Come uccisi il protagonista e un altro paio di carogne

di Cassandra Erin Dorian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La cornice comica ***
Capitolo 2: *** Descrizione e un altro dialogo ***
Capitolo 3: *** Riflessioni in prima persona, flashback e Spannung ***
Capitolo 4: *** Finale col botto ***



Capitolo 1
*** La cornice comica ***


Dedicata a Maya98
COME UCCISI IL PROTAGONISTA
E UN ALTRO PAIO DI CAROGNE


- Complimenti.
- Per cosa, calda e rassicurante voce nella mia testa?
- Beh, sudi alcool davanti a una pagina di Word vuota, senti le voci, domani devi presentare la bozza all’editore e hai scritto… uhm… la pagina di Word vuota. E stai ancora bevendo. Meriti i miei complimenti per il tuo sangue freddo in tale circostanza.
- Grazie.
- Prego. Cos’è stavolta, whisky? No, aspetta… questo è brandy. E gin. E tre cocktail. Non lo sai che è sbagliato mischiare gli alcolici?
- Ti consiglio di non fare l’opuscolo per i liceali.
- Faccio l’opuscolo per scrittori in crisi.
- Write drunk, edit sober.
- Giusto, solo che per te la massima somiglia più a write drunk, edit drunk.
- Finora ha funzionato.
- Finora.
- E se mi piacesse così?
- E se ad Alice non piacesse? O a… aspetta… Anna? Neanche ti ricordi il nome della tua fidanzata. O era la tua amante occasionale? Ho fondati sospetti che si tratti di tua cugina.
- Lasciamo perdere. Tu chi saresti?
- Sono il narratore.
- Dimostra che non sei una mia visione e ti do retta.
- L’ottuso scrittore si alzò in piedi, si riempì la bocca di funghi porcini secchi, nutella e pesce crudo e iniziò a ballare come indemoniato…
- Mi hai convinto. Però da parte tua è molto infantile. E funghi, pesce e nutella fa schifo.
- Le mie intenzioni erano più che nobili.
- Ah, capisco.
- No che non capisci. Sono qui per aiutarti. Voglio che tu sia un grande scrittore.
- Perché non ti fai gli affari tuoi, invece?
- Avete ragione. Spero di non avervi recato offesa, messere, se ho tentato pateticamente di offrirvi i miei umili servigi. Dopo tutto io fui solo la voce narrante di tutti gli scrittori da quando la scrittura fu inventata. Cosa volete che io sappia di come si scrive un libro? Vi lascio, acciocché possiate da solo scrivere il vostro capolavoro in una notte, come fece Kafka prima di voi con “La condanna”. Io c’ero, ma il vostro genio potrà trascendere questo particolare. Buonanotte.
- Ma come siamo permalosi… riformulo la domanda: perché ti interessi al mio caso? Voglio dire, non ti sarai messo a parlare a tutti gli scrittori come stai facendo con me.
- Solo con quelli con blocco etil-creativo.
- Come me. Quindi tu di mestiere fai la voce narrante. Cosa ci guadagni?
- Il piacere di raccontare. E la tua storia mi interessa.
- Bene, onnisciente calda rassicurante voce, ovviamente la conosci già. Che ne pensi?
- Secondo me è buona. Solo… temo tu sia un po’ confuso. Ci sono alcune incongruenze e spazzatura nel tuo palazzo mentale. Tu riposati, tra mezz’oretta ti riporto la signora Ispirazione al nido coniugale.
- Sicuro che non mi sveglierò domattina con la pagina di Word vuota?
- Ma certo che no, caro. Se non credi a me, che sono il narratore...
- Sarà perché la tua voce è identica a quella di Benedict Cumberbatch ma mi fido.
- Grazie. Benedict Cumberbatch… Buonanotte caro. E sogni d’oro.

                                                                           ***
Rosamunde guardò intensamente negli occhi Jonathan.
“Ti amerò per sempre. Non mi lasciare, non valgo niente senza di te”.
Gli occhi color cioccolato di lei riuscivano a distogliere l’occhio voglioso del playboy dalle sue curve perfette, tutte al posto giusto. 
Un brivido caldo percorse la schiena di lei, mentre nel silenzio assordante dei Caraibi si sentiva solo il loro respiro, sotto la volta di lapislazzuli del cielo.
“No, non ti lascerò mai, mio piccolo muffin”.
Il tramonto illuminava il loro bacio appassionato.
 
- Ma che schifo! E questa immondizia da dove viene? Ecco perché non riesce a scrivere più niente: trabocca di Harmony! Devo assolutamente intervenire.
 
In quel momento, un’incudine da cinquecento chili piombò sulla coppia, uccidendola sul colpo.
FINE

- Rozza, ma sempre efficace.
 
Il mantello nero del misterioso cavaliere svolazzava per il Pére Lachaise. La luna illuminava le ciglia all’orlo degli enormi occhi neri della fanciulla, come gigli attorno a un pozzo profondo.

- Questa non va. Sembra Stephenie Meyer che scrive Théophile Gautier*. Con un paio di modifiche potrebbe andare, ma non ora.
 
- No, non sarò mai vostra, cavaliere.
Bastano meno parole per uccidere un uomo.
FINE

- Che gran cosa sono le frasi fatte.

Il padre svitò il collo della vittima sacrificale e spalmò il sangue sul pane.
 
- Sembra facile da aggiustare.
 
Che mondo sarebbe senza Nutella! *
FINE

- Che ubriacone. 
Beh, se non altro questo posto è un po' più pulito. 
E ora, al lavoro.
"Una storia normale"... No, chi lo compra con questo titolo.
"D'amore e di normalità".
Già meglio.
Fino al terzo capitolo fila. Originale la scelta dei vocaboli. Bella la sequenza onirica del supermercato. 
Tagliare la parte sulla madre, è noiosa e fuorviante. 
Il flusso di coscienza del quinto è superfluo. Beh, non è così problematico...
Un momento, cosa diamine...
Non ci credo.
Eccolo.
Neanche i principianti fanno questi errori. 
Inizia con la storia d'amore di Robert con Elizabeth. Parte senza intoppi.
E poi, misteriosamente, dopo aver speso metà del libro a incensare la loro unione, Robert trova il vero amore in una certa Maeve, mai vista e mai sentita, ci passa sì e no due pagine e poi torna da Elizabeth come nulla fosse.
Trovato l'intoppo. Incastrato nella sua stessa rete di personaggi. Tipico negli esordienti.
Robert Jenkins, Maeve Doherty, Elizabeth Jones... Oddio, dovrò ricordarmi di farglielo ambientare in Italia, non si può sentire. Che ci vuole a chiamarli Roberto, Mina e Elisabetta? È troppo mainstream?
Devo intervenire, e in fretta.

Il giorno che la vita di Maeve Doherty cambiò c’era nebbia.
Come ogni altro giorno della sua vita.
 






*Non ho intenzione di offendere né Théo né Steph né i loro fan. Come l’autore ben sa, pesce crudo, porcini secchi e nutella non stanno bene insieme.                                                                    
*non mi pagano per scriverlo.             
 
Angolino piccino piccino picciò:
Salve, sono Cassandra Erin Dorian e questa è la mia prima fanfiction.
*coro del gruppo di auto aiuto*: Ciao Cassandra.
Sto scrivendo questa storia per contraddire e smontare tutto ciò che una prof di lettere può insegnare a proposito di un testo narrativo. E divertirmi, ma riguarda solo me.
Le recensioni che eventualmente lascerete mi manderanno in brodo di giuggiole, anche se negative. Ah, già, me ne stavo quasi dimenticando: non scrivo su EFP per lucrare, se no non scriverei su EFP.
Arrivederci e grazie per averci scelto!

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Capitolo 2
*** Descrizione e un altro dialogo ***


Capitolo 2
L’insegna all’esterno del piccolo bar brillava assonnata e molto poco convinta.
L’interno era anonimo quanto l’esterno prometteva. Le quattro pareti erano spalmate di arancione, colore che strideva con la luce fredda e verdastra delle lampade al neon. Il pavimento, di gomma nera a pallini, era più facile da pulire che esteticamente efficace.
Sette tavoli di formica verde, due rettangolari, due quadrati e tre tondi, ciascuno circondato da tre sedie, provenivano direttamente dagli anni ’70, quando il padre dell’attuale barista aveva aperto il locale.
Al muro, appese, quattro fotografie di una squadra di calcio rionale, due delle quali in bianco e nero, una simil-litografia ottocentesca che alludeva ai piaceri del vino, un ritaglio di giornale sulla vittoria della sopraddetta squadra rionale e una foto autografata di una quasi diva della televisione passata di lì.
Sulla parete di fondo, un bancone spropositato e ripieno di alcolici che gli avventori, pochi e occasionali, avrebbero finito di bere qualche lustro dopo.
Dietro al bancone un uomo (il proprietario), una donna pesantemente truccata (sua moglie nonché banconista) e un coniglio di peluche azzurro, enorme, anch’esso retaggio degli anni ’70.
Ai tavoli, tre studentelli che ridevano trangugiando cappuccini, un uomo visibilmente d’affari e visibilmente molto impegnato che brandiva visibilmente un quotidiano di economia rimestando un espresso ormai freddo e, quasi nascosti da un attaccapanni, un uomo e una donna che non avevano ordinato niente.
 
***
 
Il primo mistero di quella mattina era, ovviamente, il biglietto.
Maeve l’aveva trovato nella borsa mentre tornava dall’Università. Si stupì molto di trovare un pezzo di carta fuori dal suo impeccabile portadocumenti e volle pensare a un ammiratore segreto.
Il secondo era il messaggio. Il testo, battuto a macchina, era: “Maeve, aperto il biglietto, lo lesse rapidamente. Metanarrativa pura. Le venne quasi da ridere.
Il testo raccontava di lei che si sarebbe presentata al bar dove faceva colazione alle sette e mezza del giorno dopo e, come per obbedire a un ordine superiore, decise che l’avrebbe fatto senza porsi troppe domande.”
Il terzo mistero era che lei, come per obbedire a un ordine superiore, lo aveva fatto senza porsi troppe domande.
 
Entrando nel bar, alle sette e ventinove precise di quel mattino nebbioso, non era riuscita a trattenere un moto di stupore nel vedere colui che la aveva convocata con tanto mistero.
- Lei è…
Lui alzò la testa, quasi infastidito.
- No, mi spiace infrangere i suoi sogni, miss Doherty, ma non sono Benedict Cumberbatch*. Prego, si sieda.
- Ah. Scusi.
- Niente, non è la prima volta che capita. Prende qualcosa da bere?
- No, grazie.
- Mia cara, la trovo laconica. Dovrebbe almeno mostrare un po’di curiosità.
- Mi spiace, ma stamattina sono un po’ OOC. Potrebbe iniziare lei a spiegarmi perché mi ha convocata?
- Ma certo. Dopotutto lei è così, precisa, ordinata, diretta… ma sto divagando. Lei legge il giornale, miss Doherty?
- Visto che mi conosce così bene, mi chiami pure Maeve. Comunque sì, signor…?
- Ogni cosa a suo tempo, Maeve. Leggendo i giornali avrà una vaga idea della realtà in cui vive. Mi racconti cosa è successo di interessante l’ultima settimana.
La ragazza tirò un lungo sospiro.
- Bene. Allora, lunedì quindici Nikolaj sono esplosi in altrettante grandi città del mondo. Martedì è morto un ultracentenario ed è scoppiato il terrore. Mercoledì si è scoperto che era un falso allarme. Giovedì suicidio di massa in Giappone, settantatré studentesse si sono avvelenate lasciando tutte lo stesso messaggio: “Il Libro è uno shoujo manga”. Seguono a ruota, il giorno dopo, ottantaquattro ragazzini che hanno fatto seppuku lasciando il messaggio: “Vi sbagliate, è uno shonen”. Oggi è sabato, ma non ho ancora  letto niente.
Il suo interlocutore non doveva porle quella domanda. Era illogico chiederle dei casi di cronaca e Maeve detestava ciò che non riusciva a spiegare.
Le pareva di essere tornata alle elementari, con tanto di banchi di formica verde.
 
“Doherty, dimmi qual è la Trinità!”
“Autore, Protagonista e Narratore, miss O’Neill.”
“Doherty, di che genere è il Libro?”
“Nessuno sa di che genere sia, anche se sicuramente è un romanzo.”
“Era una domanda a trabocchetto, brava. Parlami dei Nikolaj.”
“I Nikolaj sono un gruppo terroristico che punta all’uccisione del maggior numero di persone possibile allo scopo di eliminare il Protagonista. Il loro nome deriva dal patronimico di Tolstoj. ”
“Doherty, perché ogni vita umana è importante?”
“Perché ognuno di noi potrebbe essere il Protagonista e morto il Protagonista il mondo dura lo spazio di un epilogo, miss O’Neill”
“E cos’è lo spazio di un epilogo?”
“Il tempo di una frazione di secondo più il tempo di lettura, miss O’Neill.”
“Doherty, cosa succederà alla fine del Libro?”
“Verremo tutti giudicati dai Lettori, miss O’Neill. E verremo divisi tra buoni personaggi e Mary Sue e Gary Stu.”
“Bene, Doherty. Hai studiato.”
 
- Maeve, il suo flashback è indubbiamente interessante, ma ora devo spiegarle perché l’ho convocata.
- Come fa a sapere che ho avuto un flashback?
- Sono il Narratore.
- Lo dimostri. Non è il primo ad affermarlo.
- Il ragazzino dai boccoli castani seduto lì vicino si alzò in piedi e declamò appassionatamente il sonetto 92 di Shakespeare dedicandolo all’amico biondo seduto lì vicino…
- Potrebbe essersi messo d’accordo con loro. Guardi com’è rosso!
- Vuole un’altra prova? Il biglietto che le ho mandato ne era un valido esempio. Io ho raccontato lei che accettava l’invito e lei ha ubbidito.
Altro esempio? L’Autore mi ha immaginato come Benedict Cumberbatch, ma per Jane Austen ero una fanciulla di buona famiglia piuttosto ironica e pettegola, per un libro di ricette sono una nonna giunonica, per un libro di fiabe una mamma sorridente…
- Va bene, la mia razionalità si sta arrendendo. Signor Narratore, cosa l’ha spinta a chiedermi un colloquio? E perché finora le domande le ha fatte solo lei?
Il Narratore si rabbuiò.
- Facevo conto che ci arrivasse da sola. Maeve, la vita nel suo mondo ruota tutta attorno al Protagonista e alla sua attesa. E, soprattutto, alla sua possibile morte. Ma non esiste solo questo.
L’Autore ha in mente una storia. È già tutta pronta. Solo che, non essendo l’Autore un dio infallibile, a volte gli può capitare di inserire qualcosa di troppo…
- Lei mi sta parlando dell’Editing.
- Non proprio. Vede, un libro è come un’azienda; so che pare un paragone poco felice, ma è la verità. A volte qualcuno va promosso, a volte va degradato, altre è semplicemente in… esubero.
- Dove vuole arrivare? Vuole licenziarmi?
- Assolutamente no, gioia.
- E allora…
Il Narratore si accese una sigaretta, noncurante del divieto di fumo. I ragazzini dietro di lui erano troppo occupati a girarsi amore eterno per protestare e il brillante uomo d’affari si era addormentato.
- Maeve, da quanto dura la sua relazione con Robert Jenkins?
- Due mesi.
Il Narratore aspirò e sbuffò un fumo inodore con aria da dandy.
- E lo ama.
- Molto.
Il Narratore assunse un’espressione disgustata.
- Che nomi orrendi che avete. Quante volte devo ripetere agli esordienti che devono ambientare le storie nel giardino di casa loro?! Non è, non dico inglese, ma neanche anglofono!
Evidentemente parlava dell’Autore. Parve ricordarsi di Maeve.
- Oh, scusi. Tenterò di dirle la verità nel modo meno brusco possibile. Robert è il Protagonista. Elizabeth Jones è la Deuteragonista. Albert Upton è l’Antagonista. Lei, mia cara Maeve, è solo una comparsa.
Alla fanciulla tremò la voce.
- E quindi?
- E quindi lei, in quanto comparsa, deve solo comparire. Non può essere l’amore della vita del protagonista in due pagine mentre nelle altre 203 lo è Elizabeth.  Cerchi di capire!
- Ma ormai sono nella storia.
- Questo è il punto. Lei, dolcezza, esiste per un errore dell’Autore. Per di più Lui le è affezionato, quindi non potrei neanche eliminarla all’improvviso. Allora l’unico modo di far andare avanti la storia è che lei sparisca con discrezione. Quando lei uscirà di qui andrà dal suo ragazzo, gli dirà addio possibilmente spezzandogli il cuore e io semplicemente taglierò la parte in cui lei ha a che fare con Robert.
Ah, un’altra cosa: ora che lei sa di essere una comparsa e conosce i ruoli principali, evaporerà non appena svolta la sua funzione, più o meno tra un paio di mesi. Per questa storia sto infrangendo un sacco di regole. Ho bisogno di una vacanza.
Comunque, non dica niente ai personaggi principali, altrimenti…
- La storia potrebbe implodere e collassare.
- Lei è molto intelligente, Maeve. Bene, è stato un piacere parlare con lei.
- Quanta empatia. Le ricordo che sto per evaporare.
- Mi spiace, ma devo essere super partes. La commozione non è nelle mie corde.
- