Episodio 2.7

di TruvsJack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 “L’amore è nell’aria” ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 "Sabotaggio" ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 "La rapina" ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 "Lo scambio" ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 "La seconda possibilità" ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 "Chimica reazione... Fisica attrazione" ***
Capitolo 7: *** Track List dell'Episodio ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 “L’amore è nell’aria” ***


Negli episodi precedenti: «Jack non è affatto come te, è il tuo opposto esatto» disse Davis. __

«E per fare questo ti serve tutto l’aiuto possibile...» aggiunse Richard spostando lo sguardo da Jack al paesaggio fuori dall’auto. __

«Se Carrie avesse saputo del tuo dono, per esempio, oggi non avrebbe mandato Jensen in quel bar! __ Credo dovremmo dirglielo. Sarebbe più facile!» fece Davis.

«Non lo so...» rispose Tru. «Non mi fido ancora di lei...». __

Jack guardò Carrie negli occhi. «...Invece tu?».

«Non male. Ho conosciuto meglio Davis...» disse Carrie, soddisfatta. «... ometto interessante». «E...?».

«E si beve ogni singola parola che io gli dico!». Carrie brindò con Jack. __

«A cosa ti serve l’appartamento, papà?».

«A nulla...» rispose vago Richard. «Lavoro...». __

Harrison corse fuori dall’appartamento. «Tu lavori per Jack! Come ho fatto a non pensarci prima?!». Richard lo segui.__

Richard assalì Harrison e lo getto contro il muro. «Non devi dire nulla a Tru!» lo minacciò. «Nevicherà all’inferno prima che lo faccia!» rispose Harrison. Richard non ci pensò due volte. Mise le mani intorno al collo di Harrison e cominciò a premere. Harrison stava soffocando.__

Harrison, dopo che suo padre aveva tentato di ucciderlo, si diresse al primo telefono pubblico che trovò. Inserì la moneta. «Avanti, Tru! Rispondi!».__

La giornata si riavvolse.__

«A cosa ti serve quell’appartamento?» chiese Harrison a Richard.__

«Ci sono volute settimane per farti questo regalo, e tu stavi rovinando tutto in un giorno!».

«Vuoi dire che l’appartamento è mio?» chiese Harrison. Richard sorrise e lo abbracciò, pensando che questa volta era stato fortunato. __

Richard guardò Jensen e si rivolse a Jack senza farsi notare. «Lui non doveva essere uno dei tuoi?». «Dagli tempo!» rispose Jack, con la stessa attenzione a non farsi notare. Richard volse lo sguardo a Carrie, che parlava con Davis.

«E che mi dici della talpa?». __

«Vedi, Carrie...». Davis non sapeva da dove cominciare.

«Devo raccontarti un segreto e questo segreto riguarda Tru». __

Carrie annuì a Jack. Questi si rivolse a Richard. «Ce l’ha in pugno!».

 

 

Capitolo 1 “L’amore è nell’aria”

Ore 10.40

Tru stava camminando sul marciapiede con dei sacchetti in mano: era andata da Darren Toys per comprare i regali ai figli di Jordan; da “Grace’s huose” per comprare un pensierino ad Every; poi aveva fatto compere per suo padre Richard, Harrison e Tiler a “Tecno Point”; ed infine, ora stava andando a comprare un regalo per Jensen. Mentre svoltava evitando alcune persone, il cellulare squillò. A fatica, con le borse nell’altra mano, riuscì a prenderlo e guardò sullo schermo chi la stava chiamando. «Oh...» fece. «Ciao, Harrison! Allora, hai tutto, vero?... Come devi ancora andare al supermercato?!... Non mi interessa se ti sei svegliato ora! Vestiti e vai subito a comprare da mangiare! Non voglio che la mia famiglia e i miei amici mangino grissini integrali per la sera di capodanno!!... No, ti ho già detto che non posso andarci io! Sono...». Tru guardò l’insegna del negozio “Love Shop”. «...impegnata! Senti, ora devo fare una commissione. Chiamami quando hai preso tutto, ok? Ah, non prendere cose strane, capito? Ok, ciao!». Tru era entrata nel negozio e aveva raggiunto il bancone. Una giovane commessa dai capelli rossi le rivolse un saluto. «Salve, cosa desidera?».

«Salve. Em...». Tru non sapeva cosa dire. Jensen, alla cena della Vigilia di Natale, era stato molto dolce, specialmente con il vischio. Per questo, con un regalo speciale, lei voleva essere altrettanto dolce. «Vorrei fare un regalo ad una persona speciale...».

«Il suo ragazzo?» chiese la commessa.

«Ecco... non è una cosa ufficiale ma... sì!».

«Ok. Quindi lei vuole trovare un regalo per fare un passo decisivo... Bene... Credo dovremmo cercare qualcosa di dolce, un qualcosa che la rappresenti, cosicché si ricordi di lei ogni volta che lo vede...».

Tru non avrebbe mai immaginato una cosa del genere. Sembrava più una campagna pubblicitaria che un pensiero. «Allora...» aggiunse la commessa. «Ora sta tutto nelle sue mani: cerchi nel negozio qualcosa che la possa rappresentare, come personalità, hobby...». La porta del negozio si aprì.

«Ok... Grazie. Guardo cosa c’è in giro...». Tru si voltò e sulla porta vide Richard che cercava di uscire senza farsi notare. «Papà?!».

Richard si bloccò.

Tru l’aveva visto e non poteva fare altro che voltarsi e salutarla. «Ciao, Tru! Che sorpresa!» fece imbarazzato. Richard entrò completamente nel negozio e chiuse la porta. Fra i due era calato un silenzio imbarazzante.

«Allora, che cosa ci fai qui?!» si chiesero contemporaneamente. Tutti e due fecero un sorriso. «Beh...» cominciò Richard. «... sono qui per... comprare un... piccolo pensiero a... a Jordan... E tu?». «Io sono qui per prendere un regalo a... a... a Jensen... sì... Jensen...» fece lei.

«Oh, sì!» esclamò suo padre. «Me lo ricordo! Era il ragazzo che c’era alla Vigilia di Natale, vero?». «Sì, esatto!». Tru e Richard si fissavano, mostrando falsi sorrisi, o, più che falsi, sorrisi di cortesia. Richard guardò l’orologio. «Oh, sì è fatto tardi... Ho una... riunione molto importante allo studio alla quale non posso mancare...».

Tru aveva capito che era la solita scusa per evitare una conversazione. Questa volta, però, non voleva rimanere passiva. Voleva agire, far capire a suo padre che lei c’era e che voleva riallacciare i rapporti con lui. «Ah, papà...» disse, mentre lui stava già uscendo dal negozio.

«Sì, Tru?».

«Em... questa sera ti va di venire a casa mia con Jordan e i bambini? E’ una buona occasione per... per festeggiare tutti insieme. E... e così magari tu, Harrison ed io potremo stare di nuovo tutti uniti. Sai... mi è piaciuto molto a Natale... e... e non vorrei perdere quello che si sta creando. Sì, la famiglia che si riunisce...». Tru fece un sorriso.

«Ma non ci sarà Meredith...» precisò suo padre.

Il sorriso di Tru scomparve. «Non è colpa mia... Sai che dopo quello che è successo io e lei non ci parliamo... Ok, senti, lascia stare! Non dovevo chiedertelo. Ciao, papà». Per Tru era stato difficile dire quell’ultima parola.

«Tru... Non volevo...». Ma Tru si era già messa a guardare il negozio. Richard capì che era inutile cercare di scusarsi. Aprì la porta del negozio e uscì, senza neanche salutarla.

 

Davis era davanti alla porta dell’ufficio di Carrie. Le mani gli sudavano e lui tremava per l’eccitazione. «Dai, Davis, non è la prima volta che uscite insieme...» si disse. «Allora... vediamo... Carrie... sai... oggi hanno ucciso una ragazza bellissima e quando è arrivata in obitorio mi sei venuta in mente tu... oh mio Dio!... no, chi direbbe una cosa così...». Si voltò. Non aveva il coraggio di bussare almeno fino a quando non avrebbe trovato le parole da dirle. «Questo vestito, oggi, ti dona... Hai tagliato i capelli, perché sono fantastici!... No, non va bene...»­.

«A dire il vero, sì!».

Davis sobbalzò e si voltò di scatto. La porta dell’ufficio di Carrie era aperta e lei stava lì, a fissare Davis sorridendo. «Sì, ho tagliato capelli, anche se non si nota molto...» ripeté lei. «E per di più non so come tu abbia fatto a notarlo stando girato...» aggiunse.

Davis avrebbe voluto sprofondare. «Beh... io... emh... stavo...». Si schiarì la voce. «Bel taglio! E’... fantastico!» disse.

«Grazie. Ho sentito che lo dicevi anche prima...» fece Carrie, sorridendo.

Davis diventò rosso e il silenzio non aiutava.

«Volevi chiedermi qualcosa?» chiese Carrie.

Davis ringraziò Dio per il fatto che lei avesse rotto il ghiaccio. «Sì, beh, Tru questa sera vuole fare una cena per... per festeggiare... festeggiare...». Si era dimenticato che festa era. «Capodanno?» fece Carrie. «Sì, sì! Capodanno. Per festeggiare capodanno... tutti insieme. Ci saranno lei, suo fratello, i suoi amici dell’Università... Ma se non vuoi, potremmo andare da qualche altra parte... a... a...». Davis non aveva ancora la minima idea di dove sarebbero potuti andare. Carrie sorrise. In effetti, Davis imbarazzato era molto buffo.

«Beh...» disse Carrie. «In effetti, potremmo andare a cena in un ristorante, noi due, da soli...».

«Ah... emh... Ok!» esclamò Davis, sorridendo. «Allora... ci vediamo stasera alle otto a casa mia e... e poi andiamo nel... nel... nel nuovo ristorante che hanno aperto...». Le mani gli tremavano ancora e molto.

«Va bene. Sarà una serata piacevole, ne sono certa» fece Carrie.

Davis sorrise e, con passo indeciso ed imbarazzato, si diresse verso l’ascensore.

 

Ore 19.24

Una donna, alta, magra, capelli neri entrò nel Gray Market. Guardò il commesso e sorrise, ma era ovvio che aveva fatto un enorme sforzo nel compiere quel gesto. «Ho dimenticato lo champagne...» disse all’uomo.

«Non c’è capodanno senza champagne!» le rispose lui.

«A dire il vero avrebbe dovuto occuparsene mio figlio, ma... questa sera ha deciso di festeggiare con i suoi amici... Eh, questo capodanno sarà duro senza mio marito...» aggiunse la donna.

Il commesso aveva capito che la donna avrebbe festeggiato da sola e non fece altro che farle un sorriso e tornare a contare i soldi nella cassa: il locale avrebbe dovuto chiudere alle venti. La donna si diresse ai frigoriferi, alquanto distanti dal bancone e nascosti dietro gli alti scaffali. Arrivata al corridoio dei frigoriferi, si voltò verso destra e si diresse verso le bibite.

Il commesso lanciò un’occhiata allo schermo delle telecamere per accertarsi che la donna non rubasse niente. Si strava solo dirigendo verso le bevande. Comunque, aveva finito di contare i soldi: 864 dollari. Chiuse la cassa. In quel preciso istante, la porta del supermercato si aprì ed entrarono tre persone mascherate ed armate. Il commesso fu preso dal panico ed alzò subito le mani. Uno dei tre, quello con in testa una calza di nylon nera, gli puntò la pistola al volto. «Dammi tutti i soldi che hai in cassa! Subito!». La voce era di sicuro quella di un ragazzo.

«Io... non... non li ho...».

«Non mentire! Vuoi morire?» sussurrò con rabbia il ragazzo. Gli altri due, uno con la calza in testa verde e l’altro marrone,  si guardavano in giro.

«Muoviti!» urlò il rapinatore con la calza nera. Il commesso aprì la cassa, dando uno sguardo alle telecamere. La donna non si era accorta che erano entrati dei rapinatori.

Quello con la calza nera vide che il commesso aveva guardato le telecamere. Anche lui guardò e notò che qualcosa si era mosso al reparto bibite, ma ora non c’era nulla sulla telecamera. «Carl!» disse. Quello con la maschera verde si avvicinò. «C’è qualcuno nel negozio: occupatene tu!». Esitante, Carl si diresse tra gli scaffali.

«Muoviti! Dammi i soldi!» urlò l’uomo con la calza nera. Il commesso cominciò a prendere i soldi. «Più veloce! E guai a te se fai una mossa...».

