L-DIES

di Archybald
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo grandioso inizio ***
Capitolo 2: *** Analisi critica ***



Capitolo 1
*** Un nuovo grandioso inizio ***


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L-DIES

 

 

∼UN NUOVO GRANDIOSO INIZIO∼

 

 

 

''Ci sono volte, volte in cui, te ne rendi conto troppo tardi, entri in collisione con quell'unico piccolo granello di realtà capace di stravolgere completamente la tua vita a tal punto da non riuscire più a riprendere la strada precedente. O a non volerlo.

Non importa se dura un attimo, millesimi di secondo, o è un procedimento lungo e sofferto.

Non importa se a lasciarti senza il respiro e senza una ragione vera e propria è un luogo, un uomo, un animale o magari un quadro.

 

Watt trovò la macchina a vapore.

 

Alcibiade trovò Socrate.

 

Monet trovò un giardino.

 

Quel tizio famoso di 'Marley & Me' trovò il suo cane...''

 

 

 

Io incontrai per la prima volta Elia durante il mio terzo anno di università.

 

Allora avevo da poco abbandonato la facoltà lettere. Dissi a tutti che non mi si addiceva, che non faceva per me. 

Dopo due anni interi di vita passati a studiare poesie di uomini che avevano reso parole e inchiostro la loro ragione di vita, sonetti e rime la loro storia, capii che la mia, di vita, non sarebbe mai davvero appartenuta a quel mondo.

La mia intera esistenza era una tavolozza di sfumature. L'arte, sola, mi aveva sempre attratto. Come infatuato dalla fiamma ardente dei colori, studiavo i miei testi di scuola e rimpiangevo l'odore acre della tempera che per anni era stata la mia unica compagna d'avventure. Così trovai un compromesso con me stesso. Le arti visive. Persi al vento ben due anni di studio e dovetti pagarmi interamente di tasca mia questa pesante scelta. Ma i soldi non erano un problema. Non lo erano mai stati, dopotutto.

 

Fu proprio durante quel primo anno alla facoltà che entrai in contatto con Elia. Necessitavo con urgenza di trovare un appartamento, o avrei alloggiato presto sotto un ponte quella stessa notte. Così, speranzoso il più possibile, mi informai tra le fila dei miei compagni. 

A presentarsi a me un ragazzo giovanissimo, sciarpa al collo e tracolla alla mano. I capelli corvini e spettinati portati indietro da un cerchietto in pelle, vano tentativo di dar ordine all'impossibile. Eccolo qui. Ventun anni, lo sguardo lucido e il sorriso sottile di chi la vita sapeva stregarla e farla vibrare come una ballerina di fandango.

 

Abitava a pochissimo dall'università. Un appartamento piuttosto grande per viverci da solo, piuttosto moderno e ricercato. In alcuni tratti, anche troppo ricercato e tutto in ogni angolo gridava di lui. Le numerose polaroid di nudo appese ai mobili e al frigorifero della cucina, che mi incuriosivano e imbarazzavano in maniera indecente, o i rottami arrugginiti incastrati al legno stinto che formavano il tavolino da caffé del salotto, su cui posavano dischi in vinile di qualche artista indie poco conosciuto  e un sottile vaso di gardenie nere e grigie. 

 

-Le ho coltivate io- mi disse mentre le fissavo sorpreso. -in origine erano bianche.-

 

Le gardenie mi fissavano, impietosite dal mio sguardo lontano, e mostravano fiere i loro petali di morte, così belli e peccaminosi da togliere il fiato.

 

-Ma quando appassiranno, allora sarà tutto lavoro sprecato.- gli risposi.

 

La sigaretta che si era accesa distribuiva un odore dolciastro e intenso, che mi violentava le narici con possesso, impregnandosi nei vestiti. Forse avrei potuto sforzarmi di farci l'abitudine ma in quel momento non mi importava particolarmente.

 

La carezza che l'uomo offrì ai suoi piccoli fiori fu idillio e dolcezza.

 

-Quando appassiranno saranno ancora più belle.-

 

 

 

***

 

 

 

La convivenza con Elia mi era risultata perfetta.

 

Ogni cosa di quei primi giorni passati in sua compagnia, in quell'appartamento così particolare, mi esaltavano come un bambino di fronte a delle stecche di zucchero, quando queste aspettano di essere adagiate sui rami dell'albero e la frizzante atmosfera di Natale  fa' brillare loro gli occhi.

