Human Feelings

di mymultifandomfics
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ospite ***
Capitolo 2: *** Il patto ***
Capitolo 3: *** Attacco al fastfood ***
Capitolo 4: *** Crowley e il piano perfetto ***
Capitolo 5: *** Affascinante come Crowley ***
Capitolo 6: *** Sogno ***
Capitolo 7: *** Inferi ***
Capitolo 8: *** Grindylow ***
Capitolo 9: *** Belfagor ***
Capitolo 10: *** Serve coraggio ***
Capitolo 11: *** Endings are hard ***



Capitolo 1
*** L'ospite ***


Erano passate tre settimane da quella notte. Quella fatidica notte in cui aveva visto tutti i suoi fratelli cadere, abbandonare il Paradiso. Avevano falciato il velluto del cielo come fossero stati stelle cadenti e erano piombati sulla terra. Ed era colpa sua. La verità? Castiel si sentiva uno straccio. Assistere, impotente, a quello spettacolo gli aveva spezzato il cuore e stavolta non sapeva da dove cominciare per rimediare al caos che aveva provocato. Inoltre, doveva convivere con delle sensazioni del tutto nuove: i sentimenti umani.

Provava un senso di un vuoto, come se la Grazia che gli era stata tolta gli avesse lasciato una voragine incolmabile nel petto. E poi si sentiva terribilmente “limitato”. Ad esempio, il dover prendere l’auto per andare in qualsiasi luogo senza potersi teletrasportare era un’abitudine alquanto difficile da accettare.

Continuava a pensare ai suoi fratelli, a ciò che aveva fatto loro cercando di salvarli, a Metatron, che era riuscito ad ottenere la sua vendetta e a Meg, che era stata rispedita all’inferno. In realtà, pensava continuamente a lei, alla loro ultima conversazione, e ogni giorno che passava il sentimento cresceva in lui. Aveva voglia di vederla, avrebbe persino voluto baciarla. Sentiva che qualcosa, che era nato dentro di lui quando ancora era un angelo, era come cresciuto ed ora gli bruciava le membra al solo pensiero di lei. Castiel l’amava, ma forse com’era l’amore l’aveva dimenticato da tempo, sostituendolo con “cose da angeli”. Eppure sentiva che quel sentimento era sbagliato: un demone e un ex-angelo, non erano di certo fatti per stare insieme.

Il suo pensiero, giusto o sbagliato che fosse, rimaneva comunque quello di tirare fuori Meg dagli inferi. Che cosa avrebbe fatto dopo ancora non lo sapeva, l’unica cosa che davvero gli importata era di averla salva accanto a lui.

Ora viveva con i Winchester nel loro rifugio segreto. Nessun caso per il momento, Dean era completamente dedito alla cura di Sam, che, nonostante fosse andato davvero vicino alla morte, sembrava sentirsi meglio giorno dopo giorno. Castiel dava una mano ogni volta che poteva: andava spesso a fare la spesa, apparecchiava la tavola e aveva imparato ad usare il tostapane. Ci voleva pazienza con lui, non aveva la minima idea di come utilizzare gli oggetti degli umani e a volte combinava qualche guaio. Sam e Dean però stavano facendo un buon lavoro con lui: iniziando dalle basi, da come usare il wc ad esempio, gli stavano insegnando anche come comportarsi in pubblico, cosa che gli riusciva anche un po’ più naturale da quando aveva perso la sua Grazia. Castiel non indossava più sempre i soliti vestiti – anche se per uscire si metteva sempre il solito trench coat, “per la forza dell’abitudine”, ripeteva, ma in realtà ormai ci era affezionato.

In certi momenti sembrava di vedere due adulti che mostravano ad un bambino dall’espressione curiosa com’era fatto il mondo. In poco tempo erano diventati una famiglia.

Certo, non seguivano nessun caso, ma erano costantemente informati su quello che accadeva all’esterno grazie a Garth. Il loro piano era quello di rimettere in sesto Sam e di trovare il modo di “rispedire tutti gli angioletti in Paradiso”, come diceva Dean.

Per quanto riguardava Crowley, la notte della caduta era riuscito a scappare e nemmeno Garth era stato in grado di avere notizie sui suoi spostamenti. Quello che era certo era che Abaddon aveva preso il controllo dell’Inferno e si era autoproclamata regina.

Quella sera fuori pioveva a dirotto, Dean stava spazzando il pavimento, mentre Sam mostrava a Castiel come usare un telefono cellulare – cosa che sarebbe stata davvero utile nel momento in cui sarebbero entrati tutti e tre di nuovo in azione. Poi alcuni tonfi interruppero la tranquillità di quella serata. Sembravano provenire dall’esterno.
Dopo essersi scambiati sguardi d’intesa, Dean e Sam, prese le armi, lanciarono un fucile anche a Castiel e si prepararono a ricevere il loro ospite. Si udì un altro tonfo, poi il silenzio. Improvvisamente, la porta del rifugio venne sfondata, come fosse stata di carta, e sulla soglia si materializzò un’ombra. La figura misteriosa fece un passo avanti: Crowley, zoppicante, bagnato e coperto di fango, teneva la mano destra su una ferita sanguinante sul braccio sinistro. Alzò gli occhi in direzione dei Winchester e di Castiel: “Salve ragazzi”.

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Capitolo 2
*** Il patto ***


Fuori, lo scrosciare della pioggia era diventato davvero violento. Un tuono illuminò tutta la stanza e le facce sconcertate di Sam, Dean e Castiel.
“Crowley?”, esclamò Dean socchiudendo gli occhi e storpiando la bocca in un’espressione confusa. Il demone fece per avvicinarsi, zoppicante, ad una sedia, ma si ritrovò all’interno di una trappola. Alzò lo sguardo verso i Winchester: “Seriamente? Avanti ragazzi, datemi almeno una sedia!”.
“Che ti è successo?”, chiese Sam, quasi lanciando uno sgabello di legno all’interno del cerchio in cui si trovava l’ex Re dell’Inferno.
“Abaddon”, rispose, con una smorfia di dolore sul volto: il braccio continuava a sanguinare.
“Sì, sappiamo che ti ha rovinato la festa buttandoti giù dal tuo trono felice” , replicò Dean con sarcasmo, “dicci qualcosa che ancora non sappiamo.”
Crowley lo fulminò con gli occhi: evidentemente avergli ricordato la situazione non gli aveva fatto molto piacere. “Sta uccidendo tutti gli angeli caduti che trova, questo lo sapevate idioti?”
Castiel si alzò di scatto dalla sedia su cui era seduto. Il peso del senso di colpa era già insopportabile, ma non poteva tollerare che gli angeli fossero sterminati per colpa sua. Se i suoi fratelli venivano davvero uccisi, uno dopo l’altro, doveva fare qualcosa per fermare Abaddon. Dean lo fece sedere di nuovo e, guardandolo con fare fraterno, gli mise una mano sulla spalla.
“Io mi so nascondere bene, questo lo sapete anche voi –continuò il demone con un mezzo sorriso – ma quella, devo ammetterlo, ci sa fare: è riuscita a sguinzagliarmi addosso i segugi infernali… Sono stato attaccato dai miei stessi cuccioli!”. Abbassò lo sguardo: sembrava che fosse davvero dispiaciuto. Evidentemente, essendo quasi stato guarito, riusciva a provare dei sentimenti più profondi rispetto a quelli di un normale demone. Comunque, appena si accorse che l’angelo e i Winchester lo stavano fissando, abbastanza sorpresi per la sua reazione che si potrebbe definire “umana”, sollevò il capo e riprese il filo del discorso: “Sono riuscito a fuggire e... eccomi qua”.
“Che cosa vuoi, Crowley?”, gli chiese Sam sospettoso.
“Voglio proporvi un patto”. Dean alzò gli occhi al cielo e con fare sprezzante rispose: “Lo sai benissimo che le nostre collaborazioni non funzionano mai, in genere noi ne usciamo fregati, non so se l’hai notato”.
“So che non conviene fidarsi di me, ma questa volta, giuro, gioverà ad entrambe le parti.”
Sam e Dean si scambiarono uno sguardo d’intesa e poi, incrociando le braccia, dissero all’unisono: “Sentiamo”.
“Allora, Abaddon sta cercando di eliminare ogni angelo caduto sulla terra e sono certo che voi vorreste che questo cessasse di accadere, – rivolse lo sguardo a Castiel – oltretutto, suppongo che vuoi non abbiate a disposizione i mezzi per fermarla, quindi , anche voi avreste bisogno del mio aiuto.”
“Cosa ti fa pensare che noi non abbiamo i mezzi per fermarla?”, ribatté Dean, strafottente.
“Me lo fa pensare il fatto che l’alce sia ancora convalescente, che il vostro angelo preferito non abbia più le ali, che l’unico demone che vi aiutava sia stato rispedito all’inferno proprio da me e che Abaddon sia di nuovo a piede libero per colpa vostra!”, sbraitò Crowley, per un attimo fuori controllo. Si guardò il braccio: la ferita sanguinava sempre meno. La cura a cui Sam l’aveva sottoposto non l’aveva trasformato di certo in un umano, non essendo stata completata la procedura, ma sicuramente lo aveva indebolito come demone: guariva meno velocemente di prima, ma, soprattutto, aveva perso un po’ di quella crudeltà smisurata che lo aveva reso un insuperabile torturatore.
Recuperato il contegno, continuò: “Ritornando alla trattativa, se voi mi aiuterete a togliere di mezzo Abaddon, una volta ripreso il mio posto come Re degli Inferi, lascerò in pace gli angioletti e…”
“Aspetta, aspetta, ti dovremmo aiutare a ritornare re? No, grazie. Ce la caveremo da soli.”, ribatté Dean con fare perentorio.
“…e - ripeté alzando la voce e fissando Castiel – riporterò indietro il tuo demone preferito”, disse ammiccando all’ex angelo.
Gli occhi color cielo di Castiel si illuminarono. Avrebbe potuto rivederla, riaverla con sè… e stavolta non avrebbe permesso a niente e nessuno di portargliela via.
Si alzò di scatto e, fissando Crowley negli occhi esclamò: “Se la riporterai indietro subito, noi ti aiuteremo.”
“Oh oh oh, piano! Vuoi davvero fare un patto con lui?!”, gli sussurrò Dean prendendogli il braccio e trascinandolo in un angolo.
“Cas, non possiamo fidarci di lui!”, disse Sam una volta raggiunto il fratello.
“Voi non capite…”. Castiel doveva convincerli. In un’altra situazione, probabilmente, si sarebbe sentito in imbarazzo ad esternare i suoi sentimenti per Meg in quel modo, ma non gli importava: finalmente aveva trovato il modo di riaverla, nulla era più importante.
Discussero per qualche minuto, bisbigliando e buttando qualche occhiata a Crowley che, dall’altra parte della stanza aspettava il responso, compiaciuto.
Poi Sam, voltandosi verso il demone: “Ci stiamo, ma dovrai riportare Meg indietro subito.”
“Mi dispiace, alce, ma non posso. Non è così facile se sei stato bandito dall’inferno entrare, prendere un demone e riportarlo sulla terra. E poi, lei è la mia garanzia” disse, inarcando le sopracciglia con un sorriso.
Castiel rivolse uno sguardo implorante a Sam e Dean. In fondo, non avevano molta scelta: ancora non avevano idea di come rispedire gli angeli caduti in Paradiso e di certo non avrebbe aiutato il fatto che Abaddon li stesse sterminando… E poi, se l’amico era davvero innamorato di Meg, l’unico modo per tirarla fuori dagli inferi era quello.
Dean si avvicinò al cerchio dentro il quale era intrappolato il demone, si piegò in avanti, all’altezza del viso di Crowley, e gli disse serio, come in un sussurro, guardandolo dritto negli occhi: “Niente scherzi, amico, perché se ci fotti ancora, oh ci puoi giurare, sarà l’ultima volta.”

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Capitolo 3
*** Attacco al fastfood ***


