All I Ever Wanted- Tutto ciò che ho sempre cercato!

di Vanilla_91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia vita è un inferno! ***
Capitolo 2: *** Venduta. ***
Capitolo 3: *** Carnefice o salvatore. Chi sei veramente? ***
Capitolo 4: *** Quando nasce un amore- ***
Capitolo 5: *** Guerra aperta: Battaglia al femminile! ***
Capitolo 6: *** Epilogo: Tutto ciò che ho sempre cercato! ***



Capitolo 1
*** La mia vita è un inferno! ***











Osservavo con aria assente i giochi che la luce solare, proveniente dalla piccola ed unica finestra alle mie spalle, creava sulla mia scrivania. Adoravo osservare quegli effetti di chiaro-scuro, luce ed ombra, mi lasciava immaginare che vi fosse, in egual misura, del bene e del male in ogni cosa. Era, probabilmente, la voglia di fuggire dalla realtà che mi faceva perdere tempo in sciocchezze del genere.

-Kagome, hai di nuovo la testa tra le nuvole.- mi richiamò spazientita la voce della mia migliore amica.
Il mio nome è Kagome Higurashi, ho 18 anni e la mia vita è un inferno. Non ho conosciuto la gioia dell’infanzia, né la spensieratezza dell’adolescenza. La mia esistenza è stata segnata nel momento in cui Naraku Kumo è entrato a far parte della mia vita.
Non ho mai avuto una vera famiglia; mia madre era una delle numerose amanti di mio padre, una donna che aveva affogato i suoi dispiaceri nell’alcool fino a restarne uccisa. Mio “padre”era uno spacciatore di droga. Un uomo losco, un essere che sperperava il suo denaro tra donne, stupefacenti e gioco d’azzardo fin quando i suoi stessi vizi non avevano ucciso lui. La mia unica ancora di salvezza era stato mio fratello maggiore, Sota, a lui dovevo i pochi istanti di tranquillità vissuti. Quando entrambi i nostri genitori morirono, il timore di essere separati e trascinati in qualche orfanotrofio ci aveva dilaniato, ma il destino aveva in serbo per noi qualcosa di ben peggiore: Naraku Kumo. Avevo circa 8 anni il giorno che lo incontrai la prima volta, fu lo stesso giorno in cui scoprì che mio padre era stato ucciso dal capo di una delle più pericolose bande criminali di Tokyo. Lo stile di vita dissoluto condotto dall’uomo che mi aveva dato la vita l’aveva portato ad accumulare un debito ingente a cui non era stato capace di far fronte e la vendetta era, ovviamente, arrivata rapida e letale. Fu allora che il signor Kumo prese sotto la sua “custodia” me e mio fratello per assicurarsi che il debito fosse saldato e ci annunciò che sarebbe spettato a noi saldarlo. Anche quella volta fu Sota a salvarmi, promise a Naraku che si sarebbe messo alle sue dipendenze fin quando il debito non fosse stato saldato. Con il passare degli anni Sota era diventato uno dei più fidati di Naraku. Sapevo quanto aborriva questa vita, quanto detestava ciò che era costretto a fare, ma era arrivato a conquistarsi la fiducia del “capo” permettendo a me di vivere nel modo più sereno possibile. Vivevamo nella lussuosa villa di Naraku ormai da molti anni e solo la “posizione” di mio fratello mi aveva permesso di vivere sotto il suo dominio senza subire eccessivi soprusi e angherie. Naraku mi aveva concesso di studiare, sostenendo che istruita avrebbe trovato più modi per “impiegarmi” e aiutare così Sota a ripagare il debito contratto da nostro padre. Pretendeva da me, vista la sua generosità, il massimo e non esitava a punirmi in modo violento in caso di  insuccessi scolastici.
Durante gli anni di alloggio in casa Kumo avevo avuto però la possibilità di conoscere persone stupende, persone che come me non avevano avuto possibilità di scelta e che erano stati trascinati in quello squallido ambiente per cause non a loro imputabili. Ne erano un esempio Sango e Kohaku. Entrambi erano figli del braccio destro di Naraku; loro padre era stato trucidato da uno sconosciuto sotto i loro occhi e Naraku aveva preso anche loro sotto la sua “ala protettiva.” Sango ha solo un anno più di me ed è la mia unica amica. È una ragazza solare, forte, fiera e determinata che non ha permesso alle difficoltà della vita di piegarla. Suo fratello, Kohaku, aveva seguito la stessa strada di mio fratello e ne era diventato l’amico più intimo e fidato. Le cose erano peggiorate, se possibile, all’incirca due mesi fa quando Sota e Kohaku erano scomparsi. Naraku continuava a sostenere di star facendo tutto ciò che è possibile per ritrovarli, ma di loro non si avevano più notizie. Inutile dire quanto io mi sentissi paralizzata per la paura di poter perdere mio fratello, la mia famiglia, eppure dentro me sentivo che lui e Kohaku erano ancora vivi. Ne ero sicura!
-Kagome, ma insomma mi stai ascoltando?- mi richiamò spazientita Sango.
-Scusami, Sango, ma sai quanto io detesti la matematica. E poi, con tutto ciò che ci sta accadendo, fatico un po’ a tenere il passo con la realtà.- ammisi triste.
-Lo so. È anche per me così, ma sai anche che non possiamo permetterci errori.- mi disse fissando con aria greve il libro che stringeva tra le mani.
Mi limitai ad annuire non sapendo come ribattere, mentre, inconsapevolmente, la mia mano corse a coprire, all’altezza del braccio, un brutto livido segno dell’ultima “punizione” di Naraku. Tentai di dirle, per l’ennesima volta, quanto io fossi convinta che Sota e Kohaku stessero bene, ma dei colpi alla porta mi interruppero. Entrambe tremammo inconsapevolmente. Il timore che Naraku potesse convocarci nel suo ufficio era sempre radicato in noi. Adesso che né Sota, né Kohaku, erano più lì la nostra situazione si era fatta molto più delicata: il signor Kumo pretendeva da me che il debito che Sota con il suo “lavoro” stava pagando venisse saldato. Più volte mi aveva proposto di diventare la sua amante e, di fronte ai miei continui rifiuti, mi aveva non troppo velatamente minacciato di costringermi alla prostituzione pur di recuperare il suo denaro. Fin’ora ero riuscita ad evitare tutto ciò grazie alla speranza di Naraku di poter ritrovare uno dei suoi migliori uomini e svolgendo lavori sicuramente più dignitosi ma che mi permettevano comunque di saldare un po’ alla volta il mio debito. Erano cifre modiche e sicuramente troppo magre per poter pagare una somma così ingente.
-A..avanti..- diede il permesso Sango.
Entrambe sospirammo di sollievo quando a entrare nella nostra stanza fu Koga. Alto, muscoloso, lunghi e lisci capelli scuri raccolti in un’alta coda e che facevano risaltare ancor di più quegli splendidi e orgogliosi occhi azzurri; Koga era una delle persone a cui volevo più bene. Non apparteneva agli uomini di Naraku, ma si era trovato invischiato in quella vita a causa di una vendetta. Non mi aveva mai raccontato la sua storia, se non in modo vago, ma sapevo che a differenza di Naraku non era un uomo crudele.
-Salve, bambole.- ci salutò con tono gioviale.
-Ciao, Koga.- rispondemmo allegre.
-Sapete quanto io adori trascorrere del tempo con voi, ma oggi vado di fretta.- ci avvisò.
-Cosa ti porta qui, Koga?- gli domandò Sango.
-Naraku vuole vederti, Kagome.- mi annunciò serio.
-C..cosa? E perché?- domandai improvvisamente spaventata.
Ogni volta che mi trovavo faccia a faccia con il padrone di casa avvertivo i conati di vomito. Lo stomaco si contorceva e quando mi era vicino diventava quasi impossibile controllarlo. Era incredibile il ribrezzo che quel tizio mi suscitava e in più il timore per le sue intenzioni nei miei riguardi si faceva sempre più forte.
-Non lo so, piccola. Però oggi mi sembra di buon umore.- mi disse tentando di riassicurarmi.
-Vieni, ti accompagno e ovviamente ti aspetterò fuori.-
Rivolsi un cenno a Sango e seguì Koga per quegli intricati corridoi che ben conoscevo.
-Se hai bisogno di aiuto, urla, Kagome, e io non esiterò ad accorrere in tuo soccorso.- mi disse realmente convinto delle sue parole mentre ci avvicinavamo all’ufficio di Naraku.
-Ti ringrazio, Koga, ma so che sto solo rimandando l’irrimandabile. Se Sota non torna il signor Kumo non ci metterà molto a buttarmi in mezzo ad una via.- dissi esprimendo i miei timori ad alta voce.
-Una cosa del genere non la permetterò mai. Kagome, ti ho più volte detto che per te sono disposto a fare molto.- mi disse bloccandosi nel mezzo del corridoio e parandomisi di fronte.
-Ti sono grata per tutto l’aiuto che mi offri.- tentai di dire ma lui mi sorprese.
Si avvicinò a me e afferrate le mie mani le strinse delicatamente tra le sue.
-Sposami, Kagome.-
-C..come?-
-Immagino tu abbia capito da un po’ di tempo che mi interessi.- affermò.
Lo guardai sconvolta, non avendo mai in realtà compreso nulla. Avevo sempre pensato che i suoi gesti nei miei confronti fossero dettati esclusivamente dall’amicizia e dall’affetto.
-V..veramente io..- esitai in imbarazzo.
-Non importa! Mi piaci, Kagome. Ecco, adesso lo sai.- mi disse guardandomi speranzoso negli occhi.
Sapevo di dover dire qualcosa, ma la sua ammissione così come la sua proposta mi avevano letteralmente scioccata, paralizzandomi la mente e seccandomi la gola.
-Anche io, come te, credo che Sota sia ancora vivo, ma fin quando non riusciremo a trovarlo tu corri un grave pericolo. So che Naraku ti vuole per sé e so che ti ha anche minacciata dicendoti che ti avrebbe costretta a prostituirti, ma io una cosa del genere non la permetterò. Se tu mi sposassi, Kagome, Naraku sarebbe costretto a tenere le sue manacce lontane da te. Con me saresti al sicuro..-
-Koga, io non so che dire..-
-Dì solo di sì.-
-Non possiamo sposarci solo per un desiderio di protezione. Un matrimonio comporta molte cose, molte responsabilità..-
-Ti rispetterò, Kagome. Ovviamente non saresti costretta a fare nulla che non vuoi..- mi disse serio.
Arrossì quando compresi a cosa si stesse riferendo.
-Non sarebbe in ogni caso possibile, Koga. Fin quando il mio debito non sarà saldato io appartengo al signor Kumo. Naraku non mi lascerà andare.-
-Naraku per soldi sarebbe capace di vendere anche suo figlio. Non sarà per me un problema pagare il tuo debito liberandoti così da questo peso. Sposami, Kagome. Sposami e non te ne pentirai.-
-Ti ringrazio, Koga.- cominciai.
-Questo vuol dire che accetti?- mi domandò esaltato.
-Aspetta..lasciami parlare. Apprezzo davvero tanto l’aiuto che mi offri e non ti ringrazierò mai abbastanza. Mi dispiace di essere stata fin’ora cieca riguardo ai tuoi sentimenti, ma la situazione che mi circonda non mi permette di prestare attenzione anche a queste cose.-
-Se sono i tuoi sentimenti nei miei confronti a bloccarti, Kagome, dammi la possibilità di farti cambiare idea.- mi pregò.
-N..non è solo questo. Sei una persona importantissima per me, ma ti voglio bene come se ne vuole ad un fratello. Non ho mai avuto una famiglia e tu lo sai. Da bambina ho giurato a me stessa che se un giorno mi fossi sposata l’avrei fatto solo per amore. Solo se realmente avessi amato l’uomo che sarebbe diventato mio marito. Non posso venir meno a un giuramento fatto a me stessa e non posso costringere te a passare il resto della tua vita con una donna che non sarà mai in grado di ricambiare il tuo amore. Con il trascorrere degli anni ti renderei infelice e questo non potrei sopportarlo.-
-Ne sei sicura, Kagome?-
Mi limitai ad annuire e lui sospirò.
-Non insisto solo perché so che quando ti metti in testa una cosa è impossibile farti cambiare idea. Ma sappi che se tu ci ripensassi non dovrai far altro che dirmelo.- mi disse stringendo leggermente la presa sulle mie mani e senza distogliere mai i suoi occhi dai miei.
Annuì ancora una volta e lo abbracciai per trasmettergli ancora tutta la mia gratitudine. Quando ci staccammo Koga era tornato lo stesso di sempre e tenendomi per mano mi accompagnò sino all’ufficio di Naraku.
Giunti dinnanzi a quella maestosa porta di legno scuro sentì le gambe cominciare a tremare. Feci un profondo respiro raccogliendo tutta la forza e il coraggio di cui ero dotata. Mostrarsi spaventata o debole dinnanzi a Naraku sarebbe stato un errore imperdonabile. Non volevo dargli l’opportunità di giocare con me al gatto e al topo.
Bussai e attesi che la sua voce subdola e fredda mi invitasse ad entrare.
Quando oltrepassai la soglia mi ritrovai in quel maledetto ufficio che purtroppo conoscevo molto bene. I colori rosso e oro erano predominanti e ben rispecchiavano la personalità lussuriosa, avara e lasciva del proprietario di casa. Gli arredamenti lussuosi, i tappeti pregiati e gli ornamenti costosi quasi creavano un ambiente irreale in cui tutto urlava pericolo e falsità. Naraku se ne stava comodamente seduto sulla sua poltrona con un sigaro tra le mani, il corpo fasciato da abiti all’ultima moda e gli occhi infidi e scuri che mi studiavano con lascivia.
-Buongiorno, signor Kumo.- lo salutai educatamente inchinandomi.
-Kagome..quante volte ti ho detto di chiamarmi semplicemente Naraku? Ci conosciamo ormai da molto tempo e non vedo il bisogno di tutte queste formalità tra noi. Più volte ti ho fatta partecipe del mio desiderio di una maggiore intimità tra noi..-
-Ha notizie di Sota e Kohaku?- domandai tentando di cambiare argomento.
Lui scoppiò in una sonora risata che mi rese ancora più inquieta e nervosa.
-Vedo che non sei ancora pronta ad accettare la mia proposta. No, non ho ancora avuto notizie di tuo fratello e questo mi spinge a dover trovare altre soluzioni.-
-Altre soluzioni?- domandai non realmente desiderosa di conoscere il significato delle sue parole.
-Kagome, il debito di tuo padre doveva essere saldato anni fa. Alla sua morte, essendo Sota solo un ragazzino, ho concesso generosamente alla tua famiglia altro tempo e devo ammettere che i servigi di Sota mi hanno ampliamente soddisfatto. Ma..- ed esitò.
-Ma..?- lo invogliai a continuare.
-Ora che Sota è sparito io non posso attendere in eterno. Sono stato molto paziente con te fin’ora ma è giunto il momento di chiudere questa storia. Hai i soldi per saldare il tuo debito?- mi domandò con aria tronfia.
Ovviamente sapeva che non avevo a disposizione una cifra del genere.
-No, purtroppo, signor Kumo.-
-Come pensi di risolvere la situazione allora?-
-I..io non lo so.-
-Io ti ho offerto due vie, piccola Kagome. Concediti a me e io riterrò saldato il tuo debito.-
-Oppure?-
-Oppure sarò costretto a farti lavorare come prostituta in uno dei miei bordelli stradali. Sarebbe un peccato però offrire un fiore puro e delicato come te alle intemperie della strada. Immagina il genere di uomini con cui avresti a che fare: violenti, bramosi e insensibili. Cosa ne pensi mia piccola Kagome?-
Strinsi i pugni infastidita. Le strade che mi aveva proposto mi schifavano entrambe in egual modo. Finire a letto con lui, che aveva la fama di essere rozzo e violento, sarebbe stato forse anche peggio dell’essere toccata ogni sera da decine e decine di sconosciuti che mi avrebbero usata senza alcun riguardo.
-La tua non è una scelta difficile, eppure mi sembra tu stia abusando troppo della mia generosità. Capisco il momento complicato che tu stai attraversando e solo per questo ti concederò alcuni giorni per pensarci. Ma bada, se entro cinque giorni non mi avrai dato la tua risposta ti prenderò e ti costringerò poi a lavorare per strada. Stai quindi attenta a non approfittare della mia indulgenza, Kagome.- mi disse con tono cattivo.
Mi limitai ad annuire senza proferir parola perché troppo disgustata da ciò che il destino aveva in serbo per me.
-Posso andare?- gli domandai.
-No! È ora che tu cominci a lavorare seriamente per ripagare il tuo debito.- disse con tono nervoso mentre sfogliava alcuni documenti presenti sulla sua scrivania.
-Oggi si terrà un importante summit. Agli occhi di tutta la città passerà come un incontro tra i più alti vertici per questioni ambientali; si tratterà invece di un incontro tra le più importanti personalità di Tokyo. Voglio che tu vada lì.-
-C..cosa dovrò fare?-
-Lavorerai come hostess. Vedi di fare un buon lavoro e non farmi giungere lamentele altrimenti te ne pentirai. Adesso va via. E ricordati: hai solo cinque giorni, Kagome.-
Mi limitai ad annuire e corsi via da quell’ufficio che puzzava di tabacco e chiuso. L’ultimatum di Naraku mi tormentava e il compito che mi aveva affidato mi rendeva ancor più inquieta. Sapevo quanto quegli incontri potessero essere pericolosi e delicati e quali rischi correvo. Sospirai impotente. La mia vita era davvero un inferno..
 
