ancora (NVU)
Ultimamente mi
è ripresa la fissa
di Merlin,e, visto che sono
masochista e me ne frego altamente
dell’esame di settimana
prossima, ho deciso di scrivere una
fic… tragicamente
mi sono resa conto di non poterla
rendere una
one shot.
Non ne sono in
grado, ed ho paura che perderò
le
redini di questa storia. Sinceramente
non so quanti decideranno di leggerla, ma
temo che
non saranno tanti. Ciò nonostante sarei grata,
ai pochi che leggeranno, se
lasceranno un commento anche solo
per dirmi
che no, la storia
non gli piace,che scrivo
da cani, che faccio troppi errori e che perdo troppo facilmente il filo del discorso.
Il ratering per ora
è giallo ma si alzerà.
Non ho una
beta reader
al momento, ma se qualcuno
volesse farsi avanti io
non mi schifo, anzi
XD (sappiate
che se
mi farete sapere dove e come
commetto errori, anche solo tramite
commento, li modificherò immediatamente). Grazie infinite.
La scelta delle
città citate nella fic non è casuale
ma come al solito i
personaggi non sono miei, e
riferimenti a luoghi, fatti e persone
è
puramente casuale.
Ancora
Aprì gli
occhi a guardare il soffitto candido della
camera. Sentiva la pelle sulle guance tirare per le lacrime ormai
asciutte e si
sbrigò a cancellare quelle che ancora non lo erano
passandosi le mani sui viso.
Aveva di nuovo sognato
Camelot, la sua bellissima Cameot,
e Arthur.
La sveglia
cominciò a suonare un vecchissimo pezzo degli
Aqua fin troppo allegro a suo parere, per quella mattina quantomeno.
«Troppo
tardi» biascicò allungandosi a spegnere
l’elettrodomestico.
Si alzò a
fatica dal letto rabbrividendo per il freddo.
Si sforzò di non tornare sotto il piumone, doveva andare al
lavoro e in
quell’epoca, come in tante altre non c’era Gaius a
richiamarlo se si fosse
rimesso a dormire. Quanto gli mancava quel periodo della sua vita. Beh,
ex
vita. Quant’era passato? 1500 o 1600 anni? E chi teneva
più in conto delle vite
e del tempo.
Il brutto di nascere
maghi è che poi la magia non ti si
stacca più di dosso.
Vai avanti ad esistere
nei secoli vivendo, morendo,
rinascendo come ogni anima ma senza mai scordare chi e cosa sei.
Merlin si diresse in
bagno e si guardò allo specchio
sopra il lavello; la figura che rispose al suo sguardo era
completamente
differente da come si ricordava, ma , d’altronde, non era
più “Merlin” da un'
infinità di tempo adesso si chiamava Martin Evans. Lavorava
part-time all’università
di Glastonbury,che tra le altre cose aveva aiutato a creare vite fa, e
nel
tempo che gli rimaneva scriveva ed illustrava storie per bambini.
E grazie al cielo le
sue storie piacevano. A ventitre
anni aveva già pubblicato otto libri tutti sulla sua vita a
Camelot.
Otto libri e la storia
era solo all’inizio.
Martin si
lavò velocemente la faccia per evitare di
congelarsi poi si riguardò allo specchio: adesso aveva
capelli castani e li
teneva leggermente più lunghi, i lineamenti del viso erano
meno affilati e le
orecchie meno a sventola , era ancora magro , era una cosa che nel
corso dei
secoli non era cambiata. Poteva mangiare di tutto ma il suo corpo non
assimilava nulla. Nel complesso questa volta non era cambiato molto da
quello
che era in origine, e la cosa gli parve ridicola: era cambiato
così tanto
nell’arco dei secoli che ritrovarsi simile alla sua forma
originale era, sotto
un certo punto di vista, assurdo.
L’unica cosa
che nei secoli e nelle vite non era mai
cambiato erano gli occhi sempre dello stesso blu profondo, sempre
immutabili
nel tempo, come la sua magia.
Ogni vita a dover
ricominciare da capo ad imparare dalle magie
più semplici per riuscire a padroneggiarla di nuovo.
Evans uscì
di casa in fretta e furia. Era rimasto a
fissarsi allo specchio in preda ai ricordi per così tanto
tempo che aveva fatto
dannatamente tardi .
Entrò
velocemente in aula salutando gli studenti e
pregandoli di prendere appunti senza chiacchierare visto che la lezione
che
stava per spiegare poteva essere un argomento interessante per
l’esame di fine semestre.
Martin si era laureato
a 17 anni, altro inconveniente dell’avere
una coscienza dei “sé” passati
è sapere già le cose che devi studiare.
In quella vita se
l’era presa un po’ più comoda che nelle
altre. Vero, ma gli erano piaciuti davvero i sui genitori.