L’aria che si respirava all’interno dell’impala era impregnata di un silenzio così denso che si poteva quasi toccare.
Nessuno apriva bocca, né Castiel né i Winchester. Forse il motivo di quel silenzio era che tutti avevano troppe cose da dire...
Dopo la visita di Crowley, il loro piano era andato il frantumi: Sam, pur essendosi ripreso quasi del tutto, avrebbe avuto bisogno di ancora un po’ di riposo, mentre Dean stava ancora riflettendo sul patto stipulato col demone, il quale non lo convinceva per niente. Non poteva essere così facile. Mai gli era successo che fosse risultato conveniente fare un patto con un demone, figurarsi quando c’era di mezzo il Re dell’inferno. Il problema era che il patto sembrava equo… loro lo avrebbero aiutato a riconquistarsi il trono degli inferi e lui avrebbe lasciato in pace gli angeli e riportato indietro Meg. Presupponendo che tutto fosse andato liscio – il che sarebbe stato davvero un miracolo, visto con chi avevano a che fare - in ogni caso ancora non avevano idea di come riportare gli angeli caduti in Paradiso…
Per quanto riguardava Castiel, invece, sentimenti contrastanti lottavano dentro di lui: l’immensa tristezza unita al profondo senso di colpa per le uccisioni dei suoi fratelli caduti e la smisurata gioia per aver trovato il modo di riportare indietro Meg. Sì, certo, sapeva che non ci si poteva fidare di Crowley, che il patto che aveva proposto loro la notte prima poteva essere l’ennesima fregatura e che alla fine il demone avrebbe potuto non mantenere la parola data… ma lui voleva crederci e voleva farlo con tutto il suo cuore. Forse Castiel si sarebbe potuto considerare un essere estremamente ingenuo, ma, quando ti è data la possibilità di ottenere ciò che vuoi veramente, chiunque avrebbe lasciato da parte lo scetticismo per lasciarsi cullare da false speranze e promesse appese ad un filo…
I tre erano ora in viaggio verso una piccola cittadina in Colorado, Phippsburg: lì si sarebbero incontrati con Crowley per stabilire il da farsi. Il demone, nel frattempo, sarebbe andato a “sistemarsi il braccio e a ripulirsi”, o almeno così aveva detto loro.
Di strada ce n’era ancora parecchia e, come è noto a tutti, Dean non poteva resistere più di tanto senza trangugiare un gustoso e pesante hamburger al bacon, così parcheggiarono l’impala di fronte ad un piccolo fastfood sulla strada ed uscirono dalla macchina.
Neanche il tempo di sentire il rumore della portiera che sbatteva alle sue spalle che Dean si era già piazzato davanti al cartellone dei panini del giorno con l’aria di un bambino che, tutto eccitato, viene portato per la prima volta da McDonalds.
Raggiunto il fratello, Sam lo guardò accigliato; Dean per tutta risposta replicò al suo sguardo con un: “Che c’è? Ho fame!”
L’ex-angelo e i Winchester entrarono nel locale e si sedettero ad un tavolino in un angolo. Sam ordinò la solita insalata, Dean il solito hamburger stracolmo di bacon e grondante di salsa e Cas un cheeseburger – che aveva scoperto di amare da quando era diventato umano.
Stravaccato sul divanetto di pelle rossa e con aria soddisfatta, il fratello maggiore sembrava proprio essere ristorato dal suo panino: “è una di quelle cose, il bacon, che non ti delude mai” sussurrò, quasi stesse parlando direttamente all’hamburger. Sam e Cas si scambiarono sguardi attoniti ma divertiti: ci voleva proprio un attimo di pace dopo la scorsa nottata. Ultimamente, tutt’e tre avevano avuto talmente tanti pensieri che gli affollavano la testa, che erano bastati l’ambiente rilassato del fastfood e l’odore fragrante del bacon del panino di Dean ad alleggerire loro la giornata. Giornata che tra l’altro sarebbe stata lunga e pesante, dato che, dopo ore di viaggio, avrebbero dovuto incontrare Crowley per discutere del suo piano di rivolta contro Abaddon… Tutt’e tre avevano bisogno di “staccare”: la caduta degli angeli li aveva distrutti, con Sam che aveva riportato danni fisici a causa delle prove, Dean che si affannava, in continuo pensiero per lui, e Cas nella sua nuova forma umana e i suoi sentimenti per Meg…
Stavano per andarsene, quando improvvisamente, con un immenso frastuono, qualcosa frantumò in mille pezzetti il vetro della facciata del locale. Le poche persone sedute ai tavoli corsero via terrorizzate, mentre il trio si armava di coltelli e pistole, pronto ad affrontare il pericolo. Una donna fece la sua entrata nel fastfood: sulla trentina, capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, occhi neri… completamente neri.
Avanzava lentamente tra le schegge di vetro calpestandole, sguardo fisso al bancone di fronte a lei. Un ragazzo dal viso tra lo sconcertato e l’impaurito si era nascosto sotto alla cassa: probabilmente, immobilizzato per lo spavento, non era riuscito a scappare insieme agli altri. E il demone sembrava puntare proprio a lui… Quasi certamente pensava di essere sola con la sua vittima, perché non aveva notato Sam, Dean e Castiel, armati fino ai denti, nell’angolo a sinistra della porta.
“Vieni fuori, bastardo! – urlò il demone, digrignando i denti – Non fai più tanto il duro ora che hai perso le tue alucce, eh?”
La situazione era chiara: i Winchester e Cas si erano ritrovati di fronte ad uno dei demoni-sicari di Abaddon mandato ad eliminare un altro degli angeli caduti.
La ragazza con gli occhi di pece si avvicinò al bancone e, proprio nel momento in cui stava per scovare l’ex-angelo indifeso, Sam e Dean la presero per le braccia e la tennero ferma mentre Castiel la pugnalava alla schiena. Lasciarono cadere il corpo senza vita del demone e della povera ragazza che aveva posseduto.
Passato il pericolo, la testa dell’ex-angelo spuntò da dietro al bancone. Aveva uno sguardo davvero terrorizzato. Sam si avvicinò al ragazzo e gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi. Castiel si affrettò ad aiutarlo a sedersi su uno dei divanetti del locale e si mise vicino a lui.
Guardandolo con i suoi occhioni blu pieni di preoccupazione, gli chiese: “Stai bene, fratello?”
Il ragazzo lo fissò con aria confusa, come se non capisse a cosa si stesse riferendo quell’uomo con il trench coat…
“Fratello? Sono solo un povero ragazzo di una piccola cittadina, vi prego, non fatemi del male!” li implorò. Castiel rimase di stucco. Probabilmente non ricordava nulla. Non ricordava di essere stato un angelo, delle lotte in Paradiso, della caduta… Sam e Dean fissarono il loro amico con uno sguardo interrogativo.
Cas si alzò e andò verso di loro: “Alcuni si dimenticano di essere stati angeli dopo aver perso la Grazia, – iniziò a spiegare – vedete, per qualcuno di noi la caduta è talmente traumatica che è come se preferissero dimenticarsela piuttosto che soffrire…”. Abbassò lo sguardo. Anche lui avrebbe voluto scordarsi tutto, ricominciare da zero. Aveva fatto talmente tanti danni che forse, se si fosse lasciato il Paradiso alle spalle una volta per tutte e avesse iniziato una nuova vita mortale, come quando era diventato Emanuel, sarebbe stato meglio per tutti. Ma no. Lui ricordava, e il ricordo gli logorava le membra ogni giorno che passava sempre di più; l’unica cosa che gli permetteva di andare avanti era Meg. Anzi, forse era proprio per questo che ricordava. Aveva preferito soffrire per le sue colpe piuttosto che dimenticarsi dell’esistenza di lei…
“…Quindi non può più ricordare nulla del Paradiso e di tutto il resto? Come se avesse schiacciato il pulsante “reset”?” domandò Sam.
“Non capisco bene il significato della parola “reset” e cosa c’entri un pulsante in questa storia, comunque credo che tu abbia afferrato il concetto”, rispose serio Cas. “Comunque, volendo, lui potrebbe richiamare alla memoria la sua vita da angelo… Non ricordate Anna? Anche lei all’inizio non sapeva di essere caduta, eccetera.”
Castiel si voltò verso il ragazzo, che li fissava ancora impaurito. Si avvicinò, si accovacciò di fronte a lui, gli mise le mani sulle spalle e, guardandolo negli occhi, gli disse in tono rassicurante: “Ascoltami bene. Quello che ha appena cercato di ucciderti era un demone. Tu eri un angelo, fino a poco tempo fa, ed ora sei in pericolo. So che è difficile da credere, ma è così.”
Cas azzardò un abbraccio. Sam e Dean guardavano la scena stupiti, in effetti, si sorprendevano sempre di come fosse migliorato l’approccio di Castiel con le altre persone.
Comunque, l’abbraccio tra i due angeli aveva come “sbloccato” la memoria del ragazzo, il quale rivolse al fratello finalmente riconosciuto uno sguardo pieno di gioia; stavolta fu lui ad abbracciare Cas.
“Vi ringrazio per avermi salvato!”, esclamò.
“Adesso però ti devi nascondere, non sei al sicuro se rimani qui.”, disse Sam.
Il ragazzo annuì: avrebbe trovato un luogo lontano da tutti e l'avrebbe riempito di trappole anti-demone.

Sam, Dean e Cas, dopo aver salutato il ragazzo, si diressero verso l’impala. Appena prima di salire, Dean rivolse uno sguardo serissimo agli altri due: “Se trovo anche solo un pezzetto microscopico di vetro sui tappetini della mia piccola, sarete sbattuti giù dalla macchina entrambi, perciò vi consiglio caldamente di controllarvi le suole delle scarpe se avete pestato le schegge della vetrina!”
Castiel obbedì immediatamente al comando, mentre Sam guardò il fratello alzando un sopracciglio e salì in macchina lo stesso.
Si rimisero subito in viaggio.
Evidentemente Crowley non aveva mentito: Abaddon stava davvero sterminando gli angeli caduti.

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Capitolo 4
*** Crowley e il piano perfetto ***


Boom.
Un’altra violenta esplosione colpì il vecchio edificio. Ormai i tirapiedi di Abaddon avevano circondato il magazzino: Sam, Dean, Castiel e Crowley erano sotto attacco.
“Ci hanno trovati! Preparatevi, non sarà un’impresa facile!”, urlò l’ex-sovrano degli inferi per sovrastare il frastuono.
I quattro si posizionarono schiena a schiena al centro dell’ampia stanza, ognuno era pronto ad affrontare il pericolo imminente con la propria arma in pugno. Poi un’altra esplosione e la parete dell’ingresso fu distrutta…

Due ore prima
“Hey Dean, accosta: il posto sembra questo.” dichiarò Sam. Avevano guidato l’impala fino alla periferia di Phippsburg, dove Crowley gli aveva riferito che si sarebbero incontrati. Si trovavano di fronte a quello che sembrava un vecchio magazzino abbandonato da anni, ormai in rovina. Dai vetri rotti delle finestre non si riusciva ad intravedere quasi nulla di quello che conteneva lo stabile.
L’edificio si estendeva su un solo piano, ma sembrava comunque davvero grande, ed era circondato da una pineta che facilitava probabilmente i traffici segreti del secolo scorso.
I due cacciatori e l’ex-angelo scesero dall’auto tenendo gli occhi fissi su quell’edificio: sul muro della facciata notarono subito alcuni simboli anti- demone e dei pentacoli; evidentemente il buon vecchio Crowley si era organizzato per bene. Sam e Dean entrarono per primi, lasciando Cas davanti all’entrata. Fissava il simbolo anti-angelo dipinto sul portone d’ingresso: inizialmente, abituato com’era da millenni ad essere respinto da disegni come quello, si bloccò d’istinto, poi, resosi conto che su di lui ormai non avrebbe più avuto alcun effetto, restò a guardarlo qualche istante con i suoi occhioni blu un po’ umidi.
Dean si voltò come per chiamare il suo amico e, quando notò la sua espressione, provò un attimo di tenerezza nei suoi confronti. Con lo sguardo più comprensivo che gli riuscì, gli fece cenno di seguire lui e il fratello minore all’interno dell’immobile.
Era un’unica stanza, molto ampia, quasi del tutto vuota, ad eccezione di alcuni macchinari poco ingombranti attaccati alla parete sinistra ed alcuni scatoloni, dai quali fuoriuscirono tre o quattro topi non appena Sam vi si avvicinò.
“Salve ragazzi”, esclamò Crowley uscendo dall’ombra di un angolo buio del locale.
“Devo confessarvi che stavo iniziando a preoccuparmi! Siete in ritardo, forse la vostra alce parlante non si è sentita bene durante il viaggio?”
“Veramente siamo stati attaccati da una delle puttanelle di Abaddon che cercava di uccidere un angelo!”, sbraitò Dean.
“Oh ma davvero? Allora ritiro tutto! Quanto siete stati coraggiosi, siete degli eroi, vi darò una medaglia al valore o forse il premio Nobel per la pace”, persino Castiel riuscì a comprendere il pungente sarcasmo del demone.
“Piantiamola per un minuto, per favore: se vogliamo collaborare dobbiamo smetterla di comportarci come bambini!”, intervenne Sam.
“Sì, l’alce ha ragione. Discutiamo del piano piuttosto. Ah, innanzi tutto, volevo informarvi che ho preso alcune misure di sicurezza nel caso dovessero arrivare ospiti indesiderati: alcune delle trappole disegnate sulle pareti c’erano già prima che arrivassi, ma altre le ho aggiunte per precauzione, ho riempito ogni fessura di questo luogo di sale e poi ho fatto qualche modifica all’allarme antincendio…”
“Ok, d’accordo, ma ora vogliamo sapere del piano”, disse Dean, fissando il demone con un’espressione che sembrava gridare dimmi quello che voglio sapere che tanto non mi fido di te e dei tuoi trucchetti.
“Ok, ok, calmati scoiattolo. Allora, ascoltatemi bene, – iniziò – voi sapete che gli angeli erano convinti di aver ucciso tutti i cavalieri dell’Inferno…”
“Sì, ne eravamo sicuri, fino a quando non è arrivata Abaddon”, lo interruppe Cas.
“Appunto! Ed io so come è riuscita a sopravvivere allo sterminio dei cavalieri da parte degli angeli. Vedete, credo che ne abbiate sentito parlare, esistono tre sorelle, che sono chiamate “Parche”…”
“Sì, lo sappiamo, abbiamo già avuto a che fare con una di loro. Loro sanno già cosa accadrà e fanno in modo che avvenga. Ma non capisco che cosa c’entri il Fato con Abaddon…”, disse Sam.
Crowley perse la pazienza: “Se voi idioti, riusciste, almeno una volta nella vita, a farmi arrivare alla fine di una frase, forse a quest’ora non te lo staresti più chiedendo!”. Riprese il controllò di sé, e con un gran sospiro riprese il discorso: “Dicevo, - continuò, con un sorriso autentico quanto le tette di Dean – è stata tutta colpa di una delle Parche. Durante lo scontro finale tra angioletti e cavalieri, hanno avuto un bel po’ di lavoro da fare, c’era il caos sia in terra che in Paradiso che all’inferno. E, in mezzo a tutta quella confusione, Atropos, la sorella minore delle tre, ha tralasciato un piccolo dettaglio lasciando Abaddon viva.”
“Ma com’è possibile? Le Parche sono le creature più meticolose con cui abbiamo avuto a che fare, mi sembra davvero strano che abbia fatto un errore del genere”, commentò Sam dubbioso.
“Beh, ragazzi, stiamo parlando di millenni e millenni fa, all’epoca Atropos era alle prime armi, era il suo primo incarico importante. Comunque, la piccola Parca, da quando si è accorta del suo sbaglio, ha fatto di tutto per evitare che le sorelle lo venissero a sapere. Tra un lavoro e l’altro la cerca, ma Abaddon non è di certo una sciocca. Scampato il pericolo è sfuggita al Fato per tutto questo tempo: lo sa anche lei che, se un giorno Atropos dovesse trovarla, non potrebbe più evitare il suo destino. Quella puttana è riuscita ad ottenere ancora più potere da quando è salita al trono, – Crowley digrignò i denti e strinse i pugni per la rabbia – ora ha a disposizione un esercito di seguaci numerosissimo che la difende e la sottrae alla vista del Fato… Perciò noi non dobbiamo far altro che miss reginetta degli inferi rimanga sola con la Parca e il gioco è fatto.”, concluse Crowley risoluto.
Sam, Dean e Cas rimasero di stucco: se davvero Abaddon era diventata così potente e il suo esercito era talmente forte da riuscire a nasconderla da Atropos, come avrebbero fatto loro a raggiungerla ed intrappolarla?
“Ci prendi per il culo? …E come pensi di fare ad arrivare a lei?”, chiese Dean, sempre meno convinto di aiutare il demone.
“Beh, non sarò più io il Re, ma ho ancora i miei seguaci. Spie, a dire il vero. I miei contatti ci permetteranno di avvicinarci il più possibile a lei e, una volta fatto questo potrete intrappolarla con i vostri giocattoli anti-demone.”
“E come fai ad essere sicuro che Atropos poi collabori?”, Dean cercava di trovare un punto debole nel piano di Crowley, in modo da tirare fuori lui, suo fratello e Cas da quella storia assurda.
“È semplice: ricatto. Se lei non ci aiuterà, noi spiffereremo tutto alle sue sorelle… e non credo che saranno molto clementi con lei”, sorrise beffardo.
I Winchester e l’ex-angelo si scambiarono delle occhiate poco convinte, ma alla fine dichiararono: “Ok, ci stiamo.”

Presente
Boom. I demoni stavano buttando giù la facciata dell’edificio per poter eludere tutte le trappole disegnate da Crowley.
Abaddon aveva inviato una squadra di demoni al magazzino appena aveva scoperto il nascondiglio dell’ex-sovrano. Lei non era a conoscenza del piano, ma aveva sentito che il demone stava complottando contro di lei e, malgrado non lo reputasse abbastanza potente da distruggerla, sapeva che poteva essere una seccatura avercelo contro: Crowley era estremamente ingegnoso e subdolo.
Gli scagnozzi della regina irruppero nel magazzino: “Ma guarda chi se vede! I Winchester e il loro amichetto! Il capo sarà più che felice di sapere, quando saremo tornati, che abbiamo ucciso un altro angelo caduto”, disse in un ghigno uno di loro.
I quattro si scagliarono senza pietà contro i demoni: Sam tagliava la gola a chiunque gli capitasse davanti con il suo coltello, Crowley – a conoscenza di ogni metodo di tortura – si sbizzarriva anche nella lotta libera, mentre Dean, salito su uno dei macchinari, sparava dall’alto della sua postazione le pallottole speciali trovate nel bunker a chiunque si avvicinasse ai suoi compagni. Castiel, al suo primo vero scontro nella sua forma umana, aggrediva i demoni con l’arma che utilizzava quando era ancora un angelo. La prima volta che venne colpito, Cas rimase un po’ disorientato: per la prima volta stava scoprendo quanto il corpo di un essere umano poteva essere fragile. Resistette al dolore atroce e continuò il corpo a corpo col demone che gli si era scagliato contro, quando quest’ultimo gli sussurrò: “Meg ti saluta, angioletto!”. A queste parole, l’ex-angelo raccolse tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo e mozzò la testa al bastardo con un taglio netto.
Improvvisamente, Crowley si diresse verso il pulsante dell’allarme antincendio, lo premette e svanì in uno schiocco di dita. I getti di pioggia dal soffitto sembravano corrodere i corpi agonizzanti dei demoni e quelli rimasti vivi scapparono immediatamente: Crowley aveva sostituito la normale acqua con dell’acqua santa.
L’attacco era stato sventato. Sam, Dean, e Castiel erano coperti di sangue, un po’ dei demoni uccisi e un po’ loro, ma stavano bene.
Crowley riapparse di fronte a loro e, con il suo solito sorriso, disse: “È incredibile come alcuni impianti antincendio funzionino ancora così bene dopo tanti anni, vero?”

