosa la colpì. Feci quasi un salto all'indietro
quando mi accorsi che c'era una persona oltre quel vetro. Chi poteva essere se
non lui. Gli aprii immediatamente e lo feci entrare. Sul suo viso scintillava
uno splendido sorriso, ed anche sul mio. Prima ancora di poter aprire bocca lui
mi mise davanti qualcosa. Era un fiore, uno splendido girasole. Giallo e
splendente come il sole che avevo davanti. Il mio sorriso si aprii ancora di
più. Mi alzai sulle punte dei piedi per ricevere un bacio, che non tardò ad
arrivare.
Fu un semplice e dolce bacio; era perfetto per cominciare.
Mi diressi verso il vaso che tenevo ancora sul comodino. Lo misi dentro; ero
anche decisa ad andare a riempirlo d'acqua, ma le sue braccia mi afferrarono.
"Tu non vai da nessuna parte" mi susssurrò
appena sotto l'orecchio. Il suo fiato sul mio collo mi fece il solletico e mi
lasciai andare in una piccola risata. Senza alcun problema mi prese e mi buttò
letteralmente sul mio letto. Certo, non era stato il massimo della galanza, ma
proprio per questo era perfetto, tutto perfetto. Mi sentivo euforica. Jacob era
di nuovo accanto a me. Distesi entrambi sul mio letto lo abbracciai,
lanciandogli le braccia intorno al collo.
"Lo sai, sono una persona stupenda" cominciò a
vantarsi sarcastico lui. Io lo guardai comicamente di sottecchi.
"E perchè mai?"
"Forse ne dubiti in qualche modo?" insinuò
ironico lui.
"Dipende da cosa ti fa una persona stupenda" Lui
cominciò a darsi parecchie arie.
"Ho raccontato quello che è successo con te agli
altri. Ovviamente alcune parti le ho saltate" precisò lui "Sono
ancora parecchio delusi e furiosi, ma non come prima" Mi guardò negli
occhi "Insomma, non ti mangeranno" Io non ero molto felice all'idea
di poterli incontrare; furiosi o meno furiosi.
"Ma quando li rincontrerò si arrabieranno" Lui
sbuffò.
"... ma ti perdoneranno come ho fatto io"
"Hai già convinto in qualche modo mia madre?"
"Ha già pensato tutto Billy; non ci saranno scuse..." disse
stringendomi ancora di più a sè.
"E poi..." continuò "ti ricordi quel
vecchio invito alla spiaggia, l'incontro dei Quileute, i racconti del nostro
popolo?" Io annuii; mi ricordavo che mi aveva invitato ad un incontro del
genere, tanto tempo fa, quando ancora non ci eravamo dichiarati, ma che
purtroppo, per tristi cause passate, non si era potuto verificare.
"Lo voglio rilanciare" Io rimasi confusa.
"Aspetta... mi vuoi dire che dopo l'infuriata che mi
faranno i licantropi, ci sarà un incontro alla spiaggia a cui parteciperò
anch'io?"
"Proprio così" Io rimasi sorpresa.
"Ah... Non devo allora essere così infuriati"
"Io te l'ho detto" mi fece lui. Era come stare
in paradiso. Il suo calore mi coccolava mentre le sue braccia continuavano a
stringermi. Quando alzai lo sguardo su di lui però la sua espressione si era
fatta improvvisamente neutra. Sentivo i muscoli tesi. Intuii che era nervoso.
"Sai..." mormorò "ho visto nei pensieri di
Sam cosa hai fatto dopo che io sono...bhe...'morto'" Sentii la sua stretta
stringersi ancora di più alla mia. I miei pugni si contrassero attorno ai suoi
capelli. Aveva visto il mostro che ero stata; il mostro che neppure io avevo
visto in faccia. Non volli guardare il suo viso.
"...ero un mostro..." affermai.
"No" fu subito la sua risposta ferma. Mi prese
il mento con entrambe le mani e mollò la presa su di me.
"Ascoltami bene Natasha" cominciò serio
"Quella non eri tu e non voglio che tu contrabatta in alcuna maniera, sono
stato chiaro?" Jacob metteva una certa soggezzione in quel momento. Non
ero del tutto d'accordo con lui, ma non osavo aprire bocca. La sua espressione
tornò quella di prima e continuò a stringermi forte.
"Dimentichiamoci di questa storia, va bene? Facciamo
che tutto ritorni come prima..."
"La nostra storia è andata avanti insieme a questa di
storia..." precisai io, dolcemente soffocata dalle sue braccia.
"Allora sono pronto a ricominciare da capo"
continuò lui. Si allontanò da me di alcuni centimetri e mi tese la mano.
"Piaciere, Jacob, maledetto motociclista pericoloso e
sfacciato e meccanico vanitoso ed intraprendente" Io risi con gusto
ripensando ai vecchi tempi.
"Natasha, grande amante dei motociclisti" gli
strinsi la mano; lui però mi fu subito addosso. Si distese letterlamente sopra
di me, incominciando a baciarmi il collo. Le mie mani si strinsero attorno ai
suoi capelli; dopo il collo risalì verso l'alto, passando al mento, alle
guance, al naso, alla fronte, riservando la bocca per ultima.
"Vedo che siamo passati subito al sodo, signor
motoclista pericoloso e sfacciato"
"Odio le formalità" rispose lui in un sorriso.
Lui si distese sulla schiena e questa volta fui io a sdraiarmi su di lui. Era
comodamente disteso sul mio letto, braccia sotto il collo; io appoggiai la mia
testa sulle mani ed i gomiti sul suo petto, mentre, ginocchia sulle sue gambe,
muovevo leggermente i piedi avanti ed indietro. Il suo torace era ampio
abbastanza per farmi stendere completamente.
"Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?" iniziai
con lo sguardo perso nel vuoto "Mi stavi quasi per investire" Lui
sbuffò.
"Ma se non ti avevo nemmeno vista!"
"Appunto!" gli dissi dandogli un'occhiataccia.
"E poi quel gelato faceva schifo"
"Concordo"
"Ma sei stato gentile a ripararmi la bici" Lui
sbuffo.
"Quanto sei noiosa!" disse lui. Io sorrisi. E lo
guardai negli occhi.
"Lo sai, sei cambiato tantissimo da quando ti sei
dichiarato. Romantico da far paura"
"Bhe... ti piace questo genere di cose, e poi... se
so che ti fanno piacere le faccio volentieri. Dopo un po' di tempo mi venivano
persino spontanee" Continuai a guardarlo con un sorriso.
"Qual'è stato il momento passato che ti è piacciuto
di più?" gli chiesi "E non rispondermi 'ogni momento è stato bello
insieme a te'!" Lui fece un sorriso sornione; voleva dirmi esattamente
questo.
"Dimmi prima il tuo"
"Quando mi hai pettinato i capelli" dissi senza
pensarci un attimo. Era stato stupendo. Lui invece sembrò pensarci un po' di
più.
"Quello che è successo dopo" Cominciai a
pensarci. L'incontro con i Quileute, il bacio, anzi no, i due baci sulla
spiaggia, il tocco sulla mia schiena, il bagno in mare. Aveva ragione anche
lui. Appoggiai la testa sul suo petto e sentii la sua mano toccarmi con cura i miei
capelli.
La sua mano scese verso la mia schiena. Io chiusi gli
occhi e sorrisii; mi stava facendo il solletico. Dopo alcuni minuti mi staccai
da lui e mi misi al suo fianco. Aveva cominciato a fare davvero troppo caldo.
Però proprio quando decisi di alzarmi Jacob aveva tutte le intenzioni di
alzarmi un poco la maglietta per accarezzarmi la pelle. Quando infatti lo
guardi in faccia, non appena mi misi accanto a lui, i suoi occhi erano
leggermente malinconici. Forse... credeva che mi fossi spostata perchè non
volevo che mi toccasse? Se fosse stato così allora aveva capito male. Posai
dolcemente la mano sulla sua guancia. Era calda, ma morbida. Con il palmo
sfiorai tutto il suo profilo, fino ad arrivare al collo, scendendo poi giù fino
a raggiungere la clavicola. Ma non mi fermai; la mia mano continuò a scendere.
Percepii sotto il mio palmo il suo petto, straordinariamente bollente. Quando
però la mia mano arrivò a toccare gli addominaliscolpiti mi fermai. Volli alzare lo sguardo
per vedere la reazione di Jacob. Era strana, ma familiare. I suoi occhi
sembravano bruciare, stavano ardendo. E stava guardando me; ovvero il mio
corpo. Era la stessa reazione avvenuta prima. I suoi occhi andavano su e giù su
di me, senza mai fermarsi. Sbaglio o... stava anche trattenendo un respiro. Mi
avvicinai ancora di più a lui e con il naso sfiorai il suo. Lo sentii fare un
respiro profondo e rilassarsi. Mi stava cominciando a venire un grande dubbio.
La sua voce d'un tratto mi risvegliò.
"Tra tre giorni ci sarà il funerale di Jared"
iniziò. Il suo tono di voce era terribilmente malinconico "E vorrei tanto
che ci fossi anche tu" Io annuii convinta. Glielo dovevo a Jared. Lo
sentii fare un profondo sospiro e stringermi ancora di più a sè. Non disse
niente, ma potevo intuire cosa provasse. Sapevo quanto fossero per lui
importanti quelle persone.
"Povera Kim..." lo sentii sussurrare. Mi lasciò
confusa.
"Chi è?"
"La ragazza con cui ha avuto l'imprinting" I
miei occhi si sbarrarono. Oh no... Jared aveva avuto un imprinting con una
ragazza. Non osavo immaginare come potesse stare. Invece sì, potevo eccome. Mi
sembrava così strano che altre persone potessero capire ciò che avevo provato
credendo di aver perso Jacob; mi sembrava così strano che persone potessero
anche solo immaginarlo. Invece solo ora mi ero accorta che proprio in questo
momento c'era una persona che lo stava vivendo in prima persona. Quando Jacob
era 'morto' mi sentivo morta anch'io; per lei credevo fosse lo stesso. Solo che
Jacob era ritornato, Jared no, non sarebbe tornato. Io non avevo patito nemmeno
un briciolo di quello che avrebbe sofferto lei. Quando l'anima gemella muore,
nessun altro potrà mai prendere il suo posto. Quasi mi vennero le lacrime agli
occhi per quello che stava provando e che io non potevo nemmeno concepire.
"Per questo vorrei che tu le stessi vicina"
continuò Jacob. Io annuii, anche se non sapevo se sarei riuscita a darle uno
straccio di sostegno. Possiamo anche togliere il 'sapevo se'. Jacob stette
zitto, con l'intenzione di porre fine a quella conversazione. Il pensiero però
di Kim persisteva nella mia mente, come in quella di Jacob quella di Jared. Il
silenzio che si era creato in quel momento sembrava spesso e invalicabile come
una coltre di cemento, a causa dell'argomento che aveva dato inizio. Metteva
troppa tensione; decisi quindi di spezzarlo.
"Hai detto che quella non era la prima volta che sei
scappato" Dall'espressione che fece constatai che pure questo tipo di
argomento metteva tensione. Io però volli andare fino in fondo.
"Cosa è successo?" Fece un respiro profondo e
guardò il soffitto. Imparando a studiare il linguaggio del corpo di Jacob
questo si potrebbe tradurre in 'qualcosa che non mi piace ricordare per
niente'. Anche se non ci sarebbe stato il bisogno di un genio per capirlo...
"È cosa ormai passata"
"Allora perchè ti dà così fastidio parlarne?"
continuai io. Lui mi guardò come se avessi detto una sciocchezza.
"Non l'ho mai detto!"
"Ma è vero..." continuai io calma.
"N...sì" disse infine. "Va bene!"
disse rassegnato "C'entra con Bella" mi avvertì subito. Io rimasi
ancora indifferente; avevo ormai superato questa mia 'fase'. Ero finalmente
diventata matura e non mi sarei più lamentata delle cose passate che Jacob
aveva fatto. Lui continuò, un po' rincuorato della mia reazione non
rassicurante, ma nemmeno pericolosa.
"Quando Bella ha scelto lui... bhe, non ho retto più.
Non riuscivo più a stare nella riserva, volevo smetterla di pensare a lei,
abbandonarmi al mio istinto animale. Scappare da Jacob Black" Parlava con
gli occhi persi in un strano passato che non mi apparteneva "E me ne sono
andato."Stetti un momento a
riflettere: era stato quindi il suo modo di reagire alla scelta di Bella.
"Dunque entrambe le volte è stato a causa di una
donna" Lui sembrò rabbuiarsi un poco.
"Già" Questi argomenti non dovevano piacergli
molto; non sembravano infatti dei bei momenti del suo passato "Possiamo
cambiare argomento?" disse un po' stizzito.
"Va bene" Gli occhi all'improvviso mi si
illuminarono; sapevo di cosa parlare. Mi misi a sedere sulle gambe e lo guardai
felice.
"Ho una grande notizia per te!" dissi
elettrizzata "Ho sedici anni!" La grande notizia non era questa, ma
detta così sembrava che lo fosse.
"Ma dai!" rispose lui realmente sorpreso. ma
stava fingendo; lo si intuiva da quel finto sorriso a trentadue denti "Chi
l'avrebbe mai detto!" Io gli feci una linguaccia.
"Mia madre mi ha regalato un'auto tutta mia!"
dissi contenta.
"Non è credibile come scherzo, Natasha" Io lo
guardai imbronciata
"Non sto scherzando" Fu incredibile con che
velocità cambiò la sua espressione; fu quasi una scena comica. Quel sorrisino
sparì e gli occhi si sbarrarono.
"Aspetta... credo di non aver capito bene..."
disse mettendosi comodo anche lui. Cominciava a sudare per la notizia
"Tu..." ed indicò me "hai una macchina?" Io annuii
annoiata.
"Ma... cosa intendi con 'tutta mia'?" Il solo
motivo per cui non urlai era quello che in quella stessa casa ci fossero anche
mia madre e mia sorella, nonostante le loro camere erano dall'altra parte della
casa.
"Ho un'auto, Jacob! Che guiderò!" disse mimando
di girare un volante. Al solo vedere quel gesto potevo immaginare i brividi
lungo la schiena. Mi prese le mani per interrompere la mia imitazione.
"Guardami negli occhi Natasha" La sua voce era
calma, ma leggermente isterica; ricordava molto quella che usò quando gli
fracassai la sua auto "Tu non guiderai quell'auto. Te lo puoi
scordare!" Io fui del tutto contrariata dalla sua affermazione.
"Non hai fatto ancora la patente, vero?" mi
chiese cauto, io scossi la testa. "Per fortuna..." lo sentii
sussurare.
"Perchè non ti fidi di me?" gli chiesi un po'
scocciata.
"Io mi fido di te! Solamente in questo caso, mi è
impossibile farlo!" continuò.
"Ma è stato solamente un errore!"
"No...non è stato solamente un errore..."
mormorò isterico. Io sbuffai.
"O tua madre dà davvero uno strano significato
all'espressione 'guidare sicuri', o non ha la minima idea di come tu sia al
volante!"
"La seconda" risposi ancora imbronciata
"Non ti preoccupare, non la guiderò...mia madre me l'ha proibito per
essere scappata da casa"
"E per quanto tempo?" chiese trattenendo il
respiro.
"Un anno" risposi annoiata, più che altro per
l'esaltazione che avrebbe fatto. Infatti al solo sentire questa notizia fece un
profondo respiro.
"La cosa più saggia che tua madre avrebbe potuto
fare" mormorò tra se " Vediamo...sì...un anno può andare bene...può
essere sufficente..." aveva cominciato a parlare da solo, escludendomi del
tutto dalla sua discussione.
"Vi lascio da soli, Jacob e Jacob" dissi alzandomi...ovvero...
cercando di alzarmi. Jacob però mi aveva avvolto i fianchi con le braccia e non
mi permetteva nemmeno di muovermi.
"Non ci provare! D'ora in poi ti metterò sotto
torchio con lezioni di nuoto e guida" disse dandomi un bacio sulla tempia.
"Ma solo quando la mia punizione sarà finita"
affermai io.
"Ovviamente..." disse, forse un pochino giù.
Dopo poco però gli si illuminarono gli occhi. E forse... era anche arrossito.
Tornò a guardarmi con un'aria colpevole.
"Mi spiace che il tuo compleanno sia stato
festeggiato in questo modo." Io scossi la testa.
"Non sono più una bambina; è un giorno come un altro
per me. Non importa se tu 'non mi hai fatto gli auguri'. Pensa che me ne sono
anche dimenticata..." '...se non fosse stato per JJ' avrei voluto completare.
Lui però non sembrò essersi risollevato.
