Per la vita o per la morte

di Allyn
(/viewuser.php?uid=294111)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo - Capitolo 1 ***


Questa storia è frutto di fantasia, ringrazio il maestro Kishimoto per i personaggi.

Per la vita o per la morte

 

 

Prologo

“Puoi piangere se vuoi” La voce dell’uomo era volutamente gentile, fin troppo, chissà quanto aveva studiato per riuscire a fare quella faccia piena di compassione, per evocare ogni volta quel tono tanto rassicurante, pensò Sasuke, fissandolo dal divanetto di pelle, gli occhi neri, privi di lacrime, e tali sarebbero rimasti, fissi sull’uomo che gli sedeva di fronte.

***

“Nessuno ti obbliga a parlare, lo sai, quando ti sentirai di farlo io sarò qui” Ancora quella gentilezza ostentata, quella pazienza esasperante, dopotutto era pagato per questo, rifletté Sasuke, le braccia conserte, i capelli lisci a coprirgli gli occhi, questa volta fissi sul diploma di psicologo affisso alla parete alla spalle del suo interlocutore.

***

“Trattenere i tuoi sentimenti non farà altro che danneggiarti, Sasuke” Lo aveva detto con un sospiro, mentre la penna gli oscillava tra le dita.

“Cosa credi di saperne tu!” Aveva sibilato Sasuke, inchiodandolo con gli occhi color pece, avanzando verso la scrivania, poggiando entrambe le mani sul legno liscio, sperando di poterlo spezzare con la pressione dei polpastrelli.

“Sono qui a fingere di ascoltare le tue cazzate ogni settimana solo perché me lo hanno imposto, non mi interessa minimamente quello che hai da dirmi” La voce gli tremava dalla rabbia, ma i suoi occhi rimanevano solidi, cristallizzati in quell’espressione lontana e apatica.

“Non è colpa tua, Sasuke” Gli sussurrò l’uomo poggiando una mano su quella del ragazzo, sostenendo quello sguardo troppo antico per quel corpo troppo giovane.

“Non è stata colpa tua se loro sono morti, tuo fratello era malato…” Gli disse, sicuro di colpire il più scoperto di quei nervi ora completamente esposti, vulnerabili.

Sasuke aprì bocca senza parlare, le labbra sottili si contrassero divenendo poi una linea fine e tirata.

“Tu non sai niente!” Disse, cercando di calmarsi.

“Non c’eri quando li trovai per terra, dilaniati come bestie, non c’eri quando lui tornò anni dopo per finire il massacro, non c’eri…”

 

***

 

“Amavi molto tuo fratello” Sentenziò la voce.

Sasuke non rispose, continuò per tutta l’ora a guardarsi la punta delle scarpe, ricordando quando quel giorno lontano si macchiarono del sangue dell'altro.

Lo aveva atteso pazientemente, covando in cuor suo un sogno di vendetta che sapeva d’amaro e di ruggine. Si era preparato, sapeva che prima o poi il momento sarebbe giunto, ma questo quell’uomo seduto di fronte a lui non lo sapeva, non capiva quanto fosse stato grande il dolore che aveva provato affondando la lama del coltello nel petto di quel giovane uomo con i suoi stessi occhi, quanto avesse fatto male sentirgli sussurrare quelle parole, ma su una cosa aveva ragione, Sasuke aveva amato molto suo fratello.

A volte il destino tesse trame di sangue, amore e vendetta in un mosaico folle e malato, questo lui lo aveva capito tanti anni prima, quando Itachi aveva fatto fuori tutta la sua famiglia, lasciandolo in vita per capriccio, per costringerlo a diventare più forte, a vivere nel terrore del suo ritorno. E lui era cresciuto seguendo quel consiglio malato, attendendo il giorno in cui avrebbe strappato via la vita a quel fratello folle, divenendo anche lui una pedina di quel gioco sporco, abbandonando la dolce innocenza dell’infanzia, abbandonando sorrisi, crescendo solo in visione di quella vendetta, un altro filo nella trama sporca di sangue.

Ora cosa gli rimaneva? Il ricordo di quegli occhi che si spegnevano, neri come i suoi, nessuna spiegazione, solo l’impressione di non aver capito mai niente, mentre le labbra di Itachi sussurravano un “Grazie, fratellino, mi dispiace, ma questa è l’ultima volta”.

 

 

 

 

Forse era troppo tardi, ma dovevo farlo, dovevo correre, ancora e ancora, che da calpestare e ci fossero mille miglia o solo un metro, che i muscoli si strappassero dalle ossa o meno per lo sforzo, io dovevo correre, dovevo farcela, dovevo raggiungerlo che fosse per la vita, o per la morte…

 

Capitolo 1

Avevo avvicinato Sasuke Uchiha tra i banchi di scuola, un mattino senza sole, i suoi occhi, nella luce grigiastra di quel cielo privo d’azzurro sembravano ancora più neri, lucidi. Mi chiesi se avesse pianto.

“Ehi, tutto bene?” Gli avevo chiesto poggiando entrambi i gomiti sul suo banco vuoto.

“Che vuoi?” Rispose lui mollemente, abbandonando con lo sguardo il paesaggio oltre la finestra sporca e inchiodando i miei occhi ai suoi.

“Perché hai pianto?” Mi uscì in un sussurro, mentre il mio stomaco sembrava contorcersi sotto la camicia.

“Io non piango, e adesso togliti di mezzo, la ricreazione dovrebbe essere già finita da un pezzo” Aveva detto, tornando a fissare chissà che cosa oltre quel vetro opaco.

Quel giorno non gli avevo più rivolto la parola, anzi non l’avevo più rivolta a nessuno, mi ero chiuso in bagno, con addosso ancora quello sguardo pece e il dolore di quegli occhi, e un desiderio nuovo e invadente, quello del sapore di quelle labbra sottili, incredibilmente ben disegnate per appartenere ad un ragazzo.

“Uchiha Sasuke, è nuovo in classe” Mi aveva detto il mattino seguente Sakura un mia compagna, per cui avevo da sempre avuto una cotta smisurata. Notai il rossore non indifferente sulle sue belle guance, e gli occhi verdi stringersi in due fessure pensierose quando aggiunse: “Non si lascia avvicinare da nessuno, sta sempre da solo, dicono che nel paese dove viveva prima sia successo qualcosa alla sua famiglia, qualcosa di brutto”.

Attesi che si rinfilasse la giacca, si mettesse la tracolla sulla spalla e uscisse di classe, per seguirlo.

Mi sentivo incredibilmente stupido, ma non importava, dovevo in un modo o in un altro parlare con quel ragazzo di cui ora conoscevo il nome.

Mi nascosi dietro un auto e lo fissai.

La luce di quel primo pomeriggio riluceva sui suoi capelli nerissimi, sulla pelle chiara, facendola sembrare tanto delicata e luminosa, era bello, il ragazzo più bello che avessi mai visto, più bello di qualsiasi Sakura o Hinata, di qualsiasi ragazza con cui avessi mai provato ad uscire.

Cosa stavo pensando?

Una sorta di ansia mi colse di sorpresa mandandomi sottosopra lo stomaco.

A me non piacevano i ragazzi, c’era sicuramente altro, alla base del mio comportamento, fu per colpa di tutti quei pensieri che rialzando lo sguardo sulla strada mi accorsi di averlo perso di vista.

Imprecai mentalmente, sia per la consapevolezza di aver pedinato un mio compagno, sia per quella strana situazione in cui mi ero cacciato.

Girai i tacchi, dopotutto avevo un intero anno scolastico per parlargli, mi dissi, l’ultimo anno del liceo.

“Perché mi stai seguendo?!” Una mano mi afferrò il colletto della camicia sbattendomi contro l’auto dietro la quale ero stato appostato poco prima.

Sasuke Uchiha mi fissava, l’espressione scocciata sul bel volto ovale.

“Sei per caso muto? Che cazzo vuoi da me?” Domandò urlando, aumentando la presa sulla stoffa e sbattendomi ancora una volta contro la carrozzeria dell’auto.

“Voglio essere tuo amico” Dissi, sostenendo i suoi occhi neri.

Mi lasciò andare.