 
 
All’incirca due ore dopo mi trovavo all’entrata di uno dei più prestigiosi hotel della città in attesa degli ospiti. La divisa che mi avevano costretto ad indossare mi creava non poche noie. La gonna nera era estremamente corta ed attillata per non parlare poi della camicia bianca trasparente, aderente ed estremamente scollata. Sapevo che in quel tipo di eventi le hostess offrivano anche “divertimento” agli ospiti, ma io non avevo intenzione di essere il giocattolino serale di uno di quei loschi individui e le occhiate lascive che più di una persona mi aveva lanciato mi lasciavano l’amaro in bocca. Passai l’intera serata a schivare le avance malcelate di diversi uomini che avevano almeno il doppio della mia età e quando tutto fu finito tirai un respiro di sollievo. Quando tutti furono andati via, restammo a riordinare solo io ed un’altra ragazza che aveva all’incirca la mia età, mentre le mie “colleghe” erano andate via accompagnate dagli invitati alla serata.
-Senti, sono le 02:00 di notte e se non ti dispiace io andrei via..- mi disse con tono sgarbato l’altra ragazza.
Se i suoi modi non fossero stati così arroganti e maleducati probabilmente mi sarei offerta di terminare le pulizie da sola.
-Forse non ti sei accorta che è rimasta ancora una sala da pulire.-
-Carina, ti sembro forse cieca?  Sono già le 02:00 di notte e se non mi muovo non riuscirò ad acchiappare più nessun cliente.-
-V..vuoi dire che ti prostituisci?-
-Perché tu no? Perché credi che ci abbiano mandate qui? Purtroppo né tu, né io abbiamo avuto questa sera la fortuna di essere scelte, ma se mi muovo ho ancora la possibilità di racimolare qualche soldino per strada.-
-Io non sono una prostituta.- mi affrettai a negare.
-Certamente, e io sono una regina. Se non fossi una sgualdrina perché ti avrebbero mandata qui ad allietare la serata di questi ricconi? Ma sai che ti dico? Non mi importa nulla della tua vita! Tu finisci qui, io devo andare!-
Senza aggiungere altro o degnarmi di un sol sguardo, gettò malamente a terra gli attrezzi per pulire e uscì sculettando dalla sala. Trattenni il mio malumore convincendomi che fosse molto meglio trascorrere la notte a pulire piuttosto che vendere il mio corpo. Quando finalmente, un’ora dopo, ebbi terminato cominciai a spegnere le luci nelle varie sale per poi andare via.
-Ehi, chi ti ha dato il permesso di spegnere?- urlò qualcuno.
Avevo appena spento le luci che illuminavano la sala principale, dove si era tenuto l’incontro, quando quella voce nel buio mi fece sussultare.
Riaccesi immediatamente l’illuminazione per vedere chi, oltre me, si trovasse ancora in quella parte dell’edificio. Rimasi incantata a fissare quel ragazzo apparso dal nulla.
Era alto, almeno dieci centimetri più di me, gli abiti che indossava non celavano il suo fisico allenato ma non pompato, le spalle e il torace erano ampi e le gambe lunghe. La parte che più mi lasciò incantata era però il suo viso. I lineamenti decisi e marcati erano estremamente mascolini e piacevoli, il naso dritto, i capelli corti e scuri. Ma la cosa che più di tutto mi stregò furono quegli occhi. Occhi così, forse, non ne avevo mai visti. Scuri, neri, con delle luminose e caratteristiche sfumature violacee. Bui e profondi come il mare in tempesta, mi attiravano in un modo assurdo. Rimasi forse molto tempo a fissarlo perché lo sentì ridacchiare.
-Ti piace quello che vedi, vero?- mi domandò con tono superiore.
Mi squadrò poi dalla testa ai piedi imbarazzandomi e facendomi sentire terribilmente a disagio. Riuscivo quasi a sentire il percorso che quegli occhi tenebrosi avevano seguito e tracciato sul mio corpo troppo esposto.
-Devo dire che non sei da buttare anche tu.- ghignò.
-Chi sei tu? Cosa ci fai qui?- gli domandai infastidita dalla sua prepotenza e dalle strane sensazioni che i suoi occhi mi suscitavano.
-Sei una di quelle che prima di darla fanno mille domande?- mi chiese con tono quasi scocciato.
Spalancai la bocca incredula e mi convinsi di non aver sentito bene.
-Prego?-
-Sei sorda?-
-Senta, non so chi lei sia, ma non dovrebbe trovarsi qui. Ora se per favore vuole andare via cosicché io possa fare altrettanto le sarei molto grata.- dissi infastidita.
-Non posso stare qui? E chi lo dice? Avanti, non fare la difficile!-
-Mi scusi, ma non riesco davvero a capire che cosa vuole da me.- dissi irritata da tutta quella situazione.
Mi squadrò ancora una volta dalla testa ai piedi.
-Sei una hostess, no?-
-S..si, questa sera ho lavorato qui.- dissi, non rispondendo direttamente alla sua domanda.
-Avvicinati!- mi disse con tono suadente.
Come se le mie gambe fossero dotate di volontà propria, mi ritrovai a camminare verso di lui, mente i miei occhi restavano intrappolati in quel manto scuro che erano i suoi.
-Avanti, bambina, non fare la difficile.- mi disse quando mi ritrovai dinnanzi a lui.
-Cosa vuole?-
-Potresti iniziare con un lavoretto di bocca e poi vedremo.- mi ordinò con tono quasi scocciato.
Le sue parole ruppero l’incantesimo che le sue iridi mi avevano imposto e di botto mi allontanai di diversi passi da lui.
-Ma come si permette? Per chi mi ha preso?- gli urlai mentre sentivo prepotente la voglia di schiaffeggiarlo.
-Non fare l’innocentina e muoviti. Sei qui per questo e se ti dimostrerai all’altezza ti pagherò profumatamente. Adesso smetti di starnazzare come un’oca e mettiti a lavoro.-
-Deve aver frainteso, signore. Io non sono di certo qui per soddisfare i suoi desideri.- urlai.
-Davvero? La divisa che indossi dice il contrario. Eppure se così non fosse che problema c’è? Tutte le donne sono puttane!-
Persi il controllo di me e lo schiaffeggiai. Il suono del mio schiaffo rimbombò nitido tra le pareti dell’enorme sala vuota.
-Lei è un porco. Un essere schifoso.- gli urlai.
In un gesto fulmineo catturò il mio polso in una presa ferrea e quasi dolorosa, mi avvicinò a sé finché il suo viso non si trovò a due centimetri dal mio.
-Hai idea di cosa hai combinato? Hai idea di chi ti sei messa contro?- ringhiò.
-I..io..- tentai di dir improvvisamente spaventata.
Chiunque fosse quel ragazzo, se si trovava a quell’incontro voleva poter significare una sola cosa e cioè che non era un soggetto affidabile e pulito.
-Fai bene a tremare, perché sappi che ti sei scavata la fossa con le mani da sola. A chi appartieni?-
-A N..Naraku..- dissi di getto senza riflettere.
Se la situazione fosse stata meno pericolosa gli avrei chiarito che io non appartenevo a nessuno, ma semplicemente avevo un debito con Naraku.
-Bene. Sappi che da questo momento sarò il tuo inferno. Ricorda nessuno tratta in questo modo Inuyasha  Taisho!- mi disse riavvicinando il suo viso al mio.
Mi lasciò poi andare di colpo. Le mie gambe cedettero e mi ritrovai rannicchiata per terra a singhiozzare mentre lo vedevo voltarmi le spalle e andare via. Ero sicura di essermi cacciata in un grosso guaio!




Angolino dell'autrice: Ehm, si sono di nuovo io!
So di avere altre tre storie in corso ma a mia discolpa posso solo dire che " Come te,,nessuno mai" è quasi conclusa e che questa non sarà molto lunga!
Per i contenuti ho ritenuto adatto il rating arancione, ma se qualcuno si è per caso in qualche modo sentito offeso dal testo provvederò a mettere quello rosso!
Che altro? La storia mi girava in testa da troppo tempo per non buttarla giù e spero vi piacerà :)
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate :)
Baci, Vanilla ^^

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Capitolo 2
*** Venduta. ***













ATTENZIONE: Il linguaggio utilizzato potrebbe forse infastidire alcuni lettori più sensibili a certe tematiche.



La tensione era percepibile nella camera mentre aspettavo trepidante una risposta da Sango.
-No, Kagome-chan, il suo nome non mi è nuovo, ma non credo di conoscerlo.- mi disse.
Avevo raccontato alla mia migliore amica tutto ciò che la sera precedente era accaduto, sperando che almeno lei potesse raccontarmi qualcosa a proposito di quello scorbutico ragazzo.
Le sue parole mi avevano terribilmente spaventata ed impedito di riposare per tutta la notte. La sua spocchia mi lasciava intendere che fosse ben sicuro della sua posizione e dei guai che poteva crearmi, ed io non avevo bisogno di altri casini nella mia esistenza già così complicata. Non solo dovevo preoccuparmi di Naraku, ma adesso anche delle minacce di quel ragazzo.
-Forse, Ka-chan, non era nessuno di importante e ti ha detto quelle cose solo per spaventarti.- disse, nel tentativo di rassicurarmi.
-Vorrei crederlo anche io, amica mia, ma è da questa mattina che ho un brutto presentimento e in più quel tipaccio era troppo sicuro delle sue parole. Non stava bleffando.-
-In ogni caso non può realmente farti del male, Kagome. Sei sotto la protezione di Naraku..-
-Protezione? Se non riesce ad acciuffarmi prima il teppista di ieri, finirò comunque nelle mani di Naraku.- bisbigliai sconsolata.
-C..cosa vuoi dire?-
-Naraku ieri mi ha messa alle strette. Mi ha concesso cinque giorni, anzi oggi quattro, per decidere se diventare la sua amante o una prostituta.- le spiegai trattenendo a fatica le lacrime.
-Kagome, ma..-
-Non chiedermi cosa ho intenzione di fare perché non lo so nemmeno io. Sappiamo entrambe che se anche mi concedessi a lui finirei ugualmente in mezzo alla via. Tutti sanno che quando Naraku si stanca “delle sue donne” le rivende come prostitute. Il mio destino è segnato in ogni caso, Sango.- dissi asciugando con un gesto stizzito una lacrima sfuggita al mio controllo.
Sango aprì la bocca, ma nessun suono ne uscì. Sapevo che stava pensando a qualcosa da dire o fare per risollevarmi il morale, ma anche a lei la cosa risultava difficile. Apprezzai comunque il suo sforzo e le sorrisi leggermente rincuorata. Qualsiasi cosa mi fosse accaduta, di una cosa ero certa: avrei sempre potuto contare sulla mia migliore amica.
Decisa a cambiare argomento e rendere quel pomeriggio meno angoscioso, tentai di parlare, ma dei colpi alla porta me lo impedirono.
-Avanti.- invitò Sango.
-Kagome, Naraku vuole vederti immediatamente.- mi annunciò con aria seria uno dei tirapiedi di Naraku.
Scambiai uno sguardo sconsolato con Sango, mentre la paura mi assaliva. Possibile che fosse già venuto a sapere ciò che era accaduto la sera precedente? Mi sarebbe toccato subire l’ennesimo duro pestaggio che lui mi somministrava come castigo?
Il signor Kumo era estremamente violento, ed io ancora portavo sul mio corpo i segni del suo ultimo attacco di collera.
-D..di cosa si tratta?- chiese esitante la mia migliore amica.
-Non ci è dato saperlo, ma Naraku sta ricevendo degli ospiti molto importanti.- spiegò il leccapiedi.
-Di chi si tratta?- provai a chiedergli incuriosita.
-Non ne ho idea, ma non farmi perdere altro tempo. Muoviti se non vuoi subire le collere del signor Kumo.- mi riprese scorbutico quello.
Mi limitai ad annuire e a seguirlo fuori dalla stanza. Mentre percorrevo gli isolati corridoi, sentì il senso di inquietudine che mi aveva assalita quella mattina farsi più pressante. Giunta dinnanzi all’ufficio di Naraku sospirai e deglutendo cercai di mandar giù il groppo che mi serrava la gola. Portai una mano sul cuore, come se potessi così controllarne e bloccarne i battiti accelerati, e alla fine bussai. Qualsiasi cosa mi avrebbe riservato il futuro, l’avrei affrontata a testa alta.
 
 
 
Avevo passato la notte con una delle sciacquette di turno, ma nemmeno sfogare tutto il mio malumore su quel corpo sensuale e procace era servito a mitigare la mia rabbia. Le parole pronunciate con stizza e sdegno da quella ragazza mi provocavano una rabbia incredibile. Se poi ripensavo al suo schiaffo, a quel gesto così avventato, sentivo una voglia matta di fargliela pagare. Avevo passato la notte insonne pensando a quale fosse il modo più adatto per avere la mia vendetta. Glie l’avrei fatta pagare, l’avrei sottomessa al mio volere, scopata e poi abbandonata. Il fatto che fosse di Naraku rendeva le cose più complicate, ma nulla era impossibile per un Taisho.
Mio fratello era a capo dell’unica banda della città che poteva permettersi di tener testa a Naraku. Molti anni prima i nostri genitori si erano fatti la guerra, ma capendo quanto ciò fosse inutile i nostri clan erano infine giunti ad una tregua.
Odiavo Naraku. Lo reputavo un essere viscido, falso, ingannevole e troppo violento, persino per i miei gusti. Proprio come Sesshomaru, non mi fidavo di lui, ma il suo attaccamento per i soldi, il suo essere continuamente alla ricerca di nuove ricchezze, in quel caso sarebbe stato un vantaggio per me.
La puttanella che la sera prima mi aveva sfidato era molto bella, sapevo che per lei il bastardo mi avrebbe sfilato un ben po’ di yen, ma ero determinato ad averla.
Quella mattina, troppo impaziente per attendere, mi ero fiondato poco dopo l’alba nel lussuoso appartamento che Sesshomaru divideva ormai da tempo con Rin. Avevo impiegato diverso tempo a convincerlo che avrei trovato il modo di recuperare il denaro che avrei speso e alla fine, probabilmente stanco di ascoltarmi, mi aveva invitato a fare come preferivo.
I soldi non erano un problema per me, ma prevedevo che il pagamento a cui mi avrebbe obbligato Naraku sarebbe stato tanto ingente da incontrare le proteste di Sesshomaru.
Quando raggiunsi l’abitazione del bastardo era primo pomeriggio; Fui accolto con tutti gli onori e non dovetti attendere molto prima di incontrare  il padrone di casa.
-Inuyasha, è un piacere averti ospite in casa mia.- mi disse invitandomi a prendere posto nel suo ufficio.
Una cameriera, giovane ed estremamente graziosa, si affrettò ad offrirmi del tè ed ogni genere di leccornia e solo dopo aver servito entrambi, lasciò la stanza accompagnata dallo sguardo malizioso di Naraku.
-Ora che siamo soli posso chiederti cosa ti porta qui. Ci sono forse dei problemi?- mi domandò.
-Nulla del genere. Sono qui per una questione un po’ più..personale.-
-Personale? Di cosa si tratta?- mi chiese realmente interessato.
-Immagino tu sappia del summit che si è tenuto ieri.- cominciai.
-Ovviamente. Forse qualcosa non è andata come doveva? Ci sono forse problemi con qualche gruppo?-
-Se così fosse stato avrei risolto i miei problemi da solo.- mi affrettai a chiarire. –Purtroppo la mia questione personale mi conduce a te. Ieri sera ho fatto un incontro davvero interessante.-
-Oh, ora capisco. E così una delle mie pupille ti ha particolarmente colpito.- esclamò con un sorriso malizioso.
Vidi la sua espressione distendersi, mentre probabilmente già pregustava il momento in cui gli avrei offerto del denaro per la ragazza in questione.
-Già..- ammisi, non intenzionato a rivelargli ciò che realmente era accaduto.
-Di chi si tratta? Megumi? Tomoko? O forse la focosa Hikari?-
-Non conosco il suo nome in realtà.- dissi, realizzando solo in quel momento la cosa.
-Immagino tu fossi impegnato a scoprire altro. Non è un problema, le farò chiamare tutte e tre e mi dirai qual è quella che vuoi.-
Mi toccò attendere finchè tutte e tre le donne non furono al mio cospetto. Impossibile negare il fascino di ognuna, ma nessuna di queste possedeva gli occhi ribelli, lo sguardo fiero e la lingua lunga della ragazza che la sera prima aveva osato sfidarmi. Naraku mi lasciò il tempo di studiarle e le congedò poi con un cenno del capo.
-Allora chi è delle tre?- mi domandò.
-Non è nessuna di loro. Le donne che mi hai mostrato sono troppo..mature. La ragazza in questione avrà all’incirca 18 anni, la carnagione chiara e lunghi e lisci capelli neri.-
-Ieri sera io ho mandato al summit solo le donne che ti ho mostrato.- mi disse aggrottando le sopracciglia confuso.
-A meno che tu non stia parlando della piccola Kagome.- mi disse spalancando gli occhi.
-Non conosco il suo nome.- ribadii.
-Tu l’hai avuta? Si è concessa a te?- mi disse con tono agitato e serrando la mascella in un gesto di nervosismo.
-Non so nemmeno se è della stessa persona che stiamo parlando.-
Aprì con gesto stizzito uno dei cassetti della scrivania, cercò tra alcune scartoffie per poi tirarne fuori una fotografia che mi porse. La foto ritraeva due ragazze giovani, una mora e una castana, che sorridevano all’obiettivo. Riconobbi immediatamente nei tratti giovanili di una delle due, la stronza che la sera prima aveva osato schiaffeggiarmi.
-Sì, è lei.- dissi indicandola.
-Tu l’hai avuta?- mi domandò ancora.
Mi chiesi cosa l’avesse spinto a reagire così. Chi era quella ragazza? Probabilmente, pensai, a letto doveva essere una vera bomba o più verosimilmente si trattava della sua amante del momento.
Se le mie ipotesi erano giuste, quel dettaglio rendeva le cose più complicate e soprattutto più costose.
-No, ma la voglio.-
-Non è di una qualunque che stiamo parlando..-
-Non perdiamo tempo con inutili chiacchiere, Naraku. Arriviamo al dunque e dimmi quanto vuoi per quella ragazza.-
-Sempre diretto, Inuyasha. Sono molto affezionato alla piccola Kagome e se i nostri clan non fossero legati da una solida unione non potrei mai cedertela.-
-Quanto vuoi?- gli domandai diretto, deciso a chiudere la cosa in fretta.
Lo vidi sorridere soddisfatto, prima di propormi una cifra impronunciabile. Si trattava davvero di una somma ingente e di sicuro Sesshomaru si sarebbe arrabbiato molto, ma come avevo già detto ero disposto a tutto per avere quella donna. Avrei avuto la mia vendetta e lei avrebbe imparato a sue spese cosa significava mettersi contro Inuyasha Taisho.
 
