Who is her father?

di biberon
(/viewuser.php?uid=508398)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** I pensieri di Jack ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Angolo dell'autrice: vabbé, lo so. è moooooolto improbabile che Courtney incontri Jack frots. Avvertenze: courtney è molto OOC, Jack è OOC, la storia è inverosimile ma carina. spero vi piaccia. dedicato a ludo e alle donne in cinta che non sanno che pesci pigliare :))


“Daresti un milione di respiri per un bacio?
Daresti un mare di notti insonni per un sorriso?
Daresti cinquant’anni della tua vita per un attimo?
Daresti tutto il tuo fiato per farmi respirare?
Daresti la tua vita per me?”

Duncan aveva risposto sì ad ogni domanda.
 
Courtney dondolò avanti e indietro, abbracciandosi le ginocchia.
La pancia gonfia color cioccolato le pulsava di dolore.
No, non era ancora al nono mese.
Oppure sì?
Non teneva nemmeno conto del tempo che era passato.
Riusciva a ricordarsi solo le parole di Duncan:
 
“Gwen non era niente, capito?! Niente, nessuna ti supererà mai. Tu sei l’unica che io abbia veramente amato e giuro che non ti lascerò, qualunque cosa accada.”
 “Ma io …”
 “Ascolta, Courtney, ti fidi di me?”
 “Sì.”
 “Te lo prometto. Non ti lascerò. QUALUNQUE COSA ACCADA.”
 
Non era vero niente, poi.
Quella era la più pesante bugia che le avessero mai detto.
Bugiardo.
Qualcosa si mosse dentro di lei.


Ebbe un gemito.
Un altro calcio?

No, grazie, Duncan junior.
Eppure, era proprio questo che l’angosciava.
Era un Duncan junior? Oppure … un Alejandro Junior? Oppure, l’ipotesi meno probabile, un Jack Junior?
 
Forse era il momento di sfogarsi, di dirlo a qualcuno.
Fissò la luna con un’espressione di odio puro, ma si distese subito.
La luna le aveva dato Jack, una nuova vita, la pace. Come poteva non esserle grata?
 
Appena finito il reality, Courtney e Duncan erano stati insieme.
Solo per poco, neanche un meno.
Neanche una settimana.
Una giornata, una sera, una notte.
 
 
 
“Courtney, io ti amo.” Dice il ragazzo prendendole il viso tra le mani e accarezzandole la morbida guancia.
“Davvero.” Aggiunge cercando di sorridere.
Lei guarda altrove, mentre le mani del ragazzo si spostano sulle spalle e la stringono in un abbraccio fraterno.
Poi si stringono un po’.
“Mi dispiace.” Dice ancora.
Lei singhiozza e alza gli occhi al cielo, per guardare le stelle.
“Posso farmi perdonare?” esclama lui di botto, e lei si ritrova le mani del punk sui fianchi.
Dovrebbe indietreggiare, lo sa, ma lei invece rimane lì, avvinghiata a lui, le dita che stringono la sua maglietta di cotne con un teschio tanto familiare.
 
 
 
 
Poi era tutto finito.
Era stata una notte e un discorso.
 
Un discorso fatto di mille parole e mille promesse, la promessa di amarla per sempre e di non lasciarla mai.
Eppure, la mattina dopo, aveva trovato il letto vuoto, la valigia con le borchie di Duncan sparita, lo spazzolino da denti verde fosforescente e il suo pigiama a righe blu.

Lei aveva pianto, quella mattina, aveva gridato, non solo perché s’e n’era andato, ma per tutte quelle promesse infrante così, in un soffio.

Era stata solo una notte, forse l’unico obbiettivo di quel ragazzo era il sotto le lenzuola, eppure lei si era sentita in pace con se stessa e felicissima.

Pensava di aver vinto, pensava che Gwen fosse ormai dimenticata.

Ma dov’era Duncan, allora?

Lo cercò per due mesi.

Lo cercò in tutti i carceri del Canada, praticamente, uso i suoi avvocati squali per ritracciarlo, setacciò le parti più malfamate delle città, dalle metropoli ai paeselli, andò di università in università e di istituto in istituto.

Duncan era semplicemente sparito.

Poi, un giorno, mentre era a fare la spesa, Courtney lo vide.
Stava valutando il prezzo di una scatoletta di cibo per gatti.


La cresta era più alta, la barbetta più lunga, e sopra la maglia portava una giacchetta di jeans nero strappata.
Stava mano nella mano con una ragazza coi capelli neri e lunghi, chili di mascara e eyeliner sugli occhi, qualche ciocca blu petrolio e la pelle vitrea …

Courtney non volle più saperne nulla di lui.
Non lo salutò, non attirò la sua attenzione, nulla.
Se ne andò da quel centro commerciale trattenendo a stento le lacrime.

