Let me be your reason to fight

di Edsvoice_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Where are my cigarettes? ***
Capitolo 2: *** Did I hurt him? ***
Capitolo 3: *** Like a Ginger ***
Capitolo 4: *** An unorthodox family. ***
Capitolo 5: *** Secrets ***
Capitolo 6: *** Apathy ***



Capitolo 1
*** Where are my cigarettes? ***


Let me be your reason to fight/1 Where are my cigarettes?

Un taglio. Solo uno. Troppo lungo, troppo profondo e decisamente troppo verticale.
Ed eccomi qui. Al Grace's Hospital, in una stanza che di accogliente non ha nulla. Mi porto una mano a chiudere gli occhi, mentre mi stendo sul lettino e poggio la testa sul cuscino troppo basso per i miei gusti.
Troppo. La parola che da anni mi perseguita. Troppo diverso. Troppo gay. E' stata questa la mia rovina. La mia stessa natura mi ha distrutto.

A scuola sapevano tutti che mi tagliavo, era una cosa evidente. Maniche lunghe d'estate, polsi costantemente coperti da polsini durante educazione fisica. Molto probabilmente sapranno anche del mio tentato suicidio, non c'è dubbio. Mi immagino la maggior parte delle ragazze che frequentano i miei corsi dire quanto dispiaccia loro, e dire che dopotutto mi volevano bene. Stronzate. Sono, tutt'ora, l'unico omosessuale dichiarato nella mia scuola, e nonostante questo sia il paese di Obama, il paese libero, democratico e civile, non sono stato accettato da nessuno. Non biasimo certamente le persone che in mensa non si sedevano accanto a me, se lo avessero fatto sarebbero state bollate per tutto il resto della loro carriera scolastica.
La porta si apre e sobbalzo. Chris, un infermiere taciturno e depresso quasi quanto me, mi dice di alzarmi e seguirlo, perché è ora di mangiare.
Seguo la figura verde acqua di Chris che mi scorta alla mensa. Sfortunatamente non ho fame, così, appena Chris sparisce, sgattaiolo fuori, nel cortile. Passo inosservato ai vecchietti ricoverati e le loro famiglie in visita. Guardandoli sento la mancanza di mia madre, ma scaccio subito la sgradevole sensazione. Proseguo fino ad una anonima panchina. Le assi dello schienale sono rotte e la vernice verde è rovinata e scrostata. I piedini in ferro arrugginiti. Mi avvicino e mi inchino per cercare il pacchetto di sigarette nascoste sotto la seduta. Lo trovo, ma appena lo apro mi scappa un -ma che cazzo..- constatando che delle quattro sigarette della scorsa volta ne è rimasta solo una.
Sento una risata dietro di me. Mi volto di scatto. Un ragazzo con i capelli castano chiaro e gli occhi cristallini mi guarda divertito. La barba di due giorni segue le rughette che si formano intorno alla sue labbra. Nonostante sia marzo e non faccia tutto questo caldo, il tipo sta a maniche corte e la maglietta ha la scollatura a V, che mostra una scritta tatuata sul petto che non riesco a decifrare. Posso invece vedere benissimo le ossa dello sterno e la pelle sottile delle clavicole. Scendo con lo sguardo, soffermandomi sulle gambe fasciate da un paio di jeans chiari con un ridicolo risvoltino sopra la caviglia. La cosa più impressionante è la magrezza di questo ragazzo. Calato sul capo ha un cappello grigio che schiaccia la frangia appena accennata e gli incornicia il volto. Mi sposto sulle braccia, tatuate anch'esse. Non sono magre come mi aspettavo, sono anzi muscolose, scorro su tutta la lunghezza, osservando le vene, il primo pensiero che percepisco è l'ammirazione di quelle braccia a mio parere perfette. Nonostante i tatuaggi. Bianche, lisce, senza cicatrici. Giungo infine alle mani. Una di esse tiene una sigaretta. Una mia sigaretta per l'appunto.
Ritorno velocemente sul suo viso, gli occhi che ancora mi guardano divertiti.
-Su, non fare quella faccia, sono solo sigarette.- la sua voce è roca, sembra la stessa voce di mio cugino quando ha mal di gola e c'è sempre quella nota bassa. Ma, a differenza di quella di mio cugino, questa è sensuale e melodiosa. La potrei ascoltare per ore. Mi stupisco del pensiero, non mio. Ricordandomi che il tipo ha parlato, cerco di connettere il mio cervello alla lingua, provando a elaborare una frase di senso compiuto.
-Comunque, io solo Louis.- mi previene lui, porgendomi la mano che stringo facendo un passo avanti. La mano è freddissima e riesco a sentire le nocche prominenti sotto la stretta.
-Harry.- dico, ma dalla mia bocca non esce che un sussurro -Harry Styles.- mi schiarisco la voce.
-Bel nome, Harry.- dice il ragazzo facendo un passo indietro e portandosi alle labbra la sigaretta appena cominciata.
-Grazie, anche il tuo.- dico sconcertato. Cade un silenzio imbarazzante di cui Louis non sembra soffrire, o almeno non quanto me. Mi ricordo di avere in mano ancora il pacchetto praticamente finito, così tiro fuori l'accendino e accendo quella che sarà la mia ultima sigaretta per tanto tempo.
-Come hai fatto?- chiede d'un tratto. Io, immerso nei miei pensieri non avevo fatto caso che si era seduto sulla panchina accanto a me. Non dovrebbe essere scomodo non poter appoggiarsi allo schienale?
-A fare cosa?- chiedo, poggiandomi alla corteccia dell'albero più vicino, di fronte al ragazzo.
-Ad avere le sigarette. A me hanno beccato subito dopo il mio arrivo, come hai fatto a nasconderle nella borsa? Di solito controllano tutto.- dice poggiando i gomiti sulle ginocchia e sporgendosi in avanti.
-Ah, un mio amico, quando ancora mi facevano visite.- dico amaramente, aspirando forte e avendo un piccolo capogiro.
-Quanti anni hai?- chiede alzandosi e avvicinandosi a me, buttando la sigaretta per terra senza avere la cura di spengerla.
-Diciannove, compiuti un mese e mezzo fa circa.- dico spengendo anche la mia. Louis si fa più vicino e mette timore, anche se è più basso di me.
-Diciannove. Perché? Come hai fatto a ridurti così?- chiede afferrandomi il polso sinistro fasciato da una benda bianchissima. Le dita sottili sono delicate mentre accarezzano la fasciatura, ma il dolore è forte comunque e strattono il braccio guardando di traverso quegli occhi azzurri tanto trasparenti.
-Come hai fatto tu a ridurti così.- sputo acido. Mi allontanerei se fosse possibile, ma dietro di me c'è ancora il tronco dell'albero, e Louis non ne vuole sapere di indietreggiare. Turbato, distolgo lo sguardo concentrandomi proprio sul polso fasciato che rigiro delicato tra le dita. La fasciatura copre metà avambraccio, proseguendo sotto il maglione leggero che porto.

Era metà febbraio. Faceva freddo ed ero solo a casa: i miei genitori e mia sorella erano andati
a cena da amici, io avevo insistito per rimanere a casa. Erano settimane che ci pensavo. Stacco il telefono fisso e spengo quello mobile. Sono deciso a farlo. Voglio farlo. Entro nel bagno azzurro cielo, apro il rubinetto della vasca e regolo l'acqua alla temperatura più calda che possa sostenere. Mentre aspetto che si riempi, prendo dal cassetto la lametta e mi spoglio. Le gambe mi tremano e ci metto due minuti buoni. Chiudo il rubinetto e mi infilo dentro la vasca. L'acqua scotta e dei brividi mi sfiorano la schiena. Ho la pelle d'oca. Prendo la lametta e la poggio sulla carne, premendo forte.

Stringo forte le palpebre, cercando di scacciare le immagini che violente mi affollano la mente. Sento un nodo alla gola e stringo forte il braccio fino a farmi male sul serio.

Alzo lo sguardo su Louis, che non si è mosso e ha lo sguardo fisso davanti a se, ma non sembra guardare me, forse anche lui è perso nei suoi ricordi. Si accorge che lo sto fissando, fa qualche passo indietro.
-Sai, sono qui da due mesi e mezzo e ancora mi stupisco delle stupide posate che ci propongono in mensa: forchette di metallo e coltelli di plastica smussata. Capisco il motivo, ma se non riusciamo a tagliare un pezzo di carne, come possono pensare di riuscire a farci mangiare?- dice d'un tratto Louis, questa volta guardandomi negli occhi, accennando un sorriso che di luminoso non aveva nulla. Finalmente, o forse no?, si scosta da me. Sento di nuovo aria fresca nei polmoni. Posso respirare. Riesco a respirare. Ma è come un vuoto quello che mi circonda. Scrollo le spalle, dimenticandomi subito la strana sensazione provata. Il tempo di buttare il pacchetto di sigarette nella pattumiera più vicina e Louis se n'è andato.