Un urlo, uno sparo. Tutti si voltarono verso gli scaffali. Carl arrivò correndo. «Ho... ho ucciso... una... una donna...» disse, tremando.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 "Sabotaggio" ***


Tru Calling 2.7 "Lo scambio"- Capitolo 2 "Sabotaggio" Capitolo 2: “Sabotaggio”

Ore 19.54
Tru entrò nella sala delle autopsie. «Davis! Dove sei?!» chiese.
«Sono qui!» urlò una voce dalla cripta.
Tru si diresse a passo svelto. Davis indossava un grembiule per le autopsie, ma sotto, Tru poteva notare uno smoking nero con camicia bianca e cravatta rossa. «Davis, che cosa è successo?!».
Sulla barella c’era il cadavere di una donna. «E’ arrivato un cadavere!» spiegò Davis.
«Questo l’ho notato, ma, perché mi hai chiamato?» chiese Tru.
«Mi sono chiesto se Carrie e io potevamo venire da te, cioè, prima lei, poi io, finita l’autopsia... Questa sera saremmo dovuti andare a cena insieme, ma è arrivata questa... Linda Gordon! Finirò vero le dieci, poi vengo da voi. Te lo chiedo per non lasciarla da sola la sera di capodanno...». L’uomo guardò il cadavere. «E’ stata vittima di una rapina nel supermercato qui vicino, il Gray Market. I rapinatori sono riusciti a fuggire...». Davis si fermò a pensare. «E’ entrata per comprare una bottiglia di champagne e l’attimo dopo è caduta a terra, morta!! Le registrazioni hanno detto che l’ora esatta della morte è 19.28... Deve essere straziante perdere qualcuno in un giorno di festa...».
«Lo è sempre...» commentò Tru, ricordando tutte le persone care che aveva perso: Luc, sua madre... «Comunque...» aggiunse. «Non preoccuparti: ora togli quel grembiule e vai all’appuntamento con Carrie. Farò io l’autopsia!».
Davis si bloccò. «Cosa?... No, no, tu hai una festa a casa tua e non puoi non presentarti...».
«Ci andrò finita l’autopsia e poi dirò a mio fratello di controllare la situazione...».
Davis guardò Tru, con sguardo eloquente. Harrison controllare una festa?
«E dirò a Jensen di controllare mio fratello che controlla la situazione...» aggiunse, non del tutto convinta.
Davis ci pensò. «No, non posso... Non posso rovinare le feste anche a te...».
«Non preoccuparti! Hai bisogno di questo appuntamento! Pensaci: se rovini questo appuntamento, Carrie potrebbe pensare che sei inaffidabile e non vorrà più uscire con te...». Tru stava convincendo Davis, ne era sicura.
«Emh... Va bene...» fece Davis, togliendosi il grembiule. «Grazie mille! Sono già in ritardo...». Lasciò cadere tutto per terra e guardò ancora l’orologio. «Oddio...». Corse via. «Buona anno e... ah... ti devo un favore!!» urlò dal corridoio.
«Un enorme favore...» disse Tru sottovoce.
Poco dopo aver chiamato Harrison, chiamò Jensen. «Ciao... E... è arrivato un cadavere e... e quindi verrò tardi questa sera... - Mi dispiace... - No, la festa non è saltata, ci sarà mi fratello... - Hai ragione: Harrison è inaffidabile, anche se di questi ultimi tempi è cambiato, però ti sto anche chiedendo di... farmi un favore... - Ok, visto che Harrison è inaffidabile… e tu invece sei affidabile… tu controllerai Harrison!... - Dai, ti ho anche fatto un complimento, se non lo avessi sentito... - Grazie mille!! E non preoccuparti, io verrò lì solamente più tardi, non ti lascerò da solo tutta la serata!! Ti ho anche comprato un regalino... – Anche tu?!» disse sorridendo. «Non vedo l’ora di vederlo! Sul serio! E non vedo l’ora di rivedere te... – A dopo, allora... Prima inizio, prima arrivo! Ciao…». Chiuse il cellulare, che appoggiò sul tavolino nell’ufficio di Davis.
Si diresse nella sala di preparazione, firmò l’autopsia ed entrò nella sala dei cadaveri, pronta cominciare. «Allora... vediamo chi sei...». Prese la borsa sul tavolo di fianco e controllò. Il portafogli era dentro. Lo aprì. Vi erano ancora venti dollari. «E’ ovvio che i rapinatori sono scappati appena ti hanno sparato...». Nel portafogli c’erano anche due foto: una era di un uomo sulla quarantina, sorridente, capelli scuri e portati all’indietro. «Questo dev’essere tuo marito...». L’altra foto ritraeva un giovane molto somigliante alla donna: capelli castano scuro, occhi verdi, sorridente. «E questo tuo figlio, giusto?».
Tru guardò Linda, aspettandosi quasi una risposta o una richiesta d’aiuto. Chiuse il portafogli e lo rimise nella borsa e notò una cosa. «Uh... quanti scontrini... oggi hai speso molto... Fragrance ore 10.23, Strandard Cafè 09.32... Gray Market 10.57... alle 10.12 Love Shop... ». Nel vedere il nome di quel negozio sullo scontrino, le venne in mente Jensen. Tru lanciò uno sguardo al cadavere della donna, con la macchia rossa sullo stomaco, il foro del proiettile...
Il cadavere si mosse. La mano di Linda afferrò il braccio di Tru e si voltò, spalancando gli occhi. «Aiutami!». Tru fece cadere tutti gli scontrini. Si guardò intorno. Tutto sembrava contrarsi dietro di sé e tornare indietro. Rivide tutta la sua giornata regredire. Spalancò gli occhi e si accorse di essere nel suo letto, a mattino appena iniziato. Si mise seduta, realizzando quello che era appena successo. «Possibile che quest’anno non finisca mai!!» esclamò.

Giorno 2: Ore 09.21

«Harrison, devi farmi un favore! Oggi è uno di quei giorni e devi andare a comprare al posto mio tutto l’occorrente e non dimenticarti dei fuochi d’artificio e dei tovaglioli rossi! Non possono mancare quelli a Capodanno! Grazie e ciao!».
Dopo aver lasciato il messaggio, Tru chiuse il telefono e chiamò Davis. «Davis! Ciao, sono Tru!» disse, camminando a passo svelto.
«Ciao Tru! Che c’è?» chiese Davis, dopo aver posato i guanti sul tavolo metallico.
«E’ successo! La giornata si è riavvolta! Si chiama Linda Gordon, è stata vittima di una rapina alle 19.28 esatte. Era entrata al Gray Market a prendere una bottiglia di champagne ed si è imbattuta in uno dei rapinatori...». Tru si fermò davanti alle strisce pedonali dell’incrocio: il semaforo era rosso. Si guardò intorno, mentre ascoltava Davis. «Ah, una cosa semplice... Dovrai solo fare in modo che non...».
«... che non vada a prendere lo champagne al Gray Market alle 19.20 di questa sera!!» concluse Tru, attraversando la strada.
«E perché mi hai chiamato?» chiese Davis, posando il bisturi che aveva appena sterilizzato sul vassoio metallico.
«Non mi sento sicura...» fece Tru. «Jack può trovare molti modi per rovinare tutto... E facile anche per lui!! Hai visto cos’è stato capace di fare al mi compleanno? Hai visto che ha sfruttato tutto ciò che poteva per confonderci? Mi chiedo cosa sia in grado di fare ora...».
«Ma perché mi hai chiamato?» chiese Davis, posando un’altro bisturi, di diversa misura.
«Perché ho bisogno che tu mi aiuti a tenere sotto controllo Jack!! Io devo preparare la cena e, a proposito, hai fatto un ottimo lavoro con Carrie!!».
«Cosa? Io? Cos’ho fatto?!» chiese Davis, preoccupato.
«L’hai invitata al ristorante... Non so dirti altro perché eri in ritardo e sei scappato via...». Tru sapeva che raccontandogli tutto avrebbe dato un motivo in più a Davis per essere meno impacciato, visto che Tru era sicura lo era stato quando aveva chiesto a Carrie l’appuntamento.
«In ritardo per cosa?!» chiese Davis, ancora più preoccupato.
«Per l’appuntamento! Era arrivato il cadavere di Linda Gordon e mi hai chiesto di ospitare Carrie fino a quando non avresti finito l’autopsia...».
«Oh mio Dio! Ho fatto veramente questo! Ho lasciato che Carrie passasse il capodanno così?! L’ho lasciata sola?!».
«No, mi sono offerta di fare io l’autopsia al posto tuo mentre tu correvi all’appuntamento, ma poi Linda Gordon ha chiesto aiuto...». Tru si stava immaginando la faccia di Davis, un misto tra, sempre un paradosso, sollievo e preoccupazione.
«Ok, ma ora possiamo tornare a parlare del Signor Morte?!» fece Tru.
«Sì, sì, hai ragione...» fece Davis, distraendosi dai suoi pensieri su Carrie. «Non preoccuparti... Ci penso io...» disse.
Tru rimase alquanto sorpresa. «Sei sicuro? Non hai cadaveri da preparare?».
«No, ma... credi non possa farcela, Tru?!» chiese Davis.
«Non sto dicendo questo, il tuo aiuto mi è stato sempre indispensabile, ma... l’ultima volta che hai lavorato “sul campo” credevi che l’assassino della vittima fosse la donna collegata a Carrie...».
«E tu credevi fosse una delle tue amiche all’Università!» fece Davis.
«Hai ragione! Scusa… e grazie per quello che fai...».
«Figurati! Ciao!» disse l’uomo.
«Ciao!» disse Tru, non del tutto convinta.
Chiuse il cellulare e aprì la porta di un bar: lo Standard Cafè. Era sicura che Linda fosse lì.
“... Standard Cafè 09.32...”.
Appena entrò nel bar, Tru notò Linda Gordon seduta al bancone a sorseggiare un caffè. Nel locale c’erano molte persone, alcune sedute ai tavoli, altre in piedi al bancone ad ordinare un caffè da portare via.
Linda era l’unica seduta la bancone. Tru colse l’occasione per avvicinarsi a lei. Le si sedette di fianco e le sorrise.
«Desidera?» chiese una commessa bionda, sorridendo.
«Vorrei un caffè...». Si voltò verso Linda. «Non mi ritengo sveglia fino a quando non ne ho bevuto uno!».
Linda sorrise.
«Lo vuole portare via?» chiese la commessa. Tru guardò l’orologio: 19.31. Entro un minuto Linda avrebbe pagato e se ne sarebbe andata. «Sì, grazie» disse.
La commessa sorrise e andò a preparare il caffè.
Tru guardò Linda. «Eh... Oggi mi aspetta una dura mattinata di shopping!! Devo andare al supermercato per comprare le cose per la festa di stasera, poi al Love Shop per andare a comprare un pensiero al mio ragazzo...».
Linda smise si bere il caffè. «Anch’io devo andare al supermercato e al Love Shop, ma per mio figlio...». Linda sorrise. «Jason. E’ tutto uguale a me, fisicamente, ma nel cuore è come suo padre... Mike era una persona fantastica...».
«Era?» chiese Tru.
«Sì, mio marito è morto due anni fa...». Linda bevve un altro sorso del suo caffè, con sguardo vacuo.
«Mi dispiace molto...» disse Tru.
«Sa, anche il mio ragazzo è morto circa due anni fa...».
«Davvero? Mi dispiace, allora...» fece Linda.
«Sì. So cosa si prova a... a... a cercare di immaginare come bellissimi sarebbero stati i giorni se lui fosse ancora vivo o se... se il Destino avesse dato un’altra possibilità anche a lui...».
Linda rimase in silenzio, a fissare Tru, e poi bevve l’ultimo sorso di caffè, sperando che facesse passare tutta la tristezza che era giunta. La cameriera appoggiò il caffè di Tru sul bancone.
«Sa cosa potremmo fare?» fece Tru, lanciandosi.
Linda scosse la testa.
«Visto che dobbiamo andare negli stessi negozi, le va di fare compere insieme?».
La donna ci pensò qualche secondo, poi sorrise. «Sì, certo! Cosa c’è di male?».
Tru sorrise e prese in mano il caffè. Era felice che qualche volta anche le vittime sembravano darle una mano. «Arrivo subito...» disse. «Vado a pagare e arrivo subito!».


Davis arrivò all’ufficio di Carrie. Alzò il braccio per bussare, ma si bloccò. Era troppo emozionato. «Oddio! Cosa sto facendo...» si disse. Abbassò il braccio e si voltò. Voltò lo sguardo al corridoio. «Oh, al diavolo!» esclamò.
Davis si voltò di scatto e bussò alla porta.
«Avanti!» riecheggiò la voce di Carrie davanti all’ufficio.
Davis posò la mano sulla maniglia, ma non aveva il coraggio di aprirla. Cosa gli era venuto in mente? Non era più sicuro che quello che stava per fare fosse giusto.
«Avanti!» esclamò di nuovo la voce dall’interno della stanza.
Davis si morse il labbro, spaventato, imbarazzato, preoccupato.
«Davis, sei tu?» chiese Carrie.
«Oh, porca...» fece Davis, chiudendo gli occhi e sbuffando. Sentì dei passi avvicinarsi alla porta, ma decise di anticipare Carrie. Girò la maniglia.
«Oh, ciao Davis!» esordì lei, sorridendo.
«Ehm... Ciao... Carrie...» rispose lui, con la testa china, girandosi a chiudere la porta. Carrie si avvicinò per baciarlo sulla guancia, ma Davis era così impegnato ad evitare il suoi sguardi che quando si voltò verso di lei, si spaventò.
«Oh, ma, che c’è? Cos’ho fatto?» domandò lei, confusa.
«Non... emh... niente... mi sono solo... emh... niente!».
«Ok...» fece Carrie, sempre più confusa. «Che cosa ti porta qui da me, oggi?» aggiunse.
«Emh... riguarda Tru...».
Il sorriso di Carrie scomparve: si voltò e si diresse dietro la scrivania.
«Ti ricordi quello che... emh... ti ho detto a Natale?» chiese Davis.
«Come potrei dimenticarlo?!» commentò Carrie, sedendosi.
«Sì, è decisamente... scioccante, lo so!» fece Davis, sedendosi davanti alla scrivania di Carrie. «Comunque... ecco...». L’esitazione di Davis si faceva sempre più insopportabile in quel momento.
«Davis, puoi arrivare al punto?» chiese Carrie.
«Emh... ok... Ecco, Tru ha rivissuto questa giornata!».
Carrie spalancò gli occhi. «Cosa?! E’ accaduto oggi? Ma... ma...».
«Sì, la parte più strana è non ricordarsi nulla, comunque... si tratta di un caso semplice: una donna vittima di una rapina al Gray Market».
«E che cosa centro io? Perché me lo stai dicendo?».
«Ecco... vedi... ti ricordi di... Jack Harper?».
Carrie annuì.
«Oggi tenterà in tutti i modi di... di fermare Tru. E noi dobbiamo impedirlo! Tu ed io! Come una squadra!» fece Davis.
«Cosa stai dicendo, Davis? Una squadra...».
«Sì! Jack farà di tutto per far si che quella donna muoia oggi e se andassi da lui, sarà palese che voglia fermarlo! Ma se ci andrai tu... insomma, lui non sa che tu conosci il segreto di Tru!».
Carrie cercò di rimanere sconvolta: era sicura sarebbe arrivato questo momento.
«Cosa... No, non credo di…».
«Carrie...» la bloccò Davis. «Vuoi venire a cena con me questa sera?».
Nella stanza calò il silenzio.
Davis spalancò gli occhi. Non si era neanche reso conto di averlo detto.
Carrie lo fissava diventare sempre più rosso. «Ecco...» fece Davis. «Io... non... è che... oh, cavolo!». Si alzò e si voltò verso la porta.
«Aspetta!» fece Carrie.
Davis si frenò.
«Sì, vorrei venire a cena con te questa sera e sì... voglio aiutarti con Jack!». Davis si voltò e sorrise.