Quando concludevo le lezioni, mi deliziavo con lui ad ascoltare il giradischi riprodurre vecchi brani jazz. Tutto era nuovo, tutto era rilassante e allo stesso tempo stimolante, e la mia vena artistica bruciava per tutta l'ispirazione che fremeva di essere scritta, riprodotta, plasmata, per dare vita a qualunque cosa vagasse nella mia mente. 

 

Elia era la compagnia ideale. 

Il suo acuto sarcasmo, che metteva in imbarazzo e portava molto spesso al silenzio dei suoi sfortunati ospiti; Le sue improvvise illuminazioni artistiche, che lo costringevano a vagare per la casa con papiri e pennelli e righe e compassi tra le braccia. La poesia con la quale senza ritegno filosofeggiava sulla vita, in quei piccoli e insignificanti momenti morti della giornata, quando davanti ad una sigaretta con zelo faceva mostra di tutta una saggezza acerba, eppure così discordante dal pensiero del mondo.

 

-Vedi Friz- mi disse una sera, davanti ad una tazza d'infuso alla cannella, il tutto corretto ad opera d'arte con della grappa del '48.

 

-l'arte, quella vera, va' ricercata del profondo. Molti artisti, poveri esseri umani, si limitano a riprodurre schemi e soggetti che la vita ci sbatte davanti agli occhi, violentemente, e sembra così giusto, così reale.  Ma saper vivere può elevarti, Friz, può elevarti dove gli altri non riescono ad arrivare. Cogliere le migliaia di sfumature che ci fuggono davanti agli occhi, disfarci di quell'alone denso che come una patina opaca offusca ciò che vediamo. La realtà vera, quella dietro lo specchio.

Quando vivi, vedi, lasci che con pigrizia le immagini ti scorrano addosso, informi e gelatinose. Ti limiti a riprodurle, perché non conosci come altro fare. Ma tu ti chiedi mai il perché delle forme? O cosa significhino i colori?-

 

Ero confuso. Le foglie secche sopra il piccolo tavolino di rottami bruciavano lentamente, e l'intero spazio dell'appartamento risuonava del ticchettio ininterrotto del metronomo, posto senza un motivo (eppure nulla sembrava non avere un motivo preciso dietro certe scelte) sopra ad una mensola tra i libri. Placidamente questo continuava a scandire in battiti il nostro inutile tempo e io respiravo piano, a scatti, a ritmo con lui.

 

-Nulla di ciò che vediamo è realmente così. Possiamo sentirne la sua presenza, possiamo indovinarne i colori, stabilire per lui una forma. Ma sono solo sciocche convenzioni. Scherzi a cui la nostra mente ignorante si aggrappa, non conoscendo alternative. E con stoltezza, l'uomo, per tutta una vita crede che la realtà sia solo questo. Forme e colori. Colori e forme. E' così angosciante...  Siamo tutti bugiardi, amico mio. E tutti stringiamo con avidità queste bugie e non possiamo farne a meno. Perché se tutti cominciassero a pensare davvero, allora l'unico desiderio che invaderebbe le nostre menti sarebbe la morte.-

 

 

Concludendo si alzò in silenzio, e come era entrato in quel salotto reso opaco dalle foglie che bruciavano, così ne uscì, come un ombra, attraverso le pieghe del fumo, lasciandomi solo, sul divano, a pensare. Riflettere e pensare.

E forse per la prima volta, rimasi lì, in silenzio, solo a riflette davvero davvero a lungo, e ne fui talmente spaventato da non dormirci la notte.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Di nuovo, un pomeriggio, mentre rientravo dopo ore passate al supermercato.

 

 

Più tardi ne avrei scritto che ''Quel giorno mi avvicinai un passo di più al contorto universo che tanto mi aveva attratto e con tanta passione da far male.''

 

 

Sul divano retró, centrale come una statua di Caravaggio, Elia sedeva a gambe incrociate, completamente nudo, e sulla pelle pallida, a coprirlo, solo  una vecchia chitarra acustica gibson, laccata in oro, con la quale stava strimpellando qualche pezzo classico che non riuscivo a riconoscere.

L'aria era carica di profumi e note, e melodie e luci, e raggi arancio dritti sulle gardenie nere. 

Mi avvicinai portando con me le borse, salutando con un cenno del capo le due ragazze che, illibate, più nell'aspetto che nei fatti, accanto a lui sedevano altrettanto nude, tamburellando di tanto in tanto le mani sulle cosce morbide, a ritmo con i pizzichi delle corde. Allora mi fissarono, e ricambiarono entusiaste, senza far mostra di alcun disagio, l'educato saluto che le avevo rivolto.

