Per la vita o per la morte di Allyn (/viewuser.php?uid=294111)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 1 *** Prologo - Capitolo 1 ***
Questa storia
è frutto di fantasia, ringrazio il maestro Kishimoto per
i personaggi.
Per la vita o
per la morte
Prologo
“Puoi piangere se vuoi” La voce
dell’uomo era volutamente gentile, fin
troppo, chissà quanto aveva studiato per riuscire a fare
quella faccia piena di
compassione, per evocare ogni volta quel tono tanto rassicurante,
pensò Sasuke,
fissandolo dal divanetto di pelle, gli occhi neri, privi di lacrime, e
tali
sarebbero rimasti, fissi sull’uomo che gli sedeva di fronte.
***
“Nessuno ti obbliga a parlare, lo sai,
quando ti sentirai di farlo io
sarò qui” Ancora quella gentilezza ostentata,
quella pazienza esasperante,
dopotutto era pagato per questo, rifletté Sasuke, le braccia
conserte, i
capelli lisci a coprirgli gli occhi, questa volta fissi sul diploma di
psicologo affisso alla parete alla spalle del suo interlocutore.
***
“Trattenere i tuoi sentimenti non
farà altro che danneggiarti, Sasuke”
Lo aveva detto con un sospiro, mentre la penna gli oscillava tra le
dita.
“Cosa credi di saperne tu!”
Aveva sibilato Sasuke, inchiodandolo con
gli occhi color pece, avanzando verso la scrivania, poggiando entrambe
le mani
sul legno liscio, sperando di poterlo spezzare con la pressione dei
polpastrelli.
“Sono qui a fingere di ascoltare le tue
cazzate ogni settimana solo perché
me lo hanno imposto, non mi interessa minimamente quello che hai da
dirmi” La
voce gli tremava dalla rabbia, ma i suoi occhi rimanevano solidi,
cristallizzati in quell’espressione lontana e apatica.
“Non è colpa tua,
Sasuke” Gli sussurrò l’uomo poggiando
una mano su
quella del ragazzo, sostenendo quello sguardo troppo antico per quel
corpo
troppo giovane.
“Non è stata colpa tua se loro
sono morti, tuo fratello era malato…”
Gli disse, sicuro di colpire il più scoperto di quei nervi
ora completamente
esposti, vulnerabili.
Sasuke aprì bocca senza parlare, le
labbra sottili si contrassero
divenendo poi una linea fine e tirata.
“Tu non sai niente!” Disse,
cercando di calmarsi.
“Non c’eri quando li trovai per
terra, dilaniati come bestie, non c’eri
quando lui tornò anni dopo per finire il massacro, non
c’eri…”
***
“Amavi molto tuo fratello”
Sentenziò la voce.
Sasuke non rispose, continuò per tutta
l’ora a guardarsi la punta delle
scarpe, ricordando quando quel giorno lontano si macchiarono del sangue
dell'altro.
Lo aveva atteso pazientemente, covando in cuor suo
un sogno di vendetta
che sapeva d’amaro e di ruggine. Si era preparato, sapeva che
prima o poi il
momento sarebbe giunto, ma questo quell’uomo seduto di fronte
a lui non lo
sapeva, non capiva quanto fosse stato grande il dolore che aveva
provato
affondando la lama del coltello nel petto di quel giovane uomo con i
suoi
stessi occhi, quanto avesse fatto male sentirgli sussurrare quelle
parole, ma
su una cosa aveva ragione, Sasuke aveva amato molto suo fratello.
A volte il destino tesse trame di sangue, amore e
vendetta in un mosaico
folle e malato, questo lui lo aveva capito tanti anni prima, quando
Itachi
aveva fatto fuori tutta la sua famiglia, lasciandolo in vita per
capriccio, per
costringerlo a diventare più forte, a vivere nel terrore del
suo ritorno. E lui
era cresciuto seguendo quel consiglio malato, attendendo il giorno in
cui avrebbe
strappato via la vita a quel fratello folle, divenendo anche lui una
pedina di
quel gioco sporco, abbandonando la dolce innocenza
dell’infanzia, abbandonando
sorrisi, crescendo solo in visione di quella vendetta, un altro filo
nella
trama sporca di sangue.
Ora cosa gli rimaneva? Il ricordo di quegli occhi
che si spegnevano,
neri come i suoi, nessuna spiegazione, solo l’impressione di
non aver capito
mai niente, mentre le labbra di Itachi sussurravano un
“Grazie, fratellino, mi
dispiace, ma questa è l’ultima volta”.
Forse
era troppo tardi, ma dovevo
farlo, dovevo correre, ancora e ancora, che da calpestare e ci fossero
mille
miglia o solo un metro, che i muscoli si strappassero dalle ossa o meno
per lo
sforzo, io dovevo correre, dovevo farcela, dovevo raggiungerlo che
fosse per la
vita, o per la morte…
Capitolo 1
Avevo
avvicinato Sasuke Uchiha tra
i banchi di scuola, un mattino senza sole, i suoi occhi, nella luce
grigiastra
di quel cielo privo d’azzurro sembravano ancora
più neri, lucidi. Mi chiesi se
avesse pianto.
“Ehi,
tutto bene?” Gli avevo
chiesto poggiando entrambi i gomiti sul suo banco vuoto.
“Che
vuoi?” Rispose lui
mollemente, abbandonando con lo sguardo il paesaggio oltre la finestra
sporca e
inchiodando i miei occhi ai suoi.
“Perché
hai pianto?” Mi uscì in
un sussurro, mentre il mio stomaco sembrava contorcersi sotto la
camicia.
“Io
non piango, e adesso togliti
di mezzo, la ricreazione dovrebbe essere già finita da un
pezzo” Aveva detto,
tornando a fissare chissà che cosa oltre quel vetro opaco.
Quel
giorno non gli avevo più
rivolto la parola, anzi non l’avevo più rivolta a
nessuno, mi ero chiuso in
bagno, con addosso ancora quello sguardo pece e il dolore di quegli
occhi, e un
desiderio nuovo e invadente, quello del sapore di quelle labbra
sottili,
incredibilmente ben disegnate per appartenere ad un ragazzo.
“Uchiha
Sasuke, è nuovo in classe”
Mi aveva detto il mattino seguente Sakura un mia compagna, per cui
avevo da
sempre avuto una cotta smisurata. Notai il rossore non indifferente
sulle sue
belle guance, e gli occhi verdi stringersi in due fessure pensierose
quando
aggiunse: “Non si lascia avvicinare da nessuno, sta sempre da
solo, dicono che
nel paese dove viveva prima sia successo qualcosa alla sua famiglia,
qualcosa
di brutto”.
Attesi
che si rinfilasse la
giacca, si mettesse la tracolla sulla spalla e uscisse di classe, per
seguirlo.
Mi
sentivo incredibilmente
stupido, ma non importava, dovevo in un modo o in un altro parlare con
quel
ragazzo di cui ora conoscevo il nome.
Mi
nascosi dietro un auto e lo
fissai.
La
luce di quel primo pomeriggio
riluceva sui suoi capelli nerissimi, sulla pelle chiara, facendola
sembrare
tanto delicata e luminosa, era bello, il ragazzo più bello
che avessi mai
visto, più bello di qualsiasi Sakura o Hinata, di qualsiasi
ragazza con cui
avessi mai provato ad uscire.
Cosa stavo pensando?
Una
sorta di ansia mi colse di
sorpresa mandandomi sottosopra lo stomaco.
A
me non piacevano i ragazzi, c’era
sicuramente altro, alla base del mio comportamento, fu per colpa di
tutti quei
pensieri che rialzando lo sguardo sulla strada mi accorsi di averlo
perso di
vista.
Imprecai
mentalmente, sia per la consapevolezza
di aver pedinato un mio compagno, sia per quella strana situazione in
cui mi
ero cacciato.
Girai
i tacchi, dopotutto avevo
un intero anno scolastico per parlargli, mi dissi, l’ultimo
anno del liceo.
“Perché
mi stai seguendo?!” Una
mano mi afferrò il colletto della camicia sbattendomi contro
l’auto dietro la
quale ero stato appostato poco prima.
Sasuke
Uchiha mi fissava, l’espressione
scocciata sul bel volto ovale.
“Sei
per caso muto? Che cazzo
vuoi da me?” Domandò urlando, aumentando la presa
sulla stoffa e sbattendomi
ancora una volta contro la carrozzeria dell’auto.
“Voglio
essere tuo amico” Dissi,
sostenendo i suoi occhi neri.
Mi
lasciò andare.
Scivolai
a terra, risistemandomi
l’uniforme della scuola e respirando grandi boccate
d’aria.