Harrison stava andando a comprare un regalo al posto di Tru, visto che lei lo aveva chiamato dicendogli che ci avrebbe dovuto pensare lui. La mattinata non sarebbe realmente cominciata, però, fino a quando non avrebbe bevuto un doppio caffè espresso. Entro al solito bar. Aprì la porta ed si gettò dentro. Quello che vide dopo fu solo una ragazza dai capelli biondo-castano arrivarle addosso. Sentì il caffè che la donna stava portando via versarsi sulle sue scarpe nuove e arrivare ancora caldo ai suoi piedi.
«Aiha! Porca... Brucia! Ma... ma dove avevi la testa?! Sei per caso ciec...». Alzò lo sguardo. «Every?! Sì... sei, per caso, Every...».
Every lo guardò, stranita. «Scusami tantissimo, Harrison! Non volevo... Davvero!».
Every voltò lo sguardo ai suoi sacchetti. «Oh, diavolo! Si sono macchiati tutti di caffè! Erano i regali per stasera...».
«Cosa?!» fece Harrison, saltellando goffamente per io piedi doloranti.
«Oh...» fece Every, guardandogli le scarpe. «Era caffè bollente... chissà che male! Ti accompagno a casa...».
Harrison non sentiva quasi più dolore, ma Every aveva già preso in mano i sacchetti e lo guardava, con il suo sorriso magnetico.
«Eh... Ok! Sì, sì... fa tanto male... Grazie...». Si voltò saltellando e aprì la porta.
«No, faccio io...» disse Every.
«No!» la fermò Harrison. «Che cavaliere sarei se ti lasciassi aprire la porta?».
«Uno che rischia un’ustione al piedi se continua ad essere gentile con me!».
«Quindi dovrei trattarti male...?» chiese Harrison, sarcastico, uscendo dal bar.
«Non intendevo questo... Ho apprezzato comunque che tu abbia voluto tenermi aperta la porta...» disse lei, sorridendogli.
Anche Harrison sorrise.


Every si guardò intorno. «E così tuo padre ti ha regalato questo appartamento? Davvero... pazzesco! Insomma, devi aver fatto qualcosa di veramente importante per meritartelo! Cos’è? Una mazzetta per tacere su un crimine commesso da lui?!».
Harrison, che aveva finito di riallacciarsi l’altro paio di scarpe, la guardò, stranito.
«Tranquillo! Era solo una battuta!». Harrison fece finta di sorridere e Every lo notò.
«Comunque... questo appartamento me lo ha regalato perché ho svolto bene il mio lavoro!» fece Harrison, guardandosi intorno.
Anche Every cominciò a guardarsi intorno. «Beh, non posso dire nulla! E’ mollo bello... a parte quel pezzo di pizza che galleggia nel bicchiere di birra!!».
Harrison si guardò intorno, imbarazzato. «Dove? Chi? Cosa?».
Every lanciò uno sguardo ad uno scatolone ancora chiuso vicino al mobile in mogano.
Harrison si lanciò a prendere il bicchiere e lo portò in cucina. «Ehm...» tentò subito di cambiare discorso.
Every, intanto, rideva sotto i baffi.
«... Ehm... credo...» fece Harrison, dalla cucina. «... credo di doverti accompagnare a ricomprare tutte le cose! Insomma, dopo tutto quello che hai fatto per me!».
«Compreso rovesciarti il caffè addosso?» fece Every, mentre Harrison tornava in salotto.
«Ehi, alla fine non è stato così male... Non avrei mai pensato che del caffè bollente sui piedi avrebbe cambiato così piacevolmente la mia giornata…» fece Harrison, mettendosi le mani in tasca. Every sorrise, togliendo lo sguardo da quello di Harrison, quasi imbarazzata.

Ore 10.58

Tru e Linda stavano attraversando una scorciatoia che conduceva a casa della vittima.
«Faccio sempre questa scorciatoia...» disse Linda.
«Ora ne conosco un’altra!!» fece Tru.
«Sì... e poi puoi stare sicura perché non ci viene mai nessuno di pericoloso, visto che ogni tanto passa qualcuno della polizia!!».
Dopo aver svoltato l’angolo della scorciatoia, le due si ritrovarono nella strada principale.
«Grazie per avermi accompagnato fino a casa. Mi ha fatto veramente bene avere qualcuno con cui parlare, ora che mio figlio è sempre con i suoi amici...» fece Linda, sorridendo.
«Non preoccuparti... E poi almeno ti ho ricordato dello champagne! Che capodanno sarebbe stato senza champagne?!» commentò Tru. Le due scoppiarono a ridere.
«Hai ragione...» aggiunse Linda.
«Beh... io ora vado... casa mia è dall’altra parte della città!» disse.
«Cosa? E perché mi hai accompagnato fino a qui?!».
Tru doveva usare le sue brillanti scuse improvvisate un’altra volta. «Perché... mi ha fatto piacere parlare con qualcuno che capisca quello che provo...». Questa volta, però, si era accorta che non era una semplice scusa. Aveva parlato pochissime volte di Luc con qualcuno, e per la seconda volta si ritrovava a farlo per salvare una vittima.
Linda sorrise a Tru ed aprì il cancello del palazzo dove si trovava il suo appartamento. «Grazie!» disse.
«Figurati!» disse Tru, che non le tolse lo sguardo fino a quando non fu veramente dentro l’edificio. E sorridendo, prese il cellulare. «Davis! Credo sia salva!».


Linda Gordon saliva le scale con le sue borse della spesa. Arrivata alla seconda rampa, seguì il corridoio. Appena svoltato l’angolo, però, un uomo con uno scatolone le andò addosso. Le borse le caddero, facendo rovesciare sul pavimento del carrie, dello champagne e le uova.
«Mi scusi!!» disse lui.
La donna guardò le borse. Lo champagne si stava spandendo su tutto il pavimento. «Oh, no! Mi toccherà pulire e ricomprare tutto!» disse Linda.
«Non si preoccupi!» disse Jack, poggiando lo scatolone a terra. «La aiuterò io!».

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 "La rapina" ***


Tru Calling 2.7 "Lo scambio"- Capitolo 3 "La rapina"

 Nota dell'autore: Le parti evidenziate in blu sono i flashback.

Capitolo 3 “La rapina”

Ore 16.05

«Io vorrei un caffè!» disse Harrison, al bancone. «Con molto zucchero!».
«Anche io ne vorrei uno, ma amaro!» fece Every.
La cameriera se ne andò a preparare i caffè.
«Sembra esserci una strana avversione tra di noi!» commentò lei.
«Cosa?» chiese Harrison, con capendo. «Il tuo colore preferito è il nero, il mio il bianco; tu adori i film d’azione, io adoro i film romantici; il tuo cibo preferito è la carne, il mio il pesce; tu caffè dolce, io amaro... Insomma: tu sei la prima persona che conosco che ha i gusti totalmente diversi dai miei!! Sembriamo opp...».
«Harrison!» fece una voce maschile dietro di loro.
Harrison la riconobbe. «E quando si parla di opposti… Jack!». Si voltò.
«Cosa ci fai qui? Credevo avessi qualcos’altro da fare... intendo... riportare ordine nelle nostre vite, cose così!».
«Cosa?» fece Every.
«Nulla. Ma credo che Harrison avrà il piacere di raccontartelo più tardi…» fece Jack, con il uso solito sorriso compiaciuto. «Aspetta, ma tu sei Every! Sì, mi ricordo di te! Sei l’amica all’università di Tru!».
«Esatto!» disse Every.
«E tu sei… Jack, giusto?».
Jack annuì.
«Allora...» fece Every. «Mi vuoi spiegare che rapporto c’è fra te e Tru?». Tipico da Every: arrivare subito al punto, senza pensare alle conseguenze di quello che si è detto.
«E’ una storia molto lunga e complessa…» fece Jack, sorridendo. «Comunque, Harrison...». Jack cambiò subito discorso. «Potrei parlarti un secondo in privato?».

Harrison fissò Jack, poi Every. «Arrivo subito!».
Lui e Jack uscirono dal bar.
«Che cosa vuoi, Jack?» chiese Harrison.
«Carina, Every! Ti sei trovato la nuova ragazza?» chiese Jack.
«Non sono affari tuoi! Dimmi cosa vuoi!».
«Sempre le solite cose... Di a tua sorella che bisogna stare attenti in questi casi... » spiegò Jack.
«Cosa vuoi dire?».
«Voglio dire che  le probabilità che il Destino aiuti me invece che lei non molto alte!!». Fece un sorriso. «E questo mi riporta sempre al nostro solito discorso...».
«Se credi che io ti aiuterò a fermare Tru, ti sbagli di grosso!».
«Ma andiamo! Possibile che non volgiate capire?!» esclamò Jack, poi abbassando subito la voce. «Cambiare il Destino comporta delle conseguenze e il Destino...».
«E il Destino bla bla bla...» fece Harrison. «La prossima volta non disturbarti neanche a cercarmi! Io e te non abbiamo nulla da dirci!!».
Harrison entrò nel bar senza aggiungere una sola parola.
Jack rimase fermo, immobile. Lo guardo risedersi al bancone e notò Every che lo fissava.
Dopo aver scambiato per qualche secondo lo sguardo con la ragazza, Jack si voltò. Prese il cellulare e cominciò a camminare.
«Pronto!» disse.
Richard rispose all’altro capo del telefono. «Ho appena incontrato il tuo adorato figlio...» disse Jack.
«E...?».
«E credo abbiamo trovato un altro modo per portarlo da noi!».
 

Ore 18.43

«Sicuro di aver controllato bene Jack?!» chiese Tru.
«Le mie fonti stanno controllando a vista Linda Gordon e ti assicuro mi hanno detto che Jack non si è nemmeno visto nei paraggi di quella donna!» fece Davis, mentre camminavano nei corridoi dell’obitorio.
«Le tue fonti?» chiese Tru.
«Sì!» fece Davis. «Perché?! Anch’io ho persone su cui fare affidamento in situazioni del genere!!».
«Ovvero spiare una donna che sappiamo morirà perché io sto rivivendo una giornata?» esclamò Tru.
«Beh... se la metti così sembra quasi... ehm... strano».
«Per forza, Davis! A chi hai chiesto di aiutarti?». Insieme entrarono nell’ufficio di Davis.
«Non te lo dirò!» disse lui.
«Allora... non è Harrison perché ha passato tutta la giornata con Every, stando a quello che mi ha detto...».
«Non sforzarti neanche! Non lo saprai mai!».
«E se Harrison è l’unico a sapere del segreto... a meno che... Davis, non avrai detto del segreto a Carrie!?!». Tru sembrava infuriata.
Davis si bloccò. Quel silenzio era più eloquente di mille parole.
«Davis! Ti avevo detto di non farlo! Come facciamo a fidarci di lei se non la conosciamo!!».
«Ma io di lei mi fido!!» esclamò Davis, voltandosi verso Tru e guardandola negli occhi.
«Che cosa ti è successo, Davis?» fece lei. «Cosa intendi?» chiese lui.
«Insomma... l’anno scorso non volevi che raccontassi il mio segreto a Jack neanche quando avevamo scoperto che lui riviveva le giornate!».
«E non mi sembra di essere andato errando nei miei sospetti su di lui!!» disse Davis. «Tru...».
«No, Davis! Non ripetere il discorso sulla fiducia! Come tu sentivi che in Jack c’era qualcosa che non andava, ora io sento che non ci possiamo fidare di lei!!» esclamò Tru.
«Come sentivi che Jack ci sarebbe stato d’aiuto?!» urlò Davis.
«Basta! Ho capito! Tu avevi ragione su Jack ed io avevo torto! Ma questa volta sono sicura di quello che sto dicendo! Non conosciamo ancora bene Carrie!».
«Oh...» fece Davis, sorridendo. «Io la conosco bene! E so che non può avere niente a che fare con Jack! Li ho visto incontrarsi per la prima volta il giorno del tuo compleanno, e Jack non sapeva che la stessi seguendo!».
«O forse sì! Magari hanno inscenato tutto per fartelo credere! E poi cosa mi dici riguardo al fatto che è stata sospettato di tentato omicidio per la morte di suo marito?!».
Questa volta Tru e Davis stavano litigando seriamente: ognuno stava tirando fuori i dubbi e gli errori commessi dall’altro.
«Carrie non ha ucciso quell’uomo! Lui si è suicidato!!».
«E come fai a saperlo?!» domandò Tru.
Davis non sapeva come rispondere.
«Ok...» fece lei. «Credo che questa conversazione sia finita! La prossima volta che rivivrò una giornata chiederò aiuto a Harrison! Almeno di lui credo di potermi fidare...».
Davis fece un risata.
«Ti fidi di Harrison e non ti fidi di me?» fece Davis.
Tru si voltò, senza dire una parola.
«Se vuoi tenere il tuo segreto al sicuro fai pure! Ma non giudicare le persone senza conoscerle!» urlò Davis, mentre Tru usciva nel corridoio.
Lui si guardò intorno. Ora era rimasto solo.
 

