Princey

di favouritesong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Welcome to Princey High School ***
Capitolo 3: *** those green eyes. ***
Capitolo 4: *** "ci si vede" ***
Capitolo 5: *** the sun is extremely rare here. ***
Capitolo 6: *** Simply she intrigues me. ***
Capitolo 7: *** Bitch. ***
Capitolo 8: *** Just friends? ***
Capitolo 9: *** Eleven minutes late. ***
Capitolo 10: *** you should stop pretending not to understand. (PARTE PRIMA) ***
Capitolo 11: *** you should stop pretending not to understand. (PARTE SECONDA) ***
Capitolo 12: *** I forgot one thing. ***
Capitolo 13: *** night walk. ***
Capitolo 14: *** new entry. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Tengo gli occhi fissi al finestrino dell’aereo e neanche mi accorgo del tempo che passa. Sento il cuore battere forte e so che questo è solamente l’inizio di tutto ciò che mi aspetterà, una volta che l’aereo sarà decollato. Sbuffo e comincio a battere un piede per terra al ritmo di una canzone silenziosa che come un fulmine mi ha attraversato la mente. Sono due giorni che la mia mente è letteralmente altrove, ancora non mi capacito della quantità di cose che sono successe in un tempo così breve. Ripensandoci, avrò visto questa situazione milioni di volte: in un film, un libro o racconto. Il punto è che questa è la vita reale, e io non voglio che nulla di tutto questo accada. La mia vita è diventata uno stupidissimo film e io ne sono, involontariamente, la protagonista e le regole le aveva già scelte qualcun altro. Quando i miei genitori mi hanno presa da parte, giovedì sera, esattamente due giorni fa, in cucina e mi hanno fatta sedere, non potevo neanche pensare ad una cosa simile. Io, June Darley, sto partendo per uno stupidissimo college sperduto nel sud dell’Inghilterra. E per di più da sola. Sbuffo per la decima volta e prendo dalla tasca dei jeans il mio Iphone, procurandomi un’occhiata da una hostess con un sorriso fin troppo falso che mi dice per la trecentesima volta che durante il decollo devo spegnerlo. Le rifilo un sorriso vero quanto il suo e lo ripongo dov’era. Cerco di dormire così da dimenticare per qualche minuto la mia vita, ma non ci riesco e finisco per ripensare al perché di tutta questa situazione ridicola e ripenso al momento in cui i miei genitori mi dissero tutto.

(due giorni prima)
“State scherzando, vero?” guardo entrambi come ciò che mi hanno appena detto fosse un’enorme scherzo.
“Dovresti essere contenta, tesoro” mia madre mi guarda con un’aria comprensiva “so che è tutto così inaspettato ma è un po’ che ne parliamo e la troviamo una splendida idea, viste le tue origini” Mia madre non perdeva occasione per ripetermi che ero Inglese da parte di padre e che avrei dovuto sfruttare al meglio la mia perfetta conoscenza di una seconda lingua “Sai che ti vogliamo bene, ma questa scuola è fantastica e offre decine di tipi diversi di corsi da seguire, fidati ti piacerà e ci verrai a trovare spessissimo, dai!” sorrise.
“No,no,no,no!” urlo, alzandomi dalla sedia di legno scuro “io.lì.non.ci.vado” sibilo, guardandola negli occhi.
“Non lascerò Milano, i miei amici, la scuola, no” e così dicendo spingo indietro la sedia e lascio entrambi in cucina e corro su per le scale, pronta a fiondarmi in camera mia.
 

E invece no. Mi hanno spedita lo stesso, che meraviglia. Ho passato gli ultimi due giorni a cercare su internet informazioni sulla “Princey High School” e a piangere sul letto insieme a Francesca, la mia migliore amica. Ne abbiamo passate tante, io e lei, e siamo inseparabili dalle elementari. Dal primo giorno della prima elementare precisamente, in cui lei mi chiese come mai avevo un nome così strano –non fu la prima, né l’ultima –e io le spiegai che era un nome inglese e che i miei me l’avevano assegnato poiché si erano conosciuti il mese di Giugno. Era sempre stato così, Francesca e June, migliori amiche, e ora? Cosa sarebbe successo ora? Da tutte le informazioni prese da internet, la Princey è una scuola “eccellente” e si trova fuori un bel po’ fuori Londra, a circa due ore di treno e precisamente nel nulla. Ho tentato in tutti i modi di pregare i miei genitori di cambiare idea ma tutto quello che mi hanno detto è stato “un giorno ci ringrazierai, ti divertirai e farai nuove amicizie”. Santo cielo, ho quasi diciassette anni e mi trovo a cambiare nazione, da sola, da un giorno all’altro. Mi scende veloce l’ennesima lacrima, che ho tenuto stretta, che non ho sprecato quando i miei mi hanno lasciata al check in dell’aeroporto, che non ho sprecato quando ho abbracciato per l’ultima volta Francesca, sapendo che avrei scatenato una cascata di lacrime ad entrambe. Sposto le mani nelle tasche della felpa che, nonostante fosse appena cominciato settembre, mi scalda. Mi addormento così, pensando all’estate passata, al mare, alle risate, a Milano, alla scuola e alle amicizie. Mi addormento così sperando con tutto il cuore di trovare, al mio arrivo, qualcosa di veramente fantastico.
 
E così come mi sono addormentata, due ore dopo mi sveglio grazie alla voce gracchiante del pilota, che maledico mentalmente e che annuncia l’atterraggio, Sento il cuore perdere un battito. Ci siamo. Dopo pochi minuti l’aereo tocca terra e i passeggeri esplodono in un applauso sonoro che io, ovviamente, evito. Afferro la mia borsa e, una volta scesa, afferro anche il telefono e accendendolo trovo tre messaggi di Francesca e di altri miei amici. Non li leggo, ma li tengo per dopo, sicura che mi avrebbero provocato un altro mare di lacrime.





Hooola, gente.
Okay, questo è il primo capitolo della mia prima storia su efp, quindi, siate gentili.
Più che un capitolo è un prologo e non dice molto.
June Darley ha quasi diciassette anni e si trova improvvisamente a dover cambiare città, amici, casa.
Questo prologo è un pò noioso ma vi prego di continuare a leggere, vi piacerà.

xoxo





 

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Capitolo 2
*** Welcome to Princey High School ***


P ercorro le strade dell’aeroporto seguendo i cartelli indicatori, e dopo aver recuperato le mie due valigie dal nastro trasportatore che le distribuiva ai passeggeri, mi infilo le cuffie nelle orecchie e, accompagnata dal dolce suono di una canzone scelta a caso, mi dirigo verso l’uscita. Attraverso le porte e mi trovo davanti una folla di persone trafelate, chi aspetta il marito, chi il figlio, chi un amico. Una donna sui cinquanta, capelli raccolti in uno chignon impeccabile dietro la testa e un viso altezzoso, aspetta me. Tiene tra le mani un cartello bianco con sopra scritto a lettere grandi “JUNE D.” e non appena nota che mi dirigo verso di lei mi sorride incoraggiante. I miei genitori erano stati avvertiti dalla scuola che mi avrebbe accolto qualcuno,in aeroporto e così tolgo le cuffie e le ripongo nella tasca della felpa.
“Buongiorno, è lei June?” mi domanda, già conoscendo la risposta, in perfetto accento inglese.
“Si, sono io” le sorrido, anche se la voglia di sorridere mi manca completamente, sapendo dove mi trovo.
“Ha avuto un buon viaggio?” mi sorride nuovamente e, appena apro bocca per rispondere lei mi precede, senza neanche lasciarmi il tempo di pronunciare una parola e mi indica il parcheggio “seguimi pure” e così dicendo si volta dandomi le spalle e cominciando a percorrere la strada che ci separa dalla fila di auto parcheggiate di fronte a noi. La seguo incerta e guardandomi attorno. L’aeroporto di Heathrow è gigantesco e stracolmo di persone che corrono per evitare di perdere un volo diretto chissà dove.
Saliamo su una macchina nera, dopo aver posto le mie valigie nel bagagliaio, lei al posto del guidatore e io a quello del passeggero e comincia subito a parlarmi “Allora, June. Io mi chiamo Melissa e mi occupo di ricevere gli studenti nuovi della Princey. Le spiegherò velocemente tutto ciò che le dovrà interessare” Annuisco, guardandola negli occhi. Usciamo dal parcheggio e si rivolge di nuovo a me “La Princey è contenta di accoglierla, signorina Darley” sorride “siamo sempre felice di accogliere nuovi studenti. Come ben saprà, la Princey si trova a circa due ore da Heathrow e qualora lei volesse andare nei weekend o durante le vacanze a trovare i suoi genitori, ci sarà una navetta o qualcuno che potrà accompagnarla, ma deve riferircelo con qualche giorno di anticipo e vedremo di aiutarla. L’abbiamo messa in stanza con due ragazze nuove, così che potrete ambientarvi insieme e le conoscerà stasera, dopo il nostro arrivo” L’autostrada appare libera dal traffico, sospiro, almeno questo. “Ogni giorno si terrà la colazione dalle sette del mattino alle otto” continua “e alle otto e mezza cominceranno le lezioni. Mentre la sera la cena verrà servita dalle sette alle otto e mezza, le luci verranno spente alle dieci e mezza e gli studenti per quell’ora dovranno trovarsi nei propri dormitori, il sabato sera il coprifuoco è alle undici e mezza. Inoltre le lezioni cominceranno fra quattro giorni, giovedì 10 settembre. Negli orari scolastici dovrà indossare la divisa, che troverà al suo arrivo in camera” arriccio il naso. Divise? In Italia non usiamo divise. “mentre il sabato e la domenica potrà indossare i suoi abiti” si volta verso di me per constatare che la sto ascoltando e le rivolgo un cenno per farle capire di continuare. “Sfrutti i prossimi quattro giorni per decidere al meglio i corsi da seguire e gli sport che vuole praticare e beh, per conoscere l’edificio e le sue coinquiline”scoppia in una risata, nonostante io non abbia capito che cosa ci sia di così divertente “Questo è tutto, le altre regole le verranno spiegate nel corso delle prossime giornate. Ora mi parli di lei” sorride e si volta un secondo a guardarmi. Sospiro e comincio a raccontarle svogliatamente come sono finita su quell’automobile nera luccicante, come i miei genitori di punto in bianco hanno trovato quella scuola e deciso da soli che sarebbe stata la scelta migliore per me, fregandosene di tutto quello che avrei lasciato indietro. Le racconto dei miei fratelli, Matteo e Kaila, il primo di diciotto anni e la seconda di sette, e di quanto mi mancano. Non penso neanche al perché comincio a raccontarle per filo e per segno la mia vita, forse sono solo disperatamente in cerca di lasciar fuoriuscire quel mare di parole che mi bloccano la gola e causano fiumi di lacrime.
Dopo un arco di tempo che a me pare infinito, Melissa mi avverte che mancano pochi minuti all’arrivo al campus e io mi ricompongo sul sedile e comincio a guardarmi attentamente intorno. Alberi,cespugli,campi e qualche fattoria. Tutto ciò che riesco a vedere si può riassumere in queste quattro parole, sono sbigottita. Avevo capito che era isolata, come scuola, ma non così tanto. Melissa mi guarda e pare comprendere perché mi rivela che la cittadina più vicina non dista molto dalla scuola e che nei weekend ci sarà comunque permesso di andare a Londra o di fare gite. Sbuffo per l’ennesima volta in quella giornata e controllo l’ora sul telefono: le quattro e mezza. Dopo aver girato un paio di vie, davanti a noi appare in tutta la sua grandezza la Princey High School. Se non avessi saputo la mia meta, l’avrei probabilmente scambiata per un enorme castello, con i muri di mattoni rossi e infiniti giardini stracolmi di ragazzi. Rimango a bocca aperta e Melissa,nel notare la mia espressione, sorride. “Benvenuta alla Princey High School” mi dice e parcheggia in una rotonda proprio dinnanzi al giardino principale e mi consegna una piccola mappa.
“vada pure in segreteria, dove le consegneranno i moduli di iscrizione ai corsi, troverà dove si trova sulla mappa. Io mando le sue valigie in dormitorio, e cioè quello femminile nell’ala B, stanza 59” mi sorride e mi indica sulla mappa il dormitorio, dopo di che mi invita a scendere dall’automobile. Le sorrido incerta e mormoro un “arrivederci” e dopo aver afferrato la mia borsa, scendo dall’auto.
In quel minuto in cui mi blocco davanti all’immensità dell’edificio vorrei scomparire. Mi sento così tremendamente sola. Mi stringo nella mia felpa e avanzo nelle mie vans blu, cercando di farmi forza un poco, come ho fatto fino ad ora. Apro la mappa nelle mie mani e scorgo il luogo che cercavo e capisco dalle indicazioni che si trova sul retro dell’edificio, davanti ai giardini e ai campi per lo sport. Avanzo lungo i sentieri del parco e mi sento maledettamente osservata ma cerco di non darci troppo peso. Indosso la mia maschera da ragazza sicura e vado avanti, sapendo che tutto sarebbe andato per il verso giusto. O forse, più che sapendo, sperando. Non volendo entrare subito nell’edificio e attraversarlo così da giungere più in fretta in segreteria, faccio il giro lungo i giardinetti che circondano la scuola e mi guardo un po’ intorno. Decine di ragazzi chiacchierano e fanno passeggiate, alcuni insieme ad amici e molto probabilmente iscritti già da tempo e altri,suppongo da come si guardando intorno spaventati, nuovi iscritti. Tiro un lungo sospiro e con una mano spingo la porta della segreteria ed entro con passo incerto, trovandomi di fronte a dei tavoli pieni di documenti, dietro ai quali stanno sedute due donne. Dietro al primo, una rossa mastica avidamente una gomma da masticare e non mi degna di un sguardo, quindi mi volto e mi incammino verso il tavolo accanto, dove una donna dai capelli scuri mi sorride incoraggiante e mi chiede il nome per potermi rifilare una montagna di documenti.
Esco circa dieci minuti dopo con un plico di fogli tra le braccia e comincio a sentire la stanchezza del viaggio pesarmi sulle spalle come un macigno. Mi incammino verso una panchina leggendo il primo foglio del gruppo e le diverse attività che la scuola offre quando improvvisamente vado a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno che, evidentemente più grosso di me, mi provoca una caduta e l’ultima cosa che vedo prima di toccare il suolo con il sedere sono un paio di occhi verdi e i milioni di fogli prendere il volo intorno a me come una festosa pioggia di coriandoli giganti.




Buongiooorno!
Allora, ecco il primo capitolo finalmente djsfdjds spero proprio che vi piaccia.
Non spoilero nulla ed è stato fantastico troncare il capito sul più bello lalalala.

Recensite recensite recensite, vi risponderò e sarò felicissima di leggere le vostre opinioni.
Aggiornerò prestissimissimo!

xoxo

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Capitolo 3
*** those green eyes. ***


In quei tre secondi che impiego a cadere, nella mia mente vedo tutto al rallentatore. Non mi importa del fatto che sto cadendo, o del fatto che i miei fogli si stiano per ritrovare in un cerchio ammassato intorno a me, tutto quello che vedo sono quegli occhi. Non mi importa di nulla, dell’Italia, della nuova scuola, di tutto ciò che mi affliggeva fino a pochi secondi prima. Comincio a perdermi in quegli occhi, a tentare di capire esattamente di che verde sono, se verde chiaro oppure scuro. Mi domando come siano alla luce o nelle fotografie, se sono sempre di quel verde splendido, se al centro hanno delle minime sfumature di giallo o se siano più chiari intorno alla pupilla o scuri nel contorno dell’iride, fatto sta che sono meravigliosi. Sono ancora persa nei miei pensieri quando sento un dolore acuto provenirmi dalla schiena e dal fondoschiena e stacco improvvisamente il contatto ferreo con quegli occhi, per accorgermi di essere caduta. Il dolore alla schiena si fa sentire sempre di più ma mi lancio comunque a raccogliere i fogli, imbarazzata, senza degnare di uno sguardo il possessore di quello sguardo meraviglioso. Sposto una ciocca dei miei lunghi capelli ramati dietro ad un orecchio e tenendo la testa bassa noto un secondo paio di mani che decise cominciano a raccogliere i fogli troppo lontano perché io ci arrivi e che subito dopo me li porgono. Afferro il plico e finalmente alzo nuovamente lo sguardo, soltanto per incontrare di nuovo quel paio d’occhi e intorno ad essi un viso tanto bello quanto quest’ultimi, un sorriso è dipinto su di esso in modo armonioso. Due piccole fossette ai lati della bocca sembrano essersi posate lì per caso allo spuntar del sorriso. Cerco di rialzarmi ma il dolore lacerante alla schiena si fa sentire, nonostante quello, punto i piedi per terra e mi rialzo tenendo gli occhi socchiusi e fingendo di non essermi fatta nulla. I suoi occhi rimangono fissi nei miei ma io, conoscendone ormai i particolari, mi chiudo a riccio ed evito di perdermi nuovamente nei suoi. Mi aspetto rabbia, magari qualche imprecazione, un “guarda meglio dove vai al posto di leggere e camminare insieme” ma il ragazzo davanti a me continua a fissarmi silenzioso, forse aspettando che io sia la prima ad aprire bocca. Lo accontento, in fretta. “Tutto pur di non restare lì come un’idiota” penso  e con il più falso fra i sorrisi gli rivolgo le mie scuse e, tentando di ignorare il dolore pungente, mi giro sui tacchi e comincio ad incamminarmi verso il dormitorio femminile, quasi correndo, pur di lasciarmi quella figuraccia ma, soprattutto quegli occhi, alle spalle.
 
Entro per la prima volta dalla porta principale dell’edificio e trovo di fronte a me un’immenso atrio e tantissimi ragazzi che camminano avanti e indietro tutti diretti in luoghi diversi. Per un attimo mi sento persa ma noto che un cartello indica una scalinata e su di esso a lettere giganti intagliate nel legno leggo ‘dormitori femminili’. Comincio a salire le scale abbastanza in fretta e, giunta in cima a queste, trovo due corridoi, il primo porta nell’ala A del dormitorio e il secondo nella B. Imbuco a passo deciso il secondo , leggendo i numeri delle stanze fino a che non mi trovo dinnanzi alla 59. Realizzo di non avere ancora il mio mazzo di chiavi e quindi busso cautamente sulla porta di legno.
La porta si spalanca dieci secondi dopo e mi ritrovo davanti una ragazza bionda con un paio di occhi azzurri, così chiari da sembrare grigi, che non aspetta un secondo per sorridermi felice e domandarmi subito “Sei June?”.
Le sorrido in risposta “Sì sono io” e, dopo aver sentito la mia risposta, spalanca ancora di più la porta per permettermi di entrare. “Oh, fantastico, mancavi solo tu! Io sono Margaret ma, ti prego, chiamami Meg perché quel nome è terribilmente serio!” Scoppio in una risata per il carattere estroverso della ragazza e le assicuro subito che in futuro sarà il solo modo in cui mi rivolgerò a lei.
“Oh, e lei è Leah” mi indica una ragazza dietro di lei, intenta a sbloccare il codice di un trolley rosso, i capelli corvini le arrivano leggermente sotto le spalle e con una mano li sistema dietro la schiena, mentre mi rivolge un sorriso timido subito seguito da un “ciao”.