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Capitolo 5
*** Affascinante come Crowley ***


“Devo ancora spiegarmi perché ho accettato di viaggiare con voi…”, borbottò Crowley, seduto sul sedile posteriore dell’impala, di fianco a Castiel.
“Perché, se sei ancora deciso a collaborare con noi, allora staremo tutto il tempo insieme, che ti vada o no!”, esclamò il maggiore dei Winchester, osservando bieco attraverso lo specchietto retrovisore il demone.
Infatti, dopo l’attacco al magazzino, i due cacciatori e l’ex-angelo avevano imposto una condizione a Crowley: se voleva continuare a cooperare con loro avrebbero dovuto stare insieme ventiquattrore su ventiquattro. Questo serviva a “tenerlo d’occhio”, in questo modo il demone non avrebbe potuto andarsene e, per esempio, fare il doppio gioco. Non si sa mai, le precauzioni non sono mai troppe quando si ha a che fare con lui, aveva sussurrato Dean agli altri due prima di rimettersi in viaggio.
Certo, essendo un demone, Crowley avrebbe potuto filarsela in un poob quando voleva, ma automaticamente avrebbe infranto il patto fatto con i Winchester e Castiel, rimettendoci di conseguenza il loro aiuto e l’ex-sovrano degli inferi sapeva benissimo che da solo non sarebbe riuscito a riconquistarsi il trono tanto bramato.
Crowley sbuffò e alzò lo sguardo alla risposta di Dean: ultimamente era stato incastrato un po’ troppe volte dai Winchester…
Ora il team si stava dirigendo verso quello che il demone aveva definito “il palazzo delle Parche”. Infatti, “Ci sono solo due modi per contattare una delle tre sorelle: o la si provoca continuando a cacciarsi in situazioni pericolose, o la si va a trovare a casuccia”, aveva spiegato pochi momenti prima Crowley. Il primo, diciamo, era il “metodo tradizionale”, mentre solo in pochi sapevano dove si trovava il palazzo – e, chissà come, il sovrano spodestato ne conosceva la posizione. A quanto pareva l’entrata era nascosta in un piccolo paese vicino al confine con il Kansas.
Il viaggio fu molto lungo, forse soprattutto per Sam, il quale doveva sorbirsi le occhiatacce di suo fratello al demone, che rideva compiaciuto, e Castiel che, non avendo ancora chiara la percezione dei suoi bisogni umani, ogni mezz’ora chiedeva a Dean di fermarsi per andare in bagno.
Cas, intanto, era assorto nei suoi pensieri… La possibilità di riavere Meg sembrava divenire sempre più concreta. Pensava a lei mentre fissava il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, i suoi occhi azzurri speranzosi riflessi sul vetro.
Finalmente giunsero a destinazione: quello in cui entrarono era un vivace centro abitato, fornito di negozi e ristoranti. Forse Sam, Dean e Cas si aspettavano un luogo pressoché disabitato, visto che lì ci doveva essere l’entrata di un palazzo abitato da tre sorelle che controllavano il destino di ogni singolo essere umano vivente sulla Terra…
Ovviamente, stupito da ciò che si ritrovò davanti, Dean pensò subito ad un bluff del demone e, proprio mentre stava per aprire la bocca per lamentarsi, Sam lo fermò tirandogli una gomitata. I due si scambiarono sguardi che parlavano da soli: il maggiore aggrottò le sopracciglia mentre il minore sgranò gli occhi come per dire “Contieniti!”.
Il trio seguì Crowley in un vicoletto che portava sul retro di un pub dal nome davvero ironico per la situazione: Destiny’s.
Si trovarono davanti a quella che probabilmente era la porta del ripostiglio del locale. “Ecco, ci siamo”, disse l’ex-sovrano degli inferi.
Dopo aver ottenuto qualche goccia del sangue di ognuno dei presenti, Crowley la usò per dipingere sulla porta un simbolo che né Castiel né i Winchester conoscevano; dopodiché recitò una formula in latino.
“Mmm… Non mi sembra che sia successo granché, vero? Fatto cilecca?”, lo prese in giro Dean, ma dovette chiudere la bocca perché il demone si voltò verso di lui e lo fulminò con uno sguardo di fuoco.
Aprì la porta ed entrarono: con sommo stupore da parte di tutti – tranne che di Crowley, che era sembrato proprio sicuro delle sue mosse – la stanza in cui erano era tutt’altro che un normale sgabuzzino delle scope.
L’ampia sala dal soffitto altissimo, affrescato con delle immagini che ritraevano le Parche mentre tessevano il destino del genere umano, aveva le pareti blu notte con rifiniture dorate, che facevano somigliare i muri ad un cielo stellato, buio e luminoso allo stesso tempo. A Dean ricordò molto la stanza in cui anni prima aveva ucciso Zaccaria, solo molto più cupa ed elegante.
Attraversata quella prima sala, fecero per entrare in una seconda, quando improvvisamente comparve davanti a loro Atropos.
Con un’espressione tra il contrariato e il preoccupato – quando c’erano in ballo i Winchester non era mai niente di buono – disse severa: “Che cosa ci fate qui?”
Crowley, che fino a quel momento era stato coperto dall’alta figura di Sam, si mise davanti al trio e fissò la più piccola delle Parche, salutandola con un sorriso. Lei spalancò gli occhi sorpresa, evidentemente non si aspettava di vederlo lì, con i Winchester e Castiel. Ad un tratto il velo di serietà che la copriva sembrò scomparire del tutto e si rivolse a Crowley: “L’ultima volta che io e te ci siamo visti, non ci siamo salutati molto bene, vero? Abbiamo un conto in sospeso…”, accennò lei, lasciando intendere dal suo sguardo che fra quei due c’era stato qualcosa in passato…
Sam, Dean e Cas si scambiarono espressioni sconcertate e disorientate.
“Lo so, lo so, ma ora ci sono questioni più urgenti da sistemare… a quello penseremo un’altra volta”, Crowley accennò persino un occhiolino. Gli altri non ci potevano credere: non erano mai stati spettatori mentre l’ex-sovrano degli inferi sfoderava tutto il suo fascino – e, Dean dovette ammetterlo a se stesso, quel demone ci sapeva fare con le donne.
“Ah… Quindi che cosa sei venuto a fare?”, gli chiese lei, ignorando completamente la presenza degli altri tre.
“Beh, visto che non sono più il Re dell’Inferno – iniziò Crowley con un sorriso malizioso – farò quello che era solito fare una volta: patti.”

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Capitolo 6
*** Sogno ***


“Credevo che sarebbe stata più difficile la contrattazione con Atropos”, borbottò Sam appena risalito sull’impala insieme agli altri.
Infatti, il fascino sfoderato da Crowley sembrava avere dato i suoi frutti…
“A proposito, di che avete parlato nell’altra stanza poco prima che ce ne andassimo, eh?”, chiese Dean malizioso gettando un’occhiata al demone seduto dietro di lui sul sedile posteriore.
Crowley, con l’espressione più seria che gli riuscì: “Dovevamo discutere di alcune faccende arretrate… E comunque non sono affari tuoi”, concluse, volgendo il suo sguardo fuori dal finestrino per evitare quello curioso e indagatore degli altri tre.
Con un rombo del motore, Dean mise in moto la sua piccola. Ora arrivava la parte più difficile del loro piano: riuscire a penetrare le difese della Regina degli Inferi per arrivare direttamente a lei, intrappolarla e, letteralmente, abbandonarla al suo destino. E l’impresa non si prospettava per niente semplice. Crowley avrebbe dovuto portarli all’Inferno e lì, con l’aiuto dei suoi agganci, si sarebbero avvicinati il più possibile ad Abaddon.
Per ora, però, dovevano solo avere pazienza e mettere a punto il piano d’azione nei minimi dettagli: non potevano permettersi alcun tipo di errore.
Erano in viaggio verso il bunker, una volta arrivati lì, avrebbero potuto organizzarsi, al sicuro dagli scagnozzi di Abaddon, che erano pronti ad attaccarli in qualsiasi momento.
La strada era ancora lunga. All’interno dell’impala si respirava un’aria piena di preoccupazione e di tensione per la realizzazione del piano... Sam e Dean non vedevano l’ora che tutta quella storia finisse, in modo da poter continuare con la loro “normale” routine – per quanto le loro giornate potessero considerarsi normali. Entrambi avevano dubbi sulla riuscita del piano, sulla lealtà del demone col quale stavano collaborando, su come proteggere gli angeli caduti dalle grinfie di Abaddon… Guardavano la strada, dritta davanti a loro, mentre la loro mente attraversava quei pensieri inquieti. Crowley giocherellava con il suo iPhone, fingendo un’aria disinvolta, ma in realtà anche lui nascondeva miriadi di incertezze: lui, che si era sempre mostrato a tutti – anche prima di diventare un demone - come colui che ha sempre la situazione sotto controllo, quello con tutte le risposte… Ora sapeva solamente che si stava affidando completamente ai Winchester e, anche se, per orgoglio, non l’avrebbe mai ammesso, era contento che loro avessero accettato di aiutarlo.
Aspetta un attimo, davvero lo sto pensando? Beh, la cura dell’alce deve proprio avermi dato alla testa perché io non sarò MAI contento di avere intorno questi idioti, mai.
Ecco. Non lo ammetteva nemmeno a se stesso.
Comunque, forse la persona più preoccupata di tutte in quell’auto era Castiel. Dall’esito di quel piano di cui tanto si curavano gli altri dipendeva il fatto che avrebbe rivisto Meg… E per questo motivo non riusciva nemmeno a concentrarsi pienamente su quella che era la missione, perché non smetteva un attimo di pensare a lei.

Chissà dove si trova in questo momento…
Chissà se mi pensa qualche volta… Se pensa a quel bacio…
Forse la stanno torturando perché lei stava con noi…
Ma presto ti riabbraccerò Meg, presto sarai di nuovo con me e non permetterò che qualcuno ti faccia ancora del male.
Sconfiggeremo Abadon. Crowley riuscirà a tirarti fuori da lì. E tornerai da me. Non ti lascerò più andare via.
E se il piano non funzionasse?
Se dovessi morire?
Almeno morirei con la certezza di aver provato una cosa così bella per qualcuno di così speciale. Morirei con te nel cuore.
Io la amo.


I pensieri di Cas si aggrovigliavano intorno alle sue membra e stringevano sempre più man mano che il groviglio si faceva più voluminoso e intricato. Faceva male, più del solito, pensare a lei.
Normalmente non era così malinconico, così lagnoso. Non lo era mai stato, ma la stanchezza del viaggio e l’ansia per la missione lo stavano distruggendo, a tal punto che i suoi pensieri venivano amplificati e resi estremamente pietosi nella sua testa.
Si sentiva solo, in quel momento, terribilmente solo, ma se avesse esternato agli altri i suoi sentimenti si sarebbe reso irrimediabilmente patetico.
Aveva bisogno di dormire.
Così, appoggiata la testa sul finestrino dell’impala, socchiuse quei teneri occhi blu, che intravedeva riflessi sul vetro, in contrasto alle campagne verdi che scorrevano di fianco a lui.
Il miscuglio di colori che penetrava dalle fessure dei suoi occhi semi-chiusi, le vibrazioni dell’auto in movimento che arrivavano alla sua testa appoggiata allo sportello, il dondolio soporifero della macchina e il rumore del motore… tutto ciò lo cullò dolcemente e lentamente in un sonno profondo.

Si trovava in mezzo ad un campo incontaminato e deserto. L’erba alta e verde dondolava sotto la spinta leggera di una delicata brezza di primavera. Sentiva il profumo inebriante dei fiori selvatici sfiorargli il naso, mentre, disteso in mezzo al prato, osservava le nuvole. Lei era di fianco a lui. Era bellissima nel suo abito da sposa. Entrambi fissavano il cielo felici e un po’ impazienti, come in attesa di una qualche rivelazione.
Si guardarono negli occhi. Sorrisero, un sorriso che non lascia spazio alle parole. Mano nella mano, distesi sull’erba morbida, si avvicinarono.
Stavano per baciarsi, quando il cielo si scurì e il sole scomparve, soppiantato da nubi nerissime e colme di odio. Si intravide, per un attimo, un fulmine che trafiggeva l’aria. Un boato fortissimo. L’erba sparì, come qualsiasi altra forma di vita in quel paesaggio che fino a quel momento era stato così sereno… Castiel si sedette, si girò verso la sua amata, ma Meg non c’era più: al suo posto giaceva il corpo senza vita di una tigre dalla quale partivano due enormi ali stampate sul terreno arido. Si alzò da terra, sconvolto. Si guardò in giro: non c’era nessuno. Chiamò invano il nome di Meg, ma non ricevette alcuna risposta.
Era spaventato. Sapeva che la tempesta era venuta per lui, ma non c’era via di fuga.
Cercò di ribellarsi al quel destino crudele e cominciò a correre, continuando ad urlare il nome della sua amata.
All’improvviso precipitò nel vuoto: la Gabbia si era aperta sotto i suoi piedi.
Continuava a cadere e a cadere, all’infinito, nel buio più totale.
Poi il suo corpo si trasformò in una palla di fuoco: stava solcando il cielo notturno per poi cadere nella boscaglia. Si sentiva privato di qualcosa, disorientato e non sapeva che cosa fare.
Terrorizzato, si rese conto che ciò che lo circondava era il Purgatorio e poi… beep

“Forza Cas, non è mica il momento di dormire! Abbiamo del lavoro da fare”, lo svegliò Dean con una bella suonata di clacson.
E forse era stato meglio così… invece di riposarsi, l’incubo l’aveva reso ancora più debole e preoccupato.
Scese dall’impala a fatica, con tutti i muscoli intorpiditi ed entrò nel bunker con gli altri.







