Al crepuscolo

di Faffy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuoco ***
Capitolo 2: *** Da Touya ***
Capitolo 3: *** Grigio perla ***
Capitolo 4: *** Ancora da Touya (per Vale) ***
Capitolo 5: *** Viola ***
Capitolo 6: *** Da un dannato ***
Capitolo 7: *** Bianca ***
Capitolo 8: *** Hotaru ***
Capitolo 9: *** Erba notturna ***



Capitolo 1
*** Fuoco ***


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Capitolo 2
*** Da Touya ***


Da Touya

Da Touya

 

 

Se Sakura aveva voluto suicidarsi, e questo era decisamente chiaro, era stata davvero molto stupida a farlo in quel modo. Da quanto avevo capito aveva tentato di strangolarsi da sola, ma aveva perso i sensi molto prima dell’effettivo pervenire della morte che pareva agognare. Voleva sembrare… poetica? Romanzesca?

L’oro rabbuiato e marcio del tramonto gocciolante nella nebbia di macabre armonie cromatiche era la sinfonia di violino perfetta per la sua dipartita. Dolce, sfumata, cupa, soffocata nel buio! Oh! Soffocata! Che parallelismo Sakura, sei la solita megalomane.

Mia sorella era sempre stata così: troppo trasognata e originale per accontentarsi della normalità, o anche solo di quello stupido cinesino del cavolo. La notte non aveva fatto in tempo ad incombere possente scivolando come pioggia sui tetti polverosi, che avevo ritrovato la mia sorellina a terra.

Aveva lividi sul collo a forma di dita, era svenuta e subito dopo aveva ripreso a respirare regolarmente. Al massimo in quel modo, forse, aveva ottenuto di essere diventata una disabile sbavante per casa, per via della prolungata mancanza di ossigeno al cervello. Splendido, sorella, sei un genio! Non sapevo neanch’io perché l’avevo abbracciata dato che l’odiavo. Era una stupida romantica… ottima scenografa, avrei dovuto ammettere, ma non aveva troppo sale in zucca. Stavo aspettando che si risvegliasse, in quel momento, per vedere cosa le era successo.

Sakura aveva tentato di baciarmi. Anzi lo aveva fatto. Quella sciocca. Forse stavo pensando quelle cose orribili per il disgusto. L’umiliazione. Che diavolo ne so. Con le tenebre e le ombre qualcosa era calato sulla mia testa e la mia gola come un martello che preme per schiacciare il chiodo. L’aria in camera di Sakura era irrespirabile e forse, in quelle condizioni, sarei soffocato anche io. Sarei diventato un cretino su una sedia a rotelle, strabico e balbettante. Immaginai per un attimo la scena con una smorfia di ribrezzo.

Touya-Touya tu sei pazzo! Cantilenai in un sussurro. Da piccolo sognavo sempre la festa della fioritura: sognavo i giardini e i ciliegi in fiore. Gocce di pioccia lenta mi inumidivano il volto uniti alla cascata di petali che gli alberi piangevano malinconicamente.

Se mi fossi messo a girare su me stesso avrei riempito la mia testa dell’azzurro firmamento, del vorticare dei petali e del loro profumo. Mi sarei spezzettato in cento sensazioni dimenticando chi ero.

Per sempre.

Poi c’era una Geisha con una maschera che le copriva gli occhi, un abito lungo riccamente ricamato che mi offriva da bere dalla sua mano acqua piovana. Poi sentivo stridere nelle mie orecchie. Fracasso di croci mi aveva suggerito il mio cervello, quando provai, da sveglio, a darne descrizione. Ecco. Fino a quattordici anni avevo amato la mia Geisha, benché Yukito mi prendesse regolarmente in giro. Poi con lui fu diverso anche se poco serio a dire il vero: il pudico rossore si univa al sudore in strani giochi che l’adolescenza ci aveva imposto come impellenti bisogni. Ma avevano, infondo, una forma così concreta tali momenti furiosi quanto delicati? Se tu fossi morta sorella… saresti stata la solita inutile stupida…

Quando vidi che stava riaprendo gli occhi mi alzai e uscii dalla camera.

Ragazzina ringrazia la tua sorte.

Falena mietitrice di sangue.

Le soleil s’est couvert d’un crépe. Comme lui,

O Lune de ma vie!Emmitoufle-toi d’ombre ;

Ricordai a memoria.

Dormi, fuma a piacere, sii muta, opaca e affonda.

Intera nella noia dei tuoi recessi bui.

Charles Baudelaire, Le Possédé: l’ossesso, la prima cavolo di quartina, ripensai accendendomi una sigaretta in cucina, mentre il vento della finestra scuoteva le tende.

“Je t’aime ainsi!” aggiunsi con un guizzo divertito, senza accorgermi che Sakura aveva scostato la porta scorrevole facendo debolmente capolino.

Ti amo così!

Tradussi intimamente con profonda malinconia.

Ti amo così perché non faccio che cercare gli amori più erronei sai?

Più…

“Touya…”

…Maledetti!

“Non sei molto intelligente, davvero!” mormorai.

Era così sensibile quella ragazza: ogni parola aveva il potere di scuoterla, così come il solo sfiorar l’acqua ne tormenta la limpida superficie.

“Scusa tanto se ti amo!”

Scusa se ti amo puttana…

Non è vero bambina, sei una bugiarda: sei solo una mocciosetta ipersensibile alla ricerca di emozioni e nulla più! Nulla più…

Io? Io non amo davvero, io sono morboso, fondo cellule come un chimico folle. Sai che significa Alchimia?