Rivolgo qualche secondo la mia attenzione alla stanza e a come è arredata, così notare tre letti a baldacchino posti ad un lato della stanza, non tanto distanti tra loro, ognuno accompagnato da un comodino di legno scuro. Vedo le mie due valigie lasciate qualche ora prima a Melissa accanto ad uno dei tre letti. La stanza è illuminata da tre alte finestre che danno sui giardini posti sul retro del campus. Alcune poltrone sono poste intorno ad un tavolo rotondo dall’altra parte della stanza e due porte mi fanno pensare ad un bagno e uno sgabuzzino. Le pareti, bianche, fanno un forte contrasto con il velluto blu scuro dei letti, ma in un certo senso mi piace.

“Allora, da dove venite, e quanti anni avete?” Meg mi rivolge un sorriso incoraggiante e Leah si piazza subito al suo fianco. La bionda ha posto la domanda ad entrambe e subito dopo mi spiega che Leah è arrivata giusto due minuti prima di me. Ci spostiamo a chiacchierare sulle poltroncine e scopro subito che hanno la mia stessa età.
“Io sono Americana” spiega Meg, nonostante io l’abbia già capito dall’accento così marcato, annuisco “Io Italiana” sorrido “almeno,per metà comunque” ci giriamo entrambe verso di Leah che aggiunge un “Irlandese”.
“Beh, siamo coinquiline ma di certo non connazionali” ride Meg e subito la seguiamo. E così cominciamo a parlare di noi, delle nostre vite. Cerco sempre, grazie alla mia solita diffidenza iniziale, a non scendere troppo nei particolari. Meg è venuta in Inghilterra esattamente come me, spedita dai suoi genitori, ma non sembra darci troppo peso. Leah invece volontariamente, ma dopotutto ci annuncia di avere una zia a Londra alla quale può far visita spesso. I minuti passano veloci e capisco subito quanto siano simpatiche le mie coinquiline e mi sento improvvisamente il cuore più leggero e un po’ più tranquilla. Forse, e dico forse, non sarebbe andata così male. Leah è estremamente timida, Meg l’esatto contrario.  
 
In un soffio ci accorgiamo dell’orario, le sette e mezza. “Vi va di andare a cena insieme?” Leah ci guarda un po’ incerta. “Tanto, bellezza, noi tre non conosciamo nessun altro qua dentro quindi direi di sì” le risponde Meg alzandosi dalla poltrona e stiracchiandosi. Improvvisamente mi accorgo di non avere la più pallida idea di dove si trovi la mensa. “Voi per caso sapete dove si cena?” domando loro slegandomi i lunghi capelli da uno chignon improvvisato precedentemente. “Sì” mi risponde pronta Meg prendendomi per un braccio e avvicinandomi alla finestra “Laggiù” indica un edificio posto in mezzo ai giardini, staccato dall’edificio principale e più piccolo, ma comunque in grado di contenere facilmente la moltitudine di studenti iscritti alla Princey. A turno usiamo il bagno per cambiarci.
Mi infilo un paio di jeans skinny e una camicetta bianca, passo un po’ di mascara sulle ciglia e lascio i capelli sciolti sulla schiena. Meg mi dice che nel comodino accanto al letto ha trovato il suo mazzo di chiavi e che probabilmente nei nostri ne avremmo trovati altri due. Afferro il mio e dieci minuti dopo, insieme, camminiamo ridendo verso l’edificio fuori dalla scuola e per la prima volta dal mio arrivo in Inghilterra, mi sento felice.


Non appena entrata ho la terribile sensazione di sentirmi osservata, ma evito di guardare le persone, noto solo che la mensa è un’enorme sala quadrata piena di tavoli rotondi e quadrati di varie dimensioni, stracolma di ragazzi, sui quali non soffermo lo sguardo, molto più simile ad un ristorante che a una mensa scolastica. Io e le ragazze ci sediamo ad un tavolo rotondo e appoggiamo le nostre borse accanto alle rispettive sedie. Ci alziamo e sempre chiacchierando tra di noi ci dirigiamo tranquillamente verso il buffet, dove ci serviamo. Sono affamata, mi accorgo solo in quel momento di non aver pranzato né mangiato nulla dalla mattina. Sbuffo e mi servo con qualche pezzo di pollo e dell’insalata. Mentre finisco di servirmi comincio a sentire un formicolio alla schiena, come se qualcuno avesse piantato i suoi occhi dietro di me come spilli e io potessi sentirli anche senza un contatto fisico e quella sensazione mi infastidisce un sacco. Mi volto di scatto solo per incrociare per la terza volta in una giornata un paio di occhi verde smeraldo, quel paio di occhi verde smeraldo. Il riccio mi sorride incerto, dopo avermi riconosciuta e io, senza ricambiare il sorriso, indosso nuovamente la mia miglior maschera da “dura” e mi chiudo in me stessa, senza degnarlo di un altro sguardo seguo Meg verso il nostro tavolo.
 
Venticinque minuti dopo abbiamo finito di cenare e siamo tutte e tre sedute su una delle panchine fuori dal locale. Meg armeggia con un pacchetto di sigarette chiuso, che ridendo le sfilo dalle mani per poi aprire al suo posto. Mi rilasso un po’ e mi guardo intorno. Nonostante il parco sia illuminato solamente della fioca luce dei lampioni, molti ragazzi passeggiano o sono seduti sui giardinetta a parlare o fumare qualche sigaretta. “Mi sento stanchissima” penso ad alta voce e subito sbadiglio “Anche io, un sacco” Sbuffa Leah. “Hey Meg fuma dall’altra parte” si lamenta subito dopo la bruna, dopo aver respirato una nuvola di fumo proveniente dalla sigaretta accesa di Meg. “Scusa” ride quest’ultima e fa come le viene detto.
Ad un certo punto percepisco la porta della mensa aprirsi e istintivamente sollevo lo sguardo. Un gruppetto di ragazzi sta uscendo, ma non riesco a vederne i volti. Uno di loro però si dirige a passo svelto verso di noi e man mano che si avvicina lo squadro. I capelli scuri sono piuttosto corti tranne che al centro della testa, in cui sono raccolti in una cresta impeccabile. La pelle, leggermente ambrata mi lascia sospettare le sue origini straniere e il suo viso è rivolto verso Meg. E’ davvero un ragazzo bellissimo, non c’è che dire, i lineamenti armoniosi sembrano scolpiti sul suo viso e a primo impatto non riesco a trovare un difetto in lui. Un sorriso appare sul suo viso e, rivolgendosi alla bionda le domanda “Hey scusa, non è che avresti una sigaretta?” e con una mano le indica il piccolo cilindro fumante che tiene in mano. Improvvisamente noto un pacchetto quadrato spuntare dalla tasca dietro dei jeans del ragazzo: sigarette. E subito capisco che non si è avvicinato a Meg solo per una sigaretta, si era interessato a lei. Sbuffo. Sono impegnata a osservare i due, tanto che non mi accorgo che il gruppetto di amici dello sconosciuto,precisamente quattro ragazzi, arrivano improvvisamente alle spalle del ragazzo, osservandoci. Me ne accorgo quando un paio di occhi verdi si insinuano nei miei e il loro possessore, grattandosi la nuca con una mano mi sorride e mormora “hey”. Gelo sul posto.



Buooonasera! Allora, ecco a voi il secondo capitolo. Ringrazio un sacco le ragazze che mi hanno lasciato qualche recensione agli ultimi due e spero vivamente che qualcuna la lasci anche a questo, ci tengo tanto, ehh.
Comunque, in questo capitolo June incontra più volte lo "sconosciuto dagli occhi verdi" (chi mai potrà essere? lol) e anche le sue coinquiline.
Continuerò ad aggiornare così spesso, così da non farvi aspettare.

Recensite,recensite,recensite, pleeeease.

Grazie mille, dolcezze.
xoxoxoxo

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Capitolo 4
*** "ci si vede" ***


Hey” rispondo, sollevando leggermente le sopracciglia. Non riesco a fare a meno di inclinare leggermente la testa, un po’ per lo stupore di ritrovarmelo di nuovo davanti e un po’ perché non mi convince del tutto.
E’ bello, bello davvero. Anzi forse più che bello, ma non riesco a non irrigidirmi davanti a lui e forse tutto ciò è causato dalla semplicità con cui i miei occhi si perdono nei suoi e cercano disperatamente una via d’uscita, o forse un motivo per andare più a fondo in quegli smeraldi.
“Harry” mi sorride nuovamente porgendomi una mano affinchè io l’afferrassi. 
Attendo qualche secondo in cui riesco a sentire Meg pronunciare qualche parola con il moro e lo stesso Leah, probabilmente con qualcuno degli altri ragazzi del gruppo e allungo la mia mano destra per afferrare quella del riccio e stringerla in una presa salda. Un brivido mi attraversa la schiena.
“June” pronuncio il mio nome con voce calma, come se non volessi farlo sentire ma lui ovviamente ha sentito perfettamente.
Mi alzo dalla panchina e parlando alle mie nuove amiche mormoro un “ci vediamo dopo” per poi rivolgermi ai cinque arrivati. “Ragazzi” accompagno il saluto ad un gesto del capo “e.. Harry” gli sorrido come se volessi prenderlo a schiaffi, per poi avviarmi verso l’edificio e i dormitori.


“Aspetta!” sento la sua voce richiamarmi e con essa dei passi veloci dietro di me che finiscono con l’affiancarmi “Ti accompagno” mi rivolge l’ennesimo sorriso che io, per un’altra volta, non ricambio.
“Allora..” comincia, dando un calcio a qualche sassolino minuscolo che involontariamente si ritrova sulla via “non ho fatto in tempo a scusarmi oggi, sai, per la caduta”.
Lo guardo un secondo e un sorriso mi scappa sul viso, uno piccolo che non sono riuscita a trattenere, ma che improvvisamente maschero lasciando ricadere i lati della mia bocca verso il basso “ma se ti sono venuta addosso io!” mi lascio sfuggire, come protestando.
Si volta e ridendo aggiunge “Punti di vista”.
Camminiamo qualche metro in silenzio, è tutto così calmo che comincia a diventare imbarazzante. “Allora Harry…” lascio la frase in sospeso aspettandomi che aggiunga il suo cognome e capisce al volo “Styles” si volta a guardarmi. “Styles.” Ripeto “da quanto tempo sei qua?” con una mano indico l’edificio che ad ogni passo sembra diventare sempre più grande dinnanzi a noi. “Oh, sono qua dal primo anno, e ora frequento l’ultimo e tu.. June..” mi sorride usando le mie stesse parole “Darley” continuo la sua frase e aggiungo “da stamattina e sono al terzo” annuisce all’informazione e con la coda dell’occhio lo vedo sorridere.
Senza accorgermene varchiamo la porta dell’edificio e ci troviamo in atrio, dove le scalinate per i dormitori si dividono, a destra quello femminile e a sinistra quello maschile. Non mi sento tranquilla in sua presenza ma lo trovo normale, all’inizio mi sento sempre come se dovessi proteggermi e chiudermi in me stessa e solo dopo lasciarmi allo scoperto, ma mai completamente. Non mi fido dei suoi occhi. Mi ripeto per l’ennesima volta in quei dieci minuti.
“Okay, Styles” gli rivolgo un’ultima occhiata prima di girare sui tacchi e cominciare a salire le scale verso il dormitorio femminile “Ci si vede”. Un’occhiata basta, mi dico: un sorriso, uno vero, ancora non gliel’avrei regalato e chissà se mai l’avrei fatto.
 
Giunta nella camera mi sento distrutta, mi cambio in fretta e scrivo un veloce messaggio ai miei genitori, con i quali sono ancora arrabbiata,senza neanche guardare la quindicina di messaggi ricevuti. Lo invio solamente per avvertirli che sono ancora viva e che non li avrei chiamati,per poi lanciarmi sul letto vicino al quale è stata posata la mia valigia e constato subito che è morbidissimo. Mi addormento in un secondo, senza pensarci troppo, senza rendermene conto. Mi addormento e un sogno strano mi avvolge subito e mi accompagna a passo lento per tutta la notte, un sogno bellissimo eppure spaventoso, un sogno che in tutto il tempo in cui riposo sul mio nuovo letto mi segue, appostato dietro qualche angolo della mia mente e che in un certo senso mi culla, per tutte quelle ore. Un sogno che la mattina dopo, al mio risveglio, ho scordato completamente.


Alle dieci e un quarto sono seduta su una delle tante panchine nei parchi e giardini che si trovano intorno alla scuola, intenta a leggere tutti i programmi e iniziative della scuola. Il sole filtra dagli alberi sopra di me e sopra l’unica panchina all’ombra rimasta. Sono sola, ho lasciato le mie compagne in stanza a disfare le valigie, cosa che io avrei fatto dopo. Mi metto più comoda incrociando le gambe e continuo a leggere per qualche minuto, finché non tiro fuori il telefono dalla tasca dei Jeans, decidendomi finalmente di leggere la moltitudine di messaggi del giorno prima. Il primo che vedo è di Francesca e subito lo apro, senza esitare.

“Ti fidi se ti dico che qua è tutto più grigio senza di te? Ti prego scrivimi, dimmi che stai bene. Mi manchi, ci manchi, a tutti. Fra”

Leggo i messaggi, quasi tutti di Francesca, di altri amici, dei miei fratelli e dei miei genitori e rispondo. Non me ne accorgo, li leggo in un soffio. Non me ne accorgo finché una lacrima, veloce e decisa mi riga una guancia, finendo per posarsi all’angolo destro della mia bocca. L’asciugo velocemente, ma ormai è tardi. La lacrima è seguita da una seconda e poi,da una terza. Scoppio. Nascondo il viso tra le mani pregando di non essere vista da nessuno e mi lascio andare in un pianto di tristezza, di nostalgia. Sto lì per un po’, con il viso nascosto tra le mani e l’arietta di fine estate che mi accarezza le braccia procurandomi una leggera pelle d’oca.

Improvvisamente,sento un leggero colpo di tosse di fronte a me, come per richiamarmi all’attenzione. Non alzo subito lo sguardo per vedere chi è, almeno non prima di aver asciugato tutte le lacrime dal mio viso. Alzo leggermente la testa per vedere il viso di Harry che mi guarda preoccupato.
Sbuffo. “Styles” sibilo sarcastica. Tra tutte le persone in questa scuola, ovviamente, mi trovo davanti Harry Styles. “Darley” mi risponde a tono lui, sedendosi sulla panchina accanto a me.
Mi ricompongo e mi volto a guardarlo, mentalmente chiedendomi perché si è seduto. “stai bene?” mi chiede. Il tono neutro, disinvolto. “Sì, sto benissimo, ero qua da sola e ho pensato ‘hey sto così bene che mi metterò a piangere’” rispondo guardandolo come se avesse fatto la domanda più idiota del mondo. “In effetti” ridacchia e si rialza porgendomi una mano. Esito un secondo, sentendomi piccola sotto quello sguardo, sotto quegli occhi. Non capisco perché ma allungo la mia mano fino a stringerla intorno alla sua e mi alzo.
Cominciamo ad incamminarci per uno dei tanti sentieri dei giardinetti, l’uno accanto all’altra.
“Allora” inizia “che corsi seguirai quest’anno?” continua a guardare di fronte a sé e io faccio lo stesso, tenendo le mani in tasca e dando ogni tanto un leggerlo calcio a qualche sassolino invisibile. Lo ringrazio mentalmente per non avermi chiesto il motivo del pianto.
“Pensavo di seguire Letteratura, Inglese, Francese, Spagnolo, Italiano,biologia avanzata, matematica, arte, fotografia e devo ancora deciderne altre” mi volto a guardarlo un nanosecondo per poi aggiungere “tu?”
“Letteratura, Biologia avanzata, chimica, Italiano, Matematica e fotografia penso, le altre le decido nei prossimi giorni” mi spiega. Essendo più grande so solo che frequenteremo insieme biologia avanzata, forografia e forse le lingue, sempre che lui cominci il corso quest’anno, pensai.
“Beh, ci vedremo spesso direi” si volto a guardarmi senza nascondere un sorriso, che per l’ennesima volta non ricambiai, persa a fissare il cielo azzurro intenso, sperando che qualcuno a casa pensasse a me.
“Non sei inglese,vero?”  mi domanda improvvisamente. “Si nota tanto?” lo guardo un po’ imbronciata, non ero abituata che la gente lo notasse: avevo una pronuncia impeccabile e mi aveva appena ricordato l’Italia, la mia vita rubata in poco tempo. “Sono metà Italiana, ma frequento il corso dall’inizio per alzarmi la media” spiegai. Non appena sentì la risposta si voltò con un ghigno e mi disse “sei Bravissimo” sorridendo subito dopo con il viso di chi ha appena detto qualcosa di estremamente intelligente. Scoppiai in una risata isterica nel vedere il suo viso soddisfatto che, con la mia reazione si rabbuiò subito. “Bravissima, al massimo” gli spiegai ridendo. E in quel momento capii che italiano l'avrebbe seguito da zero.
Fece una smorfia e continuammo a camminare, lontani qualche centimetro l’uno dall’altra, per poi sfiorarci ogni tanto con le braccia.
Improvvisamente mi squilla il telefono e appena vedo il numero non esito a rispondere.

“Hey Fra” rispondo trattenendo un sorriso.

“JUUUUUUUUUNE” mi immagino la mora seduta sul letto di camera sua, che aveva felicemente rimesso a posto tempo prima, appendendo dei dischi di vinile sul muro sopra la finestra. Mi ricordo ancora il giorno in cui mi mandò la foto del lavoro appena eseguito:era entusiasta.

“Mi manchi” aggiunge subito “come stai?” mi chiede prendendo un leggero sospiro.

“Diciamo che sto, anzi tutto alla grande direi” rispondo leggermente sarcastica, voltandomi a guardare Harry e la sua faccia concentrata nel cercare di capire quello che dico.

“Dai stai tranquilla. Intanto ho una buona notizia da darti!” mi dice con una leggera eccitazione nel tono di voce.