Scivolai a terra, risistemandomi l’uniforme della scuola e respirando grandi boccate d’aria.

“Non sono interessato alla tua amicizia, lasciami in pace” Sputò, afferrando la tracolla che aveva lasciato cadere a terra e riprendendo la sua strada.

“Dannazione, che figura di merda” Brontolai tra me e me, rimanendo ancora seduto sull’asfalto caldo.

“Uzumaki” La sua voce mi sorprese. “Non azzardarti più a seguirmi”.

 

Note dell’autore:

Eccomi con un’altra long SasuNaru o NaruSasu, per adesso arancione, probabilmente muterà in rosso, probabilmente con qualche scena lemon, questa volta AU, spero non troppo OOC, ma ripeto, lo spero J.

Non so ancora se ci sarà da piangere o meno, per adesso so solo che non sarà tutta risate e allegria, anche se quei momenti ci saranno, che in un modo o in un altro ho cercato di prendere spunto dal manga per alcuni eventi, ma non troppo ehhhe (Kishi-sama perdonami se puoi!).

Abbiamo Sasuke e abbiamo Naruto, direi che può bastare aahahah.

Sasuke ha un passato difficile, ha quel trauma, a segnarlo, a rovinargli il mondo, la vita, a rovinargli tutto, a non farlo vivere; ma non vuole aiuto, non vuole alcun sorriso a confortarlo, alcuna parola rassicurante…

Poi c’è Naruto, un passato doloroso e tanta voglia di vivere, c’è la sua testardaggine, ci sono i suoi sentimenti, forti come uno tsunami…

Più o meno ho già scritto il capitolo finale, anche se manca la sentenza, nelle ultime righe ahahah vabbè, decideremo strada facendo, se essere cattivi o meno… :P

Spero vi piaccia, premetto che sarà ambientata nel nostro universo, un po’ tra i banchi di scuola,un po’ tra i sentimenti e i problemi di questi due, con la speranza che non vi annoi e che vi faccia trascorrere dei minuti piacevoli durante la lettura.

Grazie per l’attenzione, e grazie a chi lascerà un commento, una frase, un consiglio, una parola!

Un bacione, ancora Allyn, per l’ennesima volta con Naruto e Sasuke!

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

 

Capitolo 2

Avevo perso i genitori così presto da non ricordarmi il lori volti, se non attraverso le foto che tenevo in qua e in là per la piccola casa disordinata.

Mi aiutavano a non sentirmi solo.

C’erano giorni, in cui rientrando da scuola, parlavo ad alta voce gironzolando per le poche stanze, raccontavo a quei due le mie giornate, i miei problemi, i miei sogni, poi mi fermavo davanti a quell’immagine senza vita, mi perdevo un po’ nella tristezza della loro assenza, fissando i capelli rossi di mia madre, il mio stesso sorriso stampato sul volto allegro di mio padre.

“Mi mancate tanto” Sussurravo allora, prendendo la foto e stringendomela contro il petto, sperando che da qualche parte, ovunque fossero,  potessero sentirmi.

“C’è un ragazzo strano, a scuola” Esordii quel pomeriggio, sospirando con un lenzuolo da lavare tra le braccia.

“Si chiama Uchiha Sasuke” Continuai lanciando un’occhiata fuori dalla finestra di camera, verso la strada.

“E’ insopportabile” Aggiunsi sedendomi a terra, asciugandomi con il polso il sudore dalla fronte, fare le pulizie di casa era una fatica insormontabile e inutile, anche se avessi riordinato tutto, il giorno dopo il disordine avrebbe di nuovo invaso quelle mura.

Risi di me, raccolsi le gambe al petto e pensai al suo viso pallido, ai suoi capelli neri, chiedendomi come potesse essere un sorriso su quelle labbra sottili.

“Al Diavolo!” Urlai lanciando in aria il lenzuolo.

“Non mi farò di certo intimorire da quella brutta faccia che si ritrova? Giusto?” Sorrisi alla foto sul comodino e ripresi a riordinare casa.

Il giorno successivo mi presentai a scuola con un sorriso enorme e un’idea, forse stupida, ma pur sempre un’idea per coinvolgerlo.

“Uchiha Sasuke, io ti sfido!” Gridai puntando l’apatica e pallida figura seduta all’ultimo banco.

“Uzumaki ha sbroccato di nuovo!” Rise Kiba fissando la scena a braccia conserte.

“Zitto, Inuzuka, questa è una cosa tra me e Uchiha!”

“Naruto, dai, lascialo stare” Una voce gentile, questa volta quella di Sakura, sembrava preoccupata.

“Non puoi pretendere che tutti siano tuoi amici, non rompergli le scatole, ti sopportiamo già noi” Un’altra voce, quella della ragazza bionda, la fidanzata di Shikamaru; una risata affettuosa riempì l’aria, ma non mi importava, anche se adesso avevo molti amici non avrei rinunciato a quello sguardo indifferente.

“Ti sfido, decidi te in quale specialità, corsa, nuoto…” Ripetei, deciso.

Sasuke mi guardò dall’alto in basso, sbuffò sonoramente, poi si alzò e mi venne vicino, così tanto che potei sentire il suo respiro sul mio collo.

“Non so che problema tu abbia con me, ma finiscila” Sibilò al mio orecchio. Avevo la sua mano pallida a premere forte sulla mia spalla, quei capelli neri, liscissimi a solleticarmi la guancia, perché il mio cuore stava battendo così forte?

“Cercati qualcun altro da infastidire, idiota…” Dichiarò prima di andarsene dall’aula.

“Vigliacco!” Mi voltai qualche secondo dopo raggiungendolo con una breve corsa.

“Oh, lasciami in pace, ma che cazzo vuoi da me? Ti sei per caso innamorato?!” Mi rispose continuando a camminare per il corridoio con passo svelto eppure incredibilmente calibrato.

Una manciata di alunni ci seguivano in quell’insolito spettacolo mattutino, qualcuno commentava ridacchiando, tra i tanti sentii un ragazzo esclamare: “Le sfide si accettano sempre, probabilmente Uchiha se la tira tanto ma è solo uno smidollato, solamente perché un paio di ragazzine gli sbavano dietro e non è di qui si crede figo, probabilmente non è altro che un classico figlio i papà coccolato dalla mammina”

Altri ragazzi risero di quell’osservazione.

Sasuke si fermò. Immobile, vidi le sue spalle tremare, le mani stringersi a pugno.

“Tu, idiota” Corse indietro fino al ragazzo che stava ridendo e lo afferrò per la cravatta.

“Sarei un figlio di papà coccolato dalla mammina?” Tirò ancor più quel lembo di stoffa fino a sentire i gemiti strozzati dell’altro. Nel corridoio si levò un brusio sottile.

“Smettila” Mormorai, fissando le sue nocche sbiancate, gli avambracci tesi sotto la camicia, i viso contratto in una smorfia cattiva, eppure triste allo stesso tempo.

“Io ti ammazzo, se lo ripeti ti ammazzo…”Lo minacciòun’ultima volta lasciando la presa e andandosene di corsa.

“Uchiha, aspetta” Gridai seguendolo.

 

Sasuke se ne stava seduto su un bancone da lavoro dell’aula di chimica, le mani tra i capelli neri, se li tormentava come un pazzo, stringendo con forza le ciocche corvine.

“Sasu-“ feci per chiamarlo, ma lui si voltò. Lessi rabbia e angoscia nel suo sguardo lucido.

“Ancora tu! Ma che cazzo vuoi?! Lasciami in pace, lasciatemi tutti in pace!” Scese dal bancone avvicinandosi.

“Anche i miei genitori sono morti” Gli dissi abbassando lo sguardo sulle scarpe scure e sulle piastrelle chiare del pavimento.

Sasuke non parlò più ma sentii comunque i suoi occhi neri su di me.

“Non me li ricordo neppure” Continuai.

“Io i miei…me li ricordo” La sua voce mi sorprese.

“Puoi parlare con qualcuno, ogni tanto, sai?” Gli sorrisi cercando con l’azzurro delle mie iridi le sue.

Non trovai più la rabbia di prima, ma un volto stanco, più pallido del solito.

