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di jake84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio - Qualche mese dopo ***
Capitolo 2: *** Fantasmi - Il volto del nemico ***
Capitolo 3: *** Risveglio - Uno dei sei ***
Capitolo 4: *** Il piano inferiore - Ian e Iago ***
Capitolo 5: *** La terza voce - Linus delle ombre ***
Capitolo 6: *** Il Maestro - Fattore K ***
Capitolo 7: *** Karen della fiamma - I paladini ***
Capitolo 8: *** Il secondo giorno di scuola - Entra il nemico ***
Capitolo 9: *** La Squadra Beta - Ian e Linus ***
Capitolo 10: *** In infermeria - Le teorie di Helen ***
Capitolo 11: *** Modus opeerandi - La marcia degli spettri ***



Capitolo 1
*** L'inizio - Qualche mese dopo ***


1

L’inizio

Qualche mese dopo

 

 

“ Scott, posso parlarti un momento?”

Era suonata la campanella del suo primo giorno di scuola, era la fine di marzo. Tutti i ragazzi stavano uscendo dalla classe, quando il professore dell’ultima ora lo aveva chiamato. Scott non poteva certo dire di esserne sorpreso… semmai a sorprenderlo era il fatto che avesse aspettato la fine dell’ora per parlargli. Si fermò accanto alla cattedra e aspettò che gli altri ragazzi uscissero. Si ricomincia gente, disse qualcosa dentro si lui. Erano mesi che si trovava a dare spiegazioni per cose di cui non sapeva niente.

Rimase ad osservare in silenzio, come sempre faceva.

Scott era un ragazzo che poteva passare facilmente inosservato. Non parlava mai se non interpellato, sembrava non essere mai veramente presente. Non era molto alto, aveva i capelli scuri molto corti. Era un po’ pallido, quasi etereo. Nemmeno il suo abbigliamento destava curiosità: semplici jeans e maglietta blu. Era come se non ci fosse, in qualunque situazione. Ma se incrociavi il suo sguardo, anche solo una volta, non lo dimenticavi facilmente. Anche per questo, Scott aveva sempre lo sguardo basso.

Il prof nel frattempo mise apposto le sue cose. Era abbastanza giovane nell’aspetto e nei modi, di certo meglio dei matusalemme che gli esano capitati gli anni passati.

“ Ho dato un’occhiata alla tua cartella, prima di venire in classe. Non so se tu l’hai mai vista, ma… be’… non c’è niente in quella cartella. Ho cercato negli archivi e tutte le informazioni su di te sembrano essere sparite nel nulla. E oggi spunti dal nulla nella mia classe, accompagnato dal preside in persona. Posso chiederti quanti anni hai?” L’espressione del professore era strana. Sembrava accusarlo di qualcosa e al tempo stesso sembrava quasi temerlo. E nonostante tutto, gli parlava con un gran sorriso sulle labbra.

“ Diciotto. Li ho compiuti il mese scorso”.

“ E come mai ti hanno assegnato ad una classe di seconda liceo?” chiese il professore.

“ Perché i miei voti in primo liceo mi consentivano di iscrivermi al secondo anno.” Rispose, senza smettere di guardarsi intorno lentamente.

Il prof aprì la bocca per dire qualcosa. Poi la richiuse. Scott sapeva quello che avrebbe voluto chiedere. E intuiva quello che sperava di sentire.

“ Se mi vuole chiedere cosa ho fatto nei 4 anni che avrei dovuto passare a scuola, sappia che non li ho passati in carcere. Ero in una clinica specializzata. Ero affetto da una rara malattia, a quanto pare. Spero non le dispiaccia se non le dirò altro al riguardo.” Il quel momento smise di guardare in giro e fisso il professore. Sapeva che il suo sguardo, più delle parole, avrebbero messo fine alla conversazione.

“ Ehm… sì, certo… capisco. Puoi andare… ehm… Scott. Sono sicuro che lavoreremo bene insieme.” Il prof prese tutte le sue cose e quasi corse fuori dalla porta. Ora aveva paura. Scott poteva quasi vederla, la paura, come un’aurea intorno al suo corpo.

Ecco un altro che non mi guarderà con gli stessi occhi, domani.

 

Sulla strada di casa cercò di non pensare a niente. A volte gli tornavano in mente immagini di cose che non ricordava, di cose che non potevano essere reali, ma sembravano così vivide che lo spaventavano. Provò per l’ennesima volta di pensare a quando era piccolo, alla sua infanzia, ma inutilmente. Certo ricordava i suoi genitori, i suoi nonni. Ricordava di essere cresciuto a Noridan, un piccolo paese non molto lontano da lì. Ricordava dell’esplosione che aveva ucciso i suoi genitori… era solo un lampo, un’enorme luce rossa che invadeva tutto… ma aveva quattro anni all’epoca, era giusto che non ricordasse altro. Ma tutto quello che era venuto dopo… no, non ne aveva memoria. Ricordava i nomi dei suoi amici, ricordava i loro volti, ma non quello che avevano fatto insieme, non ricordava nulla dei loro giochi. Ricordava tutti i nomi, tutte le date, tutte le facce… ma niente di quello che era successo.

Pensò distrattamente che il semaforo avrebbe segnato il giallo tra meno di 4 secondi, perciò allungo il passo per non doversi fermare. Mancavano trecentocinquantaquattro metri alla fermata, sei minuti all’arrivo del pullman se fosse stato puntuale. Non si chiese come facesse a sapere tutte queste cose. Le sapeva e basta. Quello che non sapeva, quello che non ricordava, era chi fosse lui davvero.

 

Un ragazzo biondo sullo skate lo superò ad una velocità impressionante. Poi si fermò e guardò dietro.

“ E muovetevi schiappe!” urlò.

Scott d’istinto si voltò e vide in lontananza tre ragazzi che arrancavano sui loro skate. Sembravano spossati. Il ragazzo biondo invece sembrava non avere nemmeno un po’ d’affanno.

Improvvisamente un altro lampo. Guardò il ragazzo davanti a sé. I suoi capelli erano di un biondo scuro, la sua pelle abbronzata. Gli occhi azzurri. Non era la prima volta che lo vedeva. E la sua voce – muovetevi schiappe! – riecheggiò nella sua testa. No, aveva già sentito quella voce. L’aveva sentita… l’aveva sentita urlare…

“ Ci sei, fratello?”

Scott sbatté gli occhi e tornò al presente. Ci mise un attimo per analizzare la situazione.

“ Ti stavo fissando, vero?” chiese.

“ Eh, sì. Sembravi aver visto un alieno.” Disse il ragazzo biondo, spostando il peso da un piede all’altro in continuazione.

“ Scusa. È che mi hai ricordato qualcuno che forse conoscevo.”

“ Fai tu. Ma se scopri che in un’altra vita ti dovevo dei soldi, non venirmi a cercare! Io scappo.” Senza aspettare risposta, il ragazzo biondo si rimise sullo skateboard e schizzò via.

L’aveva già visto. Non aveva dubbi. E se non si sbrigava, rischiava di perdere il pullman.

 

Quando salì sul pullman, i dubbi e il domande che lo tormentavano da mesi si ripresentarono, come noiosi clienti che si chiedono accanto al tuo tavolo quando hai bisogno di un po’ di tranquillità. Ripresero i loro posti e cominciarono a parlare. E una domanda, buttata lì con noncuranza, lo sorprese: era stato necessario spaventare il prof quella mattina?

In fondo, stava facendo solo il suo mestiere. Un nuovo alunno presentato quasi a fine anno, praticamente un fantasma senza nessun documento che ne chiarisse il passato. Era giusto che fosse curioso… e magari anche sospettoso. E, volendo proprio semplificare il tutto, avrebbe potuto dirgli tranquillamente la verità.

Ma che cazzata! Sbottò un altro noioso cliente, nella sua testa. Lui non la conosceva la verità! Gli avevano detto che era rimasto in coma per quattro anni e lui aveva finto di crederci, ma non poteva essere così. Aveva cercato in tutti i modo di spiegarselo, aveva cercato informazioni. Non avrebbe potuto svegliarsi da un coma di quattro anni e alzarsi semplicemente dal letto e urlare perché aveva fame. I suoi muscoli non gli avrebbero permesso di alzarsi. Avrebbe avuto qualche postumo, un qualsiasi sintomo. Invece aveva aperto semplicemente gli occhi, pensando di aver dormito un po’ troppo.

Non gli avevano detto la causa di quello stato comatoso. Ogni dottore aveva indicato un collega che avrebbe saputo dargli maggiori spiegazioni. Scott aveva capito che o non sapevano niente oppure non volevano dirglielo. In ogni caso, avrebbe trovato da solo le risposte.

Era diventato molto silenzioso. Un cliente rise senza discrezione. Scott ne era molto irritato. Come faceva a dire che era diventato silenzioso, se non ricordava niente di com’era prima?

No, non era vero, provò a ridabile. Ricordava un sacco di cose. Aveva frequentato la scuola elementare e le medie nella scuola che praticamente era sotto casa. Era stato bravo, tutti ottimi voti. Ricordava i volti dei suoi genitori e la data dell’incidente d’auto che glieli aveva portati via. Ricordava della gita a Roma e di quella a Parigi. Ricordava la sua stanza, la sua casa. Ricordava i suoi amici, le strade della sua città che aveva consumato sulla sua bici…

Ma appena pronunciate, anche solo nella sua mente, quelle parole gli sembrarono così inconsistenti. Era semplicemente troppo poco.  La verità era che ricordava solo notizie! Andavano bene per compilare un curriculum, un rapporto… ma ricordava di essersi divertito con i suoi amici? Ricordava di aver pianto per i suoi genitori? Ricordava di aver avuto paura?

 

E lui, com’era da bambino? Oltre al rapporto di fine anno dietro ad ogni attestato della scuola, chi era stato in realtà?

Scott strinse i pugni, un brivido gli corse per tutto il corpo. Lasciò perdere tutti quegli stupidi pensieri. Chiuse gli occhi, per trovare la concentrazione.

 

Sul pullman c’erano ventitrè persone. Cinque dormivano. I sette ragazzi in fondo al pullman tornavano probabilmente dall’università. La ragazza straniera avanti a lui era lì per badare alla signora che le sedeva accanto. Non sembrava capire molto di quello che diceva la vecchia, ma annuiva nei momenti giusti. C’erano due bambini e una bambina. Un ragazzo con gli occhiali e l’i-pod che forse dormiva.  Un ragazzo e una ragazza che stavano abbracciati.

Senza aprire gli occhi, Scott passò in rassegna tutti i passeggeri che aveva visto quando era salito. Di nuovo non si chiese come fosse possibile che ricordasse tanti particolari dopo una semplice occhiata. Le voci nella sua testa avevano smesso di chiacchierare.

Stava per succedere qualcosa.

 

Qualche istante dopo, Scotto capì che aveva visto giusto. Alla fermata, salirono a bordo due uomini. Il primo sulla trentina, il secondo un po’ più giovane. Jeans malandati, maglione scolorito, lo sguardo attento sui passeggeri. L’autista chiuse le porte e continuò la corsa. I due presero posto davanti.

Aveva tutto sotto controllo.

 

L’autista cambiò frequenza alla radio, trovò una canzone decente e alzò un po’ la voce. Faceva un po’ troppo caldo lì dentro. Imboccarono l’autostrada. 

 

Il giovane si avvicinò all’autista. Gli disse qualcosa all’orecchio. Scott non riusciva a leggere il labiale, ma in fondo non ne aveva bisogno. L’altro uomo, quello più anziano, tirò fuori una pistola.

Scott vide la mamma in seconda fila tirare a sé il bambino e nasconderlo contro il vetro, senza dire una parola, ma con gli occhi che parlavano molto chiaramente. Attese le fatidiche parole – “questa è una rapina! Collaborate e nessuno si farà male!” – e si concentrò sui movimenti dell’uomo. Era lui il capo, era sua la decisione. Era lui quello da eliminare.

Colpisci al cuore! Colpisci alla testa jushi! gridarono le voci nella sua testa. Tutto il resto cadrà a pezzi!

 

L’uomo stava derubando i passeggeri, sollecitando con pugni e minacce chi non cacciava subito il denaro. Scott si alzò e fece un paio di passi verso l’uomo.

“ Seduto! Sta seduto pezzo di stronzo!” gli gridò l’uomo, puntando la pistola verso di lui.

Scott evitò di guardarlo negli occhi. Le voci nella sua testa non smettevano di parlare, ma stavolta non era un fastidio. Gli dicevano di non alzare lo sguardo.

L’uomo arrivò ad un passo da lui. Sta alzando il braccio. Disse una voce. Ti sta per colpire con il calcio della pistola. Adesso!

Il braccio di Scott scattò in alto. Bloccò la mano dell’uomo. Tenne la pistola puntata contro il soffitto. Il tempo sembrava essersi fermato. Con l’altra mano sferrò un pugno nelle costole dell’uomo. Sentì le ossa spezzarsi. L’uomo si accasciò a terra. Scott gli prese la pistola.

 

Senza bisogno di guardare, sentì l’altro ragazzo avvicinarsi. Gli Aveva puntato la pistola contro. Lui non si sarebbe avvicinato abbastanza. Lui non avrebbe esitato a sparare.

 

Fai quello che devi, jushi!

 

Scott alzò lo sguardo. Fissò gli occhi del giovane. Vide la sua mano tremare. Sentì, la sua mente vibrare.

Lasciaci andare, jushi! Lasciacelo fare!

No! Per un attimo Scott ebbe paura. Non sapeva perché, ma sentiva che non doveva seguire le voci in quel momento. Non doveva lasciarle andare.

Si concentrò ancora di più sul ragazzo. Lo vide lasciar cadere la pistola. Lo vide indietreggiare, quasi volesse nascondersi. Poi un uomo sulla cinquantina si alzò e lo colpì alla nuca. Il giovane stramasso al suolo.

 

Silenzio. Nella sua testa c’era silenzio. Era finita.

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Capitolo 2
*** Fantasmi - Il volto del nemico ***


2

Fantasmi

Il volto del nemico

 

 

La polizia li accolse all’uscita successiva. Arrestò i due delinquenti e fece domande a tutti i passeggeri. Tutti diedero pressappoco la stessa versione: indicarono Scott come il loro eroe. Ma quasi nessuno gli si avvicinò per ringraziarlo. Molti avevano visto il suo sguardo, mentre guardava il giovane.

Sei un eroe, jushi. Gli disse una voce.

Mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi! Rispose un’altra.

Tu non te li ricordi i vecchi tempi! Tu non c’eri!

Si che c’ero! Il jushi qui ha solo bisogno di un po’ di esperienza, ma sento che…

Sta zitto, ok?

Scott li lasciò perdere. Un agente non la smetteva di fargli domande, doveva stilare il suo rapporto, forse l’avrebbe portato in centrale... non sembrava sapere con precisione quale fosse il suo compito. Era molto giovane.

“ Allora, ricapitolando, tu ti sei alzato e sei andato contro l’uomo…” Scott si limitò ad annuire per l’ennesima volta. Voleva tornare a casa. C’erano tante cose a cui doveva pensare.

 

Vide un uomo in giacca e cravatta che parlava con il comandante, poi si avvicinò a loro. Aveva sulla faccia il sorriso falso di un diplomatico, ma il modo in cui camminava gli diceva tutt’altro. Doveva tenerlo d’occhio.

“ Agente, ho appena parlato con il vostro comandante. Sono l’agente Dillmore” disse, mostrandogli il tesserino. Unità speciale Udsc. Non l’aveva mai sentita. “Non le dispiacerà se prendo in custodia il ragazzo, vero?”

“ Ehm… no, certo. Ho finito con il rapporto. È tutto suo l’eroe.” disse, l’agente, allontanandosi.

L’agente speciale gli riservò uno dei suoi migliori sorrisi. “ Vuoi seguirmi, prego?”

“ Dove deve portarmi?” chiese Scott.

“ È per il tuo bene, non preoccuparti. Ti porterò in un posto sicuro.”

“ Posso trovarlo anche da solo un posto sicuro. Lei chi è?”

“ Sono l’agente Dillmore. Abel. Unità speciale…”

“ Unità davvero speciale, se prevede l’apprendimento delle arti marziali.”

“ Come…?”

“ Lasci stare. Si limiti a dirmi la verità. So riconoscere una menzogna.” Disse calmo Scott, guardandolo adesso negli occhi.

L’uomo sorrise. Scott ne rimase sconcertato.

“ Il tuo sguardo non ha effetto su di me. Anche questo è previsto nell’addestramento. Tu hai delle domande. Sto per portarti alle risposte. Devi solo seguirmi.”

“ Bene. Andiamo.”

 

Scott guardò la strada per tutto il tragitto. Ci impiegarono più di un’ora. Erano in un posto che non aveva mai visto, ma avrebbe saputo tornarci ad occhi chiusi. Aveva già memorizzato la strada.

Era un complesso di costruzioni squadrate, pieno di finestre e prati e nemmeno una macchina. Come aveva immaginato, i parcheggi erano sottoterra.

Posarono la macchina e l’agente Dillmore lo guidò per diversi corridoi, all’apparenza tutti uguali.

Conosco già questo posto, pensò

Certo che lo conosci. Disse una delle voci.

Come faccio a conoscerlo?

È qui che hai passato gli ultimi quattro anni. Coma hai fatto a dimenticare questa puzza!

Era l’odore di disinfettanti. Oltre quello, sembrava non esserci nient’altro.

 

Le pareti erano immacolate, come se fossero state dipinte il giorno prima. Tutto era impeccabile, asettico. Osservando attentamente, scoprì che le porte erano distribuite secondo una precisa logica. Ne fece mentalmente una mappa.

 

 

 

Sulle porte non c’erano targhe né indicazioni. Era un posto irreale. Sembrava immenso. Eppure per la prima volta da quando si era svegliato, ebbe la sensazione di essere a casa. Aveva paura.

Dillmore lo precedeva di qualche passo, evidentemente a suo agio in quei corridoi.

Ce ne dobbiamo andare, jushi!

Stai zitto! Lo sapevi che saremmo tornati qui.

Di che state parlando? Chiese Scott. Ormai aveva preso coscienza che quelle voci non gli appartenevano.

Che dobbiamo scappare, non c’è altro tempo!

“ Qualcosa non va, Scott?” gli chiese Dillmore.

“ Cos’è questo posto?”

“ Qualche altro minuto di pazienza e avrai le tue risposte.”

Scott si mosse fulmineo. Sferrò un pugno al fianco dell’agente con tutta la forza che aveva. Gli bastava rallentarlo per scappare di lì.

Ma Dillmore fu più rapido. Si voltò, come aspettandosi quell’attacco e lo parò con facilità.

Scott sentì un brivido lungo la schiena. Fissò di nuovo l’agente negli occhi.

“ Ti ho già detto che quella tecnica non funziona come, stronzetto!” disse Dillmore

“ Io non ci giurerei” sussurrò Scott. Non sapeva cosa stesse succedendo. Sentiva gli occhi ardere come stessero andando a fuoco. Non era come le altre volte.