"Vorrei però farlo ora..." continuò. Dalla tasca
dei jeans un po' sgualciti tirò fuori una scatolina. Una scatolina
terribilmente famigliare. Non ebbi nemmeno il tempo di capire da cos'era data
quella strana famigliarità di quel piccolo contenitore che lui senza troppe
cerimonie l'aprì. Ora toccò a me sbarrare gli occhi ed aprire la bocca. Il mio
respiro si fermò e cominciai a tremare leggermente. Era un anello. E quelle
erano le scatoline che si usavano per contenere gli anelli di fidanzamento.
No... Jacob non vorrà mica...? No...! Lui prese delicatamente la mia mano
sinistra. O no! Già me lo sentivo dire 'Vorresti diventare mia moglie?'. Ed io
cosa gli avrei risposto?! Mi stava chiedendo di sposarlo!!! Cosa avrei fatto?!
Mi sembrava che stesse correndo un po' troppo. Certo, eravamo anime gemelle e
prima o poi sarebbe successo senza dubbi e ripensamenti. Ma io avevo solo
sedici anni, cavolo! Sentii scorrere l'anello sul mio dito... indice.
Strabuzzai gli occhi. Un momento, ma non si metteva sull'anulare e poi veniva
sostituito da quello ufficiale?
"Tanti auguri, spero ti piaccia..." disse
tranquillo. No, non era proprio uguale a 'Vorresti diventare mia moglie?'.
Forse... non era quindi un regalo di fidanzamento?
"Qualcosa non va?" mi disse lui stranito. Io lo
guardai; la mia espressione non era cambiata.
"Non... non è un anello di fidanzamento...?"
sussurai un po' angosciata. Questa volta anche lui strabuzzò gli occhi; era un
evidente no.
"N...no! Certo che no!" Lanciai un sospiro si
sollievo e mi calmai.
"È solo un piccolo pensiero..." Jacob era
diventato tutto rosso "Scusa se ti ho dato questa impressione..."
"Figurati!" risposi io un po' arrossata. Per la
prima volta guardai l'anello sul mio dito. Mi si dipinse un sorriso sincero a
trentadue denti.
"Ho impiegato un po' per trovarlo" Era un'anello
d'oro su cui era raffigurato un sole. Alzai lo sguardo su di lui felice.
"È bellissimo" sussurrai. Anche lui ricambiò
quel sorriso. Mi strinse forte alla vita. Io mi girai e appoggiai la schiena
sul suo torace, che si alzava e riabbassava regolarmente. Chiusi per un attimo
gli occhi e continuai a sorridere. Tutto alla fine si era sistemato per il
meglio, o perlomeno, quasi. Marte era morto e tutta questa storia era finita.
Avrei potuto finalmente cominciare la mia vita qui a Forks, una vita semplice,
di una normale sedicenne. Insieme a lui, Jacob. Jacob. Era il mio ossigeno, la
mia acqua, ma soprattutto era il mio Sole personale. Avrei potuto passare
giorni esattamente come questo, bellissimi, per tutta la mia vita. Era una
felicità che ora non riuscivo ad immaginare, e che avrei gustato a poco a poco.
C'erano però alcune cose che non sarebbero state più come prima; ripensai a Kim
e a come potesse stare. Quasi mi vergognavo di essere così felice, quando lei
per un motivo che potevo capire, era, in pratica, destinata ad essere triste. E
poi c'erano altre persone da non poter dimenticare; Jared, Tanya, Vincent,
Irina, Boris, Stacey. JJ, il mio migliore amico, morto per me. Mi aveva aiutato
così tanto ed io non gli avevo dato niente. O... forse sì? Certo, gli avevo
dato la mia compagnia; a lui piaceva quando gli ero vicina, lo 'rilassavo'. Ma
mi sembrava comunque così poco. Era inutile, nonostante il tempo che sarebbe passato,
non l'avrei mai dimenticato. Difficilmente mi sarei dimenticata di questa
storia, di tutti, ma JJ sarebbe rimasto sempre un vivido pensiero.
E poi c'era Jack. Anche a lui spetta un grande merito;
aveva da sempre agito contro di Marte, facendo il doppiogioco. Era stata una
grossa notizia saputa velocemente in un momento di panico ed ancora adesso
facevo fatica a crederci; ma era vero, mi aveva salvato. Ed infine c'erano
loro; i Cullen. Se n'erano andati da Forks con la convinzione che fossi morta. Carlisle
si sarebbe odiato per tutta la vita. Ed Edward, bhe, dopo il discorso che mi
aveva fatto un momento dopo che io me ne fossi andata sicuramente avrà messo in
dubbio la quantità di materia grigia nel mio cervello. Per non parlare di
Alice, Jasper, Esme, Emmett, Rosalie ed anche Bella. Almeno con la
videocassetta che avevo loro mandato avrebbero scoperto che non ero morta.
Carlisle non si sarebbe crucciato per non aver mantenuto la sua promessa, anche
se l'odio per me non sarebbe diminuito, lo sapevo. Ero pertanto sicura che non
sarebbero ritornati qui a Forks, per effettivamente verificare che io stessi
bene e mi avrebbero presto dimenticata, se questa storia si potesse
dimenticare. Avrebbero serbato rancore per quello che avevo fatto, ma non
avrebbero incolpato loro stessi; questo mi bastava. Il pensiero che non li
avrei più rivisti persisteva. Feci un respiro profondo cercando di accettare la
realtà. Arrivata a questo punto avrei dovuto accettarla; non si poteva avere un
lieto fine perfetto, no? Con me c'era la persona per cui sarei morta, questo
doveva bastarmi. Accanto a me c'era il mio Sole. Guardai l'anello con un
sorriso sulle labbra. Mi
sentivo felice, tanto felice da poter canticchiare...
"You
are my Sunshine, my only Sunshine; you make me happy when skies are grey; you
never know, dear, how much I love you; so please don't take my Sunshine away"
E questa volta non me lo avevano portato via. Jacob dietro di me non
disse niente. Chissà a cosa stava mai pensando. Ero tentata di girarmi, ma non
lo feci. Non aveva detto niente quando mi aveva sentita canticchiare. La sua
presa mano a mano si stava facendo sempre più stretta. Si era comportato in
modo un po' strano da quando c'eravamo ritrovati. Mi riferivo a quello strano
sguardo che mi aveva lanciato più volte.
"Natasha?" sentii il suo dolce sussurro
accarezzarmi l'orecchio. Mantenni gli occhi chiusi.
"Mh?" mugugnai io, estasiata da quel tiepido
calore. Parlò più velocemente del solito, con un tono ancora più basso, ma
caldo. Un caldo sussurro cui era impossibile resistere. Un mormorio proveniente
da un sogno.
"Vorresti fare l'amore con me?" I miei occhi si
aprirono di scatto. Il cuore mi andò in gola, non per l'agitazione. Provavo una
sensazione mai sentita prima. Il mio cuore aumentò di battiti; era felice. Il
mio cuore, finalmente lo sentivo, aveva ricominciato a battere. I pezzi erano
ritornati al loro posto. Riflettei attentamente sulla domanda che mi fece; ero
cresciuta, potevo farlo. Sentivo quello che volevo. Mi girai appoggiando la
schiena sul materasso del mio letto. Lo guardai attentamente negli occhi. Erano
allerta, attenti a come avrei reagito. Ma ardevano. Le mie labbra si aprirono
in un sorriso.
"Sì"
PLAY
Il puntino accanto all'obbiettivo divenne rosso. Stava
registrando. Guardai in faccia a quell'obbiettivo. Equivaleva dire guardare in
faccia ai Cullen. Abbassai subito lo sguardo; no, non sarei riuscita a
guardarli negli occhi, nonostante davanti a me ci fosse solo una macchina. Così
proprio non andava; lo scopo di quella registrazione era parlare con i Cullen.
Ed io non lo stavo facendo. Non sapevo cosa dire; avevo la mente vuota.
Sembrava che ogni cosa sarebbe stata completamente inutile. Tanto valeva tenere
la bocca chiusa quindi. Ma non potevo tacere. Alzai lentamente lo sguardo.
Dovevo darli delle spiegazioni. Presi un respiro e cominciai a parlare.
"Non sono morta.... sono ancora viva" Pessimo
inizio; scossi la testa e riniziai "va bene... forse ho sbagliato.
Intendo, ho sbagliato a fare questa videocassetta. Ogni cosa che dirò tanto non
sarà sufficiente. A far cosa? Bhe... non ad ottenere il vostro perdono, certo.
Non ho queste grandi aspettative. Mi rendo conto di quello che ho fatto... per
ben due volte. Stupida è un eufemismo. Lo so...tanto lavoro fatto per niente,
penserete voi. Bhe... con questa videocassetta voglio almeno farvi capire che
questo lavoro non è stato fatto per niente. Io sono ancora viva, giusto?"
Feci un respiro profondo ed abbassai ancora una volta la testa "Almeno
tutti i sacrifici che avete fatto per me sono serviti, anche se per pura
fortuna" Rialzai di nuovo la testa. "Una cosa però che non intendo
fare è pentirmi del mio comportamento. La seconda volta, intendo. Consideratemi
pure un'idiota, non importa, anzi, mi sta bene. Ero sicura di quello che
facevo, sul serio. Avrei dovuto prima chiedervi di non sottovalutarmi e di aver
fiducia in me. Ma non me lo avreste mai permesso. La persona che era più
coinvolta ero io, ma ero anche l'unica che non aveva mai fatto niente. Ho
deciso di prendere l'iniziativa. Ho dei poteri, giusto? Avevo deciso di
usarli." Con questa frase non avrei voluto in qualche modo incolpare
Edward.
"Anche se con questo non mi esonero di essere una
stupida. Io mi fermerei qua, quello che volevo dire l'ho detto. So che non
tornerete qui a Forks ora che sapete che io sono viva. E che... la sperenza in
una vostra risposta è solo un'illusione. Ma mi sta bene; sono già contentissima
se avete guardato questa videocassetta fino a questo punto. Quindi..."
Pensai in breve ad altro da dire, ma non mi venne in mente niente
"...arrivederci." Detto questo mi alzai per premere STOP sulla
telecamera. Prima però di schiacciarlo tornai subito indietro; c'era un'altra
cosa da dire. Di punto in bianco cominciai a parlare.
"Esme." Cercai di pensare a ciò che c'era nella
mia mente legato a questa persona. Sorrisi "Sbaglio o mi devi ancora un
bicchiere d'acqua? Scherzi a parte..." Feci un respiro profondo "In
parte... tu sei stata la mamma che mi ha incoraggiata e fatto forza in tutta
questa storia. Non potevo confidarmi con la mia vera madre, non volevo
coinvolgerla. Non poteva sostenermi come faceva una madre con la figlia. Ma
c'eri tu. E credo che me ne sia accorta solo adesso di questo. Mi dispiace che
non ti abbia potuto ringraziare prima. Lo faccio quindi adesso; grazie infinite
per tutto quello che hai fatto, Esme" finii ponendo particolare enfasi
sull'ultima frase.