“Con quel ragazzo, ho esagerato” Ammise.

“Solo un po’” Risi. “Ma è un cretino, se lo merita”

Anche le sue labbra sottili si incresparono in qualcosa che sarebbe dovuto essere un sorriso, ma che si spense subito.

Allora era così, quando sorrideva, così incredibilmente triste?

“Ti avevo detto di non seguirmi”

“Mi dispiace, non so quando smettere di importunare le persone” Mi portai una mano tra i capelli. Parlare veramente con lui per la prima volta mi agitava e non poco.

“Le persone...ti amano” Affermò.

“Non è sempre stato così, all’inizio tutti mi odiavano” Cominciai a raccontare, sembrò volermi ascoltare perché crollò a terra sedendosi dietro un bancone, la schiena poggiata contro le ante d’acciaio.

Mi misi al suo fianco.

Eravamo soli, in quel laboratorio polveroso che la nostra scuola non utilizzava più, lontano dal chiacchiericcio degli altri alunni, lontano da tutti gli occhi che Sasuke amava evitare.

Solo noi.

“Ho perso un anno quando ero più piccolo, già questo mi ha sempre messo in cattiva luce con gli altri, ero per tutti Naruto lo stupido, Naruto il ragazzo che era stato bocciato, non dicevo a nessuno che i miei genitori erano morti tanti anni prima, che decidermi di mandarmi a scuola dopo era stata un’idea degli assistenti sociali” Sospirai.

“Ero additato da tutti, deriso…Ma non mi davo per vinto, ogni giorno li sfidavo a battaglia di fango, solo contro tutti. Perdevo, venivo sbattuto a terra, picchiato” Sasuke mi ascoltava con attenzione, senza commentare.

“Alle superiori capii che la violenza non mi avrebbe portato da nessuna parte, a sedici anni ho lasciato la casa di accoglienza che mi teneva e sono andato a vivere nella casa che era stata dei miei genitori. Cominciai a sorridere, ogni giorno scoprivo una qualche foto in un cassetto, smisi di picchiare gli altri ragazzi, iniziai a farmi degli amici, dimostrando il mio valore, e la gente cominciò a volermi bene, ero il ragazzo che da solo era riuscito a cavarsela… Tu non sei solo, Sasuke” Mormorai infine, stendendo le gambe sul pavimento e stirando le braccia verso l’alto.

“Perché me? Perché ce l’hai tanto con me?” Mi chiese.

“Non lo so, l’altro giorno, mi sembravi triste, avevi la stessa faccia che avevo io qualche tempo fa, quando credevo che andare avanti non avesse poi molto senso”

 

La prima volta che portai Sasuke a casa mia fu da ridere, lo vidi storcere il naso di fronte al caos, o meglio di fronte al caos che avevo tentato inutilmente di far scomparire in visione della sua visita.

“Rispecchia l’elemento che la abita” Aveva commentato acido, poi però era entrato chiudendosi la porta alle spalle.

“Vuoi un tè?”

“Sì, grazie. Sono loro?” Aveva chiesto afferrando una foto dei miei genitori.

Annuii guardandola con affetto.

Scoprii che averlo intorno, se pur silenzioso e avvolto da un’aura nera come la pece, mi piaceva

“Sei uguale a tuo padre, ma l’espressione del viso, quella è la stessa di tua madre”  La posò nuovamente sul tavolo per fissarmi con attenzione, sembrava voler studiare i miei lineamenti.

“Tu, Sasuke, a chi assomigli?” Gli chiesi, voltandomi verso il piccolo cucinotto per nascondere il rossore tra le foglie di tè.

Mi domandai  chi dei suoi familiari fosse così bello.

“Io assomiglio a mio fratello”

“Vive con te?” Versai l’acqua calda nelle due tazze.

“E’ morto” Mi trovai Sasuke alle spalle, i suoi occhi neri fissi sul mio preparato.

“Non hai messo le foglie, sei proprio imbranato” Aggiunse, sfiorandomi le dita per togliermi di mano le due tazze.

“Un momento, lo stavo facendo!” Brontolai.

“Tu ce l’hai la ragazza?” Mi domandò poi, sostituendomi al bancone, vertendo l’argomento su temi più facili.

“No. A te piace qualcuno, Sasuke?”

“Le ragazze non mi interessano, sono noiose” Sorrise, porgendomi il tè.

Afferrai la tazza con il cuore in panne, cosa significava quella risposta?

“Come fai a dire che sono noiose, Sakura, lei è bellissima, intelligente e mi fa copiare ai compiti” Borbottai.

“Anche lei è noiosa” Sentenziò acido come sempre.

“E sentiamo, hai mai avuto una ragazza?” Domandai ammiccante.

“Diciamo che ho impiegato il tempo per le ragazze in attività più utili, c’era una cosa che dovevo fare” Non sorrise e guardò altrove.

Calò un silenzio imbarazzante durante il quale mi limitai a sorseggiare il tè caldo.

“Ehm, Sasuke, studiamo un po’? Ti va? Tu sei bravissimo in algebra potresti...insomma” Sorrisi.

“Tira fuori i libri, incapace” Notai sulle sue labbra sottili una smorfia di scherno.

Parlare di numeri e di formule con Sasuke era quasi divertente, vedere le sue dita abili sfogliare le pagine dei libri di scuola, i suoi occhi neri concentrati sugli esercizi.

Il tempo passò senza che ce ne accorgessimo, tra una frecciatina e l’altra, tra le sue risate contenute, le sue prese in giro, i commenti sulla mia scarsa abilità matematica.

Passò così tanto tempo che il sole calò oltre le colline, la stanza illuminata dalla gialla luce artificiale della lumiera.

“E’ tardi” Convenne qualche minuto dopo guardandosi l’orologio stretto al polso esile.

Una folata di vento scosse il vetro sottile delle finestre facendole vibrare. L’inverno era alle porte, una sensazione di freddo mi invase le vene. Lo immaginai, solo, con quel suo passo cadenzato camminare verso casa, una casa vuota, come la mia, così fredda.

 “Dovrei andare” Disse afferrando la giacca dalla sedia, guardandomi con uno strano cipiglio e avviandosi verso la porta.

“Ehi, Sasuke!” Lo chiamai, prima che afferrasse la maniglia.

“Chi ti aspetta a casa?” Chiesi.

Non si voltò neppure, si limitò a scrollare le spalle larghe e rispose, flebile:

“Nessuno”

“Rimani qui, mangiare in compagnia è...” Sussurrai, mentre le sue dita si posavano sulla maniglia dorata, lentamente.

“Sasuke, fuori è freddo, i tuoi libri sono tutti qua, domani potremo fare la strada insieme...” Continuai, mentre le sue dita indugiavano.

“Non devi rimanere da solo per forza...rimani qui” Le parole uscirono fuori dalle mie labbra come una supplica.

“Rimani qui con me”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ok! Chiamasi ritardo, vistoso, vergognoso... Ho letto tutte le vostre BELLISSIME recensioni, a cui risponderò a breve, e devo ammetterlo, sono state proprio queste a convincermi a pubblicare il resto di questa storia che avevo messo da parte per finire la long “Lacrime e Sangue”e per dedicarmi un po’ alle OneShots. Vogliate perdonarmi e se ne avrete la forza e la pazienza spero di vedervi ancora anche su questi nuovi capitoli, che vi dirò, finalmente si scrivono con divertimento...anche se la storia comunque dovrebbe avere un epilogo abbastanza forte, basta guardare l’inizio...

Insomma, so che sono diventata una di quelle fanfictioner rompiballe, ma sopportatemi, è l’amore che nutro per questi due (fa pat pat ad un piccolo Sasuke e ad un piccolo Naruto) ad avermi deviato mentalmente rendendomi idiota.

Allyn è tornata con i suoi scleri, e vi promette tante NaruSasusate e SasuNarutate...ahahah J Spero di leggere ancora tante vostre recensioni

UN BACIO GRANDE!

 

Capitolo 3

“Da piccolo avevo paura del buio” Sussurrai, guardando la luce dei lampioni filtrare dalle persiane e illuminare la fiocamente le lenzuola.