Passò quasi una settimana a piangere disperata.
Poi decise che voleva dimenticarlo a tutti i costi, e siccome non esisteva nulla in grado di cancellare la memoria, decise di fare anche lei come aveva fatto lui.

Smise di vestire come una perfettina, smise di atteggiarsi così e di studiare e suonare il violino.
Si vestiva scollata con le gonne corte e i tacchi alti, e stava con qualunque ragazzo incontrasse, anche se non andò a letto con nessuno di loro.

Sì, quella non era la vera Courtney.

Era una Courtney distrutta e pronta a fare di tutto per distruggere la sua distruzione.

Un giorno incontrò per caso Alejandro, tre mesi dopo la fine del reality.
Bevvero un caffè insieme, andarono al cinema, lui gli disse che aveva litigato con Heather, lei lo invitò a casa sua e …
Courtney aveva dimenticato Duncan.

O forse no?

Lei e Alejandro dopo quella notte avevano deciso di comune accordo di vedersi ogni tanto, come … insomma, come amici, e per divertirsi.
Non c’era nulla di serio.

Due giorni dopo, esattamente, Courtney andò a fare una gita in un famoso lago ghiacciato che non era mai sciolto da quando era stato scoperto.

Lì aveva incontrato uno strano ragazzo.

Bello era bello.




Denti bianchi e splendenti, che gli davano quel sorriso perfetto da modello.
Fisico a posto, giusto qualche annetto meno di lei, occhi da cerbiatto grandi e belli, capelli setosi e morbidi, bianchi come perle …
Courtney si prese una sbandata per lui, e pensò che fosse l’occasione giusta per dimenticarsi per sempre di Duncan.
Per sempre.
 
“Io sono Jack, e tu?”
“Io sono Courtney, piacere.”
“Sai, sei davvero molto …bella.”
“Ti ringrazio, sei gentile … anche tu sei molto carino.”
I due si scambiano un occhiata imbarazzata.
Lei arrossisce un po’, ma lui rimane bianco come un lenzuolo.
“è bellissimo questo lago!” esclama la ragazza per rompere l’imbarazzante silenzio.
“Vivi qui?”
“No.” Risponde il ragazzo pallido. “Non ho una casa, in effetti.”
La ragazza decide di non fare domande al riguardo.
“Sono appena arrivato … da … dal mio paese originario, in … bhe, insomma … ho perso i genitori, e … e quindi … ora sono solo.”
“Se ti va puoi passare la notte da me.”
La ragazza lo guarda con i suoi occhionida cerbiatta.
Le loro mani, senza che se ne accorgano, si ritrovano unite.
 
 
 
 
 
 
E così era stata anche con Jack.
Lui era veramente inesperto sulle donne, non aveva mai neppure baciato.
Ma la inteneriva, così timido, entusiasta e impacciato.
Mentre erano insieme parlarono un po’: lui le disse che era stato risvegliato dalla luna, che faceva parte dei 5 guardiani e che aveva salvato il mondo. e lei disse ‘come no’. Tutti e due risero insieme e fecero qualche sciocca battuta. Si fecero molti complimenti. Lui fu delicato e la nottata fu piacevole. Lei, la mattina dopo gli chiese due cose:
 
  • il suo cognome, che si rivelò essere Frost,
 e di non andarsene.
 
 
“Jack, sono stata così bene con te questa notte … sei gentile, sei diverso da tutti quelli che ho conosciuto … io credo di essermi … innamorata di te, un colpo di fulmine …”
Mentre il ragazzo s’infila la felpa e fa per uscire di casa trafelato, lei gli stringe la pallida pelle del polso tra le dita abbronzate.
“Jack, per favore, non andartene …”
Lui annuisce.
Non vuole andarsene.
 
 
 
 
Vissero insieme in un bilocale, il bilocale di Courtney, per cinque mesi, amandosi per davvero.
Lei non aveva dimenticato Duncan, ma Jack era un ragazzo ideale.
Un mese dopo era raggomitolata davanti alla sua scrivania a rievocare alla mente tutto quello che era successo dopo il reality fino ad allora …
 
 
 
Courtney si diede una leggera pacca sulla pancia soda come un uovo e grande come una anguria.

Era un dubbio orribile, orribile.
Di chi era quel piccolo che aveva in grembo? Che poi, si era scoperto dopo, era una bambina.
Jack voleva chiamarla Gwen.
Courtney no.


