Door lock

di Dulcet
(/viewuser.php?uid=524379)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La luce là fuori ***
Capitolo 2: *** Chiavi ***
Capitolo 3: *** Uscita ***
Capitolo 4: *** Partiamo? ***



Capitolo 1
*** La luce là fuori ***


Io vivo in un mondo dove c'è la magia. Dove c'è il bianco, dove c'è il nero. Dove, a volte, non c'è niente e non c'è nessuno, tranne me.
Non ho un nome e non ho un'età. Non so perchè e come e quando mi sono trovata qui. Quello che riesco a ricordare è poco; c'è sempre stato troppo poco.
Mi sono svegliata e non vedevo niente, c'era una luce da un piccolo foro e ho cominciato a guardare: questa è una delle poche cose che ricordo.
Da quel foro ci guardo ancora, tutti i giorni e a tutte le ore io sono lì e guardo tutto quello che posso guardare. Da quel foro osservo sempre due ragazze e a volte c'è un ragazzo. Parlano di cose strane, spesso di qualcosa che si chiama ''Berlino''. Altre volte le ragazze parlano del ragazzo che  sta con loro, guardano la loro immagine riflessa su qualcosa. Prendono qualcos'altro e se la mettono sul viso e alcune volte si aiutano a vicenda. Alcune volte le vedo mentre sfogliano dei libri, loro li chiamano così, e anche io vorrei sfogliarli e vedere quello che c'è dentro. Poi altre volte si sporgono da una sbarra e il vento scompiglia loro i capelli e c'è luce. Ridono e parlano e poi si zittiscono e si sente solo il vento. Questa è una delle cose che voglio fare quando uscirò di qui, un giorno: voglio sporgermi anche io da quella sbarra, anche io voglio sentire il vento passare tra i capelli, voglio guardare la luce, voglio respirare, voglio sentirmi libera, voglio vivere davvero. Chissà cosa si prova.
Per fortuna, il luogo buio dove mi trovo io ha cibo e bevande in abbondanza. E ancora, nonostante il tempo che ho trascorso qui, sembra che niente si sia esaurito.  
Le pareti tra le quali si svolge la mia vita si estendono per un lungo tratto. Non so dirne il colore perchè c'è sempre buio, a parte quel piccolo foro. A terra ci sono dei grandi quadrati di un materiale molto resistente e le prime volte ci strisciavo sopra perchè non sapevo muovere le gambe nel modo giusto. Tra queste quattro mura ho imparato tutto quello che so, e tutto quello che so fare. Guardando dal foro, osservando tutto quello che facevano i tre ragazzi, ho imparato pian piano. Una delle prime cose che ho imparato è stato muovere le gambe e non cadere a terra, facendomi male. 
E' grazie a loro se ho imparato a parlare, almeno solo un po'. Quel po' che mi basta ma di cui non mi servo, perchè ancora non c'è nessuno con cui scambiare una piccola parola. C'è qualche piccolo animale che mi fa compagnia a volte, penso che ormai mi si sia affezionato dato che spesso torna qui e si distende accanto a me. Ma lo so che gli animali non possono parlare e forse è meglio così. Sono diventati sempre più grandi ed è da un po' che mi chiedo se sono diventata grande anche io, nel frattempo. Forse una volta ero piccola come loro e sarei potuta andare via da questo posto come fanno di tanto in tanto quando c'è troppa acqua scura nella stanza.
Ecco un'altra cosa che non so: perchè qualche volta da me esce dell'acqua scura? 
So che il corpo espelle delle sostanze sotto forma di urina e di feci: l'ho imparato ascoltando le due ragazze studiare, un po' di tempo fa, insieme al loro amico. 
Ma l'acqua scura, che ha anche un brutto odore, cos'è?
E' da tanto tempo che succede, ma ancora non sono distesa per terra senza muovermi come un animaletto una volta ha fatto. Si è accasciato per terra. All'inizio pensavo  dormisse, ma sono passate le ore e i giorni e ha cominciato ad emanare un brutto tanfo. Poi si è fatto mangiare dalle formiche. Cosa è successo? Un'altra domanda senza risposta.
Guardo dal foro. Giunge un po' di luce e ci sono le ragazze.
Quella con i capelli marroni ha un'espressione strana. Quella con i capelli quasi bianchi guarda fisso a terra. Davanti a loro c'è il ragazzo, seduto, anche lui con un'espressione strana. 
-E adesso? Come facciamo?- chiede la ragazza con i capelli marroni
-So solo che ci tocca, Ruthie- risponde il ragazzo
-Bhe, possiamo soltanto portare pazienza e sperare che non succeda. Secondo me sono dei trucchi per farci spaventare e non farci più uscire- risponde l'altra ragazza
-Lo vedremo- risponde la ragazza che si chiama Ruthie.
-Se ci fosse davvero il terremoto come farebbero a sapere che è colpa nostra, nel caso in cui lo fosse?- chiede l'altra.
-Lacie, quante reggie ci sono in questo posto?- domanda Ruthie
-Solamente questa...- risponde Lacie facendosi ancora più triste.
-Ecco. Se ci sarà un terremoto in questa zona, colpirà sicuramente Euthure. Saprebbero subito che la colpa è nostra... ci siamo solo noi qui.- Ruthie risponde mentre si asciuga le lacrime e guarda il ragazzo. -Ma perché dovremmo essere noi a causarlo, di questo non ne ho la minima idea.- Piega le sopracciglia -che assurdità.-
Ruthie è una bella ragazza, ha i capelli marroni e lunghi e verso la fine sono a spirale, come le immagini di una cosa che si chiama DNA che ho visto mentre studiavano. L'ho sempre ammirata per la sua bellezza da quando era ancora piccola. Poi è cresciuta e adesso è ancora più bella. 
Da quando ho visto i suoi capelli ho scoperto di averli anche io. Prima, quando facevo scendere la mano su di essi, dopo un po' non toccavo più niente. Ora invece deve passare un po' di tempo finchè la mano non tocchi i capelli. A volte mi chiedo di che colore sono e se riuscirò mai a vederli insieme alla mia faccia. Chissà se sono bella anche io. 
Distolgo l'attenzione dai miei pensieri quando vedo entrare in stanza un ragazzo con un'aria molto preoccupata.
-Sarà meglio che andiate adesso a dormire.- Dice.
-Tu saresti...?- domanda Lacie
-Stephen- Risponde.
-Chi ti ha invitato?-risponde lei con un sorriso cattivo.
-Il re in persona. Sarò il vostro accompagnatore in caso dovesse succedere quel che temete..- risponde.
I tre ragazzi sono sorpresi e tristi. Lacie spalanca gli occhi, come se stesse percependo qualcosa che finora le era rimasto nascosto.
-Non dirmi che...-
-Esattamente.- dice Stephen accennando un sorriso -se ci sarà il terremoto dovrò accompagnarvi a Berlino. Sono il vostro accompagnatore e vi tutelo io- 
-Ma quanti anni hai?- domanda Lacie che ora è infastidita.
-Diciassette, proprio come voi.- 
-Il re deve essere impazzito.- piagnucola Lacie.
-Adesso andate a dormire, domani mattina si vedrà. Spero per voi, e per me, che non succeda niente.
Terremoto. Questa parola mi mette paura. Sento un tum tum che viene dal mio petto. Che cosa vuol dire terremoto? E' una cosa brutta? 
Ruthie è rimasta zitta tutto il tempo, con la testa appoggiata sulla spalla del ragazzo, di cui ancora non so il nome. In tutto il tempo non sono mai stata interessata a sapere come si chiamassero. Oggi invece ho imparato tante cose e ho conosciuto un ragazzo nuovo. Beh lui non mi conosce. Nessuno mi conosce, ma io si... Che cosa brutta. Nessuno sa di me.