Alzai una mano cercando di afferrare quell’arancione artificiale pronto a spezzare il buio, invano.

Vidi gli occhi neri di Sasuke aprirsi e guardarmi attentamente nella penombra.

“Non c’è niente da temere nel buio, se non in quello che ci portiamo dentro” Disse con un filo di voce, stringendosi in quel letto troppo piccolo per entrambi.

Mi fece paura la serietà che mise in quelle parole, la tristezza con cui aveva intriso ogni lettera, perciò non riuscii a prenderlo in giro o a scherzare sopra quella frase.

“Sasuke, mi dispiace di non averti potuto offrire un futon, o un posto più comodo, ma...beh, grazie di essere rimasto” Mormorai.

Lo sentii sorridere, un sorriso di scherno, gli unici che increspavano le sue labbra sottili.

“Sentimentale” Sputò, girandosi e dandomi le spalle.

Gli feci il verso, storcendo la bocca a più non posso e tirando fuori la lingua, era irritante, freddo, eppure la sua presenza rendeva tutto diverso, migliore, meno triste.

“Adesso dormi, ho sonno” Sentenziò accomodandosi meglio sul cuscino. Guardai i suoi capelli lisci carezzare la federa di cotone, avrei voluto allungare le dita, e immergerle in quel mare d’inchiostro, ma ritrassi la mano per portarla sotto la testa e chiusi gli occhi, poi sentii i suoi piedi sfiorare i miei, erano freddi.

Non mi ritrassi, ricordo solo che quando mi addormentai la nostra pelle aveva la stessa temperatura, e il buio quella notte era molto meno spaventoso, con Sasuke accanto.

 

***

“Quando dormi scalci, sei insopportabile anche da incosciente” Commentò camminando al mio fianco, gli occhi neri fissi sulla strada.

Aveva l’aria un po’ frastornata, i capelli lisci e in disordine e un paio di occhiaie livide che spiccavano sul suo carnato chiaro, quasi non avesse dormito poi molto, mi chiesi se fosse colpa mia e del mio scalciare.

“Beh, per essere sincero tu hai borbottato per tutto il tempo” Ribattei, ricordando il suo sonno agitato, l’insieme confuso di parole, di suppliche, di lamenti. Preferii non approfondire, lo sguardo truce che mi lanciò mi permise di comprendere che ne era a conoscenza.

“Allacciati per bene la cravatta, scemo” Sorrise poi, fermandosi in mezzo al marciapiede e allungando le dita verso la mia uniforme.

Persi uno, due, tre battiti, in un’apnea cardiaca che mi obbligò a rimanere immobile per non collassare.

Le sue mani armeggiarono esperte con quel pezzo di stoffa, mi permisi di guardarlo, di scrutare la sua espressione concentrata, le fittissime ciglia nere, gli zigomi ben delineati.

“Ecco fatto” Annunciò a lavoro terminato, contemplando la sua opera.

“G-grazie” Borbottai ancora scosso, con i piedi ben piantati sull’asfalto.

“E ora che fai con quella faccia rossa? Ti senti male?” Chiese Sasuke perplesso, poggiando una mano pallida sulla mia fronte, e poi...poi si avvicinò poggiandovi le labbra.

Sarei potuto morire in quel momento, implodere, collassare a terra come un sacco di patate, ma il mio cuore resse il colpo, lo guardai sbigottito mentre si staccava da me con un sorriso, le dita ancora premute sulla mia pelle.

“Non hai la febbre...” Sentenziò.

“C-Cos’era quello?” Balbettai ancora rosso in viso.

“Oh, scusa, mia madre...diceva sempre che la febbre si sente con le labbra, le mani sono inaffidabili” Disse sereno, ticchettando con i polpastrelli sulla mia fronte.

“Dai, smetti, non ho niente” Brontolai scostandomi dalle sue dita e prendendo a camminare.

“No, non vorrei che mi avessi contaminato con i tuoi germi” Spiegò l’Uchiha seguendomi con aria annoiata.

***

Dopo quello strano episodio il mio mondo cambiò.

Sakura non esisteva più, nessuna ragazza di cui prima avevo decantato la bellezza, le forme o la simpatia, riusciva ad eguagliare il suo viso, il tocco delle sue labbra, che seppur mi avessero sfiorato la fronte di sfuggita, avevano impresso sulla mia pelle un marchio caldissimo e indelebile.

Ammetterlo a me stesso sembrava impossibile, perciò ignorai il mio cuore, ignorai i segnali del mio corpo e continuai nella folle impresa, diventare il suo migliore amico, scoprire quale fosse il segreto, o meglio ciò che lo tormentava e così aiutarlo.

***

Successe durante un week-end, due mesi dopo l’inizio di quella che io non saprei se chiamare amicizia, che pregai Sasuke di mostrarmi casa sua.

Avevamo appena finito i compiti, se non ci fosse stato lui non li avrei neppure toccati, soprattutto matematica. Il tempo era quel che era per inizio inverno, freddo polare, vento e nuvole minacciose all’orizzonte. Sasuke mi guardò, il telecomando in mano e l’aria stanca di chi aveva dovuto pazientemente spiegare i capricci matematici ad un analfabeta; eravamo entrambi seduti sul mio letto, la piccola tv accesa su un insulso canale di televendite e i libri finalmente abbandonati sul piumino arancione.

“Ehi genio, vediamo se vendono anche cervelli nuovi!” Scherzò indicando il piccolo schermo luminoso e un ometto sulla quarantina dal sorriso ammaliante che proponeva la vendita di materassi ortopedici.

“Molto divertente, Sas’ke” Sbuffai, sdraiandomi supino, le mani tra i capelli, con i polpastrelli a massaggiare la testa dolente per il troppo studio.

“Tu hai una tv più grande?” Chiesi, cercando di guardarlo, anche se da quella posizione potevo intravedere solo le sue spalle larghe e magre sotto una maglietta scura.

“Ah-ah” Si limitò a rispondere cambiando canale.

“E anche la tv satellitare?” Continuai, alzando il capo fino a intravedere tutta la sua figura.

“Ah-ah”

“E perché vieni sempre a casa mia a guardare questi canali insulsi?” Sbottai tirandogli un cuscino, che gli scompigliò tutti i capelli.

Sasuke si voltò verso di me lentamente, si ravvivò i capelli con un gesto della mano pallida e disse:

“Se sono di troppo me ne vado”.

Poi si alzò dal letto. Scattai come un felino, trattenendolo per la maglia.

“Tu sei completamente fuori!” Lo ammonii.

Mi fissò senza che dal suo volto trasparisse alcuna emozione.

Mi chiesi se l’avessi ferito in qualche modo, perché anche senza che i suoi lineamenti tradissero alcunché, sentii che quel ragazzo era fragile, molto più di quanto credessi.

“Vado via, non me la sono presa. Effettivamente...sono quasi sempre a casa tua, dormo qua molto più spesso che nel mio letto” Continuò.

Arrossii, ripensando a tutte le notti in cui lo avevo trattenuto lì, in cui poi, in silenzio lui aveva deciso di trattenersi senza che dicessi più niente, di sfiorare con i suoi piedi i miei, fino a quando il freddo non abbandonava la nostra pelle così diversa. Il nostro tacito accordo, soli entrambi, soli insieme. Ripensai alle volte in cui mi ero svegliato, con il suo viso vicino, la sua mano aperta a invadere il mio cuscino, aveva l’abitudine a spostarsi nel sonno ed io mi limitavo a gioire di quella vicinanza fortuita, dei suoi lineamenti persi, per una volta liberi dalla maschera algida che si costringeva a indossare. Una fitta allo stomaco ogni volta, perché insensatamente il mio corpo avrebbe desiderato muoversi in avanti, sigillare le sue labbra socchiuse con le mie, in un bacio, un bacio la cui sola idea mi sconvolgeva, perché io non ero...quel genere di ragazzo a cui piacevano i ragazzi...eppure...

“Sasuke...Non hai capito” Sorrisi, afferrando con la mano libera un libro e scaraventandoglielo addosso, scacciando via con quel gesto il ricordo di tutte quelle sensazioni.