Al- fa riferimento al divino e origina anche il nome Allah e -chimia sarà certamente una radice o roba simile di chimica: la chimica di Dio, l’assoluta conoscenza. La conoscenza non è di Dio, ma di Satana, Dio ha punito il desiderio di conoscenza di Adamo ed Eva.

Io voglio essere alchimista: conoscitore delle ombre più oscure di questa terra, dei meandri più reconditi e sperduti delle tue viscere e delle tue lacrime amor mio.

Lo sai in che modo amo io? Ce l’hai presente lo sterminio delle streghe? Ecco, quello per me è la più meravigliosa dichiarazione d’amore che gli uomini esposero alle donne a quel tempo. Non si distrugge, forse, quanto si ama?

Io amo distruggendo e tu vieni qui col tuo musetto bagnato di lacrime gridandomi di parlarti perché ti stai maledettamente umiliando, davanti a me e al mio sorrisino scettico.

O mon cher Belzébuth, je t’adore!

Baudelaire era un genio, ma tu inorridiresti a tali strofe bambina.

Sono stato per te il fratello, non istigarmi ad essere per te solo un uomo o perderai la tua anima, piccola falena a pel d’acqua…

Io mi perdo…

“… nei tuoi occhi” riesco a mormorare ridendo di me stesso.

Annego… nelle… tue… lacrime…

“Ancora!”

Hai paura Sa-chan? Sorellina!

Lasciami delirare vampiro dell’anima mia! Fanno ancora ridere i clown quando sono macabri?

No piccola? Non ridi più?

“Sei mia sorella” ridacchiai. “Che ti salta in mente?” bisbigliai imitando l’antico tono fraterno.

Hai tentato di ucciderti per la vergogna di avermi baciato… in tutti questi anni ci siamo visti nudi, abbiamo mangiato e dormito insieme e vissuto giorno dopo giorno, mentre tu nutrivi la mia morbosità ed intanto divoravi il mio spirito.

Ti amo, sì, ma in modo sporco, e mai come so che desidereresti. Perché tu non mi conosci troia…

“Riesci a vedermi come una sorella, e non come una donna?” mi gridò contro.

“Semplicemente…”

“Noto che il fiato ti è tornato in gran carriera” dissi ironico.

“Donna tu? A sedici anni non credo proprio tantomeno dopo che per anni hai tentato di convincermi su assurdità su carte e magia! Sentiti! Donna!”

Ora ero seccato, in più era tardi e dovevamo apparecchiare dato che nostro padre sarebbe rincasato a breve.

“Touya, mi spaventi, non capisco!”

“Beh è ora che tu lo faccia!” sbottai irritato prendendo la tovaglia.

“Sei mia sorella e ciò che hai fatto ed il tuo tentato suicidio…” dissi stendendo la tovaglia.

“… mi disgustano”

Ora fuggi in camera. Non ti ammazzerai: te ne vergogneresti ora te ne accorgi anche tu che sembreresti patetica.

I tuoi occhi verdi e lucenti come il mare, la tua pelle chiara con cui paiono fondersi ed il rosa più accennato delle tue labbra lucide… i tuoi capelli chiari perennemente corti e morbidi al tocco…

Risvegliano solo demoni.

Non pretendere da me.

Io non sono normale Sakura.

Posso esserlo come fratello sognando di notte le violenze sul tuo corpo e sorridendoti la mattina dopo…

Non lo vedi? Sono polvere perduta e sparsa, sono cenere. Mia casa è una statua di un angelo col violino che di notte aprirà gli occhi e sgozzerà gli amanti nel sonno.

Sono pietra Sakura.

Pietra sulla tua pelle e sulla tua anima.

Pietra sarai con me.

Pietra sarai come me.

Anima angelica sed non satiata…

Mi abbracci mentre ti do le spalle insistendo pietosamente.

Rinnegami come Caino!

Rinunzi a Satana?

Rinnegami come Giuda!

Rinunzi a Satana?

RINNEGAMI!

 

                                I tuoi baci ridarebbero vita

                               al cadavere di quel tuo vampiro

 

Rinunzi?

DILLO!
RINUNZI?
DILLO!

“RINNEGAMI” esplosi distrutto.

Sakura si staccò da me spaventata, mentre il battito frenetico del mio cuore mi spingeva, o così parve a me, in aventi la cassa toracica.

Sakura si allontanò terrorizzata.

“… e avrai salva l’anima” completai in un mormorio atono, mentre colei che amavo…

Andava via…

Perduta… e non l’avrei mai avuta.

Addio amore

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Grigio perla ***


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Capitolo 4
*** Ancora da Touya (per Vale) ***


Ancora da Touya

Prima di iniziare... per Sakura93thebest: scusami tanto ma per ragioni assolutamentissimamente tecniche non posso più aggiornare le mie ff... è un discorso un po' lungo ma sono davvero molto felice che ti sia interessata, grazie e scusa se ciò può costituire una delusione.

Ancora da Touya                                                                                            Per Vale (StarChild)

 

Dopo aver ritirato il pacco dalle poste, come mi aveva chiesto mio padre, tornai a casa, mi barricai in camera infilandomi le auricolari nelle orecchie e mi sdraiai sul letto esausto.

La musica seppur violenta cullava con dolcezza delicata e angelica, mentre i suoni si dibattevano furiosi… dietro di me la vergine luce bianca recava con sé venti lievi ma freddi.

L’emozione.