“Visto che i tuoi ti hanno spedita in quel posto isolato” comincia “e visto che ho già organizzato tutto quanto, ovviamente dopo aver chiamato la segreteria della tua scuola, verrò a trovarti a fine mese!” Urla tutto d’un fiato quest’ultimo pezzo.

“OH SANTO CIELO” grido “dimmi che non stai scherzando” vedo Harry cambiare espressione nel vedermi così felice: sorride anche lui. Prego con tutta me stessa che non sia uno scherzo, sento il cuore mancare un battito.

“NO!” mi urla ridendo “Assolutamente! Rimango un paio di giorni. Tu lo sapevi che la tua scuola ha un’ala per i visitatori dove posso dormire? Come delle stanze normali ma mi fanno rimanere due giorni, figo no?”

“Francesca. E’ una notizia bellissima, davvero. Grazie” riesco  a dirle, prima di farmi sfuggire il più grande dei sorrisi.

“E di che? E’ fantastico e mi manchi parecchio quindi attendimi baby” amo sentirla parlare: riesce sempre a farmi ridere, santo cielo quanto mi manca, penso.

“Comunque ora devo andare, ti chiamo poi stasera con più calma. Ciao tesoro” mi attacca subito, senza lasciarmi rispondere, come suo solito. Rido notando un veloce “mi manchi” sfuggirle dalla bocca prima di attaccare.

Mi volto e guardo Harry che mi fissa ancora e in un soffio gli racconto tutto, non so neanche perché.
“che figata” mi sorride “Ah e comunque” aggiunge “Avevo capito tutto già dalla telefonata” mi fa l’occhiolino per poi ricominciare a camminare accanto a me.
Sbuffo. “Certo, Harry, Certo” gli rivolgo un sorrisetto strafottente prima di notare che siamo giunti, dopo vari giri, davanti alla panchina all’ombra sulla quale ero seduta prima. Mi volto a guardarlo prima di lasciar mi cadere su di essa e incrociare le gambe esattamente come prima.

“Okay Darley” mi rivolge un’occhiata che subito si trasforma in un sorriso “Ci si vede” e così dicendo, dopo aver usato le mie stesse parole della sera prima, comincia a camminare verso la scuola, lasciandomi lì confusa.
Sbuffo e ricomincio a leggere i fogli ricevuti dalla scuola, ma non riuscendo a concentrarmi non capisco neanche una parola. Sono ancora laggiù. Persa in quegli occhi verdi.



Buongiooorno gente.
Allora, premettendo che questo capitolo non mi piace e che vi assicuro che il prossimo sarà mooolto meglio, spero che a voi sia piaciuto comunque.
E' un capitolo tanto per introdurvi due personaggi fondamentali della storia: il bellissimo riccio  Harry e Francesca.
Il personaggio di Francesca è apparentemente molto dolce e in futuro la conoscerete meglio. E' ispirato ad una mia amica, che si chiama davvero Francesca e molte cose del personaggio le ho prese da lei, anche se la Francesca della storia non sarà uguale a quella della realtà (sennò che gusto c'è a chiamarla storia?)
Il personaggio di Harry invece.. all'inizio sembra strano ma imparerete a conoscerlo, anche perchè credo di introdurre finalmente (ma devo ancora decidere) qualche pezzo sotto il suo punto di vista, che ne dite?
Recensite,recensite,recensite.
Prima recensite prima aggiorno, lol.
Grazie mille alle ragazze che la seguono e a quelle che la recensiscono e anche a quelle che la leggono ma non scrivono nulla, grazie a tutte.
xoxo.

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Capitolo 5
*** the sun is extremely rare here. ***



First day.
(vi pregherei di leggere le note a fine capitolo, grazie ♥)




Gli ultimi giorni sono passati ad una velocità supersonica. Mi sembra ieri che sono giunta alla Princey e invece sono già passati tre giorni e oggi, dieci giugno, cominciano le lezioni. Ho passato gli ultimi tre giorni a disfare i bagagli e compilare infiniti moduli di iscrizioni ai vari corsi insieme a Meg e Leah, le quali si sono iscritte a molti dei corsi che io avevo già scelto. Ho passato la maggior parte del tempo in dormitorio e martedì mattina siamo andate in autobus fino alla città qua vicino, una dolcissima cittadina fatta di case a schiera di mattoni rossi e di legno, adorabile. Ma niente in confronto all’Italia, penso.

Lì abbiamo comprato i libri di testo per la scuola e abbiamo girato per la città, come delle idiote ridendo e scherzando. E’ difficile dover abbandonare la propria vita da un giorno all’altro ma devo ammettere che loro mi stanno rendendo il tutto molto più facile. Nonostante io senta Francesca ogni giorno e nonostante lei sia la mia migliore amica, Meg e Leah, ognuna con le rispettive famiglie lontano, mi distraggono. E’ come se ognuna si aggrappasse alle altre per non ricordare ciò che ha lasciato indietro.
Negli ultimi giorni, per mia fortuna, non ho incontrato nessuno. E con nessuno intendo Styles o uno dei suoi amici con il quale va in giro. Non lo vedo da quel pomeriggio in cui mi ha sorpresa “debole”. Cosa che odio. Odio apparire debole. Correvo a mangiare all’apertura della mensa per poi tornare con le altre subito in camera per preparare ogni cosa alle lezioni e, forse, per evitarlo.


Nascondo la testa sotto al cuscino per proteggermi dai miei stessi pensieri e dalla luce del sole che entra filtrando dalle persiane chiuse. Un secondo dopo, sento qualcuno ridacchiare per poi alzare la testa e vedere una Meg euforica che con una rincorsa si lancia sul mio letto per svegliarmi. “E alzaaaaaaaaati alzati alzati” comincia a cantilenare ridendo per poi farmi scoppiare in una risata isterica. “E sceeeendi scendi scendi” le faccio il verso e con un movimento la spingo giù dal letto, riponendo la mia testa al sicuro nuovamente sotto al cuscino. Sento la risata soffocata di Leah provenire dall’altra parte della stanza e, assicurandomi di rimanere sotto le coperte, mi sporgo un po’ per guardare la radiosveglia sul comodino per controllare l’ora. 6.00 am. Sbuffando mi alzo dal letto e, regalando una linguaccia a Meg e mandando un bacio a Leah mi dirigo verso il bagno per lavarmi e vestirmi.

“Che materia avete alla prima?” Sento Meg urlare al di là della porta.

“Italiano penso” urlo di rimando, aspettando la risposta della bionda.

“Anch’io” si affretta ad aggiungere Leah. Sorrido.
 
Circa un’ora dopo siamo tutte e tre pronte e camminiamo a passo lento verso la mensa. I capelli mi ricadono lunghi dietro alla schiena, la luce del sole ne risalta la sfumatura ramata del castano e sciolti ondeggiano a destra e sinistra ad ogni mio passo. Un paio di Ray-Ban classici mi oscura leggermente la vista, proteggendomi da quel sole apparso dietro alle nuvole. Un’arietta leggera mi fa rabbrividire e stringere nella felpa di mio fratello Matteo e annuncia l’arrivo dell’autunno. La felpa in questione gli è stata sottratta dalla sottoscritta giusto il giorno prima di partire, l’avevo presa e infilata in borsa. Sapevo che mi sarebbe stato vicino così, anche a decine di chilometri di distanza.
 
“We’re happy, free, confused and lonely in the same time” canticchio, spensierata.
Giunte davanti alle porte le spingo e tengo alto lo sguardo, in cerca di un tavolo libero. Quando incrocio, per la prima volta dopo interi giorni, un paio di occhi verdi, distolgo subito lo sguardo e mi soffermo su un tavolo vuoto. Faccio segno alle mie amiche di raggiungermi lì mentre mi avvio verso il buffet per prendere una mela e un’aranciata, sollevandomi gli occhiali da sole sulla testa. Sento nuovamente quella sensazione alla quale ormai sono abituata di sentirmi osservata. Afferro la mela con la mano destra e l’aranciata con la sinistra, avviandomi poi verso il tavolo dove Leah e Meg parlottano vivacemente.

“Hey” mi siedo posando entrambe le cose sul tavolo.

“Il riccio ti fissa” sputa fuori subito Meg ridendo e io istintivamente sollevo lo sguardo verso di lui, incontrando i suoi occhi. Mi ci soffermo un secondo e subito torno a guardare Meg sedendomi.

“Mh, non mi importa” le dico, sovrappensiero.

“Certo June” mi risponde lei facendomi l’occhiolino “Ceeeerto” Sbuffo e addento il frutto, assaporandone il sapore dolce. “Comunque Lee” mi rivolgo alla mora, guardando male Meg “Io vado subito in classe che devo parlare con il professore prima dell’inizio della lezione” mi alzo facendo strisciare la sedia all’indietro “ti tengo un posto”.

“Grazie” mi sorride riconoscente e con un cenno della mano mi saluta.

Mi volto e comincio a percorrere la strada verso la porta e solamente una volta uscita mi rendo conto di aver scordato l’aranciata sul tavolo. Scrollo le spalle e vado avanti, tentando di memorizzare la classe di Italiano. Quest’ultima, controllo subito dopo sulla mappa, si trova al secondo piano dell’edificio scolastico.

Busso la porta ed entro, trovandomi davanti un professore di età avanzata, una camicia bianca fin troppo larga gli ricade sulle spalle, i capelli (quei pochi rimasti) pettinati all’indietro e bianchi come la neve.

“Sì?’ mi rivolge uno sguardo severo.

“Giorno” lo guardo negli occhi prima di continuare “Mi chiamo June e frequenterò il suo corso” e così cominciando gli rivelo le mie origini e il perché mi sono iscritta al suo corso e magari anche il perché avrò una media così alta. Dopo pochi minuti, al suono della campanella sembra avermi preso in simpatia e, sorridendomi, mi fa cenno di andare a sedermi proprio nel momento in cui qualche studente comincia ad entrare timidamente dalla porta. Scelgo un banco da due in penultima fila e mi siedo accanto alla finestra per poi posare il cellulare sotto il banco e scrivere un messaggio veloce, mentre aspetto Leah.

Hey Fra, Italiano alla prima ora del primo giorno. Segno del destino? Xxx” La risposta non si fa aspettare e subito apro il messaggio ricevuto.

"Sono sempre nei tuoi pensieri eh? Ho tante News per te tesoro xxxx”

Sento la sedia accanto alla mia strisciare e dopo aver riposto il telefono in borsa mi giro sorridendo ed esclamando “Lee!” ma davanti a me non c’è la mora.

Un riccio sorridente punta i suoi occhi nei miei e si siede. “Sbagliato. Sono Harry ricordi?” mi dice continuando a sorridere.
Lo guardo un attimo sorpresa per poi notare Leah avvicinarsi a me e lanciarmi uno sguardo interrogatorio per poi sedersi accanto ad un ragazzo mezzo addormentato, uno degli amici di Harry di cui non so il nome. Sbuffo. “Sì, ricordo” sfoggio un falsissimo sorriso e torno a guardare verso il professore che comincia a scrivere il suo nome –Professor Rossi- alla lavagna.

“Scusa” mimo verso di Leah, la quale sembra capire e con un gesto della mano mi spiega che non fa niente.

“Non ti ho vista gli ultimi giorni” continua lui “come mai?”

“Avevo da fare” rispondo acida, per poi aprire il quaderno che nel frattempo avevo posato sul banco e cominciare a ricopiare le frasi che il professore sta scrivendo alla lavagna. Scosto una ciocca di capelli dietro all’orecchio e noto che Harry mi sta fissando. Mi giro e lo guardo, con aria interrogativa. Lui, in risposta al mio sguardo mi sorride l’ennesima volta e comincia a sua volta a prendere appunti.


Il suono della campanella, così acuto, mi risveglia dallo stato di trance in cui ero caduta da almeno 20 minuti, conoscendo già tutto ciò che il prof stava spiegando. Con uno sbadiglio mi alzo e afferro la borsa riponendoci dentro il quaderno e l’astuccio.
Non so come comportarmi con lui, mi sta simpatico,dopo tutto. Ma non riesco a capirlo. Ho sempre pensato di riuscire a capire le persone al volo. Il carattere, il modo di fare. Con lui non riesco. Sospiro e lo guardo.

“Che materia hai adesso?” mi chiede, ricambiando uno sguardo incuriosito. Con una smorfia tento di ricordare ma non ci riesco, quindi prendo un foglietto che avevo accuratamente riposto nella tasca interna della borsa e percorro velocemente con gli occhi la settimana.

“Mmm, ora ho un’ora buca e dopo ho Letteratura” mi si illuminano gli occhi alla lettura delle parole “ora” e “buca”.

“Davvero?” un sorriso appare sul suo volto “Anch’io” mi dice e sotto sotto sento la strana sensazione che stia per saltare un’ora.

Ci incamminiamo insieme verso i giardini della scuola, e improvvisamente mi sento rilassata, non più così all’erta o preoccupata che la gente possa conoscere la vera me, Harry mi trasmette calma e questo mi preoccupa.

“Amo il sole” dico, recuperando i miei Ray-Ban scuri e infilandomeli, guardando verso il cielo.

“Quaggiù è estremamente raro, quindi diciamo che viene apprezzato” aggiunge lui, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.

“In Italia in questo periodo c’è praticamente sempre” dico con un filo di nostalgia e lui sembra coglierla.

“Dev’essere bellissima” mi sorride.

Lo è” gli rispondo, continuando a guardare il cielo, ma sentendo costantemente quei due occhi verdi che mi fissano e che cominciano seriamente a piacermi.



Hola!
Sì, questa volta ho messo le note in rosso/bordeaux, che è un colore che amo dsfjdsgdlsa.
Vabbè, comunque, eccoci al quarto capitolo, yuppy.
Harry e June cominciano a conoscersi nonostante lei sia mooolto seccata da quel ragazzo e non ne capisce il motivo.
Nel capitolo cinque vedrò di mettervi qualche colpo di scena lalala (almeno ci provo lol)
Nei prossimi capitoli farò entrare in scena anche le altre quattro direzioni,tranquille ahahaha.
Per il resto, io mi immagino June come Miley Cyrus ma questo è, in mia opinione, estremamente soggettivo, quindi immaginatela come volete lol
Vi ringrazio di cuore per le quattrocentotrentasette visite allo scorso capitolo, e per le nove recensioni.
Davvero, leggere quello che pensate della storia è davvero importante per me, visto che questa è la mia prima ff e ci tengo.
Continuate a scrivermi le recensioni, sono quelle che mi fanno andare avanti a scrivere praticamente dkslfjlksf.

xoxo




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Capitolo 6
*** Simply she intrigues me. ***


Harry’s pov.
Tamburellando con le dita sul banco non presto minimamente attenzione alle parole del prof di matematica dell’ultimo anno, che ogni tanto mi lancia quale sguardo carico di rabbia ma che non sfiora il mio umore minimamente.

I raggi del sole entrano nell’aula e si poggiano lievi sui banchi, donando un’atmosfera allegra alla classe. Ripenso alle due ore precedente, una delle quali passata in giro tra i giardini con June. June. Quella ragazza non riesco a capirla. Per prima cosa non si è perdutamente innamorata di me, cosa che di solito mi capita alquanto spesso e comincia a darmi fastidio, ma essendomi presentato io, pensavo avesse notato la curiosità che provo nei suoi confronti. Ogni volta che tento di conversare cerca sempre di rimanere su un discorso generale se si parla di lei, non scendendo mai nei dettagli, sembra voglia costantemente rimanere vestita di una corazza impenetrabile. Sospiro. Non che mi piaccia, nonostante sia bella. Semplicemente mi incuriosisce.
Volto la testa un secondo solo per incrociare un paio di occhi furiosi che mi scrutano, quelli del professore. Mi ricompongo subito, cercando di apparire sveglio nonostante la mia mente sia ben altrove.

“Hey” mi saluta Louis una volta raggiunto in corridoio, dopo il suono della campanella.
Mi appoggio all’armadietto accanto al suo con la schiena così da poter guardare il corridoio e aspettare l’arrivo dei nostri altri tre amici.

“Sai” comincia quello posizionandosi accanto a me “ho conosciuto una ragazza, durante Italiano” si volta a guardarmi “quella a cui hai fregato il posto” aggiunge notando la mia faccia confusa.
Ora mi torna in mente il viso della ragazza e annuisco, ricordando il perché le ho fregato il posto e mi scappa un piccolo sorriso.

“Coooomunque” continua Louis guardandomi strano “è simpatica” questa volta è lui a sorridere.

Lo guardo per un secondo pronto a parlare anche io quando una leggero pugno mi viene tirato sul braccio facendomi girare.

Zayn appare seguito da Liam e Niall e ridendo mi fa un cenno con la testa per poi aggiungere “levati dal mio armadietto Hazza”.Sbuffando mi sposto, ma non prima di aver risposto al suo gesto.

“hey” si lamenta il moro massaggiandosi il punto da me colpito “io ho fatto piano” dice estraendo i suoi libri dall’armadietto e posando quelli delle lezioni passate.

Gli rivolgo una linguaccia e, dopo aver salutato tutti mi avvio con Louis verso la mensa, pronto per pranzare.
Per tutto il tragitto io e Louis parliamo del più e del meno, senza più nominare ragazze di nessun genere. Giunti di fronte all’edificio, spingo la porta per poi entrare a passo lento, senza badare molto a quello che succede intorno a me.

Sento Louis mormorare un “ciao” e mi volto per vederlo salutare con la mano una mora ad un tavolo un po’ distante dal nostro, un tavolo che ho già visto. Accanto a quest’ultima, il cui nome se non ricordo male è Leah, vedo subito June, concentrata nella lettura di un libro, mentre sgranocchia una mela rossa.
Non alza lo sguardo nemmeno quando sente che l’amica saluta qualcuno, così presa dal libro, con gli occhi che veloci leggono una frase dopo l’altra, assetati di parole, di lettere, assetati di assaporare anche la più piccola virgola. Le dita già pronte all’angolo del libro a girare pagina,terribilmente impazienti, una volta giunta alle ultime frasi di quella che legge. Gli occhi azzurri non intendono staccarsi da quel contatto magico con la carta, la mela è stretta nelle sue dita già da un bel po’ di secondi, probabilmente se ne è scordata così immersa nella lettura.