Wah.
Eccomi con una nuova fanfic. All'inizio l'avevo ideata come una OS, ma poi mi ci sono fatta prendere troppo la mano e sono tante le cose che vorrei scrivere, so..
Prevedo però pochi capitoli per questa storia. Sarà una mini-long lunga, intorno ai dieci, dodici capitoli. Forse.
Anyway, non sono una directioner ma appoggio la Larry. Che poi, appoggiare.. io la amo e basta. Che sia amicizia o amore.
Questo capitolo è cortino, ma i prossimi (si spera) saranno più lunghi.
Adios, Edsvoice.

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Capitolo 2
*** Did I hurt him? ***


Let me be your reason to fight/2 Did I hurt him?

Sono passate due settimane dal mio incontro con Louis. Non lo vedo da allora.
Come al solito sono steso sul mio letto vicino la finestra e ascolto della musica che trasmettono in radio. Chiudo gli occhi, ma sono costretto ad aprirli appena sento la porta aprirsi rumorosamente. Chris, con la faccia ancora più scura degli altri giorni, tiene per il braccio un ragazzo mai visto prima. Alto, magro e tonico. Il tipo sorride a Chris che risponde con un grugnito.
Il nuovo arrivato butta con poca grazia il suo borsone sul letto. Ha i capelli cortissimi, gli occhi color nocciola e le guance rosee. Sembra avere la mia età.
-Ciao.- dico soltanto porgendogli la mano- io sono Harry.-.
-Liam.- dice stringendomela sorridendomi. Liam indossa una maglietta a maniche corte e posso vedere le braccia: pulite. Neanche un graffio o una piccola cicatrice. Sembra solare e non smette di sorridermi. Mi chiedo se non mi abbiano rifilato in camera uno psicopatico. Liam si mette a sistemare la sua roba, fischiettando un motivetto sconosciuto.
-Vuoi che ti aiuti?- domando sperando in una risposta negativa.
-Grazie, Harry. Questo borsone è pesantissimo.- dice. Sbuffo mentalmente, ma per fare buona impressione lo aiuto. In realtà sembra che di vestiti ne abbia ben pochi. Lanciandomi un occhiatina e ammicando, apre una zip in fondo alla borsa. Quello che pensavo fosse il fondo viene via e mostra un portatile, una quantità smisurata di chiavette per la connessione ad internet e due caricatori. Sbalordito, lo guardo mentre sistema la roba.
-Bello, no?- dice stendendosi sul letto affianco al mio.
-Direi.- rispondo sedendomi sul bordo del mio.
Onestamente, il personaggio di Liam non mi incuriosisce. Ne ho visti tanti come lui qui. Durano una settimana e se ne vanno, peggio di come sono entrati.
-Vorrei subito dire una cosa.- esclama serio -Non sono depresso, non ho problemi mentali e non sono uno psicopatico. Chiaro?-. Lo squadro attentamente e la prima cosa che mi viene in mente è di pensare che Liam sia veramente tutte le cose che ha detto di non essere.
-E sentiamo, cosa ci faresti qui, di grazia?- domando alzando un sopracciglio, sospettoso.
-Diciamo che ho qualche.. problemino con la giustizia.- Alzo entrambe le sopracciglia. Sono anche un po' allarmato: non ho mai avuto compagni di stanza finora, e il primo che mi rifilano è un criminale? Oh, bene.
-Continuo a non capire.- gli dico. Incrocio le gambe e aspetto che mi risponda. Il ragazzo sospira forte e tira fuori il suo portatile, nerissimo e piattissimo.
-In poche parole, dovrei farmi alcuni mesi di carcere e non mi va, così ho finto di essere uno psicolabile per non finire dentro. Penso ti dovrebbe bastare.- afferma con non chalance, accendendo il computer e mettendosi le cuffie. Allibito, lo fisso alcuni minuti, poi Chris, con la faccia di un padre di famiglia a cui hanno detto di essere sterile dalla nascita, entra sbattendo la porta. Non sembra accorgersi del computer di Liam, nonostante sia in bella vista.
-Devi andare da Joanne.- dice solo.
Mi alzo dal letto lisciando i jeans neri e passandomi una mano tra i ricci. Seguo Chris mentre mi fa strada per i corridoi brulicanti di pazienti. C'è un eccitazione generale, poiché tra circa un'ora potranno farci visita i parenti. Succede una volta ogni due settimane ed è un evento molto atteso da tutti. Arrivati nello studio della dottoressa, Chris mi lascia da solo e mi siedo sulla poltrona in pelle al centro della stanza. Joanne è la mia psicologa. Mi assiste da quando sono arrivato qui e per me è come una seconda mamma. Ha quarantasette anni, bionda, capelli lunghi e degli occhi azzurri profondissimi. E' una delle donne più belle che abbia mai visto.
Entra nella stanza, strofinandosi le mani sui pantaloni di lino, che si stropicciano subito.
-Oh, già sei qui Harry.- sorride, sedendosi sulla poltrona davanti la mia -Che mi racconti di bello oggi? Come va?- domanda con quel tono premuroso che ha sempre avuto con me.
-Bene, bene grazie.- rispondo sorridendo -sai Jen, ho conosciuto un ragazzo.- le confesso abbassantomi le maniche sulle mani fino alle nocche. Quando sto con lei torno per un attimo bambino, insicuro e fragile, che racconta alla madre della sua prima cotta.
Jen si illumina letteralmente in viso e sorride. Amo il suo sorriso. E' perfetto. Bianco, luminoso, caldo. Mi fa sentire a casa. Ringrazio chiunque ci sia lassù per averla fatta diventare una psicologa. La mia psicologa.
-Mi fa molto piacere Harry. Ti piace questo ragazzo di cui parli?- chiede interessata lei, protraendosi in avanti, come fa sempre quando le racconto qualcosa.
-N-non lo so.- balbetto incerto -L'ho incontrato in cortile e mi ha chiesto perché..- lascio la frase in sospeso, non sapendo come continuare. Mi sfrego piano la mano sopra la fasciatura e guardo in basso. Jenna capisce subito e si allunga verso la mano destra, quella del braccio non ferito. La prende e la stringe. Forse è in dificoltà, oppure è combattuta su cosa dirmi, visto che non parla e si mordicchia il labro inferiore, spostando gli occhi da una parte all'altra.
-Harry, tu cosa gli hai risposto?- chiede alzando lo sguardo e fissando i miei occhi. Sono dello stesso colore di Luois. Quasi. Mi stupisco, guardando veramente per la prima volta gli occhi di Jenna. Sono più chiari di quelli di Louis e non sono cerchiati da quella linea azzurra scura che invece contorna le iridi del ragazzo.
-Gli ho chiesto perché si è ridotto lui, così.- rispondo, stringendo la sua mano. Per un attimo, mi pento di averglielo detto. E se lo avessi ferito? E se lo avessi ferito più di quanto lui abbia fatto a me? Dopotutto io mi sto rimettendo in sesto, ma lui era ancora così magro...
D'un tratto mi sento in colpa. Forse è per questo che non lo vedo da due settimane. Forse mi evita.
Sento gli occhi pizzicarmi e la gola chiudersi. Ma è possibile? Possibile che io sia così troppo sbagliato? Possibile che faccia male qualsiasi cosa? Sento il bisogno di incontrare Louis di nuovo per dirgli che mi dispiace per quello che gli ho detto. La mano di Jen mi scivola dalle mani e la donna si piega sotto la scrivania per prendere un pacchetto di fazzoletti che mi porge.
-Ho sbagliato a dirglielo, vero Jen?- chiedo sapendo già la risposta. Mi asciugo velocemente gli occhi e mi soffio il naso.
-Harry, si sbaglia molte volte. Ma si può sempre rimediare, non credi?- dice apprensiva. Si volta verso l'orologio a muro, segna la fine della seduta. Il tempo è passato così in fretta? Mi ricompongo, srofinandomi gli occhi con la manica. Saluto abbracciando Jenna ed esco dallo studio, deciso a trovare Louis a chiedergli scusa.
Trovo Chris che mi aspetta, come al solito. Mi porta in camera e se ne va, senza dire una parola. Non capisco perché dobbiamo essere scortati per tutto l'ospedale. Insomma, è un mese che sono qua, penso di saper trovare la mensa o lo studio di Jenna.
Liam è disteso sul letto, il portatile in grembo e degli occhialini rettangolari sul naso. E' buffo a vedersi. Mi siedo sul bordo del suo letto, osservando lo schermo.
E' nel sito dell'ospedale, lo vedo dal logo a destra in alto della pagina. Sono due chiavi che di incrociano e un nastro rosso  scuro che si intreccia tutt'intorno.
Sulla pagina c'è una lista di pazienti, tra i quali vedo il mio nome e altri nomi di persone che si trovano ricoverate su questo piano. Liam sta scorrendo con il cursore, arrivato alla lettera T, lo blocco, vedendo un Louis.
Tomlinson. Me lo annoto mentalmente e gli dico di continuare.
-Come mai stai vedendo la lista dei pazienti?- domando dopo un po'. Intanto il mio compagno di stanza si scrive su un foglietto dei nomi. -Non dovresti essere amministratore?- gli chiedo, ancora più incuriosito e sospettoso.
-Teoricamente sì.- dice togliendosi gli occhiali e riponendoli nella custodia -Conosci un certo Zayn Malik?- chiede controllando il figlietti con scritti i nomi.
Scuoto la testa.
-Reparto drogati?- tenta. Che finezza. Alzo le spalle, non sapendo chi sia.
-Come mai ti serve saperlo?- chiedo leggendo il foglietto.
-Dicono che possa farti avere di tutto qua dentro. Entra ed esce in continuazione.- dice compiaciuto. Ripiega il foglietto e se lo ficca in tasca. Mi alzo dal suo letto e quando vedo che Liam esce, lo seguo.
-Non mi fai vedere com'è il posto?- chiede prendendomi sotto braccio. Io sono ancora convinto a trovare Louis, perciò gli spiego che al momento sono occupato perché devo trovare una persona.
-Allora siamo in due amico.- continua, andando nell'ala est dell'ospedale. Non credo che ci sia permesso girovagare nella struttura, ma Liam sembra così sicuro di se che mi fa dimenticare delle regole.
-Chi dovresti cercare?- domando.
-Zayn Malik, ovviamente.- sorride imboccando un corridoio di cui ignoro l'esistenza. Lo seguo guardandomi intorno. E' pieno di gente. Sembrano tutti felici, come se i pazienti non fossero ricoverati e i familiari non fossero preoccupati. Nessuno si accorge di noi e passiamo inosservati anche ai dottori e agli infermieri. Liam si ferma davanti ad una stanza infondo al corridoio. Qua non c'è nessuno. Bussa alla porta che si apre immediatamente, mostrando un ragazzo poco più grande di me. Ha i capelli neri tutti disordinati, la barba di due giorni e gli occhi rossi. Ma non sembra che abbia pianto.
-Che volete? Non siete miei parenti.- dice squdrandoci. Si passa una mano sul viso, fino a passare le dita tra il ciuffo tenuto su con quantità industriali di gel.
-Sei Zayn, giusto?- chiede Liam. Quello annuisce, poggiandosi sullo stipite della porta.
-Cosa vi serve?- ha capito subito cosa fa lì Liam. Sorride mestamente.
-Piacere, Liam. Questo è Harry.- ci presenta -Ce la puoi procurare dell'erba?- domanda schietto. Zayn annuisce.
-Vuoi anche delle cartine? Quanti grammi?- chiede esperto.
-Dieci cartine, venti grammi.- risponde il mio compagno di stanza. Sono allibito. Li guardo mentre trafficano. Rapido, Zayn gli passa due bustine, una con l'erba e l'altra con le cartine. Liam gli da dei soldi e ringrazia il moro, che dopo averli contati, chiude la porta.
-Tu sei matto.- sentenzio, guardandolo dal basso verso l'alto.
-Chissà quanto tempo ci dovrò stare qui. E' un bel modo per passarlo.- sorride. Mi fermo e di colpo mi ricordo che potrei chiedere a Zayn un'altra cosa. Torno indietro e busso. Zayn mi apre scocciato.
-Sono venti grammi, se non ti fidi vai a pesarli.-
-No no, volevo chiederti se per caso conosci un certo Louis Tomlinson.- chiedo velocemente e arrossendo.
-Questi giorni è nel reparto intensivo, quarto piano, ala nord. Ciao.- risponde sbattendomi la porta in faccia.
Reparto intensivo? So bene cosa significa. Ritorno da Liam che si era fermato ad aspettarmi dove l'avevo lasciato.
-Ritorniamo in camera.- dico.