“Non
sono interessato alla tua
amicizia, lasciami in pace” Sputò, afferrando la
tracolla che aveva lasciato
cadere a terra e riprendendo la sua strada.
“Dannazione,
che figura di merda”
Brontolai tra me e me, rimanendo ancora seduto sull’asfalto
caldo.
“Uzumaki”
La sua voce mi sorprese.
“Non azzardarti più a seguirmi”.
Note dell’autore:
Eccomi con un’altra long SasuNaru o
NaruSasu, per adesso arancione,
probabilmente muterà in rosso, probabilmente con qualche
scena lemon, questa
volta AU, spero non troppo OOC, ma ripeto, lo spero J.
Non so ancora se ci sarà da piangere o
meno, per adesso so solo che non
sarà tutta risate e allegria, anche se quei momenti ci
saranno, che in un modo
o in un altro ho cercato di prendere spunto dal manga per alcuni
eventi, ma non
troppo ehhhe (Kishi-sama perdonami se puoi!).
Abbiamo Sasuke e abbiamo Naruto, direi che
può bastare aahahah.
Sasuke ha un passato difficile, ha quel trauma, a
segnarlo, a
rovinargli il mondo, la vita, a rovinargli tutto, a non farlo vivere;
ma non
vuole aiuto, non vuole alcun sorriso a confortarlo, alcuna parola
rassicurante…
Poi c’è Naruto, un passato
doloroso e tanta voglia di vivere, c’è la
sua testardaggine, ci sono i suoi sentimenti, forti come uno
tsunami…
Più o meno ho già scritto il
capitolo finale, anche se manca la
sentenza, nelle ultime righe ahahah vabbè, decideremo strada
facendo, se essere
cattivi o meno… :P
Spero vi piaccia, premetto che sarà
ambientata nel nostro universo, un
po’ tra i banchi di scuola,un po’ tra i sentimenti
e i problemi di questi due,
con la speranza che non vi annoi e che vi faccia trascorrere dei minuti
piacevoli durante la lettura.
Grazie per l’attenzione, e grazie a chi
lascerà un commento, una frase,
un consiglio, una parola!
Un bacione, ancora Allyn, per l’ennesima
volta con Naruto e Sasuke!
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2
Avevo
perso i genitori così
presto da non ricordarmi il lori volti, se non attraverso le foto che
tenevo in
qua e in là per la piccola casa disordinata.
Mi
aiutavano a non sentirmi solo.
C’erano
giorni, in cui rientrando
da scuola, parlavo ad alta voce gironzolando per le poche stanze,
raccontavo a
quei due le mie giornate, i miei problemi, i miei sogni, poi mi fermavo
davanti
a quell’immagine senza vita, mi perdevo un po’
nella tristezza della loro
assenza, fissando i capelli rossi di mia madre, il mio stesso sorriso
stampato
sul volto allegro di mio padre.
“Mi
mancate tanto” Sussurravo
allora, prendendo la foto e stringendomela contro il petto, sperando
che da
qualche parte, ovunque fossero,
potessero sentirmi.
“C’è
un ragazzo strano, a scuola”
Esordii quel pomeriggio, sospirando con un lenzuolo da lavare tra le
braccia.
“Si
chiama Uchiha Sasuke”
Continuai lanciando un’occhiata fuori dalla finestra di
camera, verso la strada.
“E’
insopportabile” Aggiunsi
sedendomi a terra, asciugandomi con il polso il sudore dalla fronte,
fare le
pulizie di casa era una fatica insormontabile e inutile, anche se
avessi
riordinato tutto, il giorno dopo il disordine avrebbe di nuovo invaso
quelle
mura.
Risi
di me, raccolsi le gambe al
petto e pensai al suo viso pallido, ai suoi capelli neri, chiedendomi
come
potesse essere un sorriso su quelle labbra sottili.
“Al
Diavolo!” Urlai lanciando in
aria il lenzuolo.
“Non
mi farò di certo intimorire
da quella brutta faccia che si ritrova? Giusto?” Sorrisi alla
foto sul comodino
e ripresi a riordinare casa.
Il
giorno successivo mi presentai
a scuola con un sorriso enorme e un’idea, forse stupida, ma
pur sempre un’idea
per coinvolgerlo.
“Uchiha
Sasuke, io ti sfido!”
Gridai puntando l’apatica e pallida figura seduta
all’ultimo banco.
“Uzumaki
ha sbroccato di nuovo!”
Rise Kiba fissando la scena a braccia conserte.
“Zitto,
Inuzuka, questa è una
cosa tra me e Uchiha!”
“Naruto,
dai, lascialo stare” Una
voce gentile, questa volta quella di Sakura, sembrava preoccupata.
“Non
puoi pretendere che tutti
siano tuoi amici, non rompergli le scatole, ti sopportiamo
già noi” Un’altra
voce, quella della ragazza bionda, la fidanzata di Shikamaru; una
risata
affettuosa riempì l’aria, ma non mi importava,
anche se adesso avevo molti
amici non avrei rinunciato a quello sguardo indifferente.
“Ti
sfido, decidi te in quale
specialità, corsa, nuoto…” Ripetei,
deciso.
Sasuke
mi guardò dall’alto in
basso, sbuffò sonoramente, poi si alzò e mi venne
vicino, così tanto che potei
sentire il suo respiro sul mio collo.
“Non
so che problema tu abbia con
me, ma finiscila” Sibilò al mio orecchio. Avevo la
sua mano pallida a premere
forte sulla mia spalla, quei capelli neri, liscissimi a solleticarmi la
guancia, perché il mio cuore stava battendo così
forte?
“Cercati
qualcun altro da
infastidire, idiota…” Dichiarò prima di
andarsene dall’aula.
“Vigliacco!”
Mi voltai qualche
secondo dopo raggiungendolo con una breve corsa.
“Oh,
lasciami in pace, ma che
cazzo vuoi da me? Ti sei per caso innamorato?!” Mi rispose
continuando a
camminare per il corridoio con passo svelto eppure incredibilmente
calibrato.
Una
manciata di alunni ci
seguivano in quell’insolito spettacolo mattutino, qualcuno
commentava ridacchiando,
tra i tanti sentii un ragazzo esclamare: “Le sfide si
accettano sempre,
probabilmente Uchiha se la tira tanto ma è solo uno
smidollato, solamente perché
un paio di ragazzine gli sbavano dietro e non è di qui si
crede figo,
probabilmente non è altro che un classico figlio i
papà coccolato dalla
mammina”
Altri
ragazzi risero di
quell’osservazione.
Sasuke
si fermò. Immobile, vidi
le sue spalle tremare, le mani stringersi a pugno.
“Tu,
idiota” Corse indietro fino
al ragazzo che stava ridendo e lo afferrò per la cravatta.
“Sarei
un figlio di papà
coccolato dalla mammina?” Tirò ancor
più quel lembo di stoffa fino a sentire i
gemiti strozzati dell’altro. Nel corridoio si levò
un brusio sottile.
“Smettila”
Mormorai, fissando le
sue nocche sbiancate, gli avambracci tesi sotto la camicia, i viso
contratto in
una smorfia cattiva, eppure triste allo stesso tempo.
“Io
ti ammazzo, se lo ripeti ti
ammazzo…”Lo minacciòun’ultima
volta lasciando la presa e andandosene di corsa.
“Uchiha,
aspetta” Gridai seguendolo.
Sasuke
se ne stava seduto su un
bancone da lavoro dell’aula di chimica, le mani tra i capelli
neri, se li
tormentava come un pazzo, stringendo con forza le ciocche corvine.
“Sasu-“
feci per chiamarlo, ma
lui si voltò. Lessi rabbia e angoscia nel suo sguardo lucido.
“Ancora
tu! Ma che cazzo vuoi?!
Lasciami in pace, lasciatemi tutti in pace!” Scese dal
bancone avvicinandosi.
“Anche
i miei genitori sono
morti” Gli dissi abbassando lo sguardo sulle scarpe scure e
sulle piastrelle
chiare del pavimento.
Sasuke
non parlò più ma sentii
comunque i suoi occhi neri su di me.
“Non
me li ricordo neppure”
Continuai.
“Io
i miei…me li ricordo” La sua
voce mi sorprese.
“Puoi
parlare con qualcuno, ogni
tanto, sai?” Gli sorrisi cercando con l’azzurro
delle mie iridi le sue.
Non
trovai più la rabbia di
prima, ma un volto stanco, più pallido del solito.
“Con
quel ragazzo, ho esagerato”
Ammise.
