Delle attese immobili

di l_s
(/viewuser.php?uid=38085)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come Babbo Natale ma con meno ferie ***
Capitolo 2: *** Diroccati ***
Capitolo 3: *** Verde pallido ***
Capitolo 4: *** Ninfee ***
Capitolo 5: *** La strega ***
Capitolo 6: *** Chiamandolo amore ***
Capitolo 7: *** To Sophie ***



Capitolo 1
*** Come Babbo Natale ma con meno ferie ***


<big>Come Babbo Natale ma con meno ferie</big>
Come Babbo Natale, ma con meno ferie



La pace era tempo fa. Antonio non la ricorda più.
Come tutti, la associa all'infanzia e a Babbo Natale. Ma chissà se era proprio felice, allora.
Ora, vive un'eccedenza di vita. Non ha avuto il coraggio di uscirne in tempo; poi sono arrivati i venti. E c'è ancora futuro.
Nell'infanzia, adorava i camioncini dei gelati (quelli della televisione; nella realtà erano passati di moda), che vagavano soddisfacendo bambini bisognosi.
Adesso, vorrebbe girare le città, dal tramonto all'alba, in un camioncino, offrendo droga a quei bambini nuovamente bisognosi – una macchina, un'insegna luminosa sopra, la musica giusta.
Come Babbo Natale, ma con meno ferie.
Finché, lentamente, lettere, fari, accendini si spegneranno.




Nota: Ho scritto questa drabble per un gioco sul gruppo Facebook Distributore automatico trame|titoli|citazioni per Efp

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Diroccati ***


Diroccati




Era lì che era morta.
In quella cazzo di casa diroccata in mezzo alla Murgia, dove sua madre diceva che facessero riti satanici. Povera ragazza, istigata al suicidio da chissà quali stronzate sull'aldilà e sul demonio.
Lui non sapeva se fosse vero, aveva solo visto il suo banco di scuola il giorno dopo. Stracolmo di fiori in maniera raccapricciante: nessuno aveva neppure pensato a lasciarle un po' di spazio per... per morire.
Allora lui era fuggito via, in quel posto di merda, accucciato in posizione fetale, finché il colore degli affreschi era diventato sangue e nella cornice vuota su un parete aveva intravisto il volto di lei.
Non sorrideva.




Nota: Questa è la seconda drabble scritta per gioco a partire da un'immagine sul gruppo facebook Distributore automatico di trame|titoli|citazioni per Efp

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Verde pallido ***


Verde pallido“Verde pallido” avrebbe risposto, se qualcuno le avesse domandato il colore dell’Attesa.
D’altronde, nessuno l’avrebbe mai fatto.
La decorazione floreale del vestito era una concessione ad alcuni Ricordi sconosciuti, archetipici, che talvolta le bendavano la mente. Il , inutile dirlo, era per scaldare le mani: l’Inverno era vicino.
Un tempo, i compaesani bussavano alla sua Candida Casa. Lei non apriva mai; così finirono per sorvegliare semplicemente laFinestra del soggiorno, dove sedeva, immota.
Lei lo sapeva, che per loro non era una persona, che era meno di un fantasma. Lei forse lo sapeva, che nessuno sarebbe arrivato.
Forse perché nessuno di loro lo sapeva, che il  era sempre caldo.






Nota: Ennesima drabble scritta a partire da un’immagine offerta dal gruppo facebook Distributore automatico di trame|titoli|citazioni per Efp. Ci sto prendendo paurosamente gusto.
La "Candida Casa" è una citazione dalla poesia J128 di Emily Dickinson. In generale, tutta la drabble ha un po' a che fare con la sua poesia, in realtà.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ninfee ***


Ninfee

Ninfee



Non toccarmi. Non ci riusciresti.
Alzati dalla riva. Immergi caviglie, ginocchia, lombi. La vita.
Posizionati nel grembo.

Ma non toccarci. Non ci riusciresti.
L'acqua si richiude senza cigolare. Chinati in avanti, infrangi il tabù dell'annegare.
Chiudi gli occhi, non servono: è questa generazione a crogiolarsi nel liquido amniotico, nell'Oblio cui, materno, ritorniamo, per un esaurimento genetico.

Non toccarci. Siamo ninfee.
Raggruppati, isolati, aggrovigliati in giorni perfetti.

Quando aprii gli occhi, il fondo non c'era.
C'era l'indecisione: vita oltre la schiena, il materno galleggiare, quel fondo mancato.
Non toccarmi. Sei lontano anni luce: non riusciresti, non riuscirai...

Non ricordo la domanda della tua ombra.
Non ricordo la decisione.
Non ricordo te.






Nota: Dopo mesi, sono riuscita a scrivere qualcosa su questa bellissima immagine che viene, ancora una volta, dal Distributore automatico di trame|titoli|citazioni per Efp.


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La strega ***


La strega



C’era una porta identica nella villa comunale, cento anni fa. Di quelle che restano misteri persino da adulti.
Secondo Giulio, i bambini sapevano che ci abitava una strega.

Non sei mai stata qui, l’hai incontrata poco, in luoghi neutrali.
Quel giorno terribile, quando piangeva – Dio, quant’era giovane! – e si teneva la pancia vuota.
Anni dopo, quando Giulio si drogava e tu le hai chiesto di spaventarlo coi suoi buchi.
Non l’hai mai ringraziata...
E adesso fissi quella porta e ti chiedi se ne valesse la pena.
La burocrazia, tuo marito. Suo figlio, tuo figlio.
E ti chiedi se ce la fai.
Ad entrare e dirle che avete perso vostro figlio.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chiamandolo amore ***


Chiamandolo amore

Chiamandolo amore


«Non avevo soldi. Arrivai lì casualmente, camminando lungo i binari. La capanna era un accostamento di materiali pacchiani, eppure profumava di poesia. L'eremita mi guardò: i suoi occhi erano antichi, la pelle bruciata dal sole, le mani...»
callose, e c'ho goduto un sacco quando mi toccava mentre mi scopava.
Questa storia del cazzo l'ha raccontata mille volte, sempre più patetico. Ogni volta che sentiva la poesia della vita sfuggirgli, quasi sempre per causa mia.
Ora, mezzo calvo, con quell'orrida pancia da cinquantenne, anche chi non la conosce lo compiange, il fallito orgoglioso delle trasgressioni giovanili.

Sorrido: lo schiaccerò ancora. Deprederò il suo corpo repellente e lo umilierò chiamandolo amore.


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** To Sophie ***



To Sophie

 

Si chiede se sia abbastanza nascosto.
È un infantilismo, ma gli sembra che il declivio del suo mento sia un segreto troppo intimo da condividere, persino quando si cerca di fare di se stessi un'opera d'arte.
Talvolta gli sembra un modo nobile di usare il corpo: ora che la sua anima non ha più nome, l'anonimato dell'arte è confortevole.
Ha provato a chiamarla con un altro nome, ma lei non ha risposto. Il vecchio non lo pronuncia da molto tempo. Ogni tanto lo scrive, per vedere se abbia ancora un senso. Ma solo ogni tanto.
C'è un segreto, nelle forme, lui crede di conoscerlo. Ma le parole sono rissose, e se cominciasse a schierarle, si inciamperebbero a vicenda, creando un polverone che coprirebbe il segreto stesso. Anche quando le canta, per quanto la musica riesca a tenerle in piedi, gli fanno tremare sempre la voce.
C'è solo una parola – il nome – che lui vorrebbe pronunciare ma ha giurato di non dire più.
E chissà se anche al pianoforte tremerà la voce.





 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2130850