Il mistero della Luna di vetro

di Fidia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Lettera da Manchester ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Prescott Scott ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Il laboratorio ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Il progetto di Emily e Prescott ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - J. W. - PARTE PRIMA ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - J. W. - PARTE SECONDA ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - Scacco del Ragno ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII - La cupola ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - La Luna tramonta ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX - Lo scheletro ***
Capitolo 11: *** Capitolo X - Acido caustico ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI – PRIMA PARTE - Amori nascosti ***
Capitolo 13: *** Capitolo XI - SECONDA PARTE - Amori nascosti ***
Capitolo 14: *** Capitolo XII - Fantasia, sogni e struggenti realtà ***
Capitolo 15: *** Capitolo XII - Liverpool ***
Capitolo 16: *** Capitolo XIII - Il cadavere ***
Capitolo 17: *** Capitolo XIV - Una donna ***
Capitolo 18: *** Capitolo XV - Tre missive ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVI - Perle di contrabbando ***
Capitolo 20: *** Capitolo XVII - Il terzo teste ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Lettera da Manchester ***


Ditemi se mi conviene continuare o meno! Grazie mille a tutti i lettori... Baci...



CAPITOLO I

La lettera

Luna Lovegood sbuffò spasmodicamente, rimettendo a posto un ciuffo dei suoi capelli fluenti con un fugace gesto della mano. La luce sfolgorante del sole, che stringeva la città in un’insopportabile morsa d’afa, trapelava attraverso le veneziane dell’ufficio, dove si muovevano con aria indaffarata alacri giornalisti. Neanche le più portentose invenzioni magiche potevano smorzare la calura che regnava all’interno della sede del Cavillo. L’aria era greve e sonnacchiosa e tutti i dipendenti dell’ufficio erano visibilmente infastiditi ed insofferenti. Qualche reporter era riuscito a strappare alla redattrice un consenso per fuggire in villeggiatura. All’idea che alcuni dei suoi impiegati se ne stessero in panciolle, comodamente sdraiati in un’affollata spiaggia del South England, Luna reprimeva a stento un sospiro di invidia. Eppure aveva sempre sognato di dirigere Il Cavillo. Come si era sbagliata, da ragazza! La vita non era neanche lontanamente semplice come l’aveva prospettata… Adesso era tenuta a stare lì, dietro quella stramaledetta scrivania. Il suo lavoro dava più delusioni che soddisfazioni. La cosa peggiore era non avere mai tempo per pensare. Ogni volta che provava a chiudere gli occhi e a mettere ordine alle idee, qualcuno la distoglieva bruscamente, riportandola alla realtà. Se la situazione era perennemente estenuante, d’estate raggiungeva livelli di insostenibilità indescrivibili. Il caldo sembrava plasmare una palpabile sensazione di noia. La sede del Cavillo era un pullulare sfibrante di fogli volanti, magicamente incantati, di voci confuse e vaghe e di gesti celeri e ipercinetici.
<< Signorina Lovegood! >>.
La voce del giornalista più capace della redazione risuonò, chiara e nitida, nel trambusto generale dell’ufficio. Luna lasciò che la sua Penna Prendiappunti scrivesse forsennatamente sul foglio di pergamena dinnanzi a lei, e sollevò lentamente lo sguardo su mister Lymstock.
Quest’ultimo era uno dei capiufficio, alle sue dipendenze da circa sette anni. Aveva più o meno la sua stessa età, possedeva una forza straordinaria, un viso bencurato e venato da lineamenti netti ma non grossolani, delle braccia nerborute, un accento scozzese e soprattutto uno spiccato fiuto per gli affari.
<< Qualcosa non va, Terence? >> gli chiese Luna, inarcando appena le sopracciglia.
<< Sono arrivati i risultati dei sondaggi delle vendite… >> rispose questi, con un tono di voce che non prometteva niente di buono. << Abbiamo venduto meno di quattrocento copie, la scorsa settimana! I profitti non hanno compensato la produzione. Rischiamo di colare a picco, di questo passo… >>.
Luna strinse le palpebre, meditabonda. Fino a qualche mese prima era riuscita a dirigere in modo magistrale il suo giornale, sfruttando tutta la sagacia affaristica che aveva scoperto di possedere. Il Cavillo era tuttora apprezzato per il suo strambo umorismo e, tempo prima, era riuscito ad acquistare un numero consistente di lettori accaniti. Le vendite avevano avuto un rialzo inaspettato ed era cresciuto il numero di abbonati. Ma, con l’avvento dell’estate, tutti gli sforzi di Luna si erano dimostrati pressoché vani.
<< Quale credi che sia la causa di questo calo di vendite? >> domandò la donna, senza abbandonare la sua aria trasognante che non palesava il minimo abbattimento.
<< Beh, >> rispose Terence Lymstock, stringendosi nelle spalle robuste, << per la verità credo che ultimamente nessuno sia riuscito a produrre articoli interessanti… >>. Luna annuì. Era la pura verità. Chissà per quale motivo, gli articoli dei giornalisti magici più apprezzati erano stati all'imrpovviso surclassati da quelli della concorrenza. La redazione aveva ricevuto molte lettere di critica negli ultimi tempi, nelle quali i lettori si dicevano molto insoddisfatti dei nuovi trafiletti pubblicati sul giornale. Luna non sapeva più come sostenere la situazione. Con l’arsura torrida che la opprimeva, non riusciva a concentrarsi. Poteva solo fare affidamento su Terence, adesso.
<< Sapresti proporre un rimedio adatto a una situazione tanto drastica? >> gli chiese infatti, con un accento stranamente ironico.
Terence si portò le mani dietro la testa e si abbandonò in balia di un relax immaginario. << Una settimana di vacanze! >> sorrise poi sarcasticamente, con piglio speranzoso.
<< Già, già… >> disse Luna, che considerava Terence la personificazione dell’intuito impeccabile. << Una settimana di vacanze! Forse è quello che ci vuole! >>.
Terence sbarrò gli occhi con meraviglia, combattuto tra il dire che non aveva parlato seriamente e il lasciare che Luna vagliasse la sua ironica proposta. Sembrava che la redattrice pensasse davvero ad una settimana di vacanze. Ma sospendere le attività era davvero la mossa giusta? Prima che Terence potesse aprire bocca, Luna si alzò, puntò la bacchetta sulle proprie labbra ed esclamò: << Sonorus! >>.
Tutti i dipendenti dell’ufficio scoccarono un’occhiata repentina nella sua direzione, in attesa che la redattrice parlasse. Ben presto la voce della donna si propagò per la stanza con l’intensità di un megafono. << Abbandonate i vostri posti di lavoro, vi è concessa una settimana di vacanza! >>.
In risposta all’inaspettata decisione ci fu una miriade di urla di assenso e dal fondo della stanza si levò un’ola.
<< Calma, calma! >> disse Terence, stringendo i denti, mentre i giornalisti si muovevano da un posto all’altro provocando una fastidiosa confusione. Luna aveva detto proprio ciò che lui desiderava, però temeva realmente che una settimana di vacanze non avrebbe fatto risollevare il giornale, che era sprofondato in un’insormontabile crisi.
Ma poi si abbandonò alla realtà. Un periodo di relax, parlando a livello personale, avrebbe fatto davvero comodo…
<< Non ho detto tutto ciò solo per farvi un piacere, >> riprese Luna con la sua solita voce blanda, abbozzando un sorriso sadico, << ma anche e soprattutto perché spero che cerchiate di trovare idee interessanti per il rilancio del Cavillo durante la sospensione dei lavori! Ritorneremo in ufficio tra sette giorni esatti! >>.
Centinaia di fogli di carta furono lanciati in aria. I cronisti erano diventati improvvisamente felici, esagitati, esaltati, impazziti. Terence, da parte sua, sembrava alquanto compiaciuto di essere riuscito ad ottenere senza il minimo sforzo una sospensione dei lavori e pareva volesse attribuirsi tutto il merito della scelta presa da Luna. I dipendenti dell’ufficio si alzarono tumultuosamente, come bambini irrequieti che lasciano i banchi di scuola. Luna e Terence osservarono tacitamente il caos della stanza. Qualcuno augurava delle buone vacanze, qualcun altro esplodeva in applausi inaspettati.
<< E’ fantastico, fantastico! >> blaterava un cronachista.
<< Non lo avevo forse previsto, Joe? >> rispondeva di rimando un altro.
Passarono pochissimi minuti e l’ufficio fu deserto.
Finalmente Terence disse: << Non dicevo certo sul serio, Luna, quando parlavo dei sette giorni di vacanza! Non credi di essere stata avventata? >>.
La redattrice scosse la testa. << Abbiamo davvero bisogno di rimettere ordine alle idee, Terence! Una vacanza è quello che ci vuole! >>.
Abbassarono velocemente le persiane della stanza, con un colpo di bacchetta ben assestato, e rassettarono le scrivanie in un lampo. Quando si chiusero alle spalle la porta dell’ufficio, ubicato al terzo piano di un moderno palazzo di Londra, Terence divenne improvvisamente nevrotico. Sfilando la chiave dalla toppa, Luna non si lasciò sfuggire il particolare atteggiamento dell’amico.
<< Cos’hai? Non sei contento? >>.
Terence annuì e rispose serenamente, pur dando l’impressione di essere all'apice dell’apprensione: << Certo che sì! In ogni caso... senti… mi chiedevo se magari ti... ti va di pranzare con me, oggi… >>.
Luna chinò la testa. Non aveva una vera abilità nel discernere dei comuni inviti da più ambigue richieste di appuntamenti amorosi. Rifiutare sarebbe stato comunque da sciocchi. Terence era un buon uomo, e stare in suo compagnia risultava a Luna tremendamente piacevole. Solo lui sapeva come tirarle su il morale quando ne aveva bisogno ed era davvero il prototipo di amico perfetto.
<< C’è un ristorantino Babbano, qui vicino… >> riprese lui, << ma se preferisci possiamo… >>.
<< No, Terence! >> rispose Luna con fermezza. << Sarebbe più comodo andare a casa mia. Ho dei ghiaccioli freschi al lampone comprati proprio ieri sera, che non vedo l’ora di mangiare… Ho bisogno di relax, e un luogo affollato come un ristorante non farebbe che darmi fastidio… >>.
Terence sembrò vagamente sbalordito dalla risposta, ma poi rispose, sorridendo amabilmente:
<< Oh, allora devo ringraziare te per l’invito! >>.
E scesero le scale, ritrovandosi così dinnanzi al portone d’ingresso dell’edificio.
Luna fu la prima a mettere piede in strada. Il clima era torrido e decine di Babbani circolavano per le vie con aria stanca. Alcuni dei giornalisti del cavillo, unitisi in crocchi, chiacchieravano sui marciapiedi. Torme di automobili sfrecciavano da un posto all’altro. L’atmosfera tipicamente londinese cozzava con la temperatura equatoriale, che non si era mai sentita nella regione. Mentre Terence gli veniva dietro a stento, Luna trotterellò fino a una traversa vicina alla sede del Cavillo e si nascose dietro un obsoleto cassonetto della spazzatura, nel luogo in cui soleva Smaterializzarsi il più delle volte, alla fine di una lunga mattina di lavoro. Dopo che il collega la raggiunse, prese delicatamente la mano di Terence tra le proprie e, senza un avvertimento previo, si Materializzò assieme all’amico dinnanzi al profilo di un’abitazione dall’aria estrosa. Finalmente a casa!
Alla tragica morte di suo padre, nove anni prima, Luna aveva venduto la casa di famiglia e si era trasferita in un sobborgo di Londra, acquistando da un mago di mezza età una dimora piccola ma confortevole. Naturalmente aveva provveduto personalmente all’arredamento, soppiantando tutti i mobili del primo proprietario con suppellettili alquanto bizzarri. Tutti i gingilli e le carabattole appartenute a Xenophilius erano state opportunamente trasportate nella nuova casa cittadina, che adesso appariva insolita quasi quanto la precedente. Le finestre, decorate con luci magiche che sfavillavano a intermittenza, erano invisibili agli occhi Babbani. Delle paraste ornamentali decoravano sobriamente la facciata della casa, e su di esse si snodavano intricate frasche di edera, che germogliavano per magia ogni giorno e appassivano ogni notte. Sull’edificio era stato naturalmente praticato un incanto di sicurezza.
Luna spinse la porta d’ingresso, mentre Terence la seguiva a ruota. La sua mente era totalmente assente, in quel momento. Dinnanzi a sé la donna vedeva solo una settimana di distensione. Forse sarebbe andata in spiaggia...
Tutti questi progetti furono spazzati via dalla sua mente quando Luna si accorse di una lettera che era stata sicuramente imbucata da un gufo e che aveva tutta l’aria di provenire da un mittente mago… Si chinò, la prese tra le mani, la scrutò con aria accigliata.
<< Su, aprila! >> la incitò Terence, che per la verità sembrava più perplesso di lei.
Luna fece scorrere le dita sulla busta, riportante la scritta “RISERVATO”, e staccò il sigillo di ceralacca che impediva l’apertura. La lettera contenuta all’interno dell’involucro aveva un’aria solenne e misteriosa e sembrava circondata da un alone oscuro.
Luna la svolse e lesse.

Carissima signorina Lovegood, assicurati che nessuno ti stia spiando prima di andare avanti nella lettura di questa lettera. Ti scrivo da Manchester, il mio nome non importa. Ho bisogno di vederti al più presto, perché devo confidarti un segreto di vitale rilevanza. Devi raggiungermi qui, nel modo che meno dia nell’occhio. Prendi un treno Babbano, e recati in Davies Road, 80, una contrada alla periferia di Manchester. Spero di vederti entro il 1^ di Agosto. L’unica cosa che ti chiedo è di fidarti. So che sei una ragazza assennata che pondera molto le proprie decisioni. Devo togliermi un peso dal cuore. A presto…

P.S. : brucia la lettera dopo la lettura


Terence esalò un respiro improvviso, scuotendo la testa con aria melodrammatica. Quando fu sicura di aver imparato l’indirizzo a memoria, Luna puntò la bacchetta sulla lettera e le diede fuoco.
<< Che strano… >> commentò poi. << Non conosco nessuno che abiti a Manchester… >>.
Visibilmente scosso, Terence deglutì. << Che assurdità, Luna, che assurdità! >>.
<< Dici che dovrei andare? >>.
L'uomo rise sguaiatamente. << Oh, certo, ti aspetta sicuramente un vecchio amico di infanzia pronto a darti ospitalità… >>.
<< Già, potrebbe essere! >> rispose Luna, con sguardo fantasticante.
Terence scosse la testa, riacquistando la sua consueta compostezza. << Non essere sciocca! Potrebbe essere una trappola! >>
<< Trappola? >> obiettò Luna sbigottita. << Ma io non ho nemici! Chi vorrebbe farmi del male? Un concorrente del Cavillo? Beh, ne dubito, visto che comunque il giornale è andato a rotoli da solo, ultimamente! >>.
Appoggiandosi al trespolo dell’ingresso, Terence lanciò uno sguardo al pianerottolo, incerto su quel che doveva dire. Quando finalmente sembrò soddisfatto dei propri pensieri, domandò con tono falsamente preoccupato: << Hai forse intenzione di andare a Manchester con un treno Babbano, sotto invito di un perfetto sconosciuto che potrebbe ucciderti? >>.
<< Perché no? >> rispose Luna, con cruccio. << Mi meravigliano i tuoi timori, Terence! Hai sempre avuto uno straordinario spirito avventuristico! Anzi, adesso che mi ci fai pensare, te ne sarei grata se venissi con me... >>.
E detto ciò ripose la sua borsetta sul treppiedi ed entrò in cucina, lasciando l’amico in preda ad un’indicibile sorpresa.
Il ragno del Destino, intanto, tesseva un incubo di ineluttabile atrocità, un incubo che avrebbe cambiato inesorabilmente la vita delle sue ignare vittime...

FINE PRIMO CAPITOLO

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Prescott Scott ***



CAPITOLO II
Prescott Scott



Il treno in partenza per Manchester raggiunse la London Liverpool Station di Londra alle otto in punto della mattina successiva. Il cielo era velato da un nembo cinerino e il sole, che il giorno precedente scintillava cocente, sembrava essersi dissolto per magia. Una lieve caligine si sollevava verso il cielo, ottenebrando a tratti lo sguardo. Luna prese posto nello scompartimento numero dieci del treno diretto a Manchester. Terence Lymstock, con un fare titubante e ansioso, la seguì facendo smorfie di dissenso. Aveva continuato a biasimare il comportamento di Luna per tutto il giorno precedente ma la donna non si era dissuasa dai suoi propositi.
<< Non posso certo restare nel dubbio! >> gli aveva detto. << E se succederà qualcosa saremo comunque armati di bacchetta per difenderci! >>.
Terence aveva ribadito che la bacchetta aiutava solo quando colui che la brandiva possedeva riflessi pronti e cognizione del pericolo, ma lei si era rifiutata di abbandonare il suo viaggio. Così il povero Terence, suo malgrado, aveva accettato con accondiscendenza di accompagnarla fino a Manchester, non tanto perché entusiasmato dall’idea dell’invito misterioso, quanto più perché intendeva tener d’occhio la sua amica, che attirava magneticamente i guai.
“Un’ingenua come te potrebbe farsi spaccare il cranio dal suo migliore amico prima di accorgersi di essere stata in compagnia di un assassino” aveva pensato, osservandola mentre mangiava compostamente il suo ghiacciolo al lampone, gli occhi persi nel vuoto.
Luna sprofondò sul sedile di destra, dopo aver spalancato il finestrino. Terence, sbuffando sonnacchiosamente, ripose la valigia nel compartimento adibito a portabagagli e si adagiò lentamente accanto a lei. La voce di una giovane donna Babbana risuonò per i binari della Liverpool Station. Il treno per Manchester era in partenza dal binario 8 ed i passeggeri erano pregati di affrettarsi a prendere posto. Tre minuti dopo, l’ordine della voce divenne perentorio. La locomotiva si gremì di gente e poi, sbuffando superbamente, partì. I palazzi mastodontici di Londra morirono in una campagna verdeggiante, che si estendeva a perdita d’occhio, come un universo infinito di rada vegetazione. Luna se ne stette silenziosamente ad osservare il panorama, mentre Terence, imprecando sottovoce, si diceva pentito di averla seguita.
“Un viaggio assolutamente insensato!” borbottava tra sé. “Come diavolo può una lettera assurda indurre una persona a partire verso una località sconosciuta?”.
L’aria di Luna sembrava assorta, immersa in un universo di soave inquietudine. Ciononostante, la donna udì perfettamente le invettive sommesse dell’amico e rispose che godersi il paesaggio era la cosa migliore da fare, in quell’istante. Terence Lymstock si strinse nelle spalle e la assecondò, tentando di mantenere la calma. Mentre il rumore continuo e monocorde del treno sui binari si faceva gradualmente più pesante, un vortice di pensieri risucchiò la dolce Luna Lovegood, che si trovò all’improvviso immersa nelle reminescenze degli anni passati. E la sua memoria ripercorse i passi che andavano verso quello stramaledetto giorno di marzo di nove anni prima, quando l’allora ventenne ragazzina dai capelli biondi aveva ricevuto la tremenda notizia della morte di suo padre. Le rimembranze dei giorni più tristi della sua vita apparivano nella mente di Luna con incredibile nitidezza, come evocate da una strana sensazione di malinconia.
Era l’inizio della primavera. Lei e suo padre abitavano ancora nei pressi di Ottery St. Catchpole.
Avevano trascorso quasi tre anni di duro lavoro per riportare la loro dimora cilindrica ai vecchi splendori, perché, in seguito alla demolizione avvenuta nel periodo immediatamente precedente alla memorabile ed epica battaglia di Hogwarts, essa era caduta letteralmente in rovina. Il corno di Erumpent aveva ridotto in cenere tutto il patrimonio familiare e Luna aveva contribuito diligentemente con il suo prezioso aiuto a ricomporre le collezioni andate perdute nel tragico incidente di qualche tempo prima. Alla fine dei lavori di ristrutturazione, padre e figlia si erano detti incredibilmente soddisfatti dei risultati ottenuti. Ma poi era accaduto l’impensabile. Già, come dimenticare quegli attimi? Erano passati solo quattro giorni da quando padre e figlia avevano finito di rinnovare la loro casa. Luna era a pescare, lo ricordava perfettamente. Completamente sola, sulla riva di un ruscello, in attesa che i pesci abboccassero. E poi una voce aveva raggiunto le sue povere orecchie, una voce tutt’altro che rassicurante.
<< Miss Lovegood! Miss Lovegood! >>.
Luna si era voltata, e aveva visto arrivare un Auror molto giovane, che si muoveva in modo inusuale per un essere umano. Era scattata in piedi e aveva chiesto all’uomo che cosa fosse successo.
<< Hanno tentato di rapinare casa sua, >> esordì quello, << e il buon vecchio Xenophilius è caduto vittima di un infarto per paura dei ladri! I furfanti sono riusciti a fuggire senza portare via nulla e… Oh, signorina Luna… Ci ha lasciati… E’ morto! >>.
Delle lacrime amare avevano rigato le guance di Luna alla tragica notizia. Poteva suo padre averla abbandonata? Poteva aver raggiunto la moglie nel regno dei più? Perché Dio l’aveva permesso?
I piagnistei e i lamenti di Luna erano finiti qualche mese dopo la morte di Xenophilius. La ragazza si era arresa all’ingiusta realtà. Coloro che avevano tentato la rapina in casa Lovegood non erano mai stati ritrovati. Ben presto, Luna aveva ereditato il posto del padre alla direzione del Cavillo ed aveva acquistato casa nei pressi della City di Londra, spostando la sede del giornale non troppo lontano dal suo nuovo soggiorno. Era riuscito a vendere la casa ristrutturata con tanto amore ad un ungherese amante delle stramberie. Prima di intraprendere la nuova carriera lavorativa, alla direzione del Cavillo, Luna si era detta: << Farò di questo giornale un fenomeno internazionale, per rendere l’ultimo tributo all’anima di mio padre… >>. E Il Cavillo era entrato in un periodo di imprevedibile prosperità. Tra casa e ufficio, Luna aveva trascorso nove lunghi anni della sua vita. E nove lunghi anni la separavano dunque dalla morte di Xenophilius. Ma il tempo non bastava a dimenticare… La ferita lasciata dal decesso di suo padre era ancora aperta e il dolore attanagliava Luna ogniqualvolta la donna chiudeva gli occhi per abbandonarsi in balìa dei ricordi.
Una brezza fresca scompigliò i suoi capelli biondi, penetrando dal finestrino spalancato. Luna si rilassò e provò a pensare alla lettera misteriosa che gli era stata inviata. Nella sua semplicità, non aveva considerato l’idea di una trappola...
“Chi mi vuole del male?” continuava a ripetersi. Era una considerazione assai sciocca quella vagliata da Terence. Sicuramente il mittente della lettera era una brava persona che aveva bisogno di aiuto. E poi, l’intuito femminile riusciva a superare di gran lunga tutti i ragionamenti degli uomini; Luna ne era fermamente convinta. La prima fermata a Birmingham occupò tre lunghe ore, in cui Terence provò invano a rilassarsi, leggendo con disinteresse una guida della città di Manchester. Ma Luna lo tormentava con sguardi preoccupanti. In che guaio l’aveva cacciato!
<< Prossima destinazione, Liverpool! >> esclamò un altoparlante Babbano ed il treno ripartì, stridendo enfaticamente.
Il sole aveva raggiunto lo zenit ed era sparito dietro le nuvole, scivolando verso ovest.
“Davies Road, 80… Davies Road, 80… Davies Road, 80…” continuava a pensare Luna, sperando di non dimenticare l’indirizzo del luogo verso cui erano diretti.
“Perché diamine il mittente della lettera doveva consigliarci di usare un treno Babbano!” si disse Terence, insofferente. “Sono maledettamente lenti, con una Passaporta o un altro mezzo controllato dal Ministero saremmo arrivati di gran lunga prima! Manchester! Puah! Non c’è città che detesti di più!”.
Liverpool apparve e scomparve in meno di mezz’ora.
L’atmosfera marittima, una volta che il treno lasciò la stazione, andò pian piano perdendosi. Vecchi edifici decrepiti e chiese dall’aspetto solenne rimpiazzarono i palazzi che prima scorrevano veloci sotto gli occhi dei passeggeri del treno. Luna si sgranchì gambe e braccia, pronta per rigettarsi a capofitto nelle sue meste meditazioni. Ma, d’improvviso, cadde addormentata…


Quando Terence la riscosse con una pacca, Luna aprì gli occhi simultaneamente.
<< Vuoi rimanere sul treno o ci diamo una mossa? >>.
<< Oh, siamo già arrivati? >> rispose la donna, ancora insonnolita. << Non me n’ero accorta! >>.
Terence scosse la testa. << Grazie tante, stavi dormendo! Tu hai bisogno di assistenze continue, Luna, chissà dove ti cacceresti se non ci fossi io! >>.
Il treno arrestò bruscamente la sua marcia e tutti i passeggeri si prepararono a scendere giù, i bagagli in spalla. Luna si alzò con pacata indolenza, provocando in Terence un fremito di irritazione. I due presero gli zaini che avevano portato con loro e si unirono al tumulto della folla che si muoveva freneticamente nella stazione di Manchester. Erano arrivati a destinazione, finalmente! Luna non si sarebbe aspettata un luogo tanto grande. Nella sua fantasia, aveva sempre immaginato Manchester come una cittadina di modeste dimensioni, un agglomerato a misura d’uomo, vivibile e tranquillo. Invece il trambusto dei tram, che andavano e venivano precipitosamente, il rumore dei trapani Babbani che rimbombavano nell’aria, spezzando il silenzio inaspettatamente, la vista dei cantieri perenni, delle impalcature che tempestavano le strade e dei palazzi svettanti contribuivano a creare una strana sensazione di caos.
<< Neanche in ufficio si è mai vista una disordine tale! >> urlò Terence, mentre tentava, in compagnia di Luna, di districarsi dalla folla e di sovrastare i rumori con la propria voce.
I bagagli della gente che popolava la stazione cozzavano l’uno contro l’altro, producendo un fastidioso rumore. Solo dopo alcuni minuti di fila estenuante i due riuscirono ad arrivare in strada, alla stazione Babbana dei taxi.
<< E adesso? >> borbottò Terence, con il tono di chi vuol dire “Te l’avevo detto che non dovevamo venire!”.
<< Adesso dobbiamo semplicemente andare in Davies Road! Non vedo quale sia il problema! >> rispose Luna.
Il clacson delle auto in corsa risuonava assordante. Alla dinamica attività degli incroci si contrapponeva la statica serenità del luogo di fermata dei taxi. Luna osservò con molta attenzione il circondario, prima di decidere quale auto avrebbero dovuto prendere. Era entrata solo poche volte in una macchina Babbana, e quando era molto piccola. Era stata un’esperienza emozionante e ripeterla non avrebbe potuto che divertirla.
Alcuni dei passeggeri che avevano viaggiato verso Manchester in compagnia di Luna e Terence si dileguarono a piedi, altri presero delle auto. In poco tempo, i due furono gli unici a rimanere al capolinea dei taxi, senza sapere cosa fare. Terence batteva i piedi per terra con insistenza, Luna contemplava estatica l’attivismo della città, pensando a come sarebbe stato vivere in una metropoli come quella. Quando Terence non poté più sopportare il peso dell’attesa, attirò l’attenzione di una donna nera, molto grassa, che entrava a fatica nella sua divisa da tassista.
<< Potrebbe darci uno strappo fino a… Luna, dove hai detto che…? >>.
<< Davies Road, 80! >> sorrise la ragazza.
La tassista fissò con le sue biglie lattiginose i due maghi. << Davies Road è a cinque chilometri da qui, quasi fuori città, e oggi il traffico è superiore alla media! Beh, mi darete una mancia extra! Saltate su! >>.
Luna e Terence, dopo essersi scambiati degli sguardi eloquenti, si accomodarono nel taxi. L’auto partì, emettendo una scia di fumo grigiastro. Il disordine della stazione fu inghiottito da una serie sterminata di case tipicamente inglesi. Manchester: ville, fontane, comignoli, chiese metropolitane; gente di ogni genere, asiatici, americani ed europei; studenti indaffarati, uomini dall’aria solenne con ventiquattrore di vernice nera.
Dopo quasi un’ora di viaggio, il taxi giunse in una viottola sterrata e ciottolosa. Abbandonata la strada maestra, la guidatrice sterzò a sinistra, in direzione di una mastodontica collina sopraelevata. La marcia dell’auto si fermò d’improvviso.
<< Ha detto numero 80? Ne è sicura? >> esclamò l’autista, guardando Luna attraverso lo specchietto retrovisore. << Questo viale si ferma al numero 62! >> Terence assunse un’espressione imperscrutabile.
<< Magari è la casa sulla collina! >> disse Luna di rimando, indicando una villetta dall’aria aristocratica che si ergeva imponente e grandiosa, come un re di indiscussa autorevolezza, sul colle vicino.
<< Beh, non posso certo salire fino a lassù! La strada è pietrosa e accidentata! >> disse la tassista.
Terence sbuffò e Luna rispose: << Non si preoccupi, scendiamo qui! Vorrà dire che risaliremo la collina a piedi e arriveremo al numero 80 senza l’auto! La ringrazio! >>.
L’autista aprì la mano, attendendo la lauta mancia che meritava, ma Terence trasse dai jeans consunti la propria bacchetta, la puntòo sulla testa della donna e sussurrò: << Oh, tu guarda che mi tocca fare! Oblivion! >>.
Luna e il collega, dopo aver chiuso le portiere del taxi, si ritrovarono a ripercorrere la salita che portava al grande cottage posto sull’altura dinnanzi a loro.
“Davies Road, 80!” pensò Luna. “Sembra un gran bel posto!”.
<< Siamo sicuri che sia quella, la casa che cerchiamo? >> chiese Terence, scettico. << La tassista ha detto che Davies Road si ferma a 62, spiegami perché quella dovrebbe avere il numero 80… >>.
<< Sento che è così! >> disse semplicemente Luna, mentre si inerpicavano sul sentiero ghiaioso.
L’immagine della villa sul poggio si fece sempre più grande e maestosa. Poco dopo aver risalito tutta la collina, Luna e Terence poterono ammirarla nella sua magnifica bellezza. Era un’abitazione dall’aspetto antico. Il tetto leggermente spiovente era tempestato di tegole chiare. Non c’erano finestre sulla facciata giallo cedro, ma solo un grande portone, dinnanzi al quale si trovavano tre gradini di alabastro. Una targhetta con una scritta era stata incastonata appena sopra la soglia.

80. DAVIES ROAD. RESIDENZA DI PRESCOTT SCOTT – Magichimico

Luna sgranò gli occhi.
“Che strano!” si disse. “Mi sembra di aver già sentito da qualche parte questo nome...”.
Alla vista della targhetta, Terence fu colto da una fifa terribile.
<< Questa casa ha un aspetto tetro, Luna! Andiamo via, per favore, andiamo via! >>.
In realtà, l’abitazione aveva poco di tetro. Erano gli effetti della luce a conferirgli un che di spettrale, ma era tutta colpa del sole che tramontava all’orizzonte. E così era quella la casa da cui era partita quella stranissima lettera.
<< Curioso! >> esclamò Luna, tentennante. << Cosa proponi di fare? Proviamo a suonare il campanello? >>. Terence si avvicinò al portone con passi incerti e ovattati. << Non ce n’è bisogno! >> disse. << La porta è aperta! >>.
Le diede una spinta, e il portone cigolò sinistramente, crepitando sui cardini.
<< Ci vorrebbe una passata d’olio! >> commentò Luna, con aria meditabonda. E si avvicinarono.
L’apertura del portone rivelò un ingresso di proporzioni straordinarie. Delle ombre strambe si inseguivano su un tappeto rosso, che, partendo dall’uscio, risaliva per delle scale dall’aspetto vetusto. Un grande specchio parietale copriva il muro di fondo. Terence fece un passo indietro quando vide la propria figura che vi si rifletteva. Delle colonnine ornamentali occupavano i posti vuoti dell’atrio. Qualche quadro dall’aspetto sobrio riempiva alcuni sprazzi anneriti delle pareti del vestibolo. All’interno della casa, una quiete spettrale…
<< C’è nessuno? >> provò a dire Luna, ma Terence le tappò immediatamente la bocca.
<< Vuoi stare zitta? >> sussurrò a bassa voce. << Stai indietro e seguimi a debita distanza, salgo per primo le scale… Se succede qualcosa, dattela a gambe! >>.
Terence avanzò e, come previsto, andò su per le scale. Luna prese alla lettera i suoi consigli. Ogni passo sembrava avvicinarli di più all’oscuro abitante della casa misteriosa. Superando il tappeto rosso, Luna e Terence giunsero sul pianerottolo del primo piano. Su di esso si estendeva un corridoio infinito, che convergeva in alcuni punti con altri anditi, formando un intricato labirinto, traboccante di porte. Terence si avvicinò alla prima che si ritrovò davanti. Era semichiusa ed un alone mistico sembrava provenire dal suo interno.
Luna stette indietro, appena oltre le scale…
“E adesso? E adesso?”.
Terence spalancò di getto la porta e piombò nella camera.
Un urlo terrorizzato si levò nel silenzio del numero 80 di Davies Road. La voce di Terence.
<< Cos’è successo, Terry? Cos’è successo? >>.
Luna si precipitò nella stanza dove un attimo prima aveva visto sparire il suo amico. Trasse un sospiro di sollievo quando lo vide lì, vivo e vegeto vicino ad un vecchio armadio e dinnanzi ad una macabra silhouette adagiata su una sedia a dondolo.
<< Quello è il nostro anfitrione, Luna! >> esclamò Terence, e additò la sagoma dell’uomo, chiaramente morto, che si dondolava lentamente sulla sedia, proprio di fronte alle tende giallastre della camera che svolazzavano tetre.
<< La finestra è aperta! Qualcuno è arrivato prima di noi! Qualcuno non voleva che incontrassimo questo fantomatico mister Scott! >>.
Luna si portò le mani ai capelli, gli occhi sbarrati e la bocca allungata in un urlo di terrore che non riuscì ad emettere…

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Il laboratorio ***


Prima del nuovo chap, eccovi un piccolo riassunto dei capitoli precedenti, per i lettori smemorati =):
- Luna, ormai sulla soglia dei trent'anni, è direttrice del Cavillo. Un giorno d'estate particolarmente afoso, concede ai suoi dipendenti una settimana di vacanze.
Tornata a casa in compagnia del giornalista Terence Lymstock, trova una misteriosa lettera nella quale un mittente ignoto la invita a recarsi a Manchester con un treno Babbano, in Davies Road, 80. Ingenuamente e nonostante le proteste di Terence, Luna accetta.
- Paritata in compagnia del collega giornalista, che alla fine si è arreso, alla volta di Manchester, Luna ripensa al suo passato ed alla morte di suo padre. Giunta a destinazione, sfrutta un taxi Babbano per recarsi in Davies Road, 80, il luogo da cui è partita la lettera recapitatale. La loro meta si rivela essere una casa dall'aria aristocratica, di proprietà di un certo mister Scott, chimico magico. Luna e Terence entrano in casa, avendo trovato la porta leggermente aperta. Ma ad aspettarli, trovano una shockante realtà: il signor Scott è accasciato su una sedia a dondolo, evidentemente vittima di un assassinio...





CAPITOLO III
Il laboratorio

Fredda, la mano, accasciata malamente sul bracciolo della dondolo, ondeggiava in tetri movimenti. E gli occhi un tempo vivi del defunto mister Scott apparivano vuoti, spenti, vacui, ma sembrava che volessero comunicare nel contempo, tramite messaggi telepatici o sottaciuti, il dramma di un uomo che affronta un’angosciosa realtà inaspettata prima di sprofondare nel cupo baratro della morte, un pozzo senza fondo, senza vie di uscita…
Luna stette ferma ad ammirare la funerea visione, in preda ad uno shock che le impediva di trarre anche il minimo respiro. Percepiva contrazioni e fitte dolorose allo stomaco. E la vista macabra di quel cadavere inerme, adagiato sulla vecchia sedia come un misero pezzo di carne, in una casa ignota di una città sconosciuta, la terrorizzava a tal punto da farle sentire i capelli incanutirsi e rizzarsi sulla testa, come in uno dei peggiori racconti dell’orrore.
Il vento gelido si insinuava dalla finestra aperta, che faceva da sfondo alla sagoma esanime di mister Scott. Le tende, in un moto perpetuo, fluttuavano pallide come fantasmi grotteschi. E Luna era lì. Aveva accettato di buon grado l’invito del Magichimico, si era recata a Manchester con un’ottimistica disposizione d’animo, e cosa aveva trovato? Nient’altro che un uomo senza vita… E adesso… adesso gli interrogativi si moltiplicavano! Cosa avrebbe voluto dirle mister Scott? Perché l’aveva convocata? Perché aveva scritto la lettera misteriosa? Ma soprattutto, perché era stato ucciso?
Ridde di domande simili si affollavano confusamente nella mente di Luna e Terence, che, sconsolati e attoniti, osservavano la creatura dinnanzi a loro.
<< E’ stato un incantesimo! Qualcuno è entrato dalla finestra e lo ha ucciso con una Maledizione… >>.
Luna annuì, chiedendosi in cuor suo chi fosse il colpevole di quel diabolico e spietato misfatto. Erano passati pochi attimi da quando avevano visto il corpo di mister Scott… All’improvviso, in una rapida successione incalzante, dei perforanti suoni ininterrotti si spansero per la casa, persistenti e invadenti come i lamenti di un corvo in punto di morte…
Terence girò su se stesso, le membra paralizzate. Luna cercò la fonte di quel segnale acustico, ma senza risultato. Scrutò il tetto, la finestra, che dava su un cavedio collocato nel lato opposto a quello per cui erano venuti, l’armadio gigantesco, le tende, la grande porta dal legno tropicale. Niente, assolutamente niente. Il suono era causato da qualcos’altro.
<< Oh, Terry! E’ insopportabile! Ma da dove proviene? >>. Luna strizzò gli occhi, concentrandosi, poi, in un moto di lampante rassegnazione, continuò, pensosa come di suo solito: << Non c’è motivo di stare qui, davanti a questo cadavere… Sarà meglio che andiamo a perlustrare la casa! >>.
<< Sarà meglio che ce ne andiamo, invece! >> ribatté Terence con aria contrita. << Questa casa ha un sistema di allarme magico ultra-sofisticato, che avverte e notifica la presenza del proprietario di casa: il suono ritmato che stiamo percependo, Luna, è il segno che gli Auror stanno arrivando… Oh, diavolo! Le forze dell’ordine magiche, puoi starne certa, sanno già che mister Scott non esiste più. Me ne intendo di allarmi, e questo è controllato senza ombra di dubbio dalla loro sede centrale. Se stiamo qui ci troveranno e saremo sbattuti ad Azkaban… Ad Akaban, capisci? Come delinquenti! Ci accuseranno di aver ucciso mister Scott, di essere venuti a Manchester per questo motivo. E noi… non avremo prove per testimoniare la nostra innocenza! Non ci potremo opporre, Luna! Sei stata sciocca a bruciare la lettera di Scott… E cosa faremo, allora? Siamo arrivati nel momento sbagliato! >>.
Tese l’orecchio al rumore dell’allarme, che sembrava perforare i timpani come un trapano. Fissò la salma del Magichimico, poi riprese: << L’assassino deve essere andato via da qualche minuto, visto che l’allarme è appena scattato… Oh, maledizione! Stanno arrivando, stanno arrivando, quanto è vero che mi chiamo Terence Lymstock…Mi dispiace per questo pover’uomo, ma non voglio andarci di mezzo, Luna! Sai come l’ho sempre pensata riguardo a questa faccenda! Mi faceva paura e adesso mi terrorizza! Ma tu sei troppo ingenua per capire in che guaio ci siamo cacciati! >>.
Luna abbassò lo sguardo sulle mattonelle del pavimento, tinte con colori gelidi e corrose dall’azione del tempo. Il suo sguardo si perse nella fitta giungla di decorazioni che lo ornava: piante su piante, rami su rami, steli, petali, frutici, tutti tracciati con precisione michelangiolesca e intrecciati con superba simmetria tra loro. Osservava quelle piastrelle come se sperasse che le suggerissero qualcosa: un provvedimento da prendere, un piano da mettere in atto o qualunque cosa potesse servire per scampare agli Auror ed al loro giudizio sicuramente errato. Ma la ferita di inquietudine che lacerava il cuore di Luna non si poteva lenire. La donna, per la prima volta nella sua vita, provava una sensazione di autentico smarrimento. Il mistero non lasciava sbocchi che facessero intravedere il minimo barlume di chiarezza. Era tutto così assurdo! E per di più era successo in soli due giorni! Quarantotto ore prima, Luna era a Londra, nella propria casa, serena come sempre. Ma adesso… adesso era lì! Era in ballo e doveva ballare! Doveva fronteggiare la realtà, che fosse semplice o difficile da superare. Se fosse fuggita, avrebbe messo in salvo sé e Terence, ma avrebbe vissuto la propria vita in un’implacabile sensazione di ansia, perché la morte di mister Scott, anzi, l’assassinio di mister Scott, sarebbe rimasto un mistero per l’eternità. Ma se avesse deciso, nonostante l’allarma, di perlustrare la casa, idea che l’aveva già sfiorata, sarebbe probabilmente caduta nelle mani degli Auror. Allora… era arrivato il momento di decidere! Libertà o verità?
“Scelgo la verità!” si disse Luna, con determinazione. “Porrò fine a questo mistero, a costo di morire ad Azkaban!”.
Uscì dalla stanza con espressione seriosa ed altera, volgendo le spalle a Terence ed al cadavere di mister Scott.
<< Dove vai, Luna? Andiamo via! >>.
Ma la donna ignorò la voce del collega e proseguì per il corridoio. Se solo avesse sceso le scale, sarebbe potuta uscire fuori con estrema celerità. Ma non poteva non trovare la chiave di quell’enigma! Doveva scoprire tutto su mister Scott e sul suo tragico omicidio…
Terence arrancò stancamente dietro l’amica, gli occhi venati di sangue e il respiro mozzato. Aveva capito che non aveva chances, aveva capito che sarebbero stati portati in carcere e processati. Ma Luna era una donna incomprensibile!
Continuò quest’ultima nel suo cammino, stavolta in una corsa disperata. Il tappeto rosso, che ricopriva elegantemente il pavimento, strusciava ad ogni suo passo. Ma quella casa, quella maledetta casa, era un labirinto! Anticamere e androni si succedevano una dopo l’altro. Come districarsi dalla fitta rete di quel dedalo?
Luna sbucò in un atrio semivuoto. Era ormai molto distante dall’ingresso. Sentiva riecheggiare da lontano i passi strascicati di Terence, che aveva perso di vista durante il percorso. Le dispiaceva lasciarlo da solo, ma doveva sbrigarsi. Forse, con un po’ di buona volontà, sarebbe riuscita a perlustrare la casa e a sfuggire agli Auror che stavano arrivando. D’altronde, quando avrebbe avuto, in futuro, la possibilità di esplorare l’abitazione di mister Scott? Probabilmente essa sarebbe stata venduta ad un ricco miliardario o addirittura demolita. E i segreti del Magichimico sarebbero andati sepolti con lui…
“Che cosa voleva dirmi quell’uomo?” ripeteva Luna tra sé, mentre proseguiva senza una meta in quell’assurdo groviglio di corridoi.
Chissà per quale motivo, sentiva come una premonizione che la spingeva a cercare qualcosa nei sotterranei. Da cosa fosse scaturita quella sensazione vaga e indefinita, Luna non sapeva dirlo. Forse era il rumore ancora presente dell’allarme a confonderla, fatto sta che il suo subconscio sembrava sussurrarle alle orecchie: << Scendi giù, scendi giù, nei sotterranei! Lì troverai le risposte che cerchi! >>.
Eppure, più andava avanti, più Luna credeva di aver sempre conosciuto quella strana casa di Manchester. Forse in un sogno, od in un incubo lontano, lei l’aveva vista, e l’aveva esplorata da cima a fondo. Ne era sicura! Nei meandri più reconditi della sua psiche erano stampate le immagini vivide di quei passaggi, di quegli anditi, di quelle anticamere, di quei corridoi, di quei vestiboli, di quelle porte color mogano. La casa di mister Scott, se da un lato appariva misteriosa e bieca, dall’altro sembrava più che familiare…
“Dove ho già visto queste immagini? Dove? Dove?”.
<< Luna! Rispondi, per carità! >>. Le parole di Terence si udivano ancora, sommesse e lontane, come richiami provenienti da un passato ancestrale. Ma Luna non poteva prestar loro attenzione. Doveva trovare i sotterranei. Sì. Quella era la sua destinazione…
E gli Auror, nel frattempo, non potevano che essere in viaggio verso la casa del signor Scott. Al solo pensiero di quel che potenzialmente sarebbe potuto succedere, Luna avvertiva già la stretta delle manette sui polsi, il dolore di un’accusa falsa, le celle strette e buie di Azkaban, le urla rauche dei prigionieri e le razioni esigue di cibo.
La donna non credette ai suoi occhi quando, al colmo dell’esasperazione, si imbatté, dopo aver sceso tre o quattro scalini sverniciati, in un’apertura con le inferriate. Era giunta in quel luogo seminascosto passando per una grande camera da letto. Attorno a lei aleggiava uno stordente odore di cloroformio, che ottenebrava i sensi. Luna capiva di essere arrivata ad un punto morto. Voltandosi all’indietro, avrebbe visto il corridoio per il quale era venuto. Alla sua destra ed alla sua sinistra si ergevano due mura decrepite, che trasudavano umidità e sulle quali scorrevano strane goccioline d’acqua piovana. Non c’erano dubbi sul fatto che si trovava sottoterra. Luna stette ad osservare la stanza buia e cupa che intravedeva tra le inferriate del passaggio dinnanzi a lei. I suoi capelli, che si muovevano a scatti insieme con il suo viso squarciato dagli affanni, erano screziati dalle luci tenui che provenivano da un grande candelabro dall’aspetto antico, sistemato proprio dietro di lei. Quei soffusi riverberi erano causa di puro terrore per la povera donna.
Luna porse l’orecchio ai rumori. Invece della voce di Terence, ormai assolutamente scomparsa, o dell’allarme, che si era automaticamente disattivato, la donna udiva uno strano gorgogliare, come di bollicine che, spaccandosi, emettevano un balordo scoppiettio. Era la sensazione che si prova davanti ad una pentola ripiena d’acqua che bolle. Non c’erano dubbi: la stanza che stava oltre le inferriate era il laboratorio chimico sotterraneo di mister Scott.
Luna trasse la bacchetta di tasca, incerta sul da farsi. Poi, spinta dall’avvicinamento degli Auror, che, probabilmente, erano già sulla collina, e armatasi di indomito coraggio, la puntò sul catenaccio che collegava le inferriate ad un gancio posto sul muro.
<< Alohomora! >>.
Ci aveva provato senza sperare in una riuscita. E invece, stranamente, il passaggio si rivelò. Le inferriate si aprirono all’improvviso, sbattendo con potenza prorompente contro la parete di sinistra, che si sgretolò in parte sotto l’azione distruggente del metallo rigido. Leggermente scossa per la riuscita del proprio incantesimo, Luna fece un passo avanti, ritrovandosi all’interno del laboratorio del Magichimico. Sì, perché ormai non c’erano dubbi sul fatto che era un laboratorio.
Le mura, all’interno della grandissima sala, erano del colore della pietra lavica. Non erano costituite da mattoni, ma da blocchi di pietra massicci. Quella camerata aveva l’aspetto di una vecchia pieve, abbandonata a sé stessa. Dal soffitto piovevano goccioloni ghiacciati, che formavano vaste pozzanghere sul pavimento irregolare. Ma ciò che più colpiva, dentro la stanza, era l’enorme tavolo marmoreo che occupava quasi un terzo dell’intero laboratorio. Luna stette ad osservarlo estatica. Su di esso si trovava un’infinità di ampolle, vasi comunicanti, fiale, involucri di vetro, recipienti dalla forma stramba e boccette, e tutti rigurgitavano strane sostanze liquide di una varietà cromatica caleidoscopica. Non c’era luce, pertanto i colori degli intrugli spiccavano come oggetti fosforescenti. Avvicinandosi al tavolo con passo attutito, Luna prese in mano uno strano attrezzo da chimico, dalla forma sferica, simile ad una luna di vetro, e se lo rigirò fra le mani. E allora il mondo parve capovolgersi…
No, adesso non c’era più alcun dubbio! Luna avrebbe potuto tagliarsi la testa se la sensazione che provava in quell’istante non avesse avuto un fondo di verità. Quello strano globo opalescente che reggeva tra le mani la attirava maledettamente, e anche se in sé non possedeva una speciale attrattiva, aveva innescato in lei una serie di reminescenze sempre più terse.
Adesso ricordava.
Una mattina d’autunno. Come aveva fatto a non pensarci prima? Era ancora una bambina, molto, molto giovane. Forse seduta sul seggiolone di casa Lovegood. Il viso grassoccio di mister Scott era guizzato di sorpresa dinnanzi a lei. Sì, mister Scott, il misterioso Magichimico. Bastava chiudere gli occhi, e la piccola Luna era lì, e osservava l’uomo con sguardo curioso. Era lui. Lo aveva già visto.
Nel frangente che stava approssimativamente ricordando, Scott reggeva in mano lo stesso strano uovo sferico che adesso Luna aveva trovato nel laboratorio. Quel globo aveva attirato anche l’attenzione della Luna-bambina, desiderosa di sapere.
<< Papà, papà, cos’è quel rotondo? Cos’è quel rotondo? >> aveva balbettato con avidità.
Xenophilius non aveva risposto, si era limitato a scuotere la chioma bionda e a roteare gli occhi strabici. Ma mister Scott non aveva ignorato l’interesse della piccola Luna. Si era voltato verso di lei, aveva alzato la mano e aveva detto: << Piccola, questo è un rotondo molto, molto pericoloso, con cui non si deve assolutamente scherzare! >>.