“Solo
un po’” Risi. “Ma è un
cretino, se lo merita”
Anche
le sue labbra sottili si
incresparono in qualcosa che sarebbe dovuto essere un sorriso, ma che
si spense
subito.
Allora
era così, quando
sorrideva, così incredibilmente triste?
“Ti
avevo detto di non seguirmi”
“Mi
dispiace, non so quando
smettere di importunare le persone” Mi portai una mano tra i
capelli. Parlare
veramente con lui per la prima volta mi agitava e non poco.
“Le
persone...ti amano” Affermò.
“Non
è sempre stato così,
all’inizio tutti mi odiavano” Cominciai a
raccontare, sembrò volermi ascoltare
perché crollò a terra sedendosi dietro un
bancone, la schiena poggiata contro
le ante d’acciaio.
Mi
misi al suo fianco.
Eravamo
soli, in quel laboratorio
polveroso che la nostra scuola non utilizzava più, lontano
dal chiacchiericcio
degli altri alunni, lontano da tutti gli occhi che Sasuke amava evitare.
Solo
noi.
“Ho
perso un anno quando ero più
piccolo, già questo mi ha sempre messo in cattiva luce con
gli altri, ero per
tutti Naruto lo stupido, Naruto il ragazzo che era stato bocciato, non
dicevo a
nessuno che i miei genitori erano morti tanti anni prima, che decidermi
di mandarmi
a scuola dopo era stata un’idea degli assistenti
sociali” Sospirai.
“Ero
additato da tutti, deriso…Ma
non mi davo per vinto, ogni giorno li sfidavo a battaglia di fango,
solo contro
tutti. Perdevo, venivo sbattuto a terra, picchiato” Sasuke mi
ascoltava con
attenzione, senza commentare.
“Alle
superiori capii che la
violenza non mi avrebbe portato da nessuna parte, a sedici anni ho
lasciato la
casa di accoglienza che mi teneva e sono andato a vivere nella casa che
era
stata dei miei genitori. Cominciai a sorridere, ogni giorno scoprivo
una
qualche foto in un cassetto, smisi di picchiare gli altri ragazzi,
iniziai a
farmi degli amici, dimostrando il mio valore, e la gente
cominciò a volermi
bene, ero il ragazzo che da solo era riuscito a cavarsela…
Tu non sei solo,
Sasuke” Mormorai infine, stendendo le gambe sul pavimento e
stirando le braccia
verso l’alto.
“Perché
me? Perché ce l’hai tanto
con me?” Mi chiese.
“Non
lo so, l’altro giorno, mi
sembravi triste, avevi la stessa faccia che avevo io qualche tempo fa,
quando
credevo che andare avanti non avesse poi molto senso”
La
prima volta che portai Sasuke
a casa mia fu da ridere, lo vidi storcere il naso di fronte al caos, o
meglio
di fronte al caos che avevo tentato inutilmente di far scomparire in
visione
della sua visita.
“Rispecchia
l’elemento che la
abita” Aveva commentato acido, poi però era
entrato chiudendosi la porta alle
spalle.
“Vuoi
un tè?”
“Sì,
grazie. Sono loro?” Aveva
chiesto afferrando una foto dei miei genitori.
Annuii
guardandola con affetto.
Scoprii
che averlo intorno, se
pur silenzioso e avvolto da un’aura nera come la pece, mi
piaceva
“Sei
uguale a tuo padre, ma
l’espressione del viso, quella è la stessa di tua
madre” La
posò nuovamente sul tavolo per fissarmi
con attenzione, sembrava voler studiare i miei lineamenti.
“Tu,
Sasuke, a chi assomigli?”
Gli chiesi, voltandomi verso il piccolo cucinotto per nascondere il
rossore tra
le foglie di tè.
Mi
domandai chi dei
suoi familiari fosse così bello.
“Io
assomiglio a mio fratello”
“Vive
con te?” Versai l’acqua
calda nelle due tazze.
“E’
morto” Mi trovai Sasuke alle
spalle, i suoi occhi neri fissi sul mio preparato.
“Non
hai messo le foglie, sei
proprio imbranato” Aggiunse, sfiorandomi le dita per
togliermi di mano le due
tazze.
“Un
momento, lo stavo facendo!”
Brontolai.
“Tu
ce l’hai la ragazza?” Mi
domandò poi, sostituendomi al bancone, vertendo
l’argomento su temi più facili.
“No.
A te piace qualcuno,
Sasuke?”
“Le
ragazze non mi interessano,
sono noiose” Sorrise, porgendomi il tè.
Afferrai
la tazza con il cuore in
panne, cosa significava quella risposta?
“Come
fai a dire che sono noiose,
Sakura, lei è bellissima, intelligente e mi fa copiare ai
compiti” Borbottai.
“Anche
lei è noiosa” Sentenziò
acido come sempre.
“E
sentiamo, hai mai avuto una
ragazza?” Domandai ammiccante.
“Diciamo
che ho impiegato il
tempo per le ragazze in attività più utili,
c’era una cosa che dovevo fare” Non
sorrise e guardò altrove.
Calò
un silenzio imbarazzante
durante il quale mi limitai a sorseggiare il tè caldo.
“Ehm,
Sasuke, studiamo un po’? Ti
va? Tu sei bravissimo in algebra potresti...insomma” Sorrisi.
“Tira
fuori i libri, incapace”
Notai sulle sue labbra sottili una smorfia di scherno.
Parlare
di numeri e di formule
con Sasuke era quasi divertente, vedere le sue dita abili sfogliare le
pagine
dei libri di scuola, i suoi occhi neri concentrati sugli esercizi.
Il
tempo passò senza che ce ne
accorgessimo, tra una frecciatina e l’altra, tra le sue
risate contenute, le
sue prese in giro, i commenti sulla mia scarsa abilità
matematica.
Passò
così tanto tempo che il
sole calò oltre le colline, la stanza illuminata dalla
gialla luce artificiale
della lumiera.
“E’
tardi” Convenne qualche
minuto dopo guardandosi l’orologio stretto al polso esile.
Una
folata di vento scosse il
vetro sottile delle finestre facendole vibrare. L’inverno era
alle porte, una
sensazione di freddo mi invase le vene. Lo immaginai, solo, con quel
suo passo
cadenzato camminare verso casa, una casa vuota, come la mia,
così fredda.
“Dovrei
andare” Disse afferrando la giacca
dalla sedia, guardandomi con uno strano cipiglio e avviandosi verso la
porta.
“Ehi,
Sasuke!” Lo chiamai, prima
che afferrasse la maniglia.
“Chi
ti aspetta a casa?” Chiesi.
Non
si voltò neppure, si limitò a
scrollare le spalle larghe e rispose, flebile:
“Nessuno”
“Rimani
qui, mangiare in
compagnia è...” Sussurrai, mentre le sue dita si
posavano sulla maniglia
dorata, lentamente.
“Sasuke,
fuori è freddo, i tuoi
libri sono tutti qua, domani potremo fare la strada
insieme...” Continuai,
mentre le sue dita indugiavano.
“Non
devi rimanere da solo per
forza...rimani qui” Le parole uscirono fuori dalle mie labbra
come una
supplica.
“Rimani
qui con me”
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Ok!
Chiamasi ritardo,
vistoso, vergognoso... Ho letto tutte le vostre BELLISSIME recensioni,
a cui
risponderò a breve, e devo ammetterlo, sono state proprio
queste a convincermi
a pubblicare il resto di questa storia che avevo messo da parte per
finire la
long “Lacrime e Sangue”e per dedicarmi un
po’ alle OneShots. Vogliate
perdonarmi e se ne avrete la forza e la pazienza spero di vedervi
ancora anche
su questi nuovi capitoli, che vi dirò, finalmente si
scrivono con
divertimento...anche se la storia comunque dovrebbe avere un epilogo
abbastanza
forte, basta guardare l’inizio...
Insomma,
so che sono
diventata una di quelle fanfictioner rompiballe, ma sopportatemi,
è l’amore che
nutro per questi due (fa pat pat ad un piccolo Sasuke e ad un piccolo
Naruto)
ad avermi deviato mentalmente rendendomi idiota.
Allyn
è tornata con i
suoi scleri, e vi promette tante NaruSasusate e SasuNarutate...ahahah J Spero di leggere
ancora tante vostre recensioni
UN BACIO GRANDE!
Capitolo 3
“Da
piccolo avevo paura del buio”
Sussurrai, guardando la luce dei lampioni filtrare dalle persiane e
illuminare
la fiocamente le lenzuola.
Alzai
una mano cercando di
afferrare quell’arancione artificiale pronto a spezzare il
buio, invano.