NOTA D’AUTRICE:
Salve lettori! Innanzitutto, volevo scusarmi per aver postato questi ultimi due capitoli un po’ in ritardo. Purtroppo con l’inizio della scuola sarò molto più impegnata di prima e probabilmente anche i prossimi capitoli verranno pubblicati con questo ritmo – anche se cercherò sempre di non far passare più di una settimana da una pubblicazione all’altra.
Questo capitolo è un po’, diciamo, una specie di “pausa” dalla storia vera e propria. Ho voluto focalizzarmi di più su quello che provano i vari personaggi – soprattutto Cas – per cercare di fare il punto della vicenda.
È un momento molto importante della trama, si potrebbe definire la quiete prima della tempesta… Spero di essere comunque riuscita a rendere piacevole la vostra lettura!
Al prossimo capitolo (:

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Capitolo 7
*** Inferi ***


Il sole batteva rovente sul terreno.
Nel bunker dei Winchester regnava il silenzio più assoluto.
E non era un silenzio rilassato, uno di quelli che magari si presentavano dopo una lunga ma soddisfacente giornata di caccia.
Dean e Sam erano seduti al tavolo, il primo con una birra aperta in mano e una ferita che non aveva ancora smesso di sanguinare alla spalla sinistra, il secondo con un occhio nero, il sangue ormai asciutto sul naso e sulle guance.
Crowley era forse il più arrabbiato di tutti, ma non parlava. Qualcosa era andato storto, qualcosa era riuscito a sfuggire al suo controllo… In piedi, davanti alla cartina che avevano consultato il giorno precedente prima di partire per la missione, fissava i punti segnati e ragionava e ragionava, incapace di reggere un altro fallimento. La sua autostima stava calando precipitosamente e questo non poteva permetterlo. Non poteva mettersi in discussione, lui, che da un semplice demone degli incroci era diventato Re dell’Inferno… Queste ultime settimane lo stavano mettendo a dura prova, un po’ come anche stava succedendo agli altri.
Castiel, seduto sul letto della sua camera, era immobile. I gomiti appoggiati alle ginocchia, lo sguardo fisso nel vuoto. Vuoto. Ecco come si sentiva: vuoto. Aveva fallito. Aveva fallito e perso la sola ed unica possibilità di ritrovare Meg. Non avrebbe dovuto scoraggiarsi, ma non ci riuscì. Era talmente abbattuto che, per la prima volta da quando era diventato un umano, pianse.
Lacrime di tristezza, di disperazione, lasciò andare tutto il dolore, le delusioni, le preoccupazioni, le speranze, tutto ciò che si era tenuto dentro fino a quel momento. Doveva sfogarsi prima o poi…
Si portò le mani al viso, le guance rigate dalle amare gocce di tristezza che scendevano dai suoi occhi blu gli bagnarono i palmi. Gli sembrava di impazzire, aveva il cuore in frantumi, si sentiva debole come non mai. Quei sentimenti così umani, mai provati prima, lo stavano uccidendo, si sentiva il cuore scoppiare.
Ora capiva perché alcuni uomini dubitavano dell’esistenza di Dio. Come poteva un comune mortale, investito da un tale carico di tristezza e di delusione, credere all’esistenza del Signore, Colui che salva, che protegge… Gli angeli non avevano dubbi, come potevano averne, ma gli esseri umani? Ignari di tutto ciò che accade tra Paradiso e Inferno, inconsapevoli delle lotte fra esseri soprannaturali e persino dell’Apocalisse…
Attaccato da tutte quelle emozioni, Castiel sembrava non capire più nulla, come se avesse perso il controllo di sé, ma almeno lui poteva avere la certezza dell’esistenza di Dio.
Si lasciò trasportare dal pianto, si sfogò finché non gli sembrò che gli mancasse perfino il respiro. Una volta che si fu calmato si sdraiò sul letto e, con lo sguardo umido fisso sul soffitto bianco, ripensò a quello che era successo poco prima, quando tentarono di raggiungere Abaddon nel cuore dell’Inferno…



Tre ore prima

“Bene, ora viene la parte divertente del piano – disse Dean in tono sarcastico – ripetimi un po’ com’è che vorresti intrufolarti negli Inferi?” e rivolse a Crowley uno sguardo tra l’interrogativo e lo sprezzante.
Erano sulla cima di una collinetta avvolta nella notte, ai piedi della quale si trovava un vecchio maniero abbandonato e lasciato in preda al tempo e alle intemperie: all’interno doveva esserci l’entrata del regno di Abaddon.
Crowley alzò gli occhi al cielo con impazienza: “Lo vedi il rudere laggiù? Noi dobbiamo arrivare fino al portone d’ingresso, che è sorvegliato da cinque demoni, di cui due sono miei seguaci: loro ci aiuteranno a superare le prime barriere della sicurezza.”
“Come fai ad essere sicuro che sia davvero qui il passaggio?”, chiese Sam al demone.
“Te l’ho già spiegato, alce: Abaddon, appena è salita al potere, ha cambiato il luogo di ingresso agli inferi e, sai com’è, è una tipa un po’ all’antica e, devo dire, davvero poco originale…” disse facendo una smorfia.
“Fammi capire, vorresti davvero entrartene così, dalla porta principale?!” esclamò Dean, che ancora non aveva ben chiaro il piano - forse perché mentre ne parlavano la sera prima, dopo aver discusso animatamente con Crowley varie volte, aveva pensato che sarebbe stato più utile gustarsi una fetta di crostata e andarsene a letto.
L’ex-sovrano fece un segnale ai suoi complici che, coltolo al volo, presero di sorpresa gli altri tre demoni all’entrata e li uccisero, mentre i Winchester, Castiel e Crowley si precipitavano silenziosamente giù dalla collina.
Varcata la soglia, percorsero un lungo corridoio con il soffitto quasi inesistente e si diressero verso la sala del trono: lì sarebbero entrati nel regno degli inferi.
Uccisa una dozzina di demoni, si ritrovarono finalmente nella stanza del passaggio. A quel punto, Crowley recitò, insieme ai suoi scagnozzi, una serie di formule in latino, dopodiché un vortice, simile a quello che aveva inghiottito Sam, Lucifero, Adam e Michele, si formò proprio sulla parete di fronte a loro.
L’ex-re si voltò verso i suoi compagni ed esclamò: “Che fate, bambine? Venite o no?” Poi fece un passo avanti e lui, con gli altri due demoni, finì trascinato nel vortice nero.
I fratelli e Castiel si scambiarono sguardi d’intesa e saltarono insieme nel passaggio. Fu una strana sensazione quella che provarono, come se lo stomaco si rivoltasse dentro i loro corpi, ma poi arrivarono sani, salvi e forse un po’ frastornati dall’altra parte.
Era stato fin troppo facile.
Si trovarono di fronte ad uno spettacolo orrendo: migliaia e migliaia di anime venivano torturate in quello che sembrava uno spazio infinito e tinto del sangue delle vittime martoriate dai demoni.
L’Inferno era tornato quello che era prima che Crowley prendesse il potere, era ridiventato come Dean lo ricordava: un incubo di torture senza fine.
Molti ricordi che pensava di essere riuscito a seppellire in profondità nella sua anima riaffiorarono come sollevati da una forza misteriosa e terribile: l’Inferno stesso stava ricominciando la sua tortura dentro di lui, lacerandolo all’interno, facendogli ricordare i momenti peggiori che il suo inconscio aveva rimosso.
Cadde a terra, tenendosi le mani sulla testa con una smorfia di dolore.
Sam e Castiel accorsero in suo aiuto: “Dean! Dean, che succede? Dean? Mi senti?”
“S..Sto…Sto bene…”, si sforzò di rispondere alzandosi in piedi.
Dopo che Dean ebbe rassicurato gli altri trattenendo tutto il dolore che gli provocavano i suoi ricordi, continuarono il percorso praticamente senza alcun intoppo.
Tutto stava andando liscio, troppo liscio. Affrontarono qualche demone che aveva tentato di fermarli, ma il livello di sorveglianza degli Inferi non poteva essere così basso… Possibile che nessuno si fosse accorto che un ex-angelo, i due cacciatori più odiati/temuti dai qualsiasi creatura soprannaturale e l’ex-sovrano bandito dal suo regno fossero entrati nell’Inferno?
La situazione era troppo tranquilla.
“Ragazzi, qui c’è qualcosa che non va…”, disse Sam.
“Concordo. Perché nessuno ci ha fermati? Abaddon non è una stupida, non abbasserebbe mai la guardia in questo modo”, continuò Cas, guardandosi intorno con occhi sospettosi.
Crowley, rallentando il passo con un’espressione di disappunto dipinta sul volto: “Odio ammetterlo, ma avete ragione…”
Poi all’improvviso, uno dei due demoni che li avevano accompagnati fin lì attaccò Castiel alle spalle, tentando di tagliargli la gola, ma l’ex-angelo, reduce dai combattimenti in Paradiso, fu più veloce e, tirata fuori la sua arma angelica, lo trafisse da parte a parte. Ci fu un attimo in cui tutti su fissarono immobili. Poi uscirono da ogni dove orde di demoni pronti all’assalto: era un’imboscata.
I Winchester, Cas e l’ex-re degli Inferi presero a combattere con tutta la foga possibile, ma i nemici erano troppi…
Così Crowley li prese tutti con sé e riuscì a “teletrasportarli” in salvo davanti all’entrata del bunker.
Era un’abilità che aveva acquisito una volta divenuto sovrano, ma che dopo la cura si era indebolita.
Sfinito, il demone si accasciò sulla soglia.





NOTA D’AUTRICE:
Salve lettori! Domani esce finalmente la nona stagione di Supernatural (finalmente, non ne potevo più di aspettare!) e ho voluto pubblicare prima questo capitolo.
Spero di essere riuscita a catturare la vostra attenzione con un po’ d’azione. Recensite, recensite, recensite! Sono ben accetti complimenti e critiche.
Che Castiel vi protegga tutti! (:

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Capitolo 8
*** Grindylow ***


Erano ormai passati giorni dal fallimento della loro impresa e l’amaro della sconfitta era ancora palpabile nell’aria.
Ma i Winchester non si sarebbero scoraggiati facilmente, era nella loro natura, nel loro DNA, lottare.
Le bruciature e le ferite sulla loro pelle si facevano ancora sentire, ma il team era già al lavoro. Crowley, dopo il tradimento dei suoi due scagnozzi, aveva deciso di lasciare perdere l’idea di “affidarsi” di nuovo all’aiuto di qualcuno all’infuori dei Winchester e di Castiel. Dovendo accantonare, quindi, la possibilità di ricevere aiuti esterni, i quattro erano rimasti soli: potevano affidarsi solamente alle loro capacità.
Sam, forse il più sfinito di tutti dopo lo scontro con i demoni, cercava in ogni libro di cui il bunker era fornito informazioni sui cavalieri dell’inferno e su come distruggerli, ma per ora non era riuscito a trovare nulla.
Castiel, nei giorni che seguirono l’imboscata negli inferi, non aveva dovuto affrontare solamente la delusione, la tristezza e lo sconforto per la non riuscita del piano, ma anche il dolore fisico delle ferite che aveva riportato nella battaglia: quando era un angelo, non aveva mai visto uscire così tanto sangue dal corpo del suo tramite. Ma lui era forte e, dopo un primo momento in cui tutte le sue speranze gli erano sembrate senza alcun valore, aveva ripreso le redini della sua vita da umano e aveva ricominciato ad avere fede. Le sue lesioni erano guarite più in fretta di quelle degli altri, forse perché aveva in corpo alcuni rimasugli della sua Grazia angelica che avevano aiutato le sue ferite a rimarginarsi più velocemente del normale – anche se il grosso taglio sul suo torace aveva lasciato una vistosa cicatrice.
Cas aveva anche avuto un’idea per salvaguardare i suoi fratelli caduti dagli attacchi di Abaddon: insieme ai Winchester, erano riusciti a creare una specie di “Programma Protezione Angeli”, per cui Garth aveva sguinzagliato praticamente tutti i cacciatori che conosceva – ed erano davvero tanti - in giro per l’America in cerca degli angeli caduti. Ogni creatura celeste trovata veniva portata al sicuro in una zona super-protetta creata e gestita da Garth in persona – il quale si sentiva una specie di supereroe che salvava donzelle in pericolo. Infatti, ogni volta che Dean lo chiamava per chiedergli notizie, gonfiava il petto e, con un sorriso misto fra eccitazione e orgoglio, gli rispondeva soddisfatto: “Tutto sotto controllo!”.
E così il team aveva fatto un passo avanti per quanto riguardava il problema degli angeli, in compenso non avevano proprio idea di come catturare Abaddon.
Tentare un’altra gitarella all’Inferno era assolutamente fuori discussione: le loro condizioni fisiche al momento non glielo avrebbero permesso e poi la regina dell’Ade sicuramente non li avrebbe nemmeno lasciati avvicinare all’entrata del suo regno una seconda volta.
Per il momento avevano deciso che si sarebbero presi del tempo per recuperare del tutto le forze e raccogliere le idee.
Crowley, che all’inizio era riluttante all’idea di rimanere con loro nel bunker, si era rassegnato abbastanza in fretta e si stava abituando pian piano a convivere con quelli che fino a pochi mesi prima erano stati i suoi nemici. E la cosa che lo stupiva ogni giorno di più – ma che non avrebbe mai ammesso – era che gli piaceva. Discuteva in continuazione con Dean, prendeva in giro i capelli di Sam e stuzzicava Cas, ma gli piaceva stare in loro compagnia. Certo, la mezza-cura che gli avevano somministrato aveva avuto questo strano effetto su di lui – era come se si ricordasse improvvisamente come ci si sentiva ad essere un umano – ma la verità era che non li aveva mai considerati dei veri e propri nemici.
E Dean – anche se ovviamente neanche lui l’avrebbe mai confessato – stava cominciando a maturare una leggera fiducia in Crowley.
In attesa di riacquistare le forze, quindi, sarebbero stati a “riposo” ed avrebbero seguito qualche caso, proprio come ai vecchi tempi, solamente che ora i due fratelli potevano contare su un demone e un ex-angelo.

