J&J: Jenna & Jack

di MandyCri
(/viewuser.php?uid=284509)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Captiolo 8 ***
Capitolo 9: *** Captiolo 10 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



Come sempre grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner
e il bellissimoTRAILER




Ciao,
sono tornata con il sequel di "Un sacco di patate. L'amore non è bello se non è litigarello".
Spero vivamente che anche questo racconto vi piaccia e ringrazio tantissimo le lettrici che hanno recensito l'ultimo capitolo, mi avete fatto felice.
Se per caso non avete letto il primo racconto questo è il link 
Un sacco di patate. L'amore non è bello se non è litigarello... 
Vi ricordo che il gruppo di fb è sempre valido
L'amore non è bello se non è litigarello

Grazie a chiunque passi da queste parti e a chi ha voglia di commentare.
Besos MandyCri


___________


CAPITOLO 1
 
- Sarò sempre sincero con te, Jenna, te lo prometto – disse solennemente.
- Jack giurami che nulla ci separerà. Giurami che niente e nessuno ci allontanerà e che staremo per sempre insieme e che riusciremo a superare anche la lontananza del college…
Jack sospirò.
- Te lo giuro Jenna. Il college non ci separerà. Non sprecherò nessun momento libero che posso trascorrere con te. Vedrai quegli anni passeranno in fretta e noi staremo per sempre insieme – affermò convinto, perché ci credeva veramente a quelle parole.
Jenna puntò i suoi splendidi occhi verdi nei suoi – Io ti credo Jack.
- Io ti amo Jenna.
 
- Pronto? – Jenna rispose sbadigliando, dopo aver inveito contro lo scocciatore che disturbava il suo sonno e soprattutto dopo aver gettato per terra la lampada che aveva sul comodino, frantumandola in mille pezzi, per cercare il cellulare. Non aveva nemmeno guardato chi fosse il mittente.
- JENNA! – la voce particolarmente eccitata e acuta di Tess fu un pugno nello stomaco.
Cercò l’interruttore sul comodino per accendere la luce, visto che la lampada era ormai fuori uso e guardò la sveglia mestamente.
Le 7:00 del mattino.
Perché Tess la chiamava a quell’ora? Era sabato! Porca paletta!
Jenna grugnì – Ciao Tess… a cosa devo questa tua gradita telefonata? – chiese con voce impastata dal sonno.
- Jenna non crederai alle tue orecchie. È da ieri sera che aspetto questo momento. Non hai idea di quanto dura sia stata resistere a non chiamarti, ma Alex mi ha fatto notare che erano le due del mattino e magari stavi dormendo – disse tutta allegra.
- Eh! Chiaro… invece telefonare alle sette del sabato mattino è normale! – sbuffò irritata.
Perché quella benedetta ragazza non la lasciava in pace almeno nei week-end?
Forse perché sapeva che li passava sempre in pigiama e la maggior parte delle volte a lavorare, giusto per far passare un po’ il tempo. L’alternativa erano le lacrime davanti ad un film d’amore o leggendo un libro o peggio ancora le lacrime e basta!
Non che il resto della settimana fosse diversa.
Ormai il suo abbigliamento standard era la tuta da ginnastica.
Poteva vantarne una collezione infinita di tute da quando aveva finito il college ed era stata assunta al “Romantic Woman Journal”.
Il lavoro era tutto quello che le era rimasto dopo essersi trasferita in quella città così grande e il suo compito era leggere le centinaia di lettere di donne che chiedevano consigli per poi sceglierne quattro alla settimana e rispondere.
Si doveva recare in ufficio solo una volta alla settimana. Prendeva le sue belle letterine e portava quelle da pubblicare con le risposte e i consigli.
Sorrise tristemente. Era assurdo che lei desse consigli d’amore ad altre donne, quando la sua vita sentimentale era un vero e proprio disastro.
In realtà il suo lavoro le piaceva molto, soprattutto adesso che aveva cominciato a pubblicare ogni settimana anche un capitolo del suo racconto e stava ricevendo un sacco di lettere e mail dalle sue lettrici. Era una cosa veramente eccitante.
Per di più, se qualche volta non se la sentiva di uscire di casa, poteva evitare anche il gravoso compito di recarsi al giornale, visto che poteva tranquillamente fare tutto via mail e la posta gliela recapitavano loro con un facchino, ma se non c’erano gravi impedimenti, cercava di uscire per non rinunciare anche a quel suo giorno d’aria settimanale, altrimenti sarebbe diventata un invertebrato.
Meglio uscire, per carità!
Quando Elizabeth andava a trovarla, circa una volta al mese, faceva sparire dentro l’armadio le prove del suo “amorfismo” ovvero le tute deformi, i cd e i dvd strappalacrime e le migliaia di libri che acquistava on-line.
Dopo averla scoperta in quelle condizioni, facendole un’improvvisata, la genitrice pazza si era installata a forza per più di una settimana nel suo appartamentino e aveva cercato di tirarla su di morale in ogni modo.
Poi ritornata a casa non c’era stato giorno in cui non l’aveva chiamata, anche le telefonate di Tess e Karol erano aumentate.
Elizabeth, però, non le aveva più fatto sorprese. Fortunatamente l’avvertiva sempre quando sarebbe passata a trovarla, così si poteva preparare.
Ogni tanto ritornava anche lei nella sua città nativa, anche se evitava accuratamente di uscire per non fare incontri “particolari”…
Senza volerlo una lacrima le scese sulla guancia.
Nonostante fossero passati già tre anni non si dava ancora pace per il tremendo errore che aveva commesso.
All’epoca le era sembrata la decisione più giusta e tutt’ora difendeva energicamente la sua scelta, anche se ne soffriva.
- Hai capito? – le chiese concitata Tess dall’altra parte del filo.
Jenna spalancò gli occhi: non aveva ascoltato una sola parola – Tess perdonami, ma ci deve essere stata un’interferenza, non ti sentivo più… – mentì, tirando su con il naso.
L’amica si zittì – Jenna… ti prego non piangere… - mormorò dopo qualche attimo, come se avesse compreso subito il suo stato d’animo.
Si sforzò di ridere – Ma che scherzi? Sto benissimo! Non potrei desiderare niente di più dalla vita. Ho tutto! Dai dimmi e Tess… ti avverto, deve essere una cosa sensazionale perché io possa perdonarti per questa sveglia mattutina! – l’ammonì bonariamente.
L’amica sospirò – A giugno mi sposo! – disse tutto d’un fiato.
Jenna non sentì più la terra sotto i piedi.
Tess si sarebbe sposata!
La sua amica, sua sorella, finalmente, avrebbe coronato il sogno che entrambe avevano fin da bambine.
Dio! Quanto era felice per lei.
Le lacrime, questa volta per la felicità, le sgorgarono dagli occhi e non riuscì a frenarle.
Dopo sei lunghi anni di fidanzamento Alex e Tess si sarebbero sposati.
La ragazza le raccontò tutto nel suo modo buffo e Jenna si ritrovò a ridere e si sentì, dopo tanto tempo, nuovamente spensierata.
Non stava più nella pelle.
Ormai era assodato che quei due si amavano alla follia, come del resto, l’altra coppia di amici: Karol e Tom.
Tutti avevano superato il college… tutti tranne lei e Jack.
Un nodo amaro le si formò in gola.
Aveva rovinato tutto…
Quando Tess finì il suo lunghissimo racconto, Jenna riuscì finalmente a congratularsi con lei.
- Oh Jen! Devi assolutamente venire qui e aiutarmi con i preparativi – disse infine l’amica.
Aggrottò la fronte perplessa – Tess, siamo a settembre! – protestò – Non ti sembra un po’ presto? E poi cosa dovrei fare io? Sono cose che riguardano te ed Alex. Io non c’entro nulla!
La risata di Tess le assordò un timpano – Stai scherzando vero? – chiese con voce divertita – Non posso lasciare certi compiti ad Alex. Dai Jenna! Lo conosci bene anche tu. Il mio futuro maritino è un amore, un ragazzo bellissimo e stupendo, tutto quello che vuoi. È il prototipo dell’uomo perfetto, ma che razza di matrimonio da schifo verrebbe fuori se lasciassi in mano a lui la direzione di tutto? È privo di fantasia e non è per niente divertente. Lo sappiamo tutti! – la rimproverò – Io voglio che il mio matrimonio si pieno di brio e sia perfetto. Ma te lo immagini? Guarda sono sicura che in chiesa metterebbe un settantenne a cantare! Non esiste! Ho bisogno di te! Non mi posso occupare io di tutto. Io lavoro!
Jenna si portò davanti agli occhi il telefonino e alzò un sopracciglio – Perché scusa… io mi gratto, invece? Anch’io lavoro se è per questo! – protestò.
- Certo! Mai detto il contrario, ma se permetti tu lavori a casa e puoi organizzarti in qualche modo, io insegno al liceo e non posso certamente dire ai miei studenti: ehm scusate ragazzi, ma devo andare a sentire un gruppo candidato a cantare per il mio matrimonio!
- E perché ci dovrei andare io, scusa?
- Tu lo sai vero che sei la mia damigella d’onore… potrei vendicarmi con il vestito… e poi, non avevamo detto che quando ci saremmo sposate avremmo fatto l’impossibile l’una per l’altra? – disse con tono supplichevole, sembrava quasi stesse per piangere.
- Allora partiamo dal presupposto che il primo è un ricatto bello e buono e che… - emise un risolino sadico, giusto per far capire a Tess la sua opinione – Non mi interessa proprio. Lo sai quanto me ne frega a me dei colori e della moda? Zero, nada, rien, nicht! Giusto per capirci. Sono tre anni che non mi preoccupo minimamente di come sono vestita e uno bello e buono che giro in tuta e al liceo? Usavo i vestiti di mio padre. Non so se ti ricordi come venivo soprannominata… Sacco di patate! – a quel ricordo una fitta al cuore la bloccò, respirò profondamente per non far capire all’amica che ancora una volta i ricordi avevano avuto la meglio su di lei e continuò, cercando di soffocarli – Per quanto riguarda il resto invece… erano sogni da adolescenti quelli, Tess! Adesso siamo adulte. Ovvio che sarò la tua damigella d’onore, ci mancherebbe altro, però… non posso abbandonare il mio lavoro, dovrai cercare di organizzarti da sola o chiedendo aiuto a Karol.
Sentì chiaramente Tess sbuffare.
Ovviamente i sensi di colpa l’assalirono. L’amica aveva ragione, poteva tranquillamente ritornare a casa e svolgere il suo lavoro da là.
I pacchi di lettere gliel’avrebbero spediti e con internet si poteva fare tutto il resto.
Gliel’avevano proposto anche quando era stata assunta per venirle in contro e non farle pagare l’affitto di un appartamento, ma lei non poteva tornare a casa, perché là c’era Jack, il suo Jack…
Doveva tenere duro e non farsi impietosire.
- Jen… ho bisogno di te… non potrei mai farcela senza il tuo aiuto. Oh Dio! Ti rendi conto? Alex è impedito in certe cose e mia madre? Lo sai che pensa solo al cibo… ti prego aiutami! Non abbandonarmi a questo triste destino… ti prego…
- Tess… non posso – rispose, ma sentiva lei stessa già un piccolo cedimento nella sua voce.
- Capisco… non insisto oltre, effettivamente è molto egoistico da parte mia. In fin dei conti non è una cosa importante, è solo il mio matrimonio, sono sicura che anche tu avresti preso le ferie per me, come ho fatto io, se per caso mi fossi lasciata con Alex, ma qui stiamo parlando di cose belle, felici… quindi a cosa mi servirebbe il tuo aiuto, giusto?
Jenna grugnì. Era una mossa sleale quella!
Tess e Karol avevano lasciato il loro college per una settimana, quando le aveva avvisate che lei e Jack si erano lasciati, o meglio, che lei aveva deciso di lasciare Jack.
L’avevano prelevata a forza e portata lontano da tutti e da tutto, soprattutto dal suo ex ragazzo che sembrava fosse impazzito e non si dava pace per quella decisione, che per lui, era avventata e ingiustificata.
Se solo fosse potuta tornare indietro…
- Che palle Tess! Hai vinto! Dammi un po’ di tempo che sistemo le cose con il giornale e poi ti raggiungo. Ma ti avverto: non mettermi fretta! Non vengo lunedì! Siamo intese. Un mesetto mi dovrebbe bastare per organizzare tutto.
- Io ti amo! Lo sapevo che eri un’amica e potevo contare su di te – rispose tutta allegra.
Bè? Dov’era finita la voce mogia-mogia? Maledetta Tess e le sue recite.
Ci era cascata come un pollo.
- Senti Jen adesso devo proprio andare, scusa ma questa telefonata è durata più del dovuto! Ci sentiamo bella e grazie, ciao a lunedì, così mi dici cosa ti hanno detto i grandi capi – la voce di Tess le arrivò stranamente agitata. Sembrava avesse un petardo nel sedere e la cosa ovviamente la insospettì più del dovuto, ma non fece in tempo a replicare che l’amica aveva già interrotto la telefonata.
Jenna si portò una mano al mento pensierosa, mentre depositava sul comodino il cellulare e guardava il disastro sotto i suoi piedi, dovuto alla lampada rotta.
Sarebbe stata la damigella d’onore.
Che bello! Finalmente un sogno che si realizzava dopo tanti anni…
Damigella d’onore… damigella d’onore… DAMIGELLA D’ONORE???
Prese il telefono agitata e chiamò subito l’ultimo numero in memoria.
Occupato!
Riprovò per dieci minuti buoni cliccando senza sosta sul nome.
Che stupida era stata! Non aveva pensato alla cosa più importante.
Quando finalmente il numero risultò liberò e l’amica rispose con un sussurro, fece un lungo respiro per calmarsi, ma il risultato fu pessimo – TESS! – sbraitò – CHI È IL TESTIMONE DI ALEX?
Quando non le arrivò nessuna risposta, controllò che non fosse caduta la linea. Cominciò a picchiare selvaggiamente il piede destro sul pavimento – STO. ASPETTANDO. – disse secca.
- Jen… dai… lo sai… è il suo migliore amico… non ci posso fare niente io…
- Lo sai che ti odio con tutto il cuore, vero? Lo sai che questa me la pagherai? Lo sai che farò a pezzettini sia te che Alex? Oh Signore Benedetto come hai potuto farmi questo? – chiese accasciandosi sul letto sconfitta.
- Ogni promessa è debito signorina mia bella! – rispose l’amica.
Stava per replicare quando avvertì un nitido click.
Guardò il display confusa. Tess le aveva appena sbattuto il telefono in faccia!
Brutta stronza!
Avrebbe rivisto Jack dopo tutto quel tempo.
Una fitta al cuore la riportò ancora una volta a quel famoso giorno.
Le cose tra lei e Jack non erano andate bene. Erano resistiti solo tre anni insieme, poi la lontananza si era fatta sentire e aveva disgregato il loro rapporto giorno dopo giorno.
Le erano venuti i sensi di colpa.
Per due anni, Jack aveva affrontato ogni settimana chilometri e chilometri per andarla a trovare nei fine settimana e, ogni volta che lo vedeva, lo trovava sempre più stanco. Tra lo studio, nel quale si impegnava sempre al cento per cento, le lunghe video chiamate della notte e le centinaia di chilometri che si faceva una volta alla settimana per raggiungerla per poi stare insieme nemmeno un giorno, il ragazzo arrivava alle vacanze che era sempre senza forze, ma Jack non si era mai lamentato.
Ogni volta la trattava come una principessa, ogni volta acconsentiva sempre a tutto e esaudiva ogni suo desiderio.
Dopo due anni di questa vita, Jack non le sembrava più lo stesso.
Era dimagrito ed era diventato troppo serio. Le poche volte che tornavano a casa non reagiva nemmeno più alle provocazioni di Elizabeth che dopo un po’, forse accorgendosi del grado di stanchezza del ragazzo, non lo aveva più preso in giro.
Jack aveva gli occhi spenti e stanchi e lei si era cominciata a chiedere se ne valesse la pena continuare così, ma non perché non era innamorata di lui.
Al contrario, lo amava alla follia, ma rivoleva il suo Jack, quello che non comprendeva mai un accidente, che capiva fischi per fiaschi, quello che con cui ci si poteva fare sempre quattro risate, quello che non temeva nulla e che si faceva prendere in giro dalla genitrice pazza.
E quel Jack non c’era più.
Quando si era accorta di come fosse distrutto Jack, gli aveva proposto di fare una volta a testa e ci avevano anche provato, poi si era resa conto dello sforzo fisico che aveva fatto lei per tutti quegli anni e avevano cominciato a diradare le visite settimanali.
Tutto era andato a rotoli, quando un Natale non si era presentata a casa, perché era indietro con lo studio ed era stremata.
Jack l’aveva chiamata furibondo.
In quel momento la rabbia e la stanchezza l’avevano avuta vinta su tutto. Si erano accusati l’uno con l’altra e alla fine lei era esplosa e gli aveva detto che non voleva più fare quella vita, che si voleva divertire, che voleva frequentare altre persone e che lui era diventato solo una limitazione.
Jack in video chat l’aveva guardata smarrito. Gli occhi gli si erano arrossati e poi le aveva detto con voce tremante – Ne parliamo domani, adesso non siamo nelle condizioni giuste per ragionare.
Era stata l’ultima volta che avevano parlato insieme.
Lei l’aveva lasciato il giorno dopo scrivendogli una mail in cui ribadiva che non voleva stare più con lui e che non era più innamorata.
Non aveva nemmeno avuto il coraggio di dirglielo in faccia, perché sapeva che non sarebbe stato in grado di farlo guardando gli occhi azzurrissimi di Jack.
Non sapeva nemmeno il motivo per cui aveva pronunciato quelle parole, forse perché aveva creduto che Jack poi l’avrebbe inseguita, l’avrebbe cercata per fare pace, che si sarebbe presentato il giorno dopo da lei, ma invece non l’aveva fatto.
Si erano lasciati così, in malo modo.
Ovviamente Tess e Karol l’avevano sempre tenuta informata e da loro aveva saputo che Jack, con il tempo, si era rifatto una vita sua, che aveva iniziato nuove frequentazioni e che le ragazze non gli mancavano.
Jenna sorrise amaramente.
Aveva detto quelle cose a Jack perché era stata una stupida egoista, perché voleva essere la prima donna, la star, ma mai si sarebbe sognata di stare con un altro. Mai!
E non l’aveva fatto.
Aveva provato ad uscire solo con un ragazzo, ma quando l’aveva riportata a casa e l’aveva baciata, non aveva provato niente.
Nessuno poteva competere con i baci di Jack Grant!
Nessuno…
E quindi aveva lasciato perdere ed era diventata un’eremita. Prima al college e poi in quel suo primo anno di vita “lavorativo”.
E adesso sarebbe ritornata a vivere a casa di sua madre per il matrimonio di Tess e, probabilmente molte cose le avrebbe viste con Jack e insieme avrebbero preso delle decisioni per il matrimonio di un’altra coppia.
Tutto ciò era un disastro!
Che Dio l’aiutasse…
 

***

 
Tess si stese sul letto soddisfatta.
Alex allungò una mano verso di lei e le accarezzò il braccio – Si può sapere cosa state tramando?
Tess si girò verso il suo futuro marito con un’espressione innocente – Non capisco a cosa ti stai riferendo, amore – disse con tutta la tranquillità di cui era capace.
- Ti ricordo che c’ero anch’io in questa stanza e ho ascoltato la conversazione con Jenna, quella successiva a non si sa chi, ma presumo fosse Karol e poi nuovamente quella con Jenna – rispose squadrandola con aria saccente – Non capisco perché hai detto una bugia a Jen e soprattutto perché non posso dire a Jack che ci sposiamo!
Tess gli accarezzò il viso – Puoi dirglielo, ora… - ribatté lapidaria.
Alex grugnì – Perché hai detto a Jenna che te l’ho chiesto ieri sera, quando invece te l’ho chiesto una settimana fa?
Tess fece spallucce. Era meglio tenere nascoste certe cose ad Alex, non sarebbe riuscito a mantenere il segreto – Adesso gliel’ho detto o no? Dai, alziamoci che ho una fame da lupo! – seccò così un’altra probabile lamentela del ragazzo e si sedette sul letto.
Quando vide il telefonino illuminarsi lo afferrò vorace per leggere il messaggio.
Ben fatto! Karol mi ha appena chiamata e mi ha raccontato tutto. Sei stata eccezionale!
Tess sorrise tra sé e sé. Ormai l’ingranaggio era stato attivato.
Non appena aveva messo giù con Jenna aveva chiamato subito Karol per raccontarle cosa si erano dette e per confermarle che era riuscita a convincere Jen a ritornare all’ovile. L’amica aveva poi provveduto ad informare il resto della banda.
Digitò in fretta la risposta.
Io ho svolto il mio dovere. Adesso tocca a voi, sperando sempre che riusciamo a far ragionare chi sappiamo noi! E che quel buco che ha nel cervello non si sia allargato troppo!
Aspettò qualche secondo e lesse subito la risposta, che arrivò puntuale.
Non ti preoccupare ci penso io a “Chiappe D’Oro” e poi ho una valida alleata!
Tess scoppiò a ridere.
Era il momento d’agire e chissà che questo supplizio terminasse.
Non ne poteva proprio più di quei due…
 


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



Come sempre grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner
e il bellissimoTRAILER


Cosa posso dire?
GRAZIE!
Avete accolto J&J in modo travolgente e passionale e mai me lo sarei aspettato!
E' stato davvero una cosa sensazionale leggere i vostri commenti e il vostro entusiasmo.
Grazie davvero con tutto il <3
Non so davvero cosa dire.

Se avete voglia ho un'altra storia in corso
 L'undicesimo comandamento di MandyCri


Vi ricordo che il gruppo di fb è sempre valido
L'amore non è bello se non è litigarello


Vi lascio al Jack pensiero.
Buona lettura e ancora GRAZIE

____________

CAPITOLO 2
 
- E così tu e Tess vi sposate… bene. Bella notizia… sono contento per voi.
- Jack ti prego, frena l’entusiasmo! Dovresti cambiare lavoro e fare il becchino! Cristo Santo! Spero solo che tu non abbia questo atteggiamento con i tuoi studenti, perché se così fosse, non li invidio proprio! Ho capito che Tess non ti è mai risultata troppo simpatica, ma caspita. Ti dico che mi sposo e reagisci come un morto! “Bella notizia… gne, gne, sono contento per voi… gne, gne”. Un po’ di vita, ragazzo mio! – sbottò Alex alzandosi in piedi per fargli l’imitazione.
Jack sorrise – Ma dai Alex! Lo sai che sono veramente felice per voi. Cosa dovevo fare i salti di gioia, i fuochi d’artificio? Stappiamo una bottiglia questa sera e festeggiamo! – rispose sarcastico.
Alex si immusonì, scuotendo vigorosamente la testa – È il mio matrimonio, Jack! – lo riprese ancora una volta – Una volta sì che avresti fatto i salti di gioia! – disse cupo.
Si sentì lievemente in colpa nei confronti del ragazzo – Hai ragione, scusa… sono proprio un pessimo amico.
- Sarai il mio testimone, vero? Lo so che quando l’abbiamo giurato uno all’altro, eravamo solo dei mocciosetti, però io ci terrei fossi tu… - mormorò Alex, abbassando la testa.
Fu in quel momento che ebbe un’illuminazione – Bè, che discorsi! Certo! – accettò subito con gioia – Ehi, Alex non è che…
L’amico lo interruppe subito – Non ci provare nemmeno Jack. Lo sai che non devi nominare quel nome invano. Abbiamo un accordo! Noooo! Non guardarmi con quella faccia da cane bastonato, lo sai che non attacca. Non puoi ogni volta ricadere sempre su quel discorso e su quella persona.
L’innominabile sarà la damigella d’onore di Tess e con questo il discorso è chiuso! – abbaiò con cattiveria Alex.
Jack alzò gli occhi – Ma che palle! Non volevo chiederti di lei… - mentì, cercando di sostenere lo sguardo corrucciato dell’amico.
- Si, certo… come no… dai Jack non sei capace di dire bugie, lo sai.
Sbuffò – Io non capisco, perché non posso parlare di lei – disse infine – Sono una persona libera e qui negli Stati Uniti, c’è la libertà di espressione, si dia il caso!
- Senti, se vuoi te lo rispiego per la miliardesima volta: non puoi parlare di… lei… perché per mesi e mesi mi hai scartavetrato le palle, piagnucolando come una femminuccia. “Perché mi ha lasciato? Cosa è successo? Com’è possibile che non sia più innamorata di me?” E fosse solo questo… no! Non hai accettato nessun consiglio, perché non volevi abbassarti e mortificare il tuo stupido orgoglio alla Jack Grant! Non le hai chiesto spiegazioni, non l’hai più voluta vedere. Allora io dico: hai deciso di agire così? Accetta le conseguenze. Non puoi continuare in questo modo, sono passati tre anni! Rifatti una vita Jack. È arrivato il momento di guardare avanti. Tu e Jenna vi siete lasciati, fattene una ragione oppure, se sei ancora innamorato di lei, chiamala, scrivile, cerca di riavvicinarti a lei – quando Alex finì il suo lungo e concitato monologo, sbatté i pugni sul tavolino del caffè in cui erano andati a fare colazione.
Jack era tutto rosso, livido di rabbia per le parole dell’amico – Ti ricordo che mi ha lasciato per mail Alex! PER. MAIL! – sbottò incattivito – Tu avresti cercato un chiarimento con una persona così codarda?
- Codarda? Ma senti da che pulpito… Jack! Non farmi incazzare ancora di più. Sono tre anni che menti e io ti tengo il gioco – replicò l’amico sempre più stizzito.
Jack alzò le spalle – Bè, sono bugie a fin di bene, quelle… - mormorò imbarazzato.
Alex alzò le sopracciglia e lo fissò imbambolato – A fin di bene? – chiese stranito.
- Certo che si! Guarda? – gli mostro entrambi i palmi delle mani per dare una prova di ciò che stava affermando.
Il ragazzo spostò gli occhi dalle mani al viso sempre più perplesso – Devo leggerti il futuro, per caso?
Jack grugnì – No scemo! Guarda i calli!
- Non capisco proprio, scusa ma devi darmi dei ragguagli, almeno so dove vuoi andare a parare – gli disse l’altro, mentre uno stupido sorrisino gli colorava il viso.
- Sono diventato un segaiolo, Alex! Ambidestro per giunta! Cosa dovrei dire a Jenna? Oh cara, da quando mi hai lasciato non sono stato più con nessun’altra ragazza. Sono talmente innamorato di te che nessuna è alla tua altezza e pensa, cara, mi tocco ogni sera ripensando al tuo corpo! Non ridere scemo, vorrei vedere te al posto mio! – piagnucolò.
- Jack io non comprendo davvero, perché continui a far credere a tutti che sei andato avanti e che esci con una ragazza diversa ogni settimana. Capisco che devi salvaguardare la tua reputazione, ma così non la riavrai mai… guarda che queste voci arrivano alle sue orecchie…
Lo interruppe con forza – Oh! Ne sono convinto, sono io che non so più nulla di lei, perché voi mi proibite, perfino, di nominarla! Lo so bene che invece Tess e Karol le dicono tutto di me. Io non afferro ancora il motivo per cui sia stato ammutinato dalla nave degli amici!
Alex scoppiò a ridere – Non lo capisci? Dai andiamo… per mesi e mesi non hai parlato di altro. Ti abbiamo detto in tutte le lingue del mondo di andartela a riprendere subito, di chiarire con lei, anche litigando e urlando fino a restare senza voce, ma tu ti sei intestardito, perché il grande Jack Grant non si poteva abbassare a tanto! Non ne potevamo più di tutti i tuoi sproloqui, per quello ti abbiamo vietato di nominare Jenna!
- Sono ancora innamorato di lei – ammise mesto all’amico che tutto di colpo ritornò serio.
- Lo so Jack – lo confortò prendendogli la mano e stringendogliela forte – Riprenditela! – lo incitò poi – Jenna sarà la damigella d’onore di Tess, afferra l’occasione al volo.
Jack negò con la testa – Sono passati tre anni, Alex. Secondo te, se fosse stata ancora innamorata di me, non avrebbe fatto qualcosa per riavvicinarsi? Non mi vuole più.
Il ragazzo sbuffò – Senti… non dovrei dirtelo, ma so che Jenna non ha più avuto un ragazzo dopo di te. Ha sofferto molto e io sono sicuro che ti ami ancora, proprio come il primo giorno.
Jack sorrise – Mah... non sono molto ottimista.
- Allora riprenditi la tua vita Jack e comincia ad uscire con qualche altra ragazza, ma per davvero questa volta, sono stanco di reggerti questo stupido gioco con gli altri. Far finta di avere mille ragazze è da imbecilli, soprattutto quando le puoi avere davvero, poi adesso hai un sacco di studentesse che ti sbavano dietro, dovresti approfittarne. Io, uno più scemo di te, non l’ho mai conosciuto. Giuro! – scherzò Alex.
- Sono delle ragazzine! Ma che sei matto? – rispose sorpreso.
Alex gli fece l’occhiolino – Bè, qualcuna dell’ultimo anno è maggiorenne. Avresti, in caso, solo sei anni in più. Farebbero carte false per te professor Grant!
Stava per replicare ancora quando, proprio in quel momento, il cellulare gli vibrò in tasca, aprì la notifica del messaggio e lo lesse.
Muovi quel tuo bel culetto e vieni IMMEDIATAMENTE a casa mia!
Jack soffiò un’imprecazione.
Maledetta genitrice pazza che gli rompeva sempre le scatole!
- Devo andare adesso. Visto che ti sposi: paga tu! – disse cominciando ad alzarsi.
Alex lo mandò a quel paese, poi gli sorrise – Pensa Jack a quello che ti ho detto.
- Lo farò – lo rassicurò – Ciao.
Si avviò verso la macchina.
Elizabeth Allen, ovvero la genitrice pazza, non l’aveva lasciato in pace un momento da quando si era messo insieme a Jenna, nemmeno quando quest’ultima l’aveva lasciato.
Era stato proprio lui a comunicarle, per telefono, la notizia della loro rottura. Jenna si era dimostrata una codarda anche in quello.
Elizabeth l’aveva chiamato, perché aveva sentito la figlia e le era sembrata particolarmente strana e triste e, ovviamente, l’aveva subito accusato di essere la causa dello stato d’animo di Jen.
Jack aveva appena finito di leggere la mail in cui la sua ragazza lo lasciava ed aveva un diavolo per capello.
Aveva praticamente riso in faccia ad Elizabeth – Sai una cosa, Liz? – aveva detto strafottente – Ti giro una cosetta al tuo indirizzo di posta elettronica e poi sono proprio curioso di sapere se sono io quello che deve essere consolato o la tua cara Jen!
Le aveva sbattuto il telefono in faccia e non l’aveva più sentita per diversi giorni.
Ovviamente la mail in cui Jenna lo lasciava, gliel’aveva girata subito dopo aver chiuso la telefonata.
Quando la rabbia aveva lasciato posto al dolore, si era sentito in colpa.
Era andato a trovare Liz per chiederle scusa e, un po’, anche per egoismo. Aveva avuto assoluto bisogno di qualcuno che gli parlasse di Jenna e chi meglio di Elizabeth poteva farlo?
L’aveva trovata con gli occhi gonfi e circondati da profonde occhiaie. Vicino alla porta c’era un trolley. Era pronta per partire.
Elizabeth gli aveva preparato un the – Non ne vuole parlare con me – gli aveva confidato tra le lacrime – Mi ha proibito di immischiarmi e mi ha minacciata di non tornare più a casa se lo farò. Ho deciso quindi di andare da lei e cercare di capire, anche se non le consiglierò nulla. Le resterò vicina e basta. Non prendertela con me Jack, cerca di capire… è mia figlia ed è il bene più prezioso che ho.
Jack aveva sentito il cuore disgregarsi in mille pezzi.
Allora è veramente finita…, questo era stato il suo unico pensiero.
Aveva tranquillizzato Liz dicendole che prima o poi le cose si sarebbero sistemate, cosa che sperava con tutto se stesso.
Mai promessa era stata smentita come quella!
Da allora la genitrice pazza era sempre rimasta in contatto con lui, anche perché, l’amicizia che era nata con sua madre non si era affievolita con il tempo.
Anzi, le due donne uscivano spesso insieme e si sentivano giornalmente.
Era certo che Jenna lo sapesse, ma nonostante lui l’avesse sperato con tutto se stesso, questa amicizia tra le loro due madri non aveva l’aiutato a rivederla. C’era stata solo qualche breve e rara occasione, quando l’aveva incrociata di sfuggita per strada.
Sia Elizabeth che Chantal non avevano più parlato della sua relazione con Jenna e nemmeno fatto nulla per riunirli.
Un po’, forse, ci aveva sperato, ma ancora una volta si era sbagliato.
Immerso in tutti quei pensieri, Jack si ritrovò davanti alla casa della madre di Jenna.
Come al solito, quando si recava da quelle parti, pregò, anche in aramaico, di non incontrare la vecchia fastidiosa.
Aveva imparato a sue spese, viste le numerose bastonate ricevute, di guardare bene in tutte le direzioni, prima di entrare nel palazzo da lui definito “maledetto”.
Quando vide che, fortunatamente, la via era libera mandò un messaggio ad Elizabeth che era al corrente della sua fobia verso la gentile signora anziana del piano di sopra.
Apri!
Ok, era un cacasotto, ma proprio non sopportava la signorina Rottenmeier!
Meglio evitare di aspettare davanti al campanello che Liz gli aprisse.
Quando sentì il rumore del cancello automatico, si precipitò all’entrata e con uno scatto degno di un velocista, entrò nell’androne del palazzo.
Chiamò l’ascensore, saltellando agitato.
Ma possibile che avesse così tanta paura di una vecchiaccia?
- Non è fattibile che questo ascensore non sia mai libero, quando serve! - sentì rimbombare proprio la voce della donna tanto temuta, tra le pareti del palazzo e, con il sudore che gli scendeva sul viso, pregò di riuscire ad infilarsi dentro l’ascensore, prima che la vecchia scendesse a piedi e lo scoprisse.
Per una volta tutto filò tutto liscio.
Entrò in ascensore, salì al piano e quando uscì della donna non c’era traccia.
Quindi entrò in casa di Elizabeth che gli aveva lasciato la porta socchiusa e, una volta chiusasela alle spalle, tirò un lungo sospiro di sollievo.
Quando alzò gli occhi però la scena che gli si presentò davanti, gli ghiacciò il sangue.
Elizabeth e Chantal erano in piedi davanti al divano, nella stessa identica posizione: braccia conserte e piede destro che batteva furiosamente per terra.
Sembravano due gemelle.
- Ehm… ciao… - borbottò.
- Ciao Jack, ti stavamo aspettando – disse la genitrice pazza, facendogli un cenno del capo – Accomodati – aggiunse perentoria, spostando una sedia davanti al sofà.
- Amore… – lo salutò sorridendo sua madre.
Fu quel sorriso che gli infuse un po’ di coraggio.
Si sedette titubante davanti alle due donne che a loro volta si accomodarono sul divano, davanti a lui.
Sembrava quasi l’inquisizione!
Deglutì vistosamente e poi si fece forza – Cosa succede? – chiese allarmato.
Fu Liz a prendere la parola – Jenna ritorna a casa al massimo entro un mese. Come ben tu saprai, Tess e Alex si sposano il prossimo giugno e mia figlia sarà la damigella d’onore della sposa e tu il testimone dello sposo. Quindi, siccome non ti riteniamo all’altezza della situazione, abbiamo pensato di comune accordo di concederti il nostro aiuto – affermò cercando l’approvazione di sua madre che le annuì sorridendo.
- Voi mi concedete il vostro aiuto? E per cosa? – domandò non capendoci niente – Jenna ritorna a vivere qui? E perché mai se il matrimonio sarà tra nove mesi? – domandò perplesso, mentre un calore strano gli riscaldava il cuore.
- Mio Dio Jack! Sei sempre il solito tonto, non cambierai mai! – sospirò la genitrice pazza, poi gli sorrise – Voglio che torni insieme a mia figlia. Tu sei l’unico genero che voglio avere e non permetterò a nessuno di prendere il tuo posto!
Jack spalancò gli occhi, non si sarebbe mai voluto trovare al posto del poveretto che Jenna avrebbe scelto!
Un attimo solo! Tutto quel discorso della genitrice pazza significava, forse, che Jenna aveva un fidanzato?
Il mondo gli crollò addosso in un istante – Liz… Jenna ha un ragazzo? – balbettò, cominciando ad ansimare e incespicandosi sulle sue stesse parole. La fissò ansioso.
- Amore mio – intervenne sua madre – Non ti preoccupare, abbiamo svolto le dovute indagini e anche se Jen non ci dice più nulla, o meglio non si confida più con Elizabeth, perché ha paura che lo riferisca a me e di conseguenza io lo ripeterei a te, sappiamo da fonte certa che è single! – affermò sua madre, lieta di dargli la buona notizia.
Jack guardò sua madre di traverso.
Che razza di giri di parole erano questi?
Per fortuna sapeva ancora fare due più due e il senso del complicato discorso di Chantal l’aveva chiarito perfettamente: Jenna era sola!
Sempre che avesse detto la verità alle sue amiche del cuore… o che queste l’avessero riportata alle due mamme.
Del resto era lui stesso il primo che raccontava un sacco di frottole sulla sua vita sentimentale… e se Alex gli aveva retto il gioco anche Tess e Karol potevano reggerlo a loro volta a Jenna.
Soprattutto Tess che lo odiava e avrebbe fatto chissà cosa per vederlo affondare.
Sentì la testa scoppiargli.
Jack si accorse di ringhiare sommessamente – Cosa dovrei fare esattamente? – chiese allora.
Doveva fidarsi di quelle due, perché rivoleva la sua Jenna a tutti i costi.
- Innanzi tutto vogliamo sapere la verità su di te e cosa hai fatto in questi tre anni, altrimenti non ti possiamo aiutare, se viene fuori qualcosa di compromettente che noi non sappiamo… bè siamo nei guai! È un po’ come il rapporto cliente-avvocato – sentenziò Elizabeth.
Jack sbiancò – Ecco…
- Tutta la verità – l’ammoni la donna – E per renderti più facile la risposta, ti elenco i punti a cui dovrai rispondere – si rivolse a Chantal – Carta e penna, socia!
La madre annuì ancora.
Ma cos’erano pazze quelle due?
Erano due madri, non due detective!
Una madre pazza, in carriera e una madre casalinga, che ultimamente seguiva l’amica e l’aiutava nel suo lavoro, per diletto!
Mio Dio! Io e Jenna abbiamo creato due mostri, facendole incotnrare!, pensò Jack.
- Pronta Chanty? Jack?
Chanty? CHANTY??? La chiamava davvero così? Cose dell’altro mondo!
- Si sono pronto – disse invece deglutendo. Chissà cosa avevano in mente…
- Allora – iniziò puntandogli il dito contro – Jack Junior Grant, detto JJ, stai frequentando qualcuna?
Le fissò entrambe ancora una volta, allucinato.
La madre scriveva come una forsennata su un foglietto, mentre Elizabeth, che si era pure alzata dal divano, andava avanti indietro con la mano sinistra dietro la schiena e quella destra sotto il mento, concentratissima.
 - No!
 - Quante ragazze hai avuto? Cosa ci hai fatto? Con quante sei andato a letto negli ultimi tre anni? C’è qualcuna che senti, tanto per…? C’è qualcuna che ti corteggia? Vogliamo sapere tutto nei minimi dettagli per poter formulare il nostro piano “acchiappa Jenna”. Intanto rispondi a queste, poi ti farò le altre. Hai scritto tutto socia?
Jack strabuzzò gli occhi!
Cristo Santo! Quelle due volevano sapere vita, morte e miracoli della sua vita sessuale!
Dire quelle cose davanti a sua madre? Ma che scherzavano?
Nemmeno morto…
Per fortuna che lui, da tre anni a questa parte, aveva fatto un voto di castità, o meglio, nessuna l’aveva più attratto sessualmente.
Non doveva dire loro dell’auto piacere che si dava quasi ogni sera, pensando a Jenna, giusto?
- A parte che questi sono affari miei, sia chiara una cosa. Io a mia madre non dirò mai cosa faccio con le ragazze. Ma siete pazze? Ho anch’io una dignità! Fortunatamente, posso rispondere a queste domande con tutta tranquillità, ma in ogni caso non avrei mai detto a mia madre le mie prestazioni sessuali. Non ho più avuto nessuna da quando io e Jenna… bè… ci siamo lasciati. Non sono più uscito con altre ragazze e non ho baciato o fatto altro. Per il resto… sono il professore di matematica del liceo più importante di questa città e lo sanno anche i sassi che lotto ogni giorno contro centinaia di ragazzine che sono peggio dei pitbull, quando mi vedono! Devo uscire sempre scortato da qualche altro insegnante, perché non mi assalgano in massa e mi propinino le loro stupide scuse, pur di parlare con me: non ho capito la lezione, avrei bisogno di ripetizioni private, ecc… ecc…! – rispose con fin troppa enfasi.
Elizabeth lo fissò a bocca aperta – Non sei stato con nessuna? – aveva un’espressione sconvolta dipinta sul viso. Si sedette e il silenzio calò pesante. Dopo almeno cinque minuti, Elizabeth si rialzò e scoppiò a ridere – Quindi ci stai dicendo che ti sei ammazzato di seghe per tre anni di fila?
- Liz! La vedi quella vicino a te? È mia madre! Ma ti rendi conto che figura di merda mi hai appena fatto fare? – sbraitò, sentendo il viso andare a fuoco.
Cristo Santo! Ma perché doveva capitare proprio a lui una suocera così?
Forse era meglio lasciar perdere Jenna e chiudere definitivamente quel capitolo della sua vita.
Non poteva reggere, ancora per molto tempo, l’imbarazzo in cui lo metteva sempre quella donna.
Si, si! Meglio mandare a farsi friggere tutto e tutti…
- Quindi le voci che circolano su di te come le dovrei considerare? – chiese invece lei, ritornando seria e fregandosene altamente della sua protesta, mentre sua madre continuava a scrivere imperterrita, ma che cazzo aveva poi da scrivere?
- Volevo salvarmi la faccia – rispose senza mezzi termini – L’unico che sa la verità è Alex e mi ha retto il gioco fino ad oggi. Lo confermerà se glielo chiederai. Non avuto più nessuna dopo Jenna e la verità è che sono ancora troppo innamorato di lei per provare a lasciarmi andare con un’altra – le rispose sincero.
- Te l’ho mai detto Jack che io ti amo alla follia e che ti considero come un figlio? Io ti adoro, davvero. Tu ritornerai insieme alla mia bambina! Lo giuro! – affermò convinta Elizabeth.
Si batté il pugno destro sul cuore come se avesse appena emesso una sentenza di guerra.
Jack sospirò.
Tutto ciò era un disastro!
Che Dio l’aiutasse…
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***