Adesso so che quando uscirò di qui voglio salutarli e voglio parlare con loro. Voglio salutare Ruthie, Lacie e il ragazzo. E poi... vorrei tanto sporgermi con loro da quella sbarra. 
Ma quando uscirò da qui? O meglio, uscirò mai da qui? 
Intanto si è fatto buio, ormai dal foro non si vede più niente e c'è un tri tri. Sto ancora pensando a quella parola, ''terremoto''.  Che vuol dire? Voglio saperlo. 
Vado a prendere qualcosa da mangiare, ero accasciata al muro prima ma adesso sono in piedi e muovo le gambe verso la mia meta, ripensando a quello che voglio: poter uscire da lì e poi il resto verrà da sè. 
''Terremoto'' sussurro per sentire in che modo esca dalla mia bocca, e il cuore mi batte sempre più forte. Mi sento un orologio che ticchettia, ma troppo velocemente. Comincio a sentire un fischio e cado a terra. ''Sto facendo la fine di quell'animale'' penso. Non è così doloroso come pensavo. E' come se qualcuno mi prendesse tra le sue braccia e mi facesse addormentare.




Ho sognato questa storia una notte, la trama nel sogno si è svolta velocemente e come tutti i sogni, è stato interrotto a metà. Per cui fino ad un certo punto avrò il mio sogno da seguire, dopo cercherò di inventarne la fine, sperando che con il trascorrere della storia mi venga qualche idea. Ho naturalmente dovuto pensare e inventare alcuni dettagli, come per esempio la ragazza che vive dentro una stanza buia. Lei non era presente nel mio sogno, ma ho dovuto inventarla.
Un altro avviso importante riguarda il mio modo di scrivere. 
La storia è scritta in prima persona, una persona che non conosce alcuni termini del mondo e che non parla in modo fin troppo corretto, perciò le descrizioni e i discorsi sono piuttosto vaghi. Volevo adattarmi al personaggio e rendere la storia quanto più realistica possibile, sempre tenendo conto di alcuni elementi fantastici che in questa storia non possono mancare. 
Detto questo, vi saluto! Spero di pubblicare spesso il prossimo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere davvero! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chiavi ***



Quando riapro gli occhi capisco di non aver fatto la fine di quell'animaletto. C'è una cosa strana che mi sveglia. Tutto si muove e non riesco a stare sulle mie gambe. Tutto cade, tutti gli scaffali che contengono il cibo. Tutti gli animali scappano più veloci che mai.
Ma la cosa peggiore è che sento urlare. Sento la soffice voce di Ruthie trasformarsi in un pauroso urlo mentre cerca di farsi strada tra i mobili caduti. Sta piangendo. Non riesce a tirar fuori Lacie da tutto quell'ammassamento di mobili.
Lacie!-urla con tutta la voce e la paura che ha.
Sento un rumore di passi, veloce, ma non ritmato. Come di una persona in preda al panico che corre o almeno, cerca di correre.
Nella stanza appare il ragazzo, visibilmente terrorizzato.
-Ruthie! Stai bene?- urla.
-Io sì, ma Lacie è là sotto!- urla lei indicando con un dito il posto dove è sepolta la sua amica.
Qualcun altro appare nella stanza. -Ci penso io.- E' Stephen. Sembra molto coraggioso e sa affrontare la situazione ma è spaventato. Non deve essere facile sapere cosa fare in un brutto momento.
Ma non sarà che questo movimento e questi mobili che cadono siano il terromoto? Stephen aveva detto che sarebbe intervenuto solo in questo caso. Allora è davvero così? Sì. Questo è il terremoto.
Mi accosto al foro, sia perchè dalla paura non posso più muovermi sia perchè voglio vedere cosa succede. Stephen, mentre io non guardavo è riuscito a tirar fuori Lacie e adesso stanno parlando, seduti a terra.
-Dobbiamo aspettare che finisca?- Chiede Ruthie.
-Sì. Non ci si può muovere se trema tutto.- Risponde Stephen.
Più in là c'è il ragazzo, che tiene la testa tra le mani.
-E' la fine- dice sottovoce, ma tutti lo sentono e sanno che ha ragione.
Rimangono in silenzio e si sente solo il rumore del pavimento che si muove velocemente, mentre tutto cade. Nel frattempo ho trovato uno spazio in cui non c'è niente che possa crollarmi addosso e credo che anche loro siano al sicuro. Sfortunatamente non posso guardare dal foro, perchè lì è pericoloso.
Mi sento così sola... Anche io vorrei stare con loro e anche se sono in una situazione pericolosa, insieme è meglio, credo.
Non so cosa fare. Chiudo gli occhi e mi addormento. Ormai quel movimento sembra confortante, mi fa addormentare meglio, mi fa rilassare e non mi fa sentire sola. Forse farà crollare il muro che mi divide da Ruthie, da Lacie, dal ragazzo e da Stephen.
Mi sveglio dopo un po', accorgendomi che il pavimento ha smesso di muoversi e i mobili hanno smesso di cadere ovunque.
Li sento ancora parlare; o forse parlano piangendo perchè quando mi avvicino al foro per guardare, le loro voci sono spezzate da singhiozzi continui. Deve essere una situazione terribile quella in cui si trovano adesso; vorrei tanto stargli vicina.
-Penso che sia il momento di andare all'entrata, al cospetto del re. Quel che temevamo è successo: il terremoto si è verificato e tutti sappiamo che in Germania c'è solo questa reggia ed Euthure è stata l'epicentro del disastro.- dice Stephen -non so cosa sia successo davvero, ma mi sembra un'assurdità... Vi accompagnerò e vi farò da guida. Vi proteggerò finchè ne avrò la possibilità. Più di questo non posso dirvi.-
Vedo Stephen molto preoccupato anche se cerca di mantenere la calma. Gli trema la voce, ha una coperta addosso e trema, non dal freddo ma dalla paura.
Deve avere un gran peso sulle spalle, ci sono tre persone che dipendono solo da lui. Comincio ad ammirarlo per come si prenda cura di loro, anche se li conosce da poco.
Mi chiedo se si prenderebbe cura di me se uscissi da qui, un giorno. Quel giorno non verrà ed è inutile essere così felice. Tuttavia sono certa che mi tratterebbe bene. Posso saperlo anche solo guardandolo dal foro.
Adesso si stanno alzando, sono pronti per andare e io non li rivedrò più. Quello che mi ha fatta felice sta andando via da me.
Non rivedrò più Ruthie, con i suoi bellissimi capelli che a volte si alzavano nell'aria.
Non la sentirò più parlare con Lacie del ragazzo che stava con loro, nè più la sentirò studiare, nè più cantare.
Non sarà lì neanche Lacie, con i suoi capelli quasi bianchi e il suo carattere scontroso. E' una ragazza molto determinata e forte, ma so che è dolce anche se vuole nascondere questo suo aspetto.
Anche il ragazzo di cui non conosco il nome mi mancherà. Mi mancherà il suo modo di prendersi cura di Ruthie e di Lacie.
E anche Stephen, pur avendolo visto da poco, mi mancherà.
Mi mancheranno tutti.
Mi mancherà tutto di loro.
-Coraggio.- dice Stephen. Poi tutti scompaiono e io non posso più vederli.
Ormai non ci sono più. Forse torneranno un'ultima volta per prendere le loro cose e andarsene via, chissà dove.
Mi muovo un po', decido di andare a prendere qualcosa da mangiare. Magari qual tipo di cibo che appena ne prendi un po' ti viene subito sete e continui a mangiarne tanto. Quello mi piace. Mi fa sentire più forte dopo averlo mangiato.
Muovo le gambe nel buio e man mano comincio a sentire delle voci. Mi avvicino a una parete e ci appoggio l'orecchio.
Qualcuno sta parlando, sembra arrabbiato perchè urla.
