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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La luce là fuori ***
Capitolo 2: *** Chiavi ***
Capitolo 3: *** Uscita ***
Capitolo 4: *** Partiamo? ***
Capitolo 1 *** La luce là fuori ***
Io vivo in un mondo dove c'è la magia. Dove c'è il bianco, dove c'è il nero. Dove, a volte, non c'è niente e non c'è nessuno, tranne me.
Non ho un nome e non ho un'età. Non so perchè e come e quando mi sono trovata qui. Quello che riesco a ricordare è poco; c'è sempre stato troppo poco.
Mi sono svegliata e non vedevo niente, c'era una luce da un piccolo foro e ho cominciato a guardare: questa è una delle poche cose che ricordo.
Da quel foro ci guardo ancora, tutti i giorni e a tutte le ore io sono lì e guardo tutto quello che posso guardare. Da quel foro osservo sempre due ragazze e a volte c'è un ragazzo. Parlano di cose strane, spesso di qualcosa che si chiama ''Berlino''. Altre volte le ragazze parlano del ragazzo che sta con loro, guardano la loro immagine riflessa su qualcosa. Prendono qualcos'altro e se la mettono sul viso e alcune volte si aiutano a vicenda. Alcune volte le vedo mentre sfogliano dei libri, loro li chiamano così, e anche io vorrei sfogliarli e vedere quello che c'è dentro. Poi altre volte si sporgono da una sbarra e il vento scompiglia loro i capelli e c'è luce. Ridono e parlano e poi si zittiscono e si sente solo il vento. Questa è una delle cose che voglio fare quando uscirò di qui, un giorno: voglio sporgermi anche io da quella sbarra, anche io voglio sentire il vento passare tra i capelli, voglio guardare la luce, voglio respirare, voglio sentirmi libera, voglio vivere davvero. Chissà cosa si prova.
Per fortuna, il luogo buio dove mi trovo io ha cibo e bevande in abbondanza. E ancora, nonostante il tempo che ho trascorso qui, sembra che niente si sia esaurito.
Le pareti tra le quali si svolge la mia vita si estendono per un lungo tratto. Non so dirne il colore perchè c'è sempre buio, a parte quel piccolo foro. A terra ci sono dei grandi quadrati di un materiale molto resistente e le prime volte ci strisciavo sopra perchè non sapevo muovere le gambe nel modo giusto. Tra queste quattro mura ho imparato tutto quello che so, e tutto quello che so fare. Guardando dal foro, osservando tutto quello che facevano i tre ragazzi, ho imparato pian piano. Una delle prime cose che ho imparato è stato muovere le gambe e non cadere a terra, facendomi male.
E' grazie a loro se ho imparato a parlare, almeno solo un po'. Quel po' che mi basta ma di cui non mi servo, perchè ancora non c'è nessuno con cui scambiare una piccola parola. C'è qualche piccolo animale che mi fa compagnia a volte, penso che ormai mi si sia affezionato dato che spesso torna qui e si distende accanto a me. Ma lo so che gli animali non possono parlare e forse è meglio così. Sono diventati sempre più grandi ed è da un po' che mi chiedo se sono diventata grande anche io, nel frattempo. Forse una volta ero piccola come loro e sarei potuta andare via da questo posto come fanno di tanto in tanto quando c'è troppa acqua scura nella stanza.
Ecco un'altra cosa che non so: perchè qualche volta da me esce dell'acqua scura?
So che il corpo espelle delle sostanze sotto forma di urina e di feci: l'ho imparato ascoltando le due ragazze studiare, un po' di tempo fa, insieme al loro amico.
Ma l'acqua scura, che ha anche un brutto odore, cos'è?
E' da tanto tempo che succede, ma ancora non sono distesa per terra senza muovermi come un animaletto una volta ha fatto. Si è accasciato per terra. All'inizio pensavo dormisse, ma sono passate le ore e i giorni e ha cominciato ad emanare un brutto tanfo. Poi si è fatto mangiare dalle formiche. Cosa è successo? Un'altra domanda senza risposta.
Guardo dal foro. Giunge un po' di luce e ci sono le ragazze.
Quella con i capelli marroni ha un'espressione strana. Quella con i capelli quasi bianchi guarda fisso a terra. Davanti a loro c'è il ragazzo, seduto, anche lui con un'espressione strana.
-E adesso? Come facciamo?- chiede la ragazza con i capelli marroni
-So solo che ci tocca, Ruthie- risponde il ragazzo
-Bhe, possiamo soltanto portare pazienza e sperare che non succeda. Secondo me sono dei trucchi per farci spaventare e non farci più uscire- risponde l'altra ragazza
-Lo vedremo- risponde la ragazza che si chiama Ruthie.