“Oh” Louis mi scuote richiamando la mia attenzione “svegliati, bell’addormentato” mi dice una volta che mi volto con sguardo perso verso di lui. Insieme andiamo a prendere da mangiare per poi sederci al solito tavolo.
Tiro fuori un libro a caso dallo zaino con nessuna intenzione di leggerlo. Lo poso di fronte a me e intanto ricomincio a guardare June, ancora impegnata in quella lettura. Guardo come la camicia dell’uniforme scolastica le doni e come alcune ciocche di capelli lunghissimi le siano sfuggiti dal gruppo tirato indietro dal paio di Ray-Ban sulla testa, ma non sembra farci caso. Sono felice che abbia scelto di tenerli sulla testa, così da poterle guardare quei meravigliosi occhi, anche se da lontano. Improvvisamente chiude il libro, di scatto, senza metterci un segno o farci troppo caso per poi cominciare subito a parlare con Leah e con un’altra bionda al tavolo, che ricordo come su cui Zayn ha messo gli occhi dal primo giorno. Non nota che la sto fissando, non mi nota affatto. Ripone il libro nella borsa e subito scatta verso la porta, salutando con un sorriso le sue amiche e rimettendosi i Ray-Ban sul naso e in quel secondo penso a quanto sia bella e alla voglia matta di correrle dietro, ma quando realizzo davvero ciò che sto pensando mi scuoto un attimo e comincio a chiacchierare con i miei amici.

 
June’s pov.  

Le cuffie nelle orecchie mi trasmettono una delle mie canzoni preferite e mi sento improvvisamente così felice che potrei fermarmi in mezzo al parco della scuola e cominciare a cantare a squarciagola, ma data la mia bontà verso le orecchie dei poveri ascoltatori mi astengo. Comincio a saltellare e correre verso le aule, toccando con le mie vans il pavimento a passi sempre più grandi, facendomi prendere dal ritmo della canzone.

Non riesco ad aspettare, la voglia di iniziare il corso di fotografia mi fa impazzire, ho sempre amato scattare foto, sempre. La mia prima macchina fotografica, una samsung digitale, mi è stata regalata a dodici anni e prima usavo la digitale di mia madre, la quale mi ha trasmesso la passione.
Quel pomeriggio, avrei avuto gli sport e alla fine, essendo arrivata tardi alle iscrizioni, avevo scelto calcio e nuoto, nei quali comunque ero sempre stata bravissima.


Entro nell’aula e mi accorgo di non essere la prima, un ragazzo siede su un banco sfogliando svogliatamente un giornale di fotografia. L’aula è caratterizzata da mura ricoperte di fotografie di ogni tipo e dimensione dalla quale rimango istantaneamente impressionata. Il ragazzo solleva la testa non appena sente la porta richiudersi e mi squadra per qualche secondo per poi lasciar sì che le sue labbra si abbandonino in un sorriso.

“Ciao” mi dice.

“Hey” rispondo, con il mio solito tono distaccato.

“Sono Mark” mi dice e porge subito dopo la mano, che esito un attimo a stringere.

“June” rispondo e in un secondo quella conversazione mi ricorda una avuta pochi giorni prima.
 
- “Hey” rispondo, sollevando leggermente le sopracciglia. Non riesco a fare a meno di inclinare leggermente la testa, un po’ per lo stupore di ritrovarmelo di nuovo davanti e un po’ perché non mi convince del tutto. E’ bello, bello davvero. Anzi forse più che bello, ma non riesco a non irrigidirmi davanti a lui e forse tutto ciò è causato dalla semplicità con cui i miei occhi si perdono nei suoi e cercano disperatamente una via d’uscita, o forse un motivo per andare più a fondo in quegli smeraldi.
“Harry” mi sorride nuovamente porgendomi una mano affinchè io l’afferrassi.  Attendo qualche secondo in cui riesco a sentire Meg pronunciare qualche parola con il moro e lo stesso Leah, probabilmente con qualcuno degli altri ragazzi del gruppo e allungo la mia mano destra per afferrare quella del riccio e stringerla in una presa salda. Un brivido mi attraversa la schiena. “June” pronuncio il mio nome con voce calma, come se non volessi farlo sentire ma lui ovviamente ha sentito perfettamente.
 
Guardo un attimo Mark negli occhi e subito penso a quanto gli occhi di Harry siano molto più belli di quelli marroni di Mark. Passo la fila di banchi dove sta seduto quest’ultimo posizionandomi in penultima fila. Mark si gira lo stesso e mi rivolge un secondo sorriso.
“Sei nuova di quest’anno?” mi chiede, con tono gentile.

“Sì” cerco di rispondere con il suo stesso tono “e tu?” Mark fa in tempo appena ad aprire la bocca per rispondere che la porta si spalanca e un riccio avanza cominciando a guardarsi intorno.

Quando mi nota e nota Mark che si stava per rivolgere a me scuote le spalle e avanza verso di me, sedendosi nel banco accanto al mio senza neanche chiedermi se è libero, esattamente come poche ore prima. Odio quando la gente si comporta in questo modo, quando crede di poter decidere per tutti.

Gli rivolgo un sorriso palesemente falso e, afferrando la borsa mi alzo e cammino fino a trovarmi accanto a Mark, chiedendo “posso?” e indicando il banco accanto al suo, quando lui annuisce confuso io poso la borsa e mi siedo, dando le spalle a Harry.

“Da quanto tempo hai detto di essere qua?” gli chiedo, una volta seduta, ignorando la gente che comincia ad entrare in classe e a prendere posto.


Passo tutta l’ora ad ascoltare l’insegnante, la professoressa Rose che ci ha gentilmente chiesto di chiamarla per nome. Ella, dopo essersi presentata ha cominciato ha girare tra i banchi per vedere e nostre macchine fotografiche. La mia nikon mi rende fiera. L’ho ricevuta un paio di anni fa e la custodisco gelosamente.
Sento gli occhi di Harry costantemente posati sulla mia schiena ma cerco di non pensarci e di concentrarmi sulla lezione o su qualsiasi cosa mi passi per la testa. Mi da fastidio essere così fredda con le persone ma non ho alternativa. Non comprendo Harry, il suo carattere o il suo modo di fare e se non capisco una persona, colei non deve capire me. Mi sento scoperta con lui, vulnerabile. Devo cercare di indossare la mia migliore corazza per evitare di perdermi nei suo occhi, ancora.

Al suono della campanella mormoro un ‘ciao’ a Mark e dopo aver riempito la mia borsa – il più in fretta possibile – esco e mi dirigo verso il campetto dal calcio, dove spero che Meg mi stia già aspettando. Tiro fuori il cellulare e compongo un numero che ormai conosco già a memoria.

“Allora” comincia Francesca, rispondendo “i biglietti sono prenotati, arrivo lì fra tre giorni” l’affermazione è seguita da un urlo, o meglio due.

“Aspetto solo questo” le rivelo e comincio a raccontarle della scuola, delle compagne e di tutte quelle cose che il tempo e la distanza non mi hanno permesso di dirle, tralasciando un dettaglio per me fin troppo poco importante, nonostante la bellezza degli occhi verdi di quel dettaglio.

Mi manca Francesca, penso, una volta chiusa la telefonata. Meg e Leah non sono nulla in confronto alla mia Fra. Mi mancano i suoi modi di dire e i suoi modi di fare, il suo modo di raggiungermi prima di una verifica e di improvvisare un cerchio di preghiera, cosa che mi ha sempre fatto ridere. Mi manca la sua timidezza prima di conoscere qualcuno e mi manca vedere come questa sensazione le passa una volta conosciuta la persona. Mi manca e basta, come si può sentire la mancanza di una sorella. La vedrò tra tre giorni, questo è l’importante.

Il sole ormai domina il cielo e non si sente per niente l’arrivo dell’autunno.
Meg mi aspetta vicino alla recinzione del campo da calcio, mentre continua a lanciare sguardi a quel ragazzo di qualche sera fa, che riconosco per la sua pelle ambrata e la sua particolare bellezza. E’ seduto su una delle panchine rivolte al campetto dove ci saremmo allenate fra poco. Quando la raggiungo mi sorride e insieme ci incamminiamo verso lo spogliatoio. Non mi volto ed entro spedita nello spogliatoio ridendo con la mia amica. Non mi volto e non so che se l’avessi fatto avrei incrociato un paio di occhi verdi, ignari della mia presenza ma sempre pronti a scrutarmi, pronti a seguirmi per la prossima ora.

HOLA!
Waaaaa, bel finale eh? Harry si siede casualmente sulla panchina davanti al campo dove June si sta per allenare ma ignaro di quest'ultima cosa. Cosa succederà prossimamente? ZAN ZAN ZAN
Per il resto, fra tre giorni arriva Francesca e bummm, una marea di novità anche già dal prossimo capitolo che vi dirò subito, sarà molto lungo ma anche bello.
Grazie delle recensioni allo scorso capitolo, anche se, se devo essere sincera sono rimasta leggermente delusa dal piccolissimo numero di esse, cioè, speravo vi piacesse come storia :c
Quindi vi prego in arabo, lasciatemi anche una piccolissima recensione, solo per farmi felice, sono quelle che mi ispirano e mi fanno forse, aggiornare più in fretta, facendomi venir voglia di scrivere hahahahah
per il resto le visite sono comunque altissime e di questo vi ringrazio di Cuore.

keep readiiin'

XOXOXO


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Capitolo 7
*** Bitch. ***


June's pov.

Mi guardo in giro un secondo per poi notare che io e Meg siamo le prime arrivate nello spogliatoio. Cominciamo a cambiarci tra le quattro pareti di quella stanza relativamente piccola, le pareti fatte da piastrelle rosse scuro e bianche, qualche panchina attaccata ai muri e al centro della stanza. All’iscrizione per far parte della squadra di calcio ci hanno subito dato un paio di divise ciascuno, consistenti in un paio di pantaloncini corti e una maglietta a maniche corte, blu e bianca. Mi vesto in fretta e lascio i capelli lunghi scivolare sulla schiena e quasi sfiorarmi i fianchi.
Alcune ragazze cominciano ad entrare e a prepararsi e una in particolare attira la mia attenzione.
E’ alta e magra e soprattutto estremamente bella, i capelli neri le ricadono lunghi e perfettamente lisci sulla schiena. Entra chiacchierando con una ragazza poco più bassa di lei e quasi della mia altezza, la sua voce chiara e potente risuona dentro la stanza come se volesse sovrastare tutte le altre.
Si guarda in giro con aria di sfida e poi, dopo essersi appoggiata su una panca, comincia a cambiarsi, ma solo dopo avermi lanciato uno sguardo di puro disprezzo. Stronza.
Esco insieme a Meg prima delle altre e cominciamo a passarci una palla trovata in mezzo al campo e a ridere come due idiote.

“Voglio dire” continua lei “l’hai vista quella? Sinceramente non credo che in quello spogliatoio così piccolo ci possano stare sia lei che il suo gigantesco ego” mi lancia uno sguardo eloquente che mi fa scoppiare a ridere.

“Sì, sfortunatamente l’ho vista e anche lei a quanto pare ha visto me” le rispondo, facendole la copia esatta dello sguardo che mi ha rivolto poco prima la mora.

Improvvisamente scoppiamo tutte e due a ridere e vedo Meg fissare un punto indefinito oltre la mia spalla per poi cominciare a sorridere e sbracciarsi verso quel punto.
Mi volto di scatto per poi notare un gruppo di ragazzi seduti su una delle panchine rivolte verso al campetto. Gli occhi di Harry incrociano i miei e, notando dall’espressione che assume, capisco che non si aspettava di vedermi. Insieme a lui ci sono il ragazzo che ci prova costantemente con Meg e che in questo momento è colui che lei sta salutando, poi un ragazzo biondo dalla faccia angelica che si guarda intorno e altri due ragazzi, uno biondo scuro e l’altro castano che parlano animatamente fra di loro.
Harry tenta un sorriso incerto e appena lo noto mi volto nuovamente dandogli le spalle, ancora arrabbiata per la sua sfacciataggine durante Fotografia.

La coach entra in campo a passo deciso, dirigendosi verso di noi, ormai raggiunte dalle altre compagne.
La osservo qualche secondo: Una donna sui quaranta, corpulenta e con la faccia neutra dalla quale non traspare nessuna emozione. Ha i capelli legati in un’alta coda di cavallo e una tuta azzurra orrenda.

“Forza, in cerchio” ci dice subito, agitando le mani verso di noi e mimando un cerchio.

“Anche lei, signorina Layns” aggiunge dopo urlando esattamente verso il punto dove prima ero rivolta. Mi volto di nuovo e noto la mora di prima parlare con i ragazzi, arricciandosi una ciocca di capelli intorno ad un dito e sorridendo, tentando in tutti i modi di diventare il loro unico centro d’attenzione. Non appena sente il suo nome sbuffa e si allontana, avvicinandosi a noi e rivolgendomi nuovamente uno sguardo disgustato al quale rispondo al volo.

“Devo constatare le vostre capacità” continua la coach, guardandoci una ad una “quindi andate là” e parlando indica una panchina dove sono posati degli scatoloni “e prendete delle pettorine. Voi” indica me, Meg e altre quattro ragazze “prendete quelle rosse, voi altre quelle verdi” e dopo aver fischiato dà inizio alla partita.


E’ normale sentirsi osservati durante una partita, no? Ma io non mi sento osservata, mi sento perforata da quegli occhi. Sbuffo, scuoto la testa e faccio qualche passo verso il posto indicato dalla coach, senza però guardare dove cammino, finché non mi scontro con qualcuno.

“Guarda un po’ dove cammina, cretina” mi guarda scocciata la Layns, che da quello che ho capito dal mormorio delle altre ragazze, si chiama Emily. Si aggiusta i capelli e fa un passetto indietro per evitare qualsiasi altro tipo di contatto con me come se fossi pericolosa.

“Hai ragione, non vorrei inciampare di nuovo in qualche vipera” la guardo con aria di sfida per poi fare un passo e superarla, lasciandola dietro di me.

Comincio a correre accanto a Meg quando noto Emily farsi avanti. La sua pettorina verde è inconfondibile in mezzo al nostro gruppo di rosse. Ruba la palla ad una mia amica e in un secondo fa slalom tra tutte noi per poi giungere dinnanzi alla rete e segnare. La sua squadra comincia ad esultare subito capisco la sua bravura. Si gira un attimo e, incrociando il mio sguardo mi rivolge un sorrisetto beffardo.
Okay qualcuno mi spieghi che diamine le ho fatto. Non appena la palla viene rimessa in campo lei riprende a correre e subito se ne impossessa. Corro anche io, spinta da un sentimento strano, un misto tra rabbia e orgoglio. Corro verso di lei e senza esitare mi butto, mi butto e riesco a sfilare la palla dalla sua presa. Corro, corro come se tutto dipendesse dal fare entrare quella stupida palla in quella stupida rete.
Corro, corro e corro. Verso l’altra rete, quella dalla parte opposta del campo, sentendo tutti gli sguardi puntati su di me, uno in particolare. Sento le urla di Emily ma non mi importa, tutto quello che mi importa e di cancellare il suo sorriso dalla faccia. Il portiere degli avversari, una ragazza bionda abbastanza muscolosa mi guarda con un’aria di sfida ma non mi importa, in quel momento, non mi importa.
Quando vedo la palla accarezzare la rete a velocità supersonica mi accorgo di aver fatto goal. Mi fermo di colpo e sento le braccia di Meg circondarmi i fianchi per poi cominciare ad urlare come le altre ragazze della mia squadra. Mi giro leggermente e rivolgo a Emily lo stesso sorriso che mi aveva gentilmente rivolto lei poco prima.
 
Continuiamo l’ora e mezza successiva a fare degli esercizi e per tutto il tempo la mia mente è altrove.
Emily passa tutti i minuti di pausa accanto a Harry, parlottandoci fittamente e ridendo come un’oca mentre io ignoro il gruppo e rido con Meg seduta sull’erba.
Alle quattro e mezza stiamo facendo una passeggiata e il sole ormai sta compiendo la sua via verso la notte. Sopra la gonna dell’uniforme, anch’essa blu e bianca a quadri ho messo la felpa blu con sopra le iniziali dell’istituto: “PHS” scritte a grosse lettere bianche. Quando ero andata a prendere le uniformi la sfortuna voleva che le uniche taglie ancora disponibili fossero la XS e la XL e visto che la prima di queste poteva stare solo a ragazze anoressiche o bambine troppo cresciute, ora giro con una felpa che mi arriva leggermente sopra le ginocchia. Ma almeno tiene caldo.

Una volta sdraiate sul prato di uno dei giardinetti della scuola, io e Meg cominciamo a parlare a bassa voce, una accanto all’altra, con il viso rivolto al cielo azzurro.

“Zayn è così carino” continua il suo monologo sul ragazzo di cui mi aveva parlato durante tutti gli allenamenti “cioè, mi saluta sempre e ogni tanto parliamo anche”

“Wow” commento sarcastica “siete proprio una vera coppia” la bionda si volta un secondo verso di me per lanciarmi uno sguardo assassino e ritornare a guardare il cielo.

“Prima o poi mi chiederà di uscire vedrai” continua dopo avermi dato una leggera spinta e dopo essere scoppiata a ridere “e tu e..?” mi domanda, lasciando la frase in sospeso perché io la completassi.

“Non mi interessa il riccio, va bene?” questa volta sono io a guardarla male “è simpatico ma sembra anche davvero presuntuoso e la gente così non mi piace” continuo, per poi tornare a guardare il cielo e chiudere gli occhi.


Sento un’improvvisa pace nel restare lì, sull’erba morbida, dopo aver finito l’allenamento. Passiamo i cinque minuti successivi in silenzio, l’una accanto all’altra.

“Stasera cosa facciamo, comunque?” le domando dopo un po’, quando l’idea di restare in camera a vedere un film mi passa fulminea in testa.

“Non lo so” risponde una voce , che proviene esattamente dal posto in cui era Meg cinque minuti prima, anche se la voce non appartiene a lei, ma a un ragazzo, Harry.
“dimmi tu, cosa ti va di fare?” aggiunge.

Alzo lo sguardo, sicura di essere arrossita per poi notare Meg allontanarsi accanto a Zayn. Si volta un secondo e quando nota che la sto guardando mi fa l’occhiolino e si gira di nuovo verso il moro.
Guardo ancora un secondo Harry e quando incrocio i suoi occhi verdi sento un vago impulso di tirargli un cazzotto in pieno viso.






HOLA!
zan zan zan zaaaan.
Non spoilero niente, ma vi dico già che aggiorno prestissimo perchè so già come continuerà la storia, lalalalalala.
Coooomunque, volevo dirvi delle cosette:
1. non so come preferite la lunghezza dei capitoli, quindi ho fatto questo che per me è corto e mi aspetto che voi, perfavore, mi scriviate nelle recensioni se per voi questo capitolo è LUNGO, CORTO o MEDIO e se lo vorreste più lungo o corto.
2. ringrazio ancora di cuore coloro che hanno lasciato una recensione al capitolo precedente, in tutto adesso siamo a 38 recensioni e spero di arrivare almeno a 45 (cioè 7 al nuovo capitolo) prima di aggiornare.
3.scrivetemi le vostre preferenze, critiche o coppie che preferite, quindi recensite. Sono le recensioni che mi fanno venir voglia di continuare ad aggiornare. :3

Grazie davvero, per le visualizzazioni, le persone che la seguono/preferiscono, le recensioni, Grazie.