Vidi
gli occhi neri di Sasuke
aprirsi e guardarmi attentamente nella penombra.
“Non
c’è niente da temere nel
buio, se non in quello che ci portiamo dentro” Disse con un
filo di voce,
stringendosi in quel letto troppo piccolo per entrambi.
Mi
fece paura la serietà che mise
in quelle parole, la tristezza con cui aveva intriso ogni lettera,
perciò non
riuscii a prenderlo in giro o a scherzare sopra quella frase.
“Sasuke,
mi dispiace di non
averti potuto offrire un futon, o un posto più comodo,
ma...beh, grazie di
essere rimasto” Mormorai.
Lo
sentii sorridere, un sorriso
di scherno, gli unici che increspavano le sue labbra sottili.
“Sentimentale”
Sputò, girandosi e
dandomi le spalle.
Gli
feci il verso, storcendo la
bocca a più non posso e tirando fuori la lingua, era
irritante, freddo, eppure
la sua presenza rendeva tutto diverso, migliore, meno triste.
“Adesso
dormi, ho sonno”
Sentenziò accomodandosi meglio sul cuscino. Guardai i suoi
capelli lisci
carezzare la federa di cotone, avrei voluto allungare le dita, e
immergerle in
quel mare d’inchiostro, ma ritrassi la mano per portarla
sotto la testa e
chiusi gli occhi, poi sentii i suoi piedi sfiorare i miei, erano freddi.
Non
mi ritrassi, ricordo solo che
quando mi addormentai la nostra pelle aveva la stessa temperatura, e il
buio
quella notte era molto meno spaventoso, con Sasuke accanto.
***
“Quando
dormi scalci, sei
insopportabile anche da incosciente” Commentò
camminando al mio fianco, gli
occhi neri fissi sulla strada.
Aveva
l’aria un po’ frastornata,
i capelli lisci e in disordine e un paio di occhiaie livide che
spiccavano sul
suo carnato chiaro, quasi non avesse dormito poi molto, mi chiesi se
fosse
colpa mia e del mio scalciare.
“Beh,
per essere sincero tu hai
borbottato per tutto il tempo” Ribattei, ricordando il suo
sonno agitato, l’insieme
confuso di parole, di suppliche, di lamenti. Preferii non approfondire,
lo
sguardo truce che mi lanciò mi permise di comprendere che ne
era a conoscenza.
“Allacciati
per bene la cravatta,
scemo” Sorrise poi, fermandosi in mezzo al marciapiede e
allungando le dita
verso la mia uniforme.
Persi
uno, due, tre battiti, in
un’apnea cardiaca che mi obbligò a rimanere
immobile per non collassare.
Le
sue mani armeggiarono esperte
con quel pezzo di stoffa, mi permisi di guardarlo, di scrutare la sua
espressione
concentrata, le fittissime ciglia nere, gli zigomi ben delineati.
“Ecco
fatto” Annunciò a lavoro
terminato, contemplando la sua opera.
“G-grazie”
Borbottai ancora
scosso, con i piedi ben piantati sull’asfalto.
“E
ora che fai con quella faccia
rossa? Ti senti male?” Chiese Sasuke perplesso, poggiando una
mano pallida
sulla mia fronte, e poi...poi si avvicinò poggiandovi le
labbra.
Sarei
potuto morire in quel
momento, implodere, collassare a terra come un sacco di patate, ma il
mio cuore
resse il colpo, lo guardai sbigottito mentre si staccava da me con un
sorriso,
le dita ancora premute sulla mia pelle.
“Non
hai la febbre...” Sentenziò.
“C-Cos’era
quello?” Balbettai
ancora rosso in viso.
“Oh,
scusa, mia madre...diceva
sempre che la febbre si sente con le labbra, le mani sono
inaffidabili” Disse
sereno, ticchettando con i polpastrelli sulla mia fronte.
“Dai,
smetti, non ho niente”
Brontolai scostandomi dalle sue dita e prendendo a camminare.
“No,
non vorrei che mi avessi
contaminato con i tuoi germi” Spiegò
l’Uchiha seguendomi con aria annoiata.
***
Dopo
quello strano episodio il
mio mondo cambiò.
Sakura
non esisteva più, nessuna
ragazza di cui prima avevo decantato la bellezza, le forme o la
simpatia,
riusciva ad eguagliare il suo viso, il tocco delle sue labbra, che
seppur mi
avessero sfiorato la fronte di sfuggita, avevano impresso sulla mia
pelle un
marchio caldissimo e indelebile.
Ammetterlo
a me stesso sembrava
impossibile, perciò ignorai il mio cuore, ignorai i segnali
del mio corpo e
continuai nella folle impresa, diventare il suo migliore amico,
scoprire quale
fosse il segreto, o meglio ciò che lo tormentava e
così aiutarlo.
***
Successe
durante un week-end, due
mesi dopo l’inizio di quella che io non saprei se chiamare
amicizia, che pregai
Sasuke di mostrarmi casa sua.
Avevamo
appena finito i compiti,
se non ci fosse stato lui non li avrei neppure toccati, soprattutto
matematica.
Il tempo era quel che era per inizio inverno, freddo polare, vento e
nuvole
minacciose all’orizzonte. Sasuke mi guardò, il
telecomando in mano e l’aria
stanca di chi aveva dovuto pazientemente spiegare i capricci matematici
ad un analfabeta;
eravamo entrambi seduti sul mio letto, la piccola tv accesa su un
insulso canale
di televendite e i libri finalmente abbandonati sul piumino arancione.
“Ehi
genio, vediamo se vendono
anche cervelli nuovi!” Scherzò indicando il
piccolo schermo luminoso e un
ometto sulla quarantina dal sorriso ammaliante che proponeva la vendita
di
materassi ortopedici.
“Molto
divertente, Sas’ke”
Sbuffai, sdraiandomi supino, le mani tra i capelli, con i polpastrelli
a
massaggiare la testa dolente per il troppo studio.
“Tu
hai una tv più grande?”
Chiesi, cercando di guardarlo, anche se da quella posizione potevo
intravedere
solo le sue spalle larghe e magre sotto una maglietta scura.
“Ah-ah”
Si limitò a rispondere
cambiando canale.
“E
anche la tv satellitare?”
Continuai, alzando il capo fino a intravedere tutta la sua figura.
“Ah-ah”
“E
perché vieni sempre a casa mia
a guardare questi canali insulsi?” Sbottai tirandogli un
cuscino, che gli
scompigliò tutti i capelli.
Sasuke
si voltò verso di me
lentamente, si ravvivò i capelli con un gesto della mano
pallida e disse:
“Se
sono di troppo me ne vado”.
Poi
si alzò dal letto. Scattai
come un felino, trattenendolo per la maglia.
“Tu
sei completamente fuori!” Lo
ammonii.
Mi
fissò senza che dal suo volto trasparisse
alcuna emozione.
Mi
chiesi se l’avessi ferito in
qualche modo, perché anche senza che i suoi lineamenti
tradissero alcunché,
sentii che quel ragazzo era fragile, molto più di quanto
credessi.
“Vado
via, non me la sono presa.
Effettivamente...sono quasi sempre a casa tua, dormo qua molto
più spesso che
nel mio letto” Continuò.
Arrossii,
ripensando a tutte le
notti in cui lo avevo trattenuto lì, in cui poi, in silenzio
lui aveva deciso
di trattenersi senza che dicessi più niente, di sfiorare con
i suoi piedi i
miei, fino a quando il freddo non abbandonava la nostra pelle
così diversa. Il
nostro tacito accordo, soli entrambi, soli insieme. Ripensai alle volte
in cui
mi ero svegliato, con il suo viso vicino, la sua mano aperta a invadere
il mio
cuscino, aveva l’abitudine a spostarsi nel sonno ed io mi
limitavo a gioire di
quella vicinanza fortuita, dei suoi lineamenti persi, per una volta
liberi
dalla maschera algida che si costringeva a indossare. Una fitta allo
stomaco
ogni volta, perché insensatamente il mio corpo avrebbe
desiderato muoversi in
avanti, sigillare le sue labbra socchiuse con le mie, in un bacio, un
bacio la
cui sola idea mi sconvolgeva, perché io non ero...quel
genere di ragazzo a cui
piacevano i ragazzi...eppure...
“Sasuke...Non
hai capito” Sorrisi,
afferrando con la mano libera un libro e scaraventandoglielo addosso,
scacciando via con quel gesto il ricordo di tutte quelle sensazioni.
“Non
è questo, è che secondo me
casa tua è migliore!” Scoppiai in una risata che
riempì tutta la stanza, Sasuke
mi guardò sbigottito, poi scosse la testa e
cacciò via la mia mano dalla sua
maglietta.