“Non è questo, è che secondo me casa tua è migliore!” Scoppiai in una risata che riempì tutta la stanza, Sasuke mi guardò sbigottito, poi scosse la testa e cacciò via la mia mano dalla sua maglietta.

“Credo che in nome della cortesia io sia obbligato a invitarti vero?” Sbuffò scocciato.

Annuii con gli occhi che brillavano, vedere casa di Sasuke, camera di Sasuke, il posto il cui viveva Sasuke...il solo pensiero mi riempiva di gioia, riuscire a capire come fosse la casa di qualcuno che come me era solo.

Quello che provavo per lui era solo empatia, mi dissi, mentre mi infilavo le scarpe e lui si stringeva al collo una sciarpa...solo empatia per un amico, per un...simile?

“Oh, Sasuke, prima di andare a casa tua” E le labbra mi si allargarono in un sorriso enorme “Fermiamoci a compare la cena” Finii.

Lui sbuffò aprendo la porta di casa mia e uscendo nel pianerottolo, lo raggiunsi e nella penombra mi parve di scorgere un sorriso sottile.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ho aggiornato prestissimo questa volta, e finalmente la prima scena un po’ più...ehm... beh, le altre arriveranno dopo, anche se fanno solo da corredo a qualcosa che mi preme di più, il rapporto tra questi due, persi, soli insieme...Naruto riesumerà i frantumi dell’anima di quell’Uchiha scuro e triste?

Beh, un grazie speciale a chi recensisce dandomi la voglia di continuare ad aggiungere capitoli a questa storia...spero vi piaccia! Un bacione grande!

A prestissimo con il capitolo 5!

Allyn, che spera di leggere tante vostre impressioni, consigli, insulti, pomodori!

 

Capitolo 4

Per tutto il tragitto dal piccolo supermercato a casa sua Sasuke non disse una parola,  si limitò ad un cenno del capo solo quando mi offrii di portare metà delle buste della spesa, poi niente, neppure una sillaba. A parlare fu solo il vento, il suo soffiare furioso tra gli alberi del viale che stavamo percorrendo, sempre più forte, nel buio di una sera gelida.

Il sole era già calato quando Sasuke si voltò, mostrandomi il suo viso, dato che fino a quel momento avevo solo visto il retro del suo giacchetto scuro e i capelli scompigliati e lisci venire carezzati dal vento; mi porse la busta della spesa e tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi a cui era appeso un piccolo ciondolo a forma di ventaglio bianco e rosso.

“Vieni, entra” Sussurrò, e mi sembrò di scorgere una ruga di preoccupazione tra le sue sopracciglia nere.

Gli sorrisi, poi varcai la soglia di casa sua.

Pochissimi mobili e tanto spazio, stanze grandi, pareti chiare, fredde.

“E così questa è casa tua!” Esclamai guardandomi attorno. Avrei voluto dire che gli assomigliava, che era essenziale e algida, proprio come lui, ma mi trattenni.

“Già...” Borbottò, facendomi strada fino alla cucina, dove poggiai le buste della spesa.

Lo osservai, sembrava a disagio, con le mani nelle tasche del giacchetto che non si era ancora tolto, non capivo cosa lo preoccupasse tanto.

“Ehi Sasuke, mostrami la tv!” Gli dissi.

Si sciolse in un sorriso e mi guidò in salotto, dove finalmente si tolse la giacca, invitandomi ad imitarlo.

Neppure nei miei sogni più belli, un enorme schermo piatto troneggiava su una parete spoglia su cui spiccavano solamente due mensole chiare piene di libri.

“E tu...che ti ostinavi a guardare la tv a casa mia!” Borbottai per poi lanciargli un’occhiataccia.

Sasuke sospirò, poi si avviò al piano si sopra.

“Ehi, dove vai?” Chiesi.

“A fare una doccia e a cambiarmi, accendilo se vuoi” Mi sorrise, indicando un telecomando poggiato tra i cuscini del divano.

Annuii.

Dopo cinque minuti di programmi in HD sentii partire lo scroscio della doccia. Mi alzai, con il canale del telegiornale a tutto volume. Curiosai nel suo frigo, riponendo parte della spesa che avevamo fatto assieme, risi della sua scorta di pomodori, pelati, sott’olio, marinati, in conserva...poi tornai nell’ingresso, senza Sasuke in giro riuscii a guardarmi attorno con più attenzione, a leggere i tanti piccoli dettagli di solitudine che accomunavano quella casa alla mia. Un solo ombrello all’attaccapanni, un solo paio di scarpe oltre alle mie erano poggiate vicino alla porta, era una casa vuota, dove Sasuke viveva come un fantasma.

Lo immaginai, solo, vagare per quelle stanze così grandi, fredde, senza nessuno che si occupasse di lui, senza nessuno che si preoccupasse di farlo sorridere al mattino, o di preparargli il pranzo, di chiedergli se avesse bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, anche un abbraccio.

Avrei voluto salire quelle scale, raggiungere il piano superiore, correre da Sasuke e stringerlo, dirgli che capivo, capivo l’eco di un luogo così vuoto, capivo la tristezza, capivo i suoi occhi, avrei voluto dirgli che se voleva potevo rimanere lì, se mi voleva potevo rimanere con lui quanto desiderava, poteva rimanere con me, a guardare quegli insulsi programmi sulle televendite.

I piedi e le gambe mi tradirono, salii i gradini due per volta, vittima di ogni sorta di emozione,preso da una foga estranea; poi lo vidi.

Aveva lasciato la porta socchiusa, sicuro che non salissi. Mi dava la schiena, in piedi con la fronte contro le piastrelle blu del bagno, il getto d’acqua a carezzargli le spalle bianche e larghe, scivolando sulla linea dritta della colonna vertebrale e più giù, sul sedere tondo, bellissimo. Lo sentii ansimare pianissimo, per poi notare il suo gomito flesso, la mano persa, fuori dalla mia visuale, nascosta, davanti...si muoveva, lentamente.

Sasuke si stava toccando, come facevo io, la notte, o la mattina, sotto le lenzuola, in quegli ultimi tempi di nascosto e di fretta, nel mio piccolo bagno, mentre lui ancora dormiva tra le mie coperte, mentre lui, addormentato ignorava che nella mia testa ci fosse il suo viso, poi le sue labbra, poi il senso di colpa, mentre mi sporcavo la mano, mentre dopo, ipocrita lavavo via le tracce con il sapone.

Non riuscivo a muovermi, a non guardare, più sentivo il suo respiro divenire affannoso, più la sua mano aumentava la velocità del movimento, costringendo i muscoli dell’avambraccio a contrarsi, più il mio cuore si faceva pesante, più lo stomaco si chiudeva in una morsa...mi struggevo, di desiderio, di qualcosa che non riuscivo a spiegarmi, ma che una parte della mia testa catalogava come “sbagliato”.

Gettò un poco la testa all’indietro, i capelli bagnati sembravano fili d’inchiostro liquido, non ne avevo mai visti di così neri e luminosi.

Rimasi aggrappato a lui, alla sua immagine pallida e sottile, incredibilmente elegante anche in quel contesto, con le spalle che tremavano un poco per l’orgasmo, e la mano che rallentava la corsa fino a fermarsi del tutto, a carezzare quella parte di lui che non riuscivo a vedere e il cui solo pensiero mi mandava in cortocircuito sinapsi e neuroni.

Perché?

Mi risuonò in testa solo quella domanda, mentre mi allontanavo da lui, dalla sua bella figura, ora accovacciata nella doccia, mentre nei boxer sentivo il peso ingombrante della mia vergogna inappagata.

“Scusa” Pensai voltandomi, facendo per scendere, quando qualcosa attirò la mia attenzione.

Ad una parete del piccolo corridoio del piano superiore vidi affisse alcune foto, mi avvicinai, sia con l’intento di togliermi di dosso l’idea del corpo nudo di Sasuke, sia mosso dalla curiosità, erano le prime foto che notavo in quella grande casa.

Le prime erano normalissime foto di paesaggi, un tramonto, qualche collina, un piccolo villaggio di campagna. Seguii la scia di foto, percorrendo tutto il corridoio, fino a giungere ad una porta bianca, la aprii, senza curarmi di Sasuke, senza curarmi del fatto che mi avesse implicitamente chiesto di rimanere al piano inferiore.