Adrenalinica.

Il mio pianto.

Fammi una promessa

Come si fa con i bambini… Angelo del mio buio spirito… Luminescenza perlacea delle mie ombre.

Lascia intonare in me le note sfrenate e diaboliche di una musica furiosa. Una voce di donna si eleva sulle altre come il grido di un angelo ferito che brucia ed arde per conoscere le passioni di noi umani. Invidiandocele stillando lacrime di perla. Grida. Grida… per me! Sibilanti le voci, che angosciosamente serpeggiano, strisciando tra le parole della canzone, ringhiando silenziosamente. Il vento mi sfiora la schiena. La musica e il dolore dolcissimo dell’emozione si attorciglia tra le costole si ancora sullo sterno come le unghie di una strega, raggiunge con rapidità di una droga la gola ed esplode in testa in uno slancio che mi farebbe gridare euforico.

Senza pensarci inarco la schiena sporgendo il petto. Aspetterò la sensazione del vento intrufolarsi sotto la camicia e giocare con la mia schiena con dolci baci, mi sporgo in avanti come a rialzarmi trascinando indietro le braccia ricercando la sensazione fresca e ruvida delle lenzuola. Mi ritrovo in posizione seduta, riporto in avanti le spalle e per ultimo faccio ricadere il collo in posizione eretta.

Il vento.

La musica.

Ed ora… se sapessi farlo, suonerei furioso un violino sulle candele della mia anima e sul loro dolce fumo. Furioso! Gridando! Ridendo… con l’anima sanguinante e la testa leggera abbagliata dal cielo.

Angelo vergine.

Angelo sanguinante.

Non piangere… bimba di stella.

Con estrema lentezza sollevai le palpebre. Un riflesso argentato si antepose all’individuazione, davanti a me, di Yukito.

Voglio sentire i cori funebri delle Ninfe.

“Bwaah” mi lamentai senza troppa convinzione, “Sembro un cadavere” sospirai.

“Confermo!” scherzò lui lasciandomi sulle labbra il breve calore di un bacio. Lo lasciai fare. Per il semplice motivo che nella mia vita non ricercavo moralità alcuna, ma la perfezione attraverso la bellezza e Yukito era bello come il firmamento stesso.

L’aria sembrava di un grigio così chiaro da infondere una serenità malinconica.

“Sakura ha detto che non c’eri così sono rimasto fuori a vedere quando arrivavi e quando sei rientrato sono venuto qui passando dalla finestra” spiegò a bassa voce.

Il suo profilo sembrava del colore sconosciuto che si nasconde tra la superficie dell’acqua ed il suo profondo ed abissale baratro.

“Io non volevo affrontare di nuovo tua sorella… mi è sembrata strana”

La cosa catturò la mia attenzione assonnata. Yukito provò a parlarmi ancora, ma vedendo che non gli prestavo ascolto si alzò con rassegnata tranquillità e si dileguò con brevi parole di commiato.

Perduto ormai il sonno mi alzai in piedi. Come nei quadri di Caspar David Friedrich il mio spirito annegava nella maestosità di quanto mi era attorno, ad al mio fianco v’erano colossi sopiti. Il silenzio e la lieve cortina di buio chiaro che accarezzava le mie articolazioni.

I vellutati petali delle rose… e la loro rugiada fresca. Sorella, sei già in piedi, confusa, forse, perché Yukito è uscito senza che tu l’avessi fatto entrare. I petali che al tocco sono talmente mondi e dolci. Delicati…

Bimba di stella

Accompagnati alla notte

Innocenti e preziosi come il tuo viso da accarezzare… ma quei petali che si rivelano neri alla vista sono abbrancati al desiderio del mondo… alle sue pulsioni, ai suoi peccati alle sue tristi storie e tutta la terra sanguinerà dolente al loro capezzale. Vorrei che fossi morta dolce Sakura. Così averi mischiato il mio sangue al tuo e la nostra sporca unione sarebbe stata ignota a tutti… fammi una promessa… come si fa con i bambini…

Mentimi! Mentimi amore o sarò pietra abbattuta…

Ripudiami come il male.

Fammi una promessa bimba di stella

Perché sei le mie ombre, il mio sonno, il mio buio, l’aprirsi delle mie dita per accogliere le tue mani…

Le descrizioni di ancestrali, trascendenti forme dolci di movimento… le sfumature d’ombre di copri che si accompagnano dolcemente in un amplesso…

Dimentica perché io non sono in grado.

Se non mi cacci io non ce la farò. Se non mi uccidi perderai la tua vita tra le mie braccia, ed anche allora io non ti farei scivolare dal mio abbraccio.

T’amo con la forza che può solo uccidere. Perdona la mia litania mesta ed errabonda. Lasciami naufragare lieto nel mio dolore. Lascia che anneghi e dammi sepoltura in perduto luogo così che non rimanga neanche il barlume delle mie ossa pallide… salva te stessa da me. Ché sono un mostro di sperduto spirito… sono della stirpe di Caino che non merita perdono e non può attender a redenzione. Indolente la rabbia… frugami…

“Ciao, non sei rimasto molto a dormire” disse piano mia sorella.

“Neanche tu”

Lei si strinse nelle spalle. “Shaoran Li sa, vero? Sa che ti sei presa una cotta per me” buttai fuori senza pensarci, e forse avrei dovuto evitarlo.

Lei si limitò, però, ad annuire laconica e triste.

Mi infuriai vedendo nella mia mente la presenza sfacciata di Shaoran subentrare nel mio perfetto articolarsi di intimità e segretezza… nei miei pensieri, nella mia verità.

La mia dilaniante verità.

Scintille d’odio si moltiplicarono nel mio petto come le teste dell’Idra di Lerna.

Perché ho scelto il mio sporco amore che a te s’abbranca? Perché mi bruci al tuo sol sguardo bimba di stella?

Et pourtant elle a sa douceur!

Eppur la tua pelle ha dolcezza

Forse contrasterei con fin troppo netta opposizione la dolcezza delle mie nenie di angelica delicatezza alle mie furiose controbattute.

Non vedi? Ti dedico il conflitto della mia anima! 

Dondoli incerta sulle gambe sottili. Le ho disegnate. Ho disegnato centinai di volte il tuo copro nudo perdendomi in un dolcissimo annegare nelle ombre delle tue curve, nelle morbidezze che rendevo, nel brillare dei tuoi occhi, nella neve del tuo volto.

Le ho nascoste nel mio armadio e che Dio, se esiste, mi risparmi dal vivere il giorno che le troveranno rimirando la mia somma sporcizia a lode del tuo nome!

Sakura mise in tavola la colazione. I biscotti intinti nel latte mi accompagnavano in morsi morbidi e piacevoli.

“I bicootti!” feci in tono scherzoso nel tentativo di spezzare il nostro imbarazzo e di tradire l’uragano della mia anima…

Sakura rise.

“Senti sorellina, non fa niente… abbiamo messo su un bel casino ma dobbiamo far sì che le cose ritornino come prima, tu lo sai…” dissi con falsissima affabilità.

“… non sarebbe giusto fare a pezzi quel che ci resta della nostra famiglia” le sorrisi con dolcezza stavolta sincera.

Sakura si alzò in piedi improvvisamente facendo stridere la sedia spostandola.

“Touya, non capisci” mormorò.

“…nulla è come prima, tu mi sottovaluti, ma io… ti amo sul serio e vivrò sporca, sarò una croce arrugginita e rinnegherò me stessa, ma non te!” esclamò con una convinzione inimmaginabile dalla sua fragile persona.

“Non te”

E tutto divenne crudelmente dolce al tatto, al gusto e all’anima, quando inaspettatamente, con le ginocchia sul tavolo si sporse verso di me baciandomi per la seconda volta.

Come per la prima, due giorni fa, il mondo si fermò piegandosi in angolature inesistenti accartocciandosi come bruciato…

Figlia di Lilith e delle crudeli lance degli Achei bellicosi.

Figlia di Ecate e Nemesi.

A tal tormento mi va cingendo il tuo niveo tocco. Tal aspro pianto va intonando su te, crudele, il canto della contrita Echo.

“SAKURA!” riuscii a gridare liberandomi dalla sua fragile presa.

“Tu…” dissi riprendendo fiato maledicendo ogni mia singola parola.

“… non devi farlo mai più, capito?”

Cercai di essere gentile per quel che mi era possibile, poi mi alzai e senza che se ne accorgesse le presi il cellulare dal mobile della cucina, e mi chiusi in camera lasciandola afflitta dietro di me.

E più sola che mai.

Cercai i messaggi ricevuti, come sperai c’erano gli ultimi inviati da Shaoran il giorno prima, cioè il giorno dopo il primo bacio di mia sorella.

 

 Ore 16.06

 

Sì, ho capito e ti ripeto che non intendo rinunciare a noi, puoi dirmi tutto quello che vuoi, ma io credo che si tratti di un momento, che cambierà, perché io so che siamo destinati a rimanere insieme Sakura.

 

Ore 16.13

 

Cosa vuol dire? Che quando ci siamo fidanzati già sapevi di essere attratta da lui? CAVOLO È TUO FRATELLO E IO SONO IL TUO RAGAZZO!

 

Ore 16.20

 

Mandi messaggi chilometrici ma riproponi le stesse argomentazioni e non cambi la mia posizione. No che non ti lascio stupida, e preferirei che la smettessi di dire sciocchezze.

 

Ore 17.00

 

Un’ora e mi rispondi solo “sarebbe meglio”? Cosa intendi? Mi stai piantando?

 

Ore 18.00

 

INSISTI A VOLERE LE MIE RISPOSTE DOPO CHE MI HAI LASCIATO! A CHE GIOCO STAI GIOCANDO? VA AL DIAVOLO! LA VITA È TUA, PIÙ DI DIRTI CHE STAI SBAGLIANDO CLAMOROSAMENTE NON POSSO FARTI UN BEL NIENTE! ORA BASTA, CIAO.

 

Mi venne voglia di scaraventare il cellulare in un angolo della stanza e calpestarlo come desideravo fare, in quel momento, con Shaoran. Stupido. Se avesse voluto avrebbe potuto rovinare mia sorella, metter in giro brutte voci, forse fu per quel motivo che mi diressi spedito a casa del ragazzo, lo feci scendere e lo pestai sotto casa sua.

Ci andai giù pesante, mi fermai solo quando il giovane cinese non riusciva più neanche a lamentarsi e a tentare di difendersi.

Lo tirai per il colletto avvicinando il suo viso al mio. “Mia sorella non mi ama affatto, te l’ha detto solo per avere una scusa per lasciarti” dissi con tono tale che Shaoran ricordasse bene e assorbisse quanto detto.

“Non osare dire in giro cose strane, capito bene?”