 
Quando spalancai la porta compresi che la situazione era ancor peggiore di quanto pensassi. Il ragazzo che la sera prima avevo schiaffeggiato se ne stava comodamente seduto in poltrona di fronte Naraku e il riguardo con cui veniva trattato mi lasciò intuire che quello era davvero un pezzo grosso. Se la mia vita fino a quel momento era stata un inferno, probabilmente tra un minuto sarebbe finita.
-Buongiorno.- dissi inchinandomi e tentando di mantenere un’espressione indifferente.
-Mi ha fatto chiamare, signor Kumo?-
L’espressione felice e soddisfatta di Naraku mi confondeva, ma avevo imparato a non fidarmi di lui.
-Sì, Kagome, ho delle cose da dirti.-
Mi limitai ad annuire aspettando che continuasse.
-Immagino tu abbia riconosciuto il signor Taisho. L’hai incontrato ieri.- mi disse con tono mellifluo.
-S..sì, ma non vedo cosa questo c’entri con me.-
-C’entra mia piccola Kagome. C’entra perché da oggi appartieni a lui?-
-Come? Di cosa stai parlando, Naraku?- dissi abbandonando quel tono formale e il distacco che per anni mi ero impegnata a mantenere.
-Hai capito bene. Il signor Taisho ti ha comprata. Quindi ora va su e sbrigati a fare le valigie. Andrai via con lui.-
-Comprata?- urlai –Io sono una persona, non una mucca. Non sono in vendita.-
-Tu mi appartieni. E io dispongo delle mie cose come più preferisco.- mi contraddì assumendo un tono ammonitorio.
Non mi lasciai spaventare.
-Io non appartengo a nessuno se non a me stessa. Ti devo dei soldi, ma questo non significa che sono in vendita.-
Lo vidi alzarsi e avvicinarsi rapidamente a me. Nonostante conoscessi le sue intenzioni, non arretrai. Mostrargli la mia paura, sarebbe stata una resa.
-Tu mi ubbidirai.- ringhiò ad un centimetro dal mio viso.
Subito dopo il palmo della sua mano si abbatté con forza brutale sulla mia guancia.
Ignorai il dolore. Quella volta ero decisa a non cedere. Non avevo ormai più nulla da perdere.
-No.- ribadii.
Vidi il suo braccio sollevarsi di nuovo, pronto a colpirmi ancora, ma le parole dell’altro uomo presente nella camera lo fermarono.
-Non picchiarla. Troverò io il modo per farmi ubbidire.- dichiarò.
Aprì le labbra pronta a rispondere a tono, ma la viscida minaccia sussurrata da Naraku mi bloccò.
-Se osi disubbidirmi farò in modo che questa notte tutti i miei uomini si sollazzino tra le gambe della tua amichetta Sango.-
Sapevo che la sua crudeltà non aveva limiti e che sarebbe stato realmente capace di fare una cosa del genere.
Chinai il capo e morsi le labbra per evitare di rispondere.
Non avrei condannato anche Sango.
-Va di sopra a fare i bagagli.- mi ordinò con tono imperioso Naraku.
-No. Sono ansioso di tornare a casa e non ho voglia d’attendere. Fa in modo che le sue cose siano spedite a casa mia. Partiremo immediatamente.- disse il tipo che avevo compreso si chiamasse Inuyasha.
- Concedimi almeno di salutare Sango.- pregai Naraku.
-Non ne hai il tempo. Recapiterò io personalmente i tuoi saluti alla tua amica.- mi rispose sbrigativo.
In pochi istanti fui trascinata fuori da quella casa che avevo tanto odiato ma che per molti anni mi aveva ospitata, mi obbligarono a salire su una lussuosa auto in compagnia di uno sconosciuto e a percorrere una strada che non sapevo dove mi avrebbe condotta.
-E così il tuo nome è Kagome.- mi disse il ragazzo mentre se ne stava comodamente seduto sul sedile della lussuosa limousine.
- Cosa significa tutto questo? Dove stiamo andando? Naraku non aveva nessun diritto di farmi questo. Io non sono in vendita.-
-Ah no? Strano, Naraku non sembrava pensarla così mentre intascava il mio assegno.-
- È questo il tuo modo di vendicarti? Strapparmi da casa mia per te non è altro che un gioco, vero?- lo accusai.
-Non lamentarti. Nonostante il tuo comportamento di ieri sera ho deciso di concederti un’altra possibilità. Mi ecciti e se saprai soddisfarmi una volta giunti a casa, il tuo comportamento di ieri sera non avrà conseguenze.- mi disse come se mi stesse concedendo un grande dono.
-Puoi scordartelo. Non verrò né ora né mai a letto con te.- affermai sicura.
-Davvero?- mi provocò.
-Preferirei ripulire un porcile piuttosto che essere toccata da te.-
Vidi una scintilla di rabbia attraversargli lo sguardo.
Per un istante temetti che mi avrebbe colpita, se non peggio, ma il ghigno vittorioso e cattivo che gli si dipinse sulle labbra, mi fece intuire che mi aspettava qualcosa di ben peggiore.
-Così sia allora. Se è quello che vuoi ti farò sgobbare come una schiava finchè non imparerai a tenere a bada la tua lingua lunga. Vedrai, presto mi implorerai per venire a letto con me.-
Fui tentata di rispondergli, ma per una volta preferì tacere. Se lui avrebbe, dunque, atteso un mio “invito”, sarei stata a sicuro per molto, molto tempo. Avrei davvero preferito pulire un porcile, piuttosto che concedermi ad uno sconosciuto.
Quando l’auto si fermò, l’autista corse ad aprire lo sportello per farci scendere. Mi bloccai di fronte alla vista dell’immensa casa. Se quella di Naraku era maestosa questa non era da meno.
Completamente immersa in un verde, ampio, lussureggiante e rigoglioso giardino fiorito, era circondata da alte e spesse mura. La casa si ergeva su quattro livelli e tutto sembrava trasudare lusso, prestigio e potere.
-Benvenuta a villa Paradiso, Kagome.- mi disse con tono distaccato.
Quasi mi venne da ridere. Poteva forse esserci nome più sbagliato?
-Vorrai dire benvenuta all’inferno.- lo schernì.
-Questo dipende da te.- mi disse fissandomi, prima di avviarsi verso l’entrata.
Lo seguì guardandomi con curiosità intorno e cercando di nascondere lo stupore causatomi da tutto ciò che mi circondava.
L'entrata dava su vasto salone con camino sulla parete laterale e completamente arredato in stile moderno.
-Sono a casa.- urlò Inuyasha.
-Finalmente. Vorrei tanto sapere dove sei scappato questa mattina così di fretta.- disse un ragazzo comparendo dal nulla.
Lo osservai e contemporaneamente arrossì sotto il suo sguardo famelico. Era alto almeno quanto Inuyasha, ugualmente muscoloso e altrettanto affascinante. Il suo viso, però, era meno freddo e più accomodante. Gli occhi blu brillavano vispi sotto le nere e lunghe sopracciglia e donavano un tocco esotico a quel viso dai lineamenti decisi e mascolini. I capelli corti e neri erano raccolti in uno strano codino e all’orecchio portava due orecchini che gli conferivano un’area da birbante.
-Chi è questa deliziosa creatura, Inuyasha? Da dove viene?- chiese al moro mentre si avvicinava a me.
-L’ho appena comprata. Apparteneva a Naraku.- rispose con tono sprezzante l’altro.
Quando sentì le sue parole, la rabbia mi assalì di nuovo. Avrei controbattuto, se il ragazzo dagli occhi blu non mi avesse colto di sorpresa stringendo improvvisamente le mie mani tra le sue.
-Il mio nome è Miroku, divina creatura. Cosa ne dici di fare un figlio con me?-
Le sue parole spazzarono d’un sol colpo la confusione che il suo gesto mi aveva causato. Mi allontanai da lui e indurì i lineamenti del mio viso.
-Non perdere tempo con lei, Miroku. A quanto pare ci tiene a fare la preziosa.-
-Io non faccio la preziosa. Semplicemente non vado col primo che incontro.- ringhiai, infastidita dalle sue parole.
-No? Che strano è proprio per questo che ti ho comprata. Imparerai l’ubbidienza e dopo di ciò i modi giusti per compiacermi. Fino ad allora però sgobberai come una schiava.- mi sibilò con tono duro per poi scomparire con il suo amico.
Mi lasciarono da sola e spiazzata nell’ampio ingresso, ma pochi istanti dopo fui raggiunta da un uomo che mi spiegò quelle che sarebbero state tutte le mie incombenze.
Durante l’arco pomeridiano fui costretta a lucidare tutti i pavimenti della casa, rassettare, pulire i bagni e portare fuori la spazzatura.  A fine serata potevo ben capire come effettivamente doveva sentirsi una schiava. Ero distrutta, ma preferivo di gran lunga far quello, piuttosto che svendere il mio corpo. Non avevo visto Inuyasha per tutto il giorno e la cosa mi rallegrava. L’omone, a cui era stato probabilmente ordinato di non perdermi di vista, mi condusse infine in quella che doveva essere la mia camera. Non persi tempo a guardarmi intorno, poiché tutto ciò che desideravo era fare una doccia e fiondarmi a letto.
L’acqua tiepida che scivolava sul mio corpo aiutò i miei muscoli tesi a distendersi,  insieme alla sporcizia e al sudore sentì scorrere via anche un po’ della tensione e della stanchezza accumulata.
 
 
Avevo ordinato a Bankotsu di non perderla di vista per nessun motivo. L’atteggiamento di quella ragazzina mi infastidiva, ma ero deciso a piegarla al mio volere. Il mio uomo di fiducia mi disse che la mia preda aveva svolto senza lamentarsi tutte le incombenze che le erano state assegnate e che da poco si era ritirata per la notte. Sorrisi, pensando che quello era il momento giusto per agire. Di sicuro dopo una giornata di fatiche, si sarebbe concessa a me per godere di una vita più comoda. Del resto le donne erano tutte uguali.
Aprì la porta della sua camera senza bussare ed entrai. Sentivo il rumore dell’acqua proveniente dalla doccia e decisi di non interrompere il suo bagno. Pochi minuti dopo l’acqua smise di scorrere e Kagome entrò in camera coperta solo da un leggero asciugamano. Sobbalzò per lo spavento, ma ignorai la sua reazione troppo preso dal suo corpo esposto.
Mi sembrava quasi di poter sentire, anche senza toccarla, la serica consistenza di quella nivea pelle. Le sue lunghe e snelle gambe sarebbero state perfette avvolte intorno ai miei fianchi e quei capelli scuri avrebbero creato un’adorabile contrasto sulle lenzuola chiare. Quel corpo emanava sensualità da tutti i pori. Era una tentazione troppo erotica per poterle resistere.
-T..tu cosa ci fai qui?- urlò.
-Spogliati!- le ordinai, con un tono più duro di quanto avessi voluto.
-Vattene!- protestò lei, tentando di coprire il più possibile il suo corpo con quel misero pezzo di stoffa.
Le sue proteste avevano cominciato a stancarmi. Mi avvicinai a lei e con un movimento rapido le strappai dalle mani l’asciugamano che minimamente la copriva. La visione dei suoi seni pieni, del ventre piatto e della sua femminilità aumentarono oltremodo la mia eccitazione. Con un brusco movimento l’attirai a me e la baciai con ferocia.
La sentì spingere contro il mio petto per allontanarmi, ma non me ne curai. La trascinai a forza verso il letto e l’avrei fatta presto mia se non l’avessi sentita tremare convulsamente e non mi fossi accorto delle lacrime che le rigavano il volto.
-Per quale cazzo di motivo piangi?- urlai.
-Avanti, perché ti sei fermato? Su, violentami!- mi rispose con veemenza lei.
Le sue parole mi bloccarono.
-Violentarti? Sta tranquilla che ti pagherò se è questo che ti preoccupa.- le dissi con voce grondante di disprezzo.
-Non mi interessano minimamente i tuoi soldi. Sentire le tue mani sul mio corpo mi provoca ribrezzo.- sibilò lei.
Mi allontanai di colpo, prima di cedere alla tentazione di schiaffeggiarla. Come diavolo si permetteva?
-Se ti faccio così tanto schifo, lascerò che tu continui a pulire i cessi.- le urlai prima di lasciare di corsa la sua camera.
 
Quella notte mi ero talmente infuriato che nei 15 giorni successivi avevo tentato di trascorrere in quella casa meno tempo possibile. Nonostante mi fossi intrattenuto con altre donne, la visione di quel corpo morbido e vellutato continuava a perseguitarmi, senza concedermi un attimo di pace. La desideravo, ma quella piccola strega continuava a rifiutarmi. Mi aveva accusato di violenza e ancora mi infuriavo al solo pensiero. In tutta la mia vita le donne mi erano sempre cadute ai piedi e mai in vita mia ero dovuto ricorrere alla violenza per averne una. Il solo pensiero mi schifava. Avevo sentito, al contrario, dire in giro che Naraku era spesso brutale con le sue amanti. Perché allora lei ancora lo rimpiangeva?
Possibile che fosse tanto innamorata del suo precedente amante da rifiutare qualsiasi altro uomo? Possibile che il pensiero di Naraku fosse così ben radicato nella sua testa?
L’avevo costretta a 15 giorni di duro lavoro. Ero sicuro che quello le avrebbe reso l’idea di dividere il letto con me più allettante. Sarebbe stata più docile e quella notte sarebbe finalmente stata mia.
 
 
Ero esausta. Non c’era una sola parte del mio corpo che non urlasse di dolore e quella sera neanche la doccia era riuscita a donarmi un minimo di sollievo. Mi sentivo spossata, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Sango mi mancava terribilmente e vivere in quell’enorme villa dove nessuno mi rivolgeva la parola  mi logorava internamente. Ero più sola di quanto non fossi già prima. Uscì dalla doccia e mi rivestì rapidamente. Dopo quanto era accaduto due settimane prima, non osavo girare poco coperta nemmeno nella mia camera. Quando oltrepassai la porta che separava la camera dal bagno, i miei peggiori incubi sembravano essere diventati realtà.
Inuyasha se ne stava comodamente disteso sul mio letto a guardare l’alto soffitto. Avrebbe nuovamente tentato di abusare di me?
La paura mi bloccò.
-C..che ci fai qui?- gli domandai.
-E’ casa mia questa. Sarò pur libero di stare dove voglio?- mi disse, mentre si rimetteva seduto.
-Allora andrò da un’altra parte.- bisbigliai, avviandomi verso la porta e tentando di restare il più lontano possibile da quel letto.
-Fermati, non andrai da nessuna parte.- mi ordinò.
-Che cosa vuoi?-
-Parlarti, per cominciare.-
-Non sei ancora stanca di tutta questa situazione?- mi chiese.
“ Tu non sai quanto” avrei voluto urlargli, ma mi limitai a domandargli a cosa si stesse riferendo.
-Non capisco la tua reticenza. Se solo tu facessi ciò che ti chiedo potresti vivere nel lusso.- mi disse avvicinandosi lentamente a me.
-Non svenderò il mio corpo per avere una vita agiata.- ringhiai, indignata e umiliata per le sue parole.
Con chi credeva d’avere a che fare?
-Credo tu stia abusando troppo della mia pazienza. Sono stanco d’aspettare.- sibilò, stringendo i pugni per il nervosismo.
-Mandami via allora.- gli suggerì.
Rimasi perplessa di fronte alla sua risata.
-Sei pazza? Hai idea di quanto tu mi sia costata? Cos’è preferiresti tornare tra le mani del tuo Naraku?
Mi dispiace per te ma non accadrà mai.-
-E io non verrò mai a letto con te.- sbottai.
Temetti di aver tirato troppo la corda quando vidi i suoi occhi restringersi e rabbuiarsi. La sua mascella si serrò pericolosamente e quasi mi sembrò di udire i suoi denti scricchiolare sotto quell’incalzante pressione.
-Mi sono stancato dei tuoi capricci. Io faccio sempre fruttare i miei investimenti e tu non sarai da meno, ti ho pagata cara e tu mi renderai il favore.-
-Io non ero e non sono in vendita.-
-Lo sarai se non cedi.-
-C..che vuol dire?- domandai inquieta.
-Se continuerai a fare la preziosa con me, ti butterò per strada. Lì si che sarai costretta a vendere il tuo corpo.-
Chinai il capo sotto il peso di quelle parole. Ero stanca di subire minacce e soprusi. Non so se a guidare le mie parole fu lo sconforto o la rassegnazione, ma se davvero il mio destino era quello di finire per strada a svendere il mio corpo, ebbene lo avrei accettato, ma non avrei mai concesso all’uomo che stava per segnare definitivamente la mia vita di violare il mio corpo.
-E va bene, se è questo il destino che mi spetta non mi opporrò. Mandami pure a lavorare per strada insieme alle tue puttane. Recupera pure tutto il denaro che hai ceduto a Naraku per comprarmi, ma tu non mi avrai mai.- urlai sprezzante.
Avrei fatto i conti con la paura più tardi, in quel momento non avrei mostrato a lui nessun segno di debolezza.
-Pensa bene alla tua scelta. Non avrai la possibilità di tornare indietro.- mi sibilò duro.
-Non avrò ripensamenti!-
-Sia come vuoi tu. Se preferisci farti sbattere da decine e decine di uomini ogni sera, ti accontenterò. Rimpiangerai le tue parole, ma a quel punto sarà troppo tardi.- ringhiò ad un centimetro dal mio viso.
Non mi concesse il tempo di rispondere.
-Bankotsu.- chiamò a gran voce.
Pochi istanti dopo il tirapiedi che negli ultimi giorni era diventato la mia ombra entrò in camera mia.
-Mi hai chiamato, Inuyasha? C’è qualche problema?-
-Sì, a quanto pare la signora ha deciso di farci racimolare qualche soldino facendo la battona per strada.- disse sprezzante, indicandomi con un cenno del capo.
-Portala da Kikyo e dille di prepararla. Stanotte dovrà darsi da fare.-
Bankotsu non attese oltre. Mi afferrò poco delicatamente per un braccio e mi trascinò fuori da quella camera. Quella notte avrei capito cosa realmente voleva dire vivere all’inferno.



Angolo autrice: Fiuuu, è stato un lavoraccio scrivere questo capitolo e tutt'ora non ne sono pienamente convinta e soddisfatta.  Le cose sembrano peggiorare per la povera Kagome, che si trova a dover subire le avance e i ricatti di Inuyasha. Quest'ultimo invece non riesce a spiegarsi perchè Kagome, che crede essere già stata l'amante di Inuyasha, non voglia concedersi a lui, La minaccia finale di Inuyasha è stata bella pesante. Cosa credete accadrà nel prossimo capitolo? Spero di avervi incuriosito :)
Poi avrei due piccole domandine da porvi :) Ho una curiosità, per chi segue più d'una delle mie storie, potrei sapere quale preferite e perchè? In più ho tentato di scrivere il più possibile prima che ricominci l'uni e mi ritrovo con quasi tutti i capitoli completi. Quale storia preferireste aggiornassi per prima?
Se vi fa piacere fatemi sapere cosa ne pensate!!
Baci, Sesy ^^

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Capitolo 3
*** Carnefice o salvatore. Chi sei veramente? ***


-Di un po’, ti sei forse rincretinito?- sbottò Miroku.
Erano ore che mi assillava e non riuscivo più a tollerarlo.
-Io..- tentai di dire.
-No, no, non dire nulla. Inuyasha, hai regalato a Naraku una somma enorme per avere quella ragazza. Per cosa? Per buttarla in mezzo ad una strada e costringerla a vendere il suo corpo.-
-Io Non Costringo Nessuno.- ringhiai, marcando ogni parola affinché il concetto gli fosse ben chiaro.
-È proprio a questo che mi riferisco. So bene quanto tu detesti quel giro, so che Sesshomaru ti staccherebbe la testa se venisse a sapere ciò che hai fatto. Ma allora perché?-
-Hai detto bene. Le escort che lavorano per noi lo fanno di loro spontanea iniziativa, senza nessuna costrizione. Io non ho costretto quella ragazza. L’ho messa di fronte ad una scelta e lei ha fatto quella sbagliata.-
-Scelta? Dimmi, Inuyasha, ti sembra quella una ragazza adatta alla strada? In più è troppo giovane per tutto questo. Maledizione, potrebbe persino essere minorenne.-
-Non lo è.-
Sbuffai, esasperato.
-È stata l’amante di Naraku, non dimenticarlo.- replicai, schifato.
-Questo non c’entra e  non spiega nemmeno il motivo che ti ha spinto a prendere questa decisione.- obbiettò.
Sapevo che sarebbe stato impossibile far cadere l’argomento con Miroku. Avrebbe insistito fin quando non gli avessi raccontato tutto.
-Mi ha rifiutato. Ha detto più d’una volta che avrebbe preferito prostituirsi per strada piuttosto che venire a letto con me. Io ho solo realizzato il suo desiderio.- confessai.
La rabbia tornò ad assalirmi. Non sopportavo il modo di fare di quella ragazza; mi irritava il suo modo di arrendersi con le parole, mentre i suoi occhi fiammeggiavano di rabbia e ribellione.
Odiavo il fatto di desiderarla tanto, mentre lei continuava spudoratamente a rifiutarmi.
-Lo sapevo.- bisbigliò il mio migliore amico.
-Che cosa?- domandai confuso.
-Che tu fossi un imbecille, ma non credevo sino a tal punto.- sibilò a denti stretti.
-Non ti sembra di esagerare, Miroku?- chiesi, accigliato.
Se l’imbecille dinnanzi a me non fosse stato il mio migliore amico, l’avrei ucciso di botte per l’offesa arrecatami.
-Per nulla! Puoi immaginare l’inferno che starà vivendo ora quella ragazza?- mi domandò con aria contrita.
La sua veemenza mi fece vacillare.
-Non sarà nulla di nuovo per lei. Ti ripeto che è stata l’amante di Naraku e tutti noi sappiamo delle voci che girano sulle sue prodezze sessuali.- replicai, meno sicuro di prima.
- Io l’ho vista, Inuyasha. Mi trovavo da Kikyo per caso quando è stata portata via. Per quanto tentasse di mascherarlo, i suoi occhi erano colmi di infelicità e paura. Kagome era terrorizzata, Inuyasha.-
Nell’udire quelle parole qualcosa si smosse dentro di me. Mi risultava difficile credere che una donna che era stata l’amante di Naraku fosse ora spaventata dal tocco di un altro uomo, ma l’incertezza non mi abbandonava.
Perché ciò che aveva detto Miroku mi aveva tanto scosso?
 