 

E per un tempo che non riuscii a definire quella musica cantilenante continuò a solcare l'aria ancora e ancora, realtà viva nel silenzio dell'appatamento, mentre ormai la mia spesa era stata smistata del tutto e pensieri e domande mi affollavano la mente. 

Confusione ciò che predominava i miei sentimenti in quel momento, confusione e disagio. Mai in vita mia mi era capitata davanti una tale occasione, mia avrei saputo trarne il senso, sottile eppure così arrogantemente presente in tutto ciò. 

Ma quella scena, quell'atteggiamento disinvolto e libero, minacciavano di buttare giù la dogana più spessa e soffocante che la mia moralità stessa avesse mai eretto sugli sconfinati spazi della mia fantasia. Ed ecco che, come se in quei piccoli istanti di riflessione avessi voluto ribellarmi e insorgere su me medesimo, ricalcavo quell'immagine come un cieco, insistendo sui dettagli più intimi e nascosti, accarezzandola per capirne le sfumature e i rilievi. Tutto vedevo, meno che il perché. Il perché delle cose, che Elia tanto aveva disprezzato in quel dibattito incoerente poche sere prima. 

Potevo leggerlo, ora, il suo docet, il suo insegnamento più importante, riflesso nelle azioni, nella cruda realtà.

''L'arte- diceva -va' ricercata''. Sì ma non nel perché delle cose, no. Non in quello che le persone si aspettano da noi,  ma proprio nell'imprevedibilità dell'uomo. Quella stessa assurda imprevedibilità che fa' sorridere e stupire e aggrottare le sopracciglia dalla meraviglia.    

E quella, quella era arte. Che meraviglia!

 

 

Avrei sospirato d'amore per un altro spicchio di tempo, affascinato e perso nel mio stesso pensiero. Ma presto ,mi accorsi, le note finirono e il silenzio regnò ancora, più caldo e intimo questa volta.

 

Rimasti da soli, iil sole ormai tramontato, cominciai lentamente a riempire di pittoreschi tasselli il quadro dalle tinture nouveau che mi ero fatto della figura di Elia. C'erano ancora così tanti buchi, così tanti spigoli e lacune, imperfezioni, macchie, croste di pittura da grattare per poter giungere alla conclusione, all'opera vera e propria. Eppure eccolo, un centro. Un piccolo bollo di luce, piccola gemma meravigliosa. Dal centro poi sarebbe stato più semplice ricamarne il contorno, la cornice perfetta, pensai convinto.    

 

''Non fui mai così sciocco e arrogante nel formulare un pensiero quanto allora.''

 

 

 

-Eri spiazzato.-  ridacchiò l'uomo, quella sera, a cena, mentre mescolava quella piccola ciliegia dolciastra al suo bicchiere di vino bianco.

 

-Non spiazzato. Casomai confuso.-

 

-Allora eri spiazzato e confuso, amico mio.-   E non potei evitarmi di annuire, nemmeno per disinteresse.

 

-Diciamo che non me lo aspettavo.-

 

-Friz, vecchio Friz, se mai ti apparirò scontato allora sarai pregato di colpirmi. Non potrei mai convivere con un me del genere. Mi odierei!-

 

Sorrise e si versò altro bianco nel bicchiere. Ancora una volta vino costoso e terribilmente inadatto al piatto che aveva cucinato.  Mentre in silenzio, dietro gli occhiali, lo fissavo lacerare coi denti quel piccolo frutto, mi ripromisi che un giorno, con un po' di coraggio, gli avrei chiesto di più sul suo passato. La sua vita, la sua storia, mi incuriosivano come il migliore dei libri, il più succulento dei romanzi, quell'unica opera che quando ti capita tra le dita, sai già che ti si fonderà alla pelle e il suo inchiostro macchierà tanto le tue dita per tutte le volte che l'hai riletto che quasi si consumeranno le parole.

Ma tutto questo un giorno.

 

 

 

 

 

 

 

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PICCOLO ANGOLINO APPARTATO 

Aloha popolo di EFP! :DD

Parto col ringraziare subito chiunque l'abbia letta, o recensita o messa tra le seguite. You moves me! *^*

Questa e la prima volta che scrivo un Original e ho sempre il pessimo presentimento che ne verrà fuori un'emerita schifezza,

che oltretutto sarebbe davvero un peccato perché ho in mente questa storia da una vita e spero davvero di esserne all'altezza...