-Se ci fosse davvero il terremoto come farebbero a sapere che è colpa nostra, nel caso in cui lo fosse?- chiede l'altra.
-Lacie, quante reggie ci sono in questo posto?- domanda Ruthie
-Solamente questa...- risponde Lacie facendosi ancora più triste.
-Ecco. Se ci sarà un terremoto in questa zona, colpirà sicuramente Euthure. Saprebbero subito che la colpa è nostra... ci siamo solo noi qui.- Ruthie risponde mentre si asciuga le lacrime e guarda il ragazzo. -Ma perché dovremmo essere noi a causarlo, di questo non ne ho la minima idea.- Piega le sopracciglia -che assurdità.-
Ruthie è una bella ragazza, ha i capelli marroni e lunghi e verso la fine sono a spirale, come le immagini di una cosa che si chiama DNA che ho visto mentre studiavano. L'ho sempre ammirata per la sua bellezza da quando era ancora piccola. Poi è cresciuta e adesso è ancora più bella.
Da quando ho visto i suoi capelli ho scoperto di averli anche io. Prima, quando facevo scendere la mano su di essi, dopo un po' non toccavo più niente. Ora invece deve passare un po' di tempo finchè la mano non tocchi i capelli. A volte mi chiedo di che colore sono e se riuscirò mai a vederli insieme alla mia faccia. Chissà se sono bella anche io.
Distolgo l'attenzione dai miei pensieri quando vedo entrare in stanza un ragazzo con un'aria molto preoccupata.
-Sarà meglio che andiate adesso a dormire.- Dice.
-Tu saresti...?- domanda Lacie
-Stephen- Risponde.
-Chi ti ha invitato?-risponde lei con un sorriso cattivo.
-Il re in persona. Sarò il vostro accompagnatore in caso dovesse succedere quel che temete..- risponde.
I tre ragazzi sono sorpresi e tristi. Lacie spalanca gli occhi, come se stesse percependo qualcosa che finora le era rimasto nascosto.
-Non dirmi che...-
-Esattamente.- dice Stephen accennando un sorriso -se ci sarà il terremoto dovrò accompagnarvi a Berlino. Sono il vostro accompagnatore e vi tutelo io-
-Ma quanti anni hai?- domanda Lacie che ora è infastidita.
-Diciassette, proprio come voi.-
-Il re deve essere impazzito.- piagnucola Lacie.
-Adesso andate a dormire, domani mattina si vedrà. Spero per voi, e per me, che non succeda niente.
Terremoto. Questa parola mi mette paura. Sento un tum tum che viene dal mio petto. Che cosa vuol dire terremoto? E' una cosa brutta?
Ruthie è rimasta zitta tutto il tempo, con la testa appoggiata sulla spalla del ragazzo, di cui ancora non so il nome. In tutto il tempo non sono mai stata interessata a sapere come si chiamassero. Oggi invece ho imparato tante cose e ho conosciuto un ragazzo nuovo. Beh lui non mi conosce. Nessuno mi conosce, ma io si... Che cosa brutta. Nessuno sa di me.
Adesso so che quando uscirò di qui voglio salutarli e voglio parlare con loro. Voglio salutare Ruthie, Lacie e il ragazzo. E poi... vorrei tanto sporgermi con loro da quella sbarra.
Ma quando uscirò da qui? O meglio, uscirò mai da qui?
Intanto si è fatto buio, ormai dal foro non si vede più niente e c'è un tri tri. Sto ancora pensando a quella parola, ''terremoto''. Che vuol dire? Voglio saperlo.
Vado a prendere qualcosa da mangiare, ero accasciata al muro prima ma adesso sono in piedi e muovo le gambe verso la mia meta, ripensando a quello che voglio: poter uscire da lì e poi il resto verrà da sè.
''Terremoto'' sussurro per sentire in che modo esca dalla mia bocca, e il cuore mi batte sempre più forte. Mi sento un orologio che ticchettia, ma troppo velocemente. Comincio a sentire un fischio e cado a terra. ''Sto facendo la fine di quell'animale'' penso. Non è così doloroso come pensavo. E' come se qualcuno mi prendesse tra le sue braccia e mi facesse addormentare.
Ho sognato questa storia una notte, la trama nel sogno si è svolta velocemente e come tutti i sogni, è stato interrotto a metà. Per cui fino ad un certo punto avrò il mio sogno da seguire, dopo cercherò di inventarne la fine, sperando che con il trascorrere della storia mi venga qualche idea. Ho naturalmente dovuto pensare e inventare alcuni dettagli, come per esempio la ragazza che vive dentro una stanza buia. Lei non era presente nel mio sogno, ma ho dovuto inventarla.
Un altro avviso importante riguarda il mio modo di scrivere.
La storia è scritta in prima persona, una persona che non conosce alcuni termini del mondo e che non parla in modo fin troppo corretto, perciò le descrizioni e i discorsi sono piuttosto vaghi. Volevo adattarmi al personaggio e rendere la storia quanto più realistica possibile, sempre tenendo conto di alcuni elementi fantastici che in questa storia non possono mancare.
Detto questo, vi saluto! Spero di pubblicare spesso il prossimo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere davvero!
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Capitolo 2 *** Chiavi ***
Quando riapro gli occhi capisco di non aver fatto la fine di quell'animaletto. C'è una cosa strana che mi sveglia. Tutto si muove e non riesco a stare sulle mie gambe. Tutto cade, tutti gli scaffali che contengono il cibo. Tutti gli animali scappano più veloci che mai.
Ma la cosa peggiore è che sento urlare. Sento la soffice voce di Ruthie trasformarsi in un pauroso urlo mentre cerca di farsi strada tra i mobili caduti. Sta piangendo. Non riesce a tirar fuori Lacie da tutto quell'ammassamento di mobili.
Lacie!-urla con tutta la voce e la paura che ha.
Sento un rumore di passi, veloce, ma non ritmato. Come di una persona in preda al panico che corre o almeno, cerca di correre.
Nella stanza appare il ragazzo, visibilmente terrorizzato.
-Ruthie! Stai bene?- urla.
-Io sì, ma Lacie è là sotto!- urla lei indicando con un dito il posto dove è sepolta la sua amica.
Qualcun altro appare nella stanza. -Ci penso io.- E' Stephen. Sembra molto coraggioso e sa affrontare la situazione ma è spaventato. Non deve essere facile sapere cosa fare in un brutto momento.
Ma non sarà che questo movimento e questi mobili che cadono siano il terromoto? Stephen aveva detto che sarebbe intervenuto solo in questo caso. Allora è davvero così? Sì. Questo è il terremoto.
Mi accosto al foro, sia perchè dalla paura non posso più muovermi sia perchè voglio vedere cosa succede. Stephen, mentre io non guardavo è riuscito a tirar fuori Lacie e adesso stanno parlando, seduti a terra.
-Dobbiamo aspettare che finisca?- Chiede Ruthie.
-Sì. Non ci si può muovere se trema tutto.- Risponde Stephen.
Più in là c'è il ragazzo, che tiene la testa tra le mani.
-E' la fine- dice sottovoce, ma tutti lo sentono e sanno che ha ragione.
Rimangono in silenzio e si sente solo il rumore del pavimento che si muove velocemente, mentre tutto cade. Nel frattempo ho trovato uno spazio in cui non c'è niente che possa crollarmi addosso e credo che anche loro siano al sicuro. Sfortunatamente non posso guardare dal foro, perchè lì è pericoloso.
Mi sento così sola... Anche io vorrei stare con loro e anche se sono in una situazione pericolosa, insieme è meglio, credo.
Non so cosa fare. Chiudo gli occhi e mi addormento. Ormai quel movimento sembra confortante, mi fa addormentare meglio, mi fa rilassare e non mi fa sentire sola. Forse farà crollare il muro che mi divide da Ruthie, da Lacie, dal ragazzo e da Stephen.
Mi sveglio dopo un po', accorgendomi che il pavimento ha smesso di muoversi e i mobili hanno smesso di cadere ovunque.
Li sento ancora parlare; o forse parlano piangendo perchè quando mi avvicino al foro per guardare, le loro voci sono spezzate da singhiozzi continui. Deve essere una situazione terribile quella in cui si trovano adesso; vorrei tanto stargli vicina.
-Penso che sia il momento di andare all'entrata, al cospetto del re. Quel che temevamo è successo: il terremoto si è verificato e tutti sappiamo che in Germania c'è solo questa reggia ed Euthure è stata l'epicentro del disastro.- dice Stephen -non so cosa sia successo davvero, ma mi sembra un'assurdità... Vi accompagnerò e vi farò da guida. Vi proteggerò finchè ne avrò la possibilità. Più di questo non posso dirvi.-
Vedo Stephen molto preoccupato anche se cerca di mantenere la calma. Gli trema la voce, ha una coperta addosso e trema, non dal freddo ma dalla paura.
Deve avere un gran peso sulle spalle, ci sono tre persone che dipendono solo da lui. Comincio ad ammirarlo per come si prenda cura di loro, anche se li conosce da poco.
Mi chiedo se si prenderebbe cura di me se uscissi da qui, un giorno. Quel giorno non verrà ed è inutile essere così felice. Tuttavia sono certa che mi tratterebbe bene. Posso saperlo anche solo guardandolo dal foro.
Adesso si stanno alzando, sono pronti per andare e io non li rivedrò più. Quello che mi ha fatta felice sta andando via da me.
Non rivedrò più Ruthie, con i suoi bellissimi capelli che a volte si alzavano nell'aria.