Come sempre grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner
e il bellissimoTRAILER


Ciao e grazie ancora, infinitamente, a tutti!
Chi mi ricorda, chi mi segue, chi mi preferisce, chi legge in silenzio e chi recensisce.
A tutti grazie.
Spero che il capitolo vi piaccia un grande bacio
MandyCri


Vi ricordo che il gruppo di fb è sempre valido
L'amore non è bello se non è litigarello



________

CAPITOLO 3
 
Jenna entrò in casa sbattendosi, con forza, la porta alle spalle.
Sua madre si affacciò dalla cucina, immediatamente – Cos’è successo, tesoro? – chiese in ansia.
- Quella è pazza! – sbraitò, sbattendo, sul tavolo, il plico che Tess le aveva appena consegnato.
Elizabeth spalancò gli occhi sorpresa – Chi è pazza? – chiese curiosa.
- Tess! – ringhiò incattivita.
Sua madre scosse la testa e si girò per cercare di nascondere un risolino divertito che era le spuntato dal niente.
- C’è poco da ridere – disse contrariata – Io mi sono trasferita qui in fretta e furia. Ho lasciato il mio appartamento. Il. MIO. Appartamento. - ripeté con foga, giusto perché la cosa non passasse inosservata – Per AIUTARLA a preparare il SUO CAVOLO di matrimonio da mille e una notte. Non per organizzarlo io!
- Dai, tesoro… cosa ti avrà mai chiesto… - cercò di consolarla la genitrice sempre con quel fastidioso sorriso che le dipingeva il viso.
Jenna sbuffò sonoramente. Le uscì dalla bocca un vero e proprio guaito – Mamma! Cosa mi avrà mai chiesto? Guarda tu stessa. Ho un libro di compiti per casa, da fare. Devo scegliere il ristorante, ma ti sembra una cosa normale? Mi ha messo i nomi di dieci locali da provare con tanto di indirizzo, telefono e specialità da assaggiare! Devo scegliere il gruppo che suonerà in chiesa e, lì… - indicò il libricino con orrore, prima di riprendere la sua sfuriata - …ci sono, almeno, venti gruppi con tutti da contattare. Ma fosse solo questo! Eh no, cara mia! C’è anche un altro gruppo da scegliere, quello che dovrà sollazzare tutti noi durante i festeggiamenti. Perché averne solo uno che suoni in chiesa e poi venga al ricevimento, quando c’è una scema che tanto ha tempo da perdere per te? E quando gliel’ho fatto presente, sai cosa mi ha detto? Jenna, ma tu proprio non capisci? In chiesa voglio un coro gospel! Hai mai sentito tu, un gruppo del genere suonare ad un ricevimento per far ballare le persone? E come se non fosse già abbastanza irritante il concetto… ha usato quella vocina acuta che mi urta ogni cellula del cervello! Ah e poi? Stessa storia per i fiori. C’è un elenco infinito di fiorerie, dei tipi di fiore che vuole, dei vari bouquet che le piacerebbero… se non ci sono questi, allora sei autorizzata a prendere quelli… se non ci sono di quel colore, allora va bene anche questo… MAMMAAAAAAA… non ce la farò mai! E come se non bastasse, mi ha anche cacciata di casa, adesso, perché doveva correre a scuola! – esplose.
Elizabeth la guardò come se fosse un’extraterrestre – Ehm… posso vedere l’elenco?
Jenna abbaiò un sì e si mise le mani tra i capelli, aspettando la sentenza della madre che stava sfogliando i cinquanta fogli contenenti le direttive di Tess.
Aveva anche perso tempo a scriverglielo, la bastarda!
La vide inarcare più volte le sopracciglia e spalancare la bocca sorpresa – Bè… effettivamente, non hai tutti i torti… – mormorò, forse, dispiaciuta.
Poi all’improvviso si girò verso di lei – Ho io la soluzione! – disse, ritornando allegra, tutto di colpo – Ti aiuto io! Facciamo così. Lasciami questi appunti in un paio di giorni e io e Chantal ti organizziamo tutti gli appuntamenti, te li distribuiamo bene nell’arco di un tot di mesi, così tu non perdi tempo e puoi dedicarti al tuo lavoro!
Jenna storse il naso, quando la madre pronunciò il nome della mamma di Jack.
Sapeva bene che le due donne si frequentavano assiduamente e, in verità, anche nei brevi e radi rientri a casa degli ultimi tre anni, l’aveva trovata spesso a casa sua.
La donna si era sempre comportata in modo corretto, non aveva mai pronunciato le parole “Jack” o “figlio” e non aveva mai commentato o, peggio, fatto battutine sarcastiche, ironiche o cattive sul modo in cui lei aveva lasciato JJ.
Jenna le era grata per questo, tuttavia, ogni volta che la vedeva, per lei era un colpo al cuore.
Troppi ricordi belli da sotterrare nuovamente, quando poi, tornava nella sua nuova casa.
- Mamma, grazie. Sarebbe un aiuto prezioso, però ti vorrei far presente una cosa: come cavolo faccio io ad andare nei ristoranti, dai fiorai o ad ascoltare i vari gruppi? Ti ricordo che non ho un auto! – piagnucolò – Già Tess non mi ha parlato di rimborsi spesa! Capisci? Non mi ha dato nemmeno un dollaro, nemmeno un piccolo anticipo! Non posso permettermi di spostarmi in taxi! Non dirmi di prendere i mezzi pubblici, per favore! Lo farò senz’altro per andare a vedere “sti” benedetti cori o i fiori del cavolo, ma spiegami… la sera, quando andrò nei ristoranti, come farò? Ci vado con il bus? Dovrò comprarmi una macchina, per forza! Forse non ti rendi conto! Mi devo comprare una macchina, a mie spese! E per cosa? Per fare la serva a Tess che dilapida il mio esiguo patrimonio! – non riuscì a contenere la rabbia!
Ma porca paletta!
Non solo le faceva un favore e… che favore! Ma doveva anche rimetterci!
Non le sembrava affatto giusto.
Quando aveva provato a protestare, Tess l’aveva guardata indietreggiando e, quasi in lacrime, aveva sussurrato – Non ti facevo così materialista Jen… guardi queste piccole cose? È il mio matrimonio! Cosa vuoi che ti dica, tieni tutti gli scontrini e le fatture e poi ti rimborseremo… non avrei mai pensato che proprio tu mi avresti detto certe cose…
Si era sentita, letteralmente, una merda!
Come era possibile che si sentisse in colpa per una cosa su cui aveva ragione?
- Non ti preoccupare per questo! – guardò sua madre di traverso, stranita dalla sua risposta. Non si doveva preoccupare? Elizabeth non si rendeva proprio conto della cosa, sentire lei era tutto facile.
Jenna grugnì – Oh certo! Non mi devo preoccupare! – affermò sarcastica.
- Certo che no, tesoro! Anche a questo ci penso io – disse la genitrice con uno strano sorriso – Ti organizzo tutto per bene, così ridurremo al minimo le spese e ti troverò un valido aiutate, automunito, in modo tale che ti scorazzerà dove vuoi tu e, magari, ti terrà compagnia, quando dovrai andare a cena fuori, mica puoi mangiare sola come un cane nei ristoranti – allargò ancora di più quel sorriso strano, tanto che Jenna si preoccupò subito e continuò – E poi, almeno, potrai avere un’altra opinione, se mai dovessi essere indecisa. Giusto?
Jenna assottigliò lo sguardo.
Conosceva bene sua madre, stava tramando qualcosa.
Tutta quella disponibilità era sospetta – Basta che non sia Chantal! – disse cupa – No, perché non reggerei anche questo!
Elizabeth le si avvicinò, tenendo il plico tra le mani e con quello, le diede un colpetto sulla spalla – Scherzi? Non stavo pensando assolutamente a Chantal, tesoro mio! Lei deve aiutare me a prenotare tutte queste cose! Cosa ti è venuto in mente, giuro che ho pensato a tutt’altra persona – le fece un sorriso enorme – Vado a prepararmi adesso che sono in ritardo! Ci penso io! – le fece l’occhiolino e sparì.
Jenna si sedette vicino al tavolo, pensierosa.
Cera qualcosa che non andava.
Un’amica che, all’improvviso, era diventata una schiavista.
Una madre troppo solerte ad aiutarla.
Bè, non erano affari suoi.
L’importante per lei, era riuscire a trovare il tempo di lavorare e rientrare con i soldi spesi per Tess, perché, altrimenti, con il cavolo che le avrebbe fatto il regalo di nozze!
Il telefono le squillò. Ancora Tess! Non era possibile.
Ti prego raggiungimi subito al liceo. Ho un problema grandissimo.
No! Questo no… era veramente troppo!
Non ci sarebbe mai andata in “quel” liceo, nemmeno per tutto l’oro del mondo.
Le scappò un urlo disumano.
Elizabeth accorse subito in suo soccorso – Cos’è successo? – chiese allarmata.
Jenna non disse niente, le mostrò semplicemente il cellulare.
- Ah! – fu la risposta pacata di sua madre – Se ti muovi ti ci porto io!
La fissò stralunata. Perché era ritornata a casa? Erano tutti pazzi. Tutti!
Si diresse sconfitta, verso la sua stanza e prese un paio di occhiali neri avvolgenti e la felpa sempre nera con la manina rossa ricamata sul cuore di cui, ultimamente , abusava. L’aveva lavata, talmente tante volte, che ormai era sbiadita.
La indossò come un automa e poi ritornò da sua madre, si infilò gli occhiali e prese la borsa.
- Sono pronta – sussurrò.
Elizabeth la guardò scocciata – Oh no! Un’altra volta! non dirmi che siamo ritornate alle felpe giganti e scolorite! – la rimproverò – Non ti porto in giro, così! Va subito a cambiarti e butta via quella cosaccia, immediatamente!
Jenna sentì lo stomaco stringersi e il cuore sanguinare – È di Jack – mormorò quasi emozionata - L’ha lasciata da me e non sono mai riuscita a rendergliela o a sbarazzarmene. Sentivo il suo profumo all’inizio… l’avevo tenuta per questo. Mi faceva compagnia la notte - si confidò per la prima volta con la madre - Ma poi lavandola l’ho perso… e adesso non mi ricordo più che odore aveva… non lo so nemmeno, perché non sono ancora riuscita a buttarla via…
Avvertì le prime lacrime far pressione per uscire, ma cercò di trattenerle.
Sua madre la guardò dispiaciuta – Oh Jenna… - non disse altro, l’abbracciò e lei si sforzò di trattenere ancora un altro po’, quel pianto che voleva a tutti i costi uscire, inutilmente.
- Andiamo mamma… Tess ha bisogno – pronunciò quelle parole cercando di essere il più sarcastica possibile, ma in quel momento, Jack aveva rapito ogni suo pensiero. Non riusciva, nemmeno più, ad essere arrabbiata con l’amica.
Si meritava tutto quello che le stava succedendo e tutto quel dolore.
Perché era stata così stupida e l’aveva lasciato?
 
***
 
Non appena aveva sentito la campanella suonare, Jack era uscito dalla classe come una saetta.
Non poteva concedersi di fermarsi un attimo di più in classe, soprattutto, quando si trattava della campanella che annunciava la pausa pranzo.
Aveva capito, purtroppo a sue spese, che quella era l’ora peggiore.
La scuola era cominciata solo da poche settimane, ma aveva imparato in fretta, come muoversi.
La prima volta, aveva salutato i suoi studenti e con tranquillità aveva messo in ordine la cattedra e raccolto le sue cose.
Mai errore fu così grande e fatale!
Nel giro di trenta secondi, era stato accerchiato da studentesse assatanate che gli avevano rivolto le domande più strane ed imbarazzanti della sua vita.
Nemmeno la genitrice pazza era mai arrivata a tanto.
Bè… o meglio… la genitrice pazza era adulta, quelle erano delle bambine!
Non era riuscito a liberarsi per tutta quell’ora ed era rimasto sequestrato in classe, seduto sulla sedia, finché non era suonata la campanella che segnava la fine della pausa pranzo e la professoressa di chimica, nonché sua acerrima nemica (Tess), era venuta a salvarlo.
Da quella brutta esperienza aveva imparato due cose fondamentali.
Uno: mai uscire di casa senza una merendina o un pacchetto di crackers.
Due: tre minuti prima del suono della campanella, raccattare tutte le cose e accostarsi alla porta.
Aveva adottato quel metodo che si era rivelato, poi, la sua salvezza.
Cominciò a correre più forte, sentendo le urla delle pazze che si avvicinavano sempre di più.
Conosceva tutti i corridoi di quella scuola, molto meglio di quelle squinternate.
Girò sulla sinistra per andare verso la palestra, aveva scoperto che in quell’ora, quella zona era la meno frequentata dagli studenti e, soprattutto, quella che aveva un’uscita secondaria.
Aveva stretto un tacito accordo con i pochi e sempre gli stessi studenti che incontrava appena fuori dal cancello.
Lui non avrebbe fatto la spia con il preside e potevano, quindi, continuare a fumarsi le loro sigarette “straniere” e a pomiciare con le ragazze e loro, in cambio, non avrebbero svelato a quelle assatanate il suo rifugio segreto.
Non si erano detti niente.
La prima volta l’avevano guardato spalancando gli occhi preoccupati, perché colti in flagrante, ma poi, quando lui aveva portato l’indice alla bocca, avevano colto subito il significato del gesto e avevano stretto quel patto silenzioso.
Chi se ne fregava se si fumavano le canne e davano libero sfogo ai loro ormoni.
L’aveva fatto anche lui qualche anno prima.
Non fumare, ovviamente. Lui era un atleta e quelle cose non rientravano nel suo modo di pensare, ma pomiciare… bè…
Correndo come un pazzo e immerso in questi strani pensieri, Jack non si accorse della porta secondaria che si apriva e si ritrovò scaraventato a terra.
Sopra di lui giaceva un corpo morbido.
Senza saperne il motivo, allungò le braccia e lo strinse forte a sé. Fu in quel momento che riconobbe quel profumo ed ebbe un tuffo al cuore.
I suoi sensi si risvegliarono in un attimo e il suo corpo reagì d’istinto.
Gli arrivò un pugno nello stomaco, nel giro di qualche secondo.
Tutto secondo copione, ma poi quel corpo si riadagiò su di lui.
Gli aveva fatto un male cane, ma non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto.
Nonostante la prima reazione violenta, quel corpo non si era spostato (se non per il pugno) e lei gli era rimasta sopra, proprio come se avesse ritrovato il suo habitat naturale, come se, finalmente, fosse tornata a casa.
- Professor Grant! – squittì una voce sopra di loro – Cosa sta facendo? E chi è questo sacco di patate sopra di lei? È la sua ragazza? Non ci posso credere! È una tragedia, quando si verrà a sapere… Oh Dio! Lei ha un’amante! Questa è una catastrofe… - piagnucolò ancora quella.
Voleva morire – Jenna non ti muovere di un solo centimetro! – le sussurrò all’orecchio.
- E cosa devo starti sopra fino al suono della prossima campanella? – ringhiò lei.
Jack emise un gemito.
Aveva un’erezione paurosa, se lei si fosse scostata, l’avrebbe vista anche un miope.
Cristo Santo, che situazione imbarazzante!
- Jenna, come faccio… - sbiascicò con i denti stretti.
- E che cavolo ne so io! Comunque non credo sia la cura giusta starti sopra, intendo dire, se vogliamo  far ammosciare quella proboscide che ti ritrovi in mezzo alle gambe! – rispose lei seccata.
Aveva ragione, ovviamente!
- Senti Jack, ho un’idea… ci alziamo con calma e io ti copro con il mio corpo fino alla porta e poi corriamo, ok? Altrimenti quella tua alunna ammirerà le tue doti nascoste… - pronunciò le ultime parole, quasi ringhiando.
Gli sembrò una buona idea – Va bene – acconsentì – Al tre?
Cominciò lei a contare – Uno… due… tre… via!
Si alzarono di scatto e lei si pose davanti a lui e, poi, indietreggiarono fino alla porta.
- Sei la sua ragazza? – domandò perentoria la ragazzina lentigginosa, puntando minacciosamente, l’indice contro Jenna.
Jenna borbottò qualcosa di indecifrabile e poi la salutò con la manina.
Una volta aperta la porta, si girarono e scapparono correndo, tenendosi per mano.
Atterrarono sul prato fuori dai recinti della scuola e scoppiarono a ridere come pazzi.
- Jack, tu non cambierai mai! Attiri i guai… - disse lei, girandosi verso di lui.
Ebbe l’ennesima stretta al cuore.
Erano nella stessa posizione di quando lui le aveva detto “ti amo” sotto la pioggia e avevano fatto l’amore, per la prima volta.
- Sei tu che sei sbadata e mi sei venuta addosso! – protestò lui.
Jenna sbuffò, ma non disse niente.
Forse anche lei stava ricordando.
- È destino che noi ci incontriamo sempre così… – mormorò, ripensando a quel giorno di tanti anni prima in cui lei gli aveva alzato il dito medio e l’aveva mandato, platealmente, a quel paese. Il giorno in cui si era accorto di lei.
La ragazza inarcò un sopracciglio dubbiosa – Macché destino! È tutta colpa di Tess e dei suoi capricci! Anzi, adesso devo proprio andare a sentire qual è la cosa urgentissima e importantissima, Jack. Ci vediamo – disse cercando di sciogliersi dalla sua stretta.
Jack non lasciò la presa – No, ti prego, Jenna. Non lasciarmi solo! – esclamò impaurito sia perché non voleva che se ne andasse, sia perché non voleva, assolutamente, attraversare quei corridoi, senza una scorta.
- Jack…
- No, davvero. Ti supplico…
- Aspetta che mando un messaggio a Tess e le dico di raggiungerci qui – sussurrò intenerita.
Prese il cellulare e inviò un sms.
Poco dopo lo stesso squillò – Cosa dice? – le chiese curioso.
Jenna imprecò – Dice che… è una stronza! Ecco cosa dice! – sbottò acida.
Jack si mise a ridere – Ah! Io l’ho sempre saputo e dichiarato, ma nessuno mi ascolta. Fammi leggere – e prese il cellulare dalla mano della ragazza.
Ciao cara! Lascia stare non ho più bisogno. Ho risolto da sola. Fa pure da guardia del corpo all’imbecille!
Jack si lasciò sfuggire una parolaccia.
Imbecille? Ma brutta cicciona che non era altro!
Poi si girò verso Jenna che era arrossita fino alle radici dei capelli – Ehm… mi dispiace Jack, lo sai com’è fatta… - si giustificò per l’amica.
Jack sbuffò. Ah se lo sapeva…
Comunque, nel bene o nel male, Tess, questa volta, gli aveva fatto un favore.
Fissò la sua ex ragazza e sorrise vedendo che indossava la sua felpa – Ce l’hai ancora… - sussurrò addolcendosi.
Jenna si alzò e scrollò le spalle – Non metterti in testa strani pensieri, Jack. L’ho tenuta solo perché è comoda! A che ora riprendi lezione? – gli chiese cambiando argomento.
Jack la guardò di traverso, poi decise di dargliela vinta – Ho un’ora buca. Andiamo a prendere un caffè insieme? – domandò speranzoso.
Jenna si incamminò e lui la seguì – Solo un caffè, Jack. Intesi?
- Solo un caffè – sussurrò felice, come non si sentiva da una vita ormai.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer

 





CAPITOLO 4
 
Ok! Jack Grant era davvero un bell’uomo.
Se quando era un adolescente era stupendo, adesso era davvero meraviglioso.
La perfezione assoluta.
Le labbra carnose, gli occhi azzurri e quel ciuffo sbarazzino che gli cadeva sempre sulla fronte, ma era l’espressione che lasciava Jenna senza fiato.
Jack era gioioso, lo era sempre stato, anche quando faceva lo strafottente, anche quando aveva l’aria stralunata, anche quando faceva il saputello e tutti, invece, sapevano che, oltre ai suoi teoremi e le sue equazioni, non capiva mai il senso logico di ciò che lo circondava.
Ti guardava con il suo sguardo azzurro e nessuno poteva fare a meno di cadergli ai piedi, lei compresa.
Proprio in quel momento le sorrise e Jenna avvertì, chiaramente, il suo cuore andare in sciopero, probabilmente l’aorta stava picchettando con tanto di cartello con su scritto a caratteri cubitali: RIVOGLIAMO JACK GRANT!
Lo guardò di sottecchi, cercando di restare impassibile.
Il governo doveva, assolutamente, emanare una legge in cui proibiva al professore Jack Grant di indossare camice azzurre, jeans consumati ad arte e converse nere.
Non poteva andare a scuola vestito così, ne andava dello stato mentale delle sue alunne e, in quel preciso istante, anche del suo.
Era sesso allo stato puro.
Jenna maledì se stessa, sua madre e soprattutto Tess che l’aveva coinvolta in tutta quella storia.
Ma perché?
Stava così bene rinchiusa a casa sua a versare quelle lacrime di coccodrillo che le tenevano tanta compagnia!
Perché Jack portava ancora al collo la catenina con le due “J” che gli aveva regalato quel famoso compleanno dei suoi diciotto anni e che la faceva sentire ancora più in colpa e, soprattutto, più stupida di quanto già sapesse di essere?
Jenna sorrise a sua volta, poi si chinò verso la borsa, cercando di far finta di niente e si fece un po’ di aria con le mani.
Sperava solo che il tempo di quel caffè passasse velocemente.
Oh Signore! Era ancora innamorata di lui, accidenti!
Non poteva, però, saltargli addosso (come avrebbe voluto fare) e dirgli: Jack, io ti amo!
Che razza di figura avrebbe fatto?
E poi… lui si era rifatto una vita, senza contare tutte quelle sbarbatelle che gli facevano il filo.
Riemerse da sotto il tavolo e strinse la tovaglia con tutta la sua forza.
Non era giusto, cavoli!
Perché a lei era toccato un acido e vecchio professore di matematica e invece queste ragazzine avevano Jack ad illuminarle sui numeri?
Cosa aveva fatto di male, a suo tempo, per meritarsi quell’ingiustizia?
Oh Dio! Era gelosa di quelle poppanti, non poteva crederci.
Jack le afferrò la mano all’improvviso – Mi sei mancata tanto – disse, estendendo ancora di più quel sorriso affascinante su quel viso perfetto e sciogliendo, purtroppo, la stretta delle loro mani.
Aria! Aria! Aria!
Jenna deglutì – È tanto che non ci vediamo, infatti – disse annuendo vistosamente, cosa che immaginava la rendesse davvero ridicola agli occhi dell’ex ragazzo.
- Troppo! – enfatizzò lui – Non deve più succedere, ok? Me lo prometti?
Oh certo Jack, te lo giuro seduta stante! Riprendimi e sbattimi subito su questo tavolino! – Sai gli impegni… - rispose lei – Così hai realizzato il tuo sogno… sei un professore di matematica! – cambiò repentinamente argomento.
Jack si grattò la testa imbarazzato – Bè… in realtà ambirei a diventare professore universitario, ma mi si è presentata quest’occasione. Sai, il tuo vecchio professore è andato in pensione e io ho provato a fare domanda. Il preside mi ha subito contattato, dicendo che si sentiva onorato dalla mia richiesta, così… sì, insomma, mi ha riferito che il posto era mio se volevo e io ho accettato. È sempre un’esperienza.
Jenna lo guardò sbalordita – Nessuna università ti ha proposto di diventare assistente?
- Ecco… in verità sì… però ho preferito aspettare. Magari l’anno prossimo avrò le idee più chiare e invierò qualche domanda o chiederò a chi mi ha già contattato se il posto che mi hanno offerto è ancora disponibile … Sai mi hanno corteggiato in parecchi – rispose arrossendo.
Jack Grant che arrossiva?
Jack Grant che faceva il modesto?
- Mi stai prendendo in giro? – domandò sbalordita.
Perché non aveva confermato una delle proposte ricevute?
Jack scoppiò a ridere – Certo che no! Cosa te lo fa credere? Ero indeciso su due università e non sapevo quale scegliere. Così ho evitato di prendere una decisione.
Jenna assottigliò lo sguardo. Era una bugia!
Jack era tutto fuorché indeciso per quanto riguardava il suo futuro.
Lui voleva lavorare a Princeton dove si era laureato. Lo sapevano anche i sassi. Le aveva sempre confidato che quello era il suo sogno e che se quel college, una volta terminati gli studi, gli avesse proposto un contratto, avrebbe accettato ad occhi chiusi.
Quindi, l’unica soluzione era che Princeton non l’avesse preso in considerazione, il che era davvero strano, visto che sapeva benissimo che Jack si era distinto nettamente dagli altri studenti, come già era successo al liceo.
Jack e lo studio andavano molto d’accordo. Erano gemelli siamesi!
Solo per questo motivo il suo ex ragazzo poteva essere indeciso su quale proposta accettare.
Nessuna delle università che si erano fatte avanti era quella che lui desiderava.
Allungò la mano titubante e l’appoggiò su quella di Jack – Mi dispiace sai… speravo davvero che Princeton ti facesse un’offerta.
Jack spalancò gli occhi sorpreso e poi le sorrise – Bè… veramente… non è che…
Proprio in quel momento il telefono del ragazzo squillò.
Jack guardò lo schermo e arrossì vistosamente. Jenna provò una rabbia immensa: era una donna che lo stava chiamando! Magari la sua attuale ragazza. Non aveva dubbi.
Allontanò di scatto la mano da quella di Jack – Non rispondi? – chiese acida.
Il professore si passò una mano sulla testa imbarazzato – Scusa Jenna, devo… è importante – balbettò alzandosi e allontanandosi quel tanto per non farle sentire ciò che diceva.
- Possiamo sentirci più tardi? Adesso non posso parlare… - quelle furono le uniche parole che udì e la lasciarono senza fiato.
Cominciò a sudare freddo.
Jenna lo osservò per tutta la telefonata.
Jack passava ogni tre secondi da un rosso acceso ad uno ancora più intenso, si passava frequentemente le mani sui capelli, come faceva quando era nervoso o imbarazzato, spalancava gli occhi sorpreso, li assottigliava scocciato, ma quello che la scoraggiò, più di ogni altra cosa, fu il fatto che sembrava stesse giustificandosi.
Conclusione: Jack stava parlando con la sua ragazza!
Quel pensiero la demoralizzò totalmente.
Stava per andarsene, quando lui ritornò e si sedette. Guardò l’orologio – Ho ancora mezz’ora. Finiamo questo caffè? – le chiese speranzoso.
- Devo proprio andare adesso, Jack… mi dispiace – mormorò tristemente.
- Jen dai… ancora dieci minuti.
Lo fissò sbalordita, quella era proprio una supplica!
Annuì.
In fin dei conti… a lei che cosa importava se adesso il bel professore avesse una donna?
In quel momento era solo suo, per altri dieci, miseri, minuti.
 