Wah.
Sssalve gente c:
Vorrei ringraziare chi segue/preferisce la storia e la ragazza che ha recensito il primo capitolo c:
Vado di corsissima e non sono molto orgogliosa di questo capitolo, ma spero che tanto schifo non faccia.
Detto questo scappo, adios
Edsvoice <3


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Capitolo 3
*** Like a Ginger ***


Let me be your reason to fight/3 Like a Ginger.

Nella mia testa non faccio che ripetermi che non mi dovrebbe interessare, che non lo conosco e che in questo posto prima o poi tutti finiscono nel reparto intensivo. Purtroppo, non è possibile far visita ai pazienti in cura. Ne ho parlato con Liam, dopo che siamo tornati nella nostra camera. Nonostante penso sia uno strano ragazzo, credo che sia un tipo capace di tenersi le cose per se.
-Ti piace.- arriva alla conclusione il mio compagno di stanza. Sbalordito, lo guardo di traverso.
-No.- ribatto secco -Non lo conosco nemmeno.- dico stendendomi nel mio letto.
-E allora? Ti è piaciuto il modo in cui si è posto, e il fatto che tu abbia chiesto di lui a Zayn e ti stia preoccupando per lui dimostra che sei interessato.- mi guarda, portandosi le braccia dietro al capo.
Ancora scettico, chiudo gli occhi.
-Liam, secondo te c'è la possibilità di andarlo a vedere?- chiedo ancora ad occhi chiusi. Quando li apro Liam sta sorridendo ed è voltato verso di me.
-Certo. Di nascosto. Però sei sicuro che vuoi piombare nella stanza di un paziente in terapia intensiva che non conosci solo per vedere come sta?- a questo non ci avevo pensato. Ha ragione Liam. Non posso entrare nella camera di Louis, un completo sconosciuto, solo per vederlo. Cosa direi poi? Che figura farei? Scuoto la testa.
-Lascia stare.- mi passo una mano tra i ricci, indeciso sul da farsi. Vorrei vedere Louis, vorrei parlargli per non so quale motivo, ma allo stesso tempo non posso e non voglio.
In vita mia mi è piaciuto solo un ragazzo. Siamo stati insieme per tanto tempo, ma poi è finita. Come tutte le storie. Non ci sto male, non penso quasi mai a lui, anche se è stato una persona importante nella mia vita. Quello che è passato è passato. Penso a come potrebbe essere stare con Louis. Stringo forte gli occhi. Ma cosa sto pensando? Non so nemmeno se Louis sia gay. Non ne ho neanche la più pallida idea. Non mi va di stare qui a fantasticare su cose impossibili, o quanto meno improbabili, quindi chiedo a Liam se gli va ancora di fare quel giro.
Usciamo dalla stanza e ci dirigiamo verso una sala dove so che molti ragazzi del mio piano stanno lì per divertirsi. Non ci sono mai stato, anche perché di queste cose non me ne importa nulla. La sala è vicino alla mensa. Apro la porta lentamente, temendo che non ci sia nessuno dentro e di aver fatto un buco nell'acqua. Al contrario, la stanza è gremita di gente. Molte persone non le conosco, e le poche che conosco le saluto con un cenno del capo. Liam si guarda in giro, ispezionando ogni superficie. Osservo la stanza anch'io. E' un ambiente quadrato, molto grande, con una grande vetrata sul muro rivolto verso il cortile. Ci sono i bagni, divisi per pazienti maschi e femmine e per i medici e infermieri. Mi pento un pochino per non essere venuto prima: avrei passato un mese meno solo. Sparsi per la camera ci sono dei divanetti color bianco perla, di tessuto. Seduto su uno di questi c'è il mio miglior amico.
Saluto Ed e mi siedo vicino a lui.
-Cosa ci fai da queste parti?- chiede mostrandosi curioso nel vedermi lì. Ogni volta che mi chiedeva se volevo venire a fargli compagnia, declinavo l'offerta, dicendo di essere stanco oppure perché non mi andava. Sorrido e alzo il braccio in direzione di Liam, ancora in piedi davanti a noi.
-Ed, lui è Liam, il mio nuovo vicino di stanza. Liam, lui è Ed Sheeran, il poeta più brillo che possa mai esistere.- li presento, mettendo un braccio intorno le spalle di Ed.
-Troppo buono Harry, davvero.- dice il roscio mentre stringe la mano al mio compagno di stanza.
-Problemi con l'alchol, eh?- mormora Liam rivolto al ragazzo. Sempre la solita garbatezza e il solito tatto.
-A quanto mi dicono. Tu invece perché sei finito qui?- si interessa il roscio.
Ed è più grande di me di circa un paio di anni e anche lui, come Zayn, entra ed esce dall'ospedale, quindi sono pochissime le volte in cui posso vederlo. L'essere alcolizzato di Ed non mi disturba, perché è un ragazzo così dolce e profondo che annulla tutte le macchie sul suo curriculum, diciamo. Almeno io la vedo così. Liam si trova in difficoltà nel rispondere alla domanda del roscio, penso perché non sa se fidarsi o meno, quindi intervengo io.
-In realtà, Liam non vuole essere messo dentro, quindi ha fatto finta di essere come noi.- dico, guadagnandomi un'occhiataccia da Liam. Ed lo guarda come uno che ha capito tutto, e gli fa il segno di batter il pugno.
-Tu mi piaci.- dice. Sembra che Ed sia perennemente ubriaco, o leggermente alticcio. Ha quel modo di fare da fattone che a volte ti fa dubitare anche della tua sobrietà. E' questo che mi piace di Ed, stare con lui è come leggere un bel libro: mentre lo leggi ti dimentichi del mondo intorno a te. E' una buona scappatoia per noi, per me,
che sono chiuso qui da un sacco di tempo.
Scherziamo ancora per un po', poi è ora di cena, e in gruppo ci trasferiamo alla mensa. Questa è una delle poche volte che mangio con Ed. Il mio umore, da nero che era, è diventanto di un bel arancione acceso, proprio come i suoi capelli.
Finito di mangiare, salutiamo il roscio per tornare in camera. Sostanzialmente, i pazienti ricoverati in questo ospedale non fanno praticamente nulla dalla mattina alla sera. Si passa il giorno con il tuo compagno di stanza, si va a mangiare e un giorno si e uno no si va dalla psicologa. Stop.
Il fatto è che fino a due giorni fa non avevo un compagno di stanza. E mi chiedo come potevo passare tutto questo tempo da solo. La maggior parte del tempo Ed era assente, non c'era Liam a farmi compagnia e di certo non c'era Louis nei miei pensieri. C'era perennemente un buco nero che mi trascinava giù. Ora quel buco non è scomparso, ma si è attenuato.