“ Ma che diavolo…”

Dillomore si allontanò da lui. Non poteva staccare gli occhi da quelli di Scott. Anni di addestramento erano del tutto inutili contro quel ragazzo. Cercò di resistere, ma inutilmente. Dopo qualche secondo, si accasciò a terra, privo di sensi.

 

Ora corri jushi, portaci fuori da qui!

Scott non se lo fece ripetere. Sapeva come uscire.

 

Non ebbe il tempo di fare due passi che scattò la sirena dell’allarme. Come diavolo avevano fatto a scoprirlo così in fretta?

Corse per i corridoi senza esitazioni, l’uscita non era lontano da lì.

 

Girò l’angolo e si trovò improvvisamente contro sei agenti. indossavano delle tute bianche, quasi a volersi confondere con le pareti. Avevano delle maschere. Con loro il suo sguardo non avrebbe avuto effetto. E comunque, erano in troppi.

Non farti prendere!

Era facile a dirsi. Non poteva lanciarsi contro di loro, né tornare indietro: di sicuro conoscevano quel posto molto meglio di lui. però poteva provare a dividerli! Avrebbe avuto qualche possibilità.

Ma prima che potesse muoversi, altri 2 agenti sbucarono alle sue spalle.

Fece un passo indietro. All’improvviso ricordò di averli già visti! Quella stessa formazione… era già successo… avevano già cercato di braccarlo. Immagini si imposero alla mente con forza. Non è il momento! Si disse, ma non poteva evitarlo.

Rivide quegli agenti mascherati muoversi in una stanza, che cercavano di catturarlo… e di sfuggirgli.

Sentì delle urla. Urla di bambini, da qualche parte. E corpi sul pavimento. Sangue. E le urla. Le urla erano anche peggio. Sentiva la mente scoppiare, come allora.

Scott era terrorizzato. Non aveva memoria di un terrore così totale. La mente pulsava, faceva male. Poi un volto si presentò davanti ai suoi occhi. Un vecchio. Capelli bianchi. Una cicatrice sull’occhio destro. La mascella pronunciata. Barba ispida. Il volto che lo rincorreva ogni notte nei suoi incubi!

Fu allora che Scott non riuscì più a controllarsi. Il terrore di quell’uomo abbatté tutte le sue barriere.

Lo sto facendo di nuovo! Pensò, ma quel pensiero si perde nel resto.

Chiuse gli occhi. E sembrò la fine del mondo.

 

Rumori. Urla. Le voci nella sua testa erano sparite. Intorno era solo nebbia. Le urla rimbalzavano sulle pareti. Scott non sapeva cosa stesse succedendo, ma il suo corpo sapeva come muoversi. Vide ombre nella nebbia. Ombre che non toccavano il suolo. E le urla degli agenti, urla di uomini che hanno perso ogni appiglio. Poi sentì le voci che aveva imparato a conoscere bene, le voci che da mesi sentiva nella sua testa. Ma adesso erano là fuori, tra gli agenti. Le sue mani sembravano controllare la nebbia.

 

All’improvviso avvertì una presenza dietro di sé. Qualcosa che riluceva attraverso la nebbia. Era rosso, fiammeggiante.

Scott si voltò e aprì gli occhi. Si trovò di fronte un angelo. Dimenticò tutto il resto. Davanti a lui c’era la ragazza più bella che avesse mai visto. I suoi capelli biondi sembravano mossi dal vento. E i suoi occhi, verdi, luminosi, gli impedivano di guardare altrove. Camminava verso di lui, con un sorriso malizioso. Aveva un cappotto rosso, lungo, elegante. Arrivò a qualche metro da lui e aprì il cappotto. Sotto aveva una gonna nera, molto corta, ma non fu quello ad attirare il suo sguardo. Allacciate alla vita aveva due pistole. La ragazza le estrasse con una velocità sorprendente e le puntò contro di lui. Non smise di sorridere, mentre sussurrava: “Sogni d’oro, bellezza”.

 

Due spari. Lo colpirono al petto. La nebbia di dissolse. Le voci ritornarono nella sua testa. E tutto divenne nero.

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Capitolo 3
*** Risveglio - Uno dei sei ***


3

Risveglio

Uno dei sei

 

 

Si vegliò sdraiato su qualcosa. Gli avevano bendato gli occhi. Attese qualche momento, cercando di ricordare quello che era successo. Presto gli tornò in mente tutto, ma era così distante, distaccato… come se fosse successo tanto tempo fa… o a qualcun altro.

C’era qualcun altro nella stanza. Oltre a sentirlo dai suoi movimenti, poteva quasi dire di percepirne la presenza. L’avevano preso alla fine. Le voci nella sua mente tacevano, come addormentate.

“ Dove mi trovo?” chiese Scott a chiunque ci fosse nella stanza.

“ Sei in un laboratorio.” Era la voce di una ragazza. Ma non era quella che lo aveva incantato. Che gli aveva sparato.

“ Cosa mi state facendo?”

“ Niente di quello che pensi Scott.” La ragazza gli si avvicinò. “ Ora ti toglierò la benda dagli occhi.”

Scott si ritrasse istintivamente al tocco delle sue mani fredde, ma pensò che quella poteva essere l’occasione giusta per attaccarla.

“ Prima che te la tolga, voglio dirti che i tuoi poteri non hanno effetto su di me. È per questo che hanno lasciato me qui. Intesi?”

Gli tolse la benda. Scott provò comunque a fissarla negli occhi, come stava imparando a fare istintivamente. La ragazza gli rispose con un sorriso dolce. Aveva i capelli neri, corti. Portava gli occhiali. Era molto graziosa.

“ Io mi chiamo Helen, lieta di conoscerti.” Disse la ragazza.

Scott si guardò in giro. Sembrava la stanza di un ospedale, ma era piena di strane attrezzature. Aveva delle flebo inserite nel braccio. Un altro macchinario era collegato alla sua testa.

“ Sei tu che mi stai facendo questo?” chiese Scott.

La ragazza sorrise di nuovo. “ No. La mia preparazione medica non mi consente di trattare con agenti come te. Agenti del tuo potenziale.”

“ Perché mi hai chiamato agente?” chiese Scott senza smettere di guardarsi intorno.

“ Perché è quello che sei. Quello che sono anch’io.”

“ Per questo i miei poteri non hanno effetto su di te?” chiese ancora.

“ No. Non puoi colpirmi perché, in un certo senso, siamo fratelli.” Disse Helen, poi aggiunse, prevenendo la domanda di Scott. “ Di questo parleremo dopo. Ce ne sarà tempo. So che hai altre domande più urgenti.”

Scott ci pensò un attimo e chiese: “ Sono diventato un topo da laboratorio, vero?”

“ No, per niente. Queste macchine che vedi, servono solo a inibire i tuoi poteri. Giusto il tempo di farti spiegare il necessario. Hai steso 8 agenti speciali là fuori. Capirai che è una procedura necessaria.”

Scott sorrise: “ Stai forse dicendo che mi lascerete andare, dopo?”

Stavolta Helen non rispose al suo sorriso: “ Sto dicendo che quando avrai capito tutto, sarai tu a decidere di restare.”

 

La ragazza gli liberò le mani e le gambe. Scotto si mise seduto. Indossava una tuta asettica, bianca come tutto il resto lì dentro. Provò a scendere dal letto, ma barcollò. Se Helen non l’avesse sorretto, sarebbe caduto a terra.

“ Scusa. Ho dimenticato che gli inibitori ti hanno lasciato spossato. Sarà meglio che prenda delle stampelle.”

Si voltò per cercare le stampelle in un armadietto. Scott vide che aveva ancora una siringa infilata nel braccio. Fece per toglierla, quando Helen gli disse: “ Così ti farai male, Scott.”

Scott rimase di sasso. Helen era girata, non c’erano specchi. “ Come hai fatto a vedermi?”

“ Non sei l’unico ad essere speciale qui dentro. Ecco le stampelle.”

 

“ Ci siamo già incontrati io e te. È successo più di quattro anni fa. È stato allora che ci hanno portato qui, eravamo in sei. Abbiamo cominciato quello che potremmo definire… corso di preparazione. Ci hanno divisi subito e da quel momento non abbiamo più avuto tue notizie. Sei come sparito nel nulla.”

“ Sono… sparito?” chiese Scott. Erano nel corridoio, ma ormai non gli importava dove stessero andando.

“ Sì. Ovviamente dalle cartelle risulterà che eri in qualche programma speciale. Ma non c’erano programmi speciali, ne sono quasi sicura. In tutto questo tempo non siamo riusciti ad avere altre notizie: pensavamo ti avessero chiuso da qualche parte, in isolamento. O che ti avessero ucciso.”

“ Quello che stai dicendo non ha senso.” Disse Scott.

“ No. Come non ha senso che un solo ragazzino di nemmeno quattordici anni uccida diciotto agenti senza muovere un dito.” Disse Helen senza voltarsi.

“ Allora era vero… ho… ho ricordato qualcosa prima…”

“ Sì, il capo ha detto che forse col tempo ricorderai anche il resto. Non è sicuro però. Da quello che so, nessuno sa niente di preciso sul tuo conto. Quindi non credere mai ciecamente a quello che ti diranno. Ci sono solo ipotesi, non certezze. Questo ovviamente è solo un mio consiglio.” Disse la ragazza.

“ Perché?” chiese Scott.

“ Perché cosa?”

“ Perché mi stai dando questo consiglio? Tu sei dalla loro parte.”

Helen, si voltò. Il suo sorriso sembrava sincero. Non riusciva a credere che stesse mentendo. Eppure cerca molta fermezza nei suoi occhi. C’era molto di più.

“ Loro mi hanno aiutata a capire chi sono. Mi hanno mostrato una strada che ho scelto di seguire. Ma non posso dire di essere dalla loro parte.” gli si avvicinò, quasi contando i passi. Continuò, a bassa voce: “ Ci sono cose… cose che devo scoprire e solo restando ne avrò la possibilità. Voglio aiutarti per due motivi. Perché anche tu hai delle domande e solo qui troverai le risposte. E perché tu sei uno dei sei. Solo con te siamo completi. Spero che terrai per te queste informazioni. Anche qui, ci sono segreti da mantenere.”

Helen si voltò senza aspettare risposta. Scott continuò a seguirla, appoggiandosi alla stampella. Quanto desiderava che le voci riprendessero il loro normale chiacchierio. Almeno avrebbe avuto qualcosa di familiare a cui aggrapparsi.

 

“ Chi sono gli altri quattro?”

“ Karen devi averla già incontrata. Solo lei avrebbe potuto fermarti.”

“ La ragazza che mi ha sparato!” sbottò Scott.

“ Sì, lei. Può essere un po’ drastica a volte… ma con te penso che anche io avrei fatto lo stesso. Spero lo capirai. Ti ha sparato dei tranquillanti.” Disse Helen. Anche se era di spalle, capì che stava sorridendo.

“ E gli altri?”

“ Li conoscerai presto. Ti sto portando da loro, oggi sono tutti qui. Penso sia meglio per te conoscere prima il resto della squadra e poi il resto dell’organizzazione. Così avrai qualche punto di riferimento.”

 

Arrivarono ad una stanza, all’apparenza identica a tutte le altre. Ormai aveva calcolato che quel posto fosse lungo diversi chilometri, e le stanze si susseguivano sempre identiche, con le porte situate secondo la stessa logica. Non un’eccezione, non un’anomalia. La cosa che più trovava incredibile, in ogni caso, era il fatto che non avevano incrociato nessuno nei corridoi.

 

“ Sei pronto a conoscere gli altri, Scott?”

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Capitolo 4
*** Il piano inferiore - Ian e Iago ***


4

Il piano inferiore

Ian e Iago

 

Helen aprì la porta e Scott rimase spiazzato. Era un comunissimo ascensore, grande un paio di metri quadrati. Un grande specchio rimandava indietro la loro immagine. La ragazza rise alla sua espressione stupita.

“ Anche questo serve per confondere. Dobbiamo scendere al piano inferiore.”

Dall’indicatore sulla porta, doveva dedurre che ci fossero almeno quattro piani sotto il livello del suolo. Se non si trovavano già ad un livello inferiore, pensò.

“ Forse quando saremo giù vedrai qualcosa che ti lascerà stupito. Penso sia normale. L’importante è che rimani accanto a me, qualsiasi cosa succeda. Gli effetti degli inibitori non sono ancora svaniti e saresti troppo vulnerabile. Tienilo a mente.”

Scott guardò la sua immagine allo specchio. Pallido come sempre, i suoi occhi saettavano dappertutto

Qualche secondo dopo le porte si aprirono. Si trovavano in una palestra enorme, ma quella era solo la prima impressione. C’erano attrezzi che non aveva mai visto. Su una parete era stata ricostruita una parete rocciosa, dall’altro c’erano strade asfaltate e sagome di persone. Tutto sembrava così reale da mettere i brividi. All’improvviso vide qualcosa sfrecciare verso la parete rocciosa. Contemporaneamente vide un ragazzo grosso come un armadio che cominciò a scalare la parete. Aveva un’agilità inimmaginabile per la sua stazza. Aiutandosi con le mani, fece due salti, arrivando quasi a metà della parete; a questo punto si voltò e si lanciò nel vuoto. Chiuse il pugno, preparandosi a colpire. Scotto riuscì solo a distinguere qualcosa di bianco che sfrecciava contro il bestione. Il ragazzo grosso colpì. Si sentì rumore di metallo, poi qualcosa si schiantò al suolo. Il pavimento era di un materiale sconosciuto, capace di assorbire gli urti.

“ Sei troppo lento Ian!” gridò il ragazzone.

Scott seguì il suo sguardo e vide che si stava riferendo ad un ragazzo magro. Era lui quella cosa bianca che aveva visto sfrecciare in aria! Scott lo capì subito, anche se crederlo gli era ancora difficile.

“ Hai avuto solo fortuna!” disse il ragazzo magro. Poi so voltò verso di loro. “ Hey è tornata la principessa Helen dei Ghiacci. Come va sorellina?”

Mentre parlava, mise le mani dietro la schiena, poi fece il gesto di lanciare qualcosa contro di loro. Scott non vide assolutamente niente. Sentì solo Helen che faceva cadere la cartella che aveva in mano e metteva le mani avanti, come a voler respingere qualcosa.

Un istante dopo, Scott vide cadere a terra quattro shuriken, le tipiche armi dei ninja, che somigliavano ad una stella a quattro punte. Solo che questi shuriken erano completamente ghiacciati.

“ Quante volte devo dirti di controllarti Ian! Poteva essere pericoloso!” gridò Helen.

“ Ma così è più divertente, no?” rispose Ian.

“ Idiota” mormorò Helen. Poi lanciò uno sguardo a Scott. “ venite qui un attimo. Devo presentarvi una persona.”

In un attimo i due ragazzi gli si avvicinarono. Finalmente guardarono Scott.

“ È il tuo ragazzo, principessa?” chiese Ian.

“ Smettila, cretino! Comunque penso che voi due vi siate già visti.”

Scott annuì. Fino a quel momento era stato in silenzio ad osservare. Stava accadendo tutto così velocemente. “ Sì ci siamo visti… ieri?” Era il ragazzo sullo skateboard, quello che aveva incontrato prima di salire sul pullman. Quello che nella sua memoria continuava a gridare.

“ Sono passati tre giorni, fratello. Comunque io sono Ian del vento, piacere di conoscerti.”

“ Ancora con questi nomignoli, sono infantili.” Sbottò Helen.

“ E dai, lo sai che Linus ci tiene. Comunque, piacere.” Ian tese la mano e anche Scott si presentò.

Ian era un po’ più basso di lui, ma aveva un fisico perfetto. Non era niente confronto ad Iago, ma era un fascio di nervi e muscoli. Scott valutò che doveva avere un’agilità incredibile. I capelli biondi erano in disordine, come l’altro giorno, la faccia rotonda, abbronzata. Sembrava un surfista di una di quelle immense spiagge australiane. Solo più basso. Scott non riusciva a collegare quel viso così solare all’urlo che sentiva ancora nelle orecchie.

“ Lui invece è Iago delle rocce. Scusa, solo Iago.” Disse Ian.

La stretta di Iago era molto più salda. Aveva un faccione simpatico, di quelli che ti fanno sperare di trovarlo sempre sorridente. Era alto, grosso, un ammasso di muscoli. Iago delle rocce. Qui era facile capire il perché del soprannome.

Helen si fece avanti di nuovo. “ Ragazzi… lui è il sesto.”

Ian e Iago rimasero un attimo in silenzio, stupiti. Poi risero entrambi. Iago gli diede una pacca sulla spalla che quasi lo buttò a terra.

“Allora è vero!” esclamò Ian. “Pensavamo fossero solo voci! Benvenuto nel gruppo allora.”

Scott rimase sconcertato. Con Helen era stato più normale. Era simpatica, ma distaccata, professionale. Quei due ragazzi sembravano in pieno intervallo scolastico! Possibile che anche loro fossero agenti? E che razza di organizzazione era quella?

“ Hai già conosciuto Linus?” chiese ancora Ian.

“ Ehm… no, non ancora. Conosco solo voi tre” Disse Scott.

“ E che aspetti! Hai bisogno anche tu di un soprannome se vuoi far parte della squadra!”

Iago ne rise, dando una botta sulla schiena di Ian. Questi si buttò a terra, come se fosse stato colpito da un macigno. Nemmeno Scott riuscì a trattenersi questa volta, e scoppiò a ridere. Helen era accanto a loro.

 

“ Ok, fratello, adesso dobbiamo riprendere l’allenamento.” Disse Ian.  Scott non era abituato a sentirsi chiamare in quel modo.

“ Già. Ricominciamo daccapo. E stavolta cerca almeno di colpirmi.” Disse Iago.

 

“ Possiamo fermarci un attimo, Helen?” chiese Scott.

“ Qualcosa non va?” chiese la ragazza, allarmata.

“ No, no. Volevo vedere l’allenamento. Finora mi hai parlato delle vostre capacità… ma non so niente di concreto.” Spiegò Scott. Sperava di risultare credibile, ma non sapeva come risultasse la sua faccia quando mentiva.

“ Sì certo. Spostiamoci di qui, però. Quei due non sono molto attenti quando si allenano.”

Helen lo guidò in una stanza nascosta. Da lì potavano osservare il campo senza rischiare di essere colpiti. Scotto continuò ad appoggiarsi alla stampella, anche se sentiva di poterne fare a meno adesso. Doveva fare una cosa, prima di continuare. Soprattutto, doveva capire se la sua intuizione era giusta.

 

Ci siete?

Nessuna voce gli rispose. No, non andava bene.

Fuori i ragazzi avevano cominciato ad allenarsi. Scott non li degnò di uno sguardo. Aveva altro a cui pensare.

Gli effetti degli inibitori stavano svanendo. Era il momento per provare.