***
 
Jack si guardò in giro circospetto e sperò con tutto il cuore che nessuno lo vedesse in quel momento, soprattutto qualche “professoressa” pettegola di sua conoscenza.
Sorrise a Jenna – Tu cosa mi racconti di bello? – domandò, cercando di rilassarsi il più possibile per non farle vedere quanto era nervoso.
Quando Jenna cominciò a parlargli del suo lavoro, il cellulare gli vibrò in tasca.
Un altro messaggio!
Sbuffò e lo lesse in velocità.
Sei andato via?
Rispose in fretta, cercando di non farsi vedere da Jenna.
Sì!
Elizabeth Allen fu Taylor era proprio una donna cocciuta e, soprattutto, una rompi scatole di prima categoria.
Gli aveva propinato per telefono tutta quella sua bizzarra teoria su come comportarsi con Jenna e l’aveva bombardato con le sue solite domande impertinenti e, ovviamente, imbarazzanti, tuttavia quella conversazione. Forse, era arrivata al momento giusto.
Stava per dire a Jenna che, in realtà, Princeton gli aveva proposto di rimanere da loro e, ripensandoci, se gliel’avesse svelato, si sarebbe dato la zappa sui piedi da solo, infatti, dopo le avrebbe dovuto spiegare anche il motivo per cui aveva rifiutato per quell’anno l’offerta ricevuta, chiedendo al rettore un anno sabbatico per decidere.
La verità era che aveva ricevuto un’offerta anche da un college ubicato nella stessa città in cui lavorava la sua ex ragazza e, ovviamente, la cosa l’aveva, a dir poco, allettato.
Era stata sua madre a supplicarlo di rivedere la sua decisione.
L’aveva pregato di prendersi un po’ di tempo per decidere e gli aveva proposto di inoltrare una domanda al suo vecchio liceo, dato che c’era un posto vacante, perché, fatalità, proprio il vecchio professore di Jenna era andato in pensione. Chantal non voleva che rinunciasse ai suoi sogni proprio adesso che si stavano per avverare.
Il preside non appena aveva visto la sua richiesta, l’aveva contattato immediatamente e così si era ritrovato ad insegnare proprio nel suo vecchio liceo.
Ora, per come si stavano mettendo le cose, avrebbe dovuto inginocchiarsi di fronte a sua madre e ringraziarla, finché aveva voce.
Gli sarebbe seccato parecchio rinunciare a Princeton, però Jenna era la sua prima scelta e se fosse stato necessario, avrebbe detto addio ai suoi sogni per lei.
Sempre e comunque.
Il rettore del college, fortunatamente, gli aveva concesso il tempo che aveva richiesto e così per un anno, poteva stare tranquillo.
Frenò quei suoi pensieri e sorrise a Jenna che continuava a parlare del suo lavoro.
Si vedeva che le piaceva tanto e a Jack sembrò anche che la ragazza non vedesse l’ora di raccontare a qualcuno della sua vita.
Le sorrise felice, ma ancora una volta, il pensiero “Elizabeth” lo distrasse.
Quella donna sembrava avesse un lanternino per captare i momenti migliori per disturbarlo.
Proprio quando Jenna si era lasciata un po’ andare e, finalmente, avevano avuto un minimo contatto fisico, lei l’aveva chiamato!
Si era allontanato da Jen per non farle capire che si trattava di sua madre e, nonostante l’avesse pregata di chiudere la telefonata, Liz l’aveva tenuto incollato al cellulare per almeno dieci minuti.
- Sei con Jenna? – gli aveva chiesto perentoria.
Jack aveva sbuffato – Si… possiamo sentirci più tardi? Adesso non posso parlare… - aveva risposto scocciato.
Ovviamente, quella pazza non gli aveva dato minimamente retta – Scherzi? È il momento giusto, invece! Anzi spero solo di essere arrivata in tempo per evitare un disastro! – l’aveva ripreso.
- Macché disastro… stiamo solo prendendo un caffè! E poi come cavolo fai a sapere che sono con Jenna? – le aveva chiesto sinceramente sorpreso.
- Ho le mie fonti – era stata la concisa risposta della pazza.
- Senti Liz, ci sentiamo dopo…
Non aveva nemmeno fatto in tempo a finire la frase che Elizabeth aveva cominciato un monologo, degno del miglior attore di teatro e, naturalmente, lui l’aveva ascoltata in silenzio.
- Jack, adesso tu prendi e vai via e la lasci lì, sola come un cane. Inventa qualsiasi scusa, dille che ti ha chiamato la tua ragazza e che devi andare. Spero che tu non le abbia detto qualche cazzata del tipo che sei felice di rivederla, che ti è mancata o altre romanticherie che, ogni tanto, ti ho sentito proferire quando eravate insieme, perché altrimenti hai rovinato tutto il mio lavoro – si era fermata qualche secondo, come per dargli il tempo di rispondere, cosa che lui aveva, accuratamente, evitato e aveva proseguito imperterrita – Credimi Jack, conosco bene mia figlia, se le stai troppo addosso, non la riconquisterai, falla patire un po’, falla ingelosire e vedrai che tirerà fuori i denti e sarà lei a tornare da te. Quindi adesso, prendi e vattene, senza scusarti più di tanto. Sono sicura che Jenna in questo momento sta pensando che tu sia al telefono con una delle tante donne che frequenti e, magari, si sta facendo un sacco di domande e si chiede se questa fantomatica ragazza è importante o meno per te. Sfrutta il momento e va via! Non hai fatto cazzate, vero Jack? Mi dai la tua parola? – aveva quindi terminato.
Jack aveva sentito la temperatura del viso salirgli all’improvviso.
Era sicuro, al cento per cento, di essere diventato rosso come un pomodoro – Per chi mi hai preso? – le aveva risposto offeso.
In fin dei conti, le aveva detto solo una volta che gli era mancata e quella era una frase “fatta”, la tipica frase che si pronunciava ogni volta che si ritrovava qualcuno che non si vedeva da tanto tempo, si dai… era una cosa naturale… si giustificò, ripensando a ciò che aveva risposto ad Elizabeth. Per quanto riguardava le altre paroline sdolcinate del tipo “Troppo! Non deve più succedere, ok? Me lo prometti?”, aveva un’altra valida giustificazione: in fondo era stata Jenna a dirgli che era da tanto che non si vedevano, quindi lui l’aveva solo assecondata, replicando con quella frasetta di poco conto, di circostanza…
Comunque Elizabeth non gli aveva creduto – Sei sicuro Jack? – gli aveva chiesto tranquillamente.
Non riusciva a capire perché la genitrice pazza ce l’avesse tanto con lui.
Che cazzo! Aveva dimostrato in tutti i modi possibili e immaginabili che ci teneva a Jenna, non riusciva proprio a comprendere questa sfiducia nei suoi confronti.
Non gli sembrava di aver mai dato adito a questa diffidenza!
Ok! Era vero che, con il tempo, erano venuti fuori alcuni casi in cui era palese che lui avesse frainteso qualcosina, ma se era successo, non era stato certo per colpa sua.
Insomma, Jenna aveva sbagliato quanto lui e l’aveva indotto all’errore, come quel famoso caso in cui avevano dormito insieme per la prima volta.
Jack si era difeso con le unghie per difendersi da tutti. Tra l’altro, come se non bastassero tutte le accuse infamanti ricevute, capitava ancora che glielo rinfacciassero, nonostante non fossero nemmeno più insieme.
Si potevano contare sulle dita di una mano le volte in cui aveva capito pan per polenta e ne avanzano anche, se proprio voleva essere pignolo.
Una, due volte al massimo! E comunque… non è che il resto dell’umanità fosse perfetto.
A chiunque poteva capitare di non afferrare…
Però sembrava che tutti lo prendessero per un tonto che non capiva niente.
Jack sbuffò, sorrise a Jenna nuovamente e allungò la mano per accarezzare quella della ragazza che era messa in una posizione che sembrava gli stesse dicendo prendimi!
- Jack… senti lo so che non sono affari miei, ma mi sembri un po’ sulle nuvole da quando hai ricevuto quella telefonata. È successo qualcosa? – gli chiese distraendolo dai suoi pensieri su Elizabeth e il resto della comitiva.
- Oh no Jenna! Niente di che... non era una telefonata importante – rispose con tranquillità.
La ragazza assottigliò gli occhi – Mi sembrava proprio il contrario – disse con non curanza – Era forse la tua ragazza? Sai non vorrei mai essere d’intralcio nella tua vita privata… sai magari, se viene a sapere che sei con me, potresti avere dei problemi…
Jack strabuzzò gli occhi, dimenticando completamente la telefonata avuta con la genitrice pazza – Ma scherzi Jen? A parte che tu non mi disturbi mai e quindi non farti assolutamente di questi problemi, anzi spero mi verrai a trovare nelle mie ore buche, magari ti do anche i miei orari, così ci possiamo bere altri caffè insieme – disse gioioso – Guarda non sai nemmeno quanto sono felice di essere qui con te. Poi non ho nessuna ragazza – precisò, annuendo con il viso per enfatizzare le sue parole –  E infine, era quella scocciatrice di tua madre – terminò sovrappensiero.
Jenna strabuzzò gli occhi – Mia madre? E cosa voleva da te? – chiese curiosa.
- Ah … Jen tu non hai idea! Quelle due incognite mi stressano le palle tutti i giorni!
- Incognite? – domandò lei stralunata.
- Si… Elizabeth e Chantal – rispose ovvio.
- Le nostre mamme… perché incognite, Jack?
- Madre uguale persona dal sesso inesistente che si intromette in ogni cosa della tua vita per diritto di nascita e che ti dà ordini, che ti offre consigli non richiesti e vuole che li segui alla lettera, che crede di avere sempre ragione e che, quasi al cento per cento, ce l’ha, purtroppo. Un’incognita insomma!
Jenna scoppiò a ridere – Mi sei mancato anche tu Jack! – disse dal nulla.
Avvertì il suo cuore pompare più del dovuto e le strinse la mano – Mai quanto tu a me… - mormorò avvicinandosi al viso di Jenna.
Dio quanto voleva baciarla.
Stava per succedere lo sentiva e Jenna si stava avvicinando per rendergli la strada più breve.
Il cellulare cominciò a suonare in quel momento.
Regolare!
Jack si ritrasse di colpo e si mise la mano sul cuore.
Cazzo che spavento!
Guardò il mittente e imprecò.
- Pronto! – ringhiò incattivito.
- Mi sono dimenticata di dirti, anche se sottolineo che era evidente dalle mie parole precedenti, ma conoscendoti… va bè… sto divagando… a parte questo… mi raccomando non dire a Jenna che ero io al telefono. Deve restare un segreto! Zitto, capito? A proposito, come ha reagito, quando l’hai salutata così da nulla? – la voce di Elizabeth gli arrivò squillante.
Jack deglutì – Ehm… senti adesso non sono solo… c’è… c’è un mio collega con me. Ti chiamo io dopo – mise giù senza aspettare che Liz replicasse.
Gli sorse subito un piccolo dubbio che cercò di scacciare subito.
Oh cazzo! Forse non aveva eseguito al meglio il piano “acchiappa Jenna”.
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***




Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer



 
Scusate per l'enorme ritardo.
Ho avuto un sacco di problemi a lavoro e anche personali, per cui ho corso come una pazza.
Finalmente sono riuscita a scrivere e a pubblicare il nuovo capitolo.
Grazie a tutti per la pazienza.
Come sempre grazie a chi segue la storia, mi fa molto piacere vedervi così numerosi.
Che altro dire?
Ah si se volete iscrivervi al gruppo questo è link L'amore non è bello se non è litigarello
. Qui troverete anche i due missing moment "rossi"

Ho finito!
Buona lettura, ciao e grazie ancora




CAPITOLO 5
 
- Mamma sono tornata! – urlò, chiudendosi la porta alle spalle.
Elizabeth comparve dal corridoio della zona notte con il cellulare posato tra la spalla sinistra e l’orecchio – Ok, Chanty! Ci sentiamo questa sera. Ti saluto, perché è appena tornata Jen. Si, si, ok! Ciao tesoro.
La madre chiuse la telefonata e corse ad abbracciarla – Allora come andata, piccolina?
Jenna storse il naso.
Piccolina? Aveva ventiquattro anni, per la miseriaccia!
- Tutto bene, mamma – rispose, cercando di restare impassibile.
- Allora cos’aveva Tess di così tanto urgente da farti correre al liceo? – le chiese la genitrice pazza con indifferenza.
Guardò la madre e sospirò.
Ma davvero le voleva far credere di essere completamente estranea ai fatti?
Aveva preso l’autobus per ritornare a casa, come ai bei vecchi tempi e, seduta su quelle scomode poltroncine di plastica, Jenna aveva avuto tutto il tempo per riflettere.
Conosceva bene sua madre e anche Tess, se per questo e, dopo aver trascorso quell’oretta, casualmente, con Jack, aveva cominciato ad analizzare gli eventi e aveva fatto due più due.
Jack Grant poteva anche essere il miglior matematico del mondo, ma in quanto a logica e sesto senso, in certe cose, lei non era affatto da meno.
Perché Tess aveva insistito così tanto, perché fosse lei ad organizzarle il matrimonio, addirittura chiedendole di trasferirsi dalla madre?
Perché Elizabeth chiamava Jack?
Perché Tess l’aveva fatta andare al liceo, per una cosa urgentissima e poi l’aveva liquidata in quattro e quattr’otto, quando aveva saputo che era con Jack?
Le sembrava tanto uno dei piani folli di sua madre, ma ovviamente, non poteva esserne certa al cento per cento, anche se lo avrebbe capito a breve.
- Bah… credo che questo matrimonio le stia dando alla testa – rispose con noncuranza – Quando le ho detto che ero arrivata, mi ha liquidato in due secondi, dicendo che aveva già risolto.
La madre evitò di guardarla in faccia.
Jenna vide chiaramente mentre abbassava lo sguardo, colpevole – Ci hai messo un sacco di tempo ad arrivare a casa… - disse Elizabeth, dandole le spalle e dirigendosi in cucina.
Jenna trattenne a stento una risata isterica.
Lo sapeva!
Sua madre c’entrava in tutta quella storia!
Il fatto che non avesse nemmeno il coraggio di guardarla in faccia mentre parlava, la diceva molto lunga e poi c’erano troppe coincidenza.
Elizabeth aveva in mente qualcosa e questo suo indagare, facendo finta di niente, era una prova inconfutabile.
Aveva un piano e, se la conosceva bene, era qualcosa del tipo l’ammazza-Jack che aveva ideato per lei, quando voleva conquistare il capitano della squadra di football, solo che questa volta, era lei la vittima inconsapevole e Jack sarebbe stato il carnefice.
Rise tra i baffi.
Davvero sua madre faceva affidamento sul suo ex ragazzo?
Jack era mister tonto in persona!
Lo sapevano tutti.
Jenna la seguì in cucina, mentre una miriade di ricordi riaffiorarono alla memoria.
Prima di conoscere di persona Jack Grant, aveva pensato fosse il classico figo super stronzo, ma lui non era così.
Jack era sicuramente pieno di sé, ma era così ingenuo nella sua strafottenza, da fare quasi tenerezza. Ok, aveva scaricato un milione di ragazze, ma a nessuna aveva mai promesso mari e monti, anzi era sempre stato, crudelmente, sincero con tutte.
- Mi sono fermata a bere un caffè con Jack – disse, ritornando sul pianeta terra.
- Davvero? – la madre la guardò stupitissima o, per lo meno, ci provò.
Jenna sbuffò.
Ma a chi la voleva dare da bere? Era proprio negata come attrice.
Era più falsa del peccato, come se non lo sapesse già, l’aveva pure chiamato! Due volte! Ed aveva anche interrotto un probabile e agognato bacio.
Bastarda!
- Si! L’ho dovuto proteggere da una ragazzina piena di lentiggini che gli voleva fare la festa – rispose ridendo – Non credo che fare il professore, sia il lavoro adatto a Jack. Scatena troppi ormoni al genere femminile – Poi l’ha chiamato anche la sua ragazza, due volte… - aggiunse con tranquillità.
- Ah si? Ha una ragazza? Non ci posso credere! Sapevo che si dava da fare, ma non credevo ne avesse una fissa. Ed è innamorato di questa? – domandò un po’ disgustata, fissandola bene negli occhi.
Jenna alzò gli occhi al cielo, sua madre era proprio una macchietta! – Credo proprio di sì. Continuava a ripetere che le mancava tanto – disse lei, facendo spallucce.
Liz la scrutò a fondo – Non ti dà fastidio? Non ti irrita che adesso abbia un’altra donna al suo fianco? Io l’ammazzerei quello stupido “chiappe d’oro” che non è altro! Dopo tutto quello che ti ha fatto…
Jenna le sorrise – E perché mai? Mamma sono passati tre anni. Io ci ho messo una pietra sopra ed è giusto che l’abbia fatto anche Jack, del resto sono stata io a lasciarlo.
Sua madre la guardò tristemente – Credevo fossi ancora innamorata di lui… - mormorò.
- Lo credevo anch’io, fino ad oggi, sinceramente, ma adesso che l’ho visto, ho capito che era solo una gran cotta adolescenziale. Insomma… Jack è stato il mio primo grande amore, come potrei scordarlo? Ci siamo chiariti e abbiamo deciso di restare buoni amici. È giusto che entrambi, adesso, andiamo per la nostra strada – concluse.
Si alzò dalla sedia, lasciando sua madre a bocca aperta.
Jenna si rifugiò subito in camera sua e poi soffocò la risata che non riusciva più a trattenere, nel cuscino.
La sua cara genitrice doveva imparare a farsi gli affaracci suoi!
Era appena scattato il suo personale piano, contro sua mamma: “fatti i cavoli tuoi-Liz”!
Poi come cacchio aveva potuto Elizabeth dare fiducia a Jack?
Tutti sapevano che era peggio di una pettegola.
Jack non riusciva a mentire o recitare una parte: era Jack Grant, perdindirindina!
Lui era semplicemente un ingenuo o, forse, era meglio dire, un tontolone. Il re dei tonti!
Bè, effettivamente, anche lei avrebbe dovuto far affidamento su di lui, in futuro, per dare una piccola lezione alle “due incognite”, come le chiamava il suo bel professore.
- Jenna?
Sua madre bussò alla porta e lei cercò in tutti i modi di reprimere l’aria divertita – Si?
- Mi sono dimenticata di dirti che questa sera devi andare a provare il primo ristorante. Ti ho già trovato io un accompagnatore… - disse da dietro la porta.
- E chi è ? – urlò.
- Ah! Sorpresa… - le rispose la madre con fare misterioso.
Proprio in quel momento le squillò il telefono.
Sembra che questa sera andremo a cena insieme…
Jenna scoppiò, definitivamente, a ridere.
I loschi piani di sua madre erano andati completamente in frantumi.
Caro il suo Jack…
In quel momento, avvertì una forte scossa al cuore, come poteva non amare un ragazzo simile?
Conoscendo la genitrice pazza, sicuramente, Elizabeth aveva ideato un piano colmo di intrighi e gelosie, ma Jack era troppo semplice per queste cose, se avesse mai voluto farla ingelosire, lo avrebbe fatto a suo modo e, probabilmente, ci sarebbe riuscito meglio.
Per fortuna che il bel professore non aveva rispettato le direttive ricevute, perché se lo avesse fatto, Jenna non avrebbe riconosciuto il ragazzo di cui si era follemente innamorata sei anni prima e che continuava ad amare, nonostante tutto.
- Jenna che c’è da ridere? – chiese dall’altra parte della porta Elizabeth.
- Niente mamma, mi fido di te e quindi sono sicura che non sarà un nerd secchione! – rispose felice.
Oh Dio del cielo, avrebbe cenato insieme al bellissimo Jack Grant.
Si lanciò verso l’armadio con impeto.
La voglia di vestirsi bene era tanta, ma non poteva dare questa soddisfazione alla genitrice pazza.
Eh no!
A malincuore prese, quindi, un maglione rosso slavacciato e un’orrenda gonna nera larga e lunga fino ai piedi.
Guardò le converse rosse, ormai sudice e sorrise.
Questo era l’abbigliamento ideale per la sua prima uscita con Jack.
Si sentiva un po’ come Rambo… due: la vendetta!
 
***
 
Jack era felice.
Aveva passato un’ora con Jenna e le cose, gli sembrava, fossero andate più che bene.
Ce l’avrebbe fatta anche senza l’aiuto di Elizabeth, anzi… per fortuna non aveva seguito i suoi suggerimenti.
Non appena Jenna gli era piombata addosso, tutti i suoi sensi si erano risvegliati.
Aveva riconosciuto subito il suo profumo.
Tra l’altro, lei gli era sembrata più che disponibile.
Insomma, era evidente che, se quella scassa palle della genitrice pazza non li avesse interrotti, si sarebbero baciati.
Quando poi, gli era arrivato il messaggio di Elizabeth che lo avvisava che quella sera stessa, sarebbe dovuto andare a prendere Jenna, per portarla al ristorante, aveva toccato il cielo con un dito.
Ormai il piano “acchiappa Jenna” era andato a farsi friggere.
Non si sentiva particolarmente in colpa, in fin dei conti, non era stata proprio una sua mancanza.
Non era stato diligente, questo no, però la responsabilità era da attribuire a Jenna, ai suoi occhioni verdi, al suo profumo sconvolgente e alle sue curve che, in quei tre anni, erano diventate ancora più mozzafiato.
Lui non c’entrava niente.
E che cacchio! Ogni uomo avrebbe reagito così…
Quindi accantonò, definitivamente, ogni pensiero al riguardo, liberandosi la coscienza una volta per tutte.
Aveva avvisato Jenna della cena, solo per il semplice fatto che, sapendo che sarebbe stato lui, il segreto accompagnatore di quella serata al buio, lei si sarebbe preparata con cura.
Era evidente che lei fosse ancora innamorata di lui o, per lo meno, ancora coinvolta.
Già se la immaginava con un vestito attillato che le fasciava il corpo sodo e i tacchi alti.
Avrebbe dovuto lanciare occhiate omicide a tutti gli uomini che avrebbero incrociato nel ristorante.
Ah, come si sentiva bene!
Fortunatamente, anche le sue alunne l’avevano lasciato in pace.
La notizia che aveva la fidanzata si era sparsa alla velocità della luce e, al suo passaggio, le ragazze si erano messe in disparte a mormorare.
Alcune l’avevano fissato con gli occhi pieni di odio.
Lui aveva pensato bene di sorridere a tutte e tirare dritto a testa alta.
Era, decisamente, una bella sensazione potersi aggirare per i corridoi del liceo, senza una scorta adeguata.
Avrebbe dovuto pensarci prima a questa soluzione!
Quando entrò in casa, salutò allegramente sua madre alle prese con il suo nuovo hobby: le torte
Stava giusto sfornandone una e, dall’acre odore di bruciato, non doveva esserle venuta un granché.
Si affacciò in cucina e fissò lo scempio.
La madre lo salutò – JJ, tesoro… giusto in tempo per assaggiare il mio capolavoro! – esclamò felice.
Jack strabuzzò gli occhi – Mamma falla provare a papà, sai che si offende se non è il primo… - balbettò, accampando la prima scusa che gli venne in mente.
Il dolce non aveva un bell’aspetto, soprattutto per la crosta carbonizzata che si era creata.
Jack non osò immaginare come fosse il sotto, se il sopra era così.
- Jack… così mi offendi! – sussurrò lei dispiaciuta – Sembra quasi che tu non voglia mangiarne un pezzetto.
Deglutì vistosamente – No mamma, scherzi? Lo sai che non vedo l’ora di assaggiare le tue squisitezze – mentì e, mentalmente, si fece il segno della croce.
Quella era l’unica bugia che gli riusciva bene.
Lui e suo padre si erano specializzati, negli ultimi due mesi, ad inventare scuse su scuse per delegare l’altro al primo assaggio delle creazioni di Chantal.
Certe volte, girovagavano per ore e ore per rientrare il più tardi possibile a casa e lasciare all’altro l’arduo compito.
Era una sfida aperta, tra loro due, soprattutto perché entrambi non avevano il coraggio di dire a Chantal che era veramente negata in cucina.
- In verità devo andare a cena fuori questa sera. Sai… esco con Jenna. Dobbiamo andare a provare il primo ristorante scelto da Alex e Tess, non vorrei rovinarmi l’appetito e ci tenevo a farmi bello… – disse arrossendo, non tanto per essersi confidato con sua madre, quanto per aver usato Jenna come attenuante.
Il viso di sua madre si aprì in un largo sorriso – Già è vero! Liz mi aveva avvertita. Scusami amore mio, ma quando mi concentro con queste ricette articolatissime, perdo la cognizione del tempo.
Jack osservò la torta, una comunissima torta al cioccolato, senza alcun ingrediente aggiunto e storse il naso – Non ti preoccupare mamma, tra poco papà sarà qui e ti darà tutte le soddisfazioni che ti meriti – mentì, ancora una volta.
Ormai era diventato un rito tenere un sacchetto dell’umido dentro la tasca dei pantaloni e, alla prima occasione, ovvero quando Chantal si distraeva, buttarci dentro la fetta di torta.
In quei due mesi entrambi i due uomini di casa si erano specializzati nel far sparire, il prima possibile, l’obbrobrio.
Poi di notte, a turno, uno dei due si alzava e faceva svanire tutto ciò che era avanzato.
Riguardò la carbonella che troneggiava al centro del tavolo della cucina e gli venne un’idea.
- Mamma… che ne dici se ti do una mano a guarnirla? – chiese, cercando di nascondere il sorrisetto diabolico che stava spuntandogli sul viso.
Sua madre aprì e chiuse le palpebre svariate volte – Cioè? – rispose sorpresa.
Jack fece spallucce – Sai che papà adora lo zucchero a velo? – domandò, fissandola innocentemente – E poi… visto che oggi non ci sono, potete fare gli sposini novelli e cosa c’è di meglio per iniziare, se non una meravigliosa torta al cioccolato? – continuò, facendole l’occhiolino.
Sua madre gli sorrise – Non sono ancora brava però con le guarnizioni. Al corso che seguo in tv, non ce le hanno ancora spiegate – mormorò dispiaciuta.
- E io che ci sto a fare qui? Ho giusto dieci minuti in più. Lo sai che ho fatto un corso di cucina con Jenna qualche anno fa – la rincuorò con un largo sorriso.
Jack Senior gliel’avrebbe pagata.
Ultimamente, il primo assaggio toccava sempre a lui, visto che suo padre rientrava sempre ad orari improponibili e incominciava a far freddo per lui che per tardare il rientro a casa, se ne stava, ore e ore, al parco a correggere i compiti dei suoi alunni, quindi per forza di cose doveva tornare a casa prima di Jack Senior.
Prese lo zucchero a velo e coprì accuratamente lo strato bruciato, poi si fece passare la bomboletta di cioccolata e fece un grosso cuore. Con le stelline di zucchero colorate decorò l’interno con una grande C e una J.
La crosta annerita fu completamente nascosta.
Sua madre si coprì la bocca con le mani, estasiata dal suo lavoro – Jack! Sei veramente dotato! – esclamò felice.
Lui ammiccò.
Eccome se lo era! In qualsiasi senso…
Lasciò quindi sua madre che continuava ad emettere urletti di gioia e si avviò deciso verso la sua camera.
Scelse con cura ciò che avrebbe indossato. Non voleva essere elegante, ma nemmeno sembrare uno sciattone. Optò quindi per un abbigliamento casual.
Camicia azzurra con gemelli ai polsi, Jenna adorava quando si vestiva con quel colore, gli diceva sempre che esaltava i suoi occhi, jeans blu stretto, converse bianche e infine giacca in pelle.
Dopo aver depositato tutto sul letto e aver messo da parte le scarpe, si infilò felice sotto la doccia.
Ah, non vedeva l’ora di uscire con Jenna!
Ricordò la loro prima uscita, quando erano andati al cinema insieme agli altri!
Questa volta lei non avrebbe tentato di soffocarlo con una mano, rifiutando il suo bacio.
Ne era sicuro!
Questa volta Jenna si sarebbe concessa in tutto e per tutto, niente e nessuno li avrebbe separati, se lo sentiva.
Cominciò a canticchiare tutto contento.
Si sentiva esaltato.
Sarebbe andato a prendere Jenna con la sua nuova auto sportiva rossa fiammeggiante, regalo di papà e mamma per la sua laurea con lode, sarebbero andati insieme in un ristorante elegante, entrambi vestiti bene e tutte le coppie presenti nel locale li avrebbero invidiati.
Le avrebbe tenuto la mano per tutto il tempo.
Jack si accigliò, doveva impedirle di prendere carne o cose in cui servisse il coltello.
Quando uscì dalla doccia, aveva in mente tutto ciò che avrebbe fatto.
Altro che piano “acchiappa Jenna”, a lui bastava dirle che l’amava come il primo giorno, anzi di più.
Aprì l’ultimo cassetto, quello dei calzetti orfani, ormai stracolmo.
Era un mistero.
Il mistero dei calzetti perduti.
Metteva nel cesto della roba sporca sempre la coppia giusta, era meticoloso in questo e Chantal glieli restituiva sempre dispari.
Scrollò le spalle, cosa gli veniva in mente di pensare ai calzini!
Intrufolò la mano fino in fondo e, quando sentì la superficie vellutata, afferrò il cofanetto e lo estrasse.
Lo aprì e fissò l’anello.
Non era un diamante. Era un semplice cerchietto d’oro bianco con un’acqua marina incastonata.
Quando l’aveva visto nella vetrina del negozio, solo in mezzo ad altri anelli più appariscenti e, sicuramente, più costosi, aveva avuto una folgorazione.
Quel semplice cerchietto gli era sembrato la cosa più bella che avesse mai visto, proprio come quando aveva incontrato Jenna per la prima volta. Quell’anello gli aveva ricordato subito lei.
L’aveva comprato il Natale in cui Jenna l’aveva scaricato, quel Natale in cui aveva deciso di chiederle di sposarlo…
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer

Ciao e grazie a tutti coloro che mi seguono e che non si sono ancora stancati di J&J.
Grazie alle ragazze del gruppo che mi sono state vicine in questo periodo un po' duro e particolare.
Questo è il link se volete iscrivervi L'amore non è bello se non è litigarello
Se vi va di leggere l'altra storia che ho in corso cliccate qui L'undicesimo comandamento
Ho finito, se vi va di lasciarmi un vostro commento ne sarei molto felice.
Ciao e grazie a tutti.
Besos MandyCri
***