Luna ripiombò nella realtà. Nonostante quelle vaghe rimembranze, era più confusa di prima. Dunque, da piccina, aveva già conosciuto il Magichimico? Aveva già visto quella sfera iridescente?
Sentì la testa scoppiare. Quel mistero non aveva senso: un invito enigmatico, un assassinio da capogiro, un laboratorio sotterraneo, una strana luna di vetro che aveva visto in età infantile… Ma non c’era tempo per pensare. Gli Auror si stavano avvicinando. Luna intascò il globo vitreo e proseguì nell’esplorazione del laboratorio, cercando di mettere da parte i ricordi che la tormentavano…
Dedicò tutta la sua attenzione ad una miscela fumosa che sembrava essere stata abbandonata da poco tempo sul tavolo.
Dava le spalle alle inferriate quando sentì una mano gelida e maleodorante tappargli la bocca all’improvviso…

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Il progetto di Emily e Prescott ***



Prima del nuovo chap, eccovi ancora una volta il riassunto dei capitoli precedenti. Vi servirà per rispolverare... ;)

Chap 1. - Luna, ormai sulla soglia dei trent'anni, è direttrice del Cavillo. Un giorno d'estate particolarmente afoso, concede ai suoi dipendenti una settimana di vacanze. Tornata a casa in compagnia del giornalista Terence Lymstock, trova una misteriosa lettera nella quale un emittente ignoto la invita a recarsi a Manchester con un treno Babbano, in Davies Road, 80. Ingenuamente e nonostante le proteste di Terence, Luna accetta.

Chap 2. - Paritata in compagnia del collega giornalista, che alla fine si è arreso, alla volta di Manchester, Luna ripensa al suo passato ed alla morte di suo padre. Giunta a destinazione, sfrutta un taxi Babbano per recarsi in Davies Road, 80, il luogo da cui è partita la lettera recapitatale. La loro meta si rivela essere una casa dall'aria aristocratica, di proprietà di un certo mister Scott, chimico magico. Luna e Terence entrano in casa, avendo trovato la porta leggermente aperta. Ma ad aspettarli, trovano una shockante realtà: il signor Scott è accasciato su una sedia a dondolo, evidentemente vittima di un assassinio...

Chap 3. - Luna, nonostante gli Auror stiano per arrivare, decide di lasciare solo Terence e di esplorare la casa di Scott. Scesa nei sotterranei, viene assalita dalla sensazione di aver visto la casa del Magichimico da qualche parte. Le immagini dei corridoi sono impresse nella sua immaginazione indelebilmente. Luna giunge, completamente sola, nel laboratorio del signor Scott. Su un lungo tavolo, trova una sfera opalescente, simile ad una luna di vetro. Incuriosita, la mette in tasca, con l'intenzione di studiarla successivamente. All'improvviso, sente una mano gelida serrarle la bocca...



CAPITOLO IV
Il progetto di Emily e Prescott

Luna sentì il volto paralizzarsi in una smorfia d’orrore. Cinque dita tozze le torcevano la bocca, mentre delle altre, piantate con fermezza sulla sua gola, sembravano strozzarla. Era sul punto di morire asfissiata quando si rese conto che il forte odore che le annebbiava i sensi era simile a quello dello zolfo. Provò a dimenarsi, a sfuggire alla stretta della mano misteriosa, ma, purtroppo, svincolarsi si rivelò più difficile del previsto. E poi, quando tutto sembrava perduto, una voce ben scandita si spanse sommessamente per il laboratorio, calda e rassicurante come il fuoco di un camino in un inverno polare.
<< Non… voglio… farle… del… male! Stia… ferma! Andrà… tutto… bene… >>.
Il cuore di Luna si contrasse bruscamente e la donna soppesò le parole udite. Tre attimi dopo, un rumore appena fuori dalle inferriate della camera rimbalzò da una parete all’altra e la luce di una torcia inondò il muro di pietra.
<< Qui non c’è nessuno! >> pronunciò un uomo dalla voce autorevole. << Possiamo andare, Mike! Ringraziamo il Cielo che non ci abbiano teso un agguato! >>.
Passi di uomini che si allontanavano, quindi di nuovo il silenzio. E poi, Luna si ritrovò libera dalla morsa gelata dell’ignota mano. Stanca delle proprie perplessità, senza pensarci un attimo, si voltò.
Davanti a sé vide l’ultima persona al mondo che si sarebbe aspettata di incontrare in un contesto tanto drammatico: un ometto basso ed esile, con un bonario viso rotondo, un naso goffo e bitorzoluto e dei capelli con una riga al centro, ordinatamente pettinati all’indietro, che conferivano all’intero volto un aspetto vetusto. Per un attimo, Luna avrebbe giurato di trovarsi dinnanzi ad un Gernumblo Gardense o ad un vampiro proveniente dalla lontana Transilvania. Ma poi, osservando meglio il suo aggressore, si rese conto che era a tutti gli effetti un uomo in carne e ossa.
<< Se ne sono andati! >> lo sentì esclamare all’improvviso.
<< Se ne sono andati? >> ripeté Luna stranita, arricciando le sopracciglia in un’espressione che non le si addiceva. << Ma di chi parla? E chi è lei? >>.
L’ometto le tese titubante la stessa mano pestilenziale che fino a qualche attimo prima asserragliava la sua bocca.
<< Il mio nome è Jonathan Hamilton, >> disse, << sono l’assistente chimico di mister Scott! >>.
Luna sbarrò gli occhi. << E lei pretenda che io creda a queste sciocchezze? Mi sottovaluta! Beh, dunque… mi è dato di sapere perché ha tentato di uccidermi? >>.
<< Ucciderla? >> rispose l’ometto, indietreggiando con atteggiamento indignato e contestando con taciti messaggi lo scetticismo ironico della sua interlocutrice. << Non ci pensavo nemmeno! Intendevo proteggerla, piuttosto! Possibili che non se ne sia resa conto, signorina Lovegood? Gli Auror erano scesi quaggiù, stavano perlustrando la casa in cerca di lei! >>.
<< In cerca di me? >>.
<< Ma sì, ma sì! >> ribatté mister Hamilton, sull’orlo dell’esasperazione. << Credevo che fosse più perspicace, diamine! Non ha forse capito che la casa è collegata ad un allarme magico, che ha avvertito direttamente i dipendenti della centrale operativa di Manchester poco dopo la morte di mister Scott? Una sfilza di Auror è venuta qui a controllare come stessero le cose! Hanno scoperto che Scott era stato ucciso in circostanze misteriose! >>.
Nella stanza calò di nuovo una quiete spettrale. Per un attimo, Luna aveva dimenticato del tutto l’assassinio del Magichimico. Rivolse gli occhi al tavolo bislungo del laboratorio, i cui margini, nella semioscurità, apparivano indistinti e inconsistenti, come il tessuto dei ricordi. Jonathan Hamilton spezzò ancora una volta il silenzio, come se provasse il patologico bisogno di ascoltare anche il minimo mormorio che troncasse l’inquietante assenza di rumori. << Provavo solo ad aiutare lei, ripeto! Se avesse continuato ad aggirarsi testardamente nel laboratorio, gli Auror avrebbero sentito i suoi passi! Li ha uditi parlare, un minuto fa, o sbaglio? Oh, me misero, me tapino! Guarda un po’ che mi tocca sentire dopo un atto di riconoscenza! >>.
Luna chinò lo sguardo. << Qualche momento fa non l’avrei definito un galante salvataggio, ma adesso… >>. Chiuse gli occhi, nel tentativo di completare la frase, quando un pensiero guizzante le balenò in mente, spiazzandola. << Oh, santo cielo! Terence! Dov’è finito Terence? >>.
Jonathan Hamilton scosse la testa con aria compunta. << Ho una cattiva notizia a riguardo… Gli Auror lo hanno sorpreso di sopra, per i corridoi! Ha tentato di dire che era innocente, ma, com’era prevedibile, non gli hanno creduto! Maledetta burocrazia magica! Hanno bisogno di un capro espiatorio, ecco, perciò hanno fatto quel che hanno fatto… Oh, signorina Lovegood, mi dispiace… Purtroppo lo hanno portato via! >>.
Dentro le mura un’inesistente spirito satanico parve ridestarsi da un sonno millenario e Luna, con l’intero apparato sensoriale in subbuglio per quella dolorosa rivelazione, lo sentì sogghignare sarcasticamente ed esclamare tra tetre risate: << Gli hai detto addio, Luna Lovegood, gli hai detto addio! >>.
Luna non si raccapezzò immediatamente. Confusa e sconcertata, ripeté meccanicamente: << Po-portato via? Signor Hamilton, lei… Non dirà certo sul serio? >>.
L’assistente parve spazientirsi. Sollevò il capo e sbuffò in direzione del soffitto umido. << Lo so che siete innocenti, maledizione, vi ho sentito parlare nella stanza di Prescott, poco fa! Me tapino! Non mi attribuisca la colpa della vostra sfortuna! Lo so che il suo amico è stato catturato anche se non ha commesso alcun delitto. Lo so, e mi dispiace, per la verità! Ma, che mi giudichi insensibile o scostante, non posso farci niente! >>.
Inaspettatamente, Luna sentì affiorare delle lacrime sulle palpebre rigonfie. Sapeva di essere la causa di quella madornale ingiustizia. Se solo non avesse spinto Terence a seguirla sino a Manchester, se solo non avesse deciso di sospendere per una settimana i lavori del Cavillo, se solo avesse gettato nell’immondizia la lettera di Scott…
“Oh, Terence, dove sei?”.
Adesso, se lo figurava già dietro le sbarre di Azkaban, a gemere con il viso pallido e ombroso che estrinsecava una sincera tristezza. Lo vedeva lì, solo e pensieroso, come un uccello solitario, lontano dal suo nido…
In un moto di fiducia, Luna si disse che non avrebbe dovuto piangere. Non lo faceva da chissà quanti anni… E poi, le avevano insegnato, quando era piccola, che il lume dell’ottimismo non si spegne mai… Avrebbe trovato il modo di rimediare, doveva solo crederci. Ci sarebbe stato un processo, forse, e… ma perché non riusciva a reprimere le lacrime? Probabilmente, dovette riconoscere con rammarico, solo ora si rendeva conto di quanto Terence fosse importante per lei…
<< Stendiamo un velo pietoso sull’accaduto, signorina Lovegood! >> la consolò benevolmente Hamilton. << Avrà modo di riparare nei giorni a venire! Ma adesso mi segua fino in soffitta… Le racconterò ciò che mister Scott avrebbe voluto dirle, se, ahimé, non fosse stato ucciso, come d’altronde mi aspettavo che succedesse… >>.

Nella notte si innalzavano lugubri echi, di gufi che volavano da un albero all’altro e, frullando con lei ali, emettevano grida infauste. Il canto armonioso di alcune cicale solitarie riempiva l’atmosfera buia e silenziosa della collina. La casa del defunto mister Scott era un abisso di oscurità.
Mister Hamilton condusse Luna su per le scale. Attraversarono corridoi lunghi e sinistri, sulle cui pareti sfavillavano delle tremolanti lucerne. Ebbero modo di osservare, nel loro interminabile percorso verso il sottotetto, un’inenarrabile miriade di quadri e ritratti, rappresentanti alchimisti di età antiche.
Passata appena la mezzanotte, giunsero nell’ampia soffitta della villa. Contemplando una grande finestra parietale, Luna si disse che, di giorno, quando i raggi del sole la tinteggiavano con una sfumatura chiara, quella stanza doveva essere una vera meraviglia.
Si accomodarono in mezzo ad un mucchio di cianfrusaglie. Mister Hamilton sedette su un pouf rosso, Luna preferì accomodarsi sul parquet, come se lo stare scomoda avesse potuto riparare in parte al danno che, a causa della sua morbosa curiosità bambinesca, aveva arrecato al povero Terence.
<< La prego di distogliere la mente dai suoi pensieri, signorina Lovegood! So che la faccenda del suo amico è tremendamente ingiusta, ma ho tantissime cose da dirle e, mi perdoni se uso questo termine, esigerei la massima attenzione! >>.
Luna si riscosse improvvisamente, tirando su col naso.
<< Non è niente, non è niente! >> mormorò, e si terse un’amareggiante goccia di pianto.
Con imperterrita impassibilità, mister Hamilton riprese: << L’ho portata qui perché non è escluso che gli Auror ritornino per un sopralluogo, questa notte stessa! Sono sicuro che le ricerche della polizia magica saranno effettuate a partire dal laboratorio. Quindi avremo più tempo per fuggire qualora gli uomini delle forze dell’ordine dovessero far ritorno qui! Sarebbe terribile essere sbattuti in prigione quando siamo noi stessi le vittime di un piano assurdo! Innanzitutto, so che né lei né il suo amico avete ucciso il signor Scott! E le assicuro, con tutta la mia sincerità, che neanche io ho a che fare con questa terribile faccenda! E’ libera di credermi o no! Tuttavia, come ha potuto notare, non sono molto stupito o meravigliato per quel che è successo! >>.
Luna strizzò gli occhi, evidentemente stravolta. << E’ come se l’omicidio di un uomo fosse all’ordine del giorno, per lei… >>.
<< Non che non lo è, signorina Lovegood! >> esclamò Mister Hamilton. << Però devo dirle tutto ciò che so, pertanto… sapevo che qualcuno tramava contro il mio collega! Sapevo che qualcuno intendeva ucciderlo! Ormai ci eravamo entrambi rassegnati a questa realtà! “E’ solo questione di tempo, prima che mi facciano fuori” diceva sempre mister Scott. E io ribattevo che non era vero, che doveva solo essere un tantino più ottimista. Ma in cuor mio ero tutt’altro che convinto delle mie parole… Lo avrebbero fatto fuori, era la verità! >>.
Dopo aver scoccato un’occhiata repentina al manto plumbeo, sul quale la luna spiccava simile ad un diamante prezioso, Luna si rannicchiò, cingendo le ginocchia con le braccia. << Ma perché? Perché lo avrebbero fatto fuori? E perché mister Scott voleva vedermi? E come sapevate che… >>.
<< Calma, signorina Lovegood! Le dirò tutto! >> rispose pacatamente mister Hamilton.
<< Ma, prima di iniziare, vorrei chiederle se sa quale fosse il lavoro di sua madre… >>.
<< Il lavoro di mia madre? >> ripeté Luna. << Ma che importanza può… >>.
<< Lo sa, sì o no? >>.
<< Beh, era una casalinga, e adorava fare… >>.
<< Mi permetto di contraddirla! >> esclamò l’assistente di Scott, interrompendola. << Sua madre, anche se lavorava in incognito per conto dello stato magico, era una delle più grandi Magichimiche della storia! Emily Fawcett, si chiamava da celibe… Poi Emily Lovegood, una volta che ebbe sposato il buon vecchio Xeno! >>.
Luna aggrottò la fronte. << Mia madre? Una Magichimica? Dice sul serio? >>.
Non aveva mai immaginato un’assurdità simile. Come poteva una donna dai capelli biondi che arrivavano appena alla nuca, dallo sguardo soave e ingenuo, dai lineamenti somatici leggeri e dal portamento regale avere a che fare con una scienza pratica e complicata come la chimica? No, non era possibile…
<< Le sembro uno che sta scherzando? >>.
<< Ma, se ciò che lei dice sul conto di mia madre avesse un fondo di verità, perché non mi è mai stato detto nulla di tutto ciò, neanche dopo la sua morte? >>.
<< Le orecchie, signorina Lovegood! Tenga bene aperte le orecchie! >> rispose mister Hamilton. << Emily Lovegood lavorava in incognito, le ho detto! >>.
Rispose tetro l’urlo di una civetta, appollaiata tra i rami di un frassino, sul poggio.
<< Aspetti un attimo! >> continuò Luna, scossa da un fremito che le percorreva la schiena.
<< Cosa c’entra mia madre con tutta questa faccenda? >>.
<< Il signor Scott e la signora Lovegood, >> disse Hamilton, << lavoravano in cooperazione, nei tempi che furono! Quand’era molto piccola, signorina Luna, lei e i suoi genitori venivate molto spesso qui a Manchester! Ma forse non lo ricorda più, oramai, non è così? >>. Le tessere che componevano il misterioso puzzle dei ricordi di Luna ritornarono improvvisamente al proprio posto. Ma certo! Adesso che la luce di una prova tangibile era stata gettata sulle sue confuse rimembranze, tutto appariva lapalissiano e cristallino.
Quanti anni erano passati? Venticinque? Forse più… La piccola Luna camminava lungo il sentiero della collina, su cui si ergeva l’abitazione di mister Scott. Dava una mano a sua madre e chiedeva, con l’insistenza comune a tutti i bambini, quale fosse la meta del loro lungo viaggio segreto. Ma nessuno le rispondeva. Era tutto così strano! E ancora, a distanza di decenni, nel suo inconscio erano impresse le immagini di quella casa misteriosa! Prescott Scott, Emily Lovegood… Adesso ricordava…
<< Mia madre morì in un incidente... mi ricordo ancora! >> esclamò Luna improvvisamente, come illuminata. << Aveva un calderone di Pozioni, e fu scaraventata via dalla forza distruttiva di un esperimento andato male… >>.
<< Già, già! >> rispose Hamilton. << Era una brava donna, lei! Una gran signora! Dunque si ricorda ancora… Morì mentre lavorava ad un misterioso progetto chimico intrapreso da tempo con mister Scott, sa… >>.
Luna poggiò la mano sul mento e prese a rimuginare. Un turbine di sensazioni contrastanti le affollavano la mente. Da un lato il peso dei ricordi, la nostalgia, la mestizia, dall’altro l’angoscia provocata dall’assassinio di Scott, dalla cattura ingiusta di Terence… Quasi a voler scacciare tutti i pensieri opprimenti, la donna domandò:
<< Che tipo di progetto era quello a cui mia madre e mister Scott lavoravano? >>. Hamilton trasse di tasca, senza alcun preavviso, una pipa obsoleta. Se la infilò in bocca e cominciò a fumare, con sguardo serioso. Delle nuvolette di caligine si sollevavano in aria.
<< Oh, cara signorina Lovegood, se solo lo sapessi… >>.
<< Vuole dire che non sa di cosa si occupava mister Scott? >>.
<< E’ così! >> confermò l’ometto. << Anche in qualità di assistente, non sapevo mai a quali progetti mister Scott lavorava! Fui ingaggiato sin da principio per adempiere al compito di procurare a mister Scott ed Emily Lovegood dei materiali e dei veleni ben precisi, che andavano studiati! Ma non mi dissero mai cosa cercavano! >>.
<< Beh, in ogni caso, >> disse Luna, << per quale motivo Scott voleva parlarmi dovrebbe saperlo. Mi sbaglio, forse? >>.
Hamilton scosse la testa. << Lo so, lo so… Ma solo approssimativamente… Mi aveva detto che, prima che lo uccidessero, aveva intenzione di consegnarle un oggetto da custodire gelosamente… Un oggetto di vitale importanza… >>.
La bocca di Luna si aprì, in un’espressione di pura meraviglia. << Un oggetto? E lei sa di che si tratta? >>.
L’assistente di Scott annuì. << Ma il fatto è che lo ha già in tasca, signorina Lovegood! Ho visto che, poco fa, quando si aggirava in laboratorio, ha trovato una strana sfera… >>.
La donna si ricordò improvvisamente della luna di vetro traslucido che aveva trovato sul tavolo del laboratorio. La tirò fuori dalla tasca e la esaminò con cura.
<< Che cos’è, con esattezza? >>.
Hamilton si strinse nelle spalle. << Non faccia tante domande, signorina! Tutto quello che so gliel’ho detto, o quasi tutto: Emily Lovegood, prima di morire, lavorava con Scott ad un progetto strambo, di cui io non sapevo un bel niente! E adesso, immaginando già il suo assassinio, mister Scott voleva vedere lei, Luna Lovegood, per affidarle questo globo! Ecco tutto! >>.
<< Aspetti, aspetti, credo di essermi persa qualcosa! >> disse Luna, passandosi la luna di vetro da una mano all’altra. << Per quale motivo voleva che proprio io possedessi questa sfera? >>.
Mister Hamilton non rispose. << Forse si fidava di lei! Fatto sta che qualche giorno fa, quando mi fece scrivere la lettera da spedirle a Londra, disse: “Se per caso Luna Lovegood dovesse arrivare quando io sarò già stato ucciso, sarai tu, Jonathan, a dirle la verità sul mestiere di sua madre, ed a consegnarle la piccola sfera di cristallo che si trova sul tavolo del mio laboratorio…”. Tutte le mie domande furono liquidate da muti accenni al silenzio! >>.
Una folata di vento fece frusciare macabramente le foglie di un albero vicino. Luna tentò di capire quale fosse l’importanza del globo di vetro che reggeva in mano, poi, sollevando la testa e facendo ondeggiare i capelli biondi, domandò: << Può dirmi, allora, come sapevate che qualcuno intendeva uccidere mister Scott? >>.
<< Un associazione criminale magica, >> disse Hamilton, << tramava già da tempo contro di lui! Quando mister Scott lavorava con la signora Emily Lovegood, la malavita sapeva già che si occupavano di qualcosa di allettante. Credo che, da quanto ho capito, dei malviventi intendessero a tutti i costi impossessarsi di quella luna di vetro che adesso lei regge in mano, signorina Lovegood! Non so perché, ma credo che sia così! Naturalmente Prescott non diede mai la luna di vetro in mano ai delinquenti! Perciò è stato ucciso… Per vendetta… Perché non aveva ubbidito agli ordini delle lettere minatorie spedite con frequenza dai suddetti farabutti! E, forse, avrebbero ucciso anche sua madre se non fosse morta per quell’accidente… >>.
<< Quest’oggetto è davvero tanto prezioso? >> disse Luna più a se stessa che al vice del Magichimico, osservando la sfera.
Hamilton spense la pipa. << C’è un’altra cosa che devo dirle… Volevo aspettare un po’, prima di procurarle quest’ulteriore shock! >>.
<< Uno shock? >> ripeté Luna. << Che tipo di shock? >>.
<< Quella luna di vetro, >> disse Hamilton, << un tempo era custodita in casa vostra. Sottochiave, in una cassaforte! Solo successivamente fu ceduta a mister Scott. Prima si pensava che casa Lovegood fosse il luogo più adatto per nasconderla! Nessun malvivente avrebbe mai pensato di trovarla lì… L’avrebbero cercata alla Gringott, o da qualche altra parte. Ma non certo in una casetta su un prato! Ma le notizie, si sa, vengono sempre scoperte. Pertanto l’associazione criminale seppe che si trovava lì, e minacciò suo padre, Xenophilius Lovegood, costringendolo a cedere la sfera! Terrorizzato, quest’ultimo venne da mister Scott. “Non voglio più tenerla in casa!” gli disse. Così Scott ne divenne il tutore. Prese la sfera e la nascose qui. Ma l’associazione criminale non sapeva di questo trasloco. Perciò, un giorno di parecchi anni fa, alcuni malviventi si recarono in casa Lovegood. Credo che ricordi… Andavano alla ricerca della sfera di vetro. Non erano semplici rapinatori… Erano chimici malvagi… Ma, per fortuna, non trovarono ciò che cercavano. Probabilmente imposero al buon vecchio Xeno di rivelare il nascondiglio della sfera. Ma lui, certamente, non parlò. Teneva fede al giuramento fatto a Scott. Anche se un po’ fifone, era un buon uomo. E, per questo motivo, perse la vita… >>.
<< Per lo spavento… >> commentò Luna, abbattuta.
<< Per omicidio! >> la corresse Hamilton, e tutto tacque, fuorché il suono malinconico del vento che impazzava sulla collina di Manchester.

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Capitolo 5
*** Capitolo V - J. W. - PARTE PRIMA ***



Rispondo prima di tutto ad alcune recensioni =) Scusate se non sono stato molto chiaro nel capitolo precedente, c'erano tante cose da dire in un solo capitolo. La voce dello spirito satanico che Luna crede di sentire non è altro che la sua angoscia, anche se non è esplicitato nel testo. E' una sensazione quasi personificata.
PS: Sono uno ragazzo (ma capisco che il nick è ambiguo e può lasciare adito a perplessità). Perciò non do molto risalto alle sensazioni. Preferisco dedicare più attenzione alla trama in sé, agli eventi, ai colpi di scena (ne vedrete moltissimi, quindi se vi va potete formulare ipotesi assurde, perché probabilmente corrispondo alla verità dei fatti ;)).
E' semplicemente la FF che mi piacerebbe leggere. Ringrazio sentitamente tutti coloro che scrivono i propri pareri. Mi aiutano a migliorare!
Buona lettura!


CAPITOLO V – PRIMA PARTE
J. W.

Mentre continue raffiche d’aria ululavano cupe tra gli spifferi della finestra parietale, Luna ripensò a suo padre. Dopo la rivelazione di Hamilton, la sua visione di Xenophilius era cambiata: chiudendo gli occhi, scorgeva adesso un uomo eroico e intrepido, un cavaliere audace che affronta a testa alta il nemico in campo di battaglia. Xenophilius Lovegood, l’uomo dai capelli candidi, dallo sguardo bizzarro, dagli atteggiamenti insoliti ma ricchi di savoir faire; Xenophilius Lovegood, suo padre, colui che per anni l’aveva custodita nella piccola casa a cilindro, nei pressi di Ottery St. Catchpole, colui che le aveva dato amore ed affetto, donandole dei momenti di gioia; Xenophilius Lovegood, la vittima di un piano malefico... Quale sconforto si levava nel cuore della piccola sognatrice, adesso che conosceva la verità sulla morte di suo padre! Al peso del dolore si aggiungeva quello del rimorso, più greve, più insopportabile. Se solo non fosse andata a pescare, quel triste giorno di Marzo… Se solo fosse stata a casa, accanto a suo padre… Se solo non l’avesse abbandonato, proprio mentre degli uomini senza scrupoli macchinavano un insensato omicidio… Se solo…
Ed ora, a distanza di anni, Luna era lì, di notte, in quella sperduta casa di Manchester, a chiedersi se sarebbe stato meglio conoscere l’amara verità o vivere in una felice inconsapevolezza. Seduta sul parquet della soffitta, dinnanzi ad un ometto capelluto, teneva in mano ciò per cui gli assassini di suo padre avevano tanto faticato: una piccola, vuota, banale luna di vetro.
<< Sarà meglio che trovi un alloggio per domani, miss Luna! >> disse Hamilton, rialzandosi dal pouf sul quale si era seduto. << Manchester è troppo affollata, e lei potrebbe dare nell’occhio. Oltretutto è meglio allontanarsi il più possibile da questa casa. Gli Auror cercheranno me, può scommetterci, perché quando leggeranno il testamento di Scott vi troveranno scritto anche il mio nome. Inutile che faccia il fuggiasco, potrebbero scambiarmi per un assassino, e non voglio avere grane. Meglio consegnarsi direttamente alla polizia, pronunciare un alibi ed essere congedato! Se cercassi un nascondiglio, sospetterebbero di me. Ma lei, signorina Luna, può trovare un luogo sicuro nel quale alloggiare, in attesa di tornare a Londra. Posso darle uno strappo attraverso la brughiera, in direzione del villaggio di Randywick. Lì troverà un alberghetto magico molto confortevole. Saranno quattro ore di strada a piedi… Ne approfitteremo per fare una passeggiata, ci aiuterà a riflettere. Qualora ci annoiassimo, potremo utilizzare una Materializzazione Congiunta! Ma credo che il cammino le piacerà… >>.
Luna si resse in piedi, spazzolò i propri pantaloni con un gesto frugale, per liberarli dalla polvere, e congiunse le mani. << Quando crede sia meglio che riparta per Londra? >>.
<< Lasci calmare le acque! >> disse Hamilton, mentre si avviavano verso le scale. << C’è la possibilità che il suo amico Terence venga scagionato dopo il primo interrogatorio, che suppongo verrà fatto domattina! Sia ottimista, miss Lovegood! Oh, per Giove! E’ quasi l’una, sarà meglio incamminarci! >>.
Il buio della notte conferiva al cielo plumbeo un che di spettrale. Le stelle erano occultate da alcune nuvole, foriere di tempesta. Mister Hamilton e Luna uscirono di soppiatto fuori dall’abitazione sul poggio. Con un tonfo possente, il portone d’ingresso della casa di mister Scott si chiuse, ed Hamilton rigirò la chiave nella toppa. Poi si voltarono verso il sentiero che Luna e Terence, ignari di quel che sarebbe successo, avevano percorso la sera prima.
Ridiscesero in silenzio la collina. Mister Hamilton, nonostante l’età, si muoveva con una certa scaltrezza, sgusciando tra gli alberi con incredibile rapidità. Luna era un po’ più angustiata e incerta. Si sentiva nelle mani di un futuro incerto e sapeva, nel più profondo del suo cuore, che i giorni a venire non sarebbero stati dei più semplici. Ripensando alla sua famiglia, ad un giorno qualsiasi di tanti anni prima, sentiva come una sferzata dolorosa al cuore. Quella notte era stata troppo movimentata e non aveva avuto il tempo di mettere ordine alle idee.
Da bambina, Luna non era mai riuscita ad immaginarsi adulta con realismo. Nel suo microcosmo interiore, aveva sempre ricreato con la forza della mente un futuro favoloso.
Ma la realtà era ben diversa. Il tempo trascorreva inesorabile. Come in un ciclo continuo, gli anni passavano, travolgendosi con intensità parossistica. Era come se un uragano sopraggiungesse sempre al momento sbagliato, per attirare a sé i giorni più belli della sua vita. Ma cosa sarebbe successo se un giorno Luna si fosse fermata, a guardare il passato? Cosa sarebbe successo se si fosse lasciata trasportare dai ricordi? L’uragano del tempo avrebbe inghiottito anche lei?
Le luci della città di Manchester risplendevano in lontananza. Una volta raggiunti i piedi del poggio, mister Hamilton e Luna si imboscarono in una fitta selva.
<< Randywick è un villaggetto minuscolo, le piacerà! >> disse l’uomo, scostando con la mano un groviglio di rami per aprirsi un varco attraverso una siepe. << Da quanto mi ricordo lei è una ragazza molto romantica… >>.
Luna annuì mestamente.
Proseguirono verso il cuore della brughiera. Anche nelle tenebre notturne il colore dell’erica spiccava lungo la steppa. Luna osservò il muschio sulle pietre. Si stavano dirigendo verso nord.
Dopo circa mezz’ora di cammino nella landa solitaria, il paesaggio mutò radicalmente. Il clima si faceva sempre più rigido, segno che stavano salendo anche in altitudine. A volte si ritrovavano dinnanzi al profilo di una cittadina sobriamente illuminata. Alcune fattorie sorgevano disseminate di qua e di là. Luna pensò che sarebbe stato tremendamente piacevole bere un po’ di latte fresco, ma non potevano fermarsi, per di più in piena notte. Mister Hamilton doveva tornare presto indietro. Secondo le sue previsioni, Randywick sarebbe apparso ai loro occhi prima delle luci dell’alba.
Luna si sedette, esausta, sul bordo di una fontana. Mister Hamilton si terse il sudore e respirarono l’aria salubre. Il rumore dell’acqua, che scorreva probabilmente in qualche ruscello vicino, riempiva l’aria con una nota nostalgica. L’odore dei fiori estivi saturava l’atmosfera. Il caldo di Londra non era che un ricordo lontano, ormai. Era impossibile non sentirsi un tutt’uno con la natura. L’atmosfera fresca, il cielo scuro, il volo di alcuni passeri solitari, nella notte... In lontananza, qualche vago suono metropolitano.
Rimettendosi in viaggio, superarono alture di ogni genere. Era strabiliante osservare la varietà di colori che il paesaggio offriva. A volte si imbattevano in campanili solitari o in pievi abbandonate, o scovavano grotte buie piene di pipistrelli addormentati. La quiete che la circondava, rendeva Luna molto più tranquilla e serena.
E poi, arrivarono ad un burrone. Un sentiero scosceso serpeggiava tra le chiome frondose, fino a raggiungere un crepaccio profondissimo. Luna si sporse, ma mister Hamilton la redarguì aspramente.
<< Santo cielo, non vorrà suicidarsi? E’ pericolosissimo star qui sull’orlo del precipizio! Si allontani! >>.
Ma Luna era tremendamente affascinata da quel dirupo che non voleva venirne via. Mister Hamilton fu costretta a tirarla per il braccio con fare un po’ grossolano. Con gli occhi dischiusi, Luna sussurrò, in atteggiamento trasognante: << Tornerò qui! Oh, mister Hamilton, questo paesaggio è fantastico… >>.
<< Siamo nel Lancashire, qui è tutto così! >> replicò Hamilton. << Avanti, avanti! Dovremmo essere nei pressi di Burnley, ormai! Tra mezz’ora, se ci sbrighiamo, arriveremo a Randywick! Ma bisogna muoversi! >>.
I primi albori mattutini screziavano il cielo infinito, quando, dinnanzi a Luna ed Hamilton, si stagliò un profilo paesaggistico di encomiabile bellezza. A ridosso di un paradiso verdeggiante, si estendevano isolati rustici. Strade sterrate e pietrose, che nessuno aveva mai provveduto ad asfaltare, si insinuavano tra le abitazioni del villaggio di Randywick. Qualche auto annosa circolava ancora per i sentieri, ma, nel suo complesso, il paese aveva un aspetto antico. Giovani giornalai si muovevano con rapidità su biciclette arrugginite, lanciando quotidiani sugli usci delle case. Un clima caldo e raccolto avvolgeva l’intero circondario. Tutti conoscevano tutti....
Luna, avanzando con fatica sul sentiero ciottoloso, sotto la luce soffusa a del sole, che trapelava attraverso delle gigantesche nuvole biancastre, si chiese perché quel villaggio immerso nel verde, tanto straordinario e meravigliosamente quieto, non venisse considerato dai turisti una meta ambita e fosse, al contrario, quasi disabitato. Prima di accedere alla strada principale di Randywick, un sentiero largo tipicamente inglese, Hamilton e Luna lessero un cartello che riportava una scritta a lettere cubitali.

BENVENUTI A RANDYWICK BURGH
Comune istituito nel 1908
47 abitanti

Hamilton trasse di tasca un orologio dorato.
<< Sono le sei. Le conviene proseguire per questa strada, miss Luna, in fondo dovrebbe trovare un hotel magico di cui mi sfugge il nome! Scelga una stanza, io tornerò qui questo pomeriggio! Si rilassi, veda di calmarsi e di non pensare a ciò che è successo… Se avesse voglia di tornare subito a Londra, basta che si Materializzi in casa di mister Scott. Le farò avere una Passaporta tra meno di ventiquattro ore! Glielo prometto! >>.
<< Non so davvero come ringraziarla! >> rispose Luna.
<< Non c’è bisogno di ringraziarmi! L’importante è che si rilassi! Stamani devo recarmi al commissariato magico, le farò sapere tutto! A presto, dunque… >>.
<< Buona giornata, mister Hamilton! >>.
<< Buona giornata, miss Luna! >>. Hamilton scomparve dopo un sonoro crac e a Luna non restò che seguire le indicazioni dell’uomo. La passeggiata notturna, se da una parte l’aveva stancata, era stata molto salutare e la donna era contenta di non aver usato la Materializzazione.
Alla fine della strada, si ergeva un edificio dall’aria solenne, invisibile ai Babbani. Luna lo raggiunse, mentre gli abitanti di Randywick la adocchiavano e sussurravano pettegolezzi sottovoce. Luna lesse: HIGH MAGIC HOTEL ***. Aveva un’aria tremendamente invitante. Sicuramente Hamilton aveva ragione. Lì, in quella distesa florida, avrebbe trovato il modo di riposarsi.
“Forse dovrei stare qui per più tempo, e fare passeggiate ogni mattina!” pensò Luna tra sé, ma quando ricordò che Terence non era con lei si sentì inorridire a quest’idea.
Varcò la soglia dell’albergo e una sensazione di puro stupore le riempì le vene. La hall, completamente rivestita da una varietà esclusiva di legno di montagna, era talmente accogliente e ospitale che sembrava quasi una baita alpina. Dei tavoli rotondi erano sistemati un po’ a casaccio e con poca cura. Alcuni giocatori di carte erano intenti a scambiarsi delle monete magiche di mano in mano. Una finestra oblunga copriva la parete di fondo, accanto alla quale si trovava il bancone della proprietaria, che Luna giudicò subito positivamente. Era una donna piuttosto anziana, con i capelli rossicci legati in un piccolo chignon. Il suo volto era segnato dalle rughe e gli occhi erano circondati da un alone di fiacca.
Ignorando gli sguardi curiosi dei giocatori di carte, che commentavano il suo portamento, Luna sia avvicinò alla proprietaria.
<< Vorrei avere una stanza per oggi, se è possibile! >>.
<< Oh, certo, certo! >> rispose la signora, arcuando le labbra. << Abbiamo libera la stanza tredici! Ecco qua… Spero che lei non sia superstiziosa! Perché molti dei miei clienti lo sono… >>.
<< No, non si preoccupi! >> rispose Luna, in attesa di dritte sul da farsi.
<< Sa, ricordo perfettamente il caso di una signorina della sua età, che era venuta con un ragazzo a passare l’estate! >> riprese la proprietaria, mettendosi comoda sulla sedia. << Quando le dissi che la stanza numero tredici le era stata assegnata andò su tutte le furie. “Questa è un’ingiustizia!” mi disse. E avrebbe dovuto vedere quant’era adirata! “Mi avevate detto che avreste cercato per me un’altra stanza”. Ma io e mio marito non ci eravamo posti questo problema con tanta serietà. Dopotutto siamo maghi. Possiamo temere la superstizione? E’ il colmo! Fu quello che dissi alla donna, difatti! Non è vero, Joe? >>.
Un uomo basso e tarchiato, che Luna non aveva avuto modo di vedere, perché totalmente nascosto dietro un giornale magico, emerse dal suo nascondiglio e rispose: << Sì, Jane! >>.
<< Bene! >> concluse Luna. << Devo pagare in anticipo o… >>.
<< Beh, un anticipo non fa mai male! >> disse la proprietaria, ridendo. << Molti prendono una stanza e vanno via il giorno dopo senza pagare! A noi, costa il mantenimento, sa… Oh, no, non intendo dire certo che lei farebbe una cosa del genere! So giudicare le persone a prima vista, perché ormai gestisco quest’albergo da… quanti anni sono, Joe? Cinquanta? Cinquant’anni! Figurarsi se non so definire il carattere della gente. Mi sono sbagliata poche volte, in vita mia, e solo quando ero inesperta! Ma lei ha un aspetto molto onesto, non dubito di lei. Mi lasci indovinare… Londinese, non è così? >>.
Luna sbarrò gli occhi. << Oh, sì, ma come… >>.
<< L’ho intuito dall’accento, cara! Mio nonno veniva da Londra! Gran belle persone i londinesi, ma troppo attaccati alla vita quotidiana! Sei giorni in ufficio, uno a casa! Mai che tirino fuori la bacchetta per dare una sistematina alla loro dimora. Mio nonno, invece, era molto ordinato, e… >>.
<< Già, è vero! >> la interruppe Luna, afflitta. << Dunque… posso avere la chiave della tredici? Quanto pago? >>.
<< Tre galeoni al giorni per stare in questo paradiso! Non è un prezzo equo? Abbiamo sempre pensato che lo sia! Non è vero, Joe? >>.
<< Sì, Jane! >>.
<< E poi ci sono persone che venderebbero l’anima per vivere qui a Randywick! Io mi ci stabilii quando avevo vent’anni! Mia madre era una strega, mio padre un Babbano, ma un signor Babbano! Molti ritengono che i Babbani siano una classe inferiore a noi. No, quelli che lo dicono sono solo sciocchi. Non la pensa come me, signorina? I Babbani sono arrivati a superarci, dico sempre io. Con la loro… come la chiamano… tecnologia! Sì, ci hanno superati! Non è vero, Joe? >>.
<< Sì, Jane cara! >>.
Luna si affrettò a tirare fuori dalla tasca i tre galeoni pattuiti e a poggiarli tempestivamente sul bancone. << Potrei avere la chiave? >>
<< Ecco, signorina! E’ tutto in ordine, sono sicuro che le piacerà… >>.
<< Grazie mille! >> esclamò Luna, intascò la chiave e si precipitò su per le scale, ripromettendosi di non incrociare più il cammino della signora Jane.
<< Simpatica ragazza, >> la sentì commentare, << esuberante, intelligente, sveglia ma forse un po’ troppo taciturna… Non la pensi come me, Joe? >>.
<< Sì, Jane >>.
Il corridoio del piano superiore era pieno di decorazioni magiche. Quadri di natura stregata, fate in movimento, guerrieri magici che bombardavano i loro avversari con potenti siluri in una delle epiche belligeranze contro i Goblin. La stanza numero tredici era la terza, nell’ordine. Luna girò la chiave nella serratura ed entrò. E’ molto difficile descrivere ciò che vide all’interno della camera. Decine e decine di scope magiche, che prima dell’entrata di Luna spazzavano di qua e di là, si arrestarono di colpo e si chiusero in uno sgabuzzino all’interno della camera stessa. I colori del copriletto divennero più accesi e una musica armoniosa riempì l’intera stanza. Dalle finestre entrava la luce del sole, smorzata dalle moltissime nuvole lattescenti. L’arredamento era stato accuratamente scelto: un letto, un comodino, una scrivania, una comoda sedia, una lampada magica ed un armadio di quercia.
Luna ripose la luna di vetro in un cassetto, al sicuro, poi aprì la finestra e trasse un profondo respiro. Randywick… Finalmente poteva rilassarsi, osservare gli uccelli in volo, accucciarsi sotto le coperte, con serenità. Forse, si disse, avrebbe ordinato una tazza di cioccolata calda per colazione, qualche minuto più tardi. Sarebbe andata ad esplorare il villaggio, oppure avrebbe fatto la conoscenza di qualche ospite dell’albergo. L’ultima cosa che doveva fare, era pensare agli efferati omicidi dell’associazione criminale che aveva ucciso suo padre, al progetto misterioso di Emily Lovegood e mister Scott, alla luna di vetro, ad Hamilton e a… Non aveva ancora trovato la posizione giusta sul davanzale, quando, all’improvviso, sentì qualcosa di piumoso sbatterle contro il viso. Un gufo con due occhi glaciali reggeva tra le zampe un foglio di pergamena.
<< Per me? >> si disse Luna sbigottita, guardando fuori dalla finestra con circospezione, come se temesse uno scherzo.
Fece accomodare l’uccello messaggero sul comodino della stanza 13 e raccolse con molta cura il comunicato che l’animale portava con sé. Non riusciva capire chi potesse averglielo mandato. Qualche vecchio amico di Hogwarts? Forse il professor Paciock? Non restava che leggere per saperlo…

Luna, sono nei guai! Gli Auror mi credono responsabile dell’assassinio e non riesco a trovare il modo di discolparmi. Eravamo nel posto sbagliato al momento sbagliato. So che non è colpa tua se sono stato preso. Dovevo seguirti giù. Devo comunque darti una notizia.
Sono riuscito a fuggire dal commissariato. Prendimi pure per folle, ma non riuscivo a stare lì dentro. Mi serve asilo, la polizia magica mi cercherà in lungo e in largo; per loro sono un evaso. Mi trovo attualmente a Londra, a casa mia, ma devo fuggire subito. Fammi sapere dove sei, verrò a trovarti e vedremo di trovare un posto per rifugiarci.
Con affetto,
Terence



La bocca spalancata, Luna si portò le mani ai capelli. Come gli era saltato in mente di fuggire?
“Dovevo prevederlo! Terence è così impulsivo!” pensò Luna, tristemente. Si gettò sconfortata sul letto. Cosa le restava da fare? Attendere istruzioni da mister Hamilton o rispondere subito a Terence? La cosa migliore da fare, adesso, era pensare. E fu così che, sdraiandosi sul letto, Luna si addormentò, proprio mentre dei solitari fiocchi di neve, sospinti dal vento, cominciavano a vorticare giù dal cielo.


FINE PRIMA PARTE DEL CAPITOLO V


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Capitolo 6
*** Capitolo V - J. W. - PARTE SECONDA ***


Vi ringrazio ancora per le recensioni. Mi dispiace non potervi rispondere nei dettagli, stavolta, ma qualcuno di voi ci ha azzeccato in qualcosa, e non posso attirare l'attenzione su particolari ben precisi. Essendo un giallo, questo racconto va studiato in tutte le sue sfaccettature senza aiuti da parte dell'autore. Mi fa molto piacere leggere le vostre tesi e teorie... Anche se, ripeto, mancano ancora molti personaggi di importanza determinante, all'appello... Vi lascio al nuovo capitolo ...