 
Il cielo, ormai buio, aveva assunto quella sera uno strano colore tendente al nero, pronto alla tempesta.
L’asfalto, di uno smorto e malato grigio, sembrava riflettere in pieno i miei cupi sentimenti.
Tremavo. Tremavo per il freddo, per la paura, per il ribrezzo. Provavo repulsione per la vita a cui i miei genitori mi avevano condannata, per Naraku, per Inuyasha, per quello che tra poco sarei diventata e per quei dannati abiti che mi avevano costretto ad indossare.
Bankotsu, su ordine di Inuyasha, mi aveva condotta da una donna di nome Kikyo. Quella bellezza pallida e smorta mi aveva inizialmente intimorita per il suo comportamento freddo e distaccato, l’avevo poi odiata quando mi aveva obbligata ad indossare quegli abiti. Il top nero era corto, tanto di lasciarmi scoperta parte della pancia, scollato ed aperto sulla schiena. La gonna di jeans riusciva appena a coprirmi il sedere e quasi traballavo su quei tacchi sottili così alti.
L’uomo che mi aveva portata via da casa di Kikyo, e che da allora non aveva smesso di fissare il mio seno troppo esposto e le mie gambe eccessivamente scoperte, si avvicinò a me, espirando fumo dalla bocca.
Quell’odore acre mi nauseava, ricordandomi la pungente fragranza che costantemente impregnava l’ufficio, e inevitabilmente gli abiti, del mio precedente “padrone”.
-Allora, dolcezza, sei pronta per il tuo debutto?- mi domandò, sarcastico.
Non ritenni necessario rispondere.
-Gira voce che “il capo” abbia sborsato una fortuna per te. Mi sembra strano che si sia già stufato, ma non importa. Dovrai fruttarci molto prima che il tuo bel corpo appassisca sotto mani rudi e violente.- ghignò.
Morsi il labbro per non rispondergli a tono.
Odiavo il modo in cui parlava di me, del mio corpo, come fossi un oggetto, un involucro vuoto e privo di sentimenti.
-C..che cosa devo fare?- domandai.
Avrei fatto di tutto purché se ne andasse.
-Solo mostrare il tuo bel corpicino.- mi rispose malizioso, prima di allontanarsi.
Mi voltai a fissare lo squallido posto in cui mi avevano condotto. Ci trovavamo in una stradina fuori mano, stretta e poco illuminata. Su ogni angolo del marciapiede, erano appostate decine di ragazze.
Rimasi incredula, quando riconobbi una donna dalla fluente chioma rossa muovere qualche passo incerto verso di me.
-Ayame.- la richiamai, avvicinandomi a mia volta di qualche passo.
-C..che ci fai qui?- le domandai stupita, mentre i miei occhi correvano ad esaminare le sue forme femminili avvolte in un abito corto e dal colore sgargiante.
-Kagome, sono felice di rivederti, ma avrei preferito farlo in circostanze ben diverse.- mi disse, accennando un sorriso.
Ayame aveva solo due anni più di me e, oltre Sango, era una delle poche persone che potessi considerare amica.
L’avevo incontrata per la prima volta l’anno precedente, quando era stata assunta come donna di servizio nella villa di Naraku.
-Come sei arrivata qui?- le chiesi.
-C’è davvero bisogno di chiederlo? Come te, ho rifiutato quell’essere abbietto e a lui è stato sufficiente un mio solo rifiuto per sbattermi per strada.- mi spiegò amareggiata.
-Mi dispiace.-
-Non dispiacerti per me.- mi disse, ritrovando un po’ di quel brio che era tipico di lei. –Abbiamo poco tempo e io ho molte cose da raccontarti.-
-Poco tempo?- chiesi confusa.
-Ti prego di ascoltarmi. Kagome, Sango corre un grave pericolo. Naraku ha dirottato le sue perverse attenzione su di lei. È violento e non so per quanto tempo quella poverina riuscirà ancora a tenergli testa. Sango è forte, ma lui ha addirittura minacciato di ucciderla.-
Ricevere una coltellata in pieno petto sarebbe stato per me meno doloroso. Sapere che la mia migliore amica era al sicuro, per quanto potesse esserlo vivendo sotto lo stesso tetto di Naraku, era l’unica cosa che mi regalava un po’ d’ottimismo.
Era la speranza di rivedere lei e mio fratello a mantenermi viva e a darmi la forza di lottare.
-Dobbiamo fare qualcosa, Ayame.- esclamai disperata.
-Lo so, Kagome. In effetti contavo di venire a cercarti molto presto. So che il più giovane dei Taisho ha speso una fortuna immensa per averti, e io ho immaginato che se tu glie l’avessi chiesto avrebbe fatto qualcosa per aiutarci. Koga è andato su tutte le furie quando ha scoperto tutto, ma ha convenuto con me che questo fosse il modo più adatto d’agire.-
Koga..troppo presa dal mio incubo personale, avevo finito col dimenticarmi del mio amico, quel ragazzo dai sinceri occhi blu che tante volte mi aveva consolata, spingendomi a vedere il lato positivo anche nelle peggiori situazioni.
-Come sta Koga?- le domandai.
- Sono salva solo grazie a lui.- ammise Ayame, arrossendo.
La guardai, chiaramente confusa.
-Sono qui in attesa che venga conclusa la trattativa tra lui e Naraku. Quando ha saputo di quello che ti era stato fatto è andato su tutte le furie e quando ha scoperto che il signor Kumo voleva fare lo stesso con me, ha offerto a quel bastardo del denaro in cambio della mia libertà. È solo grazie a lui se non sarò costretta a prostituirmi.-
Le sue parole mi alleggerirono il cuore. Sapere che almeno lei sarebbe stata al sicuro, mi rallegrava. Koga avrebbe saputo proteggerla.
-Non temere, troveremo un modo per aiutare anche te, Kagome. Koga non ti lascerebbe mai tra le mani di un estraneo. Piuttosto, com’è che sei finita qui? Non dovresti essere a villa Taisho? Cosa ci fai in questo squallido posto, Kagome?-
-Le cose si sono complicate, Ayame.- ammisi triste.
-Ho rifiutato Inuyasha Taisho. Il resto puoi immaginarlo da sola..-
-Sei una ragazza forte e coraggiosa, Kagome. Non arrenderti proprio ora. Sono sicura che Koga troverà un modo per aiutarti.- bisbigliò convinta.
Mi limitai ad annuire. Non volevo crearle altre inutili preoccupazioni, ma sapevo che non sarebbe stato così semplice.
Con la coda dell’occhio vidi Takumi, l’uomo che ci sorvegliava, avvicinarsi, e per un istante temetti che il nostro conversare fitto l’avesse in qualche modo insospettito o infastidito.
-Ayame, devi andartene.- disse, indicando con un cenno del capo due uomini in attesa, comparsi dal nulla.
-Dove la portate?- domandai di getto, preoccupata.
-Non che siano affari che ti riguardano, ma qualcuno ha deciso che questo piccolo fiore non è adatta a questa vita. Adesso, però, basta perdere tempo. Devi andare via!- ordinò sbrigativo.
Per evitare che perdesse la pazienza, mi affrettai ad abbracciare Ayame e salutarla. Riuscì persino a trovare la forza di rassicurarla, assicurandole che tutto sarebbe andato per il meglio.
Non appena la figura della mia amica fu scomparsa dalla mia vista, l’ansia tornò ad assalirmi.
Se fino a quel giorno avevo creduto che la mia vita fosse un inferno, mi ero di certo sbagliata. Gli inferi si sarebbero aperti per me quella sera. Ne erano sicuramente sintomi il tormento e l’angoscia che mi consumavano da dentro.
Il mio cuore si arrestò quando dei fari superarono la penombra notturna, abbagliandomi.
Una monovolume, dai vetri oscurati, cominciò a farsi spazio per la stretta stradina, fino a fermarsi dinnanzi a me. Vidi Takumi buttar via la sua ennesima sigaretta e sistemare con un gesto impaziente il colletto della sua giacca blu. Si avvicinò,poi, di tutta fretta alla lussuosa auto grigia.
Non riuscì a cogliere nessun pezzo della loro conversazione, ma l’atteggiamento di Takumi, mi lasciò intendere che doveva trattarsi di un personaggio ben noto da quelle parti e soprattutto di qualcuno di potente.
Il fatto che quella monovolume si fosse fermata proprio lì e che Takumi continuasse a lanciarmi occhiate furtive, non mi piaceva per nulla. Lo sconforto più totale si impadronì di me quando vidi l’autista scendere da quell’imperiosa auto e aprire la portiera dei sedili posteriori.
L’uomo al suo interno scese, incamminandosi verso di me.
La luce ad intermittenza di un lampione illuminò la sua figura per alcuni secondi, sufficienti a farmi rabbrividire di disgusto.
Era un uomo basso e tarchiato, costretto in un abito scuro troppo stretto per lui, a giudicare dal tirare del bottone della sua giacca. I capelli grigi e il viso rugoso, lasciavano intuire che quell’uomo avesse ormai superato la sua primavera da moltissimo tempo.
Insomma, quello poteva essere mio nonno. Che diavolo poteva volere da me?
-Kagome, ti presento il signor Mizaya. A quanto pare questo gentile signore è rimasto affascinato da te e desidera trascorrere del tempo in tua compagnia.- mi disse con tono suadente Takumi, quasi come se il vecchio in questione mi avesse invitata a cena.
-Sono sicuro che Kagome saprà compiacerla, signor Mizaya.-
-È una novellina.- dichiarò senza alcuna inflessione nella voce il vecchio.
- È stata addestrata da Naraku in persona.- ribatté Takumi.
Addestrata? Da quanto mi ero trasformata in una giumenta?
Ero stanca di sentirli parlare di me come se non fossi presente. Non mi ero mostrata docile e remissiva né con Naraku, né con Inuyasha e non avrei cominciato a farlo quella sera.
-Io non sono stata addestrata proprio da nessuno. Io non sono un animale da circo.- protestai, risentita ed indignata.
Takumi mi fulminò, intimandomi silenziosamente di tacere, mentre il vecchio scoppiò in una risata divertita che sorprese tutti.
-A quanto pare questa ragazzina è indomita. Vuoi giocare duro?- mi domandò con gli occhi, piccoli ed infossati, che risplendevano di desiderio e pericolo.
-Con te non voglio fare nulla, brutto vecchio pervertito.- urlai schifata.
Takumi mi schiaffeggiò. Troppe volte avevano cercato di piegarmi al volere altrui ricorrendo alla violenza, ma non avevo mai ceduto e non l’avrei di certo fatto di fronte a quel vecchio.
-Sono spiacente, signor Mizaya. Io non..- tentò di dire Takumi, ma il vecchio sollevò una mano invitandolo a tacere.
-Non crucciarti e non batterla. Avevo intenzione di essere gentile, ma se a questa piccina piace il gioco duro vuol dire che l’accontenteremo.-
Lo guardai schifata, tentando di anticipare le sue possibili mosse.
-Tamaho- gracchiò, richiamando quell’energumeno del suo autista –Tienila ferma!- ordinò.
Non ebbi il tempo di dar un senso alle sue parole, che due braccia forti mi afferrarono rudemente e mi spinsero contro la portiera dell’auto, costringendomi all’immobilità.
-Lasciami. Lasciami andare subito, brutto stronzo.- urlai dimenandomi.-
- È inutile che ti ribelli. Tamaho non mollerà la presa e tu meriti una punizione per il tuo comportamento insolente.- sibilò avvicinandosi a me e stringendo il mio mento tra le sue dita callose e ruvide.
Quando le sue labbra cozzarono con le mie, costringendomi ad un bacio viscido e prepotente, lo stomaco si contasse. Per allontanarlo, morsi con forza il suo labbro inferiore finchè non sentì il sapore metallico del suo sangue nella mia bocca. Le gambe mi tremavano e la rabbia e l’adrenalina mi spingevano a provarle tutte per liberarmi.
Mizaya si scostò, portò una mano alle labbra e quando si accorse del sangue, mi schiaffeggiò.
-Adesso basta. Mi hai scocciato, puttana.-
Schiacciò il suo corpo contro il mio, troncandomi il respiro, per permettermi di sentire la sua erezione. Schifata tentai di allontanarmi, ma le mani di Tamaho stringevano ancora le mie spalle in una presa ferrea e dolorosa.
Il vecchio prese a baciarmi il collo, disegnando sul mio corpo una scia di saliva man  mano che si spingeva più in basso verso la scollatura del mio top. Una sua mano prese ad accarezzarmi il ventre, risalendo velocemente, e in quel momento ebbi davvero paura.
Quello era davvero l’inferno!
Le sue mani bruciavano sulla mia pelle, così come avrebbero fatto le fiamme degli inferi e mi sentivo soffocare in quel vortice di dolore e paura. Il timore per ciò che a breve sarebbe accaduto, prevalse sulla rabbia.
Tutte quelle emozioni mi avevano spossata. Ero stanca e le forze mi abbandonarono. Sentivo il mio corpo distante, come se tutto quello non stesse accadendo veramente a me.
Capì di aver cominciato a piangere solo quando percepì il sapore salato delle mie stesse lacrime in bocca.
Sentire la sua mano che si chiudeva, rudemente, a coppa sul mio seno, mi diede il colpo di grazia.
-No, no, ti prego lasciami. Lasciami andare, ti prego.- pregai.
-Ti sei arresa alla fine, puttana. Mi dispiace, ma ho speso troppo per lasciarti andare così.- ghignò, prima di rituffarsi nell’incavo tra il mio collo e la spalla.
Avrei preferito perdere i sensi per non “assistere” a tutto quello che sarebbe accaduto.
-Basta! Lasciala andare!- ordinò una voce dura ed autoritaria.
Fu quel tono, ormai così conosciuto, a svegliarmi da quello stato di torpore.
Il vecchio si allontanò di un passo da me, ma il suo energumeno non mollò la presa sulle mie spalle.
-Taisho, cosa ci fai qui?-
-Ti ho detto di lasciarla andare. Non vedi in che stato è?- ordinò, ignorando la domanda di Mizaya.
-Ho pagato per lei. Qual è il tuo problema?-
-Dice il vero, signor Taisho. Il signor Mizaya ha pagato una cifra notevole per avere Kagome.- confermò Takumi.
-Non mi importa. Restituiscigli i suoi soldi. E non farmelo ripetere ancora una volta, lascia andare quella ragazza.- sibilò.
Stava davvero accadendo tutto ciò o si trattava di un frutto della mia fantasia? Cosa ci faceva lì Inuyasha Taisho?
-Tamaho, lasciala andare.- ordinò il vecchio.
Il leccapiedi si affrettò ad eseguire l’ordine e in un attimo mi ritrovai libera. Libera e circondata da una gabbia di uomini che mi intimorivano.
-Vieni qui, Kagome.- mi ordinò Inuyasha.
Troppo scossa e spaventata feci come mi aveva detto e con le gambe che a stento mi reggevano mi avvicinai a lui.
-Taisho, che stai combinando? Sai quanto io rispetti te e tuo fratello, ma ho pagato profumatamente per avere quella ragazza. Perché ora mi viene negata?-
Già, perché mi aveva strappato dalle braccia di quel vecchio? Che cosa aveva in mente?
Ero esausta, non avrei sopportato altri giochi.
 
 
Ero furioso. Era l’ira a scorrere nelle mie vene, non più il sangue. Stavo violentando me stesso per non prendere a pugni quel vecchio schifoso, ma non volevo spaventare ulteriormente Kagome.
Vederla in quello stato, tremante e piangente, mi aveva sconvolto.
Volevo portarla via da quello squallido posto, ma prima dovevo sistemare le cose con quel vecchio.
-Kagome non è in vendita. Vattene, Mizaya, prima che io perda il controllo. Vattene, prima che io prenda decisioni che porterebbero il tuo clan all’estinzione.- lo minacciai, senza esitazione.
Quel dannato sapeva bene che le mie non erano parole pronunciate senza fondamento, così come sapeva che avevo tutto il potere per fare ciò che avevo detto. Mizaya chinò il capo, conscio della sua inferiorità.
Non prestai attenzione ad altro e sollevando Kagome tra le braccia mi affrettai a portarla via di lì.
 
 
 
-Dove mi stai portando? Mettimi giù.- lo pregai, mentre le lacrime continuavano ad annebbiarmi la vista e i singhiozzi a scuotermi il petto.
Per anni avevo cercato di temprare il mio carattere, di imparare a celare le mie emozioni, ma quella notte tutte le mie maschere erano crollate. Ero troppo sovraccarica di emozioni per trovare un po’ di lucidità o freddezza in quel caos di terrore.
-Calmati! Sei al sicuro adesso!-
-Al sicuro? Lasciami andare, ti prego.-
 
 
La guardai e sospirai. Il viso rosso per il troppo pianto e chiazzato da quel trucco pesante ormai sciolto, il corpo infreddolito e tremante mi riportarono con la mente alla notte di qualche anno prima. Rin allora era poco più che una bambina, eppure quello non era bastato ad arrestare i suoi assalitori.
L’avevano picchiata, seviziata e poi abbandonata quasi morente in una pozza di sangue. Fu uno spettacolo orribile e pietoso che mai avrei dimenticato e che aveva sciolto persino il cuore duro e freddo di mio fratello, che da quel momento non si era mai più separato da quella ragazzina sfortunata.
Mi sentivo una merda per quello che avevo fatto a Kagome. Riuscivo a percepire la paura che aveva di me e quello mi lasciò disarmato. Negli ultimi giorni il desiderio di vendetta contro quella ragazzina insolente mi aveva animato, ma io non avrei voluto quello.
Non v’era traccia in lei della combattiva, ribelle e sfrontata ragazzina che mi aveva sfidato, quella che tenevo tra le braccia era una donna umiliata e ferita.
-Dove stiamo andando?- mi domandò ancora.
-Ti riporto a casa.-
-Capisco. Vuoi abusare di me prima che lo faccia qualcun altro.-
Sollevai di colpo la testa e mi persi in quel mare infinito di dolore, terrore e disperazione che erano i suoi occhi color del cioccolato.
Uno strano sentimento mi attanagliò lo stomaco portandomi a pronunciare parole a me sconosciute.
-Mi dispiace. Mi dispiace davvero per quello che ti ho fatto. Non volevo che le cose andassero così.- proferii, sincero.
Mi sarei aspettato urla, insulti e accuse, ma lei mi sorprese.
Non distolse gli occhi dai miei, smise di piangere e annuì.
-Non mi farai del male?- mi chiese con disarmante sincerità.
Negai con il capo.
Annuì ancora, prima di poggiare la testa contro il mio petto, esausta.
Quel suo gesto così semplice ed innocente, mi scatenò dentro una marea di emozioni inspiegabili.
Quella ragazza era speciale. Fragile e delicata, ma anche forte e determinata. Sentivo per lei un forte e profondo istinto di possesso e protezione che non riuscivo a spiegarmi.
-Non permetterò più nulla del genere. Nessun’altro ti farà del male.-
La mia era una promessa che a nessuno avrei permesso di violare..nemmeno a me stesso.



Angolo autrice:
Ciao a tutti, ed ecco il nuovo capitolo anche di questa storia. Chiedo scusa se il capitolo non è proprio il massimo, ma è stato scritto in un momento di pausa tra un corso e l'altro :)
Che dire? Scopriamo qualcosa del passato di Rin che ci fa capire perchè, come spiega Miroku all'inizio, Sesshomaru ed Inuuyasha detestino "il giro" della prostituzione. Sango è in grave pericolo e Kagome non ha passato per nulla una serata piacevole..staremo a vedere cosa riserva il futuro ai nostri protagonisti.
Chiedo scusa a chi legge "Tra presente e passato" per averla un pò abbandonata, ma ho intenzione di riprenderla non appena ho terminato una delle storie in corso. A tal proposito volevo ricordarvi che mancano 4 capitoli al termine di "Come te..nessuno mai", 10 a quello di "Un nuovo destino" e 4 al termine di questa. Ringrazio ancora una volta tutti coloro che leggono e seguono le mie storie. Siete tantissimi e non so davvero come ringraziarvi :D
Baci, una Serena già stanca dell'università appena ricominciata xD

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Capitolo 4
*** Quando nasce un amore- ***


Continuavo a fissare lo spazio che mi circondava con espressione esterrefatta. L’ufficio in cui mi trovavo era arioso, luminoso, accogliente ed arredato con gusto, l’opposto rispetto al luogo caustico e da brividi dove Naraku trascorreva gran parte delle sue giornate. Ci trovavamo in uno dei grattacieli più lussuosi della città, uno di quello che le persone, specialmente i turisti, si fermavano a guardare con stupore e riverenza. Avevo conosciuto Sesshomaru, il fratello maggiore di Inuyasha. Oltre gli evidenti tratti estetici che li accumunavano, erano opposti. Tanto il primo era posato, calmo, riflessivo,altero e agghiacciante, tanto era il secondo istintivo, impulsivo, irascibile ed avventato. Scoprire che i Taisho gestivano una delle più influenti e redditizie attività commerciali nipponiche, mi aveva dato il colpo di grazia.
Naraku basava la sua ricchezza sui proventi guadagnati con affari illeciti, traffici abusivi, pestaggi, minacce e rappresaglie.
Come potevano persone che operavano nello stesso ambiente essere così diverse?
 