Non aspettai risposta, anche perché non ne sarebbe stato capace, lo lasciai lì a terra, suonai il citofono senza rispondere e me ne andai sicuro che la sua amica l’avrebbe potuto recuperare immediatamente.

L’avevo picchiato, ma mi ero ben curato di procurargli più dolore che effettivi danni o ferite, perlopiù avevo colpito il ventre e certamente avevo evitato il viso. Non era colpa sua dopotutto, anzi, era andato incontro a mia sorella per quel che gli era stato possibile, però non volevo rischiare che potesse arrivare a ferirla.

Rientrai in casa con la stessa terribile stanchezza di quel mattino stesso. Quella sera andai da Yukito gli dissi stancamente che preferivo le donne ai ragazzi, poi eravamo finiti ugualmente a letto insieme.

Sulla strada del ritorno canticchiavo malinconicamente a denti stretti.

Perso in quella che mi parve tristezza profonda.

Mia bimba di stella che rechi morte e dolcezza in unico canto. Lieve è l’aspra terra al tuo passo, muoia il sole affondando in Gea umida, ma che tu sorga in ogni mia livida notte.

Mio amore, amore sporco, Dio perdoni questo cuore maledetto che strilla come una banshee, assoggettato a te…

Dio perdoni me, e perdoni te uniti stretti nel rovo della nostra maledizione.

Legati insieme, e lieti di esserlo, dalle viscere di Satana.

 

 

***Bimba di stella***

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Capitolo 5
*** Viola ***


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Capitolo 6
*** Da un dannato ***


Da un dannato

Un grande ringraziamento a chi recensisce, voi ragazze motivate il nostro lavoro e la nostra fatica, quindi un grande e sincero ringraziamento, siete mitiche...
Grazie mille anche a chi legge senza recensire...
Faffy e Francy

Da un dannato                                         ***(alle mie Francy e Ale)***

 

Affranto

Stridente

Atroce…

Fottutamente romantico

Come graffi su pietra che spezzano le unghie lasciano sanguinare le dita tra gemiti e strepiti.
Noo.
Solo… Immortale… Epocale.
Ti aspetto morte fammi a pezzi l’importante è che tu mi faccia gridare come un dannato nell’inferno tra le impietose fauci di Lucifero… bene ti attendo e sfido te e il tuo immenso sporco male.
Sono completamente impazzito.
Sussurramelo…
Satana dimmelo che giaccio nelle tue schiere dalla nascita.
I muscoli della schiena si tendono, le braccia ricadono all’indietro la testa si inclina verso l’alto tra le cicatrici delle mie ali tranciate dalle mie stesse mani.
Vieni qui Sakura.
Ci tieni tanto?
Sono qui…
Le mie cellule divennero ipersensibili euforiche pazze POSSEDUTE FINO ALLO SPASIMO…
Esilarante!

Forsaken
Forsaken

Abbandonato.
Uh! No sbagliato!
I pazzi hanno mille voci nello stomaco e non sono mai soli.
MAI
È vero, sono fuggito, mi sono allontanato da te, sorella, terrorizzato dalla tua candida espressine, dalla tua monda impudicizia. E quando hai aperto gli occhi sono corso in camera.
Vorrei che l’impietoso Serpente tacesse nella mia testa, poiché grida incessantemente graffiante:

Abbandona ogni scrupolo…
È disgustoso no?
Non più di quanto lo sia già però, quindi avrei bruciato la morale nel fuoco dell’inferno dietro le mie costole.
Sorrisi nel buio della mia stanza mentre lasciavo che le fiamme diaboliche nel mio petto uscissero e m’incendiassero completamente.
Estatico.

Molto bene…
Sono nel fuoco! Nei suoi riflessi vermigli: brucia sin dentro l’anima ripercorre la schiena la gola, gli occhi e anche tu sorella sarai cenere.
Bruciano troppo velocemente le falene…
Farò sì che accada lentamente
.
Ma sarà stata solo colpa tua.
Solo tua se le tue ali grideranno contorcendosi ed il tuo cuore seppur minuscolo, se le falene ne hanno, eleverà un falò infinito che brucerà quelle stelle stordite e cianotiche nello sperduto buio abissale.
Al diavolo Yukito.
Al diavolo le Geishe tra i ciliegi in fiore
.
Ora avrò te mio fittizio fantasma, dolcissimo spettro senz’anima immerso in una bara di rose bianche.
Immenso SACRIFICIO…
La neve sta cadendo…
Sulle falene.
Le falene sono farfalle della notte.
Figlie dei fiori chiusi.
Sono le puttane degli spiriti nei laghi.
E concubine della luna. Se tu fossi la mia puttana sarebbe una cosa immensamente dolce e romantica. Non come pensano gli altri: perché saresti mia a discapito del tuo onore e della tua felicità… e della mia. Cosa c’è di più significativo di perdere tutto.
Noi rinunciamo per sempre alle volte marmoree dei cancelli dell’Eden. Diciamo ad esse addio perché l’Inferno sarà il nostro tormentoso Paradiso, tra coloro che annegano nella colpa e nella disgrazia, dopotutto insieme e contemplando il nostro reciproco sacrificio.
E allora piccola falena straziata voglio sentirti gridare atrocemente mentre strapperò con le unghie le tue ali baciate e divorate dall’avida luna.

Morirò con te…

***

Guardare in faccia nostro padre quella mattina penso fu difficile anche per mia sorella, dal canto mio non vi feci caso.
Io e Sakura frequentavamo lo stesso liceo così io l’accompagnavo in auto. Anche lì rimase zitta.
L’avevo umiliata, ferita e solo per non distruggerla, ma se voleva sgretolarsi nei fumi della mia dannazione non glielo avrei impedito più.