PS: Rispondo a Water Lily: no, non vivo in una zona di montagna, ma adoro l'atmosfera dei luoghi alpini, a cui mi sono ispirato per la descrizione di Randywick Village





CAPITOLO V – SECONDA PARTE
J. W.


Quando due tonfi possenti si abbatterono violentemente contro la porta della stanza numero 13, Luna vagabondava quieta nel mondo dei sogni. Ridestandosi, ebbe appena il tempo di capire dove si trovava, allorché la serratura scattò, emettendo il rumore di un congegno antiquato, e sulla soglia, avvolta in una sciarpa di flanella, apparve la vecchia proprietaria dell’High Magic Hotel, Jane Event.
<< Mi dispiace disturbarla! >> disse con sguardo addolorato, nascondendo la bocca dietro la fusciacca. << E’ prevista una tempesta di neve per questa sera, pensavo che volesse essere avvertita… >>.
Luna si strofinò gli occhi, visibilmente intorpidita. Le ore di riposo non avevano aiutato a rilassarla. Era tanto stremata che sentiva la testa cedere come un peso morto. << Una tempesta di neve? >> ripeté, sbadigliando sonoramente. << Devo recapitare una lettera al più presto! Sarà meglio che mandi subito il mio gufo, allora! >>.
<< Sì, sì, molto meglio! >> esclamò Mrs. Jane, scoccando uno sguardo incerto all’uccello sul comodino, che osservava con particolare interesse le proprie zampe. << E’ al fidanzato che deve scrivere? >>.
<< No, solo ad un amico! >> rispose Luna, flettendo le sopracciglia. << Oh, beh, mi chiedevo se potrei avere una cioccolata calda, prima di pranzo… >>.
Mrs. Jane congiunse le mani, vagamente compiaciuta. << Gliela porterò senz’altro! Mi dica se ha bisogno di aiuto, signorina! Le darò tutto ciò che le serve, affinché il suo soggiorno qui sia impeccabile! >>.
Con un sorriso smagliante dipinto sul volto rugoso, l’anziana donna uscì dalla camera. Luna si alzò tempestivamente e prese tra le mani penna e calamaio. Terence stava senz’altro attendendo una risposta. Sarebbe stato meglio dirgli dove si trovava e ammonirlo severamente per ciò che aveva fatto… China su un foglio di pergamena bianco, Luna cominciò a scrivere con estrema lentezza.

Ringrazia che siamo lontani, Terry, non so cosa avrei fatto se tu fossi stato qui con me. Come ti è saltato in mente di fuggire dagli Auror? E’ stato un atto avventato, sconsiderato. Vedi di farti perdonare, quando e se verrai quassù.
Mi trovo nel villaggio di Randywick, a qualche ora di strada da Manchester. Se intendi raggiungermi, fallo in fretta. Si prospetta una bufera di neve, e non mi piacerebbe vederti morto per congelamento in piena brughiera, sai.... Quando arrivi, cerca informazioni sull’High Magic Hotel… Sono nella camera numero 13. Ti aspetto…



Ripiegando accuratamente il foglio, Luna lo fermò con un nastrino argentato e lo affidò al gufo sgambettante, che non sembrava molto contento di dover affrontare nuovamente il gelo della steppa. Una folata ghiacciata penetrò dalla finestra, poco prima che Luna, osservato l’uccello in volo, la richiudesse ermeticamente e si rigettasse sconsolata sul letto. Terence era lontano e, pur essendo arrabbiata con lui, sentiva la sua mancanza. In linea generale, la solitudine non era mai stata per lei motivo di sconforto. Ma adesso, per la prima volta, si sentiva davvero giù di corda e l’essere sola non era certo d’alcun aiuto. Per di più, all’arrivo di Jane Event, aveva avvertito i sintomi di un’emicrania, che, stando alle sue previsioni, era destinata a protrarsi per parecchi giorni. Aveva sempre sofferto di meteoropatia e negli ultimi tempi gli sbalzi di temperatura erano stati alquanto deleteri per la sua precaria salute.
Il viso della proprietaria fece capolino nuovamente qualche minuto più tardi. Stavolta, la donna reggeva in mano una tazza di cioccolata fumante. Luna la accolse in modo spiccio, prese tra le mani la coppa e ringraziò sentitamente; mentre centellinava la sua bibita calda, Jane Event le si sedette accanto.
<< Cara ragazza, >> disse, << se non si è ancora sposata, veda di non farlo! I problemi, con il matrimonio, si moltiplicano in misura sproporzionata! Quella che da giovani ci sembra una questione sormontabile, per una moglie diventa un dilemma amletico. Per carità, non voglio criticare in tutto e per tutto quel bonaccione di mio marito. Sa, tiene molto a me… Oh, sì, mi dia pure la tazza vuota, signorina… Ma, vede… In questo periodo dell’anno le prenotazioni sono davvero poche. E’ assurdo che la gente preferisca le isolette tropicale a questo paradiso montagnolo. Quando gestivo quest’albergo, prima di conoscere il caro Joe, i pochi affitti non erano per me qualcosa di allarmante. Ma adesso… chissà perché, il problema sembra di grandissima portata! Non so davvero che pesci pigliare… Lui se ne sta affondato dietro quel suo maledetto giornale, senza degnarmi neanche di uno sguardo. Immagini un po’ come devo sentirmi io! Oh, che brutta cosa, la vecchiaia! >>.
Luna assunse un atteggiamento cogitabondo. << In effetti è strano che pochi vengano qui, in estate! >> osservò poi, leggermente perplessa.
<< Lei sì che capisce, signorina! >> la interruppe Jane Event. << In questo momento, siamo appena dodici in tutto l’edificio! Capisce che dramma sto vivendo? Ci sono venti stanze vuote, attualmente, e come se non bastasse scarseggiano le prenotazioni per il prossimo inverno… >>.
<< Dodici clienti? >> ripeté Luna. << Mi sembrava di aver visto un gruppo di giocatori di carte abbastanza numeroso, questa mattina! >>.
<< Sì, sì, difatti! Parlo proprio della combriccola di mister Wilson. Ma sono semplicemente quattro! Gente ammodo, quella, creda a me! Marcus Wilson è stato soprannominato il “re delle carte”. Gioca in continuazione, lui. Sempre, sempre, dalla mattina alla sera. Scacchi magici, dama e dio sa quant’altro. Mister Wilson è un commerciante di perle, sa… Parliamo spesso, ultimamente, e devo dire che, nonostante qualche giorno fa non l’avrei mai detto, siamo diventati ottimi confidenti! Sua moglie l’ha lasciato due mesi fa, mi sono informata, ed il pover uomo è così triste che ha deciso di venire qui con un po’ di amici! Una scelta molto intell… >>.
<< Ha detto un commerciante di perle? >> esclamò Luna, meravigliata, scattando in piedi simultaneamente.
Un pensiero era balenato nella sua mente ad una velocità fulminea, illuminandola come un lampo in una notte nera.
<< Sì, un commerciante di perle! >> confermò la proprietaria dell’albergo, unendo le labbra con espressione pettegola. << Qualcosa non va, forse? >>.
<< Mi piacerebbe parargli, devo fargli esaminare una sfera di vetro! >> rispose Luna con crescente convinzione.
<< Si trova nella camera adiacente alla sua, con tre amici di Birmingham! >>.
<< Vedrò di andare a trovarlo al più presto! >> disse Luna, il pensiero fisso sulla Luna di vetro.
<< Oh, misericordia! Si è fatto spaventosamente tardi! Mezzogiorno è passato da un pezzo… Il pranzo viene servito regolarmente alle due, qui all’High Magic Hotel! Sì, sì, lo so che è piuttosto tardi, ma molti dei nostri ospiti frequentano dei circoli di caccia da cui si ritirano appena dopo l’una! La vedrò di sotto, signorina? >>.
<< Scenderò di certo tra qualche minuto! Arrivederci, signora Event… >>.
Nel giro di pochi attimi, Luna rimase sola. Percepiva un fremito incontrollabile che le scuoteva il cuore. Aprendo il cassetto, si trovò di nuovo a contemplare la Luna di vetro. Chissà perché, quel piccolo globo cristallino aveva qualcosa di tremendamente affascinante e sembrava che, attraverso messaggi subliminali, volesse attirarla in un vortice caleidoscopico di colori meravigliosi.
“Se Marcus Wilson è davvero un esperto di perle, presto o tardi potrei scoprire il tuo segreto!” pensò Luna, in un ipotetico colloquio con la sfera cangiante. “Vedrò di incontrarlo, a pranzo!”.

* * *

Hamilton lasciò il commissariato di polizia magica alle dodici in punto, e si ritrovò nella trafficata strada principale di Manchester. L’Auror di turno era stato abbastanza clemente nei suoi confronti. L’aveva ricevuto in una stanza ampia, tappezzata di manifesti incantati, e, offertagli una sedia, gli aveva chiesto il motivo della sua visita.
<< Se sono qui, è perché vorrei contribuire alle indagini sull’omicidio di mister Scott! >> aveva spiegato Hamilton. << In qualità di suo assistente, sento il bisogno di aiutarvi! >>.
<< Un assassino non si presenterebbe mai in un posto di polizia dicendo di voler contribuire ad un’indagine! >> aveva risposto con pomposa professionalità l’ispettore magico Hottersby, un uomo nerboruto noto per la sua spiccata stupidità. << Dovrebbe essere troppo sciocco… >>.
Hamilton aveva assicurato di essere totalmente estraneo ai fatti accaduti sulla collina la sera precedente. << Ero un amico di mister Scott, oltre che un collega! >>.
Hottersby aveva annuito gravemente e, all’arrivo del legale, tutore dei beni di mister Scott, avevano letto assieme il testamento del defunto.
<< Seimila galeoni per lei, signor Hamilton! >> aveva detto Hottersby, facendo scorrere il dito lungo il foglio di carta magica su cui il Magichimico aveva appuntato le sue ultime volontà. << Una bella sommetta, non c’è che dire! >>.
<< Ho sempre aborrito l’avidità di denaro! >> aveva risposto Hamilton giudiziosamente. << Senza ombra di dubbio devolverò questi soldi in beneficenza! >>.
Hottersby si era mostrato decisamente felice di quella rivelazione. << Lei è un grand’uomo, signor Hamilton! Se tutti fossero come lei… >>.
<< Su, su, non è poi vero! >> aveva affermato Hamilton in un moto di modestia. E, una volta andato via il legale, aveva parlato all’ispettore magico dei suoi sospetti su una presunta associazione criminale, interessata agli studi di Scott. Quando aveva fatto accenno alla faccenda, si era meravigliato di vedere un guizzo di mero stupore sul volto del suo interlocutore.
<< E’ il caso di cui ci stiamo attualmente occupando! >> aveva esclamato Hottersby di getto. << Possibile che non abbiamo collegato immediatamente la morte di Scott con questa storia? Che sciocchi! Da diversi anni scompaiono o vengono uccisi moltissimi chimici e alchimisti! Diverse volte troviamo sul luogo del delitto indizi che riporterebbero ad un’associazione chiamata “RAGNO NERO”. Ci sono casi in cui l’associazione criminale si firma con due iniziali, dopo un delitto! >>.
<< Due iniziali? >> aveva ripetuto Hamilton, letteralmente sbigottito.
<< J.W.! >> aveva confermato Hottersby con sguardo serioso.
Quando si trovò a contatto con il tumulto cittadino, la mente di Hamilton partorì una serie di complesse elucubrazioni riguardo all’associazione criminale del RAGNO NERO. La notizia che gli Auror si stessero occupando del problema lo aveva lasciato di stucco. Probabilmente sarebbero venuti a capo dell’assassinio di Scott molto prima del previsto.
“Farò di tutto per far sì che il RAGNO NERO non riesca ad impossessarsi della Luna di vetro! Il vecchio Prescott non avrebbe voluto che quell’oggetto cadesse nelle mani sbagliate!”.
Continuò a tormentarsi, cercando di capire a chi potessero appartenere le iniziali “J.W.”, con cui i mandanti del RAGNO NERO si firmavano. E, all’improvviso, un’intuizione imprevedibile lo illuminò…

* * *

La sala-ristorante dell’High Magic Hotel era un’ampia camera sfarzosamente arredata. Vi si accedeva tramite un androne spazioso, che, molti decenni prima, era stato rivestito con uno strato di legno pregiato. In cucina non c’erano camerieri. Jane Event si occupava personalmente della preparazione dei piatti, con la stessa cura di uno chef di professione. I tavoli sui quali gli ospiti dell’albergo si accomodavano erano stati divorati in parte dalle tarme, ma avevano tutt’altro che un aspetto desueto.
Luna raggiunse appena in tempo un posto vuoto. La proprietaria dell’hotel arrivò tre attimi dopo con un antipasto genuino, che le servì premurosamente.
<< E’ solo un assaggino, aspetti di vedere il vero pranzo prima di fare i complimenti! >>.
Assaporando una mousse cremosa, omaggio della casa, Luna attese che Jane Event le fosse il più vicino possibile. << Potrebbe segnalarmi il commerciante di perle? >> mormorò nel momento opportuno, inquadrando la sala-ristorante con una rapida occhiata.
<< Marcus Wilson? >> domandò la proprietaria. << E’ quello lì, vede! Seduto al tavolo di fronte! Il più appariscente dei quattro giocatori di carte! >>.
<< La ringrazio, mrs. Event… >>.
La donna rispose con un risolino radioso.
Dopo aver trangugiato il proprio piatto, Luna si resse in piedi, titubante. Non sapeva come Wilson l’avrebbe accolta. Tastò la propria tasca per sincerarsi che avesse portato con sé la luna di vetro, poi, tentando di non dare nell’occhio, si avvicinò al commerciante di perle.
Era questi un uomo snello e mascolino. Il suo viso dai lineamenti pronunciati era segnato dagli effetti del tempo, e la bocca, allungata in un malizioso sorriso perenne, gli conferiva un’aria da dongiovanni. Teneva in mano cinque carte magiche, che sembravano essere le protagoniste assolute della scena. Accanto al commerciante di perle si trovavano tre uomini, due alquanti robusti e praticamente identici, ma, nel complesso, non molto avvenenti, e un terzo, biondo e con un affascinante aspetto nordico.
Marcus Wilson sollevò appena la testa su Luna, quando lei gli fu accanto. Infilò un sigaro in bocca, misurando i gesti con la massima pacatezza, e continuò a bersagliare la povera donna con occhiate infastidite.
<< Insomma, >> disse poi, gettando le carte sul tavolo, << per quale motivo mi fissa? >>.
Luna si risentì, ma comprese che Marcus Wilson non aveva abbandonato il gioco per causa sua, quanto piuttosto per colpa delle carte sfortunate che la sorte gli aveva assegnato. I tre uomini ancora in gioco blaterarono qualcosa di incomprensibile. Luna attese qualche istante, poi, avvicinandosi al suo interlocutore, domandò: << Lei è un commerciante di perle, non è così? >>.
Marcus Wilson annuì, sistemandosi la cravatta con fare pretenzioso. << Come fa a saperlo? >>.
<< Mi è stato detto dalla signora Event! >>.
<< Oh, vecchia megera, non sa tenere il becco chiuso! Ma che importa! Dunque, a cosa devo questo… disturbo? >>.
<< Voglio mostrarle una cosa! >> disse Luna impassibilmente. << Ma sarebbe meglio che ci appartassimo! >>.
Wilson assunse un atteggiamento soddisfatto e provocatorio. << Sentito, amici? Vuole che ci appartiamo… >>.
Un’orda di risate si propagò per la stanza. Il giocatore biondo che sedeva dinnanzi a Wilson era letteralmente piegato in due. Luna si sentì molto indispettita per la battuta, ma la sua piatta timidezza non le permise di ribattere. Reprimendo la rabbia, palesò il proprio disagio attraverso una macchia di rossore che le chiazzò le gote.
<< Buona, signorina, stavo scherzando! >> disse Wilson, che sembrava accorgersi di ogni particolare anomalo. Dopo che l’uomo si fu alzato, con boriosa disinvoltura, Luna, riacquistata la calma, lo condusse dietro un pilastro fatiscente.
I tre giocatori di carte ripresero il loro passatempo. L’unico suono, in sala, era adesso il rumore metallico delle posate che si scontravano contro i piatti bianchi.
<< Allora, cosa c’è? >> domandò Wilson, le mani rigorosamente in tasca.
Luna trasse la sfera di vetro. Nutriva nel suo cuore il timore di una sconfitta, ma, in fondo, la sua indole ottimistica la spingeva a procedere senza alcuna esitazione. In uno slancio improvviso, passò lentamente il globo vetroso al commerciante. << Vorrei… vorrei sapere che cosa ne pensa di questa! >>.
Nella camera calò un raccapricciante silenzio, che inghiottì Luna in un universo di pura inquietudine…
Marcus Wilson fissò con attenzione la Luna di vetro. << Nei lunghi anni della mia carriera, >> dichiarò poi, << non mi sono mai imbattuto in una perla come questa! Pertanto, signorina, temo di non poter esserle d’aiuto! >>.
E voltatosi, con sguardo dubbioso, ritornò a sedere.

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Dopo i Commenti i prossimi chap!xDDDD Ricattooo

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Capitolo 7
*** Capitolo VI - Scacco del Ragno ***


Scusate per il ritardo con cui pubblico questo capitolo, ma era alquanto difficile da scrivere. Vi do un consiglio: leggetelo con molta attenzione, concentrandovi e sbarrando la porta =). E' pieno di discorsi e avvenimenti che vanno considerati con attenzione. Grazie per il commento, Water. Mi fanno molto piacere i tuoi complimenti. Per quanto riguarda la bufera di neve, saprai la risposta molto presto. =) Non preoccuparti, ho tutto programmato anche su carta, quindi errori sul tempo e sullo spazio non dovrei farne, perlomeno. DITEMI SE DEVO CONTINUARE, DOPO AVER LETTO QUESTO CAPITOLO! GRAZIE!



CAPITOLO VI
Scacco del Ragno


Hamilton raggiunse Randywick proprio mentre il villaggio era immerso nel placido torpore serale. Rimase a bocca aperta quando vide la neve scendere giù dalla volta celeste con estrema rapidità, ed i fiocchi gelidi vorticare furiosamente su se stessi, in una danza caotica e confusa.
“Questo non è possibile!” pensò, meravigliato. “Siamo in Agosto!”.
Delle gigantesche nuvole bianche nascondevano le fievoli luci del crepuscolo. Hamilton avanzò imperterrito per il sentiero ciottoloso, la testa china e lo sguardo compunto. Affondando le scarpe di cuoio sulle collinette nivee che tappezzavano il percorso, si strinse nel suo impermeabile beige, lasciando alla mente la libertà di vagare verso orizzonti lontani.
Tutti gli abitanti del villaggio avevano sigillato gli infissi, temendo il peggio. Ma la neve, almeno per ora, era tutt’altro che un fenomeno preoccupante... Eppure, nell’aria, c’era qualcosa di strano. A Manchester, l’afa continuava ad opprimere gli abitanti. E invece, a meno di venti chilometri di distanza, una coltre di neve si depositava sulla strada… Era come se il tempo fosse impazzito. Come se ci fosse un tocco di magia…
La porta dell’High Magic Hotel si aprì, per metà, non appena Hamilton, i pugni serrati, bussò vigorosamente contro di essa. Sulla soglia apparve una donna anziana, che, Hamilton lo intuì immediatamente, non poteva che essere la proprietaria.
<< Venga qui, signore! >> disse con voce melodrammatica. << Con questa tormenta non si dovrebbe mettere il naso fuori dalle calde mura di un edificio! In piena estate, puah! Che sciocco il clima, qui in montagna! >>.
Hamilton sembrò decisamente contento dell’accoglienza. Varcò l’uscio, ritrovandosi nell’ospitale stanza di legno dell’alberghetto di montagna. Ripose il suo ombrello nero in un angolo e si tolse con indolenza l’impermeabile.
<< Sono qui per incontrare la signorina Lovegood! >> disse. << Devo parlarle con la massima urgenza! >>.
Jane Event sorrise amabilmente. << Quella ragazza ha davvero qualcosa di speciale! E lei è l’amico di cui mi parlava poco fa? Quello a cui ha scritto la lettera? >>.
<< La lettera? >> disse Hamilton, corrugando la fronte. << Si starà confondendo con qualcun altro! >>.
<< Beh, comunque sia, Luna Lovegood ha preso la stanza numero 13! >> esclamò la signora Event, scrutando fugacemente le ultime pagine di un vecchio registro polveroso posto sul tavolo.
<< Posso salire? >>.
<< Ma certo! >>.
Hamilton lasciò la signora Event dietro il bancone e, dopo averla ringraziata cordialmente, salì le scale il più velocemente possibile. Percorsa la prima rampa, vide dinnanzi a sé un corridoio non molto lungo, ma straripante di porte. Fu colpito particolarmente da una decorazione solenne che era stata collocata sul legno della parete: due spade incrociate, cimelio di chissà quale antico duello, recavano l’effigie di un’antica casata di nobili. Le armi lo rapirono talmente che si ricordò solo dopo qualche istante di essere lì per Luna. Bussò alla porta della tredicesima stanza e rimase in attesa, sfregandosi le mani per scacciare il freddo. Nel suo inadeguato completo, si sentiva raggelare le vene. Qualche attimo dopo, scricchiolando sui cardini, la porta si aprì. Il viso angelico di Luna fece capolino improvvisamente.
<< Oh, signor Hamilton, è lei? >>.
L’assistente di Scott annuì. << Mi lascia entrare? >>.
<< Ma certo! >>.
Si accomodarono sul letto, l’uno accanto all’altra, come bambini. Hamilton lanciò qualche occhiata alla camera, poi disse: << Un posto davvero accogliente, a quanto vedo! >>.
<< Sì, ne sono molto soddisfatta! >>.
<< Signorina Lovegood, prima di farle un dettagliato resoconto di tutto ciò che mi è successo stamattina, devo porle una domanda: si è forse chiesta come mai nevichi in piena estate? >>.
Luna sbarrò gli occhi. << E’ una domanda legittima, ma perché mai dovrei… >>.
<< Quando è arrivata qui, splendeva il sole… A Manchester, anche se non fa il caldo di Londra, è difficile portare le maniche lunghe… E invece, qui a Randywick… nevica! >>.
<< Cosa vuole dire sollevando la questione del clima? >>.
<< Voglio dire che c’è qualcosa di strano, nell’aria… E le stranezze, creda a me, sono sempre foriere di guai… Ma ne parleremo più tardi. Adesso si metta comoda, le spiegherò tutto ciò che mi è stato detto stamani dall’ispettore di polizia magica! >>.

* * *

Terence superò il confine di Randywick appena dopo le otto. Si era equipaggiato in modo impeccabile, con stivali pesanti, bomber e cappuccio di vello. Ma d’altro canto, aveva sempre adorato la neve…
Lentamente, si stava sollevando verso il cielo una nebbia che rendeva impossibile vedere ad un palmo dal naso. Incespicando, Terence sorrise. Niente poteva attenuare la sua esplosiva felicità. Adesso era libero e stava per rivedere Luna. Libero… lontano da Azkaban... lontano da un futuro ingiusto…
Ad aprirgli la porta dell’High Magic Hotel non fu Jane Event, ma il marito Joe, un uomo tarchiato e notevolmente attempato.
<< Mi è permesso di entrare? Non ho prenotato alcuna camera, ma avrei bisogno di asilo, con questo tempaccio! >>.
Joe Event chinò la testa semicalva. << Entri pure, signore! Vedremo di trovarle una camera vuota! >>.
Chiuse il portone ligneo con veemenza e tentò di mostrarsi al nuovo ospite come un uomo cordiale e disponibile. Terence rimase allibito, osservando i trofei e le teste mozzate di grossi caribù disposti lungo il muro. Nel camino della hall crepitava un allegro fuocherello.
<< Oh, un nuovo arrivato! >> esclamò Jane Event non appena lo vide. << E’ forse lei l’amico della signorina Lovegood? >>.
Terence si guardò intorno, per sincerarsi che la proprietaria stesse parlando con lui. Non vedendo altro ospite in sala, salvo una donna con lunghi capelli viola ed il viso schiacciato contro una finestra ogivale, rispose: << Oh, sì! >>.
<< E intende vederla? >>.
<< Prima vorrei rifocillarmi, se è possibile! >>.
<< Faccia pure! >> disse la proprietaria, mentre il marito si seppelliva nuovamente dietro il suo giornale sportivo. << Il ristorante è di là! >>.
Terence espresse la sua più sentita gratitudine e, dopo aver riposto la sua valigia accanto al bancone, si avviò.

* * *

<< Non hanno voluto altro da me, fuorché delle esigue deposizioni! >> disse Hamilton, stringendosi nelle spalle. << L’ispettore è un tipo un po’ suonato, ma, nella sua ingenuità, non si può certo dire che sia cattivo! >>.
Luna inarcò le sopracciglia. << Le hanno detto qualcosa sull’assassinio di mister Scott? Le indagini stanno… >>.
<< Le indagini sono iniziate già da tempo! >> la interruppe Hamilton.
Com’era prevedibile, un moto di stupore inondò Luna da capo a piedi. << L’omicidio è avvenuto soltanto ieri sera, com’è possibile che le indagini siano iniziate da tempo? >>.
<< Sto parlando delle indagini sull’associazione criminale, signorina! Si ricorda di ciò che le ho detto ieri sera? Un gruppo di delinquenti tramava già da tempo contro mister Scott! Si tratta dell’associazione senza scrupoli che intendeva impossessarsi della Luna di vetro, dell’associazione che ha ucciso… suo padre. >> disse Hamilton. << E adesso, l’ispettore Hottersby mi ha chiarito le cose, seppur approssimativamente! La società di malviventi si chiama RAGNO NERO, e da parecchi anni perpetra piani malvagi ai danni dei Magichimici >>.
<< RAGNO NERO >> ripeté Luna con concentrazione, come se tentasse di estrapolare qualcosa di fondamentale da quelle due parole vuote. << E non si sa nulla su quest’associazione? >>.
<< L’ispettore Hottersby mi ha spiegato che, sul luogo del delitto, talvolta il RAGNO NERO appone la propria firma, sfruttando due misteriose iniziali: “J.W.” >>.
<< Si tratta probabilmente di un nome falso! >> ipotizzò Luna. << O forse sono due lettere in codice, o… >>.
<< Non possiamo che teorizzare in proposito! Non c’è niente di sicuro in questa stramaledetta faccenda! L’unico fatto certo è l’esistenza del RAGNO NERO. Ma c’è dell’altro… >>.
Una raffica di vento si insinuò attraverso le fessure della finestra, provocando in Luna un fremito di freddo e inquietudine. << C’è dell’altro? >> ripeté sommessamente.
<< Tornando dal commissariato, >> continuò Hamilton, << ho ragionato molto sull’assassinio del povero Prescott! E mi sono venute in mente due cose davvero molto bizzarre! >>.
<< Crede di aver trovato la chiave dell’enigma? >>.
<< No, non la chiave! >> disse Hamilton, scuotendo la testolina. << Qualcosa che complica ancora di più tutto il mistero! Si tratta dell’obiettivo del RAGNO NERO. Beh, mister Scott mi aveva detto che l’associazione intendeva impossessarsi della Luna di vetro, sbaglio? >>.
<< E’ quello che mi ha detto ieri sera! >> confermò Luna.
<< Bene, mettiamo un attimo da parte questo! Ora, però, mi sorge un dubbio! >> continuò Hamilton, col fare di chi si appresta a dire qualcosa di molto importante. << Innanzitutto, Per quale per quale motivo il RAGNO NERO non ha apposto la propria firma sul luogo del delitto? >>.
La faccenda, per Luna, era tutt’altro che strana. Hamilton le aveva detto che il RAGNO NERO non lasciava sempre una sottoscrizione. Dove stava il problema? L’omicidio di Scott era uno di quei casi in cui l’associazione criminale non si era preoccupata di lasciare un segno distintivo.
<< So quello che sta pensando, miss Luna! >> disse Hamilton all’improvviso. << Se le cose si limitassero alla mancanza della sigla “J. W.” vicino al cadavere di Scott, non ci sarebbe da spremersi le meningi! Ma c’è dell’altro… Non ho tirato in ballo a caso la Luna di vetro, pochi attimi fa. Come mai, mi chiedo, l’assassinio di Scott non l’ha rubata? Era venuto per prenderla, no? E invece, ha ucciso Scott, ma ha tralasciato la cosa più importante. Non si può neanche dire che non l’abbiano trovata… Dopotutto non era nascosta in un luogo tanto difficile da scovare! L’ha trovata lei, signorina Luna, che è scesa giù nei sotterranei senza uno scopo! Perché non doveva trovarla Mister J.W.? >>.
<< Ma questo vuol dire che il RAGNO NERO non ha niente a che vedere con l’assassinio! >> esclamò Luna. << Se l’assassinio di Scott non ha apposto la propria firma, né si è preoccupato di rubare la Luna di vetro, allora non è l’associazione criminale responsabile dell’assassinio! Non è forse così? >>.
Hamilton scosse la testa. << Non tragga troppo affrettatamente delle conclusioni! Probabilmente, ci saranno cause che noi comuni esseri umani non siamo capaci di considerare! Ci vorrebbe il fiuto di Holmes, per svolgere la matassa! >>.
Luna poggiò la mano sul mento e prese a pensare.
“Un’associazione criminale che uccide un uomo senza un motivo, non esiste...” si disse giudiziosamente. “Quindi, l’omicidio di Scott era una vendetta! Oppure qualcosa che, come dice Hamilton, non possiamo ancora comprendere, visti gli indizi che possediamo!”.
Erano intenti ai loro pensieri quando udirono una voce maschile rimbombare al piano inferiore.
<< L’UNICA COSA CHE SAI FARE E’ CRITICARE, MALEDETTO JACK? HO SCOPERTO CHE CE L’HA LEI, CHE E’ A POCHI METRI DA NOI, E NON E’ STATO FACILE! >>.
Un sibilo gli intimò il silenzio. Luna sentì un rivolo di sudore freddo percorrerle la schiena. Hamilton stette come in attesa. Poi la voce misteriosa si rifece sentire, più pacata, più leggera.
<< Devo metterci tutta l’energia necessaria per costruire la cupola. E’ stato maledettamente difficile attuare l’Incanto di Kent! Sai solo biasimarmi adesso? Non se ne accorgerà nessuno, sciocco! Siamo in montagna, in un villaggio sperduto… E adesso sparisci! >>.
Ci fu lo scatto secco di una porta che si chiudeva con violenza, poi di nuovo il silenzio.
Gli occhi di Hamilton si iniettarono di sangue. << L’Incanto di Kent! La cupola! >> sbottò di getto, portandosi le mani ai capelli.
<< Di cosa sta parlando? Che cosa significa? >> disse Luna, terrorizzata e terribilmente sconvolta.
<< Significa che quei brutti bastardi del Ragno ci hanno battuto! E che abbiamo pochi minuti per andare via di qui, o ci uccideranno… >>.

* * *

Terence si ritrovò al primo piano col fiatone. Gli era stata assegnata la stanza numero 14. Ripose i suoi effetti nel proprio armadio, con l’intenzione di raggiungere Luna il prima possibile. Si sciacquò il viso con l’acqua fredda del lavabo e si prese a tremare come un cucciolo smarrito. Non aveva il tempo di mettersi sotto le coperte. Doveva rivedere Luna, abbracciarla, chiederle che cosa era successo e raccontarle per filo e per segno ciò che gli Auror avevano fatto.
Fu con estrema meraviglia che vide, non appena Luna gli ebbe aperto la porta, un uomo del tutto sconosciuto che camminava per la stanza come uno scrittore in cerca di ispirazione. Hamilton, frattanto, pensava che non ci fosse il tempo per le presentazioni. Il cerchio stava per chiudersi.
<< Oh, Terence! >> esclamò Luna, le lacrime agli occhi, saltando addosso all’amico. << Sei tornato, finalmente! Perdonami, perdonami se ti ho lasciato solo… >>.
Terence affondò la mano tra i capelli fluenti della sua amica, cingendola con le braccia come se fosse una ragazzina fragile e malinconica. << Su, su… >> mormorò. << Non importa, si è sistemato tutto! >>.
Hamilton sollevò appena la testa. Terence gli tese la mano, incerto. << Sono Terence Lymstock, signore, con chi ho l’onore di parlare? >>.
Ma l’assistente di Scott sembrava sordo ad ogni richiamo. Luna spiegò brevemente chi era Hamilton e che cosa ci faceva lì, tralasciando appositamente la faccenda della Luna di vetro ma accennando in modo allusivo alle cause della morte del Magichimico.
<< Vuole spiegarmi cosa c’è? >> disse alla fine del discorso.
<< Oh, signorina Lovegood, mi lasci pensare al da farsi! >>.
<< Crede che siamo spacciati! >> spiegò Luna a Terence, con espressione seria. << Dice che l’associazione criminale che ha ucciso Scott sia più vicina di quanto pensiamo! >>.
Terence sbarrò gli occhi, inebetito. << Credi che dobbiamo andare via, Luna? >>.
<< Con questa bufera non possiamo certo uscire! Dobbiamo necessariamente Smaterializzarci! >> disse Luna assennatamente.
Hamilton sembrò riscuotersi. << E’ proprio questo il punto… Ci hanno incastrati! >>.

* * *

Anthony Follin aveva affittato la camera numero 3, al primo piano. Era un facoltoso avvocato magico e non poche volte aveva lavorato per il Wizengamot, risolvendo cause che ad un comune giureconsulto sarebbero apparse quasi impossibili. Era riuscito ad ottenere la simpatia di giudici e uomini di legge in pochi anni di carriera, ed era accerchiato tuttora da un’elite di persone di un certo rango che lo stimavano e lo ossequiavano, riempiendosi la bocca di complimenti. Follin era stato, a suo tempo, un conoscente di Albus Percival Silente, il mago che, dopo la sconfitta di Lord Voldemort, era diventato quasi un mito, e non pochi affermavano che lui avrebbe ricoperto il suo ruolo alla presidenza del Wizengamot. Dopotutto, le ambizioni per Follin non erano mete inarrivabili, ma porti cui si approdava senza sacrifici o sforzi. Lui solo era capace di guardare alla realtà con realismo e sicurezza, con l’occhio di chi conosce le proprie attitudini e sa dove poter arrivare. Sapeva calibrare le proprie abilità senza illudersi, tanto che non c’era uomo, per strada, che non si levasse il cappello al suo passaggio in segno di deferenza. Ma Follin aveva lavorato anche nel New Jersey, per quasi sei anni. Lì aveva incontrato quella che poi sarebbe diventata sua moglie, Elvira Picket, la quale, a detta di molti, era l’unica capace di contraddirlo. Il rapporto tra Follin ed Elvira era ancora vivo e intenso. Tutti i momenti che i due passavano insieme erano, inutile dirlo, ricolmi di emozioni profonde e sentite. Il matrimonio, stranamente, non aveva spezzato il loro innamoramento. Erano come due giovani fidanzati, allegri, spensierati, pieni di gioia di vivere e di spirito di iniziativa. Alcuni ritenevano che Follin, dopo aver incontrato Elvira, fosse cambiato radicalmente. Ma lui continuava a ribattere che si trattava di sciocche dicerie. Elvira gli aveva solo permesso di mostrare la sua parte migliore, che per lungo tempo aveva celato dietro un’aria solenne e importante. Ogni loro cena a lume di candela era come un primo appuntamento. Seppur esageratamente dedito al proprio lavoro, Anthony Follin sapeva riporre nel momento giusto la sua veste di avvocato, per dedicarsi al suo encomiabile amore. Ed Elvira, dal canto suo, era davvero soddisfatta di essere sposata con un uomo bello, importante e immancabilmente romantico!
<< Non è forse quello che desideravamo, mia cara? >> disse Follin, sdraiato sulla sedia a dondolo che Jane Event gli aveva messo a disposizione nella camera.
<< Ma certo! Che paradiso, Tony, che paradiso! La neve è così bella! Randywick è un villaggio caratteristico… >>.
<< Stasera faremo una cenetta coi fiocchi, vedrai! Ho chiesto alla signora Event di preparare un piatto speciale solo per noi! >>.
<< Sei meraviglioso… >> disse Elvira, scoccandogli un bacio breve ma intenso.
<< Per te farei qualunque cosa, e non c’è bisogno che te lo ripeta! >>.
<< Tornerai a lavoro a Settembre, non è così? >> disse Elvira, assumendo un atteggiamento leggermente rattristato.
<< Non fare certi occhioni, cara! Godiamoci la vacanza! Penseremo a tempo debito al ritorno al lavoro! >>.
<< Però che strano! >> disse Elvira, meditabonda, guardando attraverso la finestra i fiocchi bianchi che scendevano giù dal cielo. << Desideravamo la neve, ed eccola qui, a nostra disposizione! >>.
<< Sembra quasi una magia! >> confermò Follin, e presero a ridere come matti.

* * *


Hamilton lasciò la stanza numero 13 alle nove in punto.
<< Non ho tempo di spiegarvi! Tornerò tra qualche minuto, signorina Lovegood, giusto il tempo di parlare alla signora Event di una faccenda! Preparate le vostre valigie, dobbiamo andare via di qui prima che sia troppo tardi! Ci Smaterializzeremo tra pochi minuti! >>.
Luna e Terence si erano mostrati alquanto perplessi e, quando l’assistente di Scott era sceso giù, avevano commentato il suo atteggiamento con un pizzico di dubbiosità. Si erano chiesti cosa fossero la cupola e l’Incanto di Kent, ma nessuno dei due sapeva dare una definizione sull’argomento. Non erano incantesimi che si studiavano a Hogwarts. Terence sembrava il più confuso dei due. Era arrivato da poco meno di due ore e la prospettiva di lasciare Randywick non doveva essere molto piacevole per lui.
<< Ma se mister Hamilton ha fiutato guai, credo che dovremo fidarci! >> disse. << Quindi torno in camera mia, faccio le valigie, e ci ritroviamo al ristorante tra un quarto… >>.
Luna annuì mestamente. << Ho quasi paura, a rimanere sola! >>.
<< Non c’è niente di cui spaventarsi! >> la rassicurò Terence, dandole una pacca amichevole sulla schiena. << Andremo via, e l’incubo sarà finito! Vivrò da latitante per un po’ di tempo, ma si sistemerà tutto! Il male non trionfa mai, Luna, credo che tu lo sappia… >>.
La lasciò lì, nella piccola stanza 13, con quelle laconiche parole. E Luna preparò i suoi bagagli in un batter d’occhio, maledicendo il RAGNO NERO, la Luna di vetro e il misterioso Incanto di Kent.

* * *

Hamilton salì velocemente le scale. La signora Event aveva reagito in modo meno impulsivo delle sue aspettative. L’albergo sarebbe stato sgombrato entro quella notte.
“Sono stati più astuti di quanto pensassi!” pensò. “Se non avessimo sentito i brandelli di quella conversazione, probabilmente non avremmo avuto più speranze di uscire vivi da questo alberghetto! Ma l’avevo intuito, che c’era qualcosa! L’avevo intuito che neve e nebbia non potevano essere casuali! Guarda un po’! Incanto di Kent e cupola magica! Vogliono segregarci all’interno di Randywick…”.
Stava per raggiungere la camera numero 13, percorrendo il corridoio buio, quando gli sembrò si sentire un passò appena dietro di sé. Il rumore di un tacco che cozza contro il parquet di legno…
Si voltò di scatto. Sentiva il cuore battergli all’impazzata.
“E’ stata solo un’impressione!” si disse, per farsi coraggio. Continuò ad avanzare lentamente nelle tenebre dell’andito, con uno strano presentimento addosso. Alzò gli occhi verso le spade incrociate che aveva visto al suo arrivo. Le spade? Al muro vedeva semplicemente un’arma solitaria.
“Non è possibile!” pensò, terrificato, portando una mano sulla bacchetta. “Ero sicuro di aver visto due lame, questo pomeriggio! Ma allora… l’altra dov’è?”.
La risposta gli arrivò un istante dopo, ma nell’attimo in cui la seppe, capì di aver fallito la sua missione: la spada mancante si trovava conficcata nel suo collo, in profondità...

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Capitolo 8
*** Capitolo VII - La cupola ***


Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate... Lo so che è passato tanto tempo... Non ho avuto modo di aggiornare. Eccovi un riassunto, scritto male e di getto, per rinfrescarvi la memoria. Più il nuovo chap... Sono entrato in crisi, non so se continuare...

Luna, ormai sulla soglia dei trent'anni, è direttrice del Cavillo. Un giorno d'estate particolarmente afoso, concede ai suoi dipendenti una settimana di vacanze. Tornata a casa in compagnia del giornalista Terence Lymstock, trova una misteriosa lettera nella quale un emittente ignoto la invita a recarsi a Manchester con un treno Babbano, in Davies Road, 80. Ingenuamente e nonostante le proteste di Terence, Luna accetta. Partita in compagnia del collega giornalista, che alla fine si è arreso, alla volta di Manchester, Luna ripensa al suo passato ed alla morte di suo padre. Giunta a destinazione, sfrutta un taxi Babbano per recarsi in Davies Road, 80, il luogo da cui è partita la lettera recapitatale. La loro meta si rivela essere una casa dall'aria aristocratica, di proprietà di un certo mister Scott, chimico magico. Luna e Terence entrano in casa, avendo trovato la porta leggermente aperta. Ma ad aspettarli, trovano una shockante realtà: il signor Scott è accasciato su una sedia a dondolo, evidentemente vittima di un assassinio...
Luna, nonostante gli Auror stiano per arrivare, decide di lasciare solo Terence e di esplorare la casa di Scott. Scesa nei sotterranei, viene assalita dalla sensazione di aver visto la casa del Magichimico da qualche parte. Le immagini dei corridoi sono impresse nella sua immaginazione indelebilmente. Luna giunge, completamente sola, nel laboratorio del signor Scott. Su un lungo tavolo, trova una sfera opalescente, simile ad una luna di vetro. Incuriosita, la mette in tasca, con l'intenzione di studiarla successivamente.
All'improvviso, sente una mano gelida serrarle la bocca... Luna scopre che l’uomo che la attacca non ha cattive intenzioni. Si chiama Hamilton ed è l’assistente di Scott. Egli annuncia che Terence è stato preso dagli Auror. Luna viene scortata in soffitta. Hamilton le spiega che la madre di lei, Emily Lovegood, lavorava ad un progetto segreto con Scott prima di morire. Non sa di cosa si tratti. Prescott è stato ucciso da un’associazione criminale che trama contro i Magichimici. La stessa organizzazione ha ucciso Xenophilius per impossessarsi della Luna di vetro, che il padre di Luna aveva già dato in precedenza allo stesso Scott.
Il mattino dopo, per permettere a Luna di rilassarsi, Hamilton la accompagna a Randywick Village, una località di montagna, precisamente nell’High Magic Hotel, dove la ragazza fa la conoscenza della proprietaria, Jane Event, e del marito, Joe. Hamilton va intanto in commissariato, dove fa le sue deposizioni. L’ispettore Hottersby gli spiega che lavorano già al caso dell’associazione criminale. Si chiama Ragno Nero, e perpetra piani malvagi per impossessarsi dei progetti di alcuni Magichimici. Alcune volte, sul luogo del delitto, l’associazione si firma con la sigla << J. W. >>.
A Randywick nevica, nonostante sia piena estate. Luna riceve una lettera scritta da Terence. Il ragazzo è fuggito dagli Auror e la sta raggiungendo in albergo. Quel giorno, Luna mostra la Luna di Vetro ad un commerciante di perle, di nome Marcus Wilson, che dice di non saperne niente.
In albergo ci sono anche altri ospiti: un certo Anthony Follin, con la moglie Elvira, due amici di Wilson ed una donna dai capelli azzurri.
All’High Magic Hotel arriva per primo Hamilton, che spiega a Luna ciò che gli ha detto l’ispettore. Mentre discutono, Luna e l’assistente di Scott sentono delle urla ( << L’UNICA COSA CHE SAI FARE E’ CRITICARE, MALEDETTO JACK? HO SCOPERTO CHE CE L’HA LEI, CHE E’ A POCHI METRI DA NOI, E NON E’ STATO FACILE! >>.).
Hamilton scatta in piedi preoccupato e comincia a vagare pensieroso per la stanza. Giunge a questo punto anche Terence.
Hamilton esce dalla stanza di Luna alle nove in punto, dicendo che deve parlare con Jane Event per sgomberare l’albergo. Terence lascia Luna sola, per fare le valigie. Dopo aver salito le scale, Hamilton viene brutalmente assassinato con una spada appesa al muro.



CAPITOLO VII
La cupola


<< E’ morto! >>.
<< Ma di chi stai parlando? >>.
<< Di quel tizio basso, con le orecchie da coniglio… Era venuto ieri e l’hanno trovato ammazzato con un spada! >>.
Anthony Follin scrutò la moglie con evidente meraviglia. La notizia lo aveva letteralmente spiazzato.
<< Non c’è più un posto dove stare sicuri, Elvira! >> disse.
<< Stavo pensando, >> rispose la donna, << sarebbe forse meglio se ce ne andassimo! L’atmosfera qui si fa sempre più lugubre! Non vorrei trovarmi immischiata in faccende che non mi riguardano, sai… >>.
<< Amore, fino a ieri sera credevi che questo fosse un paradiso terrestre. Vuoi forse dirmi che hai già cambiato idea? >>.
Elvira assunse un atteggiamento pensieroso e lanciò un’occhiata fuori dalla finestra, in mezzo alla turbinosa bufera di neve che ancora imperversava fuori dalle mura dell’hotel.
<< Non lo so… Scusami, sto parlando a vanvera! >> disse meditabonda. << Delle volte ho l’impressione preoccupante che stia diventando pazza… >>.
L’avvocato si strinse nelle spalle e bevve il suo latte caldo.