La sua camera.

Non come l’avevo immaginata, dopo aver visto il resto della casa.

Ordinata, certo, immacolata nella pulizia e nell’organizzazione del mobilio ma...calda, rispetto al resto, vera, vissuta. Una pila di libri sulla scrivania, gli occhiali da lettura che utilizzava la sera, un maglione blu buttato su una sedia girevole, il poster di un gruppo Rock affisso ad una parete. La camera di un ragazzo, un ragazzo come me.

Come se Alice avesse avuto l’opportunità di visitare la tana dello sfuggente Bianconiglio, carpirne i segreti e misteri, mentre questo era assente, mentre questo non lasciava mai trapelare nulla, non spiegava mai il perché della sua fretta, così come Sasuke il perché del suo enorme dolore.

Un letto grande, molto più del mio, un piumone blu su cui troneggiava un dinosauro-peluche, immaginai ricordo d’infanzia. Lo sfiorai con la punta delle dita, fino ad afferrarlo, per poi rilasciarlo piano.

Su un piccolo comò a fianco del letto ticchettava una sveglia, poi eccole, due cornici, una grande e argentata, accoglieva il ritratto di una famiglia, madre dal sorriso dolce, padre impostato e un ragazzo simile a Sasuke, in braccio un bambino piccolo con gli occhi scurissimi.

La presi in mano e la guardai alla luce della abatjour azzurra.

Quel ragazzo con i capelli lunghi non era Sasuke, era suo fratello, e quelli alle loro spalle i genitori, capii in quel momento quanto la bellezza della madre dai capelli color ebano e gli occhi altrettanto scuri si fosse ben trasmessa ai due figli, e di come Sasuke avesse avuto ragione, quando mi aveva detto che la persona a cui assomigliava di più fosse suo fratello.

Sospirai, ripensando alla foto dei miei genitori, chiedendomi se anche lui ogni tanto parlasse con i suoi, o con quel ragazzo con i capelli lunghi.

Posai la foto e guardai l’altra cornice, era abbassata sul piano del comò, quasi fosse caduta, mi chiesi se inavvertitamente l’avessi urtata, ma non lo ricordavo, così la tirai su.

Un Sasuke piccolo, ma facilmente riconoscibile, con gli occhi nerissimi, ciglia fitte e volto sorridente. Immortalato per sempre con suo fratello, lì più grande, lo sguardo stanco e un sorriso sul volto bello, mentre abbracciava il più piccolo.

“Hai finito?” Una voce alle mie spalle, quella di Sasuke, mi fece sobbalzare per lo spavento, costringendomi ad abbandonare la presa sulla cornice, che cadde a terra. Lo schianto del vetro riempì il silenzio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Eccomi, prestissimo! Sono stupita di me stessa.

Capitolo un po’ violento, mi dispiace ma ultimamente è così (Come la nuova FIC su HASHIRAMA E MADARA <3). Per chi temeva la rabbia del nostro temepapera...beh, ci avete azzeccato, diciamo che la sua reazione è esagerata...Sasuke, una corda tesa, un ragazzo pieno di dolore...Naruto, come sempre...lì a sorbirsi le sue manie da psicopatico...ok, bando alle scemate... Si spera di poter leggere un qualcosa di profondo in questi pg, la rabbia di un ragazzo che si sente finito, pieno d’odio, rovinato dal fratello, dal destino di follia che ha macchiato la sua famiglia...Naruto arriva, tutto allegro e pimpante, pretende di salvarlo, di regalargli, gioia, compagnia, affetto(amore...aahaha anche se lo nega a se stesso)...Ok, basta, smettiamola!

 

Capitolo 5

Sasuke mi guardava in silenzio, avvolto in un accappatoio chiaro, gli occhi fissi su di me, poi sulla foto rovinata a terra.

Non sapevo cosa dire, mille pensieri, scuse, mi turbinavano in testa e poi il ricordo ancora freschissimo del suo corpo nudo sotto la doccia.

Pessimo, schifoso...ecco come mi sentivo, avevo tradito la sua fiducia, la muta richiesta di rimaner fuori dai suoi affari, a meno che non fosse stato lui a volermi far entrare.

“Io...” Balbettai, con una strana sensazione di bruciore agli occhi, la stessa che da piccolo mi obbligava a mordermi a sangue le labbra per non scoppiare a piangere.

Sasuke non disse niente, si avvicinò senza degnarmi di uno sguardo, raccolse i vetri da terra, con un lieve sussulto, due soli frammenti che non avrebbe potuto incollare più. Li poggiò sul comò assieme alla cornice di legno da cui estrasse la foto, che non guardò, ma che infilò velocemente in un cassetto.

“Mi...” Provai a dire, ma mi ammonì con un’occhiata, sistemandosi l’accappatoio e infilando le mani nelle tasche

“Non fare altri danni, ti prego” Sussurrò, mentre una chiazza rossa impregnava la spugna dell’indumento.

Mi precipitai verso di lui.

“Ti sei ferito” Mormorai, tirandolo per il braccio, costringendolo a mostrarmi il taglio.

Ritrasse di scatto la mano.

“Mi dispiace” Dissi.

Ma lui aveva occhi solo per il pavimento e per i suoi piedi nudi.

“Ormai il danno è fatto” Mugolò a bassa voce.

“Sasuke...io volevo solo conoscerti, poterti aiut-“

“Basta, basta! Volermi aiutare, volete tutti conoscermi, aiutarmi! Non c’è niente, non c’è nessuno da aiutare!” Gridò, le braccia che gli tremavano, gli occhi arrossati, eppure immobile.

“Mi dispiace” Dissi ancora.

“Sono stanco della gente come te...che aiuta gli altri per aiutarsi...tutti così gentili, mi avete stancato!” Lo disse in un sussurro che mi ferì più di mille grida.

Lo aiutavo, gli stavo vicino per aiutarmi? Era realmente così? Mi chiesi se fosse questa la verità, o se come me avesse creato mura impenetrabili di astio e di diffidenza.

Mi avvicinai, alzò lo sguardo, il volto pallido rigato dalle lacrime.

“Non volevo romperla...” Bisbigliai, con gli occhi che bruciavano forte. Gli presi la mano dalla tasca, sporcandomi le dita del suo sangue, sfiorai il taglio con i polpastrelli, il calore di quella ferita aperta, così simile a tutte quelle che collezionavo nel cuore.

Sasuke mi guardò, senza dir niente, fissò il rosso che tingeva la mia pelle, guardò dentro i miei occhi, scrutò, forse alla ricerca di qualcosa per cui urlarmi contro.

Provò a ritrarre la mano, ma la trattenni a me, stringendola, facendogli male là dove la ferita pulsava.

Non ero lì per aiutarmi. Non ero lì per un misero bisogno di compagnia...io volevo solo conoscerlo, volevo solo diventare importante per lui, qualcuno con cui parlare, qualcuno che mai più l’avrebbe fatto sentire solo, triste, con gli occhi persi fuori da una finestra.

“Non mandarmi via” Pregai.

Le lacrime vicino ai suoi occhi non si erano ancora asciugate.

“Non mandarmi via” Lo abbracciai, tenendo ancora stretta la sua mano nella mia, sporcandomi di rosso la maglietta.

Non rispose inizialmente all’abbraccio, si limitò a poggiare la testa sulla mia spalla, i capelli bagnati a solleticarmi le guance, poi i suoi singhiozzi, trattenuti...

Sasuke era tanto fragile?

“Ti comprerò una cornice nuova...” Gli dissi piano, carezzandogli la schiena attraverso la spugna dell’accappatoio, ispirando segretamente l’odore della sua pelle dopo la doccia.

“Non..non importa, ora vattene” La sua voce era diventata durissima, mi allontanò con una spinta.

Non capivo, sentivo solamente un dolore fortissimo nel petto, una voragine che si allargava.

“Vattene, sparisci, come devo dirtelo! Non ti voglio intorno!” Infierì con cattiveria, prendendo in mano la cornice oramai rovinata.