Immaginò nella mente la situazione ideale, come era stato il suo primo (ed unico per il momento) giorno di scuola. Immaginò di trovarsi in un caffé, un posto ben tenuto, accogliente. Tavolini e sedie erano in legno, come anche il bancone. Il grande specchio dietro il bancone, costellato di bottiglie di liquori, rimandava l’immagine di un tranquillo locale di periferia. La luce era soffusa, nessuno che veniva a disturbarti. Era perfetto.

 Scott era seduto ad un tavolino, da solo. Davanti a lui non c’era nessuno. Ma sentì qualcuno che prendeva posto nel tavolino dietro di sé. Non poteva voltarsi, ma in fondo non ne aveva bisogno. Sorrise.

Ci siete allora.

Non ci siamo mai mossi di qui, jushi. Solo che tu eri troppo intontito per sentirci. Disse la prima voce. Erano in tre come sempre.

Allora sapete anche cos’è successo l’altro giorno? Chiese Scott.

Certo che lo sappiamo. Farsi fregare in quel modo da una stupida jushika è stato davvero… stupido! Rispose il secondo. Era quello che parlava più spesso. Era quello che l’aveva convinto a scappare.

Cosa?

Lascia perdere, pund, non ti sta seguendo. Era di nuovo il primo. Quindi… il secondo era pund. Qualsiasi cosa volesse dire.

Sentite, lasciate perdere per il momento. Io non lo so che sta succedendo! Ho bisogno di chiedervi una cosa.

Quello che vuoi, jushi. A proposito, carino questo posto. Pund sembrava davvero compiaciuto.

Devo sapere che sta succedendo qui.

Fu la prima voce a parlare. Qui intendi in questo istituto… o qui nella tua testa?

Per adesso ho bisogno di sapere con chi ho a che fare. Voi sapete cose che io non ricordo. Dovete essere i miei occhi.

A quel punto, per la prima volta, parlò anche il terzo. Finora era stato in silenzio, ma la sua presenza era palpabile. La sua voce metteva i brividi.

Il jushi comincia ad avere bisogno di noi.

Pund e l’altro rimasero muti. Nemmeno un sospiro.

Scott insistette. Potete farlo?

Lascia fare a noi, disse pund.  Tu pensa solo a continuare a fingere di non sentire niente. E se lo vuoi sapere, sei bravo a fare il tonto.

Per adesso poteva bastare. Era folle pensare che quelle voci non gli appartenessero… ma almeno non era costretto a dividere i suoi pensieri con loro. In fondo, non sapeva se poteva fidarsi di loro.

Finalmente guardò verso il campo. Non sapeva di preciso quanto tempo fosse passato, ma non dovevano essere stati più di cinque minuti. Eppure sul campo sembrava fosse passato un uragano.

I due ragazzi erano fermi al centro, uno di fronte all’altro, affannati. Intorno a Iago c’erano decine di shuriken conficcati a terra. Il ragazzo impugnava una spada enorme.

Di fronte a lui, Ian stringeva 2 shuriken. Era in posizione d’attacco. Sul suo viso un sorriso di sfida. “ Stavolta ci sono andato vicino, vero?”

“ Non abbastanza” rispose Iago.

“ Ho passato la tua difesa.”

“ Ma non mi hai colpito.”

 

Helen si alzò dicendo: “ Che ne dici di andare via? Non li sopporto quando fanno così. Finiranno per farsi male.”

“ Ma…” che hanno fatto? stava per chiedere, ma chiuse subito la bocca. Non poteva far finta di non aver visto niente.

Jushi, sei fortunato che ‘sti due non sono tuoi nemici.

Vuoi dire che mi posso fidare di loro?

No. Voglio dire che non ti conviene averli contro.

“ Ok” disse. “ Andiamo.”

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Capitolo 5
*** La terza voce - Linus delle ombre ***


5

La terza voce

Linus delle ombre

 

 

“ Sei diventato silenzioso”, notò Helen, mentre l’ascensore li riportava al piano superiore.

“ Eh… scusa. Stavo pensando. Ma da quant’è che siete qui? Voi cinque, voglio dire.”

“ Io sono stata la prima. È stato quasi cinque anni fa. Ian e Iago sono arrivati subito dopo. Sono cugini, penso di non avertelo detto.”

“ No. Sono molto… affiatati.”

“ Il paese in cui vivevano è stato raso al suolo. Secondo la tv è stato l’incendio del bosco accanto, ma noi sappiamo che non è così. Da quando sono qui hanno imparato a contare su loro stessi.” Spiegò Helen. Non c’era emozione nella sua voce, come se si stesse costringendo ad essere professionale.

“ Cosa è successo al villaggio?”

“ Penso che te lo dirà l’agente Norman. È da lui che devi andare dopo. E comunque, c’entra con il motivo per cui siamo qui.”

Posso fidarmi di lei?

È troppo carina per mentire! Rispose subito pund.

Smettila non mi serve un pagliaccio adesso!

Sì, sì. E comunque non ti sta dando informazioni vitali. E ti sta guardando, quindi non rimanere in silenzio.

Ma non mi sta guardando! È voltata in avanti!

Ti vede eccome, stupido jushi!

“ Sembrano forti” buttò lì, tanto per dire qualcosa.

“ Lo sono… e parecchio. Dovresti vederli in azione.”

“ Scusami Helen… ma come posso esservi d’aiuto? Ho scoperto solo qualche mese fa di avere questi… poteri. Non so nemmeno usarli!”

Helen sorrise. “ non preoccuparti di questo. È davvero l’ultimo dei problemi.”

Ci stanno seguendo. Era di nuovo la voce del terzo, così profonda e roca.

Ne sei sicuro? Chiese Scott.

Gar non sbaglia mai, jushi. Si intromise il secondo. Ora era l’unico di cui non conosceva il nome.

Sono in due. Ora sono in tre. Tieniti pronto. Disse gar.

Pronto per cosa?

Per fare il tuo dovere! La voce di gar gli metteva i brividi, non poteva evitarlo. Quando parlava, anche pund e l’altro tacevano.

Finora non avevano incrociato nessuno nei corridoi, il che ovviamente non significava che non c’era nessun altro lì. Gar aveva detto che li stavano seguendo… e gar non sbagliava mai. Era una stronzata, lo sapeva. Ma decise di fidarsi.

 

Helen girò l’angolo e Scott la seguì.

“ Penso che ci stiano seguendo… Helen?” Scott si fermò. Davanti a lui non c’era nessuno.

Che significa? È un’illusione?

No, tora sa vedere oltre le illusioni. E questa non lo è.

E allora dov’è Helen? Chiese di nuovo Scott.

Si guardò intorno. Non c’erano porte, non c’erano nascondigli. Solo infinite pareti bianche e il pavimento di cemento. Nessun rumore. Helen era semplicemente sparita.

 

Dietro di te! Gridò pund.

Scott si voltò di scatto, pronto a colpire. Ma il corridoio era deserto. Lui non aveva sentito niente. Che stava succedendo?

Sono veloci. Era la voce di tora.

Quanti sono? Chiese Scott.

Quattro.

Perché non li vedo?

Perché non ci sono, idiota! Starnazzò pund.

Sì, davvero non c’era nessuno lì. Forse erano dentro quelle stanze… ma non gli sembrava credibile. Attese, con ogni cellula del corpo pronta ad agire.

 

Ci stanno girando intorno.

Stavolta a parlare fu gar. E Scott ne fu contento. Era terribile, vero, ma sembrava sapere quello che faceva.

Riesci a sentirli?

Sì. Sono in quattro e sono veloci. Non possiamo rimanere qui.

Alla fine Scott si arrese: che devo fare?

Per un attimo credette che gar non gli avrebbe risposto. Ma alla fine fu lui a parlare:

C’è una sola cosa da fare. Dobbiamo uscire allo scoperto.

Quello che disse dopo era talmente pazzesco che Scott non provò nemmeno a contraddirlo. Era follia. E in quel momento, era l’unica cosa alternativa che aveva. Doveva fidarsi di gar.

Ora!

 

Scott corse in avanti. Doveva trovarsi al centro dei due corridoi che si intersecavano. Secondo gar, in quel momento sarebbe stato attaccato da tutti e quattro i lati contemporaneamente.

Scott si fermò al centro. Si guardò intorno. I nervi tesi, il cuore che batteva forte. Ma non vedeva niente.

Al mio segnale incrocia le mani davanti agli occhi, come se volessi parare un pugno, aveva detto gar.

Scott attese il segnale. All’improvviso sentì uno spostamento d’aria. Si voltò, terrorizzato.

Vai! Urlò gar.

Quando incroci le mani, lasciaci andare. Scott non sapeva cosa diavolo significava… ma in qualche modo lo fece. Li lasciò andare. Sentì qualcosa staccarsi da lui… come se gli avessero stracciato la maglia di dosso. O la pelle stessa. Non fu doloroso. Fu semplicemente irreale. E all’improvviso, le voci che sentiva nella testa, ora erano nella stanza accanto a lui.

Un istante dopo, un pugno colpì davvero le sue mani. Scott strinse, per fermare il nemico.

Pund, tora e gar erano accanto a lui, di schiena. Avevano formato un quadrato, ognuno di loro aveva di fronte un avversario. Scott non poteva voltarsi. Tutto sembrava essersi fermato.

Chiuse gli occhi e improvvisamente vide il mondo da tre punti di vista differenti. Vedeva gli altri tre corridoi, a destra, a sinistra e dietro. Ma la figure che vedeva davanti erano tutte identiche.

Riaprì gli occhi. Il ragazzo che aveva di fronte, ritirò il pugno.

“ Però, sei forte!”

 

“ Chi sei?” chiese Scott.

Gli altri ragazzi erano spariti e anche le voci erano tornate dentro di lui. C’erano solo lui e questo strano ragazzo.

“ Io sono Linus delle ombre, è un onore conoscerti” fece persino un mezzo inchino. Aveva degli orecchini neri a forma di croce ad entrambe le orecchie e un piercing sul labbro inferiore. Il taglio dei capelli era decisamente originale, ma adesso a Scott non importava niente.

“ Sai chi sono?”

“ Io penso di sì. Ma tu sai chi sei, Scott degli Spiriti?”

Scott fece un mezzo passo indietro. Era completamente disorientato. Disse la prima cosa che gli venne in mente.

“ Dov’è Helen?”

“ Oh, si è presa una pausa. Voleva che io scoprissi i tuoi poteri. Sei un fenomeno!” gli afferrò la mano e gliela strinse.

“ Sapevo che cinque non era il numero giusto, l’ho sempre detto. Comunque senti: sei uscito allo scoperto di proposito vero? Volevi che ti attaccassi.”

Scott fu indeciso se mentire o dire la verità. Ma quel ragazzino gli era simpatico. Non stava fermo un attimo, sembrava un bambino. E le voci tacevano.

“ Per la verità, non sapevo niente. Ancora non ho capito cosa è successo.”

Linus sgranò gli occhi. “ Graaaaande!!”

Le voci nella sua testa tacevano. Linus si avvicinò al suo volto, quasi a sfiorarlo con il naso. Lo guardò dritto negli occhi, ma Scott non si fece indietro. Poi Linus sbottò: “ tzè, non funziona!”

“ Cosa?”

“ Non riesco a leggerti nella mente. Sei davvero uno di noi, allora! I miei poteri non funzionano sugli altri cinque. E nemmeno quelli di Helen.”

“ E quali sarebbero i tuoi… poteri?” chiese Scott.

“ io sono Linus, il signore delle ombre, per servirti” fece un inchino in modo molto appariscente e Scott rimase incantato dalla sua ombra. Si muoveva autonomamente, si allungò, si divise in due e si staccò dal pavimento. In un attimo presero forma altri due Linus e anche loro si inginocchiarono. Erano identici a lui, solo gli occhi erano diversi: i cloni non avevano la pupilla.

Scott sorrise. “ Piacere di conoscerti, Linus.”

“ Adesso penso che dovrei accompagnarti dal maestro, altrimenti Helen mi scuoia vivo. Me e tutti i miei cloni.”

Si incamminarono per i corridoi e Linus si dimostrò l’esatto opposto di Helen. Non faceva che girargli intorno e fare domande.

“ Non ti sei ancora allenato qui, vero?”

“ No, nessun allentamento.”

“ Allora ti sfido. I miei cloni contro i tuoi fantasmi!”

“ Linus… io non so di cosa stai parlando…”

“ aaahh! Lo sapevo, non vuoi svelare i tuoi trucchi. E non posso nemmeno leggerti la mente. Che culo. Vabbè, tanto di batto lo stesso.”

Continuarono a camminare per un po’. Scott non riusciva a credere che quel posto fosse così grande. Aveva camminato per chilometri ormai! Ma aveva altro a cui pensare adesso.

Aveva lasciato la stampella da qualche parte indietro. Non ne aveva bisogno.

“ È stata Helen a chiederti di attaccarmi?” chiese Scott.

“ Sicuro. Voleva sapere che poteri avevi. Sai, girano strane voci su di te.” Disse Linus, sorridendo.

“ Su di me? Ma se sono appena arrivato!” disse Scott. Ma se era così, perché quel posto gli sembrava così familiare?

Pund? Chiamò.

Sono Tora. Ci sono solo io adesso. Era la prima voce.

Dove sono gli altri?

Non fare domande stupide.

Sono già stato qui?

Sì. In un certo senso… sei sempre stato qui.

Che vuoi dire?

O che non te ne sei mai andato davvero. Fai un po’ tu.

Perché pund voleva scappare?

Pund è un vigliacco. Tu non sei costretto ad assomigliargli.

“ Hey, tutto apposto?” gridò Linus, sventolandogli una mano davanti alla faccia.

“ Che c’è?” disse Scott.

“ Ti sei straniato. I tuoi occhi sembravano più grandi. Cazzo mi hai messo i brividi! Me l’aveva detto Helen che potevi fare questo effetto, ma non ci avevo creduto.”

“ Scusa. Stavo cercando di capire una cosa.”

“ Cosa?” chiese subito Linus.

“ Ho l’impressione di essere già stato qui. Non so perché.” Ammise Scott alla fine. Per qualche motivo, Linus gli era simpatico.

“ Certo che sei stato qui! Sei venuto insieme a tutti noi. Solo che poi sei sparito, non chiedermi perché.” Linus guardò l’orologio. “Ora però è meglio che ti porti dal professore. Già se la prendono sempre con me perché faccio tardi.”

“ Chi è il professore?”

“ Basta con le domande. Ti va una corsa? Ti avverto che sono molto veloce.” Poi senza aspettare risposte da Scott, gridò: “Via!”

 

Era incredibile. Sfrecciò via ad una velocità disumana. Ma quello che lo sorprese ancora di più, era che riusciva a tenere il suo passo! Gli sembrava di correre normalmente, ma vedeva i corridoi sfrecciare su entrambi i lati. Era pazzesco.

“ Ora si fa più difficile. Seguimi!” gridò Linus.

Spalancò le braccia. Distese le dita. Dal pavimento si alzarono due perfetti cloni di Linus. In un attimo si scambiarono di posto e Scott non riuscì a seguire il vero Linus. Improvvisamente i cloni imboccarono due corridoi diversi.

Scott stava per fermarsi. Non sapeva quale doveva seguire, quando una voce gli tuonò dentro la testa.

Destra! Era Tora. Quello che sapeva vedere attraverso le illusioni. Doveva tenerlo a mente. Per il momento si lanciò a destra.

Linus ripeté il trucco altre due volte. Tora gli gridò la direzione da seguire. Si fermarono alla fine davanti ad una porta.

“ Grande! Sei il primo che riesce a starmi dietro! Come diavolo hai fatto?”

Scott stava per rispondere, quando Linus lo fermò. “ Lo so, lo so, non me lo dirai. Sembri uno di quegli stramaledetti prestigiatori che non ti spiegano mai il trucco! Comunque non capisco perché Karen abbia detto che sei una schiappa. Per adesso sei andato alla grande.”

“ La ragazza con le pistole?”

Linus strabuzzò gli occhi. “ Karen ha il fisico di una dea… e tu ti ricordi le pistole!!”

“ Mi ha sparato.” Si giustificò Scott.

“ Dio, poi dicono che io sono quello strano.” Aprì la porta e Scott vide un’altra ascensore.

“ Il prof ti aspetta al piano superiore.”

“ Tu non vieni?” chiese Scott.

“ No, per carità. Già ho avuto la mia razione per questa settimana. Buona fortuna. È al piano di sopra.”

Linus corse via. Scott entrò nell’ascensore.

 

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Capitolo 6
*** Il Maestro - Fattore K ***


6

Il Maestro

Fattore K

 

 

Le porte si chiusero. Ora era di nuovo da solo. Sapeva che quando le porte si fossero riaperte avrebbe avuto le risposte che cercava. Ormai solo quello contava. Certo, i ragazzi sembravano simpatici… ma erano comunque degli estranei.

Scott aveva bisogno di capire perché quel luogo gli sembrava così familiare. E che significavano tutte quelle frasi lasciate così in sospeso? Che gli stava succedendo?

Ci siamo, ragazzi. Pensò, rivolto alle voci.

Non dovremmo essere qui, lo sai vero, jushi? Era la voce di pund.

Perché? Sto cercando delle risposte, e finalmente qualcuno mi potrà rispondere.

Stai facendo il loro gioco. Ti hanno spinto fino a qui e tu non hai nemmeno opposto resistenza!

No, ho scelto io di venire qui!

O ti sei lasciato convincere dalla bella Helen?

Sta zitto, adesso.

Che pund avesse ragione? No, non doveva pensarci. In fondo era troppo tardi. Non contava più se avesse preso quella decisione da solo o no. Ormai era lì. Se era una trappola, avrebbe cercato una soluzione.

Per un istante, un solo istante, pensò che in fondo non aveva niente da perdere. Niente esisteva, fuori di lì.

 

Le porte dell’ascensore si aprirono. Scott quasi desiderò che gar dicesse qualcosa, ma era solo in quel momento. Fece un passò e si trovò in una stanza adatta ad un presidente. Dal pavimento di moquette, ai divani in pelle, la scrivania mastodontica, le pareti costellate di quadri, alla libreria immacolata. Eppure sembrava troppo irreale per essere vero. Era solo una copertura. Come tutto quello che aveva visto fino a quel momento, anche questa stanza era sterile, precisa e funzionale.

Accanto alla grande finestra, c’era un uomo, di spalle. Fuori il panorama era completamente anonimo: si vedevano altre costruzioni come quella in cui si trovava, una strada deserta, dei prati di un verde perfetto. Ma Scott non aveva tempo per quello. Ci concentrò sull’uomo. Il suo completo sembrava impeccabile, i capelli grigi ben ordinati.

“ Lieto di rivederti, jushi.”

Scott si immobilizzò. Non sapeva cosa significasse, ma solo pund, tora e gar lo chiamavano in quel modo.

“ Chi sei?”

“ Mi chiamano Maestro, o Capo. A volte Boss. Non tengo molto alle etichette.”

Quel tipo non gli piaceva. Già dalla voce, dal movimento della sua testa. Scott aveva tutti i sensi allerta. Nella sua testa stava succedendo qualcosa. Le voci si stavano agitando. Le chiamò per nome, ma non risposero.