Prima d'ucciderti, io t'ho baciata.
Non mi restava altro modo che questo:
uccidermi morendo in un tuo bacio.

Otello di Shakespeare.
Ed io lucida lacrima di vetro morirò annegando nella tua pelle infinitamente.
Entrammo a scuola senza scambiarci una parola. Vedi, sono tragicamente crudele e macabro, straziato, folle, negato profondamente a moralità alcuna, ma trovo ancora la dolcezza ingenua ed infantile di una bambina nel mio squallido amore per te sorella.
Ti ho chiamato “bimba di stella”, ho amato impudicamente un angelo ed il mio animo sibilava parole vietate ad un mite pellegrino.
Lasciami morire sulle tue labbra bimba dolce. Morirei sul tuo cadavere d’infante bagnando la tua bocca con veleno. Vili chiodi ci crocifiggono alla moralità inventata da gente morta che borbotta che un uomo non può amare schifosamente una sorella, o una figlia, o un demone stesso.
Nel libro dell’Apocalisse v’è Incesto: diavolo femmina bianco come la lebbra. Che quella donna ci leghi pure tra ceppi ardenti e fiamme eterne… ed io tra quei vermigli fulgori cercherò in lacrime coi miei occhi di cenere i tuoi.
Ti sorriderei.

“Non li guardare sorella loro non sanno quel che fanno”

E non sapranno mai davvero che significa amare.

Che ci condannino.
Dio, Satana, dissolvetevi come gli antichi fumi delle menti morte che vi hanno creati ad immagine e somiglianza dell’uomo e lasciateci soli.
Non abbiamo più bisogno di voi.
Scenderemo dalle croci capovolte, cammineremo oltre le fiamme dei nostri roghi di vampe eretiche, squarceremo il soffitto dell’Inferno.
Perdiamoci mia amante, prostituita, incestuosa, perversa ed innocente: se neanche noi conosciamo il luogo in cui siamo nessuno ci troverà mai più e Dio e Satana periranno.
Un’ora di chimica passò con mio totale disinteresse, benché fosse la mia materia preferita, poi arrivò l’insegnante di giapponese. Ecco che ripartiva con letteratura: haiku, Basho e gli epigrammi giapponesi. Io odiavo quella materia. Non era come la matematica: stabile prevedibile coerente, l’arte che si faceva finestra verso la psiche umana era come un colombo che insegui a perdifiato da bambino e che non acchiapperai mai perché già si allontana in volo.
Annoiato chiesi al professore di andare in bagno.
Il povero vecchio Sasaki dovette farselo ripetere due volte, prima che il messaggio oltrepassasse le sue vecchie orecchie.
Sasaki aveva la faccia rugosa di una tartaruga, occhialetti tondi e un’espressione che sembrava esclamare sconcertata “Ma che ci fanno tutti questi ragazzini disposti su banchi nel mio soggiorno all’ora del te?”
Nel complesso ricordava abbastanza Mahatma Gandhi.
“Oh sì figliolo e già che esci prendi il gesso caro ragazzo”
Con la netta impressione che mi avesse scambiato per il bidello della scuola, mi alzai ed uscii dall’aula, mentre Yukito mi faceva un cenno divertito.
Io camminai stanco lungo il corridoio e passai davanti all’aula di mia sorella.
Stavano facendo artistica e rimasi stupito vedendo da lontano che il foglio di Sakura sembrava essere completamente viola, vidi che lanciava sguardi ai pennelli sporchi ed intuii che sarebbe andata presto in bagno a sciacquarli.
Ci pensai un attimo, poi me ne andai nel bagno delle ragazze e mi appoggiai su una delle porte rosa.
Nei cinque minuti di attesa qualche ragazza che mi aveva rivolto uno sguardo sconcertato vedendomi nel bagno femminile si era sentita gridare contro: “Sono gay, problemi?” e poi era scappata.
Dopo un altro po’ d’attesa, come avevo previsto, Sakura arrivò in bagno, ma mi dava le spalle per sciacquare i pennelli nel lavandino, poi si girò e quando mi vide per la sorpresa li lasciò cadere tutti insieme ai fazzoletti appallottolati con cui li aveva asciugati.
Io la fissai, mentre raccoglieva tutto, poi mi guardò senza dire una parola.
Appoggiò la roba che aveva raccolto sul bordo del lavandino vicino al rubinetto. Io le afferrai il polso e la fissai. “Sei sicura di quello che volevi ieri?” chiesi gelido.
Sakura annuì dopo qualche secondo di smarrimento. Io cominciai ad avanzare costringendola a camminare all’indietro e disorientandola ancor più.
“Davvero?... Davvero?” lei continuava ad annuire con sempre meno decisione e quando la spinsi nel bagno chiudendo la porta a chiave e ripetendo la domanda fece un violento e spaventatissimo segno di dissenso.
“Già” mormorai con un sorrisino di scherno.
Le schiacciai le spalle contro le piastrelle bianche del bagno poi la baciai alzandole lentamente la gonna della divisa, mentre lei, incantata come una ragazzina rispondeva al mio bacio.

Ceruleo angelo col capo chino a sinistra e le labbra quasi posate sulla spalla…

Angelo morbido e lieve come l’acqua che ti accarezza mentre anneghi…

Angelo che le tue mani d’aurora hai macchiate di tristo sangue ché stretta una rosa ne pagasti il prezzo…

Era la sua prima volta e mia sorella gemette appena di dolore guardandomi spaventata e confusa.
“Baciami” tagliai corto.