XOXO.

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Capitolo 8
*** Just friends? ***


 Harry's pov.
Probabilmente non si aspetta la mia presenza e subito vedo il suo viso assumere un’espressione prima stupefatta e poi livida di rabbia. Subito si mette a sedere e la seguo, senza lasciare un attimo i suoi occhi. La vedo aprire leggermente la bocca rosea pronta a ribattere e vedo le sue guancie assumere un colore più vivace. Improvvisamente delle parole escono una dietro l’altra dalla sua bocca.

“Senti” comincia “Io penso che resterò in camera a leggere un libro e se vuoi ho un consiglio su dove tu possa andare” mi sorride, soddisfatta della sua risposta che mi fa scoppiare a ridere.

“Dai” la guardo supplichevole “Non voglio sposarti, né voglio continuare a rincorrerti e beccarmi continue porte in faccia, l’unica cosa che voglio è essere amici. Amici, ok?” continuo a fissarla “Almeno prova” .

Mi squadra qualche secondo e io, compiaciuto del fatto che ci stia pensando su, le allungo una mano. La vedo concentrata qualche secondo sul da farsi, magari ripensando anche ai giorni precedenti e ai nostri incontri. Sbuffando afferra la mia mano, stringendola saldamente e facendo comparire un sorriso sul mio volto.

“Andata” dice “Ma per stasera ho già programmi” e così dicendo si alza, per poi incamminarsi verso il dormitorio. Dopo aver fatto qualche passo, si gira nuovamente verso di me, che sono rimasto, un po’ sorpreso, nella stessa posizione di prima.

“Oh” aggiunge “arrivederci, Styles” e così dicendo mi lascia lì, seduto sul prato a contemplare la sua immagine che imperterrita si allontana.


Mi fermo qualche secondo in più lì ad osservarla mentre se ne va. Non è assolutamente il mio tipo: è scontrosa e, nonostante abbia uno spiccato senso dell’umorismo – e nel pensarlo un leggero sorriso spunta sulla mia faccia – non riuscirei mai ad uscire con una ragazza del genere. Ma non è come le altre. Non è come Emily o le sue amiche di cui costantemente quest’ultima mi parla e non è come quella sua amica, Meg, di cui Zayn è tanto perso. Non è come tutte quelle ragazze, né è timida o introversa. Non la capisco, e io voglio, desidero capirla, conoscerla, saper descriverla. Potrei mettermi una sera sulla mia scrivania, in camera e cominciare a scrivere un tema su Emily: potrei scommettere che le caratteristiche descritte in questo tema sarebbero state identiche a quelle del 90% delle regazze della Princey. Ma potrei mettere la mano sul fuoco che non sarebbero identiche a quelle di June Darley
 
*il giorno dopo*

Francesca’s pov
L’aeroporto è colmo di persone e io sto seduta su una panchina vicino all’entrata del mio imbarco, sfogliando una rivista comprata poco fa per intrattenermi, ma non riesco a concentrarmi nella lettura di nulla. Sarà stata una buona idea partire due giorni prima per fare una sorpresa a June? Penso, mentre la voce metallica che fuoriesce dagli altoparlanti mi annuncia che l’aereo sta per essere imbarcato. Mi alzo di malavoglia dalla panchina e sento quella voglia assurda di riabbracciare la mia migliore amica, dopotutto prima ci incontravamo in un modo o nell’altro, tutti i giorni, mentre ora mi sembra un’eternità che non la vedo. Mi metto a posto una stringa della mia scarpa destra: indosso un paio di vans grigie, le solite, che June aveva notato mentre eravamo su un tram a Milano, un sabato di qualche settimana prima, mentre entrambe eravamo dirette a fare shopping.  Afferro saldamente il manico del trolley e trascinandolo dietro di me, porgo il passaporto e il biglietto alla hostess per poi salire sull’aereo, percossa da un brivido di eccitazione.
 

June’s pov.
“Odio svegliarmi preeeeesto” annuncio appoggiandomi stanca all’armadietto di Leah, che mi sorride amorevolmente.

“Anche io, ma ci tocca” mi risponde per poi scoppiare in un lunghissimo sbadiglio.

“Dai, vieni con me” le chiedo, triste poiché nell’ora dopo avrei avuto fisica avanzata e in quell’ora né Leah né Meg erano con me.

“Tu sei matta!” mi risponde sbigottita “Io venire a fare una materia come fisica, per lo più di grado avanzato” scuote la testa “non ci pensare neanche”.

Non so come mai ma le materie scientifiche sono il mio forte. Biologia, chimica, fisica o matematica: le adoro e i miei voti sfiorano la perfezione.
Sbuffo e le rivolgo un cenno con la testa, per poi dirigermi verso la classe di Fisica, pensando a un modo per scappare da quella scuola, da quella città e tornare finalmente a casa mia. Mi accorgo della porta chiusa e, guardando veloce l’orologio capisco di essere in ritardo. Busso alla porta e quando sento un tono scocciato proclamare “Avanti!” entro e, chiedendo scusa, mi siedo velocemente all’unico banco libero, accanto ad un ragazzo che mi pare di aver già visto, ma che non riconosco.
La lezione inizia e, dopo l’appello, il professore comincia a spiegare con un tono lento e noioso, accompagnando la spiegazione a degli schemi riassuntivi alla lavagna che copio su un quaderno per appunti.

“Hey, non è che avresti una matita in più?” la voce del ragazzo accanto a me irrompe nei miei pensieri, mi volto e incrocio i suoi occhi color nocciola scuro che mi guardano, mentre si porta una mano alla nuca grattandosela e passandola poi tra i capelli corti.

“Sì” rispondo prendendo l’astuccio e cominciando a rovistarci dentro. “Ecco” aggiungo, una volta presa una lunga matita grigia.

“Grazie mille” afferra la matita e mi sorride riconoscente “Io,comunque, sono Liam” mi dice, prima di cominciare a ricopiare gli schemi dal mio quaderno.

“June” mi presento io, esitante.

“Ancora mi chiedo perché mai mi sono iscritto a questo corso, non capisco mai un tubo” mi rivela sorridendo leggermente.

Gli sorrido “Io invece sono piuttosto brava, anche se questa lezione è davvero una noia mortale” mi volto a guardarlo e lui annuisce rivelandomi che la pensa allo stesso modo.

“Io spero di sopravvivere a quest’anno con bei voti” ride lui di rimando.

“Anche io” confesso sbuffando “soprattutto perché prima passeranno questi anni, meglio è”

Si volta a guardarmi sorpreso “Anni?” mi dice incredulo “pensavo fossi all’ultimo”

“No, veramente no” gli dico prima di essere interrotta dal suono stridulo della campanella.

Afferro velocemente le mie cose e dopo avergli rivolto un cenno con la mano esco dalla porta camminando abbastanza in fretta, diretta verso l’aula di matematica.
 
La notte prima non riuscivo a dormire, quindi ora mi sento una stanchezza assurda addosso. Vorrei poter tornare a letto e saltare tutte le lezioni successive, ma mi sarei beccata una sgridata colossale quindi procedo per diversi corridoi verso l’aula di matematica, cercando di autoconvincermi di fare la cosa giusta. Mentre procedo, sento una voce alla mia destra urlare “Hey June!” così mi volto di scatto e mi ritrovo un ragazzo biondo dagli occhi marroni e dal viso familiare. Dev’essere quello del corso di fotografia, Mike o Michael o qualcosa del genere.

“Hey” rispondo svoggiando un debole sorriso. Mark, ecco, si chiama “Mark” mi affretto ad aggiungere subito dopo.

“Senti” mi dice lui avvicinandosi pericolosamente “ti andrebbe di-“  prima di lasciarlo continuare, sapendo ciò che avrebbe detto lo precedo sputando fuori un fiume di parole.

“Hey, qualsiasi cosa me lo dici dopo,okay?” gli dico prima di ricominciare a camminare più velocemente “Sono davvero in ritardo, mi dispiace!” e così dicendo lo lascio spiazzato in fondo all’ennesimo corridoio.

Arrivata davanti all’aula sono completamente trafelata, per beccarmi davanti una ragazza che con fare annoiato mi dice “vai a farti un giro, manca l’insegnante, ora buca” Oh, che dolci parole.

Mi volto sui miei stivaletti neri e con passo lento mi dirigo verso il cortile per prendere una boccata d’aria e riposarmi un po’. Noto una testa riccia spuntare da dietro una panchina sotto una quercia e mi dirigo lì, sedendomi accanto a Harry e continuando a guardare fisso davanti a me.
Riesco a percepire il suo sorriso, una volta che mi ha notata.

“Ora buca?” mi domanda, mettendo l’indice tra le pagine del libro che stava leggendo, per tenerne il segno.

“mm” annuisco, sapendo che mi sta guardando e subito dopo chiudo gli occhi per poi appoggiare la testa dietro sulla spalliera della panchina e rilassarmi un attimo senza mai incrociare il suo sguardo.

“anche io, manca quella di letteratura” mi dice, tornando svogliatamente al libro. Annuisco sovrappensiero, per poi essere interrotta nuovamente dalla sua voce.

“Stasera vieni con me in città?”

Finalmente apro gli occhi e vado a sbattere violentemente contro il verde dei suoi.


HOLA!
Ok lo so, sono davvero in ritardo con l'aggiornamento del nuovo capitolo, scusateee, ma ora che sono cominciate le vacanze *balletto della felicità* aggiornerò prima! *stappa lo champagne*

comunque, spero vi sia piaciuto.
Cosa farà June? Acconsentirà o dirà l'ennesima volta di no? ZAN ZAN ZAN.
AHAHAHA amo lasciarvi con il fiato sospeso.

Vorrei ringraziare le persone che continuano a recensire, nonostante io non abbia ricevuto 7 recensioni come avevo chiesto ma solamente 4. *delusione mode on*
spero che questa ff non faccia così schifo che nessuno la fila :c
comunque ringrazio @closertoniall, @LauMascotte, @ineedyourauhl e @_javaddshugs per quelle quattro recensioni.
Vi prego di recensire, ogni volta che leggete, ci tengo tanto e vedere che ha così poco successo, beh è demotivante lol.


xoxo.

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Capitolo 9
*** Eleven minutes late. ***


VIII - eleven minutes late


You’re eyes whispered ‘have we met?’
Crossed the room, your sillohuette
Starts to make its way to me
The playful conversation starts
Counter all your quick remarks
Like passing notes in secrecy
And it was enchanting to meet you
All I can say was I was enchanted to meet you



(Enchanted - Taylor swift)

June’s Pov.
Canto a bassa voce una canzone che mi è passata per la testa, mentre batto il piede per terra tenendo il ritmo. Sono le nove e dieci minuti e l’appuntamento in atrio con Harry era alle nove. Odio aspettare, sono sempre stata una ragazza impaziente che inoltre arriva sempre in anticipo agli appuntamenti e quando questi appuntamenti li ho con ritardatari, non solo aspetto il tempo in più perché sono in anticipo, ma anche quello di chi mi fa aspettare. Sbuffo e premo il tasto centrale del telefono per controllare l’ennesima volta l’ora. 21:11.

Improvvisamente sento dei passi veloci provenienti dalla scalinata dei dormitori maschili e mi volto in tempo per vedere un Harry ansimante che percorre veloce gli scalini verso di me.

“Wow” gli dico, una volta che si è fermato di fronte a me e che si è piegato con entrambi le mani sulla pancia per riprendere fiato “undici minuti in ritardo”.

“Mi.. dispiace” dice lui, tra un respiro e l’altro guardandomi negli occhi.

Vedo poi il suo sguardo abbassarsi e notare il mio vestito bianco che mi raggiunge le ginocchia e che mettere in risalto la leggera abbronzatura estiva.

“Sei davvero bella” mi dice, subito dopo. Non mi aspetto quell’affermazione, quindi mi volto verso l’entrata dandogli le spalle e lì, sorrido. Sorrido per quel complimento, chiudo gli occhi e  non mi spiego neanche perché ma sorrido.

“Dovremmo andare, no?” mi volto un secondo solo per riuscire a trovare di sfuggita un sorriso anche sul suo viso.

“Sì” mi risponde, raggiungendomi mentre attraverso il portone d’entrata e camminiamo fianco a fianco verso il cancello principale della scuola.

“Ti va se andiamo a piedi, anziché in autobus? Non dista tanto e c’è ancora luce” mi dice lui, rivolgendomi uno sguardo speranzoso.

“Certo” annuisco, guardando di sfuggita il cielo ancora chiaro e il sole che ormai si nasconde dietro gli alberi all’orizzonte.

Camminiamo l’uno accanto all’altra e ad un certo punto sento l’impulso di stringergli la mano, ma appena ci penso un secondo  mi metto le mani in tasca e caccio il pensiero.

“Si sta veramente bene in questi giorni, il tempo non fa schifo come al solito” constata Harry, voltandosi poi a guardarmi.

“Già, non potrei sopportare pioggia tutti i giorni” dico di rimando, pensando al sole estivo che in Italia ormai è fisso.

Il viale alberato di fronte a noi conduce dritto alla città, non ci vuole molto, circa dieci minuti.

“Quando viene quella tua amica?” mi chiede subito dopo.

Lo guardo stupita qualche secondo. “Come fai a ricordartelo?” gli chiedo.

“Ho una buona memoria per le persone che mi interessano” dice con nonchalance per poi bloccarsi un attimo e pensare a quello che aveva appena rivelato.

Sento le guancie andarmi in fiamme e subito rispondo alla sua domanda. “fra tre giorni, comunque”

“oh” dice il riccio per poi guardarmi di nuovo “hai fratelli o sorelle?” e lì comincio a raccontargli di Matteo, di Kaila e dei miei genitori. E lui di Gemma e della sua vita a Holmes Chapel prima della Princey. Ridiamo e scherziamo per tutto il tragitto dalla scuola al centro città, con un leggero velo di nostalgia verso le nostre vecchie vite, lui più abituato alla distanza di me mi aiuta a dimenticare, a sconfiggere l’ennesima volta la tristezza.
Ci fermiamo in una piazzetta e ci sediamo su una panchina verniciata di verde, ammirando le villette a schiera intorno e i bambini che giocano al parco giochi, rincorrendosi. Stiamo in silenzio un attimo, guardandoci in giro.
Ad un certo punto noto un bambino dai ricci fitti e castani correre da una parte all’altra del parco giochi ridendo come un matto.

“Hey” richiamo l’attenzione di Harry dandogli una leggera spinta sul braccio “quel bambino ti somiglia” gli dico indicandogli il piccoletto.

“Naah” mi risponde lui guardandolo. “Quella” mi indica una bambina dai lunghi capelli castani, piuttosto carina che dondola sull’altalena “somiglia a te”.

“Ma va” gli dico, completamente in disaccordo con lui. Ad un certo punto la piccolina scende dall’altalena e viene raggiunta dal bambino che ho indicato a Harry che la prende per mano.
Improvvisamente sia io che Harry scoppiamo a ridere e ci guardiamo, ridendo a crepapelle senza motivo. “Li abbiamo scelti bene” dice lui,tra una risata e l’altra.

Ad un certo punto, una volta smesso di ridere, ci alziamo e  cominciamo a fare una passeggiata tra le viette della città, strette e leggermente pendenti, sempre l’uno accanto all’altra.

“Hai qualche ragazzo, in Italia?” se ne esce lui, improvvisamente.
Qualcuno mi spieghi cosa c’entra questo ora, penso, il fatto che sono sola come un paguro e che no, non ho un ragazzo.

Arrossisco leggermente e schiarisco la voce prima di proclamare “no” e posso giurare in quel momento di aver visto un sorriso sghembo passare veloce sulle labbra di Harry, per poi fuggire. “e tu?” gli domando.

“No” dice anche lui e in quel momento mi sento più leggera, anche se non ne capisco il motivo, non mi piace Harry. E’ bello, sì, ma non è il mio tipo di ragazzo. Non il più bello della scuola, pieno di sé che tenta in tutti i modi di rimorchiare una ragazza, no. Mi sta solo simpatico ed è anche gentile e siamo amici. Soltanto amici.

“Non ho per niente voglia di andare a scuola domani” annuncio, mentre ci incamminiamo per ritornare verso la Princey.

“Nemmeno io” mi dice Harry, “anzi” aggiunge “io non ho mai voglia di andare”

Mi lascio scappare una risata e improvvisamente sento la sua mano avvolgere la mia e subito guardo le nostre mani intrecciate e mi sento al settimo cielo. Faccio finta di nulla e cambio argomento. “Che sport fai, a scuola?” gli chiedo.

“Calcio e pallanuoto” mi risponde e poi sorride “e ammetto di essere bravo quanto te a calcio” e subito mi fa ricordare di ieri, quando me lo sono ritrovata agli allenamenti.

“Ah sì?” lo guardo con un’aria di sfida. “vedremo” annuncio.

Continuiamo a chiacchierare per tutto il tragitto, la mia mano sempre intrecciata alla sua, calda e rassicurante. Una volta arrivati davanti alla portone, mi volto a guardare Harry.

“Grazie per la passeggiata” gli dico e, regalandogli un ultimo sorriso spingo il portone, per poi notare due persone in atrio che chiacchierano ridendo e noto solo ora che una delle due è Francesca. Il mio cuore perde un battito.
 
Fra’s pov.

Giungo in atrio che ormai saranno le dieci passate, stanca morta per il viaggio in aereo e, successivamente in Taxi. La scuola mi riserva per qualche giorno una stanza in un hotel nella città a dieci minuti dalla scuola e ne sono grata. Scorgo vicino all’entrata una ragazza bionda che chiacchiera amabilmente con un ragazzo e li interrompo un secondo chiedendo di June.

“Oh tu devi essere Francesca!” mi dice la bionda, in un perfetto accento americano.

“Ehm.. sì” le dico, stupita del fatto che mi conosca.

“Sono Meg!” mi dice una volta notato il mio sguardo confuso “La sua compagna di stanza” a quel punto ricordo del fatto che June mi aveva parlato di lei e Leah e le sorrido.

“Comunque è uscita” mi dice e il sorriso sul mio volto scompare “ma dovrebbe essere qua a momenti” aggiunge.

“Oh, grazie comunque, l’aspetto qua” le dico, andando a sedermi su una delle poltrone in atrio.

L’altra è occupata da un ragazzo biondo, chino su un libro. Appena alza la testa rimango un secondo senza fiato, è stupendo. Gli occhi azzurri sono come due lampade luminose e sono meravigliosi. Mi sorride e sento subito le farfalle invadermi lo stomaco.
“Posso?” gli chiedo, indicando la poltrona accanto a lui.