“Ti prego Sasuke...è solo una cornice, io...perdonami” Mi tremava la voce.

“Vattene”

Strinsi forte i pugni, guardai un’ultima volta la sua figura esile, tanto fragile avvolta nell’accappatoio, sedersi ed osservare la foto ancora integra dei genitori.

“Ci sono cose che non si possono riparare, Naruto...ora vattene, ti supplico”

Scesi le scale, ogni gradino una nuova lacrima sul viso, afferrai la giacca, mi infilai le scarpe e bagnai il suo pavimento immacolato con il mio pianto.

Uscii in strada, il vento si era placato, pioveva, lentamente, come il mio camminare.

Barcollai verso casa, aprii la porta, stanco, gli occhi gonfi e ancora tanta voglia di piangere, di urlare, di maledire la mia curiosità, di imprecare contro il dolore che provavo.

Non feci nulla di tutto ciò. Mi buttai sul letto, quando mi tolsi la giacca ripresi a piangere, il suo sangue l’aveva macchiata, vicino al cuore. Me la sfilai, gettandola in un angolo della stanza.

“Ti odio, ti odio!” Sputai in un singhiozzo, con il respiro affannato e la solitudine che mi schiacciava contro il materasso.

Perché tenevo così tanto a lui? Perché la sola idea di averlo perso, allontanato da me mi distruggeva?

Mi addormentai poco dopo, con le ciglia incrostate di sale e lacrime asciutte.

Sognai il suo viso, piangeva, suo fratello lo abbracciava e lui continuava a piangere, e io non potevo aiutarlo, non potevo stringerlo, era lontano, dietro un vetro che non riuscivo a infrangere; poi un altro sogno si insinuò nella mia testa, c’era sempre lui, questa volta sotto la doccia, il suo corpo nudo, bellissimo, fragile, le mani sporche di sangue.

Mi avvicinai, entrai nella doccia con lui, lavai via il rosso dalle sue dita che mi portai al viso, chiudendo gli occhi, mi aveva perdonato, perché sulle sue labbra prese forma un sorriso nuovo, sereno.

“Oh, Sasuke, perdonami” Gli sussurrai, prima di premere le mie labbra sulle sue, pianissimo.

Mi svegliai di soprassalto.

La mano infilata nei pantaloni.

Assecondai quella follia, presi a muovere piano le dita sulla stoffa vergognosamente tesa dei boxer.

Erano sue le mani che immaginavo, che vedevo nella mia testa. Cercai la mia pelle, caldissima, il sangue mi pulsava sotto il palmo della mano, la stessa che aveva sfiorato la sua, che si era macchiata del suo sangue rosso.

Mi toccai lentamente, scivolando nel ricordo della sua schiena, del suo sedere tondo e bianco.

Le sue labbra sottili, mi chiesi che sapore avessero, quale calore accogliente nascondesse quella bocca.

Fu facile ritrovarmi ad ansimare e poi a piangere poco dopo, mentre le mani mi si sporcavano di quel piacere sbagliato.

“Ti voglio” Ammisi.

***

“Naru, hai dormito?” Mi chiese Sakura, guardando il mio viso quel Lunedì mattina.

Mi voltai dall’altra parte, le braccia stese sul banco, osservai il suo posto, vuoto.

“Uchiha non è ancora arrivato, di solito fate la strada insieme no? Sta male?” Mi chiese.

Un bruciore familiare mi tormentò gli occhi, già rossi per le poche ore di sonno di quegli ultimi due giorni.

“Non lo so” Risposi laconico, poi mi alzai, diretto verso il bagno.

Lo vidi, avanzare a passo veloce nel corridoio, i capelli neri tirati indietro da una fascia scura, il fiatone, la tracolla sotto il braccio.

Mi mancò il respiro. Avevo passato gli ultimi due giorni a pensarlo, a preoccuparmi per lui, a desiderarlo segretamente, a desiderare di poter tornare indietro e limitarmi ad attenderlo in salotto, davanti a quel televisore enorme.

Mi morsi il labbro inferiore, lo vidi indugiare sul mio viso, scrutare le mie occhiaie, i lineamenti contratti.

“Buongiorno” Mi ritrovai a dire.

Mi passò accanto senza neppure rispondermi.

Scappai in bagno, scoppiai a piangere, come un bambino, come quando da piccolo gli assistenti sociali mi dicevano che non avrei dovuto fare a botte, che il maestro Iruka non mi avrebbe più tenuto con sé, se mi fossi comportato ancora male.

Cosa pensavo? Cosa volevo? Mi ero avvicinato a lui, attratto da quell’espressione persa, poi avevo voluto aiutarlo, avevo voluto scaldarlo, lui era un ragazzo, dove sarebbe mai finita una cosa del genere, cosa mi ero messo in testa?

Rimasi per tutta la prima ora barricato nel piccolo gabinetto, chiuso a chiave.

“Naru, stai bene?” La voce di Sakura mi sorprese.

“Non posso rimanere molto, questo è il bagno dei ragazzi, e...beh c’è puzza” Esclamò.

Sorrisi, Sakura, brava, dolce ragazza...dov’era finito il mio amore per lei? La mia cotta? Dov’era? Avevo sempre sognato che venisse a cercarmi, che mi volesse.

“Stai bene?”Mi chiese.

“Sì, tutto ok, tra poco torno in classe, grazie di esseri preoccupata, torna pure dentro” Le riposi.

Sentii i suoi passi allontanarsi. Feci un sospiro, poi la sua voce risuonò nel corridoio.

“Oh, scusa, Uchiha, avevo sbagliato porta” Incespicò.

Lui non le rispose, ma sentii le sue scarpe impattare contro il pavimento umido, l’acqua del rubinetto scorrere.

Guardai sotto la porta del gabinetto, le sue caviglie avvolte dalla stoffa scura dei pantaloni della divisa, il piede destro battere nervosamente sulle piastrelle.

Sospirai, dovevo affrontarlo.

Uscii. Si voltò, si era tolto la fascia, i capelli scuri gli incorniciavano il viso in ciocche un qua e in là più lunghe, un paio di occhiaie livide sotto gli occhi carbone.

“Sasuk...” Provai ad avvicinarmi, ma si allontanò, per poi uscire dal bagno in uno scatto.

Presi a calci la porta, chiudendola con violenza, poi tornai in classe.

Mi obbligai a non guardarlo, a non cercare i suoi occhi, a stare attento durante la lezione, ma non servì a niente, tutti i miei pensieri vorticavano attorno a lui.

Non poteva odiarmi per una cosa simile, per una foto, perché avevo curiosato in camera sua!

All’inizio della ricreazione mi alzai e lo raggiunsi.

“Finiscila! Uchiha! Smetti di ignorarmi!” Gli dissi, guardandolo dritto in faccia.

Lui riprese tranquillamente a rileggere i suoi appunti.

“Non puoi comportarti così...non dopo tutto quello...” Mi interruppi, dopo tutto cosa? Dopo che avevamo passato quasi tutti i giorni assieme? Senza che lui mi parlasse mai di sé...capii che per tutto quel tempo il nostro era sempre e solo stato un rapporto a senso unico, dove lui si limitava ad adeguarsi a me, ma non dava mai niente di sé, mai...

“Uzumaki, sei stato tu a cercarmi, a chiedermi di essere amici, questo desiderio non è mai provenuto da me”

Una coltellata avrebbe fatto meno male. Perché si stava comportando così? Mi disprezzava tanto da dirmi tutte quelle cattiverie?

“Sei uno stronzo, ecco cosa sei! Uno stronzo egoista!” Sillabai piano, anche se un paio di ragazzi si voltarono a guardarci.

“Ok, adesso sparisci” Mormorò posando i suoi appunti sul banco.

“Affrontami, cazzo! Hai intenzione di buttare tutto per una stupida fotografia?” Alzai la voce.

“Tutto cosa? Non me ne importa niente di te!”Aveva alzato anche lui il tono, ora le sue dita stringevano convulsamente una matita.

“Ti sei preso una cotta per me? Principessa?” Sputò cattivo, tutti lo sentirono, qualcuno sghignazzò.

Persi la ragione e gli sferrai un pugno sulla guancia.

