Lo sguardo della Verità

di Yeelah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Prologo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***



PRIMO CAPITOLO
La luce fioca delle candele illuminava timidamente l’angolo dell’androne in cui si trovavano l’uomo con il mantello nero e il suo compagno. Erano seduti intorno a un tavolo in mogano, stile vittoriano, le mani bianche e ingioiellate del primo che stringevano una pergamena ingiallita ancora chiusa dal sigillo di una delle casate reali più in vista di tutti i secoli: quella dei Romanov.
Il castello medievale in cui si erano ritrovati pulsava di un alone mistico, come se si fondessero all’interno delle sue mura antico e moderno, mentre fuori nella notte fredda e incantatrice gli animi riposavano ignari di tutto.
-Allora, Alabam- esordì la figura incappucciata –come stanno andando le cose al di fuori delle Logge?-
Il secondo si schiarì la voce, asciugandosi il sudore che scendeva dalla tempia sinistra.
-Mio signore… Eric… non l’ha ancora trovato.-
Un lampo d’ira attraversò lo sguardo tagliente del monaco.
-Tu sai che la profezia sta per compiersi, Alabam.-
Sapeva tutto. La copertura dell’Oscuro Cavaliere sarebbe saltata da un momento all’altro, non era facile nascondere un tatuaggio di quelle dimensioni, specialmente sulla mano destra.
La stessa mano che donava benedizioni aveva sollevato più volte un coltello per poi trafiggere il cuore di una delle vergini sacrificate a Satana. Non poteva passare da innocente per sempre. Prima o poi il lupo che celava dentro di sé sarebbe saltato fuori e con le sue fauci avrebbe divorato anche l’ultimo brandello di speranza.
-Trovalo.-
Fu l’ultimo ordine che impartì prima di congedare Alabam.
Ma non sapevano che i loro desideri stavano per essere esauditi.

 
San Pietroburgo, 1570
“La giovane novizia stese le ultime righe del manoscritto con la mano destra, completamente fasciata, che tremava di freddo e di paura. L’inverno pietroburghese la scuoteva in brividi capaci di farle vibrare le ossa.
Quella pergamena rappresentava tutto ciò che aveva, l’unica possibilità di arrivare fino ai secoli successivi. Quel segreto che celava  era come il canto più antico del mondo, una nenia che ogni uomo conosce ma che comincia ad ignorare superata la tenera età. Un canto che parlava di una data, una data fatidica per l’umanità: il giorno del Giudizio. Lei aveva saputo. Non era una normale suora, la sua mano parlava chiara. Era appartenente alle Logge e Loro lo sapevano, ecco perché l’avevano messa a morte. Del resto, era la figlia illegittima dello zar, inserita in un contesto religioso dal padre per espiare una colpa indelebile. Sigillò il manoscritto con lo stemma dei Romanov e lo nascose in una fessura invisibile della sua cella, coprendola con una pietra. Si portò una mano al petto, e dal ciondolo che vi teneva, estrasse una boccetta che conteneva un veleno potentissimo. Si uccise con la protezione della Luna, maledicendo chiunque avesse provato ad ostacolare il volere della Setta e trascinando nell’oscurità l’arcano che proprio quell’organizzazione iniziò a proteggere da quel momento.”

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Capitolo 2
*** Prologo ***


PROLOGO

La lama del coltello scavava, mangiava la corteccia del salice secolare, le fronde fendevano l’aria come spade, mentre il ragazzo, coperto dal manto nero come l’inchiostro di una delle notti più tenebrose che quel luogo avesse nella memoria, agiva in segreto, lasciando tracce evanescenti del suo percorso, indizi che solo una mente pura avrebbe saputo decifrare. L’unica luce era la torcia che il giovane teneva nella mano destra. Con la sinistra intagliava qualcosa sul legno, segni bizzarri, linee e cerchi, curve sinuose che a fatica venivano in superficie sulla corteccia frastagliata dell’albero. La sua pelle bianca luccicava ed entrava in contrasto coi capelli corvini. I polsi erano sfregiati e il dorso della mano destra era decorato da un tatuaggio che si estendeva dalla base del polso fino alla punta delle dita: era un simbolo apparentemente religioso, la tinta nera faceva in modo che l’arto sembrasse parte di un tessuto arabesco, una fiaba orientale, la storia più antica del mondo ormai dimenticata dalla mente dell’uomo, custodita gelosamente dagli ultimi in possesso di quel segreto. Alla base del salice, dei fili dorati, ricami eleganti sul tappeto erboso, mani di fanciulla ormai inerti toccavano una pietra divorata dal muschio. Il sangue, scarlatto, colorava la camicia da notte candida della ragazza che giaceva accoltellata al suolo freddo di quella foresta seminascosta, lontano dalle luci della città, dal trambusto di quella vita frenetica che aveva accartocciato l’ultimo frammento di silenzio. In un mondo in cui tutto ormai è a portata di mano, dove non serve che un apparecchio elettronico per andare a capo di qualsiasi mistero, era questo che lui cercava: gli omicidi erano l’unico modo che aveva per cercare l’eletto.

Colui capace di scoprire la verità, il contatto che c’era tra quelle uccisioni di vergini e la Setta. Finalmente aveva finito. Le luci dell’alba arrossavano le foglie degli alberi, ravvivavano quel sangue che sporcava la foresta. Il ragazzo accese una sigaretta. Aspirò una boccata e buttò fuori il fumo dalle labbra carnose. Il tabacco e la nicotina entrarono nei suoi polmoni facendoli bruciare. Con il coltellino si procurò un’altra incisione sul polso sinistro. Quando la sigaretta finì, la spense sulla fronte pallida della giovane morta. Occhi vitrei color cielo lo fissarono per l’ultima, agghiacciante volta, per poi sparire nella nebbia mattutina. Il rombo di una motocicletta svegliò i gufi, dormienti e silenziosi spettatori di quel macabro rito. Il fumo della marmitta si mescolò a sangue e rugiada. L’odore di morte penetrava nelle narici e impregnava tutto ciò che di vivo rimaneva nella foresta, mentre un oscuro arcano si preparava a venire a galla.

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