Non so spiegare cosa significa essere depressi. Non sapevo di esserlo finchè il medico non mi ha prescritto le pillole. E' qualcosa di così sottile che non te ne accorgi nemmeno. D'un tratto le parole, i suoni e le persone perdono significato, diventano sfocate e cominci a fregartene. Vivi nella tua apatia. O meglio, muori
nella tua apatia.
Lentamente, così lentamente che neanche te ne accorgi. Senti un peso, al livello dello sterno, che riesce a soffocare tutte le emozioni. Muori dentro.
Mentre mi appoggio al muro davanti la finestra della mia camera, un pensiero mi colpisce. Mi urta come un onda su uno scoglio.
Louis mi ha fatto uscire dalla mia apatia.
Mi ha fatto ragionare su quello che sono diventato: un involucro. Di cosa non si sa. So solo che ero vuoto, fino a poco più di due settimane fa.
Poi ho incontrato quel ragazzo e ho cominciato a riflettere. Ho cominciato a interessarmi davvero a qualcosa che non sia il dolore. Tutto quello che ho fatto è stato ferirlo, quando invece avrei dovuto ringraziarlo. Diventa un chiodo fisso nella mia testa.
Di colpo, mi alzo, facendo scattare Liam che buono buono stava con il suo portatile sulle gambe.
-Cos'hai?- chiede squadrandomi per capire cosa non va.
-Devo andare da una parte, se dovesse arrivare Chris, o chiunque altro, potresti coprirmi dicendo, non so..- dico mentre mi liscio i pantaloni.
-Che hai mangiato troppi biscotti allo zenzero e ora hai una grave influenza intestinale e sei segregato in bagno da mezz'ora?- conclude la frase.
-Quello che sia, basta che non mi vengano a cercare, ok?- dico risoluto non curandomi della battuta del mio compagno di stanza.
Esco quanto più veloce posso, ma vengo fermato da un urlo di Liam.
-Il cerchietto!- cosa? Ah, si. Tolgo il ridicolo cerchietto che uso per tenere indietro i ricci e lo butto dove mi capita quando riapro la porta della nostra camera.

Lo vedo. Attraverso il vetro che ci separa lo vedo. Sta dormendo. Sembra sereno, riposato. Scorro con lo sguardo lungo le braccia che la prima volta mi avevano impressionato tanto. Ora ci sono attaccate una miriade di flebo. Una fitta allo stomaco mi distrae. E' brutto vederlo in queste condizioni, sembra quasi colpa mia. Dopotutto, non è entrato in terapia intensiva uno o due giorni dopo aver parlato con me? Il dubbio mi attenaglia e il dolore diventa più acuto. Forse non mi vuole vedere, forse pensa che io sia la cuasa del suo stare male.
Combatto contro la voglia di scappare via per cinque minuti buoni, fino a che non sento i muscoli delle braccia e gambe tesi al massimo, ansiosi di muoversi. Ho un crampo. Mi piego, senza far rumore e soffro in silenzio. Mentre aspetto di assumere il pieno controllo dei miei muscoli medito sul da farsi: o scappo via, rinunciando all'opportunità di mettere in pace me stesso per paura di essere respinto, oppure vado da lui, tacendo tutte quelle voci che mi assillano, che dicono che sono un codardo, che ho tentato il suicidio perché sono debole.
Decido di sconfiggere le voci e la paura, e facendo attenzione a non esser visto, mi incammino verso la porta. So che quello che sto per fare è una cosa stupida, ma in questo momento penso che sia la cosa più giusta da fare. Piano, apro la porta, cercando di fare meno rumore possibile. Mi avvicino al lettino.
Louis è così gracile. Sembra una foglia d'autunno: secca e fragile, un po' di pressione e crack,
ecco che si è rotta. Prendo una sedia poggiata al muro davanti a noi e la sposto vicino al letto.
Forte del fatto che sta dormendo, comincio a parlare, ma prima di aprire bocca, vedo sulle sue labbra disegnarsi un sorriso.
-Ciao Harry.- mi saluta. Non so come comportarmi. Pensavo avrebbe dormito tutto il tempo. Pensavo che la bocca fosse stata meno asciutta, e la gola meno secca.
-Ciao Louis.- rispondo, modulando la voce affinchè sia più atona possibile.
-Cosa ci fai qui?- chiede, girandosi nel letto con un certo sforzo e mettendosi di lato, per potermi vedere in viso.
-Volevo chiederti scusa, e ringraziarti.- prendo coraggio -Volevo chiederti scusa, perché ti ho trattato male, l'ultima volta che ci siamo visti. Davvero, non volevo ferirti, se l'ho fatto mi dispiace tantissimo.- sputo fuori di corsa.
Attendo una risposta che però non arriva. Louis mi guarda, spalancando i suoi occhioni azzurri. Per un attimo mi ritrovo a contemplare le sfumature dell'iride, ma poi mi accorgo che forse dovrei continuare il mio discorso.
-La seconda ragione per cui sono venuto qui, è per ringraziarti. Non ci conosciamo, è vero, ma, in non so quale modo, sei stato capace di farmi riflettere. Sei stato capace di aiutarmi.- non mi divulgo di più. Penso che questo possa bastare, anche perché ancora non sono così sicuro di me da spiattellare ogni mio affare a una persona che non conosco.
-Non ti scusare Harry.- dice e sorride tristemente, guardandosi le flebo al braccio.
-Penso che ci sarebbe un bel modo di ringraziarmi, se non ti dispiace.- continua. Io penso di aver capito. Mi sento un pochino arrogante e sfacciato anche solo nel pensarlo. E non so se gioirne, oppure se stare male, perché non so se la sua situazione è così grave da spingerlo a chiedere una cosa del genere ad uno sconosciuto.
Louis deve aver capito che so a cosa si riferisce, e sorride, di nuovo, riempendomi di tristezza.
-Solo uno.- mormora, puntellandosi sui gomiti per mettersi a sedere. Mi alzo, e negli occhi di lui scorgo una certa delusione, forse pensa me ne stessi per andare. Invece, tolgo la sedia di mezzo, e la ripongo al suo posto. Poi mi siedo sul bordo del suo letto, e i suoi occhi tornano a sorridere di nuovo.
Mi avvicino, piano, ho paura di spezzarlo, di fargli male. E non sono nemmeno tanto sicuro di quello che sto per fare. Chiudo gli occhi, senza pensarci. Sento una mano di Louis che si poggia dietro il mio collo e mi spinge con impeto verso di lui. Preme le sue labbra contro le mie, quasi prepotentemente. Ma non è che un bacio castissimo. Louis si ritrae quel poco per sorridere, poggiando la fronte contro la mia. Il suo sorriso è bellissimo, è luminoso. Esprime gioia. Io non sono capace di sorridere come il ragazzo che mi sta di fronte. Poso la mia mano su quella di lui, ancora poggiata sulla mia guancia e la allontano, dolcemente.
-D-devo andare.- balbetto, un po' scombussolato. In fretta e furia lascio il piano, prendendo di corsa le scale.