Quella mattina, Dean si era alzato di buon ora e, vestito solamente dei suoi boxer e coperto dalla sua vestaglia marrone scuro, si aggirava nella batcaverna con una tazza di caffè in mano in cerca del computer di Sam.
“Ma dove diavolo l’ha nascosto…”, borbottava in un sussurro mentre passava in rassegna con lo sguardo le varie stanze, “…mai una volta che lo lasci nello stesso posto…”.
Poi fece uno scatto verso il divano, essendosi ricordato di aver visto il fratello la sera prima proprio lì con il suo PC. Frugò qualche istante tra le pieghe del plaid e fra i cuscini in disordine sul divano.
“Ah ah! Trovato!”, esclamò – forse a voce un po’ troppo alta, visto che era appena sorta l’alba. Se ne accorse e con un gesto automatico fece una smorfia, come per scusarsi con gli altri che stavano ancora dormendo, poi si diresse verso il tavolo al centro della stanza e si posizionò lì con il computer di Sam.
Aveva voglia di lavorare, voleva trovare un caso, non ce la faceva più a starsene nel bunker senza poter fare quello che sapeva fare meglio: cacciare.
Accese il PC dovette fare un paio di tentativi con la password, perché non riusciva mai a ricordarsela al primo colpo – e sbuffava seccato, alzando gli occhi al cielo ogni volta che, dopo aver premuto “invio”, il PC gli segnalava che la password errata.
Face qualche ricerca su internet su strane morti e bizzarri eventi negli ultimi giorni e trovò il caso di una donna morta annegata in un lago a pochi chilometri di distanza dal bunker.
Raccolse più informazioni possibili sul fatto e poi attese che gli altri si svegliassero. Sam fu il primo a raggiungere la cucina, i capelli arruffati e gli occhi assonnati. Con un vistoso sbadiglio, salutò il fratello facendo un cenno del capo e si versò una quantità considerevole di caffè nella tazza. Poi si voltò di nuovo verso Dean, ancora intento a fissare lo schermo del PC, e lo guardò con un’espressione stupita – come se si fosse appena reso conto che il fratello si era alzato prima di lui e si stesse chiedendo come ciò fosse possibile.
“Giorno, fratellino”, disse Dean, facendo comparire un sorriso sulle sue labbra, “dormito bene?”
“Mi sa che quello che ha dormito bene qui sei tu. Sei di buon umore stamattina? E che ci fai già alzato? Di solito sei l’ultimo che si sveglia…”, domandò Sam, che, sorseggiando la bevanda bollente, si scottò la lingua e dovette staccare le labbra dalla sua tazza con una smorfia.
“Beh, è che ho voglia di lavorare, tutto qui”, ammise. Poi si dipinse un largo sorriso sul volto e continuò, soddisfatto: “E ho anche trovato un possibile caso!”
Sam si avvicinò al computer con aria interessata e si chinò sul monitor per leggere meglio ciò che Dean gli stava indicando.
“Ma sembra un normale incidente. Dice solamente che questa donna è caduta nell’acqua durante il campeggio ed è annegata.”
“No no, Sammy. Guarda qui: dice anche che il corpo non è stato ancora ritrovato, anche se i sommozzatori hanno passato due intere giornate a fare ricerche in quel lago! E poi mi sembrava di ricordare che noi due non crediamo nelle coincidenze”, disse alzando le sopracciglia e facendo le virgolette con le dita sull’ultima parola.
“Okay, okay, gli daremo un’occhiata. Contento?”
“Beh, vedrai che mi darai ragione quando ci imbatteremo in uno spirito vendicatore o in qualche creatura acquatica!”
Pochi momenti dopo, Castiel e Crowley raggiunsero i Winchester.
Crowley, ufficialmente, essendo un demone, non aveva bisogno di dormire, ma in realtà da qualche settimana sentiva il bisogno di riposarsi almeno un’oretta a notte… Doveva essere un altro strano effetto della cura.
Dopo che tutti ebbero fatto colazione, Dean espose – e non con poco entusiasmo - il caso che aveva trovato.
“Stai scherzando vero? Cioè, davvero pretendi che io, ex-re dell’inferno, venga a caccia con voi?! Sono sempre un demone, scoiattolo, e di sicuro non ti aiuto ad uccidere creature maligne!”, esclamò Crowley, quasi indignato.
Dean assunse l’espressione più seria che gli riuscì: “Allora, ascoltami bene – disse avvicinandosi al demone e puntandogli il dito contro – tu verrai con noi per due semplici motivi: 1) hai chiesto tu il nostro aiuto ed ora sottostai ai nostri piani, questi erano i patti, 2) sei un fottutissimo demone e, puoi starne certo, non ti lasciamo gironzolare a casa nostra da solo. Quindi, ricapitolando, o vieni con noi e fai il bravo demone, oppure… Ah no, aspetta! Non hai altra scelta”
Dean era ormai abituato a discutere con lui, ma questa volta era stato particolarmente categorico, in quanto nulla avrebbe potuto smorzare il suo entusiasmo: la classica caccia, come lo era prima degli angeli, dei demoni, Inferno, Paradiso, Purgatorio, Leviatani e cazzate varie… Gli mancavano, quelle giornate in cui lui e Sammy facevano fuori il cattivo e a fine giornata si riposavano. Beh, parlare di “classica caccia” stavolta era, in effetti, un po’ azzardato, visto che c’erano due elementi in più che si erano aggiunti allo storico duo…
Crowley, si arrese al volere dei Winchester e si improvvisò nei panni di cacciatore: forse una delle esperienze più strane che avesse mai fatto in tutta la sua lunghissima vita (quella da umano e quella da demone).
Salirono sull’impala e si diressero verso il luogo dell’incidente. Il viaggio non fu poi così lungo, ma probabilmente lo fu per Sam, Crowley e Cas: Dean, per un effetto collaterale del suo buon umore, aveva messo una delle sue vecchie cassette a volume altissimo e aveva cantato a squarciagola per tutto il tragitto canzoni degli AC/DC.
Arrivati sul posto, vestiti tutti e quattro da agenti dell’FBI, chiusero sonoramente gli sportelli dell’auto; tutti, tranne Dean, con un’espressione sul volto molto simile all’esasperazione e felici di riposare i timpani nella quiete della natura.
“Salve, che posso fare per voi, signori?”, chiese loro cortesemente uno degli agenti della polizia locale, sul posto per controllare l’operato dei sommozzatori ancora alla ricerca del corpo.
“Agenti Storm, Grimm e Richards, siamo dell’FBI” e Sam, Dean e Cas mostrarono i distintivi, poi Dean, vedendo che Crowley non aveva presentato il suo, gli diede una gomitata nello stomaco, dopodiché la smorfia di dolore iniziale del demone si trasformò in un mezzo sorriso rivolto all’agente del posto.
“Lo scusi, è nuovo”, disse Dean, lanciando un’occhiataccia all’ex-re degli inferi.
“Agenti Storm… Siete fratelli?”, domandò quello che si era presentato come l’aiuto sceriffo.
“Già”, risposero quasi in coro i Whinchester.
“E entrambi avete deciso di entrare nell’FBI? Dovete essere molto legati!”
“Affari di famiglia”, rispose subito Dean, accennando un sorriso frettoloso all’uomo in uniforme davanti a lui.
“Parliamo del caso: nessuna novità riguardo al corpo della donna?”, chiese Sam.
“No, per adesso ancora niente. Non riusciamo a capire come sia successo: le acque del lago non sono molto profonde e oltretutto bisogna spingersi molto in là per raggiungere anche solo 2 metri di profondità…”
“Quindi pensate che sia stato un suicidio?”
“In realtà, detto fra noi, non sappiamo proprio cosa pensare. In un primo momento, è stata l’unica possibilità che ci è venuta in mente, ma poi abbiamo interrogato due testimoni che giurano di aver visto la donna come trascinata da una forza invisibile… Chiaramente quei due poveri ragazzi sono sotto shock, vedere morire una tua amica dev’essere un’esperienza sconvolgente, ma…”
“Possiamo parlare anche noi con i testimoni?”, lo interruppe Castiel, che entrava spesso e volentieri molto facilmente nella parte dell’agente federale.
“Certo. Vi darò nomi e indirizzi”
Il team si allontanò dalla scena del crimine, diretti verso l’auto. “Visto, Sammy? Non può che essere uno spirito vendicativo”, esclamò Dean dando un colpetto al fratello e lanciandogli uno sguardo colmo di soddisfazione che sembrava urlare te l’avevo detto.
Una volta seduti sui comodi sedili dell’impala, Sam fissò accigliato Dean e gli chiese, accennando ad un sorriso: “I Fantastici Quattro? Seriamente, Dean? Davvero non sei riuscito ad inventarti nulla di un pochino più intelligente?”
“Hey Sam, ho detto i primi nomi che mi venivano in mente! …E poi mi sono sempre piaciuti da piccolo”, rispose, mentre metteva in moto la sua piccola. Sam, per tutta risposta, sorrise.
“Chi sono questi Fantastici Quattro?”, chiese Cas, un po’ in imbarazzo perché sembrava essere l’unico a non sapere chi fossero.
Sam, Dean e persino Crowley si voltarono verso di lui, fissandolo con un’espressione interrogativa.
“La Torcia Umana, la Donna Invisibile… Davvero non li hai mai sentiti?”
“Ehm ehm… no”, fu la sua unica risposta, poi Cas abbassò lo sguardo, ancora più imbarazzato.
Guidarono fino al paese più vicino, dove abitavano i due ragazzi amici della vittima.
Per una fortunata coincidenza, i due testimoni si trovavano nella stessa casa quando arrivarono, così poterono interrogarli entrambi in un colpo solo.
“So che è difficile – esordì Sam, facendo la sua solita faccia da cucciolo piena di empatia - ma dobbiamo chiedervi di raccontarci com’è andata quella notte”
“Era buio, sicuramente abbiamo visto male… Eravamo spaventati… è stato assurdo
“Vogliamo sapere che cosa credete di aver visto, anche se vi può sembrare assurdo”, li incoraggiò Cas, quasi imitando il modo di fare di Sam.
“O…Ok. Eravamo arrivati quella mattina, noi tre, e ci eravamo accampati in una radura non lontana dalle rive del lago. Quando è calata la notte, stavamo per andare a dormire, quando ci siamo accorti che avevamo finito l’acqua nelle borracce, così Mary si è offerta di andare a riempirle al ruscello che sbocca nel lago. L’abbiamo guardata scendere verso il lago e… si stava per chinare per riempire le borracce, ma l’abbiamo vista cadere… Si è rialzata, ma sembrava quasi che qualcosa la stesse trascinando verso le acque del lago. Ad un certo punto mi è sembrato di vedere qualcosa… come se il fango si stesse muovendo”
I Winchester si scambiarono sguardi allibiti: non avevano mai sentito parlare di “fango vivo”...
Congedarono i due testimoni e, una volta seduti in macchina, cominciarono a discutere del caso.
“Non mi sembra una spirito vendicatore, Dean”, puntualizzò Sam.
“Beh, è comunque materia del nostro campo, Sam!”, rispose Dean, imitando il tono di voce del fratello.
“Io, comunque, credo di aver capito con cosa abbiamo a che fare”, li interruppe Crowley, con un’espressione altezzosa.
Dean, gli lanciò un’occhiata con la quale avrebbe voluto rimproveragli quell’aria da superiore, ma che non riuscì a nascondere la curiosità: “Ah sì? E allora parla, genio!”
“Si tratta di un Grindylow. Sono creature marine che abitano in zone paludose e afferrano chiunque si avvicini troppo al luogo in cui vivono, trascinandoli nell’abisso. Questo spiegherebbe il fango che quei ragazzi hanno visto muoversi, il Grindylow ne ha i tentacoli coperti. Ed è per questo il corpo non si trova: probabilmente è stata mangiata.”
“E tu come lo sai, Crowley?”, chiese Sam, stupito dalla risposta alquanto dettagliata fornita dal demone.
“Quando ero ancora umano, c’era una storiella che si raccontava ai bambini per impedirgli di avvicinarsi a pozze d’acqua che avrebbero potuto essere pericolose. Beh, in effetti, i miei coetanei pensavano che fosse una storiella, io sapevo che esistevano davvero perché mia madre, che come vi avevo già accennato era una strega, mi aveva portato a vederne uno… Non ho mai apprezzato i metodi educativi di mia madre fino in fondo, dovrei iniziare a farlo...”
Castiel lo fissò con il suo tipico sguardo torvo, non sapeva se provare pietà per lui o se averne paura…
“Bene, Mr. So Tutto Io, come si uccidono questi Grindylow?”, domandò Dean, mentre svoltava in direzione del lago.
“Se non ricordo male, credo che occorra pietrificarli”
“E con che cosa li pietrifichiamo?”
“Beh, suppongo che il computer magico dell’alce ci darà la risposta”
Dean alzò gli occhi al cielo, poi lanciò uno sguardo a Sam, che tirò fuori subito il suo PC e si mise a cercare.
“Mmm, vediamo… qui dice che ci sono solo due oggetti che sono in grado di pietrificare: la testa di Medusa e questo amuleto” e mostrò il monitor agli altri.
“Credo di averlo visto nel deposito dei Letterati! Fammi vedere meglio – Cas afferrò il PC – ma sì, l’ho trovato l’altro giorno”
Detto ciò, Dean svoltò bruscamente facendo un’inversione a “U” per dirigersi alla batcaverna.
Arrivati al bunker, per Castiel fu facile recuperare l’amuleto, dal momento che si ricordava esattamente dove l’aveva lasciato, così si rimisero subito in viaggio e riuscirono ad arrivare sulle rive del lago appena prima che calasse la notte.
Il rumore dei loro passi era attutito dal muschio su terreno del bosco. Giunsero al luogo esatto dove i due testimoni avevano affermato che la ragazza era stata fatta cadere.
“Non sembra succedere nulla… Magari il nostro genio della lampada si è sbagliato”, suggerì Dean rivolto al demone.
Fece appena in tempo a beccarsi un’occhiataccia da Crowley che un istante dopo si ritrovò per terra nel fango.
“Dean!”, urlarono Sam e Cas all’unisono, avvicinandosi a lui e tentando di portarlo via dalla stretta potente del Grindylow, che lo stava trascinando sempre più lontano.
Il cacciatore si dimenava mentre, stretto nella morsa dei tentacoli fangosi della creatura, tentava di afferrare il braccio di Sam. Dopo alcuni istanti, riuscì ad aggrapparsi alla mano del fratello, che tirava con tutte le sue forze aiutato da Castiel. Intanto, Crowley si avvicinò al mostro che, cercando di riappropriarsi della sua preda, era uscito di più allo scoperto, e utilizzò l’amuleto.
Subito, il Grindylow si trasformò in pietra, appena un istante dopo che Dean si fu liberato dalla sua presa.
Dean, coperto di fango dalla testa ai piedi, fissò con stupore il demone e gli disse, tra un respiro affannato e l’altro: “G…Grazie”
Dean salì con riluttanza sulla sua Chevrolet, sporcare i suoi preziosi sedili di fango gli spezzava il cuore…

Quella sera si respirava un’aria diversa nel bunker, l’atmosfera era rilassata e piacevole. Dean era talmente felice che aveva cucinato la cena per tutti – non che fosse una gran cena, ma quello che contava era che tutti stessero bene. Ed era così. La soddisfazione per aver risolto un caso era il miglior condimento per quella serata, l’esperienza di quel giorno li aveva resi un po’ più uniti, che volessero ammetterlo o meno.









NOTA D’AUTRICE:

Salve lettori!
Vi chiedo umilmente scusa per il terribile ritardo con il quale sto pubblicando! Spero di aver rimediato scrivendo un capitolo un po’ più lungo del solito! Davvero, scusatemi, ma la scuola è pesantissima in questo periodo – no, non ci sono scuse!
Comunque, a parte l’attesa, spero proprio che la nuova avventura vi sia piaciuta. Oltretutto, oggi – 2 novembre – è l’anniversario della morte di Mary Winchester, perciò è una data un po’ speciale in cui pubblicare.
Aspetto le vostre recensioni, al prossimo capitolo :)
Castiel is watching over all of you!