* * *


<< Nel nostro albergo, Joe! Ti rendi conto? Non era mai accaduto un fatto del genere! Oh, quale pubblicità negativa! Che sia maledetto il giorno in cui mi sono stabilita qui in montagna! >>.
Il marito di Jane Event scosse la testa contrariato. << Lo sai che situazioni si vengono a creare talvolta. E poi lo diceva sempre, quel buon pastore di Boston… come si chiamava, Chapman… sì, lo diceva sempre che il male si annida ovunque! >>.
<< E che cosa diremo ai nostri clienti? Maledizione, la neve avrebbe attirato gente! E invece, di questo passo saremo costretti a chiudere la baracca. Ma quel poveretto, Hamilton, chi pensi che l’abbia ucciso? >>.
<< C’è brutta gente in giro, Jane! >> rispose l’uomo sapientemente. << Prendi quella donna! Non ha voluto darti neanche i suoi nominativi! E poi ha dei capelli blu! Le stranezze non vengono viste di buon occhio, no? Quindi o è una Metamorfomagus o ha delle rotelle fuori posto, te lo dico io, Jane! >>.
Jane Event scoccò un’occhiata alla sua ospite. Era una donna dai lunghi capelli turchini, che era arrivata in albergo qualche tempo prima. Poteva essere stata lei ad uccidere Hamilton? E se sì, per quale losco motivo?
<< Non riesco a capire, Joe! E poi… >>.
<< E poi? >> ripeté lui, corrugando la fronte.
<< Beh, ieri sera… Quell’Hamilton mi aveva chiamato in disparte per darmi una notizia spaventosa e… Non so se sia bene parlarne >>.
Il proprietario dell’High Magic Hotel sgranò gli occhi. << Che cosa stai dicendo, Jane? >>.
<< Beh, mi aveva detto che dovevamo andare via dall’albergo… Io lì per lì ho pensato che fosse uno scherzo. Infatti ho detto: “Sì, signore, faremo come dice lei!”. Ma sinceramente non ho creduto ad una parola di quello che il poverino ha detto. Specialmente quando ha fatto riferimento ad un incanto di cui non ho mai sentito parlare nella mia lunga esistenza! >>.
<< E hai lasciato correre? >> disse Joe. << Di che cosa si trattava? >>.
Jane si strinse nelle spalle. << Diceva che ci hanno incastrati, che qualcuno ci ha segregati qui con l’espediente della nebbia. Ha parlato di una cupola e dell’Incanto di… di Kent, credo! >>.
Joe scattò in piedi all’improvviso. << Avresti dovuto dirmelo subito, maledizione! >>.
Prese il giubbotto e spalancò la porta della hall. Un getto d’aria fredda penetrò violentemente nella stanza calda.
<< Sei impazzito? Vuoi forse uscire con questa tormenta? >> disse Jane con disappunto.
<< Devo controllare una cosa! Se sapessi in che guaio ci hai cacciati! >>.

* * *


La donna dai capelli azzurri si strinse nelle spalle quando il commerciante di perle, Marcus Wilson, le si avvicinò per chiederle le sue opinioni sull’assassinio di Hamilton.
<< Non sapevo che fosse stato ammazzato un tizio! Mi rincresce! >>.
Wilson si chiese perché la donna parlasse tanto laconicamente. Percependo un accento straniero, domandò: << Viene forse dalla Normandia? >>.
<< Non vedo che importanza possa avere! >> rispose la donna.
<< Ci ho vissuto sei anni! Oh, che sbadato! >> esclamò all’improvviso, tendendo la mano. << Non mi sono neanche presentato! Il mio nome è Wilson… E lei è…? >>.
<< Piacere mio! >> disse la donna dai capelli azzurri. << Mi chiami pure Mary >>.
<< Mary! >> disse il commerciante di perle. << C’è una possibilità di ottenere un appuntamento con lei, questa sera? >>.
La donna dai capelli azzurri si voltò verso il suo interlocutore e lo fulminò con gli occhi. << Preferirei fare la fine di quel tizio ucciso, piuttosto che accettare una simile offerta! >>.
<< Allora stia attenta! >> disse Wilson. << Non si sa mai… >>.
E detto ciò, rise sarcasticamente.

* * *

Luna aveva trascorso la notte chiusa in camera sua, in attesa di indicazioni o notizie. Aveva continuato a ripetersi, la sera prima, che Hamilton sarebbe arrivato, ma non le era mai passata per la testa l’idea di controllare che le cose stessero andando per il verso giusto. Era crollata in un sonno profondo prima delle undici. Aveva sentito una sonnolenza improvvisa e non era riuscita a resistere, pur sapendo che avrebbe dovuto fuggire dall’albergo di lì a poco, sempre se Hamilton aveva detto il giusto. E poi, alcune ore dopo l’alba, Terence era venuto a svegliarla personalmente. Luna si era meravigliata di non vederlo con le valigie.
<< Dovevamo partire, non è così? Credo di essermi addormentata nel momento sbagliato! >> aveva esclamato.
<< No, Luna! >> aveva risposto Terence. << Non c’è più modo di scappare! Hamilton è stato assassinato! >>.
C’erano voluti parecchi secondi per accettare quell’idea. Ne avevano discusso per diversi minuti, poi il discorso si era spostato sull’impossibilità di lasciare l’albergo.
<< E’ stato un omicidio a camera chiusa! >> aveva detto Terence. << Ho fatto delle ricerche sulla cupola e sull’Incanto di Kent, ieri sera, alle dieci e un quarto, sfruttando alcuni libri che ho trovato in una stanza vicino alla hall… Non ho incontrato né Jane Event né Hamilton, scendendo… Dopo le ricerche, sono tornato in camera per fare le valigie e mi sono addormentato all’improvviso! >>.
Luna aveva chiesto spiegazioni più precise e Terence le aveva chiarito ogni cosa. << L’Incanto di Kent è un incantesimo difficilissimo, che permette di modificare le condizioni atmosferiche in un territorio ben preciso. Chiunque l’abbia praticato, sapeva il fatto suo. Così qui nevicava ed era nebbioso e a Manchester il caldo era soffocante. E’ stato un espediente per permettere ad un uomo del Ragno Nero di creare quella che Hamilton chiamava “cupola”, Luna. Tecnicamente, il suo nome è “Tholus Peccatorum” e veniva utilizzato nel Medioevo dai maghi e dalle streghe che volevano fuggire dai roghi. Si segregavano all’interno di una cupola magica, invisibile sia ai maghi che ai Babbani, e lì se ne stavano al sicuro. Il “Tholus Peccatorum” non può essere abbattuto, se non con una parola d’ordine ben precisa che conosce solo il creatore della stessa! >>.
<< Questo vuol dire… >>.
<< Vuol dire che siamo chiusi qui con l’assassino del Ragno Nero! Hamilton l’aveva capito e avrebbe voluto metterci in salvo! >>.
<< Se solo fossimo fuggiti ieri sera! >> disse Luna, piangendo. << Ma perché dopo le ricerche, ieri sera, non sei venuto qui da me? Possibile che ti sia addormentato? >>.
<< C’è appunto un’altra cosa che devo dirti! L’omicida di Hamilton ha pensato proprio a tutto! Qualcuno deve averci addormentato, stanotte, iniettando un sonnifero attraverso la serratura! Io stesso sono crollato in un sonno profondo poco prima delle undici, in un momento davvero poco opportuno! >>.
<< Mi è successa la stessa cosa! >> confermò Luna. << Ma… Ehi, Terence! Qualcosa non quadra! Aspetta un attimo! >>.
<< Che c’è? >>.
<< Hai detto che Hamilton è stato assassinato prima delle dieci! Come fai a saperlo? >>.
<< C’è un cliente dell’albergo che fa il medico! Dice di poter stabilire l’ora esatta! >>.
Luna ricordò improvvisamente un amico di Marcus Wilson, il commerciante di perle. Doveva essere lui l’uomo di cui parlava Terence.
<< Ma allora, quando sei salito perché non hai visto il corpo di Hamilton? Doveva già essere nel corridoio! >>.
<< Non lo so, Luna, non lo so! Questa faccenda è davvero molto strana! A questo punto posso solo dire che il cadavere probabilmente era stato occultato! Sono stato sciocco a non chiedermi perché Hamilton non stesse ritornando! Ma pensavo fosse a parlare con Jane Event! >>.
<< Hai detto che l’hanno trovato nel corridoio! >> ribatté Luna. << Fammi ricostruire! Alle nove circa Hamilton ci ha lasciati con l’intenzione di andare da Jane Event per parlarle della cupola e dell’Incanto di Kent. Quando è salito, saranno state le nove e mezza se vogliamo esagerare, forse le nove e dieci, è stato ucciso, e il suo cadavere occultato! Dunque, alle dieci e un quarto, sei uscito dalla tua stanza per cercare notizie sul “Tholus Peccatorum”. Dopodiché sei salito, senza avere notizie di Hamilton. E non hai trovato il cadavere né uscendo dalla stanza né al ritorno! Eppure stamattina hanno ritrovato il corpo di Hamilton in corridoio! Ma perché? Perché qualcuno lo ha prima nascosto e poi riportato sul luogo del delitto, Terry? >>.
<< Non lo so! >> disse Terence. << Non riesco proprio a capire… >>.

* * *

Joe Event fu di ritorno dal suo giro di perlustrazione con notizie davvero scoraggianti. Chiamò in disparte la moglie e le disse che le parole di Hamilton erano vere. Il “Tholus Peccatorum”, che lui conosceva grazie ad alcune letture sul giornale, era stato davvero creato tutt’attorno all’albergo di Randywick Village.
La proprietaria dell’High Magic Hotel scoppiò in un pianto disperato. Joe Event tentò di consolarla nel miglior modo possibile, ma non c’era modo di placare il suo pianto.
Ai due si avvicinarono anche Marcus Wilson, ossia il commerciante di perle, l’avvocato Anthony Follin e la moglie di quest’ultimo, Elvira. Rimasero alquanto esterrefatti quando seppero la causa di quel piagnisteo. Tutti, tranne Anthony Follin. Jane Event avrebbe potuto giurare che, negli occhi del suo cliente, era baluginato un guizzo di malvagità. Ne parlò solo successivamente col marito: << Quell’avvocato non mi convince più, Joe! E dimmi se nei lunghi anni della mia carriera non ho imparato a conoscere la gente… >>.
<< Credi che c’entri qualcosa? >> domandò Joe. << Intendo, con il “Tholus” e la morte di quel poveretto? >>.
Jane Event annuì. << Gliene parleremo a tempo debito, dei nostri sospetti! Per adesso, pensiamo solo al modo di dare a mezzogiorno l’annuncio ufficiale! Alcuni ospiti dell’albergo non conoscono ancora la situazione, e non è giusto che sia così! >>.
<< Escogitiamo anche un modo di studiare la psiche dei nostri clienti, Jane! Intensifica le tue domande, con la parlantina che ti ritrovi riuscirai a scoprire qualcosa! Intanto io parlerò con la donna dai capelli blu per sapere di più su di lei! >>.
<< C’è un uomo, che ieri è venuto a trovare la signorina Lovegood! >> rispose Jane. << Sembrava un tipo apposto, ma non si sa mai! Lo interrogherò, tentando di capire se ha a che fare con la morte di Hamilton! E se scoprirò che è il tipo che cerchiamo, gli spillerò la parola d’ordine per abbattere la cupola, quant’è vero che mi chiamo Jane Event! >>. Il cadavere di Hamilton fu portato in una sala adibita ad obitorio e lì fu adagiato su una lettiga. La spada fu chiaramente rimossa. Ma sul volto dell’uomo, Luna lesse un terrore tale che si sentì rabbrividire. Nel profondo dei suoi occhi ancora aperti, si trovava certamente la risposta tutte quelle domande che la tormentavano incessantemente. E come a voler estrapolare un segno, Luna li fissò attentamente. Il Ragno Nero. La Luna di Vetro. Due omicidi. Il progeto di Prescott e Emily Lovegood. Era tutto troppo strano…





--- Ragazzi, vado di fretta, ai commenti dello scorso chap risponderò al prossimo capitolo. Continuate a fare teorie, mi raccomando! E ditemi se continuare, che sono entrato in crisi! --- COMMENTATE!!!!! Più teorie e ipotesi fate, più mi invogliate a scrivere! Dopotutto in questo capitolo sono state dette molte cose =) Grazie a WaterLily particolarmente! ;)

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII - La Luna tramonta ***


TEMPO RECORD! Finito il nuovo capitolo!
Innanzitutto, devo un grazie a tutti quelli che hanno commentato.
Rispondo piano piano ad ogni domanda o dubbio:
- riguardo ai personaggi (osservazioni fatte da mooncarda89, WaterLily e SakiJune) = Non fatemi proferire parola su di loro. Potrei darvi indizi troppo preziosi e non mi va di togliervi l’effetto sorpresa dei prossimi capitoli
- riguardo al numero dei chap (osservazioni e domande di WaterLily): so perfettamente dove e quando finirà la storia: ho una scaletta scritta degli avvenimenti che dovranno accadere, ma non ho messo nero su bianco il numero dei capitoli, né ho idea di quanti potranno essere. Se anche lo sapessi, non potrei dirlo, perché, come hai fatto notare, WaterLily, essi potrebbe compromettere il risultato delle vostre riflessioni.
- Riguardo al crepaccio (osservazione fatta da WaterLily): non mi pronuncio neanche su questo argomento. Potrebbe essere una parentesi chiusa, oppure no…
- Riguardo alla Cupola (WaterLily): non è l’incanto che ha creato la nebbia, come avrete capito dall’ultimo chap, ma una magia che serve per creare una protezione invisibile (paragonabile a quella dell’Incanto Fidelius, ma molto più resistente). L’incantesimo che è stato usato per produrre nebbia e neve è invece l’Incanto di Kent
- Riguardo alla morte di Hamilton (tutti): non vi dico nulla. A volte, nei gialli, c’è un totale ribaltamento dei fatti e non posso escludere che sia questo il caso.
- Riguardo alla domanda “Ma hai preso l'ispirazione per questa storia da un giallo che hai letto o è tutto completamente originale e privo di spunti?” (WaterLily): sfrutto come vedete lo stile Cristiano (dal punto di vista dell’espressione, che è distaccata, e delle descrizioni), ma la trama del giallo è assolutamente opera mia, né ho preso spunto da romanzi che ho letto o altro.
- Riguardo alla mia strategia per farvi riflettere =) (WaterLily): è vero, spesso mi soffermo su dettagli che poi riprenderò in seguito
- Riguardo al dialogo udito da Luna ed Hamilton: non dico nulla.
- Riguardo, specificatamente, alla donna dai capelli blu (WaterLily): mi fa piacere che ti stia simpatica. Non dico altro..
- Riguardo al benservito fatto dalla suddetta a Wilson: anche a me ha fatto piacere leggere le risposte della donna dai capelli blu (era lei che sussurrava le parole alle mie orecchie, per dire la verità; in questa FF i miei personaggi hanno davvero preso vita ;) Adoro scrivere gialli)
- Riguardo alla presunta colpevolezza di Terence (WaterLily): non dico nulla.
- Riguardo ad un’osservazione: “Ma, aspetta un attimo... io ho ricontrollato una cosa, ma dov'è che Terence dice per la prima volta che Hamilton è stato assassinato intorno alle dieci?” (WaterLily): non è presente nel discorso diretto. Se rileggi bene, però, troverai una frase che potrebbe chiarirti le idee. Dopo che Terence spiega a Luna della morte di Hamilton, è riportato il seguente periodo: “ne avevano discusso per diversi minuti, poi il discorso si era spostato sull’impossibilità di lasciare l’albergo”. Nel “Ne avevano discusso per diversi minuti” è compreso l’annuncio di Terence: Hamilton è stato ucciso, sempre secondo il medico, intorno alle dieci.
- Riguardo alle iniziali “J.W.”: xD

Per vostra gioia, ho deciso che continuerò. La parte più noiosa della storia l’ho già scritta, adesso, credo che sarà molto più semplice. Le vostre teorie mi piacciono moltissimo. Sarebbe troppo farvi la richiesta di concentrarvi anche sulla dinamica dei due delitti? ^_^ E poi, non pensate soltanto al/la/i colpevole/i, ci sono anche sottotrame da svelare
Ecco a voi il capitolo più lungo finora scritto… State MOOOOOLTO attenti =) Capita che leggendo si perda la concentrazione! Adesso, però, vi chiedo di metterci la testa, nella lettura. Le azioni, anche se spesso di poca rilevanza, si susseguono velocemente.
La cerchia dei personaggi, lo ribadisco, non è ancora chiusa. In seguito ne verranno presentati altri, che potrebbero essere determinanti, quindi non basatevi solo su quelli che sono già presenti nella storia per trarre le vostre conclusioni. Bye! Grazie di cuore a tutti!
Ps: non ho riletto più di una volta questo chap, quindi non fate caso agli errori o allo stile poco scorrevole... ;) Ad ogni modo, mi scuso... (E fate tutte le congetture che voleteee!)
PPS: forse il prox chap dopodomani! ;)




CAPITOLO VIII
La Luna tramonta


Nella sala-ristorante, gli insetti caduti nella ragnatela dell’associazione criminale se ne stavano comodamente adagiati sulle sedie di quercia. Anthony Follin discuteva con Elvira, particolarmente scossa per gli avvenimenti di quella notte. Nell’angolo più remoto della stanza, sedeva invece la donna dai capelli blu. Teneva la fronte rigorosamente aggrottata e la frangetta cerulea dinnanzi agli occhi, a mo’ di maschera. Dall’altra parte, si trovavano invece il commerciante Wilson e i suoi tre compagni, tra cui spiccava particolarmente il medico che si era occupato di Hamilton: Robert Ive. Luna e Terence sedevano vicino alla finestra, chini sul loro piatto di zuppa. Avevano entrambi un’apprensione inesplicabile, ma Terence riusciva a non palesarla. Joe Event e la moglie Jane se ne stavano invece sui gradini della sala, intenti ad una loro segreta disamina della situazione.
<< Hai le generalità dei tre compari di Wilson, cara? >> disse Joe a bassa voce, lanciando occhiate circospette tutt’intorno a sé.
<< Uno è mister Ive, il dottore. Ha trascorso alcuni anni della sua vita in Italia, a Bergamo, stando a ciò che mi ha raccontato. Gli altri due sono i gemelli Jefferson: Louis e Walter. Giocatori d’azzardo, non credo abbiano la coscienza completamente pulita! Ma per adesso, a dir la verità, non mi preoccupano! >>.
Il marito annuì, abbassò la testa calva e disse: << Vedrò come reagiranno alla notizia dell’omicidio di Hamilton e del “Tholus Peccatorum” allorché pronuncerai il tuo discorso! Nei loro volti leggeremo la risposta a molte delle nostre domande, Jane! >>.
La voce della proprietaria dell’High Magic Hotel risuonò improvvisamente all’interno della stanza. Probabilmente la signora Event aveva praticato su di sé un incantesimo per ampliare la voce. Non appena spiccicò le prime parole, gli occhi di tutti gli ospiti si diressero immediatamente verso di lei, estatici, curiosi, attenti, scrutatori. Gli sguardi di Luna e Terence lasciarono trapelare qualcosa di misterioso o indicibile. Ma la donna dai capelli blu fu la più colpita dalle parole della signora Event, tanto che d’istinto allontanò il piatto di carne da sé, come disdegnata, e spalancò leggermente la bocca, in attesa.
<< Signori! >> disse Jane Event. << Mi rincresce rendervi consapevoli della situazione in cui ci troviamo! Stanotte, come ormai tutti sapete, il signor Hamilton, un nostro caro ospite, è stato assassinato! >>.
Si levò un mormorio crescente. Anthony Follin inarcò le sopracciglia, sussurrando qualcosa alle orecchie di Elvira.
<< Pertanto, >> disse Jane, << l’hotel non è più un posto sicuro! >>.
<< Sappiamo tutti qual è il problema, signora Event! >> esclamò Marcus Wilson, scattando in piedi. << C’è un assassino in mezzo a noi e non possiamo fuggire da qui! >>.
<< Non possiamo fuggire da qui? >> mormorò qualcuno. << Come sarebbe a dire? >>.
La donna dai capelli blu chinò la testa sul piatto. Terence si morse le dita e nei suoi occhi baluginò un barlume impenetrabile. I gemelli Jefferson fecero roteare gli occhi e si fissarono, impauriti.
<< Un “Tholus Peccatorum”, >> continuò Jane Event, incurante delle parole di Wilson, << forse meglio conosciuto come “Cupola” o “Rifugio dei martiri”, è stato applicato attorno al nostro albergo. E’ un sistema che permette all’assassino di Hamilton di tenerci segregati qui, dentro l’hotel. In questo modo, non ci è data la possibilità di uscire, neanche usando la Smaterializzazione… >>.
<< Dicevi la verità, Marcus! >> esclamò il dottor Ive. << C’è sul serio una Cupola attorno all’albergo! >>.
Il commerciante di perle annuì. Jane Event, frattanto, riprese a parlare. << Ora, per uscire da questa situazione, serve una password. Una password che solo il creatore della Cupola conosce. Mi appello dunque al buonsenso dell’assassino, se è in questa stanza… Lo so che è brutto dirlo, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà… >>.
<< Signora Event, cosa si aspetta, che l’assassino le lascerà un bigliettino con su scritta la parola d’ordine? >> chiese l’avvocato Follin. << Io conosco bene i criminali, avendo lavorato per anni in ambiente giudiziario! Non sono mica tipi sciocchi come alcuni credono! >>.
La proprietaria si strinse nelle spalle. << Non posso dir altro, signor Follin! L’unica cosa che mi resta da fare è invitare l’omicida al rimorso! >>.
<< Nessun assassino si pente mai davvero delle azioni che ha fatto! >> mormorò Terence all’orecchio di Luna, che annuì.
Elvira prese la mano di Follin tra le sue e la strinse con vigore.
Joe Event si allontanò dalla moglie e, in mezzo ai sussurri generali, si avvicinò alla donna dai capelli blu. La proprietaria riprese a parlare con gli ospiti, ed il marito, con fare scaltro, chiese riservatamente alla sua cliente: << Può dirmi, gentilmente, per quale motivo non ha dichiarato nome e cognome, signorina? >>.
La donna dai capelli blu rispose con fare rozzo: << Fino a prova contraria, quando sono arrivata, mi avevate detto che era possibile non dare le generalità! >>.
<< Ma vede, >> disse Joe, << adesso sono accadute cose spiacevoli, lo sa bene. Non crede che saremmo portati a sospettare di lei, visto che non si decide a dichiarare i suoi dati? Una persona che non ha nulla da nascondere non è così restia a… >>.
<< E va bene, potete sospettare di me quanto volete! >> esclamò la donna dai capelli blu.
Tra i suoi denti, Joe vide improvvisamente scintillare un brillante minuscolo, applicato con grossolanità.
<< Beh, quand’è così… >>.
Joe tirò fuori dalla tasca una vecchia pipa logora e se la mise in bocca. Poi prese posto, senza invito, dinnanzi alla donna.
<< Ah, sapesse com’è bello sfogarsi con il fumo! >>.
La donna dai capelli blu riprese in mano il suo cucchiaio e lo affondò nel brodo.
<< Sono molto piacevoli a vedersi, i suoi capelli! >> continuò Joe. << E’ per caso una Metamorfomagus? Oppure ha scelto di colorarli in quel modo per sfizio? >>.
<< Non vedo che importanza possa avere! >> fu la risposta.
Joe si alzò di nuovo in piedi, reprimendo il fastidio, e si sfregò le mani con frenesia. << Abbiamo tanti libri da leggere, qui in hotel. Vuole che le porti qualcosa per passare del tempo? Oh, scusi, non le ho chiesto se le piace leggere! >>.
La donna dai capelli blu rilasciò il cucchiaio sul suo piatto di brodo. << Se è davvero interessato alle cose che amo e odio, sappia che non c’è nulla di più fastidioso, secondo me, di un uomo che importuna una donna per spillarle informazioni che lei non intende dare! >>.
Joe sorrise. << Tipo scaltro, nevvero? Suvvia, siamo qui, tutti nella medesima situazione! Ma se proprio è tanto determinata, mi arrendo! Mi dica soltanto una cosa: ha notato alcunché di strano tra ieri e oggi? >>.
<< Cos’è, si mette a fare l’ispettore, adesso? >>.
<< Perché dice così? >>.
<< Sono già cinque minuti che mi fa il terzo grado in modo velato. E adesso invece è uscito allo scoperto, chiedendomi delle deposizioni! >>.
<< Ah, e lei dice che questo è un atteggiamento tipico della polizia? >> domandò Joe. << Deve conoscere proprio bene gli Auror, se sa qualcosa di tanto peculiare sul loro modo di operare! >>.
La donna dai capelli blu si alzò. << Se vuole scusarmi, ho bisogno di una pennichella pomeridiana, dopo un pranzo come questo! >>.
<< Certo, certo! >> disse Joe, meditabondo.
La donna guardò l’orologio, poi trasse dalla tasca un’ampolla di vetro e bevve un sorso del contenuto.
<< Cos’è, almeno questo posso saperlo? >>.
<< Un goccio di caffè! >>.
<< Caffè ? >> disse Joe. << Deve essere gelato se lo tiene in tasca! >>.
<< No, non lo è! Ho praticato un incanto su di esso! >> rispose la donna.
<< E perché beve il caffè dalla sua bottiglietta? Non le piace quello che fa mia moglie? Tutti dicono che è il migliore della contea! >>.
<< Mi piace di più questo, qualcosa in contrario? >>.
<< De gustibus non est disputandum! >> ruminò Joe Event, sbandierando ai quattro venti la frase che aveva sentito pronunciare ad un ufficiale inglese nel 1989. << Non ha detto che deve andare a letto? >>.
<< Sì, difatti. E’ stato lei a farmi perdere del tempo… Arrivederci! >>.
<< Arrivederci, signorina! Però… Strano che beva il caffè, prima di prendere sonno! E poi le fa male! La vedo troppo irritata! >>.
La donna dai capelli blu gli voltò le spalle e andò via. Joe Event rimase lì, e rise di gusto.
<< Non volevi parlare, cara mia, ma qualcosa sono riuscito comunque a capirla sul tuo conto! >> mormorò tra sé. << Dimmi poi se non sono astuto come una volpe! Tze! >>.

* * *

Jane Event, dopo aver pronunciato il suo discorso, scese giù dalla scalinata e si avvicinò a Luna e Terence, che se ne stavano ancora seduti, a centellinare una bevanda bollente.
<< Posso offrirvi la mia compagnia? >> domandò.
<< Prego, signora Event, può sedersi! >> disse Luna, piegando leggermente la testa su una spalla.
<< Oh, grazie, grazie mille! >> esclamò la proprietaria, sprofondando sulla sedia stancamente. << Brutti quanto mai gli acciacchi della vecchiaia! Ogni giorno mi sveglio intorpidita come un ghiro in primavera e mi sento via via più incartapecorita. Passa, questo maledetto tempo! Ma che vado dicendo a due giovani come voi! Quanti anni avete? >>.
<< Trenta e ventinove, rispettivamente! >> disse Terence, trangugiando del pane. << C’è qualcosa che non va, signora? >>.
Jane Event si sentì scoperta e si portò una mano alla testa. << Oh, no, no, grazie, caro, ho solo un’emicrania! Non posso star qui a riempirvi la testa di commenti sul mio terribile aspetto! Lei… Come si chiama? >>.
<< Terence Lymstock! >> fu la risposta. << Credevo di aver dato già nome e cognome! >>.
<< Sì, sì, non ricordavo! >> disse Jane Event. << Signorina Lovegood, mi permetta una domanda… >>.
<< Ma certo! >> rispose Luna.
<< E’ stato ieri, se non sbaglio… Ha voluto vedere Marcus Wilson, il commerciante di perle! Per quale motivo? >>.
Terence sbarrò gli occhi. Non sapeva ancora della sfera di vetro. Luna si era totalmente dimenticata di fare allusione alla faccenda, dopo la morte di Hamilton. In ogni caso, non era qualcosa che riguardasse la proprietaria dell’hotel.
<< E’ stata solo una curiosità passeggera, dovevo chiedergli un’informazione a proposito di una specialità di gemme che si trovavano su una mia vecchia collana! >>.
<< Ah, capisco! Collane… >> sorrise Jane Event, non del tutto convinta. << Da quanto vi conoscete, voi due? >> aggiunse, indicando prima Luna e poi Terence.
<< Sono anni, ormai! >> rispose lui. << Lei è redattrice, io sono un giornalista del giornale Il Cavillo, non so se ne ha mai sentito parlare… >>.
<< Oh, Il Cavillo, ma è naturale, come non conoscerlo! >> esclamò Jane Event.
Luna corrugò la fronte.
<< E quell’Hamilton, era un vostro conoscente? >>.
<< Storia lunga! >> disse Terence. << Diciamo che… sì, era un amico… >>.
<< Quanto siete asciutti! >> rise Jane, ma senza allegria. << Volete che vi porti qualcos’altro da mangiare, cari? Sapete, il cibo funge da calmante, in situazioni drammatiche come questa… >>.
Luna annuì e disse con voce dolce: << Non mi dispiacerebbe avere un cocktail di gamberi! >>.
<< Cocktail di gamberi! >> ripeté la proprietaria. << Ve lo porto subito! >>.
Quando si fu allontanata, Terence chiese spiegazioni a Luna sulla faccenda di Marcus Wilson.
<< C’è una parte della storia che non ti ho ancora raccontato, Terry! >> disse Luna.
E fu così che gli spiegò del ritrovamento della Luna di vetro.

* * *

Il pomeriggio trascorse, monotono e monocorde. L’avvenimento più interessante fu il discorso di Robert Ive, che spiegò le cause mediche per cui il cuore di Hamilton si era arrestato. Era stato senza dubbio un delitto atroce, a suo dire. Il dottore sfoggiò dinnanzi ai clienti una certa aria da sapientone. Effettivamente, però, come disse l’avvocato Follin a sua moglie Elvira, doveva saperla lunga sulla medicina.
La tempesta di neve provocata dall’Incanto di Kent andò scemando, fino a lasciare il posto ad una piacevole frescura. Le nebbie si dissiparono, come inghiottite dall’aria salubre di montagna. Il “Tholus Peccatorum” che circondava l’albergo era del tutto invisibile. Essendo l’hotel sul limitare di una via quasi del tutto disabitata, era impossibile per Joe e Jane attirare l’attenzione dei cittadini di Randywick. La Cupola, come se non bastasse, rendeva i rumori dell’albergo impercettibili per la gente di fuori.
Luna e Terence se ne stettero per ore nella stanza numero 13. Dalla finestra osservarono i pascoli lontani, traboccanti di pastori e capre che girovagavano apparentemente senza una meta. Alcuni gitanti passarono non molto lontano da Randywick, gli zaini in spalla, e proseguirono fino alle distese verdeggianti costellate di corolle variopinte. Le farfalle continuavano a volare. Alcune si avvicinavano al “Tholus Peccatorum” e urtavano contro una lastra invisibile, crollando inaspettatamente e scivolando lungo la Cupola con le ali floscie.
I tentativi di scoprire la parola d’ordine che, insieme con un incantesimo, avrebbe fatto crollare il “Rifugio dei Martiri”, si facevano sempre più frequenti. Tutti gli ospiti avevano assunto un atteggiamento guardingo e diffidente. La donna dai capelli blu, che Wilson chiamava Mary, si era rincantucciata al sicuro nella sua camera. Follin ed Elvira avevano preferito rimanere nella hall, sulle panche messe a disposizione da Jane Event. I gemelli Jefferson, invece, passeggiavano in lungo e in largo per il corridoio del pianterreno e discutevano a bassa voce degli avvenimenti del giorno precedente.
Quando Terence andò in camera sua per fare un bagno, Luna rimase sotto le coperte. Sentiva la testa pesante e una nausea particolarmente indisponente. Se ne stette a ripensare ad alcune parole pronunciate da Hamilton. Lasciò che la mente andasse alla sigla del Ragno Nero, “J.W.”. Tentò di capire cosa significasse, ma vi rinunciò un attimo dopo. Si spremette le meningi per provare a ideare password che avrebbero potenzialmente liberato i clienti dell’albergo dal “Tholus Peccatorum”, ma non le venne in mente niente di convincente.
Sbadigliò e decise di addormentarsi, confusa e irritata.

* * *

Elvira si avvicinò a Marcus Wilson e gli chiese una sigaretta.
<< Fumo solo sigari, mi dispiace! >> rispose lui. << Perché non chiede a suo marito? >>.
Elvira fece spallucce. << Le ha finite! E non c’è modo di comprarle, come vede! >>.
Wilson sorrise. << Se solo fossero le sigarette, il problema… Ma questa maledetta Cupola… >>.
<< Trova che il sorriso sia adatto ad una situazione del genere? Io sento più volte l’impulso di piangere, piuttosto, ma mi trattengo! >>.
<< La vita va presa con filosofia! >>.
<< Lei è credente, signor Wilson? >>.
<< No >>.
<< Neanche io! >> disse Elvira. << Quindi inutile affidarsi alle mani di un dio inesistente, quando sappiamo che non ci può aiutare… >>.
<< E’ giusto! >>.
Elvira si avvicinò al bancone e ordinò un Centerba. La signora Event versò la bevanda in un bicchierino.
<< Beve roba del genere? >> disse Wilson, sogghignando. << Una donna come lei non mi sembra davvero un tipo da Centerba! >>.
<< Io adoro l’alcol! >>.
<< Già, deve essere così! >> rispose Wilson, e rise come un matto.
<< E lei, invece? Non è un alcolizzato come me? >> chiese Elvira ammiccando.
<< Prima bevevo come un ippopotamo! Mi imbottivo di vodka, sì… Adesso non più! Sa, una volta avevo un amico che ci è annegato, nell’alcol! >>.
Il volto di Elvira divenne rosso fuoco e la donna sorrise.
<< Però! >> continuò Wilson. << Non è che lo assimili proprio bene, il Centerba, signora Follin… >>.
<< Ma che dice! >> esclamò Elvira. << Io e l’alcol andiamo molto d’accordo! >>.
Marcus Wilson scosse la testa. << Non perda la sua dignità. Venga a fare due passi con me in balcone, vedrà che si rilasserà! >>.
Elvira lanciò uno sguardo al marito, che discuteva coi gemelli Jefferson, e seguì Wilson su per le scale.

* * *

Robert Ive era medico da quasi trentadue anni. Aveva capelli brizzolati, mezzi bianchi e mezzi biondi, ormai divenuti da tempo preda dell’incanutimento, ed un viso maturo che possedeva un che di affascinante. Non si era mai sposato, tuttavia ci sapeva fare con le donne. A differenza di Marcus Wilson, non era un farfallone e, sin da ragazzo, detestava attaccare bottone con tutte le giovani donne, come facevano i suoi coetanei. Era sempre andato alla ricerca del vero amore: una principessa originaria del regno delle fate. Difficile dire se il suo atteggiamento ingenuo era la tecnica di una persona volubile o il comportamento di un tipo semplice. Alcune donne che erano state con lui avevano detto che era semplicemente un attore eccezionale. Il suo modo di fare colpiva spesso la gente. Ive asseriva di essersi fatto medico perché era questo, a suo dire, un mestiere davvero importante nella società. Anzi, chi non si prestava per aiutare la gente era indegno di vivere.
Aveva conosciuto Wilson e i gemelli Jefferson su una nave da crociera che solcava il mar dei Caraibi. Con loro aveva subito stretto un legame di amicizia solido e inscindibile, e da quel giorno li aveva seguiti dappertutto. Marcus Wilson viaggiava in continuazione, a causa della sua professione. I gemelli erano un po’ i suoi assistenti. Tra i due, Robert preferiva Walter, che era più scaltro e intelligente.
Passeggiando su e giù per le scale, il dottor Ive scorse Wilson ed Elvira sul balcone. Lei sembrava leggermente scossa. Proprio mentre assaporava la scena con interesse malcelato, la donna dai capelli blu, che andava di fretta portando una borsa capiente, lo colpì goffamente, facendo rovesciare il contenuto della sua valigia.
<< Mi scusi! >> esclamò di getto, chinandosi per raccogliere velocemente due flaconcini pieni di uno strano liquido, per fortuna sigillate.
<< Si figuri! >> disse Ive, col suo solito tono formale e distaccato.
La donna dai capelli blu sollevò lo sguardo e fu colpita letteralmente dagli occhi di Ive.
<< Lei è il medico? >>.
<< Sì >>.
La donna annuì. << Beh, mi fa piacere conoscerla! >>.
<< Il piacere è tutto mio, signorina… >>.
<< …signorina Skali! >> esclamò lei, avvampando e pentendosi immediatamente di ciò che aveva detto.
<< Credevo si chiamasse Mary! Bel nome, in ogni caso! >> commentò Ive, sbadigliando e mettendo le mani in tasca.
<< Veda di non dirlo in giro, per piacere! Non voglio che si sappia! >>.
<< Va bene! >>.
La signorina Skali fu contenta della risposta secca. Rimise la borsa in spalla e proseguì per il corridoio.

* * *

Terence andò nella camera 13 e chiese a Luna di uscire in balcone.
<< Sarebbe meglio se ci sedessimo fuori. Il vento passa attraverso la Cupola, e prendere un po’ d’aria fa bene, sai… >>.
La ragazza si rivestì in fretta, si sciacquò il viso e osservò i propri occhi esausti. Raggiunse Terence e insieme scesero al piano inferiore, dove si erano creati molti crocchi. Marcus Wilson conduceva una partita a scacchi col dottor Ive, mentre i Jefferson discutevano sottovoce. Skali se ne stava in disparte e osservava il medico con occhio incuriosito. Joe Event leggeva un quotidiano risalente a qualche giorno prima, mentre Jane coceva una minestra in cucina. Elvira aveva smaltito la sua leggera sbornia e se ne stava da sola dinnanzi alla finestra. Follin non era in sala.
<< Allora, prendiamo un bicchierino e poi andiamo dritti in balcone, ti va? >> propose Terence.
Luna, riponendo sul bancone la chiave, lanciò uno sguardo al tavolo dei Jefferson. << Sarebbe carino fare una partita a carte! >>.
<< Vuoi giocare con quei due? >>.
<< Beh, perché no? E’ utile stringere amicizia con i nostri compagni di sventura, non trovi? >> disse Luna in tono soave. << E poi ho bisogno di non pensare ad Hamilton! >>.
<< Va bene, come vuoi tu! Ma promettimi che dopo staremo sul sedile di fuori! >>.
Si avvicinarono ai gemelli Jefferson e proposero un torneo di scacchi. La prima partita fu vinta da Walter Jefferson, che gareggiava contro Luna. La seconda da Terence. Continuarono per un po’, poi Louis Jefferson si alzò dicendo: << Credo che andrò un attimo in camera mia, per prendere le carte magiche! >>.
<< Non disturbarti, Louis, faccio io! >> disse Walter, e lo precedette.
Tornò qualche minuto più tardi con un mazzo di carte. Terence e Luna si misero in coppia e persero rovinosamente.
Si fece frattanto sera. La combriccola di giocatori decise di recarsi in balcone, prima della cena, che Jane Event avrebbe servito alle nove in punto.

* * *

<< Maledizione, Bob, hai gli assi nella manica! >> sbottò Marcus Wilson.
Il dottor Ive sorrise, complimentandosi con se stesso per i punti ottenuti. << Non ho un bel niente, Marcus. E non sono neanche allenato! >>.
<< Allora si tratta della fortuna dei principianti… o dei dottori! >>.
Robert Ive sorrise a malapena. << Beh, adesso credo che chiederò alla signora Event un buon libro da leggere! Ho voglia di fare qualcosa di serio, stasera! >>.
<< Intendi chiuderti in camera per paura che un assassino cattivello ti riduca in polvere? >>.
<< Certo che no! >>.
<< Bah, fai come vuoi! Io resto qui a fare un solitario! >>.
<< Perché non chiami l’avvocato Follin, piuttosto! Sarà contento di giocare, visto che è rimasto solo! >>.
<< Non mi sta molto simpatico, quel tizio! >>.
<< C’è sempre sua moglie! >> disse maliziosamente Robert Ive.
<< Già >> rispose il commerciante di perle, ponderando le proprie parole pensosamente. << C’è Elvira! >>.

* * *

Luna ritirò la chiave, che si trovava ancora sul bancone, e tornò in camera con il buonumore. Terence si adagiò sul letto di lei, ridendo ancora per una battuta fatta da Louis Jefferson.
<< E’ gente simpatica! >> commentò.
Luna si chinò per aprire il cassetto e riporre il cappello. Non appena controllò che la Luna di vetro fosse al sicuro, rimase sbigottita.
<< Non c’è più! >> esclamò.
<< Non c’è più? >> ripeté meravigliato Terence. << Parli di quella sfera? >>.
<< Sì, è sparita! Era qui prima che uscissimo! >>.
<< Ma questo non è possibile! >> disse lui, alzandosi. << Sei sicura di quello che dici? >>.
Luna guardò il suo amico con un po’ di incertezza. Chissà perché, ebbe come l’impressione che in Terence ci fosse qualcosa di molto strano.
<< Ne sono certa! >> disse, convincendosi che, probabilmente, Terence le nascondeva qualcosa. Discussero per un’ora su chi potesse averla presa. Terence assicurò che sarebbe andato da Jane Event per chiederle se avesse dato la chiave a qualcuno.
Quando l’amico andò a letto, Luna si chiese quale potesse essere la causa del suo strambo comportamento.
“Aveva un’aria molto sospetta!” rifletté.
E nel momento in cui se lo disse, sentì Terence urlare a squarciagola nella stanza adiacente.

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Capitolo 10
*** Capitolo IX - Lo scheletro ***


Dunque... ecco il nuovo chap! Rispondo prima di tutto alla domanda di WaterLily...
Bisogna considerare che la protagonista di questa storia non è la classica investigatrice dall'intuito sorprendente. Non possiede il fiuto di Sherlock Holmes, né le famose "celluline grigie" di Hercule Poirot. E' semplicemente Luna, un po' cresciuta. Penso che la conosciate.
Una donna come lei, osserva e assiste attonitamente alle atrocità che si consumano nel mondo. Pertanto, il suo giudizio è sì quello di una persona intelligente, ma non va considerato come un parere assoluto. Tra l'altro, Luna non conosce i retroscena dei delitti. Può solo immaginarli. I risultati delle sue riflessioni non possono essere sempre esatti. Ciò che vede, sente o percepisce coi sensi, invece, è descritto direttamente dal narratore, e sapete che in un giallo uno scrittore leale non dice mai bugie. Però, state molto attenti. Il narratore deve essere sincero, ma questo non implica che non possa fare ricorso all'arguzia per sviare i suoi lettori.E STAVOLTA VOGLIO TEORIE!;-)




CAPITOLO IX
Lo scheletro


L’urlo di Terence riecheggiò per il corridoio, spandendosi come il grido di un’aquila in volo. Non appena Luna lo udì, fu colta dagli spasmi di un terrore che non le dava tregua. Da un lato, aveva intenzione di raggiungere il suo amico, di sapere cosa gli fosse successo. Ma dall’altro, temeva di imbattersi in una realtà cui non era ancora pronta. Riuscì a riflettere, per qualche istante, ponderando ogni possibilità. Afferrò la maniglia della sua camera, ma all’improvviso si accorse che qualcuno, dall’altra parte, stava provando a forzare la serratura della stanza.
I capelli di Luna ondeggiarono in un moto di incertezza e la ragazza schizzò indietro, esitante sul da farsi. Se fosse rimasta lì, probabilmente sarebbe caduta nelle mani dell’assassino del Ragno Nero. Improvvisamente, pensò alla finestra. Anche se la camera numero 13 si trovava al primo piano, arrampicarsi in direzione dell’abbaino, o raggiungere la stanza di Terence con l’appoggio della grondaia, non doveva essere un’impresa ardua.
“Ho passato di peggio!” si disse Luna, facendosi coraggio. Proprio mentre la porta, dietro di lei, emetteva uno scatto poco rassicurante, la ragazza aprì la finestra e si sporse.
Aveva sempre avuto paura dell’altitudine. Ma adesso non c’era il tempo di cercare coraggio. Distruggendo le vertigini, Luna si inerpicò su per il muro, poggiando i piedi sul cornicione e dando le spalle alla finestra. Poi prese a barcollare verso la sua destra.
In un attimo, si trovò dinnanzi agli infissi della stanza di Terence. Il varco era aperto, sicché si poté calare con destrezza all’interno della camera.
Le sembrò di sentire un’imprecazione vaga proveniente dalla sua stanza, un mugolio, un borbottio di protesta, il suono di una voce soffocata, poco prima di atterrare sul pavimento, accanto al letto di Terence. Il luogo era immerso nella penombra. La porta era chiusa e regnava un silenzio sepolcrale. Luna vide Terence all’improvviso. Si trovava riverso, a braccia spalancate, sul tappeto della camera. Un rivolo di sangue correva dalle sue labbra, dirigendosi tetramente verso il mento. Luna scosse vigorosamente il suo amico, tenendolo per le spalle, ma Terence non diede segni di vita.
<< No! No! No! >> esclamò. << Svegliati! Svegliati, Terry! >>.
Finalmente, le parve di vedere, nel buio, un’aprirsi ed un chiudersi repentino degli occhi di Terence, come un guizzo di speranza.
<< L-Luna… Sei… sei qui… >>.
Luna scoccò a Terence un bacio sulla fronte. << Adesso calmati, Terry! >>.
<< Oh, grazie, io… >>.
<< Calmati, sei scosso! >> disse Luna, abbassando la voce e adagiando l’amico sul letto. << Vedi di non far baccano! Credo che il tuo aggressore sia nella mia stanza! >>.
Delle voci crebbero sul pianerottolo, dinnanzi alla porta della camera di Terence. Luna tese l’orecchio. Non c’erano rumori sospetti. Solo un mormorio curioso. Si distinguevano la voce di Jane Event e quelle di Wilson e dei gemelli Jefferson.
<< Che cos’è stato? >> borbottò il commerciante di perle.
<< Sono arrivata giusto adesso! >> spiegò la signora Event. << Credo di aver sentito un urlo che proveniva da questo piano! >>.
Luna trasse la bacchetta di tasca e sussurrò: << Lumos! >>, poi si avvicinò alla porta e la aprì rapidamente. Davanti a sé vide la proprietaria dell’High Magic Hotel, i gemelli e Wilson.
<< Qualcuno ha aggredito il mio amico Terence! >>.
<< Oh, per la miseria! >> disse Jane Event pomposamente. << Per quale motivo? >>.
<< Non ne ho idea! >> rispose Luna. << So solo che… >>.
<< Ehi, aspetti un attimo! >> esclamò Wilson. << Se si trova qui e l’urlo si è sentito meno di due minuti fa, lei era nella camera del signor Lymstock quando è stato aggredito, vuole negarlo? >>.
Luna fece un gesto di impazienza. << Sono uscita fuori dalla finestra e sono passata nella camera di Terence quando ho sentito qualcuno che stava forzando la porta della mia camera! >>.
Walter Jefferson aggrottò le sopracciglia. << E’ successo tutto in pochi istanti? Oh, lo dicevo io, maledizione! La persona che ha ucciso Hamilton, lo stesso che ha edificato il “Tholus Peccatorum”, credo che sia affetto da una mania omicida. Strano che non sia riuscito a mandare all'altro mondo il signor Lymstock! >>.
<< Cosa vuole dire con ciò? >> domandò Jane Event, bizzarramente interessata all’affermazione di Walter, e frattanto varcò l’uscio della stanza di Terence.
<< Voglio dire >> disse Walter Jefferson, << che questa faccenda puzza! Un urlo ed un ragazzo riverso a terra; un assassino che, dopo un’aggressione andata male, si precipita nella camera vicina per scassinare la serratura. Vuol farmi credere, signorina Lovegood, che un racconto del genere è plausibile? >>.
<< E’ successo! >> sbottò Luna, infervorandosi.
<< Suvvia, suvvia, >> disse Jane Event, << vediamo in che condizioni è questo poveretto, invece di star qui a battibeccare! >>.
Chinò la sua bacchetta illuminata sul volto di Terence, deformato da una smorfia di dolore e paura.
<< Oh, oh, oh, oh, non va proprio bene! >> disse, sollevando la testa dal corpo. << Chiami il dottor Ive, mister Wilson! Abbiamo bisogno di lui! >>.
Luna si sedette sul letto, accanto a Terence, e lo carezzò dolcemente. Jane Event si procurò un panno irrorato con cui terse le ferite sul viso dell’aggredito. I gemelli Jefferson scuotevano la testa, poco convinti, mentre Wilson scendeva al piano inferiore, per avvertire il medico.
Terence parve riprendersi lentamente. Assieme al dottor Ive, giunsero al piano superiore Anthony Follin, l’unico senza pigiama, e la moglie Elvira.
L’abbigliamento dell’avvocato riscosse le perplessità di Wilson. << Come mai non ha il pigiama, avvocato, se mi è concessa la domanda? >>.
Anthony Follin si irritò immediatamente. << Guarda un po’ se dovete dirmi anche di rimanere in camera quando mi va di prendere una boccata d’aria! Stavo su in balcone, qualcosa in contrario, signor Wilson? >>.
<< Certo che no, non c’è bisogno che si arrabbi! Per certe sciocchezze, poi, non ne vale la pena, dico bene? >>.
Elvira diede una pacca sulla spalla del marito, patteggiando palesemente per Wilson.
Il dottor Ive, che aveva indosso una vecchia vestaglia, scrutò il collo di Terence con molta cura. Trasse poi dalla sua ventiquattrore una bottiglietta con un liquido scuro e la porse a Terence, che, con molte difficoltà, riuscì a portarla alla bocca.
<< Lo beva tutto, servirà come calmante! La vedo esageratamente scosso, signor Lymstock! Ma avrà modo di spiegarci cos’è accaduto quando starà meglio! >>.
Si voltò quindi verso Luna e fece spallucce. << Ovviamente si riprenderà a breve! Non ha riportato gravi lesioni! Qualcuno gli ha scagliato un incantesimo particolarmente complicato, qualcosa che comunque produce schizzi. Ho ritrovato una miscela sulle sue braccia, che sono visibilmente irritate! >>.
Jane Event si prodigò per assistere l’aggredito, ma Luna disse che avrebbe fatto lei compagnia a Terence fino all’alba.
<< Quand’è così, >> assentì la proprietaria, << torniamo tutti a letto! A proposito, non ditemi che quel cialtrone di Joe è rimasto ancora a letto! >>.
<< Non vedo neanche la signorina con i capelli blu! >> disse Wilson, con un che di ironico nella voce. << Che fine ha fatto? >>.
Louis Jefferson rise a più riprese. Nessuno seppe rispondere alla domanda del commerciante di perle. Piano piano, la folla si dissipò. Jane Event fu l’ultima a lasciare la stanza di Terence. L’avvocato Follin scacciò l’occhio al poveretto e lo consolò dicendo: << Tornerà tutto al proprio posto, vedrà! Alla fin fine, il peggio è passato! Abbia fiducia! Tutto si è risolto nel migliore dei modi, signor Lymstock! >>.
E uscì dalla stanza. Luna rimase da sola accanto a Terence. Il corridoio tornò buio ancora una volta e il filo di luce che si infiltrava sotto la fessura della porta si spense simultaneamente. Per le scale, risuonarono degli auguri di buonanotte, tutti piuttosto cauti e ponderati.
Luna scompigliò amichevolmente i capelli del suo amico. Accese l’interruttore centrale, ma, anche dopo aver chiuso la porta a chiave, si sentì tremendamente vulnerabile all’interno di quella stanza estranea. Non poteva credere che, poco prima, lì era avvenuta un’aggressione.
<< Cosa puoi dirmi, Terry? Hai visto qualcosa? >>.
Luna fissò Terence con sguardo implorante.
<< Un essere abnorme, con un vestito nero! Non ho notato il volto! Credo che fosse scoperto, ma non sono riuscito a fissarlo direttamente in viso… Una cosa l’ho vista chiaramente, Luna. Ed è quella che più mi ha fatto paura! Sul vestito, portava una spilla rappresentante un enorme ragno nero… E poi…>>.
<< E poi? >>.
<< E poi si è avvicinato a me, chiunque fosse, e mi ha detto: “Lasciala sola, o ti finirà male!”. Dopodiché sono stato immediatamente Schiantato >>.
Luna rifletté qualche istante. << “Lasciala sola…” >> ripeté. << Che cosa diamine avrà voluto dire >>.
<< Non ne ho idea! >>.
<< E poi, perché è venuto nella mia camera? Non mi sono sbagliata, Terry. Ho sentito qualcuno che forzava la serratura! >>.
<< Mi dispiace che anche tu abbia passato dei brutti momenti! >>.
<< Non hai capito di chi poteva trattarsi? L’avvocato Follin, forse? >>.
<< Oh, no, sono certo che non era lui! >>.
<< Come fai ad esserne certo? >> domandò Luna, cogitando.
<< La sua stazza la riconoscerei a mille miglia! >>.
<< Escluderesti anche i due gemelli Jefferson,, per lo stesso motivo? >>.
Terence si portò le mani alla testa, confuso. << Voglio dormire, Luna! Non so più cosa pensare, credimi… >>.
<< Ma perché? >> esclamò la ragazza tra sé. << Perché ti hanno aggredito? Cosa volevano realmente da te? E che cosa da me? La Luna di Vetro l’hanno presa, o sbaglio? >>.
Terence si infilò sotto le coperte con un po’ di impaccio. Poi sussurrò: << Volevano toglierci di mezzo, Luna! Me lo sento! >>.