Wah.
Scusate il ritardo, so che avrei dovuto postare due giorni fa, ma qui a casa abbiamo dei problemi con il modem D:
Anyway, questo capitolo mi piace. L'ho scritto tanto tempo fa, e rileggendolo mi è venuta un po' nostalgia. Comunque, spero sia piaciuto anche a voi c:
Grazie a tutte le persone che seguono la storia e la hanno tra le preferite e ricordate, un grazie enorme.
Ringrazio anche le lettrici silenziose e le due ragazze che hanno recensito gli ultimi due capitoli.
Alla prossima settimana, Edsvoice.

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Capitolo 4
*** An unorthodox family. ***


Let me be your reason to fight_4 An unorthodox family.

Ancora scosso, entro in camera e mi sorprendo non vedendo Liam steso sul suo letto. E' un occasione per rimanere da solo e pensare un po' a quello che è successo appena due piani sopra la mia testa.

So che quello di Louis era un capriccio, solo una piccola soddisfazione. L'interrogativo è: perché l'ho accontentato? Non lo conosco. Non so nulla di lui. E lui non sa nulla di me.
Coraggio.
Questa parola mi ronza in testa da quando ho lasciato la stanza di Louis. Coraggio. Ce n'è voluto tanto per una richiesta simile. Davvero tanto. Come poteva sapere Louis che a una richiesta simile non mi sarei alzato schifato e sarei corso via? Scossi la testa, passandomi ripetutamente la mano tra i ricci. Lascio la domanda senza risposta, ricordando quel momento. Di come la sua mano era leggera sulla mia guancia, ma allo stesso tempo determinata. Dei suoi capelli spettinati e della sua barbetta incolta, però ordinata. E i suoi occhi. I suoi occhi. Potrei dipingerli, vorrei dipingerli, ma non sono mai stato bravo a dipingere: non rederei loro giustizia. Affatto. Mi metto a sedere, molleggiando un po' sul letto. Sento una forza nuova, che non provavo da tanto tempo. Una cotta. Davvero Styles? Una cotta? Diciannove anni compiuti e hai una cotta per un ragazzo che neanche conosci. Molto maturo da parte tua. Ripeto la scena più volte nella mia testa, dandomi del cazzone ma continuando a riviverle.
Così mi ritorna in mente il mio primo bacio dato a un uomo.


Era sera, e io e degli amici di scuola eravamo usciti per divertirci un po'. Era molto tempo fa, la depressione era lontana e pensavo solo a divertirmi. Eravano in un locale molto affollato, troppo per i miei gusti. Così, dopo aver ballato con tre o quattro ragazze diverse, uscii all'aria fresca del mattino. Erano circa le quattro, o giù di li. Dopo che mi fui acceso una sigaretta, un amico del mio gruppo mi raggiunse. Ero davanti all'entrata del locale. Il ragazzo si chiamava Nick, era due o tre anni più grande di me e lo conoscevo solo di vista, mi stava però simpatico, con quelle battutine taglienti che rivolgeva a tutti. Sapevo fosse gay, ma non ci davo poi tanto peso. Era ubriaco e urlava frasi senza senso al vento. Sorrisi nel vederlo barcollare.
Non era la prima volta che lo vedevo ubriaco. Si avvicinò a me e appoggio un suo gomito sulla mia spalla.
-Allora, che ci fai qui fuori, eh, Styles?- chiese incespicando un po' sulle parole.
Gli mostro la sigaretta, senza però avere la speranza che capisse. Annuisce e senza preavviso me la sfila dalle mani e la butta sul cemento, spengendola poi con il piede sinistro.
-Ma che cazzo fai?- sbraito.
-Piede destro una scopata in meno, piede sinistro una scopata in più, no?- dice, riferendosi al piede con cui aveva spento il mozzicone praticamente intero. Interdetto mi volto a guardarlo stranito, prima che mi afferri prepotentemente le il viso e premere le labbra contro le mie. Troppo scioccato, resto in mobile senza fare nulla. Lui non si ferma alla mia rigidità e con forza insinua la lngua tra le mie labbra. Stupendo anche me stesso, lo lascio fare, curioso.
E ricambio. E continuo a farlo, finché non ci serve l'aria. Alibito mi guarda come se fossi stato io a baciarlo. I suoi occhi lucidi però, da sbarrati che erano, si socchiudono, prima di riavvicinare il viso al mio e avventarsi di nuovo sulla mia bocca.

Sorrido al ricordo. Il mio primo bacio non l'ho vissuto male, anzi. Del dopo però non posso dire lo stesso. L'outing, affrontare la mia famiglia e i miei amici. Nick mi fu sempre accanto. Fu il mio primo ragazzo, il mio primo amore. E non lo dimenticherò mai. Poi però, dopo, tutto finì com'era iniziato: con un bacio. Ci demmo l'addio nel più banale dei modi. Nick andò al college, lasciando lo stato. Non ci sentimmo più, e sono ancora stupefatto di come la sua mancanza non si faccia in realtà sentire. Riconosco l'amore che ho provato nei suoi confronti, ma adesso non sento altro che un sentimento di nostalgia e tenerezza nel ricordare i momenti passati insieme. Dell'amore iniziale nessuna traccia. Sospiro, guardando fuori dalla finestra.
Dopo poco, ritorna Liam, un poco spettinato e con un sorriso stampato in volto.
-Dove sei stato?- domando squadrandolo. Lui alza le spalle.
-Dimmi invece com'è andata a te.- dice, realmente curioso e interessato. Si siede sul mio letto e incrocia le gambe, poggiando il mento sulle palme aperte della mani -Su, racconta.- mi incita.
Per la prima volta, penso a Liam come un amico. Un vero amico. Uno di quelli a cui puoi raccontare di tutto, senza mai giudicarti troppo frettolosamente. Un moto di tenerezza mi spinge a sorridergli, mettendo in mostra le mie fossette. Lui, sconcertato, mi sorride di rimando.
Gli racconto tutto. Dei miei dubbi e le mie incertezze riguardanti quel bacio. Gli racconto perfino di Nick. Era da tempo che non mi aprivo a qualcuno. Forse aspettavo la persona giusta.
Liam non mi interrompe neanche un secondo, se non per chiedere delucidazioni. Non si è scomposto quando gli ho detto che sono gay. Non si è proprio mosso, non ha distolto lo sguardo, non ha cambiato posizione, non si è allontanato. Ha sorriso. Ha solo sorriso, poi ha detto che l'aveva capito appena entrato nella mia camera. Ha detto che avevo proprio lo sguardo da checca. Scrollai le spalle, abituato al modo di fare così aperto del mio compagno di stanza.