Non la sentirò più parlare con Lacie del ragazzo che stava con loro, nè più la sentirò studiare, nè più cantare.
Non sarà lì neanche Lacie, con i suoi capelli quasi bianchi e il suo carattere scontroso. E' una ragazza molto determinata e forte, ma so che è dolce anche se vuole nascondere questo suo aspetto.
Anche il ragazzo di cui non conosco il nome mi mancherà. Mi mancherà il suo modo di prendersi cura di Ruthie e di Lacie.
E anche Stephen, pur avendolo visto da poco, mi mancherà.
Mi mancheranno tutti.
Mi mancherà tutto di loro.
-Coraggio.- dice Stephen. Poi tutti scompaiono e io non posso più vederli.
Ormai non ci sono più. Forse torneranno un'ultima volta per prendere le loro cose e andarsene via, chissà dove.
Mi muovo un po', decido di andare a prendere qualcosa da mangiare. Magari qual tipo di cibo che appena ne prendi un po' ti viene subito sete e continui a mangiarne tanto. Quello mi piace. Mi fa sentire più forte dopo averlo mangiato.
Muovo le gambe nel buio e man mano comincio a sentire delle voci. Mi avvicino a una parete e ci appoggio l'orecchio.
Qualcuno sta parlando, sembra arrabbiato perchè urla.
-Questa è la rovina per Euthure, per Berlino e per la Germania intera, maledizione! Cosa pensate dovreste fare adesso?!-
-Io, Ruth Grimm, nata nella nobile reggia di Etuthure il 29 marzo dell'anno 1763, mi dichiaro colpevole.- E' la sua voce. La voce di Ruthie! Sono spaventata per lei. Cosa le faranno? Dove la porteranno? Stephen la accompagnerà, ma quando dovrà lasciarla, dove la lascierà? Farà la fine di quell'animaletto?
Adesso è Lacie che parla.-Io, Lacie Grimm, nata nella nobile reggia di Euthure l'11 febbraio dell'anno 1763, mi dichiaro colpevole.-
Pensavo che Ruthie e Lacie fossero amiche, non sorelle. Portano lo stesso cognome, eppure, nello stesso anno, Lacie è nata un mese prima di Ruth e so che questo non è possibile. Sicuramente hanno madri diverse. E poi non si somigliano per niente.
Ho imparato queste cose ascoltandole ripetere quando studiavano. Non ho seguito tutta la spiegazione quella volta perchè ero andata a prendere da mangiare, ma quando sono tornata a guardare dal foro stavano ripetendo qualcosa come ''La gravidanza è il periodo di nove mesi durante il quale una nuova forma di vita si sviluppa all'interno del corpo materno'' o qualcosa del genere. Ancora prima, quando Ruth e Lacie erano ancora piccole, avevo imparato i nomi dei mesi e dei giorni e ancora oggi me li ricordo e so che marzo viene dopo febbraio e non mi ci vuole tanto per capire che 1763 e 1763 sono numeri uguali.
Poi ho imparato anche che i figli nati dalla stessa madre e dallo stesso padre si somigliano tra loro fisicamente. E non è questo il caso.
Solo ora mi rendo conto che le cose che ho imparato sono molto importanti per capire il mondo. Se avessi potuto avrei studiato anche io con loro. Avrei aperto quelli che loro chiamano ''libri'' e avrei letto le parole o me le sarei fatte leggere, e adesso saprei molte più cose. Mi è sempre piaciuto sapere le cose. Rendono tutto meno misterioso e meno spaventoso.
Adesso tocca al ragazzo, di cui tra poco conoscerò il nome.
-Io, Leonardo Grimm, nato nella nobile reggia di Euthure il 17 luglio dell'anno 1760, mi dichiaro colpevole.-
E così adesso conosco il suo nome. Forse l'ho sentito mille volte prima, quando erano più piccoli e giocavano, quando erano più grandi e parlavano, ma non avevo interesse a sapere come si chiamassero. Non so dire perchè e quando ho cominciato a interessarmi in questa cosa.
Leonardo è sicuramente il fratello maggiore di Ruthie. Non fratellastro però, perchè lui e sua sorella si somigliano tanto, anche come carattere.
-Adesso, affinchè venga stabilita la colpa da attribuirvi per aver fatto versare nel panico e nella distruzione Euthure e aver fatto perdere l'onore dell'unica reggia presente in Germania, verrete accompagnati alla capitale Berlino. Lasceremo che le autorità competenti decidano cosa fare.
Da adesso in poi Stephen Wilson diverrà il vostro accompagnatore. A lui sono affidate le vostre vite e le vostre morti. Vi accompagnerà fino a Berlino su una carrozza. Poi verrà decisa la vostra colpa.-
Il signore che parla deve essere il re, prima Stephen aveva detto che ''era ora di andare al cospetto del re''.