Sua madre, Sylvie,
assomigliava così tanto a Hunith.
In passato gli era
capitato di incontrare le
reincarnazioni dei suoi amici. Li vedeva passare accanto a lui come
normalissime persone, poi all’improvviso all'attuale aspetto
si sovrapponeva a
l’immagine del loro vecchio io e allora dolorosamente li
guardava allontanarsi
e sperava che loro arrivassero ricordare. Cosa che di solito succedeva.
Probabilmente venivano influenzati dalla sua magia e allora lo andavano
a
cercare.
Gwen di solito gli
saltava al collo sorridendo baciandolo
sulla guancia e dicendo gentilmente un “sono felice di
rivederti”.
Morgana ogni tanto gli
sorrideva da qualche angolo di
strada, ma anche lei ricordava, anche lei era una maga e ,nonostante
tutto, non
l’aveva ancora perdonato, né lui né
Arthur.
Lancillotto gli dava
una pacca sulla schiena ghignando un
“ohi mago! Ci rivediamo finalmente” .
Gwain sorrideva
blaterando sulle esigue probabilità di
ritrovarsi in un mondo tanto vasto.
Hunith lo abbracciava e
lo stringeva forte senza dire
nulla con gli occhi pieni di lacrime ed un sorriso dolce sulle
labbra,il
sorriso che non le era mai cambiato qualunque fosse
l’avversità e l’epoca, per
lei lui rimaneva sempre il suo bambino, il suo piccolo Merlin; non
importava
che lui avesse 39 anni e lei 5, lui rimaneva il suo piccolo bambino.
Arthur… lui
l’aveva visto una volta sola nel 1276, ma era
stato così sciocco da inseguirlo per strada per ricordargli
chi era che non
aveva pensato al carico di ricordi che avrebbe dovuto affrontare. Ed
era
rimasto spiazzato quando l’aveva visto scappare tenendosi la
testa tra le mani
ed aveva capito il suo errore. Il “Merlin” di quel
secolo poi morì qualche giorno
dopo nel tentativo di difendere la reincarnazione di Freya.
Martin si
bloccò a metà frase guardando l’anfora
greca di
cui stava spiegando le decorazioni.
La voce di uno studente
che chiedeva se stava bene lo fece
risvegliare e dopo una breve frase di scuse portò a termine
la lezione.
Gli studenti uscirono
velocemente dalla classe e un gruppo
di ragazze si premurò persino di salutarlo con un gesto
della mano e il sorriso
quasi imbarazzato sulle labbra.
« Di nuovo a
pensare a Camelot, Emrys?» gli occhi grigi
di Mordred lo guardavano dal fondo dell’aula.
Il professore si
voltò verso di lui «Perché? Tu non
pensi
mai a quel periodo?».
«Certo che lo
faccio. Solo… Beh non era un periodo poi
così felice per me. Dovresti saperlo. Hai
contribuito.»Mordred si avvicinò
all’uscita.
«Lo so. E tu
sai che mi dispiace.»
Il ragazzo dagli occhi
grigi sorrise rispondendo che sì, lo
sapeva, prima di uscire anche lui dall’aula.
La classe rimase vuota,
Martin si sedette stancamente
alla sedia girevole spegnendo lo schermo del pc. Mancava ancora un'ora
alla
prossima lezione. Altre tre ore e sarebbe potuto andare a casa ad
affogare nei
ricordi e a maledirsi per essere un mago.
Quelli della sua specie
di solito o diventavano monaci buddisti
sostenendo che è il loro karma a farli soffrire e che
è giusto così, oppure cercavano altri maghi per
farsi uccidere: forse l’unico modo sicuro per morire e
liberarsi della magia definitivamente.
Certo c’era i
pochi che come lui stoicamente cercavano
vita dopo vita di non impazzire.
Checché ne
sapesse lui era il mago più antico esistente.
Gli era anche
capitato d’incontrare Kilgharrah intorno al
1800. Era un ometto basso e magro
con un gran nasone ed
un paio di piccoli
occhialetti rotondi che sembravano essere incastrati
poco prima della gobba sul naso.
Faceva il bibliotecario e nonostante non
fosse più un drago parlava ancora ad enigmi, ma
in una maniera
o nell’altra gli
aveva spiegato che se
era ancora lì
senza sparire, senza vivere come persone
normali era perché ancora avevano da fare. Cosa
piuttosto sconfortante a parere
suo. E secondo l’ex drago era per quel
motivo che le loro
anime in una
maniera o nell’altra, qualunque
fosse il luogo in cui tornava al mondo, tornavano a
Glastonbury oppure a
Tnintagel sempre e comunque.
A detta di Kilgharrah
venivano richiamati dalla magia che
ancora risiedeva in quei luoghi.