Ore 19.18

Tru entrò nel suo appartamento. Ad attenderla c’erano già alcuni invitati. Harrison aveva preparato tutto alla perfezione. «Ciao, Tru!» disse suo fratello, avvicinandosi per parlare a bassa voce.
«Allora, come va? Hai compiuto il tuo dovere da supereroina anche oggi?».
«Credo di sì, ma voglio esserne certa! Tra poco avverrà la rapina e voglio assicurarmi che Linda Gordon non entri in quel supermercato! E... ho litigato con Davis!».
«Perché? Cosa è successo?!».
«Nulla di che...» fece lei, non rendendosi conto che anche lei teneva dei segreti in quel momento. Guardò in giro per la casa. «Oh mio Dio! Perché papà è qui?!» chiese Tru.
Senza neanche ascoltare la risposta di Harrison, Tru si avvicinò a suo padre.
«Papà! Cosa ci fai qui?» chiese, abbracciandolo, un po’ confusa.
«Questa mattina ho incontrato Harrison e Every e lui mi ha invitato questa sera a casa tua. Spero di essere il benvenuto...».
«Oh, sì! Io non ti avevo invitato solo perché credevo avresti voluto passare il Capodanno con la famiglia unita...».

“«Ma non ci sarà Meredith...» precisò suo padre.”
«Hai ragione, ma c’è stato un cambiamento di programma proprio ieri... Jordan e i bambini sono andati da sua madre mentre io dovevo sbrigare una cosa in ufficio e non potevo muovermi da qui...» spiegò Richard.
Tru trovava strano il comportamento di suo padre. Perché quando glielo aveva chiesto lei, lui non aveva accettato?
Subito l’immagine dell’orologio la riportò alla realtà: erano le 19.21. Aveva meno sette minuti per arrivare al negozio.
«Devo andare!» disse lei, correndo verso la porta.
«Ma dove devi andare a quest’ora?» chiese Richard, cercando di trattenerla.
«Ehm... devo andare un attimo da Davis in obitorio, ma arrivo subito! Non preoccuparti! Ciao!».
Subito, con stupore anche degli altri invitati che non era riuscita a salutare, tra i quali Jensen, uscì dalla stanza.
Jensen guardò Every.
«A me è sembrato abbia cercato di evitarti...» disse lei.
«No, no! L’hai sentita? Ha detto che va... va un attimo da Davis e poi torna!» fece Jensen, non del tutto convinto. Alla fine si sforzò di sorridere. Fissò il regalo per Tru che aveva in mano e lo appoggiò sul mobile.
E mentre il telefono di casa suonò e Harrison andò a rispondere, Richard ne approfittò per chiamare Jack.
«Sta arrivando...» disse velocemente.
«Ok!». Chiuse il cellulare.
«Cosa?!» urlò Harrison. «Perché non me lo ha detto?!». Subito sbatté subito il telefono in faccia a Davis e corse fuori dall’appartamento.
«Cosa c’è? Che è successo?» chiese Richard, seguendo Harrison.
«Nulla, papà! Torna in casa! Arrivo subito!». In pochi secondi era già scomparso giù dalle scale.
Richard aspettò qualche secondo poi lo seguì. Sapeva dove stava andando: al Gray Market. 

Jack vide entrare Linda al Gray Market. Il suo piano aveva funzionato: le aveva rotto la bottiglia, dicendole che sarebbe andato lui a ricomprare tutta la spesa, senza però prenderle lo champagne, che avrebbe costretto la donna a tornare al supermercato.
Non molto lontano notò una figura correre verso l’edificio a tutta velocità.
“Può essere sole lei” pensò “Tru!”.
Jack si mosse e attraversò la strada.
Tru cominciò ad aumentare il passo quando lo vide avvicinarsi al negozio.
«Tru, fermati!» disse.
«No! La devo salvare!» esclamò lei.
«Non puoi farlo!» rispose lui.
Tru stava entrando nel supermercato, quando Jack la bloccò. «Non te lo lascerò fare!».
«E io, quando la polizia arriverà, potrei dire che tu mi hai impedito di entrare e bloccare la rapina…!». 
«Ma io sto salvando te, Tru… La polizia crederà di più alla storia dell’uomo che ferma la coraggiosa donna che non può nulla contro la morte…» fece Jack, tenendo il braccio davanti alla porta, bloccando la strada a Tru.
«Ne sei sicuro?» disse lei, in aria di sfida.
Jack la fissò negli occhi, pieno di rabbia, per qualche secondo, poi spostò il braccio.
Tru entrò di corse e si diresse verso Linda. Sapeva dove fosse andata: al reparto bibite.
Jack si allontanò dal supermercato.
Se i rapinatori lo avessero visto, non sarebbero entrati.
E neanche un minuto dopo, tre uomini con delle calze in testa entrarono nel supermercato.
«Mi dispiace Tru, ma sei voluta entrare tu!» sussurrò Jack.  Rimase lì, dietro una macchina, a fissare la scena.
Il rapinatore con la calza nera in testa minaccia con una pistola il commesso. Poi si voltò e parlò con quello con la calza verde. Qualche secondo dopo, l’uomo con la calza verde si allontanò. Ma non fece in tempo a fare qualche passo che Tru comparve tra uno degli scaffali, con le mani alzate.
L’uomo con la calza verde le puntava la pistola contro.
«Rimani ferma lì!» esclamò Carl. «Non fare un solo passo!».
«Ok... ok...» fece Tru. «Ma non sparate a nessuno! Non c’è bisogno di farlo!».
«Sta zitta!» urlò l’uomo con la calza nera alla cassa.
«Non ascoltarlo...» sussurrò Tru a Carl. Questi si voltò verso il rapinatore con la calza verde.
«Hai finito?» esclamò intanto l’uomo con la calza nera contro il commesso.
«Ho quasi finito...» disse questi.
Carl si voltò nuovamente di scatto verso Tru quando sentì un rumore tra gli scaffali. «Cos’è stato?!» chiese.
«Nulla... Non è stato niente...» fece Tru, tenendo le mani alzate.
Linda uscì con le mani alzate dagli scaffali e si mise dietro Tru.
Carl si spaventò e subito puntò la pistola contro la donna.
«NO!» urlò Tru. «Non farlo! Non sparare!».
Una voce riecheggiò. «Mamma?!».
Nessuno capiva cosa stesse succedendo.
Ad un tratto il terzo rapinatore si tolse la calza marrone dal suo viso. Sia Tru e che Linda lo riconobbero.

“L’altra foto ritraeva un giovane molto somigliante alla donna: capelli castano scuro, occhi verdi, sorridente. «E questo tuo figlio, giusto?»”.
«Daniel?» esclamò la madre.
Ora regnava il silenzio.
Daniel e Linda si fissavano negli occhi.
Carl, puntando la pistola verso Tru e Linda, guardò l’uomo con la calza nera, che lo fissava infuriato. Aveva molta paura di lui.
La porta d’entrata si spalancò all’improvviso.
Carl si spaventò e sparò.
Harrison, appena entrato, non riusciva a credere a quello che era appena successo. Tutti si voltarono in direzione Carl. Un metro più avanti a lui, Tru cadde a terra. Nel suo addome si era formato un cerchio rosso, che man mano diventava sempre più grande.
«TRU!» urlò Harrison, con tutta la voce che aveva in gola.
Mentre lui si gettava verso sua sorella, i rapinatori scapparono. Daniel non voleva scappare, però. Carl lo prese per il braccio e lo trascinò via.
Linda incrociò ancora una volta il suo sguardo con quello di suo figlio, prima che questi andasse via.
Jack era arrivato sulla porta. Non riusciva a credere neanche lui che a morire sarebbe stata Tru.
Non volendo, aveva cambiato il Destino di nuovo.
Richard sarebbe stato pronto a perdonarlo di nuovo dopo Luc? Lo avrebbe scoperto subito, perché Richard entrò di corsa nel negozio.
Harrison scivolò verso il corpo di sua sorella, steso a terra.
Tru guardò Linda e si accorse che era salva. Lei aveva compiuto il suo dovere. Se ora fosse morta, sapeva che il suo potere, la sua “chiamata”, quella che sua madre le aveva donato, l’avrebbe ricevuta qualcun altro.
Ma non poteva lasciare questo mondo, non ancora, almeno.
Doveva ancora fare pace con Davis e parlare con Jensen. Non poteva.
Tossì e del sangue le uscì dalla bocca.
«Tru!» urlò ancora Harrison, prendendola fra le sue braccia. «Non mi lasciare!» aggiunse piangendo.
Si voltò verso Jack e verso Richard. «Chiamate un’ambulanza!!» urlò. «Muovetevi!!».
Tornò verso Tru. «Non mi lasciare, Tru! Non mi lasci...».
Ma Harrison si rese conto.
Tru non respirava più, non si muoveva più.
Sia Jack che Richard guardavano la scena, immobili.
«Tru...» fece Harrison. «No, Tru! Non andartene...».
Jack spostò il suo sguardo a Richard mentre sentì un brivido passargli lungo la schiena.
Harrison era seduto a terra, con la sorella distesa fra le sue braccia. Tru era morta ed Harrison sapeva chi era il colpevole di tutto ciò: Jack.
Con il viso pieno di lacrime, Harrison si voltò verso Jack.
Harrison vide il terrore nei suoi occhi, un terrore che mostrava rimorsi.
«A...t...i..».
Un sussurro risuonò nell’aria.
Harrison si voltò lentamente verso Tru con la paura, ma anche la speranza, che quello che credeva di aver sentito fosse vero.
Gli occhi di Tru si spalancarono.
«Harrison, aiutami!» esclamò.
Harrison sentì una strana sensazione. Si guardò intorno: vide il modo contorcersi dietro di sé, compattarsi. Jack, Richard, il commesso, Linda, il negozio intero... Tutto si stava dissolvendo dietro di lui. Vide tutte le immagini della sua giornata passargli avanti.
Il giorno regredì fino al mattino.
Harrison spalancò gli occhi e si mise seduto sul suo letto. Si guardò intorno: era la sua camera da letto e il calendario diceva che era ancora il 31 Dicembre.
«Mio Dio!» fu l’unica cosa che riuscì a dire. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 "Lo scambio" ***


Tru Calling 2.7: Lo scambio: Capitolo 4 "Lo scambio"

Nota dell’autore: La prima parte di questo capitolo è strutturata come i discorsi in parallelo, molto comuni in Tru Calling, dove si può confrontare le idee dei vari “gruppi”. Ad ogni spazio si cambia luogo, ma non discorso.

Le parti in blu sono i flashback.

 

Capitolo 4: ‘Lo scambio’

Tru si svegliò di soprassalto. «Possibile che quest’anno non finisca mai?!» disse.
Si alzò in fretta e furia. Corse a prendere i primi vestiti che trovò.
Guardò le ore: 09.21.
In tre minuti si era vestita ed era pronta ad uscire. Prese il cellulare e le chiavi e si gettò verso la porta. La aprì.
Davanti alla porta stava per bussare Harrison.
«Harrison! Ora non ho temp...»­ disse, ma Harrison la interruppe.
«Tru, è successa una cosa...».
«Cosa c’è, Harrison?!?! Non ho tempo... E’ uno di quei giorni!!».
«Tru, devi ascoltarmi!».
«Harrison, non posso! Devo andare a salvare una donna!».
«E io devo salvare te!» fece lui.
Tru rimase immobile, senza aver capito il vero senso di quelle parole.
«Tru...» disse Harrison. «Ho rivissuto questa giornata!».
«Cosa?!». Tru rimase scioccata.

«Cosa?!» disse Davis, poco dopo all’obitorio. Il suo viso era sconvolto, come quello della stessa Tru e di Harrison, che ora si trovava nell’ufficio di Davis.

«Cosa?!» chiese Richard urlando contro il cellulare di Jack, appoggiato sulla sua scrivania.
«Sì... Davis, Tru e Harrison ne stanno parlando in questo momento!» spiegò Carrie, mentre origliava all’obitorio.
Richard guardò Jack. «Ma è una cosa...».