“ In un certo senso” continuò il vecchio. “Potremmo dire che se voi sei siete fratelli… io sono vostro padre.”

Scott cadde in ginocchio, la testa tra le mani. Gli sembrava stesse esplodendo. In un istante sparì tutto, la stanza, il vecchio, il mondo intero. Il dolore era ovunque.

Vai via, andiamocene di qua! Strillò pund.

No! Voglio delle risposte!

Idiota, qui non le troverai! Stai solo…

La voce di pund si perse nel frastuono.

 

L’uomo, il maestro, non si mosse affatto. Attese che si rimettesse in piedi poi continuò: “ Contavamo di riaverti nella squadra, Scott. Ci hai fatto penare non poco.”

“ Io… non sono in nessuna squadra! Voglio sapere che sta succedendo qui. Vengo aggredito su un pullman, vengo prelevato da un’agente… finisco qui dentro e tutti dicono di conoscermi!” urlò quasi Scott.

“ Era tutto organizzato. Ian ti stava sorvegliando. La rapina era una messa in scena. Ti volevamo qui, Scott. Ancora non capisci quanto tu sia importante, ma suppongo che sei venuto fin qui per scoprirlo, non è vero?”

Scott non rispose. Non gli era difficile credere che quella rapina fosse fittizia.

“ Non ricordi niente, vero?” chiese ancora il vecchio.

“ Cosa dovrei ricordare?” Un’altra fitta alla testa, proprio in mezzo agli occhi. Questa volta fu quasi più forte di prima.

“ Avresti parecchio da ricordare.” Il maestro si voltò lentamente. Lo fissò negli occhi. Era quello lo sguardo! “ Per esempio che in questa stanza, quasi cinque anni fa, tu sei morto.”

Scott sentì mancargli il respiro. Lasciò cadere ogni barriera, aprì la bocca senza voler dire niente. E in quel momento tutto cambiò.

 

Un urlo disumano gli esplose nella testa. Sentì qualcosa che gli squarciava il petto. Urlò, senza nemmeno accorgersene. Non capì niente di quello che stava succedendo. Sentiva pund che urlava… e anche tora. Sentì il mondo rovesciarsi e perse l’orientamento.

Si alzò in piedi senza aver intenzione di farlo. Fece un passo. Poi capì.

Fatti da parte, jushi!

Era gar! Aveva preso il controllo del suo corpo! E Scott si fece da parte, troppo confuso per sapere cosa fare.

Si avvicinò alla scrivania. Sentiva la rabbia di gar bruciargli la pelle. Afferrò la scrivania e la scagliò contro la parete, come se fosse di carta. “ Ci rivediamo, bastardo!”

“ Vedo che ci sei anche tu, gar”

Gar si lanciò in avanti per afferrarlo, quando tora gridò:

no è un’illusione! È sulla destra, contro il muro

pund! Prendilo! Tuonò gar.

Pund apparve all’improvviso e la mente di Scott si paralizzò. Era un fantasma! Non poteva distinguere le sue fattezze, era evanescente. Sembrava indossare degli stracci che pensavano da ogni parte, ma era impossibile capire altro. In una mano stringeva una katana.

Un attimo dopo vide il maestro contro il muro, nel punto che aveva indicato tora. Era come apparso dal nulla. Era spaventato.

Colpiscilo!

La spada di pund gli trafisse un braccio. Il maestro urlò. Gar rise. In un attimo gli fu addosso.

“ È la tua ora bastardo! Ho aspettato questo momento da molto più di una vita!” lo afferrò per la gola e lo sollevò contro la parete.

Il maestro cercò di divincolarsi, ma la stretta era troppo forte. Riuscì a sussurrare qualcosa. “Scott… Scott… ascoltami…”

“ Taci!” tuonò gar.

“ Se mi… uccide… non saprai mai… la verità”

Che devo fare? Urlò Scott, ma solo nella sua mente.

“ Ritorna… in te… scaccialo! Non farlo… decidere… per te…”

Scott si concentrò con tutte le due forze. Gli era venuta un’idea. Era folle, certo, ma ormai la follia sembrava la norma lì dentro. Dimenticò tutto il resto. I rumori, le voci, gli odori. Tutto. E all’improvviso si trovò di nuovo nel suo caffé. Era sempre la stessa ora, un tardo pomeriggio primaverile. Con un enorme sforzo, costrinse le voci a presentarsi lì. Erano di nuovo sedute dietro di lui.

No! È un assassino, un mostro! Ti userò per i suoi scopi e poi ti ucciderà! Lo ha già fatto anche con te! Urlò pund

Lasciaci andare, jushi.

No! Voi non siete niente! Voglio delle risposte e le avrò a modo mio!

Ti ha già ucciso una volta! Come puoi fidarti ancora!? Era tora. Aveva ragione. Ma non gli serviva saperlo.

Improvvisamente la stanza cambiò. Divenne una prigione. Tre brande, le sbarre di ferro.

Aspetterete qui.

Disse semplicemente. Era ora di tornare.

 

Ritornò in sé dopo qualche minuto. Era a terra, doveva essere svenuto. Del maestro non c’era traccia. Si alzò e si guardò intorno. Provò l’impulso di mettere a posto la scrivania, ma non lo fece. Nella sua testa le voci tacevano e stavolta era un bene. Non avrebbe mai immaginato che fossero capaci di tanto!

Sentì il rumore di una porta che si apriva e si voltò subito. Era un uomo sulla trentina, in un completo grigio molto professionale. Più che un agente sembrava un agente immobiliare.

“ Io sono l’agente Resk. Tu devi essere Scott. Ho dato un’occhiata alla tua cartella prima di venire. È la procedura.” Spiegò l’agente. Poi lanciò un’occhiata alla scrivania che era finita contro la parete.

“ Mi sa che sederci alla scrivania sia fuori discussione. Che ne dici del divano?” disse, sfoggiando un mezzo sorriso. No, non sembrava affatto un agente.

Si sedettero sul divano. Quello era ancora più strano. Sembrava una discussione così formale.

“ Dov’è il Maestro?”

“ Non saprei. Sono qui da sette anni e non l’ho mai visto.” Disse l’agente Resk.

“ Ma era qui qualche minuto fa! Ci ho parlato! Ho… sì comunque era qui.”

L’agente sorrise. “ Era una proiezione. Solo l’ennesima prova, suppongo. Il maestro ci ha lasciati molti anni fa. Ora non sappiamo dove si trovi. Ma non ti preoccupare, ha i suoi modi per mettersi in contatto con noi.”

Scott aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse. Aveva davvero pensato che il Maestro si fosse fatto aggredire così facilmente?

“ Ad ogni modo, siamo qui per parlare di te. Avrai molte cose da chiedermi, suppongo.”

 

“Sono già stato qui?” chiese Scott.

“ Sei arrivato qui cinque anni fa. Sei arrivato insieme a Helen, Iago, Ian e Karen. Sei stato il caso più eclatante degli ultimi anni.”

“ Un caso?” gli sembrava irreale parlare con uno sconosciuto che sapeva così tante cose su di lui.

“ Secondo i medici eri malato, ma non hanno mai capito che malattia fosse. Ma essendo orfano, non hai certo avuto il parere di molti specialisti. Il punto era che non eri affatto malato. Il tuo corpo stava reagendo al fattore K.”

L’espressione di Scott bastò per rendere chiaro che non aveva mai del fattore K.

 

“ Avrai visto in tv o almeno avrai sentito parlare di persone che riescono a fare calcoli a mente di decine di cifre… oppure di gente che riesce a ricordare tutto dopo una semplice occhiata. Il fattore K è un gene che permette di sviluppare una determinata abilità in modo a volte sorprendente.

“Ma finora non sappiamo da cosa derivi questo gene. Non è ereditario. Sembra svegliarsi spontaneamente in determinati individui.

“ A volte gli effetti sono praticamente inconsistenti. Maggiore resistenza, vista migliore… niente di eclatante. Questi sono i casi di livello 0. Gradualmente si assistono a fenomeni più o meno interessanti. Fino ad arrivare agli agenti. In loro il fattore K ha raggiunto un livello a cui è difficile nascondere gli effetti. Un ragazzo che con un pugno può schiantare un’auto in moto oppure una ragazzina che rimane sott’acqua per più di cinque ore non sono cose che passano inosservate.

“ Se sono fortunate, queste persone incontrano noi e scelgono di seguirci. Se non lo sono, be’… diventano un problema.”

Era abbastanza chiaro. Pazzesco, ma chiaro.

“ Anche io sono un agente, in questo senso?” chiese.

“ Non proprio. Tu e gli altri cinque ragazzi che conosci siete… fuori scala, per così dire.”

“ Che significa?”

“ Che le vostre capacità vanno ben oltre lo sviluppo delle potenzialità del corpo e del cervello umano. Voi siete in grado di manipolare la materia e chissà cos’altro.”

“ Siamo solo noi sei a poterlo fare?”

“ Il Maestro sapeva farlo. Sa farlo tutt’ora. Ma non sappiamo quanti ce ne sono come voi. Voi sei vi avevamo sotto controllo da molto tempo, dalla comparsa dei primi sintomi.”

 

“ Ma stavamo parlando di te. Ti portarono qui che eri quasi morto. Negli altri ragazzi lo sviluppo del fattore K non aveva portato conseguenze fisiche. Nel tuo caso, per qualche motivo, le funzioni vitali stavano rapidamente svanendo. I nostri medici provarono delle tecniche mai sperimentate prima, ma fu tutto inutile.

“ Nel laboratorio dove stavano cercando di curarti accadde qualcosa di inconcepibile. In qualche modo, hai ucciso diciotto uomini, prima di cadere a terra morto.”

 

“ Com’è possibile che io sia morto? Ci deve essere un’altra spiegazione.”

“ Sì, ci sono diverse ipotesi. Ma quel giorno, eri morto davvero. Il tuo cadavere fu deposto con tutti gli altri. Fu il Maestro a ordinare di riportarti in laboratorio. Tenemmo in attività il tuo corpo… il tuo cadavere potremmo dire. L’encefalogramma rimase piatto per quattro anni. Poi ti svegliasti e chiedesti da mangiare.” L’agente rise, e Scott avrebbe riso con lui, se non fosse stato troppo scosso da quello che stava sentendo.

“ Con questo il mio ruolo è concluso.” Disse l’agente, alzandosi in piedi.

“ Un attimo! Ho ancora un sacco di domande!”

“ Prova a farne una.”

“ Perché dovrei restare qui?”

“ Perché lì fuori c’è qualcuno che ti cerca. Che cerca quelli come te. Quelli come noi. Ed è meglio non farsi trovare impreparati da quella gente. Domani comincerai l’allenamento. Divertiti, Scott. Qui non è così male come sembra.”

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Capitolo 7
*** Karen della fiamma - I paladini ***


7

Karen della fiamma

I paladini

 

 

Scott tornò al piano inferiore. Stava cominciando ad ambientarsi un po’. Tornò nella sua mente e fece sparire la prigione. Gli sembrava che le voci fossero un po’ risentite, ma Scott non sentiva di dover chiedere scusa. Aveva cominciato a capire qualcosa. Non molto per la verità… ma aveva l’opportunità di sviluppare i suoi poteri. Avrebbe deciso in seguito, avrebbe avuto modo di osservare la situazione. Era bravo in quello.

Si aprirono le porte dell’ascensore e trovò Helen ad aspettarlo.

“ Mi sento un po’ come un ospite d’onore. Non ho ancora fatto un passo senza una guida.” Disse Scott. E aggiunse: “ O senza una guardia.”

Helen sorrise, dolce come sempre. “ Non farci l’abitudine Scott. È solo una disposizione momentanea.”

“ Ordini del Maestro?” fece Scott.

“ No, il Maestro non c’entra.” Fece una voce dietro di loro. Scott si voltò e rivide un volto che aveva già visto… ma in condizioni molto differenti. I suoi capelli biondi erano legati in una coda adesso, ma gli occhi verdi erano sempre gli stessi. “ Siamo stati noi cinque a decidere. Scoprirai che i nemici non vengono solo dall’esterno. Fino a che non saprai orientarti, ti faremo da balia.”

“ Tu dovresti essere Karen, giusto?”

“ E tu il ragazzo che è risorto.”

La ragazza tese la mano. Scott scoprì una cosa inquietante. Il suo fascino aumentava incredibilmente se la guardava negli occhi. Aveva addosso un abito che aveva visto solo nei film: calzoncini corti rossi, calze scure, stivali neri, e un lungo cappotto rosso che nascondeva tutto. Dava l’impressione di essere tanto bella quanto pericolosa.

Scott le strinse la mano con una punta di soggezione. Il suo sorriso, a differenza di quello di Helen, non aveva niente di dolce. Quello di Karen era un sorriso di sfida.

 

“ Dicono che sei forte. Almeno lo dice Linus” disse Karen.

“ Non ho ancora capito bene… i miei poteri. Non penso di essere al vostro livello.”

“ Questo è evidente. Avrai bisogno di un allenamento speciale, non temere. Comincerai domani.” Disse Karen con un sorriso malizioso.

Fu Helen a riprendere: “ Non dovrai lasciare la scuola, per ora. Né la casa dove abiti. Avrai permessi speciali e una scorta segreta, ma per il momento continuerai come gli altri giorni.”

“ E voi?” chiese Scott.

“ Anche noi abbiamo le nostre vite e le nostre identità fuori di qui. La regola è non incontrarci mai lì fuori. Mai fermarsi a parlare o a prendere qualcosa al bar. Siamo estranei.” Rispose Karen.

Si incamminarono tutti e tre per i corridoi ed entrarono in una stanza apparentemente vuota. Al centro c’era un grosso tavolo di ferro e al soffitto c’erano le solite lampade neon. Helen si guardò intorno, con attenzione. Karen attese con le mani sui fianchi.

È quella che ti ha sparato, vero? Era la voce di pund.

Proprio lei.

Ho una notizia da darti, jushi. Questa ragazza ha addosso un arsenale. Le pistole sono probabilmente le ultime cose di cui dovrai preoccuparti.

Non penso che voglia spararmi di nuovo.

Io non ci giurerei. Non mi piace quello sguardo.

“ Riesci a vederle, Helen?” Chiese Karen.

“ Sì, sono qui. Ma mi sembra strano che non ci siano congegni di sicurezza.” Rispose Helen.

“ Forse 348 agenti bastano come sicurezza.”

“ 348?” fece eco Scott. Le ragazze non gli diedero peso.

“ Ok, allora diamoci da fare.”

Helen si avvicinò al muro e tocco un punto apparentemente a caso. Si aprì un’anta che fino ad un attimo prima non esisteva. Dentro c’erano carte e documenti di cui Scott ignorava tutto.

“ Queste sono le mappe della base.” Disse Helen, svolgendo i rotoli sul tavolo. Scott la guardò e senti che pund, tora e gar facevano lo stesso. In un attimo aveva memorizzato gran parte dei dati.

Al piano terra, quello accessibile immediatamente dall’esterno, c’erano i magazzini e poco altro. Era la copertura, probabilmente. Al primo piano c’erano gli uffici, come quello in cui aveva incontrato il falso Maestro. Evidentemente era lì che operavano i dirigenti. A meno che non fosse tutta una copertura anche quella.

Al primo piano sottoterra c’erano loro e quelle infinite file di stanze tutte uguali. Scott notò parecchi ascensori e stanze che dalle carte risultavano vuote. In altre c’erano laboratori, sale, magazzini di armi ed equipaggiamenti vari. Lì sotto sembravano pronti a tutti.

Al piano inferiore c’erano le palestre e altre sale speciali, contrassegnate con delle sigle che per il momento Scott non poteva decifrare.

Ancora più giù cominciavano i piani Top Secret, di cui a parte la piantina, non c’erano iscrizioni.

All’esterno non c’era niente di eclatante: una rimessa di auto e una pista di atterraggio per elicotteri e poco altro di interessante.

 

“ Sembrate preparati per una guerra.” Fece Scott.

“ Siamo in guerra, Scott. Una guerra che va avanti da secoli. Ci siamo noi, gli Agenti, e ci sono loro, i Paladini.” Rispose Karen.

“ Paladini?”

“ Scott” intervenne Helen. “ Non è tutto così definito come dice Karen. Non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Ma è vero, ci siamo noi e ci sono loro. Devi solo decidere da che parte stare.”

“ E se non potessi decidere?” chiese Scott.

“ Allora avrai due nemici invece di uno” Rispose Karen.

 

Scesero di nuovo al piano inferiore e si trovarono in una grande mensa. Solo quando vide i banconi pieni di cibo sentì lo stomaco brontolare.

“ Sembra una vita che non tocco cibo!” esclamò.

“ In effetti sei stato sotto flebo per tre giorni.” Disse Helen.

Si misero a mangiare. Scott non sapeva nemmeno bene che ore fossero, ma per ora non gli importava. Si lanciò sul cibo quasi dimenticandosi di essere in compagnia di due ragazze.

“ Mentre mangi, cercherò di aggiornarti un po’ sulla situazione.”

“ Sì” disse Scott, mandando giù un boccone. “ Cosa sono i paladini?”

L’orologio di Karen cominciò a suonare. La ragazza si alzò, lanciando un’occhiata ad Helen, che annuì. “ Ci vediamo domani, Scott.” E se ne andò.

 

“ Sembra che tocchi a me il ruolo della maestrina oggi” disse Helen.  “Ebbene all’inizio, e ti parlo di secoli fa, c’era un’organizzazione che mirava a distruggere tutto quello che siamo. Davano la caccia agli individui speciali, fuori dalla norma. Gli agenti, insomma.”

“ Tipo la caccia alle streghe?” fece Scott.

“ No, niente di così eclatante. O almeno, non ci risulta che la caccia alle streghe sia opera loro. Abbiamo notizie solo da un paio di secoli a questa parte. I paladini erano molto più cruenti… e molto più discreti. Ma con il passare del tempo capirono che, per quanto fanatici e irremovibili, i loro metodi non erano in grado di fermare gli agenti più dotati. Soprattutto dal momento che venne formata L’Agenzia. E allora i paladini hanno deciso di usare metodi molto più drastici. In qualche modo hanno avuto accesso alle arti magiche e hanno imparato ad usarle. Quello che noi riusciamo a fare in maniera naturale, loro l’hanno imparato studiando ogni sorta di magia arcana.”

“ E questo non va contro i loro principi?”

Helen sorrise. “ Ottima osservazione. Ma penso che una volta toccato con mano il potere che potevano avere, abbiano cambiato facilmente i loro ideali. Ora non si preoccupano più di ripulire il mondo da noi, che siamo abomini della natura. Ora vogliono il mondo.”

“ Mi sembra assurdo. Che cosa sappiamo di questi paladini?” chiese Scott. Era sazio. Le voci borbottavano qualcosa, ma sembrava non avessero niente da dirgli.