-Questa è la rovina per Euthure, per Berlino e per la Germania intera, maledizione! Cosa pensate dovreste fare adesso?!-
-Io, Ruth Grimm, nata nella nobile reggia di Etuthure il 29 marzo dell'anno 1763, mi dichiaro colpevole.- E' la sua voce. La voce di Ruthie! Sono spaventata per lei. Cosa le faranno? Dove la porteranno? Stephen la accompagnerà, ma quando dovrà lasciarla, dove la lascierà? Farà la fine di quell'animaletto?
Adesso è Lacie che parla.-Io, Lacie Grimm, nata nella nobile reggia di Euthure l'11 febbraio dell'anno 1763, mi dichiaro colpevole.-
Pensavo che Ruthie e Lacie fossero amiche, non sorelle. Portano lo stesso cognome, eppure, nello stesso anno, Lacie è nata un mese prima di Ruth e so che questo non è possibile. Sicuramente hanno madri diverse. E poi non si somigliano per niente.
Ho imparato queste cose ascoltandole ripetere quando studiavano. Non ho seguito tutta la spiegazione quella volta perchè ero andata a prendere da mangiare, ma quando sono tornata a guardare dal foro stavano ripetendo qualcosa come ''La gravidanza è il periodo di nove mesi durante il quale una nuova forma di vita si sviluppa all'interno del corpo materno'' o qualcosa del genere. Ancora prima, quando Ruth e Lacie erano ancora piccole, avevo imparato i nomi dei mesi e dei giorni e ancora oggi me li ricordo e so che marzo viene dopo febbraio e non mi ci vuole tanto per capire che 1763 e 1763 sono numeri uguali.
Poi ho imparato anche che i figli nati dalla stessa madre e dallo stesso padre si somigliano tra loro fisicamente. E non è questo il caso.
Solo ora mi rendo conto che le cose che ho imparato sono molto importanti per capire il mondo. Se avessi potuto avrei studiato anche io con loro. Avrei aperto quelli che loro chiamano ''libri'' e avrei letto le parole o me le sarei fatte leggere, e adesso saprei molte più cose. Mi è sempre piaciuto sapere le cose. Rendono tutto meno misterioso e meno spaventoso.
Adesso tocca al ragazzo, di cui tra poco conoscerò il nome.
-Io, Leonardo Grimm, nato nella nobile reggia di Euthure il 17 luglio dell'anno 1760, mi dichiaro colpevole.-
E così adesso conosco il suo nome. Forse l'ho sentito mille volte prima, quando erano più piccoli e giocavano, quando erano più grandi e parlavano, ma non avevo interesse a sapere come si chiamassero. Non so dire perchè e quando ho cominciato a interessarmi in questa cosa.
Leonardo è sicuramente il fratello maggiore di Ruthie. Non fratellastro però, perchè lui e sua sorella si somigliano tanto, anche come carattere.
-Adesso, affinchè venga stabilita la colpa da attribuirvi per aver fatto versare nel panico e nella distruzione Euthure e aver fatto perdere l'onore dell'unica reggia presente in Germania, verrete accompagnati alla capitale Berlino. Lasceremo che le autorità competenti decidano cosa fare.
Da adesso in poi Stephen Wilson diverrà il vostro accompagnatore. A lui sono affidate le vostre vite e le vostre morti. Vi accompagnerà fino a Berlino su una carrozza. Poi verrà decisa la vostra colpa.-
Il signore che parla deve essere il re, prima Stephen aveva detto che ''era ora di andare al cospetto del re''.
-A te le chiavi della cantina, mi raccomando, una volta entrato chiudi subito la porta dietro di te. Non deve rimanere aperta, capito?- Sussurra a Stephen, ma io riesco a sentirlo.
Ora ho altre due domande: cosa sono le chiavi? e cos'è la cantina? e la porta?
Stephen non dice nulla, probabilmente ha solo annuito.
Sento un rumore di passi che si fa sempre più vicino. Corro a vedere fuori dal foro.
Il cuore mi batte così forte che lo sento quasi uscire dal petto. Stephen è vicino, anzi no, proprio davanti al foro. Vedo le sue mani che giocano con dei pezzi di metallo luccicante.
Sto ancora guardando il foro quando Stephen inserisce uno di quei pezzi di metallo nel foro.
Non mi sono mai sentita così. Il cuore non mi è mai battuto così forte.
Perdo la capacità di muovermi e di pensare e rimango a guardare una parte del muro, quello dove c'era il foro, andare indietro.
Poi tutta la luce si riversa su di me. Non ne ho mai vista così tanta. E' un sogno, sì. Sto sognando.
C'è Stephen, dritto davanti a me. E' immobile anche lui.
Forse stiamo sognando insieme, ma lui continua a guardarmi.
Poi mi accorgo che in quegli occhi c'è l'azzurro del cielo, c'è la luce dei suoi capelli.
Non ho mai visto una persona guardarmi.
Mai.
Guardo Stephen mentre apre gli occhi più che può. Muove la bocca, ma non riesco a sentirlo.
Cado a terra pensando che non devo essere felice di un sogno, perchè non è la realtà.
Chiudo gli occhi e li riapro, ma è ancora lì.




Messaggio dell'autrice: Mi scuso per il testo piccolo e non giustificato, ma non sono riuscita a modificare l'html con efp. Meno male che sapevo il codice per andare accapo!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Uscita ***


3 capi
Lo guardo. Mi guarda.
Sento il suo cuore battere e lui sente il mio, nel silenzio che c'è intorno a noi.
Guardo in giù per vedere i miei capelli lungo il pavimento. Sono così lunghi che arrivano molto lontano. Sono come quelli di Lacie, ma sono più scuri. Un po' come quelli di Ruth.
Guardo le mie mani poggiate vicino alle mie gambe. Ho la pelle chiara, ma sono tutte ricoperte di nero. In effetti è passato un po' di tempo da quando mi sono bagnata con l'acqua che usciva da quel bidone enorme.
Stephen è ancora lì, ma non si muove. Forse è spaventato e non riesce a muoversi come faccio anche io a volte.
- P-perchè s-stai fermo?- Gli chiedo. Questa è una delle poche volte che ascolto la voce uscire dalla mia bocca ed è la prima volta che parlo con qualcuno. E' la prima volta che qualcuno mi guarda.
E' la prima volta che qualcuno si accorge di me.
Quello che provo adesso è troppo grande e troppo infinito per cercare di spiegarmelo. Tutto è cambiato in pochissimo tempo: quel pezzo di muro è andato indietro, si è avvicinato Stephen ed è entrata tanta luce. Queste sono cose che non avevo mai visto, che non avevo mai provato. Non sapevo quanto fosse meravigliosa la luce finchè non mi è arrivata addosso. Non sapevo quanto bello potesse essere guardare una persona dalla testa ai piedi ed essere guardata da qualcuno, negli occhi.
Non sapevo come io fossi, non sapevo se ero come loro o ero una specie di animale. Io non sapevo niente di me. Sapevo solo che ero sola, catturata e portata dentro quattro mura.
Chiusa.
Senza uscita.
Senza poter parlare, senza poter stare con loro.
E invece adesso mi sento come se qualcuno mi avesse fatto un regalo. Mi sento come si sentivano Ruthie e Lacie in quei giorni in cui era il loro compleanno, quando portavano nella loro camera tante scatole colorate, con tanti nastri così ben fatti che poi strappavano e gettavano via.
Quando li aprivano dicevano sempre -Che bel regalo! Guarda!-.
Ci trovavano tantissime cose in quelle scatole ed erano così contente.
E anche io ora ho ricevuto un regalo, il regalo più grande e più bello che mi potessero fare, un senso che mi fa pensare che tutto questo è bellissimo, che io stessa anche se sono cresciuta al buio, da sola, alla fine ho raggiunto la mia meta.
Se solo sapessi più parole di questo mondo, allora riuscirei a dire cosa provo.
Stephen adesso ha fatto un passo avanti ed è ancora più vicino a me. Tiene una mano appoggiata a un pezzo di muro, come se si tenesse preparato a scappare.
-Chi sei ?- Ha una voce spaventata, ma è coraggioso e io lo so.
 A questa domanda però non so rispondere, perchè io non ho un nome nè un'età. Sono una femmina, giusto? Perchè non ho una strana cosa che hanno i maschi.
-Io sono una femmina.- rispondo chinando il capo
-Mi sembra ovvio- sta diventando sempre più preoccupato. -Perchè sei qui?- mi domanda.
-Sono sempre stata qui.- Adesso ho paura che sia impaurito così tanto da  riportare avanti quel pezzo di muro, lasciarmi dentro e scappare.
Ma resta lì.
-A-avvicinati-
Mi alzo e muovo le gambe per andare da lui. Non so muovere velocemente le gambe come fa lui, Ruthie, Lacie o Leonardo, però un po' ce la faccio.
Adesso sono davanti a Stephen, i nostri petti si toccano. Così posso sentire ancora meglio i battiti del suo cuore. Credo che sia la prima volta che vede una persona che è rinchiusa da tanto tempo, che un giorno appare inaspettatamente. E' spaventato.
Spaventato da me.
Non parla. Allora decido di parlare io, di dirgli tutto quello che ho passato qui dentro, di quello che ho potuto vedere nel buio, nella solitudine, guardando da quel foro.
- Io, davvero non so chi sono. So solo che sono qui da quando ero piccola perchè avevo i capelli corti, ma poi sono cresciuti. Adesso ho i capelli veramente lunghi. Io... qui c'è da mangiare e da bere perciò sto bene. C'è  anche un recipiente grandissimo pieno di acqua e quando avevo caldo oppure mi dovevo pulire perchè mi sentivo sporca giravo un pezzo di metallo e mi facevo cadere l'acqua addosso. Poi a volte c'erano degli animali, qualcuno si avvicinava a me se non c'era acqua scura intorno. Ci sono state tante cose brutte ma io ho trovato un foro nel muro che tu hai portato indietro. E da lì io ho sempre guardato Ruthie, Lacie e Leonardo e ho sempre ascoltato quello che dicevano, quando erano piccoli e giocavano, e poi quando sono diventati grandi e studiavano le varie materie. Questo è tutto quello che ho fatto e quello che so.- Non riesco a credere di averglielo detto. Sto piangendo e singhiozzando. E' la prima volta che lo faccio.
Sono come Ruthie, come Lacie e Leonardo quando poco tempo fa piangevano per aver scatenato il terremoto.
-Mi dispiace se ti faccio paura.- aggiungo.
-Sono solo un po' sorpreso. Non mi è mai capitato di trovare una ragazza in cantina.- Adesso è un po' più calmo.
-Che cosa è la cantina?-
-Il posto in cui sei rimasta per tutto il tempo.-
-E le chiavi? E la porta?-
-La porta è quella che ho aperto per entrare. Le chiavi servono ad aprire le porte.-
-Quel pezzo di muro che hai tirato indietro è la porta?-
-Sì, si dice aprire la porta.- sembra sorpreso - Perchè non hai mai urlato o battuto i pugni? Ruth e Lacie ti avrebbero sentita e ti avrebbero trovata.-
-Io non so urlare. E poi non so cosa siano i pugni.-
-E' quando fai diventare la mano come... un mattone e la fai andare con velocità verso il muro facendo rumore.- Penso che si stia sforzando per spiegarmi cose che non conosco. E' proprio come mi aspettavo: si prende cura di tutti.
-Perciò se lo avessi fatto sarei uscita da qui prima?-
-Può essere, ma di solito tutte le stanze delle reggie sono fatte in modo che nessuno, nella stanza accanto, possa sentire nulla.-
-Allora sarebbe stato inutile anche se ci avessi provato.-
-Esattamente.- sembra calmo e a suo agio adesso. -Perchè non ti metti dei vestiti?-
Solo ora mi accorgo che quello che credevo essere un vestito non è altro che un grandissimo pezzo di tessuto ingiallito e sporco. Per me andava bene, è abbastanza pesante e mi ha coperta bene quando avevo freddo, però non sono nelle condizioni di uscire da qui in questo modo, se mai uscirò.
-Però qui non ce ne sono.-
-Credo che Ruth non si arrabbierà se le prendo qualcosa dall'armadio. E' per una buona causa.- Accenna un sorriso. -Questi sono troppo appariscenti e ingombranti . Non vanno bene per te.-richiude l'armadio.
La stanza di Ruthie e Lacie. Adesso posso vederla tutta, ci sono dentro. Ci sono tante cose di cui non conosco il nome, ma riconosco la scrivania, dove si sedevano per studiare ogni volta, dove parlavano, dove ridevano. Vicino alla scrivania c'è quella sbarra, con dei pezzi di stoffa. E' come un quadrato. E' difficile da descrivere.
-Che cos'è questa?- dico indicando la sbarra.
-Si chiama finestra. Ti piace?-
-Sì. Mi piacerebbe tanto sporgermi.-
-Potrebbe vederti qualcuno e sarebbe un guaio per tutti. Stanno succedendo troppe cose in questi giorni. Mi sento confuso.- Dice mentre apre una grande scatola e ne tira fuori una stoffa bianca.-Prova questo.-
Prendo quella che dovrebbe essere una maglietta tra le mani. -Io non so come si mette.-
-Togliti quella coperta.-
-Questo pezzo di stoffa si chiama coperta?-
-Sì.-
Mi tolgo la coperta di dosso e la getto via nella cantina. Nel posto in cui sono sempre stata.
-Alza le braccia.-
Alzo le braccia come mi ha detto di fare. Mi infila le maniche della maglia e mi fa uscire fuori il collo.
-Mi dispiace di non aver trovato qualcosa di femminile. Perciò ti ho preso una delle mie magliette. E' pesante. Ti servirà quando usciremo.-
Il cuore comincia a battermi forte di nuovo. Usciremo da qui. Questo vuol dire che andrò con loro.
-Dove andremo?-
-A Berlino, lo sai.-
-E quando partiamo?-
-Domani mattina.-
-Quando è domani mattina?-
-Fai tantissime domande. Ma non posso biasimarti.-sorride- domani mattina è tra dodici ore, adesso sono le nove di sera.-
-Non dormiamo?-
-Lo dici perchè hai sonno?-
-Un po'.-
-Sarebbe più conveniente se adesso ti accorciassi un po' i capelli, non credi? E' scomodo andare in giro facendoli strisciare a terra.- adesso sembra confuso, di nuovo. Mi guarda sorridendo. Non so quanto sono felice. E se questo è possibile è merito suo, che ha aperto la porta.
-Grazie Stephen, per aver aperto la porta e avermi trovata.-
-Prego- risponde- se vai un po' più avanti , vicino alla scrivania c'è lo specchio, lì puoi guardare la tua faccia e i tuoi capelli.
Mi avvicino allo specchio. Dovrebbe essere quello strano pezzo di vetro che rifletteva i volti di Ruth e Lacie.
Adesso invece riflette me.
Riflette il mio viso chiaro, quasi bianco. Ho gli occhi di uno strano colore, un po' azzurro, come il cielo. Ma con un po' di nuvole. Non è un azzurro più scuro, è semplicemente un altro colore, che ancora non conosco.
Poi ci sono i miei capelli. Hanno anch'essi uno strano colore.
-Stephen, di che colore sono i  miei capelli?-
-Sono di un colore particolare. Un po' castani e un po' biondi. Direi color del miele.-
-E i miei occhi, di che colore sono?-
-Avvicinati, non riesco a vederli da qui. Siediti qui sul letto.-
A piccoli passi vado verso il letto. Ha ragione. I miei capelli mi ingombrano quando cammnino.
Mi siedo vicino a Stephen e lui mi guarda. Fa una faccia strana.
-Sono viola. E' raro averli di questo colore.- Sembra che il colore dei miei occhi lo interessi molto.- Hai  una faccia un po' da bambina, però non penso che tu lo sia.-
-Forse sono grande quanto Ruthie e Lacie. Quando loro erano piccole, ero piccola anche io.
-Perciò avresti la mia età.- sorride.- Adesso lascia che ti lagli i capelli, dopo andremo a dormire. Devi riposarti bene per affrontare la giornata di domani. Credo che ti piacerà dormire su un letto.-
-Lo penso anche io.-
Adesso sta preparando tanti pezzi di stoffa sul pavimento. Credo che servano per raccogliere i miei capelli quando li taglierà. Prende una sedia e la poggia vicino alle stoffe.
-Puoi sederti qui, per favore?-
Stephen è così gentile. Prima mi ha fatta uscire, mi ha parlato e non è scappato via, adesso mi sta aiutando a prepararmi per uscire fuori, per partire.
Mi siedo dove mi ha detto. Quando mi  sono sistemata mi tira tutti i capelli indietro.
-Va bene se li taglio sotto il seno? Sono così belli. Sarebbe un peccato accorciarli troppo.-
-Per me va bene.- rispondo.
Ci vuole poco tempo per accorciali di dietro. Sono bastati solo pochi colpi di forbici.
-Sono a posto?- chiedo.
-Non ancora, manca la frangia. Non puoi andare in giro con i capelli davanti agli occhi.-
Mi mette un pezzo di stoffa intorno al collo.
Le forbici si aprono e si chiudono, tagliando via i miei capelli lunghi.
-Adesso va meglio.- sorride e guarda il risultato.- Non ho mai tagliato i capelli di una ragazza, ma credo che il risultato sia accettabile.Mia nonna me lo insegnò quando ero piccolo. Va' a guardarti allo specchio.-
-Mi avvicino di nuovo allo specchio. Così sto meglio e ci vedo meglio.
-Sono carina così.-
-E' vero.- mi guarda e sorride.
Il sonno, la stanchezza e la voglia di distendermi su un letto cominciano a gravare su di me.
-Posso andare a dormire?-
-Se vuoi dormire devi venire nella mia camera. C'è un letto matrimoniale.-
Non ho idea di cosa sia un letto matrimoniale, mi basta solo che sia un letto. Ma il problema sarà muoversi da una stanza all'altra. Non voglio che qualcuno mi scopra.
-Dov'è la tua stanza?- chiedo sbadigliando.
-Di fronte a questa. Andiamo.-
Camminiamo verso la porta. Stephen gira uno strano oggetto perfettamente rotondo attaccato alla porta e questa si apre.
-Non avevi detto che le porte si possono aprire solo con le chiavi?- chiedo incuriosita.
-Di solito è così, ma soltanto per le stanze che poche persone possono aprire.-
Richiude la porta dietro si sè.
-Cammina velocemente e non fermarti a guardare niente- mi sussurra all'orecchio.
C'è una stanza proprio di fronte a quella da cui siamo appena usciti. Deve essere la camera di Stephen.
Camminiamo entrambi velocemente e quando siamo davanti alla porta della sua camera, Stephen mette una chiave nel foro della porta. La gira verso destra e la porta si apre.
-Entra pure-
-Grazie.-
La prima cosa che vedo è il letto. E' molto grande. Quelli nella stanza di Ruthie e Lacie erano molto più piccoli.
-Posso andare sopra il letto?-
-Devi stare sotto le coperte, non sopra.-
-Che significa?-
-Guarda.- dice con dolcezza. Si avvicina al letto, prende le coperte che ci sono e ci si infila sotto, poggiando la testa sul cuscino. -E' così che devi metterti. Provaci.-
-Sporcherò il letto però, sono sporca.-
-Cambiano e lavano le lenzuola ogni giorno, sta' tranquilla.
Entro nel letto come mi aveva fatto vedere Stephen. Poggio la stesta sul cuscino.
Entra anche lui sotto le coperte. La sua faccia è più rossa. -Posso dormire anche io in questo letto o mi caccerai via?-
-Perchè dovrei cacciarti via?-
-Sono un ragazzo.-
-E cosa cambia?-
-Sei troppo innocente per capire.-Sorride.
-La candela può rimanere accesa?-
-Certamente.-
-C'è un po' di freddo, Stephen.-
-Non ho altre coperte qui. Se hai freddo puoi stringere me come ultima alternativa.-
-Non capisco quello che vuoi dire.- Mi avvicino a lui, incrocio le sue braccia con le mie. Il calore comincia a traferirsi nel mio corpo. Adesso sto meglio.
In cantina non faceva così freddo, ma qui si.
-Sei Dolce.- dice mentre mi stringe di più.
Non sono riuscita a sentirlo bene.
-Dulcet?-
Sembra sorpreso ed è come se gli venisse una grande idea.
-Dulcet è un nome. Ti starebbe bene.-
-Posso davvero chiamarmi così?-
-Sì.-
-Grazie, Stephen.-
-Adesso puoi dormire.-
-Ci vediamo domani.- lo stringo di più perchè ho freddo.
-A domani,
Dulcet.-


Ciao a tutti (anzi buonanotte a tutti perchè è l'una del mattino e io ho appena finito di scrivere ), questa volta mi sono un po' dilungata. Questo era un capitolo davvero importante, perchè per la prima volta la nostra protagonista incontra e parla con una persona.
 è oggettivamente romantico non trovate?
Non dal punto di vista della protagonista, Dulcet che non ha idea di cosa sia l'amore.
Era proprio così che volevo far apparire questo capitolo e ci sono riuscita abbastanza bene.
Sono fiera di questa storia e di come sto riuscendo a mandarla avanti costantemente e di buona volontà.
Aspetto recensioni per conoscere le vostre opinioni.
Ripeto ancora una volta che il linguaggio non troppo ricercato è un'esigenza. Dulcet non ha mai visto molte cose perciò non conosce molte definizioni.
Ciao e grazie per aver letto anche questo capitolo!! :D



Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Partiamo? ***


Il sogno che ho fatto stanotte è stato strano.
C'erano Ruthie, Lacie, Leonardo e Stephen affacciati alla finestra, ma di un'altra stanza, con un aspetto un po' diverso: quei pezzi di stoffa non erano più lunghi, con i motivi floreali, ma bianchi, semplicemente.
Ruthie si voltava verso di me. -Dulcet! Vieni a vedere, è bellissimo!- Sorrideva. E quando lo faceva era ancora più bella.
Io andavo verso di lei, mi affacciavo alla finestra ma quando guardavo dritto di fronte a me tutto quel che vedevo era il grigio. Il colore grigio.
-Ti piace, Dulcet?- mi aveva chiesto Stephen.
-Ma io vedo solo grigio.- avevo risposto.
-Questo è perchè sei bassa.- Aveva detto Lacie.
Completamente senza senso.
Apro gli occhi, aspettandomi di guardare ancora nel buio infinito di quella stanza dove sono cresciuta. Invece davanti agli occhi ho solo il bianco di un letto.
Solo ora ricordo di essere uscita ieri, quando c'era buio anche fuori dalla finestra, dopo che Ruthie, Lacie e Leonardo avevano ammesso le loro colpe. Mi rendo conto solo ora, svegliandomi dopo aver dormito bene per la prima volta, che tutto è così strano. Forse è opera di qualcuno? O forse è stata solo una casualità?
E il mio nome, il mio primo nome. Quello che nessuno mi aveva mai dato e quello che nessuno aveva mai pronunciato.
Invece Stephen lo ha fatto. Ha fatto tanto per me facendomi uscire, facendomi carina, dandomi la possibilità di dormire su un letto, dandomi persino un nome.
Dulcet.
Adesso ho una risposta alla domanda -Chi sei?-. Io sono Dulcet.
Penso che sia giusto fare qualcosa di bello per Stephen, viste tutte le cose che ha fatto per me, ma credo che non sarà possibile farlo per un po' di tempo.
Stamattina partiremo per Berlino, non so nemmeno come. So solo che ci saranno anche Ruthie e i suoi fratelli.
Giro la testa dall'altra parte, sempre tenendola poggiata sul cuscino, e guardo Stephen dormire ancora. Vuol dire che non è ancora ora. Forse è molto presto per lui.
Ieri notte l'ho stretto finchè non ho avuto molto caldo. In confronto a me è molto più grande, anche se probabilmente ha la mia stessa età. Io sono più piccola e forse è la mia natura. Sembro una bambina e lui sembra il mio fratello maggiore. Ha i capelli più scuri dei miei, ma non come quelli di Ruth. Non sono ordinati come quelli di Leonardo. Hanno la forma di DNA anche se sono cortissimi. Stephen ha dei bei capelli e un bel corpo.
Tutti in quella reggia sono belli, sanno parlare bene e sono gentili.
Se c'è qualcosa che posso fare per salvarli dalla pena che li aspetta a causa del terremoto, ci proverò più che posso.
Mi giunge una voce dall'altra parte del letto.
-Hai dormito, Dulcet?- Stephen ha la voce un po' stanca e quando si gira verso di me, noto che tiene a stento gli occhi aperti.
-Sì.- rispondo, non avendo nient'altro da aggiungere. A volte però mi piacerebbe conoscere più parole per poter parlare di più con le persone, soprattutto ora che posso farlo.
-Hai ancora freddo?- mi chiede.
-Adesso no.- rispondo.-quante ore mancano per vedere il sole?-
-Credo che manchi poco. Forse un'ora.-
-Ruthie, Lacie e Leonardo dove hanno dormito?-
-Loro hanno dormito all'entrata, a terra. Questo fa parte della loro punizione e nessuno lo può impedire.-
Perchè lo fanno? Perchè è stato deciso che tutti e tre fossero colpevoli? Perchè è stato deciso che fossero proprio loro la causa del terremoto?
-Perchè lo hanno fatto?- chiedo.
-A volte non ci sono risposte ai perchè, Dulcet.-
-Cosa vuol dire?-
-Vuol dire che ci sono cose assurde. Cose strane che la gente non sa spiegarsi. Non è sempre possibile rispondere alle domande.-
-Perchè hanno subito dato loro la colpa?- questa è una domanda che voglio chiedere da un po', da quando c'è stato il terremoto. Da quando loro piangevano stretti l'uno all'altro.
-E' una cosa difficile, non ne conosco ogni particolare. So solo che è una storia lunga, ci vorrebbero giornate intere per raccontarla solo approssimativamente. E' una storia strana. Assurda. Impossibile. Penso che gli unici a conoscerla bene siano le persone più potenti in ogni reggia qui, in Germania. Sembra che negli altri posti non esistano cose del genere. Sono dovuto stare una settimana a parlare con il re per ascoltare questa storia, ma più continuavo ad ascoltare, più continuavo a non capire. Chiunque lo farebbe.- Stephen non mostra nessuna paura. Solo un po' di confusione e un po' di preoccupazione.
-Un giorno me la racconterai?-
-Un giorno in cui avremo tempo, Dulcet. Tanto tempo.-
Ho sempre sentito questa parola e l'ho sempre usata. Pensavo che il tempo fosse una durata. Ma adesso capisco che c'è qualcosa di più. Qualcosa che si può capire solo stando tra le persone, parlando con loro, crescendo con loro.
-Stephen, cosa è veramente il tempo?-
-Il tempo... Il tempo è strano. Il tempo è vita. E anche la vita è strana.-
-Perciò il tempo è più grande della vita?- Dentro di me non capisco il senso di questo pensiero. So poco bene cosa signichi vivere, ma una volta Ruth ha detto che la vita è una cosa molto importante e molto grande. E io so che ha ragione.
-Il tempo è più grande di qualsiasi cosa.-
Decido di cambiare domanda, sia verso di lui che verso di me. Decido di scoprire qualcosa di facile.
-Tante volte ho sentito Ruthie e Lacie chiedersi che ore fossero. Come si fa a sapere che ore sono?-
-Puoi usare l'orologio.- finalmente le labbra di Stephen si incurvano e sorride un po'. Mette una mano dentro le coperte con una forma strana che ha addosso alle gambe e la fa uscire di nuovo con uno strano pezzo metallico. Ha lo stesso colore delle chiavi che ha usato per aprire la porta, però non ha la stessa forma. E' rotondo, credo che questa forma si chiami cerchio se mi ricordo bene. Non riesco a pensare a una descrizione precisa, lo guardo e basta. E' la prima volta che vedo una cosa così.
-Che cosa è?- chiedo.
-Un orologio. Serve per sapere che ore sono.- Un altro sorriso.
-E come si fa?- chiedo, girandomelo sulle mani.
-Te lo insegnerò uno di questi giorni, va bene?-
-Sì. Grazie Stephen.-
-Mi ringrazi sempre.-
-Perchè ti prendi cura di me.-
-Sono le parole di mia madre.- i suoi occhi si chiudono e la sua bocca si incurva al contrario.
-Cosa ti diceva tua madre?-
-Mi ringraiziava perchè mi prendevo cura di lei. Adesso è morta.-
-Si chiama Morta?-
-Non direi.- fa un piccolo sorriso.-vuol dire che non vive più: non respira, non cammina, non fa niente. Non è più niente.
Questa descrizione è uguale a quella che ho fatto sull'animaletto che si era disteso a terra e si era fatto mangiare. Non si muoveva più, non faceva più niente. Allora era morto? Questa parola mi mette paura, ma non è il momento per essere tristi perchè tra poco partiremo.
Voglio pensare alle cose belle che posso vivere, finalmente. Voglio passare il tempo a vivere nel mondo dove vivevano tutti e dimenticarmi di quella stanza buia dove non c'era mai nessuno.
Adesso qualcuno c'è. C'è solo Stephen adesso, ma mi sento al sicuro e quando ieri sera le nostre braccia si sono incrociate e i nostri corpi toccati mi sono davvero sentita protetta. Protetta proprio come Ruthie e Lacie parlavano di come si sentivano quando stavano insieme a Leonardo, il loro fratello maggiore.
Vorrei tanto che Stephen fosse il mio fratello maggiore. Anche se non lo è resta comunque una persona molto gentile, è pur sempre una persona che mi protegge. Non importa chi sia, lui è Stephen. E lo dicono i battiti del suo cuore.
-Vuoi dormire come ieri sera?- Mi chiede. Sento che il cuore gli batte più forte, ma non capisco perchè.
-Sì, mi è piaciuto.- sorrido -Perchè ti batte il cuore così forte?-
Sta un po' in silenzio prima di rispondermi.-Non puoi capire queste cose, Dulcet. Non adesso. Non preoccuparti per me, pensa per te. Sto bene.-
-Ma se stai male anche io voglio prendermi cura di te!- stavolta riesco ad alzare un po' la voce.
E stavolta non sono entrambe le nostre braccia a muoversi per incrociarsi. Stavolta sono solo le sue che mi trasportano così vicina a lui che sembriamo una cosa sola. Fratello e sorella. Il fratello che si prende cura della sorellina, per farla sentire felice.
Glielo ripeto, guardandolo negli occhi. Voglio aiutarlo perchè lui ha già fatto tanto per me.-Se stai male io voglio prendermi cura di te.-
-Allora stai così. Mi sento meglio.-
-Ti senti come mi sentivo io in quella stanza.- me ne sono accorta solo adesso. L'ho sempre saputo, però. Già dalla prima volta in cui l'ho visto lo avevo capito: il suo comportamento, la sua genitilezza. Lui si comporta così perchè ha passato qualcosa di molto simile alla mia storia. Forse viveva in un mondo dove c'era solo lui e intorno al quale non c'era nessuno, o non poteva esserci nessuno.