Dopo due settimane, il rapporto tra me e Liam è così forte che passiamo tutte le giornate insieme. Non ci dividiamo mai, è come un fratello. Intanto, Liam ha legato molto con Zayn, tanto che ormai gli amici di Zayn sono anche i nostri. Mi sento molto riconoscente, non so come, Liam è riuscito a tirarmi fuori dall'apatia di tutti i giorni.
Il nostro gruppo si è ritagliato un angolino nella sala comune, ci andiamo ogni giorno. Ed, stranamente è ancora ricoverato, e devo ancora decidere se devo essere felice o preoccupato per lui. Si parla del più e del meno, io piuttosto, me ne sto tra Ed e Liam, limitandomi a ridere a qualche battuta e ascoltare tutto ciò che avviene nella clinica da Zayn. E' una miniera di informazioni quel ragazzo, e non capisco come ci riesca.
-Allora, avete sentito l'ultima?- domanda sghignazzando. Scuotiamo divertiti la testa all'unisono.
-Al piccolo Niall piace la nuova arrivata.- confessa, guardando sghembo il biondo, diventato rosso. Stupiti, guardiamo Niall, nascosto dall'enorme felpa, e subito dopo cerchiamo con gli occhi la ragazza nuova, nonostante non sappiamo chi sia. Così, rivolgiamo a Zayn sguardi interrogativi. Sulle labbra del moro si disegna un ghigno.
-Tranquilli, oggi non c'è, aveva una seduta da una psicologa, ma un giorno ve la farò vedere, oppure Niall ve la farà conoscere.- concluse, circondando il biondo con un braccio e stringedolo affettuosamente, guardagnandosi un'occhiataccia da Niall.
-Ehy, Zayn, invece cosa ci dici di Louis, il ragazzo nel reparto intensivo?- chiese allusivo Liam, e questa volta sono io quello ad arrossire. Ed mi da una pacca sulla spalla, senza motivo apparte, e sussurra un - bravo così, amico.- senza senso. Ruoto lentamente la testa, fissando il roscio. Lui sorride e annuisce concitato. Certe volte mi sembra più sobrio quando è ubriaco.
Zayn, intento a giocherellare con Niall, che ancora non aveva smaltito l'imbarazzo di prima, si ferma alla domanda di Liam e mi guarda come uno che la sa lunga.
-Per tua fortuna, Harry, dovrebbero dimetterlo tra due giorni, se non domani.- risponde. Sgrano gli occhi, ma sorrido involontariamente.
-N-non l'ho chiesto io..- balbetto incerto, ma fortunatamente, il gruppo ha ricominciato a chiacchierare allegramente. Sorrido, mentre assisto a questa scena che è ancora nuova per me. Zayn e Liam che parlano tra loro, Zayn che gesticola così immerso nella conversazione da non accorgersi che ogni tanto da uno schiaffetto o una gomitata a un Niall che cerca in tutti i modi di ragionare con Ed, che continua a ciarlare cose senza senso.
Una famiglia. Questo sembra che siamo, una famiglia, certo, non proprio ortodossa, ma una famiglia.

Wah.
Questa settimana è volata per me, e so che il capitolo è super corto, mi dispiace, ma non riuscivo a trovare idee.
Con questo vi lascio, sperando che il capitolo non faccia troppo schifo.
Baci, Edsvoice.

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Capitolo 5
*** Secrets ***


Let me be your reason to fight_5 Secrets.

Mi alzo di scatto a sedere, passandomi più volte le mani tra i capelli e facendo profondi respiri. I miei occhi controllano automaticamente il polso, non più fasciato. Il mio sguardo corre sulla lunga e sottile cicatrice rossa che campeggia sul mio avambraccio. Ai lati è leggermente livida, segno che non è ancora guarita del tutto. Ci passo sopra un dito, prima leggero, poi spingendo sempre di più fino a farmi male. Poggio i piedi nudi sul pavimento freddo della stanza, cercando di scrollarmi la brutta sensazione che l'incubo mi ha lasciato. Mi alzo, avendo sùbito un piccolo capogiro. Mi appoggio sul comodino, aspettando che le vertigini passino. Controllo l'ora, non vedendo nessuno spiraglio di luce passare dalle serrande. Sono circa le cinque di mattina. Mi siedo di nuovo sul letto, voltandomi verso il letto di Liam. Un particolare mi salta subito agli occhi: Liam non c'è.
Allarmato, mi alzo di nuovo, avvicinandomi al letto e accertandomi che non ci sia veramente nessuno. Raggiungo la porta e la socchiudo leggermente. Anita, la deliziosa portoricana perennemente mestruata che fa il turno di notte nel nostro reparto, dorme serenamente sulla sedia girevole dietro il bancone. I vestiti personali buttati su una poltroncina logora.
Sgattaiolo fuori e mi richiudo la porta alle spalle, controllo che Anita stia ancora ronfando e che per il corridoio non ci sia nessuno, e comincio a girovagare per il piano. I primi cinque minuti sono così carico di adrenalina che mi sembra quasi una caccia al tesoro. Poi, però, mi accorgo che non ho idea di dove cercare il mio compagno di stanza: potrebbe essere ovunque.
Rinuncio, tornando sui miei passi, ciabattando lentamente verso la mia camera.
Poco prima di svoltare l'angolo, sento delle voci e mi appiattisco contro il muro, origliando.
Anita sta borbottando contro qualcuno, spiegando, con il suo accento spagnolo ridicolmente finto, che questo qualcuno non può visitare i pazienti, se non durante i giorni di visita o per urgenze. L'altra voce, una maschile, dal timbro profondo, supplica la donna di indicargli gli ascensori e di informare l'infermiera di turno al quarto piano, una sua amica, che era arrivato. Aggrotto le sopracciglia nel buio.
Quando sento i passi dell'uomo allontanarsi rapidamente, mi permetto di dare un'occhiata ad Anita: si è seduta di nuovo sulla poltrona e borbotta nervosa qualcosa. L'adrenalina è ormai sparita e cerco in tutti i modi di trovare una scusa per essere alzato e fuori dalla mia stanza a quest'ora.
Mi dipingo sulla faccia l'aria più stupida che possa avere e svolto l'angolo con disinvoltura, non curandomi di essere visto da Anita, che, infatti, mi raggiunge e, afferrandomi rudemente il braccio, mi fa voltare.
-Tu che ci fai qui, fuori dalla tua stanza?- ringhia avvicinando pericolosamente il suo naso adunco al mio mento.
-Sono sonnambulo, Chris non ti ha avvertito?- chiedo con aria spaesata e sciocca. La donna mi squadra con gli occhietti maligni, ma poi mi lascia il braccio e mi ordina di tornare in camera.
Quando apro la porta per poco non mi prende un colpo.
Liam, seduto sul suo letto rifatto, guarda lo schermo del portatile con attenzione, prima di togliersi gli occhiali dalla montatura rettangolare e accorgersi della mia presenza.
-Ehi, Haz. Dove sei stato?- esclama raggiante, alzandosi e dandomi un pugnetto sul braccio.
Allibito, prima cerco di incenerirlo con lo sguardo, poi ci rinuncio e mi butto sul mio letto.
-Dove sei stato te, piuttosto. Sono uscito a cercarti.- dico, osservando il viso del castano davanti a me. Lo vedo scrollare le spalle e chiudere il portatile con un gesto secco.
-Non avevo sonno.- risponde semplicemente, dipingendosi un sorrisetto sulle labbra. Pensa davvero di avermi fregato? Liam, il mio primo amico dopo tanto tempo, mi sta nascondendo qualcosa. Nonostante questo, però, gli sorrido di rimando.
-Liam, ti posso domandare una cosa?- chiedo, incrociando le gambe. Il castano annuisce e io proseguo.
-Come mai hai sempre in mano il portatile?- lo dico in modo innocente, addolcendo la voce e sorridendo lievemente.
-Ehi, lo sai cosa succede questa mattina?- dice invece lui, lasciandomi interdetto. Scuoto la testa e lui continua -La tua cotta esce dal reparto intensivo, verrà spostata su questo piano.- afferma sghignazzando. Involontariamente, la mia espressione si apre in un sorriso tutto fossere che fa ghignare Liam, poi cerco di controllarmi e ridurre la grandezza del mio sorriso ad una smorfietta.
-Ah, ok.- minimizzo, sperando di sembrare convincente. Ovviamente non lo sono, e la cosa fa ridacchiare il mio compagno di stanza. Scuoto la testa, buttandomi sul letto e incrociando le braccia dietro la mia testa.
La scena del nostro primo incontro e del nostro particolarissimo secondo incontro mi offuscano la mente, mentre questa, masochista, crea filmini mentali così teneri dal far venire il diabete.
Caccio il piccolo regista dalla mia mente, focalizzandomi su altre cose, facendomi domandi quali: dov'è andato Liam questa mattina? Oppure: chi è la ragazza nuova della quale Niall, il piccolo e innocente Niall, si è preso una cotta?
Cotta.
Ancora questa parola. Il piccolo regista fa capolino, e riesco quasi a immaginarmelo: un piccoletto baffuto, vestito di mimo fracese, braccetto con Tim Burton alla sinistra e Helena Bohem Carter alle sinistra. Disperato da una parte, perché incapace di reprimere quelle che sono illusioni, e sognante dall'altra, chiudo gli occhi, abbandonandomi a quel solletico alla bocca dello stomaco.