Anche se molto probabilmente rovinerò eventuali sorprese mi sento in dovere di dire che L-DIES NON è esattamente un Fantasy/Epico! -ma l'avrete già capito dall'introduzione e dalla sezione immagino >.>...-

La storia che sto scrivendo è molto più complicata ed elaborata di un semplice racconto di Dei e creature magiche. Anzi! 

Nulla e casuale e probabilmente sarà ancora peggio quando andrò a spiegare il tutto perché se già è confusa adesso... Beh, ma SSSH! Non si dicono certe cose! xD

Se avete qualche critica non preoccupatevi, sbizzarritevi pure che non mi offendo! 

Soprattutto per il personaggio di Elia. Lui demolitelo pure, se lo merita u.u! Scherzo ovvio xD ♥

Mi sento in dovere di dire che questo è un capitolo introduttivo! Per prendere famigliarità col personaggio di Friz e le stranezze di Elia!

Nel prossimo si entra nel vivo della storia, e finalmente scoprirete cosa significa L-DIES. 
Più o meno....

Beh, se avrò il piacere di rivedervi, ALLA PROSSIMA! :DD 

-questo dannato angolino più lungo dell'intera fanfiction...-

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Capitolo 2
*** Analisi critica ***


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L-DIES

 

 

∼ANALISI CRITICA∼

 

 

 

Passi, pesanti, irrequieti, trillanti passi per i corridoi dell'appartamento.

 

Persino leggere il più frivolo dei racconti risultava impossibile quando quel giovane uomo vagava tra le stanze come un predatore assetato di tutta la verità del mondo. 

 

E soprammobili che si giravano di 15 gradi. E quadri che venivano scambiati di posto. Tende chiuse, tende aperte e quella lieve musica barocca che rallegrava l'aria accompagnata da qualche passo di danza improvvisato e maldestro, reso spettacolare tuttavia dalla luce brillante che giocava con le ombre delle suole aggraziate. 

 

-Elia, cosa stai facendo?-   Domanda lecita quando persino l'ultima speranza di rilassarmi svaniva sostituita da uno sguardo di paziente spossatezza. 

 

-Aspettiamo ospiti vecchio Friz!-   E il ghigno asimmetrico sul suo volto sembrava prospettare qualcosa di indicibile. 

 

-Perdonami, com'è che non ne sapevo assolutamente nulla? E quando?-  

 

Una sviolinata mi tagliò sottile l'anima e lo stereo ancora suonava le note verdiane, l'assurdo movimento delle crini che spezzava l'aria in granelli infiniti.

 

-Questa sarà la notte dei negletti, mon chere. Non vedono l'ora di conoscerti!-      

 

Aprì un piccolo cassetto della libreria tirandone fuori una scatolina, il cui contenuto venne versato dentro una noce di cocco dimezzata.  -Confetto?-      

 

-Certo, non vedo l'ora. Suona molto di setta....-    Ed Elia rise di gusto, i denti leggermente sporchi di carta da zucchero come le lunghe dita che giocavano con quei bon bon colorati.

 

-Non preoccuparti, se sai gestirli non sono più pericolosi di un gruppo di nerd che si ritrovano a giocare a D&D.-  disse ridacchiando e tirando fuori da una busta dei lunghi rami di alloro rigoglioso.

 

-... o ad un gruppo di intellettuali rivoluzionari. Fa' molto 'Carboneria' milanese.-

 

 

Ora l'alloro fasciava deliziosamente le ormai secche gardenie e quel connubio denso di significati mi fu' tanto sgradevole da costringermi quasi a chiudere gli occhi turbato, mentre una strana sensazione mi invadeva le dita e i polsi tremavano insistenti.

 

 

 

***

 

 

Se qualcuno mi avesse chiesto in quel periodo della mia esistenza per quale motivo provassi tanta repulsione verso le feste, ecco che avrei potuto rispondergli: le persone sono la causa di tutto.

 

Nessuno ha mai provato la gioia brillante di festeggiare la vita da solo e in pochi si concedono all'intimità con qualche eletto. E quante volte invece ci si circonda di popolarità e ipocrisia per cieco terrore dell'anonimato.  

 

E ci si dimentica del perché delle cose. E il desiderio di festeggiare, di divertirsi ad ogni costo, supera ancora di più la sana necessità. 