“Certo, siediti pure” mi risponde continuando a sorridere. Se questi sono i ragazzi che popolano questa scuola, mollo l’Italia e vengo anche io, penso.

Vorrei dire qualcosa, una volta seduta, ma la bellezza del ragazzo mi colpisce.

“Hai un accento buffo” gli dico, facendo fuori uscire dalla bocca le prime parole a caso che mi passano per la testa, maledicendomi subito dopo.

Il biondo alza di scatto la testa dal libro per poi scoppiare a ridere e mostrandomi una risata dolce dal suono cristallino. Ok,penso, nuova figura di merda da aggiungere alla lista, vai così Fra!

“Anche tu!” mi risponde, continuando a ridere, una risata che mi contagia subito dopo. Mi porge la mano e, sempre sorridendo mi dice “io sono Niall e il mio accento è questo perché sono irlandese”

“Francesca” non aspetto neanche un secondo per intrecciare la mia mano con la sua. “sono italiana” gli sorrido di rimando “sono venuta a fare visita ad una mia amica che viene a scuola qua, ma è uscita e non si aspetta il mio arrivo”

“Io invece aspetto un mio amico, che è uscito anche lui, ma che è costantemente in ritardo” mi dice continuando a sorridere. Le farfalle nel mio stomaco si moltiplicano e tutto quello che ho voglia di fare in questo momento è restare con Niall.

“Non conosco nessuno qua” sbuffo,appoggiando la schiena allo schienale alto della poltrona.

“Beh” mi risponde lui “conosci la tua amica e conosci me, sono già due persone”

Lo guardo un attimo e penso di essermi presa una cotta assoluta quando i suoi occhi azzurri si fiondano nei miei castani. Sto per rispondere quando sento una voce urlare il mio nome. Volto la testa per vedere June correre a tutta velocità verso di me. Sorrido. Quanto mi è mancata.




HOLA!
Ok, ditemi se Francesca e Niall non sono la D O L C E Z Z A.
Coooomunque, sì, ho aggiornato ben 24 ore dopo, che record! Solo che ero troppo ispirata quindi..
Grazie comunque delle tre recensioni, siete dei tesori. Grazie di cuore c:
beh, che dirvi, June si tiene sempre molto distante da Harry, preoccupata di qualsiasi relazione con quest'ultimo che, le ha promesso solo amicizia. che succederà? zan zan zan.

Aggiornerò prestissimo.

e comunque, recensite, vi chiedo solo questo.

xoxo.

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Capitolo 10
*** you should stop pretending not to understand. (PARTE PRIMA) ***


IX (parte prima).  "you should stop pretending not to understand"

Walkin the streets with you in your worn out jeans
I cant help thinking this is how it ought to be
Laughing on the park bench thinkin to myself
Hey isnt this easy?

 (You belong with me - Taylor Swift)



 

June’s Pov.
La serata passa in una velocità incredibile. Rimaniamo in atrio a parlare per quelle che mi sembrano ore. Io, Harry, Francesca e Niall. Questi ultimi due vicini, l’uno accanto all’altro. Ancora non posso credere di avere finalmente davanti la mia migliore amica: rivederla mi ricorda la mia vecchia vita e tutte quelle cose che involontariamente ho dovuto lasciarmi dietro. Quando sento una lacrima farsi strada all’angolo dell’occhio sbatto le palpebre velocemente e cerco di concentrarmi su qualcos’altro, ma con un leggero amaro dentro.

La risata di Harry mi riempie le orecchie come una dolce melodia e in questo momento ne riconosco la perfezione, una risata bella e profonda. In un soffio vedo le due lancette del grande orologio appeso in atrio segnare la mezzanotte e improvvisamente sento sulle spalle la stanchezza della giornata passata e quel velo di gioia che la mia amica mi ha portato,come un dono invisibile. Francesca con uno sbadiglio si alza dalla poltrona e comincia a salutarci tutti.

“Hey, domani lo passi con me” mi dice, con uno sguardo tra lo scherzoso e il minaccioso.

“Lo giuro” alzo le mani in segno di difesa e le mando un bacio.

Fa un passo verso il portone e subito la voce di Niall riempie l’enorme stanza. “Se vuoi ti accompagno un pezzetto” dice, grattandosi leggermente la nuca,imbarazzato e ricevendosi una leggera sberla da Harry che lo guarda divertito.
La risposta di Francesca non tarda ad arrivare. “Mi farebbe molto piacere” accompagna le parole con un leggero sorriso e insieme si avviano verso l’uscita. Proprio prima di attraversare la porta, la mora si gira verso di me e io, ridendo, le faccio l’occhiolino. Che teneri,penso.

 
A mezzanotte e un minuto ci troviamo io e Styles da soli in atrio, l’uno di fronte all’altra e tra di noi cade un silenzio imbarazzatissimo che rompo subito dopo.

“Beh, buonanotte” gli sorrido, incrociando i suoi occhi “ e grazie ancora per la passeggiata”

Mi volto e subito sento la sua mano aggrapparsi al mio polso e strattonarmi dietro, mi volto in tempo per sentire le sue labbra posarsi sulla mi guancia e lasciare un leggero bacio. Quando si stacca sento il punto in cui mi ha baciata diventare caldo e le mie guancie andare in fiamme. Alla vista del colore di esse, Harry scoppia in una leggera risata.

 

“Buonanotte Darley” annuncia, prima di salire le scale che portano al dormitorio maschile.
 

 ***

La domenica la passo quasi tutta in compagnia di Francesca e riesco a comprendere quanto mi è mancata. Mi sembra di essere tornata in Italia e alla mia vecchia vita. Le mostro la scuola, i giardini e un pezzo della città, senza lasciarla un attimo.
Per tutto il giorno non riesco a dimenticarmi del bacio che Harry mi ha posato sulla guancia, e capisco quanto io sia presa da quel riccio. Harry mi preoccupa, come l’amore del resto e quindi, ogni volta che la sua immagine mi appare in testa, cerco subito di pensare ad altro.


Il giorno dopo sono distrutta e per vari motivi piuttosto nevrastenica. Non solo è lunedì, ma il tempo comincia a diventare il classico tempo inglese e il cielo minaccia pioggia. Intrufolo la mano nell’armadietto per prendere il libro di Italiano in fondo ad esso, per poi posizionare dentro quelli delle materie precedenti. Ripongo nella borsa il libro di italiano e chiudo l’armadietto di metallo azzurro, appoggiandomi ad esso e sbadigliando, controllando l’ora un’ultima volta per assicurarmi di non essere in ritardo. Essendo stati in atrio fino a tardi, alla fine ho dormito davvero poco.

“Stai ancora dormendo?” mi sento chiedere e volto la testa in tempo per vedere un Liam sorridente che si appoggia all’armadietto accanto al mio, vestito con una camicia a quadri blu.

Scoppio a ridere. “Si nota tanto?” chiedo, sbadigliando di nuovo.

“Abbastanza” mi risponde lui, ridendo insieme a me.

Da lontano vedo Harry che parla con la ragazza degli allenamenti di calcio, Emily. Lei sorride e si arriccia intorno a un dito una ciocca di capelli corvini, cercando di essere il più attraente possibile. Harry sembra piuttosto annoiato, ma continua a sorridere alla ragazza, un sorriso finto e forzato che riesco perfettamente a distinguere dai suoi sorrisi spontanei. I suoi occhi incrociano un secondo i miei e subito dopo notano Liam accanto a me. Distolgo lo sguardo posandolo su un paio di ragazzi che chiacchierano, mentre continuo a parlare di Liam delle lezioni che avremmo avuto. Qualche secondo dopo Styles appare di fronte a noi, salutando prima Liam con un pugno amichevole e poi me, che ricambio il saluto annoiata.

“Quindi voi due vi conoscete?” domanda Harry subito dopo, con nonchalance, indicandoci.

“Sì” risponde Liam entusiasta “siamo stati vicini di banco durante Fisica e ho scoperto che lei è un genio e io un disastro” aggiunge ridendo e dandomi una leggera spinta e provocandomi una leggera risata.

“June andiamo insieme ad italiano?” mi chiede poi Harry, conficcando i suoi occhi verdi nei miei azzurri.

“Certo” rispondo salutando subito dopo Liam che, dopo aver guardato l’ora, scappa via e mi avvio accanto al riccio verso l’aula. Il suo braccio sfiora il mio.

“Mi avevi detto che non avevi una ragazza” dico subito dopo, fingendo che non mi importi nulla, ma con la voce leggermente più acuta del solito, provocando un leggero sorriso sul viso di Harry. Perché non mi importa nulla, giusto? Penso subito dopo.

“Io e Emily non stiamo insieme” mi risponde “non è il mio tipo, diciamo” aggiunge subito, dopo un attimo di riflessione, sempre con quel sorriso sghembo dipinto sul viso.

“Non avrei visto uno come te con una come lei, comunque” dico, pentendomene subito dopo e sperando di non aver fatto l’ennesima figuraccia.

“Ah, perché” sputa fuori lui, sorridendo “con chi mi vedresti?”

“Non con una stronza del genere” dico, mettendo fine al discorso, aprendo la porta verde chiaro dell’aula di lingue e sedendomi all’ultimo banco, con Harry accanto.

“Buongiorno” la voce del professore di italiano che entra in classe riempie l’atmosfera e ci fa alzare gli occhi al cielo. Quest’ultimo si siede e, dopo aver annunciato a che pagina si trova l’argomento che avrebbe spiegato,  comincia a parlare con il suo solito tono monotono.

Vedo Leah ridacchiare accanto a Louis, un amico di Harry. Lui le sorride e tiene incollati i suoi occhi azzurri nei neri di lei, le cui guancie sono leggermente rosse. Sorrido alla visione dei due ragazzi e penso a quanto sia sfigata a non avere trovato nessun ragazzo. Tutto quello che so fare è respingere la gente, perché non so fidarmi, perché ho paura. Paura di innamorarmi, di sapere che qualcuno mi conosce davvero. Mi volto leggermente verso Harry e lo sorprendo a guardarmi. In un secondo mi perdo in quel viso e realizzo quant’è bello, il ciuffo riccio gli ricade leggermente sugli occhi, verdi e puri. Un sorriso esplode sul suo viso e il cuore mi fa un salto, quando realizzo  che quel sorriso è mio, è per me.
Sorrido di rimando, alquanto imbarazzata per poi voltarmi di nuovo e seguire la lezione, una volta per tutte.


Harry’s pov.
Mi avvio annoiato verso la mensa, dando un ultimo sguardo al cielo grigio e nuvoloso. L’autunno si fa strada piano piano e mi provoca una leggera malinconia. Calcio qualche sassolino prima di spingere con un braccio la porta di entrata alla mensa e sentire già quella miriade di sguardi posarsi su di me. Un sorriso cattura il mio sguardo, come poche ore prima, ma questa volta è rivolto a qualcun altro e ciò mi da leggermente fastidio. Noto subito dopo a chi è rivolto. Mark parla animatamente con la mia June, la quale, in imbarazzo gli sorride. Subito rivolgo i miei passi ai due per poi fermarmi giusto accanto alla mora e passare un braccio intorno alla sua vita.

“Hey” le sorrido, sotto lo sguardo sbigottito di Mark Lewis, odioso capitano della squadra di basket, che non ho mai sopportato.


“Hey?” mi risponde lei alzando un sopracciglio e spostandosi un passetto lontano da me.

“Gira al largo, Lewis, ora” sputo fuori, sorridendo falsamente al ragazzo. A questo punto mi becco un’occhiataccia da June che, staccando seccata il mio braccio dalla mia vita, guarda Mark dritto negli occhi e dice, sorridendo “per sabato va benissimo. Ci vediamo in atrio alle sette giusto?” e senza aspettare la risposta di Lewis continua “giuuusto. A dopo” e così dicendo mi afferra per un braccio e mi trascina fuori dalla caffetteria.

“Va bene, Styles” mi dice, una volta soli dietro ad un gruppo di cespugli “Si può sapere che diamine di problemi hai?”

“Il mio problema è che Mark è un idiota, ecco qual è” rispondo sbuffando e guardandomi in giro, cercando di non guardarla negli occhi.

“Non pensi sia un problema mio?” sbotta lei, furiosa.

“Siamo amici, giusto? Ti sto solo mettendo in guardia” le dico, tentando di calmarla.

“Questo non è comportarsi da amico, questo è farmi fare una figuraccia colossale” grida lei, puntandomi contro un dito. “Anzi sai una cosa?” aggiunge poi “Gira al largo, Styles” sputa fuori, usando le mie stesse parole, per poi voltarsi e andare via, piuttosto arrabbiata.

“Dovresti smetterla di fingere di non capire!” le urlo dietro, per poi vederla fermarsi. Mi maledico subito dopo aver pronunciato quelle parole. Ancora non sono riuscito ad ammettere con me stesso se mi piace o no June. Dopotutto cosa ci posso trovare in una come lei? Non è una bellezza rara, non è la più intelligente o secchiona della scuola, non è altissima, non è magrissima. E’ solo davvero carina, simpatica, ha senso dell’umorismo e ha la battuta pronta. E mi attrae il suo carattere, il suo sorriso, il suo modo di comportarsi
.
Si volta subito dopo, la faccia avvolta da un’espressione confusa. “Capire cosa?”

E in un secondo i suoi occhi azzurri sono nei miei e io, proprio come in mare, mi sento affogare.





HOLA!
aaaaaaaaaaaaaaah amo finire i capitoli e lasciarvi così, con il fiato sospeso. *don't kill me*
Questa è solo la PARTE PRIMA, perchè sennò il capitolo sarebbe venuto chilometrico, il che vuol dire che pubblicherò la PARTE SECONDA fra pochissimo.
Allora, prima di tutto.. nove recensioni?  CIOE' DSLKAFJDGSLKGJDSGDSGSGJK.
Continuate così e io aggiornerò il prima possibile, mi rendete davvero felicisssssimissima.
Come pensate continuerà? Quali coppie shippate?

aggiorno davvero presto, ma vi prego: recensite, recensite,recensite.

XOXO.
 

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Capitolo 11
*** you should stop pretending not to understand. (PARTE SECONDA) ***


IX (parte seconda) - you should stop pretending not to understand.





(leggete le note a fine capitolo, grazie di cuore)



June’s pov.

Forse in cuor mio so cosa, secondo Harry, starei fingendo di non capire. Forse spero solamente di saperlo e spero anche che ciò che Harry mi sta per dire sia ciò che sotto sotto, nascondendolo a me stessa e agli altri, sia che gli piaccio. O che gli interesso. O comunque che quando mi vede sente quel brivido salire lungo la schiena, quello stesso brivido che ogni volta sento e che mai ammetto di sentire.
La risposta non tarda ad arrivare, secca e veloce.

Niente” dice, per poi fissarmi negli occhi.

“Ne sei certo?” ritento, guardandolo anch’io negli occhi, provando un’altra volta a cercare la felicità in quella terra troppo sconosciuta, lontana dalla mia vita.

“Sì” risponde, la voce leggermente tremolante, gli occhi bassi. Subito dopo sferra un calcio al vuoto.

“Fantastico” sputo fuori, sarcastica, per poi voltarmi e continuare la mia camminata verso una meta da me ancora non ben definita, barcollando leggermente e sentendo una lieve lacrima rigarmi il viso. “fantastico” ripeto a bassa voce, cosciente del fatto che ormai erano giorni interi che non piangevo più.

Francesca’s pov.

“Ho visto come lo guardavi l’altra sera, sorella, tu sei cotta” le dico, ridendo, una volta sdraiate sull’erba, alla fine degli allenamenti di nuoto di June.

“Non è vero” ribatte l’ennesima volta, giocherellando con il braccialetto dell’amicizia che ha al polso e che io ho uguale, l’una l’iniziale dell’altra.

“June Darley” alzo la voce e la guardo negli occhi.

“Okay, okay” ammette lei, alzando le braccia in segno di difesa “Ma non lo sopporto, è veramente un grandissimo-“

“Piano” la interropo, già conoscendo cosa avrebbe detto “solo perché non ti ha detto che gli piaci, non vuol dire-“

Questa volta è lei a interrompermi “Non è quello, Fra” comincia, continuando a torturare il filo argento che le adorna il polso “è solamente che è presuntuoso e ogni volta che parlo con qualche ragazzo deve venire e farmi fare una figuraccia e a volte è anche fastidioso” sospira subito dopo e io dentro di me so che c’è una continuazione a quella frase e aiutandola, le suggerisco “Ma..”

“Ma è veramente carino ed estremamente dolce e con lui è difficile tenermi tutto dentro” sputa fuori lei, leggermente in collera ma rilassata per aver finalmente ammesso quello che, sono sicura, si teneva dentro da un po’.

“E’ una cotta, una stupida, inutile cotta, ok?” aggiunge subito dopo. “E dopo oggi pomeriggio non credo sia più neanche quella” mi dice, prima di alzarsi e pormi la mano per aiutarmi a fare lo stesso.

“Dai andiamo a cena” mi dice subito dopo e improvvisamente mi sento grata verso la scuola per lasciarmi cenare nell’ala ristorazione riservata agli studenti, così da poter stare con la mia migliore amica.

Una volta spinta la porta d’entrata un irrompere di mille voci ci accoglie. Subito vedo un biondo in fondo alla mensa sbracciarsi verso di me e farmi segno di andare a sedermi accanto a lui e subito mi sento le gambe molli. Gli faccio segno di sì e, dopo aver preso da mangiare afferro June per un braccio e la trascino verso il tavolo di Niall. Una volta notato con chi quest’ultimo condivide il tavolo, vedo la faccia di June sbiancare e la vedo lanciarmi uno sguardo assassino.

“Hey Francesca” la voce del biondo mi arriva alle orecchie come una dolce melodia e subito tutto mi sembra più bello.

Harry’s pov.
La voce squillante di Emily riusciva a distinguersi tra tutte quelle della mensa, provocandomi uno stato di noia e collera.

“Scusa Emily” la interrompo, lasciandola leggermente di stucco “ma ora devo proprio andare a sedermi, ho fame” aggiungo, muovendo un passo verso il tavolo in cui Louis e Niall parlavano animatamente. “però grazie della chiacchierata, sei proprio un’amica” rimarco su quell’ultima parola, per essere certo che la sentisse.

“Ancora non ti molla, eh, Styles?” il tono ironico di Louis mi accoglie per primo al tavolo.