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Capitolo 9
*** Belfagor ***


Inghilterra, marzo 1486

Il rumore degli zoccoli dei cavalli faceva da sfondo al chiacchiericcio della gente per strada. L’umidità della notte prima era ancora nell’aria, le ruote dei carretti incappavano nelle pozzanghere fangose e schizzavano i passanti. La fontanella in fondo alla piazzola sgorgava acqua limpida che una donna con lo sguardo assente raccoglieva in un secchio di legno. Le case, grigie per la fuliggine e la polvere delle strade, erano testimoni silenziosi di ciò che accadeva davanti a loro. Alcune persone parevano davvero indaffarate: funzionari pubblici che camminavano tutti impettiti lontano dal volgo, presi dalle loro mille responsabilità, donne che lavoravano la lana sedute ai lati della strada, bambini che si rincorrevano nella piazza, ragazze che si intrecciavano i lunghi capelli con fiori di campo. Il tutto accadeva in un piccolo centro abitato sotto il grigiore opaco del cielo inglese. Accanto a queste scene romantiche, una figura slanciata si muoveva nell’ombra, nascondendosi allo sguardo di tutti gli altri. Camminava discreta e rapida, avvolta da un pesante mantello scuro, diretta alla periferia della città. Oltrepassate le mura, la misteriosa figura sembrò rallentare il passo e, una volta arrivata in aperta campagna, si tolse il cappuccio: era un uomo, giovane ma terribilmente segnato dalla fatica e dalle sofferenze, le cui tracce gli si leggevano chiaramente sul volto. Gli occhi verdi, i capelli neri e scapigliati e lo sguardo di chi è determinato a vincere la paura folle che ha dentro. Continuò con passo spedito fino ad un incrocio, poi si bloccò. Estrasse dal mantello una scatolina, la aprì per controllare il suo contenuto, dopodiché la seppellì al centro esatto dell’incrocio.
Apparve una donna, i capelli lunghi e scuri, l’abito coperto da un mantello il cui cappuccio le nascondeva gli occhi. Quando, avvicinandosi all’uomo, li mostrò, erano rossi. Fece un giro attorno all’uomo che l’aveva evocata, squadrandolo senza mai togliergli gli occhi di dosso. Poi con un sorriso beffardo: “Allora, che cosa vuoi?”.
L’altro, cercando di nascondere il terrore che aveva dentro, rispose: “Sono qui per fare un patto.”
“Ovvio che sei qui per fare un patto, mi hai evocata e io non torno indietro a mani vuote – esclamò con un ghigno – Non ho tutto il tempo del mondo, perciò sbrigati dolcezza”.
“Mia sorella minore si è ammalata gravemente… Sono pronto a fare qualsiasi cosa, ma lei deve vivere…”, disse con voce tremante, cercando di evitare lo sguardo insidioso del demone.
“Qual è il tuo nome?”
“Belfagor”
“Beh, Belfagor, tua sorella sopravvivrà”, disse con voce suadente.
“Grazie! Grazie, davvero, non so come ripagarti!”, esclamò pieno di gioia, prendendo le mani della donna e inginocchiandosi davanti a lei in segno di profonda – e ingenua - riconoscenza.
“Ovviamente con la tua vita”, rispose sorridendo e accarezzando i capelli della sua vittima, la quale alzò il capo lentamente e attonita. Per la prima volta gli occhi dei due si incontrarono e la paura in quelli di lui si fece ancora più manifesta.
“Avrai dieci anni per dirle addio, dopodiché ti verrò a prendere”, concluse il demone. Dopo il bacio per suggellare il patto, la donna scomparve, lasciando l’uomo solo, in mezzo alla campagna, pietrificato dal terrore.



Bunker, presente

“Sam! Sam, da’ un’occhiata! Che dici? Sarà dritto?”, urlò Dean dalla cima di una scaletta rivolgendosi al fratello.
“Mmm… Secondo me devi spostarla un po’ più a sinistra – rispose, socchiudendo gli occhi per vedere meglio in che posizione era la ghirlanda che Dean stava appendendo allo stipite della porta – ecco, così va bene”.
Il bunker si stava animando di spirito natalizio, un’aria di festa riempiva ogni angolo: i ragazzi avevano deciso di festeggiare il Natale – finalmente dopo anni. Questo soprattutto perché Castiel non lo aveva mai celebrato quando era un angelo, ma sapeva che gli uomini sentivano molto questo periodo dell’anno ed era riuscito a convincere i Winchester – un po’ meno Crowley – a festeggiare tutti insieme e a seguire le tradizioni degli umani, perché “È il mio primo Natale da mortale e non voglio perdermi nulla!”, aveva sentenziato, tutto felice. I due fratelli avevano accettato volentieri la proposta dell’ex-angelo, anche perché nemmeno loro l’avevano mai festeggiato a dovere. Così, alla vigilia della nascita di Cristo, erano riusciti a recuperare dallo scantinato del bunker alcuni addobbi – evidentemente anche i Letterati erano soliti decorare il loro quartier generale ai tempi – ed ora stavano facendo il possibile per rendere il loro primo Natale speciale. Tutti stavano collaborando ad agghindare la batcaverna, persino Crowley – a modo suo. Sam si dava da fare a sistemare alla meglio un piccolo abete, Cas sceglieva le palline da appendervi con Crowley – che immancabilmente lo disturbava e cercava in ogni modo di confondergli le idee sul reale utilizzo di alcune decorazioni natalizie – e come sottofondo, si sentiva Dean che, a bassa voce, non riusciva a trattenersi dal canticchiare Jingle Bells mentre fissava i festoni.
“Pfff… Non capisco proprio perché dovete fare tutti questi addobbi, tanto non credo proprio che avrete ospiti per Natale. A meno che non crediate in Babbo Natale…”, disse Crowley in un ghigno provocatorio lanciando un’occhiata a Dean.
“Ma sta’ zitto”, esclamò Cas sorridendo e piazzando un bel cappello rosso natalizio sulla testa del demone, il quale rimase immobile e rispose all’angelo solamente con una marcata espressione di disappunto.
Il bunker aveva tutto un altro aspetto dopo un pomeriggio passato a decorarlo e, anche se probabilmente non era riuscito come Cas se l’era immaginato, andava bene lo stesso perché avrebbe passato il Natale con i suoi amici.
“Ora capisco perché gli umani amano tanto il Natale”, pensava tra sé e sé, sorridendo mentre osservava gli altri che finivano di addobbare.
Sam si rivolse all’ex-angelo e non poté trattenere una risata: “Cas, togliti quella pallina dall’orecchio, non va messa lì! Quelle servono solo appese all’albero! E tu, Crowley, piantala di confonderlo!”, esclamò lanciando un’occhiataccia al demone.
“Beh, ora c’è soltanto una cosa che manca - disse Cas mentre guardava soddisfatto il bunker decorato – dobbiamo preparare la cena!”
“Scordatevi pure che vi aiuti a cucinare, ho già fatto anche troppo oggi”, dichiarò l’ex-re degli Inferi, poi si alzò dal divano e si diresse in camera sua con l’intenzione di farsi gli affari suoi fino a quando l’odore dell’arrosto non avesse raggiunto il suo letto.
Sam aprì il frigorifero e assunse un’espressione rassegnata da avrei dovuto aspettarmelo: “Ragazzi, sarà meglio comprare qualcosa però… Altrimenti possiamo cenare con un tubetto di maionese, tre pomodori e la scorta di hamburger di Dea-“
“Non provate nemmeno a toccare i miei hamburger!”, sentenziò perentorio, puntando un dito minaccioso contro il fratello.
Sam prese le chiavi dell’impala ed indossò la giacca: “Cas, vieni con me?”
“D’accordo”, rispose, infilandosi il suo trench.


***


Il minimarket era praticamente vuoto, fatta eccezione per il cassiere mezzo addormentato intento a giocare a Fruit Ninja.
Comprarono poca roba e uscirono in fretta dal negozio per entrare nel buio gelido della notte della vigilia. Il silenzio della strada si mescolava alla condensa del loro respiro e al rumore dei loro passi. Si avvertiva una strana atmosfera…
Entrarono nel vicolo dove avevano parcheggiato la macchina. Da lontano, una strana figura gli veniva incontro, I capelli neri scapigliati e lo sguardo basso. Quando fu a pochi metri da loro, alzò gli occhi e un verde brillante si trasformò in un nero, rilucente nell’oscurità.
Fu questione di secondi, forse anche meno, le borse della spesa caddero a terra e la lotta iniziò. Il demone era particolarmente violento e si scagliava ad una velocità sorprendente sui ragazzi, i quali, pur essendo in due, a fatica gli tenevano testa.
“Chi sei?”, urlò Sam, una volta riuscito a bloccare la figura, il coltello anti-demone puntato alla gola del loro aggressore.
“La cosa non vi riguarda. Sappiate solo che avete fatto arrabbiare parecchio la mia regina. Gli regalerò la testa di questo bell’angioletto per Natale”, rispose in un ghigno.
Sam strinse la presa sul demone e Castiel lo ferì con la lama degli angeli: “Raccontaci: dov’è stata spostata l’entrata dell’Inferno?”
La creatura lanciò un urlo, ma poi tornò a ridere: “Mi fate a malapena il solletico. Non vi dirò nulla, è inutile che vi sforziate”
Sam stava per colpirlo di nuovo, ma il demone riuscì a liberarsi dalla sua stretta e assalì Castiel.
“Non sei più tanto forte ora che hai perso le tue ali, vero Castiel?”
Sam aveva battuto la testa a terra dopo essere stato spinto via dal demone ed era rimasto momentaneamente privo di sensi.
Cas stava per essere sopraffatto dalla stretta del demone, quando realizzò: “…Belfagor?”
Spalancò i suoi meravigliosi occhi blu e si ricordò: quel demone, noto per la sua impetuosità, potente e molto vicino ad Abaddon, Castiel lo conosceva.
“Beccato”, disse ghignando, il suo sguardo folle fisso negli occhi dell’ex-angelo. “Mi stavo chiedendo quando mi avresti riconosciuto”
“Credevo che Gabriele ti avesse ucciso”, replicò confuso Castiel, ancora imprigionato nella stretta demoniaca.
“Mmm… Evidentemente no, tu che dici? Quando Abaddon mi ha ordinato di venire ad ucciderti ero così felice”
“…mi dispiace tanto per non essere riuscito a salvarti”
“Hai mai pensato che forse non ho mai voluto essere salvato?”
Nel frattempo, Sam riprese conoscenza e recuperò con prudenza il suo coltello. Belfagor era concentrato unicamente su Castiel e lo teneva ancora in pugno, così il minore dei Winchester cercò di approfittarne per attaccare il demone alle spalle. Si avvicinò con cautela, ma Cas, ingenuamente, rivolse il suo sguardo verso di lui e per questo Belfagor notò Sam dietro di lui. Il demone si scagliò subito sul Winchester, ma Cas fu più veloce: afferrò la sua lama angelica e gliela conficcò nella schiena.



Inghilterra, marzo 1496

“No…no…ti prego, lasciatemi andare!”
La porta chiusa a chiave tremava sotto la spinta di quelle creature e i loro latrati infernali risuonavano nelle orecchie di Belfagor.
“Vi prego…”
Sapeva che questo momento, prima o poi, sarebbe arrivato: dal giorno del patto non aveva fatto altro che vivere nel terrore, ma non si era mai pentito di aver salvato sua sorella.
La porta stava per cedere, quando improvvisamente una luce accecante entrò nella stanza e tutte le pareti e i suoi occhi furono pervasi da un senso di serenità e grazia. In altre situazioni avrebbe chiuso gli occhi, sarebbe stato terrorizzato, ma una voce gli parlò, profonda e rassicurante gli disse di non aver paura.
“Sono Castiel, un angelo del Signore. Sono venuto a salvarti”
I suoi occhi si riempirono di lacrime di gioia e gratitudine, allungò la mano, quasi per toccare quello splendido bagliore pieno di grazia…
Poi d’un tratto la luce si spense, come lacerata da una forza oscura e misteriosa. Un fumo nero irruppe nella stanza e annebbiò tutto quanto, mentre i cani infernali giocavano con le sue membra.



Bunker, presente

Quando Sam e Cas entrarono nella batcaverna erano coperti di sangue. Appoggiarono le borse della spesa lacerate e quanto rimaneva di ciò che avevano comprato sul tavolo all’ingresso.
“Che vi è successo?! - chiese Dean preoccupato, dirigendosi in fretta verso di loro – Sammy stai bene? Cas?”
I due raccontarono al maggiore dei Winchester che cosa era accaduto loro, mentre si pulivano le ferite, poi Crowley fece capolino dalla sua camera: “Belfagor avete detto?”
Sam e Castiel annuirono.
“Lo sapete che ora siamo nei casini, soprattutto tu Castiel, vero?”
L’ex-angelo gli rivolse una delle sue tipiche espressioni confuse.
“Belfagor era la bambolina i Abaddon! Adesso che hai appena fatto fuori il suo demone preferito, come pensi che la prenderà?”
“Aspetta aspetta, stai dicendo che Abaddon e questo tizio stavano insieme?”, chiese Dean, tra il disgustato e il confuso.
“So che certe volte proprio non ci arrivi, quindi te lo spiegherò meglio, scoiattolo: dato che i demoni non provano sentimenti di questo genere, non si può dire che quei due fossero innamorati, diciamo piuttosto che Abaddon ha sempre avuto un debole per Belfagor e lui ha sempre sottostato a qualsiasi desiderio di lei”
Calò il silenzio nella stanza. Sam e Dean si scambiarono uno sguardo piuttosto sorpreso, poi il minore disse: “Se Abaddon teneva tanto a Belfagor come dici, perché l’ha mandato da solo ad ucciderci?”
“Perché quella puttanella ci sottovaluta terribilmente! È convinta che voi due siate degli stupidi, che Castiel sia debole e indifeso da quando è caduto e che io non sia abbastanza forte per governare l’Inferno… Così ha pensato che il suo demone migliore sarebbe bastato a sopraffarci, non ha ancora capito che insieme noi formiamo una squ-“. Si bloccò. Perché lo stava dicendo? Che gli era preso? Si era lasciato trasportare dal suo discorso, dalle emozioni… Ma quali emozioni? Lo aveva appena affermato lui stesso, i demoni non sono così… Dean più di tutti lo stava fissando esterrefatto.
Riprese il controllo di sé: “Sta’ di fatto che, se prima la nostra reginetta preferita aveva sguinzagliato il suo migliore scagnozzo per eliminarci, ora che la nostra mascotte l’ha tolto di mezzo sarà ancora più infuriata”
“Ho avuto l’impressione che l’obiettivo principale di Belfagor fosse Cas…”, rifletté Sam.
“Beh, forse è il suo bersaglio primario perché è stato lui a pensare ai Rifugi per gli Angeli Caduti, diciamo che non gli sta proprio facilitando le cose, alce”
“Credo che ci sia anche un altro motivo… - esordì Cas – quello di questa sera non è stato il mio primo incontro con Belfagor. Io avrei dovuto salvarlo…”, disse, portandosi le mani alla testa, i gomiti appoggiati alle ginocchia.
“Ci fu un periodo, secoli fa, in cui i patti demoniaci sulla Terra aumentarono in maniera considerevole. Troppe anime erano dannate, così ad alcuni angeli fu ordinato di salvare coloro che meritavano una seconda possibilità e Belfagor era fra quelli. Fui io ad essere incaricato di salvarlo: era terrorizzato e stava per essere assalito dai segugi infernali. Entrai in casa sua, mostrandomi nella mia forma angelica, senza un tramite, e lui riuscì a vedermi e a sentirmi senza rimanere folgorato. Doveva essere un umano speciale. Stavo per uccidere le creature demoniache che erano venute a prenderlo, ma all’improvviso fui sopraffatto da un demone talmente potente che dovetti scappare da quel luogo… Successe tutto tanto in fretta che non fui nemmeno in grado di riconoscere con certezza quel demone”, raccontò, con lo sguardo fisso sul pavimento.
“Chi credi che fosse?”, gli chiese Sam.
“Abaddon. Ma, ai tempi, ero ancora convinto che lei fosse stata uccisa insieme a tutti gli altri cavalieri dell’Inferno, così pensai di essermi sbagliato. Ora, però, ne sono certo: era lei. Doveva aver visto in lui qualcosa già allora. Ed io non sono riuscito a salvarlo”
I Winchester rassicurarono l’ex-angelo, poi, arrivati alla conclusione che ora la caccia di Abaddon agli angeli caduti sarebbe stata più massiccia, decisero che avrebbero messo a punto un nuovo piano d’azione il prima possibile.
“Mancano meno di due ore a mezzanotte…”, disse Dean, rivolgendo uno sguardo ottimista agli altri. Non voleva che Cas avesse un brutto ricordo del suo primo Natale da umano, così si mise ai fornelli e cucinò ciò che rimaneva della spesa.
Certo, in un primo momento l’atmosfera di festa sembrava irrimediabilmente rovinata dopo l’attacco di Belfagor, ma poi ritornò quel clima di gioia che solo il Natale può regalare: un vero e proprio miracolo.
Dopo aver cucinato, cenarono tutti insieme. La tavola decorata e imbandita, i sorrisi: tutto pareva essere avvolto in un canto di Natale.
Al termine della serata, Castiel ritornò in camera sua sereno: il Natale gli piaceva e sperò di poterne passare altri nella sua vita come quello appena trascorso. Solo nella sua stanza, prima di andare a dormire, si inginocchiò ai piedi del letto e ringraziò il Dio in cui credeva di aver perso la fede per avergli donato una famiglia.