CAPITOLO 6
 
Delusione.
Questa era l’unica parola che aleggiava nella mente di Jack, mentre guidava per andare al ristorante.
Era andato a prendere Jenna con mille speranze e, quando l’aveva vista, per poco non gli era venuto un infarto.
Il cuore gli si era fermato di colpo.
Aveva cercato di mascherare la delusione in tutti i modi possibili, ma non sapeva se ci era riuscito.
La prima cosa che aveva visto era stato quel maglione rosso ciliegia, decisamente troppo grande per il corpo minuto di Jenna, sformato e fuori moda, poi aveva notato la gonna.
Aveva spalancato gli occhi e sbattuto le palpebre a più riprese, come per mettere a fuoco l’immagine che gli si prospettava davanti.
Al cinquantesimo sbattimento, aveva capito che non era un’illusione o un miraggio: Jenna era, veramente, vestita come un sacco di patate!
Che delusione!
E lui che credeva che si sarebbe messa in “ghingeri”.
Il colpo definitivo l’aveva ricevuto quando, dopo che si erano salutati tra mille imbarazzi, Jenna sedendosi nel posto del passeggero accanto a lui, aveva accavallato le gambe e aveva scoperto un paio di Converse rosse, sudicie e sfatte.
Jack aveva deglutito, chiuso un attimo gli occhi per riprendersi e poi aveva acceso la macchina come un automa.
Era un incubo.
Sarebbero andati in uno dei migliori ristoranti della città e Jenna era, praticamente, un cesso ambulante!
Gli sembrava di essere stato catapultato indietro nel tempo, quando la ragazza si vestiva come un frate francescano, insomma, prima del suo intervento miracoloso.
Inutile dire che questo netto peggioramento era dovuto al fatto che loro due non si frequentavano più.
La cosa era più che ovvia.
Probabilmente Jenna non aveva più nessuno per cui vestirsi bene e, quindi, era ritornata la stessa di sempre,  prima della sua prodigiosa ingerenza.
L’unica cosa che lasciava perplesso Jack, era il fatto che Jenna sapeva benissimo che sarebbe uscita con lui.
Perché quindi vestirsi come un sacco di patate?
Senza accorgersene si era dato una botta sulla fronte.
Oh no!
A Jenna non gliene fregava più niente di lui, questa era l’unica, tragica, amara verità.
Delusione!
- C’è qualcosa che non va, Jack? – gli chiese la ragazza preoccupata, riportandolo alla realtà.
Jack scosse la testa – Niente – sussurrò con un filo di voce.
Cosa le poteva dire del resto? Non certo che era profondamente deluso e, forse, anche un po’ sconvolto dal suo vestiario.
- Sicuro? – insistette lei caparbia – Mi sembri strano. Quando sei arrivato avevi un sorriso che ti tagliava la faccia e adesso mi sembri giù di corda.
Jack si girò verso di lei ed accennò un lieve sorriso – No, sono solo pensieri.
Jenna armeggiò con la borsa ed estrasse una banconota – Un dollaro per un tuo pensiero.
Jack sentì nitida una stretta al cuore.
Quando erano insieme, lei usava sempre quel trucco se lo vedeva pensieroso e gli voleva far svuotare il sacco.
- Sono solo un po’ deluso – disse in un soffio, cercando di afferrare la banconota, con la mano destra.
- Eh no, bello! Se te la vuoi guadagnare, devi essere un po’ più specifico – l’ammonì lei, allontanando il foglietto di carta dalla sua traiettoria.
- Credevo ti saresti preparata con cura per il nostro appuntamento – sussurrò imbarazzato.
Si sentì un emerito imbecille a pronunciare quella frase, un cagnolino al guinzaglio di Jenna.
Aveva messo a nudo le sue speranze e i suoi sogni e, di conseguenza, aveva messo al corrente anche la ragazza dei sentimenti che provava nei suoi confronti.
La risata cristallina di Jenna fu un altro duro colpo al suo cuore.
Non gliene fregava proprio niente di lui!
Lei aveva definitivamente messo una pietra sopra alla loro storia.
Era riuscita a voltare pagina.
- Jack! Mi sono vestita così, perché non voglio dare nessuna soddisfazione ad Elizabeth! Tu non c’entri niente – lo rimproverò – Ho un piano in mente e, non appena arriveremo al ristorante, te lo esporrò così ci prenderemo una piccola rivincita su mia madre! Io e te, insieme!– disse allegra, accarezzandogli la nuca con la mani sinistra e porgendogli la banconota con l’altra.
Jack l’afferrò e se la mise in tasca.
Uno scambio era pur sempre uno scambio!
- Vuoi dire che sotto quella gonnaccia sei vestita decentemente? – le chiese con un pizzico di speranza.
Lei lo guardò stralunata – Sai che non ci avevo pensato a questa soluzione? In effetti potevo mettere qualcosa di decente sotto questa gonna da strega – rispose lei e poi scoppiò a ridere.
Lo prendeva pure in giro!
Jack la guardò per un secondo, prima di ritornare a fissare la strada.
Anche se vestita in quel modo, Jenna era bella lo stesso.
Quei suoi grandi occhi verdi, la pelle liscia e rosea e quei bellissimi capelli scuri che le incorniciavano il viso, gli facevano ancora battere forte il cuore.
Nessuna avrebbe mai potuto prendere il posto di Jenna. Nessuna sarebbe stata alla sua altezza.
Jenna era Jenna. Vestita bene o no, lei rimaneva lo stesso sul gradino più alto del podio del suo cuore.
Allungò la mano e le accarezzò il viso delicatamente – Vai bene anche così – mormorò dolcemente.
L’importante era averla accanto.
Forse, era stato troppo precipitoso con le sue deduzioni. Forse, le importava ancora qualcosa di lui.
Per il resto del tragitto cercò di rilassarsi.
Quando arrivarono al parcheggio del ristorante, Jack scese e non appena Jenna lo raggiunse, azionò il telecomando per chiudere la macchina.
- Sei sempre un gentiluomo, Jack! – lo rimproverò lei – Potevi almeno venirmi ad aprire lo sportello – aggiunse con un’espressione falsamente scocciata.
Jack fece spallucce – Hai sempre odiato che qualcuno ti aprisse la porta della macchina. Mi hai sempre detto che è un gesto maschilista e antiquato e che noi viviamo nel ventunesimo secolo e le donne sono capaci di far tutto da sole – rispose tranquillo.
Jenna sorrise – Effettivamente è una cosa che odio!
- Vedi? Io mi ricordo di tutto…
Lei lo guardò scettica, inarcando un sopracciglio – Dai andiamo! – ordinò, prendendolo sottobraccio.
Quando varcarono la soglia del ristorante, Jack rimase basito.
Quel posto trasudava lusso da tutti gli angoli.
Li accolse un cameriere vestito di tutto punto – Buona sera e benvenuti Signori…
- Grant… Buona sera, abbiamo prenotato un tavolo per le 21:00 – rispose cordialmente Jack.
- Prego Signori Grant, seguitemi.
- No, veramente… - protestò Jenna.
Jack le diede un pizzicotto sul sedere – Shhhh – le sussurrò all’orecchio.
Jenna lo guardò di traverso, poi gli prese la mano e lui gliela strinse forte – Io sono Taylor! – bisbigliò orgogliosa.
- Oh certo! Ma oggi interpreti la mia futura moglie – affermò deciso, facendole un sorriso e l’occhiolino.
Jenna arrossì e si appoggiò a lui.
La conosceva bene e sapeva che, in quel momento, quella stupenda ragazza che aveva a fianco, si sentiva a disagio, non tanto per il vestiario, quanto per il posto in sé.
Smoccolò qualche insulto all’indirizzo di Tess per aver scelto quel ristorante.
Era proprio nello stile dell’amica.
Egocentrico, vistoso e sopra le righe.
Il cameriere li fece accomodare ad un tavolo appartato, servì loro la carta dei vini e il menù.
- Questo posto fa schifo – disse Jenna, afferrando il fine libretto in pelle rossa per leggere le pietanze.
- Concordo! – sbuffò Jack – Perfettamente in stile Tess. Quando ci sposeremo io e te, non voglio tutto questo lusso, Jenna, ti avviso fin da ora. Preferisco una cosa semplice. Un ristorante alla mano in cui si possa ballare, ridere e parlare ad alta voce e, soprattutto, si possa mangiare con le mani. Sono sicuro al cento per cento che ti porteranno dei piatti enormi con una cacchetta dentro. Tipico della “nouvelle cusine”, praticamente è già appurato che usciremo di qui con la pancia che brontola e ci toccherà far tappa al McDonalds!
Jenna divenne rossa all’improvviso e con la mandibola spalancata, lo fissò con un’aria alquanto stupita.
- Bè che c’è? – le chiese, spostando gli occhi dal menù a lei.
- No… niente… niente – balbettò, arrossendo sempre di più.
Decisero le cose da assaggiare e ordinarono.
- Avanti spiegami il tuo piano contro la genitrice pazza – le disse, posando la mano sopra quella della ragazza – Sono proprio curioso di sapere. Sai Jenna non capisco perché, certe volte, voi donne siete così complicate!
Lei abbassò gli occhi – È divertente escogitare piani – gli rispose timidamente.
 
***
 
Non si doveva fare false illusioni.
Jack stava solo recitando una parte.
Quando le aveva detto che loro due si sarebbero sposati, non intendeva proprio quello.
Non intendeva Jenna e Jack sposi. Era solo un esempio.
Si rimproverò mentalmente, soprattutto perché il suo cuore non riusciva a darsi una calmata.
Perché batteva così velocemente? Perché quelle dannate farfalle nello stomaco non se ne stavano ferme un pochino?
Stavano ballando la Casatchok (*) quelle disgraziate e lei si sentiva sottosopra.
- Pensavo… - cominciò titubante.
- Ah – la interruppe subito lui, alzando l’indice, come se si fosse dimenticato di dirle una cosa importantissima – Poi vorrei sposarmi a casa dei miei nonni. Vorrei far mettere un gazebo bianco, ornato di tanti fiori colorati, magari proprio vicino dell’enorme quercia… sai… nel punto in cui abbiamo fatto l’amore la prima volta io e te… - continuò lui, portando avanti quel discorso che la scombussolava.
- Di far credere a mia mamma che esco con un altro…
- E poi ti immagino arrivare a fianco di mio nonno, sempre se per te va bene, ovviamente…
- Ho sentito che Davis tra un po’ torna in città per le feste di Natale. Sai, adesso lavora come assistente a Princeton. Sinceramente credevo che l’avrebbero dato a te quel posto. Non riesco a capire come mai abbiano scelto lui… - continuò lei imperterrita.
Jack non poteva illuderla così.
Doveva rimanere con i piedi per terra.
Cosa voleva vendicarsi, perché lei l’aveva lasciato così, senza nemmeno avere il coraggio di guardarlo negli occhi?
Ok, aveva tutte le ragioni del mondo, ma… così era troppo crudele!
- Ti immagino arrivare accanto a mio nonno con un vestito di seta bianco semplicissimo…
- Così l’ho contattato e gli ho chiesto se usciamo insieme una sera, quando torna. Ovviamente si è vantato spudoratamente del fatto che, ancora una volta, ti ha fatto le scarpe e ha avuto quello che, tutti davano per certo, fosse destinato a te. Non è che mi faccia piacere, a dire la verità, uscire con lui, ma non sapevo a chi chiedere e poi, detto tra noi, mia madre non sopporta quel ragazzo e, quindi, la cosa sarà ancora più dura per lei digerire.
- Liscio, morbido sui fianchi e lungo, svasato e soffice alla fine. Sai quelli con la scollatura a “V” e le spalline sottilissime? Ecco, lo immagino così, senza nessuna decorazione particolare, semplice, semplice. Ti vedo arrivare con la pelle lievemente abbronzata che renderà il vestito ancora più bianco… e le gote leggermente arrossate dall’emozione…
- Così se faccio finta di essere innamorata di lui, magari, lei la smetterà di mettersi in mezzo.
Ti prego Jack, finiscila! Mi stai uccidendo con questo discorso…, pensò guardandolo.
Jack se ne stava tranquillamente davanti a lei, con l’aria sognante. Il viso appoggiato sulla mano destra, mentre con la sinistra pastrocchiava il cibo con la forchetta.
- Mi ascolti Jack? – gli chiese, presumendo che non avesse ascoltato una sola parola di ciò che gli aveva appena detto.
- Certo! – affermò lui, scuotendo la testa come se si fosse appena svegliato da un sogno – E poi… ah giusto! L’acconciatura. Ah bè! Ti immagino con una treccia larga e disordinata che ti cade sulla spalla davanti, impreziosita da margherite colorate. Saresti un angelo, vestita così Jenna. Il mio angelo.
- Quindi, tu Jack dovresti stare al piano che ti ho appena esposto. Appena Davis arriverà in città andrò con lui a fare le commissioni di cui mi ha incaricata Tess, compresi i ristoranti e tu dovresti stare al gioco – ripeté convinta - Dovresti dire ad Elizabeth che mi sono confidata con te e convincerla che io sia innamorata di Davis. Ok? Ti è tutto chiaro? – insistete lei.
- Si, angioletto, tutto chiaro. Faremo come vuoi tu! – affermò lui contento – Cosa ne dici adesso di andare da McDonalds? Mi sono stufato di questo posto. Speriamo che i prossimi ristoranti siano meglio di questi – le disse candidamente.
Jenna scosse la testa disperata.
Jack non aveva ascoltato una sola parola di quello che gli aveva appena esposto o forse faceva solo finta.
Si alzò dal tavolo affranta e seguì Jack che si stava dirigendo, tranquillamente, alla cassa.
Una volta saldato il conto, Jack la prese a braccetto e la strinse forte a sé.
- Sei vestita malissimo, ma fortunatamente profumi di confetto – disse emettendo uno risolino.
Jenna sorrise e si lasciò stringere da quelle forti braccia che lei conosceva e ricordava ancora perfettamente.
Quanto le era mancato.
Il resto della serata trascorse tranquillo.
Fecero una passeggiata per le strade della città, presero un panino in un minuscolo negozietto in centro, andarono al luna park.
Jack aveva provato a baciarla in diversi momenti, ma lei era riuscita a tenere duro e con qualche colpo basso l’aveva respinto, anche se la voglia di lasciarsi andare era stata molto forte.
Non capiva molto bene, ma le sembrava impossibile che il bellissimo Jack Grant, idolo delle donne e anche delle ragazzine, fosse ancora innamorato di lei.
Aveva paura volesse solo vendicarsi.
Quest’idea le martellava il cervello e non le dava pace.
Quando arrivarono sotto casa sua, Jack scese dalla macchina come un lampo e le aprì lo sportello – Mademoiselle… - disse con un buffissimo accento francese e un goffo inchino.
Jenna scoppiò a ridere – Jack! Stai perdendo colpi… questo gesto ti costerà il bacio della buona notte – scherzò.
Lui le cinse la vita e le posò le labbra carnose sul collo.
Non le rispose, sembrava assorto nei suoi pensieri.
Arrivati al cancello Jack le prese il viso tra le mani – Jenna io… - soffiò, avvicinandosi sempre di più con il viso al suo.
Chiuse gli occhi.
Questa volta avrebbe baciato Jack Grant e chi se ne fregava se poi lui l’avrebbe derisa per questo.
Proprio quando avvertì le labbra umide del ragazzo sulle sue, sentì un rumore sordo.
- Ahia! – Jack si massaggiò la testa e si voltò di scatto, dandole le spalle.
Jenna fissò allucinata Clara Zimmermann, ovvero la signorina Rottenmeier, come l’aveva soprannominata proprio lo stesso Jack.
- Ragazzo mio non so proprio cosa fare con te! – disse la donna, scuotendo la testa – O ti trovo nudo o in atti decisamente osceni. E tu Jenna, avresti dovuto reagire! Una ragazza di buona famiglia non si fa baciare sul ciglio della strada – aggiunse rimproverandola.
- Signorina Rott… Clara… cosa ci fa sveglia alle due di notte? – chiese Jack allarmato, mentre si massaggiava ancora la testa – E poi le dovrebbero togliere quel bastone. È un’arma bella e buona! – protestò.
- Lo sai che Pallina ha bisogno di andare al bagno a quest’ora! – disse indicando il bassotto che scodinzolava festoso a Jack – Inoltre giovanotto questi non sono affari tuoi, va a casa e ci vediamo domani. Lo sai che devi finire quel lavoro – lo redarguì lei.
- Jack mi spieghi? – intervenne Jenna, non riuscendo a capire lo scambio di battute tra quei due.
Jack sbuffò – La signorina Clara, qui presente, mi ha adottato come suo schiavetto personale. Le sto ridipingendo tutta la casa nei miei fine settimana e avrei già finito da un pezzo se la signorina non avesse deciso già due volte di cambiare il colore alle stanze! – borbottò – Almeno mi ha fatto la torta di mele?
- Va a casa giovanotto! – rispose autoritaria la donna.
Jenna li osservò basita.
Da quando quei due avevano un “rapporto”?
Jack le si avvicinò titubante, prima che il bastone di Clara gli fosse puntato, nuovamente, al petto.
Il ragazzo alzò, disperato, le braccia al cielo – Volevo solo darle un bacio sulla guancia – protestò lui.
Poi si arrese.
Salutò entrambe mestamente – Ci sentiamo domani Jenna. A domani Signorina Rottenmeier! – sbiascicò irritato.
La donna lo guardò di traverso e poi le si avvicinò – Dai andiamo Jenna. Ti faccio da guardia del corpo, perché se aspettiamo qualche altro secondo, sono sicura che ce lo ritroviamo nudo. È sempre così con Jack! Anche per dipingere le pareti di casa, lo fa a petto nudo. Certe volte, quando lo vedo vestito non lo riconosco nemmeno! – disse, facendole l’occhiolino.
Jenna non riuscì a trattenere un risolino.
Ok, quella vecchia le aveva rovinato il suo momento magico, ma in fondo era simpatica.
Era stata lei una stupida a respingere Jack, quando aveva provato a baciarla durante il corso della serata.
Se ne sarebbe ricordata la prossima volta.
Mai tornare alle due di notte, perché Pallina doveva andare al bagno e non respingere mai più Jack Grant, quando aveva intenzione di baciarla.
Sconsolata si lasciò scortare dalla signorina Rottenmeier all’interno del palazzo.
 
 
 
(*) La "Casatchok" è il ballo della steppa, il tipico ballo Russo.
 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer


Ciao!
Scusate l'immenso ritardo, purtroppo in questo periodo ho davvero poco tempo.
Grazie di cuore per tutte le recensioni che mi avete lasciato nel capitolo scorso e spero che anche questo nuovo capitolo sia di vostro gradimento.
Da questo capitolo le cose cominceranno un po' a cambiare.
Grazie a chi ha messo nelle preferite, ricordate e seguite questa mia storiella.
Grazie!
Se volete il gruppo è sempre lo stesso L'amore non è bello se non è litigarello
Ho deciso di cambiare titolo alla storia, perché ero partita con un'idea, ma l'ho cambiata andando avanti a scrivere, questo mi sembrava più adatto.
Alla prossima besos
MandyCri




CAPITOLO 7
 
- Ho Visto che si baciavano…
Jack guardò Clara perplesso e continuò a mangiare la torta di mele, avidamente.
Diede un morso talmente grande che fece fatica a chiudere la bocca per masticarlo – Chi baciava chi? – chiese con la bocca piena.
Clara lo fissò schifata – Non ti ha insegnato tua madre a non parlare con la bocca piena? – chiese disgustata, facendo una smorfia chiara che non lasciava nulla al caso.
Jack fece spallucce – Chi baciava chi – ripeté, buttando giù e mordendo un altro pezzo di dolce.
- Jenna baciava il tizio spilungone, quello brutto con gli occhiali e il naso aquilino – dichiarò solennemente.
Jack si sentì morire.
Il pezzo di torta gli andò di traverso e cominciò a tossire.
Il viso gli andò in ebollizione e gli mancò l’aria all’improvviso.
Fu solo l’intervento di Clara che gli salvò la vita.
Lo prese energicamente da dietro, lo issò come se fosse un peso piuma e, dopo averlo circondato con le braccia ossute gli diede due o tre colpi che fecero schizzare il pezzettone di torta contro la finestra.
- Ma che schifo, Jack! – brontolò la donna – Adesso pulisci tu!
Continuò a tossire per altri due minuti buoni, poi bevve d’un fiato il bicchiere d’acqua che la vecchiaccia malefica gli stava porgendo.
In realtà, aveva fatto amicizia con Clara e, a parte le continue bastonate che gli rifilava per qualsiasi motivo, la donna gli era diventata simpatica.
Jack aveva capito due o tre cosette sulla signorina Rottenmeier, nel corso di quei mesi passati insieme.
Uno: il bastone era solo un’arma, non un “mezzo di trasporto”: quella donna aveva più forza di un culturista.
Due: era una donna molto sola che aveva bisogno della compagnia di qualcuno per scambiare, ogni tanto, qualche chiacchiera.
Tre: non avrebbe mai deciso il colore delle pareti della stanza degli ospiti.
Jack aveva passato l’intera estate a dipingerle la casa, ma quella famosa stanza cambiava tonalità quasi ogni settimana.
Era evidente che il cambiamento del colore della stanza era solo una scusa per avere un po’ di compagnia e lui si era prestato a passare da scemo e ad eseguire tutto ciò che gli chiedeva, ogni volta che la donna lo chiamava.
In cambio gli preparava sempre la torta di mele, la migliore che lui avesse mai mangiato, anche perché il paragone andava inevitabilmente a cozzarsi con quella di Chantal e tutti sapevano che sua madre era veramente negata in cucina, soprattutto lui e suo padre, purtroppo.
Jack fissò Clara – Jenna ha baciato Davis? – chiese balbettando e non capendo cosa stava succedendo.
- Uhmm… uhmm – biascicò la donna, annuendo vistosamente con il viso.
Sgranò gli occhi sorpreso.
Jenna aveva baciato Davis?
Quando?
Come?
Perché?
Quelle tre domandine gli bombardarono il cervello nel giro di pochi secondi.
Si accasciò sulla sedia sconfitto e guardò preoccupato Clara.
La donna si sedette davanti e gli riempì nuovamente il bicchiere d’acqua e glielo fece strisciare davanti.
Quando Jenna aveva baciato Davis?
Quando Davis era tornato in città? Non lavorava a Princeton al suo posto?
Come mai Jenna aveva baciato quel cretino?
Come mai Davis era tornato?
Perché Jenna aveva baciato quell’opportunista imbecille?
Perché il coglione era uscito con Jenna?
La disperazione lo trafisse come un pugnale.
Jenna, dopo la famosa cena, non l’aveva più chiamato, non aveva più risposto ai suoi messaggi e, soprattutto, non l’aveva più voluto vedere.
Questo l’aveva dedotto dal fatto che ogni volta che le telefonava (circa dieci volte al giorno), lei non gli rispondeva mai e, se le mandava un messaggio, aspettava in ansia ore e ore prima di capire che lei non avrebbe mai replicato al suo sms.
Aveva sperato di vederla quando andava da Clara, ma non ci era più riuscito e l’orgoglio gli impediva di bussare alla sua porta.
Ok, lui era famoso per infischiarsene di tutto, però quel briciolo di orgoglio che gli era rimasto, gridava inferocito dentro di lui quando, al posto di prendere l’ascensore, scendeva per le scale e si fermava sull’uscio di casa di Jenna con il cuore che batteva impazzito.
Più di una volta aveva allungato il braccio e appoggiato il palmo della mano sulla porta, però…
Non era mai riuscito ad andare oltre.
Toccava il legno ed era come se bruciasse, così distoglieva subito la mano e scendeva in velocità i gradini per riprendere aria.
Aveva perfino chiesto aiuto ad Elizabeth.
Si erano dati appuntamento in una pasticceria in centro e la genitrice pazza era arrivata con un fazzoletto in testa stile anni cinquanta e degli occhiali avvolgenti neri.
Jack l’aveva fissata perplesso e, quando le aveva chiesto il motivo di quello strano abbigliamento, Liz l’aveva guardato come se fosse stato uno scemo – Non vorrai mica che mi riconoscano! Sono in incognito – aveva risposto con naturalezza, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
In ogni caso anche Elizabeth non aveva saputo dirgli alcunché sul comportamento di Jenna, la quale, ad ogni domanda della madre, aveva risposto sempre con un silenzio assoluto.
Ovviamente Liz aveva dato la colpa a lui, accusandolo di non aver saputo stare ai piani.
Jack aveva fatto il finto tonto e aveva spergiurato che, invece, aveva seguito le indicazioni delle due madri alla lettera.
La genitrice pazza, a quella dichiarazione mendace, aveva scosso la testa – Jack, non so che dire… - aveva detto e, per la prima volta da quando l’aveva incontrata, aveva intuito che la donna si era arresa – Credo sia arrivato il momento di gettare le armi.
Jack era rimasto sconvolto. Se anche Liz che era la persona che conosceva Jenna di più in assoluto gettava la spugna, voleva solo dire che ormai era tempo di cambiare rotta e farsene una ragione: la coppia Jenna e Jack non sarebbe più tornata insieme.
- Jack sei ancora qui con me?
La voce gracchiante di Clara lo riportò alla realtà – Non capisco – bisbigliò intristito – Ero convinto che saremmo ritornati insieme. Quando mi hai bastonato l’ultima volta – mormorò, abbandonando la forma di cortesia che aveva sempre usato con la vecchia – Stavamo per baciarci, avevamo passato una serata stupenda insieme, ero davvero sicuro che le cose, finalmente, stessero ritornando come un tempo… Liz mi aveva assicurato…
- BASTA! – Clara batté i pugni sul tavolo – Lo vuoi capire o no che non esistono piani in amore? Lo vuoi capire che se è destino che tu e Jenna ritorniate insieme non servono sotterfugi, complotti o macchinazioni? Jack guardami!
Jack alzò gli occhi sulla donna, sconsolato.
- Jack non fare così. Tu sei bellissimo, intelligente, gentile, simpatico… ok, sei tonto, ma non si può avere tutto dalla vita e tu, diciamo, sei già più fortunato di altri, perché ti perdi dietro a Jenna se lei non ti vuole? Potresti avere chiunque. Lei vuole guidare un catorcio, quando potrebbe salire su una Ferrari? Bene… lasciaglielo fare. Lascia che faccia quello che crede giusto. Quando si schianterà su un platano e gli airbag non scoppieranno per salvarla, perché il catorcio non li ha, capirà da sola e l’unica cosa che potrà sperare è che la Ferrari sia ancora in garage e qualcun altro non l’abbia presa per guidarla e farci un giro.
Jack sorrise all’allegoria di Clara.
Sì, cazzo, lui era una Ferrari!
- Cosa dovrei fare allora? – chiese. Sapeva di non essere ancora pronto ad avere altre storie, perché era innamorato di Jenna, ma Clara aveva ragione: doveva ricominciare a vivere.
- Non seguire nessun piano, Jack. Cerca di essere te stesso, perché è di te che si è innamorata Jenna a suo tempo. Lascia queste cose a quelle pazze e in questo gruppetto ristretto ci metto anche Jenna, perché sinceramente non mi convince il fatto che lei preferisca lo spilungone a te. A parte che non l’ho ancora visto nudo e questo è sospettoso. Ma dai… alla vostra età avete gli ormoni in subbuglio e quello fa ancora il baciamano! Ti rendi conto?
- Ma scusa Clara… mi hai detto che l’ha baciata! Io avevo capito sulla bocca! – protestò indignato Jack.
- Ah sì! L’ha baciata sulla bocca, quando sono intervenuta io! – disse orgogliosa.
- COSA? Ma tu da che parte stai? – gli chiese adirato.
- Dalla tua Jack! Ero curiosa di vedere la faccia di Jenna.
Jack sbuffò sonoramente – Senti Clara, forse è meglio che tu ti tenga certe curiosità per te… ma ti sembra carino nei miei confronti?
- Senti un po’ ragazzino, li ho trovati davanti al cancello al rientro dalla mia passeggiatina con il mio cucciolo e lui era lì come uno stupido che si portava la mano di Jenna alla bocca in continuazione. Avresti dovuto vedere che faccia aveva lei, mi ha fatto pena e sono dovuta intervenire per forza. Ho dato una bella bastonata a quel culo secco e gli ho detto “senti un po’ giovanotto, la ragazza ha sonno, dalle questo benedetto bacio, così possiamo rientrare!”.
Jack spalancò gli occhi incredulo – SCUSA? Io mi sono beccato una bastonata sulla testa e sono stato additato come un maniaco sessuale e invece lui l’hai incoraggiato a baciarla? Credo ti dovrai trovare un altro schiavetto, Clara!
La donna si alzò, tagliò un’altra fetta di torta e gliela porse.
- Niente da fare Clara non mi compri con una fetta di dolce! – disse astioso, incrociando le braccia al petto.
- Mangia! – ordinò lei.
Jack sbuffò e ne tagliò un pezzettino – Non so quali siano le intenzioni di Jenna, ma ti posso assicurare che aveva una faccia… ma una faccia, quando lui si è avvicinato per baciarla sulla bocca... Credo che se avesse potuto uccidermi in quel momento, l’avrebbe fatto di certo! Jack l’amore è una cosa semplice. Te lo ripeto. Non servono stupidi piani, non vince chi ha il pugno più duro. Due persone che si amano, camminano insieme fianco a fianco, perché se una delle due cade, l’altra è pronta a sostenerla. L’orgoglio non fa parte dell’amore. Tu l’hai capito, adesso lascia a Jenna il tempo per raggiungerti. So che hai fatto tanti sacrifici per lei, so che hai sofferto molto, ma credo tu abbia fatto anche troppo. Se tu sei importante per lei, troverà il modo per tornare da te, come a suo tempo, tu hai fatto con lei. Ma adesso cerca di volere bene anche e te stesso e ricomincia a vivere.
Jack alzò gli occhi e guardò riconoscente Clara.
Sorrise.
- Allora… come la dipingiamo questa benedetta stanza? Spero tu abbia deciso, perché sabato prossimo preferisco fare una passeggiata con te e Pallina, piuttosto che venire qui e cambiare ancora colore!
Clara sorrise a sua volta – Credo resterà così per un bel pezzo. Mi sono stufata di avere questo odore nauseabondo per casa, ti va si smaltire un po’ di torta portando il tigrotto a spasso?
- Signorina Rottenmeier… al tuo servizio – rispose felice.
Clara aveva ragione.
Era stato proprio un coglione a farsi sottomettere dalle due genitrici pazze.
Aveva fatto capire a Jenna quanto la desiderasse e quanto l’amasse ancora, adesso toccava a lei e, se non ritornava, avrebbe dovuto ricominciare a vivere.
Erano anni ormai che pensava solo a lei, non era giusto.
Aveva rinunciato anche al suo sogno di diventare insegnante a Princeton e aveva ceduto, ancora una volta, il suo posto a quell’imbecille di Davis.
Era arrivato il momento di pensare a se stesso e non appena sarebbe rientrato a casa, avrebbe chiamato il Rettore dicendogli che era pronto ad accettare il ruolo di assistente che gli avevano offerto e che il suo anno sabatico sarebbe finito a giugno, perché non poteva sottrarsi all’impegno che aveva preso con i suoi studenti.
 