“Credo
che in nome della cortesia
io sia obbligato a invitarti vero?” Sbuffò
scocciato.
Annuii
con gli occhi che
brillavano, vedere casa di Sasuke, camera di Sasuke, il posto il cui
viveva
Sasuke...il solo pensiero mi riempiva di gioia, riuscire a capire come
fosse la
casa di qualcuno che come me era solo.
Quello
che provavo per lui era
solo empatia, mi dissi, mentre mi infilavo le scarpe e lui si stringeva
al
collo una sciarpa...solo empatia per un amico, per un...simile?
“Oh,
Sasuke, prima di andare a
casa tua” E le labbra mi si allargarono in un sorriso enorme
“Fermiamoci a
compare la cena” Finii.
Lui
sbuffò aprendo la porta di
casa mia e uscendo nel pianerottolo, lo raggiunsi e nella penombra mi
parve di
scorgere un sorriso sottile.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Ho
aggiornato
prestissimo questa volta, e finalmente la prima scena un po’
più...ehm... beh,
le altre arriveranno dopo, anche se fanno solo da corredo a qualcosa
che mi
preme di più, il rapporto tra questi due, persi, soli
insieme...Naruto
riesumerà i frantumi dell’anima di
quell’Uchiha scuro e triste?
Beh,
un grazie speciale
a chi recensisce dandomi la voglia di continuare ad aggiungere capitoli
a
questa storia...spero vi piaccia! Un bacione grande!
A
prestissimo con il
capitolo 5!
Allyn,
che spera di
leggere tante vostre impressioni, consigli, insulti, pomodori!
Capitolo 4
Per
tutto il tragitto dal piccolo
supermercato a casa sua Sasuke non disse una parola,
si limitò ad un cenno del capo solo quando mi
offrii di portare metà delle buste della spesa, poi niente,
neppure una
sillaba. A parlare fu solo il vento, il suo soffiare furioso tra gli
alberi del
viale che stavamo percorrendo, sempre più forte, nel buio di
una sera gelida.
Il
sole era già calato quando
Sasuke si voltò, mostrandomi il suo viso, dato che fino a
quel momento avevo
solo visto il retro del suo giacchetto scuro e i capelli scompigliati e
lisci
venire carezzati dal vento; mi porse la busta della spesa e
tirò fuori dalla
tasca un mazzo di chiavi a cui era appeso un piccolo ciondolo a forma
di
ventaglio bianco e rosso.
“Vieni,
entra” Sussurrò, e mi
sembrò di scorgere una ruga di preoccupazione tra le sue
sopracciglia nere.
Gli
sorrisi, poi varcai la soglia
di casa sua.
Pochissimi
mobili e tanto spazio,
stanze grandi, pareti chiare, fredde.
“E
così questa è casa tua!”
Esclamai guardandomi attorno. Avrei voluto dire che gli assomigliava,
che era
essenziale e algida, proprio come lui, ma mi trattenni.
“Già...”
Borbottò, facendomi
strada fino alla cucina, dove poggiai le buste della spesa.
Lo
osservai, sembrava a disagio,
con le mani nelle tasche del giacchetto che non si era ancora tolto,
non capivo
cosa lo preoccupasse tanto.
“Ehi
Sasuke, mostrami la tv!” Gli
dissi.
Si
sciolse in un sorriso e mi
guidò in salotto, dove finalmente si tolse la giacca,
invitandomi ad imitarlo.
Neppure
nei miei sogni più belli,
un enorme schermo piatto troneggiava su una parete spoglia su cui
spiccavano
solamente due mensole chiare piene di libri.
“E
tu...che ti ostinavi a
guardare la tv a casa mia!” Borbottai per poi lanciargli
un’occhiataccia.
Sasuke
sospirò, poi si avviò al
piano si sopra.
“Ehi,
dove vai?” Chiesi.
“A
fare una doccia e a cambiarmi,
accendilo se vuoi” Mi sorrise, indicando un telecomando
poggiato tra i cuscini
del divano.
Annuii.
Dopo
cinque minuti di programmi
in HD sentii partire lo scroscio della doccia. Mi alzai, con il canale
del
telegiornale a tutto volume. Curiosai nel suo frigo, riponendo parte
della
spesa che avevamo fatto assieme, risi della sua scorta di pomodori,
pelati,
sott’olio, marinati, in conserva...poi tornai
nell’ingresso, senza Sasuke in
giro riuscii a guardarmi attorno con più attenzione, a
leggere i tanti piccoli
dettagli di solitudine che accomunavano quella casa alla mia. Un solo
ombrello
all’attaccapanni, un solo paio di scarpe oltre alle mie erano
poggiate vicino
alla porta, era una casa vuota, dove Sasuke viveva come un fantasma.
Lo
immaginai, solo, vagare per
quelle stanze così grandi, fredde, senza nessuno che si
occupasse di lui, senza
nessuno che si preoccupasse di farlo sorridere al mattino, o di
preparargli il
pranzo, di chiedergli se avesse bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa,
anche un
abbraccio.
Avrei
voluto salire quelle scale,
raggiungere il piano superiore, correre da Sasuke e stringerlo, dirgli
che
capivo, capivo l’eco di un luogo così vuoto,
capivo la tristezza, capivo i suoi
occhi, avrei voluto dirgli che se voleva potevo rimanere lì,
se mi voleva
potevo rimanere con lui quanto desiderava, poteva rimanere con me, a
guardare
quegli insulsi programmi sulle televendite.
I
piedi e le gambe mi tradirono,
salii i gradini due per volta, vittima di ogni sorta di emozione,preso
da una
foga estranea; poi lo vidi.
Aveva
lasciato la porta
socchiusa, sicuro che non salissi. Mi dava la schiena, in piedi con la
fronte
contro le piastrelle blu del bagno, il getto d’acqua a
carezzargli le spalle
bianche e larghe, scivolando sulla linea dritta della colonna
vertebrale e più
giù, sul sedere tondo, bellissimo. Lo sentii ansimare
pianissimo, per poi
notare il suo gomito flesso, la mano persa, fuori dalla mia visuale,
nascosta,
davanti...si muoveva, lentamente.
Sasuke
si stava toccando, come
facevo io, la notte, o la mattina, sotto le lenzuola, in quegli ultimi
tempi di
nascosto e di fretta, nel mio piccolo bagno, mentre lui ancora dormiva
tra le
mie coperte, mentre lui, addormentato ignorava che nella mia testa ci
fosse il
suo viso, poi le sue labbra, poi il senso di colpa, mentre mi sporcavo
la mano,
mentre dopo, ipocrita lavavo via le tracce con il sapone.
Non
riuscivo a muovermi, a non
guardare, più sentivo il suo respiro divenire affannoso,
più la sua mano
aumentava la velocità del movimento, costringendo i muscoli
dell’avambraccio a
contrarsi, più il mio cuore si faceva pesante,
più lo stomaco si chiudeva in
una morsa...mi struggevo, di desiderio, di qualcosa che non riuscivo a
spiegarmi, ma che una parte della mia testa catalogava come
“sbagliato”.
Gettò
un poco la testa
all’indietro, i capelli bagnati sembravano fili
d’inchiostro liquido, non ne
avevo mai visti di così neri e luminosi.
Rimasi
aggrappato a lui, alla sua
immagine pallida e sottile, incredibilmente elegante anche in quel
contesto,
con le spalle che tremavano un poco per l’orgasmo, e la mano
che rallentava la
corsa fino a fermarsi del tutto, a carezzare quella parte di lui che
non
riuscivo a vedere e il cui solo pensiero mi mandava in cortocircuito
sinapsi e
neuroni.
Perché?
Mi
risuonò in testa solo quella
domanda, mentre mi allontanavo da lui, dalla sua bella figura, ora
accovacciata
nella doccia, mentre nei boxer sentivo il peso ingombrante della mia
vergogna
inappagata.
“Scusa”
Pensai voltandomi,
facendo per scendere, quando qualcosa attirò la mia
attenzione.
Ad
una parete del piccolo
corridoio del piano superiore vidi affisse alcune foto, mi avvicinai,
sia con
l’intento di togliermi di dosso l’idea del corpo
nudo di Sasuke, sia mosso
dalla curiosità, erano le prime foto che notavo in quella
grande casa.
Le
prime erano normalissime foto
di paesaggi, un tramonto, qualche collina, un piccolo villaggio di
campagna.
Seguii la scia di foto, percorrendo tutto il corridoio, fino a giungere
ad una
porta bianca, la aprii, senza curarmi di Sasuke, senza curarmi del
fatto che mi
avesse implicitamente chiesto di rimanere al piano inferiore.