“ Molto poche. Stanno crescendo rapidamente, le nostre perdite sono aumentate in modo preoccupante. Sta per succedere qualcosa, lo sento, ma ne sappiamo ancora troppo poco.”

Scott stava per rispondere, quando qualcuno spalancò la porta della sala.

“ Scott! Sei qui allora!” urlò Linus, correndogli incontro. “ Ho una notizia da darti, tieniti forte.”

“ Cos’è successo?” chiese Helen.

“ Aspetta. Sei pronto, Scott degli Spiriti?” chiese Linus.

“ Ok. Spara.”

“ Domani andiamo in missione!” urlò afferrandogli la mano.

Scott lo guardò spiazzato, non sapeva cosa rispondere. Guardò Helen e vide che era preoccupata.

“ Che storia è questa? Scott è appena arrivato. Non ha nemmeno cominciato l’addestramento.”

“ Ordini del capo.” Disse Linus. “ A proposito, ci vuole vedere domani mattina.”

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Capitolo 8
*** Il secondo giorno di scuola - Entra il nemico ***


8

Il secondo giorno di scuola

Entra il nemico

 

 

La mattina seguente, la sveglia suonò all’alba. Scott si alzò come ogni altra mattina ed andò in bagno. La sera precedente l’avevano accompagnato nella sua vecchia casa, un appartamento per studenti. Al momento non aveva coinquilini, ma conosceva gli altri ragazzi nel palazzo. Nessun amicizia che potesse considerare stretta, ma Scott non ci aveva mai dato peso.

Si preparò in fretta e si affacciò. C’era una macchina ad aspettarlo. Doveva passare prima alla base. Era quasi bello avere una sorta di scopo.

 

Scott guardò di nuovo la strada per la base, ma l’aveva già imparata bene. Scese e si incamminò sicuro per i corridoi. Sapeva dove doveva andare questa volta. Linus gli corse incontro appena lo vide.

“ Manca un quarto alle sette. È tardissimo!”

“ Sì, sì, sono qui. Possiamo andare.” Disse Scott.

“ Hai conosciuto tutti ieri, vero?” chiese Linus.

“ Sì. Ho conosciuto Karen ieri sera.”

“ Carina, vero?” fece Linus.

“ Sì. Inquietante però.”

“ Sì, lo dico sempre anche io. È l’ultima che in qualche modo può usare i suoi poteri anche su di noi. Se vuoi, potrai trovare anche un motivo scientifico, ma io dico che sono semplicemente gli ormoni. Comunque con me non attacca.” Linus continuava ad andare avanti e indietro e a girargli intorno. Sembrava sempre sul punto di saltare in aria.

“ Perché su di te non ha effetto?”

“ Perché sono gay. E questo va a conferma della mia ipotesi.”

Scott sorrise. “ Ok. A che ora dobbiamo andare dal capo?”

“ Adesso, se sei pronto. È la tua prima missione, non sei emozionato?”

“ Te lo dico appena avrò capito con sicurezza che significa”

 

Entrarono nell’ufficio del capo. Era un uomo sulla cinquantina, con i capelli neri e una faccia seria e scavata. Indossava un vestito sobrio e sembrava aver visto abbastanza da non sorprendersi più per niente. Fece cenno di sedersi nelle sedie davanti alla scrivania e Scott notò che le sedie erano tre.

Dunque non siamo soli, disse pund. Era dalla notte precedente che non si facevano sentire. Avevano fatto il punto della giornata insieme e avevano concluso che dovevano continuare a tenere gli occhi aperti.

Prima che Scott potesse dire qualcosa, entrò anche Ian, per niente sorpreso di vederli. Era molto più serio di quando l’aveva visto il giorno prima.

“ Ian conosce già i dettagli della missione” esordì il capo. “Sarete solo voi tre, tempo d’azione non più di un’ora. Sappiamo con certezza che un furgone blindato sarà assaltato apparentemente da una banda di ladri. In realtà, sono membri dell’ATC.”

“ I paladini” sussurrò Linus. Poi disse ad alta voce: “ Ma non basta la polizia per quello?”

“ Il vostro compito non è quello di arrestare i ladri. Dovrete svaligiare il furgone prima di loro.” Disse il capo.

“ Una rapina?!” gli occhi di Linus erano diventati enormi per lo stupore, era rimasto a bocca aperta. Scott quasi si mise a ridere.

“ Noi la chiamiamo operazione di recupero preventiva.” Precisò il capo.

“ E la chiamate con il nome sbagliato! È una rapina bella e buona!”

Fu Ian ad intervenire. Era strano vederlo così serio, anche se lo conosceva da qualche giorno appena. “ L’obiettivo non è la refurtiva, Linus. Vogliono sapere perché quelli dell’ATC stanno cercando quella roba, non è così?” Lo disse fissando negli occhi il capo.

“ Esatto. Corre voce che verrà trasportato anche qualcos’altro insieme al denaro. Qualcosa di piccolo e facilmente trasportabile. È quello che dovrete scoprire.”

“ E i soldi?” chiese Linus.

“ Provvederemo poi a restituirli” rispose il capo, facendo un gesto con la mano, per liquidare la questione. Poi passò loro delle cartelle. “Avete qualche domanda?”

La mano di Linus scattò in alto. Ma il capo guardò Ian.

“ Per questo genere di missioni bastano le squadre tradizionali. La squadra H, per esempio, è esperta nei recuperi.”

“ La squadra H è impegnata altrove. E comunque non è efficace nei luoghi affollati, come di sicuro saprai.”

“ Non è questo il punto. Una squadra qualsiasi sarebbe stata più che sufficiente. Voglio capire, al limite, mandare uno di noi in supporto. Ma tre! È una follia!” disse Ian, accendendosi in viso.

“ È una missione senza pericoli. Una passeggiata, per voi. E quindi adatta a Scott, come prima missione. Ian, potresti fare anche tutto da solo. Linus sarà di supporto, nel caso qualcosa andasse storto” spiegò ancora il capo.

“ Continuo a non essere d’accordo. Abbiamo sempre vietato le missioni che implicavano l’utilizzo di tre del nostro gruppo. È troppo pericoloso. Il Maestro è sempre stato contrario.” Disse Ian.

“ È stato il Maestro a pianificare questa missione. E ha chiesto espressamente di voi tre.”

 

Mentre i ragazzi si alzarono per tornare al piano inferiore, il capo li fermò chiedendo: “ Linus. Volevi chiedere qualcosa?”

“ Ehm… sì… ma mi sono dimenticato” si giustificò. Poi salutarono e lasciarono la stanza.

 

“ Questa situazione non mi convince” disse Ian.

“ Che significa che non siete mai andati in missione in gruppi di tre?” chiese Scott.

“ L’ATC ci sta cercando. Siamo il loro obiettivo principale. Non possiamo permetterci di uscire tutti insieme, saremmo un bersaglio troppo facile.” Spiegò Ian.

“ Anche se finora non ci sono riusciti!” fece eco Linus.

Scott diede un occhiata al fascicolo mentre camminavano. La missione era per il giorno dopo. C’erano gli orari, la pianta della strada e della banca, il nome dei dipendenti e tutti i dettagli possibili.

Questa faccenda mi puzza. Era tora.

Anche ad Ian a quanto pare. Che ci sia qualcosa sotto?

Sicuro. Tieni gli occhi aperti, jushi, ti daremo una mano.

“ Ci vediamo stasera allora. Scott… buona lezione” disse Linus e corse via.

“ Lezione?”

“ Ti aspettano tra dieci minuti.” Rispose Ian. “ Non avrai dimenticato che devi andare a scuola?”

“ Oh…”

 

Compito di storia previsto per le 9. Trovò in macchina una dispensa di tutto il programma svolto fino a quel momento. Tempo di percorrenza per giungere alla scuola: 40 minuti.

“ E cosa dovrei fare con questa dispensa?” chiese Scott. C’era un agente al volante. Un’altra macchina di scorta li avrebbe pedinati, senza dare nell’occhio.

“ Dovresti impararla.”

“ E come?”

“ Leggendola, magari. Mentre io cerco la strada.”

“ Deve girare a sinistra alla prossima. Poi la terza a destra.” Disse Scott, sfogliando la dispensa.

“ Se hai imparato la strada dopo averla vista una sola volta, non ti dovrebbe essere difficile memorizzare quella dispensa.” Disse l’agente.

Scott non rispose. Era possibile? In fondo era vero… conosceva bene la strada. Come conosceva la piantina dell’agenzia, anche se l’aveva vista una sola volta.

E poi adesso non hai solo due occhi, gli disse pund.

 

Chiuse la dispensa mentre l’agente accostava. Sapeva tutto. Scese dall’auto e un attimo dopo rimise dentro la testa e disse: “ La risposta è 700. Bella trovata.”

 

A scuola sembrava che il tempo non passasse mai. Gli altri ragazzi lo guardavano in modo strano e gli sembrava del tutto legittimo. Era il suo secondo giorno lì. E poi era molto più grande di loro.

Completò il compito in dieci minuti, senza nessuna correzione. Pund e tora passarono in rassegna tutti gli alunni senza trovare la minima traccia del fattore K. Sentiva che stava perdendo tempo inutilmente, ma non sapeva che fare. E forse stare un po’ lontano dall’agenzia lo avrebbe aiutato a riflettere meglio.

Agenti e Paladini. C’era qualcosa che non quadrava. Le spiegazioni che gli avevano dato avevano troppi buchi. Che l’Agenzia esistesse solo per la loro sopravvivenza? Mettere insieme tutto quel potenziale umano senza impiegarlo in nessuna modo concreto? E perché i Paladini avevano paura di loro? La storia del fanatismo reggeva fino ad un certo punto. Non erano più nel medioevo e anche lì, superstizione e fanatismo avevano le loro motivazioni pratiche. No, c’era qualcos’altro.

È troppo piccolo questo posto. Si lamentò pund.

Che c’è che non va? È un’aula!

È stretta. E bassa. E troppo affollata.

Preferiresti fare lezione in un campo sportivo?

Se ci attaccassero qui, saresti nei guai.

Non essere paranoico, pund! Punto primo è una semplice scuola. Punto secondo nessuno sa che sono qui. Punto terzo ci sono degli agenti di guardia.

Punto quarto ti stai riempiendo di stronzate come un tacchino alla festa del ringraziamento!brontolò pund.

 

Dopo mezz’ora ormai la noia stava avendo il sopravvento. Non ce la faceva più a stare seduto senza fare niente. Diede un’altra occhiata al compito, ma era perfetto così. Si mise a guardare fuori dalla finestra e notò un murales molto bello. Non significava niente, solo linee e colori, ma era fatto davvero bene. Di sicuro chi l’aveva fatto voleva lasciare un messaggio. Era ben rifinito, i colori erano folli.

Guarda bene, gli disse tora.

Cosa devo guardare?

Tutto… ma non concentrarti su niente in particolare. Guardalo nella sua interezza.

Lo sto guardando.

No. Tu stai guardando le linee. E dove portano, dove si congiungono. Smettila di guardare le linee e guarda il disegno.

Per qualche minuti Scott si limitò a guardare, cercando di non fissarsi su niente. Stava per dire che non c’era niente, niente da vedere, quando all’improvviso capì. Sbatté più volte gli occhi. Ora che l’aveva visto era sembrava impossibile non vederlo.

Era una sola parola, perfettamente leggibile. QUI.

 

Devo tornare dagli agenti. Disse Scott e si stava per alzare, quando gar lo fermò.

Troppo tardi, jushi. È  già qui.

Chi?

Chiunque ti stia cercando. Lo sento. Esci da questa stanza.

Sei sicuro che…

Esci di qui!

 

Scott consegnò il compito e usci in corridoio. Era tutto stranamente calmo per una normale giornata di scuola. Gar gli suggerì di andare in bagno. Aveva attivato il rilevatore. Presto due agenti l’avrebbero raggiunto lì dentro.

Il bagno era vuoto. Molto meglio così. Attese mezzo minuto camminando avanti e indietro, quando finalmente la porta si aprì.

“ Salve” disse una voce. Era un ragazzo, non molto più vecchio di lui. Era vestito di nero. Bastava uno sguardo per capire che non era uno studente.

“ Chi sei?” chiese Scott.

Non lasciarlo parlare troppo. Al mio segnale, lasciaci andare.

“ Oh, avremo modo di parlare con più calma. Che ne dici di venire con me con le buone?” disse il ragazzo. Aveva i capelli biondi, quasi a caschetto. Un ciuffo gli ricopriva metà della fronte. Gli occhi erano piccoli e vicini. Le dita lunghe e sottili.

“ Dove dovrei venire?” chiese Scott. Non aveva armi. Non aveva niente! Si trovò inconsciamente a misurare ogni distanza, da lui alla porta, dall’altro ragazzo a lui. Calcolò tutto, ma non serviva a niente.

“ In genere, in una situazione come questa, non avresti scelta. Ti ucciderei senza darti il tempo di pensare. Ma tu sei speciale. Abbiamo tante cose da dirci. Tanti segreti. Vieni con me?”

“ Per curiosità… come si dice nella tua lingua: va a farti sfottere!”

Scott lasciò andare le voci. Le sentì staccarsi da lui con ferocia. Le vide stavolta, armate con grosse katane fantasma. Sentiva la stessa rabbia dentro di sé.

Pund, gar e tora si lanciarono sul nemico in sincronia. Il ragazzo non si scompose. Mormorò qualcosa come: “ Moccioso” e protese le braccia, i palmi aperti rivolti all’esterno. Sussurrò qualcosa.

I fantasmi andarono a sbattere contro qualcosa di invisibile e tornarono indietro. Scott li guardò: erano disorientati. Non c’era niente davanti.

“Pensavi che fossi venuto fin qui senza le dovute precauzioni?” disse il ragazzo.

“ Che significa?” chiese Scott, guardandosi intorno.

“ Che avevo preparato questa barriera prima che tu entrassi qui dentro. Ora che l’ho attivata, ti è impossibile uscire. O lasciar uscire i fantasmi. I tuoi poteri ci sono noti. Sappiamo molto su di te. Anche come renderti inoffensivo.”

 

“ Come fate a conoscere i miei poteri? Fino a qualche giorno fa non li conoscevo nemmeno io!” disse Scott. Cominciava a sentirsi affannato.

“ Sono anni che ti cerchiamo, jushi!”

Ancora quel nome! E sulla bocca di un nemico!

Che succede?

Siamo bloccati. Deve essere uno scudo dimensionale.

Scott non riuscì a capire il resto. La vista cominciò a confondersi. Un attimo dopo cadde in ginocchio, sentiva le forze che lo abbandonavano.

“ Potevi seguirmi con le tue gambe, stupido moccioso” disse il ragazzo biondo con un profondo sdegno. “ Gli effetti della barriera non si possono interrompere. Mi farai perdere un sacco di tempo!”

“ Cosa… vuoi… da me!” disse Scott, tossendo. Sentiva la gola stringersi, era atroce.

“ Una cosa molto semplice. Voglio sapere come hai fatto a morire e poi tornare in vita. Non c’è magia che regga al confronto!” Il ragazzo si chinò, poggiandosi con le mani sulle ginocchia, per osservarlo meglio.

Aveva una gran confusione in testa. Non sentiva più le voci. La stanza sembrava girargli intorno. Gli sembrò di cadere, poi si accorse di essere già a terra.

“ Io… non so.. come ho fatto!”

“ Oh, ma non devi essere tu a dirmelo. Avrò tutte le risposte che mi servono dal tuo corpo. Sarà un grande lavoro! Il mio signore sarà molto contento di me.” Alla fine si alzò e fece un passo indietro. Con dei rapidi movimenti delle mani annullò la barriera. “ Ora alzati!”

Scott venne alzato di peso e un attimo dopo si trovò contro il muro. Batté la testa, ma fu solo un dolore che si sommò agli altri.

 

Il mondo perse velocemente consistenza. Era così che finiva la sua avventura con l’agenzia? Era lì tutto quello che sapeva fare? Aveva ragione Karen allora, era solo un incapace, inutile appena la balia voltava lo sguardo.

Una lacrima gli scese sulla guancia. Sentì un rumore improvviso, come una porta che sbatteva. Poi non sentì più niente.

 

***

 

 

All’improvviso la porta venne spalancata, andò a sbattere contro la parete e rimase lì di sbieco, dopo che erano saltati i cardini.

Il ragazzo biondo, fece un salto indietro, preparandosi ad attaccare, poi abbassò le mani e sorrise. Il ragazzo che aveva davanti era alto e grosso. Aveva una spada enorme sulla schiena. I suoi occhi erano infuocati.

“ Ma che fortuna! Così l’Agenzia ha mandato te stavolta. Piacere di rivederti, Iago.” Disse il ragazzo.

Iago guardò il corpo di Scott ancora contro la parete, poi tornò a guardare il nemico. “ Dove sono i tuoi scagnozzi, Crin? L’ATC non ti ha certo mandato da solo.”

“ Non ho bisogno di nessun altro. È una missione molto semplice.”

“ Io non ne sarei sicuro. Stavolta non verrà nessuno a salvarti.” Iago si mise in posizione d’attacco.

“ Levati dai piedi, Iago. Stavolta non sono venuto per te.” Disse Crin.

“ Lascia andare Scott. E affrontami. Parleremo dopo.”

“ Dio ma come siete noiosi!” sbottò Crin, poi protese di nuovo le mani in avanti, con i palmi rivolti verso Iago. Disse una sola parola.

Iago vacillò. Allargò le gambe e ritrovò l’equilibrio.

“ Avevo previsto l’eventualità che arrivasse qualcuno. Ho preparato un'altra barriera. Geniale non trovi? Ora porterò via Scott e tu non potrai far altro che guardare!” Il ragazzo biondo rise, facendo due passi verso il corpo di Scott, ancora premuto contro la parete.

Iago rise. Crin si voltò, per capire perché il ragazzo stesse ridendo. Iago lo guardò negli occhi.

“ Avresti dovuto impegnarti di più, genio. Non sono più un ragazzino.” Un attimo dopo, Iago alzò le mani. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Poi lanciò un urlo selvaggio e calò i palmi delle mani sul pavimento con una forza inaudita. Le piastrelle del bagno saltarono con uno schianto. Crepe si aprirono per più di due metri intorno a Iago. Si sentì un rumore improvviso, come di una lastra di vetro che viene infranta.

La barriera aveva ceduto.

Iago alzò lo sguardo. Sembrava una belva inferocita. Urlò in maniera spaventosa, estrasse l’enorme spada che aveva sulla schiena e si lanciò sul nemico. In un attimo gli fu addosso. Calò la spada con tutta la sua forza.

 

La spada si fermò all’improvviso, con un impatto metallico. Iago rimase sconcertato. Crin aveva bloccato la lama con una sola mano, senza procurarsi la minima ferita. Un attimo dopo capì perché: il suo braccio era diventato di metallo grezzo.

Un tonfo segnalò che aveva perso la sua presa su Scott e il suo corpo era crollato al suolo.

“ Credevi di essere l’unico ad aver fatto dei progressi, moccioso!?” ringhiò Crin, poi lo colpì con l’altra mano. Iago fu scaraventato indietro, ma riuscì a tenere l’equilibrio. Era forte, quel bastardo.

 

 

Iago lasciò perdere la spada. Era un’arma troppo ingombrante per un combattimento tattico. E per quanto potente fosse il colpo, quelle braccia erano troppo solide.

Era ora di mettere in atto quello che aveva imparato con Ian. “Quando la forza non basta, usa la velocità. Non dare il tempo all’avversario di vedere i tuoi colpi.

Si lanciò di nuovo contro il suo nemico. Caricò il destro, notando il sorriso beffardo sul viso di Crin. Ma all’ultimo momento scartò di lato, finse di colpire, scartò di nuovo, evitò il pugno di ferro e caricò di nuovo. Arrivò a quasi a colpirlo allo stomaco, mentre Crin serrava i gomiti per bloccarlo, quando spostò il peso sull’altro piede, caricò il sinistro e lo colpì al volto con tutta la forza di cui era capace.

 

Crin venne scaraventato indietro, finì contro la parte con una tale violenza che distrusse tutte le mattonelle sulla parete. Iago ansimò, sorridendo.

Crin riuscì a non cadere, ma quasi non riusciva a reggersi in piedi. Sputò sangue. Le sue mani erano tornate normali.

“ La prossima volta che ci incontreremo, rimpiangerai questo momento” disse.

“ Non ho ancora finito, Crin!” urlò Iago.

“ Sì, abbiamo finito. Non sono venuto qui per te.”

Prima che Iago potesse fermarlo, Crin saltò dalla finestra. Un attimo dopo di lui non c’era più traccia.

 

Iago prese Scott su una spalla e andò via. Quella sarebbe stata una giornata maledettamente lunga!

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Capitolo 9
*** La Squadra Beta - Ian e Linus ***


9

La squadra β

Ian e Linus

 

 

La stanza era quella ufficiale delle riunioni. Una lunga scrivania rettangolare in mogano, ventuno sedie girevoli, ventuno block notes rilegati in pelle. Erano occupate solo otto sedie e l’aria era tesa come la corda di un violino. Il capo stava riguardando il rapporto della mattinata. Nessuno osava aprire bocca. Mancava ancora una persona all’appello.

Iago entrò qualche attimo dopo, senza bussare. Aveva una fasciatura sul braccio sinistro, ma non era niente di grave. Era piuttosto l’espressione che aveva sul volto che non prometteva niente di buono.

C’era anche Ian nella stanza, si limitò a guardarlo e fargli un cenno con la testa.

Il capo si schiarì la voce e tutti si misero composti per ascoltare.

“ Possiamo cominciare questa riunione straordinaria. Il motivo della convocazione è noto a tutti. Due agenti sono morti, assassinati dai membri dell’ATC in un attacco a sorpresa. Siamo…”

“ Attacco a sorpresa!” sbottò Iago.

“ Agente Iago, abbiamo letto il tuo rapporto. Ed è lecito supporre…” cominciò il capo, guardandolo con uno sguardo truce. Ma serviva a ben poco con il ragazzo.

“ No, mi sembra evidente che non abbiate letto bene. Non c’è stato nessun attacco a sorpresa!”

Fu un altro agente a rispondere. Calvo, con le guance rosse. Sembrava più un impiegato di banca che un agente. “Non c’erano indizi né presupposti per un attacco, siamo stati colti…”

“ Oh al diavolo!” gridò quasi Iago, sbattendo il pugno sul tavolo. Tutti trasalirono. Solo Ian rimase al suo posto, con lo sguardo sulle carte che aveva davanti.

“ Statemi bene a sentire. Io ero là fuori e non intendo addolcirvi la pillola. Avete mandato un ragazzo che non sa praticamente niente dei suoi poteri e della situazione in cui ci troviamo in un luogo pericoloso e fuori da qualsiasi copertura. E, cazzo, ora vi sorprendete che lo abbiamo attaccato!”

“ Era stata istituita un’adeguata scorta” disse di nuovo il bancario… ma con scarsa convinzione.

Fu Ian a prendere la parola. Iago non si sedette, era troppo nervoso. “ Gli agenti di scorta, Adel e Ben, sono stati uccisi praticamente prima che potessero accorgersi di un possibile pericolo. Questo perché un normale agente da solo non può competere con i poteri che stanno acquisendo all’ATC. La forza degli agenti consiste nell’unità e nella quantità del gruppo d’azione, cosa che voi del direttivo fate di tutto per dimenticare. I due agenti erano soli e separati. Chiamarla una scorta adeguata è quantomeno inopportuno.” Ian si guardò intorno. Nessuno riusciva a trovare un argomento valido per controbattere.

“ Il punto della questione, comunque, rimane un altro.” Continuò Iago. “ Abbiamo rischiato di perdere Scott. Conosciamo le sue potenzialità. È un alleato che non possiamo permetterci di perdere. L’abbiamo mandato allo scoperto. E per quale motivo?”

“ Agente Iago, questo comportamento non è tollerabile…” protestò il capo.

“ Giocare con la vita degli agenti non è tollerabile, capo! In quella scuola c’era uno dei più pericolosi membri dell’ATC a noi noti. Ha già provato a catturare me e Linus. Non era difficile pensare che potesse avere interesse a Scott!”

L’aria nella sala ormai era tesissima, come i nervi di Iago. Nonostante la sua fama di ragazzo tranquillo, in quel momento nessuno osava contraddirlo. Sembrava una furia.

“ In ogni caso è stato il maestro a volere che Scott continuasse le attività anteriori…”

“ Dov’era il Maestro questa mattina, capo? Dov’è adesso? Dobbiamo smetterla di pensare che il Maestro abbia tutte le risposte. Siamo noi qui che rischiamo la vita giorno dopo giorno.”

 

Mentre l’atmosfera divenne un po’ più rilassata, discussero delle misure di sicurezza da prendere. Iago e Ian rimasero per lo più in silenzio, erano questioni di routine. Tutti gli altri agenti invece sembravano stranamente zelanti. Burocrati del cazzo! Pensò Iago.

“ Inoltre, c’è una missione in preparazione che prevedeva l’agente Scott. Dovremo…”

Iago alzò la mano. “ Essendo una semplice missione di recupero, propongo che venga impiegata una squadra semplice.”

In quel momento si alzò Ian. Iago rimase stupito.

“ No, io e l’agente Linus abbiamo già pianificato tutto. Possiamo fare a meno di Scott. E poi, date le circostanze, non si aspetteranno una mossa tanto avventata da parte nostra.” Lo disse senza guardare Iago. Sapeva che dopo ne avrebbero discusso in privato.

“ Bene. Vi sarà assegnata comunque una squadra di supporto. Per quanto riguarda Scott…” cominciò il capo, ma Iago lo interruppe di nuovo.

“ Ho io una proposta. Per la verità è più di una proposta. Da oggi sarà istituita nuovamente la squadra BETA, come prevede lo statuto. E Scott entrerà a pieno merito nella squadra. Da subito.”

“ Questo non è ammissibile!” proruppe un agente.

“ Su queste non sono ammesse obiezioni. La Squadra BETA è una squadra speciale, istituita nei momenti più duri. Ne abbiamo parlato e siamo tutti d’accordo. Noi cinque più Scott.” Iago li guardò uno per uno. “ Non abbiamo bisogno della vostra approvazione per farlo e lo sapete bene. Anche questi sono ordini del Maestro… o preferite fare il suo nome solo quando vi conviene?”

 

La riunione si concluse di  lì a poco. Se ne andarono tutti molto scossi, ma era prevedibile. Stava diventando un’istituzione troppo conservatrice, penso Iago. Stavano dimenticando che era una guerra quella che stavano combattendo. Al comando c’era gente che non vedeva il mondo esterno da troppo tempo, che viveva troppo protetta per capire davvero il pericolo.

La Squadra β era di nuovo una realtà. E per la prima volta, erano in sei. Per la prima volta la Squadra β era al completo.

 

 

“ Che diavolo significa che andrete in missione?” chiese Iago, mentre raggiungevano la sala comune. Quella che presto sarebbe stato il loro quartier generale.

“ Che usciremo, prenderemo quello che serve e torneremo indietro. Semplice.” Rispose Ian.

“ Hai sentito quello che abbiamo detto là dentro, vero? Quello che HO detto là dentro?” chiese ancora Iago.

“ Sì. E non sto facendo una cazzata.” Si giustificò Ian.

“ Certo che no. Però voglio sapere che ti passa per la testa.”

Entrarono nella sala comune. C’era Helen intenta a studiare una mappa. Notò le loro espressioni e non li interruppe.

 

“ L’agenzia ha bisogno di quello che trasporteranno questo pomeriggio. Qualunque cosa sia. E non possiamo permettere che l’ATC se ne impossessi.”

“ Fin qui tutto chiaro.” Disse Iago.

“ Linus ed io abbiamo pianificato tutto. Siamo pronti. Ma se rinunciamo, dovranno istruire una squadra in poche ore. Il rischio di fallimento sarebbe molto più elevato. Non possiamo tirarci indietro.”

Per un lungo momento, Iago e Ian si fronteggiarono, occhi negli occhi. Poi Iago sospirò e si fece da parte.

“ Cerca di fare attenzione.”

“ Certo. Vado a prepararmi. Se vedete Linus, ditegli che lo sto cercando.” Disse Ian e se ne andò.

 

Qualche istante dopo, Helen si avvicinò a Iago. Leggeva chiaramente la preoccupazione sul suo viso. Era comprensibile. Ma entrambi sapevano di cosa era capace Ian.

“ Come sta Scott?” chiese Iago.

“ Stabile. Per il momento non possiamo fare niente. Solo aspettare.” Disse Helen. Attese qualche secondo, alla fine non riuscì a trattenersi. “ Sai perché Ian ha scelto di andare in missione, vero?”

“ So che non l’ha fatto per la missione in sé. Ma non ho ancora capito…” chiese Iago.

“ L’ha fatto per la squadra.” Disse Helen.

“ Che c’entra la squadra?”

“ Un semplice baratto. Il capo avrebbe trovato mille obiezioni e lo sai anche tu che in queste condizioni, non potremmo mettere in piedi la squadra. Ma il capo aveva bisogno di Ian per la missione. Ian ha accettato per costringerlo ad accettare la squadra. Loro avranno il loro prezioso oggetto, noi la squadra.” Spiegò Helen. Sorrise, ma la sua voce tradiva una forte apprensione.

Iago ci pensò per un attimo. Poi sospirò. “ Mio cugino è un genio. O un coglione. Non l’ho ancora deciso.”

 

 

Erano nella palestra, entrambi sudati, entrambi immobili. L’ombra di Linus aveva raggiunto i piedi di Ian e lo teneva bloccato a terra. Ian non poteva muoversi. Sorrise.

“ Ok, così può bastare” disse Ian e Linus annuì, lasciandolo andare.

Il piano di Ian sembrava perfetto. Aveva previsto tutto e aveva lasciato spazio per quello che proprio non potevano prevedere. Un piano accurato e flessibile, come diceva Linus. Ian del vento non sbagliava mai. Anche se questa volta…

“ Non abbiamo previsto la squadra di supporto” disse, mentre si allontanavano dal centro.

Ian si asciugò la fronte con un asciugamani. “ Preferisco lasciarli fuori e continuare con il piano originale. Sarebbero solo d’intralcio.”

Linus non ne era convinto. C’era qualcosa che non andava questa volta. Ian era un genio, ma stavolta c’era qualcosa che proprio non andava. Continuò a pensarci per trovare una risposta, ma non ci riuscì. Perché elaborare un piano tanto complicato, quando potevano andare direttamente in banca e rubare quello che dovevano prima che avvenisse il trasferimento? Alla fine glielo chiese.

Ian si guardò per un attimo intorno, poi gli fece segno di avvicinarsi. “ La missione ufficiale è di recuperare l’oggetto. Questo è l’obiettivo dell’Agenzia. Ma la Squadra Beta ha un altro obiettivo.”

Linus si illuminò in viso, come ogni volta che veniva nominata la Squadra β. Poco importava che avessero preso quella decisione senza di lui.

“ Voglio scoprire che priorità ha quell’oggetto per l’ATC.” Disse Ian.

“ E in che modo?”

“ Dobbiamo far uscire la squadra dell’ATC allo scoperto. E per farlo, dobbiamo far uscire l’oggetto dalla banca.”

“ Il capo lo sa?” chiese Linus.

La Squadra Beta non ha bisogno dell’autorizzazione del capo” disse Ian sorridendo, finalmente.

Linus rispose al sorriso. “ Grande!!”

 

Ian controllò di nuovo tutto l’arsenale che aveva preparato. Shuriken, bombe carta, fumogeni, coltelli da lancio… se tutto andava come previsto, non ne avrebbero avuto bisogno. Sarebbero stati sufficienti i suoi poteri e quelli di Linus, aveva ideato il piano in base a quello. Era quello lo spirito di squadra.

“ Hai notizie di Karen?” chiese alla fine.

“ No, ancora niente. I rapporti sono sospesi per ventiquattro ore.” Rispose Linus.

“ Lo immaginavo” sospirò Ian.

“ Ma tornerà tutta intera! Non c’è nessuno che possa fermare karen della Fiamma!”

Ian sorrise, ma non era più tranquillo. Karen era là fuori con dodici agenti, e già questo era molto insolito. Il livello di segretezza era massimo. Sperò che andasse tutto bene.

 

 

***

 

 

Erano le tre in punto. Linus entrò in banca. Aveva addosso dei jeans molto larghi ed una felpa nera con il cappuccio, molto semplice per i suoi gusti. Per l’occasione aveva scelto due piercing poco appariscenti: nient’altro che semplici cerchietti d’argento. All’altro orecchio aveva un auricolare praticamente invisibile.

Si avvicinò alla fila più lunga e si mise in coda.

“ Senti niente?” chiese Ian dall’auricolare. Linus non rispose, ma fece un gesto impaziente con la testa e ad Ian sembrò di sentire: “Sono appena entrato mi vuoi dare il tempo!!”

Poi si concentrò. Lasciò la mente vagare, cogliendo i pensieri delle persone vicine, ma senza soffermarsi. Aveva perso interesse per i segreti delle persone che non conosceva, era meglio non indagare per non rimanere delusi. Lentamente ampliò il suo raggio, sentì i pensieri degli addetti allo sportello, poi degli impiegati alle loro spalle. Cercava qualcuno che fosse a conoscenza del trasporto di denaro che doveva avvenire da lì a dieci minuti.

Finalmente individuò qualcuno. Stava parlando con il direttore, anche se non riusciva a vedere dove si trovasse. Si concentrò su di lui e ascoltò tutto. Un minuto dopo uscì dalla fila, tirò fuori il cellulare e finse di chiamare.

“ Ci sarà il solito prelievo, dalla porta principale, ci saranno svariate guardie giurate, ma sarà solo una copertura. Il pacco uscirà dal retro, con una scorta più consistente. Passo” bisbigliò Linus. Era sicuro che nessuno stesse origliando, perché continuava a leggere la mente delle persone accanto.

“ Bene così. Esci. Il piano resta invariato. Chiudo” disse Ian.

 

Linus uscì dalla banca, fece il giro dell’isolato e attese, fingendo di parlare al cellulare. La situazione era calmissima. Nessun movimento sospetto. Nessuna traccia del nemico.

Arrivò l’ora e tutto fu precisissimo.

Una piccola cassetta era portata da un poliziotto che entrò nel cellulare blindato della polizia. Due agenti salirono a bordo. Altri quattro presero un’auto di scorta. Tutto normale.

Arrivò Ian. Era in sella ad una Kawasaki fiammante, con addosso un giubbino da motociclista giallo. Era stata modificata ad arte e solo Ian era in grado di sfruttarla a pieno. Accostò e Linus salì dietro di lui, mettendosi il casco. Le auto della polizia partirono.

“ Pronto per la scossa!” disse Linus. Ian guidava da folle e Linus non vedeva l’ora.

 

Entrarono in autostrada. La velocità era sostenuta e c’era poco traffico. Si tennero a distanza, osservando, mentre l’auto di scorta tallonava il cellulare della polizia. Dell’ATC neppure l’ombra.

“ Che facciamo se non vengono?” chiese Linus nel microfono.

“ Verranno” si limitò a rispondere Ian, accelerando. Linus si strinse più forte a lui. Provò a lasciare andare la mente, ma a quella velocità non poteva captare niente.

 

Entrarono in un tratto a tre corsie e improvvisamente una macchina affiancò l’auto di scorta. Era una Spider grigia.

“ Ci siamo!” disse Ian.

La Spider rimase sulla corsia di sorpasso, accanto alla volante di scorta. Per un attimo non accadde niente, le due auto viaggiarono accanto, mantenendo la stessa velocità.

Poi improvvisamente la voltante sbandò. Fu una lieve sbandata, l’auto tornò subito al suo posto. Un attimo dopo ancora venne sbalzata da terra da una forza incredibile, come spinta da una mano invisibile. Andò a schiantarsi conto la parete rocciosa. Esplose.

Le altre macchine cominciarono a frenare all’improvviso, poi a sbandare. Sentirono il rumore di un tamponamento dietro di loro. Ian accelerò.

“ Cazzo, hai visto che roba!?” esclamò Linus.

“ Sì. Hanno usato una tecnica telecinetica. È una tecnica avanzata. Linus, dobbiamo coglierli di sorpresa, altrimenti finiremo per saltare in aria anche noi. Ok?” spiegò Ian con calma. La sua mente lavorava veloce.

“ Ok” disse Linus, continuando a guardare indietro.

“ Tieniti pronto, allora. E ricorda quello che abbiamo fatto in palestra!”

 

Avevano cinque secondi di tempo. Se Linus avesse fallito l’aggancio erano spacciati. Cominciò a pensare che il suo piano fosse una follia. Ma era troppo tardi per pensare a qualcos’altro.

Accelerò. Superò la Spider, mettendosi tra il blindato e l’auto. Era il momento giusto. Sentì le mani di Linus stringersi sui fianchi. Non poteva guardare dietro, ma sapeva bene cosa stava succedendo.

Linus stava manipolando la sua ombra. Avrebbe raggiunto le ruote della Spider e l’avrebbe immobilizzata. In quel modo immobilizzato anche le persone all’interno del veicolo.

“ L’ho preso!” esultò Linus.

“ Adesso buttali fuori strada!” disse Ian.

 

Per qualche secondo Linus fece uno sforzo enorme. Provò con tutte le sue forze, ma l’auto rimaneva sulla loro scia.

“ È troppo pesante! Non riesco a muoverla!” disse alla fine.

Cazzo. Quello non ci voleva. La mente di Ian si dibatté tra mille ipotesi. Alla fine azzardò.

“ Puoi tenerla ancora?”

“ Sì. La tengo sulla nostra scia.”

“ Ok. Tieniti forte. Al mio via lasciala andare.”