«... assurda!» disse Davis.
«Guarda che ti ho sentito!» urlò Harrison, dall’ufficio. «Ti giuro che è vera! Ne sono sicuro!». 

«Harrison ne era sicuro!» rispose Carrie a Richard.
Questi non sapeva cosa pensare. «E’ ovvio che questa volta le carte in gioco sono cambiate ancora...» fece il padre di Tru. «Stai già pensando a qualcosa?» chiese poi.
«Questa volta non è semplice...» disse Jack. «Non posso essere troppo esplicito nei movimenti, altrimenti Tru si insospettirebbe!».
Richard annuì.
«Noi sappiamo che Harrison ha rivissuto la sua giornata, ma io non ho rivissuto il mio giorno due…» spiegò Jack, cupo. «Non ricordo nulla della giornata di oggi. Io sono l’opposto di Tru, sì...».
«Ma non di Harrison!» finì Richard.
Jack guardò negli occhi Richard e poteva quasi vedere la sua mente lavorare un piano.
«Siamo in svantaggio...» commentò Jack.

«Siamo in vantaggio!» disse Tru.
«Perché?» chiese Davis, ancora incredulo.
«E’ ovvio che Jack non può sapere che io sono morta e che Harrison sta rivivendo la sua giornata per salvarmi, quindi bisogna fare in modo che io salvi Linda come nel mio giorno due...».
«... che sarebbe il giorno uno di Harrison...» aggiunse Davis.
«... sì, ma senza che io debba morire!».
«Ma resta comunque un grande interrogativo...» fece Davis, preoccupato.
«Quale?» chiese Harrison.
«Sappiamo che Jack è l’opposto di Tru, ma non può essere anche il tuo…» rispose l’uomo.
«Ma come facciamo a sapere chi sia l’opposto di Harrison?» domandò Tru.

«Come facciamo a sapere chi è l’opposto di Harrison?» chiese Jack.
«Farò fare delle ricerche...» disse Richard.
«Non cambi mai...» fece Jack sorridendo.
«Proveremo a scovarlo, ma l’importante è che fino a quando non si presenta l’opposto di mio figlio, dovrai fare tu il suo lavoro!!» spiegò Richard, molto serio.
«Quindi dovrò fare in modo che... che...». Jack non voleva finire la frase: aveva paura.
«... che Tru muoia?» finì Richard. «Sai che il Destino non può permettersi di essere cambiato...».
Jack non sapeva cosa fare: doveva imparare ad accettare che Tru meritasse quella fine o doveva chiedersi se faceva veramente bene a lasciarla morire? 

Tru si voltò verso Harrison. «Devi dirmi esattamente cosa è successo ieri. Cerca di ricordarti ogni singola cosa che ti ho detto, che sai io abbia fatto...».
Harrison spalancò gli occhi. «Tru...».
«E’ molto importante, fratellino!».
«Lo so, ma sai che io non sono bravo in queste cose...».
«E invece puoi esserlo! Sforzati! So che puoi farcela!» esclamò Tru.
«Ehm, vediamo... appena sveglia mi hai chiesto di comprare le cose per la festa, poi... poi mi hai chiesto se Davis aveva chiesto a me di controllare Jack...».
«Perché tutto sembrava troppo semplice…» continuò Tru. «Era il mio piano: farle ricomprare lo champagne e seguirla fino a casa. Avevo bisogno di qualcuno che controllasse Jack. Era efficace, ma facile da sabotare… Ed infatti Jack deve esserci riuscito in qualche modo…»
«La cosa strana è che non siamo riusciti a controllarlo…» fece Davis. «Mi stupisco delle risorse che ha… Devo chiedermi se lavori da solo…».
«Non è questo il momento di pensare a queste cose!» disse Tru. «Quindi… Jack ha sabotato in qualche modo il mio piano senza che ce ne accorgessimo… Come ha fatto?!! Dobbiamo cambiare tutto!!».
«Andiamo nel mio ufficio…» disse Davis.

«Dobbiamo cambiare tutto!!» disse Richard.
«Hai ragione…» fece Jack. «Tru rimarrà appiccicata come una sanguisuga a Linda Gordon!».
«Sono andati nell’ufficio di Davis…» fece la voce di Carrie dal cellulare. «Non riesco più a sentirli. Jack, riusciresti a controllare la vittima se io vado a interromperli?».
«Non farlo!» esclamò Richard. «Non devi interromperli ora...».
«Cosa?» domandò Jack, confuso.
«Lascia che organizzino il loro piano, Jack!».
«Cosa stai dicendo? Non vuoi che li fermi?».
«Ho solo detto di lasciarli organizzare il loro piano» fece Richard, calmo. «Sapremo presto cosa vorranno fare!».
«E come?» chiese Jack. 

«Me lo dirà Davis…» fece Carrie, dietro la porta dell’obitorio. La donna sorrise e chiuse il cellulare. Diede un’ultima occhiata all’ufficio e si voltò verso l’ascensore. 

Ore 10.46

Linda Gordon stava facendo tranquillamente la spesa al Gray Market, quando, mentre svoltò l’angolo, un uomo colpì il carrello con il suo.
«Oh, mi scusi!!» disse Jack.
«Mi scusi lei…» disse Linda.
«No, davvero! E’ tutta colpa mia! Sono così sbadato quando faccio al spesa al supermercato…».
«Non si preoccupi!» fece Linda, sorridendo. «L’importante è che non si sia rotto nulla! E meno male che non ho ancora preso lo champagne…».
«Ecco cosa mi sono dimenticato!! Sa, nella vita da single mi devo ricordare tutto io… Non c’è più mia moglie che mi fa la spesa!!» fece Jack, con finto rimpianto di una vita da matrimonio.
Linda rimase in silenzio. Anzi, quella frase sembrava averla turbata molto.
«Che cosa le succede?» chiese Jack, delicatamente.
«No…» fece la donna. «No, niente! Niente… E’ solo che…».
«Oh, no! Mi scusi…» fece Jack. «Non mi dica che suo marito è…».
Linda annuì.
«Oh, mi dispiace tantissimo! Non so proprio cosa fare... Anche mia moglie è morta...».
Linda alzò lo sguardo verso Jack, incredula.
«Sì...» fece lui. «Se ne è andata suicidandosi...».
«Oh, mio Dio!» disse Linda. «Che fine orribile... E lei come l’ha presa?».
«Insomma, il primo periodo è stato molto difficile: mi chiudevo in me stesso, non parlavo con nessuno, evitavo gli amici... ma poi ho ricominciato a vivere! Ho capito che... che la mia vita non finiva dove era terminata quella di mia moglie!!».
«Sembra la perfetta rappresentazione della mia vita... almeno fino a “evitato gli amici”...» fece Linda.
Jack rimase in silenzio per qualche secondo, poi parlò. «Cosa fa stasera?».
«Emh, scusi?» fece Linda, credendo di aver capito male.
«Non riesco a sopportare di vedere una così bella donna in questo stato... E visto che stasera io a capodanno sono a casa da solo, le volevo chiedere se le andasse di passarlo con me... Non le accadrà nulla! Non si preoccupi!!».
Linda non sapeva cosa fare: accettare o no? Il ricordo del marito la perseguitava ancora.
«Mi scusi...» fece Jack. «Non dovev...».
«No...» lo interrupe la donna. «Non... non si deve preoccupare...».
«Sa cosa le dico... le lascio il mio numero! Così se vorrà cenare con me stasera, basterà che mi chiami!!».
Linda era molto confusa, ma lasciò che l’uomo prese un pezzo di carta, vi scrisse sopra il numero e glielo porse.
«Emh... grazie...» disse lei, esitando a prendere il numero.
Jack le sorrise e quel sorriso sembrava averle aperto di nuovo il cuore. Anche lei gli sorrise.
«Quell’espressione vuol dire che la rivedrò presto...?» chiese Jack.
«Linda. Mi chiamo... sì, Linda!». Era molto imbarazzata.
«Piacere...» fece lui porgendole la mano. «Il mio nome è Jack, Jack Harper...».
La donna gli strinse delicatamente la mano.
«Allora aspetto la sua chiamata! Non mi lasci solo a capodanno...».
Linda gli sorrise.
Jack non poté far altro che sorriderle: era già caduta nella trappola.

Ore 10.54 

Jack aveva modificato il corso della giornata, ma faceva tutto parte del suo piano.
Linda sarebbe uscita qualche minuto dopo a causa dell’incontro con lui, ma lui non poteva notare una donna giovane, sulla ventina, capelli lunghi castani, sciolti, che volavano nell’aria mentre correva il più velocemente possibile: Tru stava entrando nel supermercato. E questo poteva significare solo una cosa: la sfida era iniziata.
Jack lasciò il suo carrello alla cassa, fissando fuori dalla vetrata del supermercato, senza staccare mai gli occhi dal suo bersaglio, ovvero Tru che stava per attraversare la strada.
Tru stava per entrare nel Gray Market quando Jack le bloccò la porta.
«Guarda chi si vede!» disse lui. «Come va, oggi?».
«Cosa diavolo ci fai qui, tu?» chiese Tru, sorpresa. Jack, nel giorno uno non aveva incontrato Linda nel supermercato.
«Sono venuto a fare la spesa per stasera. Io e la morte ceniamo a nume di candela, sai…» fece Jack.
«Oh, mi dispiace: un altro capodanno da solo…» ribatté Tru.
Jack sorrise: la competizione con Tru era sempre divertente. «Già, ma resta il fatto che oggi dovrai stare molto attenta, cara vecchia Tru...» disse.
«E perché dovrei?» chiese Tru. Aveva l’impressione che lui, ancora una volta, sapesse qualcosa, che fosse nuovamente una marcia avanti a lei.
«Perché Linda è una donna molto debole, fragile... facilmente manipolabile!! Meno male che il Destino mi rende le cose un po’ facili...» fece l’uomo, sorridendo.
Tru tirò un sospiro di sollievo: Jack non sapeva che Tru era morta quella sera. «Quindi... Quindi ammetti che la concorrenza non è facile da battere?» aggiunse, facendo un piccolo sorriso.
Jack sorrise ancora. «Ammetto che la competizione è forte, ma non per questo non riesco a batterla!».
Il sorriso di Tru scomparve. «Dov’è?». Non aveva tempo da perdere.
«Dov’è chi?» fece Jack sarcastico.
Tru si spostò senza neanche ribattere.
«Ah, ti riferisci a Linda!! Sì, ecco... sta uscendo proprio ora dal supermercato... lì, dietro di te!» spiegò Jack.
Tru si voltò di scatto dietro di lei, verso l’uscita del Gray Market, esattamente di fianco all’entrata. Linda Gordon stava uscendo: come fare?
Ma un particolare inquietante la fermò: nella borsa della donna c’era una bottiglia di champagne.
«Cosa diavolo...?» sussurrò tra sé e sé Tru, voltandosi poi verso Jack. «Come mai ha una bottiglia di champagne nella borsa della sua spesa? Cosa diavolo stai architettando?».
«Io?» fece Jack. «Io... Qui io non c’entro niente, credo! E’ Linda che ha preso lo champagne!!».
«Non ci credo...». Tru si voltò e uscì dal supermercato di corsa.
Jack fece un sorriso e andò a pagare la sua spesa.

Tru aprì la porta e si ritrovò sul marciapiede. Alla sua destra, pochi metri più avanti, Linda Gordon stava svoltando l’angolo. Tru prese fiato e corse il più veloce che poteva: cosa voleva fare Jack? Perché le aveva ricordato di comprare lo champagne quando il suo compito era far si che se ne dimenticasse ancora?
Tru svoltò l’angolo e vide Linda camminare tranquillamente. Chiedendosi dove sarebbe andata, la risposta le arrivo subito in mente.
“Tru e Linda stavano attraversando una scorciatoia che conduceva a casa della vittima.
«Faccio sempre questa scorciatoia...» disse Linda.”
E Tru conosceva un’altra scorciatoia per arrivare più in fretta a casa di Linda. Sarebbe arrivata prima di lei e sarebbe riuscita a controllare che arrivasse in casa con la bottiglia di champagne. Subito svoltò a destra.

Linda stava camminando nella scorciatoia che tutti i giorni prendeva per tornare a casa dal supermarket.
Da dietro un cassonetto sbucò fuori un uomo con un passamontagna. Aveva un coltello in mano. «Mi dia tutto quello che ha!!» urlò.
Linda lasciò cadere tutto a terra e spaventata cominciò ad eseguire gli ordini dell’uomo.
Jack entrò nella via, con le borse in mano.
Sia il rapinatore che Linda si spaventarono.
Jack lasciò cadere le sue borse della spesa e subito si gettò verso Linda.
«Jack, aiutami!!» esclamò.
Lo scippatore strappò via dal collo di Linda una collana che indossava e immediatamente si dileguò.
Jack arrivò da Linda, che intanto si era gettata a terra.
«Come sta? Tutto bene?» chiese Jack, fingendosi preoccupato.
«Sì... credo...» disse Linda. «Per fortuna è arrivato lei...».