D’altronde
nonostante il castello non esistesse più, se
non in minima parte, le foreste sparite per dare spazio ad abitazioni e
campi
ed il borgo era diventato sempre più piccolo e moderno,
Caerleon, meta
turistica o meno, rimaneva
pur sempre
Camelot la sua adorata Camelot. Ma Glastonbury
era speciale, c’erano fin troppi ricordi e non
tutti belli, il
grande lago che la
circondava secoli prima
era
sparito, riassorbito dalla terra
insieme
allo spirito di Freya , ma l’isola, ormai diventata una collina dove rimaneva
ancora qualche resto
dell’ antica religione, rimaneva pur
sempre la bella Avalon. Le nebbie
non
erano cambiate affatto, lago o non lago in inverno era quasi
impossibile
sperare in una serata senza nebbia.
E poi li
c’era la tomba di Arthur e Gwinevere.
Ogni tanto andava ancora a trovarli, su, tra i
resti dell’antica abbazia. La croce di piombo che segnava il
luogo, quella che il
fratello di Gwen aveva fatto per loro, era stata trafugata da tempo e
l’erba era cresciuta tra le
lastre
di granito che i
monaci
dell’abazia avevano messo per ricordarla,
ma l’avrebbe rintracciata
anche se si fosse
trovata in mezzo al deserto.
Il primo ragazzo
entrò in aula seguito quasi subito da un
secondo; Martin si mise composto sulla sedia e riaccese il computer.
Due ore e
sarebbe finalmente tornato a casa, non vedeva l’ora.
Piccoli appunti post
capitolo.
La
città di Caerleon
nella Galles
meridionale è
considerata assieme
aTintagel,
Viroconium,
Gateshead
e Colchester,
una delle
più probabili locazioni
di Camelot.
Per
quanto teorie dicono che Colchester
sia la più
probabile
e che il
suo nome derivi
proprio da Camelot collocherebbe la
città di re Artù
in una regione
differente da quella
descritta
nei più antichi libri che
narrano del re
e dei cavalieri della tavola rotonda.
Il
castello di Tintagel per quanto splendido e di mia
preferenza sorse solo dopo l’anno 1000 e questo lo esclude,
ahi me.
Ho
scelto, quindi, Caerleon per
i bellissimi resti del castello e dell’ anfiteatro che dicono abbia dato il via
alla leggenda della
tavola rotonda.
Google
aiuta e queste immagini potrebbero
aiutarvi. http://www.google.it/search?q=Caerleon&rls=com.microsoft:it:IE-SearchBox&oe=UTF-8&rlz=1I7RNRN_it&redir_esc=&um=1&ie=UTF-8&tbm=isch&source=og&sa=N&hl=it&tab=wi&biw=1280&bih=497
Per Avalon,invece la
scelta è stata
più razionale. E
basata su dati dalle ricerche
scientifiche.
Glastonbury durante il
periodo arturiano era davvero
sommersa quasi del tutto dalle acque
del
lago e dalle paludi
che sono state poi
riassorbite non so bene in
quel epoca.
A Glastonbury sono
legate
tantissime leggende legate anche
a santi cristiani e si
intrecciano senza problemi alle
vicende arturiane questo sito http://www.cerchinelgrano.info/glastonbury.htm
potrebbe esservi d’aiuto(anche se v’interessano i
cerchi nel grano, cosa
che li intorno
sembrano apparire
frequentemente ).
Tra
le rovine
dell’abazia c’è davvero la
presunta tomba di Artù e Ginevra, fu scoperta
durante i lavori di
ricostruzione della chiesa costruita sopra ad essa ed andata a fuoco nel XII secolo. I
muratori
scoprirono una croce tombale
di piombo su cui era inciso "Hic iacet inclitus Rex
Arturius in
insula Avalonia" (Qui nell'isola di Avalonia è sepolto il
famoso re Artù);
la croce
sfortunatamente è
andata perduta ma la
tomba esiste ancora,
è sopravvissuta alla distruzione
dell’abazia nel 1539 ed è tuttora visitabile.
Ovviamente tutto
si basa su leggende e sui riscontri che
hanno nell’epoca attuale.
Le somiglianze tra
l’isola di Avalon e Glastonbury sono parecchie e
se diamo ascolto
alla leggenda
Artù morì e fu sepolto
proprio ad Avalon. Nel
regno unito ci
sono 4 o 5 diverse presunte tombe d’Artù ma
a mio parere questa a
Glastonbury
è quella che s’avvicina di più ad
essere quella
vera.(tral’altroè stata aperta ed
all’interno sono stati trovati i resti di un uomo di 2 metri
e 40 e di una
donna dalla
lunga treccia).
Grazie
ancora per
aver letto e scusate la lunghezza
dell’appunto.
Spero in qualche
commento, anche piccolo
piccolo.
Al
prossimo capitolo , sperando di
riuscire a scriverlo appena dato l’esame
del 2 settembre.
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