La
sua camera.
Non
come l’avevo immaginata, dopo
aver visto il resto della casa.
Ordinata,
certo, immacolata nella
pulizia e nell’organizzazione del mobilio ma...calda,
rispetto al resto, vera,
vissuta. Una pila di libri sulla scrivania, gli occhiali da lettura che
utilizzava la sera, un maglione blu buttato su una sedia girevole, il
poster di
un gruppo Rock affisso ad una parete. La camera di un ragazzo, un
ragazzo come
me.
Come
se Alice avesse avuto
l’opportunità di visitare la tana dello sfuggente
Bianconiglio, carpirne i
segreti e misteri, mentre questo era assente, mentre questo non
lasciava mai
trapelare nulla, non spiegava mai il perché della sua
fretta, così come Sasuke
il perché del suo enorme dolore.
Un
letto grande, molto più del
mio, un piumone blu su cui troneggiava un dinosauro-peluche, immaginai
ricordo
d’infanzia. Lo sfiorai con la punta delle dita, fino ad
afferrarlo, per poi
rilasciarlo piano.
Su
un piccolo comò a fianco del
letto ticchettava una sveglia, poi eccole, due cornici, una grande e
argentata,
accoglieva il ritratto di una famiglia, madre dal sorriso dolce, padre
impostato e un ragazzo simile a Sasuke, in braccio un bambino piccolo
con gli
occhi scurissimi.
La
presi in mano e la guardai
alla luce della abatjour azzurra.
Quel
ragazzo con i capelli lunghi
non era Sasuke, era suo fratello, e quelli alle loro spalle i genitori,
capii
in quel momento quanto la bellezza della madre dai capelli color ebano
e gli
occhi altrettanto scuri si fosse ben trasmessa ai due figli, e di come
Sasuke
avesse avuto ragione, quando mi aveva detto che la persona a cui
assomigliava
di più fosse suo fratello.
Sospirai,
ripensando alla foto
dei miei genitori, chiedendomi se anche lui ogni tanto parlasse con i
suoi, o
con quel ragazzo con i capelli lunghi.
Posai
la foto e guardai l’altra
cornice, era abbassata sul piano del comò, quasi fosse
caduta, mi chiesi se
inavvertitamente l’avessi urtata, ma non lo ricordavo,
così la tirai su.
Un
Sasuke piccolo, ma facilmente
riconoscibile, con gli occhi nerissimi, ciglia fitte e volto
sorridente.
Immortalato per sempre con suo fratello, lì più
grande, lo sguardo stanco e un
sorriso sul volto bello, mentre abbracciava il più piccolo.
“Hai
finito?” Una voce alle mie
spalle, quella di Sasuke, mi fece sobbalzare per lo spavento,
costringendomi ad
abbandonare la presa sulla cornice, che cadde a terra. Lo schianto del
vetro
riempì il silenzio.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Eccomi,
prestissimo!
Sono stupita di me stessa.
Capitolo
un po’
violento, mi dispiace ma ultimamente è così (Come
la nuova FIC su HASHIRAMA E
MADARA <3). Per chi temeva la rabbia del nostro
temepapera...beh, ci avete
azzeccato, diciamo che la sua reazione è esagerata...Sasuke,
una corda tesa, un
ragazzo pieno di dolore...Naruto, come sempre...lì a
sorbirsi le sue manie da
psicopatico...ok, bando alle scemate... Si spera di poter leggere un
qualcosa
di profondo in questi pg, la rabbia di un ragazzo che si sente finito,
pieno d’odio,
rovinato dal fratello, dal destino di follia che ha macchiato la sua
famiglia...Naruto arriva, tutto allegro e pimpante, pretende di
salvarlo, di regalargli,
gioia, compagnia, affetto(amore...aahaha anche se lo nega a se
stesso)...Ok,
basta, smettiamola!
Capitolo 5
Sasuke
mi guardava in silenzio,
avvolto in un accappatoio chiaro, gli occhi fissi su di me, poi sulla
foto rovinata
a terra.
Non
sapevo cosa dire, mille
pensieri, scuse, mi turbinavano in testa e poi il ricordo ancora
freschissimo
del suo corpo nudo sotto la doccia.
Pessimo,
schifoso...ecco come mi
sentivo, avevo tradito la sua fiducia, la muta richiesta di rimaner
fuori dai
suoi affari, a meno che non fosse stato lui a volermi far entrare.
“Io...”
Balbettai, con una strana
sensazione di bruciore agli occhi, la stessa che da piccolo mi
obbligava a
mordermi a sangue le labbra per non scoppiare a piangere.
Sasuke
non disse niente, si
avvicinò senza degnarmi di uno sguardo, raccolse i vetri da
terra, con un lieve
sussulto, due soli frammenti che non avrebbe potuto incollare
più. Li poggiò
sul comò assieme alla cornice di legno da cui estrasse la
foto, che non guardò,
ma che infilò velocemente in un cassetto.
“Mi...”
Provai a dire, ma mi
ammonì con un’occhiata, sistemandosi
l’accappatoio e infilando le mani nelle
tasche
“Non
fare altri danni, ti prego”
Sussurrò, mentre una chiazza rossa impregnava la spugna
dell’indumento.
Mi
precipitai verso di lui.
“Ti
sei ferito” Mormorai,
tirandolo per il braccio, costringendolo a mostrarmi il taglio.
Ritrasse
di scatto la mano.
“Mi
dispiace” Dissi.
Ma
lui aveva occhi solo per il pavimento
e per i suoi piedi nudi.
“Ormai
il danno è fatto” Mugolò a
bassa voce.
“Sasuke...io
volevo solo
conoscerti, poterti aiut-“
“Basta,
basta! Volermi aiutare,
volete tutti conoscermi, aiutarmi! Non c’è niente,
non c’è nessuno da aiutare!”
Gridò, le braccia che gli tremavano, gli occhi arrossati,
eppure immobile.
“Mi
dispiace” Dissi ancora.
“Sono
stanco della gente come
te...che aiuta gli altri per aiutarsi...tutti così gentili,
mi avete stancato!”
Lo disse in un sussurro che mi ferì più di mille
grida.
Lo
aiutavo, gli stavo vicino per
aiutarmi? Era realmente così? Mi chiesi se fosse questa la
verità, o se come me
avesse creato mura impenetrabili di astio e di diffidenza.
Mi
avvicinai, alzò lo sguardo, il
volto pallido rigato dalle lacrime.
“Non
volevo romperla...”
Bisbigliai, con gli occhi che bruciavano forte. Gli presi la mano dalla
tasca,
sporcandomi le dita del suo sangue, sfiorai il taglio con i
polpastrelli, il
calore di quella ferita aperta, così simile a tutte quelle
che collezionavo nel
cuore.
Sasuke
mi guardò, senza dir
niente, fissò il rosso che tingeva la mia pelle,
guardò dentro i miei occhi, scrutò,
forse alla ricerca di qualcosa per cui urlarmi contro.
Provò
a ritrarre la mano, ma la
trattenni a me, stringendola, facendogli male là dove la
ferita pulsava.
Non
ero lì per aiutarmi. Non ero
lì per un misero bisogno di compagnia...io volevo solo
conoscerlo, volevo solo
diventare importante per lui, qualcuno con cui parlare, qualcuno che
mai più
l’avrebbe fatto sentire solo, triste, con gli occhi persi
fuori da una
finestra.
“Non
mandarmi via” Pregai.
Le
lacrime vicino ai suoi occhi
non si erano ancora asciugate.
“Non
mandarmi via” Lo abbracciai,
tenendo ancora stretta la sua mano nella mia, sporcandomi di rosso la
maglietta.
Non
rispose inizialmente
all’abbraccio, si limitò a poggiare la testa sulla
mia spalla, i capelli
bagnati a solleticarmi le guance, poi i suoi singhiozzi, trattenuti...
Sasuke
era tanto fragile?
“Ti
comprerò una cornice
nuova...” Gli dissi piano, carezzandogli la schiena
attraverso la spugna
dell’accappatoio, ispirando segretamente l’odore
della sua pelle dopo la
doccia.
“Non..non
importa, ora vattene”
La sua voce era diventata durissima, mi allontanò con una
spinta.
Non
capivo, sentivo solamente un
dolore fortissimo nel petto, una voragine che si allargava.
“Vattene,
sparisci, come devo
dirtelo! Non ti voglio intorno!” Infierì con
cattiveria, prendendo in mano la
cornice oramai rovinata.