"Rosalie. Ad essere sincera non mi sembra che ti sia
sempre stata simpatica. Credo di essere stata per te solamente un manico venuto
a distruggere te e la tua vita. Perchè manichino? Bhe... è rimasto ancora nei
miei ricordi quel giorno in cui tu ed Alice...ehm...avete espresso tutte voi
stesse. Penso che tu mi abbia sempre considerato un peso, ma non ne sono
sicura. Non mi sembra che tu ti sia mai tirata indietro in tutta questa storia.
E quindi non so esattamente cosa tu possa pensare di me. Ma mi ha sopportata,
me, con tutti i miei problemi, quindi ti ringrazio, te lo devo. E un po' anche
mi mancherai...." Feci un respiro per prendere fiato.
"Emmett, tu invece non mi mancherai per niente. Mi
ricordo ancora come ti sei comportato quando sono venuta per la festa di Edward
e Bella!" dissi sarcastica, ma subito tornai seria "...e per questo
ti ringrazio. Mi ricordo cosa hai fatto ad Halloween, come mi sei stato vicino
quando ho saputo quello che era successo a Kathy. Anche se non abbiamo mai
avuto occasione di stare insieme in un modo o nell'altro mi hai fatto sempre
sentire il tuo appoggio. E per questo te ne sono profondamente grata."
Finii in un sorriso a trentadue denti rivolto direttamente alla telecamera.
Passai ai prossimi. Ora stava diventando sempre più difficile.
"Alice." Feci immediatamente un sospiro; era
molto difficile parlare di lei. Cominciai a guardare un punto indefinito, con
la mente persa nel passato "Sei stata la prima Cullen che ho incontrato
che non si è comportata in modo strano. Lo so, ne abbiamo già parlato, ma lo
vorrei ricordare. Tutto quello che hai fatto per me...È davvero tanto. Per non
parlare del vestito che mi hai regalato. Con te ho sempre trascorso bellissimi
momenti, a parte quando hai deciso di trasformarmi in una bambola insieme a
Rosalie. Ad essere sincera non mi stavo per niente divertendo. Ma tu hai il
potere di farmi fare tutto quello che vuoi... e lo sai usare anche bene! Ti
ringrazio tantissimo per quello che hai fatto a me, ma soprattutto per quello
che tu e Jasper avete fatto alla mia famiglia. Sei stata contenta per me, e
anche questo non è da sottovalutare. Mi sto riferendo a quanto sei stata felice
quando hai saputo che io ero innamorata. Ops... forse questo non dovevo
saperlo, vero? Bhe... me l'ha detto un uccellino..." presi un altro
respiro.
"E parlando sempre di questo uccellino, vorrei dire
che..." mi fermai subito. Mi ricordai che Jasper aveva passato dei brutti
momenti con me "L'ultimo nostro incontro non è stato particolarmente
piacevole... Anche se so che non è colpa mia... mi dispiace se hai fatto
difficoltà a starmi vicino. È passato del tempo da quando è successo e spero
che questo tuo... problema ora tu l'abbia risolto. Anche se, risolto o no, non
credo che ora faccia molta differenza..." Stavo cominciando a deviare e
decisi quindi di cambiare subito argomento. "Ti ricordi quei pochi vampiri
a Forks che per me contano più di qualcosa? Sai, credo che da adesso tra quelli
ci sia anche tu." Tornai seria "Non mi sono dimenticata della nostra
piccola conversazione all'areoporto, neppure la tenacia con cui mi hai difesa
quella volta. E la forza di volontà di non fare del male a lui" Con quel
lui sapeva a chi mi intendevo "Per tutto questo tempo sei stato una
persona fantastica, Jasper. Soprattutto la pazienza che hai avuto con Kathy. Ti
ringrazio ancora tantissimo." Feci un respiro profondo; avevo intenzione
di lasciare 'quella persona' per ultima.
"Ecco, Bella..." iniziai. Da subito mi ero
sembrata tentennante. "Non posso dirti nient'altro che scuse. Tuo padre mi
ha detto che finalmente ti sposerai con Edward. Non sai quanto sono felice per
voi. E dire che sarebbe successo molto tempo prima. Mi dispiace di averti
coinvolto in una storia che ha rovinato il tuo sognio, dove potevi anche
perdere la vita." Feci un altro respiro, più che altro per scacciare le
lacrime che mi premevano "Mi dispaice ancora tanto per quello che è
successo. Sei stata una di quelli che ci ha rimesso di più. Ma... ti ringrazio
però dell'amicizia che mi hai dato. Che forse non mi merito." Ecco, le
uliime due persone erano le più difficili. Abbasai lo sguardo.
"Ti ricordi come ti sei comportato con me all'inizio,
Edward? Per diversi attimi ho creduto che da un momento all'altro mi avresti
assaltato alla gola. Credevo che mi odiassi davvero. E forse era così. Poi
però... Siamo diventati... possiamo definirci amici, no?" Tornai a guardare
in basso; non avrei combinato niente a parlare di queste cose. "Mi
crederai sicuramente un essere stupido. La mia azione ha contraddetto la
risposta che ho dato alla tua domanda, vero? Credi che forse abbia sbagliato
nel rispondere? Io credo di no, perchè anche se c'era una grande probabilità
che succedesse, ero sicura che non sarei morta." Feci un respiro profondo
"Sei stata la persona più strana che io abbia mai incontrato nella mia
vita Edward. Ed anche una delle più care. Eh già, chi mi capisce automaticamente
rietra in questa categoria. E tu hai saputo capirmi molto bene. Ed hai saputo
aiutarmi, dandomi anche dei consigli. Che talvolta io non ho seguito"
dissi pensando a ciò che mi aveva detto sul fatto che Jacob era pericoloso, e
che non avevo preso neppure in considerazione. Decisi di concludere.
"Credo proprio che ora la finirò con il farvi esasperare tutti..."