Sasuke incassò in silenzio, poi si alzò dal banco, un sorriso folle che non gli avevo mai visto in faccia.

“Vuoi fare a botte? Finalmente avrai la tua sfida, no? Non era quello che volevi qualche tempo fa?” Rise.

“Diamo spettacolo!” Sputò in terra un po’ di sangue.

Lo avevo colpito così forte o si era morso l’interno delle guance fino a sanguinare?

“Io...” Balbettai, sentendo la sua presa sulla cravatta, farsi sempre più forte, fino a soffocarmi.

“Ehi, gente! Uzumaki si vuole tirare indietro, io dico che è un codardo!” Urlò.

Kiba si mise a ridere, Sakura ci guardò con l’aria afflitta.

“Naruto, non eri tu quello che voleva sfidarlo?!” Rise sempre il mio amico castano, sfoderando una schiera di denti appuntiti da cane.

“’Fanculo Kiba, stai zitto!” Sbottai.

Sasuke mollò la presa, poi mi sferrò un pugno nello stomaco.

Mi piegai in due dal dolore.

“Vuoi aiutarmi? Cosa volevi? Essere la mia nuova famiglia?” Sussurrò abbastanza piano, perché nessuno lo sentisse. Si era chinato per guardarmi in faccia, la guancia gonfia e arrossata spiccava sul suo viso bianco.

“Io...” Provai a rispondere tra una fitta di dolore e l’altra.

“Tu cosa?” Chiese, dandomi un altro pugno che incassai, crollando in ginocchio.

“Uchiha, smettila!” Urlò Sakura.

“Cosa ti è preso! Sei impazzito?” Piangeva, vedere il suo idolo comportarsi come un pazzo l’aveva turbata sicuramente, ma i suoi occhi verdi fissavano me, fissavano le mie lacrime mute.

“’Sta zitta, non sono affari tuoi!” Le rispose lui,

“Io volevo vederti felice” Ammisi gettando nel fango anche l’ultima goccia di dignità.

Un altro pugno in pieno viso. Mi prese a sanguinare il naso, le gocce rosse caddero sul pavimento della classe, assieme alle mie lacrime, ero in ginocchio di fronte al mio carnefice, di fronte alla persona che avevo preso a desiderare di più al mondo.

“Non mandarmi via” Mimai piano con le labbra, prima che un altro suo colpo mi atterrasse completamente.

Il Naruto di un tempo avrebbe combattuto, si sarebbe sporcato le mani, quello di ora rimaneva immobile, annichilito dai suoi stessi sentimenti.

“Uchiha! Lo hai ammazzato, ora dovremmo sorbirci un sacco di rogne, che noia!” Sentii sospirare Shikamaru.

Mi rimisi in ginocchio e mi alzai piano, guardai Sasuke dal basso verso l’alto, poi il suo viso.

“Sto bene” Dissi agli altri accompagnando le parole con un veloce cenno della mano.

Vedevo sempre meno dall’occhio destro, si stava gonfiando, e il sapore di ruggine e sale mi riempiva la bocca dandomi la nausea.

Allungai una mano verso Sasuke, che mi fissava, inorridito? Impaurito?

“Mi dispiace” Sussurrai sfiorandogli la guancia gonfissima, poi svenni.

***

Quando mi risvegliai ero in infermeria, l’aria odorava di disinfettante. Mi faceva male tutto, mi pulsava il naso, l’occhio, dal quale non riuscivo a vedere.

Mi tastai la faccia, scoprendo di avere due impacchi sul viso.

Sasuke mi aveva conciato per le feste, ma almeno avevamo parlato, più o meno.

Mi tirai a sedere sul lettino, trovai su un piccolo tavolo accanto alla mia postazione un bicchier d’acqua, lo buttai giù, sperando di cacciar via dalla bocca il sapore del sangue.

Iruka sarebbe stato fiero di me, mi dissi, non avevo risposto ai suoi colpi, neppure ad uno, anche se a dirla tutta ero stato io a colpirlo per primo.

Mi tornò addosso la tristezza di quel mattino, degli ultimi giorni. Sasuke non mi avrebbe più parlato.

Mi accorsi della sua presenza quando mi guardai intorno.

Dormiva con la testa poggiata sul fondo del mio letto, seduto su una di quelle scomode sedie in plastica.

Una morsa costrinse il mio stomaco a contrarsi dolorosamente.

“Sasuke” Lo svegliai, allungando le mani sui suoi capelli.

Aprì gli occhi, non si scostò dalla mia carezza e mi fissò, un cerotto sulla guancia.

“Mi hai sistemato per bene” Gli sorrisi.

Non rispose, poi mormorò: “Ci hanno sospesi entrambi per i prossimi due giorni”.

Scoppiai a ridere. “Vacanze gratis”.

Sorrise anche lui.

“Non avrei dovuto dirti quelle cose”.

“Nessun problema” Scrollai le spalle e provai a scendere dal letto, l’infermiera corse verso di me per aiutarmi.

“Voi ragazzi, ma cosa vi siete messi in testa!?” Brontolò, scuotendo il caschetto nero.

“Capita di litigare, no?” Volsi lo sguardo a Sasuke che rimase in silenzio sulla sua sedia.

“La preside vuole parlarti” Disse.

Annuii, seguendola nello studio della signorina Tsunade.

La donna mi accolse su un divanetto scuro, mi guardò con l’espressione scocciata poi esclamò.

“Cosa diavolo vi è preso?!”

“Niente” Risposi.

“Naruto, io capisco la tua situazione, capisco le difficoltà, ma...erano anni che non facevi a botte con qualcuno, cosa ti salta in testa?” Tsunade era una di quelle donne severe ma sempre presenti per i suoi alunni, quando ero entrato in quella scuola già conosceva la mia situazione, la storia di Iruka, degli assistenti sociali, si era preoccupata per me, mi aveva fatto sentire a casa, tra le mura di quell’ufficio.

“I tuoi compagni mi hanno raccontato della violenza di Uchiha...quel ragazzo, non mi ha mai convinto del tutto...capisco la sua situazione ma non giustifica le sue azioni, rischia l’espulsione, se vuoi...” Mi disse tristemente.

“Cosa?” Domandai.

“Sasuke non voleva, sono stato io a provocarlo!” Mi alzai in piedi di scatto, provocandomi un giramento di testa da record.

“Tu, non vuoi denunciarlo?” Mi guardò sorpresa la preside, scuotendo la testa biondo slavato.

“Sasuke non merita l’espulsione, la prego, non lo metta nei guai, è uno studente modello...la colpa è solo mia, l’ho istigato” Supplicai, sedendomi nuovamente.

Lei guardò le mie ferite, l’occhio coperto dalla benda, il labbro spaccato, il naso. Mi vergognai.

“Come desideri, siete sospesi per due giorni, è il regolamento” Sospirò.

“Non so cosa ti passi per la mente, Naruto... Quel ragazzo, cosa credi di fare?” Mi chiese. Sembrava più una madre che una preside.

“Anche se le vostre situazioni sono simili...voi siete diversi, profondamente diversi” Mi disse, preoccupata.

“Si sbaglia, io e Sasuke siamo uguali”

Mi alzai, congedandomi e raggiunsi l’infermeria. Raccolsi la tracolla e la giacca della divisa che mi infilai sotto il giacchetto.

Mi avviai verso casa zoppicando un po’ per il dolore alle costole, Sasuke ci andava giù pesante...

Mi chiesi cosa sarebbe successo, se saremmo tornati amici, anche se ormai avevo capito che per me lui non era mai stato solo un amico, sbuffai in preda all’ansia, poi lo vidi.

Lo trovai seduto sul pianerottolo, lo sguardo basso.

Buttai la tracolla a terra e mi chinai per guardarlo in viso. Colto da un attacco di pura follia sussurai:

“Ora puoi finirmi, nessuno ti fermerà, Sas’ke”

Poi mi sporsi avanti e lo baciai sulle labbra.

 

Ok! Ahaahah, questo capitolo è quello che per ora preferisco...beh...anche se non avete ancora letto il 6 (risata malvagia)

Spero vi sia piaciuto <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2134590