-Come lo sai?- mi gurda incuriosito, ma si è calmato un po'. Adesso non mi stringe più rigidamente.
-Non so come faccio a saperlo. Lo so e basta.-rispondo- un giorno parlami di te.
-Adesso dormiamo, c'è ancora un po' di tempo.-
Tra le sue braccia è facile addormentarsi di nuovo. E' come se fossi in un altro letto ancora più comodo. Chiudo gli occhi  e mi addormento di nuovo, anche se per poco.
Dopo un po' Stephen comincia a toccarmi la testa.
-Svegliati Dulcet.-
Quando apro gli occhi, tantissima luce si riversa su di me. Non riesco ad aprire bene gli occhi perchè tutta questa luce me li fa bruciare.
Una mano mi si posiziona davanti agli occhi, in modo da permettermi di vedere. E' la mano di Stephen.
-E' mattina!- dico mentre mi metto seduta sul letto. La mia bocca non può fare a meno di curvarsi per fare un grande sorriso. Sono così felice adesso, guardando la luce per la seconda volta, avendo la conferma che tutto questo non è un sogno.
Guardo il mio braccio tenuto stretto dalla mano di Stephen. Anche se sono seduta siamo molto vicini. Sicuramente, per quel poco che abbiamo dormito, mi ha tenuta stretta. Comincio a pensare che sia lui quello ad aver bisogno di qualcuno, di non sentirsi solo.
Se è così, io mi prenderò cura di lui.
-Ho dimenticato una cosa ieri.-dice con un tono spaventato e sorpreso.
-Cosa?-
-I tuoi capelli. Sono ancora sparsi sul pavimento. -risponde- vado a prenderli. Resta qui, chiudo la porta a chiave.
Senza che io abbia il tempo di dire qualcosa, mi lascia il braccio e si alza dal letto, avviandosi velocemente verso la porta.
La apre e scompare, rinchiudendola.
Sono ancora seduta sul letto, ma non posso restare qui a non fare niente. Mi alzo e poggio i piedi a terra. Mi ricordo di essere molto sporca e noto che ho sporcato il letto. In questo momento vorrei  bagnarmi con l'acqua che c'era nella cantina, ma penso che non dovrò aspettare tanto per essere di nuovo pulita.
Penso a quella strana storia di cui mi ha accennato prima. Una storia assurda, dice. Vorrei sapere di cosa si tratta. Deve essere una storia molto difficile, visto che Stephen l'ha ascoltata per una settimana.
Di fronte al letto c'è una grande finestra. Forse se mi affaccio anche solo un pochino nessuno mi vedrà. Starò attenta.
Cammino fino a giungere a quella che una volta chiamavo sbarra. Quella a cui sognavo di affacciarmi come facevano Ruthie e Lacie.
Quando ci sono davanti, non riesco più a sentire i battiti del mio cuore, non riesco più a guardare ciò che mi sta intorno. Tutto perde senso e capisco che niente degli oggetti che mi circonda ne ha mai avuto. Non in confronto a quello che vedo. Non in confronto al nuovo mondo che è apparso ora. Il mondo fuori dalla finestra.
Credo che sia la cosa più bella che ho visto, da quando sono uscita.
Non conosco il nome delle cose che vedo e non le so nemmeno descrivere, ma sono sicura che è bellissimo. Tutto quello che vedo è bellissimo.
Non posso sporgermi dalla finestra perchè è chiusa, ma riesco a guardare dal vetro che mi divide da quel mondo.
Ci sarò restata tanto lì davanti, a guardare, perchè Stephen rientra di nuovo nella stanza.
-C'è un problema.- si avvicina a me, noto che la parte bianca dei suoi occhi si è tinta di rosso. Il rosso non gli sta bene. Non sta bene con il colore del cielo che ha negli occhi.
-Quale?-
-Dobbiamo andarcene ora. Sono arrivato appena in tempo per gettare i tuoi capelli da qualche parte in cantina, ma adesso devo andare a prendere il cibo. Per questo mi avevano dato le chiavi. Io non conosco il posto dov'è situato il cibo. Puoi venire con me per un po', per favore?
-Va bene.- in realtà non è solo questa la cosa che voglio dirgli. Voglio anche chiedergli perchè ha gli occhi rossi, ma so che non c'è abbastanza tempo.
Mi avvio verso la porta e insieme usciamo. Stephen gira due volte la chiave nel foro.  Mi afferra il braccio per farmi camminare più veloce verso la porta della camera di Ruth e Lacie. Non è chiusa a chiave ed entriamo.
Non ho nemmeno il tempo di dare uno sguardo alla stanza, perchè Stephen mi trascina dentro la cantina e accende la candela per fare un po' di luce.
-Puoi portarmi dove c'è il cibo?-
-Sì, dobbiamo andare dritto.-
La stanza adesso illuminata almeno un po', è più sporca di quanto pensassi. Tutte le coperte che ricoprono i mobili sono pieni di macchie scurissime.
Quando arriviamo ai tredici grandi scaffali dove si trova il cibo, Stephen comincia a raccogliere tutto quello su cui le sue mani si posano.
-Quanto cibo c'è qua dentro?- chiede, stupito.
-Oltre questi scaffali ce ne sono altri perciò c'è tanto cibo.-
-Hai vissuto sempre così?-
-Sì.-
-Sei ammirabile, Dulcet.- mi dice, prendendo altre cose dagli scaffali e mettendole in degli strani contenitori.
Continua a raccogliere cibo per un po'.
-Queste possono bastare.- dice guardano il 4 grandi contenitori dove ha messo il cibo.
-Dove le metterai?- chiedo.
-Il re ci ha messo a disposizione la carrozza più grande, perciò porterò lì queste ceste quando ce ne andremo.-
-E quando ce ne andremo?-
-Adesso.- mi trascina velocemente fuori dalla porta. Avrebbe potuto lasciarmi lì dentro o non farmi uscire affatto ieri. Sarebbe potuto scappare, ma lui sa affrontare le cose e le persone. -Sono tutti riuniti nel salone principale, se usciamo dall'entrata principale non ci vedrenanno. Non vedranno te almeno-
-Andiamo?- chiedo.
-Andiamo.-
Usciamo dalla stanza, stavolta chiudendo la porta con una chiave e ci ritroviamo di nuovo sul corridoio. Stephen tiene quattro di quei contenitori che lui chiama ceste con entrambe le mani. Sembrano molto pesanti, ma lui è forte.
Gira a sinistra, continuando a percorrere il corridoio con le pareti rosse e piene di strani oggetti a forma di quadrato o di rettangolo e con il pavimento morbido e rosso. Sembra una grande coperta.
Dopo aver camminato un po' vedo qualcos'altro di nuovo per me. E' un grandissimo oggetto che va in diagonale dal pavimento a un altro pavimento più sotto.
-Sai scendere dalla scala?- mi chiede. Ha fretta ed è molto preoccupato.
-Scala?- rispondo, tenendo la voce bassa per paura che possano sentirmi.
-Aspettami lì, Dulcet.- Dice mentre corre scendendo giù per quello strano, grandissimo oggetto. Quando arriva sotto, posa le quattro ceste sul pavimento e sale, arrivando al pavimento dove mi trovo io.
-Mi dispiace, però non posso insegnarti a scendere le scale e non posso nemmeno aspettare che ci provi. Allarga le braccia, per favore.-
Allargo le braccia come mi ha detto di fare e lui mi prende in braccio, come facevano Ruthie e Lacie che da bambine giocavano con dei neonati piccolissimi che appena cadevano a terra si frantumavano.
Mi porta giù per le scale velocemente. Forse sono anche più leggera delle ceste che ha portato prima. Mi mette con i piedi a terra quando arriviamo sotto.