Dopo quella terribile notte le cose tra me ed Inuyasha erano profondamente cambiate. Lui le aveva provate tutte per ottenere la mia fiducia ed il mio perdono, ed alla fine avevo ceduto. Non si era più avvicinato a me in modo sconveniente o inopportuno, non aveva più avanzato nessuna pretesa sul mio corpo, ma soprattutto era diventato estremamente protettivo nei miei confronti. Non permetteva a nessuno di avvicinarsi a me in un modo che lui riteneva inadeguato.
Tornai a fissare il fratello maggiore di Inuyasha, notando, quasi con invidia, come il suo sguardo freddo e disinteressato mutasse drasticamente quando si posava sulle curve, rese morbide dalla gravidanza inoltrata, della sua compagna.
Da quando avevo compiuto 13 anni, da quando la mia mente aveva compreso a pieno quanto fosse dura la realtà in cui vivevo, non avevo mai avuto tempo per pensare al romanticismo. Il mio obiettivo era stato quello di sfuggire alle indesiderate attenzioni del signor Kumo e alle sue punizioni. Ma in segreto, protetta dall’oscurità della notte, nel profondo del mio cuore, avevo sempre sperato un domani di trovare qualcuno che avrebbe guardato me in quel modo, qualcuno che mi avrebbe strappata all’inferno in cui vivevo.
Una voce sottile e decisa mi riportò alla realtà.
-Dunque è questa la ragazza che disperatamente volevi, Inuyasha? Perché l’hai portata qui? Ti ho detto mille volte di non mischiare le due cose. I tuoi giochi di letto non devono essere trascinati nella nostra realtà.- lo rimproverò, mantenendo un’ espressione tranquilla.
-Kagome non è ciò che tu credi.- lo reguardì Inuyasha.
-Questo non spiega il motivo per cui l’hai condotta qui.-
-Perché ho bisogno di un favore. Naraku minaccia l’incolumità di un’amica di Kagome. Quale credi sia il modo più giusto per intervenire?-
-E perché dovremmo immischiarci negli affari di Naraku?- domandò con tono disinteressato.
-Perché ho promesso a Kagome di aiutarla ed intendo mantenere la mia promessa. Ora, posso contare su di te o no?- chiese esplicito Inuyasha.
-Se quella ragazza vive sotto lo stesso tetto di Naraku, non credo ci sia molto che possiamo fare. Solitamente quel verme si stanca presto delle sue donne. Basterà attendere quel momento.-
Indispettita, mi intromisi nel discorso.
-E’ proprio questo il problema, non capisci? Sango non è la sua amante, ma so per certo che il signor Kumo la vuole e non attenderà ancora a lungo per averla.-
-E’ difficile da credere ciò che mi stai dicendo. Naraku l’avrà già fatta sua da un pezzo.-
Il suo tono indifferente e la sua sbagliata convinzione mi infervorarono.
-E invece ti sbagli. Fin’ora Sango ha potuto contare sulla protezione di suo fratello.- asserii.
Mi guardò indeciso.
-Se è vero ciò che dici, il fratello di questa ragazza doveva essere uno dei fidati di Naraku. Solo per uno dei suoi “preferiti” avrebbe mostrato quello che lui considera un grande riguardo.-
-E’ proprio così. Il fatto che Naraku tenesse molto conto dell’operato di Sota e Kohaku ha permesso a me e Sango di vivere tranquille per qualche tempo.- spiegai.
Riportare alla mente il pensiero di mio fratello era sempre doloroso.
L’uomo dinnanzi a me, che si era mostrato freddo e indifferente sin dal nostro arrivo, scattò all’in piedi, sporgendosi verso di me. Arretrai, sorpresa per il suo agire e mi accorsi degli sguardi esterrefatti di Miroku ed Inuyasha puntati su di me.
-C..che cosa ho detto che non va?- domandai preoccupata.
-Hai fatto i nomi di Sota e Kohaku. Li hai conosciuti?- mi chiese interessato il maggiore dei fratelli Taisho.
Esitai per un istante, ma poi annuii.
-Sì, Sota è mio fratello e Kohaku è il fratello di Sango.-
Sesshomaru si lasciò cadere sulla poltrona senza smettere di fissarmi, mentre Inuyasha si avvicinò ancor di più a me.
-Non stai scherzando? Sei davvero la sorella di Sota Higurashi?-
Annuii ancora, confusa da tutta quella situazione.
-Non c’è tempo da perdere. Bisogna strappare dalle mani di Naraku anche la sorella di Kohaku.. prima che sia troppo tardi.- proclamò Sesshomaru.
-Quindi mi aiuterete?- chiesi entusiasta.
 Inuyasha annuii, distratto.
-Se solo ci avessi rivelato prima la tua identità avremmo recuperato tempo prezioso.- sibilò Sesshomaru.
-Basta perdere tempo. Mi occuperò io stesso dell’amica di Kagome, di Sango.- proclamò Miroku, prima di voltarsi e abbandonare l’ufficio.
-Lui la salverà, vero?- chiesi bisognosa di rassicurazioni.
-La porterà qui ad ogni costo. Presto potrai rivedere la tua amica, Kagome.- mi promise Inuyasha.
-Prima però credo ci sia altro che tu debba sapere riguardo a tuo fratello.- disse il maggiore dei Taisho, ottenendo la mia completa attenzione.
-Che cosa c’entra mio fratello?- chiesi con voce strozzata.
-Cosa sai di lui?-
Deglutii. Se pensarlo mi faceva soffrire, doverne parlare rendeva la sua scomparsa troppo cruda e vera. Era come gettare sale su ferite infette.
-Non molto. So solo che non si hanno più notizie sue e di Kohaku da circa tre mesi. Sono scomparsi mentre stavano svolgendo delle mansioni per conto di Naraku.- spiegai.
-Questo è quello che ti ha raccontato quel bastardo, immagino.-
Annuii.
-Le cose non stanno veramente così.-bisbigliò Inuyasha.
-Cosa vuoi dire? Cosa sai che io non so?- domandai, con un nodo alla gola.
-Non voglio illuderti, ma credo che tuo fratello sia ancora vivo. È trascorso ormai più di un anno dal giorno in cui conobbi lui e Kohaku. Tutti noi avevamo un obiettivo comune: sbarazzarci di Naraku e sin da subito abbiamo capito che collaborare sarebbe stata la soluzione più proficua. Sospettavamo da tempo che quel bastardo stesse progettando qualcosa di terribile, che stesse tramando alle nostre spalle e proprio quando eravamo vicini allo scoprire il tutto, tuo fratello e Kohaku sono scomparsi.-
Sentivo la voglia disperata di piangere. Avevo scoperto altre verità, ma queste non portavano a nessun indizio, a nessuna svolta.
-Voi non sapete dove sono, come stanno? Devi trovarli, Inuyasha, ti prego.-
-Stiamo già facendo tutto il possibile, Kagome. Non so in che condizioni lui e Kohaku siano, ma sono certo che siano ancora vivi.- esclamò convinto.
Rivolevo mio fratello. Volevo saperlo al sicuro.
Sentivo l’insopportabile bisogno di urlare, si sfogarmi. Trattenni i singhiozzi per pudore, ma frenare le lacrime fu impossibile.
-Non fare così, Kagome. Ti prometto che lo ritroveremo.- mi giurò.
Annuii pregando affinché le parole di Inuyasha fossero vere.
-Possiamo tornare a casa?- domandai.
-Ovviamente. Vieni!-
Mi posò una mano dietro la schiena, indirizzandomi verso la porta.
-Inuyasha.- lo richiamò il fratello. –Devi tenerla al sicuro.-
-Non c’è nemmeno bisogno di dirlo. Nessuno toccherà Kagome- rispose convinto.
Usammo l’ascensore per raggiungere il piano terra, ma non varcammo l’uscita principale.
-Dove stiamo andando?- chiesi, asciugando le lacrime.
-Credo tu abbia bisogno di svagarti un po’-  mi disse, prima di condurmi verso un corridoio poco illuminato.
-Cosa vuoi dire?- domandai, leggermente intimorita.
Si voltò a fissarmi, arrestando la sua camminata.
-Ti prego, non temermi, Kagome. Ti ho promesso che non ti avrei mai fatto del male e fare qualcosa che potrebbe ferirti è l’ultimo dei miei desideri. Vieni, voglio farti vedere una cosa e poi portarti da una parte.-
Volevo fidarmi di lui e così lo seguì.
 
 
-Questo posto è meraviglioso, Inuyasha.- esclamai scendendo dalla moto e restituendogli il casco.
Sentivo le gambe molli per la folle corsa, ma ero troppo persa nella contemplazione di ciò che mi circondava per curarmene.
Un infinito spazio verde si estendeva a perdita d’occhio, fin quasi a toccare un cielo insolitamente sereno per quel periodo dell’anno.
Le foglie dei tipici colori autunnali e piccoli fiori dai toni delicati, sparsi un po’ ovunque, davano un romantico tocco di colore a quel paradiso terrestre. Sarei stata capace di restare a fissare quel paesaggio tanto semplice e al contempo tanto raro per ore.
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto, perciò ti ho portata qui.-
Sorrisi, inebetita.
D’impulso mi prese per mano, sorprendendomi.
-Vieni.-
Mi trascinò al centro di quel mare verde e tirò fuori dal suo zaino un’enorme tovaglia.
-Aiutami a stenderla.-
Eseguii le operazioni meccanicamente, concentrata in altre riflessioni.
-Quindi tutto questo era già programmato.- constatai.
Sorrise sbilenco.
-Beh, avevo bisogno di farmi perdonare e avevo pensato che quella del pic-nic fosse un’idea carina.-
-Lo è. Grazie!-
-Peccato non avessi considerato di ricevere tutte queste sconvolgenti verità.-
Tutte le informazioni apprese, mi tornarono vivide alla mente.
La difficile situazione di Sango, il destino incerto di mio fratello e Kohaku sembravano in qualche modo deturpare quello splendido paesaggio.
Il mio tormento doveva essere chiaramente leggibile sul mio volto, perché sentii le braccia di Inuyasha stringere il mio corpo, per darmi sostegno.
-Non preoccuparti, piccola. Vedrai che li troveremo sani e salvi.-
Durante gli ultimi giorni Inuyasha mi era stato molto vicino, ma mai così tanto..mai mi aveva abbracciata. Probabilmente quel gesto avrebbe dovuto suscitare in me timore, rifiuto e repulsione per quanto accaduto, ma non fu così. Le stesse braccia che quella notte mi avevano prima condannata, poi protetta e salvata, mi davano un dolce sollievo. Mi abbandonai contro il suo corpo e sentii uno strano calore riscaldarmi.
Cos’era quel vuoto allo stomaco? Quel battere impazzito del cuore?
Ogni volta che un uomo, che non fosse Sota, Kohaku o Koga, mi si avvicinava, il mio corpo scattava: i sensi si allarmavano ed acuivano, i muscoli si tendevano e il nervosismo mi assaliva. Le minacce di Naraku mi avevano segnata inesorabilmente, ma con Inuyasha non era così. Nonostante il nostro burrascoso inizio, non mi sentivo in quel momento minacciata da lui.
Cosa aveva di speciale, di diverso?
-Posso farti una domanda?-
Acconsentì.
-Ecco, mi chiedevo, Naraku basa tutta la sua ricchezza sui suoi affari loschi, ma tu e tuo fratello no. So che non sono affari miei, ma mi chiedevo come mai anche voi, che non ne avete bisogno, siete coinvolti in quell’ambiente.- domandai curiosa, temendo però di aver esagerato.
-Non sempre queste cose si possono scegliere. Un po’ come la tua amica Sango, io e mio fratello ci siamo ritrovati coinvolti in tutto questo. La mia famiglia è a capo del mio clan da diverse generazioni e le cose non potevano cambiare.-
-Ma grazie alla vostra attività avreste la possibilità di liberarvi di tutto il marcio che vi circonda, continuando a vivere agiatamente.- replicai.
-Te lo ripeto: non è semplice. Il potere che la mia famiglia ha accumulato di generazione in generazione è enorme. Siamo uno dei clan più potenti. Ma bada, non sempre questo è un bene. Se io volessi abbandonare questo mondo, non me lo permetterebbero. So troppe cose, il mio stesso potere diverrebbe la mia rovina. Nessuno lascia questo ambiente, se non da morto.-
Le sue parole mi fecero rabbrividire.
-E poi mi piace. Ciò che ho sempre voluto è diventare qualcuno. Essere potente, temuto e rispettato. Voglio che quando gli altri mi vedano passare sappiano di essere inferiori. Ora ho tutto questo. Non è ciò che ognuno vorrebbe?-
-No!- risposi, senza esitazione.
-No? Se non è questo, cos’è che vorresti? Cosa c’è di più bello del potere?-
-E’ semplice: la libertà. Forse tu non riesci a capirlo, ma io per anni sono stata schiacciata da questa tetra realtà. Tutto quello che ho sempre voluto, è essere libera.-
-Non mi sembra tu sia una schiava.-
-Non ci sono catene a legare il mio corpo, ma non ti sembra forse una prigionia quello a cui per anni mi hanno costretta?-
-Non pensarci più. Ora sei libera, Kagome. Libera come l’aria.-
Le sue parole mi colmarono di ottimismo e felicità.
Ero davvero libera?
-Grazie, Inuyasha. Grazie per tutto.-
-Non merito i tuoi ringraziamenti. Ti ho causato tanti dispiaceri per la mia brama di vendetta e nonostante tutto, tu sei ancora qui, al mio fianco, senza rabbrividire.-
-Non ne ho motivo, tu mi hai salvata in qualche modo. Anche se non per fini nobili mi hai strappata a Naraku e non smetterò mai di ringraziarti per questo.-
Vidi il suo sguardo rabbuiarsi.
-Deve essere stato molto difficile per te.-
-Cosa intendi?- domandai.
-Sopportare per tutti questi anni la sua presenza.-
-Non è stato sempre così terribile. Quando ero solo una bambina neanche mi calcolava, ero solo un impiccio per lui. Subito dopo ho potuto contare sulla protezione offertami da Sota e Kohaku. Le cose sono incominciate a peggiorare drasticamente dopo la loro scomparsa. Le minacce e tutto il resto, mi logoravano.-
-Se solo penso a ciò che ti ha fatto.-
Capii subito a cosa si riferiva e sentendo ancora viva dentro me la paura, mi strinsi di più a lui.
-Per fortuna non c’è riuscito.- sussurrai.
Si staccò bruscamente da me, rischiando di farmi cadere.
-Inuyasha, cosa..-
-Cosa vuol dire che non c’è riuscito? Naraku non era il tuo amante?- quasi urlò.
-Il mio amante? No, certo che no. L’ho rifiutato, non potevo sopportare il pensiero delle sue mani sul mio corpo.- spiegai.
Rimase per alcuni istanti a fissarmi a bocca aperta.
-Kagome, quindi tu..sei vergine?- mi chiese.
Arrossii all’inverosimile per quella domanda così diretta ed intima.
-I..io..e..ecco- balbettai.
Lo sentii ridacchiare.
-Scusami, non dovevo chiedertelo, ma il tuo rossore è più chiaro di qualsiasi risposta.-
Tentai di rispondere, ma la sua espressione si fece improvvisamente più fredda.
-Dannazione! Dannazione! Devi andare via. Devi stare lontana da me, Kagome.-
Le sue parole così inattese mi freddarono.
-Cosa? No! No, perché? Inuyasha, non capisco!- urlai, colta dal terrore.
Perché l’ipotesi di stare lontana da lui mi terrorizzava tanto?
-Ma non capisci? Già quello che ti ho fatto è stato orribile, sapendo ora anche questo la cosa è ancora più terribile. Ti avrei segnata per sempre, più di quanto non abbia già fatto quel bastardo di Naraku. Sono un imbecille.- ringhiò.
Le sue parole mi lasciarono spiazzata. Capire che la sua rabbia era diretta solo verso se stesso e non verso me, mi calmò.
-Inuyasha.- sussurrai.
Preda solo dell’impulso, mi alzai e lo raggiunsi. Lo guardai negli occhi e vedere la disperazione in quelle iridi scure, mi spinse a cercare il calore del suo corpo. Volevo sentire un contatto con lui, sentirlo ancora vicino.
-Avevamo già deciso di mettere una pietra sul passato e pensavo che in questi giorni lo avessimo fatto.  Non mandarmi via, Inuyasha. Non ora che comincio a sentirmi a casa, non ora che inizio ad avere fiducia, non ora che comincio a stare bene..con te.-
Le parole mi sfuggirono dalle labbra, o forse dal cuore, prima che me ne rendessi conto.
Le guancie mi scottavano per l’imbarazzo, ma non arretrai. Le mie parole erano vere e non provavo quindi vergogna nell’ ammetterlo. Avevo perso troppo nella mia vita, troppo tempo, troppi momenti, troppe esperienze per nascondermi dietro false timidezze ed inutili giri di parole.
-Kagome- sussurrò prima di stringermi nuovamente a sé.
Mi piaceva il suo profumo e anche sentire la prorompente forza dei muscoli delle sue braccia contro la schiena.
Lo sentii ancora rigido e per abbattere ogni barriera creatasi tra noi, tentai di rendere meno seria quella situazione.
-E poi, se mi mandassi via, come faresti a recuperare tutti i soldi che hai pagato a Naraku per avermi?-
Sospirò e per un istante temetti di aver esagerato.
Il mio timore svanì subito, venendo sostituito dalle risate che il suo solletico mi causavano.
-Così impari.- m’apostrofò.
Prolungò quella simpatica tortura, fin quando con i lacrimoni agli occhi non lo pregai di smettere.
-Ne hai abbastanza?- mi chiese, continuando a stringermi.
-S..sì.- sussurrai, sollevando il volto.
E in quel momento qualcosa scattò. I suoi occhi, così vicini, m’apparvero più luminosi del sole e delle stelle. Quella strana attrazione che mi aveva colta al nostro primo incontro, tornò a divampare. Quegli occhi così scuri erano un mistero che mi spingeva ad indagare, a veder oltre.
Non sapevo come fosse potuto accadere, ma mi sentivo attratta oltre ogni limite, oltre ogni senso da lui. No, non attratta, mi sentivo incomprensibilmente legata a lui.
-I..io.- sussurrai, sentendo il bisogno di dire qualcosa.
-Shhh- bisbigliò. –Lo senti anche tu, vero?-
Il mio cuore cominciò una corsa frenetica nel sapere che anche lui percepiva quello strano filo che ci aveva avvolti. Si avvicinò a me, lentamente, dandomi il tempo di arretrare se l’avessi voluto, concedendomi la possibilità di scegliere, e invece gli andai incontro.
Quando sentì quelle labbra carnose toccare le mie, tutto divampò, il mio “io” si accese. Nulla di tutto quello che avevo provato era mai stato così vivo, così vero, così voluto.
Lo volevo. Ero stata io a sceglierlo, a desiderarlo. E quella voglia di libertà, così a lungo repressa, mi spingeva a chiedere ancora di più. Volevo sentirmi invadere ancora da quella scintilla di vitalità.
Volevo decidere per me, del mio futuro, ma soprattutto volevo scegliere Inuyasha.
Il nostro fu un bacio tenero, improvviso, ma che bruciava di una passione tenuta a freno, la stessa, che capii, si era accesa in me dal nostro primo incontro.
Temevo che una volta staccatami da quelle labbra tutto il mio mondo si sarebbe tinto ancora una volta di grigio. Non volevo più essere cieca ora che avevo visto i colori.
-Kagome..- bisbigliò, facendo toccare le nostre fronti.
Tornai a reclamare le sue labbra, questa volta per un bacio più profondo, più burrascoso.
-Kagome, io..-
-Lo so, è lo stesso anche per me.- sussurrai.
Mi sentivo incoerente, smaniosa. Il mio corpo e la mia mente si erano tramutati in un indecifrabile codice di desideri e bisogni sconosciuti.
-Non dopo quello che stava per accadere quella notte. Non sprecare così, con me, la tua prima volta.-
-Ti ho già detto che quello che più ho desiderato in tutti questi anni è stata la liberà. Non negarmela ora, non tu. Voglio scegliere te, Inuyasha.-
-Oh, Kagome.- bisbigliò, prima di rituffarsi sulle mie labbra.
-Non hai un prezzo, ma sappi che pagherei anche il triplo di ciò che ho dato a Naraku per averti. Sei unica, speciale e rara. Ora sei solo mia, Kagome.- disse, lasciando una scia di dolci baci sul mio collo.
Mi spogliò con lentezza e io feci lo stesso con lui.
Non avevo paura, non questa volta che ero stata io a scegliere del mio destino.
-Se non vuoi, io mi fermo.- mi sussurrò, bloccando le sue mani sui miei fianchi.
-Ricorda: ti sto scegliendo io.- ribadii.
Riprese il suo tenero assalto e mi fece distendere sul prato.
Combattendo la mia timidezza lasciai scorrere la mia mano sul suo torace, scoprendo che mi piaceva accarezzare quella pelle abbronzata.
Le sue mani mi incendiarono, mi vezzeggiarono, mi venerarono. Baciò ogni centimetro del mio corpo con dolce trasporto, iniziandomi a qualcosa di nuovo con tenera premura.
Mi amò con gentilezza, facendo sparire immediatamente il dolore e insegnando al mio corpo e al mio cuore sentimenti ed emozioni mai conosciuti.
 
-Grazie, Inuyasha. È stato tutto meraviglioso.- sussurrai, stretta tra le sue braccia.
-Tu sei meravigliosa.- mi disse, baciandomi i capelli.
Mai come in quel momento mi sentii libera.
Ero libera d’amare.
 
 
 
Pov’s Sango.
Era tutto più difficile da quando Kagome era andata via. Il peso sulle mie spalle si era raddoppiato e mi mancavano infinitamente quei brevi momenti di tranquillità che solo insieme riuscivamo a provare.
Ero infinitamente preoccupata per lei. Stava bene? Più volte avevo chiesto notizie a Naraku, ma tutto quello che avevo ottenuto in cambio erano stati schiaffi ed insulti.
Non sapevo a cosa fosse dovuto, ma dopo la “partenza” di Kagome, per quanto la cosa mi sembrasse difficile, la situazione era peggiorata. In tutta la villa si respirava un’aria estremamente tesa e di diffidenza. Naraku era più intollerante del solito e a farne le spese era stata anche la povera Ayame. Cercavo di farmi vedere per i corridoi il meno possibile, per la paura di scatenare la furia del signor Kumo anche con uno sguardo.
Era diventato intrattabile, ogni situazione per lui era buona per rimproverarmi, minacciarmi e punirmi. Sentivo il corpo ancora indolenzito per l’ultimo brutale pestaggio, ma ciò che più mi faceva male era la paura. Naraku mi voleva e io non potevo oppormi in nessun modo. Lottare, gridare e protestare non sarebbe servito a nulla, se non a rendere il supplizio più violento e doloroso. Sapevo che lui avrebbe goduto del mio dolore e della mia paura.
Il giorno prima era stato categorico: mi voleva e mi avrebbe avuto. Ora che né Sota, né Kohaku potevano contrastarlo, sapevo di non avere più possibilità di salvezza. Aspettavo l’irrimandabile che sarebbe giunto da un momento all’altro.
La porta della mia camera si spalancò improvvisamente, senza preavviso, e per lo spavento lasciai cadere il libro che avevo tra le mani.
I miei nervi erano tesi e le gambe cominciarono a tremare quando uno degli sgherri di Naraku mi annunciò che il “capo” voleva vedermi immediatamente  nel suo ufficio.
Studiai la mia camera in cerca di una via di fuga e per un momento anche l’ampia finestra mi sembrò più invitante della strada che mi avrebbe condotto da quell’essere schifoso. Sapevo di dovermi muovere,  ma le mie gambe sembravano ancorate al suolo. Le mani mi sudavano, lo stomaco si contraeva e il cuore batteva impazzito; tuttavia sapevo che più che all’amore quei sintomi erano dovuti al terrore.
Conscia di non aver via di fuga, costrinsi le mie gambe a muoversi e con rassegnazione percorsi la strada del mio destino. Mentre seguivo uno degli uomini del signor Kumo presi la mia decisione. Non mi sarei mai piegata, non avrei mai ceduto. Non importava quanto male mi avrebbe fatto, non avrei mai assecondato i perversi piani di quell’essere schifoso.
Parte della mia sicurezza, della mia determinazione, tuttavia mi abbandonò non appena oltrepassai quelle porte che avevo sempre paragonato all’entrata dell’inferno di Dante. Odiavo i colori statici e in qualche modo allarmanti di quell’ufficio, odiavo le pesanti tende che non lasciavano entrare la luce solare, odiavo l’essere viscido che seduto comodamente sulla sua poltrona mi fissava con espressione tronfia e soddisfatta.
-Mi ha mandata a chiamare, Signor Kumo?- chiesi senza inflessioni nella voce, tentando di mascherare la paura.
-Sì, Sango. Mettiti pure comoda. Ciò che ho in mente richiederà molto tempo.- rispose, divertito.
-Come posso aiutarla?-
-Saltiamo la parte de convenevoli. Tuo fratello è morto e tu ora sei senza protezione.- esclamò diretto.
-Kohaku non è morto!-esclamai risentita, scattando in piedi.
-Siediti, Sango.- mi ordinò con finto tono dolce.
Ribollivo di rabbia, ma obbedii.
-Come dicevo, e non osare contraddirmi, tuo fratello è ormai morto.- fece una pausa ad effetto e sorrise soddisfatto per la mia mancata protesta.
Strinsi i pugni.
-Ora sei sola e senza protezione. Sai quanto questo ambiente sia pericoloso per una ragazza indifesa. Ho deciso quindi che ti prenderò sotto la mia ala protettiva, se tu sarai gentile con me-
Lo stomaco si rivoltò.
-Temo di non capire.- balbettai, cercando di guadagnare minuti.
-Sì, che capisci, Sango. Ho deciso che diventerai la mia amante. Ti sto concedendo un grande onore.- asserì.
-Io la ringrazio, ma non..-
-Non hai facoltà di scelta. Vedrai che ti divertirai, dolcezza. Hai molto da imparare, sarà quindi meglio cominciare subito.- sussurrò.
Le sue parole mi pietrificarono e fu probabilmente a causa dello shock che non mi accorsi nemmeno del suo movimento fulmineo. Me lo ritrovai improvvisamente vicinissimo. Mi sollevò dalla poltrona su cui sedevo e premendo il suo corpo contro il mio mi costrinse ad arretrare finchè non toccai la scrivania che fino a pochi istanti prima ci aveva diviso. Mi lasciai modellare come creta tra le sue mani a causa della sorpresa, ma quando le sue labbra cozzarono contro le mie in un bacio ruvido e umido, mi risvegliai.
Protestai e tentai inutilmente di allontanarlo. La sua presa sui miei fianchi si fece più decisa, dolorosa, e avrei urlato se la porta dell’ufficio non si fosse aperta improvvisamente, distraendo il mio assalitore.
-Che diavolo succede?- sibilò Naraku, staccandosi da me.
Barcollai e un singhiozzo incontrollato mi sfuggii dalle labbra. Mi voltai a guardare il mio salvatore, colui che inconsapevolmente mi aveva salvato da un abuso.
 I miei occhi lucidi si posarono sulla figura di un ragazzo alto e moro. Doveva avere all’incirca la mia età, resa evidente non solo dai tratti giovani, ma anche dall’abbigliamento curato e alla moda. Gli occhi vispi, attenti ed intelligenti erano di un profondo e raro blu e per un attimo mi ci persi. Non sapevo chi fosse quel ragazzo giunto all’improvviso, ma sapevo che probabilmente Naraku lo avrebbe ucciso per il suo comportamento indisponente. Non ne conoscevo il motivo, ma mi ritrovai a pensare che non volevo che quel ragazzo morisse. Era assurda ed inspiegabile la mia preoccupazione per uno sconosciuto, vista la pessima condizione in cui mi trovavo io stessa.
-Miroku.- lo chiamò il padrone di casa.
-Naraku.- rispose l’altro, tranquillo come se non avesse appena fatto irruzione nella villa di un uomo poco raccomandabile.
Il fiato mi si mozzò in gola, quando compresi che probabilmente quello strano ragazzo, per comportarsi in un modo tanto spacciato, doveva occuparsi degli stessi loschi affari di Naraku
Arretrai istintivamente.
Il mio movimento attirò l’attenzione del nuovo arrivato, che nel vedermi accennò un leggero sorriso.
-Qual buon vento ti porta qui, Miroku?-
-Dobbiamo parlare.-
-Sango, lasciaci soli.- mi ordinò il signor Kumo.
Colsi l’occasione al volo, ma le parole di quello, che avevo capito chiamarsi Miroku, mi fermarono.
-No, falla restare. È proprio di lei che voglio parlarti.-
Lo guardai confusa. Cosa poteva saperne di me quel ragazzo che non avevo mai conosciuto?
-Cosa c’entra lei?- chiese, sorpreso quanto me, il padrone di casa.
-Se non sbaglio questa ragazza è una cara amica di Kagome.- cominciò.
Nel sentire il nome della mia migliore amica mi feci più attenta. Tentai di parlare, per chiedere notizie, ma un’occhiataccia di Naraku mi convinse a tacere.
-Già, lei e Kagome erano abbastanza legate. Piuttosto come sta quel dolce fiorellino? Inuyasha ne è soddisfatto?-
-Più che soddisfatto. Kagome è una ragazza fantastica e Inuyasha si è molto affezionato a lei. Vorrebbe renderla felice e proprio questo mi porta qui.-
-Cosa mi stai chiedendo, Miroku?-
-Kagome si sente sola in una casa tanto grande e rimpiange la compagnia di Sango. La vuole accanto a sé.-
Un barlume di speranza si accese nel mio cuore. Ritrovare la mia migliore amica, lontana da Naraku, sarebbe stata la realizzazione di un sogno.
-Non posso acconsentire. Sango per me è un’ottima garanzia.- sussurrò.
Non compresi le sue parole e probabilmente nemmeno Miroku, visto la sua espressione accigliata.
-Non portiamola per le lunghe, Naraku. Sappiamo tutti e due che faresti di tutto per i soldi e io te ne offro non pochi. Per lei ti darò il doppio di quanto Inuyasha ha pagato per avere Kagome.-
Non mi piaceva l’idea di “avere un prezzo”, ma non protestai. Volevo solo andare via e speravo che Naraku avesse ceduto di fronte ad una proposta tanto allettasse. Non sapevo quanto Inuyasha Taisho avesse pagato per riscattare Kagome da Naraku, ma tutti sapevano che si trattava di una cifra esorbitante.
 Osservai l’espressione accigliata, quasi addolorata, di Naraku e la paura tornò ad assalirmi.
-Non posso accettare questa volta. Se però ci tieni ad averla per una notte, posso accontentarti.- propose.
Mi sarei ribellata, se non l’avesse fatto prima quel ragazzo piovuto dal cielo.
-Non ho davvero bisogno di questo. Non ho bisogno né di minacciarle, né tantomeno di pagarle le ragazze..io- protestò schifato.
-In questo caso credo che non ci sia altro da aggiungere.- aggiunse Naraku, congedandolo silenziosamente.
Vidi la mia unica speranza di salvezza lanciare uno sguardo dispiaciuto a me ed uno evidentemente schifato al signor Kumo prima di voltarsi e abbandonare la stanza. Insieme a lui spariva anche il mio futuro.
-Allora, Sango, dove eravamo rimasti?- mi domandò con tono suadente Naraku, riavvicinandosi.
Se la prima volta mi aveva colto di sorpresa, rendendomi impossibile qualsiasi reazione, questa volta non gli avrei concesso lo stesso favore.
-Non voglio venire a letto con te.- dichiarai, sicura.
Si accigliò.
-Non mi importa dei tuoi desideri. Farai quello che ti dirò e più ti opporrai meno ti renderò felice l’esperienza.- dichiarò con tono sprezzante.
-Non ti permetterò di toccarmi. Non mi userai violenza.- affermai convinta.
-Sei ostinata come quella dannata della tua amica. E va bene, se non vuoi collaborare vuol dire che mi prenderò ciò che voglio con le cattive.- sibilò.
Si avventò su di me. Mi artigliò con forza un braccio, afferrò un lembo della mia canotta all’altezza del collo e la strappò. Urlai per il suo gesto e per la mia impotenza.
-Sta zitta, sgualdrina.- strillò, colpendo con forza la mia guancia sinistra.
Tornò a lambire la pelle del mio collo e un brivido di disgusto mi attraversò tutta. Sentivo le mie forze scemare a causa della paura, ma la disperazione mi portava a urlare e protestare. Scalciai istericamente nel tentavo di allontanarlo dal mio corpo e quando morse la pelle tra il collo e la spalla, urlai ancora.
Non capii con chiarezza ciò che accadde dopo.
 La porta venne nuovamente spalancata e Naraku fu allontanato di peso da me. Sarei crollata al suolo se un braccio forte non mi avesse sostenuta.
-Sei arrivato fino a questo punto? Stavi per violentarla?- sussurrò indignata una voce al mio fianco.
Ero confusa, stordita, ma riconobbi i tratti affascinanti e magnetici del giovane incontrato prima.
-Che diavolo combini? Questi non sono affari tuoi!- si ribellò indignato il padrone di casa.
Tentai di emergere da quello stato confusionale; sapevo che quella era la mia ultima possibilità di salvezza.
-Non lasciarmi con lui. Ti prego, aiutami.- lo pregai.
I suoi occhi si incatenarono ai miei e li vidi incupirsi. Sapevo di correre un rischio immenso affidandomi ad un estraneo, ma non avevo altra scelta.
-Miroku, questi non sono affari tuoi. Sparisci di qui e dimenticherò e scuserò il tuo gesto avventato.- gli consigliò.
-Ce la fai a reggerti da sola?- mi domandò gentilmente.
Provai l’ irrefrenabile impulso di stringermi a lui, ma acconsentii.
Lo vidi avanzare a passo sicuro verso Naraku.
-Sai una cosa? Sei un figlio di puttana.- esclamò con enfasi.
Sul volto del signor Kumo si dipinse un’espressione di sorpresa, sostituita subito dopo da una di collera. Tentò di rispondere, ma un pugno deciso lo colpì alla mascella facendolo crollare.
Portai le mani alla bocca per reprimere l’urlo che nacque spontaneo nella mia gola.
Naraku si rialzò a sedere, portò una mano alla parte lesa e fissò Miroku con odio.
-Hai idea di ciò che hai combinato?- sibilò.
In risposta il ragazzo ghignò.
-Ovvio. Da questo momento pagherai per tutte le tue vigliaccherie. È guerra aperta.-
Ancora una volta gli impedì di parlare. Lo colpì con un calcio all’altezza dello stomaco.
Si voltò di nuovo verso me.
-Stai bene? Riesci a camminare?- chiese gentile, ma frettoloso.
Annuii, confusa e spaventata.
-Non temere, non voglio farti del male. Voglio portarti via di qui, ma dobbiamo fare in fretta.- dichiarò, guardandosi intorno.
Mi tese la mano e senza esitare gli porsi la mia.
 La strinse, mi sorrise e correndo mi condusse via da quella che per molti anni era stata la mia prigione.
 Finalmente ero libera!




Note dell'autrice : Salve ragazze :D
ed anche il nuovo capitolo di "All I ever wanted" è stato sfornato :)
Che dire? Ne succedono un pò di tutti i colori. Inuyasha e Kagome, le nuove notizie su Sota e Kohaku, Sango e Naraku e infine il gesto di Miroku che ha segnato l'inizio della guerra tra i due clan! Sarà forse che il capitolo è pieno di eventi, ma non mi convince nulla. Mi sembra di esser passata troppo frettolosamente da una parte all'altra, come una pallina da flipper. Come sempre lascio a voi il giudizio finale! Sarei quindi felicissima di conoscere la vostra opinione :D
Invito tutti coloro che non l'hanno ancora fatto e che ne hanno voglia a iscriversi al gruppo che trovate qui : https://www.facebook.com/groups/758064124210814/ Troverete tante pazze, spoiler e tant'altro..vi aspetto quindi numerosi :)
Ringrazio tutti coloro che leggono, recensiscono e seguono le mie storie! Grazie davvero :D
Alla prossima!
Baci, Vanilla ^^

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Capitolo 5
*** Guerra aperta: Battaglia al femminile! ***