Oh angelo che sporcasti il mio cuore di impudichi amori e di lievi petali, ma del colore dell’Averno infuocato.

Angelo.

Lieve petalo di ciliegio.

Fiore sì crudelmente stroncato.

Tu che hai pianto l’incesto di Edipo e l’amore di Achille e Pentesilea.

Tu che rimiri gli stucchevoli peccati e i più grotteschi mali…

Fissai incantato una ciocca dei suoi capelli ondeggiare piano sulla parete del bagno, come a innamorarmi di ogni dettaglio di lei.

Tu, angelo, che su questa terra hai il nome di Sakura…

Tu incendiato male…

Tu fulgido barlume argenteo nello spietato Inferno di cenere e ossa maleodoranti…

Mi fermai e la guardai ansante. Anche lei aveva il fiatone ed il volto arrossato. Glielo presi tra le mani e la baciai prima di uscire dal bagno.

Perdonami…

PERDONAMI!

“TOUYA!!!!” sentii gridare dietro di me quando già stavo attraversando il corridoio.
Sakura mi corse incontro sorridendo radiosa come la stella più apocalitticamente straordinaria.
Mi mise in mano la sua catenina con la croce.
“Ti amo!” disse
baciandomi a stampo sulle labbra. Poi si girò correndo verso la sua classe lasciandomi entusiasta dietro di lei.

Andiamo avanti finché possiamo... insieme, verso una terra abbandonata da Dio, un luogo dove nessuno ci conosce, un luogo dove nessuno ci osserva, oltre il filo spinato, verso un regno per noi due soli, che più di ogni altro è vicino al paradiso!

(Angel Sanctuary)

*

*

*

*

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Capitolo 7
*** Bianca ***


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Capitolo 8
*** Hotaru ***


Hotaru

Hotaru                                                                   * (alla dolce De-Chan)*

ホタル

 

Sakura chiru

Hisae yūbe to

Nari ni keri

*

In questo giorno

Che tramonta

Sono caduti i fiori di ciliegio

 

Fuori dalla finestra tenebre abissali inondavano infinitamente, quiete e placide, i profili sopiti del paesaggio ottenebrato.

La Luce, divina aurea Dea, ora giaceva inerme tra fronde di boschi di fatato chiarore cullata dalle odorose brezze silvestri. Nascosta dalle braccia del Buio, desto mentre la sua amante dorme, ed altro non può fare che cullarla, perché luce e tenebra non possono fare l’amore e mescolarsi. Forse, se invece accadesse, i colori e la terra ed il vento ed i sensi umani tutti, sospirerebbero eternamente, mentre profilarsi apparirebbero agli occhi umani i contorni bui di immense ali d’angeli a disperdere come foglie secche ogni mortale pensiero e susseguirsi di tempestosi tormenti.

Eppure vi sono delicatissimi secondi in cui la perlacea Dea risolleva le palpebre nella sua ora di sonno e la Tenebra v’ancora le unghie ai fianchi, affonda il capo nella spalla di lei e ne stringe dolorosamente i seni impregnandosi in lacrime di quel momento di contatto con lei, che in un sospiro infinito ricade addormentata per ripetere il suo ciclo di eterna negazione del suo amato: sveglia nel riposo di lui, morta nella sua rinascita. Ma sono dunque tali preziosi attimi quelli in cui crepe sottili scuotono la fosca cortina rivelandone la luce che occulta? Nei fulmini possenti è dunque svelato il loro impeto momentaneo e secolare? Quale triste tragedia romantica è l’esistenza… Quale tragicomico teatro di Clown in lacrime, mentre pugnalano chi amano. Logorante logorante logorante…

Furono questi i miei pensieri alla mite constatazione della notte che sorgeva possentemente.

Fuori mio padre aveva portato un piattino di latte per i gatti, che stranamente non ne avevano toccato, ed ora io osservavo piccole lucciole volarvici attorno. Si avvicinava l’Hanami: la festa della fioritura, eppure né io prestavo attenzione alle lezione di Sasaki che enumerava i molteplici haiku su i ciliegi e la primavera, né Sakura stava studiando musica per suonare col flauto come ogni anno in occasione della festa insieme all’orchestrina della scuola. Di quell’orchestra a dire il vero si salvava solo un ragazzo del quinto che studiava violino, Sakura col flauto era un disastro.

Ecco tutto.

Ma se quantomeno, come d’abitudine ci saremmo dovuti organizzare per il pick-nik al parco, dove di ciliegi ne erano fioriti a centinaia, o per la passeggiata per le bancarelle, quell’anno ignorammo completamente l’evento. Non fu una dimenticanza o un impigrimento, semplicemente quell’anno le cose avevano assunto una svolta differente: una settimana prima ci venne annunciato che tutti gli studenti avrebbero potuto partecipare alle selezioni grazie alle quali per due di noi sarebbe stato finanziato un viaggio studio in Inghilterra: un alunno a Londra e l’altro a Cambridge.

Io e Sakura pensammo subito che sarebbe stata una buona occasione per passare tempo insieme inosservati tra persone che non sapevano del nostro legame di sangue.

Diedi ripetizioni a mia sorella, ma fu inutile, forse anche perché ogni tentativo di studio si tramutava in lunghi baci appassionati tanto da farla finire sulla scrivania, mentre libri, penne e talvolta vasi di fiori cadevano inevitabilmente.

Fummo scelti io e Yukito: lui a Londra e io a Cambridge.

Sakura si impuntò come una bambina capricciosa e ottenne da nostro padre che l’avrebbe comunque mandata con me a sue spese. “Ci perderemo l’Hanami” avevo commentato io.

Così ignorammo tutti i preparativi della festa.

Considerarla la mia ragazza era assolutamente nuovo ed eccitante per me. Qualcosa mi gridava prepotentemente mia nella testa come un’eco lontana. Come un lamento possessivo e pressante. Come il canto di un elfo torturato, col volto da Cherubino rigato di sangue, che scivola dalla sua corona di spine, di cui ha adorne le argentee chiome. Una dissonanza netta e divina di un coro di stolti e monocordi spiriti silvestri.

Mia

Fino alla totale distruzione del nostro delicato piccolo mondo nascosto in una sfera di vetro.

Mia

Finché il sogno sarebbe rimasto sospeso, io non l’avrei mai lasciata andare.

Le piccole hotaru, le lucciole, continuavano ad ondeggiare come riflessi di onde lievi e morbide di capelli. Piccole armoniose stelle in terra.

Io pensai ancora al suo corpo. A volte la gente pensa che chi fotte ogni cosa per amore sia uno sdolcinato o uno stupido, uno smielatissimo idiota o una stupida troia che si prostituisce per dare una mano al fidanzato. Le persone giudicano come insulsi computer convinti di sapere tutto e di aver perfettamente messo in analisi ogni dannato dettaglio della vita.

La gente non sa un bel niente.

Io vivo nel mio mondo di falene lucciole e sesso. Nessuno mi darebbe mai del romantico, ma al tempo stesso alcun essere umano amerà mai qualcun altro come io desideravo la mia donna, mia sorella Sakura.

Mi intrufolai in camera sua. Il suo viso posava morbidamente sul cuscino. Le sue lenzuola osavano dove le mie dita volevano intrufolarsi: non solo sulle gambe, sul petto e sui suoi fianchi morbidi, anche sui suoi capelli, tra le sue dita, sulle sue ginocchia, sui suoi piedi. Le sfiorai la guancia chiara, schivo come mio solito senza voler far altro. Temevo ancora per lei: se a causa mia fosse stata perduta…

Assottigliai gli occhi fissandola. Era maledettamente bella.

Era…

Uscii dalla sua camera sentendomi distrutto.

Lei era il mio dolce angelo.

Per me aveva rifiutato Dio ed ora era tra le mie braccia, e presto o tardi i fumi infernali della mia dimora l’avrebbero intossicata deturpando il suo fulgido chiarore.

Le voci delle sirene si levano alte a cantare in folli grida il dolore, perché la loro preziosa perla si è incrinata.

Ora.

E per sempre.

Il mattino dopo era domenica e pioveva. Lunedì saremmo partiti. Addio Hanami. Addio papà. Addio passato.

Siamo soli.

Come i sogni: apparteniamo ad un mondo fumoso ed al risveglio siamo dimenticati da tutti.

Siamo soli.

Ma non abbiamo bisogno di nessuno, solo di noi.

Fui colto improvvisamente da un pensiero, un’idea; corsi a svegliare Sakura, la costrinsi a vestirsi e a seguirmi, pioveva, ma non avevamo ombrelli o cappotti. Era così presto che tutta la città dormiva grigia e silenziosa, io portai Sakura al parco di ciliegi.

Fu come immaginai matematicamente che dovesse essere: la pioggia scuoteva i rami dei ciliegi facendo cadere petali o fiori interi come cascate.

Sakura si mise a ridere euforica, io la presi in braccio, mentre le gocce di pioggia disegnavano una fitta ragnatela trasparente sul suo corpo ed il suo viso splendente di gioia.

Il vestito era stropicciato in molteplici pieghette che seguivano i suoi meravigliosi contorni.

Quando la sollevai mi mise le gambe attorno ai fianchi piegò il capo all’indietro ridendo euforica e felice, mentre il profumo della pioggia si univa a quello dei ciliegi. Io la premetti contro un tronco d’albero poggiando la testa sul suo petto, prima del seno, mentre ancora lei era allacciata alla mia vita.

Volli vivere solo del suo profumo e del picchiettare della pioggia.

Non sentii e pensai ad altro.

Profondamente ed intensamente lei.

Senza mai più rimpianti, senza mai più pensieri… dimentichiamoli tutti, abbandoniamoli tutti.

Sakura continuava a ridere. L’acqua era perfetta e pura, semplice e fresca. Salvifica.

Io tremavo per il freddo, ma morii del calore della sua pelle, della sua mano sulla mia testa. Sakura rideva e forse piangeva anche.

“Sono libera!” gridò.

“Sono libera”

 “Libera” mormorai con gli occhi chiusi.

Ti dirò ti amo, un giorno, forse, tra le tue mani mi salvasti e dannasti, con le tue braccia mi hai coperto e le tue ali con cui mi hai riparato, mio dolce angelo, hanno sanguinato agli impietosi artigli che vollero colpirci, ora sei umana. Ora non hai ali, eppure ti basta.

Ti basta essere una donna priva delle grazie di Dio.

Ti basta essere per sempre la mia donna dalle labbra bagnate dalla pioggia.

O una lucciola a dar speranza al buio sentiero del pellegrino.

Ti amo.

*

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Capitolo 9
*** Erba notturna ***


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