Ho ancora addosso la maglietta che mi ha dato Stephen ieri, ma lui ha messo una maglietta con una forma un po' diversa ed è scura. Non l'ho visto cambiarsi, forse stavo dormendo o stavo guardando qualcos'altro.
Attraversiamo ancora una volta una stanza lunga e stretta, piena di figure quadrate o rettangolari ai muri con  facce di persone strane: con strani capelli e strani vestiti.
Dopo aver visto moltissime facce mi accorgo che il corridoio è finito e che siamo arrivati una stanza grandissima, a forma di cerchio, con tantissime finestre. Il pavimento questa volta è diverso. Non è più come una coperta.
Stephen mi afferra la mano. -Sbrighiamoci.- dice e mi trascina vicino ad un'altra porta. Continua a tenere con una mano le quattro ceste. -Non parlare adesso.-
Stavo per chiedergli qualcosa. Ho tantissime cose da chiedergli.
Quando apre la porta marrone con tanti disegni, c'è qualcosa di molto simile a quello che ho visto dal vetro della finestra nella stanza di Stephen. Vorrei guardare meglio, ma non c'è tempo. Devo solo seguire Stephen, che sta camminando piano per pemmettermi di non restare troppo indietro. E' così gentile.
Eppure in tutta questa storia forse è la persona che rischia di più, prendendosi cura di me, cercando di nascondermi. Di non farmi scoprire dalle altre persone, di portarmi con sè, proteggendomi, fino a Berlino. E poi? Dopo? Cosa succederà dopo? Cosa succederà a loro? E a me?
Non so descrivere quello che mi ritrovo davanti. C'è verde da tutte le parti e non ci sono muri. C'è il cielo, senza una nuvola. Al centro ci sono ancora le scale, stavolta bianche.
Stephen fa la stessa cosa che ha fatto prima: porta le ceste giù per la scala, ma stavolta va a posarle su una cosa stranissima, con una porta e dei cerchi che toccano a terra. E poi ci sono due animali bianchi non come quelli che mi facevano compagnia in cantina. Questi sono molto più grandi.
Quando ritorna su mi prende di nuovo in braccio e mi porta giù per le scale. Quando arriviamo mi mette giù.
-Entra là dentro, Dulcet.- Mi dice a bassa voce e mi da una spinta.
Guardo la strana cosa davanti a me. Dentro ci sono due sedie lunghe. Sembrano morbide.
Metto un piede sopra il pavimento di quest'oggetto e con le mani afferro un pezzo di tessuto morbido di una delle sedie. Mi do un po' di spinta e finalmente sono su.
Dopo di me sale Stephen e si siede accanto a me.
-Stai bene?- mi chiede
-Sì.- mi trema la voce-cosa facciamo adesso?-
-Aspettiamo Ruthie, Lacie e Leonardo. Sei contenta? Potrai incontrarli.-
-Avranno paura di me?-
-Credo che Lacie avrà qualcosa da dire. Dice sempre cose strane e intuisce subito cosa sta succedendo.-
Comincio a sentire delle voci, le loro voci. Quelle di Ruthie, Leonardo e Lacie.
Al loro fianco ci sono delle persone vestite di nero, con delle cose strane in testa. Li accompagnano fino al quarto gradino della scala e poi li lasciano scendere da soli. Nel frattempo noto che Stephen si è messo davanti a me, come per non farmi vedere. In effetti sarebbe un problema se quelle altre persone mi vedessero adesso.
Dopo un po' si sposta e vedo che quelle persone vestite di nero non ci sono più.
Adesso parla ad alta voce.
-Qualsiasi cosa vediate, non urlate. Non succederà niente di brutto, perciò state zitti. Entra prima tu, Ruth.-
Ed ecco che ora la vedo, la guardo negli occhi mentre si avvicina.
Adesso anche lei mi guarda, mentre cammina verso di me, verso quella strana cosa sulla quale sono salita.
-M-ma.-sussurra-Chi è?-
Adesso Lacie corre verso la sorella, e guarda anche me. La sua faccia si riempie improvvisamente di un sorriso. -Io ti ho sognata!-
Nel frattempo si è avvicinato anche Leonardo. -Chi è, Stephen?- chiede.
-Si chiama Dulcet, ma vi racconterò di lei più tardi. Adesso sta arrivando il condottiero. Partiremo tra poco perciò salite subito.-
Ruthie si siede accanto a me e mi guarda. -Come sei carina! Quanti anni hai?-
Ecco una domanda difficile, a cui non so se rispondere con una bugia oppure con il dire semplicemente che non lo so.
Per fortuna c'è Stephen. -Fai sedere me accanto a lei, Ruth. Le domande gliele farai dopo, va bene?-
-E' la tua promessa sposa per caso?- chiede Ruth.
Stephen per un po' diventa più rosso in faccia. -Non lo è. Ve lo piegherò dopo perciò adesso non fate domande. La mettete a disagio.- Si siede accanto a me e mi guarda un po' preoccupato. Poi distoglie lo sguardo e guarda fuori da una piccola finestra.
-Salga pure, noi siamo pronti.- dice ad un uomo che è appena arrivato.
-Si parte!- urla l'uomo che è salito su una sediolina, dietro i cavalli, tenendo due corde.
Ruth, che è seduta sulla sedia di fronte a me si china in avanti e mi guarda.-Hai gli occhi viola.-rimane zitta per un attimo-Il re odia il viola.-
-Vuoi spiegarci chi è, per favore?- chiede Leonardo a Stephen.
-Solo a patto che prima mi aiutiate a raccontarle quella storia.- risponde lui.
-Quella storia che parla degli avi del re? Quella cosa assurda? Davvero ci credi?- dice Ruth.
-Lei vuole saperlo. E anche io voglio capire meglio.-
-Ma ci impiegheremo settimane per spiegargliela! E poi è così complicata che non me la ricordo neanche bene...-
-Nessuno la ricorda interamente, ce la raccontavano sempre da bambini. Ormai è passato un po' di tempo.- Dice Lacie.
-Perchè non ci proviamo?-dice Stephen- Sembra tenerci tanto.-
-L'unica cosa che mi sembra è che tu tieni tanto a lei.-
-Tengo tanto a tutti, Lacie. Perciò aiutatemi a raccontargliela.-
-Le verranno gli incubi la notte, lo sai vero? Anche tu li hai avuti.-
-Se farà brutti sogni, ci sarò io. Ci saremo noi.-
Ruthie si rivolge a me di nuovo.-Sei sicura di voler sapere tutto? E' una storia stranissima e complicatissima. Anche assurda. Nessuno ci crede.-
-Sono sicura di volerlo sapere.- rispondo io. E' la prima volta che parlo con Ruthie.
-Allora, prima cominciamo e prima finiamo, giusto?- Chiede Leonardo rivolgendo lo sguardo a tutti.
-Però parlate in modo semplice con lei. Non è molto istruita.- Si avvicina ancora di più a me e mi guarda di nuovo.
Ruth sospira.-Comincio io.- dice.
-Non si sa con precisione quando iniziò, ma il re mi ha sempre detto che fu nel mese di maggio del 1500, se non ricordo male. A quel tempo le reggie di tutto il mondo erano molte....
CONTINUA NEL QUINTO CAPITOLO
Ce l'ho fatta! Ci ho messo tantissimo tempo per scrivere questo capitolo. Scusate, ma tra matrimoni, versioni e varie cose, ci ho impiegato di più.
Nonostante questo, eccomi qui. Spero che appreziate il capitolo come avete fatto con i precendenti.
Curiosi di conoscere la storia tanto segreta, tramandata da circa 200 anni? Ci sarà qualche riferimento alla protagonista? A Stephen? Ai tre fratelli? Quello che vi anticipo è che costituirà una risposta importantissima ad una altrettanto importantissima domanda. I capitoli saranno un bel po', preparatevi! xD
Sarei molto felice se leggessi le vostre opinioni :) perciò, recensite pure u.u


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2117246