“Ti
prego Sasuke...è solo una
cornice, io...perdonami” Mi tremava la voce.
“Vattene”
Strinsi
forte i pugni, guardai
un’ultima volta la sua figura esile, tanto fragile avvolta
nell’accappatoio,
sedersi ed osservare la foto ancora integra dei genitori.
“Ci
sono cose che non si possono
riparare, Naruto...ora vattene, ti supplico”
Scesi
le scale, ogni gradino una
nuova lacrima sul viso, afferrai la giacca, mi infilai le scarpe e
bagnai il suo
pavimento immacolato con il mio pianto.
Uscii
in strada, il vento si era
placato, pioveva, lentamente, come il mio camminare.
Barcollai
verso casa, aprii la
porta, stanco, gli occhi gonfi e ancora tanta voglia di piangere, di
urlare, di
maledire la mia curiosità, di imprecare contro il dolore che
provavo.
Non
feci nulla di tutto ciò. Mi
buttai sul letto, quando mi tolsi la giacca ripresi a piangere, il suo
sangue
l’aveva macchiata, vicino al cuore. Me la sfilai, gettandola
in un angolo della
stanza.
“Ti
odio, ti odio!” Sputai in un
singhiozzo, con il respiro affannato e la solitudine che mi schiacciava
contro
il materasso.
Perché
tenevo così tanto a lui?
Perché la sola idea di averlo perso, allontanato da me mi
distruggeva?
Mi
addormentai poco dopo, con le
ciglia incrostate di sale e lacrime asciutte.
Sognai
il suo viso, piangeva, suo
fratello lo abbracciava e lui continuava a piangere, e io non potevo
aiutarlo,
non potevo stringerlo, era lontano, dietro un vetro che non riuscivo a
infrangere; poi un altro sogno si insinuò nella mia testa,
c’era sempre lui,
questa volta sotto la doccia, il suo corpo nudo, bellissimo, fragile,
le mani
sporche di sangue.
Mi
avvicinai, entrai nella doccia
con lui, lavai via il rosso dalle sue dita che mi portai al viso,
chiudendo gli
occhi, mi aveva perdonato, perché sulle sue labbra prese
forma un sorriso
nuovo, sereno.
“Oh,
Sasuke, perdonami” Gli
sussurrai, prima di premere le mie labbra sulle sue, pianissimo.
Mi
svegliai di soprassalto.
La
mano infilata nei pantaloni.
Assecondai
quella follia, presi a
muovere piano le dita sulla stoffa vergognosamente tesa dei boxer.
Erano
sue le mani che immaginavo,
che vedevo nella mia testa. Cercai la mia pelle, caldissima, il sangue
mi
pulsava sotto il palmo della mano, la stessa che aveva sfiorato la sua,
che si
era macchiata del suo sangue rosso.
Mi
toccai lentamente, scivolando
nel ricordo della sua schiena, del suo sedere tondo e bianco.
Le
sue labbra sottili, mi chiesi
che sapore avessero, quale calore accogliente nascondesse quella bocca.
Fu
facile ritrovarmi ad ansimare
e poi a piangere poco dopo, mentre le mani mi si sporcavano di quel
piacere
sbagliato.
“Ti
voglio” Ammisi.
***
“Naru,
hai dormito?” Mi chiese
Sakura, guardando il mio viso quel Lunedì mattina.
Mi
voltai dall’altra parte, le
braccia stese sul banco, osservai il suo posto, vuoto.
“Uchiha
non è ancora arrivato, di
solito fate la strada insieme no? Sta male?” Mi chiese.
Un
bruciore familiare mi tormentò
gli occhi, già rossi per le poche ore di sonno di quegli
ultimi due giorni.
“Non
lo so” Risposi laconico, poi
mi alzai, diretto verso il bagno.
Lo
vidi, avanzare a passo veloce
nel corridoio, i capelli neri tirati indietro da una fascia scura, il
fiatone,
la tracolla sotto il braccio.
Mi
mancò il respiro. Avevo
passato gli ultimi due giorni a pensarlo, a preoccuparmi per lui, a
desiderarlo
segretamente, a desiderare di poter tornare indietro e limitarmi ad
attenderlo
in salotto, davanti a quel televisore enorme.
Mi
morsi il labbro inferiore, lo
vidi indugiare sul mio viso, scrutare le mie occhiaie, i lineamenti
contratti.
“Buongiorno”
Mi ritrovai a dire.
Mi
passò accanto senza neppure
rispondermi.
Scappai
in bagno, scoppiai a
piangere, come un bambino, come quando da piccolo gli assistenti
sociali mi
dicevano che non avrei dovuto fare a botte, che il maestro Iruka non mi
avrebbe
più tenuto con sé, se mi fossi comportato ancora
male.
Cosa
pensavo? Cosa volevo? Mi ero
avvicinato a lui, attratto da quell’espressione persa, poi
avevo voluto
aiutarlo, avevo voluto scaldarlo, lui era un ragazzo, dove sarebbe mai
finita
una cosa del genere, cosa mi ero messo in testa?
Rimasi
per tutta la prima ora
barricato nel piccolo gabinetto, chiuso a chiave.
“Naru,
stai bene?” La voce di
Sakura mi sorprese.
“Non
posso rimanere molto, questo
è il bagno dei ragazzi, e...beh c’è
puzza” Esclamò.
Sorrisi,
Sakura, brava, dolce
ragazza...dov’era finito il mio amore per lei? La mia cotta?
Dov’era? Avevo
sempre sognato che venisse a cercarmi, che mi volesse.
“Stai
bene?”Mi chiese.
“Sì,
tutto ok, tra poco torno in
classe, grazie di esseri preoccupata, torna pure dentro” Le
riposi.
Sentii
i suoi passi allontanarsi.
Feci un sospiro, poi la sua voce risuonò nel corridoio.
“Oh,
scusa, Uchiha, avevo
sbagliato porta” Incespicò.
Lui
non le rispose, ma sentii le
sue scarpe impattare contro il pavimento umido, l’acqua del
rubinetto scorrere.
Guardai
sotto la porta del
gabinetto, le sue caviglie avvolte dalla stoffa scura dei pantaloni
della
divisa, il piede destro battere nervosamente sulle piastrelle.
Sospirai,
dovevo affrontarlo.
Uscii.
Si voltò, si era tolto la
fascia, i capelli scuri gli incorniciavano il viso in ciocche un qua e
in là
più lunghe, un paio di occhiaie livide sotto gli occhi
carbone.
“Sasuk...”
Provai ad avvicinarmi,
ma si allontanò, per poi uscire dal bagno in uno scatto.
Presi
a calci la porta,
chiudendola con violenza, poi tornai in classe.
Mi
obbligai a non guardarlo, a
non cercare i suoi occhi, a stare attento durante la lezione, ma non
servì a
niente, tutti i miei pensieri vorticavano attorno a lui.
Non
poteva odiarmi per una cosa
simile, per una foto, perché avevo curiosato in camera sua!
All’inizio
della ricreazione mi
alzai e lo raggiunsi.
“Finiscila!
Uchiha! Smetti di
ignorarmi!” Gli dissi, guardandolo dritto in faccia.
Lui
riprese tranquillamente a
rileggere i suoi appunti.
“Non
puoi comportarti così...non
dopo tutto quello...” Mi interruppi, dopo tutto cosa? Dopo
che avevamo passato
quasi tutti i giorni assieme? Senza che lui mi parlasse mai di
sé...capii che
per tutto quel tempo il nostro era sempre e solo stato un rapporto a
senso
unico, dove lui si limitava ad adeguarsi a me, ma non dava mai niente
di sé,
mai...
“Uzumaki,
sei stato tu a
cercarmi, a chiedermi di essere amici, questo desiderio non
è mai provenuto da
me”
Una
coltellata avrebbe fatto meno
male. Perché si stava comportando così? Mi
disprezzava tanto da dirmi tutte
quelle cattiverie?
“Sei
uno stronzo, ecco cosa sei!
Uno stronzo egoista!” Sillabai piano, anche se un paio di
ragazzi si voltarono
a guardarci.
“Ok,
adesso sparisci” Mormorò
posando i suoi appunti sul banco.
“Affrontami,
cazzo! Hai
intenzione di buttare tutto per una stupida fotografia?”
Alzai la voce.
“Tutto
cosa? Non me ne importa
niente di te!”Aveva alzato anche lui il tono, ora le sue dita
stringevano
convulsamente una matita.
“Ti
sei preso una cotta per me?
Principessa?” Sputò cattivo, tutti lo sentirono,
qualcuno sghignazzò.
Persi
la ragione e gli sferrai un
pugno sulla guancia.