Tru vide un uomo uscire dalla scorciatoia di corsa, esattamente da dove sarebbe dovuta uscire Linda. In mano aveva un passamontagna, una collana ed un coltello.
Tru sentì un brivido lungo la schiena.
“«... e poi puoi stare sicura perché non ci viene mai nessuno di pericoloso, visto che ogni tanto passa qualcuno della polizia!!».”
Quella strada non era poi così sicura. Ma il fatto più sconcertante è che nel primo giorno 2, Harrison non aveva mai accennato al fatto che Linda potesse essere stata rapinata in quel vialetto. Cosa stava succedendo? Cosa stava cambiando? E perché?
Quando svoltò l’angolo, le fu quasi tutto chiaro: vide Jack aiutare Linda ad alzarsi.
«Mi dispiace...».
Tru lo sentiva anche da lontano. Cominciò ad avvicinarsi a passo svelto.
«Guardi... tutte le sue cose...» fece Jack, vedendo le borse della spesa di Linda per terra, distrutte.
«Non si preoccupi...» disse la donna.
«E invece sì... il cibo... lo champagne... è tutto andato, ormai! Stasera viene a cena da me! Senza discutere...».
Linda sorrise.
«E le ricomprerò io tutta la spesa...».
Linda rimase impressionata dalla gentilezza dell’uomo.
«Va tutto bene...?» chiese Tru, avvicinandosi svelta.
«Certo!» disse Jack. «Va tutto bene...».
«A me non sembrerebbe...» disse Tru.
«Sono appena stata aggredita da un rapinatore...» spiegò Linda. «Per fortuna è arrivato... Jack che mi ha aiutato...».
«Già, una vera fortuna...» commentò Tru.
«Beh, ora credo sia tutto a posto... La accompagno a casa io!» fece Jack.
Linda sorrise.
«Se volete che vi aiuti...» intervenne Tru.«No, grazie! Faccio da solo...» disse Jack, guardando Tru con aria di sfida.
Tru guardò Linda. «E’ sicura che non serva una mano?».
Jack prese Linda per le mani e la guardò sorridendo.
Linda si sentì sicura e fissò per qualche secondo gli occhi di Jack. Poi si voltò verso Tru. «Grazie... Ma non mi serve nulla... Mi aiuterà Jack!».
Jack sorrise e guardò Tru.
Lei incassò il colpo e si voltò. La sua mente si mise subito a lavorare.
Cosa stava succedendo? Cos’era cambiato rispetto al primo giorno due? Perché i piani di Jack sarebbero cambiati se lui non sapeva che Harrison aveva rivissuto la giornata? E perché Linda sarebbe stata aggredita nel secondo giorno 2 ma non nel primo?
La sfida con Jack sembrava diventare sempre più difficile.

 

Mi dispiace per il ritardo di tre giorni per la pubblicazione… ma ho avuto dei problemi con il pc!! Non riesco a inerire le storie... Mi sa che i ritardi saranno frequenti... scusate!!

Comunque volevo ringraziare Hikary e  per le vostre recensioni!! Ditemi anche cosa non vi piace della trama!! Anche solo una frase, un’espressione... Mi serve!! Grazie 1000000000000!!! Spero  vi sia piaciuto anche questo capitolo!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 "La seconda possibilità" ***


Capitolo 5 “La seconda possibilità” 

Ore 12.20 

Harrison sapeva cosa doveva fare: dopo aver aiutato Tru a dirle gli errori che aveva fatto nel suo giorno due, era il momento di rilassarsi.
Il suo giorno uno era stato molto piacevole in compagnia di Every: non doveva fare altro che chiamarla e chiederle un appuntamento. In fondo non era stato così difficile fare colpo su di lei il giorno prima.
Mentre stava camminando in direzione del suo nuovo appartamento, prese il cellulare e chiamò.
Fu quando passò davanti allo Standard Cafè che gli occhi notarono subito la ragazza con i capelli rossi, in piedi davanti al bancone. Sembrava preoccupata: si guardava in giro, con gli occhi spalancati. Ma quando le riavvicinò un uomo, tutte le sue preoccupazioni sembravano essere sparite: fece un sorriso, forse finto. Anche l’uomo, Jack, sorrise.
Harrison non poté che essere sorpreso e preoccupato allo stesso tempo. Subito chiuse il cellulare ed entrò nel bar.
Jack lo notò subito. «Harrison!» disse, gentile.
«Jack...» fece il ragazzo. «Che ci fai qui?».
«Sto accompagnando a pranzo questa bellissima ragazza...» disse lui.
Harrison spostò lo sguardo su Every, che riservava un po’ di imbarazzo. «Sì, ci siamo incontrati in un negozio poco fa e ci siamo ricordati di esserci visti alla festa di Natale di Tru...» spiegò lei.
«E così le ho chiesto di venire a pranzo con me...» aggiunse l’uomo.
Harrison stava morendo dentro: Jack gli stava rovinando ancora la vita.
«Sai...» riprese Jack. «Ti chiederei di aggiungerti a noi, ma ho appena visto tua sorella e so che avete del lavoro da fare...».
Harrison non si preoccupò molto di quella affermazione: Jack non sapeva che lui aveva rivissuto al giornata, non poteva saperlo.
«Sì, comunque...». Harrison cercò di cambiare subito discorso: se Jack stava tentando di fare qualcosa a Every, lo avrebbe fermato. «Every... volevo chiederti una cosa...».
«Dimmi!» fece lei, sorridendo.
«Visto che la festa che Tru ha organizzato stasera sembra stia per saltare...». Harrison fece una pausa.
«Sì...» lo incitò lei a continuare.
«Ecco... volevo chiederti se ti andava... beh, sì, insomma... di venire con me a mangiare da qualche parte».
Every arrossì.
«Sai che questa notte ti ho sognato?» disse lei.
Harrison non aveva capito. «E... questo vuol dire sì o vuol dire no?».
«Certo Harrison, verrei con te mangiare in un delizioso ristorante, giusto per cominciare molto bene l’anno!» rispose Every, sempre sorridente.
Harrison dentro di sé stava esplodendo dalla gioia. «Davvero?! Cioè, volevo dire... Grande!! Passo a prenderti io questa sera e vestiti elegante perché ti porto in un posto davvero speciale...» disse, facendole l’occhiolino.
Jack li strappò via dalla favola. «Every, credo sia ora di andare perché poi devo tornare al lavoro».
«Oh sì, scusa...» fece lei. Si voltò verso Harrison. «Allora a stasera... Ciao!».
Harrison sorrise alla ragazza e poi guardò Jack. Il suo sguardo cambiò d’improvviso e sembrava parlare da sé: falle qualcosa e non sai cosa ti accadrà.

 

Carrie entrò nell’ufficio di Davis per la seconda volta quel giorno.
«Come procede con Tru? Quell... Harper: ha fatto qualcosa?».
«Oh, ciao» fece lui. «No, no... non ha ancora fatto niente, credo. Tru non mi ha ancora detto niente...». Finalmente alzò lo sguardo dal computer e notò Carrie, nella sua bellezza, appoggiata alla porta dell’entrata. Davis rimaneva sempre affascinato dalla sua eleganza, sia nel vestire, che nelle sue forme.
Il silenzio era sceso nella stanza, ma si sentiva che ognuno dei due aveva qualcosa da dire.
«Ehm... Carrie...» disse, infine Davis. «Ti andrebbe... ecco, insomma... di venire, sì... a cena... con me, questa sera?».
La reazione della donna lasciò trasparire che non aspettava altro. «Certo che vorrei venirci! Anzi, era ciò che volevo...».
Davis fece un sorriso compiaciuto.
«Elegante?» chiese Carrie.
«Direi di sì...» fece Davis, ma subito fu assalito dai dubbi. «Perché non va bene? Vuoi andare in un posto più... normale? Una pizza? Oh mio Dio... una pizza!?! Cosa sto dicendo?! Devo impa...».
«Davis...» lo interrupe lei con la sua voce sensuale. «Elegante va benissimo... E’ perfetto!».
«Allora vengo a prendert...». Davis fu interrotto da un rumore all’entrata: qualcuno era arrivato in obitorio.
Tru comparve qualche secondo dopo, con il fiatone. «Davis devo parl... Ah, ciao Carrie! Scusate se ho interrotto qualcosa, ma devo parlarti assolutamente...».
«No, non preoccuparti Tru!» disse Carrie. «Vado via subito, se il lavoro vi chiama».
Tru le sorrise.
Carrie tornò a Davis. «Allora ti aspetto questa sera... Ciao».
«Emh... Ciao!» rispose lui, con la sua solita goffaggine.
«A presto, Tru!» fece Carrie andandosene.
«Ciao!» disse lei, entrando nell’ufficio.
«Cosa succede?» chiese subito Davis.
«E’ successa una cosa incredibile: è cambiato tutto!!» spiegò Tru.
«In che senso? Come “E’ cambiato tutto”?» chiese Davis, sorpreso.
«Jack deve... deve aver fatto qualcosa... Oggi Linda è stata vittima di una rapina...».
«Ed è morta?! Non è per questo che era morta nel tuo giorno 1?».
«E’ morta, ma non in questa rapina!! Il fatto che nel giorno 1 non c’è stata nessun’altro tentativo di rapinare Linda, a quanto sappiamo. Harrison ce lo avrebbe detto!!».
«Non può esserselo dimenticato o più semplicemente non saperlo?» chiese l’uomo.
«No, non credo» rispose Tru.
«Non lo troverei così difficile, però!! Tu parli poco con tuo fratello delle tue giornate rivissute!! Se lo rendessi più partecipe potrebbe aiutarti meglio... come potrebbe farlo Carrie!!».
«Davis, non credo sia il momento di cominciare adesso il discorso!».
«Hai ragione... Quindi, spiegami bene cosa è successo...» fece Davis.
«Prima di tutto quando sono arrivata al Gray Market Jack era già lì! Come poteva? Nel giorno uno di Harrison sappiamo che non ho mai incontrato Jack fino alla rapina, altrimenti sarei riuscita ad evitare che sabotasse il mio piano!!».
«Si vede che Jack ha cambiato i suoi piani...».
«Come? E perché? Lui non può sapere che mio fratello ha rivissuto la giornata, a meno che...».
«No, Tru. E’ una cosa impossibile...». Davis aveva capito il pensiero di Tru. «Jack non può essere l’opposto di tuo fratello!!».
«E perché?» chiese Tru.
«Perché devono essere due... opposti!».
«Credi che il fatto che Jack abbia cercato di far morire Harrison una volta non abbia dato motivo a mio fratello di odiarlo tanto da diventare il suo opposto?» fece Tru.
«Forse non hai capito... Gli opposti devono essere perfettamente agli antipodi!! Guarda le differenza fra Jack e te: per cominciare siete uomo e donna, e questa non credo sia un differenza da poco...» rispose Davis, preso dal discorso.
«Ma come facciamo a trovare l’opposto di Harrison, allora?!» domandò Tru.
«Non credo dovremmo occuparci di questo, ora...».
«E invece sì, Davis! Rifletti: Harrison ha rivissuto la giornata!!» esclamò Tru, scandendo le parole. «Cosa vuol dire questo? Che ho perso il mio potere? Cosa mi accadrà?».
«Non dimenticarti che anche tu stai rivivendo una giornata in questo momento, quindi il tuo potere non è andato perso, credo...» disse Davis.
Tru rimase immobile, a pensare.
«Tru...» fece Davis, con voce affettuosa. «So che non è una cosa facile e che questa volta è la tua vita a dover essere salvata e se...». Davis non era sicuro di voler finire quella frase. «... vuoi rinunciare a salvare questa donna, non faticherò a capire il perché lo hai fatto!».
Tru guardò il capo negli occhi. «Io salverò Linda Gordon e salverò anche me stessa, con l’aiuto tuo e di mio fratello!».
«E visto che non riesco a capire cosa Jack abbia in mente, devo aspettare fino all’ultimo» spiegò la donna.
«Cosa vuoi fare, Tru?» chiese Davis preoccupato.
«Visto che Jack non riesco a capire cosa abbia in mente di fare Jack, e visto che l’unica cosa della quale sono certa è che dovrà far si che tutto accada come nel giorno 1...». Tru prese il suo giubbetto di pelle e cominciò a rivestirsi. «Aspetterò fino a questa sera, andrò a quel supermercato e aspetterò che avvenga la rapina!».
Davis sentì un brivido lungo la schiena. «Tru, no! E’ troppo pericoloso!! Ti devo ricordare che questa volta c’è in gioco anche la tua di vita?».
«E’ l’unico modo per salvarla, Davis...» rispose lei, prima di andarsene.
 

Ore 19.02
 

Qualcuno bussò alla porta della casa di Linda Gordon.
La donna uscì dalla cucina e si diresse all’ingresso del suo appartamento e guardò chi c’era dietro la porta. Staccò la catena ed aprì.
Sulla porta stava sorridente Jack Harper. «Ciao!» disse.
«Ciao!» fece Linda, invitandolo ad entrare.
«Tieni...». Jack entrò in casa con un regalo. «Ho portato una bottiglia di champagne per questa sera!».
«Mhh...» commentò Linda. «Si annuncia una serata piena di sorprese...».
«Non sai quante!» aggiunse Jack, sorridendo.
 