***
 
Due settimane.
Erano passato davvero tanto tempo dall’ultima volta che aveva visto Jack.
Sapeva che era solo colpa sua, ma avendo informato Jack del complotto della genitrice pazza e del modo in cui lei voleva farla pagare a Liz, si sentiva abbastanza tranquilla.
Jack capiva sicuramente!
Forse aveva esagerato a non rispondere nemmeno ai suoi messaggi, però sapeva che sua madre le teneva sotto controllo il telefono.
Più di una volta, l’aveva vista sbirciare dentro la sua borsa e prendere il cellulare di nascosto, per cui aveva pensato bene di lasciare tutti gli sms di Jack e le chiamate perse nelle rispettive cartelle e farle vedere che lei non gli aveva mai risposto.
Aveva esultato nel notare l’espressione sconsolata della madre. Era stata una soddisfazione non indifferente.
Elizabeth era una donna fantastica, però era diventata, a dir poco, impicciona e una bella lezione non le avrebbe certo fatto male.
Alla fin fine, quella che subiva di più da questa storia era solo lei: Jenna Taylor.
Infatti si doveva sorbire quell’amorfo di Davis.
Era tornato per le feste natalizie a casa ed era da una settimana che subiva quel continuo vantarsi per ogni cosa.
Non ne poteva proprio più!
Quando Davis le aveva detto che era stato scelto come assistente di matematica e fisica a Princeton, quasi era svenuta.
Quel posto era di Jack! Le sembrava perfino impossibile che Davis avesse superato Jack nelle materie in cui il suo ragazzo brillava (suo ex ragazzo).
Jack aveva studiato un’intera vita per quel posto e adesso faceva l’insegnante di matematica nel suo vecchio liceo.
Jack aveva vinto la borsa di studio più ambita in tutti gli Stati Uniti, si era laureato con il massimo dei voti ed un encomio speciale eppure, a quanto sembrava, non era stato scelto per quel posto per cui aveva tanto lavorato e si era tanto sacrificato.
Ovviamente, Davis aveva sottolineato in più di un’occasione questo fatto: ovvero che aveva superato e sconfitto, ancora una volta, il grande Jack Grant.
Erano usciti due volte a cena per provare i ristoranti che Tess aveva messo nella lista e ambedue le volte erano state due “palle” allucinanti, una noia mortale.
Davis aveva fatto un monologo impressionante su se stesso. Ormai sapeva vita, morte e miracoli di quel ragazzo.
Era stata attenta solo quando il discorso era caduto su Jack, non che Davis avesse usato parole lusinghiere sul suo ragazzo del liceo (ora ex ragazzo), ma solo sentirlo nominare aveva destato il suo interesse.
Adesso se ne stava rannicchiata sul letto di Karol a compiangersi e a raccontarle le sue serate monotone con lo spilungone.
- Ma perché ci esci insieme se ti dà così fastidio? Mi sembra di aver capito che invece con Jack tu ti sia divertita parecchio…
Jenna alzò gli occhi, fisso l’amica e sospirò. Sapeva benissimo che anche lei faceva parte del complotto, con Tess e le due genitrici pazze, però era l’unica che se ne era stata un po’ in disparte e quindi per Jenna era l’unica degna di fiducia, in quel momento particolare della sua vita.
Tess sicuramente aveva approfittato della situazione e aveva delegato a lei la preparazione del suo matrimonio. Le aveva rifilato tutte quelle cose che lei detestava, anche se, doveva ammetterlo, probabilmente si stava mangiando le dita per averle ceduto la scelta del ristorante.
Tutti sapevano quanto Tess adorasse il cibo.
Sospirò – In realtà non è stato un granché. Sì, certo! Mi sono divertita. Jack non è cambiato molto in questi anni, ma sono sempre le solite cose – mentì spudoratamente.
L’amica la guardò di traverso, ma non replicò.
Le costava dire quelle bugie proprio a Karol.
Erano diventate molto intime in quegli anni e la ragazza, al contrario di Tess, non era solita giudicare.
Karol la confortava, le faceva presente i suoi errori sempre con modo, le dava sempre i consigli giusti, ma non la giudicava mai e questo a Jenna piaceva molto.
- Non so che dire – disse l’amica – Per me tu e Jack eravate perfetti insieme, mi è dispiaciuto molto sapere che vi eravate lasciati. La vostra storia mi è sembrata una favola fin dall’inizio e nessuna favola finisce così, ma con un “vissero felici e contenti”.
Jenna avvertì subito le lacrime salirle agli occhi, ma cercò di scacciarle prontamente – Sarà… - affermò poco convinta – Jack per molti versi è ancora un bambino, ma adesso siamo cresciuti e io ho voglia di avere un uomo accanto. Davis è un uomo a tutti gli effetti. Ha un lavoro facoltoso, è serio, è…
- Perché quello di Jack non è un lavoro importante? – la interruppe la ragazza acidamente – Non mi sarei mai aspettata da te un commento simile, Jenna… - aggiunse poi sbalordita, senza riuscire a nascondere una nota di delusione.
Jenna fece spallucce – Non intendevo questo… solo che mi sembra un fallito. Ecco tutto. Ha studiato e lavorato una vita per avere quel posto che ora è di Davis e Jack che fine ha fatto? Si è accontentato di fare il professore in un liceo! Una volta era talmente ambizioso che non guardava in faccia nessuno. Adesso è un “pappamolle”! – si difese, alzando forse un po’ troppo la voce.
Karol scosse la testa – Jack è un uomo! Come puoi dire una cosa del genere proprio tu? Dopo tutto quello che ha fatto per te?
Si alzò dal letto arrabbiata.
Perché tutti davano la colpa a lei del fallimento di Jack?
Averlo lasciato non aveva pregiudicato il suo andamento scolastico – Non c’entro nulla io, se ora Jack non fa l’assistente a Princeton, ma lavora in un liceo! Che colpa ne ho io? Spiegami Karol… dovrò sentirmi rinfacciare a vita che si faceva i chilometri per stare con me? Che studiava la notte per avere i fine settimana liberi? È stata una scelta sua, nessuno l’ha obbligato! Se si è laureato con la lode ed un encomio speciale e non l’hanno scelto, vuol dire che Davis è stato migliore di lui! – sbottò incattivita.
Era stanca che tutti le dessero la colpa del fallimento di Jack.
Non era colpa sua!
Afferrò la borsa e si avviò verso la porta – Ci sentiamo Karol.
- Jenna aspetta un attimo, credo sia ora che tu sappia come stanno veramente le cose… - cercò di fermarla l’amica.
Non l’ascoltò nemmeno.
Non voleva sentire che scusa patetica avesse in serbo per lei.
Era stufa di essere la marionetta di tutti. Non sopportava più che la trattassero come una bambola di porcellana, era una donna forte lei, ma soprattutto non sopportava più le bugie.
Adesso voleva dare una bella lezione a tutti e poi si sarebbe ripresa il suo Jack: l’avrebbe riconquistato.
Insomma, nonostante gli alti e bassi del suo cuore e la sua insicurezza, era quasi certa che Jack l’amasse ancora e, senza stupide false modestie, nessuna donna aveva preso il suo posto, per Jack Grant lei era ancora il suo personale sacco di patate.
In fin dei conti alla cena, lui gliel’aveva fatto capire.
Da quando Clara Zimmermann li aveva interrotti sul più bello, non aveva pensato ad altro che a quello che Jack le aveva detto.
Aveva parlato di matrimonio, per la miseria!
Uscì da casa di Karol velocemente, non appena chiuse il cancello dietro si sé, si diresse verso la macchina.
Fu solo quando fu davanti all’auto che si accorse di una ragazza che sostava davanti al cancello dei Grant.
Jenna si nascose dietro un albero e spiò la scena.
La ragazza sembrava una versione della Jenna liceale.
Aveva lunghi e lisci capelli scuri ed era vestita proprio come un sacco di patate: jeans decisamente troppo abbondanti e strappati in vari punti, un giaccone gigantesco ormai consunto e un cappello di lana calato fino alle sopracciglia. Ai piedi portava un paio di scarpe da tennis sformate.
Jenna avvertì una stretta al cuore. Chi era? Perché era davanti alla casa di Jack?
Non poteva essere una liceale, si vedeva che aveva più di vent’anni.
Aspettò con il cuore in gola, quando la vide suonare il campanello per poi parlare al citofono.
Jack apparve dopo qualche secondo davanti all’uscio.
Vide gli occhi azzurri del ragazzo spalancarsi sorpresi e il suo gesto impacciato per farla entrare.
Quando lei lo raggiunse si diedero la mano e Jack arrossì vistosamente.
Non riuscì a capire cosa si stessero dicendo e Jenna avvertì le prima fitte di gelosia.
La ragazza entrò e Jack la seguì dopo averla squadrata da cima a fondo.
Jenna cominciò a tremare.
Il sorriso compiaciuto del suo ragazzo fu la cosa peggiore che le fosse mai capitato di vedere
Jenna lo conosceva molto bene, era lo stesso che aveva usato con lei, quando l’aveva definita “sacco di patate” la prima volta e cominciò ad avere paura.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Captiolo 8 ***


Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer

Ciao!
Finalmente sono riuscita a pubblicare questo nuovo capitolo.
Chiedo scusa per il ritardo, ma la verità è che credo di essermi un po' persa e non sapevo più in che direzione andare.
Spero che questo capitolo vi piaccia perché è dedicato alla ricerca di "Jack"!
Io cerco Jack e lui cerca se stesso.
Volevo anche dirvi che nel frattempo ho pubblicato una mini storia che partecipava ad un contest se avete voglia di leggerla questo è il link Uno più uno.
Poi sono ritornata al mio primo grande amore il soprannaturale e ho cominciato anche questa storia Fratelli di sangue, se vi va di leggere ne sarei felice. Mi ci sento già molto legata.
Per chi segue invece L'undicesimo comandamento sappiate che presto pubblicherò!

Detto questo ricordo il gruppo L'amore non è bello se non è litigarello

Questo capitolo è dedicato ad andry15 che mi ha sempre incoraggiata a continuare a scrivere di J&J e alle ragazze stupende del gruppo.

GRAZIE

Ora buona lettura
Besos MandyCri

 
***


CAPITOLO 8
 
Jack si stava trastullando sul divano, facendo zapping con il telecomando.
In realtà era annoiato da tutto e quindi vedeva, ma non percepiva nulla di ciò che il video gli proponeva, quindi, distrattamente, cambiava canale in cerca di qualcosa che lo potesse interessare e, soprattutto, lo aiutasse a far tacere il milione di pensieri che gli affollavano la mente.
La domanda principale che il suo cervello confuso gli proponeva, era anche la più difficile a cui rispondere.
Da quando era diventato così?
Dov’era finito Jack Grant, il capitano della squadra di football, nonché stronzo incallito che collezionava ragazze come fossero francobolli?
Gli mancavano, perfino, le ramanzine di Chantal del fine settimana.
Ricordò con nostalgia le colazioni con i genitori del sabato e della domenica, quando sua madre lo rimproverava per essere andato a letto con l’ennesima ragazzina di turno e suo padre cercava di difenderlo, con scarsi risultati.
Dov’era finito il guerriero spietato che affondava i nemici, senza curarsi dei loro sentimenti, quando lottava con le unghie e con i denti per vincere la borsa di studio o qualsiasi altra cosa che lo portasse al primo gradino del podio?
E, soprattutto, dov’era andato a cacciarsi il ragazzo spensierato che rideva, scherzava e si faceva beffe di tutti? Quello che gli amici cercavano per farsi una birra in compagnia e ridere a crepapelle per qualsiasi stupidata che gli veniva in mente?
I tempi erano, decisamente, cambiati e quel Jack gli mancava.
La vecchiaccia con le sue parole gli aveva aperto un buco nero infinito nel cervello.
Doveva ritrovare se stesso. Questa era l’unica verità.
Ma come?
Cambiò per l’ennesima volta canale e poi, scocciato, spense la televisione.
Si rigirò sul divano e chiuse gli occhi.
Era un fallito.
Quel pensiero lo trafisse come un fulmine al ciel sereno.
Jenna era solo una scusa. Non era per lei che aveva rinunciato, a suo tempo, alla borsa di studio, come non era per lei che aveva declinato l’offerta del rettore di Princeton per diventare l’assistente del professore di matematica e fisica, in quell’università che aveva tanto amato e in cui aveva sprecato anni e anni a studiare.
Cosa poteva fare per ritrovarsi?
Forse doveva davvero dare un calcio a tutto, ritornare a Princeton subito e mettere una croce definitiva su Jenna Taylor.
La bella Jenna, quella che era riuscito a conquistarlo con quegli stracci addosso.
Forse, per una volta, doveva lasciar stare gli altri e concentrarsi solo su se stesso.
Cosa gliene importava di aspettare la fine dell’anno scolastico? Per chi poi?
Conosceva talmente poco i suoi studenti: un professore per loro valeva quanto un altro.
Davvero credeva ancora che stando lì, Jenna si sarebbe nuovamente innamorata di lui?
L’aveva lasciato per mail! Aveva baciato Davis Carter, cazzo!
Ma cosa aveva in testa quella ragazza?
Non ci capiva proprio più niente. Ancora una volta, Jenna aveva cambiato le carte in tavola.
Quando erano usciti insieme a cena, gli era sembrato che lei fosse disponibile con lui e invece?
La vecchia aveva ragione.
Jenna sarebbe tornata da lui, se era davvero innamorata.
Jack scrollò la testa come un cane bagnato.
Era ora di finirla!
Prese il cellulare d’impeto e chiamò l’ufficio di Princeton, si fece passare il rettore e gli disse che era pronto ad accettare l’offerta che gli aveva fatto.
Quando chiuse la telefonata, si sentì improvvisamente più leggero.
Erano rimasti d’accordo che avrebbe cominciato con il nuovo anno, perché il rettore non se la sentiva di liquidare così Davis Carter.
Quello era sempre in mezzo!
Poco male, avrebbe finito il suo lavoro al liceo e poi, finalmente, avrebbe cominciato la sua nuova vita, quella per cui aveva studiato duramente.
Stava per sprofondare nuovamente nel divano, quando qualcuno suonò il campanello di casa.
Si diresse, quindi, verso la porta e controllò il video citofono.
Spalancò gli occhi sorpreso nel vedere un bel viso femminile che aspettava, mordendosi copiosamente, il labbro inferiore, che qualcuno aprisse.
E questa chi era?
Magari era un venditrice rompipalle che voleva vendere l’ennesimo aspirapolvere.
Jack scrutò a fondo l’immagine che il mini video gli proponeva, indeciso se aprire o meno.
Alla fine prese il ricevitore – Chi è? – chiese titubante.
- Buona sera, sono Tina Cullen, vorrei parlare con Jack Grant, se non disturbo – rispose la tizia timidamente, ma con voce cordiale.
Jack storse la bocca – Sono Jack, cosa posso fare per te?
- Ciao Jack, volevo sapere se hai due minuti per me. Frequento Princeton e ho incontrato, casualmente, tua madre e una sua amica al supermercato. Ho riconosciuto subito tua madre e le ho chiesto un po’ di te e dell’università. Una chiacchiera porta ad un’altra… e alla fine, l’amica di tua madre mi ha detto che saresti disponibile ad aiutarmi con un esame difficilissimo di fisica che non riesco a passare…
Jack roteò gli occhi scocciato, quando capì che si trattava dell’ennesimo “piano” delle due genitrici pazze.
Dopo qualche secondo di silenzio la ragazza riprese a parlare – Posso parlarti a quattr’occhi Jack?
Sbuffò.
Possibile che quelle due non si facessero mai gli affari loro? – Entra – disse laconico e cliccò sul pulsante del cancelletto.
Aprì la porta e si fermò sull’uscio per aspettare Tina.
Quando la vide “al completo” quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
Accidenti ad Elizabeth! Quella era opera sua, sicuro come la morte!
Scrutò a fondo la ragazza che avanzava verso di lui.
Aveva degli orribili jeans strappati e un paio di scarpe da ginnastica, talmente logore che Jack, nemmeno con tutta l’immaginazione del mondo, poteva concepire quanto fossero state usate.
Indossava un giaccone che probabilmente era circa tre taglie più di lei.
Scosse la testa infastidito.
Cosa voleva ottenere Elizabeth da quell’incontro? Non bastava tutto quello che aveva fatto con Jenna?
Sicuramente sua madre si era fatta trascinare dall’amica, in quell’assurda storia. Non era possibile che fosse d’accordo anche lei!
- Piacere Tina – disse la nuova arrivata con voce dolcissima.
- Jack. Accomodati – rispose lapidario, porgendole la mano.
La fece accomodare in salotto e poi le chiese se poteva offrirle qualcosa.
Tina rifiutò e si sedette timida sul divano con la testa bassa. Continuava a torturarsi la mani, unite sopra le gambe.
Jack occupò la poltrona davanti per guardarla bene in faccia.
Era carina la ragazza!
Lunghi capelli castani, grandi occhi nocciola, carnagione olivastra e sotto quei vestiti doveva essere messa decisamente bene.
Però, cavoli, non riusciva a distogliere lo sguardo dal naso.
Ma perché gli avevano fatto una cosa del genere quelle due?
Dio! Gliel’avrebbero pagata.
Tina aveva un naso dritto, fine, perfetto, se non fosse stato per quel neo di dimensioni macroscopiche, proprio sulla punta del naso, stile strega dei cartoni animati.
Era uno di quei nei color “carne” scuro a forma di pallina.
Jack deglutì e ammonì se stesso a più riprese.
Distogli lo sguardo!, si ordinò – Cosa posso fare per te? – le chiese gentilmente.
Tina alzò gli occhi e sorrise ancora di più – So che ti sei laureato a Princeton con il massimo dei voti. Sei un po’ una leggenda lì. Sono venuta a casa per il week-end. Lunedì torno nel New Jersey e poi sarò di nuovo qui per le vacanze di Natale – disse come se da quella dichiarazione dovesse capire chissà che.
Jack alzò il sopracciglio destro e la fissò – Quindi? – domandò perplesso.
- Ho dei seri problemi a superare l’ultimo esame di fisica. L’amica di tua madre mi ha detto che adesso lavori qui e che saresti disponibile a darmi ripetizioni nel tuo tempo libero. Ha specificato che l’hai già fatto in passato e che sei piuttosto bravo – continuò.
Jack aveva un diavolo per capello.
Le ripetizioni le aveva date solo ed esclusivamente a Jenna, tanti anni prima e solo perché se la voleva portare a letto, giusto perché Jenna non lo guardava nemmeno in faccia, come se lui fosse l’ultimo ragazzo del mondo e non il mito del liceo, alias il grande Jack Grant!
Come aveva potuto Liz fargli una cosa del genere?
Sapeva quanto avesse sofferto per il suo personale “sacco di patate”. Cos’era quella la sua fotocopia mal riuscita? Nessuna avrebbe potuto prendere il posto di Jen, non certamente una facsimile o una che poteva ricordargliela, perché vestiva, più o meno, nello stesso modo.
Non che questa Tina fosse brutta, al contrario… ma aveva quel bitorzolo sul naso, niente a che fare con Jenna, per la miseria!
Cristo Santo! Non riusciva a non guardarlo.
Jack abbassò gli occhi imbarazzato – Purtroppo Tina non posso dirti di sì. Ho appena parlato con il rettore e ho accettato la sua proposta per diventare assistente proprio del professore di matematica e fisica a Princeton. Capirai che sarebbe conflitto di interessi, se ti aiutassi per un esame. La mia etica professionale me lo impedisce – disse tutto d’un fiato.
La ragazza lo guardò delusa – Capisco… - mormorò affranta – È sempre così la mia vita. Arrivo sempre qualche secondo in ritardo o sempre dopo qualcun altro.
Jack si grattò dietro l’orecchio.
Che palle! Anche una frignona doveva capitargli.
Adesso come poteva dirle, gentilmente, di levare le tende?
Mamma che imbarazzo. Far capire alle persone che era ora di andarsene, era la cosa più difficile al mondo.
Non c’era un metodo soft per farglielo intendere, bisognava passava a quello duro.
Senti Tina, mi ha fatto un enorme piacere averti conosciuta, ma adesso ho cose più importanti da fare, tipo ricostruire una certa vita sessuale abbandonata ormai anni fa e, detto tra noi, avrei voluto anche approfittare di te, ma purtroppo hai quella palla da baseball sul naso che mi toglie ogni stimolo nei tuoi confronti!
Forse questo modo non era proprio il più delicato, ma sicuramente sarebbe stato il più efficace.
Ma perché non era andata da un chirurgo a farselo togliere?
Se così fosse stato, in quel momento, non avrebbe perso tempo a formulare un piano per togliersela dai piedi, ma magari si sarebbe ruzzolato tra le lenzuola, con un corpo caldo. Il corpo di Tina!
Stava per aprire la bocca per dirle che era meglio che se ne andasse, quando il campanello suonò un’altra volta.
Ma che cazzo stava succedendo quel giorno?
- Scusami un attimo, vado a vedere chi è – disse.
La ragazza annuì composta, mantenendo sempre la stessa posizione.
Non si era mossa di un millimetro. Le mani continuavano a soggiornare immobili sul grembo.
Jack controllò il video citofono per la seconda volta nel giro di mezz’ora e, con sua enorme sorpresa, vide che si trattava di Jenna.
Oh no!
Perché proprio in quel momento, con Tina in salotto?
Adesso, conoscendola, avrebbe sicuramente pensato male.
No, no, no!
Non era possibile!
Jenna avrebbe capito quanto sfigato era diventato.
Perché Tina aveva quella cosa sospetta sul naso, se non ce l’avesse avuta, Jenna sicuramente sarebbe stata gelosa e magari loro due… e invece no! Che cazzo!
Aprì sconfitto il cancelletto e la porta.
- Jenna ciao! Come mai da queste parti? – balbettò, colpevole.
- Ciao Jack – rispose lei con una nota fastidiosa nella voce – Non mi fai entrare? Sei, per caso, impegnato? – l’aggredì subito.
- Oh… no certo, vieni pure.
Jenna si diresse a passo di carica in casa, controllò prima la cucina e poi piombò in salotto.
Jack cominciò a sudare freddo.
Spalancò gli occhi, quando arrivato nella sala dove c’erano le due ragazze, vide la “composta” Tina, semisdraiata sul divano.
Ma che cavolo stava succedendo?
Jenna si girò verso di lui e lo fulminò con gli occhi, poi ritornò a fissare la ragazza.
- Tu chi saresti? – chiese Tina con una voce sensuale che Jack non aveva riscontrato prima.
- Tu chi sei! – rispose Jenna infastidita, puntandole l’indice contro.
- Io e Jack ci frequentiamo. Andiamo nella stessa università.
Oh mamma! Doveva intervenire a tutti i costi, le cose stavano prendendo una strana piega.
- Jack frequenta me, si è laureato da un pezzo e non va più all’università. Adesso fa il professore di matematica e, giusto per la cronaca, io sono la sua ragazza e, se vogliamo mettere anche i puntini sulle “i”, sono la sua futura moglie. Jack mi ha chiesto di sposarlo due settimane fa, vero amore? – disse inviperita.
Jenna se ne stava in mezzo al salotto con le gambe divaricate e le mani appoggiate alla vita, poi, ad un certo punto, si girò verso di lui e si toccò di nascosto, senza farsi vedere da Tina, il naso e lo guardò in modo buffo, aprendo gli occhi e incurvando le labbra all’insù.
Ci mancava solo che gli ricordasse di quel neo gigante che aveva Tina sulla punta del naso! Trattenne a stento un sorriso e spalancò, a sua volta, gli occhi per mandarle un messaggio in codice, poi, tutto d’un tratto, comprese veramente cosa Jenna aveva appena detto.
Jack deglutì vistosamente.
Quando aveva chiesto a Jenna di sposarlo?
Ehi! Un attimo solo… lui aveva solo parlato di come sarebbe stato, non…
- Vero Jack? – insistette Jenna.
- Davvero? Se sei la sua ragazza e ti ha chiesto di sposarlo… – la interruppe una Tina, diventata improvvisamente tigre – Allora dovresti sapere che Jack tornerà nel New Jersey. Ha appena accettato la proposta di lavoro che gli hanno offerto a Princeton, ma non mi sembra che tu lo sappia… non ne avete parlato, prima che Jack prendesse questa decisione importante? – aggiunse, interloquendo direttamente con Jenna.
Cazzo! No… Jenna non doveva venirlo a sapere così!
La sua ritrovata ragazza si girò verso di lui e lo fissò curiosa e nello stesso tempo dispiaciuta – Jack? Cos’è questa storia?
Si grattò la testa impacciato – Si, è vero. Ma posso spiegarti tutto… - perché accidenti si stava giustificando adesso? – Senti Tina, non vorrei essere maleducato, ma adesso ho un’emergenza familiare da risolvere, ti ringrazio molto per aver pensato a me, ma, come ti ho già spiegato, non posso aiutarti, se non ti dispiace adesso vorrei stare da solo con Jenna.
La ragazza si alzò dal divano e gli si avvicinò – Se mai ti dovessi stancare da lei, io sono disponibile – gli sussurrò sensuale ad un orecchio. Dopodiché gli infilò nella tasca posteriore dei jeans un bigliettino, soffermandosi vistosamente a massaggiargli la natica.
Jack si sentì avvampare, lanciò uno sguardo colpevole a Jenna che stava andando su tutte le furie, lo si vedeva dal colore della pelle: era rosso fuoco e dal naso sembrava uscisse del fumo.
Accompagnò la ragazza alla porta e, non appena la chiuse, vi si appoggiò esausto.
Erano stati i minuti più brutti della sua vita.
Cercò un minimo di coraggio dentro di sé e raggiunse nuovamente Jenna.
La trovò seduta sulla poltrona con le mani che le coprivano il viso. Stava piangendo.
Si avvicinò cauto e si mise sul poggiolo, le accarezzò i capelli in modo gentile – Jenna non è come pensi.
La ragazza staccò le mani dal viso e lo alzò per guardarlo. Grossi lacrimoni le scendevano sulle guance – Jack, mi dispiace tanto, so di essermi comportata male, so che ho sbagliato tutto. Non volevo che arrivassimo a questo punto – singhiozzò – Ho avuto tanta paura di tutto. Non riuscivo più a vederti in quello stato e sapere che era per colpa mia, mi faceva troppo male. Sono stata un’egoista e soprattutto una vigliacca. Dovevo parlarti, invece ho pensato che se fossi sparita dalla tua vita avresti ottenuto tutto ciò che desideravi con meno fatica. Non volevo essere un peso per te…
Jack le sorrise – Oh Jenna… siamo stati entrambi degli stupidi, due “ragazzini orgogliosi”. Sono sicuro che sistemeremo le cose e riusciremo a recuperare il tempo perduto – la rassicurò.
- Jack… - quel modo profondo di pronunciare il suo nome, lo inquietò – Cosa aveva quel sacco di patate sul naso?
- Jenna! Come puoi dire una cosa simile? Sulla terra c’è stato solo un sacco di patate e sei tu! Nessuna potrà mai essere paragonata a te. Tina era un bijou in confronto a come ti vestivi tu! – la prese in giro.
Scoppiarono a ridere insieme, Jenna gli prese la mano e se la portò al viso – Mi sei mancato tanto… adesso dobbiamo parlare per evitare di perderci ancora…
- Oh no… l’unica cosa che non dobbiamo fare adesso è parlare! Ora dobbiamo fare la pace e io conosco un metodo molto più semplice.
La alzò di peso e la trascinò in camera sua.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio.
Doveva reimparare a conoscere ogni centimetro di Jenna.
Doveva amarla per tutti quei tre anni persi per lo stupido orgoglio di entrambi.
Gli tornò in mente la vecchiaccia.
Tutte le bastonate ricevute erano state una manna dal cielo.
Conoscere Clara era stata la cosa più bella che gli fosse capitata in quei tre lunghi anni.
Per fortuna che c’era stata lei a dargli i giusti consigli.
Sapeva quello che voleva adesso. Princeton e Jenna e non necessariamente in quell’ordine.
Non avrebbe più rinunciato ai suoi sogni per nessuno. Avrebbe trovato un modo per portarli avanti in contemporanea, del resto lui era il grande Jack Grant!
Ne avrebbe parlato più tardi con Jenna. Adesso doveva solo amarla e stancarla, così, probabilmente non sarebbe stata proprio così attiva, quando le avrebbe spiegato ciò che voleva.
Si calò sulla bocca di Jenna e, finalmente, le diede quel bacio che attendeva di uscire da almeno tre anni.
 
 
 
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Captiolo 10 ***



Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer
 


Ciao,
dopo un'eternità sono tornata.
Ringrazio chi ha continuato a seguirmi, ricordarmi e preferirmi, nonostante questa prolungata assenza.
Sappiate che non è stata cattiveria, ma proprio mancanza di tempo.
Grazie per tutte le belle recensioni che mi avete scritto e sinceramente spero che siano anche questa volta così numerose.
Grazie a chi mi ha scritto privatamente e mi ha incoraggiata a continuare.
Grazie alle ragazze del gruppo, se volete entrare a farne parte cliccate qui L'amore non è bello se non è litigarello.
Cosa dire?
Basta che già manco da tre mesi e poi vi annoio!
Buona lettura.
Besos MandyCri

PS: ricordo le mie storie in corso se qualcuno ha voglia di leggerle.
L'undicesimo comandamento
Fratelli di sangue
 
°°°

CAPITOLO 10
 
Jenna si fermò davanti alla porta di casa e sospirò.
Non era ancora pronta a varcare la soglia: Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate…
Le parole di Jack-Dante le arrivarono dal nulla.
Rise, ripensando a quando il suo caro Jack gliele recitava, proprio davanti a quella porta, perché timoroso di entrare.
Inutile negarlo, JJ si cagava letteralmente addosso, ogni volta che doveva incontrare la genitrice pazza.
Jenna lo prendeva in giro all’epoca, quando lui con la mano sul cuore e gli occhi bassi, recitava il versetto di Alighieri, scrollava la testa e poi cercava di farsi forza.
Quanto le era mancato!
Tutte le piccole particolarità e fissazioni di Jack, quelle cose a cui lei non aveva mai fatto caso o che riteneva scontate, adesso si rendeva conto che, invece, erano estremamente importanti.
Jack era unico e lei aveva rischiato di perderlo per sempre.
Ma per cosa poi? Solo per stupidità!
Scrollò le spalle e chiuse gli occhi, preparandosi mentalmente ad affrontare sua madre.
Adesso era lei nella Jack-situazione!
Eppure aveva esperienza sul come trattare con Elizabeth.
Si fece forza: che cavolo! Lei era la figlia della genitrice pazza, ne sarebbe uscita vittoriosa.
Ne era certa!
In fin dei conti, bastava seguire poche e semplici regole.
Doveva essere rigida come un baccalà e non far trasparire da nessun poro, la felicità che provava.
Ok! La cosa era ardua.
Si strofinò potentemente la faccia e fece mille espressioni e boccacce.
Si tirò gli angoli della bocca e si allungò gli occhi come una cinesina.
Non contenta, tirò fuori dalla borsa lo specchietto portatile e si ammirò.
Mmm… quella luce particolarmente luminosa che aveva negli occhi non era andata via per niente, doveva ricorrere per forza, all’ultima spiaggia: la bugia!
Non c’era altra scelta.
Tutta colpa di Jack. Era lui che la rendeva così… felice.
Non ci credeva ancora: finalmente erano tornati insieme.
Caro il suo Jack!
Non le aveva rimproverato niente, aveva allargato le braccia e l’aveva riaccolta come se niente fosse, l’aveva stretta forte e avvolta nel suo calore.
Jack Grant era l’uomo migliore sulla faccia della terra ed era capitato a lei.
Ok, aveva anche lui i suoi difetti, ma non si poteva dire che fosse una persona rancorosa.
Che Dio lo benedica! Amen!, pensò allegra.
Doveva ancora chiarire con lui la storia di Princeton, ma c’era tempo e, comunque, lei lo avrebbe seguito in capo al mondo.
E chi se lo faceva sfuggire più!
In verità, lui non le aveva accennato nulla al riguardo, però Jenna era convinta che lui avrebbe accettato subito di buon grado la proposta di andare a vivere insieme.
In fin dei conti, le aveva fatto capire chiaro e tondo che voleva sposarla, o no?
Mica se le inventava certe cose!
Alla loro prima cena, dopo anni e anni, lui aveva parlato di un certo gazebo, un certo vestito bianco e il nonno che l’avrebbe accompagnata all’altare.
Forte di questa sua teoria, Jenna si apprestò ad entrare in casa.
Non appena chiuse l’uscio dietro di sé, sua madre le andò incontro con un sorrisone a trentadue denti.
- Jen! Ciao amore mio, come è andata la giornata? – le chiese gioiosa.
Jenna scrollò le spalle – Tutto bene – rispose, alzando le spalle e cercando di essere il più indifferente possibile.
- Novità? – insistette Elizabeth.
Jenna non riuscì a trattenere un sorriso – A giugno mi trasferisco a Princeton! – esclamò giuliva.
Proprio in quel momento, Chantal fece capolino nella stanza.
- Ciao Jenna – la salutò con gentilezza.
- Chantal…
- Ok! Visto che sei ritornata a casa, posso andare via – disse subito la donna, scambiando un’occhiata d’intesa con sua madre.
Jenna guardò le due genitrici con diffidenza.
Perché la mamma di Jack doveva aspettare il suo ritorno per far rientro a casa?
Le venne qualche dubbio e pensò subito che Jack non fosse riuscito a mantenere il segreto.
- Perché dovevi aspettare me? – chiese, quindi, sospettosa.
La futura suocera arrossì vistosamente – Ah… ecco… oggi Liz non si sentiva molto bene e di conseguenza, ho preferito farle compagnia. Adesso che sei arrivata, posso andare. Sai ho mille cose da fare… – balbettò incerta.
Jenna fissò la madre che sembrava godere di un’ottima salute, poi scosse la testa, quando vide l’occhiataccia che Elizabeth lanciò a Chantal.
Quelle due erano davvero impossibili!
- Visto che sei qui, lo dico anche a te: a giugno, dopo il matrimonio di Tess, mi trasferisco nel New Jersey a Princeton – affermò decisa.
Chantal sbiancò, poi guardò Elizabeth spaesata.
Jenna sorrise tra sé e sé.
Jack non aveva detto ancora a nessuno di aver accettato il posto a Princeton, quindi tutti credevano che all’università, tanto amata dal bel professore, ci lavorasse ancora Davis.
In tutta sincerità, questo passaggio non l’aveva capito tanto bene nemmeno lei.
Perché Jack sarebbe andato a Princeton, quando il posto era di Davis?
C’era qualcosa che le sfuggiva, magari erano stati assunti entrambi e per posizioni diverse, anche se, era quasi certa che Davis, nei suoi lunghi, noiosi e autocelebrativi monologhi, avesse menzionato di essere proprio l’assistente del professore di matematica e fisica, giusto la materia preferita di Jack.
Chantal deglutì vistosamente e la fissò come se fosse una marziana – Jack è qui… - mormorò, appoggiandosi al tavolo, come se le fosse appena venuto un giramento alla testa.
- Sì, certo! Lo so – disse allegra – E con questo?
- Bè… io credevo…
Chantal non terminò nemmeno la frase, cercò gli occhi Elizabeth e la guardò spaesata – Devo andare a casa! – esclamò risoluta, dirigendosi velocemente verso la porta.
Si dimenticò di salutare ed uscì in tutta fretta.
- Che le è preso? – chiese innocentemente a sua madre, mentre pensava FUORI UNA!
Jenna sapeva benissimo che la sua sarebbe stata solo una piccola ed effimera vendetta.
Presto sia Chantal che Elizabeth avrebbero scoperto la verità e avrebbero potuto esultare di gioia.
Il loro piano era, come al solito, andato a buon fine, nonostante Jack non avesse dato loro ascolto e avesse agito di testa (parolone per lui) propria.
Adesso toccava alla genitrice pazza.
Ingannare Liz sarebbe stato sicuramente un compito più arduo.
Uno. Elizabeth era la madre di tutti i piani.
Due. Elizabeth era sua madre! Soprattutto quest’ultima cosa la rendeva più forte di lei all’ennesima potenza.
- Allora cosa hai fatto oggi pomeriggio? – le chiese Liz, eludendo la sua domanda e spezzando i suoi pensieri.
Jenna si voltò a guardarla – Sono andata da Karol – spiegò in poche parole.
- E cosa avete fatto di bello in tutte queste ore?
Jenna sorrise storto, furbetta la genitrice pazza.
La guardò, le sorrise e poi fece spallucce – Nulla che ti riguardi. Ora scusa, ma ho del lavoro da fare e, soprattutto, devo scegliere cosa mettere questa sera. Davis domani mattina parte e mi ha invitata a cena fuori. Voglio essere bellissima per lui, così potrà vantarsi di me, con i suoi colleghi di Princeton, domani, quando riprenderà il suo lavoro – disse sfacciatamente.
Elizabeth le sorrise, poi arricciò il naso – Non occorre che ci pensi troppo Jen. Se ti infili una mutandona della nonna, faresti lo stesso bella figura con quello – si girò di scatto – Anch’io ho un sacco di cose da fare, scappo tesoro – continuò poi con tranquillità.
Ok! Sua madre non si era bevuta una sola parola di quello che aveva detto, ma avrebbe trovato il modo per sconfiggerla!
Si diresse verso la sua camera e chiuse la porta dietro di sé.
Aveva sentito il suo telefono squillare e non vedeva l’ora di leggere i messaggi.
Sperava tanto fosse Jack.
Il sorriso le dipinse il volto, quando lesse il primo.
Ciao amore mio, mi manchi già!
Aggrottò le sopracciglia con il secondo.
Non ho più bisogno della tua consulenza e del tuo aiuto. Da adesso Tess e Alex riprendono in mano i preparativi del loro matrimonio. La missione “Jenna torna insieme allo stronzo” è riuscita perfettamente. Grazie baby. Tess.
Che Tess fosse sempre stata diretta, non era mai stato un segreto, però dirle così sfacciatamente che, praticamente, era diventata lo zimbello di tutti era troppo anche per lei.
Jenna si accucciò sul pavimento.
La cosa che la spaventava sopra ogni cosa, però, era che Tess riprendesse in mano le redini del suo matrimonio.
Appoggiò sconsolata il viso alle ginocchia.
Chissà che vestito osceno avrebbe scelto per le damigelle…
 
***
 
- Ce l’hai ancora con me per la storia della torta?
Jack si buttò sul divano accanto a suo padre, per guardare la partita di football.
Jack Senior si girò verso di lui e gli fece l’occhiolino – Lo sai JJ, io e te abbiamo un conto aperto – rispose con un largo sorriso.
Mascherando l’orrore creato da Chantal, Jack aveva causato qualche piccolo problema al suo adorato papà.
Per tre giorni era dovuto stare a casa con un mal di pancia incredibile, dove l’unico sollievo era il bagno.
Chantal non si spiegava ancora quale fosse stata la causa di quella dissenteria fulminea che aveva messo ko il marito.
Ancora adesso dava la colpa alla panna usata da Jack per arricchire la sua torta.
Lui e Jack Senior, invece, avevano capito fin da subito il motivo.
Ricordava perfettamente quando suo padre, dopo l’ennesima missione impossibile in bagno, gli aveva sibilato a voce stretta – JJ me la paghi questa!
Fino a quel momento non si era ancora vendicato, ma Jack temeva una rappresaglia del genitore, non appena si fosse sentito meglio.
Fortunatamente quel giorno, nonostante non si fosse ripreso del tutto, era ritornato a lavorare, così lui era potuto restare con Jenna in santa pace.
Che momenti meravigliosi aveva passato…
Bè… a parte il piccolo incidente di percorso dell’eiaculazione precoce!
Jack si agitò sul divano.
Sperò con tutto il cuore che Jenna non ci desse troppo peso, dopo le altre prestazioni da super eroe che le aveva dato.
E che cazzo! A tutti poteva capitare, no?
- Allora come vanno le cose, JJ?
Jack sospirò e diede un pugnetto alla spalla del padre – Da Dio, papà! Tu non hai idea di quanto stia bene. Se ti confido una cosina, riuscirai a tenerla per te, senza spifferarla alla mamma?
Il padre gli si avvicinò curioso – Per chi mi hai preso? Ovvio che riesco a mantenere un segreto!
Jack lo guardò e storse la bocca – Papà… tu…
- Figliolo! Come osi…
- Papà! Ho un miliardo di esempi da farti, se ti possono essere utili per ricordare…
Jack Senior fissò il figlio con aria colpevole – Non è colpa mia se mi estorce la verità con la violenza! – si giustificò.
Jack roteò gli occhi in aria e sbuffò – Ma quale violenza! – protestò – Basta solo una piccola moina che tu cadi ai suoi piedi e…
- Ok, ok! Hai ragione, ma quella donna è tremenda! Tu non sai cosa voglia dire… appena guardo quegli occhioni scuri, cado ai suoi piedi come un salame.
Jack scacciò l’aria davanti al viso. Non lo sapeva?
Si perdeva nello sguardo verde di Jenna come se fosse una droga, lo sapeva eccome, ma non per questo andava a spifferare ai quattro venti i segreti di tutti!
Sorrise al padre e lo perdonò, in quello stesso attimo, per tutte quelle volte che non era riuscito a mantenere le piccole intimità che gli aveva confidato, in fin dei conti non era colpa sua se era un po’ debole, anche se non riusciva proprio a comprendere che ci voleva a tenere un misero e infimo segreto!
Jack non riusciva proprio a capire, bastava che sua madre gli facesse gli occhioni dolci e suo padre, tac, cedeva come un budino.
Uff, per fortuna lui era diverso, era più forte.
Sicuro!
- E allora questo segreto? – gli chiese suo padre, avvicinandosi incuriosito.
- Devi promettere prima! – lo ammonì.
- Ma certo… giuro! Non lo dirò a nessuno – disse, mettendosi la mano sul cuore.
- Ok, guarda che mi fido di te, papà!
Il padre annuì gravemente.
- Io e Jenna siamo tornati insieme! – esultò – Se arrivavi cinque minuti prima, ci trovavi… bè… hai capito. Allora cosa ne dici? – domandò felice.
Jack Senior lanciò un sonoro fischio di ammirazione – Complimenti Jack! Lo sapevo che ce l’avresti fatta, anche se devo dire che quelle due, sai a chi mi riferisco, sono davvero un portento insieme. Lo sai no che avevano architettato un piano per farti tornare insieme a Jenna? In teoria non dovevo dirtelo, ma ormai che le cose sono andate oltre, posso anche parlarne, no?
Jack scosse la testa e suo padre lo guardò avvilito.
Si era reso conto di non essere riuscito a tenere la bocca chiusa, ancora una volta.
- Non ti preoccupare papà. Facevo parte anch’io di quel piano, almeno credo, perché non ci ho capito molto, tutto sommato. L’unica cosa importante è che tu non dica niente di me e di Jenna, perché, non chiedermi il motivo, lei non vuole che si sappia al momento.
Jack Senior annuì solennemente – Te lo giuro, figliolo. Te lo giuro.
Proprio in quel momento Chantal entrò in casa e corse da loro, trafelata.
- Oh JJ! Amore mio… non so come dirtelo… - sospirò e poi si asciugò una lacrima.
Sentì suo padre irrigidirsi sul divano e poi lo vide alzarsi fulmineo per andare incontro alla moglie.
- Ehi tesoro che succede? – le chiese preoccupato.
Jack seguì la scena tramortito. Vedere sua madre piangere era come avere un pugnale nel cuore.
Si alzò lentamente anche lui e si diresse verso i genitori che si stavano stringendo in un abbraccio.
- Mamma… - la chiamò con un filo di voce – Che succede?
Chantal scacciò un’altra lacrima – Amore… io… non so come dirtelo…
Jack Senior le accarezzò la schiena e l’accompagnò a sedersi sul sofà.
Jack li seguì sgomento.
Si sedette vicino alla madre e suo padre fece lo stesso.
- Mamma che succede? – le chiese nuovamente, inquieto.
- Oh JJ… non so come dirtelo…
- Mamma…
- Va bene te lo dico: Jenna va a vivere con Davis a giugno! – esclamò con voce stridula, in un misto di sdegno, incredulità e dolore.
Jack spalancò la bocca esterrefatto.
- Ma non vi eravate rimessi insieme voi due?
- Papà!
- Come scusa? E quando? Ma se ha detto che a giugno si trasferisce a Princeton!
- Me l’ha detto JJ prima!
- Papà!
- Te lo giuro JJ, c’era anche Liz, non me lo sono inventata.
- Viene a letto con te e lo fa anche con quello?
- Papà!
- Avete fatto l’amore?
- Così sembra tesoro, me l’ha confidato Jack prima.
- Papà!
- E allora perché vuole andare a Princeton se il nostro JJ è qui! Fa il professore qui, perché vuole andare da quello? Non vale nemmeno il mignolo di nostro figlio!
- Non lo so tesoro. Non me lo sarei proprio aspettato da lei, sembrava una così cara ragazza… a parte la storia che ha mollato il nostro JJ per mail, ma lui l’ha perdonata. Vedessi come era felice prima. Non ci voleva proprio questa brutta notizia.
- Papà, ma la smetti? Era un segreto! Jenna non può stare con Davis se sta con me e io… io a giugno ho terminato qui e mi trasferisco a Princeton! Ho accettato l’offerta che mi avevano fatto e l’ho già detto a Jenna!
Due facce rosse e contrariate si voltarono a fissarlo sconvolte.
La loro mandibola rasentava il tappeto sotto il divano.
- Scusa? – gli chiese Chantal allibita.
- Bravo il mio ragazzo! L’ho sempre detto io che eri il migliore – esultò invece suo padre, rifilandogli una sonora pacca sulla spalla.
- Papà! Non ti dico più niente. Non sai mantenere i segreti! – gli abbaiò in faccia.
- Che segreto JJ? – domandò Chantal interessata.
- Niente mamma. Io e Jenna siamo tornati insieme, ma non lo dovevo dire a nessuno, ok? Quindi tu adesso farai finta di non sapere niente e soprattutto non puoi dirlo ad Elizabeth. Se Jen scopre che ve l’ho detto mi molla su due piedi e addio felicità – disse Jack disperato.
Cazzo!
In che guaio si era cacciato?
Maledetta la sua linguaccia.
Non doveva fidarsi di Jack Senior. Era consapevole che suo padre non era in grado di mantenere un segreto, perché cazzo si era confidato con lui?
Non si preoccupava di Alex, lui era il suo migliore amico ed era sicuro al cento per cento che non l’avrebbe mai raccontato a nessuno. Figurarsi!
Ma suo padre? Come gli era venuto in mente di dirglielo!
Strinse gli occhi disperato.
Non era colpa sua se non riusciva a contenersi dalla gioia.
Cristo che pasticcio!
E adesso?
- Mamma… ti prego… non devi dirlo a nessuno. Me lo devi promettere… - azzardò, coprendosi gli occhi con le mani e spiocchiando la reazione della madre da una fessura tra le dita.
L’angoscia lo invase, quando la vide agitarsi dalla gioia sul divano.
Le lacrime erano sparite, l’ansia andata via in un battibaleno.
- Davvero siete tornati insieme?
- Sì – rispose laconico.
- E l’avete fatto?
- Mamma! Ma perché devo sempre parlare della mia vita sessuale con te? Ti sembra una cosa normale? – protestò, poi rivolse un’occhiataccia al padre – È tutta colpa tua! – lo accusò.
Jack Senior si ingobbì nelle spalle e abbassò la testa, colpevole.
- E hai accettato il lavoro a Princeton… l’ho sempre detto io che il mio JJ è il migliore di tutti! Te l’ho sempre detto o no, tesoro? – chiese al marito orgogliosa.
Quest’ultimo annuì come un imbecille e Jack scosse la testa e roteò gli occhi in aria.
Non si sarebbe mai ridotto così per una donna, poco ma sicuro!
- Quindi – continuò imperterrita Chantal – quando Jenna ci ha detto che si trasferiva a Princeton, intendeva con te e non con Davis… astuta… ci sono cascata come un pollo! Ah, quando lo verrà a sapere Elizabeth…
- MAMMA!
Chantal lo fissò stranita – Sì, amore?
- Elizabeth non lo deve sapere. Nessuno lo deve sapere, finché Jenna non decide di dirvelo. Jenna non deve sapere che voi sapete! Cazzo sono nella merda. Papà è tutta colpa tua!
- Ok, tesoro non lo diremo a nessuno – lo rassicurò sua madre.
Jack si tranquillizzò un attimo.
Chantal se prometteva qualcosa, lo manteneva, al contrario di qualcun altro di sua conoscenza.
Lanciò l’ennesima occhiataccia al padre.
Gliel’avrebbe fatta pagare alla grande e aveva già un’idea.
Ci sarebbe stato un bis di quella meravigliosa torta di Chantal.
Doveva solo controllare l’agenda di suo padre per verificare se avesse avuto operazioni importanti la settimana successiva.
- Sì, manterremo il vostro segreto, vero tesoro? E poi dobbiamo preparare il matrimonio. Abbiamo solo pochi mesi… - continuò imperterrita sua madre.
Jack l’ascoltò divertito, poi d’un tratto realizzò i discorsi che stava facendo.
Ehi! Un attimo… che matrimonio?
- Matrimonio? – balbettò come uno scemo.
La madre si girò verso di lui e gli sorrise felice – Certo amore mio, non vorrai mica andare a convivere! Vuoi che lo mantenga o no il segreto?
Jack non avvertì più la terra sotto di lui.
Guardò spaesato suo padre che abilmente si era già alzato dal divano e stava dirigendosi verso la cucina.
Un baratro… sotto di lui c’era solo un baratro…
In che razza di guaio si era cacciato?
Era tutta colpa della sua boccaccia!
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***



Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer


Ciao!
Dopo un secolo sono qui con un nuovo capitolo.
Mi sono divertita molto a scriverlo, sono sincera e ciò che è venuto fuori mi piace particolarmente e spero sarà così anche per voi, fatemelo sapere se si va.
Ringrazio come sempre chi mi segue, ricorda, preferisce e chi lascia i suoi commenti.
A tal proposito volevo ringraziare una ragazza in particolare perché devo dire che è stata la sua recensione che mi ha dato la voglia e l'ispirazione per scrivere questo capitolo.
Sembra assurdo, ma i vostri pareri sono molto importanti, almeno per me. Non lo nascondo e non voglio fare l'ipocrita.
Quindi se commentate mi fate solo un gran piacere :D
Dicevo... ringrazio infinitamente 
Jiminy Cricket  per la sua recensione e le dedico questo capitolo, perché è nato solo grazie a lei.
Ovviamente ringrazio anche le mie adorate ragazze del gruppo L'amore non è bello se non è litigarello che mi sono sempre vicine e mi incoraggiano sempre, Vi adoro tutte.
Buona lettura.
Besos MandyCri

PS: ricordo le mie storie in corso se qualcuno ha voglia di leggerle.
L'undicesimo comandamento
Fratelli di sangue


 
*°*°*


CAPITOLO 9
 
Jack giocava, attorcigliando i piedi con quelli nudi di Jenna che si era addormentata al suo fianco.
Tirò un lungo sospiro di sollievo: finalmente era riuscito a riaverla tutta per sé.
O almeno lo sperava.
C’era sempre Davis Carter che pendeva come una spada di Damocle sulla sua testa.
Certo che il suo cervello era strano, doveva ammetterlo.
Come poteva pensare a quello lì, in un momento simile? Aveva fatto l’amore con Jenna per ben tre volte.
A quel pensiero, si accarezzò orgoglioso il petto con la mano libera, visto che l’altra, insieme al braccio, erano momentaneamente prigionieri della testa di Jenna.
I dubbi, però, ritornarono prepotenti.
Li accantonò ancora un attimo, senza riuscire a trattenere un sorriso a trentadue denti.
Guardò un punto indefinito del soffitto e si pavoneggiò con se stesso.
Tre prestazioni degne di un re!
Un piccolo lampo scuro ombreggiò i suoi occhi azzurri. Jack storse la bocca, poi, non contento, arricciò il naso infastidito.
Bè… in verità non era andata proprio così.
La prima era durata praticamente dieci secondi, proprio il tempo di entrare dentro di lei e boom… non era riuscito a trattenersi.
Insomma, non era mica colpa sua se erano tre anni che non aveva alcun tipo di rapporto, a parte con la sua mano! Ovviamente.
Non aveva resistito, Dio ci aveva provato… eccome ci aveva provato, ce l’aveva messa proprio tutta, aveva, perfino, cominciato a contare per distrarsi, ma era arrivato solo a otto. Cristo, non aveva raggiunto nemmeno la decina!
Si era sentito morire e, anche il quel momento, il solo pensarci, lo fece sprofondare in un oceano di vergogna, Jack avvertì nitido il rossore colorargli le guance.
Che figura di merda!
Aveva chiesto un milione di volte scusa a Jenna che aveva assunto un’espressione delusissima in volto e lui, affranto, aveva affondato il volto nel cuscino, per nascondere il suo imbarazzo.
Fortunatamente, l’amichetto dei piani bassi si era destato in men che non si dica, quando Jenna aveva cominciato ad accarezzargli la schiena per consolarlo e, alla seconda prestazione, si era, finalmente, ripreso e aveva dato alla sua piccola, una prestazione da guinness.
La terza era arrivata da sé, dopo circa un’oretta, nonostante le proteste di Jenna che continuava a ripetergli di essere esausta.
- No, bella mia! – le aveva detto – Adesso non c’è tempo per riposare.
Ora, stava giocando con i bellissimi piedi di Jenna e i dubbi continuavano a logorargli l’anima.
Come mai lei lo aveva quasi respinto la terza volta?
Forse, non era in astinenza secca come lui… che c’entrasse, ancora una volta, quel rompi palle di Carter? No, dai… Clara gli aveva detto che si erano solo baciati (doveva chiarire anche quel punto con Jen! Adesso che ci pensava).
La vecchiaccia non gli aveva minimamente accennato che poteva esserci stato dell’altro tra loro e, tanto meno, che lo sospettava.
Clara sapeva sempre tutto e annusava le disgrazie come un cane da tartufo, soprattutto se lo riguardavano da vicino.
Se era successo, lei sapeva. Jack ne era certo.
E se…
Jack scacciò quei pensieri come se fossero malati.
Cazzo! Stava parlando di Davis Carter, alias naso aquilino!
Jenna era troppo bella per quello lì… no, dai… non era matematicamente possibile!
Eppure quell’idea lo tormentava e non riusciva a scacciarla.
Perché lo aveva baciato? Cosa ci trovava in lui?
Jack inghiottì a vuoto.
Jenna lo mandava in completa confusione, era l’unica donna che ci riusciva, a parte la genitrice pazza e la signorina Rottenmeier (per ragioni diverse, ovviamente, con loro andava nel panico più assoluto) e, sinceramente ne era felice.
Gli piaceva sapere che la sua bambina avesse tutto quell’ascendente su di lui, ma soprattutto, sentire il suo cuore battere come un forsennato, quando udiva solo pronunciare il suo nome, vedeva la sua foto o pensava semplicemente a ciò che avevano vissuto insieme, dal loro primo incontro alla loro prima volta.
Solo quel ricordo bastò per propagare nel suo corpo quella fitta, ben conosciuta, che provava ogni volta che Jenna era al suo fianco.
Ce l’aveva fatta!
Jenna era di nuovo sua. Solo sua e che Davis Carter andasse pure al diavolo.
Se si rimetteva sulla sua strada, ci avrebbe pensato lui, poco, ma sicuro!
Avrebbe chiesto l’aiuto di Alex e Tom e gli avrebbe fatto passare ogni voglia di ritornare con Jenna.
Brutto stronzo!
I suoi amici sicuramente l’avrebbero aiutato, dovevano solo decidere come, dove e quando e una bella razione di pugni non gliel’avrebbe tolta nessuno a naso aquilino!
Jack sghignazzò da solo, consapevole dei suoi pensieri loschi e, decisamente, effimeri.
Alex, piuttosto di prendere a pugni qualcuno, si sarebbe tagliato le mani da solo e Tom, da quando stava con Karol, era diventato l’emblema del bravo ragazzo.
In fin dei conti, quello era solo un modo di dire, lui stesso non avrebbe mai alzato le mani contro nessuno, anche se Davis lo tentava da parecchi anni.
Quelle ragazze li avevano proprio cambiati.
Alex, dei tre, era sempre stato il più posato e giudizioso, ma da quando si era messo con Tess era diventato ancora più mansueto.
Jack storse la bocca.
Maledetta Tess e tutti i suoi rimproveri e frasi colme di saggezza!
Che non si sopportassero era risaputo da tutti, ma alla fin fine, voleva bene anche a lei.
Trattenne un sorriso, pensando a cosa mai avrebbe potuto indossare quella ragazza il giorno del matrimonio.
Sperò ardentemente che non si vestisse di fucsia o con qualche colore fosforescente che solo lei riusciva a portare con una leggerezza encomiabile. Lo sperava per Alex.
Tom era quello che era cambiato più di tutti. Karol era dolce e gentile… sì, se non la conoscevi bene!
Quella era una tiranna vera e propria e l’aveva ammaestrato come un cagnolino e lui scodinzolava, ogni volta che lei gli spiattellava i suoi ordini in faccia, sotto forma di coccole.
Però si vedeva che era fatti l’uno per l’altra, si amavano e si cercavano sempre quando era lontani, proprio come Jenna e lui ai bei vecchi tempi.
Un’altra stretta al cuore lo colse di sorpresa.
Erano finalmente finiti i tempi bui?
Erano ritornati insieme?
Sperava e pensava che la risposta fosse affermativa.
Jenna aveva fatto l’amore con lui e non era certo la ragazza che la sventolava ai quattro venti, sempre se non fosse cambiata negli ultimi tre anni.
Scacciò nuovamente il pensiero funereo di Davis Carter.
L’avrebbe ucciso con le sue stesse mani, se si fosse messo un’altra volta in mezzo!
Poi, d’improvviso ritrovò la calma.
E che cazzo! Lui era Jack Grant!
Jenna Taylor aveva fatto carte false per farsi notare da lui. Era stata lei a corteggiarlo, cambiando perfino il suo modo di abbigliarsi.
Si passò i polpastrelli della mano libera sulle labbra, pavoneggiandosi da solo.
E bè… se proprio voleva mettere i puntini sulle ”i”, aveva mille prove inconfutabili che Jenna gli avesse fatto una corte serrata.
Ricordava perfettamente la prima uscita, quando aveva fatto la schizzinosa al cinema, facendo finta di respingerlo, oppure quando l’aveva quasi soffocato con la mano, per nascondere il fatto che volerlo baciare e tutte le volte che si rimetteva quegli stracci per poi rivestirsi, finalmente, da signorina, solo per fargli annusare da lontano che anche lei era una bella ragazza.
E sì, non c’erano dubbi su questo e quindi non doveva averne nemmeno sul resto.
Lui e Jenna erano tornati insieme, una volta per tutte, non doveva nemmeno chiederglielo: lo sapeva! Non aveva bisogno di conferme.
Avrebbe fatto finta di niente, non cera motivo di allarmarsi per nulla.
Era lì, vicino a lui e avevano fatto l’amore per tre volte di fila (due e mezzo… e un quarto… due e uno scoppietto incontrollato, ok!).
Il mugugno di Jenna lo strappò violentemente dai suoi pensieri deliranti.
- Ben svegliata – disse, baciandole la fronte.
- Mmm… Jack, che ore sono? – chiese lei allarmata, saltando su come una molla.
Jack la guardò sorpreso – Jenna, che c’è?
Era passata da un sonno conciliante all’isteria nel giro di mezzo secondo.
La ragazza non gli rispose, controllò l’ora sul cellulare abbandonato sul comodino – Oh Signore! È tardissimo! – imprecò.
Si alzò e cominciò a vestirsi in fretta e furia.
- Jenna… senti… ma io e te… sì, insomma… siamo insieme? – chiese terrorizzato, mandando a puttane tutti i suoi piani e i suoi buoni propositi.
- No!
- NO? – domandò preoccupato spalancando gli occhi sconvolto.
- No… cioè sì…
- Ehm? No o sì? Non ti seguo Jen…- balbettò, mentre un goccia di sudore freddo gli imperlava la fronte.
- Oh Jack! Sì… che razza di domande mi fai? Dovresti conoscermi ormai! Lo sai che non vado a letto con il primo che capita, anche perché, se tiro le somme, tu sei l’unico che mi è capitato…
Jack nel sentire quelle parole non riuscì a trattenere un sorriso pieno di orgoglio.
Si gongolò come un cretino – L’unico…
- Smettila! – lo ammonì lei e gli tirò il cuscino sulla faccia – Sei sempre il solito! Siamo insieme, ma solo quando siamo soli. Nessuno deve saperlo, ok? Sei capace di mantenere il segreto?
- Ehi! Per chi mi hai preso, certo che sono in grado di farlo, ma non capisco il motivo… - azzardò, cominciando a pensare che gli sfuggisse qualcosa.
- Il piano, Jack! Ti ricordi? La genitrice pazza e ficcanaso… Davis Carter, ecc.. ecc…
- A proposito di Carter… – disse rabbuiandosi.
- No, lascia stare Jack! Mi è toccato anche baciarlo per colpa della tua nuova amichetta, quella vecchia impicciona… adesso devo scappare, mia madre ormai sarà in brodo di giuggiole, pensando che anche questa volta ce l’ha fatta.
Jack la fissò disorientato – Jen io non ci capisco più nulla. Ma allora sapevi del piano di Liz? E cosa c’entra Davis?
Jenna scosse la testa e gli si avvicinò. Picchiettò due o tre volte la sua testa con la mano e poi sbuffò – C’è qualcuno qui? Ora non ho tempo di spiegarti tutto, ma ti prometto che lo farò. Ti chiamo dopo, ok? – disse, dirigendosi come un ciclone fuori dalla stanza.
Jack la seguì perplesso.
Perché cazzo era sempre l’ultimo a sapere le cose?
Accompagnò a testa bassa Jenna alla porta, lei gli sorrise – Non ti devi preoccupare Jack… io ti... – sospirò - …io ti amo, non ho mai smesso di pensare a te, nemmeno un secondo… - sussurrò, alzandosi sulle punte e baciandogli le labbra.
Un’altra fitta allo stomaco, gli tolse le parole – Ci sentiamo dopo Jen… chiamami appena puoi e non ti preoccupare nessuno saprà nulla di oggi… - si fermò, guardò l’espressione severa di Jenna e continuò – Te lo giuro! – affermò solenne, portando i due indici alle labbra e formando una croce.
Lei lo baciò di nuovo e gli sorrise prima di salutarlo.
Quando chiuse la porta, Jack si precipitò in camera sua, prese il cellulare e digitò l’ultimo numero chiamato – Alex! – urlò – Io e Jenna siamo ritornati insieme… Sì! No! Non me lo sono inventato… ti ho detto che è vero! Certo che me l’ha detto lei… Uff… ti dico di sì! Esatto… abbiamo fatto l’amore tre volte…
 
***
 
Jenna arrivò a casa con un grande sorriso stampato sulla faccia.
Si guardò nello specchietto retrovisore della macchina e scoppiò a ridere, guardando la sua faccia.
Dio! Si vedeva lontano un miglio che era felice.
Gli occhi brillavano, le gote erano colorite e la bocca non voleva saperne di ritornare in versione normale. Gli angoli all’insù sembravano cuciti in mezzo alle guance e lei sembrava una Joker in gonnella.
Da quanto tempo non si sentiva così bene?
Jack era di nuovo suo.
Non avevano parlato, lei ci aveva provato anche, dopo la seconda volta (ma poteva anche definirla la prima) che aveva fatto l’amore con Jack, ma lui non aveva voluto sentire ragioni, non che le dispiacesse la cosa, però forse era arrivato il momento di chiarire certe cose…
Al diavolo!
Si erano chiesti scusa e si erano perdonati e, cosa più importante erano tornati insieme!
Cosa importava parlare di cose passate?
Era l’alba di un nuovo inizio insieme.
Jack non era cambiato, fortunatamente.
Certo, era più maturo, ma era sempre lo stesso, il vecchio, caro e buon Jack e lei lo amava profondamente.
Come aveva potuto stare tre lunghi anni senza di lui?
Era stata una pazza, masochista e stupida.
Quanto le era mancato…
Jack che gongolava come un pallone gonfiato, Jack il pavone con la coda sempre aperta, Jack il borioso.
Il suo Jack pieno di attenzioni e di gentilezza, intelligente, studioso, generoso, determinato, ma soprattutto tontolone.
Come aveva fatto a lasciarlo andare così?
Follia pura! Ma adesso non se lo sarebbe più fatto scappare.
Jack era nato per lei e lei era nata per lui.
Niente e nessuno li avrebbe più divisi. Nemmeno la sua stupidità e Jenna sapeva di averne dato sfoggio per tre lunghi anni, ma adesso avrebbe recuperato il tempo perduto.
Si riguardò nello specchietto e cercò di assumere un’aria normale.
Non poteva dare questa soddisfazione ad Elizabeth, almeno per un po’ di tempo.
Non voleva vedere stampato sulla faccia della sua cara genitrice pazza, quel sorrisetto da chi la sa lunga.
Ok, aveva vinto ancora una volta lei, ma perché servirle la vittoria su un piatto d’argento?
In fondo, era solo un piccolo sacrificio dover far finta con il mondo che tra lei e Jack le cose non fossero cambiate, tanto poteva stare con lui in segreto.
Stava uscendo dalla macchina, quando il cellulare squillò.
Accettò la chiamata di Tess, cercando di essere il più posata possibile – Pronto?
- Ehi amica del cuore? Come vanno i preparativi per il matrimonio? – l’apostrofò.
- Quale matrimonio? – la prese in giro.
- COME QUALE MATRIMONIO? – tuonò Tess – Il MIO matrimonio!
- Ah già è vero… scusa Tess ero sovrappensiero!
Adesso doveva stare attenta alle parole. Tess era la più sveglia di tutti i suoi amici, certe volte, sembrava una spanna avanti anche a sua madre!
Altro che passeggiatina. Nascondere al mondo che lei e Jack erano tornati insieme, sarebbe stata più dura di quel che pensava, accidenti!
- Jenna… ci sei? – chiese perplessa l’amica, dall’altra parte del filo.
- Sì… sì… scusa… - mormorò. Maledizione! Dov’era finita la sua testa?
- Mmmm… hai già scelto il ristorante? – domandò l’amica con uno strano timbro di voce.
- In realtà ne ho provati solo due dell’elenco di tre pagine che mi hai dato e in entrambi si mangiava bene, quindi…
- Ehi! – la interruppe – È il mio matrimonio, devi scegliere il meglio del meglio! – la interruppe Tess – Senti un po’ e Jack cosa dice?
- Jack? Cosa c’entra lui? – chiese guardinga.
- Così, per fare una chiacchiera. Lo so che siete andati insieme al ristorante…
- Ovvio! Le voci girano! Ma dimmi un po’ Tess, a parte parlare di me e Jack, tutta la combriccola non ha nulla fare? – domandò ironica.
- Bè sai… siete l’argomento principale delle nostre conversazioni dai tempi del liceo, Jenna. Siete meglio di un telefilm, voi due! – esclamò l’amica ridendo – Con voi non ci si annoia mai! Perché dovremmo privarci di questo divertimento?
- Ma come siamo spiritose! Guarda che so cosa state facendo con le genitrici ficcanaso, ma vi avverto: non l’avrete vinta. Io e Jack siamo solo amici e ci siamo chiariti.
Tess scoppiò a ridere – Quindi mi stai dicendo che siete di nuovo insieme?
Jenna sgranò gli occhi. Era così lampante la cosa?
- Ma figurati! Sei proprio fuori strada – mentì.
- Allora avete cominciato a frequentarvi senza pretese? Su dai… non vi siete scambiati nemmeno un bacetto?
- Ma no! Cosa stai dicendo?
- Jenna… sono io Tess… quindi, fammi capire. Se non state insieme, non vi frequentate senza pretese, non vi siete dati nemmeno un misero bacio, allora significa…
Jenna la interruppe di colpo – Significa che siamo solo amici. Esatto! – esclamò vittoriosa.
- …Significa che l’avete fatto! – continuò Tess, finendo la frase, come se non avesse sentito le sue parole, poi si bloccò di colpo e i secondi che passarono a Jenna sembrarono un’eternità – Scusa Jen… cosa hai detto?
- Ho detto che siamo solo amici! – ripeté, convinta.
Tess scoppiò in una fragorosa risata – Oh Dio, Jen! Sei la persona più comica che esista sulla faccia della terra. Tu e lo stupido-Jack solo amici? Signore, mi fa male la pancia. E come è stato?
Jenna sospirò e avvertì nitide le farfalle nello stomaco. Come era stato? Grandioso, come lo era sempre stato – Oh Tess… non puoi capire, lui… lui… è sempre così premuroso, attento, stupendo. È il re del letto! Oh Dio! sapessi cosa fa con la… – esclamò sognante, non riuscendo a nascondere all’amica i suoi pensieri.
- Bè ok Jenna! – la boccò – Non voglio sapere i particolari intimi. Sai cosa penso di Jack il cretino. Ti prego risparmiami le sue prestazioni sessuali che poi, altrimenti, mi viene da vomitare! Però, devo ammetterlo, anche se non sopporto quel “tronfio”, so che ti ama e che farebbe carte false per te… sono felice che le cose si siano sistemate, davvero…
Jenna chiuse gli occhi un secondo – Anch’io… - mormorò – Senti Tess… questa cosa deve rimanere tra noi, non voglio assolutamente che nessuno lo sappia, soprattutto mia madre. Lo mantieni il segreto? Volevo tenerlo nascosto anche a te, ma tu sei la mia migliore amica, sei come una sorella e io avevo una voglia incredibile di confidarlo a qualcuno. Ti prego di non dirlo nemmeno ad Alex, per favore… - supplicò.
- Ehi! Certo che mantengo il segreto. Avrò la bocca cucita. Giurin, giurello! – disse allegra – Non vedo l’ora di vedere la faccia di quello stupido del tuo ragazzo, domani a scuola. Sarà sulle nuvole più del solito. Certe volte mi chiedo come possa essere così bravo con in numeri… guarda che è un mistero, sai!
Jenna scoppiò a ridere – Me lo chiedo anch’io! Adesso scappo Tess, sono arrivata a casa e devo affrontare la prova più dura: il confronto con la genitrice pazza. Acqua in bocca mi raccomando!
- Sarò una tomba!
Jenna chiuse la chiamata e si sentì ancora più felice.
Adesso si sarebbe presa una piccola rivincita con la genitrice pazza e poi il ciclo si sarebbe concluso, definitivamente.
Non aveva parlato con Jack di Princeton, ma quello non era un vero e proprio problema: questa volta, l’avrebbe seguito in capo al mondo, fortunatamente, poteva tranquillamente lavorare a casa.
 