 

Lo svago è la ragione di vita.

 

Elia aveva dedicato ventuno interi anni, 256 cicli lunari, della storia alla realizzazione piena del sano significato di diletto. 

 

E questo, a cui dedicava nervi e sangue, sacrifici e amore e ossessione compulsiva fino allo stremo delle forze, con gli unici degni seguaci che la Dea Fortuna gli aveva concesso di incontrare in quei pochi anni dalla sua umida nascita. 

 

Allora, mentre spaesato contemplavo con insana curiosità tutto ciò che mi circondava, me li presentò come L-DIES.

 

 

 

***

 

 

-Friz, questo è Lui.-

 

E Lui mi tese la mano pallida e rosa. E profumava di città e sandalo, e di un qualcos'altro che mi ricordava tanto quei copri divano damascati in oro e dalle frappe arricciate lungo i bordi. Se avessi chiuso gli occhi, preso da un vortice d'ispirazione improvviso e necessario, avrei dipinto di specchi dalle cornici elaborate e scarpette da ballo roccoccò, di seta intarsiata e velluto. Le mie dita avrebbero tracciato i confini di quei capelli color grano trasformandoli in larghe vetrate e campi di girasole. Poi qualche collina lontana, che sapeva di antico...

 

 

-Fabrizio.-   corressi allora con dissenso. Le mani si strinsero e gli occhi brillarono di malizia. 

 

-Piacere Friz, Elia parla tanto di te! Oggi puoi chiamami Demetrio.-  

 

-La cui terra ha conferito questo nome...-  la voce di Elia mi raggiunse spaventandomi. 

 

Non saprei dirvi, col senno di poi, quanto e se ne fui spaesato o il mio era uno smarrimento emotivo. Ma le parole, mi han detto, si incidono su di te come un marchio e rimangono impresse e bruciato nonostante il tempo. Così 'Demetrio' ed Elia erano tatuatori sadici che si divertivano ad incidere sulla mia pelle vergine la mappa dei loro pensieri. E deglutendo mandai indietro l'insano astio che provavo già per il ragazzo.

 

-L'hai detto. E la terra festeggerà con noi, Elia!-  

 

-ALLELUJA!-  gridarono i cieli e le parole del moro trillarono di gioia mentre le mani leste raccoglievano le borse di carta da pacchi ai piedi del ragazzo e sparivano dall'atrio.

 

 

 

***

 

 

Quando rimanemmo soli in cucina, io ed Elia, pensieri e dubbi e perplessità ingenue e lecite fluirono dai miei pensieri alle mie labbra così come quell'intera situazione avrebbe finito per stringere il mio spirito e soffocarmi se non avessi imposto a me stesso di capire e comprendere per non divenir folle. 

Per lungo tempo la ragione e la poesia erano state la mia filosofia; metrica e parafrasi le mie amanti nelle notti insonni. Io, discepolo della razionalità e Pitagora e Seneca gli Dei di questo mio culto. 

 

Sebbene avessi concesso all'arte di divenire la mia musa, la mia ispirazione, la causa generatrice di questo vento di passioni, l' areté che muoveva l'intero mio spirito, non mi ritenevo pronto ad affrontare ad occhi bendati ciò che mi aspettava nell'altra stanza.

 

Avevo bisogno di conoscere, di tastare a mani nude. Palpare, graffiare, stringere, modellare la realtà e farla mia. Conoscere il nemico e armarmi della retorica per difendere i miei sensi. 

 

Elia mi aveva gettato su un campo di battaglia spoglio e l'aveva riempito di mostri mitologici dall'innata natura e le origini malvagie. Come poteva pensare che avrei potuto cavarmela, integrarmi, sperare anche solo di socializzare a livelli principianti se ogni dettaglio, ogni fotogramma era sconosciuto e potenzialmente pericoloso per me? 

 

Io che non avevo possibilità di discutere in modo informale con i coetanei, avrei dovuto reagire e dare sfoggio di me davanti a degli individui così bizzarri. Ma se avessi saputo qualcosa di più di questo fantomatici ospiti, ECCO! Allora avrei potuto far di me un egregio ballerino di tip tap. Esibirmi al pubblico in una danza senza fiato per elevarmi anche solo superficialmente a questi elementi.

 

 

Avrei chiesto. Avrei indagato. Avrei esatto per me storie e racconti.