-A te le chiavi della cantina, mi raccomando, una volta entrato chiudi subito la porta dietro di te. Non deve rimanere aperta, capito?- Sussurra a Stephen, ma io riesco a sentirlo.
Ora ho altre due domande: cosa sono le chiavi? e cos'è la cantina? e la porta?
Stephen non dice nulla, probabilmente ha solo annuito.
Sento un rumore di passi che si fa sempre più vicino. Corro a vedere fuori dal foro.
Il cuore mi batte così forte che lo sento quasi uscire dal petto. Stephen è vicino, anzi no, proprio davanti al foro. Vedo le sue mani che giocano con dei pezzi di metallo luccicante.
Sto ancora guardando il foro quando Stephen inserisce uno di quei pezzi di metallo nel foro.
Non mi sono mai sentita così. Il cuore non mi è mai battuto così forte.
Perdo la capacità di muovermi e di pensare e rimango a guardare una parte del muro, quello dove c'era il foro, andare indietro.
Poi tutta la luce si riversa su di me. Non ne ho mai vista così tanta. E' un sogno, sì. Sto sognando.
C'è Stephen, dritto davanti a me. E' immobile anche lui.
Forse stiamo sognando insieme, ma lui continua a guardarmi.
Poi mi accorgo che in quegli occhi c'è l'azzurro del cielo, c'è la luce dei suoi capelli.
Non ho mai visto una persona guardarmi.
Mai.
Guardo Stephen mentre apre gli occhi più che può. Muove la bocca, ma non riesco a sentirlo.
Cado a terra pensando che non devo essere felice di un sogno, perchè non è la realtà. Chiudo gli occhi e li riapro, ma è ancora lì.
Messaggio dell'autrice: Mi scuso per il testo piccolo e non giustificato, ma non sono riuscita a modificare l'html con efp. Meno male che sapevo il codice per andare accapo! |
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Capitolo 3 *** Uscita ***
3 capi
Lo guardo. Mi
guarda.
Sento il suo cuore battere e lui sente il mio, nel silenzio che
c'è intorno a noi.
Guardo in giù per vedere i miei capelli lungo il pavimento.
Sono così lunghi che arrivano molto lontano. Sono come
quelli di Lacie, ma sono più scuri. Un po' come quelli di
Ruth.
Guardo le mie mani poggiate vicino alle mie gambe. Ho la pelle chiara,
ma sono tutte ricoperte di nero. In effetti è passato un po'
di tempo da quando mi sono bagnata con l'acqua che usciva da quel
bidone enorme.
Stephen è ancora lì, ma non si muove. Forse
è spaventato e non riesce a muoversi come faccio anche io a
volte.
- P-perchè s-stai fermo?- Gli chiedo. Questa
è una delle poche volte che ascolto la voce uscire dalla mia
bocca ed è la prima volta che parlo con qualcuno. E' la
prima volta che qualcuno mi guarda.
E' la prima volta che qualcuno si accorge di me.
Quello che provo adesso è troppo grande e troppo infinito
per cercare di spiegarmelo. Tutto è cambiato in pochissimo
tempo: quel pezzo di muro è andato indietro, si è
avvicinato Stephen ed è entrata tanta luce. Queste sono cose
che non avevo mai visto, che non avevo mai provato. Non sapevo quanto
fosse meravigliosa la luce finchè non mi è
arrivata addosso. Non sapevo quanto bello potesse essere guardare una
persona dalla testa ai piedi ed essere guardata da qualcuno, negli
occhi.
Non sapevo come io fossi, non sapevo se ero come loro o ero una specie
di animale. Io non sapevo niente di me. Sapevo solo che ero sola,
catturata e portata dentro quattro mura.
Chiusa.
Senza uscita.
Senza poter parlare, senza poter stare con loro.
E invece adesso mi sento come se qualcuno mi avesse fatto un regalo. Mi
sento come si sentivano Ruthie e Lacie in quei giorni in cui era il
loro compleanno, quando portavano nella loro camera tante scatole
colorate, con tanti nastri così ben fatti che poi
strappavano e gettavano via.
Quando li aprivano dicevano sempre -Che bel regalo! Guarda!-.
Ci trovavano tantissime cose in quelle scatole ed erano così
contente.
E anche io ora ho ricevuto un regalo, il regalo più grande e
più bello che mi potessero fare, un senso che mi fa pensare
che tutto questo è bellissimo, che io stessa anche se sono
cresciuta al buio, da sola, alla fine ho raggiunto la mia meta.
Se solo sapessi più parole di questo mondo, allora riuscirei
a dire cosa provo.