***
 
- E allora?
Alex la guardò sulle spine.
Tess sorrise – Il trionfo ha detto la verità. Sono tornati insieme e l’hanno fatto! – affermò.
- Cazzo! Elizabeth ne sa una più del diavolo, meglio tenersela amica una così… - disse il ragazzo pensieroso.
- Alexander Butler! Non ci voleva un genio per capire che quei due sono fatti l’uno per l’altro. Era inevitabile… certo Jack è un cretino, pallone gonfiato e stupido omuncolo, ma alla fine sarebbe tornato da Jenna, perché è un gran coglione, ma non fino a questo punto… è vero anche che ha vissuto così per tre anni, ma… bè insomma, l’importante è che la cosa si sia risolta.
- Ovviamente, dobbiamo mantenere il segreto? – chiese Alex con una strana luce negli occhi.
- Ovviamente! – replicò Tess con lo stesso scintillio.
- Allora chiamo Tom.
- E io Karol!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 
Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner e il bellissimo trailer

Ciao!
Siamo quasi alla fine di questo sequel.
Questo è un capitolo fondamentale che da le basi per il futuro...
Probabilmente lo troverete un po' barboso, però era necessario.
Come sempre ringrazio tutti coloro che portano una pazienza infinita per le mie pubblicazioni ritardatarie, però purtroppo non riesco più ad essere regolare.
Quindi grazie per essere rimaste con me.
Come sempre ricordo:
- Il gruppo L'amore non è bello se non è litigarello
- Le mie storie
L'undicesimo comandamento
Fratelli di sangue

Questo è il trailer di "Fratelli di sangue", magari vi può incuriosire.


https://www.youtube.com/watch?v=QX_uD1UJtmA&feature=youtu.be
 


Ciao e buona lettura
Besos MandyCri



§§§



CAPITOLO 11
 
- Sono arrivata, quando finisco ti chiamo, ok? – Jenna parcheggiò con facilità la macchina sportiva che Jack le aveva prestato.
- Ok! Mi raccomando non farmi stare in pensiero. – le rispose il ragazzo con tono preoccupato.
- Dai Jack! Sto bene adesso. – lo tranquillizzò.
Le chiese altre due o tre cose sullo stato della sua salute e Jenna si trattenne a stento per non scoppiare a ridere, poi, finalmente, riuscì a terminare la chiamata.
Si tolse l’auricolare e sorrise tra sé e sé.
Erano passate da poco le feste natalizie e Jenna le aveva trascorse insieme a Jack e alla sua famiglia.
Elizabeth le aveva chiesto il permesso, prima di accettare l’invito di Chantal per pranzare a casa Grant il giorno di Natale.
Jenna aveva fatto spallucce – Io e Jack siamo amici. Non mi dispiace mamma. – aveva detto con tono indifferente, mentre dentro di lei stava saltando di gioia, non poteva certo dimostrare il suo entusiasmo in pubblico, avrebbero capito subito i suoi loschi traffici!
Tenere a bada Jack era stata un’impresa, ma alla fine, sembrava che nessuno si fosse accorto di niente.
Forse erano tutti troppo brilli per prestare attenzione alle mani di JJ che, ogni tanto, finivano sotto il tavolo per cercare di darle una palpatina.
Gli aveva dato tanti di quei calci che anche lei aveva perso il conto!
Comunque, nessuno ancora sapeva che erano ritornati insieme, a parte Tess, nonostante fosse passato qualche mese da quando si erano riconciliati.
Aveva preferito non dire nulla ad amici e parenti per portare a termine il suo piano contro la genitrice pazza.
Durante le vacanze natalizie aveva fatto finta di uscire con Davis che era ritornato da Princeton per passare le feste in famiglia, invece si incontrava segretamente con il bel professore.
L’altra scusa più gettonata era il matrimonio di Tess, nonostante quest’ultima avesse ripreso in mano le redini dell’organizzazione, ma tanto la sua cara mamma non ne sapeva niente.
Sua madre si era calmata, sembrava non volesse più che si rimettesse insieme a Jack, ad ogni costo. La cosa la insospettiva, certo, ma tutto sommato le andava bene così.
Una rottura di palle in meno.
Poteva aver capito qualcosa, o forse si era semplicemente arresa al fatto che lei e Jack non erano fatti per stare insieme, anche se le sembrava strano che Elizabeth avesse alzato la bandierina bianca così facilmente, non era da lei.
Jack era un amore in tutto e per tutto e, negli ultimi giorni, si era dimostrato davvero premuroso, non che la cosa la sorprendesse.
JJ prendeva sul serio ogni tipo di malattia, a partire da un semplice raffreddore, ma sembrava che il mal di pancia fosse uno dei suoi crucci maggiori, l’aveva capito chiaramente il primo giorno in cui Jack aveva conosciuto, ufficialmente, la genitrice pazza.
E chi se la poteva scordare quella giornata!
Le lacrime che gli erano uscite nel vederla soffrire, erano ancora stampate a fuoco nella sua mente.
Jack era strano certe volte, non c’era nulla da dire al riguardo.
Però, doveva ammettere che questa volta, forse, il bel professore non stava esagerando, non si sentiva tanto bene, ultimamente. Forse era solo stanchezza o stress. Sicuramente era una cosa da nulla, ma stando con Jack, era diventata anche lei apprensiva. Era come la storia dello zoppo, insomma!
Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare…
Jack, però, gli ultimi due giorni, era diventato anche fin troppo allarmista, neanche avesse avuto un male incurabile!
Lei lo aveva preso in giro, ma non poteva nascondere nemmeno a se stessa, quanto le facessero piacere le attenzioni del suo ragazzo.
Jenna scosse la testa divertita.
L’inverno quell’anno era piuttosto rigido e il solo pensiero di dover entrare nel negozio e provarsi un abitino estivo “a sorpresa” per il matrimonio di Tess, le face venire i brividi e non solo per il freddo.
Chissà cosa l’aspettava…
Senza contare che, appunto, il giorno prima, aveva passato una vera e propria domenica di merda.
Con quel mal di stomaco e quel senso di nausea che non le avevano dato tregua per svariate ore.
Jack le era stato accanto e, come sempre aveva esagerato, obbligandola a stare a letto e cambiandole le pezzuole bagnate sulla fronte.
Cavoli aveva solo un misero mal di pancia!
La genitrice pazza era andata con Chantal in uno dei suoi tanti viaggi di lavoro.
Le due donne erano diventate, praticamente, inseparabili.
Jack senior aveva approfittato dell’assenza della moglie ed era andato a trovare i suoi genitori che, nonostante l’età, godevano ancora di un’ottima salute.
Così lei e Jack avevano avuto a disposizione l’intero fine settimana per stare insieme, peccato che non fosse stata tanto bene.
Fortunatamente, era stata una cosa passeggera non appena si era svegliata, anche se Jack aveva preso seriamente il suo incarico improvvisato di dottore e l’aveva obbligata a letto fino all’ora di pranzo!
Gli aveva dovuto ripetere un milione di volte che il malessere era passato, prima che quel tonto si decidesse a giocare, come voleva lei, al dottore… ma alla fine ci era riuscita.
Un vero week end d’amore.
Che bellezza!
Adesso, per fortuna, stava bene, altrimenti andare fuori con quella temperatura, non sarebbe stato il massimo, anche perché sarebbe dovuta uscire per forza, non poteva lasciare campo libero a Tess!
Purtroppo l’amica aveva già scelto i vestiti, ma lei e Karol potevano ancora intervenire, se per caso, fossero saltati fuori abitini dai dubbi colori fluorescenti o con scollature impossibili.
Jenna scosse la testa: Tess non poteva arrivare a tanto, era il giorno del suo matrimonio, Santo Cielo!
Scese dalla macchina e si strinse nel cappotto caldo, affondò il viso nella morbida sciarpa e si calò il berretto di lana grossa sopra le sopracciglia.
Corse verso l’entrata del negozio, cercando di non scivolare sulla strada innevata.
Non appena varcò la soglia, il tepore del negozio l’accolse e si sentì subito ritemprata.
Una nuvola di vapore bianco uscì dalla sua bocca e i fiocchi di neve che si erano appoggiati sul cappotto si sciolsero in pochi secondi.
- Ehi Jen!
Si girò verso Karol e le sorrise – Ciao, Tess è già arrivata? – chiese, cominciando a togliersi i guanti.
L’amica annuì e poi indicò con il mento una porta – La sta vestendo. – spiegò, appoggiando la schiena alla poltrona su cui era seduta.
Jenna si tolse il cappotto, la sciarpa e il berretto, li sistemò sull’appendiabiti e si accomodò a fianco a Karol.
Si alzò, poi si risedette.
Non riusciva a stare ferma.
Karol sbadigliò sonoramente – Sei agitata? – le domandò pragmatica.
Jenna annuì.
Oh sì, lo era! Ma non per il motivo che poteva sembrare il più logico.
La sua ansia era dovuta più alla paura che all’emozione di vedere Tess vestita da sposa.
Fino a che punto si sarebbe potuta spingere?
Jenna non voleva pensarci. E se si fosse presentata con un abito colorato? E se la scollatura fosse stata, come dire, piuttosto ampia?
Senza rendersene conto si prese il viso tra le mani.
- Temo anch’io che possa esagerare.
Si voltò verso Karol che sembrava la persona più calma su tutta la faccia della terra – Già… - mormorò.
- Io e Tom abbiamo fatto una scommessa. Lui dice che avrà la faccia tosta di presentarsi con un abito dai colori sfavillanti…
- E tu invece cosa pensi? – le domandò incuriosita.
Karol alzò le spalle – Io dico che si vestirà di bianco, però ho paura per qualcos’altro…
Jenna spalancò gli occhi. Cosa c’era di peggio di Tess con un abito da sposa fluorescente?
Deglutì – Cosa?
- Ecco… sai quanto la nostra amica comune ami i colori accesi… allora, mettiamo che per una volta decida di essere tradizionalista, mi sono chiesta se per caso non voglia farli indossare a noi che saremo le sue damigelle…
Jenna per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
Anche Karol aveva lo stesso presentimento… oh no…
Guardò la porta ancora chiusa e deglutì ancora – Spero solo che tu non abbia ragione. – disse preoccupata.
Proprio in quel momento la porta si aprì e Tess uscì radiosa.
Jenna spalancò la bocca, abbassò gli occhi e poi guardò Karol che sembrava sorpresa quanto lei.
- Che ne dite? – chiese Tess, battendo le mani, tutta eccitata – Non è meraviglioso?
Karol arricciò il naso – Cielo Tess… è… è… davvero… impressionante… - sbottò, annuendo e girandosi verso di lei, come per passarle il testimone della parola.
Jenna cercò di chiudere la bocca invano. La sua mandibola rasentava la terra.
Fissò una Tess “imbombonierata” in quel vestito decisamente non adatto alle sue forme “morbide”.
Scrutò la profonda scollatura che si chiudeva quasi al limite del decente sui grossi seni per poi riaprirsi sotto in una forma a goccia in modo da lasciare visibilità all’ombelico, il quale era coperto da una pacchianissima gemma che voleva sembrare un brillante.
- Impressionate… - ripeté come un automa e annuendo come una scema – Impressionante… davvero… è… è… tanto… incredibile… oltre ogni immaginazione… - balbettò, scambiandosi una rapida occhiata con Karol e continuando ad osservare l’oscenità.
La parte della gonna era praticamente una seconda pelle, più attillato di così non poteva essere.
Sottolineava in modo severo ogni parte del corpo dell’amica e con una certa crudeltà esaltava ogni rotolone di grasso. A metà polpaccio si apriva in un’esplosione di voltants di pizzo, adornati da migliaia di piccoli brillantini che riprendevano quello grosso sull’ombelico.
- Oltre ogni immaginazione! Brava Jen, hai colto il segno! – esultò la sposa.
Jenna si morse il labbro inferiore, incredula.
Era davvero terribile – Tess… non ti sembra un po’… come potrei dire… troppo? – le chiese imbarazzata, spalancando gli occhi e continuandosi a mordere il labbro.
Tess le sorrise – Sciocchina! Quando ti sposerai, capirai che non nulla è mai troppo, il giorno del tuo matrimonio. – rispose seria.
Fece una specie di piroetta (con molta fatica) su se stessa e poi guardò le amiche – Il velo non è ancora pronto, ma sarà lunghissimo, almeno cinque metri e lo tempesterò di brillanti. Non è fantastico?
Jenna chiuse gli occhi, stringendo forte le palpebre.
Non aveva più coraggio di dire nulla.
- Oltre ogni immaginazione! – borbottò Karol, sarcastica.
Le scappò da ridere e non riuscì a frenarsi – Siamo così felici per te! – disse per mascherare la sua ilarità.
- Perfetto! Adesso mi cambio e poi tocca a voi. Oh… non vedo l’ora di vedervi. Ho pensato proprio a tutto. Ne sarete entusiaste. – Tess non aveva colto alcun segno dalle loro espressioni perplesse.
Era come se il cervello dell’amica si fosse preso una meritata vacanza.
La Tess cinica e ironica era momentaneamente chiusa per ferie e al suo posto c’era quella svampita vestita con l’obbrobrio bianco.
Jenna pensò che fosse quello l’effetto “vestito da sposa” di cui aveva tanto sentito parlare e sperò vivamente che non succedesse anche a lei.
Quando Tess rientrò nel camerino per cambiarsi, guardò Karol preoccupata – È veramente orribile! – disse a voce bassa – Glielo diciamo?
L’amica scosse la testa – Orribile… - ripeté intontita – Lasciamo stare Jen, tanto non capirebbe. Quando mai ha ascoltato un nostro consiglio sul modo di vestire? Capisco che non ne vuole da te… - le lanciò un’occhiata allusiva e poi riprese – Ma non li accetta nemmeno da me, capisci? Le piace quel vestito? Che indossi quello, allora. È il suo giorno, deve essere perfetto per lei, non per noi.
Jenna sorrise a Karol. Era sempre così gentile e matura.
Fece spallucce.
Aveva ragione l’amica. In fin dei conti se Tess si sentiva a suo agio con quel vestito, perché non renderla contenta e appoggiarla nella scelta?
L’incriminata uscì dallo spogliatoio raggiante di felicità e con le gote rosse – Ragazze è il vostro turno adesso. Ah! Non vedo l’ora che vediate i vestiti che ho scelto! – esclamò, sprizzando gioia da tutti i pori – Venite!
Si avvicinarono alla ragazza e la seguirono un po’ titubanti per un corridoio stretto.
Varcarono una porta e con enorme sorpresa Jenna si ritrovò in una stanzetta piena di vestiti bianchi, tulles, raso e seta.
La donna che aveva aiutato Tess a vestirsi fece loro un enorme sorriso – Arrivo subito. – disse.
Ritornò poco dopo con due custodie che, presumibilmente, contenevano i loro abiti.
- Dai, avanti, apriteli! – le incoraggiò Tess, straripante di energia.
Jenna aveva le mani che tremavano, mentre tirò giù la cerniera.
Fu un impatto visivo allarmante.
Chiuse di scatto la custodia – TESS! – urlò – Io non mi metterò mai questa schifezza! – disse indignata, poi si girò per avere appoggiò da Karol.
La trovò che scuoteva sconsolata la testa.
Tess la guardò come se fosse un marziano – Jen! Cosa stai dicendo? Ho scelto il colore migliore per voi due che sarete le mie damigelle d’onore. Il verde si intona perfettamente con i tuoi occhi e, non vorrei fartelo notare, ma siete entrambe more, quindi quel colore vi dona tantissimo. – le rispose con quel fare da saputella che Jenna tanto odiava.
- È verde fluorescente! – sibilò sempre più irritata – Verde fluorescente!
Tess le sorrise – Un colore bellissimo. – sospirò.
- Io non lo metto. Scordatelo! Non intaccherai la mia dignità.
L’amica la fissò, inclinò di lato la testa e poi le sorrise malignamente – Io credo proprio di sì, invece. – disse.
Jenna sentì una vampata di calore assalirla – Scordatelo! – ripeté.
Tess alzò le spalle – Come vuoi, mi sa che entro questa sera Elizabeth saprà che sei tornata insieme allo scemo…
Jenna spalancò gli occhi incredula – Mi stai ricattando? Brutta bastarda… - si interruppe di colpo e si voltò verso Karol che, fino a quel momento, non aveva proferito parola.
La trovò intenta a fissare ed analizzare quello straccio verde acido.
Non aveva avuto un sussulto, non un sopracciglio inarcato, non un cenno di sorpresa: Karol sapeva!
Quella vipera di Tess non era riuscita a mantenere il suo segreto.
Jenna grugnì, le puntò l’indice destro contro – Tu… tu… tu sei una ricattatrice, bugiarda e incapace di mantenere un misero segreto!
Tess la guardò con l’aria più innocente del mondo – Mi sembrava giusto. – disse lapidaria.
- Non mi metterò mai quel vestito! Diglielo anche tu Karol!
La ragazza la fissò solo un attimo, con aria assente, fece una strana smorfia con la bocca, poi ritornò a scrutare la schifezza verdastra.
- Mi basta una telefonata Jen! Decidi tu… - tornò all’attacco Tess, afferrando dalla borsetta il cellulare.
Jenna spalancò gli occhi sbigottita – Non lo faresti mai! – soffiò.
Tess cominciò a digitare sul telefonino.
Jenna le saltò addosso – Aspetta un secondo solo, ritorno subito! Non osare chiamare mia madre.
Uscì dalla stanza degli orrori e telefonò all’unica persona che la poteva aiutare.
- JACK! – sbraitò.
- Cristo Jenna! Che paura… è successo qualcosa? Stai male? Vuoi che chiami un taxi e ti venga a prendere? – le chiese allarmato.
- Sto bene Jack! Ho bisogno…
Non riuscì a terminare la frase che Jack la interruppe – Amore arrivo subito. Lo sapevo che dovevamo dirlo a mio padre, così ti avrebbe visitata. Dimmi dov’è il negozio e arrivo. Il tempo di togliermi il vestito per la cerimonia. Oh Jen! Sapessi come mi sta bene questo smoking, mi fa un sedere perfetto! Te lo dico, perché so che tu hai un debole per il mio…
- JACK! La smetti? Non ti ho chiamato per parlare del tuo sedere! – sbottò.
Aveva un diavolo per capello, ci mancava solo lui che disquisisse del suo deretano.
- Scusa amore… vuoi che ti venga a prendere? Non mi sembra tu stia molto bene… mi sembri, come dire, agitata…
- Non voglio che tu mi venga a prendere! Voglio che tu mi stia a sentire. Oh Jack… ho visto il vestito che ha scelto Tess per me e Karol… è… è… è… VERDE! – disse con tutta l’indignazione che provava.
- Amore! Il verde si intona perfettamente ai tuoi occhi! – esclamò allegro lui.
Jenna roteò gli occhi al cielo – Fluorescente… - sibilò – Verde fluorescente…
Sentì un sospiro – Ah… mmm… scusa amore… ma di che colore è il vestito di Tess? – le domandò curioso.
- Bianco! – sbuffò.
- Ehi Tom, sgancia subito un centone. Il vestito di Tess è bianco, hai perso amico!
- Cazzo! – avvertì la risposta contrita dell’altro ragazzo
- Jack! Ti sembra questo il momento? Qui si sta consumando una tragedia e tu pensi alle scommesse che hai fatto? Ti vorrei ricordare che il vestito che indosserò io è verde. Verde fluorescente. Non so se rendo! È una sciagura… e vuoi sapere un’altra cosa? Tess mi ricatta e dice che se non lo metterò, dirà tutto a mia madre. Di me e di te. Hai capito?
- Bè amore non mi sembra così grave… Tom mancano dieci dollari qui…
- Cosa non è grave? Che mia madre sappia, che dovrò mettere una schifezza marziana o che tu non mi stai ascoltando? – sbraitò al telefono, incredula.
Jack non stava prendendo seriamente il problema.
Perché nessuno la capiva? A parte Karol, ovviamente, anche lei aveva il suo stesso problema.
- Jen… non è che ti debbano venire? Mi sembri un po’ troppo fuori giri… e come mai Tess è al corrente che io e te siamo tornati insieme? - azzardò titubante il ragazzo dall’altra parte del telefono.
Se c’era una cosa che Jenna non sopportava era proprio quell’insinuazione.
Tralasciò il fatto che Jack aveva appena scoperto che aveva confidato a Tess di loro due, perché se c’era una cosa che la mandava fuori di testa era quando un uomo diceva ad una donna quella frase insulsa. Che ne sapevano loro di come si sentiva una donna quando stava per arrivarle il ciclo, degli ormoni a palla che ledevano anche la più piccola parte del cervello e di quei mal di pancia mostruosi?
Non vi vide più dalla rabbia, le sembrò perfino di fumare dal naso – Tu razza di idiota! Non farti vedere questa sera, altrimenti ti ammazzo. Io ti sto parlando di problemi seri e tu… scemo patentato che non sei altro, te ne esci con questo luogo comune stupido? Ha ragione Tess quando dice che sei un coglione…
- Le devono venire…
Jenna sentì il sussurro che Jack aveva appena emesso, probabilmente rivolgendosi ad Alex o a Tom.
- Sei un cretino! – ululò e poi gli sbatté il telefono in faccia.
 
***
 
Tess sorrise nel vedere Jenna tutta agitata.
- Stanno litigando. Del resto se lui è scemo non ci possiamo fare nulla. – disse al telefono.
- E Karol dov’è? – le chiese Elizabeth.
- In camerino. Si sta provando l’abito. Dovessi vedere che belli che sono, molto meglio del mio vestito, ma perché la sposa deve essere vestita di bianco? – sbuffò.
- Bè Tess… è la tradizione. Scusa se ti disturbo, ma volevo capire se hai notato qualcosa di strano in Jenna, negli ultimi giorni.- le chiese con un tono preoccupato.
- Sai come la penso Liz. Una non può essere tanto normale se è innamorata di un imbecille come Jack. Posso capire che sia un figo da paura, ma io mi sono resa conto subito del mio errore, non appena l’ho conosciuto un po’ meglio… comunque no, non mi pare sia più strana del solito. Stiamo parlando di Jen… - rispose, non riuscendo a distogliere lo sguardo dall’amica che si stava sbracciando da quanto incazzata era.
- Mmm… non ne sono molto convinta… senti ma davvero Jenna ha acconsentito ad indossare un abito scelto da te? Non mi sembra possibile…
- Effettivamente non è stato semplice convincerla, sono dovuta passare al ricatto. – disse a malincuore.
- Davvero? E come l’hai convinta? – domandò Elizabeth curiosa.
- Le ho detto che ti avrei spifferato il suo piccolo segreto. – rispose Tess orgogliosa.
- Ah! – esclamò la donna – Mi sa che dalla settimana prossima, non potrai più usare questo stratagemma.
- Perché? – chiese allarmata.
- Bè Tess… domenica ho intenzione di fare un pranzo di famiglia… devo capire una cosa. Adesso ti saluto, non posso più parlare… è arrivata Chantal. A presto.
Tess fissò il telefono muto.
Che diavolo stava succedendo?
Alzò il viso e vide con orrore Jenna marciare a passo di guerra verso di lei.
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



grazie a  _ F i r e  per il meraviglioso banner

grazie a PinkyCCh per il meraviglioso

TRAILER

J&J: JENNA & JACK
https://www.youtube.com/watch?v=5zUd7RcLzrc





Ciao!
Dopo secoli sono tornata.
Ringrazio come sempre tutti e spero che questo capitolo vi piaccia.
Se vi va, fatemelo sapere.
Come sempre ricordo:
- Il gruppo L'amore non è bello se non è litigarello
- Le mie storie
L'undicesimo comandamento
Fratelli di sangue

Ciao MandyCri

 
§§§


CAPITOLO 12
 
- Mi passi il fegato JJ? – disse, rivolgendosi al suo futuro genero.
Elizabeth vide chiaramente la smorfia di disgusto del ragazzo, mentre afferrava la teglia e gliela porgeva.
Gli sorrise e ne prese un cucchiaio – Jen ne vuoi un po’ anche tu? – chiese alla figlia, mettendole, praticamente, il fegato sotto il naso.
Jenna trattenne un conato di vomito a stento ed Elizabeth la fissò, quasi soddisfatta.
- No, mamma… grazie… - rispose, dopo svariati secondi.
- Un po’ di trippa? – domandò allora, prendendo la pentola che si era tenuta vicina e portandola ad un centimetro dal viso della figlia.
Jenna sgranò gli occhi, si toccò il naso e fece un “no” con la mano, senza riuscire a pronunciare nemmeno un monosillabo.
- Sicura, tesoro? – insistette, mescolando la brodaglia con il mestolo, per farla vedere bene alla sua bambina.
Avvertì nitido il gemito di Jenna – No, mamma… veramente… oggi non sto tanto bene.
Elizabeth alzò le spalle indifferente – Come vuoi. – disse, prendendosi anche una porzione di trippa.
- Liz hai fatto proprio un pranzo singolare, sicuramente di origine italiana, ma decisamente diverso dalle nostre conoscenze di quel paese. – intervenne, in quel momento, Jack Senior che sembrava fosse l’unico che apprezzasse il cibo in tavola – A molte persone questo genere non piace, tuttavia è ricco di vitamine, proteine… insomma fa bene al cervello…
- A proposito di cervello… - lo interruppe – Dopo vi faccio assaggiare il cervelletto fritto e il cuore alla piastra…
Non fece in tempo a finire la frase che Jenna si alzò, tra gli spasmi e si rifugiò in bagno.
Elizabeth trattenne un sorriso.
- Cristo Santo! – esclamò Jack Junior – Non potevi fare un hamburger con patatine fritte? E dopo c’è anche il dolce della mamma… che Dio ci aiuti! - borbottò, alzandosi per raggiungere Jenna.
- Ehi! Dove credi di andare tu? – gli chiese, rizzandosi a sua volta, pronta a placcarlo – Aiutami a portare gli avanzi in cucina e a prendere il resto delle pietanze.
- Cosa? E perché io? Jen sta male…
- Jack! In cucina, subito!
- Ok! Ok! Però io non lo voglio il cervelletto e l’altra schifezza che hai cucinato. Dopo vado su da Clara e mi faccio preparare qualcosa da lei… si può sapere cosa ti è saltato in mente ad imbandire queste cose? – protestò.
- Dai JJ come la fai lunga, era solo un esperimento… volevo solo avere alcune certezze. Non ti sei accorto che Jenna ha soffocato conati a tutti spiano? – gli chiese, abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri due, mentre si avviava in cucina, seguita dal ragazzo.
- Per forza! Qualsiasi persona sana di mente vomiterebbe solo guardando quella roba! – protestò lui.
- Tu non hai vomitato, Chantal ha assaggiato ogni cosa e tuo padre ha divorato tutto! – dissentì.
- Io sono un uomo e lo sai che periodo è questo per Jenna. – rispose, facendole l’occhiolino.
Elizabeth spalancò leggermente gli occhi.
Allora Jack sapeva…
Jack era conoscenza delle condizioni di Jenna.
Jack non era affatto preoccupato.
Jack aveva messo incinta la sua piccolina e faceva anche il finto tonto!
Era inammissibile!
Eppure le sembrava di essere stata chiara: lui doveva riconquistarla, non sprigionare gli ormoni e spargere i girini che aveva represso per tutti quegli anni!
Stupido, imbecille e tonto Jack!
Oh, ma ci avrebbe pensato lei a rinfacciarglielo per tutta la vita.
Jenna era troppo giovane per avere un figlio. Non voleva che la sua piccola avesse la stessa vita che aveva avuto lei, perché era rimasta incinta troppo presto.
Guardò Jack che continuava ad occhieggiare il corridoio per raggiungere Jenna.
Scosse la testa e sorrise, senza nemmeno rendersene conto: no, sua figlia non avrebbe avuto le stesse disavventure che aveva avuto lei, Jack l’amava veramente. Lo vedeva, lo sentiva.
Quel ragazzo avrebbe fatto carte false per sua figlia e non l’avrebbe certo abbandonata.
Almeno lo sperava.
Un figlio avrebbe completamente rivoltato la loro vita, l’avrebbe resa più difficile, più complicata, ma anche più piena e, questo lo sperava ardentemente, felice.
Sicuramente per lei e Chantal sarebbe stata una ventata di novità.
Ormai quei due, anche se in “segreto”, erano tornati insieme e lei e la sua socia non avevano più nulla da macchinare. Non ci sarebbero stati più piani, ne complotti.
I loro ragazzi erano diventati grandi, adulti: tutto sommato avevano proprio bisogno di qualcosa di diverso.
Un nipotino sarebbe stata solo una grande gioia!
- Liz, allora? Cosa devo portare di là?
La voce profonda ed ansiosa di Jack la scosse dai suoi pensieri.
Elizabeth gli lanciò un’occhiata perplessa – Era una scusa! Ti sembra che sia una che cucina cervelletto fritto e cuore alla piastra?
- E che ne so io! Hai preparato fegato e quell’altra cosa spugnosa che non so nemmeno come si chiama! – replicò, asciutto.
- Senti Jack, parliamoci chiaro. Tu sai che cos’ha Jenna e anch’io lo so. Perché non me l’hai detto?
Jack aggrottò le sopracciglia, strinse gli occhi azzurrissimi e si passò una mano tra i capelli neri, disordinandoli ancor di più.
Fece un lungo sospiro – Certo che siete strane voi… - borbottò, stancamente.
Elizabeth inarcò le sopracciglia sorpresa – Strane? – domandò, non capendo cosa stava blaterando il ragazzo.
- Eh dai, Liz! Adesso non è che devo renderti conto ogni mese degli ormoni di tua figlia. Sei una donna, no? Credo tu sia al corrente di tutto. Cosa ti dovrei spiegare io che tu già non sappia? Senza contare che sei sua madre e ci vivi insieme!
Elizabeth socchiuse gli occhi e arricciò il naso – Senti bimbo, tu non mi devi spiegare niente. Ci sono passata prima di voi. Voglio solo sapere che intenzioni avete?
- Che intenzioni? Ah, ah, ah! Farò come tutte le altre volte che è capitato. Che domanda stupida. Farò finta di niente e poi tutto tornerà alla normalità.
Lo guardò esterrefatta.
Possibile che per tutti quegli anni avesse pensato che Jack fosse un ragazzo bravo e intelligente, seppur tonto e invece, adesso, veniva fuori che era un disgraziato che spargeva il suo seme a destra e a manca?
Oh no! Con la sua piccola Jenna non si sarebbe comportato così!
Cosa credeva che poteva sedurre e poi abbandonare sua figlia come se niente fosse?
Trattenne a stento l’impulso di prenderlo a sberle.
- Scusa… cosa vorresti dire con “ tutto tornerà alla normalità”? – gli chiese guardinga, cercando di reprimere il bisogno impellente di sbatterlo a terra e assestargli qualche calcio piazzato nelle parti del corpo più sensibili, mandibola, stomaco, femore, palle…
- Uff! So che una volta al mese è paranoica, sensibile agli odori, frignona, pazzoide, bipolare e faccio finta di nulla. Anche da amici è così. – sottolineò - Doso bene quello che dice e so che un sì è no e un no è sì. Le chiedo di perdonarmi ogni tre secondi, perché sono un uomo e, solo per questo, sono di razza inferiore, le dico che la amo… che l’amavo… e che è bellissima, ma con attenzione, perché se lei mi dice che le sta male qualcosa e io le rispondo che non è vero, s’incazza, perché afferma che non me ne frega niente, per cui, negli anni, ho maturato una strategia: quando si prova qualcosa e mette il broncio, dicendo che sta di merda, la rassicuro, sostenendo che non le sta affatto di merda, anzi che lei è bellissima, ma forse con un altro paio di pantaloni, gonna o maglietta che sia, starebbe meglio. Faccio così per ogni argomento dal tema del vestiario a quello della fame nel mondo. Smentisco ciò che dice, ma al tempo stesso le do ragione.
Elizabeth ascoltò lo sproloquio di Jack senza battere ciglio, anche perché sapeva che l’urlo di Munch, in quel momento, le faceva un baffo e le due lineette scure sopra gli occhi probabilmente erano entrate a far parte della sua capigliatura, tanto si erano inarcate.
Per sicurezza, si toccò il viso, come una non vedente, per constatare se ce le avesse ancora e poi sospirò, affranta – Ma si può sapere di che cavolo stai parlando, Jack?
- Delle mestruazioni! – sbuffò lui.
- Delle mestruazioni? – ripeté lei, incredula.
- Sì, Liz! Del ciclo di Jenna! – confermò – Adesso posso andare a vedere come sta?
- Del ciclo di Jenna… - mormorò come un automa.
- Uff, sì!
- Jack… Jen non ha il ciclo. Jenna è incinta! – proruppe, forse con troppa enfasi.
Jack impallidì, barcollò e si aggrappò al tavolo della cucina per non cadere – Incinta? – esalò con un filo di voce.
In quel momento, Elizabeth constatò che, come al solito, il ragazzo non aveva capito niente e decise di divertirsi un pochino.
- Eh sì Jack. Jenna è incinta. Pensavo si fosse confidata con te, siete diventati molto amici, ultimamente. So che tu provi qualcosa di più per lei, però adesso ti devi mettere da parte e lasciare che lei viva la sua vita insieme a Davis. Lo sapevi vero che sono insieme? – domandò, cercando di bloccare la risata che le solleticava la gola.
- Cosa? – balbettò lui.
- Bè credo che questo bambino sia di Davis. Jenna mi ha detto che sono ritornati insieme. – spiegò.
Jack si aggrappò ancora di più al tavolo.
Gli faceva un po’ pena, se proprio doveva essere sincera, però lui non era stato ai patti e, soprattutto, non le aveva ancora detto che il loro complotto era andato a buon fine.
Era venuta a saperlo da Tess e poi anche da Chantal, ma a lei, Jack non aveva spifferato proprio un bel niente.
Doveva far capire a quel pivellino che era ancora lei il capo supremo.
- Sì, ma non può essere incinta, voglio dire, si sono solo baciati! – annaspò lui – Com’è possibile che aspettino un bambino? – le chiese, quasi con le lacrime agli occhi.
- Bè Jack, evidentemente non si sono solo baciati! – sentenziò lei.
- Ma Jenna mi ha detto che lui le ha rubato solo un bacio e anche Clara mi ha confermato la cosa, non è possibile…
- Senti Jack, forse Jen non ti ha detto nulla, perché non voleva farti star male, magari voleva trovare le parole adatte per parlarti di lei e Davis… immagino sappia che tu sia ancora innamorato di lei. Non è stupida.
- Ho bisogno di un bicchiere d’acqua. – sussurrò – Sono sicuro che ci sia un’altra spiegazione. Jenna non è incinta di Davis. Lei non mi avrebbe mai mentito. Ne sono certo…
- Oh, Jack! Mi dispiace tanto… - gli disse, porgendogli un bicchiere d’acqua.
- Ma è proprio così, Jenna… Davis? – le chiese, avvilito.
- Sicurissima! Questo mese sono stata attenta e la scatola degli assorbenti è ancora intatta.
- Com’è possibile restare incinta solo con un bacio? – domandò lui, bianco come un lenzuolo.
- Jack! Ma che cavolo stai dicendo? Lo sai che…
Elizabeth si bloccò di colpo.
Ma quella che stava avendo, con quel ragazzo, era davvero una conversazione seria?
La stava prendendo in giro?
Come era possibile che non capisse che era lui il padre del bambino di Jenna?
- Jack… - tentò, quasi incredula – Tu sai vero come nascono i bambini?
L’occhio del ragazzo ebbe un guizzo – Ehi! Ovvio che lo so! – sbuffò – Uno spermatozoo su milioni ce la fa! La testa è la depositaria del DNA e la coda serve per muoversi e nuotare nel collo dell’utero per raggiungere l’ovulo che si trova nell’ampolla tubarica e se tutto va per il verso giusto, i due si incontrano e creano una nuova vita.
Elizabeth lo guardò allibita – Accidenti Jack! Sai proprio tutto! – lo prese in giro.
- Bè adesso te l’ho fatta semplice e non ti ho parlato di enzimi, reazione acrosomiale, zona pellucida, ecc… ecc… Ci vuole più tempo per spiegarlo bene. – ribatté.
- E come fai a sapere tutte queste cose? – gli chiese, riuscendo a stento a soffocare una risata sul nascere.
- Sai discorsi tra uomini… mio padre è stato molto chiaro, quando me l’ha spiegato! – rispose serio.
- Ah sì? E quando sarebbe stato?
- Dai Elizabeth! L’avrai fatto anche tu il discorso a Jenna, quando è entrata nella fase della pubertà! – le disse.
- Oh certo… ho usato altri termini, però, sai com’è… non sono dottore io! E dimmi una cosa… JS ti ha spiegato anche come si introduce lo spermatozoo nel collo uterino? – domandò, sarcastica.
Jack deglutì vistosamente, socchiuse gli occhi e la fissò smarrito – Certo… - balbettò.
- Quindi saprai anche che per fare un bambino occorre che un corpo maschile si unisca a quello femminile. – continuò, imperterrita.
Non le sembrava vero che stesse facendo quel tipo di discorso proprio con Jack!
Perché quel tonto del padre non aveva spiegato ad un Jack adolescente la versione più piatta e logica, piuttosto che ricorrere a termini medici che non sapeva, praticamente, nessuno?
- Sì… - mormorò a disagio.
- Quindi se non sei del tutto un imbecille puoi capirlo da solo che un bacio non mette incinta una ragazza. – gli spiegò, portandosi automaticamente le mani sulla vita e cominciando a battere nervosamente il piede sul pavimento.
- È una cosa ovvia… - esalò lui.
- Esatto, ovvia! Dicevo… se Jenna e Davis si sono dati un semplice bacio. Com’è possibile che adesso Jenna sia incinta? – sparò a zero.
Jack tremò e si attaccò ancora di più al tavolo per reggersi in piedi – Non capisco… - disse a denti stretti.
- Sai che novità! – rispose lei, agguerrita – Ma continuiamo pure a fare supposizioni. Una teoria potrebbe essere questa: non si sono solo baciati. Giusto?
Jack divenne pallido come un cadavere, strinse il pugno con forza – Me l’ha giurato, Liz… io le credo. – annaspò.
- Bene, ti fidi di Jen. Quindi… ci dev’essere qualcos’altro, o meglio, qualcun altro, sotto. Non trovi?
Jack si sedette sulla sedia, ormai incapace di reggersi in piedi e annuì.
- Ma credo sia improbabile. Jenna non ha mai tenuto i piedi in due scarpe, non considero, ovviamente, quella volta che stava con Davis, perché tu l’avevi trattata come una donnaccia… ti ricordi vero Jack?
Il ragazzo si alzò di scatto – Jen non lo farebbe mai! È innamorata di me, noi stiamo insieme, lei non voleva dirtelo, perché voleva renderti pan per focaccia e farti vedere che anche lei era in grado di complottare contro di te…
Elizabeth sorrise malignamente – Ma guarda un po’… voi due siete insieme…
Jack la guardò impaurito – Non potevo dirtelo… - mormorò a disagio.
Arricciò il naso – Ok Jack, posso capirti, ti trovavi tra due fuochi e hai scelto di tradire me…
- No, Liz… io… volevo dirtelo, lo giuro!
- Hai pensato bene di dirlo ai tuoi genitori, ma hai evitato accuratamente di parlare a me. La persona che ha reso possibile tutto questo! – disse, allargando le braccia e puntando i piedi per terra, risoluta.
- Liz… - la voce di Jack tremolò.
- Ok dai… ti perdono, ciò non toglie, però che dovevi solo riconciliarti con lei, non inseminarla! – l’accusò.
Jack traballò.
Lo vide chiaramente dondolare su se stesso e poi cedere. Stramazzò al suolo dopo qualche secondo, producendo un tonfo incredibile.
Elizabeth spalancò gli occhi sorpresa – UOMO A TERRA! – sbraitò.
Dopo qualche secondo la cucina fu invasa dagli altri.
- Oh mio Dio! – esclamò Chantal, portandosi le mani sulla bocca preoccupata.
- Fategli spazio, lasciatelo respirare! – disse Jack Senior, trasformandosi subito in modalità dottore.
- Jack! Jack! – urlò Jenna, inginocchiandosi al capezzale del ragazzo e cominciando a piangere.
L’unica tranquilla in quella stanza era lei.
Alzò gli occhi al cielo, ascoltando le voci concitate dei presenti che continuavano a fare un baccano allucinante – Basta! Si è solo spaventato. JS la prossima volta che spieghi a tuo figlio come nascono i bambini, usa termini come vagina, pene e far l’amore. Forse gli riesce meglio intuire a cosa ti stai riferendo…
Chantal e Jack Senior si voltarono di scatto verso Jenna con sguardo duro.
- Bè, perché mi guardate così? – chiese sua figlia, facendosi, al contempo, piccola, piccola.
- Ehi JJ svegliati… ho bisogno del tuo aiuto… - sussurrò.
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 - EPILOGO ***