NOTA D’AUTRICE:

Salve lettori!
Vi chiedo nuovamente scusa per avervi fatto aspettare tanto! La scuola a dicembre ha assorbito tutto il mio tempo, così appena ho avuto un attimo libero ho scritto questo capitolo – e mi è venuto anche abbastanza lungo, dato che mi sentivo ispirata. Non sto ricevendo molto feedback, comunque spero con tutto il cuore che la mia fanfiction vi stia piacendo!
Significherebbe molto per me ricevere qualche recensione – positiva o negativa che sia – perciò, se avete tempo e voglia mi piacerebbe davvero tanto sentire qualche parere su questo ultimo capitolo :)
Vi auguro buon Natale (anche se un po’ in ritardo) e un felice anno nuovo!
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 10
*** Serve coraggio ***


“Potrebbe funzionare!”
“Ecco, appunto! Potrebbe!”
Sam osservava il litigio a qualche metro di distanza. Ormai aveva rinunciato a parteciparvi per cercare di calmare Dean e Castiel e li fissava con espressione rassegnata, in attesa che i due si calmassero.
“È una stronzata, Cas!”
“Ma è l’unica possibilità che abbiamo! E funzionerà, io…“
“Tu non ragioni!”
Crowley se ne stava comodamente seduto sul divano e si osservava le unghie fingendo un’aria disinteressata, mentre in realtà ascoltava attentamente ogni minima virgola della discussione.
“Okay, adesso piantatela! Possiamo parlarne con calma da persone adulte?”, tentò di intervenire Sam, stufo di ascoltarli urlare senza arrivare ad una conclusione.
Sta’ zitto, Sam!”, gridarono all’unisono.
“Ti rendi conto che è una missione suicida, vero?”
“Dean, possiamo farcela, è l’unico modo. Certo che se tu hai un’idea migliore allora…”, Cas lanciò un’occhiata accigliata al maggiore dei Winchester, il quale aprì la bocca come per dire qualcosa, ma la richiuse subito dopo con un sospiro rassegnato.

Era stata una serata piuttosto intensa, dal momento che si era discusso sul da farsi e Castiel aveva proposto il suo piano per uccidere Abaddon.
Aveva riflettuto molto prima di parlarne con i Winchester e Crowley, aveva pensato ad ogni conseguenza, soppesato vantaggi e svantaggi…
La sua idea era quella di attirare la regina dell’Inferno in una trappola: sapeva, dagli informatori di Garth, che Abaddon aveva sviluppato un odio ancora più profondo per lui in particolare - questo dopo che Cas aveva ucciso Belfagor - e così aveva pensato di sfruttare questa situazione a suo favore. Infatti, se l’ex-angelo si fosse trovato allo scoperto apparentemente solo, sicuramente lei in persona sarebbe arrivata per attuare la sua vendetta con le sue stesse mani. In questo modo, se fossero riusciti ad intrappolarla anche solo per pochi istanti, Atropos avrebbe potuto ucciderla senza problemi.
Era un piano perfetto secondo Cas. Certo, aveva i suoi rischi, come qualsiasi altra cosa nella vita, ma valeva la pena giocarsi tutto con una mossa ben calcolata – o forse un po’ impulsiva… - per salvare Meg. Ormai era passato troppo tempo da quando si era fatto quella promessa, la promessa per cui si sarebbe sacrificato, la promessa che avrebbe salvato sia il demone di cui era perdutamente innamorato sia lui… Lo avrebbe salvato dall’oblio delle notti passate a pensare a lei, dagli sforzi fatti al fine di riportarla indietro, ma che non avevano ottenuto risultati.
In fondo, Castiel aveva previsto una reazione del genere da parte di Dean, il Winchester così attaccato alla famiglia, sempre pronto a sacrificare tutto pur di mantenerla integra. Dopo ogni “catastrofe” era sempre stato lui quello che rimetteva a posto i pezzi, perciò Cas non si aspettava certo che Dean gli permettesse facilmente di andare in frantumi.
E così ora si ritrovavano nel bel mezzo di una discussione che, Cas lo sapeva, non sarebbe servita a nulla, in quanto nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.
Lo sguardo implorante dell’angelo incontrò quello poco convinto dei cacciatori. Dopo una lunga – era sembrata quasi interminabile – discussione, nel bunker era calato il silenzio. Crowley alzò distrattamente gli occhi per osservare la scena e, accigliato, esclamò col suo tono più sarcastico: “Quando avete finito con questo scambio di sguardi smielati, chiamatemi!”
Dean si voltò verso il demone e lo fulminò con gli occhi, poi disse serio: “Se davvero vogliamo rischiare con questa cosa… Beh, dobbiamo organizzarci bene. Non possiamo lasciare nessun dettaglio in sospeso”, si sedette al tavolo e gli altri fecero lo stesso.

la notte era trascorsa in un soffio, riesaminando ciò che sapevano sugli spostamenti della regina dell’Inferno, sul suo esercito di demoni e i suoi possibili punti deboli… C’era molto lavoro da fare e più tempo sarebbe trascorso prima di sferrare un attacco, più Abaddon sarebbe diventata potente.
Erano talmente presi dal loro piano che tempestarono Garth di telefonate in piena notte per ricevere informazioni – per fortuna lui si diceva “in servizio ventiquattr’ore su ventiquattro”.
Una volta sorto il sole, decisero di dormire qualche ora in modo da recuperare le forze e agire subito dopo.
Passarono l’intero pomeriggio seguente ad occuparsi delle armi.
“Cas, passami quella Glock 20”, chiese Sam, indicando all’amico una delle pistole accumulate disordinatamente sulla poltrona.
“Ehm… Questa?”
“No, è quella calibro 10”
Sam notò lo sguardo confuso dell’ex-angelo che, abituato da millenni alle armi celesti, ancora non aveva imparato a riconoscere i diversi tipi di pistole, si alzò accennando un sorriso e andò a sedersi di fianco a Cas, cercando di spiegargli la differenza fra una Glock e una Magnum, per l’ennesima volta.
Dean stava caricando di proiettili speciali – quelli con il pentacolo disegnato sulla punta, coi quali erano riusciti a fermare Abaddon l’ultima volta – la sua pistola.
Il cellulare di Crowley squillò all’improvviso – sì, Crowley possedeva un cellulare, dal momento che era l’unico mezzo di comunicazione con l’esterno che i Winchester gli avevano concesso.
“Pronto? Ciao, tesoro – rispose con la sua voce seducente e profonda - novità? Va bene, ti metto in vivavoce”
“Ho chiamato per stasera - la voce di Atropos riempì il silenzio della stanza – vi posso dire in che luogo attirare Abaddon... Ma è proprio necessario? Parlarsi per telefono?”, si lamentò sbuffando.
“Non possiamo fare altrimenti, crediamo di essere sorvegliati da dopo Natale e sarebbe rischioso se ti vedessero insieme a noi… Potrebbero sospettare qualcosa”, rispose Sam.
“D’accordo. Comunque – riprese – ho pensato al luogo perfetto per catturare quella puttana…”
“Mmm adoro quando usi questi termini volgari, Atropos”, disse Crowley con un sorrisetto. Era evidente che la parca avesse un debole per l’ex-re degli Inferi. Infatti, nonostante lui stesse scherzando, si poté notare una leggera nota di imbarazzo nelle parole di Atropos che vennero dopo – e per questo Crowley rise compiaciuto.
“Ehm ehm... – la parca si schiarì la voce e continuò - so dell’esistenza di una vecchia chiesa di campagna abbandonata, si trova a pochi chilometri da voi”
“Sbaglio o è il posto in cui avete cercato di uccidermi?”, il demone rivolse un sorrisetto ai Winchester.
“Non stavamo cercando di ucciderti…”
Sam fu interrotto da Crowley, che alzò una mano per farlo tacere e scosse la testa: “Tranquillo, cercherò di non farmi prendere dai ricordi una volta arrivati là”
“Beh, comunque, preparate la trappola laggiù ed io mi terrò pronta”
“D’accordo, a dopo tesoro”, disse Crowley riagganciando.

Il clima di tensione era comprensibile, dato che stavano rischiando molto. Avevano guidato fino a qualche chilometro dalla piccola chiesa di campagna, poi avevano parcheggiato l’impala tra gli alberi e avevano raggiunto il posto grazie alla capacità di Crowley di “teletrasportarli”, così da non destare sospetti. Il demone, indebolito dallo sforzo, riuscì a reggersi in piedi con l’aiuto di Sam e attesero qualche secondo affinché riprendesse fiato. Dopodiché, ognuno si diresse verso la posizione che avevano stabilito – e, da questo punto di vista, furono molto agevolati dal fatto che conoscevano già il luogo.
Il demone e i Winchester si sarebbero nascosti sul retro e nel sottotetto, mentre Castiel sarebbe dovuto entrare dalla porta principale da solo. L’ex- angelo fece un sospiro profondo per farsi coraggio. Era molto agitato, ma sarebbe dovuto rimanere concentrato e lucido, era uno dei fattori da cui dipendeva la buona riuscita del piano. Cas lo sapeva, ma non poteva fare a meno di essere distratto dal battito feroce del sul cuore e dal tremolio di tutti i suoi arti. Non era la prima volta che, da umano, si ritrovava coinvolto in una missione così importante, ma non riusciva a far smettere il suo corpo di tremare. Prima di avviarsi, Dean gli si avvicinò con lo sguardo più comprensivo e incoraggiante che gli riuscì e, dandogli una pacca sulla spalla, gli disse: “Vedrai che ce la faremo”.
Castiel alzò lo sguardo verso l’amico e cercò di sorridergli, anche se in effetti avrebbe voluto piangere. Dean gli prese il braccio e lo abbracciò, proprio come aveva sempre abbracciato il fratello, come abbracciava qualsiasi membro della sua famiglia. E forse fu questo che riuscì a confortare di più Cas: non si sentiva solo in questa impresa, era con la sua famiglia. Dean gli diede una pacca sulla schiena e si allontanò.
Cas si fece forza e si diresse verso il portone della chiesa. Lo aprì: i segni della lotta fra Sam, Crowley e Abaddon erano ancora evidenti; le finestre rotte, i vetri per terra. Si avvicinò alla trappola anti-demone disegnata sul pavimento e la risistemò con una bomboletta di vernice rossa.
Prese la sedia sulla quale era stato incatenato Crowley qualche mese prima, la posizionò vicino all’altare e si sedette, fissando il crocifisso in attesa dell’arrivo di Abaddon.

Erano passate ormai ore, ma della regina degli Inferi non c’era traccia. Qualcosa era andato storto… ma che cosa avevano sbagliato? Avevano previsto tutto, nei minimi dettagli… C’era qualcosa di strano nell’aria.
Cas aveva smesso di pregare da un po’. Si alzo dalla sedia e rivolse lo sguardo verso le travi sopra di lui, nel punto in cui era nascosto Sam. Si voltò verso il portone con l’intenzione di uscire a prendere una boccata d’aria, ma si bloccò.
La voce si Abaddon risuonò nella stanza: “Ciao Castiel”.









NOTA D’AUTRICE:

Salve lettori!
Vi chiedo scusa, mi dispiace farvi aspettare così tanto tra una pubblicazione e l’altra…
Spero davvero che vi piaccia e, mi raccomando, recensite!
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 11
*** Endings are hard ***


“Cas… Cas, mi senti? Castiel…”
Una voce famigliare, come un sussurro, si stava insinuando nelle orecchie dell’ex-angelo.
“Cas… Sam, sta aprendo gli occhi. Cas, riesci a sentirmi?”
I suoi sensi si stavano ridestando piano piano, come se si stesse risvegliando da un sonno lunghissimo e profondo. La luce colpì i suoi occhi blu e per qualche istante tutto ciò che riuscì a vedere furono contorni sfocati in mezzo ad un’immensità bianca.
“Cas, ora va tutto bene. Tutto bene.”
Riconobbe il volto di Dean che gli sorrideva e Sam alle sue spalle: “Sapevamo che ce l’avresti fatta!”
“M-ma… ma dove sono?”, balbettò confuso, guardandosi intorno e cercando di ricordare ciò che era accaduto. Una lacrima gli rigò la guancia, “M-meg…”.