Durante i lunghi anni trascorsi a villa Kumo, nei pochi istanti in cui mi ero concessa di pensarci, avevo sempre creduto che la felicità, quella vera, si nascondesse nei gesti piccoli, semplici.
Insomma, basta poco per essere felici.
Ne avevo avuto la conferma, ora, che starmene tra le braccia di Inuyasha, rannicchiati sul divano in una calda e confortevole casa, mi scaldava il cuore di una sensazione nuova.
Semplice, ma intensa. Quotidiana, ma speciale. Era questo il sapore che avevo sempre associato alla felicità.
Era ormai qualche sera che ci trovavamo nella stessa identica situazione: l’enorme schermo piatto proiettava le immagini di un film incomprensibile, perché coperto dalle urla e dagli schiamazzi dei litigi tra Sango e Miroku.
La mia migliore amica era giunta a villa Paradiso da ormai una settimana.
Quando l’avevo vista, tremante e sconvolta, avevo temuto il peggio, ma mi aveva rassicurata, raccontandomi del tempestivo salvataggio di Miroku. Per me era stata una gioia immensa riaverla accanto, ma Sango inizialmente si era mostrata, comprensibilmente, diffidente e sospettosa nei confronti dei padroni di casa.
Era bastato, però, raccontarle dell’accordo che i Taisho avevano con Kohaku e Sota e le mie rassicurazioni per far emergere il suo vero carattere, quella scintilla di vitalità e determinazione nei suoi occhi che tanto adoravo.
-Non ti sembra che la scena stia cominciando a ripetersi un po’ troppo spesso?- mi sussurrò all’orecchio Inuyasha.
Quel leggero brusio mi riportò alla realtà.
Sorrisi divertita nel vedere la mia migliore amica che scuoteva Miroku, con la faccia stranamente gonfia e rossa, dopo averlo afferrato per il colletto della camicia firmata.
Il ragazzo durante i primi giorni si era dimostrato estremamente premuroso, accorto e protettivo, ma quando aveva intuito la vera tempra della mia amica, le sue manie da pervertito erano venute a galla..e non c’era nulla che Sango sopportasse meno della farfalloneria maschile!
-Non credi che, dopo ciò che quel bastardo stava per farle, le molestie di quello stupido possano infastidirla sul serio?- mi chiese ancora.
-Dici questo perché non hai ancora avuto modo di conoscerla davvero; se Sango fosse davvero infastidita dagli approcci di Miroku, probabilmente lui a quest’ora sarebbe conciato molto male.-
Sollevò un sopracciglio, scettico.
-Ma se non fa che menarlo dal mattino alla sera.-
-Immagino che il loro sia un modo alternativo di conoscersi, di approfondire il rapporto. Ti dirò, nonostante le sue manie da depravato Miroku non è affatto male e credo che a Sango lui non dispiaccia per nulla.-
-Non capisco su cosa si basi la tua teoria, ma mi fiderò del tuo istinto femminile.-
Sorrisi e lo baciai.
Ancora mi lasciava stupita ed esterrefatta il ricordo di come mi fossi lasciata andare con lui.
Non avevo, ovviamente, alcun rimpianto e a distanza di giorni riuscivo ancora a ricordare perfettamente i brividi che avevano scosso il mio corpo, le mani gentili di Inuyasha che mi davano piacere, il senso di leggerezza, voluttà, ebrezza e libertà.
Il rapporto tra noi era strano, sospeso.
Dormivamo insieme, vivevamo insieme, ma non avrei saputo definire il nostro legame, non sapevo quali sentimenti lo animassero e alimentassero.
Non avvertivo, però, la necessità di esprimere a parole qualcosa che sentivo aveva già legato i nostri cuori.
Sentivo di giorno in giorno i miei sentimenti crescere e farsi più forti, e lo scintillio che illuminava i suoi profondi occhi scuri ogni volta che si posavano su di me mi portava a sperare che per lui fosse lo stesso.
Tutto in quella casa era perfetto, ma era fuori che si annidava il male…il gesto di Miroku non era stato senza conseguenze.
Per le strade della città si era scatenata una guerra che non era passata inosservata nemmeno alle tv locali: incendi, minacce, pestaggi..e sapevo che quell’inutile battaglia aveva già fatto anche dei morti.
Inuyasha e Miroku avevano tentato in tutti i modi di tenere me e Sango fuori da tutto, di proteggerci, ma era stato impossibile.
Non potevo e non volevo essere messa da parte, anche se per il mio stesso bene, in questa questione.
Di mezzo c’erano innocenti, mio fratello, Kohaku e tantissime altre persone che conoscevo; in più, mi sentivo in parte colpevole per la guerra che stava insanguinando le strade della capitale.
Tremavo al solo pensiero che Inuyasha o Miroku potessero rimetterci la vita.
Non volevo rischiare di perdere la mia nuova famiglia, quell’accenno di felicità che avevo da poco cominciato a pregustare, ma più d’altra cosa volevo che Naraku pagasse per il male fatto nella sua vita.
-Stai ripensando a quel bastardo, vero?- mi domandò Inuyasha, stringendomi più forte tra le sue braccia, quasi a volermi proteggere dai miei stessi pensieri.
-Come potrei non pensarci?-
-Devi stare tranquilla, Kagome. Ti ho promesso che lui non interferirà più nelle vite tue e di Sango..ha già seminato troppo male.-
-Non è solo per noi che temo. Ho paura per Sota e Kohaku di cui non si sa ancora nulla, per te, per Miroku, per Sesshomaru e per tutti coloro che verranno inevitabilmente coinvolti in questa faida.-
-Non siamo stati noi a coinvolgere chi non c’entrava nulla. Naraku sta cercando di danneggiare  la nostra immagine pubblica, ma non troverà nulla. Sesshomaru è molto accorto.-
-E cosa farà dopo? Conosco Naraku e so che non mollerà. Fin quando non avrà trovato un modo per metterci in ginocchio, non cederà. Lui vi vuole morti, Inuyasha.-
-Non temere, non ci accadrà nulla. Le ricerche di Sota e Kohaku danno sempre maggiori esiti e fin’ora l’unico ad essere stato danneggiato in modo irreversibile da questa guerra è stato proprio Naraku. Sapevi che quel maledetto era già stato condannato? Dovrebbe essere in carcere a scontare una pena, ma i suoi soldi e le sue conoscenze gli hanno concesso la libertà.
Bankotsu ha trascorso gli ultimi giorni alla ricerca di prove che potessero inchiodarlo e sembra molto vicino ad ottenerle. Se riuscissimo a dimostrare che Naraku è l’artefice della bomba che è stata fatta esplodere qualche giorno fa accanto ai giardini pubblici e che ha quasi ucciso quel bambino nessuno riuscirebbe a salvarlo dal carcere.-
-Temo che neanche questo sarà sufficiente. Naraku Kumo non dimentica nulla. Sono sicura che troverebbe un modo per uscirne e a quel punto non si fermerebbe..lui ci vuole morti.-
-Non voglio spaventarti, Kagome, ma non è l’unico ad avere desideri simili. Mandarlo in prigione non mi basta..-
-Tu vuoi la sua testa, vero?- chiesi, rabbrividendo.
-Mettere fine ai suoi giorni è l’unico modo che conosco per fermarlo davvero. Deve pagare, per tutto il male che ha fatto, per ciò che stava per fare a Sango, per la sua falsità e soprattutto per l’infelicità che ti ha procurato in tutti questi anni.-
Sospirai, non sapendo verso che direzione spingere i miei pensieri. Anche io desideravo vedere Naraku morto, sentirmi definitivamente libera dall’ombra delle sue minacce che sembrava gravare sempre su di me, ma non sapevo se volevo che fosse proprio Inuyasha a macchiarsi di quel sangue.
Sapevo ancora poco del suo passato, non sapevo se avesse mai ucciso e preferivo non saperlo. Sarebbe stato ipocrita da parte mia pretendere di cambiarlo, volerlo diverso, mi bastava sapere, per il momento, che la sua famiglia, il suo clan, a differenza di quello di Naraku non si macchiava di delitti efferati e di sangue innocente.
Ero pronta a ribattere, ma un frastuono proveniente dall’entrata mi bloccò.
Tremai, per la paura di un’imboscata.
-Che succede?- urlò Inuyasha, scattando in piedi e facendomi scudo con il suo corpo.
Sentivo solo urla, imprecazioni e fracasso, ma sentivo la mente lontana, freddata com’ero dalla paura.
Deglutii, tentando di mandare giù contemporaneamente il groppo alla gola e il timore, e mi sporsi leggermente di lato, per vedere chi o cosa mi celava il corpo di Inuyasha.
Ciò che vidi, però, mi scoccò ulteriormente. Un senso di salvezza, misto ad uno d’allarme, presero a guerreggiare prepotentemente dentro me.. a ciò che vedevo non riuscivo a dare un senso logico.
La pistola puntata contro Inuyasha incuteva ovviamente timore, ma la mano amica che la stringeva non avrebbe mai potuto causarmi paura.
-Che cosa significa tutto questo?- ringhiò Inuyasha.
Mi sollevai dal divano, pronta a lanciarmi tra le braccia dell’ultimo arrivato, ma la presa salda del padrone di casa me lo impedì.
-Ma..- tentai di oppormi.
-Non vedi che ha una pistola?- sibilò.
-Koga non mi farebbe mai del male.- dichiarai, convinta – e sono sicura che ci spiegherà il perché di quest’invasione di casa altrui così poco galante. Non è vero, Koga?- chiesi, in un velato rimprovero.
Vidi le sue guancie colorarsi tenuamente e poi abbassò l’arma, riponendola nella parte posteriore dei suoi jeans.
Non attesi oltre e mi fiondai tra le sue braccia. Sentii il grugnito non contento di Inuyasha e quello decisamente di vittoria di Koga mentre mi stringeva a sé.
Non so per quanto tempo mi tenne stretta, ma dopo poco mi sentii tirare indietro dalle braccia di Inuyasha che mi serrarono contro il suo di petto, mentre il mio amico abbracciava Sango.
-Allora, Koga, non credi che abbiamo diritto ad una spiegazione per quest’irruzione armata?- domandò in un falso tono calmo Miroku.
-Credo che quello che debba avere spiegazioni sono proprio io. Credevo fossimo alleati.-
-E’ proprio quello che credevamo anche noi. infatti non sono stato io a minacciarti pochi minuti fa con una pistola!- sibilò irato Inuyasha.
-Hai fatto di peggio. Nel momento in cui hai toccato Sango e Kagome è stato come se tu avessi dichiarato guerra anche a me.
Che cosa ti è saltato in mente, Inuyasha? Sapevo che tu e Sesshomaru eravate fortemente contrari al giro della prostituzione e poi vengo a sapere che hai sbattuto Kagome per strada per un tuo capriccio personale. Non riuscirò mai a perdonarti per questo, per il male che le hai fatto. Ora Kagome e Sango verranno via con me e poi, al mio ritorno, faremo i conti.-
Nonostante la potenziale minaccia, sorrisi per il ritrovato senso di protezione che Koga riusciva a trasmettermi.
-Koga- lo richiamai –io e Sango stiamo bene-
-Voi siete state sempre troppo buone, ma Ayame mi ha raccontato ciò che ti è successo..e una cosa del genere non posso sopportarla. Verrete via con me e sarete al sicuro.- dichiarò con enfasi.
-Kagome non andrà da nessuna parte.- negò con enfasi Inuyasha, avvolgendo una mano intorno alle mie spalle e tirandomi a sé.
-Non le hai fatto forse già abbastanza male?- urlò il mio amico.
Notando che la situazione stava precipitosamente degenerando, decisi di intervenire, facendo chiarezza.
-Koga, le cose non sono andate come credi..-
-Non è forse vero che lui ti ha sbattuto per strada? Non è lì che hai incontrato Ayame? Non ti ha forse costretto a prostituirti?-
-S..sì, cioè no, cioè..-
-Lascia stare, Kagome, glielo spiegherò io. Apri bene le orecchie, deficiente, perché parlerò una sola volta. Ciò che hai detto è in parte vero, ma le cose non sono andate come credi. Ho portato via Kagome da quel posto prima che succedesse l’irreparabile..-
Una scintilla di sorpresa e speranza illuminò gli occhi chiari di Koga, che si voltò verso di me in cerca di conferme.
Annuii, in un assenso silenzioso.
-Ho sbagliato con lei, ma adesso Kagome è al sicuro. E resterà qui, con me.- dichiarò, calcando con enfasi l’ultima parte della sua frase.
Arrossii di fronte a quella mal celata dichiarazione di possesso.
La bocca di Koga si spalancò per lo stupore, formando una O. sarei scoppiata a ridere, se per me la situazione no fosse stata tanto imbarazzante.
-Koga, come sta Ayame?- domandò Sango.
-Lei sta bene. Era molto preoccupata per voi e sperava che stasera sareste tornate a casa con me..ma a quanto vedo qui state bene…sbaglio?-
Entrambe negammo con il capo.
-Bene, per il momento mi basta questo. Ma sappiate, brutti stupidi, che se le farete soffrire dovrete vedermela con me.- asserì con aria prepotente.
-Non farti debiti con la bocca. Piuttosto, dimmi, porti buone notizie?-
-Buone notizie quando c’è di mezzo quel bastardo di Naraku? È impossibile. Temo si sia accorto del mio coinvolgimento e ha cominciato a tenermi d’occhio..non si fida di me. Ho trascorso gli ultimi giorni a celare tutte le tracce nette che sta seminando. È talmente accecato dalla rabbia, che non gli importa di essere imprudente.-
-Così non va..bisogna mettere fine a tutto questo il prima possibile, altrimenti quel pazzo finirà col coinvolgere anche noi nel suo vortice di pazzia e brama di potere.- dichiarò Miroku.
-Mi fa piacere sapere che la pensate in questo modo, signori.- gridò una voce gelida.
Sobbalzammo tutti per quell’entrata in scena silenziosa. Ci voltammo a fissare l’atrio e scorgemmo, stupiti, la figura di Sesshomaru.
Dell’altero uomo che avevo conosciuto pochi giorni prima in ufficio, restava poco. I capelli erano scompigliati, gli abiti scomposti, laceri e sporchi di sangue e fango.
-Sesshomaru, cosa ti è successo? Stai bene?- gli domandò il fratello minore.
-Il sangue che vedi non è il mio. Inuyasha, è venuto il momento di mettere la parola fine.. degli uomini armati hanno fatto irruzione nel mio appartamento.-
-Rin sta bene?- chiesi di getto.
L’uomo si voltò a fissarmi, sorpreso per la mia intromissione.
-Sì, si è spaventata un po’, ma sta bene. Comunque, prima di far fuori quei bastardi, ne ho costretto uno a parlare.-
-Cosa hai scoperto?-domandò Miroku, facendosi più attento come il resto dei presenti.
-So dove si trovano Kohaku e Sota. Sono vivi, ma bisogna fare in fretta.-
Le sue parole mandarono in black-out totale il mio cervello. Già vederlo così scombinato e venire a sapere dell’attacco mi aveva fatto tremare le ginocchia, ma apprendere, ora, anche di Sota e Kohaku su rivelò essere decisamente troppo per me.
L’ambiente che mi circondava prese a vorticarmi intorno perdendo nitidezza e consistenza, le gambe cedettero e sarei crollata al suolo se Inuyasha non mi avesse prontamente afferrata.
Sentii il mio nome ripetuto in sequenza da molte voci diverse ma conosciute e mi sforzai di riprendere lucidità.
La situazione era critica ed era necessario intervenire tempestivamente...non c’era tempo per debolezze o altro.
 -Sto bene- brontolai rimettendomi a sedere, ma restando aggrappata alle braccia di Inuyasha per non sfidare la forza di gravità.
-Che cosa sei riuscito a scoprire?- domandò Miroku al maggiore dei fratelli Taisho.
-Sota e Kohaku sono tenuti prigionieri nel vecchio edificio della periferia Est.-
-S..sono ancora vivi?- ebbe il coraggio di chiedere Sango.
-Sì, secondo le parole dello scagnozzo di Naraku, ma non so in che condizioni siano.-
Avrei mentito affermando di non aver timore di ciò che ci sarebbe toccato affrontare, ma ero ancor più impaziente di riabbracciare mio fratello e assicurarmi che lui e Kohaku stessero bene.
-Sarà meglio agire in fretta..- bisbigliai.
-Sì, hai ragione. Koga tu informa gli altri. Sesshomaru, Miroku noi passeremo dal deposito per recuperare ciò che ci serve e poi agiremo..non abbiamo molto tempo.-
Osservai tutti gli uomini presenti cominciare a vorticare per la casa impegnati nelle più svariate attività. La fretta, la furia, l’imminente violenza erano percepibili nell’aria, ma una strana confusione si impadronì di me.
-Inuyasha, non credi che anche io e Sango dovremmo avere qualcosa con cui difenderci?- domandai.
Inuyasha e Miroku si voltarono a fissarci, confusi e sorpresi.
-E perché mai? Qui sarete al sicuro, non dovrete preoccuparvi..in più lasceremo degli uomini a difesa della villa. Bankotsu è via, ma non dovrebbe tardare ancora molto.- annunciò.
Un punto interrogativo enorme si disegnò sulla mia fronte.
Avevo davvero compreso bene le sue parole? Si aspettava forse che io me ne rimanessi nascosta con le mani in mano?
-Stai scherzando, vero?- chiesi.
-Non vi aspetterete mica che noi ce ne rimaniamo qui buone buone!- aggiunse Sango, con tono leggermente irato.
I due si scambiarono un’occhiata, e fu Miroku a parlare.
-E’ proprio ciò che vogliamo. Kagome, Sango, voi resterete qui. Questa è una missione pericolosa, non un gioco.-
Le parole del moretto mi irritarono profondamente.
-Ci hai forse preso per due bambine? Credi che non lo sappiamo?
Verremo con voi!- dichiarai, convinta.
-Non se ne parla nemmeno. Voi resterete ad aspettarci qui. E non voglio proteste, questo è un ordine.- asserì con tono autoritario Inuyasha.
Per un attimo le sue parole mi paralizzarono. Quella voce così impersonale, così dura, carica di potere, mi riportò alla terribile notte di non molti giorni prima, facendomi rabbrividire.
In quegli occhi scuri ogni traccia di affetto, dolcezza e calore erano svaniti, lasciandoli freddi ed inespressivi.
Dov’era finito il mio Inuyasha?
-Io non accetto ordini da te. In gioco ci sono le vite dei nostri fratelli e le vostre. Non lo capisci?- chiesi, singhiozzando.
Odiavo quel lato debole del mio carattere, quell’emotività profonda, ma non avevo tempo di pensare a mantenere la freddezza che per tanti anni avevo esercitato.
Per un istante gli occhi di quello che ormai consideravo il mio compagno si addolcirono, facendomi ben sperare.
-Sango, Kagome, credetemi, lo capiamo. Cercate anche voi però di capire che questo non è un gioco.. ciò che faremo stanotte è estremamente pericoloso.-
Feci per ribattere, ma Inuyasha mi precedette.
-Non ho tempo per discutere con te. Se devo concentrarmi per salvare tuo fratello e tornare a casa sano e salvo, non posso permettermi distrazioni. Tu e Sango sareste solo degli impicci..- chiarì.
Le sue parole non mi ferirono, sapevo che io e la mia migliore amica saremmo state solo d’intralcio.
-Lo capisco e non pretendo di essere lì nel momento in cui salverete mio fratello. Ma portami con te, resterò in un posto sicuro..se mi lascerai qui, a casa, morirò per l’ansia o consumata dall’impazienza.-
-Non sono stato forse chiaro? Ho detto che voi rimarrete qui!-
Il suo tono mi inalberò.
-Con chi credi di parlare? Con uno dei tuoi sottoposti?-
-Pensala come vuoi, ma una cosa è chiara: voi non metterete piede fuori da qui.-
Non aggiunse altro, si voltò e insieme a Miroku andò via.
Serrai la mascella e colpii con un pugno il tavolino più vicino. Non erano stati il suo tono autoritario, le sue parole schiette o i suoi occhi a ferirmi, ma il suo dettare ordini.
La libertà per cui avevo tanto combattuto, che avevo tanto desiderato e che alla fine lui stesso mi aveva donato, mi era stata strappata di nuovo.
Mi aveva concesso il libero arbitrio, solo per poi strapparmelo nel momento in cui davvero intendevo farne uso.
Chi era lui per dirmi cosa potevo o non potevo fare?
Apprezzavo il suo tentativo di difesa, il suo spirito di protezione nei miei confronti, ma non sopportavo che qualcun altro mi avesse in qualunque modo tappato le ali.
C’era mio fratello di mezzo, la mia famiglia, e solo io avevo il diritto di scegliere della mia vita.
Mi voltai a fissare la mia migliore amica e la scintilla di ribellione che accendeva i suoi occhi, mi lasciò capire che anche lei era del mio stesso parere.
-Dobbiamo trovare un modo per uscire da questa casa.- dichiarò.
-Mi piacerebbe, ma temo che la mia sfuriata li abbia messi all’erta e che abbiano preso precauzioni.-
Mi avvicinai ad una delle grandi finestre e a conferma delle mie parole trovai uomini appostati su tutto il perimetro della villa.
Forzai la mia mente in diverse direzioni, nella speranza di formulare un piano che ci avrebbe concesso di eludere quella sorveglianza esagerata. Fui distratta da voci che discutevano a tono alto. provenienti dal giardino e da un gran baccano proveniente dall’atrio. La figura di un Bankotsu pallido e disordinato si presentò a noi.
-Dove sono Inuyasha e Miroku?- domandò frettoloso, guardandosi intorno.
-Bankotsu, cosa succede? Forse dovresti sederti, sei molto pal..- tentai di dire.
-Lascia perdere questo!- urlò, facendomi sobbalzare.
Si portò una mano alla fronte, chiudendo gli occhi  e massaggiando le meningi. Dal primo giorno in cui l’avevo incontrato, Bankotsu mi era sempre sembrata una persona calma e posata e vederlo in quell’evidente stato di agitazione, mi provocava una forte ansia.
-Scusami, se Inuyasha fosse qui mi avrebbe ucciso per il modo i cui ti ho parlato. Kagome, Sango, è molto importante..dove sono andati Inuyasha e Miroku?-
-Sesshomaru è stato qui poco fa, annunciando a tutti di aver scoperto il luogo dove Naraku teneva nascosti Sota e Kohaku. Forse dovresti raggiungerli..- spiegò Sango.
-Maledizione! Sono arrivato troppo tardi.- urlò, colpendo con un pugno poderoso la parete imbiancata.
-Bankotsu, cosa sta succedendo? Tutto questo mistero ci rende nervose!-
-Non capite? Si tratta di una trappola!-
-Una trappola?- ripetei come un automa.
-Esatto! Sota e Kohaku non si trovano davvero in quel posto. Erano mesi che uno dei miei infiltrati lavorava per conto di Naraku e proprio oggi è riuscito a scoprire il luogo in cui i vostri fratelli sono segregati. Ha saputo poi che quel dannato di Kumo ha organizzato questo piano per sbarazzarsi di tutti voi. Sapeva che Miroku, Sesshomaru ed Inuyasha sarebbero accorsi in aiuto dei loro complici e lui li sta aspettando.-
-Dove si trovano Sota e Kohaku?- domandò con voce ferma e posata la mia migliore amica.
Sia io che Bankotsu la guardammo per un momento confusi..che fosse impazzita?
-Dove si trovano?- ripetè.
-Nei pressi della vecchia stazione, in un edificio abbandonato. Tempo fa era una vecchia fabbrica, ma ora è completamente disabitato.- ci spiegò.
-Bene, non vedo perché indugiare. Bankotsu, raggiungi Miroku e gli altri. Io e Kagome invece ci dirigeremo lì.-
Sorrisi per quell’idea che arrivava al momento giusto.
-Cosa? Siete impazzite? Io devo raggiungere Inuyasha e gli altri, ma voi non andrete da nessuna parte. Questo non è un gioco, è molto pericoloso.-
-Credi che non lo capiamo? Cosa credi che succederà nel momento in cui Naraku si renderà conto che i Taisho non sono caduti nel suo piano? Ovviamente si rifarà su mio fratello e Sota.-
Sbiancai, per quella prospettiva.
-N..noi tenteremo di raggiungerli il prima possibile.- asserì, distogliendo gli occhi dai nostri.
Tutti e tre sapevamo bene che se Naraku si fosse accorto del fallimento del suo piano niente e nessuno avrebbe potuto salvare Kohaku e Sota.
-Bankotsu, non perdiamo ulteriore tempo in inutili discussioni. Naraku sarà lontano dal luogo in cui tiene segregati Sota e Kohaku e ti assicuro che non ci ficcheremo nei guai. Se sarà necessario aspetteremo il vostro arrivo.-
-Se succedesse qualcosa ad una delle due Miroku ed Inuyasha vorrebbero la mia testa.- protestò.
-Staremo attente.-
Non ci fu tempo per altre parole o raccomandazioni. Tutti e tre uscimmo di corsa da quella lussuosa villa per correre incontro al nostro destino. Io e Sango imboccammo una direzione opposta a quella di Bankotsu e percorremmo la poca distanza che ci separava dal luogo in cui i nostri fratelli erano segregati correndo. Il freddo della notte e i pericoli celati dall’oscurità non ci spaventarono, ma alla vista dell’enorme edificio decrepito ed abbandonato un brivido scosse entrambe.
Ci acquattammo dietro un muro, per studiare al meglio la situazione e decidere cosa fare. Il parcheggio deserto e le persiane sbarrate, inquietavano. L’alto edificio sembrava vuoto, non sorvegliato e privo di vita, ma mi risultava difficile credere che Naraku fosse stato così ingenuo.
-Dobbiamo entrare.- sussurrò Sango.
-Lo so, ma mi chiedevo quale fosse il modo più giusto per farlo.-
-Sembra che non ci sia nessuno a controllare l’edificio.-
-E a me sembra che se così fosse sarebbe tutto troppo facile.-
-Stare qui a discutere non ci porterà a nulla. Ora che siamo arrivate fin qui non avrebbe senso tornare indietro. Facciamoci coraggio e affrontiamo il nostro destino. Lì dentro ci sono i nostri fratelli, non possiamo aspettare un aiuto divino che non arriverà mai.-
Lasciai che le parole cariche di determinazione di Sango fluissero nel mio corpo. Chiusi per un istante gli occhi, recitai una silenziosa preghiera e cercando in me la forza decisi che per mio fratello e Kohaku avrei rischiato tutto, anche la mia stessa vita.
Percorremmo, correndo e cercando di sfruttare l’oscurità, la distanza che ci separava dall’edificio.
Forzare le serrature non si rivelò difficile, essendo queste state usurate dal tempo e dal mancato utilizzo, e varcammo la soglia dell’edificio.
-Come facciamo a trovarli? Di certo non possiamo chiamarli a gran voce, né abbiamo il tempo di esplorare l’intero edificio.- bisbigliai.
-Escluderei di trovarli nei pressi dell’ingresso. Naraku non è uno stupido, li avrà segregati in una delle stanze più celate.-
-A questo punto proporrei di partire dai sotterranei.-
Addossate al muro e camminando il più silenziosamente possibile, raggiungemmo il piano inferiore. Le nostre fatiche non diedero alcun risultato, l’edificio era deserto a parte la presenza di qualche ratto. Esplorammo il primo piano senza risultato, ma ci bloccammo quando giunte al piano superiore intravedemmo una luce filtrare dalla parte inferiore di una delle porte.
-Lì c’è qualcuno..- feci notare alla mia migliore amica.
-Forse è li che tengono Sota e Kohaku.-
-Potrebbe anche trattarsi di una trappola, però..-
-Non abbiamo scelta. Andiamo!-
Mano nella mano, nel tentativo di farci coraggio, ci avvicinammo alla porta.
Il nostro destino si sarebbe deciso a breve.
Aprimmo la porta e fummo accecate dalla potente luce che illuminava l’ampia camera. La stanza era grande, spoglia e terribilmente sporca. Al centro, proprio dove la luce era più insistente, quasi fastidiosa, due figure giacevano malamente accasciate sul freddo pavimento.
Tremai, per la paura di ciò che avrei dovuto affrontare.
Ci avvicinammo rapidamente, ma fummo costrette a bloccarci quando giunte vicine a quei corpi senza forza un cattivo odore ci investì. Entrambe portammo una mano al naso, reprimendo l’istinto di rigettare.
Le lacrime presero a scorrermi sul volto, quando gli occupanti della sala sollevarono il volto, accorgendosi della nostra presenza. Mai avrei dimenticato quella scena.
Dei Sota e Kohaku che avevo conosciuto quasi non restavano tracce. Mio fratello e il suo migliore amico erano chiaramente denutriti. I loro occhi erano spenti, i capelli impolverati, gli abiti logori. Evidenti sui loro corpi martoriati erano i segni delle percosse e dei maltrattamenti. Facevo quasi fatica a credere che quei corpi scarni e maleodoranti appartenessero a loro.
-Sota..- singhiozzai.
Era una gioia rivederli, trovarli vivi, ma la consapevolezza di tutto il dolore che avevano dovuto patire mi uccideva.
-Sota..- urlai ancora, inginocchiandomi e stringendo dopo tre mesi il corpo di mio fratello tra le braccia.
-K..Kagome, Sango, siete davvero voi?- sussurrò a fatica Kohaku.
-Sì, siamo qui.- confermai, accarezzando il volto gonfio e livido di Sota.
-Non siete un’allucinazione!- bofonchiò, esausto.
-No, no..- li rassicurò Sango.
Era difficile immaginare cosa avessero dovuto subire, cosa poteva averli ridotti in quello stato.
-Vedere il tuo volto prima di morire era l’ultimo dei miei desideri, non pensavo che Naraku mi avrebbe accontentato.-
Nel sentire il nome di quell’essere viscido la rabbia mi pervase, rianimandomi.
-Naraku, quel bastardo avrà ciò che merita, ma adesso dobbiamo andare via di qui. Immediatamente.-
Fu faticoso rompere le corde che imprigionavano i due e ancor di più sostenere i loro corpi esausti per condurli fuori di lì, al sicuro.
Fu quando eravamo ormai giunti all’ingresso principale che tutti i miei sogni di salvezza sfocarono.
Naraku varcò la soglia dell’edificio, accompagnato da due uomini, e l’espressione di sorpresa che si disegnò sul suo volto nel vederci fu rapidamente sostituita da una di rabbia e poi da una soddisfatta.
-Kagome, Sango, non pensavo vi avrei trovate qui, ma mi fa piacere rivedervi.-
Tremai nel rivedere quella figura tanto odiata e nel risentire quella voce che per tante notti mi aveva perseguitata.
-Naraku, sei solo un bastardo.-
La mia mente e il mio cuore si bloccarono quando la mia attenzione si focalizzò sul fatto che per trovarsi lì, probabilmente era scampato all’attacco del clan Taisho.
-Che ne hai fatto di Inuyasha e gli altri?-
-Ahaha a quanto vedo il tuo nuovo padrone ti sta molto a cuore, Kagome. In ogni caso ho deciso di non sporcarmi le mani col sangue di quei traditori. I miei migliori uomini si stanno occupando di loro e a quest’ora quei mocciosi insolenti saranno tutti morti.-
-Non è possibile.- negai con veemenza.
-Non avere paura, Kagome. Ero venuta qui per sistemare anche tuo fratello e Kohaku e ora che anche tu e Sango siete qui vi seppellirò tutti insieme. Non è forse un gesto gentile da parte mia?- ci schernì.
Avrei voluto ribattere, ma non me ne diede l’occasione. Estrasse rapidamente la pistola dalla sua giacca e senza esitare la puntò contro me, per poi sparare.
Urlai quando il proiettile si conficcò nella mia gamba, facendomi crollare a terra, seguita dal corpo privo di forza di mio fratello. Il dolore era enorme, sembrava che la carne attorno alla ferita stesse prendendo fuoco, incendiando il mio intero corpo.
-No, Kagome.- urlò la mia migliore amica, con l’intenzione di avvicinarsi.
-Non muoverti, Sango, se non vuoi che il mio uomo faccia un buco nella testa di tuo fratello.- la reguardì, indicando con un cenno del capo uno dei suoi scagnozzi.
Si avvicinò a me ulteriormente, puntandomi la pistola contro.
-Sei sempre stata una spina nel fianco, Kagome. Con quel visino d’angelo sei riuscita ad accaparrarti anche l’affetto di quello stolto di Inuyasha, ma hai sbagliato a metterti contro di me. Il destino di tuo fratello e Kohaku è stato segnato dal momento in cui ho scoperto del loro tradimento, ma avrei potuto risparmiare te e Sango se vi foste mostrate più disponibili.-
Rabbrividii, per lo schifo che le sue parole mi suscitavano.
-Preferisco la morte al solo pensiero delle tue mani sul mio corpo.-
-Bene..allora addio, Kagome.-
Serrai gli occhi, non volevo vedere. La mia fine era ormai arrivata e il mio unico rimpianto era quello di non aver potuto salvare la vita a mio fratello. C’avevo provato, ma avevo fallito.
Diressi il mio ultimo pensiero ad Inuyasha, e sentii nascere nel cuore l’amarezza per quel sentimento che non aveva avuto il tempo di sbocciare pienamente. Il suono dello sparo rimbombò nella mia testa e qualcosa di caldo mi inondò la faccia..
Era davvero finita!