 

 

Se non ché Elia non fu affatto pragmatico nel risolvere i miei tormenti.

 

 

-Giusto per informazione, cosa dovrei sapere di questo 'Demetrio' prima di dover entrare in quella stanza a mani nude?-

 

Ma il moro non si spese a fissarmi, tirando fuori dai sacchetti delle pannocchie e un contenitore pieno di zuppa di cereali.

 

-Ci conosciamo da dodici anni più o meno; più di tutti gli altri comunque. Viene dalla Germania, da Lipsia.-

 

-E 'Demetrio' è il suo vero nome?-

 

-Tu puoi chiamarlo così...-     e con quelle parole si voltò verso di me, trattenendo tra le mani una pentola colma di una poltiglia informe, rossa come le fiamme dell'inferno.

 

-E perché ha detto 'per oggi puoi...? Cristo, ma quella che roba è??-   

 

L'odore discretamente repellente e speziato di quella che sembrava all'apparenza carne riempì la stanza violando le mie narici e marchiando i vestiti di paprika, anche dopo che Elia, ridendo di gusto, coprì la pentola con un coperchio e la mise sul fuoco. 

 

-E' gulasch, un piatto ungherese. Mai provato? Guarda che è buono. Tra l'altro non ti conviene mostrarti così scandalizzato davanti a Lui. E' la pietanza che gli viene meglio!-

 

-Sarà fatto... In ogni caso non hai risposto alla mia domanda. Cosa significa 'per oggi'? La prossima volta come dovrei chiamarlo?-          ed Elia si fermò.

 

 

-Ascolta, vecchio mio. Non approfondire. 

A Lui non piace presentarsi col suo vero nome finché non inizia a provare quantomeno interesse verso una persona. Oggi per noi, e soprattutto per te, è Demetrio. La volta scorsa si presentò come Davide e la prossima chi lo sa'! 

E' come un gioco di ruolo, capisci? Demetrio non è solo un nome. E' la prima impressione, è un indizio, una carta, è il tema della festa e tutto gira intorno a 'Demetrio'. Lui detta le regole e la fantasia è il motore di tutto. 

 

Lo dico per il tuo bene, amico. Da oggi in poi non stupirti. Vivi le emozioni e se proprio non puoi fare a meno di capire tutto di una persona, impara a dedurlo dai dettagli.

Nulla qui dentro è dato al caso, lo avrai capito immagino. 'Lui' gioca, e così fanno gli altri. Devi allargare le percezioni, aprire gli orizzonti. Ti capiterà spesso con i ragazzi di non riuscire a trarre un giudizio finale, non riuscire a tracciare il profilo psicologico completo. Nessuno si presenterà a te raccontandoti la storia della sua vita, io per primo non l'ho fatto e nemmeno tu. Quando ti troverai davanti ad un puzzle che non riesci a risolvere guardati intorno. Gli umani lasciano tracce, indizi, anche quando non lo desiderano.

 

Ora vai di là, Friz, e confrontati con lui. 

Questa sarà una lunga serata.

 

 

 

 

 

 

 

 

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PICCOLO ANGOLINO APPARTATO 

Buon salve e buona sera EFP! :D
 

Eccovi un piccolo pensierino per festeggiare meno di un mese da Halloween ♥ (Archy adora particolarmente)

Con questo capitolo cominciamo ad avvicinarci al tema della storia: gli L-DIES. 

Non che Elia si sia degnato molto di spiegarci chi sono, simpaticone. 

Intanto però abbiamo abbiamo il primo membro, 'Demetrio'. Che nome osceno, direte... 

Beh andando avanti avrete l'onore di scoprire quanto faccio schifo coi nomi. La fantasia non è il mio forte. Tsz-

Il povero Friz nel frattempo mi fa' sempre più pena. Personaggio bistrattato che a tutto assomiglia meno che ad una Mary Sue >.> (Sì, è un argomento che mi sta piuttosto a cuore xD)

Dal prossimo capitolo si entra del tutto e verranno presentati quasi tutti! 

Chiaramente non nei dettagli. Come avrete capito, ne passerà prima di avere un quadro decente dei personaggi xD
 

Vi avviso che sto cercando, con scarsi risultati, di creare un BANNER con i prestavolto. Se verrà fuori una merdaccia (passatemi il termine) non lo posterò mai xD.

 

Come al solito per questa fic sono troppo lunga D:

Spero di rivedervi anche al prossimo capitolo! A PRESTO!!! *^* 

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