 

Grazie a tutti coloro che hanno aspettato questo capitolo per mesi e che hanno tenuto duro, aspettando i miei lunghissimi tempi!

Io spero che vi piaccia e di spero anche di essere stata all'altezza delle vostre aspettative.

Jack Grant resterà sempre nel mio cuore ed avrà un posto speciale, perché mi ha regalato davvero tante soddisfazioni.

Ringrazio chiunque sia passato da queste parti.

Le ragazze storiche che mi hanno seguito dal primo capitolo di “Un sacco di patate”, i centinaia di lettori che hanno messo questa storia tra le preferite, seguite e ricordate.

Siete tantissimi e non saprò mai come ringraziarvi.

Mai mi sarei aspettata tanto e devo dire che questa storia mi ha dato parecchie soddisfazioni.

Continuerò a scrivere altre storie e soprattutto finirò quelle in corso e se volete sono lì che vi aspettano.

Ritengo conclusa questa storia, perché così deve essere.

Era nelle mie intenzioni fare un sequel corto, anche se speravo di riuscire a finirlo prima.

È stato difficile scriverlo, parecchio difficile!

Grazie alle ragazze del gruppo, soprattutto ad Andrea, Antonella, Ilaria, Emily, Jacky, Valeria, Chiara e Jasmine.

…e grazie a Jack Grant!

 

Buona lettura besos MandyCri

 

§§§

 

 

CAPITOLO 13 - EPILOGO

 

Sei mesi dopo.

 

Quando Jenna vide Tess uscire dalla stanza, restò senza fiato.

Il vestito non era lo stesso che aveva visto a dicembre.

Con tutte le cose che erano successe, aveva completamente abbandonato i preparativi del matrimonio della sua migliore amica.

Gli impegni si erano accavallati uno dopo l'altro, il bambino, la furia dei genitori, Jack...

Tess si era dimostrata, ancora una volta, una vera amica.

Nonostante fosse anche lei piena di cose da fare, l'aveva aiutata in tutto e per tutto e Karol non era stata da meno: si sentiva davvero fortunata ad avere due amiche così.

Non riusciva a capire, quindi, quando avesse trovato il tempo per cambiare in modo così drastico il modello.

Anche Karol che sedeva al suo fianco sul divano, aveva l'aria sconcertata.

Jack, quando aveva saputo del bambino, aveva fatto il diavolo a quattro per far mutare i vestiti delle damigelle, perché sosteneva che, se Jenna avesse indossato un colore troppo acceso finché era incinta, suo figlio ne avrebbe risentito.

Un giorno le aveva inviato un messaggio criptico, scrivendole: oggi non ci sono. Se non è questione di vita o di morte, non cercarmi.

Ovviamente si era preoccupata.

Aveva subito risposto, chiedendo spiegazioni. Jack aveva replicato in un modo talmente lapidario che non aveva più avuto coraggio di scrivergli nulla.

Missione vestiti damigelle!

Di lui e Tess, quel giorno, nessuno aveva più avuto notizie.

Alex si era quasi disperato e nessuno era riuscito a capirne il motivo.

Era risaputo che Tess e Jack non erano propriamente la coppia perfetta! Probabilmente, il povero Alex aveva avuto paura che uno dei due non tornasse più a casa.

Ancora lo prendevano in giro per ciò che gli era uscito dalla bocca.

Eppure Jack, non si sapeva ancora in che modo, ci era riuscito.

Jenna e Karol indossavano un vestito davvero sobrio e lineare, color lilla.

Le si vedeva il pancione, ma Jenna si sentiva davvero fiera di quella protuberanza compatta, come la chiamava il genio del suo ragazzo, vezzeggiativo degno di lui: Jack trovava sempre una spiegazione matematica a tutto.

Il loro bambino, per lui, era l'incontro di uno spermatozoo con un ovulo, per lei, era un vero e proprio miracolo e così la sua pancia che cresceva a dismisura, ogni minuto di più, per Jack era una “protuberanza compatta”, per Jenna una grande seccatura!

Dentro di lei c'era una vita: ancora non riusciva a credere a quel prodigio.

Il frutto dell'amore di due cuori. Era elettrizzata e stanca.

Non riuscire a vedersi più i piedi la mandava fuori di testa.

Era, comunque, inspiegabile come Jack fosse riuscito a mettere bocca anche sull'abito di Tess.

Perché era evidente che quel meraviglioso vestito fosse il prodotto dell'eccellente gusto estetico di Jack.

L'amica era la sposa più bella che avesse mai visto. Quella particolare linea le conferiva eleganza e sembrava la facesse più magra di almeno tre taglie.

Jenna non era del tutto sicura che quel drastico cambio di modello fosse dovuto ad una particolare attenzione di Jack per l'amica, ma piuttosto, fosse dovuto alla scommessa che tempo prima lui, Tom ed Alex avevano fatto.

Era quasi certa che Jack volesse indietro il centone che aveva sganciato a Tom, qualche mese prima e riceverne sopra una cifra equivalente.

Scacciò quel pensiero e sorrise all'amica che la stava fissando piena di aspettative – Sei bellissima Tess, davvero. - le disse.

L'amica arrossì leggermente – Non è troppo semplice? - chiese, facendo una buffa ruota su se stessa e storcendo il naso con disappunto.

Karol rise – Tess non ne potevi sceglierne uno migliore! Vedrai Alex resterà a bocca aperta.

La ragazza fece spallucce – Se fosse stato per me, avrei indossato l'altro. Quello sì che era davvero spettacolare, ma Jack quel giorno era intrattabile... - lanciò una lunga occhiata al pancione di Jenna – La gravidanza non gli fa tanto bene, Jen. Se prima era uno stupido, adesso è un super stupido! - concluse.

Jenna alzò gli occhi al cielo – Dai Tess, sii clemente con lui, è solo emozionato! Non capita tutti i giorni di diventare padre. - lo giustificò.

- È stato un fulmine a ciel sereno! - ricordò Karol – Non l'avevo mai visto così avvilito e, nello stesso tempo felice, in vita mia. Da quando è venuto fuori il fattaccio, non lo riconosco quasi più. Dov'è finita la sua sicurezza, la sua arroganza e la sua tontaggine?

- Tornerà presto in sé. - la rassicurò Jenna – Chantal e Jack Senior non l'avevano presa troppo bene la notizia, all'inizio. C'è stata parecchia tensione. Secondo suo padre, questo bambino avrebbe rovinato la vita al loro unico figlio. Credo che l'intervento della signorina Rottenmeier sia stato dettato da Dio. Solo il cielo sa, cosa sarebbe accaduto a Jack.

Karol sorrise al ricordo – Mamma se è vero! L'ha ospitato per un mese, visto che i suoi genitori l'avevano buttato fuori di casa a calci e non gli volevano più parlare.

- Peccato che tutto si sia risolto! - brontolò Tess.

Jenna lanciò alla ragazza un'occhiataccia, ma non riuscì a nascondere un sorriso.

- Bè, perché mi guardate in quel modo? Poteva tenere a freno il suo coso. È giusto che i suoi genitori si siano incazzati. - si difese.

- Guarda che eravamo in due... - mormorò Jenna – Tutti si sono accaniti contro Jack, ma nessuno se l'è presa con me...

- Tu sei quella che ne fa le spese. Sei la vittima. Guarda che pancia hai! - la difese.

Jenna scrollò la testa e si accarezzò il ventre – Io sono felice, sinceramente.

- Dai ragazze! Sappiamo tutti che Chantal e Jack Senior non avrebbero mai lasciato a piedi il nostro JJ. Volevano solo punirlo e, secondo me, l'idea è stata proprio di Clara. Quella vecchia ne sa una più del diavolo. Sapete tutti, quanto le piaccia avere Jack al suo fianco che gli fa da servetto.

Tess scoppiò a ridere e Jenna la seguì a ruota.

Ormai era diventata una leggenda metropolitana.

Ciò che aveva detto Karol lo sospettavano un po' tutti.

Nonostante nessuno degli “adulti” avesse mai confessato, quella verità nascosta aleggiava nell'aria.

A tutti era sembrato strana la reazione dei genitori del ragazzo.

Loro erano sempre stati pro-Jack. Adoravano il figlio in modo smisurato e, qualche volta, questa loro completa devozione e venerazione faceva perfino venire il voltastomaco e poi, c'era anche il fatto che a lei, non avevano detto assolutamente nulla, al contrario, le facevano visita ogni giorno, mentre il loro figlioletto era schiavizzato dalla signorina Clara.

Jenna sorrise – Sono innamorata persa di lui. - confessò come se nessuno ne fosse al corrente.

- Già e non capisco proprio come sia possibile! - affermò Tess.

- Smettila di parlare sempre male di lui. Jack è un ragazzo stupendo e se non ricordo male... mi avevate raccontato come passavate i fine settimana tu e Jenna. Sognavate Jack e tu, Tess, un tempo smaniavi dalla voglia di conoscerlo e speravi che fosse proprio Jack Grant a darti il primo bacio! - la zittì Karol – Adesso basta parlare del bel professore, pensiamo solo a te e ad Alex! - concluse per tappare, in modo definitivo, la bocca della loro saccente amica.

- Sarà, ma intanto per colpa sua, indosso un abito da sposa sciatto! - rimbeccò Tess.

Jenna alzò gli occhi al cielo – Forza andiamo, sapete che in queste condizioni anche una tartaruga è più veloce di me!

- Ehi Jenna, Karol...

Si voltarono entrambe verso Tess, raggiante in quel bellissimo abito bianco – Vi voglio bene ragazze e grazie per essere qui a condividere con me il giorno più bello della mia vita.

Jenna sentì salire le lacrime agli occhi – Il primo di una lunga serie... - sospirò.

Si abbracciarono commosse, come succedeva spesso, negli ultimi tempi.

 

***

 

Svariati anni dopo.

 

Judith Elizabeth Chantal Grant sbuffava agitata, seduta sulla poltroncina di quel locale universitario.

Elizabeth le era di fronte e la osservava rapita.

Sua nipote era davvero una bella ragazza.

Aveva gli occhi azzurri del padre e i capelli lunghi e lisci della madre.

Non c'era nulla da dire, Judith aveva preso le caratteristiche migliori della fisicità di entrambi i genitori, ma non il carattere.

Ancora non si spiegava, perché sua nipote maggiore assomigliasse così tanto a Tess, in fatto di gusti musicali, modi di fare e, purtroppo, anche nel vestiario.

Judith, soprannominata da tutti Pippi, per via dell'evidente difficoltà nel pronunciare per intero il suo nome, amava la stravaganza dell'amica storica di sua figlia e, fin da piccola, l'aveva imitata in tutto e per tutto.

Avevano cercato di deviarla da quella adorazione, ma, evidentemente, nessuno era riuscito nell'intento e Pippi sfoggiava, proprio in quel momento, un'assurda minigonna a righe orizzontali nere e bianche ed una canotta gialla fluorescente dal gusto, a dir poco, discutibile.

Jack era disperato.

Sua nipote non ometteva, praticamente mai, qualcosa di vistoso e, particolarmente colorato, nel suo abbigliamento.

A favore di Pippi, Elizabeth poteva almeno dire che, al contrario di Tess, non appariva del tutto ridicola, come la zia acquisita.

Il suo fisico magro e slanciato le permetteva quasi ogni cosa.

Si trovavano in quel locale proprio per lei, riuniti per il suo diciottesimo compleanno.

Pippi aveva supplicato Jenna e Jack parecchi mesi per avere quella serata e, alla fine, i due piccioncini innamorati avevano issato bandiera bianca, ma con un'unica condizione, condizione dettata da Jack: il padre più protettivo e geloso che lei avesse mai conosciuto sulla faccia della terra.

La sua bellissima nipotina aveva accettato la proposta del genitore, suo malgrado, avvilita e infelice, visto che era l'unica possibilità che aveva.

Pippi avrebbe avuto la sua festa di compleanno nel locale più bello di tutta Princeton, quello frequentato da tutti i giovani universitari rampanti, solo ed esclusivamente, in presenza di tutta la famiglia e, dato che sua nipote non era decisamente una stupida, aveva acconsentito e così tutti si erano riuniti.

Alla sua sinistra, erano beatamente accomodati Tess, Alex e Robert, il loro turbolento figlioletto, disordinato, cicciottello e rompipalle.

Ogni tre per due, si infilava il dito nel naso e scavava, nonostante i suoi quindici anni suonati.

Elizabeth avrebbe voluto tanto avere un'accetta e porre fine a quel disgustoso passatempo.

Purtroppo Robert aveva preso il carattere dispotico, nonché l'aspetto fisico della madre. Non si poteva certo dire che fosse un adone, però, poco ma sicuro, movimentava sempre i loro ritrovi.

Tess non era dimagrita nemmeno un grammo ed Alex era rimasto il ragazzo dolce e, decisamente, innamoratissimo di un tempo.

Insieme a Tom mandava avanti la ditta che Elizabeth aveva creato e che, dopo la nascita della secondogenita di Jenna e Jack, gli aveva completamente affidato.

Alla sua destra Chantal e Jack Senior, la coppia più duratura di sempre, discutevano con Karol e Tom di chissà cosa.

Karol teneva in braccio Emily, una dolcissima bambina di circa tre anni, dagli occhi nocciola e stanchi. La bimba cercava di stare sveglia con tutte le sue forze, incuriosita dai rumori e dalla moltitudine di persone, ma di lì a qualche minuto, si sarebbe, senza ombra di dubbio, addormentata.

Tom aveva sfondato nel football. Era diventato un professionista di tutto rispetto e aveva fatto soldi a palate.

Si era ritirato per un grave infortunio e aveva affiancato Alex.

Non appena aveva smesso con il football, aveva accontentato il desiderio di Karol e si era deciso a mettere su famiglia, così era arrivata anche Emily.

Ad Elizabeth mancava avere un bimbo piccolo da accudire, ma era solo questione di tempo.

Guardò la pancia gonfia di sua figlia e sospirò felice.

Suo genero sembrava ancora un ragazzino, nonostante qualche capello grigio cominciasse a spuntare dalla folta capigliatura.

Jack era ancora il professore più ambito tra le studentesse e Jenna ne era, oltremodo, gelosa.

Quel ragazzo aveva dimostrato a tutti che era un tipo in gamba.

A Princeton aveva fatto carriera.

Aveva una cattedra tutta sua, scriveva articoli per la rivista più esclusiva dei “genialoidi” del suo settore e l'università gli aveva dedicato un'aula a suo nome, dopo l'importante scoperta di fisica che aveva fatto con i suoi collaboratori.

Che fosse stata fortuna, intuizione o studio, Jack Grant era diventato il più famoso fisico di tutti gli Stati Uniti. Era lui che i suoi colleghi cervelloni chiamavano, quando non venivano a capo di chissà che formula complicata. Era lui che tutti cercavano per avere risposte impossibili. Era sempre lui quello che poteva dire l'ultima parola ai convegni.

Perché che fosse un genio o no, Jack era sempre il più preparato di tutti.

Erano tutti orgogliosi di lui, lei compresa, anche se, esattamente, non aveva ancora capito cosa avesse scoperto!

Jenna lavorava ancora al giornale e rispondeva alle lettere incredibilmente stupide di adolescenti arrapate e sempre più scaltre.

Se la cavava bene e, a guardarla, sembrava anche lei la ragazzina di un tempo.

Gli stessi occhi grandi e verdi pieni di amore, ma con quella luce di gioia che era impossibile non notare.

Elizabeth sapeva di chi era il merito e, ancora una volta, benedì suo genero.

Chi l'avrebbe mai detto?

Anche se... una piccola parte di merito in quella storia d'amore, ce l'aveva anche lei.

Elizabeth spostò lo sguardo sulla secondogenita di Jenna e Jack.

Clara Karol Tess, detta Clara Karol Tess, sedeva composta sul divanetto, vestita di tutto punto.

Tutti i componenti di quella comitiva, compresa la cara vecchia Clara Zimmermann che, purtroppo, li aveva lasciati qualche anno prima, avevano cercato di scongiurare un altro attentato ad un esserino indifeso, ma senza alcun risultato.

Purtroppo, sua figlia e suo genero avevano pessimi gusti in fatto di nomi e, anche alla sua seconda nipotina, era stata affibbiato un nome dal gusto alquanto ignobile.

Ma i due pazzi non avevano voluto sentire ragioni.

Il peggio era stato, quando avevano cercato un nomignolo per la bambina, insomma qualcosa di più corto e facilmente pronunciabile.

Lì, si era capito a chi somigliasse Clara...

Fisicamente non c'erano dubbi.

Clara era il clone di Jack con quegli occhi azzurri e i folti capelli scuri e ricci.

Il problema era la sua mente, il DNA di Jack era stato praticamente fotocopiato sulla sua adorata nipotina minore e non c'era stato verso di farle cambiare idea sul nome.

Si infastidiva perfino, quando la chiamavano semplicemente Clara: lei era Clara Karol Tess!

Fortunatamente, Clara aveva anche preso da Jenna il carattere mite, perché se fosse stata anche socievole come il padre, sarebbe stata una bomba ad orologeria.

Quella ragazzina era un genio matematico come il suo vecchio e, non occorreva nemmeno dirlo, Jack era orgogliosissimo di lei.

Elizabeth era incappata in alcune loro discussioni da cui era fuggita con le mani nei capelli.

Il peggio era stato quando, inavvertitamente, li aveva sentiti parlare di bambini... Jack stava spiegando alla ragazzina come nascevano.

Era stato un déjà-vu terribile fatto di spermatozoi, colli uterini e altri termini tecnici che le davano ancora i brividi.

Con Pippi non c'erano stati questi problemi.

Judith aveva azzittito il padre, spiegando per filo e per segno, in termini molto pratici e fanciulleschi, come nascevano.

Avevano riso tutti, osservando le orecchie di Jack cambiare colore e passare dal rosa pallido ad un rosso acceso, in pochi secondi.

Jack aveva chiuso il discorso, spiattellando una campagna pubblicitaria incredibile a favore una nota marca di profilattici: Pippi, all'epoca, aveva solo dieci anni!

Elizabeth osservò nuovamente il pancione di Jenna e sorrise.

Avevano avuto quattro mesi per pregare che fosse un'altra bambina.

La ragione era alquanto semplice: non c'erano più nomi di persone care da aggiungere al primo scelto.

Con Clara Karol Tess erano finite le opportunità.

Al massimo la bimba si sarebbe chiamata come la nonna paterna.

Tutti avevano sperato in un miracolo, tutti tranne Jack che voleva disperatamente un maschietto.

Probabilmente il professore aveva pregato Dio più di loro, perché invece il loro terzogenito, sarebbe stato proprio un bambino: Albert Alex Tom.

Un vero e proprio scempio!

- Ehi, nonna?

Judith le si avvicinò quatta, quatta, distogliendola dai suoi pensieri.

Elizabeth le sorrise e le fece posto accanto a sé.

- È arrivato il momento? - le chiese sua nipote, speranzosa.

Liz sorrise e si guardò intorno.

Jack era distratto e stava cercando di parlare con Jenna, urlando per sovrastare la musica alta.

- Via libera. - confermò.

Pippi si alzò con naturalezza – Vado in bagno. - disse con disinvoltura.

A quelle parole Jack si alzò subito e la ragazzina si girò verso di lei in cerca di aiuto.

Elizabeth grugnì. Possibile che Jack fosse sempre sull'attenti quando in ballo c'erano le sue figlie?

Passava dalla modalità stand-by a quella di super papà, nella frazione di un secondo!

Judith la guardò spaesata, ma fu Jenna a risolvere la cosa, strattonando i pantaloni del marito – Jack! Albert si è mosso!

A quelle parole il genero si sedette subito di colpo e mise una mano sul pancione di Jenna – Oh no! Me lo sono perso un'altra volta.

Jenna lo guardò con amore – Resta così, vedrai che a breve, darà un altro calcio.

Jack la guardò titubante.

Era palese che fosse combattuto tra la voglia di sentire muovere la creatura che aveva in grembo la moglie e la gelosia morbosa che provava per la figlia maggiore.

Lasciarla andare in bagno da sola a diciotto anni era, praticamente, inconcepibile per lui.

Jenna poggio la sua mano su quella di Jack e poi, senza farsi notare, fece l'occhiolino alla figlia – Sono sicura che farò un'altra capriola. - disse, sicura.

Jack si adagiò e Pippi scappò.

Elizabeth la seguì con lo sguardo e, quando vide che era arrivata alla meta, sorrise soddisfatta.

Era finalmente arrivata l'ora di riavviare la sua attività preferita: il complotto!

Vide la nipote parlare con il ragazzo che le piaceva e si sentì al settimo cielo.

Aprì la sua borsa e controllò i documenti che aveva infilato qualche ora prima. Quel Sebastian era a posto, gli esami del sangue erano perfetti, almeno da quel punto di vista si sentiva tranquilla!

Jack poteva essere quel genio che il mondo credeva, ma era sempre il solito tontolone, ancora una volta si era fatto fregare!

 

***

 

Jack guardò di sottecchi Judith Elizabeth Chantal allontanarsi con quello studente del suo corso.

Mantenne la mano sul pancione di Jenna, perché desiderava tanto sentire il suo piccolo Albert muoversi, nonostante non fosse certo la prima volta e, nonostante, sapesse benissimo che era stata solo una scusa per far allontanare Judith, senza che lui la seguisse.

Aveva notato da un bel po' che Pippi andava a trovarlo troppo spesso alle lezioni, soprattutto quando c'era una persona in particolare.

Non era stato difficile fare due più due.

In passato era stato anche ingenuo, ma non era più lo sprovveduto ragazzino di diciotto anni alle prese con il suo primo grande amore, anche se era divertente lasciare credere agli altri il contrario.

Proprio quel giorno, aveva preso da parte Sebastian e gli aveva parlato chiaramente: se solo avesse fatto soffrire sua figlia, l'avrebbe castrato, senza contare che la sua carriera universitaria sarebbe finita in un lampo.

Per le questioni “tecniche” non aveva dubbi che Elizabeth avesse fatto la sua parte, memore di quello che aveva passato lui e, quei documenti che nascondeva malamente nella borsa, ne erano sicuramente la prova.

Lasciò passare diversi minuti, poi si alzò – Mi sa che vado a prendermi qualcosa da bere. - esclamò, stiracchiandosi.

Non ascoltò le proteste di sua suocera e il richiamo di Jenna che affermava seriamente che Albert aveva appena eseguito un triplo axel nella sua pancia.

Si diresse a fatica verso il bar, tra la calca del locale.

Non aveva nessuna intenzione, più o meno, di interferire nella vita amorosa di sua figlia o nei piani strampalati di Elizabeth.

Avrebbe lasciato in pace sua figlia il giorno del suo diciottesimo compleanno! Ma per chi l'avevano preso?

Solo che era così divertente vedere le sue donne all'opera...

Non poteva certo negare loro il piacere di credere di averlo fregato ancora una volta, insomma lui era un gentiluomo!

Quando riuscì finalmente ad ordinare e a prendere il suo drink, Jack si appoggiò al bancone, soddisfatto.

Sorseggiò il liquido scuro, poi chiuse gli occhi e sorrise.

Non poteva essere più felice di così.

La vita gli aveva dato tanto e lui era grato a Dio per ogni secondo vissuto.

Aveva avuto i suoi problemi come chiunque altro al mondo, ma a conti fatti, le gioie avevano superato di gran lunga i dolori.

Aveva vissuto, in tutta la sua pienezza, ogni istante e, a parte qualche cazzata commessa, non avrebbe cambiato nulla.

Anche gli errori più grossolani avevano contribuito a portarlo proprio in quel posto, in quel momento a pensare e godere di una felicità che non poteva nemmeno quantificare.

Quando riaprì gli occhi, la vide.

Più bella che mai, camminare incerta in quell'abito troppo grande, troppo goffo.

L'amore della sua vita, la donna che aveva reso possibile tutto, la donna che gli aveva donato quel tripudio che, nemmeno lontanamente, Jack aveva sperato esistesse davvero.

Jenna, in quel preciso istante, sembrava più che mai un sacco di patate con quella panciona esagerata e quel vestito orrendo.

Ma non era un sacco di patate, era un sacco colmo di oro e diamanti.

Un tesoro prezioso che, svariati anni prima, gli era piombato, letteralmente addosso.

Un flashback gli morse il cuore.

Appoggiò il bicchiere ancora pieno sul banco e si lanciò verso di lei.

Jenna lo stava cercando disorientata, perché non riusciva a vederlo.

Jack la urtò di proposito, spintonandola leggermente.

- Ehi! Sta attenta a dove vai! - l'apostrofò.

Jenna alzò gli occhi verso di lui e il suo volto si colorò di un sorriso bellissimo – Ehi! Sta attento tu! - lo canzonò.

- Ti sei fatta male? - le chiese con dolcezza.

- Ho il compito di matematica alla prima ora... - mormorò lei.

Jack non riuscì a non sorridere.

- Io sono Jack Grant. - disse, allungando la mano verso di lei.

- So chi sei. - gli rispose – Chiunque qui ti conosce, Jack Grant. Sei il ragazzo più popolare della scuola... io sono Jenna Taylor.

- Come te la cavi in matematica? - le domandò.

- Sono un'asina.

- Davvero? Ti potrei aiutare io, sono discretamente bravo in quella materia... potrei darti delle ripetizioni private, sempre se vuoi...

Una lacrima scese dal viso di sua moglie – Credo che avrò bisogno di te per tutta la vita, allora...

- Sono qui per questo.

Jack le sfiorò la guancia con le dita per asciugare quella lacrima dal volto di sua moglie.

- Ti amerò per sempre Jenna Taylor Grant.

Jenna lo fissò, poi alzò il dito medio e glielo piazzò davanti alla faccia – Anch'io Jack Grant!

Scoppiarono a ridere insieme, felici e innamorati.

 

 

...Si rialzò prontamente e le tese la mano – Ti sei fatta male? – le chiese con gentilezza.

La ragazza fece una smorfia non ben definita e, rifiutando il suo aiuto, si issò da sola. Si pulì i jeans decisamente troppo larghi per lei e lo guardò in malo modo – Ho il compito di matematica alla prima ora e per colpa tua, ho perso minuti preziosi. – gli disse con cattiveria, additandolo come se fosse un pericolo per la società.

Jack strabuzzò gli occhi. Questa poi… non solo l’aveva travolto e atterrato, ma gli stava pure dando la colpa dell’incidente – Senti cicciona sfigata - disse stizzito e arrabbiato – Sei stata tu… - non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che la ragazza alzò il dito medio in segno di saluto e sparì dietro l’angolo.

 

***FINE***

 

 

GRAZIE!

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2111093