Dopo un'oretta dalla conversazione con Liam, entrano Chris e la sua bolla di tristezza a dirci di svegliarci. Ovviamente non si mostra sorpreso neanche un po' quando scopre che siamo tutti e due perfettamente svegli. Come le altre volte, non dice nulla riguardo il portatile di Liam in bella vista. Si limita a guardarci con aria vuota e dirci di andarci a preparare con un tono di voce spento e neutro.
Mi vesto velocemente, tanto da scatenare l'ilarità di Liam. Sbuffo, e una volta finito mi fiondo oltre la porta.
Vado in mensa, certo di trovarlo lì. Mentre faccio la fila per il self service, mi do dello stupido. E' ovvio che non stia nella mensa. Nonostante tutto, però, continuo a fare la fila e prendere un muffin, sbocconcellandolo velocemente.
Saluto distrattamente Niall intento a mangiare una brioche da cui cola tutta la marmellata che sta sporcando la sua maglietta.
Mi dirigo in cortile. Fa freddo e addosso non ho che un leggero maglioncino di cotone senza niente sotto, ma continuo a girovagare nella nebbia mattutina. L'aria gelata mi pizzica gli occhi e mi calma. D'un tratto mi rendo conto di sembrare un idiota. Sto andando in cerca di un ragazzo che ho visto due volte, che mi ha baciato la seconda volta che ci siamo visti, e che pergiunta non conosco.
Mi do una pacca in fronte. Non si potrebbe essere più stupidi. Rientro nella clinica a passo lento, cercando di calmare i brividi di freddo.
Vado in camera mia, vuota. Guardo di sfuggita il calendario. Il giorno di domani è stato cerchiato in rosso da Liam. Ha scritto 'Loren, 15.45'. Fisso spaesato la data, prima di ricordarmi che domani è il giorno delle visite. Una tristezza mi assale, ripensando a mia madre.
Mi distendo supino sul letto, incrociando le braccia dietro la testa. Sbatto velocemente le palpebre, sentendo la vista offuscarsi dalle lacrime. Le ricaccio indietro. Mentalmente mi dico che non sono pronto per affrontare l'argomento, seppur nella mia testa, tra me stesso.
Io e Jenna ancora non ne abbiamo parlato, nonostante le numerose sedute.
L'unica cosa che posso pensare, che mi concedo di pensare, è che mi manca. Come una madre può mancare a un figlio. L'unico pensiero che riesce a farmi reprimere la rabbia che al contempo provo nei suoi confronti.
Lentamente mi metto a sedere e comincio a camminare per la stanza, avanti e indietro. Decido di uscire e dirigermi verso la sala comune, sapendo che a quest'ora dovrebbe essere deserta.
Saluto distrattamente le persone che incontro per i corridoi. La maggior parte non sono che le infermiere e i più rari medici o psicologi.
A passo spedito entro nell'ampia sala. Il tempo di aprire la porta e sento la stessa voce maschile di questa mattina. Mi blocco dinanzi alla scena davanti a me.
Un ragazzo dai capelli scuri, che reputo abbia tre o quattro anni in più di me, è voltato di spalle e sta parlando con qualcuno. O meglio, stava parlando. Appena la porta dietro di me ha sbattuto, si è girato, infastidito e mi ha guardato interrogativo. Nel voltarsi, però, ha rivelato l' identità del suo interlocutore.
Louis.
Indietreggio. Sento le mie guance imporporarsi e la gola seccarsi. Comincio a squadrare il ragazzo davanti a me. Gli occhi scuri ricambiano straniti il mio sguardo. E' alto, poco più di me e molto più di Louis. Le gambe slanciate sono fasciate da dei jeans scoloriti e stretti, indossa una polo grigia che cade perfettamente sui fianchi stretti. E' un bellissimo ragazzo.
-Harry.- mi sento chiamare. Louis ha quasi l'aria colpevole, del tutto diversa da quella che aveva durante il nostro primo incontro. L'idea del ragazzo spavaldo e pieno di iniziativa, e di coraggio, che mi sono fatto si sta distruggendo davanti ai miei occhi. Ha la voce inferma, e ha sul viso un'espressione allarmata.
Il moro si gira verso Louis, che però non accenna a rispondere alla domanda silenziosa del ragazzo.
-Senti,- dice guardandosi distrattamente l'orologio -io devo andare a lavoro, ti vengo a trovare tra due settimane.- dicendolo, si avvicina a Louis, stampandogli un piccolo bacio a fior di labbra. Mi fa un cenno col capo ed esce velocemente dalla sala.
Solo dopo dieci secondi la mia mente elabora la scena. Louis si passa una mano sul viso, stirando la pelle che fine si tende sugli zigomi.
-Porca troia..- lo sento borbottare.
Muovo un paio di passi verso di lui.
-Lui è..- comincio titubante. Ho paura di quello che mi risponderà.
-Sì, Harry.- afferma con voce stanca, quasi addolorata -Lui è il mio fidanzato.-.

Wah.
Buonsalve gente! Allora, premetto che l'ultima parte di questo capitolo, l'ho scritta vedendomi Pretty Little Liars e visto che sono in ritardo non me la sento di riscriverla e aggiornare domani. Pigrizia 1 Buonsenso di Edsvoice 0.
Anyway, spero che la pausa non si sia fatta sentire e ringrazio tutte le persone che la seguono, che l'hanno messa tra i preferiti e ricordata e chi ha recensito. Sappiate che ogni volta che vedo una recensione mi metto a salterellare per casa. Lo giuro.
Detto questo vi saluto, sperando che entro giovedì riesca a postare un capitolo decente. Ricordo che dopo quest'eccezione del giovedì i capitoli verranno pubblicati come sempre ogni martedì.
Baci, Edsvoice.

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Capitolo 6
*** Apathy ***


chap6 Apathy.

Mi rigiro la forchetta tra le dita, mangiucchiando poco convinto una foglia di insalata.
-Harry, si può sapere cos'hai?- chiede Niall, intento a fare un castello con le lattine vuote delle bibite lasciate dai ragazzi. Scuoto leggermente le spalle, allontanando il piatto. Lo stomaco è completamente chiuso, non riesco a ingoiare neanche due chicchi di mais insieme. Liam mi affianca e si siede vicino a me. Mi ha osservato durante tutto il pranzo. Mi lancia un'occhiata eloquente e muove la testa in direzione della porta. Annuisco, lasciando cadere la forchetta sul piatto.
-Signori, io e Harry leviamo le tende, se non vi dispiace.- sorride Liam, salutando Zayn, Ed e Niall con un cenno della mano. Mi sforzo di sorridere e ci avviamo verso la nostra camera.
-Allora, non mi devi dire niente?- domanda Liam una volta entrati in camera e facendomi sedere sul letto.
Mi passo svogliatamente una mano tra i ricci, inspirando profondamente.
-Ti ricordi questa mattina? Quando ti sono venuto a cercare?- il castano annuisce -Bene, mentre rientravo, mi sono nascosto da Anita che stava parlando con uno sconosciuto, chiedeva del quarto piano.- mi fermo un attino, poi riprendo -L'uomo si è rivelato essere il fantastico fidanzato di Louis.- Liam non maschera la sua reazione, spalancando gli occhi e sollevando le sopracciglia fino all'attaccatura dei capelli.
-Alla fine quindi hai trovato Louis.- dice, dopo essersi ripreso dallo shock iniziale. Annuisco.
-Lo stavo cercando dappertutto, ma poi ho avuto la strabiliante idea di andare nella sala comune a calmarmi un po'. Peccato che c'erano Louis e il suo ragazzo. Stavano parlando, poi il ragazzo se n'è andato baciando Louis.- proseguo, sospirando. Sento una stretta curiosa allo stomaco, come se ancora non metabolizzassi quello che è appena successo. Non sento nulla, tranne che questo strano dolore all'altezza dell'addome.
Scivolo sul letto, fino a coprirmi con le coperte, nonostante sia completamente vestito, sperando di chiudere così la conversazione. Liam, però, non è dello stesso avviso.
-E allora? Cosa hai fatto dopo, cos'ha fatto lui? Ti ha spiegato perché ti ha baciato?- chiede a raffica. Mi limito a girarmi su un fianco e sussurrare -Me ne sono andato.- prima di chiudere gli occhi e far finta di non sentire gli sproloqui di Liam.