* * *

Alla colazione del mattino successivo, Luna rammentò con amarezza il giorno in cui, letta la missiva di Prescott Scott, aveva lasciato la sua casa accogliente di Londra per cadere letteralmente nelle mani di un gruppo di folli assassini. Si pentì di non aver ascoltato gli avvertimenti di Terence, di essere andata dritta al pericolo senza esaminare le potenziali conseguenze. Ma ormai era in ballo e doveva ballare. Se l’omicida del Ragno Nero era all’interno dell’High Magic Hotel, nella Cupola, come tutti gli ospiti, avrebbe dovuto scoprire la sua identità.
Mentre inzuppava nel burro dei biscotti ricoperti di marmellata, meditò coscienziosamente. La prima questione che si pose riguardava il “Tholus Peccatorum” e la Luna di vetro. Se effettivamente il Ragno Nero si era impossessato della sfera il giorno precedente, che motivo aveva di mantenere intatta la Cupola? Passò in rassegna tutti gli ospiti dell’albergo e si soffermò sui gemelli Jefferson. Sedevano in questo momento ad un tavolo vicino. I loro volti, aguzzi come quelli di un serpente, sembravano totalmente inadatti al resto del corpo, che era invece tozzo e tarchiato. Poteva, uno di loro due, aver commesso il terribile omicidio di Hamilton e l’aggressione di Terence?
“No!” si disse Luna. “Ho avuto modo di conoscerli e sembrano davvero brave persone!”.
Prese poi in esame Anthony Follin, che scartò immediatamente. Stando a quello che era stato detto da Terence, non era somigliante all’aggressore. Ma Luna considerò delle ipotesi un po’ balzane. Se, per esempio, l’avvocato avesse bevuto una Pozione Polisucco, prima di attaccare Terence, non avrebbe potuto quest’ultimo sbagliarsi?
Elvira, una donna così riservata e taciturna, non era certo il tipo da associazione criminale. Per non parlare di quello sbruffone di Marcus Wilson.
Il dottor Ive era invece un soggetto interessante. Luna lo scrutò con attenzione, prima di trarre conclusioni su di lui. All’apparenza era un tipo tranquillo, ma maledettamente attraente. Un uomo come lui poteva aver ucciso Hamilton spietatamente?
Infine restava la donna dai capelli blu. Luna la cercò con lo sguardo. Non era nella sala-ristorante, quella mattina. Ma perché? Dov’era finita?
<< Oh, signorina Lovegood! >> esclamò Joe Event, avvicinandosi al tavolo. << Mi hanno detto che il suo amico Terence ha avuto dei grattacapi, stanotte! >>.
<< Già >> rispose Luna.
<< Non è sceso per la colazione? >>.
<< Ho preferito non svegliarlo! >>.
<< Capisco! Ah, a proposito! Gli porti le mie scuse! Stanotte mi avevano colto dei crampi al piede e non sono riuscito ad alzarmi dal letto! Ma mia moglie è venuta a controllare, nevvero? Ah, com’è zelante! Se solo fosse meno puntigliosa… >>.
<< Puntigliosa? >> disse Luna, con disinteresse malcelato, pensando che sarebbe stato meglio intavolare una discussione banale piuttosto che spremersi le meningi su un possibile colpevole.
<< Sì! >> rispose Joe. << Non mi dica che non conosce le donne come Jane! La mattina si svegliano di buonumore, e alle due le può trovare iraconde e scontrose! Nel caso specifico, poi, Jane è sempre più irritata, ultimamente! Forse è la vecchiaia a renderla così intrattabile, chissà! >>.
<< E che mi dice di mister Wilson? Sua moglie ha asserito, l’altro giorno, che aveva stretto con lui una buona amicizia! >>.
<< Parlano con tono distaccato, a dir la verità! >> spiegò Joe. << Ma è un brav’uomo, anche se può sembrare il solito scansafatiche farfallone! >>.
<< Mi chiedevo, per quale motivo lui e la sua combriccola sono venuti qui a Randywick? >>.
<< Ah, ma per giocare a carte! >> esclamò Joe. << Amano i circoli in cui… in cui si gioca, sa, signorina Lovegood! A buon intenditor, poche parole! Sono venuti qui, credo, per abbandonare quei postacci nei quali si entra col sorriso e le tasche piene e dai quali si esce col portafogli vuoto ed una faccia depressa! >>.
<< Intende dire che giocano d’azzardo? >>.
<< Ma sì! Però, ammetto che non mi va di biasimarli… Ai miei tempi, anche io ho commesso certi errori! E poi Wilson mi è sempre stato molto simpatico, nonostante tutto! >>.
<< Mi fa piacere che abbia chiesto di Terence, signor Event! >> disse Luna. << Adesso, se mi vuole scusare, vado a prendere una boccata d’aria! >>.
<< Prego, prego! >> concluse Joe, e si accomiatarono.
Luna portò a Terence un barattolo di marmellata, prima di lasciarlo sotto le sue calde coperte. Uscita in balcone, trovò Elvira, la moglie dell’avvocato Follin, che si scolava una bottiglia di inebrianti. Le si avvicinò cautamente e la vide vacillare in maniera preoccupante.
<< Ha bisogno di aiuto, signora Follin? >> domandò gentilmente.
<< Oh, signorina Lovegood! >> esclamò Elvira, ridendo come una matta e singhiozzando sotto l’effetto dell’ alcool. << No, no! E che aiuto dovrei volere? Hic! Sta venendo Marcus, sa… Oh, aspetti di conoscerlo! Hic! E’ una persona f-fantastica! >>.
<< Lei non sta bene! >> disse Luna con una nota di scoramento nella voce.
<< Ma le dico di sì! Hic! Oh, la testa! Ho un gran male alla testa! Ma Marcus me lo farà passare, signorina Lovegood! >>.
<< Venga qui, la porto nella sua stanza! >>.
<< No, no, non ce n’è affatto bisogno! Hic! >> esclamò Elvira, con un sorriso ebete. << Vada da Terencino, che non sta molto bene, a quanto vedo! >>.
Luna sbarrò gli occhi e rimase estatica per un attimo.
“E’ l’effetto dell’alcool che la fa parlare in questo modo!” si disse poi. “Questa è una brava persona, ne sono certa!”.
Afferrò Elvira per il braccio e la portò dentro. La signora Follin si dimenava, protestando e ridendo, ma Luna non la lasciò andare. Scesero al pianterreno.
<< Qual è la sua stanza, signora Follin? >>.
<< Hic! Stanza… numero… tre! >>.
Luna si spazientì, bussò alla porta della camera ma nessuno rispose. Abbassò la maniglia e si ritrovò in una camera perfettamente uguale alla sua, ma decisamente più disordinata. Adagiò sul letto Elvira e ne approfittò per dare uno sguardo intorno.
Fu colpita da qualcosa di bianco che fuoriusciva dalla valigia della signora Follin.
<< Cosa tiene lì dentro, Elvira? >>.
La donna scattò in piedi immediatamente. << Non è niente… io tengo quello che voglio nella mia valigia! >>.
<< Certo, certo! Ma quello, >> disse Luna, << sembra quasi un osso! >>.
Elvira si chinò per chiudere meglio la sua valigia. Luna fu sicura di vedere, al suo interno, la copia perfetta di uno scheletro umano, riprodotta in plastica.
La signora Follin chiese a Luna di uscire dalla camera. La ragazza obbedì, ma, non appena fu nel corridoio, si sentì immensamente confusa per ciò che le era parso di vedere nella valigia di Elvira.

* * *

Dopo il pranzo, Jane Event passò per le stanze con l’intenzione di spolverare. Marcus Wilson le aprì la porta dopo qualche minuto. Jane Event trovò la finestra che dava sul balcone completamente spalancata e delle tracce di scarpe sulla guarnizione marmorea. Pur se leggermente dubbiosa, tenne a bada la curiosità e si precipitò nella camera di Anthony Follin, che dormiva, russando sonoramente. Elvira sembrava essersi messa da poco sotto le coperte. I capelli grondanti di sudore erano letteralmente appiccicati al suo viso, e la donna non sembrava in una buona condizione. Poco prima che Jane Event cominciasse a ripulire velocemente la camera, Elvira infilò la sua valigia sotto il letto, poggiò la testa sul cuscino e cominciò a balbettare frasi scollegate e prive di senso. La proprietaria dell’High Magic Hotel si ripromise che non avrebbe più venduto alcolici a quella povera donna.
“Si sta rovinando, la tapina!” pensò tristemente.
Non appena bussò nella camera della donna dai capelli blu, non le giunse alcuna risposta. Jane Event sentì come un presentimento terrificante. Ricordò che Skali non aveva partecipato alla colazione, né si era fatta viva quella notte. A pranzo, non si era neanche presentata. C’era indubbiamente qualcosa che non andava.
<< Sono la signora Event, devo riordinare la stanza! Si può? >>.
Toc, toc, toc.
<< Signorina, risponda! >> esclamò a voce più alta, reggendo la scopa in mano.
Accorsero Louis e Walter Jefferson, i gemelli. << Ha bisogno di aiuta, signora Event? Cosa succede? >>.
<< La donna coi capelli blu! Santo Cielo, non risponde! >>.
Walter si avvicinò alla stanza e bussò coi pugni serrati. << C’è nessuno? >>.
Non ci furono risposte.
<< Vado a prendere il passepartout! >> disse Jane Event.
<< Faccia in fretta! Non vorrei che una perdita di tempo ci costasse la vita dell’ennesimo cliente… >>.
Jane Event emerse qualche minuto dopo con una chiave minuscola, che inserì premurosamente nella toppa. Quando, con una spinta, aprì la porta, si accorse che la camera era vuota.
<< E’ scomparsa! >> esclamò Louis Jefferson, e la signora Event non poté che annuire gravemente.




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Capitolo 11
*** Capitolo X - Acido caustico ***


Grazie WaterLily!!! Sei l'unica lettrice di questa FF, probabilmente, ma i tuoi lunghi e interessanti commenti mi spronano non poco, devo ammetterlo! A parte questo, volevo chiederti se mi son perso qualcosa. Avevi forse fatto una domanda cui non ho risposto? Se è così, scusami, rimedierò non appena la riproporrai!
Ringrazio anche tutti gli altri che postano consigli o domande!
Cambiamenti all'orizzonte. Questo capitolo ha una notevole rilevanza. Fate tutte le teorie che volete! Qualche commentino negativo non stona mai! ;)




CAPITOLO X
Acido caustico


La notizia della scomparsa di Skali si diffuse a macchia d’olio. Quella stessa sera, poche ore dopo la scoperta, Jane Event tenne un discorso ai clienti nella sala-ristorante, rivolgendosi a loro come ad un pubblico gioviale. Ma tra gli ospiti, non c’era nessuno che non fosse inquieto. Marcus Wilson, per primo, continuava a borbottare imprecazioni tra sé, biasimando l’ambiente infido nel quale era fortuitamente capitato. Il comportamento di Anthony Follin, freddo, distaccato, strambo, non era ancora mutato. Frattanto, gli atteggiamenti della moglie Elvira si facevano sempre più incomprensibili. La donna trascorreva ore ed ore dinnanzi al bancone, tornava in camera brilla e visibilmente scossa; ma il marito sembrava non curarsene. I loro rapporti si stavano lentamente sgretolando, come i tasselli di un muro di gesso che frana rovinosamente. Il medico Ive era pressoché lo stesso, ma il dileguamento di Skali l’aveva turbato a fondo. Alla tragica notizia, il suo volto si era contratto in una smorfia di terrore. I gemelli Jefferson, in tutto ciò, si astenevano dal pronunciare sentenze o esprimere pareri. Il loro hobby preferito era rincantucciarsi in un angolo, scansando ogni pericolo ed evitando discussioni potenzialmente rischiose. Non meno imperscrutabile era Terence, il quale, in seguito all’aggressione, era diventato improvvisamente taciturno e misterioso. Pur sforzandosi, Luna non riusciva a guardarlo senza porsi mille interrogativi. Il viso fragile del suo amico, poi, pareva suggerirle soluzioni impensate.
<< Stanotte non dormirò, me lo sento! >> disse lui stancamente, durante la cena di quella stessa sera.
<< Non dormirai… >> ripeté Luna, senza realmente prestare attenzione alle parole udite.
<< Credo che tu sia rimasta ancora una volta incantata, Luna! >> esclamò Terence all’improvviso. << Cosa ti frulla in testa? >>.
<< Sempre le solite domande! Man mano che il tempo passa, si fanno sempre più pressanti! >>.
<< Parli della sparizione della Luna di vetro? >>.
<< Anche di quella, sì! >> rispose Luna, assorta.
<< E ti chiedi perché la Cupola non è stata abbattuta, se il Ragno Nero ha ottenuto quel che voleva, giusto? >>.
Luna annuì. << Hanno trovato la sfera. Saranno contenti adesso… Eppure noi siamo ancora qui dentro! Sai spiegartelo, Terry? >>.
Il ragazzo ingurgitò avidamente una fetta di pane tostato. << C’è un’unica possibilità, Luna! La risposta alla tua domanda non può che essere questa! >>.
Luna sollevò gli occhi. << Hai trovato la soluzione? >>.
<< Elementare, Lovegood! Mi stupisco di te! >> disse Terence, ammiccando. << Dopotutto, siamo esseri umani dotati di cervello e raziocinio. Hai detto qualcosa di logico, poc’anzi, ma forse hai tratto conclusioni troppo affrettate. La Cupola non è stata abbattuta, anche se il Ragno Nero ha ottenuto ciò che voleva… Come vedi, deve esserci un errore nel ragionamento. Una falla, insomma. Sì, perché se davvero l’associazione criminale avesse trovato ciò che cercava, la Cupola sarebbe stata abbattuta, per permettere ai membri del Ragno di fuggire… Non ci arrivi neanche adesso? E’ più semplice di quello che pensi: il Ragno Nero vuole qualcos’altro… Non ha portato a termine i suoi piani, Luna… Questo è quanto… >>.
<< Pensi che il rapimento di Skali sia legato al caso? >>.
<< Il rapimento… >> ripeté Terence, incerto. << Non so dirti, ma ne dubito! La donna dai capelli blu mi sembrava tutt’altro che un’assassina, a dirti la verità! >>.
<< Beh, se ci affidiamo alle sensazioni, non arriveremo mai ad una soluzione concreta. Non è così? >>.
<< Può darsi! >> esclamò Terence, continuando a mangiare.
Troncarono volutamente il discorso, perché al loro tavolo si avvicinò il commerciante di perle, in compagnia del dottor Ive, figura totalmente messa in ombra.
Luna osservò il medico, si alzò, gli strinse la mano. Marcus Wilson si tenne in disparte, e prese a dialogare con Terence, che non sembrava entusiasta. In mancanza di un valido compagno, Luna intavolò una discussione con il medico.
<< Mi chiedevo >> disse, << se c’è qualcosa che lei stanotte ha taciuto, signor Ive! >>.
Le parole erano uscite dalla sua bocca senza che Luna riuscisse a controllarle.
<< Cosa avrei dovuto tacere? >> rispose il medico pacatamente.
<< Lasci perdere, è stata una sciocchezza che mi è passata per la testa… Dunque… Può dirmi qualcos’altro sulle condizioni di Terence? >>.
<< Stanotte le ho spiegato tutto, signorina Lovegood! >>.
<< Temo di aver dimenticato >> rispose lei.
<< Sul corpo del suo amico è stato spruzzato un liquido altamente corrosivo, di cui sconosco il nome! L’azione della sostanza ha provocato nel signor Lymstock degli ematomi non molto gravi! Inutile dire che è stato Schiantato! Noi medici lo intuiamo dagli occhi… Quando sono arrossati, come nel caso in questione, il soggetto ha ricevuto uno Stupeficium stordente! >>.
<< Ha idea della provenienza del liquido corrosivo? >> domandò Luna.
<< E’ sicuramente qualcosa di molto elaborato! Oserei dire che deve essere opera di un Magichimico molto preparato! >>.
Luna chinò la testa. << Dottor Ive, cosa ne pensa di tutta questa faccenda? >>.
Il medico sorrise. << Ottimismo, mia cara! Ne usciremo vivi e con una bella esperienza da raccontare! Il “Tholus Peccatorum”, ne sono certo, verrà abbattuto a tempo debito! Chissà che non si tratti di uno stupido scherzo! >>.
<< Chissà! >> disse Luna, ma in cuor suo sapeva che non era così.

* * *

Jane Event fece pulizie, quella sera, nella camera di Luna e Terence, scrostando i mobili e riportando l’ordine e il candore anche negli angoli più immondi degli armadi di quercia. Le finestre dell’High Magic Hotel furono spalancate per lasciare entrare un po’ d’aria fresca. L’estate era ormai entrata nella fase di declino, nonostante non fosse ancora Ferragosto. Come di consueto, l’intera combriccola di ospiti si riunì dopo cena nel balcone. Sebbene non avessero stretto previamente degli accordi, si ritrovarono tutti assieme sotto la luna bianca, che sorrideva tetramente. Elvira decise di lasciare la bottiglia e se ne stette sulle braccia del marito, a sua volta seduto su di una sedia a dondolo. I gemelli Jefferson, Luna e Terence giocarono a dama su un grande tavolo messo a disposizione da Joe Event. Il medico andò vagando pensosamente vicino alla ringhiera, proprio mentre Marcus Wilson adocchiava da lontano Elvira, un guizzo di desiderio dipinto negli occhi provocanti.
<< Mi permetta di dare una spolverata alla sua stanza! >> disse Jane Event, avvicinandosi a Walter Jefferson.
L’uomo fissò la proprietaria con un po’ di incertezza. << Beh, faccia pure, ma si sbrighi, perché stasera voglio andare a letto presto! >>.
La donna fu più veloce del previsto. Spolverò i cassetti della camera di Jefferson, rinvenendo vecchi sigari bruciati, una bacchetta di prugnolo, qualche coperta sgualcita, una bottiglia lattescente con la scritta tenere fuori dalla portata dei bambini, due documenti e alcuni souvenir provenienti dalla Francia Settentrionale; quindi si occupò della nettezza del tappeto e delle finestre.
Giunse la notte, che ammantò con le sue mani oscure l’interno villaggio di Randywick. Luna se ne stette ad ammirare le stradine sterrate, bramando ardentemente di essere libera, al sicuro, in compagnia di persone fidate e comprensive. Rimasta sola, si sedette su di un sedile e chiuse gli occhi. Vide gli squarci di un’infanzia bizzarra, ricordò gli amici che non vedeva da tempo, i suoi sogni perduti e le sue ambizioni, ormai relegate nel cantuccio più nascosto della sua anima. Sentì la testa stanca ed in poco tempo la ritrovò ciondolante. Non riuscì ad alzarsi. La brezza estiva le scompigliava i capelli, mentre era immersa nel torpore del dormiveglia.
<< Gliene parleremo a tempo debito, della casa in collina! Intende acquistarla? Possiede i soldi necessari? >> stava dicendo l’impiegato di un’agenzia immobiliare. E Luna, in quella visione onirica confusa e bizzarra, percepì il lampeggiare di uno strano essere minuscolo, simile ad un riccio con un grosso corno dorato.

Quando si ridestò, Luna sentì dei brividi percorrerle la schiena. Erano andati tutti a letto, e ormai dovevano essere le due del mattino. Il cielo era limpido, ed emanava una luce fievole che proveniva dalle trame di stelle sfavillanti intrecciate come rami di frutici. Luna provò a dare un nome alle costellazioni, ma per qualche motivo sentì delle lacrime sfiorarle malinconicamente il viso. Voleva dimenticare qualcosa di spiacevole… La morte dei suoi genitori? L’assassinio di Scott ed Hamilton?
Una mesta nostalgia si impadronì di lei, trasportandola in un iperuranio di sogni e poesia. Si alzò leggermente scossa, mentre ripensava ai cambiamenti del suo carattere. La maschera da bambina spensierata era stata rimossa dal suo viso violentemente. Nei suoi occhi, adesso, non splendeva più il barlume di un tempo.
Per evitare di creare disagio, Luna entrò nel corridoio senza accendere la luce. Richiuse la porta della terrazza, che sfrigolò stridula sui cardini, e si voltò. Il tappeto serpeggiava fino alle scale che conducevano alla hall dell’albergo ed era avviluppato in una coltre di tenebre. L’unica luce che indicava a Luna la strada era quella che penetrava dalle serrande semichiuse del balcone. Un silenzio assoluto regnava sovrano.
“Vorrei bere un po’, prima di coricarmi!” si disse Luna. “Soltanto un goccio di birra, per prendere sonno con più facilità!”.
Raggiunse il bancone del piano inferiore. Chiaramente Jane Event si trovava a letto, ma Luna era convinta di poter fare da sola. Si chinò per scegliere una bottiglia tra i liquori, e fu colpita da una busta sigillata che recava una strana effigie: una perla gigante, tracciata con cura sul bordo della lettera.
Luna svolse il pezzo di carta e ne lesse il contenuto.

Dobbiamo abbandonare la contea il prima possibile, o verremo scoperti dagli Auror. I contrattempi che si stanno verificando non erano in programma, e attireranno la polizia. E se i due londinesi, la ragazzina bionda e il suo fidato compagnetto, non la smettono di curiosare in giro, giuro che non la passeranno liscia. Studierò il modo di tenerli lontani. Per adesso, ecco il piano di cui parlavamo a pranzo: ci vediamo al solito posto, col solito bastone, domani, alle tre di notte. Il carico è pronto, bisogna solo farlo uscire da qui. Brucia immediatamente questa lettera, prima che qualche...

Un rumore. Un passo ovattato. Qualcuno che si avvicinava.
Luna ripiegò malamente la busta, tentando di non fare rumore. Ma la carta stracciata provocò un suono alquanto potente. E poi, la ragazza seppe che, chiunque fosse, era dietro di lei. Si gettò da una parte, sotto il bancone, e rimase attonita, ad osservare la scena, terrorizzata e sicura di essere sul punto di morte.
Una figura incappucciata avanzò fino al retro del bancone, si chinò, afferrò la lettera e con un gesto fugace la nascose sotto il mantello.
“Ora o mai più!” si disse Luna. Puntò la bacchetta contro la figura e sussurrò: << Stupeficium! >>.
L’incantesimo schizzò per la camera, colpendo l’individuo solo di striscio. Quest’ultimo emise un’imprecazione concitata e Luna udì una voce femminea... Ma la figura non si fece incastrare. Svoltò in direzione delle scale e svanì.

Luna si precipitò in camera con il fiatone. Usufruì della gradinata secondaria, temendo un attacco. L’atmosfera era densa, carica di tensione ed inquietudine. Ma l’individuo misterioso doveva ormai essere tornato in camera.
“Chi era?” si domandava Luna, piangendo. “Skali è scomparsa… Non resta che la signora Follin ma…”.
Altri rumori nel corridoio.
“Quanto è vero che mi chiamo Luna, quella non era Elvira!”.
Erano pensieri contrastanti quelli che popolavano la sua povera mente. Pensieri che cozzavano fragorosamente tra di loro, in una battaglia ipotetica. E se l’individuo avesse solo imitato una voce femminile? Se fosse stato un uomo travestito?
Chissà perché, Luna pensò a Terence. E allora, fu assalita da un’angoscia incontrollabile.
E se proprio il suo amico fosse stato implicato nella faccenda? Possibile che stesse recitando la parte della vittima? Nonostante tutti gli elementi che lo discolpavano, Luna non poté abbandonare la sua idea. Se davvero, sotto il volto da brav’uomo, Terence stesse celando un animo corrotto dal male?
“Non è possibile!” si disse, scacciando la sensazione che l’aveva presa. “Guarda un po’ di chi sto dubitando! Se davvero Terence c’entrasse qualcosa, sarei morta…”.
L’apparenza inganna, Luna, parevano bisbigliare le mura dell’albergo.
<< Signorina Lovegood! >>.
Robert Ive emerse dalla penombra. Era una figura tremendamente rassicurante, nelle tenebre notturne, con la sua sigaretta in bocca che emetteva un fumo leggero. Passeggiava spensierato per il corridoio, evidentemente ignaro di ciò che era successo al piano inferiore poco tempo prima.
<< Mister Ive! Che ci fa qui, a quest’ora? >>.
<< Non avevo sonno, e gli incubi mi tormentavano! Piuttosto, lei? Si è alzata adesso oppure è già su da un pezzo? >>.
<< Ho preso un goccio di birra, perché non riuscivo ad addormentarmi! >>.
<< Ah, capisco! E la birra le dà sonnolenza? >>.
<< Un po’ >>.
Robert Ive si passò una mano fra i capelli. << Ho parlato con la signora Event, a pranzo, e mi ha detto che le provviste buone, nel giro di qualche giorno, diventeranno immangiabili. Il cibo non si conserva bene, nelle riserve dell’hotel. Tuttavia, abbiamo cibo in scatola a sufficienza. Ma spero che non ci costringeranno a mangiare del tonno! >>.
Luna appoggiò le spalle al muro. << Non mi va di aggiungere altre preoccupazioni alla mia testa già in subbuglio! >> disse saggiamente.
<< Vada a letto, dunque! Non voglio certo star qui ad annoiarla! Buona notte, signorina Lovegood! >>.
<< Buona notte, dottore! >>.
Luna si precipitò al piano superiore e trasse di tasca la chiave. La infilò velocemente nella serratura e si fece spazio nella penombra della camera. Chiuse la porta ermeticamente, si gettò sconsolata sul letto e cercò di ricomporre il puzzle enigmatico di quella faccenda.
Cosa le sfuggiva? Non aveva considerato qualcosa… L’aggressione di Terence… cosa ne poteva dedurre?
Quel maledetto liquido corrosivo spruzzato sul suo corpo era probabilmente opera di un abile Magichimico del Ragno Nero… Ma chi, in quell’albergo, era capace di creare miscele simili a quella ritrovata sugli arti di Terence? Chi era in grado di utilizzare gli ingredienti farmaceutici per produrre un acido caustico?
E poi, aveva quasi dimenticato la sigla di cui Hamilton le aveva parlato prima di morire.
“J. W.” si disse Luna. “Oh, no, qualcosa mi sfugge!”.
L’assassino avrebbe continuato a mietere vittime. Nell’oscurità, si muoveva con passi felpati, uccidendo per il desiderio perverso di ottenere qualcosa...
Qualcuno, in albergo, pensò: “Il piano funzionerà. Costi quel che costi, riusciremo a rovesciare la Cupola e ad allontanarci da qui!”.
Qualcun altro, si diceva con sincera tristezza: “Oh, povera, piccola Luna! E’ tutta colpa mia siamo in questo guaio! Dannazione, che sia maledetto il nome del Ragno Nero!”.
La notte si infittì, inghiottendo Randywick in un baratro nero. Ma il tempo passò in un lampo. Ed un sole lucente fece capolino tra i monti, gaio e radioso. L’aria era satura del sapore di cambiamenti. Quella nuova giornata di Agosto avrebbe riservato molte sorprese alla povera Luna…

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Capitolo 12
*** Capitolo XI – PRIMA PARTE - Amori nascosti ***


Quello che vi propongo, o miei due lettori, è un capitolo alquanto inusuale. A prescindere dalla brevità (ma considerate che è solo una parte del chap XI), contiene eventi che si susseguono piuttosto velocemente ed a ritmo spiazzante. Non so che grillo mi sia passato per la testa quando l'ho scritto. Fatto sta che non mi va di cambiarlo. L'atmosfera sta per mutare radicalmente... Ricordate che il giallo è solo una sfaccettatura dell'intero racconto. La Fan Fiction è più un mix di vari generi, come vedrete in seguito. Ma continuate con le teorie! ;)Grazie a Water e a tuttiiiii! Mi son divertito moltissimo a leggere l'ultimo commento chilometrico (a parte il fatto che è interessante e scritto bene, i complimenti sono sempre ben accetti...)


CAPITOLO XI – PRIMA PARTE
Amori nascosti


<< Sono centododici, in tutto! >> disse Marcus Wilson, ridendo forsennatamente.
<< Pretendo una rivincita! Non vorrai negarmela, suppongo! >> rispose Louis Jefferson, indispettito, e depose le carte sul tavolo di legno.
<< Rimandiamo la rivalsa a più tardi! >> rispose il commerciante. << Passo a prendere un bicchierino, piuttosto! >>.
Louis annuì, non palesando il fastidio. << Quand’è così… ci vediamo dopo! >>.
Luna e Terence scesero le scale con esagerata pacatezza e presero posto vicino al tavolo dell’angolo, ove sedeva incurante e tranquillo Robert Ive.
<< Signor Lymstock! >> esclamò, felice. << Vedo… vedo che si è ripreso! >>.
Luna percepì negli occhi del medico un guizzo di sadica malvagità e fu scossa tanto che rimase inebetita per qualche istante, prima di riuscire ad assumere un comportamento adeguatamente indifferente.
<< Mi son ripreso quasi del tutto, sì! >> rispose Terence, chinando la testa. << Oggi mi sento più scattante del solito, a dir la verità! >>.
<< Poteva finirle peggio! >> disse Ive, e in tono macabro aggiunse: << Ringrazi che non c’erano spade in giro… >>.
<< Spade? >> ripeté Terence, dubbioso.
<< Spade, sì! >> confermò il medico, in attesa che il suo interlocutore comprendesse. << Alludo a quel poveretto, Hamilton! Pace all’anima sua… >>.
Il pensiero dell’assassinio provocò in Luna una fitta dolorosa all’altezza dello stomaco. La ragazza congiunse le labbra e intrecciò le dita compostamente. << Io… Gradirei che la colazione mi fosse servita all’istante! Ho davvero molta fame, stamani! >>.
Come inviata da Dio, Jane Event sbucò da dietro il bancone, dopo un colloquio con Wilson. Si avvicinò a Luna e Terence e sorrise amabilmente. << Cari, vi ho fatto aspettare! Ma abbiamo avuto un problema, questa notte! Ci rincresce! >>.
<< Che tipo di problema? >> domandò Terence, arcuando le sopracciglia con aria curiosa.
La signora Event si strinse nelle spalle in un moto di mera rassegnazione. << Elvira Follin, sa… Non si sentiva molto bene! >>.
<< Santo Cielo! >> sbottò Luna. << Quelle maledette bottiglie…! >>.
<< Oh, no! >> esclamò Jane Event, sulla difensiva. << Ho compreso anche io il problema, mia cara! Le ho vietato ogni alcolico già ieri mattina! Stavolta il problema deve essere un altro… >>.
Luna corrugò la fronte. << E’ sicura che non sia sgattaiolata stanotte fino al bancone? >>.
Stranamente, il volto di Jane Event si dipinse di rosso. << Come mai questa domanda… particolare? >>.
<< Non è niente! >> disse Luna. << E’ solo che gli alcolizzati spesso escogitano i modi più strambi per tracannarsi una bottiglia, sa, signora Event! >>.
<< Che sciocca, sono stata, a non sigillare il bancone! Provvederò stanotte, grazie dell’avvertimento! Dunque, volete che vi porti qualcosa da mangiare? >>.
<< Sì, per piacere! >> intervenne Terence, in avida aspettativa. << Vorrei… una buona tazza di caffèlatte, se possibile! >>.
<< Per me, >> interloquì il dottor Ive, << un croccante croissant ed un barattolino di dolcissima marmellata alla frutta fresca! >>.
<< E per lei, signorina Lovegood? >>.
La ragazza meditò un attimo. << Prendo anche io un caffèlatte, possibilmente con brioche! >>.
<< Oh, mi spiace deluderla! >> disse la proprietaria all’improvviso, mortificata. << Le brioche non sono più in dispensa. Dunque, mio malgrado, non posso accontentarla! >>.
<< Vada per un semplice caffélatte! >> si rassegnò Luna.
<< E sia! >> sorrise Jane Event, allontanandosi.
<< Che strana, la gente! >> borbottò Robert Ive sotto i baffi.
<< Già! >> confermò Terence, e stettero in silenzio a meditare.

* * *

La luminosità della mattina morì inghiottita da alcune nuvole passeggere. Gli ospiti trascorsero parecchie ore nella hall dell’High Magic Hotel, ponendosi domande e quesiti circa la scomparsa improvvisa della misteriosa donna dai capelli blu. Joe Event notò argutamente che l’aggressione di Terence e il dileguamento di Skali erano accaduti nel giro di poche ore. Tutti furono colpiti da quest’esclamazione. Qualcuno ipotizzava un rapimento, altri tacevano, astenendosi dal pronunciare sentenze.
Imprevedibilmente, un vento sempre più forte colpì i vetri della sala-ristorante, per cui Jane Event si trovò costretta a serrare le tende. Robert Ive se ne stette sino a tarda sera con il suo sigaro in bocca. Le persone che avevano assunto l’atteggiamento più ambiguo erano senza dubbio l’avvocato Follin, che spariva in continuazione, e Marcus Wilson, rosso in viso e apparentemente iracondo o preoccupato. Luna ebbe l’occasione di parlare con quest’ultimo durante una breve pausa-tè. Mentre Terence se ne stava in panciolle lì vicino, i due si sedettero attorno al tavolo di paglia della hall.
<< La vedo scosso, mister Wilson! >> disse Luna, non immemore delle provocazioni che l’uomo le aveva rivolto alcuni giorni prima.
<< Non ho nulla che mi preoccupa! >> rispose Wilson. << Ma non capisco l’interessamento! >>.
<< Mi stavo semplicemente informando! >> esclamò Luna, mentre Terence le si accostava.
Wilson tergiversò astutamente. << Avete mai pensato di sposarvi, voi due? >>.
Terence sbarrò gli occhi, sbiancando. Luna rimase impassibile, forse celatamente raddolcita da quelle parole.
<< Io… io n… non… Voglio dire… non siamo mai… >>.
<< Calma, Terry! >> sorrise Luna. << Semplicemente non abbiamo considerato l’idea, forse perché in fondo preferiamo conoscerci meglio! >>.
<< Ecco, sì! E’ questo che volevo dire io quando… sì! >> disse Terence, la testa china e le gote adesso cangianti.
<< Chissà se alla fine di questa brutta avventura…! >> commentò Wilson laconicamente.
<< Chissà! >> ripeté Terence, e, lanciando a Luna uno sguardo dubbioso, sentì il cuore battere all’impazzata. La ragazza lo ricambiò con più spigliata naturalezza.
<< Ma come siete teneri! >> riprese Wilson, interrompendo il gioco di complicità. << Però, sapete… Un consiglio soltanto voglio darvi! Se diventerete marito e moglie, vedete di non impicciarvi troppo negli affari della gente, voi mi capite… >>.
Luna arricciò le sopracciglia.
Un suono riecheggiò all’improvviso nella camera. Era l’urlo straziato di una donna, apparentemente sotto l’effetto della Maledizione Cruciatus.
Terence prese a tremare convulsamente e Luna si morse le dita, in attesa.
Marcus Wilson scosse la testa. << Sarà quella matta di Elvira! Se l’hanno lasciata bere, dico io, non si lamentino per il fatto che sta urlando... Suo marito avrebbe dovuto occuparsi maggiormente di una donna tanto preziosa, invece di abbandonarla a se stessa! >>.
<< Signor Wilson! >> esclamò Jane Event, emergendo all’improvviso da dietro le scale.
Luna la osservò bene. Aveva il volto roseo e i capelli sudati e umidi.
<< Sì, signora Event? >>.
<< Venga qui, per piacere, mio marito ha bisogno di aiuto per piantare dei chiodi su una trave! Scusi il disturbo, ovviamente! >>.
<< Arrivo, arrivo subito! >> disse Wilson, scattando in piedi prontamente.
<< Troppe cose strane nel giro di così poco tempo! >> commentò Terence, quando il commerciante di perle fu sparito finalmente dalla loro vista. << Aveva ragione il dottor Ive, stamattina! La gente è davvero bizzarra! >>.
<< Sarà! >> disse Luna, meditabonda. << Chi credi che stesse urlando? >>.
<< A dirti la verità, >> spiegò Terence, << a me sembrava la voce di Jane Event! Era un tono alquanto stravagante, e non molto giovane! >>.
<< Ho avuto la medesima impressione! Era una donna, su questo non ci piove! >>.
<< Ehi, guarda! >>.
Luna si voltò. << Perché dovrei guardare? I gemelli hanno forse qualcosa di singolare, quest’oggi? >>.
<< Un’aria strana anche loro! >> rise Terence. << Oggi è una giornata alquanto peculiare! Credo che non la dimenticheremo molto facilmente! >>.
Walter e Louis Jefferson avanzavano compunti e seriosi verso la hall. Anthony Follin e il dottor Ive discutevano animatamente dietro di loro. Nessuna traccia di Elvira, momentaneamente.
Ci furono scambi di battute tra i sei, sino a che non giunse l’ora di cena.

* * *

Jane Event richiamò l’attenzione degli ospiti, che furono condotti nella sala-ristorante. Finalmente, Elvira si fece viva. Non appena la vide, Luna impallidì.
Aveva le labbra rosse come il fuoco ed era truccata con esagerazione. Anthony Follin le andava dietro arrancando, e sembrava piuttosto arrabbiato.
Luna e Terence notarono mister Wilson che si precipitava all’improvviso dinnanzi alla signora Follin e la trascinava nascostamente e con violenza dietro un pilastro. L’attenzione fu bruscamente stornata da un caloroso saluto di Joe Event. Solo Luna non si fece distrarre da quel diversivo, e continuò a fissare Wilson e la moglie dell’avvocato, che si dirigevano adesso nella stanza adiacente.
Luna schizzò in piedi e li seguì di soppiatto, asserendo di dover andare in bagno. Vagò per qualche attimo intorno al salone, prima di rivederli, ed ebbe un tuffo al cuore.
<< Sei solo una lurida, svergognata donnaccia! >> urlava Wilson, tirando Elvira per il colletto. << Dimmi con quante persone sei stata! Lo hai raccontato a quell’idiota di tuo marito? >>.
<< Lasciami stare! >> sbraitò Elvira, dimenandosi come un’ossessa. << Lasciami! Lasciami, o giuro che ti uccido! >>.
Luna la vide trarre dalla tasca un coltello insanguinato e percepì la propria pressione che saliva.
<< Sta’ ferma! >> ringhiò Wilson. << Mi avevi promesso che avresti divorziato, e non l’hai fatto! Quante volte, Elvira, quante volte hai detto di amarmi? >>.
La signora Follin digrignò i denti, mentre il suo viso aguzzo si faceva granitico all’improvviso. << Tu-non-credi-in-me! Non sai quanto la mia vita sia terribile, a prescindere dalle relazioni amorose che ho con gli uomini! >>.
<< Allora non mi hai detto tutto sul tuo conto! E’ così? Mi hai mentito? >>.
<< Ebbene, sì! Non ti ho detto tutto su di me! Ma vuoi forse negare che anche tu hai dei segreti inconfessabili? >>.
<< Io non ho segreti! >> gridò Wilson.
<< Sì, certo! >> strillò Elvira di rimando, superandolo con la voce ed infilando il coltello in tasca. << Va’ al diavolo! Muori! Muori, maledetto Marcus Wilson! Sbranerò il tuo cadavere e ti strapperò il cuore! >>.
Ciò detto, si allontanò.
Luna deglutì, mentre un fremito di terrore le sfiorava la schiena. Si precipitò nella sala-ristorante, ma preferì non dir nulla a Terence, né osò avvicinarsi all’avvocato Follin. Tentò di capire il soggetto dei brandelli di discorso che era riuscita ad udire nella stanza. Ma era tutto troppo assurdo.
<< Cos’è stato? >> domandò Terence, la forchetta in mano.
Gli ospiti avevano ripreso a parlare tra di loro.
<< Niente! >> disse Luna. << Ma ho bisogno di andare a letto! >>.
Raccolse le sue cose e mise la borsa in spalla.
<< Ma come, non mangi? >>.
<< Non ho fame, Terry! >>.
Terence ripose bruscamente la forchetta nel piatto, che squillò argentino. << Tu non stai bene, te lo dico io! Da quando in qua ti comporti così? Non vorrai fare la strampalata anche tu, stasera? >>.
<< Senti chi parla! >> esclamò Luna, ancora sconvolta e spaventata. << Sono giorni che mi fai sospettare! Sei tu che mi nascondi qualcosa, forse… Non certo io! >>.
<< Bene! >> disse Terence. << Se vuoi che ti spieghi la causa dei miei atteggiamenti, poi non addebitarmi la colpa delle mie stramberie! >>.
<< Dimmi, allora! >> sbottò Luna. << Forza, cosa stai aspettando? >>.
Terence scattò in piedi, mentre i suoi occhi si velavano di lacrime. << Mi sono innamorato di te dal primo momento che ti ho vista… Ma tu… tu continui a fingere di non capire! >>.
Scosse la testa, rimase fermo un attimo, si voltò, strinse i pugni e se ne andò per le scale. Luna sprofondò sulla sedia, reggendosi la testa con le mani.
E poi, uno smodato desiderio di piangere si impadronì a un tratto di lei.

FINE PRIMA PARTE CAPITOLO XI

Sì, sì, lo so che è strano e che non vi è piaciuto. Ma è venuto fuori così... ;-)

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Capitolo 13
*** Capitolo XI - SECONDA PARTE - Amori nascosti ***



Dunque: sì, sì, mi piacciono molto le vostre teorie. Inutile dire che continuo ad apprezzare i tuoi commenti chilometrici, Water. Ma vorrei precisare due cose:
1) I racconti gialli, secondo me, devono parlare per prima cosa di eventi possibili. Tenderei dunque ad evitare trame troppo macchinose. Figuratevi che, quando Agatha Christie iniziò a scrivere, non aveva affatto intenzione di far sì che il colpevole fosse il personaggio su cui ricadevano, in base al giudizio del lettore, meno sospetti. Per cui, e mi dispiace se ciò vi delude, questa Fan Fiction non è esattamente un giallo, né è finalizzata alla scoperta del colpevole. E’ tutta una vicenda che cambierà radicalmente il carattere di Luna. Non dovete credere che, scrivendo, io abbia agito con l’intenzione di sviarvi troppo o creare intrecci assurdamente inesplicabili. Il/la colpevole/i è/sono un/dei personaggio/i che non va/nno fuori dalla vostra sfera mentale. Insomma, con ciò voglio dirvi: non scervellatevi troppo e solo sulla figura del colpevole.
2) LA DINAMICAAAAA! Ragazzi, mi piacerebbe leggere teorie sulla dinamica dei delitti. Insomma, se, per esempio, accusate Mister X dell’omicidio di Hamilton (e c’è anche Prescott, non dimenticatelo!) dovete addurre prove plausibili a sostegno delle vostre tesi. Insomma, inutile “puntare il dito” senza una base di prove.
3) Water, ti prego, non dirmi che ti deluderò qualora il finale fosse più “normale” delle vostre aspettative. Ripeto, quando scriverò una Fan Fiction poliziesca lo specificherò previamente. Ma ho in programma una storia d’amore (di quelle decenti!, quindi niente atti sdolcinati) con un intreccio non molto diverso da questo.