Stephen adesso ha fatto un passo avanti ed è ancora
più vicino a me. Tiene una mano appoggiata a un pezzo di
muro, come se si tenesse preparato a scappare.
-Chi sei ?- Ha una voce spaventata, ma è coraggioso e io lo
so.
A questa domanda però non so rispondere,
perchè io non ho un nome nè un'età.
Sono una femmina, giusto? Perchè non ho una strana cosa che
hanno i maschi.
-Io sono una femmina.- rispondo chinando il capo
-Mi sembra ovvio- sta diventando sempre più preoccupato.
-Perchè sei qui?- mi domanda.
-Sono sempre stata qui.- Adesso ho paura che sia impaurito
così tanto da riportare avanti quel pezzo di muro,
lasciarmi dentro e scappare.
Ma resta lì.
-A-avvicinati-
Mi alzo e muovo le gambe per andare da lui. Non so muovere velocemente
le gambe come fa lui, Ruthie, Lacie o Leonardo, però un po'
ce la faccio.
Adesso sono davanti a Stephen, i nostri petti si toccano.
Così posso sentire ancora meglio i battiti del suo cuore.
Credo che sia la prima volta che vede una persona che è
rinchiusa da tanto tempo, che un giorno appare inaspettatamente. E'
spaventato.
Spaventato da me.
Non parla. Allora decido di parlare io, di dirgli tutto quello che ho
passato qui dentro, di quello che ho potuto vedere nel buio, nella
solitudine, guardando da quel foro.
- Io, davvero non so chi sono. So solo che sono qui da quando ero
piccola perchè avevo i capelli corti, ma poi sono cresciuti.
Adesso ho i capelli veramente lunghi. Io... qui c'è da
mangiare e da bere perciò sto bene. C'è
anche un recipiente grandissimo pieno di acqua e quando avevo
caldo oppure mi dovevo pulire perchè mi sentivo sporca
giravo un pezzo di metallo e mi facevo cadere l'acqua addosso. Poi a
volte c'erano degli animali, qualcuno si avvicinava a me se non c'era
acqua scura intorno. Ci sono state tante cose brutte ma io ho trovato
un foro nel muro che tu hai portato indietro. E da lì io ho
sempre guardato Ruthie, Lacie e Leonardo e ho sempre ascoltato quello
che dicevano, quando erano piccoli e giocavano, e poi quando sono
diventati grandi e studiavano le varie materie. Questo è
tutto quello che ho fatto e quello che so.- Non riesco a credere di
averglielo detto. Sto piangendo e singhiozzando. E' la prima volta che
lo faccio.
Sono come Ruthie, come Lacie e Leonardo quando poco tempo fa piangevano
per aver scatenato il terremoto.
-Mi dispiace se ti faccio paura.- aggiungo.
-Sono solo un po' sorpreso. Non mi è mai capitato di trovare
una ragazza in cantina.- Adesso è un po' più
calmo.
-Che cosa è la cantina?-
-Il posto in cui sei rimasta per tutto il tempo.-
-E le chiavi? E la porta?-
-La porta è quella che ho aperto per entrare. Le chiavi
servono ad aprire le porte.-
-Quel pezzo di muro che hai tirato indietro è la porta?-
-Sì, si dice aprire la porta.- sembra sorpreso -
Perchè non hai mai urlato o battuto i pugni? Ruth e Lacie ti
avrebbero sentita e ti avrebbero trovata.-
-Io non so urlare. E poi non so cosa siano i pugni.-
-E' quando fai diventare la mano come... un mattone e la fai andare con
velocità verso il muro facendo rumore.- Penso che si stia
sforzando per spiegarmi cose che non conosco. E' proprio come mi
aspettavo: si prende cura di tutti.
-Perciò se lo avessi fatto sarei uscita da qui prima?-
-Può essere, ma di solito tutte le stanze delle reggie sono
fatte in modo che nessuno, nella stanza accanto, possa sentire nulla.-
-Allora sarebbe stato inutile anche se ci avessi provato.-
-Esattamente.- sembra calmo e a suo agio adesso. -Perchè non
ti metti dei vestiti?-
Solo ora mi accorgo che quello che credevo essere un vestito non
è altro che un grandissimo pezzo di tessuto ingiallito e
sporco. Per me andava bene, è abbastanza pesante e mi ha
coperta bene quando avevo freddo, però non sono nelle
condizioni di uscire da qui in questo modo, se mai uscirò.
-Però qui non ce ne sono.-
-Credo che Ruth non si arrabbierà se le prendo qualcosa
dall'armadio. E' per una buona causa.- Accenna un sorriso. -Questi sono
troppo appariscenti e ingombranti . Non vanno bene per te.-richiude
l'armadio.