Due mesi prima, chiesa di campagna

“Ciao Castiel”
Abaddon era lì, davanti a lui, con la sua solita aria spavalda e il suo sorrisetto stampato sulle labbra.
“È un po’ che non ci si incontra, eh? Avrei tanto voluto farvi gli auguri di Natale…”, la regina degli Inferi si avvicinava sempre di più a Cas, che era rimasto immobile al centro della stanza.
“Pensate che io ci caschi con questi stupidi trucchetti?”, lanciò uno sguardo accigliato all’ex-angelo, poi si chinò sulla trappola per demoni disegnata sul pavimento e con un’unghia graffiò il legno, spezzando il cerchio che avrebbe dovuto imprigionarla.
“Sinceramente, sono molto delusa – disse, girando intorno a Castiel senza mai togliergli gli occhi di dosso – devo avervi sopravvalutati dopotutto.”
Cas era come pietrificato. Strinse i denti e i pugni perché sentiva la rabbia montargli dentro. Non poteva perdere il controllo.
“Come mai sei così silenzioso, bell’angioletto? Hai paura della zia Abaddon? - cantilenò afferrandogli il mento e avvicinandolo al suo viso - tesoro, non dovresti. Nessuno dovrebbe avere paura di me. Dovresti essere terrorizzato - ringhiò, i suoi occhi folli fissi su quelli blu di lui – tu soprattutto. Perché, sai, tu mi hai tolto una cosa a cui tenevo molto e nessuno, nessuno, può permettersi anche solo pensare di fare una cosa del genere a me. Ma ogni bambino cattivo avrà la sua punizione, e per te ho in serbo qualcosa di davvero speciale, particolarmente doloroso e speciale.” Sorrise, allontanandosi un poco da Castiel, che tremava ancora, ma di rabbia.
“Non pensiate che io non sappia che siete qui anche voi”. Il demone dai capelli rossi lanciò uno sguardo alle travi sul soffitto, dove i Winchester si stavano nascondendo.
“Non fate i timidi, avanti!” e con un gesto veloce della mano due delle pesanti travi scure sul soffitto si spezzarono, facendo cadere i due fratelli fra le macerie sul pavimento.
I Winchester tossirono per la polvere causata dal crollo e si rialzarono a fatica.
“Originale come nascondiglio, devo dire”, disse sarcastica.
“Tu non hai la più pallida idea- “cominciò Dean, ma fu interrotto: Abaddon scagliò i due fratelli contro la parete dell’altare immobilizzandoli a mezz’aria. Castiel stava cercando di non farsi prendere dal panico.
“Bene, dov’eravamo? Ah già, tu che vieni torturato da me mentre i tuoi amichetti osservano la scena impotenti”
L’ex-angelo con una rapida mossa sfilò la spada degli angeli dalla manica e riuscì a cogliere Abaddon di sorpresa. Il pugnale le trafisse lo stomaco, il sangue colava dalla ferita. Il demone si piegò, le mani stringevano la sciabola nella ferita. Fece una smorfia orribile, un rivolo rosso le rigò il mento. Poi sorrise. Confuso e spaventato, Cas guardò la regina degli Inferi scoppiare in una tetra risata mentre si sfilava il pugnale dalla pancia. Abaddon ora aveva la sua arma.
“Cas, scappa!”, urlò Sam, ancora in agonia sospeso sulla parete dell’altare.
“Non lo ascolti? – lo schernì il demone – ora non hai più nessun’arma contro di me. Con cosa vuoi uccidermi? Con la forza dell’amore?” Abaddon scoppiò a ridere per sua battuta, poi si ricompose e si avventò contro Castiel. Lo immobilizzò sul pavimento e cominciò a ferirlo sulle braccia con la sua stessa lama.
“A proposito, ti porto i saluti della tua fidanzatina. Sai, appena dopo Natale sono andata a trovarla. Beh, tu mi hai fatto un così bel regalo che non avrei potuto ricambiarti in altro modo…”
“Cosa hai fatto a Meg? Giuro che se anche solo l’hai toccata…” Cas era furioso, i suoi occhi dolci umidi di rabbia fissavano il demone sopra di lui che lo stava usando come un giocattolo.
“Oh no, non ti preoccupare, non l’ho nemmeno toccata! Non sono così barbara come tutti credono!”, rise. Poi ruotò il polso in direzione dei Winchester: “ Mi è bastato fare così!” e i due fratelli si contorsero urlando di dolore. Era come se Abaddon stesse rivoltando loro le budella. “Io difficilmente do tanta importanza alle mie vittime da sporcarmi le mani per ucciderle, tesoro – continuò – ma nel tuo caso è diverso, Castiel. Tu sei speciale, ciò vuol dire che non solo mi sporcherò, ma farò il bagno nel tuo sangue!”, disse, ferendogli il torace.
“Lei non può essere morta…”
“Temo di sì. E fra poco lo sarai anche tu”
Cas si sentiva impotente e il suo corpo da umano era così debole… I tagli su tutto il suo carpo sanguinavano, stava perdendo davvero troppo sangue… La sua vista era sempre più annebbiata… Avrebbe voluto tanto dormire. Abbandonarsi a quella sensazione, a quel richiamo che sentiva… Il sonno, lasciarsi trasportare in un sonno profondo…
No, non poteva arrendersi in questo modo alla morte. Non poteva lasciare i suoi amici, non poteva credere che Meg fosse morta. Aveva ancora molto per cui lottare.
Raccolse tutte le forze che aveva: era il momento di reagire.
Riuscì a liberasi dalla presa di Abaddon e le sferrò un pugno. Il demone, non aspettandoselo, rimase per un attimo come intontita e questo diede a Cas giusto i pochi secondi che gli servivano per colpirla e metterla a terra. Nel momento in cui Abaddon fu distratta dal pugno di Castiel, i Winchester furono liberi dalla sua stretta. Abaddon fu circondata dal trio.
“ Vi rendete conto che non potete battere un Cavaliere dell’Inferno?” rise e si alzò dal pavimento. “Siete solo dei bambini in fasce di fronte a me e, alla fine, non farete altro che piangere”. Schioccò le dita e un fumo nero li avvolse. I Winchester seguirono Abaddon con lo sguardo mentre si sposava veloce da una parte all’altra della stanza. Non avrebbe potuto uscire: mentre loro e Cas erano con il demone all’interno della chiesa, un altro demone – da fuori – aveva disegnato sulle pareti esterne simboli che avrebbero intrappolato Abaddon e aveva bloccato tutte le uscite dell’edificio. E, diciamocelo, aveva fatto un ottimo lavoro.
Dean lanciò uno sguardo d’intesa a Sam e disse sorridendo: “Allora Crowley serviva davvero a qualcosa!” Abaddon era in trappola: nessuna creatura degli Inferi sarebbe mai potuta uscire da lì. Non viva, almeno. Il fumo nero del demone tentava ogni via di fuga e si agitava confuso in quella che sarebbe stata la sua tomba.
Riprese forma umana dall’altra parte della chiesa, vicino all’altare; “Non so che tipo di trucco sia questo, ma state pur certi che se di qui non posso uscire, allora non uscirete nemmeno voi”
Cas si reggeva in piedi solo grazie all’aiuto di Sam, ormai le forze sembravano abbandonarlo sempre di più ogni minuto che passava.
“Il vostro amico angioletto sembra ci stia per lasciare… Che farete quando sulla spalla avrete solo un demone a proteggervi? Che ironia, eh? - rise compiaciuta – tra l’altro che razza di demone è uno che riesce a disegnare trappole per demoni? Ormai rimane poco della sua vera natura in lui…”
“Che ne dici di chiudere un po’ il becco?”, Dean estrasse una pistola dalla tasca del giubbotto e Sam fece lo stesso.
“Oh Dean, dolce e infantile Dean. Nessuno riuscirà mai a farmi tacere per sempre!”, tuonò, poi uscì dal suo contenitore umano e ricominciò a vagare per la stanza.
Si avventò contro Cas e lo scaraventò contro la parete della facciata. Il tatuaggio anti-possessione dell’ex-angelo sembrò prendere fuoco e il demone entrò in lui.
I Winchester si ritrovarono a puntare la pistola contro il loro amico. Appena se ne resero conto l’abbassarono.
“Beh, sparatemi pure, avanti – Castiel, ormai come una marionetta nelle mani del demone, spalancò le braccia – cosa c’è? Non vi piace il mio nuovo vestito di carne? Io lo trovo sexy”
“Sam, è il momento. Vai.”
Sam lanciò un’occhiata a Dean, poi uscì dalla porta principale e si diresse da Crowley. L’ex-sovrano si trovava sul retro della chiesa in attesa di un segnale, ma i Winchester non avevano previsto che Abaddon avesse potuto possedere uno di loro. Quindi piano B.
“Sam… Che succede lì dentro? Non dovresti essere fuori”
“Cambio di programma. Abaddon si è impossessata di Cas… Tu sai cosa fare”
“Speravo che non saremmo arrivati a questo… Ci proverò, ma non garantisco. Sai che se non ci riuscirò chiamerò lo stesso Atropos, vero?”
“No, Crowley, non se ne parla. Non possiamo uccidere Cas! Guardami! – Sam si avvicinò e guardò dritto negli occhi il demone - aspetterai
Crowley annuì e si allontanò. Quando entrò nella chiesa vide Dean – ferito alla spalla – che teneva sotto tiro Castiel; il vecchio vestito di carne di Abaddon abbandonato ai piedi dell’altare.
Cas si voltò in direzione di Crowley con uno sguardo terrorizzato: “Crowley! Abaddon non è più dentro di me!”.
Dean rivolse all’ex-angelo uno sguardo turbato: “Ma che cosa stai dicendo? Crowley, sta’ attento, sta cercando di ingannarti, è Abaddon… Sta cercando di ingannarti!”
Crowley, con un’espressione esasperata sul volto disse: “Dean, mostrami il tuo tatuaggio”
“Ma che dici? Dobbiamo farla uscire da Cas!”
“Dean, mostramelo!”
“Crowley, non abbiamo tempo, devi agire!”
Dean, non te lo ripeterò, mostrami quel maledetto tatuaggio!
“E va bene, calmati. Ma ti avviso, prima Abaddon mi ha posseduto… Ma ora è in Cas! Dobbiamo fare qualcosa!”, Dean scoprì il simbolo anti-possessione bruciato e sanguinante.
“Crowley, ascolta, non credergli ti prego – Cas si avvicinò al demone. I suoi occhi blu erano tristi, zoppicava e si reggeva in piedi a malapena – vuole confonderci!”
“Ottimo! Giusto quello che ci voleva per movimentare un po’ questa noiosa giornata!”, disse il demone accennando un sorriso e strofinandosi le mani.
Avanzò nella stanza e si posizionò vicino all’altare, in modo da avere sia Cas che Dean abbastanza distanti da poter osservare con attenzione ogni loro minimo movimento.
“Beh, lo devo ammettere Abaddon, sei furba. Ma stai rischiando. Che cosa ti fa pensare che i miei sensi di demone siano così deboli da non poter riconoscere un cavaliere dell’Inferno?”
Il silenzio calò nella stanza. Crowley stava fissando entrambi, sicuro di sé. Si avvicinò al Winchester, poi gli sussurrò, vicinissimo al suo viso: “Non è vero, Dean?”. Poi di colpo lasciò il suo vestito di carne e una nube di fumo rosso si scaraventò su Castiel ed entrò nella sua bocca.
“Tu mi sottovaluti, cara Abaddon”, disse, le mani allacciate dietro alla schiena e la testa alta.
“Sì, tendo a farlo. E tu tendi a sopravvalutarti”, rispose una voce che sembrava avvolgere tutta la stanza in cui si trovavano.
“Certo che la tua mente, Cas, è proprio un casino”, commentò Crowley guardandosi intorno.
“Non puoi nasconderti da me, Abby. Io ho rivoluzionato l’Inferno e tu in poco tempo hai distrutto tutto ciò che avevo creato: questo mi irrita leggermente.”

Nel frattempo, Dean, sollevato dal fatto che Crowley avesse riconosciuto la vera Abaddon, si stava preparando insieme a Sam per intrappolare Abaddon una volta per tutte.
Presero il contenitore vuoto della regina e lo legarono ad una sedia al centro di una trappola per demoni, poi lo ammanettarono. Le pistole erano cariche di proiettili speciali, anti-demone. L’unico problema era che Dean ora era scoperto, senza protezione: se Crowley fosse davvero riuscito a scacciare Abaddon dal corpo di Castiel, non c’era garanzia che non entrasse in quello di Dean al posto del suo vecchio contenitore.
“Dean, appena Abaddon sarà libera, tu dovrai uscire di qui, o saremo daccapo”, Sam rivolse uno sguardo preoccupato al fratello.
“Ma come faccio a lasciarti qui da solo con quella puttana pazza?!”
“Sarà legata, Dean, non potrà fare nulla. E poi ci sarà anche Crowley”
“Ecco appunto… E comunque nessuno mi dà la garanzia che non bruci anche il tuo tatuaggio e s’impossessi di te”
“Non succederà, sarà piuttosto debole dopo aver lottato con Crowley, ricercherà il suo vecchio contenitore, non un corpo nuovo”
“Casa dolce casa”, Dean sorrise.

Intanto, Il corpo di Cas si scuoteva sul pavimento: nella sua testa stava avendo luogo una battaglia terribile. Il suo corpo era già molto debole, ma i colpi dentro alla sua testa lo stavano facendo impazzire.
I Winchester lo sorvegliavano impotenti, gli occhi preoccupati e ansiosi puntati su quel povero corpo in guerra con tre nature: una angelica, una umana e una demoniaca.

Passarono alcuni minuti, poi il corpo di Cas, ormai allo stremo delle forze, sputò prima del fumo nero e subito dopo una nube rossa.
Dean dovette lasciare il fratello, anche se non avrebbe voluto. Uscì dalla chiesa in fretta dopo aver abbracciato Sam e rimase sulla soglia, aspettando che il fracasso all’interno si trasformasse in silenzio. Poi rientrò di corsa: Crowley – un po’ dolorante - si stava rialzando dal pavimento e cercava di scrollarsi di dosso la polvere rimasta sul lungo cappotto nero. Sam aveva la pistola puntata su Abaddon – ritornata al suo vestito di carne originario. Cas era inerte in un angolo della chiesa.
“Crowley, fai la tua chiamata”, disse Dean, mentre raggiungeva il corpo immobile di Castiel.
Crowley diede il segnale. La chiesa si riempì di luce e tutti si voltarono a fissare la parca di fronte all’ormai ex-regina dell’Inferno.
“È giunta l’ora dei conti, Abaddon”


Otto mesi dopo, bunker

“Quindi partite…?”
“Sì, facciamo un piccolo viaggio. Poi troveremo una casa da queste parti, visto che Cas ha trovato lavoro come commesso al market giù in città”. Meg sorrideva, mano nella mano con Castiel e una borsa da viaggio in spalla.
Dean e Sam li fissavano sulla soglia del bunker. Erano felici, per una volta nulla poteva andare storto. Sicuramente la presenza un po’ impacciata dell’amico sarebbe mancata loro nel bunker. E avevano appena iniziato ad abituarsi a quella che all’inizio era stata davvero una strana convivenza: due cacciatori, un ex-angelo e un ex-demone sotto lo stesso tetto. Non era certo una cosa che si vedeva tutti i giorni.

Dopo essere riusciti ad uccidere Abaddon, i Winchester avevano avuto un periodo un po’ incasinato: Cas aveva rischiato la vita, i medici lo avevano dato per morto e rimase in coma per due lunghi mesi. Crowley aveva ripreso il trono degli Inferi con immensa soddisfazione e – da sovrano di parola – rispettò il suo patto e liberò Meg, che, prigioniera, veniva torturata ogni giorno in un angolo remoto del regno degli Inferi. Inizialmente, Meg non era convinta della buona fede dei Winchester, non si fidava di loro. Nonostante questo tornò al bunker con i due fratelli e le venne spiegato che cosa era successo a Castiel. Lo andò a trovare in ospedale ogni giorno e si fece assumere come infermiera. Non lo avrebbe abbandonato. Una volta sveglio, non fu difficile immaginare quanta gioia provasse Castiel quando finalmente, dopo tanto tempo, la vide. I suoi occhi si riempirono di lacrime, non poteva crederci. Dimesso dall’ospedale, Cas avrebbe voluto sposarla, ma non fu possibile. Lei era comunque un demone e – oltre al fatto che non sarebbe mai potuta entrare in una chiesa – non avrebbero potuto vivere una vita serena insieme se lei avesse mantenuto la sua forma. Alla quale alla fine rinunciò per amore. Sam e Dean usarono la cura dei Letterati su di lei, in modo che potesse diventare umana. Dopo la trasformazione, tuttavia, le cose cambiarono. Le atrocità che aveva commesso sottoforma di demone vennero seppellite nel suo subconscio, ma trascinarono con loro tutti i ricordi che Meg aveva della sua vita passata – compreso Castiel.
I Winchester la tennero con loro nel bunke: decisero di non raccontarle mai ciò che era stata, in modo che non ne soffrisse – anche se comunque le dissero quale era la loro vera occupazione e, per un certo periodo, Meg si unì ai due cacciatori e a Castiel nella lotta contro le creature soprannaturali. E, anche se gli incubi dalla sua vita passata a volte tormentavano Meg nel sonno, non le ci volle molto tempo prima che si innamorasse di nuovo di Cas.

Sam e Dean stavano salutando i loro amici sulla porta del bunker. Sapevano che sarebbero tornati – non era certo un addio – ma si sentivano come se stessero lasciando una parte della loro famiglia. Ma erano felici. Finalmente sembravano esserlo tutti.









NOTA D’AUTRICE:

Salve lettori!
Sì, proprio così, sono ancora viva! Lo so che ho lasciato passare un mucchio di tempo – e per questo mi scuso - e che probabilmente questo ultimo capitolo non lo leggerà nessuno, ma ci tenevo a dirvi che sono abbastanza soddisfatta della mia storia – anche se il finale, lo ammetto, mi è uscito un po’ sdolcinato ahaha :)
Anche se in precedenza non ho avuto tempo di scrivere, ho voluto ugualmente concludere la mia fic – odio lasciare le cose a metà.
Spero con tutto il mio cuore che vi sia piaciuta, anche perché è la mia prima fic e ci ho davvero messo l’anima. Fatemi sapere che ne pensate in una recensione, per favore!
Un abbraccio e vi ringrazio di cuore per aver letto la mia storia! <3

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