Vi lascio alla seconda parte del chap. Stavolta mi scuso seriamente per lo stile! L'ho riletto una sola volta, volevo postare il prima possibile perché vado di fretta! Spero che vi piaccia comuqnue… Ah, dimenticavo!
Ci siamo quasi... ;)




CAPITOLO XI – SECONDA PARTE
Amori nascosti

Quella notte, nessuno in albergo riuscì a dormire. Tutti gli ospiti avevano degli insormontabili grattacapi cui pensare. Tuttavia, nonostante l’insonnia generale, il balcone rimase deserto. Niente passeggiate notturne o episodi degni di nota.

“In nome del Ragno Nero, riuscirò a ottenere ciò che voglio!” pensava qualcuno, nel silenzio della notte. “Basta soltanto che tutto fili liscio come l’olio. Le nostre armi sono più forti delle sue, non c’è di che temere!”.

“Oh, Luna, Luna! Nei miei sogni vedo sempre e solo te. Immagino come sarebbe la nostra vita se vivessimo assieme. E questa Cupola! Che sia maledetto colui che l’ha creata! Quanto è vero che ti voglio tutto il bene del mondo, riuscirò a proteggerti dalle grinfie di quella maledetta associazione criminale! Morirei, pur di non vedere una sola lacrima solcare le tue guance candide…”.

“Il piano deve funzionare! Stasera ho già fatto un passo avanti! Se dessi sfogo al mio desiderio di farla fuori, l’avrei già tolta di mezzo da tempo. Ma non posso! Comprometterebbe i progetti prestabiliti!”.

“Stramaledetta Cupola! Impedirà che portiamo fuori la roba… E non c’è tempo! Probabilmente gli Auror scopriranno tutto molto prima del previsto!”.

“Ho una grande caos in testa! Non ne posso più! Due colleghi sciocchi e assurdità simili all’interno dell’albergo! Cosa sta succedendo?”.

“Basta! Sempre e solo visioni cadaveriche! Cosa mi è saltato in mente quando ho compiuto quel gesto?” si diceva qualcun’altro, la testa affondata nel cuscino. E poi altri pensieri gli sovvenivano, cogliendolo di sorpresa, e il suo peso morale si alleggeriva. “Non devo colpevolizzarmi soltanto io… Siamo un gruppo! Un gruppo numeroso… Oh, no! Che sto dicendo, maledizione! Devo guardare in faccia la realtà! Io ho ucciso due persone… E adesso? Cosa devo fare? Continuare a fingere? Se tutto si limitasse a questo… Quella signorina Lovegood potrà essere sveglia secondo il giudizio generale, ma non mi conosce abbastanza per intuire qualcosa! Vale lo stesso per il suo amico! Si guarda intorno con aria perplessa ed ha atteggiamenti abbastanza vigili, ma non è il tipo che sa studiare analiticamente la psicologia dei soggetti!”.

“Troverò il modo di fuggire da qui! Ti prego, fa che verremo liberati da questa Cupola al più presto!”.

“Lo desidero infinitamente. Devo andarmene… Devo trovare una necropoli qui vicino, a costo di spaccare le mura del ‘Tholus Peccatorum’ a pugni!”.

“Chissà dove sarà finita!”.

Nella notte, civette inquiete urlavano tetramente, spandendo nell’aria un suono prolungato e tragico. L’High Magic Hotel, tranquillo nella placida e spaventosa inerzia, attendeva. Di lì a poco, il Destino lo sapeva, qualcosa sarebbe accaduto…

* * *

Alle tre di quella stessa notte Rolf Scamandro, naturalista appena trentenne, vagava nella solitaria brughiera di Randywick, uno zaino in spalla ed un bastone ben stretto tra le dita. Il clima si faceva sempre più piacevole e fresco e la brezza che spirava lieve, facendo ondeggiare in un moto ineguale gli arboscelli verdi, scompigliava i capelli dell’uomo, che tuttavia non se ne curava.
<< Di Tamerici delle Streghe, qui, non ce n’è traccia! Sarebbe meglio se trovassi un posto dove passare la notte… >> disse a voce alta, stringendosi nelle spalle.
Sollevò lo sguardo e sorrise. << Tu guarda, che coincidenza! >>.
Davanti a lui si ergeva un edificio bislungo, sulla cui facciata troneggiava la scritta “High Magic Hotel”.
Rolf proseguì sino all’entrata, quando, all’improvviso, percepì un thud sordo e si ritrovò a terra dinnanzi ad una barriera invisibile.
<< E questa cos’è? >> si domandò, picchiando con le nocche il Tholus Peccatorum.
La sua espressione gioviale e fantasticante fu strappata bruscamente da una smorfia di sgomento. Rolf trasse meccanicamente la bacchetta di tasca, gli occhi sbarrati, e la puntò sulla Cupola, incerto e ansante.
<< I-incendio! >> riuscì appena a balbettare, ma nessuna fiammella guizzante si accese nel buio della notte.
<< Questa è una cosa assai strana! >> riprese dopo essersi calmato. << Vuoi vedere che mi trovo dinnanzi a qualche strampalato fungo invisibile che… >>.
Scosse la testa, si resse nuovamente in piedi e fece mente locale. << C’è qualcosa che non va! Sarà meglio avvertire gli Auror di Manchester, piuttosto che star qui a lambiccarsi il cervello! >>.

E fu così che l’ispettore Hottersby venne scrollato dal suo sonno profondo. Mentre se ne stava comodamente infilato sotto le calde coperte, lo squillo di un campanello d’allarme fece eco nella sua camera.
<< Ci mancava solo questa! >> borbottò sotto i baffi. Quello era un avviso proveniente dalla centrale. Qualcuno aveva premuto il bottone di chiamata del commissariato, nel centro di Manchester; qualcuno desiderava vederlo al più presto. Ma chi? E soprattutto, perché?
Infilandosi con difficoltà dei pantaloncini a pois e lisciandosi con cura i baffi da tricheco, Hottersby si guardò allo specchio. Indossò una maglietta nuova ed una giacca rigata e si mise un cappello logoro sulla testa calva. Soddisfatto del risultato ottenuto, aprì la porta e la richiuse dietro di sé.
Il silenzio della notte penetrò nelle sue orecchie. Non sentiva più le rassicuranti lancette della sveglia che ticchettavano petulanti. Ormai, vedeva solo i palazzi di Manchester, oscurati da una penombra misteriosa. Il rumore dei suoi passi echeggiò nella strada deserta, poco prima che l’uomo raggiungesse un vicolo cieco, in cui regnava sovrano un odore fetido di immondizia e sudiciume. Dietro il cassettone della spazzatura, traboccante di buste sigillate, Hottersby si Smaterializzò con un sonoro pop. Un attimo dopo, il paesaggio davanti a lui era cambiato.
Si trovava proprio dinnanzi alla centrale. Il luogo era alquanto solitario persino di giorno, quando la luce del sole brillava allegramente. Di notte, pertanto, era tutto estremamente tetro. Soltanto un uomo era fermo tranquillamente e con le mani in tasca alla luce del lampione isolato della via, i piedi piantati con decisione sul marciapiede levigato. Hottersby lo giudicò un po’ male a prima vista, ma, avvicinandosi a lui, scoprì che, sotto il bagliore del fanale, aveva un viso molto intelligente.
Tese la mano e proferì il suo nome.
Rolf Scamandro rispose concitatamente: << Ispettore Hottersby, è un piacere conoscerla! Ho sentito molto parlare di lei! >>.
Non era vero, naturalmente.
<< Oh, beh… >> disse Hottersby rassettandosi i baffoni senza scomporsi troppo. << Per quale motivo ha suonato il campanello, signor… >>.
<< Scamandro! >> rispose Rolf sorridendo amabilmente. << Passeggiavo per Randywick Village, un paesino non lontano da qui… Sa, nel tempo libero lavoro per conto di un giornale naturalistico, e dovevo scattare qualche foto alle famose Tamerici delle Streghe! Suppongo che li conosca… Sono fiori noti dappertutto! >>.
<< Certo, certo! Ne… Ne tengo in casa un bel mazzetto… >>.
Rolf corrugò la fronte. << Non glielo consiglio! A dire la verità emanano effluvi altamente nocivi! In ogni caso, non l’ho convocata qui per parlarle di Tamerici delle Streghe… >>.
<< Per fortuna! >> commentò Hottersby.
<< Già! >> rispose Rolf. << Penso ai miei fiori tutto il giorno, non vedo la necessità di parlarne anche al chiaro di luna! Beh, come dicevo… passeggiavo per Randywick Village, quando, cercando un alloggio, mi sono imbattuto in una strana barriera invisibile! Ho provato a darle fuoco, ma senza risultato… Ora, non so se sarà stato lo scherzo di qualche burlone o… >>.
<< … o se queste parole siano il delirio di un ubriaco! >> completò Hottersby, arrossando. << Ha delle prove, con sé? >>.
<< Nossignore, mi dispiace! >>.
<< Aveva una macchina fotografica! Mi perdoni, non poteva forse scattare qualche foto a questa fantomatica barriera? >>.
Rolf indietreggiò perplesso. << Certo! Avrei potuto farlo! Ma lei avrebbe visto un hotel di campagna, niente di più… Non si può certo immortalare l’invisibilità! >>.
<< Ne parlerò con il commissario e domani faremo un sopralluogo sul posto! >>.
<< Ma signore! >> esclamò Rolf. << Non mi avrà fatto abbandonare la ricerca per rimandare il sopralluogo a domani? >>.
<< Non è una cosa urgente, o sbaglio? >>.
<< Non so di cosa si tratti con esattezza! In base a quanto ho visto, potrebbe essere qualcosa di davvero importante! >>.
Piombò il silenzio. Il rumore di un uomo che si Materializzava lì vicino risuonò all’improvviso e dal buio emerse una figura scarna ed emaciata.
<< Sia ringraziato il Cielo! >> gridò Hottersby. << Il commissario Mercury è finalmente arrivato! >>.
L’uomo si avvicinò lentamente all’ispettore, mentre Rolf lo adocchiava con serietà. Il commissario Mercury era un tipo sveglio e intelligente: il suo viso era segnato dagli effetti del tempo e i suoi occhi erano come incavati e circondati da un nero alone di occhiaie. Ma l’aria acuta era propria degli uomini che, dopo anni di esperienza, risolvono in pochi minuti affari troppo complicati per i comuni mortali.
<< Qual è il problema, qui? >> disse Mercury, con voce roca e strozzata.
<< Quest’uomo, un certo Scamandro, asserisce di essersi imbattuto in una barriera invisibile! Signor Mercury, mi dispiace che il segnale della centrale abbia scomodato anche lei, stavo giusto per congedare mister Scamandro con… >>.
<< No >> disse semplicemente Mercury. << Non hai pensato, Hottersby, che la barriera potrebbe essere un Rifugio dei Martiri? >>.
<< Un R-Rifugio dei Martiri, signore? >> ripeté Hottersby aggrottando la fronte.
<< Sì, una delle Cupole invisibili usate nel Medioevo e ai tempi dell’Inquisizione da maghi delinquenti e indemoniati, per farla breve… Nel 1636, non so se ricorda dai libri di scuola, Oliver Mason, dopo aver provocato la Strage di Torquay, in cui morirono duemila persone, sfuggì ad una condanna ad Azkaban segregandosi in un Tholus Peccatorum… >>.
<< Oh, ricordo perfettamente! >> disse Hottersby, pur non ricordando.
Il commissario Mercury trasse dalla tasca una chiave, la infilò nella serratura della centrale e diede un spinta alla porta, che si aprì sfrigolando sui cardini.
<< Avanti, signor Scamandro, prego! Entra anche tu, Hottersby, e chiudi la porta! >>.
I tre si accomodarono nell’ufficio, e il commissario accese la luce dall’interruttore principale. Si rivelarono cartacce poste sul pavimento alla rinfusa e cestini rovesciati.
<< Hottersby, ti avevo detto di chiamare l’agenzia delle pulizie entro lo scorso finesettimana! >>.
L’ispettore annuì gravemente.
<< Si sieda! >> continuò il commissario, offrendo uno sgabello di metallo al giovane Rolf, che l’accettò cordialmente e depose per terra lo zaino con gli attrezzi per l’esplorazione. << Ci Smaterializzeremo tra sei minuti esatti, quando avrò convocato qui la Squadra Speciale degli Incanti Ancestrali, che riuscirà a sbloccare la Cupola in un secondo e mezzo… >>.
Rolf inarcò le sopracciglia. << Se ricordo bene i miei studi scolastici, il Tholus Peccatorum si può disattivare solo con la password apposita! >>.
<< Esatto! >> disse Mercury. << Ma a prescindere dal fatto che i delinquenti non sono mai capaci di creare parole d’ordine impossibili da scoprire, la nostra Squadra Speciale installerà un sistema che proverà in un attimo tutte le password immaginabili… >>.
Trascorsero quattro minuti prima che un gruppo di uomini vestiti di tutto punto bussasse alla porta della centrale di Manchester. Uno di essi, che aveva l’aria di essere il capogruppo, recava un marchingegno simile a quelli Babbani, con un display grigio e bottoni di vario colore. Dal dorso sbucavano alcune bacchette di frassino piegate e intrecciate tra loro in una trama ingarbugliata.
Rolf, il commissario, la Squadra Speciale e l’ispettore Hottersby, che non sembrava ancora del tutto convinto, si Materializzarono nei pressi di Randywick e da lì proseguirono a piedi sino alle porte dell’High Magic Hotel. Rolf li guidò attraverso un intricato reticolo di rovi, in cui aprirono una breccia con le bacchette. Giunti in prossimità dell’albergo, la Squadra Speciale degli Incanti Ancestrali percepì la presenza di un Tholus Peccatorum. Pur se compiaciuto, il commissario Mercury non si mostrò immodesto.
<< Bisogna fare tutto con la massima cautela! >> disse sommessamente un giovane della Squadra, traendo un megafono magico dalla sua ventiquattrore. << I delinquenti potrebbero approfittare di una tregua per fuggire! >>.
Il commissario annuì, mentre un addetto della Squadra Speciale fissava il marchingegno con le bacchetta intrecciate sulla Cupola.
<< Si dia inizio alla decodificazione della password! >> disse il caposquadra.
Fece segno al collega, che schiacciò un pulsante verde.
Dalle bacchette sull’aggeggio cominciarono a scaturire spruzzi di lampi variopinti, che colpirono la Cupola senza scalfirla. Dopo alcuni bip insistenti, sul display apparve la parola: << SPIDER WEB >>.
<< Tela del Ragno! >> lesse a voce alta il caposquadra.
<< Lasciatemi fare! >> disse il commissario, traendo la bacchetta di tasca. << Solvo Tholum Peccatorum! Chiave d’accesso: “Spider Web” >>.
<< Eccellente! >> commentò Rolf.
In un’apoteosi mirabolante, la Cupola si dissolse per magia: grosse schegge piovvero dal soffitto del Rifugio, sgretolandosi come sabbia, e si depositarono sul terreno erboso, dove scintillarono come stelle abbaglianti.
Il giovane della Squadra che aveva impugnato il megafono magico se lo portò dinnanzi alla bocca ed esclamò: << Qui è la Squadra Speciale degli Incanti Ancestrali! La polizia magica di Manchester vi intima di uscire con le mani in alto in balcone! Coloro che non rispetteranno quest’ordine all’istante verranno iscritti sul registro dei malviventi di Manchester e una taglia verrà posta sul loro capo! Vi sarà data la possibilità di parlare e giustificarvi solo quando avrete fatto ciò che vi diciamo! >>.

Joe Event scattò a sedere sul letto, ansimò, si guardò intorno e levò un urlo terrorizzato.


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Capitolo 14
*** Capitolo XII - Fantasia, sogni e struggenti realtà ***


Uh... uhu! Perdonate il ritardo... Grazie ancora per i complimenti! Vi lascio al prossimo capitolo!
PS: Non giudicatelo male, vi prego :(! Vi sembrerà alquanto "fuori tema" se confrontato col resto della FF, ma era questa la strada che sin dall'inizio desideravo imboccare! Il giallo si prende una breve pausa... =)



CAPITOLO XII
Fantasia, sogni e struggenti realtà


Gli ospiti dell’High Magic Hotel sfilarono in un drammatico corteo lungo il terrazzo. Gli uomini della Squadra Speciale sfoderarono le bacchette e le tennero coscienziosamente puntate contro il petto degli accerchiati. La polizia magica di Manchester attendeva sul prato, bramosa di conoscere la causa di quel trambusto.
Le spiegazioni furono presto date dal dottor Ive. Affacciandosi al balcone con le mani bene in vista, l’uomo esordì solennemente: << Siamo vittime di un complotto! Nell’albergo troverete un corpo esanime accasciato sul letto della stanza numero 15 >>.
<< Identificatevi! >> fu la risposta secca.
La signora Event si fece avanti esitante, sfoggiando un atteggiamento che non le era consono. << Il mio nome è Jane Event! L’High Magic Hotel è di mia proprietà! >>.
L’ispettore Hottersby si voltò pensosamente verso Rolf, che pareva il meno preoccupato. Nei suoi occhi il poliziotto catturò qualcosa. Si rivolse quindi al commissario Mercury e domandò: << Crede che metterli in libertà sia una cosa opportuna, in simili frangenti? >>.
<< Non prima d’averli ascoltati compitamente! >> rispose lui.
<< Quanti siete? >> squillò la voce dell’ispettore.
<< Dieci vivi, un morto ed una donna scomparsa! >> esclamò Anthony Follin, con uno strano velo d’ironia.
La sua voce possente echeggiò per la vallata.
Il commissario fece segno ad un uomo della Squadra, che si arrampicò per il muro con una tuta a ventose magiche e raggiunse il parapetto. Gli ospiti furono scossi dall’arrivo dello sconosciuto, tuttavia si mostrarono mansueti e disposti a collaborare fino alla fine. Uno per uno, vennero debitamente condotti giù per le scale. La situazione era spiacevole per gli ospiti, ma non tanto migliore doveva esserlo per l’uomo della Squadra. Furono scortati all’ingresso. L’aria salubre di Randywick riempì i loro polmoni e si diffuse un moto di felicità condivisa.
Il commissario Mercury accese un sigaro nell’attesa. Borbottò qualcosa in direzione dell’ispettore e se ne andò a camminare lentamente per il prato, una mano in tasca. Prima dell’arrivo dei fotoreporter mondani, si doveva trovare un rimedio precario alla spinosa faccenda.

* * *

Nella città di Manchester il clima non era piacevole. A Luna e Terence toccò aspettare sino a tarda sera nella sala d’attesa del commissariato. Neanche le battute di un Ive finalmente rinato potevano sopprimere il loro tedio.
Il sole scomparve e finalmente arrivò il turno di Luna, che si rassettò i vestiti in un gesto fugace e si fece avanti nella stanza dove si svolgevano gli interrogatori. Al tavolo erano seduti il commissario, l’ispettore e Rolf Scamandro.
La vista di quel ragazzo aitante ma non sbruffone diede a Luna un’allegria improvvisa e smodata. La cosa non sfuggì agli occhi vigili del commissario, che adocchiò Luna con particolare interesse. Le domande furono assolutamente prevedibili. Cosa sapeva a proposito degli omicidi? Che collegamenti intercorrevano tra lei e gli uomini del Ragno Nero? Sì, le avrebbero fatto sapere al più presto i risultati delle indagini, a perquisizione ultimata.
Terence fu liquidato con poche parole. Lui e Luna parlavano ormai molto poco, il che rendeva l’atmosfera mogia e assai triste. Come giustamente aveva precisato Ive, erano le parole di ragazzi come loro a smorzare la tensione.
Quando mise piede fuori dal commissariato, Luna sentì una fitta al cuore. Nella sua mente, come disseppellita da una sensazione impenetrabile, continuava a riaffiorare l’immagine vivida di Rolf Scamandro. Rolf, l’uomo che aveva salvato le sorti degli ospiti; Rolf, quel giovane bello e solare. L’ideale per una donna come lei.
<< C’è qualcosa che non va? >> domandò Terence a Luna, mentre passeggiavano malinconicamente nella strada principale di Manchester.
Era molto strano camminare in mezzo alla gente, adesso. Il cambio di atmosfera aveva scombussolato gli animi.
<< E’ tutto apposto! >> assicurò Luna, mentre il rumore di un clacson si diffondeva nella strada illuminata. << Voglio tornare a Londra al più presto e… >>.
<< …e tornare alla direzione, non è così? >> completò Terence.
Luna chinò la testa e fu scossa da un singulto improvviso. Era il preambolo di quello che sarebbe sfociato in un inatteso pianto.
La ragazza prese posto sull’uscio di un palazzo e affondò il viso sulle ginocchia piegate. Terence le si accostò teneramente, quando, sullo sfondo, Anthony Follin usciva dal commissariato e si Smaterializzava in un attimo.
<< Oh, Terry! Non so più quello che voglio! >> disse Luna mestamente. << E non tentare di capirmi, so perfettamente di essere incomprensibile! >>.
<< Su, su! >> la consolò Terence. << Posso darti un… >>.
<< No! >> esclamò Luna. << Devo tornare al commissariato! Io… Io ho dimenticato di fare una cosa! >>.
<< Oh, bene! Vuoi che ti accompagni? >>.
Luna sentì uno strano sentimento montare dentro di sé. << Ma perché? >> sbottò istantaneamente. << Perché sei così premuroso? Perché non mi lasci in pace? Perché non la smetti di starmi dietro? Perché pensi al Cavillo? Tu… sei uno sciocco, Terry! >>.
Si alzò senza preavviso e corse fino al commissariato. Nella sua mente, adesso, comparivano immagini sconnesse e prive di senso.
Terence rimase a bocca aperta sul marciapiede, troppo turbato per riuscire a proferir parola. E chissà quali pensieri passarono nella mente del poveretto, mentre un richiamo invisibile spingeva Luna verso la camera degli interrogatori.
Accanto al commissario Mercury, che, ultimati i colloqui, rassettava le pratiche, Rolf Scamandro si spazzolava i capelli fluenti con la mano. Fu sbalordito dall’arrivo di Luna, che appariva gemente e desolata.
<< Signorina Lovegood! Ha scordato qualcosa in commissariato? >> domandò l’ispettore Hottersby.
Ma quando colse negli occhi della sua silenziosa interlocutrice un guizzo di malcelata tristezza, << Oh! >> sussurrò, e chinò la testa grassoccia. Rolf Scamandro, ipersensibile ed intelligente, intuì immediatamente cosa aveva spinto Luna fin lì.
<< Mia cara, >> disse galantemente, << le offro una bibita calmante al bar qui vicino, se me lo permette! Ed il suo amico? L’aspetta fuori? >>.
Luna scosse la testa. << Io… >>.
<< Su, venga, venga! >> disse Rolf alzandosi. La prese per mano amichevolmente e la condusse fuori. Luna non riusciva più a capire cosa stesse succedendo. Le immagini filtrate dalla sua retina lacrimosa erano vaghe ed indistinte.
Che fine aveva fatto Terence? L’aveva davvero abbandonato sul marciapiede o era stato uno sciocco incubo? Rolf Scamandro era forse un parto della sua mente?
Le insegne luminose andavano spegnendosi ad una ad una. Le saracinesche dei negozi Babbani venivano serrate all’improvviso e i venditori si congedavano con i soliti commiati di routine. La città di Manchester brulicava di gente che andava e veniva senza sosta. Le auto degli uomini che tornavano a casa, stanchi ed annoiati, riempivano le strade trafficate, producendo un caos visivo ed acustico che spiazzava i passanti.
Luna e Rolf proseguirono sino ad una traversa che svoltava sulla destra. Un ristorante americano frequentato da maghi e streghe dalle grandi pretese sorgeva proprio sull’angolo. Un tendone lilla circondava la porta d’ingresso, sormontata da un cartello sfavillante. Luna non riusciva a godersi la scena. Era troppo presa dai suoi pensieri. Nella fantasia, vedeva ormai soltanto Terence. Era riuscita, il Caso soltanto sapeva in che modo, a rivedere Rolf e ad ottenere inaspettatamente un vero e proprio invito. Tuttavia non si sentiva soddisfatta. E cosa poteva disturbarla se non l’immagine di un Terence afflitto e solitario che si avviava con le mani in tasca verso chissà quale piazza di Manchester?
Si sedettero ad un tavolino del ristorante e Rolf ordinò due bicchieri di aperitivi e qualche alcolico. Bevvero a sazietà, fino a che Luna non si sentì tanto esaltata da dimenticare i propri timori. Rolf era un vero gentiluomo. Luna lo vedeva bene con un papillon ed una giacca ottocentesca, intento a danzare nella sala regalmente allestita di una nave. Ma per adesso aveva davanti soltanto un uomo in veste da esploratore.
Un sentimento irritante si insinuava nelle viscere di Luna. E allora, la ragazza sentiva il bisogno di vedere Rolf in un altro contesto. Desiderava conoscere tutto ciò che lui faceva dalla mattina alla sera, capire il suo modus vivendi e scoprire nei dettagli il suo comportamento giornaliero. Nel suo cuore, poi, sentiva il bisogno di trovare un posto nella vita di quell’uomo tanto misterioso. Voleva scordare Terence, finalmente, e concentrarsi di fatto sul suo futuro.
Rolf. Quel nome così conciso ed interessante tornava meccanicamente nella mente brilla di Luna, che ci giocherellava, lo storpiava nella fantasia, lo ripeteva tacitamente.
Rolf era tutt’altro che ubriaco. Sembrava nel pieno possesso delle proprie capacità mentali. La tranquillità dei movimenti di Rolf e la sua assoluta pacatezza facevano avvampare letteralmente Luna, per qualche strano motivo. Si sentiva da una parte una marionetta vulnerabile nella mani di un perfetto sconosciuto, dall’altra un cucciolo indifeso che godeva delle cure di un padrone fantastico.
<< Il Cavillo, capisco… >> stava dicendo Rolf.
E Luna rispondeva alle sue domande, alle sue esclamazioni, ma senza sapere con esattezza ciò che diceva. Delle volte rideva come una matta, nonostante quella situazione fosse tutt’altro che divertente. Non aveva mai bevuto, in vita sua, ma doveva ammettere che l’emozione che si provava era molto, molto piacevole. Il suo passato, troppo confuso e tragico, doveva sprofondare nel baratro dell’oblio. Luna desiderava scrivere un nuovo capitolo nel libro della sua vita. E non voleva mettere il punto dopo il paragrafo appena concluso, bensì strappare in mille pezzetti i fogli della sua vita che non le piacevano. E l’unico modo di farlo era quello di affidarsi a Rolf. Sì, lui sarebbe stato il coprotagonista dei capitoli futuri della sua esistenza.
<< Voglio venire con te! >> esclamò Luna. << Voglio venire con te, dovunque andrai! >>.
Rolf sbarrò gli occhi, inghiottendo un boccone troppo grande di companatico. La barriera di imbarazzo che prima si ergeva tra di loro si era sciolta nel corso della serata.
<< Ripeti un po’! >> disse Rolf, ridacchiando. << Su, sei solo alticcia! Perdonami se non ti ho frenato, non pensavo ti facesse quest’effetto! Adesso ti accompagnerò a casa e ci congederemo! Ma sappi che cenare con te è stato un vero piacere! >>.
<< No! Non dirlo mai! Io non voglio che tu mi lasci! Né adesso né mai! >>.
<< Non riesco a capirti, Luna Lovegood! Ci siamo conosciuti poche ore fa! Mi fa piacere che tu sia tanto gentile, ma io… >>. Chinò la testa e continuò melodrammaticamente: << oh… non sarei all’altezza di un rapporto simile! Per dire la verità non sono mai stato con una ragazza! E a scuola mi credevano pazzo e mi evitavano… >>.
<< Questo non importa! >> si affrettò a dire Luna. << Ma io non voglio tornare a Londra… Voglio esplorare il mondo… mettere una pietra sul passato! >>.
<< Domani, con un po’ di lucidità, ti considererai matta, te lo dico io! >>.
<< Rolf! >> disse Luna, tentando di assumere un atteggiamento cosciente. << Ti chiedo con il cuore in mano di portarmi con te! Non importa dove andrai… Il solo pensiero di non vederti più mi fa stare male… >>.
Rolf divenne serio all’improvviso. << Credevo che tu frequentassi il ragazzo che ho visto al commissariato poco fa! Lui sì che sarebbe perfetto per te! Io sono così strambo e impacciato… >>.
Ma Luna vedeva in Rolf la ragazzina che era stata. E, fissando quegli occhi intensi, desiderava sognare ancora i Ricciocorni Schiattosi, vagare per i corridoi di Hogwarts, andare a pesca di Plimpi d’acqua dolce, discutere coi Thestral, incontrare per caso Harry, Hermione, Ron, Ginny, Neville e tutti quegli amici che le avevano voluto bene.
<< Partirò in Patagonia questo fine-settimana! >> esclamò Rolf. << Mi hanno chiesto di raggiungere il direttore di un giornale americano! >>.
<< Voglio seguirti! >>.
<< Ne discuteremo quando avrai ritrovato la lucidità! Per adesso, se non vuoi proprio rimetterti in viaggio per Londra, prenderemo alloggio in una locanda qui vicino! >>.
Le note di un pianoforte si spansero lentamente nella camera.
<< Dell’aragosta, signore? >> stava dicendo un cameriere altezzoso.
Luna sentì la testa pesante. Il sapore delle bibite appena bevute le riempì la gola, e un conato di vomito la scosse poco prima che cadesse in un sonno morboso e saturo di incubi.

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Capitolo 15
*** Capitolo XII - Liverpool ***


Ragazzi, commentate! Non se devo continuare... :(


CAPITOLO XII
Liverpool



Diversi giorni trascorsero dalla sera in cui Luna e Rolf avevano cenato nel locale di Manchester. Come cuori che battono all’unisono, con sincronia ritmata, i due non riuscirono a separarsi, fosse anche per un solo istante.
Trovarono alloggio in un’osteria magica non lontana dal commissariato, intitolata ad una strega benefattrice della città, e prenotarono due stanze differenti. Luna rimase sveglia tre lunghe notti, a rivalutare il mistero della Luna di vetro, a rammentare con tristezza Terence e il defunto Hamilton. La sua mente era in preda a un subbuglio talmente inestricabile che la poveretta si trovò con un’emicrania insopportabile a furia di elucubrare.
Le prime luci dell’alba filtrarono attraverso le fessure, il quarto giorno di permanenza a Manchester. Rolf bussò veementemente alla porta di Luna e stette in attesa. La ragazza era ancora assonnata quando aprì, accogliendo nella camera il compagno.
<< Ho ricevuto un gufo dal direttore della rivista Hornedowl, stamani! >> annunciò Rolf con tono abbattuto. << Mi ha chiesto di affrettarmi e… Partirò stasera stessa per la Patagonia, con una nave magica che salpa da Liverpool >>.
Luna chinò la testa. << Abbiamo discusso l’argomento, Rolf. E sai quali sono le mie intenzioni! >> I suoi occhi intensi fissavano adesso quelli del compagno. << Mi domando perché sei così restio. Perché tenti di dissuadermi… >>
Rolf scosse la testa. << Tu mi piaci, Luna! Sono perdutamente innamorato di te! Però… ho paura che tu possa cambiare idea. Insomma… Forse è solo il mio egoismo a spaventarmi, ma mi feriresti se un giorno, dopo che avrò passato con te dei momenti fantastici, te ne andassi via, per la tua strada… >>.
<< E tu credi che succederà? No, Rolf. Ti sbagli! Io non sono il tipo che illude la gente… Se mi vuoi bene, presta fede alle mie parole. Voglio seguirti in Patagonia e lo farò a qualunque costo. >> Corrugò la fronte e riprese esitante: << E’ solo che… ho paura di come Terence reagirebbe se sapesse la notizia! Forse è meglio che non gli dica nulla! >>.
<< Non puoi tenerlo all’oscuro! Non è giusto! >> rispose Rolf, serioso. << Scrivigli una lettera! Digli di occuparsi della direzione del Cavillo e promettigli che tornerai. Dopotutto è tuo amico, e gli vuoi bene… >>.
Luna comprese che non c’era via d’uscita. Prepararono i bagagli per tutta la mattina.
L’High Magic Hotel era stato perquisito e l’ispettore Hottersby si era fatto vivo nuovamente per dire che il caso stava per essere schedato come un fatto inspiegabile. La parentesi era chiusa, forse. Ma Luna sentiva il bisogno, in cuor suo, di trovare la verità. La vicenda per lei non si era risolta con la liberazione dei prigionieri. L’assassino di Scott, di Hamilton, l’aggressore di Terence, il rapitore di Skali, era ancora in giro, e con la Luna di vetro in mano…
Alla luce del primo pomeriggio, mentre la calura andava scemando lentamente, Luna si sedette sulla scrivania della camera dell’osteria e scrisse la lettera da destinare a Terence.

Questo non è un momento facile, per me. Sono sconvolta per ciò che è successo, e ho nostalgia dei momenti trascorsi in infanzia. Sono sicura che tu mi capirai, Terence. Ho deciso di partire per la Patagonia. Mi aspetta un lavoro di ricerca naturalistica insieme con il nipote di Newt Scamandro. Tenterò di non pensare a ciò che è successo, tuttavia sono sicura che niente cambierà. Mi rimetterò in viaggio per Londra quanto prima. Frattanto, ti affido la direzione del Cavillo. Con la tua encomiabile bravura e destrezza riuscirai a risollevarlo. Questo non è un addio, Terry. Mi auguro che tu lo capisca…

La tua amica di sempre Luna


Alle tre del pomeriggio, Luna e Rolf si riunirono nella hall dell’osteria per pagare in contanti il gestore. Un taxi proveniente dalla vicina stazione giunse schizzando dinnanzi al portone d’entrata, e i due vi si accomodarono, mentre un facchino li aiutava a sistemare i bagagli nel cofano. Il porto di Liverpool li stava aspettando.
Luna se ne stette ad osservare con sguardo assorto gli edifici della città. I palazzi illuminati e dinamici che erano sorti negli ultimi decenni si ergevano imponenti in spazi sempre ridotti. Gente di ogni razza camminava apparentemente senza meta: ragazze annoiate o intente allo shopping, uomini d’ufficio silenziosi e autorevoli come faraoni egizi, composte signore di mezza età con la mania dei pettegolezzi. Le orecchie di Luna percepivano dei rumori attutiti e smorzati. Rolf le aveva preso la mano, mentre l’automobile svoltava con velocità per le vie trafficate. Quel momento di placida quiete fu tremendamente utile a Luna, che lo sfruttò per calmarsi dopo settimane di apprensione…
La Patagonia… Distese verdeggianti impreziosite da laghetti cristallini. Acqua fresca da tutte le parti, alberi maestosi e chiome eleganti che ondeggiavano sotto l’effetto di una brezza inconsistente. Quante volte aveva sognato il Sudamerica!
<< Il luogo ideale per scrittori e poeti, mia dolce Luna! >> disse Rolf, quando si trovarono a discutere della loro meta. << Vi regna un’atmosfera che neanche possiamo immaginare, stando a quanto mi ha riferito un mio vecchio amico norvegese! >>.
Luna fissò il viso giovane di Rolf e abbracciò il compagno in un’effusione amichevole. Quindi si voltò ad ammirare i luoghi che il taxi stava attraversando. Cittadine sepolte dal fumo di tubi di scarico, marmitte e complessi industriali. Aleggiava un odore di petrolio particolarmente fastidioso. Dei gatti allegri passeggiavano stirando le piccole zampe eleganti lungo i marciapiedi. I loro occhietti sfavillavano nel tumulto cittadino. Luna si sentì molto più simile a loro di quanto non lo fosse stata in passato.
Il taxi imboccò una tangenziale straripante di camion e automobili. Il cielo andava schiarendosi e la cupezza delle nuvole che si allontanavano era magicamente rimpiazzata dalla limpidezza di una giornata d’estate che volgeva malinconicamente al termine.
Il caos si fece sempre più pressante. Clacson da tutte le parti, urla di ragazze impazzite, canti sfrenati sui palchetti dei rondò. Profumo di hot dog appena sfornati, cartacce che volteggiavano in aria formando piccoli vortici. Quando arrivò il buio della sera, i grattacieli di Liverpool apparvero all’improvviso, alti come giganti. Le luci degli uffici ancora aperti si accesero di colpo e i grandi shop center si popolarono in fretta di uomini e donne. Discoteche, luci, colori, in un contesto complessivamente affascinante.
La città si affacciava direttamente sul mare. Il taxi aggirò una collinetta di fiori e si ritrovò dinnanzi ad una distesa d’olio nera. Le onde lambivano la riva in un moto uniforme. Le acque del porto, piene di navi e yacht illuminati, erano statiche e serene. Il molo 11, quello verso cui Luna e Rolf erano diretti, brulicava di operai indaffarati, incuranti della meravigliosa atmosfera portuale, ormai consueta per i loro occhi.
<< Ci lasci qui, grazie mille! >> disse Rolf al tassista. Gli diede il compenso dovuto e scese dall’auto, aprendo in un impeto di galanteria la portiera di Luna.
<< Mia cara, >> le disse, << benvenuta nella città che non dorme mai! >>. Quando poggiò il piede sul terreno umido, Luna rimase strabiliata dalle meraviglie che la circondavano. Rolf la prese per mano, sorridendo amabilmente, e la condusse lungo l’imbarcadero, sino al luogo dove si trovava ormeggiata una nave imponente che avevano intravisto dai vetri del taxi. A lettere cubitali, era stato scritto sul suo dorso il nome Margaret. La carena di tipo Hunt affondava nelle acque scure e l’imbarcazione proiettava delle ombre corvine su di esse.
<< Dovrebbe esserci un mio amico, ad accoglierci! >> disse Rolf. << Ma in giro non vedo nessuno che… >>.
<< Ehi, Rooolf! >>.
Luna sgranò gli occhi e guardò verso la ringhiera della nave ancorata. Un uomo barbuto e calvo li stava salutando con la mano tesa.
<< Oh, eccolo, il buon vecchio! >> disse Rolf. E poi aggiunse, urlando: << Raggiungici qui, Bernard! Ho portato un’amica! >>.
Bernard Dubois era un uomo sulla cinquantina. Divenuto calvo dopo una strana malattia che gli aveva chiazzato la testa, portava una lunga barba ben colta e vestiva alla francese, con un tocco chic che Luna non vedeva da anni in nessun uomo.
<< Amico mio! >> esclamò, battendo su Rolf e salutandolo calorosamente. << Che piacere rivederti! Questa è l’amica di cui mi parlavi ieri nella lettera! Sbaglio? >>.
<< E’ proprio lei! >> confermò Rolf, sorridendo.
Bernard baciò la mano di Luna. << Enchanté, mademoiselle Lovegood! >>.
<< Il piacere è mio, signor Dubois! >>.
<< No, non signor Dubois! >> la corresse lui immediatamente. << Chiamami Berry, come fanno tutti! >>. Sollevò il capo e fece un cenno fugace ad un uomo che attendeva sulla nave. << Il vicecapitano della Margaret ci sta aspettando! Il viaggio in Patagonia sarà velocissimo, visti i mezzi che possiede la nave! >>.
Bernard condusse Rolf e Luna fino al parquet che foderava la coperta. Furono presentati al vicecapitano Blackhole e si accomodarono su un sedile vicino al boccaporto, mentre uno scaricatore portava educatamente i bagagli nelle celle dei due viaggiatori.
Respirarono l’aria fresca della sera, fino a che, con un potente suono somigliante al richiamo di un gufo, la nave partì spedita dal molo 11, solcando le onde del mare.
Poco dopo, Luna ebbe modo di spiegare a Bernard la faccenda completa della Luna di vetro. Discussero del Ragno Nero e della Cupola. Monsieur Dubois aveva lavorato nella polizia di Aix-en-Provence per ventidue anni, prima di cedere il posto al nipote Maurice. Il suo istinto investigativo gli suggeriva che sotto la faccenda dell’High Magic Hotel ci fossero molte più verità di quelle che la mente non addestrata di Luna tendeva a considerare.
<< Nutrivi dei sospetti, all’interno della Cupola? >> domandò.
Luna scosse la testa. << Era tutto molto strano, a ben pensarci! Sono stata spiazzata dal comportamento della moglie di un avvocato, Anthony Follin! Non riuscivo a capire cosa le fosse successo… Mi parve di vedere uno scheletro nella sua valigia, quella volta che l’accompagnai in camera! >>.
<< E’ tutto molto complicato, effettivamente! Mi parlavi di uno strano liquido corrosivo spruzzato sugli arti del tuo amico… uhm, un certo signor Lymstock. Chi credi possa averlo fabbricato? Un uomo del Ragno nero? Dopotutto sono comunque capaci Magichimici! >>.
<< Non ne ho proprio idea! Ma quelle maledette iniziali… J.W… Io… >>.
<< J.W.! >> esclamò Dubois. << Parlavi di un certo Walter Jefferson, poco fa… >>.
I loro occhi si illuminarono. Luna spalancò la bocca. << Possibile che ci sia un collegamento? >>. << E’ molto probabile! >> disse Dubois. << Ma abbandoniamo questa pista! Molte cose non riesco tuttavia a capirle! Perché sul posto del primo delitto, in casa di mister Scott, gli uomini del Ragno non hanno lasciato la propria firma? Perché la Luna di vetro non è stata rubata subito dopo l’assassinio del Magichimico? E cosa aveva scoperto quell’Hamilton? >>.
<< E dov’è finita la donna dai capelli blu? >> aggiunse Rolf, che conosceva quella storia da più giorni.
<< Enigmi… >> concluse Dubois stancamente. << Bah! Sarà meglio andare a letto! Con molte probabilità, stanotte il capitano azionerà il Propulsore Acquatico, con cui viaggeremo a velocità spaventose. Domani sera saremo già in Patagonia, con un po’ di fortuna! >>.
<< Buonanotte, Berry! >> dissero Rolf e Luna in coro.
<< Notte, amici! >>.

* * *

Una donna corpulenta e sicura di sé camminava con aria decisa per le strade di Manchester, come alla ricerca di qualcosa. Il suo volto era nascosto da un lungo foulard bluastro, che la faceva apparire irriconoscibile.
Raggiunse un’osteria dall’aria singolare e varcò la soglia. Si ritrovò in un ingresso piuttosto scarno e privo di ornamenti. Dietro il bancone vide un uomo anziano che fumava vecchi sigari cubani e pensò che, se la sua sagacia non l’ingannava, si trattava del gestore. La donna gli si avvicinò compunta.
<< Ho bisogno di informazioni! >> disse a denti stretti. << Sono certo che lei possa darmele! >>.
L’uomo arricciò le sopracciglia. << Crede di farmi paura con quel velo davanti? >> domandò superbamente. << Niente da fare! Non si forniscono dati agli sconosciuti… >>.
La donna trasse di tasca la propria bacchetta e la puntò contro il suo interlocutore. << Allora queste sono le sue ultime parole? >>.
L’uomo rise. << Suvvia, suvvia! Non c’è bisogno di passare alla violenza! Sciocchezze! C-che cosa le serve? Vedrò di… di poterla accontentare! >>.
<< Così si ragiona! Prenda il registro coi nomi delle persone che alloggiano qui! >>.
<< Oh, certo, certo! Dove si è cacciato, il diavoletto? >> Frugò nei cassetti, mentre le sue gote arrossavano visibilmente. Sollevò la testa come per fare mente locale ed esclamò: << Oh, ma guarda un po’, giusto davanti a me! Dunque… c-che nome le serve? >>.
<< Luna Lovegood! >> disse la donna con decisione. << Luna Lovegood… Dunque… Lettera L… Matt Louison… Patrick Lovecraft… Ecco qui! Luna Lovegood… Ma certo, adesso ricordo! E’ andata via con un certo Rolf Scamandro questa mattina… Volevano un taxi che li scortasse a Liverpool. Se la memoria non mi inganna, erano diretti al porto! >>.
<< Al porto, dannazione! >> sbottò la donna irritata. Si guardò intorno attraverso il velo senza sapere bene cosa fare. << Come posso arrivarci? >>.
Il gestore si finse rassegnato. << Non passano taxi fino a domattina, né autobus… Sono davvero mortificato… >>.
<< Senti, cocco! >> sbottò la donna afferrandolo per il colletto e tenendo la bacchetta puntata sulla sua tempia. << Se vuoi rimanere vivo, trova il modo di portarmi a Liverpool entro la mezzanotte! Non m’interessa come! Vedi solo di sbrigarti! >>.
<< C-c’è un treno a-all’una, se… se non sbaglio! >>.
<< E’ troppo tardi! >> esclamò la donna, rilasciando la presa bruscamente.
L’uomo indietreggiò e trotterellò fino al trespolo su cui era appesa la sua giacca. << Non mi metta negli impicci! L’accompagno io a Liverpool, a patto che non mi dia più fastidio! >>.
La donna rispose con un silenzio eloquente.