Sasuke
incassò in silenzio, poi
si alzò dal banco, un sorriso folle che non gli avevo mai
visto in faccia.
“Vuoi
fare a botte? Finalmente
avrai la tua sfida, no? Non era quello che volevi qualche tempo
fa?” Rise.
“Diamo
spettacolo!” Sputò in
terra un po’ di sangue.
Lo
avevo colpito così forte o si
era morso l’interno delle guance fino a sanguinare?
“Io...”
Balbettai, sentendo la
sua presa sulla cravatta, farsi sempre più forte, fino a
soffocarmi.
“Ehi,
gente! Uzumaki si vuole
tirare indietro, io dico che è un codardo!”
Urlò.
Kiba
si mise a ridere, Sakura ci
guardò con l’aria afflitta.
“Naruto,
non eri tu quello che
voleva sfidarlo?!” Rise sempre il mio amico castano,
sfoderando una schiera di
denti appuntiti da cane.
“’Fanculo
Kiba, stai zitto!”
Sbottai.
Sasuke
mollò la presa, poi mi
sferrò un pugno nello stomaco.
Mi
piegai in due dal dolore.
“Vuoi
aiutarmi? Cosa volevi?
Essere la mia nuova famiglia?” Sussurrò abbastanza
piano, perché nessuno lo
sentisse. Si era chinato per guardarmi in faccia, la guancia gonfia e
arrossata
spiccava sul suo viso bianco.
“Io...”
Provai a rispondere tra
una fitta di dolore e l’altra.
“Tu
cosa?” Chiese, dandomi un
altro pugno che incassai, crollando in ginocchio.
“Uchiha,
smettila!” Urlò Sakura.
“Cosa
ti è preso! Sei impazzito?”
Piangeva, vedere il suo idolo comportarsi come un pazzo
l’aveva turbata
sicuramente, ma i suoi occhi verdi fissavano me, fissavano le mie
lacrime mute.
“’Sta
zitta, non sono affari
tuoi!” Le rispose lui,
“Io
volevo vederti felice” Ammisi
gettando nel fango anche l’ultima goccia di
dignità.
Un
altro pugno in pieno viso. Mi
prese a sanguinare il naso, le gocce rosse caddero sul pavimento della
classe,
assieme alle mie lacrime, ero in ginocchio di fronte al mio carnefice,
di
fronte alla persona che avevo preso a desiderare di più al
mondo.
“Non
mandarmi via” Mimai piano
con le labbra, prima che un altro suo colpo mi atterrasse completamente.
Il
Naruto di un tempo avrebbe
combattuto, si sarebbe sporcato le mani, quello di ora rimaneva
immobile,
annichilito dai suoi stessi sentimenti.
“Uchiha!
Lo hai ammazzato, ora
dovremmo sorbirci un sacco di rogne, che noia!” Sentii
sospirare Shikamaru.
Mi
rimisi in ginocchio e mi alzai
piano, guardai Sasuke dal basso verso l’alto, poi il suo viso.
“Sto
bene” Dissi agli altri
accompagnando le parole con un veloce cenno della mano.
Vedevo
sempre meno dall’occhio
destro, si stava gonfiando, e il sapore di ruggine e sale mi riempiva
la bocca
dandomi la nausea.
Allungai
una mano verso Sasuke,
che mi fissava, inorridito? Impaurito?
“Mi
dispiace” Sussurrai sfiorandogli
la guancia gonfissima, poi svenni.
***
Quando
mi risvegliai ero in
infermeria, l’aria odorava di disinfettante. Mi faceva male
tutto, mi pulsava
il naso, l’occhio, dal quale non riuscivo a vedere.
Mi
tastai la faccia, scoprendo di
avere due impacchi sul viso.
Sasuke
mi aveva conciato per le
feste, ma almeno avevamo parlato, più o meno.
Mi
tirai a sedere sul lettino,
trovai su un piccolo tavolo accanto alla mia postazione un bicchier
d’acqua, lo
buttai giù, sperando di cacciar via dalla bocca il sapore
del sangue.
Iruka
sarebbe stato fiero di me,
mi dissi, non avevo risposto ai suoi colpi, neppure ad uno, anche se a
dirla
tutta ero stato io a colpirlo per primo.
Mi
tornò addosso la tristezza di
quel mattino, degli ultimi giorni. Sasuke non mi avrebbe più
parlato.
Mi
accorsi della sua presenza
quando mi guardai intorno.
Dormiva
con la testa poggiata sul
fondo del mio letto, seduto su una di quelle scomode sedie in plastica.
Una
morsa costrinse il mio
stomaco a contrarsi dolorosamente.
“Sasuke”
Lo svegliai, allungando
le mani sui suoi capelli.
Aprì
gli occhi, non si scostò
dalla mia carezza e mi fissò, un cerotto sulla guancia.
“Mi
hai sistemato per bene” Gli
sorrisi.
Non
rispose, poi mormorò: “Ci
hanno sospesi entrambi per i prossimi due giorni”.
Scoppiai
a ridere. “Vacanze
gratis”.
Sorrise
anche lui.
“Non
avrei dovuto dirti quelle
cose”.
“Nessun
problema” Scrollai le
spalle e provai a scendere dal letto, l’infermiera corse
verso di me per
aiutarmi.
“Voi
ragazzi, ma cosa vi siete
messi in testa!?” Brontolò, scuotendo il caschetto
nero.
“Capita
di litigare, no?” Volsi
lo sguardo a Sasuke che rimase in silenzio sulla sua sedia.
“La
preside vuole parlarti”
Disse.
Annuii,
seguendola nello studio
della signorina Tsunade.
La
donna mi accolse su un
divanetto scuro, mi guardò con l’espressione
scocciata poi esclamò.
“Cosa
diavolo vi è preso?!”
“Niente”
Risposi.
“Naruto,
io capisco la tua
situazione, capisco le difficoltà, ma...erano anni che non
facevi a botte con
qualcuno, cosa ti salta in testa?” Tsunade era una di quelle
donne severe ma
sempre presenti per i suoi alunni, quando ero entrato in quella scuola
già
conosceva la mia situazione, la storia di Iruka, degli assistenti
sociali, si
era preoccupata per me, mi aveva fatto sentire a casa, tra le mura di
quell’ufficio.
“I
tuoi compagni mi hanno
raccontato della violenza di Uchiha...quel ragazzo, non mi ha mai
convinto del
tutto...capisco la sua situazione ma non giustifica le sue azioni,
rischia l’espulsione,
se vuoi...” Mi disse tristemente.
“Cosa?”
Domandai.
“Sasuke
non voleva, sono stato io
a provocarlo!” Mi alzai in piedi di scatto, provocandomi un
giramento di testa
da record.
“Tu,
non vuoi denunciarlo?” Mi
guardò sorpresa la preside, scuotendo la testa biondo
slavato.
“Sasuke
non merita l’espulsione,
la prego, non lo metta nei guai, è uno studente modello...la
colpa è solo mia,
l’ho istigato” Supplicai, sedendomi nuovamente.
Lei
guardò le mie ferite, l’occhio
coperto dalla benda, il labbro spaccato, il naso. Mi vergognai.
“Come
desideri, siete sospesi per
due giorni, è il regolamento” Sospirò.
“Non
so cosa ti passi per la
mente, Naruto... Quel ragazzo, cosa credi di fare?” Mi
chiese. Sembrava più una
madre che una preside.
“Anche
se le vostre situazioni
sono simili...voi siete diversi, profondamente diversi” Mi
disse, preoccupata.
“Si
sbaglia, io e Sasuke siamo
uguali”
Mi
alzai, congedandomi e
raggiunsi l’infermeria. Raccolsi la tracolla e la giacca
della divisa che mi
infilai sotto il giacchetto.
Mi
avviai verso casa zoppicando
un po’ per il dolore alle costole, Sasuke ci andava
giù pesante...
Mi
chiesi cosa sarebbe successo,
se saremmo tornati amici, anche se ormai avevo capito che per me lui
non era
mai stato solo un amico, sbuffai in preda all’ansia, poi lo
vidi.
Lo
trovai seduto sul
pianerottolo, lo sguardo basso.
Buttai
la tracolla a terra e mi
chinai per guardarlo in viso. Colto da un attacco di pura follia
sussurai:
“Ora
puoi finirmi, nessuno ti
fermerà, Sas’ke”
Poi
mi sporsi avanti e lo baciai
sulle labbra.
Ok! Ahaahah, questo capitolo è quello
che per ora
preferisco...beh...anche se non avete ancora letto il 6 (risata
malvagia)
Spero vi sia piaciuto <3
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