Sono passati due giorni da quando è successo.
Mi sembra come se tutto fosse grigio. Ormai non mi interessa cosa dicono i miei amici e i pettegolezzi di Zayn. Non voglio sapere perché Ed è ancora in clinica ne' chi sia la cotta di Niall.
Cotta: in inglese crush: come quando sbatti contro qualcosa. Come quando hai la patente da tre ore e tamponi con l'auto di tua madre un lampione in pieno centro. Splendido come una lingua possa rappresentare una situazione del genere.
Non vedo Louis da quella volta. Ma questa assenza non dura molto: il ragazzo in questione varca le porta della sala comune e si avvicina al nostro angolo. D'un tratto il divanetto su cui sono seduto mi sembra così comodo che non mi ci alzerei neanche per tutto l'oro del mondo. Il castano dagi occhi azzurri è guardato male dai ragazzi che mi circondano. Ormai tutti sanno quel che è successo.
-Harry, ti posso parlare?- domanda squadrando i presenti -Per piacere.- aggiunge, puntando gli occhi su di me.
Alzo distratto lo sguardo, fino ad incontrare il suo. Un lieve torpore si risveglia al livello del mio stomaco.
-Forse è meglio che te ne vai.- sento dire da Liam. Il tono di voce è come sempre placato e tranquillo, ma non ammette repliche.
Louis non lo degna di uno sguardo.
-Per piacere.- mormora ancora. Combattendo contro i miei muscoli, che sembrano non volersi staccare dal divano, mi alzo e annuisco lentamente, seguendolo. Mi porta nella terrazza. Non esco mai nella terrazza, soprattutto in questo periodo. Maggio porta tanta afosità e questo caldo umido mi da fastidio, ma, nonstante tutto, non ribatto ne' chiedo di tornare dentro.
Mi metto a sedere sulla balaustra.
-Mi dispiace Harry. Mi dispiace davvero tanto.- comincia, avvicinandosi subito di qualche passo. Scendo dalla balaustra e mi allontano da lui. Mi guarda mortificato prima di fermarsi rigido dov'è.
Dopo circa due minuti buoni passati a guardarci senza un motivo, chiede -Perché non mi dici niente Harry?- riprendendo a camminare verso di me. Scrollo le spalle, distogliendo lo sguardo per posarlo sul cortile su cui affaccia la terrazza.
-Non vuoi sapere perché ti ho baciato?-
Un altro passo.
-Non vuoi sapere perché te l'ho chiesto?-
Un altro.
-Perché non lo vuoi sapere? Perché non me lo chiedi?- domanda, alzando un po' la voce, facendola diventare leggermente acuta.
Riporto gli occhi su di lui, scoprendolo più vicino di quanto pensassi. E' a mezzo metro da me e riesco a sentire il fiato caldo sul collo.
-Ormai, non mi interessa più.- rispondo secco. Ho la voglia di allontanarmi di nuovo, di mettere tra me e il ragazzo quanta più aria possibile. Non voglio guardarlo negli occhi per vedere il dispiacere, o addirittura la pena nel consolarmi. Non voglio vedere i suoi occhi così espressivi e leggerci qualcosa che farebbe più male a me dopo che quanto a lui adesso.
D'un tratto, senza che potessi rendermene conto, mi afferra l'avambraccio, costringendomi a guardarlo per lo stupore. Non ritiro il braccio come la prima volta.
-Guardami.- ordina, sussurrando. Obbedisco, anche perché sono stufo di guardare il cortile o il suo naso, pur di evitare gli occhi, o peggio mi sento, la bocca.
Mi fissa per un po', prima di ricominciare a parlare, con un tono di voce basso e stanco.
-Te lo dico lo stesso. Mi piaci. Lo so da quando ti ho visto fumare una volta in cortile, è così che ho visto dove nascondevi le sigarette. Mi sono subito chiesto chi fossi. Quando abbiamo parlato la prima volta ho subito capito che non mi saresti passato di mente così presto. Poi però sono stato male, e ho sperato tanto che venissi. Davvero tanto. E tu sei venuto. Non potevo farmi scappare un'occasione del genere. Stavo malissimo e avevo paura di non poter più uscire da quella stanza. Mai più. E' per questo che ti ho chiesto un bacio, solo per sapere come sarebbe stato.- conclude, lasciando però che molti interrogativi ronzassero nella mia testa.
Non mi muovo ne' dico qualcosa. Sono caduto in uno stato catatonico. Non so cosa si fa in queste situazioni. Non ne ho la più pallida idea. Così opto per lo stare in silenzio, lasciando Louis a crogiolarsi nel dubbio. E' crudele, ma non mi interessa. E' come se questa situazione la stesse provando qualcunaltro e io la stessi a guardare attraverso uno schermo. Dopo interminabili minuti, è Liam a salvarmi. O, comunque, a salvare l'Harry dentro lo schermo.
Louis si ritrae da me, lasciandomi di colpo il braccio. Liam squadra prima me, poi Louis.
-Harry, è mezz'ora che sei qui fuori, hai intenzione di entrare?- dice con tono scocciato. Annuisco e in silenzio gli passo accanto, senza guardare un'ultima volta Louis.
Il mio compagno di stanza mi segue e invece di indirizzarmi verso i divanetti, dove tutti ci guardano con aria curiosa, mi fa cenno di uscire dalla sala comune e tornare in stanza.
Una volta entrati, il castano mi fa sedere sul suo letto.
-Allora, cosa è successo?- domanda cordiale, accenando un sorriso. Si siede accanto a me, facendo sfiorare le nostre spalle.
-Nulla. Ha detto che gli piaccio.- rispondo atono. Fino a una settimana mi sarei messo a saltare come un matto. Ora, invece, non ha più importanza. Mi sento un po' usato, come una voglia che Louis aveva, ma che ora è passata, o quasi.
Scrollo le spalle e mi volto verso Liam, attendendo una risposta.
Mi guarda attentamente, senza fiatare. Si limita a far scorrere gli occhi sul mio viso, cercando qualcosa.
-Ci sei rimasto male.- dice infine. Non è una domanda, e anche se lo fosse non avrei risposto comunque. Mi distendo, facendo scorrere le lunghe gambe dietro la schiena del castano e passandomi le mani dietro la testa.
-Liam?-
-Si?-
-Con chi ti vedi, di notte?- domando a brucia pelo. Alzo un po' la testa per vedere la sua reazione. E' sbigottito e ha la bocca leggermente socchiusa. E' sorpreso dalla domanda e so che muore dalla voglia di sapere come l'ho scoperto. La verità è che non lo sapevo, era solo una prova e la sua reazione mi ha dato la conferma.
Nonostante abbia la domanda sulla punta della lingua, si trattiene e risponde -Con qualcuno.-.
Sorrido impercettibilemente alla sua risposta evasiva. Sviato l'argomento 'Louis', ora sono deciso a scoprire qualcosa di più.
-Ah si? E io che pensavo fossi zoofilo.- ironizzo per sdrammatizzare. Cosa che non funziona tanto bene, dall'espressione cupa di Liam.
-Perché non me lo vuoi dire?- sospiro -E' per caso una paziente?- domando tranquillo, guardando le minuscole crepe sul soffitto immacolato.
-Diciamo.- risponde. Dal tono capisco che la conversazione è chiusa. Mi alzo dal suo letto e vado in bagno a cambiarmi, mi metto uan tuta e recupero un iPod scrauso da sotto il letto, completo di cuffiette, e mi avvio verso la porta sotto lo sguardo confuso di Liam.
-Dove vai?- domanda, squadrando prima me, poi il piccolo lettore che ho in mano.
-A correre.- rispondo, prima di chiudere la porta.

Wah.
Lo so, perdonatemi davvero tantissimo. Oggi ho avuto gli esami di riparazione e anche domani e sono stata con la schiena china sui libri tutta la settimana. Mi dispiace tantissimo per il ritardo, mi ero promessa di non farli.
Oltre a questo, era da un po' che avevo in mente una OS, sempre Larry, e un giorno ho deciso di scriverla, presa da una strana ispirazione. Che Lana Del Rey sia benedetta.
Bon, vi lascio qui il link, è cortina, e mi piacerebbe davvero tanto se la recensiste, anche un commentino ino ino, giusto per farmi sapere se fa schifo o meno.
Ringrazio tutte quelle sante ragazze che non hanno mollato la storia nonostante il ritardo enorme. Davvero grazie. A chi recensisce e ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Siete adorabili.
Baci, la vostra -non più in ritardo- Edsvoice.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2096725&i=1

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