Commenti? :(

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Capitolo 16
*** Capitolo XIII - Il cadavere ***


Ecco il nuovo capitolo, appena sfornato. Grazie mooncarda, per i tuoi commenti incoraggianti. E naturalmente grazie anche a te, Water. Non vedo "Medium", perché? :D
Spero che il capitolo vi piaccia! Fate le teorie che volete, esponete tutte le assurdità possibili e immaginabili ma, per piacere, commentate [se vi va, ditemi qualcosa sullo stile, di cui sono davvero poco soddisfatto, momentaneamente :(]




CAPITOLO XIII
Il cadavere

La nave raggiunse le terre sudamericane sul fare del giorno. La carena schizzava nelle acque senza il minimo rumore e nessun oscillamento brusco turbava la quiete delle cabine. Luna si svegliò di buon ora, infilò il cappotto e uscì in coperta. Il clima era diventato rigido, quasi polare, e in lontananza risplendeva il riverbero ceruleo di iceberg solitari.
Monsieur Dubois accolse Luna calorosamente. Se ne stava su un sedile nella parte posteriore della nave, non lontano dalla stanza del timoniere, e ammirava estatico l’orizzonte, costellato di rocce informi e vaghe.
<< Fatto una buona dormita, mademoiselle? >> sorrise sotto i baffoni.
<< Abbastanza, grazie! E’ una fortuna che non si provi il mal di mare, nonostante la velocità! >>.
<< Mi sembra naturale! Questa è una nave del 2009, un modello della Ferrytie&Company. Mi hanno parlato bene di questa compagnia, ma stando a quel che si dice ha chiuso i battenti lo scorso anno per fallimento! Non che ci creda molto, a questa fandonia! Dopotutto, il proprietario possedeva un capitale che avrebbe potuto benissimo investire in un nuovo lancio dell’azienda! Bah, non stiamo qui a ciarlare di simili sciocchezze! >>.
Luna scoccò un’occhiata timorosa alle onde che si infrangevano sullo scafo producendo mulinelli di schiuma bianca. Poi disse: << Hai parlato col capitano? Quando pensa che arriveremo? >>.
<< Se tutto va bene, e sono sicuro che così accadrà, vedremo le rive Argentine entro un’ora! Avremo il piacere di sfiorare le acque a sud della penisola di Valdés, per raggiungere direttamente da lì lo stato del Chubut. Ah, la Patagonia, mia cara Luna… Non immagini neanche quante sorprese ci offra! >>.
<< Il mio soggiorno sarà piuttosto breve, a dire la verità! >> dichiarò Luna con una nota di amarezza nella voce.
<< Vedi di godertelo, allora! Non è un’occasione che si presenta tutti i giorni, quella di visitare dei paradisi come questo… Oh, guarda un po’! Una baleniera lì in fondo! >>.
Luna scrutò un’imbarcazione molto lontana, immersa in una fitta nebbia brumosa.
<< Bah! >> sbuffò Monsieur Dubois. << Mi domando come abbiano il coraggio di avvicinarsi tanto alle coste… Se una motovedetta della guardia costiera li scorgesse, stai sicura che non tornerebbero a casa, oggi! Li sbatterebbero in prigione senza remore. La pesca delle balene è stata vietata, e loro lo sanno bene! >>.
<< Si è svegliato Rolf! >> notò Luna, mentre il ragazzo le si avvicinava ancora intorpidito.
<< E ti pareva! Sempre l’ultimo della compagnia, il buon vecchio Rolf! >> sorrise Dubois.
Attese che li raggiungesse e poi continuò: << Facciamo una passeggiata fino alla prua! C’è una polena di notevole bellezza che voglio mostrarvi! >>.
Discussero del più e del meno sino a che non giunsero a destinazione. Mentre commentavano una decorazione in stile barocco che contornava la sorniona effigie scolpita sul retro della nave, videro più nitidamente le coste della penisola di Valdés. La velocità della nave era aumentata in misura esponenziale.
<< Che mondo sarebbe, questo, se non esistesse la magia! >> mormorò Rolf in preda ad un’estasi improvvisa.
L’aspetto incantevole della Patagonia li lasciò strabiliati. In un contesto glaciale che sembrava decontaminare l’aria con la sua purezza, videro giungle lussureggianti di alberi colossali e laghetti gelati, circondati da macchie di bassa vegetazione. Delle montagne spigolose, le cui cime erano variegate dagli albori del sole sorgente, emersero in lontananza mentre la nave si avvicinava svelta alla sponda Argentina, cambiando lievemente rotta in direzione sud.
Monsieur Dubois, lamentandosi per l’artrite e i reumatismi che non gli davano tregua, si imbacuccò avvolgendo una sciarpa dall’aria particolarmente pesante attorno al collo fragile.
<< Ho bisogno di bere del Porto, per riscaldarmi la gola! Aspettatemi pure qui, torno subito! >>
Luna e Rolf approfittarono di quel momento libero per profondersi in dolci effusioni amorose. Si baciarono al chiarore del crepuscolo, sullo sfondo di una meraviglia paesaggistica capace di irretire i sensi con la sua fresca bellezza.
Rolf sollevò lo sguardo, senza palesare la minima esitazione. I suoi occhi sfavillavano come nelle più classiche rappresentazioni cinematografiche, ma il suo viso era fermo, sicuro. Luna scosse la testa ed evitò il suo sguardo. C’era qualcosa, in lui, che la turbava. Quella rigidità esagerata, quel modo di fare cerimonioso e inusuale. Era l’inesperienza a rendere Rolf tanto strano, o c’era dell’altro?
La nave costeggiò un gruppo di scogli che sbucavano appena dal pelo dell’acqua, come isolette rocciose, e sfiorò finalmente le rive della penisola di Valdés. Le immagini che apparivano agli occhi dei passeggeri erano adesso precise e facilmente distinguibili. Buona parte dei viaggiatori uscì in coperta per ammirare le spiagge sudamericane. La nave procedeva ancora alla velocità di un fulmine e il mare cominciava ad agitarsi. Giunsero nel Chubut intorno a mezzogiorno.
<< E’ spaventoso! >> commentò Rolf. << Ieri ci trovavamo ancora in quello squallido porto di Liverpool! E adesso, poche ore più tardi, eccoci qui, in questo eden naturale! >>.
<< Non meravigliarti più di tanto, Rolf! >> lo ammonì amichevolmente Dubois. << Certe navi magiche sono molto più veloci di questa… Pensa che alla Fiera dei Fatati Lupi di Mare, lo scorso anno, è stato presentato un prototipo di piccola imbarcazione che faceva centinaia di nodi all’ora, ma fu rifiutato perché dicevano che il progetto, quel mister Forest, l’aveva copiato da un documento segreto dello Stato Magico di Cleghorn! >>.
<< Sgradevole! Ladri dappertutto, al giorno d’oggi! >> osservò Rolf, ma Luna non era tanto convinta che le parole di Dubois fossero sincere.
La nave fu ancorata in un porto in miniatura, simile ad una ricostruzione da museo. Il capitano salutò personalmente Monsieur Dubois, poi i passeggeri scesero ordinatamente attraverso una scaletta bianca e affondarono i piedi nella sabbia della battima.
<< Il direttore mi aspetta questa sera stessa! >> spiegò Rolf. << L’ho contattato via gufo! >>.
Dubois annuì. << Conoscete un buon hotel dove alloggiare o accettate il mio invito a trascorrere la giornata in un’accogliente fattoria qui vicino? >>.
<< Lascia perdere, Berry! Non c’è motivo di scomodarti. Troveremo un… >>
<< Ma quale scomodarmi! >> disse Dubois fingendosi stizzito. << Non fate gli sciocchi, su! Eccola lì, la jeep di Caroline! Venite, vi presento una mia cara amica! >>.
Seduta al volante di una jeep verdastra, la cui tintura era sparita in più punti, se ne stava una donna giovane e avvenente, con capelli biondi, gonfi e lunghi ed un grosso cappello giallo sulla testa, che le conferiva un aspetto solare e decisamente simpatico. Caroline Morph fu contenta di fare la conoscenza di Luna e Rolf e accolse benevolmente anche Monsieur Dubois. Il gruppo si accomodò sulla jeep, Dubois nella parte anteriore e Rolf e Luna sui sedili di dietro.
Mentre viaggiavano per un sentiero che serpeggiando si insinuava nel cuore di una landa deserta, Caroline diede un’occhiata a Luna e Rolf attraverso lo specchietto retrovisore. << Se mi è concessa la domanda, >> disse con molto garbo, << quanti anni avete? >>.
Luna pensò che quello fosse un modo come un altro di rompere il ghiaccio.
<< Siamo entrambi trentenni, più o meno! >> rispose Rolf.
<< Ah, trent’anni! >> ripeté Caroline. << E… ditemi! Non avete considerato ancora l’idea di sposarvi? >>.
Luna sentì un groppo alla gola. Quella stessa domanda le era stata rivolta da Marcus Wilson, quando si trovava nella hall dell’High Magic Hotel insieme con Terence.
<< A dire la verità, sì! >> disse Rolf. << Ma aspettiamo l’occasione giusta prima di… >>.
<< Ah, questi ragazzi! >> intervenne Monsieur Dubois. << Devo ripeterlo ancora una volta, mio caro Rolf, che non si rimandano mai i grandi eventi della vita a data da destinare? Bah, è la moda del momento! Ma dico io, se vi amate, perché rallentate i tempi? Quando ero giovane, e parlo di molti, molti anni fa, c’era gente che si sposava due giorni dopo aver considerato l’idea! >>.
Rolf guardò Luna fugacemente, tentando di cogliere un segno nei suoi grandi occhi profondi.
<< C’è il pastore William Buster, nel paesino di Pastávara! Quello che ha sposato i miei cugini… Sarebbe disposto a consacrare la vostra unione stasera stessa, se glielo chiedeste! >> spiegò Caroline.
<< Ne riparleremo! >> promise Rolf.
L’auto mandò un soffio di vapore nero, prima che il motore si spegnesse in prossimità di una larga distesa di terriccio secco.
Una fattoria immersa in un fogliame verde e vivo, dall’aspetto aristocratico, apparve ai loro occhi quando abbandonarono la jeep. Aveva finestre sontuosamente decorate ed una porta d’ingresso con bardature in stile liberty, che davano su un brolo minuto ma stracarico di eleganti chiome ondeggianti.
Caroline inserì la chiave nella toppa e la girò vigorosamente. Con un cigolio terrificante, la porta si spalancò, rivelando un atrio spoglio e cupo. A malincuore Luna abbandonò la luce accecante del mezzogiorno e seguì la padrona di casa nel vestibolo. Sbucarono infine in una vano ben arredato, circondato per quasi tre terzi da mobili intagliati in legno d’ontano. Su ogni ripiano, Caroline aveva provveduto a piazzare fruttiere traboccanti di gustosi prodotti della terra. L’ambiente era di per sé poco luminoso e, tra i vassoi e le nature morte appese ai muri, complessivamente squallido.
Si accomodarono su un vecchio tavolo e Caroline offrì ai suoi ospiti delle bibite amare, che Luna riuscì a ingurgitare con molta fatica.
<< Specialità del Chubut! >> spiegò. << La confezione intera me l’ha data la signorina Piller, che abita in una casa colonica non lontana da qui! E’ una brava persona, la conosco da quasi dieci anni! Una pettegola, sì, ma con un caratterino che lascia trasparire una sincera bontà di cuore >>.
Rolf si mostrò interessato, mentre Luna, stanca fino al midollo, non tardò a mostrare il suo cinismo per tutto ciò che riguardava signorine Piller e poderi del Chubut. Dubois, presa la parola per tacito consenso, espose un excursus della storia della Patagonia, mentre Caroline serviva il pranzo. Al termine del lungo e noioso discorso, Luna si sentì davvero troppo esausta per spiccicare parola. Caroline le suggerì di appisolarsi su un divano fino alla sera.
Rolf e Dubois rimasero attorno al tavolo a parlare della meseta argentina, un’immensa distesa arida e incolta che i due fidanzati avrebbero dovuto attraversare per raggiungere la sede della rivista Hornedowl. Quando il sole in declino si nascose dietro le nuvole, la ragazza fu svegliata.
<< Affitteremo un auto! In poche ore saremo nell’ufficio della Hornedowl! >> le disse Rolf.
Il viso di Caroline spuntò all’improvviso da dietro la porta. << Non vi conviene noleggiare una macchina! Alcuni territori impervi della Patagonia sono del tutto impraticabili, per quelli che non se ne intendono! Permettete che vi accompagni, mentre Berry si mette a letto! >>.
<< Ma figurati! >> disse Luna in un inatteso moto di stizza. << Non c’è bisogno che tu ti prenda il disturbo di accompagnare me e Rolf alla Hornedowl! >>.
<< Il disturbo? >> sorrise Caroline. << Può farmi solo piacere, Luna! >>.
<< Beh, grazie, allora! >> si intromise Rolf, intento a sistemare nel suo grosso zaino un cannocchiale e degli attrezzi per l’esplorazione. << Ci togli davvero un grande fardello dalle spalle! Il solo pensiero di attraversare la Patagonia senza sapere niente del luogo, anche dopo le spiegazioni dettagliate di Berry, mi sembrava un’impresa davvero ardua! >>.
<< Dunque, amici, torno subito! >> aggiunse Caroline sorridendo, prima di sparire nel corridoio.

* * *


Era tardi. Maledettamente tardi. Ma poteva farcela.
La donna si inerpicò lungo il pendio, ansando per la stanchezza. La stazza e l’età non le facilitavano certo il lavoro, ma costituivano comunque due ottimi motivi per continuare a lottare. Arrivata sulla sommità del scarpata, si imbatté in una rete dall’aria poco resistente.
“Avrei dovuto scoprirlo prima che erano partiti per la Patagonia! Se quell’uomo avesse schiacciato l’acceleratore, ieri sera, non sarei ancora qui, questo è sicuro!” considerò con amarezza.
Trasse dalla tasca la propria bacchetta. Squarciando la rete, oltrepassò il varco e si ritrovò in una pista di decollo completamente asfaltata. Gli aerei Babbani, in fondo, sembravano sorriderle.
Si avvicinò alla portiera di uno UK AIRLINES che riportava la scritta 817 sul dorso. Uno stewart con un cappello rosso le sorrise, offrendole un depliant e chiedendole il biglietto, prima in modo cortese, poi con ostinazione. Bastò un Oblivion per ammansirlo. La donna prese posto sullo UK AIRLINES 817, in partenza per la Patagonia, scegliendo un angolo appartato che non la facesse spiccare tra i passeggeri. Posta sulle proprie gambe una borsa da passeggio, aprì la cerniera per sincerarsi che non fosse accaduta nessuna sciagura.
“Per fortuna!” pensò. “La Luna di vetro è in salvo!”.
Rigirò tra le mani la sfera, prima che un’hostess la adocchiasse accigliata e le si avvicinasse con il pretesto di voler offrire del cibo.
<< Gradisce un tè, prima della partenza? >>.
<< Sì, mi dia giusto il tempo di prendere i soldi! >>.
La donna infilò una mano in tasca.
<< Ha il suo biglietto, vero? Le dispiace mostrarmelo? E’ una mera formalità, signora! L’addetto ai controlli voleva che facessi una rapida ispezione, prima del decollo! >>.
<< Il biglietto! Sì, dovrebbe essere qui… Toh, guarda che strano! >> rispose la donna traendo la bacchetta di tasca e sollevandola con enfasi. << Non è una cosa da tutti i giorni, trovarsi nei pantaloni un vecchio legnetto, invece del biglietto aereo! >>.
L’hostess inarcò le sopracciglia.
<< Imperio! >> sorrise la donna tranquillamente. << Tornatene da dove sei venuta, e vedi di convincere l’addetto ai controlli che ho tutte le carte in regola! >>.
<< Attenzione, lo UK AIRLINES 817 è in partenza dalla pista 29! I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza! Attenzione! Lo UK AIRLINES 817 è in partenza dalla pista 29! >>.
La voce meccanica si spanse per il corridoio dell’aereo. Un ometto calvo prese posto accanto alla donna, schiacciandosi contro il finestrino.
<< Attenzione signori! >> fu l’ordine perentorio. << I passeggeri dello UK AIRLINES 817 sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza! Stiamo per decollare! >>.
Un rombo crescente, poi l’aereo si mise in moto. Lentamente si mosse lungo la pista, avanzò, aumentò di velocità, prese la rincorsa e si staccò da terra, librandosi nel cielo infinito.

* * *

L’ispettore Hottersby, madido e accaldato, si tergeva il sudore tamponandosi la fronte prominente. Aveva seguito il commissario Mercury ed un gruppo di uomini addestrati alla ricerca nei pressi della casa di mister Scott e, cercando di trovare dentro di sé la disposizione d’animo necessaria ad affrontare il torrido caldo di fine Agosto, camminava a testa china, blaterando parole incomprensibili sotto i baffoni da tricheco. Lavoravano da ore, ormai, ma gli oggetti che scovavano nelle tane sotterranee erano davvero poco illuminanti. Cosa speravano di dissotterrare quegli illusi?
Stracci di nubi chiare offuscarono l’orizzonte. Il commissario Mercury, facendo pressione coi piedi sul terreno compatto, progettava una doccia fredda ed una serata all’insegna dello svago. Ad un tratto arrestò la sua sonnacchiosa marcia lungo il campo brullo e rimase immobile ad osservare una pietra dalla forma curiosa. Presentava un colorito pallido e impercettibilmente rosato ed emergeva dal terriccio solo in parte.
<< Molto strano, pietre del genere sono si trovano facilmente nel distretto di Manchester! >> notò sommessamente. Si rivolse quindi a un suo subordinato, che studiava con morboso interesse una sporgenza di roccia. << Cussler, vieni qui! Voglio che tu raccolga con i guanti questa piccola pietra e la inserisca in una busta di cellophane! >>.
<< Sissignore! >> sospirò Cussler, trascinandosi fino al luogo del ritrovamento e traendo dalla borsa due guanti bianchi ed un foglio di idrato di cellulosa.
Il commissario Mercury continuò la sua passeggiata indifferente, ammirando la grande casa di Scott con invidia occultata. Si fece spazio in mezzo all’erba e sentì il bisogno di riposarsi. A casa lo aspettava un pranzetto a base di pesce, che il fratello di sua moglie aveva portato direttamente da una località marina del West England.
<< Questo non è possibile! >> eruppe all’improvviso la voce di Cussler. << Commissario! Commissario! >>.
<< Che c’è, Cussler? La solita cicca di sigaretta? >>.
L’uomo della squadra se ne stava chino sulla pietra rosata che il commissario aveva scorto poco prima. All’affermazione ironica, scosse la testa energicamente. << Direi di no, signore! Questo è un dito! >>.
<< Un dito? >> ripeté Mercury disgustato. << Oh, non dire sciocchezze! Hottersby! Hottersby! Dove diavolo si è cacciato quel maledetto uomo? >>.
<< Sono qui! >> rispose una voce. L’ispettore emerse da una radura. << Trovato qualcosa? >>.
<< Cussler dice di essersi imbattuto in resti umani! Ehi, laggiù! La squadra è gentilmente chiamata alla raccolta! >>.
Gli occhi di Hottersby si sbarrarono. Il gruppo di poliziotti che perlustrava i dintorni accorse immediatamente, assiepando il luogo in cui il dito era stato sepolto. Spazzarono via con le mani cumuli di terra appiccicosa e scoprirono all’istante degli indumenti sgualciti e coperti dalla polvere. Ad indossarli, era il cadavere di una vecchina bassa e canuta, in stato di putrefazione, che osservava la scena coi suoi piccoli occhietti gelidi.
<< Pretendo che la scientifica sia qui prima dell’ora del desinare! >> esclamò severamente il commissario. << Hottersby, occupati dell’identificazione di questa donna! Cussler, ti affido il compito di capeggiare la perlustrazione! Non è escluso che sotto il terriccio sia sepolto il nodo di questo irragionevole rompicapo! >>.



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Capitolo 17
*** Capitolo XIV - Una donna ***


Ci siamo quasi... Pochi capitoli alla fine. Tre o quattro, probabilmente. Teorizzate, finché ne avete il tempo.



CAPITOLO XIV
Una donna


Luna, Rolf e Caroline trascorsero sulla vettura le opprimenti ore che precedono il buio. La loro destinazione era molto lontana, ma riuscirono in parte a placare l’uggia grazie all’allegria contagiosa dell’autista. Infine, mentre oltrepassavano un crepaccio percorrendo un viadotto pericolante, videro stagliarsi dinnanzi a loro gli edifici di una vera e propria cittadina, i cui abitanti convivevano letteralmente con la natura. La sede della rivista Hornedowl, dove erano diretti, sorgeva al centro di un complesso di palazzi svettanti l’uno sull’altro e controllava la circoscrizione territoriale quasi come un sovrano dispotico e minaccioso.
La jeep raggiunse uno spazioso slargo che fungeva da parcheggio e i tre viaggiatori aprirono lentamente le portiere. Era sera, le strade pressoché deserte e le luci dei grattacieli vagamente illuminate. Gli edifici più importanti della città, raccolti in un unico distretto circolare, costituivano il nucleo di un’immensa distesa brulla, coperta solo da vegetazione arbustiva. Frutici di ogni genere sbucavano dal terreno, affastellandosi in mucchi numerosi e sparsi. Il clima era piacevolmente fresco e si respirava un dolce effluvio di terra bagnata. Luna adocchiò un antico cinema abbandonato, all’incrocio di due strade poco frequentate. L’atmosfera era quieta e immobile. Il tempo sembrava non passare mai.
<< E’ carino, qui, ma non immaginavo un paesino tanto strambo! >> commentò Caroline. << I palazzi sono troppo alti. Cozzano sgradevolmente con l’ambiente selvaggio! >>.
<< Inizialmente, il luogo in cui stiamo camminando era totalmente spoglio! Non c’era neanche un grattacielo, di fatto. >> spiegò Rolf. << L’ho notato in una fotografia del 2006. Fa un effetto strano vedere come le cose siano cambiate. >>.
<< I Babbani possono vedere queste costruzioni? >> domandò Luna, sgranchendosi le gambe sul fare della strada.
<< Suppongo di sì. Come vedi ci sono varie edificazioni Babbane. Ma solo agli occhi dei maghi il luogo appare per quello che è. >>.
Continuarono a marciare fino a che non giunsero in prossimità di una vetrata scorrevole, che fu loro aperta da un guardiano notturno. Rolf lo ringraziò sentitamente e fece strada.
Una volta entrati, scoccarono occhiate ai quattro punti cardinali. La sala d’ingresso aveva mura colorate di rosso che sfavillavano come pietre d’oricalco. La scritta marmorea RIVISTA HORNEDOWL era stata affissa sul muro alla loro destra. Delle scale alabastrine, con un corrimano in roccia calcarea ed una colonnina fastosamente ingentilita, conducevano al piano superiore. Rolf si guardò intorno con attenzione, tentando di immagazzinare ogni dettaglio della camera e costruirsi così una mappa mentale che gli permettesse di orientarsi.
<< C’è una porta, laggiù, ma se ricordo bene la lettera - avrei dovuto portarla, dannazione! -, l’ufficio si trova di sopra. >>.
Superarono la prima rampa e si ritrovarono su un mezzanino basso e dall’aria formale, scevro da qualunque suppellettile o arredo inutile. Alcuni armadietti in metallo erano stati sigillati ermeticamente e con qualche giro di chiave. Proseguirono fino ad un pianerottolo, sul cui soffitto erano dipinti uccelli che, in frullio d’ali, scorazzavano nel cielo in un quadretto complessivamente armonioso.
Un uomo col viso scarno, un cravattino ed un’aria da manager si mostrò loro con le braccia spalancate. << Benvenuti alla Hornedowl! Rolf Scamandro, giusto? Sono il direttore dell’azienda, Kirk Fitzgerald. Venite, venite! >>.
Rolf gli tese la mano, quindi proseguì lungo il corridoio. Si accomodarono in un ufficio molto grande. Rolf e Luna presero posto sulle sedie dinnanzi alla scrivania, mentre Caroline dovette accontentarsi del divano beige che stava alle loro spalle.
Mister Fitzgerald si passò una mano sul mento, tossì flebilmente ed esordì: << Il lavoro che intendo affidarle, signor Scamandro, è molto semplice! Armato di una macchina fotografica, farà il giro della Patagonia, immortalando i paesaggi più suggestivi. Le pellicole magiche saranno sviluppate e pubblicate sui prossimi numeri di Hornedowl, insieme con un articolo da lei scritto. E sono sicuro che questa notizie le farà piacere: intendo affidarle l’incarico di vice-direttore della rivista ed elargirle un anticipo di tremila galeoni! >>
Rolf sbarrò gli occhi, ruotò la testa e vide dinnanzi a sé una Luna al colmo della gioia.
<< Sia ringraziato il Cielo! Questi soldi ce li manda il Destino! Credo che sia inutile rimandare ancora le nozze, Luna… >>
Si abbracciarono tra i sorrisi di Fitzgerald e i mugugni impercettibili di Caroline.

* * *

Le indagini, a Manchester, andarono avanti per lunghissime ore. Il cadavere della vecchia era stato ripulito e sottoposto ad un’accurata necroscopia. Le foto del suo volto in decomposizione vennero sviluppate quella sera stessa e all’ispettore Hottersby fu affidato il compito di mostrarle agli abitanti di Randywick. Alcuni agenti, per rendersi utili, avrebbero invece continuato la perlustrazione dei territori circostanti alla residenza di Scott.
Hottersby attraversò la strada principale di Randywick, ormai divenuta oggetto di numerose discussioni, nella contea. Molti maghi, con il pretesto di una passeggiata, raggiungevano l’High Magic Hotel e lo scrutavano con attenzione, come a volerne carpire i segreti. Le case dei superstiziosi abitanti erano state serrate, le imposte chiuse e le porte sbarrate in ogni maniera. Il panico dilagava da quando la notizia della Cupola si era diffusa a macchia d’olio. I paesani si sentivano come braccati. Qualcuno aveva addirittura lasciato la zona, concedendosi una vacanza improvvisata. Hottersby considerò positivamente lo spopolamento della zona: la tranquillità spesso dava la possibilità di ragionare con più serenità, per cui risolvere casi disperati, come quello di Scott, non era più un’impresa impossibile.
Tentando la fortuna, l’ispettore bussò alla porta di una casa isolata. Gli rispose una voce malferma, rassicurata dalle parole di Hottersby. Una donna giovane aprì la porta e fissò il poliziotto con un guizzo di timore negli occhi.
<< Scusi il disturbo! >> disse Hottersby. << Volevo chiederle se ha mai visto qualcuno che assomigli a questa donna! >>
Le sottopose la fotografia della vecchina, ma la ragazza scosse la testa, mortificata. << Abito qui da pochi anni, conosco soltanto la minima parte degli abitanti di Randywick. E questa donna non l’ho mai vista. E’ successo qualcosa? >>
<< Hanno trovato un cadavere qui vicino, e non sappiamo chi possa aver… >>
Un gufo svolazzò goffamente sulle loro teste e lasciò cadere un foglio di pergamena. Hottersby si interruppe bruscamente e raccolse il messaggio da terra.

Centrale di Manchester. Le pratiche riguardanti il caso Scott sono state rubate. Pregasi l’ispettore di tornare alla sede entro un’ora. Grazie.

<< Ci mancava anche questa! >> esclamò Hottersby. << La ringrazio del suo aiuto, signorina. >>
<< Si figuri! >> rispose lei, chiudendo la porta. L’ispettore batté i piedi per terra con stizza. Ecco un’altra assurdità! A chi potevano interessare le pratiche del caso Scott? Per quale motivo erano state rubate?
Hottersby si convinse che avrebbe dovuto completare il suo lavoro, prima di tornare alla centrale. Il tempo stringeva. Si voltò verso la strada ciottolosa e scorse un giovanotto che faceva al caso suo. Era un paesano con le braccia nerborute e le sopracciglia arruffate. Portava sottobraccio dei filoni di pane e la bacchetta ben in vista nella tasca anteriore.
<< Ehi! Scusa! >>
Il ragazzo si fermò dinnanzi all’ispettore con aria interrogativa, avvicinando lentamente la mano alla bacchetta. << Ha bisogno di qualcosa? >>
Hottersby gli mostrò la fotografia della vecchina. << Ha idea di chi possa essere? >>
Vide il giovanotto meditarci su, strizzare gli occhi e accigliarsi. Poi disse: << Ma sì, certo! Non può essere che lei… O mio dio, vuole dirmi che le è successo qualcosa? >>
<< Insomma, non giri attorno alla verità! Se sa qualcosa, la dica! >>
<< Questa donna è Jane Event, l’anziana proprietaria dell’High Magic Hotel. >>
Hottersby sentì un brivido percorrergli la schiena e rise senza allegria.

* * *

La serata di Rolf e Luna si concluse magnificamente. Per festeggiare l’inatteso annuncio di Fitzgerald, la coppia si recò ad un locale pubblico vicino, insieme con Caroline. Vennero loro serviti degli stuzzichini deliziosi e morbidi panini conditi con salsa rosa. Ingurgitarono tutto senza pensarci due volte e discussero a lungo della notizia appena appresa.
<< Non credevo che Fitzgerald nutrisse in me una fiducia tale da affidarmi incarichi di così grande importanza. E’… è fantastico! >>
Luna annuì silenziosamente. Caroline smorzò un sorriso.
<< Cosa vi è preso? Non siete contente? >>
<< Uh, sì. Certo che siamo contente. >> rispose Luna. << Per quanto mi riguarda sono un po’ pensierosa. Vuoi un matrimonio in grande o qualcosa di semplice? E soprattutto, dove preferisci che venga… >>
<< Calma, calma, mia cara! Penseremo a tutto domattina. Ci siederemo all’ombra del gazebo nel cortile di Caroline e metteremo ogni nostra decisione nero su bianco. Più ci penso e più mi convinco che si tratta di un sogno… >>
Assaporarono la voce del silenzio. Il buio della notte avviluppava il ristorante in un manto spettrale. Un cameriere si aggirava con alacrità per i tavoli semideserti. Quando si rese conto che quella quiete sepolcrale si stava facendo pesante, accese la radio. Rolf, Luna e Caroline, tra i tintinnii argentini delle posate che cozzavano contro i piatti bianchi, tesero l’orecchio.

Traffico di scope sui cieli di Melbourne. Domani si darà inizio all’ultima manche della gara di velocità a bordo di scope antiche. Per gli sfortunati che si fossero persi i risultati della giornata di ieri, ribadiamo le posizioni. Sul podio, salgono Edward McFayer, Julian Pileser e Meredith Harmon. Al quarto posto il francese Jacques Le Monte. Ricordiamo che la disputa avrà luogo nello stadio di Quidditch di Melbourne, il Chapford.
Ma passiamo ad un’altra notizia.
Una strega inglese è stata fermata all’aeroporto di Rawson, nel Chubut, in Patagonia, dalla polizia Babbana. La donna ha utilizzato un incantesimo Oblivion su alcuni passeggeri e sui poliziotti Babbani che hanno invano tentato di ammanettarla. L’intervento della polizia magica è stato tempestivo e la donna è stata condotta in prigione. Nella sua valigia gli uomini delle Forze Magiche hanno trovato documenti in cui si parla di un’associazione criminale, chiamata “Ragno Nero” (presumibilmente sottratti alla Centrale della Polizia Magica di Manchester, che ne reclama i diritti), ed una sfera opalescente che secondo gli studiosi è un uovo di Idra, utilizzato in Magichimica. La delinquente si è rifiutata di dire il suo nome ai membri della Centrale Magica di Rawson. Ha scagliato incantesimi di potenza eccezionale ed è riuscita a sfuggire all’incarcerazione. Si attendono i risvolti della faccenda. Intanto, agli abitanti di Rawson e delle vicinanze è consigliata la massima cautela.
Si è conclusa oggi la manifestazione per i diritti delle Valchirie del Sudafrica, che…


Una miriade di emozioni investì Luna con potenza parossistica. Qualcuno era sulle sue tracce. Una donna… Ma chi? E la Luna di Vetro era dunque un uovo di Idra? Ricordava solo vagamente che creature fossero gli Idra. Draghi con molte teste. Sette, forse, se la memoria dei giorni trascorsi ad Hogwarts non la ingannava. Vide Rolf con le mani sul volto. Era preoccupato, decisamente, addirittura più di lei. Caroline non era a conoscenza della storia e osservava le reazioni dei suoi commensali con sguardo perplesso.
Una donna… Aveva rubato alla Polizia di Manchester i registri relativi al Ragno Nero. Ma per quale motivo? Temeva forse che contenessero informazioni atte a condurre alla risoluzione del caso e alla sua successiva incarcerazione? Era tutto decisamente strano.
Si rimisero in marcia nel silenzio più assoluto. Caroline chiese spiegazioni, ma venne zittita educatamente. Rolf e Luna avevano intenzione di pensare.
Percorsero ancora una volta diversi chilometri. Quella giornata si era conclusa in modo assolutamente inaspettato. L’annuncio-radio aveva spiazzato totalmente Luna, che adesso si sentiva timorosa e disperata. Se una donna era sfuggita alla Polizia Magica, era di certo alla sua ricerca. Doveva restare in guardia, per non incappare in un’ombra di cui sconosceva le sembianze.

* * *

Il dottor Ive si scosse dal suo sonno profondo non appena udì l’annuncio-radio. Era stato trasmesso anche in una piccola frazione della Gran Bretagna. Il medico si era appisolato dimenticando il volume del radioricevitore troppo alto e, al percepire il nome di “Ragno Nero”, in lui era come scattata una molla. L’associazione criminale stava ancora operando, nonostante tutto quello che era successo. C’entrava una donna… Ma di chi poteva trattarsi?
<< Povera signorina Lovegood! Correrà qualche rischio, ne sono certo. E se non ottiene la giusta protezione le potrebbero mozzare la testa. Dove si troverà, in questo momento? Ho bisogno di trovarla, di comunicarle i miei sospetti, di metterla in guardia. Prima che sia troppo tardi…>>

* * *

Terence non era riuscito a prendere sonno. Il suo cervello era tormentato da così tanti pensieri, quella sera…
L’annuncio-radio l’aveva meravigliato, sconcertato, sgomentato. Non c’erano parole per descrivere le sensazioni che il cronachista aveva innestato in lui, parlando della donna del Ragno Nero. Quel giorno, Terence aveva provveduto ad inviare la sua civetta a Luna, con una lettera. Chissà dove si trovava! Doveva scoprirlo, raggiungerla a tutti i costi…
“Non vivrà a lungo!” pensò. “Devo affrettarmi!”

* * *

Elvira Follin stava tremando. Era uscita un attimo in balcone, per prendere aria e pensare alle sue faccende. E poi era rientrata in camera. Ma suo marito non c’era più. Era scomparso. << Tony! Tony, dove diavolo ti sei cacciato? >> aveva urlato come un’ossessa. Nessuna risposta rassicurante le era giunta alle orecchie. Dove era finito suo marito? E perché non le aveva detto nulla? Elvira era caduta a terra, in preda alle convulsioni. Il volto le si era fatto rosso, avvampando. Aveva visto cadaveri dappertutto, e sangue. Le solite visioni demoniache… Dopo la scomparsa di Anthony, non era riuscita a resistere. E adesso voleva ancora dei cadaveri. Li desiderava.

* * *

L’intero gruppo di polizia era raccolto nella Centrale di Manchester, quella notte. Gli uomini erano assiepati attorno alla scrivania e il commissario Mercury stava riepilogando i fatti del giorno.
<< Considerazione numero 1: Jane Event, la proprietaria dell’High Magic Hotel, non è la stessa donna che abbiamo interrogato poco tempo fa. La vera Jane Event è stata sepolta sotto parecchi centimetri di terra. Abbiamo provato a intercettare l’impostora e suo marito, ma senza risultato. Qualcuno si è sbarazzato dei veri proprietari dell’High Magic Hotel, per scopi che non ci sono chiari. Considerazione numero 2: una donna che, secondo la descrizione dei nostri colleghi della Patagonia, non sarebbe troppo dissimile, nelle sembianze, dall’impostora che ha recitato la parte della vera Jane Event, è stata fermata dalla Polizia Magica del Chubut, ma è riuscita a fuggire. Non c’è dubbio: l’impostora ha rubato le informazioni riguardanti il Ragno Nero dai nostri archivi, poi è andata in Patagonia, probabilmente per raggiungere la signorina Lovegood, che vi sta soggiornando attualmente. Insomma, è in circolazione una donna del Ragno Nero. Probabilmente colei che ha ucciso mister Scott e Hamilton, colei che ha fatto perdere le tracce della ragazza chiamata Skali. Dobbiamo fermarla, in un modo o nell’altro. La polizia della Patagonia si sta mobilitando per cercarla. Siamo certi che si tratta di una delinquente. Nella sua borsa è stata ritrovata la sfera di vetro di cui ci ha parlato miss Lovegood. E’ tutto fin troppo lampante! Abbiamo il nostro colpevole. E’ lì, in Patagonia! Sarà meglio che avvertiamo tutti gli ex-ospiti dell’High Magic Hotel, di modo che sappiano come stanno le cose. Hottersby, occupati di inviare loro uno stesso messaggio, in cui li informi delle due considerazione che ho poc’anzi esposto. La fuga della donna e la scomparsa dei documenti sul Ragno Nero. E accenna anche al cadavere della vera Jane Event. Vedi di mettere tutti all’erta. Qualcosa si muove, e non sappiamo di che si tratti! >>




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Capitolo 18
*** Capitolo XV - Tre missive ***


Grazie a tutti. Water, moon, se non fosse per i vostri commenti sospenderei il lavoro.



CAPITOLO XV
Tre missive


I colori dell’alba chiazzavano già la volta pallida quando il terzetto, di ritorno dalla serata alla Hornedowl, mise nuovamente piede in casa.
Nonostante i buoni propositi, Caroline non riuscì ad evitare di provocare uno sconquasso insoffribile. Le travi della cucina scricchiolarono pericolosamente al suo passo e il rumore del vivo dinamismo ripristinato inondò il corridoio. Inutile dire che Dubois si svegliò. Stando ai suoi resoconti della nottata, non era ancora riuscito a prendere sonno. Luna non lo riteneva probabile, visto che il buon vecchio sembrava in uno stato di perfetto relax.
<< Ho atteso il vostro ritorno perché tre civette, poco dopo la mezzanotte, hanno recapitato a Luna delle missive che naturalmente non ho osato leggere. >>
Trasse da un cassetto di quercia tre lettere accuratamente sigillate con della ceralacca. Luna si avvicinò cautamente e le prese tra le mani.
<< Preferisco dargli un’occhiata fuori nel gazebo, se non vi dispiace! >>
<< Fai pure, cara, io ne approfitto per una doccia >> sorrise Rolf.
Caroline gli lanciò uno sguardo incomprensibile.
Uscita nel padiglione, Luna calpestò l’erba bassa e raggiunse il bersò coi pilastri avvolti nell’edera. Si accomodò sospirando e diede uno sguardo alle missive.
La prima era di Terence. Avrebbe riconosciuto quella grafia a miglia e miglia. La svolse pigramente e prese a leggere con attenzione.

Mia cara Luna, mi dispiace che tu sia lontana. Questi sono giorni d’inferno. La faccenda della Luna di Vetro mi ha sconvolto e ho sentito alla radio che il Ragno è sulle tue tracce. Non provare a fermarmi. So che ti trovi nel Chubut, e ho intenzione di raggiungerti ad ogni costo. Non avere paura che mi succeda qualcosa, so badare a me stesso. Comunicami il luogo in cui possiamo incontrarci, l’orario e le modalità.
Ti lascio con la speranza che tu risponda al più presto.

Terence


Luna corrugò la fronte, reprimendo le emozioni contrastanti che erano sorte in lei. Ovviamente aveva già considerato l’idea che Terence venisse a trovarla, nonostante quello che era successo. Il matrimonio tra lei e Rolf era ormai imminente e non poteva certo mancare l’ospite d’onore. Si ripromise dunque di rispondere al più presto alla missiva e dedicò la propria attenzione ad una strana epistola azzurra, la seconda che le era stata recapitata quella notte.
Con un sussulto, Luna capì che la scrittura le era stranamente familiare. Ma a chi poteva appartenere? Forse ad un ospite dell’High Magic Hotel? Altamente improbabile. C’era qualcosa, in quegli orpelli e in quelle decorazioni, che la riportava ad una conoscenza molto radicata in lei, come un ricordo d’infanzia. Tutto sembrava alludere ad un sapere perduto. La lettera non recava nessuna firma, salvo una sigla di cui Luna stentava a riconoscere i contorni.

Perdonami se non ti rivelo il mio nome. Ci andrebbe di mezzo la nostra incolumità, Luly, ed io non amo il rischio, purtroppo. Il caso Scott, ad un occhio non addestrato, apparirà alquanto strano. Ma è tutto maledettamente semplice, e spero d’essere arrivata ad una conclusione certa. Ti prego di non rispondere a questa mia lettera, onde evitare intercettazione o guai seri. Abbi fiducia in me. Incontriamoci alla stazione rupestre di Cormon Village, non lontano dal luogo in cui ti trovi, domani sera alle sette. Diffida dei tuoi conoscenti, vieni qui completamente sola. Brucia questa lettera, Luly. La polizia non capirebbe. Sono io la donna di cui parlava la radio. Ho rubato io i documenti del Ragno Nero alla Centrale di Polizia di Manchester. Ma non faccio parte dell’associazione criminale. Sono dalla tua.

Un’angoscia indescrivibile si impadronì della povera Luna, combattuta tra due diverse prospettive: gettarsi letteralmente nelle mani del pericolo o mostrare quella lettera ai funzionari della legge. Una decisione troppo complessa per essere fatta senza ponderazioni. Dalle righe, però, traspariva una sincerità coinvolgente.
“Se davvero l’autrice di questa lettera fosse una donna del Ragno, non avrebbe liberamente asserito di essere la stessa persona che è stata fermata dalla Polizia Babbana nell’aeroporto. C’è del vero, nelle sue parole. Probabilmente non sarà un’eroina senza macchia, ma per scoprirlo devo raggiungere la stazione di Cormon Village. O è un gesto avventato?” si disse.
Prima di scegliere, lesse l’ultima lettera. Proveniva direttamente da Manchester. La informavano che doveva fare molta attenzione, perché una donna del Ragno era lì, in agguato. E, cosa ancora più shockante, era stato ritrovato il cadavere di una donna identificata come Jane Event. Salvo imprevisti, avrebbe dovuto partecipare ad una riunione, quindici giorni dopo, direttamente in Inghilterra, per discutere i fatti e prendere provvedimenti definitivi. Niente di interessante.
Luna sollevò lo sguardo verso la porta di legno della casa di Caroline. All’improvviso vide sbucare un Dubois al colmo dell’apprensione, che si avvicinava con sguardo circospetto e abbattuto insieme.
<< Non ne posso più, miss Lovegood! >> disse con serietà spiazzante. << Ho visto troppe cose, adesso… >>
Luna sbarrò gli occhi, perplessa.

* * *

L’ampia stanza era sontuosamente arredata con stendardi di broccato e soprammobili di taglio artigianale. I divani con le federe azzurre rilucevano sotto i raggi fiochi del sole sorgente. Elvira sedeva dispnoica su una poltrona, le spalle protese in avanti, gli occhi coperti di lacrime e le labbra che si muovevano aritmiche. Dinnanzi a lei, il commissario Mercury tirava boccate da una sigaretta che gli era stata offerta. Camminava sul lungo tappeto con fare cogitabondo. Aveva messo da parte la faccenda di Jane Event, ed ecco che si trovava di fronte ad un altro avvenimento spiazzante.
<< Quando l’ha visto per l’ultima volta? >> esclamò d’un tratto.
<< Ieri sera >> singhiozzò Elvira. << E’ terribile, terribile! >>
<< Non è possibile che si sia Smaterializzato semplicemente? >>
<< Ma non è da lui! >> sbottò Elvira, scattando in piedi. << Perché siete così ostinatamente formali? Attenetevi anche a quello che vi dico. Mio marito non sarebbe mai scappato senza dirmi niente. Io lo so. Lo conosco da anni… >>
<< Cosa vuole che le dica, signora Follin! >> rispose Mercury stringendosi nelle spalle. << La realtà è amara, purtroppo, questo bisogna ammetterlo. Io le credo. Sono convinto che si tratti di un’anomalia. Ma la scomparsa di un uomo è qualcosa di estremamente importante, e noi della polizia dobbiamo prestare attenzione ai fatti. Vuole che scriva nel rapporto quello che pensa lei? Mi spiace, non è possibile >>
<< Allora le ricerche si areneranno. >>
<< Sia fiduciosa, signora Follin. Vado a parlare con l’ispettore, torno più tardi >>
Elvira annuì mestamente.

L’ispettore Hottersby osservava il cadavere di Anthony Follin con un po’ di ribrezzo. L’uomo aveva il cranio completamente spezzato, le braccia spalancate e i vestiti coperti da grumi di sangue denso. Il cervello spappolato era fuoriuscito completamente.
La squadra aveva rinvenuto il corpo alla base di una scarpata. Almeno apparentemente, Follin si era suicidato. Sul petto dell’uomo si trovava un pezzo di carta macchiato e appena leggibile, appiccicato malamente con lo scotch. Hottersby non si era preoccupato di asportarlo. I cadaveri lo inorridivano.
All’arrivo di Mercury, la squadra si riunì. Vennero prese le precauzioni contro la Stampa Magica. Il commissario scuoteva la testa, chiedendosi come avrebbe reagito Elvira.
<< Tutto questo non ha senso… Prima scopriamo che una donna ha preso il posto di Jane Event. E adesso questo… Fortman, cerca in tutti i modi di trovare l’impostora che si spacciava per la proprietaria dell’hotel, e conducila con la forza alla Centrale di Manchester. Contatta anche gli Auror della Patagonia per sapere se è successo dell’altro. Lippincott, ripulisci la scritta che Follin ha sul petto e trascrivila, poi fammela leggere. >>
<< Sissignore. >>
Agli occhi del commissario si presentò un messaggio sconcertante.

Imploro perdono. La mia vita non ha più senso. Mi pento d’essere entrato nell’associazione del Ragno Nero. Sono un criminale. Avreste scoperto la verità. Preferisco la morte ad una fama denigratoria.

Anthony Follin


* * *

Dubois sedette all’ombra del bersò, accanto a Luna, che aveva messo da parte le tre missive. Il suo viso era ancora contratto da una smorfia.
<< Io non avrei voluto che accadesse. Ma Rolf è così volubile e… >>
Luna sbiancò. << Rolf? Vai al sodo, ti prego. Che cosa è successo? >>
<< Ieri ho notato alcuni sguardi. Ho lasciato correre la cosa. Sembravate una coppia così tranquilla e felice. Mi sono detto che delle volte capitano fraintendimenti. Oggi, poco dopo la doccia, Rolf ha baciato Caroline. Ti ha tradita… >>
Un sorriso smorto affiorò all’improvviso sulle labbra di Luna. << Questo non è possibile! >>
<< Mi dispiace, io… >> Dubois si voltò e corse via. Luna sentì una confusione troppo grande per riuscire a capire la circostanza fino in fondo. Erano passati pochi istanti e la sua esistenza era cambiata. Ma non aveva voglia di parlare con nessuno. Avrebbe imboccato la strada del rischio, abbandonato Rolf, Caroline e Dubois e raggiunto la stazione di Cormon Village, per incontrare la mittente della seconda lettera e, forse, scoprire finalmente la verità sul mistero della Luna di Vetro.