“No” sospiro, esausto “cerca in tutti i modi di rimarcare il fatto che sia bella e brava a calcio e cavolate varie, mentre sono dell’opinione che dovrò attaccarle un cartellino in fronte con su scritto

Quest’ultima affermazione provoca la risata  dei miei due amici. Subito dopo sento Louis dire a Niall a bassa voce “Hey, c’è la tua innamorata” alzo lo sguardo per vedere un Niall diventare rosso e cominciare a guardarsi in giro. Io faccio lo stesso, solamente perché so che insieme alla sua innamorata sicuramente c’è June. Ma ripenso al pomeriggio passato e subito torno a guardare la mia insalata e a mangiare.
Cosa avrei dovuto dirle? “Mi piaci”? Solamente per sentirla ridermi in faccia o dirmi l’ennesima volta di lasciarla stare?
Quando sento la voce di Niall salutare Francesca,alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi.
La cena passa in fretta, Louis chiacchiera con June e le provoca qualche risata, che io ascolto e sorrido leggermente ogni volta. Niall e Francesca parlano e si scambiano continui sguardi dolci e io non posso che essere felice per il biondo, che d’altronde sembra essere al settimo cielo. Guardo un secondo Francesca e capisco che è davvero bella e intelligente e la trovo perfetta per l’irlandese.
Dopo aver finito la cena, June è la prima ad alzarsi e a salutare il resto di noi, ancora un po’ fredda verso di me.
Si avvia verso la porta della mensa e la sorpassa, uscendo nell’aria fresca. Subito saluto gli altri e mi fiondo fuori anche io senza pensarci un’attimo, sapendo cosa devo fare.

La noto seduta su una panchina a qualche metro dalla caffetteria. Quando mi nota non sembra stupita, né arrabbiata. Mi siedo accanto a lei e imitandola guardo dritto di fronte a me.
Rimaniamo così per un po’, io accanto a lei, lei accanto a me. Entrambi a guardare dritto di fronte a noi stessi, senza aprire bocca.
June si stringe nella sua felpa rossa e un leggero vento ci ricorda che l’autunno è in arrivo.

La prima ad aprire bocca è lei e parla con voce stanca, come se non ammettesse repliche. Parla come se si sentisse costretta, un po’ incerta ma anche molto decisa a sapere ciò che le avrei poi detto io.
“Capire cosa?” mi rivolge quella domanda per la seconda volta in un giorno, e so che ha capito che poche ore prima ha mentito. Mi rivolge quella domanda e quando ci voltiamo a guardarci e i suoi occhi azzurri incontrano i miei verdi, so che questa volta avrei detto la verità.




HOLA!
aaaaah, che ne dite? Il prossimo capitolo sarà una sorpresa o pensate di sapere già quello che succederà? ZAN ZAN ZAAAN.
Prima di tutto, non odiatemi per avervi lasciato in sospeso con quest'ultima frase, ma penso che faccia apprezzare ancora di più il capitolo.
Secondo, sette recensioni, grazie di cuore!
Sapete quanto siano importanti per me quindi fate in modo di recensire, per me è davvero importante sapere cosa ogni singolo lettore pensa della storia, anche se vedo che ci sono centinaia di lettori "silenziosi" grazie comunque di seguire questa ff, grazie.
Aggiornerò davvero a tempo record, anche se dovete ammettere che sono veloce eh?

XOXO.

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Capitolo 12
*** I forgot one thing. ***


X - "I forgot one thing"


    I've fallen for your eyes
But they don't know me yet

And the feeling I forget
I'm in love now

Kiss me like you wanna be loved
Wanna be loved
Wanna be loved

 

(Ed Sheeran - Kiss me)

    


Harry’s pov.
Gli occhi azzurri e cristallini della mora sono ancora incollati ai miei, mentre quest’ultima attende pazientemente una risposta alla domanda da lei poco prima posta, battendo silenziosamente il piede per terra. Il vento continua a soffiare leggero, scompigliandomi i ricci, infiltrandosi nei vestiti e facendomi rabbrividire. E mi chiedo se è davvero il vento che mi fa rabbrividire o lo sguardo glaciale di June. Prendo un grande respiro e apro finalmente bocca.

“Capire che ci tengo a te, nonostante ci conosciamo da poco, ci tengo davvero” dico, tralasciando astutamente la parte in cui ammetto il fatto che mi piace e eche ogni volta che incrocio i suoi occhi mi sento sciogliere.
Ometto quel dettaglio spaventato dal fatto che lei potrebbe non ricambiare. Non mi è mai capitato di sentirmi così in imbarazzo con una ragazza e non mi piace affatto, mi sento a disagio. La vedo sorridere e arrossire leggermente. Noto di essere ormai a pochi centimetri dalla sua faccia, estremamente vicino, i miei occhi incollati ai suoi. Mi chiedo se sia troppo presto per bruciare la distanza tra la mia bocca e la sua, così perfetta. Reprimo l’istinto di farmi avanti e non faccio in tempo a finire di pensarci che lei si alza e mi porge la mano aiutandomi ad alzarmi con lei.

“Dai” mi esorta “accompagnami ai dormitori” e quando intreccio le mie dita con le sue mi sento al settimo cielo e non lascio andare quella mano finché non siamo giunti a destinazione, beandomi della scossa di brividi che la sua presenza mi provoca.


June’s pov.   
                                                                                                        
07:00

Il suono acuto della mi sveglia rossa posata sul comodino irrompe nella stanza, svegliandomi di colpo. Allungo un braccio fuori dall’ammasso di coperte nel quale sono avvolta per poi lasciarlo cadere pesantemente sopra l’oggetto, disattivando il rumore assordante.

“Mmm” sento Leah lamentarsi nel letto accanto al mio.

“Dobbiamo proprio alzarci?” le chiedo implorante, fingendo di non conoscere la sua risposta.

“Sì” afferma lei, lanciando il piumone da un lato e alzandosi dal letto, sbadigliando.

“Meeeeeeeg” chiama la bionda cantilenando, la quale giace inerme nel letto alla sua sinistra, non dando nessun segno di vita.

“Avrà fatto tardi di nuovo con Zayn” penso ad alta voce e ridacchiando, per poi beccarmi una cuscinata da Meg.

“Non.nominarlo.neanche” sibila  seccata.

“Hey Hey” alzo le mani in segno di resa “che è successo?” chiedo curiosa e sbloccando il cellulare e leggendo un messaggio di Francesca appena arrivato.





“Abbiamo litigato” sentenzia la bionda, per poi chiudersi in bagno sbattendo la porta.

“Placati tigre!” le urla dietro Leah, ridendo del comportamento infantile di Meg. Recupero la gonna e la camicia della divisa dalla sedia accanto al letto e comincio a vestirmi, abbottonando attenta ogni bottone della camicia e ripensando alla sera prima con un sorriso sulle labbra.
Leah mi lancia un cuscino e mi guarda con uno sguardo eloquente probabilmente della serie “dopo mi dici cosa è successo” e io le faccio una linguaccia.

 
07:30
“Santo cielo datemi del caffè” pronuncio varcando la porta della mensa, insieme alle mie due coinquiline. Andiamo isnieme a prendere i vassoi e la colazione (la sottoscritta ben due caffè) per poi guardarci intorno e notare Louis che ci fa cenno di sederci con loro. O almeno fa cenno a Leah.
Con lui ci sono Liam e Niall e vedo subito la faccia di Meg tranquillizzarsi. Chissà cosa diamine sarà successo,penso. Trangugio in fretta le due bevande calde e mi sento subito meno addormentata di prima.

“Solo io ho francese alla prima ora?” chiedo guardando tutti i presenti e sperando silenziosamente di avere compagnia.

Vedo Leah scuotere la testa e alzare la mano. “Anche io” annuncia e subito mi tranquillizzo.
 


***


Passo tutta l’ora di francese a chiacchierare animatamente con Leah e la prof pare non accorgersene perché continua a spiegare imperterrita fissando il libro al di là di un paio di occhiali spessi dieci centimetri.

“Louis mi ha chiesto di uscire e mi ha detto che gli piaccio” mi rivela timida la mora, circa a metà lezione.

Cosa?!” dico sbigottita e euforica nello stesso momento, regalandomi un’occhiataccia da parte della talpa. “Racconta tutto adesso” le dico, prendendola per un braccio e cominciando a strattonarla leggermente.

Una nuova idea si fa strada nella mia mente. Harry ha detto che ci tiene a me, giusto? Penso mentre ascolto Leah. Ma questo non implica il fatto che gli piaccio o no. E subito, quella felicità che da stamattina mi accompagnava viene oscurata da un velo di tristezza.
 Attraverso il corridoio stracolmo di studenti verso il mio armadietto per posare i libri della prima ora, la mente occupata da quel nuovo pensiero. Segretamente mi sarei aspettata di più, come risposta.
Sbuffo e, una volta giunta al mio armadietto, lo apro e do uno sguardo all’orario appeso sull’anta di metallo azzurro. L’ora dopo mi aspetta matematica e, annoiata, afferro i libri e mi avvio svogliatamente verso la classe che si trova al piano superiore della scuola. Apro la porta alta e bianca che conduce alla tromba delle scale e che porta al piano di sopra. Prima di entrare vengo fermata da qualcuno che mi afferra il polso, facendomi voltare.

“Buongiorno!” mi trovo davanti un Mark sorridente e visto il mio umore il mio primo istinto è quello di tirargli una ginocchiata ed entrare in classe.

“Hey” ricambio il sorriso, meno entusiasta del ragazzo. “Senti” comincio, approfittando della situazione “sabato ho scoperto di avere un impegno di cui mi ero completamente scordata, potremmo fare un’altra volta?” chiedo, andando subito al sodo.

“Ah” il sorriso che prima gli pitturava il volto sparisce in un secondo “certo, tranquilla” mi dice subito dopo, per poi far spuntare un sorriso deluso sulla faccia.

Sospiro “scusa, è che-“ stavo per cercare una scusa plausibile, quando una mano si posa sulla mia spalla.

“Darley, in classe” la voce del professore mi fa rabbrividire e, facendo un ultimo cenno a Mark entro velocemente, andando a sedermi in seconda fila, accanto alla finestra.
 
***
Qualcuno dovrebbe decisamente spiegare agli allenatori di calcio femminile che non è possibile assegnare cinquanta giri di corsa del campo alla fine di un allenamento.
Penso, uscendo distrutta dallo spogliatoio e dirigendomi verso l’area del campo colpa di tavoli da picnic, dove una gran parte degli studenti era solita studiare.
Mi siedo a uno dei tavoli centrali e, tirando fuori il computer portatile, comincio a scrivere la relazione di letteratura che ci hanno assegnato per il giorno dopo, osservando di tanto in tanto il cielo e pregando silenziosamente che non si metta a piovere.
Mi stringo nella mia felpa con davanti la scritta “PHS” in azzurro e blu e batto velocemente le dita sui tasti, completamente concentrata sul lavoro, quando in lontananza sento chiamare il mio nome.
Mi volto in tempo per vedere Harry che corre verso di me, alzando un braccio per farsi vedere e attirare la mia attenzione.


Sorpresa, sorrido incerta e una volta che si è seduto accanto a me, con il fiatone, lo saluto. “Hey, dimmi tutto” chiedo esitante.

“ieri” parla facendo piccole pause per prendere il fiato “mi sono” pausa “dimenticato di darti una cosa” e senza lasciarmi nemmeno il tempo di chiedere cosa, posa veloce le sue labbra sulle mie, lasciandomi senza fiato.


"Kiss me like you wanna be loved, wanna be loved"



HOLA!
aaaaaaaaaaaaaa dskfjdsgldksfldjsfg. che ne dite?
Okay prima di tutto mi scuso per aver impiegato una vita ad aggiornare ma non ero a casa quindi ho scritto a mano e appena tornata ho postato tutto.
Sono contentissima di come mi è uscito questo capitolo ma sopratutto questo finale.
Comunque ora che ci sono le vacanze penso di riuscire ad aggiornare ogni due/tre giorni come prima.
Allora, cosa ne dite? Molte di voi nelle recensioni precedenti mi hanno detto che shippano Jarry (?) e Friall (?) e sono così felice, davvero.
Sapete quanto siano importanti per me le recensioni quindi, perfavore, recensite, recensite, recensite.
Spero vi sia piaciuto questo capitolo e vi ringrazio di seguire questa storia, è così importante per me.
PS: cosa pensate succederà nel prossimo capitolo? ZAN ZAN ZAN

HAHAHAHA so che mi odiate perchè vi lascio sempre a metà ma è vi incuriosisce a continuare, no? non uccidetemi o non saprete il seguito :*

grazie di cuore.


XOXO.

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Capitolo 13
*** night walk. ***


XI. - Night Walk.


When we are together it's the time of our lives
We can do whatever, be whoever we like
Spend the weekend dancing, 'cause we sleep when we die
Don't have to worry 'bout nothing
We own the night
(we own the night - s.gomez)

 



HARRY’S POV.

Sono stato tutto il pomeriggio a pensare a quello che avrei fatto. Ai pro e ai contro e, molto egoisticamente, ho trovato la maggior parte di pro. 
Mi stacco improvvisamente da lei, piantando i miei occhi verdi nei suoi azzurri e fissandola, mentre pian piano un sorriso spuntava timido sulle sue labbra e uno più malizioso sulle mie. Non so come, perché o cosa ho appena fatto, la mia testa frulla alla velocità della luce e la cosa non mi importa più di tanto perché lo rifarei mille volte, solo per sentire quella scarica di brividi e il cuore che batte a mille. Vedo passare nella mia testa, in un secondo, tutte le sue possibili reazioni: uno schiaffo, un urlo, un insulto, un altro bacio, un pugno, una smorfia, un “vai a quel paese”, una risata.

Eppure quello che fa è voltarsi e cominciare a disfarsi la coda alta che aveva al centro della testa, lasciando liberi sulle spalle i suoi capelli lunghi e di un colore quasi ramato, per poi allungare il suo esile braccio verso la mia testa e rubarmi il mio cappello grigio di lana, che teneva tirati all’indietro i miei ricci. Lo guarda qualche secondo, sorride e se lo infila, per poi voltarsi verso il computer e ricominciare a scrivere velocemente.

“Amo i tuoi cappelli” mi rivela e subito ripenso di averne indossati diversi negli ultimi giorni.

“Ti sta davvero bene” le rispondo, sorridendo ma un po’ esitante. Si sarà chiusa di nuovo a guscio? Non le piaccio? Mille domande, una dopo l’altra mi appaiono in testa lasciandomi leggermente confuso. Lei sembra capire che il mio tono non è quello di prima e si volta a guardarmi, interrompendo per qualche secondo la sua scrittura veloce.

“Oh e comunque ce ne hai messo di tempo” mi dice, per poi diventare rossa una volta che si è resa conto di quello che ha appena detto. Sorrido e istintivamente mi avvicino a lei sulla panca e comincio a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli, arricciandola intorno a un dito, mentre lei torna, ancora con le guancie scarlatte, a finire il suo lavoro, probabilmente cercando di scordare quanto appena detto.

Picchietta veloce sui tasti e ogni tanto si ferma a guardare il vuoto, gli occhi colore del mare fissi in un punto indefinito e pensa. Poi si scuote e ritorna a scrivere più veloce di prima. Due volte si aggiusta il cappello. La seconda lo aggiusta male e le scivola sugli occhi, nascondendoli. Scoppia in una risata cristallina davvero bellissima e lo tira su. Tre volte si gira a sorridermi. Una volta cancella due frasi, con il dito puntato sul tasto con la freccia voltata verso sinistra, l’espressione corrucciata e quasi arrabbiata per ciò che ha appena cancellato.
In neanche un’ora finisce il lavoro e il cielo promette pioggia. Io intanto mi sono messo a leggere un libro che avrei dovuto finire per la settimana successiva ma non mi perdo neanche uno dei suoi gesti.
Quando il cappello le copre la vista avrei pregato per poterle scattare una foto. Non ho mai avuto tanto interesse per una ragazza e questa cosa mi fa imbestialire, soprattutto perché non capisco cosa mi succeda e perché non capisco cosa ne pensi lei o cosa stia provando e perché non capisco e basta.

 

***



“Ti dispiacerebbe staccarti qualche secondo da quel cellulare e darmi una mano?” esclamo impaziente, guardando Niall con un’espressione poco amichevole.
Lui sbuffa e posa il telefono, le guancie leggermente rosse e allora so che è Francesca.
Torno a guardare il libro di biologia e ricomincio a leggere ad alta voce i punti che il biondo mi indica. So che a biologia avanzata c’è anche June, perché si siede accanto a una sua amica e perché è due file di fronte a me e quando si volta mi saluta. Dev’essere brava nelle materie scientifiche per fare sia biologia che fisica di livello avanzato,penso.

“Ora però sei tu che hai la testa da un’altra parte” mi sorride Niall e mi dà una leggera spinta. Siamo qua da due lunghissime ore e finalmente chiudo il libro con una mano e gli lancio un’occhiataccia.

Mi alzo dalla scrivania e vado verso il mio letto, accanto al quale ci sono quello di Niall e Zayn e nella stanza accanto, unita con una porta di legno scuro, quella di Louis e Liam. Mi sdraio sul letto e accendo il telefono, solo per vedere un messaggio di Emily che neanche apro.

Vedo Niall prendere in mano il suo e sorrido.

“Allora” comincio, guardandolo negli occhi. “come sta andando?” gli chiedo indicando con la mano il cellulare e facendolo arrossire nuovamente.

“Alla grande” sorride. “Oggi siamo andati in città e l’ho portata a fare un giro. Sai, amiamo le stesse cose. Adesso sarà con June, ha detto che sarebbe rimasta con lei a cena.

Immagino June che sbuffa e sorride vedendo l’amica che probabilmente risponde all’ennesimo messaggio del biondo.

“L’hai baciata?” chiedo, senza esitare, affamato di sapere come sta andando la storia di uno dei miei migliori amici.

“sì” sorride, realmente felice, tornando poi a controllare il suo cellulare.

Sorrido anche io.


In quel momento Liam fa il suo ingresso, lasciandosi cadere a peso morto sul letto di Zayn. “Ho sonno” afferma, chiudendo gli occhi e mettendo a posto il cuscino.

Mi alzo e silenzioso vado verso il suo letto, per poi sdraiarmi con la grazia di un elefante su di lui.

HEY” urla, cercando di muoversi sotto di me, che nel frattempo mi metto comodo.

“Shhh, Liam. Ho sonno” gli faccio il verso e chiudo gli occhi, ridendo come un matto.



FRA'S POV.
Un venticello fresco mi sfiora la pelle e mi fa stringere nel mio golfino grigio, mentre June, accanto a me sembra persa in un filo di pensieri tutti suoi. Passeggiamo insieme negli sconfinati giardini dell’istituto e chiacchieriamo come facevano in passato, nella nostra città, in Italia, magari dirette verso scuola.
“Allora” si volta a guardarmi “news?” mi chiede, alzando un sopracciglio e già so che conosce la risposta.
“Sì” annuisco, non sapendo come raccontarle l’accaduto.
 