Si prese la testa tra le mani.
Le veniva da vomitare e aveva sete allo stesso tempo.
Barcollando sotto il peso della pancia Courtney andò in bagno e si diede una rapida occhiata allo specchio.
Non era più quella di un tempo, anzi, non era più Courtney in generale.
I suoi capelli, che non lavava da circa tre settimane per la fatica, erano unti e collosi, ma allo stesso tempo arruffati.
Di notte non riusciva mai a dormire, e questo le faceva venire delle grandi borse sotto gli occhi.
Le labbra erano gonfie, era pallida quasi quanto il suo Jack ed era ingrassata di qualche etto.
Spense la luce a fatica e si trascinò di nuovo a letto.
Jack, di fianco a lei, dormiva serenamente.
Courtney si distese a pancia in su e osservò le pale del ventilatore che giravano fortissime.
Tutto era così impossibile, così strano, così …
Ora basta.
Doveva sapere … lei doveva sapere di chi era quella figlia.
Se fosse stato di Jack, tutto bene, famiglia felice.
Se fosse stato si Alejandro si sarebbero potuti accordare per tenerlo in tribunale.
Ma se fosse stato di Duncan? Che ne sarebbe stato della piccola bambina, (che aveva deciso di chiamare Bridgette)?
Lei sarebbe cresciuta senza il suo vero padre.
E jack? A Jack si sarebbe spezzato il cuore.
Lei non voleva che a Jack si spezzasse il cuore.
Si voltò su un fianco.
Non era solo colpa di Duncan, dopotutto anche lei aveva accettato di stare con lui senza precauzioni.
E allora? Che era successo tra di loro?
Courtney non voleva una figlia da Duncan.
“Domani andrò in ospedale per vederci chiaro.” Sussurrò tra sé e sé.
Prima di allora si vergognava, così giovane e già in cinta.
Ma d’altronde non poteva e non voleva a bortire adesso, al nono mese.
Cercò di prendere sonno, pensando ai pic-nic nel parco e al lago con Jack, alle serate al cinema e ai loro baci freddi e caldi allo stesso tempo …
Ma quel pensiero continuava a rimbalzarle in testa come una palla.
 
“Duncan, io ti amo.” Dice l’ispanica percorrendo con il polpastrello il contorno dell’orecchio del ragazzo.
“Noi, da domani, staremo sempre insieme.” Dice lui sorridendole dolcemente, le mani appoggiate sulle sue cosce.
Sono seduti sul balcone a osservare la luna, dove nessuno li può vedere.
“Courtney, ma tu lo vorresti un figlio da me?”
“Sì. Certo.” Dice la ragazza e gli bacia la guancia con un leggero accenno di barba nera.
“Sicura? Poi non potrai mai più tornare indietro.”
“Duncan, te lo ripeto, io ti amo.” Dice l’ispanica e gli accarezza il petto.
Lui prende la sua maglietta, appoggiata sul balcone, e le pulisce una lacrime dalla guancia.
“Ti sei commossa?”
“Si. Tu sei e sempre sarai il più importante.”
“Ti amo.”
“Anche io, e ti amerò per sempre. E non smetterò mai.”
 
Courtney in quel momento si sarebbe voluta uccidere guardando Jack che probabilmente la sognava.
Perché?
Perché era vero.
Non aveva smesso di amare Duncan.
Non avrebbe mai smesso.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I pensieri di Jack ***


Jack si rigirò nel letto.
Courtney era sdraiata su un fianco.
Dormiva, probabilmente.
Lui invece non riusciva a prendere sonno.
Aveva finto di chiudere gli occhi, quando lei lo aveva guardato poco prima di distendersi.
Perché?
Quella sera non voleva parlare con lei.
Ultimamente, anzi, si parlavano poco.
Lui era certo di amarla, la amava tantissimo, era la sua vita e ancora non si capacitava di aver avuto la fortuna di incontrarla …
Eppure, ogni volta che vedeva quella pancia gonfia come un anguria e sentiva i respiri affannosi dell’ispanica che saliva le scale a fatica, si sentiva terribilmente in colpa.
Lui aveva sempre cercato di essere onesto e gentile con lei, ma aveva fatto qualcosa di terribile: esatto, aveva una sorta di lato oscuro.
Non certo come quello del suo accerrimo nemico Pitch, ma aveva comunque compiuto un atto di profondo disonore.
Aveva tradito Courtney.
Beh, che quello fosse un vero e proprio tradimento restava un dubbio.
Jack Frost non amava altri che lei … ma allora perché quella sera, pochi giorni dopo essere andato ad abitare con Courtney, si era lanciato fuori dalla finestra e aveva attraversato correndo molte strade a piedi scalzi?
Perché aveva chiesto alla luna di aiutarlo?
Perché aveva lasciato che la luna lo facesse librare nell’aria e lo trasportasse così lontano?
Perché quella luce dorata gli aveva fatto spalancare gli occhi?
Semplice: perché Jack Frost  era come un bambino ingenuo.
Nessuno, in quei trecento anni, si era preso il disturbo di dargli un po’ d’affetto e soprattutto di spigargli la differenza sostanziale tra una fidanzata e un’amica, tra quello che puoi fare con una e con l’altra senza “peccare” …
Vivendo tra gli umani di quel tempo l’aveva scoperto … ma troppo tardi.
E ora i sensi di colpa lo divoravano come le tarme divoravano un mobile. Si alzò e si tolse la coperta di dosso: per la prima volta in vita sua, aveva caldo.
Quel pensiero continuava a rimbalzargli nella mente …
 