La stanza di Ruthie e Lacie. Adesso posso vederla tutta, ci sono
dentro. Ci sono tante cose di cui non conosco il nome, ma riconosco la
scrivania, dove si sedevano per studiare ogni volta, dove parlavano,
dove ridevano. Vicino alla scrivania c'è quella sbarra, con
dei pezzi di stoffa. E' come un quadrato. E' difficile da descrivere.
-Che cos'è questa?- dico indicando la sbarra.
-Si chiama finestra. Ti piace?-
-Sì. Mi piacerebbe tanto sporgermi.-
-Potrebbe vederti qualcuno e sarebbe un guaio per tutti. Stanno
succedendo troppe cose in questi giorni. Mi sento confuso.- Dice mentre
apre una grande scatola e ne tira fuori una stoffa bianca.-Prova
questo.-
Prendo quella che dovrebbe essere una maglietta tra le mani. -Io non so
come si mette.-
-Togliti quella coperta.-
-Questo pezzo di stoffa si chiama coperta?-
-Sì.-
Mi tolgo la coperta di dosso e la getto via nella cantina. Nel posto in
cui sono sempre stata.
-Alza le braccia.-
Alzo le braccia come mi ha detto di fare. Mi infila le maniche della
maglia e mi fa uscire fuori il collo.
-Mi dispiace di non aver trovato qualcosa di femminile.
Perciò ti ho preso una delle mie magliette. E' pesante. Ti
servirà quando usciremo.-
Il cuore comincia a battermi forte di nuovo. Usciremo da qui. Questo
vuol dire che andrò con loro.
-Dove andremo?-
-A Berlino, lo sai.-
-E quando partiamo?-
-Domani mattina.-
-Quando è domani mattina?-
-Fai tantissime domande. Ma non posso biasimarti.-sorride- domani
mattina è tra dodici ore, adesso sono le nove di sera.-
-Non dormiamo?-
-Lo dici perchè hai sonno?-
-Un po'.-
-Sarebbe più conveniente se adesso ti accorciassi un po' i
capelli, non credi? E' scomodo andare in giro facendoli strisciare a
terra.- adesso sembra confuso, di nuovo. Mi guarda sorridendo. Non so
quanto sono felice. E se questo è possibile è
merito suo, che ha aperto la porta.
-Grazie Stephen, per aver aperto la porta e avermi trovata.-
-Prego- risponde- se vai un po' più avanti , vicino alla
scrivania c'è lo specchio, lì puoi guardare la
tua faccia e i tuoi capelli.
Mi avvicino allo specchio. Dovrebbe essere quello strano pezzo di vetro
che rifletteva i volti di Ruth e Lacie.
Adesso invece riflette me.
Riflette il mio viso chiaro, quasi bianco. Ho gli occhi di uno strano
colore, un po' azzurro, come il cielo. Ma con un po' di nuvole. Non
è un azzurro più scuro, è
semplicemente un altro colore, che ancora non conosco.
Poi ci sono i miei capelli. Hanno anch'essi uno strano colore.
-Stephen, di che colore sono i miei capelli?-
-Sono di un colore particolare. Un po' castani e un po' biondi. Direi
color del miele.-
-E i miei occhi, di che colore sono?-
-Avvicinati, non riesco a vederli da qui. Siediti qui sul letto.-
A piccoli passi vado verso il letto. Ha ragione. I miei capelli mi
ingombrano quando cammnino.
Mi siedo vicino a Stephen e lui mi guarda. Fa una faccia strana.
-Sono viola. E' raro averli di questo colore.- Sembra che il colore dei
miei occhi lo interessi molto.- Hai una faccia un po' da
bambina, però non penso che tu lo sia.-
-Forse sono grande quanto Ruthie e Lacie. Quando loro erano piccole,
ero piccola anche io.
-Perciò avresti la mia età.- sorride.- Adesso
lascia che ti lagli i capelli, dopo andremo a dormire. Devi riposarti
bene per affrontare la giornata di domani. Credo che ti
piacerà dormire su un letto.-
-Lo penso anche io.-
Adesso sta preparando tanti pezzi di stoffa sul pavimento. Credo che
servano per raccogliere i miei capelli quando li taglierà.
Prende una sedia e la poggia vicino alle stoffe.
-Puoi sederti qui, per favore?-
Stephen è così gentile. Prima mi ha fatta uscire,
mi ha parlato e non è scappato via, adesso mi sta aiutando a
prepararmi per uscire fuori, per partire.
Mi siedo dove mi ha detto. Quando mi sono sistemata mi tira
tutti i capelli indietro.
-Va bene se li taglio sotto il seno? Sono così belli.
Sarebbe un peccato accorciarli troppo.-
-Per me va bene.- rispondo.
Ci vuole poco tempo per accorciali di dietro. Sono bastati solo pochi
colpi di forbici.
-Sono a posto?- chiedo.