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Capitolo 19
*** Capitolo XVI - Perle di contrabbando ***


Wow, water, mi sono proprio divertito a leggere il tuo commento. Spero che le idee ti si chiariscano adesso. Mi spiace se hai frainteso, ma Jane Event è sempre stata "falsa". La vera proprietaria dell'High Magic Hotel non è stata uccisa dopo la faccenda della Cupola, ma precedentemente. A questo punto capirai bene che non può essere Skali. Te lo dico perché altrimento non riesci più a seguire. La soluzione è nel prossimo capitolo. Teorizzate ora o mai più. :) Vi ringrazio molto per la vostra gentilezza, ragazze. Buona lettura!
PS: il prox chap contiene tutte le risposte alle vostre domande. Ditemi se lo volete spezzettato in due puntate o meno... E' già scritto, in attesa... bye



CAPITOLO XVI
Perle di contrabbando


Ci volle qualche attimo per digerire l’amara realtà. Quando Luna, crucciata e infastidita, espose a Rolf i suoi propositi e gli chiese spiegazioni in merito agli sconcertanti annunci di Dubois, il ragazzo chinò la testa e disse: << E’ tutto così complicato, mia cara. Non credo di amare Caroline, e tra noi non c’è stato altro che qualche bacio indesiderato. >>
Luna lanciò un’occhiata speranzosa oltre la finestra che dava sul giardino. << Forse dovremmo meditare sul nostro futuro. Se le nostre strade si dividessero, capiremmo finalmente se la lontananza ci strugge o ci sgrava da un peso morale. >>
<< Hai idea di dove andare, Luna? Mi dispiace che… >>
<< Non devi scusarti per ciò che hai fatto. E nonostante detesti ogni forma d’ipocrisia, non riesco a portare rancore nei tuoi confronti in questo frangente. Sceglierò un albergo non lontano da qui, infine tornerò a Londra per una riunione alla Centrale di Manchester. >>
Rolf, gli occhi persi nel vuoto, sorrise pensierosamente, come rassegnato ad una sorte terribile.
<< Ho paura >> sospirò. << E forse per te sarò un fifone, ma non amo cacciarmi nei guai. E tu, purtroppo è giusto notarlo, sei immischiata in faccende molto più grandi di te. I soldi che mi ha proposto Fitzgerald alla sede della Hornedowl vorrei sfruttarli per una lunga vacanza. Forse, però, i nostri cammini si incroceranno, Luna. Ti contatterò il mese prossimo e la tua risposta sancirà il nostro avvenire. >>
La ragazza annuì. Caroline non si fece vedere. A detta di Dubois, era impegnata nella lite con una vicina. Luna preparò i bagagli quella stessa mattina e fino all’ora del desinare non fece altro che ripetersi l’indicazione riportata sulla terza missiva: stazione di Cormon Village. Lì avrebbe trovato, forse, le risposte cui tanto ambiva, la soluzione del caso Scott.
Dubois si offrì volontario per chiamare un taxi Babbano (mezzo di trasporto scelto appositamente da Luna e che le avrebbe permesso di pensare con calma), e con un groppo alla gola Rolf se ne andò a letto per meditare. Il freschetto del mattino fu spazzato via da un caldo piacevole e il cielo si coprì di nuvole cupe. Un vento lieve prese a spirare e stormire tra le foglie, in un fruscio sereno.
Poco prima del pranzo, Dubois mostrò a Luna una cartina del luogo. Si trovavano nel Chubut, e la località di Cormon Village, dove Luna, a suo dire, aveva intenzione di trovare soggiorno, ma in cui l’attendeva, in realtà, la misteriosa autrice della lettera, era a quasi duecento chilometri.
<< Un borghetto immerso nel verde, Luna. Troverai la pace, te lo dico io. >>
Si scambiarono i rispettivi recapiti e Luna, caricate le gambe in spalle, salutò Rolf e Dubois con un fugace e freddo gesto della mano. In attesa del taxi, si sedette su un sedile oltre il bersò e scorse Caroline intenta a falciare l’erba oltre una rupe. Quella donna era stata la sua rovina o la sua salvezza: la dimostrazione che Rolf era ancora un giovane immaturo, o probabilmente falso.
Inviata una missiva a Terence per scacciare la noia e fattagli la proposta di visitare Cormon Village, Luna la affidò ad un Mago-postino che faceva il giro del vicinato e sfruttava la Materializzazione per consegnare le sue lettere. All’improvviso, il taxi Babbano che Dubois aveva chiamato, quello diretto alla stazione di Cormon, posteggiò dinnanzi ai suoi occhi. Luna aprì la portiera ed entrò.
Un ticchettio insistente consacrò l’inizio di una pioggia.
<< Cormon Village, per favore. >>
<< Sissignora >> rispose il tassista. E partirono, mentre davanti a loro si andava formando una coltre di nebbia densa.

* * *

L’impostora che aveva recitato la parte di Jane Event fu condotta a Manchester in manette. Era partita per l’alta Scozia, rintanandosi in un bugigattolo nascosto. Il commissario Mercury era riuscito a trovare il suo rifugio seguendo le indicazioni di alcuni uomini. Alla destra della donna camminava un uomo tarchiato e semicalvo, che affermava di essere Joe Event. I due criminali furono condotti alla Centrale di Manchester in una sera calda che già profumava d’autunno.
L’ispettore Hottersby studiò con attenzione gli arrestati. Avevano tutta l’aria di essere persone raccomandabili e comprese il motivo per cui nessuno avesse sospettato di loro. Il cadavere della vera Jane Event, rinvenuto non lontano dall’abitazione di mister Scott, era stato portato in obitorio e studiato con attenzione. Secondo i referti medici e l’autopsia magica, la donna era stata assassinata con l’Avada Kedavra.
Il commissario Mercury, prima di spiccicare parola, passeggiò per la stanza. I truffatori stavano immobili come pesci in una boccia, braccati da un gatto affamato, e muovevano le dita convulsamente, scoccandosi di tanto in tanto reciproche occhiate che palesavano un timore implacabile.
Infine Mercury decise di rompere il silenzio. Fissò gli imbroglioni con la coda dell’occhio, girò sui tacchi, sedette e infilò una sigaretta in bocca. Poi esclamò: << Siete voi i veri Jane e Joe Event di Randywick Burgh? >>
L’impostora implorò aiuto con gli occhioni al suo compagno di sventura. Ma il falso Joe Event sollevò la testa e disse con leggera riluttanza: << No. >>
Il commissario continuò: << Avete ucciso voi la legittima proprietaria dell’High Magic Hotel, occultando il suo cadavere? Avete fatto sparire voi dalla circolazione il reale Joe Event? Sapete dove possiamo trovarlo? E infine, quali sono i vostri nomi? Siete in stato di arresto, se anche mentiste o vi rifiutaste di parlare sareste condannati perché avete comunque recitato delle parti non vostre. Lo sapete, sì. >>
Stavolta fu l’impostora, accalorandosi, a rispondere: << Noi siamo Ferguson e Milena Totman. Credo che questo vi dica tutto, signori. >>
<< Ferguson e Milena Totman. >> disse il commissario all’improvviso. << Accusati nel 2003 di traffico illecito di perle nel territorio britannico. Sfuggiti all’arresto in seguito al discorso di difesa dell’avvocato Zeno Cash. Sempre se la memoria non m’inganna… >>
Ferguson Totman fece cenno di sì. << Esatto. Ma non abbiamo niente a che fare con gli omicidi di Scott e Hamilton. Abbiamo tolto di mezzo Jane e Joe Event sei mesi fa, appropriandoci dei loro nomi e della loro residenza. Nessuno del paese visitava l’albergo. Chi avrebbe potuto sospettare di noi? Troverete il cadavere di Joe Event ai piedi di un dirupo, non troppo distante da Randywick. >>
<< Si può sapere per quale motivo avete attuato questa assurda messinscena? >> domandò Hottersby, infervorato.
Milena Totman si strinse nelle spalle. << L’High Magic Hotel era il nostro covo. Lontani da tutti, potevamo scegliere le nostre mosse e incontrarci con gli altri membri della cooperativa che si occupa del contrabbando. Esportavamo merci illegali in Irlanda, Germania, Danimarca e Francia. >>
<< Un covo! >> esclamò il commissario. << Non avete ancora smesso di commerciare illegalmente. Devo supporre, dunque, che tra gli ospiti dell’High Magic Hotel ci fosse qualche vostro socio? >>
Ferguson Totman annuì. << E’ naturale >>
<< Chi ha collaborato con voi? >> domandò Mercury.
<< Mi lasci indovinare >> intervenne l’ispettore Hottersby. << Marcus Wilson, commerciante di perle >>
<< E’ così. >> disse Milena Totman. << Marcus Wilson ci aiutava nel commercio. Le sue pregiatissime perle venivano rubate a Parigi e attraversavano il confine britannico. >>
<< Dove possiamo trovare Wilson? >>
<< A Londra! >> disse Ferguson Totman.
<< E anche i gemelli Jefferson e il dottor Ive erano dalla vostra? >>
<< Certo che no >> rispose Ferguson. << Quelli sono buoni a nulla. Si sarebbero fatti troppi scrupoli >>
Il commissario Mercury si massaggiò il mento con fare cogitabondo. << La signorina Lovegood, nel fare le deposizioni, ha parlato di una lettera. Esplorando l’hotel, ne abbiamo trovato i resti carbonizzati, ma la ragazza ci ha riferito approssimativamente le parole che vi erano riportate. Qualcuno scriveva che bisognava abbandonare la contea, perché c’era il rischio che gli Auror scoprissero qualcosa. Si erano verificati dei contrattempi che impedivano la riuscita dei piani. Luna Lovegood e Terence Lymstock intralciavano il buon proseguimento del progetto che si stava escogitando. Mi chiedo e vi domando se questa lettera è stata scritta da qualcuno di voi. >>
<< Ma certo! >> esclamò Milena. << Ricordo perfettamente. Marcus Wilson lasciava sotto il bancone della hall delle lettere, in modo che le trovassi. Anche quella sera sono scesa giù, ho preso la lettera e stavo andandomene, quando la signorina Lovegood è sbucata dal nulla e mi ha lanciato contro degli incantesimi che ho schivato. La lettera riguardava effettivamente il nostro commercio. Il caso Scott rischiava di attirare l’attenzione anche su di noi. Per di più la Lovegood e il signor Lymstock erano molto impiccioni. >>
<< E’ sicura di ciò che dice? Questo chiarisce molte cose! >> disse il commissario. << Chi si è occupato degli omicidi di Jane e Joe Event? >>
Ferguson chiuse gli occhi. << Sono stato io, personalmente. Mi sono macchiato dell’assassinio di due persone. E badate che non è stato per niente appagante. Mi struggo da tempo per ciò che le circostanze mi hanno portato a fare… >>
Hottersby scosse la testa: lui la sapeva lunga sugli assassini.
<< Bene, bene. Questo spiega tutti gli interrogativi. Hottersby, contatta Marcus Wilson. Dopo l’interrogatorio daremo il via all’inchiesta. >> esclamò Mercury.
Ferguson e Milena Totman vennero scortati in una cella del commissariato, dove avrebbero pernottato. Hottersby inviò a Londra un gufo, e una squadra di Auror, incaricata di trovare Wilson e gli altri membri del piano di contrabbando, partì per Londra.
Il commissario Mercury rimase solo nel suo ufficio, a meditare.
“Ma se è così, chi ha ucciso mister Scott e Hamilton?”
Scrisse su un taccuino le generalità dei sospettati.
Luna Lovegood e Terence Lymstock erano da escludere. Avevano trovato il cadavere di Scott insieme, nello stesso istante, ed erano appena giunti a Manchester quando il Magichimico era stato ucciso, per cui né l’una né l’altro avevano incontrato Scott nelle ore precedenti, né avevano potuto ucciderlo. In base a quanto avevano riferito, entrambi non avevano avuto, concretamente parlando, la possibilità di far fuori il Magichimico nei limiti imposti dal tempo. A meno che non fossero complici, ipotesi un po’ romanzata, doveva essere andata come avevano spiegato essi stessi.
Ferguson, Milena Totman e Marcus Wilson, almeno secondo il suo fiuto, erano realmente fuori dal caso Scott. Se davvero i due impostori incarcerati avevano ucciso anche il Magichimico ed Hamilton, perché non lo avevano ammesso? Dopotutto avrebbero comunque scontato l’ergastolo, vista la loro esplicita confessione. Possibile che le parole che avevano proferito fossero vere in parte? Possibile che avessero in tutta coscienza deciso di rivelare solo la parte concernente l’omicidio di Jane e Joe Event e non quello di Scott e del suo assistente?
Anthony Follin, morto suicida… Soggetto maledettamente interessante. Ma per lui valeva il medesimo discorso. Se aveva fatto la sua confessione sapendo che sarebbe morto di lì a poco, perché non scrivere tutta la verità? Perché non dire che, oltre a far parte del Ragno Nero, aveva ucciso Scott ed Hamilton?
Elvira Follin sembrava sincera, eppure lei, in termini pratici, avrebbe avuto la possibilità di uccidere il Magichimico nella sua residenza e l’assistente all’interno dell’hotel. Se davvero era lei la colpevole, faceva parte del Ragno Nero. Un marito ed una moglie in combutta contro una sprovveduta ragazza bionda? Era poco plausibile. Ma perché escluderlo? Mercury si ripropose di indagare sulla donna.
Chi altri c’era? Ma certo, i gemelli Jefferson. Magari era stato soltanto uno dei due. Si sapeva davvero poco sul loro conto. Erano conoscenti di Wilson e Ive. Ma nascondevano qualcosa? Sotto i loro visi serpentini si celava una verità nascosta? Forse sì. Lo stesso discorso valeva per Ive.
E quella Skali? Dov’era finita?
Il commissario notò che effettivamente non si conosceva l'identità della donna di cui aveva parlato la radio, quella che era stata fermata dalla polizia, Babbana e magica, in Patagonia e che adesso, a sua insaputa, stava per incontrare Luna. Di chi si trattavA?
<< E’ tutto troppo assurdo! >> disse il commissario, picchiettando la cicca sul portacenere. << Non mi stupirei se l’assassino fosse un soggetto completamente diverso da quelli che qui teniamo in considerazione. >>

* * *

Era quasi mezzogiorno. Il sole scintillava felice, sprizzando energia. Londra era in preda ad un caos inimmaginabile, ma sembrava che nei cuori di tutti splendesse il riverbero di un fausto tripudio contagioso.
La Smaterializzazione compiuta a distanza eccessive, o non riuscendo a focalizzare la meta con precisione michelangiolesca, era un’impresa ardua per Terence. Da un lato, egli fremeva per il desiderio di raggiungere il Chubut ed incontrare Luna. Dall’altro, temeva di Spaccarsi o incappare in altri problemi di viaggio. Ma il modo più veloce per raggiungere Cormon Village, la località di cui Luna parlava nella missiva, era la Smaterializzazione. E ad ogni costo avrebbe dovuto affrontare i rischi che si frapponevano tra sé e l’incontro con Luna.
Nella lettera, la ragazza le aveva detto che i rapporti con Rolf si erano un po’ guastati e aveva parlato vagamente di una strana missiva da lei ricevuta.
Terence trasse da un vecchio scaffale impolverato un volume che Mitch Sanders, del Ministero, gli aveva ceduto più di cinque anni prima. Conteneva l’elenco, in aggiornamento automatico, delle Passaporte attive nella contea. Doveva pur essercene una che portasse nel Chubut.
A pagina centodiciassette il ragazzo trovò quello che cercava. A lettere cubitali stava scritto:
Passaporta numero 53964 in partenza da Fulham, alla fine di Wilde Road, all’una e quindici.
Poteva ancora arrivarci! Infilò la casacca in tutta fretta, aprì un cassetto e ne trasse chiavi, fazzoletti ed altri oggetti che potevano servirgli. Uscì fuori di casa, in una traversa, e si Smaterializzò. Il Chubut lo attendeva…

* * *

Marcus Wilson fu arrestato alle tre del pomeriggio, condotto con la forza alla Centrale di Manchester e costretto a confessare. L’ispettore Hottersby si complimentò con se stesso quando scoprì che anche gli altri contrabbandieri erano stati scovati: qualcuno era a Colonia, e si spacciava per un ricco manager, qualcuno a Silkeborg, in Danimarca, e si fingeva dirigente di un’associazione di attività ludiche per i bambini. Ogni cosa era stata organizzata con straordinaria pignoleria.
L’arresto dei contrabbandieri, com’era prevedibile, scatenò i giornali magici, che puntarono l’attenzione, conseguentemente, sul caso Scott. Il primo posto toccò alla Gazzetta del Profeta, che, con l’ausilio di fidati paparazzi spioni, pubblicò un articolo dettagliatissimo in proposito sotto un titolo estremamente affascinante: il Mistero della Luna di Vetro. Insieme ad alcune interviste, per buona parte ricostruite a piacimento dei giornalisti, fatte all’ispettore e al commissario, erano state inserite delle spiegazioni sulla Luna di Vetro, che, come si era di recente scoperto, era un uovo di Idra.
“Innumerevoli libri” recitava il trafiletto in prima pagina “sono stati scritti in proposito alle uova di Idra, utilizzate non solo dagli Zooscienziati Magici e dai Pozionisti in genere, ma anche dai Magichimici. Questi ultimi prediligono le uova non ancora schiuse, che vengono lasciate sobbollire in un calderone, di modo che le cellule dell’Idra nascente vengano sterminate e si renda utilizzabile il liquido secreto dalla pellicola esterna dell’uovo medesimo. Le uova di Idra sono estremamente rare. Niente di stupefacente, quindi, se un’associazione criminale come il Ragno Nero abbia intenzione di impossessarsene. Che fine avrà fatto l’uovo di Idra qui definito “Luna di Vetro”? A presto con gli aggiornamenti.”
Altri quotidiani si erano occupati del caso, definendolo un po’ esageratamente l’evento dell’anno.
I coniugi Ferguson furono condannati all’ergastolo in un’inchiesta successiva e non si opposero minimamente al verdetto. A Marcus Wilson e agli altri membri della cooperativa toccarono trent’anni di galera, vista la loro complicità con gli assassini di Jane e Joe Event.

* * *

Cormon Village si avvicinava sempre di più. Sul far della strada, Luna si adagiò sullo schienale e dormì. Mancavano parecchie ore all’appuntamento con l’autrice della terza missiva nel luogo prescelto. Luna rimuginò sull’identità della mittente ma non riuscì a cavare il ragno dal buco. Eppure, anche se non lo sapeva, avrebbe scoperto la verità sul caso Scott quella stessa sera…

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Capitolo 20
*** Capitolo XVII - Il terzo teste ***




Grazie, water. Comunque non avevo mai detto che la donna dell'aereo era Jane, anche se mi piace sviarvi, quindi ho adattato la descrizione a quella della proprietaria dell'High Magic Hotel. Questo è il penultimo capitolo della storia. Al 70 % vi deluderà, ne sono consapevole. Ma volevo che la storia finisse così. Mi dispiace molto, vi assicuro che tenterò di fare meglio nella Fan Fiction successiva. Personalmente, credo che avrei apprezzato un finale del genere, ma solo perché adoro Agatha Christie, e un'assurdità simile è nel suo stile.
Vi lascio al nuovo chap, con una raccomandazione: leggete ogni parola con moltissima concentrazione, altrimenti vi perdete e non capite più nulla. Mi scuso previamente se la fine non vi piacerà. Ma la follia di uno scrittore non si può frenare, e dovevo finirla così. Bye




CAPITOLO XVII
Il terzo teste


La giornata volgeva lentamente al suo declino, e sui pendii del Chubut riluceva il pallido riflesso di un sole malato, inghiottito da un nembo cupo. Nugoli di farfalle e frotte di uccelli tetri svolazzavano in un’atmosfera infausta sulla stazione di Cormon Village, laddove barlumi artificiali e lanterne scintillanti illuminavano le selve favolose.
I binari arrugginiti e corrosi dal tempo si insinuavano in grotte e gallerie, prima di affiorare nella luce della fermata. La grande sala d’aspetto, completamente vuota, aveva vetrate larghe, bislunghe, opache ed offuscate dalla pioggia fresca. In un clima pigro e apatico spiccavano le pareti color albicocca, che colpite da alcuni bagliori serali si miscelavano in un concentrato di tinte slavate.
Il taxi Babbano costeggiò un’ampia radura e arrestò la sua lunga marcia nel parcheggio di una bottega di artigiani maghi. Luna pagò il compenso e scese dall’auto, chiudendosi la portiera alle spalle. Il taxi ripartì, e lei rimase sola, nella quiete della brughiera, tra le ericacee violette e l’erba profumata. La pioggia le correva sul viso, ma Luna sembrava non curarsene. Il ticchettio petulante dell’acqua che si abbatteva sul bandone d’amianto della stazione risuonava malinconico nell’aria fresca. La ragazza avanzò titubante fino all’entrata della sala d’aspetto. Qualcuno attendeva il suo arrivo. L’autrice della terza missiva. L’identità misteriosa.
Avrebbe dovuto fidarsi, o forse tornare indietro? Era troppo tardi, ormai, per compiere una scelta simile. Luna guardò dinnanzi a sé, sicura che a pochi metri avrebbe trovato la verità. E poi, si spinse oltre l’uscio. Lì, seduta comodamente su una panca biancastra se ne stava Skali, la donna dai capelli blu.
Luna scosse la testa. Non riusciva a capire. << Lei? >>
<< Io >> disse Skali. << Sei meravigliata, Luly, di vedermi qui stasera? >>
Luna scosse la testa. << No, credo di aver perso la facoltà di meravigliarmi, negli ultimi mesi. Lei è… la donna dell’High Magic Hotel, giusto? >>
Skali annuì. << Ma questa non è la mia vera identità, Luly. Ti prego di trattarmi con più confidenza. Non esitare a darmi del tu. Presto capirai chi sono… >>
Trasse dalla borsa un orologio. << L’ora è quasi compiuta. Gli effetti della Polisucco svaniranno. Adesso assisterai ad un cambiamento che potrebbe spiazzarti. >>
Luna sedette e attese. Il volto di Skali divenne malleabile come cera bollente e con estrema lentezza cambiò forma. Al posto suo si trovava adesso una donna grassa, la stessa che la polizia aveva fermato quando era giunta in Patagonia, la stessa che aveva rubato i documenti alla Centrale di Manchester, la stessa di cui aveva parlato la radio magica.
Un moto di stupore investì Luna, che si trovò a spalancare la bocca. << Io ti ho già visto. Ti ho già visto da qualche parte… Sei troppo familiare. Chi sei, chi sei? >>
Era come caduta in trance. La donna accanto a lei sollevò lo sguardo e disse: << E’ passato tanto tempo. Ma tu… non mi riconosci ancora? Sono tua madre, Luly: Emily Nadia Lovegood. >>

* * *

Il commissario Mercury lanciò uno sguardo a Elvira Follin, che sedeva dinnanzi a lui alla Centrale.
<< …ossessionata dai cadaveri >> stava dicendo la donna. << Ma vi assicuro che io non sapevo nulla del Ragno Nero, degli omicidi e di tutto il resto. Quando ero piccola mi diagnosticarono una tremenda malattia senza cura. Morbosa come il vampirismo, fu definita “cadaverìa” dai medici che studiarono il mio caso. Io provo un’attrazione patologica verso i cadaveri. Amo la gente morta, mio malgrado, e mi piace il sangue. >>
<< Ha mai ucciso qualcuno, signora Follin? >>
<< Non l’avrei mai fatto. >> disse Elvira. << Nella mia natura è presente un elemento contrastante, che è un forte senso di carità cristiana. Sembrerà assurdo, ma provo repulsione verso l’atto dell’omicidio. Anche se la rabbia, talvolta, mi ha portato a gesti sconsiderati. Trasportata dalla cecità del momento, per dirne una, ho provato a far fuori Marcus Wilson, all’High Magic Hotel >>
Il commissario annuì. << Continui… >>
<< I rapporti tra me e Anthony si erano guastati già da tempo. Fingevamo di amarci ma ci trovavamo ad essere progressivamente più ipocriti. E alla fine, Wilson mi mise nel sacco, nel senso che mi conquistò. Tradii mio marito con lui. E’ un uomo affascinante, Wilson. Tremendamente affascinante. >>
<< Anthony Follin non aveva sospetti, a proposito di questo tradimento? >>
<< Sì. >> disse Elvira. << Ma non credo che gliene importasse. Negli ultimi tempi lo vedevo sempre più freddo. Il Ragno Nero gli aveva dato alla testa. >>
<< E’ stato Anthony Follin a uccidere Scott ed Hamilton, signora Follin? >>
<< Ne dubito >> fu la risposta. << Il giorno dell’omicidio di Scott ho trascorso con mio marito l’intera giornata. Ad un certo punto mi ha detto che voleva una vacanza. In un batter d’occhio ci siamo stabiliti all’High Magic Hotel, ma allora non capivo la motivazione di una scelta tanto affrettata. >>
<< Crede che suo marito volesse incontrare altri membri del Ragno? Per questo ha deciso di soggiornare a Randywick? >>
<< E’ probabile. Ma mi creda, non è stato lui a uccidere Scott ed Hamilton. >>
<< Ha dei sospetti, signora? >>
La donna abbassò gli occhi. << Ho sentito la storia della sigla “J.W.”. E Walter Jefferson, uno dei gemelli, ha stranamente queste iniziali… >>
Mercury rispose: << Abbiamo indagato sui Jefferson, e non sembrano soggetti particolarmente strani. >>
<< Ma c’è un’altra possibilità >> disse Elvira.
Il commissario Mercury si mostrò molto interessato. << Dica… >>
<< Beh… Non è probabile che nell’albergo ci fosse un ospite in più? Qualche persona nascosta, che le indagini non hanno considerato? >>
<< Intende dire che, forse, qualcuno poteva essersi nascosto nell’albergo e, senza essere visto, aver tentato di impossessarsi dell’uovo di Idra? >>
<< Già >> disse Elvira.
<< Non mi convince molto. >>
Un gufò entrò dalla finestra aperta, muovendo la coda, e lasciò cadere un pacco sulla scrivania del commissariato. Mercury sgranò gli occhi. Elvira guardò estasiata.
L’involto venne aperto. Conteneva una lettera. Il commissario lesse a voce bassa:

Il mio nome è Peter Brent. Sono un appassionato di scienze, originario della Scozia. Ormai sono molto anziano, ma ho collaborato per anni con mister Scott ed Emily Lovegood. Perdonate il ritardo con cui vi faccio pervenire questo documento. Ho saputo che Scott è morto solo questa mattina. Si dà il caso che egli mi avesse affidato, anni fa, un testamento, che avrei dovuto custodire fino alla sua morte e cedere poi alla polizia. Ebbene, eccolo. Sono uno dei testimoni, perciò ne conosco il contenuto. Spero d’esservi stato utile!

Il commissario lesse il documento allegato.

Io, Prescott Eric Scott, in presenza di tre testimoni, dichiaro che, dopo la mia morte, diciottomila galeoni del mio patrimonio andranno a Luna Lovegood, figlia di Emily Lovegood, mentre i restanti duemila al mio fidato assistente Jonathan Hamilton.

Il commissario lesse la firma dei tre testimoni e sbarrò gli occhi. << E’ possibile che…? Ma certo! Oh, dio mio, diciottomila galeoni è una cifra enorme! E il Ragno Nero… >>
Scosse la testa.
<< Cosa succede? >> disse Elvira.
<< Non è niente. Credo solo di aver trovato la chiave del mistero >>

* * *

Emily Lovegood abbracciò la figlia, mentre il temporale ancora imperversava fuori dalle mura. Il rumore delle chiome ondeggianti si spandeva mesto per il circondario, giungendo alle orecchie delle due donne.
<< Mamma >> balbettò Luna tra le lacrime. << Tu… >>
Emily Lovegood piangeva, adesso. Nei suoi occhi splendeva il riverbero di una gioia ritrovata. Si scostò da Luna, poi, schiaritasi la voce, prese a parlare.
<< Ti racconterò la mia storia, bambina mia. Ma adesso siediti, e resta in ascolto…
“Quella della mia morte fu una notizia falsa che io e tuo padre ritenemmo saggio divulgare quando scoprimmo che il Ragno Nero cercava di incastrarmi. In quel periodo la mia vita era a repentaglio, perché l’associazione criminale se ne stava in agguato, pronta ad uccidermi pur di ottenere da me delle informazioni segrete, che naturalmente non avrei mai ceduto. Io e Prescott studiavamo l’uovo di Idra, ossia la Luna di Vetro. Il Ragno Nero, che perpetra anche oggi piani terribili contro i Magichimici, intendeva impossessarsi dell’uovo e di alcuni documenti da noi redatti. Xenophilius aveva paura. Ma io dovevo continuare a lavorare. Io e tuo padre decidemmo di comune accordo di inscenare un piano per mettere in salvo me e i progetti di cui io e Scott ci stavamo occupando. Progetti davvero rivoluzionari, mia cara Luly. Così, costruito un fantoccio magico che avesse le mie sembianze, lo facemmo esplodere dinnanzi ad un calderone di gas tossici. Il fantoccio si disintegrò, e restarono nel mio laboratorio tracce di una morte repentina e improvvisa. Tutto portava a pensare che fossi morta. La stampa si occupò immediatamente del fatto, com’era prevedibile. Tutti scrissero che Emily Lovegood era deceduta in seguito ad un incidente. Questa falsa storia giunse anche alle orecchie del Ragno Nero, e l’agguato che i delinquenti stavano preparando per me cadde nel dimenticatoio. Un vero miracolo!
“Dopo la mia falsa morte, il tuo vecchio padre si mise il cuore in pace. Aveva la certezza che non mi sarebbe accaduto nulla di pericoloso ora, e per di più, dal canto mio, avevo trovato il modo di lavorare in assoluta tranquillità. Ritenemmo saggio non dirti nulla, per paura che tu potessi parlare. Eri una gran chiacchierona, Luly. E avevi la testa fra le nuvole. Se ti fosse scappata una parola di troppo, la messinscena che io e tuo padre avevamo ideato sarebbe stata scoperta.
“Mi rintanai in casa di Scott e lì lavorai incessantemente, all’insaputa del Ragno Nero. Mi credevano morta, e potevo agire indisturbata.
“Xeno veniva a trovarmi di tanto in tanto. Stavamo assieme alcune ore, e poi continuavo a lavorare con Prescott. Il Ragno Nero non si era arreso. L’attenzione era stata spostata sul mio collega. Il povero Scott fu più volte minacciato, ma non volle mai cedere la Luna di Vetro. Il tempo passò. E Prescott divenne vecchio. Così come me. A cinquant’anni, dovetti abbandonare il lavoro per il troppo stress, ed Hamilton fu assunto al mio posto. Era un giovane intelligente, verso cui Scott aveva grandi pretese. Naturalmente anche Hamilton credeva che io fossi morta. Beh, fu meglio non dirgli niente. Il Ragno Nero doveva continuare ad ignorare il fatto, affinché io rimanessi viva.
“Dopo che mi misi in congedo, gli studi sulla Luna di Vetro si arenarono. Portai l’uovo di Idra a casa nostra, e Xeno lo mise sotto custodia. Avevamo una cassaforte magica quasi impossibile da aprire. Acquistai una casetta abbandonata in Irlanda e vi abitai da sola. Xeno preferì rimanere a casa con te. L’uovo di Idra era momentaneamente al sicuro. Passarono gli anni. Io e Prescott ritenemmo opportuno riprendere gli studi della Luna di Vetro. Intanto il Ragno Nero era venuto a sapere che Xeno teneva l’uovo di Idra sotto custodia. Ebbene sì, Luly. Qualcuno aveva parlato.
“Tuo padre ebbe paura e affidò l’uovo ancora a Scott. Il Ragno Nero fece irruzione in casa nostra e tuo padre fu ucciso, Luly, perché disse che non aveva più l’uovo di Idra sotto custodia. Non gli credettero, ma era vero, perché la Luna era passata in mano a Scott.
“In seguito alla morte di tuo padre, ebbi per qualche tempo l’intenzione di farmi vedere. Non mi conoscevi ancora, e ciò mi faceva male. Ma non volevo che la mia falsa morte venisse scoperta. Perdonami, Luly, se non ti fui accanto. Quando seppi che Xeno era morto, andai fuori di testa. Fui ricoverata al San Mungo, sotto il nome di Skali. Dissi di venire dall’Albania. Bevevo la Polisucco ogni ora. Il mio esaurimento nervoso non venne curato. Prescott lavorò con Hamilton per anni. Io rimasi in ospedale.
“Quando Scott divenne anziano, capì che doveva rivelarti che io ero ancora in vita, Luly. Io non potevo dirtelo, perché ero ancora fuori di testa, al San Mungo.
“Scott si era affezionato a te, sai… Ti aveva visto da piccola e gli sembravi una ragazzina adorabile. Così ti inviò la lettera. Quella che ricevesti a Londra. E tu partisti con Terence Lymstock, per vedere cosa egli aveva da dirti. Ma Prescott fu ucciso prima del tempo. >>
Luna corrugò la fronte. << Sei guarita dall’esaurimento? >>
<< Per fortuna sì. >> rispose Emily. << Ho sopportato una lunga magiterapia che mi ha stremato. Sembro dieci anni più vecchia di quanto sia realmente. >>
<< Ma allora… tu sai o no chi ha ucciso Scott? >>
<< Innanzitutto, >> rispose Emily, << ho da farti una rivelazione che potrebbe shockarti. >>
<< Dimmi pure. >>
<< Terence Lymstock si chiama Jack Wander, ed è un criminale. >>
Luna prese ad ansimare. << Che stai dicendo? >>
<< Sì, il tuo amico fa parte del Ragno Nero. Fu lui ad uccidere materialmente Xeno. E anche Hamilton. Jack Wander è un assassino >>
La scoperta era stata un colpo pesante per la povera Luna. Da un lato non riusciva a crederci. Ma dall’altro era come se l’avesse sempre saputo.
<< Ed è stato lui ad uccidere Scott, dunque? >>
<< No >> disse Emily. << Non è stata la stessa persona a uccidere Scott ed Hamilton. Questo è ciò che pensava la polizia. Beh, si sbagliava.
“Dopo la morte di Scott, fui dimessa dal San Mungo. Ero in parte rinsavita. Decisi di trovarti e di dirti che ero viva. Seppi che tu avevi affittato una camera all’High Magic Hotel e ti seguii. Eri lì con Hamilton. Poi venne anche Terence, ossia Jack Wander (penso che adesso tu capisca la derivazione della sigla “J.W.”). Era scappato agli Auror dopo l’assassinio di Scott. Doveva incontrarsi con Anthony Follin, altro membro del Ragno Nero. In cuor mio, credevo che fosse stato lui, Jack, a uccidere Scott. E volevo proteggerti, perché avevo tanta paura. Mi spacciai ancora per Skali, la donna dai capelli blu. E vi tenni d’occhio.
“La sera dell’arrivo di Jack Wander, in me crebbe un sentimento di puro terrore. Mi sono permessa di rubare alla Centrale di Manchester i resoconti di quello che accadde ad ognuno di voi nell’High Magic Hotel. Tu, Luna, mentre eri in camera con Hamilton, udisti una frase: ‘L’UNICA COSA CHE SAI FARE E’ CRITICARE, MALEDETTO JACK? HO SCOPERTO CHE CE L’HA LEI, CHE E’ A POCHI METRI DA NOI, E NON E’ STATO FACILE!’. Ad urlarla fu proprio Anthony Follin. Jack Wander doveva averlo rimproverato e Follin si era infastidito. Aveva scoperto che tu avevi la Luna di Vetro e voleva una ricompensa. In effetti, Luly, Jack Wander non poteva sapere che l’uovo di Idra era nelle tue mani. Infatti tu avevi trovato la Luna di Vetro dopo che Jack era stato preso dagli Auror. Ma glielo disse Follin, che probabilmente ti aveva visto mentre la mostravi a Wilson. Comunque sia, il grido di Follin lo sentii anche io, e mi aprì gli occhi.
“Adesso sapevo che Jack e Anthony Follin erano del Ragno e intendevano impossessarsi della Luna. Come impedirglielo?
“Fu Jack Wander a creare la Cupola attorno all’High Magic Hotel. In questo modo ci aveva incastrati. Poteva liberamente rubarti la Luna e poi fuggire via senza lasciare traccia. Già, questo era il suo intento, Luly. Voleva imprigionarti. Ma non ucciderti.
“Jonathan Hamilton, grazie alla sua perspicacia, comprese tutto la sera del suo omicidio. Qualcosa non andava. Terence Lymstock era un ragazzo davvero strano.
“Hamilton stava per divulgare la notizia che Jack Wander era un assassino e che stava tentando di fabbricare la Cupola. Ne sono certa. Per questo motivo Jack lo fece fuori. Disse a te e alla polizia che quella sera non aveva visto nessun cadavere nel corridoio. E inscenò la notizia del corpo occultato e ricomparso per complicare le cose e renderle verosimili. Gli credettero tutti, stolidamente. Jack Wander stava per farla franca. E non mi andava. Senza contare che l’omicidio a sangue freddo di Hamilton mi aveva disgustata e spaventata. E temevo per te ogni giorno di più.
“Richiamo la tua attenzione, Luly!
“Ricordi ancora la sera in cui l’uovo di Idra scomparve, e non riuscisti più a trovarlo in camera? Ho letto le tue spiegazioni nei documenti della Centrale di Manchester. Jack era venuto in camera tua per proporti di scendere al piano inferiore. Tu ti era cambiata. Frattanto lui aveva rubato la Luna di Vetro e l’aveva intascata.
“La Luna era così scomparsa. E io intuii subito che ce l’aveva Jack Wander. Così, quella stessa notte, decisi di aggredirlo. Avevo portato con me un liquido corrosivo che usavo quando lavoravo con Scott. Lo spruzzai sugli arti di Jack Wander e gli sottrassi la Luna di Vetro. Poi fuggii… >>
<< Sei stata tu? >> disse Luna, che non riusciva a raccapezzarsi. << Tu hai aggredito Terence? >>
<< Sì >> disse Emily Lovegood. << E non è stato facile. >>
<< Ma come speravi di liberarci, se avevi l’uovo di Idra? Terence non avrebbe mai spezzato l’incanto della Cupola finché non avrebbe avuto in mano la Luna di Vetro >>
<< Sperai e pregai che avvenisse un miracolo, Luly. >> rispose Emily. << Jack Wander sparse la voce che ad aggredirlo era stato un membro del Ragno Nero. Niente di più falso. Ti sarai chiesta come mai Terence non avesse visto il volto del suo aggressore ma avesse notato la sigla che portava sul petto, no? Beh, era troppo assurdo per essere vero. Non poteva aver notato i dettagli e non le cose più importanti. In ogni caso, stavo dicendo, presi l’uovo di Idra.
“Jack ed Anthony Follin compresero che io, Skali, avevo la Luna di Vetro. Forse non capirono subito che ero Emily Lovegood. Mi imprigionarono negli scantinati dell’High Magic Hotel. Non avendo più la Polisucco, ridivenni Emily. Allora Jack e Anthony capirono.
“Rimasi negli scantinati dell’albergo per giorni, senza mangiare. Mi torturarono. Sotto Cruciatus, urlavo. Ma in fondo sapevo che non mi avrebbero mai uccisa. Avevo nascosto la Luna di Vetro e soltanto io sapevo dov’era. Se fossi morta, il Ragno Nero avrebbe perso le speranze di trovarla. Non rivelai mai dove si trovava l’uovo di Idra.
“Poi ci fu la liberazione. La Cupola fu abbattuta dalla polizia, dopo che Rolf Scamandro ne aveva scoperto l’esistenza. Ripresi la Luna di Vetro e scappai, nascondendomi a Londra. >>
<< E veniamo a oggi >> disse Luna. << Quindi Jack Wander non ha ancora la Luna di Vetro. E sta venendo qui. L’uovo di Idra… ce l’hai tu? >>
Emily glielo mostrò. << L’ho conservato con cura da quando sono riuscita a fuggire dall’High Magic Hotel, Luly >>
<< Come hai saputo che ero partita in Patagonia? >>
<< Ho seguito le tue tracce. Finalmente ci siamo incontrate, Luly. Attendevo da anni questo momento! >>
<< Non mi hai ancora detto >> riprese Luna << chi ha ucciso Scott. Se non è stato Jack Wander, colpevole più plausibile, di chi si tratta? >>
Emily chinò la testa. << Tu sei l’erede di immense ricchezze, mia cara Luna. Scott ha lasciato gran parte dei suoi averi a te… >>
Luna sbarrò gli occhi. << A me? >>
<< Sì >> disse Emily. << A te, l’unica persona giovane in cui riponesse completa fiducia. La casa di Scott è ora tua. >>
I corvi gracchiarono dopo il fausto annuncio. Ma Luna era un po’ spaventata all’idea di abitare in quella grande casa sul poggio di Manchester. Sollevava in lei dei ricordi cattivi. Non aveva mai pensato che Scott avrebbe potuto cederle parte del suo patrimonio.
Sua madre continuò: << Scott espose le sue volontà in un lascito. I testimoni che avrebbero dovuto firmarlo erano tre: io, lo scienziato Peter Brent e una terza persona. Una terza persona che, tempo dopo, uccise Scott. >>
<< Fu il terzo teste ad assassinarlo? E’ assurdo. Ma per quale motivo? >>
<< Avendo letto e approvato il testamento, anche il terzo testimone sapeva che tu avresti ricevuto i soldi di Scott, e voleva approfittarne >> spiegò Emily.
<< Approfittarne? >> ripeté Luna, accigliata. << Non capisco. >>
<< Figurati la scena: il terzo teste, avido di denaro, legge il testamento di Scott prima di firmarlo e scopre che Luna Lovegood è legittima erede del ricco Magichimico. Allora pensa di attuare un piano: gli basterà uccidere Scott, sposare te, Luly, con l’intento di assassinarti successivamente. E’ tutto così semplice.
“Dopo la morte di Luna Lovegood, lui, il terzo teste, l’omicida di Scott, il traditore, otterrà tutti i beni della moglie, i tuoi beni, mia cara Luly. >>
<< Non riesco a collegare >> disse Luna. << Di chi parli? >>
<< Naturalista, collega di Scott e Peter Brent. Possibile che non lo intuisca ancora? Parlo di Rolf Scamandro. >>
Calò un silenzio tragico sulla stazione di Cormon.





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Capitolo 21
*** Epilogo ***


E grazie, Water. Sì, devo ammettere che sei un tipo molto perspicace. E lo vedrai anche qui. Comunque hai visto giusto: il crepaccio era quello sotto cui hanno trovato il corpo di Joe Event (quello di Jane era vicino alla casa di Scott). Vi lascio all’epilogo. Sto progettando un’altra fan fiction, come dicevo è una storia d’amore condita con un bel giallo che non guasta mai, e sarà (udite udite!) a quattro mani, perché ho chiesto la collaborazione dell'utente Alaide (l'autrice de "L'indagine" su EFP, per intenderci). Probabilmente la nostra Fan Fiction sarà pubblicata col suo nick, ma preciseremo che ne siamo entrambi autori. Continuerete a seguirmi? Intanto vi lascio all'epilogo. Buona lettura


EPILOGO

Un fruscio appena percettibile si udì fuori dalla stazione di Cormon Village. Luna, i cui sensi si erano stranamente acuiti dopo le rivelazioni della madre, tese le orecchie e rimase in ascolto. Dall’ombra emerse una figura che nessuna delle due donne si sarebbe mai aspettata di vedere: il dottor Ive, in giacca e camicia scura.
<< E’ straordinario! >> disse, ripulendosi i pantaloni dal terriccio. << Non speravo di trovarvi con tanta facilità. >>
Emily Lovegood fissò il medico con stupore. << Lei che ci fa qui? >>
<< Oh, io… ero venuto per incontrare la signorina Lovegood. Mi perdonerete se ho ascoltato la lunga discussione. Vi porto notizie interessanti: la polizia di Manchester è arrivata alla vostra stessa conclusione dopo aver letto il testamento di Scott, signora. Rolf Scamandro è stato fermato con l’aiuto di un collaboratore di polizia, un certo Dubois. Accusato di omicidio premeditato, dovrà vedersela in tribunale. Inoltre, >> fece una pausa, poi riprese, << hanno trovato nella tasca dei pantaloni di Anthony Follin un biglietto in cui l’uomo riportava le generalità e le foto dei membri del Ragno Nero. Gli Auror incastreranno Jack Wander il prima possibile. >>
Luna chinò la testa, con atteggiamento malinconico.
<< Su, Luly, >> disse Emily Lovegood, << non accoglierai con così grande tristezza il dottor Ive, venuto qui per te, vero? >>
<< Chiamatemi pure Bob >> disse il medico, nascondendo il rossore.
<< E’ strano che finisca così >> esclamò Luna all’improvviso. << La storia sembra quasi… >>
<< …incompleta >> concluse Emily, scoccando due occhiate repentine alla figlia e a Robert Ive.
<< Sì >> disse Luna. Fissò il medico con intensità e sorrise. << Ma forse… forse è così che doveva finire. >>
Bob annuì.

* * *

<< Geniale, Hottersby, davvero geniale! Ti invito stasera per una bella cenetta a quattro. Porta pure chi vuoi. Offro io. >>
Il commissario Mercury non era mai stato tanto felice, in vita sua. I casi risolti meravigliosamente lo mettevano di buonumore.

Rolf Scamandro e Jack Wander, insieme con altri membri del Ragno Nero, furono portati in Inghilterra. Il primo si dimostrò un po’ riottoso e stentò ad ammettere la verità.
Jack Wander, invece, ammise tutto con una punta di amarezza. Fu rinchiuso in una cella, dove, alla luce tenue della luna, rimase a meditare. Gli fu data la possibilità di specchiarsi. Lesse nei propri occhi una tristezza mai provata. Non sentiva di essere Jack. Ormai, si era abituato al nome di Terence. E forse, col tempo, il suo ego era davvero cambiato. Non avrebbe mai ucciso Luna. L’amava. Ma era troppo tardi, ormai.
Prese a piovere. Per un attimo, Terence Lymstock pensò che il cielo stesse piangendo con lui.

* * *

La stanza del comune magico di Randywick, arredata sontuosamente, ospitava un gran numero di invitati. In prima fila se ne stava Emily Lovegood, sotto le spoglie di Skali. Di seguito tutti i parenti del marito.
I primi due testimoni, in giacca e cravatta, avevano accettato di buon grado l’incarico. Louis Jefferson sembrava il più esitante. Forte della sua mole imponente, Walter era invece sicuro di sé. Dall’altra parte della stanza si trovavano invece le testimoni: Hermione e Ginny sfoggiavano abiti distinti e raffinati e sorridevano allegramente.
I raggi di un sole cocente, pronosticatore di una imminente rinascita, trapelavano attraverso i vetri del municipio di Randywick. L’atmosfera era placida e serena.
Un coro di applausi esplose quando Luna, con il suo lunghissimo vestito bianco, entrò nella camera, muovendosi con contegno regale.
Robert Ive si avvicinò alla sposa e il sindaco diede via alla cerimonia nuziale.
<< Vuoi tu, Robert Ive, prendere in moglie Luna Lovegood? >>
<< Lo voglio. >>
<< E vuoi tu, Luna Lovegood, prendere come tuo legittimo sposo Robert Ive? >>
<< Lo voglio. >>
<< Lo sposo, >> sorrise il sindaco di Randywick, << può baciare la sposa. >>
FLASH!
Il piccolo Matt Canon, figlio di Dennis Canon, immortalò la scena con la sua macchina fotografica.

+ + + +

La viglia di Natale, Luna e Bob trovarono una missiva nella teca delle lettere.

Caro Robert, probabilmente non ti ricordi di me. Sono un vecchio amico di tuo padre e mi farebbe piacere rivederti, dopo tanti anni. Ti invito nella mia residenza di Middlesbrough, in Mike Fortress Street, numero 435. Te ne sarei grato se mi raggiungessi al più presto. Ho molte cose da dirti.

Basil Malthus


Bob guardò la lettera, la sollevò e si rivolse alla moglie. << Dobbiamo fidarci? >>
Luna lanciò un’occhiata eloquente al fuoco che scoppiettava nel camino.
<< Ma sì! >> esclamò Bob, lanciandola tra i ceppi ardenti. Risero come matti, mentre le luci dell’albero di Natale luccicavano nel semibuio della vecchia abitazione di mister Scott.

FINE





Vi ringrazio per avermi seguito. Divorando “Il mistero della Luna di vetro” avete inconsapevolmente capito (si spera!) il significato di cinquantaduemilacinquecentoquindici parole, letto duecentosettantunomilacentosettantanove caratteri e milleseicentosette paragrafi circa. Un bacio a tutti, spero che continuerete a seguire me e Alaide nelle prossime Fan Fiction. Useremo il nick "Fidaide" :)
Bye Fidia

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