Ore 19.06
 

Tru si fermò proprio davanti al Gray Market ad aspettare.
Entro venti minuti circa sarebbe arrivata Linda Gordon e, ne era sicura, anche Jack.
Tru fissò il uso orologio, impaziente: ora segnava le 19.07
 

Jack tornò dal bagno e subito si diresse in cucina per aiutare Linda Gordon a preparare la cena.
«Potresti passarmi il sale?» chiese Linda.
Jack si guardò intorno e lo trovò. «Ecco, tieni!».
Linda prese il sale e per un attimo toccò la mano di Jack: era da tempo che non provava un brivido del genere passarle lungo la schiena.
Jack la fissava con i suoi occhi profondi.
Le mani si staccarono: Linda sembrava combattere quel sentimento.
«Credo...» fece Jack, imbarazzato. «Credo che...». Alla fine vide la bottiglia di champagne lì in cucina e tutto fu pronto: erano le 19.08.
Aveva calcolato il tempo che ci voleva dal Gray Market alla casa di Linda ed ora era il momento di agire.
«Credo che andrò a portare di là lo champagne...» disse. Prese la bottiglia e si diresse in soggiorno.
Giunto alla tavola apparecchiata, prese un coltello e fece un lungo sospiro. Senza pensarci ancora, lo avvicinò alla mano e si fece un taglio.
Non gli era mai capitato di doversi fare del male per far si che una vittima morisse. Ma questa volta la posta in gioco era più alta: non doveva solo far morire Linda, ma anche Tru. Le conseguenze se fossero state vive tutte e due sarebbero state enormi. E se questo significava un piccolo taglio sulla mano, era disposto a farlo.
Linda in cucina sentì un forte rumore: un vetro si era rotto. Subito corse in soggiorno e vide Jack seduto per terra, tra i vetri della bottiglia dello champagne che si era rotta.
«Aah!» urlò Jack, mostrando a Linda la mano tagliata.
«Mio Dio! Come stai?!» chiese la donna, gettandosi ad aiutarlo.
«Devo essermi tagliato con un vetro...».
«Fammi vedere...» fece lei, prendendogli la mano.
Jack fece qualche smorfia di dolore.
«Esce molto sangue...» disse Linda. «Ci vuole del disinfettante e qualche cerotto... Vado a prenderli in bagno».
«Grazie...» rispose Jack.
Linda si diresse in bagno a prendere i cerotti, ma Jack sapeva che non li avrebbe trovati: quando era andato in bagno li aveva presi e li aveva nascosti in tasca, assicurandosi così che Linda non li trovasse.
La donna tornò poco dopo. «Non capisco dove siano finiti i cerotti...» disse. «Ero sicura di averli! Comunque ora disinfettiamo la ferita...».
«Se vuoi, posso andare a prenderli qui al Gray Market... non ci metterò molto!» fece Jack.
«Va bene, ma verrò con te» disse Linda. «Non lascerò che un ospite a casa vada a comprarsi i cerotti!! Ti
accompagnerò io...».
«Grazie!» disse Jack. «Speravo venissi con me...».
Linda sorrise. Jack pure: il suo piano aveva funzionato.

 

 

Volevo ringraziare ancora Hikary e Lyrapotter per le loro recensioni, specialmente per quella di Hikary del capitolo 4, mi è stata molto d’aiuto. Come avrai notato, ho cercato di inserire meno punti esclamativi possibili (non so se sono ancora troppi... hihi) e mi scuso per l’errore che ho fatto con la frase di Jack. All’inizio ero anche io restio a inserirla, ma messa così creava più suspance: giuro che non farò più l’errore di cambiare il comportamento di un personaggio solo per creare più interesse nella storia!!

Per quanto riguarda le tue supposizioni sull’opposto di Harrison, con questo capitolo avrai ristretto il campo a Every, ma ti dico una cosa: gli autori di Tru Calling hanno detto che è stato solo un caso che il padre e la madre di Tru fossero sposati, perché sarebbe un annullamento delle forze... Quindi si riapre ancora il gioco. Ti svelo, però, che prestissimo si scoprirà il nome dell’opposto di Harrison.

Per quanto riguarda il fronte “relazione Tru-Jack” ti dico che qualcosa accadrà, ma non lo si vedrà subito, ma in un doppio episodio davvero speciale che ho messo come finale di stagione, dove si scoprirà anche il passato di Jack e i segreti dei suoi legami con Carrie, Richard e Jensen (credo di aver fatto un buon lavoro con il passato di Jack, ma giudicherete voi presto)!!

Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità verso i miei piani sulla mia fanfiction e spero anche vi sia piaciuto anche questo capitolo!! E come dico sempre... Recensite!!

A presto!!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 "Chimica reazione... Fisica attrazione" ***


Ok, lo ammetto. Il titolo di questo capitolo l’ho preso dal titolo (tradotto in italiano) di un episodio della quarta stagione di Grey’s Anatomy: “Chimical Reaction, Phisical Attraction”. Sembrerà strano come titolo, ma arrivate in fondo...

Capitolo 6 “Chimica reazione... fisica attrazione”

 
Ore 19.07

 
Harrison Davis era fiero di sé: quel giorno credeva di essere riuscito ad aiutare sua sorella a sventare i piani di Jack, a salvarla dalla morte e nel frattempo aveva anche avuto i tempo di chiedere un appuntamento alla ragazza che gli piaceva.
Un’ottima giornata.
Mentre passò davanti alla tv accesa un canale a caso, che dava una di quelle telenovela che lui odiava tanto, prese il piccolo mazzo di fiori che aveva comprato quel pomeriggio e lo mise in un piccolo vaso.
Subito si lanciò verso la poltrona per andare a prendere lo smoking che aveva affittato per quella sera: i soldi non erano tutto questo problema ora che non doveva più pagare l’affitto.
Eppure, più ripensava a quella giornata perfetta, più sentiva che mancava qualcosa. E non era un qualcosa di insignificante, ma qualcosa di molto importante. Non riusciva a ricordarsi, però.
Prese il vestito in mano, ma rimase fermo davanti alla tv, con sguardo assente. Cosa stava dimenticando?
«Angela...» disse il ragazzo della telenovela. «Devo confessarti un segreto...».
Harrison fu distratto per un secondo da quelle parole e quando le ascoltò, fu preso dalla voglia di gettare la tv fuori dalla finestra.
«Devo dirti...» continuava il ragazzo mentre Harrison prendeva il telecomando. «Devo dirti che sono tuo figlio e che...».
Harrison spense la tv, ma le ultime parole che il ragazzo nella tv aveva detto gli risuonarono nella testa,facendogli ricordare.

“Una voce riecheggiò. «Mamma?!».”
La voce di uno dei rapinatori tornò alla mente di Harrison come un fulmine a ciel sereno. Erano le parole che aveva pronunciato uno degli uomini della rapina appena lui era entrato nel Gray Market.
Lasciò cadere il vestito e si getto verso il telefono. «Porca...». Si trattenne dal dire qualsiasi parola poco educata in quel momento: come faceva ad essersi dimenticato di una cosa così?
Prese il cellulare e subito chiamò Tru.

 
Tru guardò l’orologio: la rapina sarebbe avvenuta di lì a poco.
Il suo cellulare suonò: era Harrison. «Cosa c’è?» chiese.
«Tru, uno dei rapinatori è il figlio di Linda!!».
Harrison aveva detto tutto così di colpo che Tru non era neanche sicura di aver capito.
«Cosa?!» chiese.
«Uno dei rapinatori è il figlio della vittima!!».
«E me lo dici ora?!?». Tru era infuriata e Harrison lo poteva capire dalla voce.
«Sì, ma il fatto è che non sapeva che la madre era al supermercato!! Non era stato lui a sparare! Non so come possa aiutarti questo, però...».
«Mi hai appena dato il modo per fermare i rapinatori...» esclamò Tru.
«Cosa? Tru!» fece Harrison, preoccupato. «Dove sei?! Cosa stai facendo?!».
Tru non aveva ancora detto a Harrison che sarebbe andata al Gray Market perché Jack era riuscito a distruggere i suoi piani.
«Devo andare, fratellino...» disse. Chiuse il cellulare.

 
Harrison chiuse il suo cellulare e di fretta prese il cappotto. Si gettò fuori di casa il più velocemente possibile: sapeva che Tru era al Gray Market e non poteva lasciarla da sola a rischiare la vita.
Questa volta era compito suo salvare lei.
Arrivò all’auto che aveva noleggiato per accompagnare Every e vi salì. Neanche dieci secondi dopo, la macchina sfrecciava a tutta velocità verso il Gray Market.

 
Tru si guardò intorno: i rapinatori sarebbero potuti arrivare da qualsiasi parte. Come fare a fermarli? Corse poco lontano alla destra del Gray Market e guardò nel vicolo subito alla sinistra: da lì non stava arrivando nessuno.
Quando si voltò, però, vide l’errore: per essersi distratta un attimo, non aveva notato che Linda e Jack erano usciti dalla scorciatoia e stavano già entrando al Gray Market.
«No...» sussurrò quasi piangendo. «Non puoi fregarmi ancora...».
Subito si mise a correre verso il supermercato.
Guardò l’orologio: erano le 19.24.
L’ora era giunta. Entro poco sarebbero entrati i rapinatori.
Tru raggiunse la porta del Gray Market e la aprì. Linda era già scomparsa fra gli scaffali, con Jack.
Senza pensarci due volte, si gettò verso i corridoi, quando un braccio la afferrò da uno degli scaffali.
«Fermati Tru!» disse Jack.
«Lasciami!» sussurrò Tru, per non attirare l’attenzione del cassiere, che stava per chiudere la cassa dopo aver contato i soldi.
«Non posso Tru...» fece lui, trascinandola nel corridoio. «Questa volta non posso lasciarti andare...».
I rapinatori entrarono nel supermercato: quello che la calza di nylon nera in testa puntò la pistola al cassiere. «Dammi tutti i soldi che hai in cassa! Subito!». La voce era di sicuro quella di un ragazzo.
«Io... non... non li ho...».
«Non mentire! Vuoi morire?» sussurrò con rabbia il ragazzo.
Tru non poté fare a meno di notare quanto Jack le tenesse forte il braccio. Non voleva che si muovesse. Era sicura, però, che il motivo non fosse solo quello di far morire Linda, ma quasi di salvarla. Che sapesse di come era degenerata la situazione nel loro primo giorno due?
Tru esitò per qualche secondo a muoversi, ma poi riuscì a togliersi dalla stretta di Jack.
«Tru, no!» gridò Jack, con la voce più contenuta che potesse avere, per non farsi sentire.
«Muoviti!» urlò il rapinatore con la calza nera. Questi vide che il commesso aveva guardato le telecamere. Anche lui guardò e notò che qualcosa si era mosso in un reparto, ma ora non c’era nulla sulla telecamera. «Carl!» disse.
Quello con la maschera verde si avvicinò.
«C’è qualcuno nel negozio: occupatene tu!».
Esitante, Carl si diresse tra gli scaffali.
«Muoviti! Dammi i soldi!» urlò l’uomo con la calza nera.
Il commesso cominciò a prendere i soldi.
«Più veloce! E guai a te se fai una mossa...».
Uno sparo.
Tutti si voltarono verso gli scaffali.
Carl arrivò correndo. «Ho... ho ucciso... una... una donna...» disse, tremando.

 
Davis si stava preparando per andare a prendere Carrie: aveva prenotato in un ristorante davvero elegante.
Il telefono squillò: era Harrison.
«Pronto?» disse Davis.
«Sto andando al Gray Market...» fece Harrison.
«Cosa è successo?» chiese l’uomo.
«Allora sapevi che Tru era lì e non mi hai detto niente?!».
Harrison rallentò con la sua auto blu e si fermò vicino al Gray Market.
Davis guardò l’orologio: 19.28.
«La rapina è già iniziata...» disse.
Harrison si era avvicinato al supermercato. «Vedo i tre rapinatori...» fece. «Uno è senza la maschera... è lui!! E’ il figlio di Linda!!».
Davis rimase sorpreso. «Il figlio di Linda?!».
«Sì, uno dei rapinatori è il figlio della vittima... Mi ero scordato di dirlo a Tru...».
«Harrison, come puoi dimenticarti una cosa del genere?».
Harrison non rispose.
«Tru sta bene?» chiese l’uomo.
«Non la vedo...» spiegò il ragazzo. «Speriamo non le sia successo niente...».
Qualche secondo dopo, però, Harrison sentì un brivido lungo la schiena: aveva visto Jack uscire da una delle corsie fra gli scaffali.
«Mio Dio, Jack è qui!!» esclamò.
Davis non riusciva a reggersi in piedi né a dire una singola parola.
«Come puoi averla lasciata venire qui?!» urlò Harrison. «Sapevi che questa volta rischiava di morire anche lei!!».
«E tu come hai potuto dimenticarti di dire informazioni a tua sorella? Se qui c’è una persona con delle colpe maggiori, quella non sono io...» fece Davis.
«Sappi che... che se le è accaduto qualcosa...» disse Harrison. «Ti riterrò responsabile!».
Il ragazzo chiuse il telefono.
Davis rimase senza parole, fra l’arrabbiato e lo stupito, ma soprattutto preoccupato per Tru.
Harrison si avvicinò alle porte trasparenti: vide Jack con le mani alzate, mentre un rapinatore gli puntava la pistola.
Il figlio di Linda rimaneva in piedi, piangendo.
«Cosa facciamo!?!» urlò Carl. «E’ morta!! Muoviti!!».
L’uomo con la calzamaglia nera sembrava troppo sconvolto per accorgersi che il commesso aveva schiacciato il pulsante di allarme alla polizia già da un minuto. «Andiamocene!» disse.
Si voltò verso il cassiere. «Dammi tutto...» aggiunse, prendendo la borsa che aveva portato ora piena di soldi.
I rapinatori stavano per scappare via, quando videro che qualcuno era entrato nel supermercato: era un ragazzo biondo, alto, in jeans e giacca di pelle.
Tutto accadde in un secondo: appena il rapinatore con la calza nera in testa vide Harrison, si spaventò; puntò verso di lui la pistola e sparò.
Davis salì sulla sua auto e subito partì verso il Gray Market. Prese il cellulare e compose il numero di Tru.
«Avanti, rispondi...» pregava. «Muoviti...».
Il telefono continuava a squillare.
«Rispondi...!».
Niente.
Davis stava per riattaccare, quando una voce al telefono lo fece sobbalzare.
«
Davis...» disse Tru.
L’uomo fece un grande respiro di sollievo. «Oh, grazie al cielo!!» esclamò. «Sei ancora viva... Stai bene?».
«Sì... sì, sto bene...».
«Cos’è successo?» chiese Davis.
«Linda è morta!» spiegò Tru,con rabbia. «Jack ci è riuscito... E questa volta rischiava di morire Harrison al posto mio!!».
Davis rimase scioccato: Harrison aveva rischiato la vita per salvare quella della sorella.
«Per fortuna è riuscito a schivare il proiettile...» continuava Tru.
«Oh, meno male...» fece Davis.
«I rapinatori sono riusciti a scappare... a parte il figlio di Linda» disse Tru.
Davis rimase in silenzio.
Tru guardò il ragazzo piangere sul corpo della madre. «Linda non voleva che facesse più quella vita» disse Tru. «Ora capisco la richiesta di aiuto: voleva che l’aiutassi a portare il figlio sulla giusta strada...».
«Ma come puoi occuparti di lui?» chiese Davis.
Tru guardò Daniel mentre veniva ammanettato dalla polizia, già arrivata sulla scena. «Non sarà più compito mio...» rispose Tru. «Credo abbia capito di aver sbagliato...».
Lo sguardo di Tru si posò su Jack, che stava per uscire dal Gray Market con un poliziotto. «Ora ti devo lasciare...» disse Tru.
«Ok» disse Davis.
Tru chiuse il telefono e corse verso Jack. «Jack!» lo chiamò.
L’uomo si voltò. «Eccola...» fece lui. «Questa volta non ti è andata bene...».
«Hai ragione...» fece Tru, mentendo. In realtà lei era ancora viva e questa era un vincita.
«Volevo chiederti una cosa...» fece Tru.
«Spara!» disse Jack, sorridendo.
«Perché non mi hai lasciata andare, prima? Quando i rapinatori sono entrati, mi hai fermato, come se fossi certo che se avessi seguito Linda Gordon mi sarebbe accaduto qualcosa...».
Il sorriso di Jack scomparve. «C’erano due uomini armati nel supermercato e tu ti stavi dirigendo verso la loro vittima... Come poteva non succederti nulla?».
«Grazie per avermi salvata...» fece Tru. Non riusciva a credere di aver detto quelle parole.
Jack non rispose, ma fece un sorriso. «Non esaltarti, Davis...» disse. «Se tu muori, io perdo il potere! E per ora me lo voglio godere...».
Detto questo, Jack si voltò e uscì dal Gray Market.
Tru si guardò intorno, sorridendo e ringraziando qualunque forza dell’Universo l’avesse tenuta in vita.
Vide Harrison aiutare il commesso a riprendersi dallo shock e non poté far altro che essere fiera di lui: quel giorno, anche se aveva fatto qualche piccolo errore, l’aveva aiutata, ma soprattutto, l’aveva salvata.

 

Ore 21.34 

Jack entrò nell’ufficio di Richard.
«Come è andata?» chiese l’uomo. La lampada sulla sua scrivania non emetteva molta luce, il che rendeva tutto molto inquietante.
«Linda è morta» spiegò Jack.
«E... Tru?».
Jack non rispose.
Richard fece un sospiro e si alò dalla poltrona, portandosi verso Jack.
«Non posso biasimarti, Jack. In fondo non era tuo compito...».
Jack sembrò sentirsi quasi sollevato da quelle parole.
«Ma...» aggiunse Richard. «Tu avevi la possibilità di riordinare le cose e non lo hai fatto. E qualsiasi saranno le conseguenze, dovrai prenderti le responsabilità per questa scelta!».
Jack rabbrividì.
«Ma che cosa importa, ora?».
Richard non capì subito la domanda.
«Harrison ha rivissuto la giornata!! Io... io...». Jack non riusciva a dirlo.
«Non hai perso il tuo potere, Jack» spiegò l’uomo.
«Come fai ad esserne certo?»  chiese Jack.
Richard rimase in silenzio per qualche secondo. «Lo so e basta. Ne sono certo» disse.
Jack non capiva quelle parole: sentiva che Richard sapeva qualcosa, qualcosa che lui ancora non poteva sapere, forse perché non avrebbe ancora compreso. Dopotutto, Richard gli stava insegnando a fare il suo “lavoro”.
«Puoi andartene...» disse Richard.
Jack si voltò per uscire.
«Ah, un ultima cosa...» aggiunse il più anziano dei due. «La prossima volta, vorrei evitassi di utilizzare dei sicari per modificare la giornata di Tru. Mi è costato più di quanto ci sia servito...».
Jack ripensò al rapinatore che aggredì Linda nel vialetto: era stato un trucco perfetto per confondere Tru.
Senza troppi rimorsi, uscì dalla stanza.


 

Davis spostò la sedia e lasciò sedere Carrie.
Il ristorante in cui aveva prenotato era molto elegante.
Davis in giacca e cravatta aveva il suo fascino, pensò Carrie.
«Emh...» disse lui, sedendosi. «Ci facciamo portare da bere?».
«Certo!» rispose Carrie, sorridendo.
Un ragazzo si avvicinò al tavolo.
«Davis! Anche tu qui?» fece Harrison.
Davis rimase alquanto sorpreso di vedere Harrison.
«Oh, ciao! Ma cosa ci fai qui?» chiese.
«Sono qui con Every...» spiegò Harrison, mentre la ragazza comparve in un bellissimo abito rosso.
«Oh, ciao Every...» salutò
Davis.
«Ehm…» cominciò Harrison, dopo aver salutato anche Carrie. «Potrei parlarti un secondo, Davis? In privato...».
Davis guardò Carrie: lei annuì.
«Arrivo subito, non ci metterò molto...» disse.
«Every...» fece Harrison, voltandosi verso di lei. «Ti dispiace rimanere qui un secondo con Carrie...».
«No... no, no!» rispose lei, non molto convinta. «Vi aspetto qui molto volentieri...».
Harrison e Davis si alzarono ed andarono a parlare all’entrata.
«E bravo Davis...» commentò Harrison mentre uscivano. «Te la fai con la psicologa... E’ sexy! Molto...».
«Emh... sì...» fece Davis, imbarazzato. «Comunque... cosa c’è?» chiese Davis.
Harrison cambiò subito espressione e fece un lungo sospiro.
«Dimmi che non ho io il potere... Dimmi che non è passato a me!» fece Harrison, andando subito al dunque.
Davis non sapeva cosa rispondere. «Non so dirti cosa accadrà, Harrison. Però so che se tu hai avuto il potere, c’è una ragione...».
«Hai visto come stava per finire?!» esclamò il ragazzo.
«Ma non è finita così!!» disse Davis. «Tu sei riuscito a salvarla! Questo era il tuo compito e ci sei riuscito!».
Harrison rimase in silenzio. Le sue preoccupazioni non erano sparite.
«Ma...» disse. «Come facciamo a capire chi sia... beh, insomma... il mio opposto?».
L’uomo era ancora senza risposta. «Come è accaduto con Tru...» disse. «Credo si mostrerà lui...».
Harrison e Davis si scambiarono uno sguardo: entrambi erano preoccupati.

 

Every si sedette al posto di Davis, imbarazzata.
«Allora...» cominciò, rompendo subito il ghiaccio. «Davis è una persona davvero fantastica, vero?».
«Sì...» rispose Carrie. «E’ così dolce e imbranato da fare quasi tenerezza...».
Le due sorrisero.
«E poi sono anche fortunata, visto che posso vederlo tutti i giorni al lavoro...».
«Ah, già!» fece Every. «E’ vero che tu sei una psicologa...».
Calò il silenzio.
«Anche se forse non ti farà piacere parlare di lavoro in questa occasione, posso chiederti una cosa riguardo al lavoro?».
«Certo...» fece Carrie, bevendo un sorso d’acqua per nascondere il fatto che in realtà non voleva parlare di lavoro.
«E’ che mi è successa una cosa strana...» disse Every. «Questa mattina mi sono svegliata dopo aver fatto uno strano sogno...».
«Che tipo di sogno?» chiese Carrie, gentilmente.
«Non sembrava un sogno...» fece la ragazza, confusa. «Era tutto così reale...».
«E cosa hai visto nel sogno?».
Every non rispose subito. «Quello... quello che mi sarebbe accaduto oggi...».
«Non è una così singolare...» rispose Carrie. «I déjà vu non sono poi così grandi misteri per la psicologia, ora...».
«No... non era un semplice déjà vu...» continuò Every. «Ho visto tutta la giornata!!».
Carrie spalancò gli occhi. «Come?» domandò.
«Sì... non è una cosa strana?».
«E la giornata che hai vissuto oggi era identica a quella di oggi?» chiese Carrie.
«No...» rispose Every, pensandoci. «Non era completamente uguale... Qualcosa era cambiato...».
Carrie stava per parlare, quando Davis e Harrison arrivarono.
«Allora...» fece Harrison. «Ti lascio Davis...» disse, rivolgendosi a Carrie.
«Non preoccuparti, mi ha fatto molto piacere parlare con Every» spiegò Carrie, sorridendo. «Mi piacerebbe molto rivederti...».
Every rimase molto confusa, anche perché non aveva avuto nessuna risposta vera ai suoi dubbi.
«Allora ci rivediamo?» chiese Carrie.
«Certamente...» fece Every.
E dopo che Harrison ed Every se ne erano andati, Carrie si rivolse a Davis. «Scusa, ma devo andare un secondo alla toilette... Arrivo subito!».
La donna si alzò e mentre la vedeva dirigersi in bagno, Davis pensò di essere un uomo fortunato ad avere lei.

 

Carrie entrò nella elegante toilette del ristornante e subito prese il cellulare dalla sua borsa.
«Sono io...» disse. «L’ho trovato, Jack! Ho trovato l’opposto di Harrison!».

 

E finalmente avete scoperto chi è l’opposto di Harrison!! Le vostre supposizioni erano giuste!! Il titolo del capitolo si riferisce proprio a loro!! Che erano opposti, però, lo si poteva capire anche semplicemente da quello che ho scritto verso l’inizio del capitolo 3 (se non vi ricordate, andate a vedere come Every commenta i gusti di Harrison prima che arrivi Jack...).

Con questo capitolo (che purtroppo è arrivato con molto ritardo e me ne scuso, ma il mio computer mi sta dando qualche problema da tempo...) si chiude l’episodio. Spero vi sia piaciuto come finale (e spero vi sia piaciuta tutta la storia!!) perché io mi sono divertito molto a scriverla!!
Quindi un grazie a tutti quelli che hanno seguito la storia e specialmente a chi l’ha commentata!!

E se vi state chiedendo se Harrison ha preso il potere di Tru, non vi resta che aspettare il prossimo episodio!!
A presto!!
Grazie 1000 (e commentate... hihi)!
Ciao ciao!!

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Capitolo 7
*** Track List dell'Episodio ***


Ecco qui una Track List delle canzoni che io avrei scelto per questo episodio!!

Vi consiglio di ascoltarle: sono molto belle e le vedrei molto bene in particolari momenti della mia fanfiction/telefilm!!

Spero vi piacciano!!

 

Capitolo 1 “L’amore è nell’aria”:

Could be anything – The Eames Era (Un inizio allegro e perfetto…)

 

Capitolo 2 “Cadaveeri e preparativi”:

Don’t dream it’s over – Sixpence None The Richer (Come sottofondo allo Standard Café mi piace molto… Ed è anche un tributo al gruppo che suona “It came upon a midnight clear”, l’ultima canzone di Tru Calling!!).

The Way I am – Ingrid Michaelson (Fantastica... Sottolinea perfettamente l’imbarazzo di Davis davanti all ufficio di Carrie, ma anche Harrison e Every nel loro incontro al bar...)

 

Capitolo 3 “La rapina”:

Homebird - Foy Vance (Ottimo sfondo alla festa di capodanno a casa di Tru!)

 

Capitolo 4 “Lo scambio”:

Some Suprise – The Cake Sale (Jack che fa il gentile per far innamorare di sé la vittima deve avere lo stesso uno sfondo dolce...).

 

Capitolo 5 “La seconda possibilità”:

Brokenhearted - Vaughan Penn (Harrison is “so brokenhearted when you come back to…” Every!!)

 

Capitolo 6 “Chimica reazione… Fisica Attrazione”:

Let me out – Ben’s Brothers (Una canzone fantastica per far concludere l’episodio!! Io la vedrei di sottofondo da quando Tru risponde al cellulare di Davis fino alla fine dell’episodio...)

 

Buon ascolto!!

Al prossimo episodio e alla prossima Track List!!

Ciao ciao!!

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