 
Lei gli tocca i capelli d’un bianco perlaceo.
Lui dapprima s’irrigidisce, appena i polpastrelli rosei e affilati gli sfiorano il capo, ma poi si rilassa.
Piccole spirali di ghiaccio si disegnano sulle pareti dorate della stanza, rendendole ancora più scintillanti.
“Jack, confesso, mi sei sempre piaciuto, fin da quando abbiamo salvato il mondo insieme …” sussurra lei, e ride.
Jack vuole essere amato di nuovo, è vero, ma preferirebbe Courtney a lei.
Ma la sua amata è  sempre troppo impegnata.
Sempre.
Lui non vuole chissà che cosa, non è malato o pazzo: vuole solo un po’ d’affetto e comprensione.
Per quasi trecento anni è rimasto solo: è ora di dire fine alla sua malinconia.
Il suo cuore batte velocissimo, e quando la fata posa una delle sue morbide mani sul suo petto sorrise lievemente.
“Sei proprio un cucciolo …” dice.
Così lo chiama sempre Courtney, cucciolo.
Jack tira su la testa e si ritrae.
Forse dovrebbe andarsene.
“Lascia stare …” dice Dentolina, e la porta si chiude sbattendo. “Abbandonati all’affetto.”
Ma Jack non si fida di lei, in questo momento.
Anche  se è gentile e bella, tanto bella, non riesce a lasciarsi andare.
Sente una forza misteriosa che lo trascina verso l’uscita.
“Jack!” Dentolina sibila tra i denti, e questa cosa non piace al ragazzo freddo.
Gli occhi viola della fata colibrì si sono ridotti a due fessure.
Ha infilato le braccia nelle maniche della felpa blu del ragazzo, e adesso le loro pelli si sfiorano fino alle spalle.
“Tu sei troppo grande per me …” dice Jack.
“O forse sei tu che lo sei … chi lo sa.” Risponde lei con una risatina nervosa.
Ruota le braccia in modo da avere i palmi delle sue mani sotto i tuoi gomiti.
Lui si libera da questa presa d’acciaio, tanto decisa quanto soffice.
Lei lo spinge con una delle sue possenti cosce contro la parete.
Sotto di loro, decine e decine di metri di caduta libera tra scrigni pieni di sogni.
Lui non si ritrae quando la fata lo stringe a sé in un abbraccio fraterno.
Le dita bambinesche di Jack affondano nelle piume poste sul capo della ragazza.
Lei sorride e agita le ali briosa.
“Che bello!” dice, e giocherella con una ciocca bianca di lui. Lentamente gli sfila la felpa e la lancia giù.
Jack Frost non può resistere, Jack Frost è un bambino che vuole giocare.
Lascia che Dentolina culli la sua testa e le sue braccia lievemente muscolose.
Le sue labbra vibrano, sta canticchiando qualcosa sottovoce e poi bacia le labbra del ragazzo.
Dalle sue ali iniziano a scendere delicatissime manciatine di polvere dorata.
Lui non si distoglie: si mangia le labbra della fata dei denti come fossero zucchero filato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Jack posò i piedi sul pavimento freddo, non così differente dalla sua pelle pallida.
Gli occhi azzurro mare scrutano silenziosi il buio.
la testa posata sui palmi, le dita che seguono il contorno delle orecchie, i gomiti sulle ginocchia, le gambe si ritraggono e in un attimo è a gambe incrociate sul letto.
Il rumore di una zanzara lo punge nel suo torpore:
gira appena un po’ la testa e vede un minuscolo puntino nero librarsi nell’aria.
Quella zanzara ha qualcosa di familiare …
Ah, si, due splendide ali.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2123403