-Non ancora, manca la frangia. Non puoi andare in giro con i capelli
davanti agli occhi.-
Mi mette un pezzo di stoffa intorno al collo.
Le forbici si aprono e si chiudono, tagliando via i miei capelli lunghi.
-Adesso va meglio.- sorride e guarda il risultato.- Non ho mai tagliato
i capelli di una ragazza, ma credo che il risultato sia accettabile.Mia
nonna me lo insegnò quando ero piccolo. Va' a guardarti allo
specchio.-
-Mi avvicino di nuovo allo specchio. Così sto meglio e ci
vedo meglio.
-Sono carina così.-
-E' vero.- mi guarda e sorride.
Il sonno, la stanchezza e la voglia di distendermi su un letto
cominciano a gravare su di me.
-Posso andare a dormire?-
-Se vuoi dormire devi venire nella mia camera. C'è un letto
matrimoniale.-
Non ho idea di cosa sia un letto matrimoniale, mi basta solo che sia un
letto. Ma il problema sarà muoversi da una stanza all'altra.
Non voglio che qualcuno mi scopra.
-Dov'è la tua stanza?- chiedo sbadigliando.
-Di fronte a questa. Andiamo.-
Camminiamo verso la porta. Stephen gira uno strano oggetto
perfettamente rotondo attaccato alla porta e questa si apre.
-Non avevi detto che le porte si possono aprire solo con le chiavi?-
chiedo incuriosita.
-Di solito è così, ma soltanto per le stanze che
poche persone possono aprire.-
Richiude la porta dietro si sè.
-Cammina velocemente e non fermarti a guardare niente- mi sussurra
all'orecchio.
C'è una stanza proprio di fronte a quella da cui siamo
appena usciti. Deve essere la camera di Stephen.
Camminiamo entrambi velocemente e quando siamo davanti alla
porta della sua camera, Stephen mette una chiave nel foro della porta.
La gira verso destra e la porta si apre.
-Entra pure-
-Grazie.-
La prima cosa che vedo è il letto. E' molto grande. Quelli
nella stanza di Ruthie e Lacie erano molto più piccoli.
-Posso andare sopra il letto?-
-Devi stare sotto le coperte, non sopra.-
-Che significa?-
-Guarda.- dice con dolcezza. Si avvicina al letto, prende le coperte
che ci sono e ci si infila sotto, poggiando la testa sul cuscino. -E'
così che devi metterti. Provaci.-
-Sporcherò il letto però, sono sporca.-
-Cambiano e lavano le lenzuola ogni giorno, sta' tranquilla.
Entro nel letto come mi aveva fatto vedere Stephen. Poggio la stesta
sul cuscino.
Entra anche lui sotto le coperte. La sua faccia è
più rossa. -Posso dormire anche io in questo letto o mi
caccerai via?-
-Perchè dovrei cacciarti via?-
-Sono un ragazzo.-
-E cosa cambia?-
-Sei troppo innocente per capire.-Sorride.
-La candela può rimanere accesa?-
-Certamente.-
-C'è un po' di freddo, Stephen.-
-Non ho altre coperte qui. Se hai freddo puoi stringere me come ultima
alternativa.-
-Non capisco quello che vuoi dire.- Mi avvicino a lui, incrocio le sue
braccia con le mie. Il calore comincia a traferirsi nel mio corpo.
Adesso sto meglio.
In cantina non faceva così freddo, ma qui si.
-Sei Dolce.- dice mentre mi stringe di più.
Non sono riuscita a sentirlo bene.
-Dulcet?-
Sembra sorpreso ed è come se gli venisse una grande idea.
-Dulcet è un nome. Ti starebbe bene.-
-Posso davvero chiamarmi così?-
-Sì.-
-Grazie, Stephen.-
-Adesso puoi dormire.-
-Ci vediamo domani.- lo stringo di più perchè ho
freddo.
-A domani,
Dulcet.-
Ciao a tutti
(anzi buonanotte a tutti perchè è l'una del
mattino e io ho appena finito di scrivere ), questa volta mi
sono un po' dilungata. Questo era un capitolo davvero importante,
perchè per la prima volta la nostra protagonista incontra e
parla con una persona.
è oggettivamente romantico non trovate?
Non dal punto di vista della protagonista, Dulcet che non ha idea di
cosa sia l'amore.
Era proprio così che volevo far apparire questo capitolo e
ci sono riuscita abbastanza bene.
Sono fiera di questa storia e di come sto riuscendo a mandarla avanti
costantemente e di buona volontà.
Aspetto recensioni per conoscere le vostre opinioni.
Ripeto ancora una volta che il linguaggio non troppo ricercato
è un'esigenza. Dulcet non ha mai visto molte cose
perciò non conosce molte definizioni.
Ciao e grazie per aver letto anche questo capitolo!! :D
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