Non serviva ringraziarlo, era troppo sottointeso. Presi un respiro profondo
abbassando subito il capo. Ora toccava a lui. Al posto della telecamera sentivo
i suoi occhi trapassarmi. Non avevo la minima idea di come avrei fatto.
Cominciai quindi dalla fine. Avevo in mente qualcosa da dire.
"Sai... Una volta ho guardato gli occhi di un vampiro
mentre prova paura..." iniziai sussurrando "...e per un attimo mi
sono sembrati quelli di un angelo" Stavo prendendo coraggio, ma tenevo
ancora gli occhi piantati sul terreno. "Ho scoperto una cosa; gli angeli
esistono. Sono simili alle persone e credo che neppure loro sanno di essere
degli angeli. Sono persone particolari e una strana caratteristica li accomuna;
mettono la propria vita al secondo posto. E l'uomo tende ad essere particolare
egoista con se stesso. Solamente in un caso l'uomo mette la vita di altre
persone al di sopra della sua; quando trova qualcuno da amare. Secondo me gli
angeli hanno questa peculiarità; loro sanno amare, sempre e chiunque più di se
stessi. Amano tutti, tutti gli uomini, vecchi, donne e bambini che li
circondano. Perché, se soffrono, gli angeli fanno il possibile per estirpare
questo dolore, renderli felici e salvare loro la vita." Feci un respiro
profondo. "Credo di aver incontrato uno di questi angeli, che ha salvato
la mia vita. Ma...io l'ho fatto arrabbiare" Respirai ancora "Ho fatto
di tutto per impedire che il mio angelo mi salvasse; gli ho impedito di
svolgere la sua vocazione. Ha creduto che io fossi morta. Non era riuscito a
salvare una persona. Vedere soffrire gli altri è molto peggio che vedere se
stessi soffrire per loro. Ho paura che... lo abbia fatto arrabbiare con se
stesso, oltre con me..." Finalmente alzai gli occhi verso l'obbiettivo.
Ebbi quasi la sensazione di guardare nei suoi occhi.
"Dimmi Carlisle, sai per caso se questo angelo mi può
perdonare?" Aspettai un attimo in silenzio, convinta che avrei ricevuto
una risposta da un momento all'altro. Stranamente le lacrime cominciavano a
premermi dagli occhi, ma io feci di tutto per non lasciarle andare. Riabbassai
di scatto la testa. Volevo dire tante cose a Carlisle, ma non sapevo come
farlo. Una cosa però mi sentii in dovere di dire. La mormorai, e quasi non la
sentii. Ma sapevo che, se alzato il volume, l'avrebbero sentita chiara e tonda.
"Continuo ancora a considerarti come un padre"
Mi riscossi alzando finalmente la testa. Ora avevo finito. Era come svegliarsi
da un dolce tepore.
"Ora basta, ho già detto tutto quello che dovevo
dirvi." Feci un respiro e questa volta molto difficilmente le lacrime non
mi uscirono dagli occhi. "Spero tanto che questo non sia un addio, ma un
arrivederci" Mi alzai per premere STOP nella telecamera, ma subito mi
ritirai. Tornai a guardare l'obiettivo, con un sorriso sulle labbra questa
volta. Mancava un'ultimissima cosa.
"Ehi, Edward!" Alzai i palmi delle mani sul
piccolo schermo "Guarda! Le mie mani non sono più sporche!"
STOP
Fine
Non ci credo! Finalmente questo giorno è arrivato! Non ci
speravo più! Questa fanfiction è FINITA!!! WOAW! Non credevo che il momento in
cui avrei scritto la parola 'Fine' a grandi lettere rosse sarebbe arrivato così
presto! Finalmente ho finito la mia prima fanfiction! Sono elettrizzata! Ad
essere sincera però un po' mi dispiace. Anzi, un po' tanto, non scrivere più le
'mirabolanti avventure' di Natasha. Ad essere sincera odio i finali. E parlando
appunto di finali...
Ecco, questo è la fine. Insomma, non è proprio un grande
lieto fine. Immagino che molti si domanderanno "ed i Cullen?". Bhe..
non mi sono mai piaciuti i lieti fine troppo lieti. Qualcosa doveva andare
male. Bhe... male è una parola grossa. Diciamo... un po' incompleto. Infatti
voglio sottolineare che odiando i finali, non sono neppure brava a scriverli.
Per questo tendo sempre ad allungare. E poi... chissà, se un giorno mi venisse
il grillo di fare un seguito, devo pur partire da qualcosa... va bene, lo ammetto!
Sto già cominciando a farmi piccole e grandi idee sul seguito. Tenendo poi
conto del fatto che ho già deciso il titolo... sempre se ci sarà! Ma prima di
scriverlo però deve passare ancora molto, molto tempo. Prima infatti vorrei
pubblicarne un'altra, se non due.E già,
perchè io non mi fermerò! HAHAHAA!! Ormai c'ho preso gusto a scrivere!
Tornando però all'argomento Cullen, bhe, spero non sia
stato così deludente. Spero almeno che con l'ultima parte dedicata a loro mi
sia in parte riscattata su questo punto. E parlando anche di parti incomplete,
c'è la fine dell'ultimo dialogo tra Jacob e Natasha. Alcuni si domanderanno 'Ma
come?! Finisce così?! Perché non è andata avanti?!" cosa che molto
probabilmente ha contribuito ad aumentare la... mancanza di aspettative. Non
l'ho fatto non perchè me ne vergogni, ma proprio perché non ne sono capace! La
mia capacità di esprimermi in queste scene è ancora scarsa. Ci ho provato,
all'inizio, ma non ho raggiunto quello che volevo. Mi devo ancora esercitare
molto... Certo, c'è la certezza che alla fine succederà, anche se credo sia di
magra consolazione.