Note autrice: So, che ora molte di voi vorranno uccidermi per questo finale non chiaro. So anche che il capitolo fa pietà ma di meglio non mi usciva.
Bien, perdonate il discorso veloce, ma sono di fretta :D
Ringrazio ovviamente tutti coloro che leggeranno e ci tengo a dirvi che il prossimo capitolo sarà quello finale.
Invito ancora una volta tutti coloro che ne abbiano voglia ad iscriversi al gruppo: https://www.facebook.com/groups/758064124210814/ Troverete un gruppo di pazze indomite, spoiler, amicizia e molte delle vostre autrici preferite ^^
Vi aspettiamo :D
Baci, Vanilla ^^
 

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Capitolo 6
*** Epilogo: Tutto ciò che ho sempre cercato! ***


 -Sono morta in quel momento. Morta nel momento in cui il mio stesso sangue mi ha colorato il viso, nell’istante in cui uno sparo ha deciso che tutto era finito. A Naraku non era bastato spararmi ad una gamba, prima di darmi il colpo di grazia voleva che io soffrissi. La pallottola conficcatasi nel mio braccio sinistro mi causava un dolore immenso; urlai, ma non feci altro. Riaprire gli occhi, sollevare le palpebre, avrebbe reso tutto più brutale di quanto già non fosse.
 Le urla di Sango erano terribili, strazianti, e il suo dolore mi faceva, forse, più male di ogni altra cosa. Quando sentii la pistola puntatami alla testa e la voce schifosa e divertita di quel bastardo augurarmi una serena trapassata, capii che la fine era davvero arrivata.
Poi lo sparo, la confusione, la paura, il tormento, le urla..pensavo che la morte donasse la pace e invece, seppur non avessi sofferto, intorno a me sentivo un tremendo caos. Per me era stata scritta la parola fine!-
Riapro gli occhi e tornare alla realtà mi fa rabbrividire. I miei occhi si posano sulla figura distinta e paffuta seduta poco lontana da me.
-Direi che le cose vanno decisamente meglio, Kagome.- mi dice, sorridendo.
-Lo credo anch’io, dottore.-
-C’è una cosa che non riesco a capire: perché dici di esser morta in quel momento? Sappiamo entrambi che sei ancora viva.- mi domanda.
Porto una mano al braccio sinistro, sfiorando la cicatrice ormai sbiadita, frutto della pallottola di Naraku. È passato ormai un anno da quel tremendo giorno, ma riprendermi è stata dura. Non sono stati i danni fisici a compromettermi, ma quelli morali. Per superare lo shock, la costante paura, la diffidenza, frutto di anni di minacce e maltrattamenti, è stato necessario l’aiuto di uno dei più competenti dottori di Tokyo. Frequento il suo studio da ormai nove mesi e ciò mi ha aiutata incredibilmente.
Ogni volta rivivere quei momenti mi paralizza, mi svuota, ma quando ne riparlo riesco a liberarmi della paura che mi ha attanagliata, consapevole che nulla del genere accadrà più.
-Kagome.- il dottor Homoshi mi richiama, mentre, in un gesto professionale, sistema i suoi occhiali eccessivamente spessi e rotondi.
-Se non le dispiace prima di rispondere alla sua domanda, preferisco raccontarle cosa è accaduto dopo.-
-Ti senti pronta a farlo?- mi chiede, riprendendo il taccuino consumato tra le mani.
Annuisco e chiudendo gli occhi abbandono quello studio luminoso per riportare la mia mente in quel tetro edificio. Nonostante sia passato tutto questo tempo ricordo perfettamente l’odore di muffa, il fetore rugginoso del sangue, e ciò che ho visto quando ho riaperto gli occhi.
-Kagome- quella voce disperata che mi chiamava.
Mentre Naraku mi sussurrava le sue squallide parole d’addio, il mio pensiero era corso ad Inuyasha, a quell’affascinante ragazzo dai turbolenti occhi neri. Ero sicura del fatto che si sarebbe arrabbiato parecchio quando avrebbe saputo del modo stupido in cui ero morta, si sarebbe infuriato e forse avrebbe pianto. Era forte il rimpianto di non averlo potuto vedere un’ultima volta, di non aver potuto respirare, un’altra volta soltanto, su quelle labbra soffici dopo un bacio appassionato, prepotente il rammarico di aver compreso solo quando era stato troppo tardi che quegli occhi neri mi erano entrati dentro dal primo istante in cui li avevo incontrati.
Quando però compresi che la sua voce arrivava in dolci sussurri alle mie orecchie, che le sue braccia erano serrate intorno al mio corpo e che il suo cuore batteva frenetico contro il mio seppi che i miei desideri erano diventati di carne ed ossa: Inuyasha era lì.
-Stai bene?- mi sussurrò, prendendomi il viso tra le mani.
-Non sei un miraggio?- bronfonchiai.
Un ghigno, a metà tra il divertito e il preoccupato, si disegnò sul suo volto.
-No che non lo sono, ma tu sei un’incosciente. Hai idea di cosa sarebbe potuto accadere se non fossi arrivato in tempo? Le tue ferite! Cazzo, quel bastardo ti ha sparato…se solo fossi arrivato qualche minuto prima.-
-Dov’è Naraku?-  bisbigliai, tremando.
Cos’era accaduto? Quando erano comparsi Inuyasha e Miroku? Che fine avevano fatto Naraku e la sua pistola?
-Io..non aver paura di me, Kagome, non ho potuto evitarlo.-
Lo guardai confusa. In quel momento non ero nel pieno delle mie facoltà per interpretare frasi enigmatiche.
-Ho dovuto sparare. Se non l’avessi fatto, non si sarebbe fermato. Ti avrebbe uccisa.-
Spalancai gli occhi nel sentire quelle parole.
-Vuoi dire che Naraku è morto?-
Seguii il suo sguardo e intravidi il corpo esamine del mio peggior incubo inerme in una pozza di sangue.
-Kagome, io non ho potuto evitarlo..- sussurrò.
Tante volte avevo sognato quell’istante, ma viverlo rendeva tutto più brutale.
-Non ho paura di te. Come potrei? Mi hai salvato la vita!- lo rassicurai, tentando di eliminare l’immagine del cadavere di Naraku dalla mia testa.
-Faresti meglio ad averne invece. Hai idea di quanto io sia infuriato adesso? Mi hai fatto morire di preoccupazione..quando Bankotsu mi ha detto ciò che tu e Sango stavate per fare, mi sono sentito morire. Dannazione Kagome, forse per te la tua vita non conterà nulla, ma per me è tutto. Io ti amo, Kagome.- urlò, continuando a scuotermi.
Lo fissai, inebetita.
Era il terribile caos in cui era piombato la mia mente a farmi sentire simili parole o Inuyasha aveva davvero scelto il momento meno romantico delle nostre vite per confessarmi il suo amore?
-Tu..io..cos’hai detto?- domandai.
Lo vidi sorridere divertito e arrossire leggermente.
-E’ la prima volta che dico una cosa del genere, ma non lo nego. Ti amo, Kagome.- ribadì.
Le sue parole non avevano il potere di lavare il sangue che ci circondava o il passato che mi aveva segnato, ma aprivano una strada diversa per il futuro.
-Ti amo anch’io, Inuyasha.- riuscii a sussurrare prima che le mie lacrime rendessero il nostro bacio salato.
 
-Kagome, sono davvero fiero di te.-
Per la seconda volta la voce del mio psicanalista mi riporta alla realtà.
Lo fisso con aria confusa.
-Dopo tanti tentativi sei finalmente riuscita a sconfiggere le tue paure. Hai affrontato tutte le ombre del tuo passato e ciò significa che sei pronta a vivere il tuo futuro..-
-Sta dicendo che..-
-La tua terapia è finita, Kagome. Non hai più bisogno del mio aiuto. Credo che per il momento sia preferibile continuare a vederci per una semplice chiacchierata a distanza di mesi, ma da questo momento sei pronta ad affrontare la tua vita. Prima, però, vorrei che rispondessi alla domanda che ti ho posto prima.-
-Quando ho detto che ero morta, non intendevo nel senso biologico del termine. Quella parte della mia vita è sepolta, “quella Kagome” è morta.-
-Non potevi rispondermi in modo migliore. Sono fiero dei tuoi progressi.-
-La ringrazio, Dottore.-
-Sono io che ringrazio te. Fare la tua conoscenza è stato un vero piacere, Kagome, e sono sicura che il signor No Taisho sarà felicissimo di ricevere la lieta notizia. Non attenda oltre, corra a dargliela.-
Un sorriso sincero mi illumina il volto quando lascio lo studio del gentile dottore. È stato proprio Inuyasha a consigliarmi di rivolgermi ad un esperto per affrontare nel migliore dei modi le mie paure e i fantasmi del mio passato..probabilmente se non l’avessi fatto gli incubi notturni e gli attacchi di panico sarebbero una costante giornaliera della mia vita.
All’uscita trovo una lussuosa e lucida limousine in mia attesa. Sorrido all’autista che si è premurato di aprirmi lo sportello posteriore per farmi accomodare.
Devo ammettere che ancora fatico ad abituarmi a questa vita. Lo sfarzo che mi circonda fa gola a molti, ma dopo l’inferno attraversato in tutti questi anni so che la vera felicità è data da cose più semplici, da valori che nulla hanno in comune con gli oggetti materiali. In questo lungo anno molte cose sono cambiate.
La mia famiglia è finalmente completa.
Sota e Kohaku hanno impiegato mesi per riprendersi totalmente, ma grazie alle migliori cure ed alla loro ferrea volontà sono ora più sani che mai. Avrei preferito per loro una vita diversa da quella che per tanti anni hanno condotto, ma la loro è stata una decisione differente.
Hanno ritenuto che “ereditare” l’impero di Naraku fosse una giusta indennità per tutto il dolore subito. Il loro sforzo di mantenere la maggior parte dei propri affari nell’ambito della  legalità è, per il momento, quanto di meglio potessi chiedere.
Rin ha dato alla luce una splendida bambina, Yuri, per la quale Sesshomaru ed Inuyasha stravedono. Il maggiore dei fratelli Taisho ha, però, intenzione di metter su una famiglia numerosa..come dimostra il fatto che Rin sia nuovamente in attesa.
Miroku e Sango si sono sposati ormai da qualche mese. La decisione improvvisa, e a parere di alcuni affrettata, ha sorpreso tutti, ma gli interessati hanno trovato che il matrimonio fosse l’unico punto d’accordo raggiungibile tra il volere di Sango di arrivare illibata al matrimonio e le tendenze maniache di suo marito.
Sorrido, per l’ennesima volta, quando la limousine si ferma davanti all’enorme villa che ormai è diventata anche casa mia.
Scendo senza attendere l’aiuto dell’autista, che saluto con un cenno. Supero di corsa il lussureggiante giardino, ansiosa di rincontrare gli occhi scuri del mio uomo.
-Inuyasha, Inuyasha.- chiamo a gran voce, richiudendo la porta alle mie spalle.
-Kagome, sono qui.- dichiara, comparendo dal nulla.
-Va tutto bene? C’è forse qualche problema?- mi domanda preoccupato.
Mi fermo ad osservarlo e, come sempre, sento i battiti del mio cuore aumentare. Inuyasha è l’uomo della mia vita da ormai un anno, ma ancora mi sorprendo per la fortuna toccatami.
-Kagome, allora? Non tenermi sulle spine.-
-E’ andato tutto bene. Il dottore ha detto che non ritiene necessario continuare oltre la mia terapia.- esulto.
Inuyasha sorride, prima di afferrarmi per la vita e farmi volteggiare per l’intera casa.
Rido, fin quasi a sentir male ai polmoni, ma non me ne curo..è così bella questa sensazione di leggerezza.
-Sei un portento, Kagome.- mi dice, facendomi toccare dolcemente terra.
-Devo tutto a te, Inuyasha. Se non ti avessi incontrato, nella migliore delle ipotesi, starei in questo momento scaldando il letto di un essere viscido come Naraku. Sango avrebbe condiviso il mio destino, così come Ayame, e Sota e Kohaku sarebbero morti.-
Un brivido mi scuote, mentre contemplo quelle ipotesi.
-Shh, non c’è bisogno di pensare al passato. Sei qui, con me, e tutto il resto non conta.- bisbiglia aumentando la presa sui miei fianchi e strusciando teneramente il suo naso contro il mio collo.
-E’ solo grazie a te se sono libera. E tu sai che la libertà è tutto ciò che ho sempre voluto.-
-E grazie a te, Kagome, finalmente anche io so che c’è molto di più bello del potere. Tu, Kagome, sei tutto quello che ho sempre cercato.- 




Angolo autrice:
E così, anche questa storia è giunta al termine.
Mi scuso anticipatamente se nel testo ci fossero degli errori, lo ricontrollerò presto.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia, chi l'ha inserita tra le seguite/ preferite/ ricordate. Un grazie particolare a chi mi ha permesso di conoscere il proprio parere con le recensioni^^ Grazie davvero!
Un grazie speciale lo devo poi alla mia cyber famiglia...grazie per essere un continuo sostegno sia nella buona che nella cattiva sorte!
Invito chiunque ne abbia voglia ad aggiungersi al nostro gruppo. Troverete oltre a tantissimi spoiler delle vostre storie preferite, una vera e propria famiglia!
Vi aspettiamo!! https://www.facebook.com/groups/758064124210814/
Baci, Vanilla ^^


 

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