< “Sei stato davvero molto gentile, grazie” arrossisco, una volta che mi ha accompagnata di fronte al piccolo Hotel in cui alloggio.

“Figurati” mi sorride lui, un sorriso bellissimo. Mi guarda negli occhi e mi sento sciogliere dentro quei suoi due pozzi azzurri senza fondo e credo di non volerne mai perdere il contatto.

“Allora” dice, cercando di interrompere quel silenzio che ormai ci avvolgeva “quando torni in Italia?” mi chiede e riesco a sentire una nota di malinconia nella sua voce e questo mi fa sciogliere il cuore, vuol dire che forse qualcosa gli importa di me, penso.

“Venerdì” rispondo, triste.

“fra due giorni quindi” aggiunge lui, dopo aver fatto un veloce conto partendo da oggi, Martedì.

“Già” abbasso lo sguardo, triste come non mai. Triste di lasciare June, di nuovo. Triste di lasciare Niall, il quale mi fa sentire sempre così felice.

Sento improvvisamente le sue dita –indice e medio – posarsi sotto il mio mento e alzarmelo con delicatezza, per poi disintegrare ogni centimetro di distanza tra il suo viso e il mio, posandomi un bacio sulle labbra. Istintivamente metto le mie braccia attorno al suo collo e rimaniamo lì per un tempo indefinito. Il cuore mi batte così forte che spero non salti fuori dal petto da un momento all’altro. Le nostre labbra unite, in un unico sorriso, le mie braccia ormai lasciate a penzoloni sul suo collo, i miei bracciali –tra cui quello di june- che tintinnano accarezzati dal vento autunnale. La felicità che provo mi spaventa e mi scalda il cuore.
Può essere un momento tanto perfetto? >



“sveeeeglia” mi volto di scatto e c’è June che mi sventola una mano di fronte al viso, per attirare la mia attenzione. Non le rispondo neanche e di getto le racconto tutto, nei minimi particolari, come l’avevo ricordato.
 

JUNE'S POV.

“Tu sei completamente fuori di testa” esclamo, guardando Meg negli occhi e reprimendo la voglia di prenderla a ceffoni.

“Vi preeeeego” comincia a cantilenare, passando lo sguardo velocemente da me a Leah, che sta seduta su una delle poltrone di velluto a leggere un libro. Alza un attimo lo sguardo, per poi sbuffare e tornare alla lettura, ignorandola.

“Ma perché ora? Dovremmo essere a letto e tu vuoi andare da Malik! Sei pazza” ripeto,incredula, mettendomi a sedere sul letto e incrociando le braccia sul petto.

“Per favore” ci implora con un sorriso triste “mi ha scritto se posso raggiungerlo e volevo chiarire”

“Cos’è successo allora?” Leah, tranquilla, alza gli occhi dal libro e li pianta in quelli castani di Meg, che subito diventa rossa.

“Niente” si affretta a rispondere, cominciando a guardarsi in giro.

“Allora, fammi capire” comincio, leggermente allarmata “tu vuoi farci attraversare l’edificio scolastico all’una meno un quarto di notte, nonostante sia vietato, per vedere un tuo amico” e su quest’ultima parola mi soffermo leggermente di più “e non vuoi dirci nemmeno perché sono due giorni che non vi salutate neanche?” le chiedo stupita, evidenziando la parte ridicola del suo piano.

Lei sembra pensarci un attimo e poi esplonde in un sorriso “sì” risponde, cercando di essere convincente.

“Se quando torniamo non ci dici tutto ti soffoco con il cuscino” borbotto, infilandomi una felpa sopra la maglietta a maniche corte e un paio di vans blu, che giacevano accanto al letto. Sento la bionda esultare e non posso fare a meno di pensare quanto io sia stupida ad accettare una simile cosa, ma mi ritrovo a pensare che se mi fossi trovata nella sua situazione avrei di gran lunga preferito delle amiche che mi avrebbero detto di sì.

Leah si alza dalla sedia e posa il libro sul tavolino lì accanto, per poi stiracchiarsi e fulminarmi con gli occhi per aver accettato.
Le mimo uno “scusa” con le labbra e, una volta pronte, usciamo dalla camera tenendo solamente i cellulari a farci luce, nell’oscurità dei corridoi infiniti della Princey.


“Tranquille” sussurra la bionda, armeggiando con il telefonino. “Zayn mi ha inviato le indicazioni per arrivarci” continua, mentre imbocchiamo il primo corridoio a destra, che ci porta in cima alla lunga scalinata di marmo che collega l’ala dei dormitori femminili all’atrio. Scendiamo le scale cercando di fare il più piano possibile e nascondendo i cellulari. Di notte c’era sempre qualche guardiano o professore che si attardava in biblioteca o in un’aula e io sto letteralmente tremando di paura. Mi viene in mente il primo giorno e come la donna in segreteria mi abbia elencato alcune regole importanti, ma soprattutto quella di non uscire dai dormitori oltre la mezzanotte.
E io all’ora avevo sorriso e annuito, completamente sicura che ciò non sarebbe accaduto.
…e invece.

Deglutisco e mi muovo dietro Meg nell’atrio, correndo all’impazzata e cercando di superare quella stanza enorme, per poi fiondarci su per le scale dei dormitori maschili, riaccendendo i cellulari per evitare cadute epiche giù per una rampa da cinquantamila scalini.
Okay forse qualcuno in meno.

Giunte in cima, Meg tira nuovamente fuori il cellulare per poi esclamare “a destra” e seguiamo la sua indicazione.

Svoltiamo per qualche corridoio sempre usando lei come guida, finché non giungiamo di fronte a una porta di legno, uguale alla nostra, ma con sopra un numero diverso. 129.

Meg si mette a bussare e vedo dal filo di luce che proviene da sotto la porta che sono tutti svegli, cosa che segretamente speravo, solo per vedere un secondo di più il riccio.
Comunque, rimango quasi paralizzata al pensiero di dover stare con lui, e comincio ad agitarmi, cercando in tutti i modi di non darlo a vedere. Dopo quel pomeriggio e quella mia risposta un po’ sfacciata mi sento in imbarazzo a pensare di dover passare altro tempo con lui e non voglio pensare che mi piaccia, come se il pensiero fosse negativo lo scaccio costantemente dalla mia testa, mettendomi a pensare ad altro.

La porta si spalanca subito dopo, facendo apparire Zayn che ci offre un magnifico sorriso e che, dopo averci salutato, senza preoccuparsi di non fare rumore, afferra la bionda per la mano e esce dalla stanza, camminando al suo fianco diretto verso l’uscita del dormitorio. Mi scambio una veloce occhiaia con Leah.


Da dentro sento una voce maschile urlare “Entrate!”.

Oh cavolo.
 





HOLA!
Buonasera, chicas!
Tutto bene?
AAAAAllora, prima di parlare della vicenda e tutto il resto voglio aprire una piccola parentesi. Sono rimasta alquanto delusa dal fatto che nello scorso capitolo ci sia stato un numero così piccolo di recensioni. tre.  Ho pensato un sacco a quel capitolo ed ero così felice di averlo scritto e sono rimasta davvero delusa. Non so sinceramente cosa dire, forse non è neanche il caso di continuare a scrivere e postare, ho pensato. Tanto non se la fila nessuno. Ringrazio comunque quei tre angeli che mi hanno postato la recensione *give me five!*
Comunque, parlando di questo capitolo vi ho regalato dei momenti dolcissimi, dovete ammetterlo. Per voi friall shippers (AHAHAHAH) che mi hanno recensito che trovano Francesca e Niall carinissimi, vi ho scritto un pezzo dlkfgdlks e comunque (tanto lo so che lo stavate pensando) non lascerò scappare Francesca così in fretta, nonostante l'Italia la aspetta. (ho fatto pure la rima skstm)
Per le Jarry shippers (una ragazza mi ha detto questo nome in una recensione, parlando anche di Justin Bieber AHAHAHAHHAHAH chi vuole capire capirà) aaaaaaaaaaaaaa  e ho detto tutto.
Ora vado, mi raccomando di lasciarmi una recensione, ci tengo tantissimo!
un abbraccio, xoxo.

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Capitolo 14
*** new entry. ***


XII - "new entry"


(leggete le note a fine capitolo, per favore)
"nobody compares to you"


June’s pov.

La porta del dormitorio maschile rimane socchiusa, per poi aprirsi di scatto illuminando l’oscurità del corridoio in cui ci troviamo. Rompo il contatto visivo con Leah per sbirciare dentro la porta, dove un Louis sorridente ci accoglie, facendoci segno con la mano di entrare.
Seguendo le sue indicazioni varchiamo la soglia a passo incerto ed entriamo in una stanza molto simile alla nostra ma più spaziosa. I muri ricoperti di bacheche di sughero piene di fotografie e fascette di squadre calcistiche, vestiti e libri sparsi in giro: normale per un ragazzo, penso.

Il primo che vedo è Liam che, sdraiato sul letto, alza lo sguardo dal telefonino per sorridermi. Niall è sul letto accanto a quello di Liam e legge un libro dalla copertina consunta, ci fa un cenno ma ritorna subito alla lettura, concentrato.

Harry è sulla poltrona accanto alla finestra che guarda fuori, scorgo la sua testa riccia spuntare dal velluto rosso della seggiola. Si volta e ci regala un sorriso entusiasta –forse più a me che a Leah.

“Buonasera” comincia Louis, non smettendo di sorriderci “vi ha costretto Meg vero?” ridacchia, indicando la faccia assonnata della mia amica e il mio abbigliamento.

“Si nota tanto?” risponde Leah, soffocando uno sbadiglio e facendo qualche passo nella stanza per poi gettarsi su una poltrona a peso morto.

Se fosse possibile come cosa, direi che Louis in questo momento ha gli occhi a cuoricino, letteralmente, mentre li fa scorrere sulla figura snella e slanciata di Leah che appare comunque di una bellezza rara, anche se rannicchiata su una poltrona con i capelli sparati un po’ ovunque. Subito la raggiunge, sedendosi accanto a lei e cominciando una conversazione. Mi volto verso i letti per vedere Liam e Niall intenti nella lettura, l’uno del telefono, l’altro del libro. Avanzo a passi incerti verso Harry, che è ancora voltato a guardarmi.

“Mi hanno privata del mio sonno prezioso” esordisco, mentre Harry si alza.

“Sì?” risponde per poi prendermi la mano, gesto inaspettato che mi fa sobbalzare leggermente. Avanza un poco trascina nomi dietro di sé, fino alla porta-finestra della stanza che da su un balconcino. “Vieni” mi dice, in un sussurro.

Lo seguo, mentre apre la porta e mi conduce sul balcone. Una scaletta va fino al tetto e, dopo averla salita con poca difficoltà mi fa cenno di seguirlo. Ci sediamo sul tetto, la cui vista è bellissima. Non solo si vede tutto il giardino della Princey, la mensa, i campi sportivi e i laboratori esterni, ma anche gran parte della campagna fuori dalla scuola e le luci chiare delle città lontane. Le stelle si vedono nitide in cielo e senza pensarci due volte comincio a contarle.


“conti le stelle? Non finirai mai, è impossibile” mi dice lui, leggermente ironico, una volta sdraiati l’uno accanto all’altra.

Infatti non avevo mai finito. Da piccola amavo mettermi a contare le stelle e a fermarmi a numeri come trentatré, cinquantasei, cento. Solamente per sapere che sicuramente erano più di quel numero e che sicuramente quella sera avevo visto trentatré stelle. Amavo perdermi con lo sguardo nel cielo e soffermarmi di più su una stella più luminosa delle altre e chiedermi se l’avevo già contata.


“è questo il bello” sussurro e percepisco il suo sguardo su di me, nonostante il mio si ancora incollato al cielo.


Per un po’ non parliamo, ci godiamo la bellezza del momento, insieme. Sento il suo respiro leggero e mi viene voglia di sorridere.


“Perché sorridi?” mi chiede improvvisamente, silenziosamente girandosi verso di me.

“Non ne ho idea” rispondo, per poi scoppiare a ridere seguita a ruota da Harry.

“Beh continua a farlo” mi domanda subito dopo, tra una risata e l’altra.

“E perché mai?” chiedo io in risposta, voltandomi verso il ragazzo accanto a me e perdendomi nei suoi occhi smerlandini, l’ennesima volta.

Sembra pensarci un attimo su, o forse prende semplicemente tempo. Fatto sta che quando apre bocca mi sento sciogliere.
“Perché sei bellissima” sussurra.
 


Fra’s pov.

La mattina dopo mi sveglio presto a causa del continuo rumore proveniente dal mio cellulare, che suona ininterrottamente da un quarto d’ora sul comodino accanto al letto.

“Pronto” rispondo con voce impastata dal sonno, cercando con lo sguardo la sveglia sul comodino per controllare l’orario.

“ Ciao Fra” La voce autoritaria di mio padre mi saluta.

“Papà!”assumo un tono lagnoso “sono le sette del mattino, ti ricordo che siete un’ora avanti lì” gli dico scocciata, buttando di lato le coperte e mettendomi a sedere sul letto. Sento mio padre trattenere un secondo il fiato e capisco che si dev’essere scordato di questo particolare.

“Scusa” mi dice sinceramente “come sta andando? Mi potresti gentilmente ripetere gli orari d’arrivo domani, tesoro? Devo aver perso il foglietto-“

“Papà” lo interrompo, prendendo un lungo respiro “voglio restare qua” affermo con voce convincente e senza fare una piega.

“No” subito sento il suo tono di voce diventare severo e duro “non puoi, chiuso il discorso”

Ignoro le sue parole e vado avanti, tentando di sembrare ancora più convincente “ho già controllato i moduli, potete stamparli voi e inviarli firmati alla scuola e da settimana prossima posso prendere una stanza qua e continuare gli studi qua”

Prendo un altro lungo sospiro e continuo il monologo che,la sera prima mi ero preparata alla perfezione.

“Ci sarà Jude e la scuola è molto più severa di quella in italia e i corsi più interessanti, sarebbe fantastic-“

“Ne parlerò oggi con tua madre,” mi interrompe “per me è novantanove per cento no, sappilo. Ci sentiamo dopo” e così dicendo attacca la linea, lasciandomi al familiare suono del telefono occupato.
Il mio primo istinto è di gettare il telefono contro il muro, ma tutto quello che faccio è alzarmi e chiudermi in bagno cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime che minacciosamente alloggiano agli angoli dei miei occhi.


 
June’s pov.

Mordicchio le foglie dell’insalata che sto mangiando per pranzo, ascoltando distrattamente le parole di Leah durante la pausa pranzo.

“Abbiamo parlato a lungo ieri sera, è veramente intelligente” continua lei, ma la mia mente è altrove, non ho visto Harry tutta la mattina ma l’ora dopo avrei avuto biologia insieme e a lui e tutto quello a cui riuscivo a pensare era alla sera prima, a quello che aveva detto a quel momento così bello, quella frase, poi come ci siamo tenuti le mani sotto le stelle. Un momento come quello che è valso più di qualunque bacio.

“Allora che ne pensi?” mi dice infine Leah, scuotendomi leggermente il braccio.

“Uhm fantastico” mi fingo entusiasta e la vedo rabbuiarsi.

“Ti ho appena detto che ieri sera sono stata rapita da un gruppo di ninja alieni” mi sorride leggermente delusa.

“Cavolo. Scusa Leah ho la testa altrove” mi giustifico, finendo piano la mia insalata e cercando di scusarmi mille volte finché la bruna non mi perdona.

“Quindi state insieme?” mi chiede subito dopo, dando un morso al suo panino e masticando lentamente.

“Non ne ho idea” rispondo, tirando un lungo respiro e allontanando da me il piatto dell’insalata ormai finita e cominciando a guardarmi in giro, cercando un argomento valido per cambiare quello di cui stavamo parlando.


Non ho visto il riccio per tutto il giorno e l’ora dopo avrò biologia e so di essere in classe con lui. Io e Leah siamo due banchi davanti a lui e Zayn e spesso li sento ridere e scherzare. Me la cavo piuttosto bene in quella materia e la trovo interessante, ma oggi la mia testa è altrove. Dovrei essere felice, ma il dubbio di essere solamente un passatempo per Harry si fa  lentamente strada dentro di me.

So che non è il tipo da ragazza fissa, le classiche voci da corridoio girano e io le sento, sperando sempre che la metà siano inventate. Ma quando sono con lui mi sembra la dolcezza fatta a persona e il dubbio di restare per lui solamente una delle tante mi fa arrabbiare. Forse perchè con lui avevo abassato le mie "difese", la mia corazza e mi sentivo estremamente vulnerabile. Che idiota ero stata.

Soprattutto perché avevo ammesso a me stessa ormai da tempo che Harry Styles mi attraeva. Ma non c’era nulla di più, giusto? Ma non riesco a darmi mai una risposta.
Afferro la borsa e mi alzo insieme a Leah, svuotando nella spazzatura i vassoi ormai semivuoti per poi avviarci verso la classe di Biologia, dove Harry mi aspettava sulla porta, un sorriso dipinto in viso e due tenere fossette ai lati della bocca.

Improvvisamente però il mio telefono comincia a squillare e lo prendo in mano tentando di rispondere prima dell’arrivo del professore.

“Pronto?” dico, la voce leggermente stridula.

“June?” riconosco subito la voce dall’altro capo del telefono.

“Dimmi, Fra” chiedo, guardando il corridoio in attesa dell’arrivo del prof.

“Mi accompagneresti in segreteria dopo?” mi chiede esitante.

“Come mai?” chiedo confusa dalla domanda.

E’ lì che ci si iscrive no?” mi dice, quasi urlando.

Oddio.









 



HOLA!
Perdonate il mio ritardo, vi prego.
Ora grazie al cielo ho di nuovo internet e pubblicherò spesso.
AAAlura, per prima cosa, passate tutti subito, ora, now qua: (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2119965&i=1) ovvero la mia nuova fanfiction, "UNWRITTEN" che come avete notato non mi fila nessuno, ma dopotutto ho pubblicato il prologo ieri sera. Lasciatemi una recensione, non sono sicura se andare avanti o no, quindi fatemi subito sapere.
Riguardo a questo capitolo, so che è corto, e vi spiego subito perchè. E' un semplice capitolo di passaggio perchè nel prossimo succederà una cosa per la quale mi vorrete uccidere tutti HAHAHAHAHAHAAH. (E' inutile, non spoilero niente) comunque cercate di recensire questo e aggiornerò prima (è un ricatto, seeeh).

Grazie mille per coloro che la seguono, spero vi appassionerete sempre di più sia a questa sia a unwritten.

XOXO.

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