A parte tutto questo, spero che come finale vi sia
piaciuto! Ribadisco, più che un finale questo è un capitolo che riassume tutto.
Giusto per concludere. Il vero finale era il capitolo precedente. Cooomunque
spero che vi sia piaciuto lo stesso!
x MemiDark_Cullen: Bhe.. se non è stato chiaro in questo
capitolo, i Cullen se ne sono andati perchè, ormai non avevano più niente da
fare a Forks, credendo che Natasha fosse morta. Sono contenta che il capitolo
precedente ti sia piacciuto e spero che valga la stessa cosa anche per
quest'ultimo. Grazie ancora tantissimo per aver commentato! Bacio
x AngelOfLove: NAhhh....! Su questo hai ragione; come si
fa a far morire Edward? L'unica frase fa ridere da quanto è impossibile!XD
Chissà come sarà l'ultimo capitolo dici tu, eh? Esattamente come te lo sei
immaginato, caro Edward! Ma scherzi a parte spero che ti sia piacciuto lo
stesso! Ciauz!
x Elentari: Grazie tante! Sono contenta che ti sia
piacciuta! Per quanto riguarda Jacob, bhe, credo che questo dipenda dal fatto
che ho storpiato un po' tanto il suo carattere rendendolo un po' più dolce. Il
Jacob di questa storia non è esattamente come l'originale. Ma comumque grazie
ancora per il complimento ed il commento!
x BloodyKamelot: Bhe... un altro capitolo tutto per i
Cullen... è più facile a dirsi che a farsi! Ma spero comunque che il pezzo
finale abbia...ehm...come dire... ti abbia soddisfatta!^^ Certo che il tuo è
proprio un odio fondato nei confronti di Jacob, se piangi disperatamente in
questo modo... Spero comunque che la fine ti sia piacciuta! E grazie ancora!
x IOesty: Davvero?! Waow! Grazie tantissime per il
complimento! Sono très lusingata!^^ Davvero il discorso su JJ e Romeo ti è
venuto in mente fin dall'inizio? Beh... qualche volta sono un po' lenta di
comprendonio e di queste cose che attizzano assai me ne accorgo molto tempo
dopo. UFFA! ASPETTA ASPETTA ASPETTA!!! Davvero Fred muore con il sorriso sulle
labbra?! No, no, no... me lo devo rileggere il settimo...
(Fred...Tonks...Lupin...Edvige...Sirus(nel quinto, ma è morto
comunque)....ç____________ç dolore e sofferenza, dolore e sofferenza... mi si è
riaperta una vecchia ferita...ahi...ahi...ahi...ç_______________________________ç)
Grazie ancora per il commento! Kiss!
x pazzerella_92: fiuuuuu!(con non chalanche mi tolgo il
sudore dalla fronte per il sollievo) stavo temendo per la mia (preziosissima)
esistenza! Comunque... ti ricordi, no, dove abito? Polo Nord, Via Daqui, n
6scemo! Ricordatelo! Sì! Sì! Lo ammetto! tutto questo lo scritto solo per far
piangere TE! E non per altro, ma solo ed unicamente per TE!!! Mwahahahaha! Si,
bon, questa volta ho voluto farti piangere per la felicità. Ma solo perchè mi
andava di cambiare e... mi andava e basta! Scherzia parte...sono contenta che ti siano
piacciute le scene...bhe... io le chiamo "d'azione", ma credo sia un
po' esagerato. Comunque... detto fatto! Ecco un po' di glucosio. Certo, è un
po' poco rispetto al tempo che è passato dall'ultima volta, ma ho cercato di
farlo concentrato. Spero ti abbia attizzato. Grazie ancora per il commento!
KUSS
x Sabri92: Sono contentona che ti sia piacciuto (ma
soprattutto che tu l'abbia letto tutto!) e che l'hai messo nei preferiti! Spero
dunque che anche questo capitolo finale sia stato all'altezza dei precedenti!
Grazie ancora per il tuo commento! :) Bacio!
Ed ora vorrei fare una cosa a cui tengo molto. Una
formalità, certo, ma che vi devo...
WoaW! Quante persone! Come prima fanfiction non credevo
che ci potessero essere così tante persone che avrebbero messo la mia
fanfiction tra i prorpi racconti preferiti! Vi ringrazio tantissimo per averlo
fatto. La mia fanfiction allora vi è piaciuta fino a questo punto! VI RINGRAZIO
MOLTISSIMO!!!
Grazie moltissimo a tutte queste persone che hanno usato piccola
e grande parte del loro tempo per comemtare la mia fanfiction, esprimere le
proprie opinioni e darmi anche degli utili consigli. VI RINGRAZIO DI CUORE!!!
Vedere ogni vostro singolo commento ha contribuito a rendere un po' di più le
mie giornate felici!
E per ultimo, ma non meno importante, GRAZIE A TUTTI VOI,
CARI LETTORI, perchè avete voluto leggere fino alla fine questo racconto,
sopportando i miei ritardi, talvolta imperdonabili, e per esservi stati
coinvolti in ogni capitolo, o quasi, di questo mio racconto.
GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!
Ah... il fatto che questa sia l'ultima volta che posto
sotto il nome 'Red Eyes' e l'ultima che inserisco questi commenti personali mi
dà una certa malinconia... Lo sapete che odio i finali, no? Ecco... Visto che
non mi piacciono vi saluto, ma non per l'ultima volta. Non si sa mai. Forse ci
rincontreremo in un'altra fanfiction, se vorrete leggerla.
Lo so, lo so, la sto facendo troppo drammattica. Qualche
volta mi faccio prendere dal sentimentalismo... concludo allora
definitivamente!