 

Ian sterzò a sinistra. La Spider li seguì. Le ruote adesso non toccavano l’asfalto, scivolava sull’ombra creata da Linus. Ian incrociò le dita e provò. Si piegò a sinistra, frenò all’improvviso. Si mise di traverso per la strada, lanciandosi in una derapata incredibile. La Spider era fuori controllo e fuori traiettoria, scivolava come su una lastra di ghiaccio. L’ombra di Linus si curvò, il ragazzo strinse i denti per il dolore.

“ Lascia!” urlò Ian, così forte che l’avrebbe sentito anche senza il microfono. Linus lasciò. La Spider ritrovò improvvisamente attrito, ma era in diagonale sulla corsia. Le ruota anteriore cedette, l’auto si ribaltò in un attimo. Lo schianto fu terribile, l’auto rotolò più volte sull’asfalto, prima di schiantarsi contro le recinzioni.

“ Sono morti?” chiese Linus. Erano fermi, per evitare di essere colpiti da qualche resto della Spider.

“ Non lo so. Ma li abbiamo fermati.”

“ Ian tu sei un fottuto pazzo! Mi potrei pure innamorare di te!” disse Linus, senza staccare gli occhi dalla scena.

“ Ok, ok, allora proverò a contenermi” rispose Ian.

 

Un attimo dopo erano di nuovo in corsa verso il blindato. Di sicuro era stato dato l’allarme, il loro tempo d’azione doveva essere ulteriormente ridotto. Ora toccava a lui.

Accelerò al massimo, la moto permetteva molto. Non c’era traffico adesso, le altre auto si erano fermate quando avevano visto la volante e la Spider saltare in aria. Era molto meglio così. Poteva concentrarsi sul bersaglio senza distrazioni.

“ Siamo alla seconda parte. Passami gli shuriken” disse.

Linus ne prese quattro dalla borsa legata alla moto e li passò a Ian. Ian staccò le mani dal manubrio e afferrò gli shuriken. La moto non si mosse minimamente. Si concentrò. Studiò il vento e la velocità. Si sentì pronto.

Lanciò i quattro shuriken con entrambi le mani. Li sentì tagliare il vento e li guidò con il suo potere. Linus lo avvertì chiaramente, intorno a loro. Era come se l’aria si fosse fermata, in attesa.

 Gli shuriken centrarono le quattro ruote. Il blindato sbandò uscì di strada, finì contro il guardrail e tornò sulla corsia, mentre si esauriva la spinta.

Ian rallentò e si avvicinò. C’erano solo due agenti adesso, tra loro e l’oggetto  misterioso.

“ Lascia fare a me” disse Linus. scese dalla moto e si preparò. Incrociò le mani, chiuse gli occhi. E le ombre si svegliarono con lui.

Quattro cloni si alzarono dal suolo. Erano identici a Linus, ma i loro occhi erano senza pupille: erano ciechi. Linus li lanciò contro il blindato.

 

Un agente aprì la portiera, con la pistola puntata, ma non ebbe il temo di rendersi conto di quello che sta va succedendo. Due cloni gli furono addosso, lo colpirono e lo disarmarono in un attimo. Linus seguiva con lo sguardo tutti e quattro i cloni. Linus era i loro occhi. Aveva le braccia aperte e muoveva le dita come un marionettista. Non sapeva perché lo facesse, poteva controllare i suoi cloni con la mente… ma non se ne diede pensiero. In un attimo anche l’altro poliziotto venne sopraffatto.

 

Ian colpì il furgone. L’allenamento con Iago gli aveva permesso di affiancare alla sua agilità soprannaturale una forza spaventosa.

“ Ce l’abbiamo fatta.” Disse Linus, avvicinandosi. Guardarono all’interno del furgone. C’era solo una valigetta, bloccata sul pavimento.

 

Ian guardò le nuvole in cielo. Un pensiero improvviso lo bloccava. Aveva dimenticato qualcosa. Guardò il furgone, si guardò intorno. La sua mente volò indietro e ripercorse tutte le loro mosse fino a quel momento. Non c’era niente di sbagliato. Eppure quel pensiero non se ne andava. Aveva dimenticato qualcosa. C’era qualcosa che non andava.

 

All’improvviso capì. In un attimo fu tutto chiaro. Afferrò il braccio di Linus, aprì la bocca per parlare.

 

L’esplosione li colse in quel momento, li travolse, spazzò via ogni pensiero, ogni parola. Il blindato esplose e non lasciò niente di intatto lì intorno.

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Capitolo 10
*** In infermeria - Le teorie di Helen ***


10

In infermeria

Le teorie di Helen

 

 

La squadra di supporto li aveva portati alla base in poco meno di due ore. Era stato il loro unico intervento in quella missione. Iago li vide parlare con il capo, più che altro per assentire ad ogni sua parola.

“ Voglio un rapporto dettagliato sulla mia scrivania entro un ora.” Disse il capo e se ne andò. Iago guardò la squadra. Erano quattro agenti semplici, due di loro li conosceva bene. Erano molto professionali, ma non molto potenti da soli… eppure non avevano un graffio. Cosa diavolo era successo?

Individuò l’agente medico e si fece indicare la stanza in cui erano stati portati Ian e Linus. Subito gli dissero che non avrebbe potuto vedere Ian. Era in sala operatoria, nessuno poteva entrare. L’agente si mise davanti a lui, come aspettandosi che Iago usasse la forza per passare. Il ragazzo invece non disse niente, fece un semplice cenno con la testa e tornò sui suoi passi.

Era inutile perdere il controllo in una situazione come quella. Non c’era niente che potesse fare e vedere il suo amico nel letto non l’avrebbe aiutato a pensare lucidamente. Avrebbe atteso e avrebbe sperato.

E poi c’era Linus. Decise di andare da lui.

 

“ Iago! Puoi dire a questi babbei che non ho bisogno di nessun riposo! Io sto bene!” gli urlò contro Linus, quando lo vide entrare. Iago non riuscì a fare a meno di sorridere.

“ Lasciali stare, Linus. Stanno facendo solo il loro dovere.”

“ E non lo possono fare da un’altra parte?! Voglio andare da Ian.” Sbottò Linus.

Iago vide che stava bene davvero. Qualche graffio, qualche livido. Una benda sulla nuca, ma niente di preoccupante.

“ Cos’è successo là fuori?” chiese, andando verso la finestra.

“ Non lo so!” rispose Linus, brusco. “È quello che voglio chiedere a Ian. L’ho già detto pure al capo. Abbiamo aperto il blindato, stavamo per prendere la refurtiva e poi è diventato tutto bianco. Dopo, mi sono svegliato qui” ci pensò un attimo e aggiunse: “ Pensavo di essere morto, sai? Poi ho pensato che in paradiso non ti attaccano alle flebo. Soprattutto se stai bene!” lo disse alzando la voce, in modo che gli infermieri sentissero.

“ Comunque non potresti andare da Ian. È in prognosi riservata.” Disse Iago, senza staccare gli occhi dalla finestra.

“ Hey, non ti metterai a piangere, vero, omone? Ian starà bene. deve stare bene per forza, perché deve spiegarmi che diavolo è successo là fuori.” Disse Linus. “ Il piano sembrava perfetto.”

Iago sorrise, ma non rispose. Ian sapeva che non esistevano piani perfetti, lo diceva sempre. Si ingegnava solamente a limitare i danni. E a riportare la squadra a casa, sana e salva.

“ Sai che sono riuscito a bloccare un’auto in corsa?” gli chiese Linus. Anche senza usare il suo poteva di leggere la mente, sapeva a cosa stava pensando Iago. E sapeva che erano pensieri inutili.

Iago si voltò e si avvicinò al letto. Linus stava per lanciarsi in un’accurata e compiaciuta analisi delle sue abilità. Per una volta, non se ne dispiacque.

 

Helen si trovava a casa di un’amica quando suonò il cercapersone camuffato da orologio. Gli diede appena un’occhiata e continuò ad ascoltare l’amica. Frequentavano entrambe la facoltà di medicina e stavano preparando l’esame di farmacologia insieme.

“ Qualche impegno?” chiese Clara.

“ No, no. Era solo la sveglia. Continua pure.” E Clara continuò ad elencare tutte le tipologie di farmaci che stavano studiando.

La mente di Helen era già altrove. Iago l’aveva chiamata con il codice giallo. Nessuna emergenza… ma la informava che era successo qualcosa ad un membro della squadra. Qualcosa era andato storto nella missione di Ian e Linus? O forse le condizioni di Scott erano peggiorate? O si trattata di Karen?

La mente la portava lontano da lì, lontano dal libro di farmacologia che aveva davanti, ma si impose di rimanere calma e distaccata. Anche nelle situazioni di emergenze la regola era mantenere la copertura. E la sua copertura adesso era quel maledetto esame di cui già sapeva tutto!

 

La mattina seguente lasciò perdere l’università e corse alla base. Aveva parlato con Iago e non perse tempo in convenevoli: andò a cercare il medico che aveva visitato Ian e pretese la cartella medica. Dopodichè corse nella stanza del ragazzo.

Un’ora dopo lasciò la sala per andare da Linus.

 

Lo trovò a letto, intento a seguire un film d’azione in tv.

“ Helen!” la salutò il ragazzo. “ Toglimi una curiosità: tu puoi vedere sotto i vestiti della gente, vero?”

Helen era ancora sulla soglia. Sorrise, suo malgrado. “ Sì, se volessi, potrei.”

“ E puoi farlo anche con gli attori in tv?”

“ Solo se li vedessi dal vivo. Se li guardassi in tv vedrei solo il tubo catodico. Ma questo lo sai già.”

“ Uff…” sbuffò Linus, abbassando il volume alla tele.

Helen si sedette accanto al letto. Notò che non c’era niente sul comodino, evidentemente Linus stava più che bene.

“ Vabbè. Sai qualcosa di Ian?” le chiese.

“ Sono stata da lui prima. Ho dato un’occhiata alla cartella e alle cure che hanno predisposto. Stanno facendo il possibile, ma è ancora incosciente” spiegò Helen, senza mezzi termini, come suo solito.

Linus tentennò un po’ prima di fare la domanda successiva. Di fronte a Iago non avrebbe mostrato la minima preoccupazione, ma adesso c’era Helen e lei era l’unica con cui si sentiva libero di esprimere quello che sentiva.

“ Ha qualcosa di grave, vero?”

Helen conosceva quello sguardo e quello che stava pensando. “ No, niente di grave. È come se avesse consumato fino all’ultima goccia di energia che aveva in corpo. Ora ha bisogno di riprendersi.” Si fermò un attimo e poi disse quello che pensava davvero: “ Tu lo conosci, Ian. È capace di correre per ore senza il minimo affanno. Non so proprio cosa abbia fatto per finire in quello stato…”

Linus guardò altrove. “ Penso che mi abbia salvato la vita. Lo dovrei ringraziare quando si riprende.”

 

Continuarono a parlare di altro e Linus ritrovò in parte il suo buonumore. Sembrava essersi convinto che Ian fosse solo “maledettamente stanco”. Dal canto suo, poteva lasciare l’infermeria già da qualche ora, ma con Ian e Scott fuori combattimento, non sapeva con chi allenarsi.

“ Per la verità… volevo parlare con te di una cosa…”

“ Ti sei trovata un ragazzo!” esclamò Linus, spalancando gli occhi.

“ Linus! Cosa ti fa pensare che lo verrei a raccontare a te, se trovassi un ragazzo!” disse Helen ridendo.

“ È così che tratti gli amici! Con tutto quello che faccio per te…” disse Linus, strofinandosi gli occhi platealmente.

“ Lasciamo perdere, Linus. Ho una cosa da chiederti.” Fece Helen, con un’espressione seria.

“ Ogni tua parola è un ordine, principessa Helen dei ghiacci.” rispose Linus.

“ Riguarda Scott” esordì Helen.

“ Ok” fece Linus. Non era più il momento di scherzare.

“ Ho analizzato la sua cartella e le sue condizioni peggiorano gradualmente, senza alcun motivo concreto. I medici non ci capiscono niente, ma a me è venuta un’idea. Ma… be’… non penso che il capo approverebbe.” Spiegò Helen con calma. Non amava infrangere le regole e Linus lo sapeva bene.

“ Una missione da Squadra beta?”

“ No” rispose Helen. “ Niente di ufficiale. Dobbiamo solo svegliare un amico.”

 

Entrarono nella stanza riservata a Scott. Helen spiegò brevemente che tutti quei macchinari servivano a monitorare le condizioni di Scott, ma non c’erano novità da più di ventiquattro ore. In più, diventata sempre più debole. Se ne stava andando… lentamente.

In quel momento, il viso di Scott sembrava ancora più pallido, e non era solo colpa della luce. Ora che aveva gli occhi chiusi, aveva un viso fatto per passare inosservato. Un fantasma.

“ Allora, vogliamo cominciare?” disse Linus. Non gli piaceva stare lì. C’era qualcosa in quella stanza, aveva la sensazione che non ci fosse solo Scott lì. Occhi che guardavano, voci che sussurravano.

“ Lo senti anche tu vero?” chiese Helen.

“ Mi fa venire i brividi. Ma è lui che lo fa?”

“ Penso di sì. Ora concentrati. So che i tuoi poteri non hanno effetto su di noi. Cioè, non puoi leggerci nella mente e in più, noi avvertiamo chiaramente i tuoi tentativi. Ma non abbiamo mai provato in condizioni del genere. C’è una grande attività celebrale, ma è come se fosse… be’… da un’altra parte.”

“ Vuoi che gli legga la mente?”

“ Sì, se ci riesci. Voglio sapere che sta succedendo lì dentro. Prova a parlargli. Forse in questo modo, potremo avere un indizio e trovare una cura.”

Linus ci pensò un po’ su. Non c’era niente di male in quello che stavano per fare, ma Helen dimenticava una cosa fondamentale.

“ Helen, non posso leggere la mente di Scott. Ci ho già provato una volta. Anche se non conosce i suoi poteri e non riesce a percepirmi, io non posso entrare nella sua testa.”

“ Ma non so se adesso… be’, se adesso è lui dentro la sua testa.”

Linus la guardò con gli occhi sgranati. Poi guardò il volto di Scott. “Che cavolo vuoi dire?”

 

“ Ho osservato le sue mosse, i suoi poteri. E mi sono fatta l’idea che la sua mente lavora in modo diverso dalla nostra. E hai visto anche tu i fantasmi. Per controllare entità di tale portata deve avere delle… non so come chiamarle… delle forme mentali in grado di agire su vari livelli. Controlla il suo corpo, i suoi pensieri… e poi ci sono i fantasmi.” Helen si fermò scuotendo la testa. “ Non lo so, Linus. Sono solo ipotesi. Ne ho parlato anche con Karen e mi ha consigliato di continuare su questa linea e tu sai che osservatrice è Karen.” Finì Helen, quasi come a volersi giustificare.

“ Ok. Quindi tirando le conclusioni, potrebbe essersi perso in questi… livelli… e aver perso il controllo del corpo. In fondo, è molto inesperto.”

Linus si avvicinò a Scott, ancora un po’ titubante, ma stavolta era pronto ad andare fino in fondo.

 

Provò ad entrare nella sua mente. Sentì subito quella resistenza che avvertiva sempre quando era con Helen e gli altri… solo che questa volta era molto più debole. Poteva facilmente forzarla: era la prima prova a favore di Helen.

Chiamò a raccolta le sue forze e si concentrò per spingere. E in quel momento, accadde una cosa che non credeva possibile.

 

Nel momento stesso in cui spinse con tutte le sue forze, la mente di Scott si spalancò come una porta. Linus fu risucchiato dentro e in un istante si trovò nel buio più completo. Per un attimo si lasciò prendere dal panico, si guardò intorno, senza vedere niente. Non c’era niente.

Un attimo dopo, capì che si sbagliava. C’era qualcuno che si muoveva lì vicino. O qualcosa. Lo avvertiva chiaramente come avvertiva l’aria fredda sulla faccia. Non ebbe il tempo di chiedersi come fosse possibile avere quelle sensazioni, se il suo corpo era rimasto nella stanza con Helen. Adesso si concentrò su quello che sentiva e si preparò per difendersi.

“ Chi sei?” gli chiese una voce gracchiante. Sembrava provenire da molto lontano.

“ Dov’è Scott?” chiese Linus di rimando.

“ Scott non è qui. Non più. Ha lasciato questo posto molto tempo fa. Chi sei tu che giungi vivo tra i morti?”

“ Scott deve essere qui, bastardo! Dimmi dov’è?” gridò Linus, meravigliandosi dell’eco provocato dalla sua voce. Le sue percezioni adesso erano tutte sballate. Se si fosse mosse, avrebbe perso facilmente l’orientamento.

Colui che aveva parlato non rispose, ma cominciò a muoversi. “Sei venuto a far compagnia al nostro jushi?”

“ Che vuoi dire?”

Qualcosa sfrecciò verso di lui. Sentì il sibilo dell’aria e istintivamente si tirò indietro. Sentì qualcosa di affilato passargli accanto alla guancia e perdersi dietro di lui.

Calmo. Doveva stare calmo. Era addestrato per quello. Così Linus ritrovò la calma e ricordò una cosa fondamentale. Era al buio, vero, ma lui era il Signore delle Ombre! Chiuse gli occhi, congiunse le mani ed evocò un clone d’ombra. I suoi cloni erano ciechi alla luce… ma vedevano benissimo al buio. Linus poteva vedere con i suoi occhi.

Vide davanti a lui uno spettro. Galleggiava nell’aria, luminescente, terribile. Stringeva nelle mani due sciabole fantasma, come un grande guerriero di altri tempi. Un attimo dopo vide dietro di lui apparire alti spettri. Non poteva restare lì a lungo.

“ Nessuno giunge immune nelle stanze dei morti, sonen!” gridò lo spettro, poi si lanciò contro di lui, urlando.

Linus lanciò il suo clone contro di loro, mentre con tute le sue forze cercò di tornare indietro. Sentì di nuovo quella resistenza, ma stavolta non ebbe esitazione. Si scaraventò contro la parete e tornò indietro, mentre il suo clone veniva massacrato dagli spettri.

 

Linus tornò in sé. All’improvviso, venne come spinto all’indietro, inciampò nella sedia e si trovò a terra.

“ Santo cazzo che storia!” esclamò, ansimando.

“ Linus! Mi hai fatto prendere un colpo! Cos’è successo?” disse Helen.

“ Ho fatto come hai detto! Sono entrato nella…”

“ Sei ferito.” Lo interruppe Helen. Gli passò un dito sulla guancia e gli mostrò il sangue.

“ Cavolo allora è possibile! Mi hanno colpito quando ero… be’… nella mente di Scott…”

 

Linus raccontò tutto quello che era successo. Non ci mise molto, ma fu quando più preciso possibile.

“ È stata un’idea stupida” concluse Helen.

“ No! Sono entrato nella sua testa come dicevi tu. Avevi ragione, è possibile!”

“ Ma è troppo pericoloso! Sei stato fortunato… non possiamo provare di nuovo.” Disse Helen. Era sconvolta al pensiero di aver messo la vita di Linus in pericolo.

“ Ma io ce la posso fare!” insistette Linus.

“ No, Linus. Troveremo qualcos’altro.”

Linus si voltò, risentito. Sapeva di potercela fare, gli serviva solo un po’ di tempo. Ma Helen sembrava così decisa…

 

“ Helen… ma come è possibile che nella mente di Scott ci fossero così tante… presenze?” chiese Linus ad un tratto.

“ Non era la mente di Scott. Penso che ci sia un’altra spiegazione.” Rispose Helen, quasi soprappensiero.

“ Che tipo complicato eh?” disse Linus, sorridendo.

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Capitolo 11
*** Modus opeerandi - La marcia degli spettri ***


11

Modus Operandi

La marcia degli spettri

 

Riunione straordinaria. Erano di nuovo nella sala  grande, tutti gli agenti nei loro completi impeccabili e con il volto teso. Erano le otto del mattino. Per la squadra β c’erano Iago ed Helen, era impossibile non notarli. Iago, con la sua maglietta rossa senza maniche, con i tatuaggi tribali sui grossi bicipiti, i jeans stracciati e il taglio da marines sembrava semplicemente aver sbagliato stanza. Helen era più discreta, ma aveva tutta l’aria di non voler somigliare agli altri burocrati presenti.

Erano stati convocati all’improvviso. Non sapevano ancora il motivo.

 

Il capo entrò di lì a poco, puntuale da spaccare il secondo. Saltò tutti i convenevoli e andò dritto al punto.

Sugli schermi posti davanti ad ogni membro comparve la foto di una ragazza. Bruttina, con i capelli neri corti e degli occhiali spessi.

“ Josephine Caldone, 23 ani, di origini francesi. Una situazione familiare complicate: padre alcolizzato, madre depressa. Nessun fratello, nessuna relazione stabile. Scappa di casa a 19 anni e da tre anni abita nel pressi dell’università. Poco prima della fuga, tenta il suicidio, lanciandosi dalla finestra di casa, al sesto piano. Si rialza senza nemmeno un graffio. Non ne fa parola con nessuno, a quanto ci risulta. Da quel giorno la stiamo seguendo” il capo fece una pausa, dando a tutti il tempo di assimilare le informazioni.

“ Una possibile agente?” chiese uno di loro.

“ È quello che pensavamo. Ma dal giorno del tentato suicidio, non si sono ripetuti eventi analoghi, né ha dato prova di possedere capacità particolari. Inoltre i test non hanno rilevato tracce del fattore K” spiegò il capo, poi aggiunse: “Stamattina, la ragazza è morta.”

Un attimo di silenzio, poi un altro agente chiese. “ Qualcosa a che fare con il suo presunto potere?”

“ No, il contrario semmai. È morta in seguito ad un’esplosione nel suo appartamento. Si è lanciata dal balcone ed è collassata sull’asfalto. Nessun fattore K rilevato.”

“ Cosa c’entra con noi, capo?” chiese Iago, osservando le altre immagini della ragazza che scorrevano sullo schermo.

“ Alcuni indizi fanno pensare ad un coinvolgimento dell’ATC.”

 

“ Gli agenti della squadra di pulizia hanno analizzato ogni angolo della casa, senza trovare traccia dell’esplosivo. Eppure l’esplosione è stata così forte da abbattere un muro.”

“ La ragazza è morta per l’esplosione o per essersi gettata dalla finestra?” chiese Helen.

“ Non ne siamo ancora sicuri. Le ustioni sul suo corpo erano sufficienti ad ucciderla, a quanto ne sappiamo. È dunque inprobabile che in quelle condizioni si sia lanciata dalla finestra.”

“ Ancora non mi è chiaro l’intervento dell’ATC in questo incidente.” Disse un uomo seduto a due posti dal capo. Si chiamava Colt. Aveva l’aria saccente e parlava come se già avesse risolto la questione e stesse sprecando tempo a spiegarlo a chi non aveva ancora capito.

“ Non è stato un incidente. È stato un omicidio” Rispose un altro agente.

“ Una ragazza si getta dalla finestra e diamo la colpa all’ATC? Avete proprio bisogno di sentire la loro presenza ovunque?” rispose Colt.

“ E come spieghi l’esplosione?”

“ Le indagini lo potranno spiegare. Ma potrebbe essere stata causata dal gas. Convocare un’assemblea sulla base di così pochi dati è solo una perdita di tempo” continuò Colt.

 

Iago guardò Helen e vi lesse i suoi stessi pensieri. Il capo aveva visto giusto, per quanto non gli andasse di ammetterlo. Conosceva quel genere di azione.

“ No, Colt, non è stata una perdita di tempo” disse Iago alzandosi. Sapeva che l’agente Colt avrebbe notato l’omissione del titolo e ne era contento. Detestava quell’uomo. “ C’è l’ATC dietro questo omicidio.”

“ E cosa ne sa la squadra beta? Avete informazioni che non conosciamo?” sbottò l’uomo.

“ No, Colt. Solo buona memoria. Cosa che a te sembra mancare.”

Helen soffocò una risatina.

“ Oh, questa sì che è buona. Se avete una così buona memoria, come ha fatto l’agente Ian a dimenticare come si porta a termine una semplice missione di recupero?” replicò Colt, con un odioso sorriso sulle labbra.

Iago strinse i pugni, incenerendolo con lo sguardo. Helen era sicura che avrebbe assalito l’agente e un po’ ci sperava quasi. Ma Iago rimase fermo al suo posto, stringendo i pugni tanto da farsi sbiancare le nocche. Helen si alzò in piedi, prendendo la parola.

“ Se avessi letto i rapporti, avresti riconosciuto il modus operandi di una nostra vecchia conoscenza all’ATC. Si tratta di Renin, esperto in arti esplosive. In genere si diverte a… giocare… con le sue vittime, piazzando gli esplosivi in modo da non ucciderle. Questo spiegherebbe perché la ragazza ha avuto il tempo di gettarsi dalla finestra nonostante le ustioni”. Concluse guardandosi intorno.

“ Sono solo congetture! Non è niente di provato. L’ATC non controlla tutto. Non sono dappertutto. Stiamo sopravvalutando il problema.” Disse ancora Colt. Il capo stava per intervenire, quando Iago diede un pugno talmente forte sulla scrivania da incrinarla.

“ Negli ultimi sei mesi abbiamo perso più agenti che negli ultimi 5 anni. Anche questa è una coincidenza, grande figlio di puttana? Anche questo è sopravvalutare il problema? E nonostante ciò, non stiamo facendo niente per intervenire. Ognuno di voi qui dentro sa di avere le spalle al coperto e non gli importa più niente del vero scopo di quest’Agenzia.”

“ Basta così. Questi argomenti verranno discussi nella prossima assemblea. Per ora dobbiamo decidere che misure prendere a breve termine. Per tanto…”

 

Ci misero un’ora per decidere quello che ormai era inevitabile. Attivare tutte le squadre a disposizione, aumentare la perlustrazione e agire in modo rapido ed efficace. L’agente Colt e due agenti seduti accanto a lui sottolinearono l’inutilità di tali provvedimenti e arrivarono persino ad accusare l’assemblea di fare del facile allarmismo.

 

Helen e Iago si allontanarono subito dopo la riunione.

“ Hai anche tu l’impressione che l’agente Colt e la sua cricca stia mirando unicamente a rallentare l’intervento dell’Agenzia?”

“ Burocrati conservatori del cazzo! Sono convinti che solo perché abbiamo vinto, continueremo a vincere per sempre. Cose tipo: mai permettere che i fatti smentiscano i propri pregiudizi!”

“ Dobbiamo trovare un accordo. E dobbiamo farlo in fretta.” Disse Helen. Erano quasi arrivati alla sala comune.

“ Non ci serve un accordo!” proruppe Iago. “ La squadra Beta può fregarsene del protocollo!”

“ Stai cominciando a parlare come Linus!” lo bloccò Helen. Era stanca di quella situazione. “ Sai benissimo che non possiamo fare niente senza il supporto dell’Agenzia. Siamo un’unità speciale, d’accordo, probabilmente la migliore, ma senza la rete d’informazioni centrale, senza gli approvvigionamenti…”

“ Allora dobbiamo passare al comando” la interruppe il ragazzo.

“ Iago!” urlò quasi Helen. “ Abbiamo solo diciotto anni! Come puoi pensare di gestire una cosa tanto grande?”

“ Ian ci riuscirebbe” disse Iago, a bassa voce stavolta.

Entrarono nella sala ed Helen posò i fascicoli sul tavolo. Aveva bisogno di mettere le cose in ordine. Soprattutto se si trattava davvero di Renin.

“ Ian è ricoverato in seguito ad una missione male gestita. Non l’avrei mai ammesso davanti all’assemblea, ma è così! Guardiamo in faccia la realtà e non diamo la colpa al destino.”

Iago fece per contraddirla, ma poi si zittì. Si sedette accanto ad Helen, rinunciando a controbattere. In fondo aveva ragione.

“ Parliamo di cose più urgenti. Pensi davvero che sia stata opera di Renin?”

“ Ha giocato con la sua preda, l’ha ferita, mutilata e l’ha costretta a gettarsi dalla finestra. Sì, è stato Renin.”

 

***

 

Linus vide un agente medico uscire dalla stanza di Ian e subito gli chiese informazioni. Ian stava bene, non aveva riportato traumi di nessun genere. Si era svegliato per qualche minuto, ma era ancora tremendamente stanco. Un altro giorno, forse, e sarebbe tornato come nuovo.

Decise così di lasciarlo riposare, ora che era sicuro che stava bene, e si allontanò. Pensò di nuovo a Scott, ormai era diventata un’ossessione. Era dalla sera precedente che ogni pensiero portava alla stessa conclusione: ce la poteva fare. Gli bastava scoprire dove si trovasse Scott di preciso, in qualche parte della sua mente fosse finito, poi sarebbe stato facile. Non una passeggiata, certo, ma ce la poteva fare. Helen si sarebbe ricreduta.

 

Nella stanza di Scott non c’era nessuno. I macchinari erano tutti in funzione, silenziosi come al solito. Non attese oltre e decise di provarci immediatamente. Si sedette sul letto e si concentrò. Si disse che sapeva perfettamente a cosa andava incontro.

Provò ad entrargli nella mente. Incontrò la solita resistenza, ma era molto più debole del solito. Era un po’ come andare incontro ad un lenzuolo gonfiato dal vento. Si limitò a scostarlo, senza lasciarsi trascinare dentro.

Entrare nella mente delle persone era sempre stato un po’ come aprire un baule pieno di cianfrusaglie e mettersi a cercare. Con Scott era diverso. Aperto quel baule non c’era niente, solo l’apertura di un pozzo in cui non si scorgeva la fine. E lì dentro c’era un mondo intero!

Si spostò con cautela per cercare Scott. Corse con la mente in ogni direzione, nel buio, tra gli alberi, si trovò in uno stretto corridoio di pietra, in una piazza, su un monte… non sapeva come fosse possibile, il tempo e lo spazio lì sembravano così sbagliati!

Alla fine lo vide. Era lì, in un deserto di sabbia celeste che si estendeva a perdita d’occhio. Lì era solo deserto e cielo. Linus corse verso l’amico, lasciandosi trascinare completamente nella sua mente.

“ Scott, finalmente! Stai bene?”

Il ragazzo si voltò, con gli occhi neri che luccicavano sul viso quasi del tutto bianco. Era serio, nessuna traccia di un sorriso. “ Non dovresti essere qui” gli disse.

“ Neanche tu, se è per questo. Qualunque cosa sia questo posto…” replicò Linus. Non si era certo aspettato quell’accoglienza.

“ È la Valle. Non dovresti essere qui” ripeté Scott, senza muoversi di un centimetro. Linus ebbe un brivido. No, non sembrava il ragazzo che aveva conosciuto all’Agenzia.

“ Torniamo indietro allora. Sono venuto qui per… be’, per svegliarti.”

“ No. Io devo restare. Questo è il mio posto.” Disse Scott.

“ Scott, questo posto non esiste! È solo nella tua mente!”

Una voce parlò alle sue spalle. Linus non l’aveva sentita arrivare. Era uno spettro. “ Questo posto è sempre esistito. Fin dall’alba dei tempi. E mai è stata tollerata un’anima viva!” doveva essere lo spirito di un vecchio, la sua pelle semitrasparente pendeva dalle ossa. La guancia era stata maciullata, Linus poteva scorgere i suoi denti fantasma.

“ Fermo, Gunt!” disse Scott e lo spettro si fermò. “ È qui per me. Lasciaci soli.” Lo spettro se ne andò. O meglio, sparì.

“ Che significa, Scott? Che sta succedendo?” chiese Linus.

“ Non puoi stare qui. Questo non è posto per i vivi.”

All’improvviso, mentre era perfettamente immobile, Scott si lanciò contro di lui. La sua velocità era sorprendente, Linus non riuscì a distinguere i suoi movimenti. Lo colpì con un pugno allo stomaco, prima che potesse difendersi.

“ Perché?” chiese, mentre era in ginocchio.

“ Torna indietro.” Sibilò il ragazzo, con una voce che non aveva pià niente di umano. “ Scott non vi appartiene.”

 

A quelle parole, Linus cominciò a capire. In quel momento, avvertì intorno a sé altre presenze, questa volta però non erano ostili. Non erano lì per lui. Erano come in marcia, tutti nella stessa direzione.

“ Tu non sei Scott, dunque” disse, rialzandosi.

“ Sì, sono io. Sono quello che Scott dovrebbe essere. Un guardiano di spiriti. Scott non appartiene al vostro mondo” Ripeté ancora il guardiano.

Linus si guardò intorno: era pieno di anime che camminavano nella stessa direzione, lente ma costanti. Il cielo era sereno e… completo, non c’erano nuvole e nessun monte a disturbare l’orizzonte. E non c’era nemmeno il sole. Un azzurro perfetto, ma senza sole. Non c’erano ombre, riflettè Linus. I suoi poteri erano molto limitati, lì.

“ Non mi interessano i tuoi discorsi, spettro. Dimmi dov’è Scott e me ne andrò”

Sono qui… Quella voce gli arrivò dritta alla testa. In qualche modo Scott riusciva a mettersi in contatto con lui. Solo che non aveva idea di dove fosse.

 

Un instante e il guardiano lo attaccò di nuovo. Questa volta però Linus non si fece trovare impreparato. Schivò l’attacco e indietreggiò di un passo. Era troppo veloce. Non poteva far altro che difendersi.

Scott dove diavolo sei?

Parò un pugno, saltò, indietreggio di qualche altro passo. Si guardò intorno con disperazione. Se Scott gli aveva parlato era perché l’aveva visto. E se l’aveva visto, doveva essere lì intorno.

 

Ad un tratto lo vide. Il guardiano lo centrò con un pugno e lo mandò al suolo. Linus sputò sangue, ma quasi non se ne accorse. Scott era lì, a nemmeno cento metri da lui. Si meravigliò di non averlo visto prima, ma pensò che forse prima non c’era. Come non c’erano tutte quelle anime in marcia. Doveva raggiungerlo… ma il guardiano non l’avrebbe lasciato andare facilmente. Doveva trovare una soluzione.

In quel momento gli tornò in mente Karen. Smettila di pensare all’onore. Gli uomini d’onore sono quelli che muoiono per primi. Qui siamo in guerra… non importa quello che fai, l’importante è abbattere il nemico. A qualunque costo, con qualunque mezzo.

 

Il guardiano si avvicinò minaccioso. Il suo volto era identico a quello di Scott, ma non era lui. Quello sguardo omicida non apparteneva al suo amico. Linus affondò le dita nella sabbia. Finse di rialzarsi e il guardiano lo attaccò di nuovo. Linus fu più veloce: gli lanciò la sabbia sul volto e corse via. Non aveva molto tempo.

 

Scott era a terra carponi. Tossiva. Era chiaro che non riusciva a mettersi in piedi.

“ Scott! Cosa diavolo sta succedendo?” gli disse Linus.

“ Non lo so. Non riesco a muovermi. Mi hanno portato qui. Vogliono che faccia qualcosa” disse Scott ansimando.

“ Chi sei Scott? Il guardiano… ha detto che tu appartieni a questo mondo…”

“ Gli spettri mentono, Linus. Non hanno nessuna ragione per dirti la verità. Aiutami adesso.” Disse Scott. Riuscì ad alzare lo sguardo e Linus non ebbe dubbi che fosse il suo amico.

Provò a sollevarlo, ma non ci riuscì. Era diventato incredibilmente pesante! Non riusciva a sollevarlo nemmeno di poco.

Un attimo dopo, notò qualcosa di strano. C’era qualcosa intorno a Scott, come una lastra di vetro che distorceva il paesaggio al di là.

“ Hai combattuto contro Crin, vero?” chiese Linus, allontanandosi di qualche passo.

Scott non rispose, ma non ce n’era bisogno.

“ Scott… quello che sto pensando va contro ogni logica… ma sei ancora dentro la barriera dimensionale!”

La barriera dimensionale era una tecnica minore, che inibiva rapidamente tutte le capacità motorie e creava uno stato confusionale che poteva durare giorni. Era efficace, ma rimaneva comunque una tecnica statica, non poteva avere altri effetti. “ Com’è possibile che sia arrivata fin qui! Siamo nella tua mente, cavolo, perché la barriera è ancora attiva?”

“ Non… è… la mia… mente… tirami fuori… per favore…” riuscì a farfugliare Scott.

Sapeva come fare. Si voltò e vide che il guardiano stava correndo verso di loro. Non c’era tempo. Bastava colpire il punto nevralgico della barriera. Linus lo individuò subito e lo colpì con tutta la forza di cui era capace, come gli aveva insegnato Iago. La barriera andò in frantumi.

“ Andiamo! Sta arrivando il guardiano! È troppo forte per me!” disse Linus aiutandolo ad alzarsi.

“ Ci penso io a lui” disse Scott.

Linus avvertì uno spostamento d’aria, poi all’improvviso vide apparire tre spettri che si interposero tra loro e il guardiano. Erano spiriti guerrieri, armati di tutto punto. A differenza degli spiriti che marciavano in quella valle, questi non barcollavano, non arrancavano. Erano lì, pronti a combattere.

“ Gar, tora, pund… è tutto vostro” disse Scott e gli spettri attaccarono. Il guardiano provò a colpire, ma gli spettri furono letali.

“ Linus, andiamo via di qua. Tieniti forte.”

 

Prima che potesse replicare, si trovò scaraventato attraverso foreste e laghi, monti e città. Fu solo un attimo, ma sembrò eterno.

Si svegliarono nella stanza, Linus si alzò di scatto dalla sedia, senza rendersene conto e cadde a terra. Sputò sangue di nuovo.

Anche Scott era sveglio, drizzandosi al centro del letto, rischiando di strappare i tubi che lo collegavano ai macchinari. Si guardò intorno e poi disse semplicemente:

“ Cazzo, che fame!”

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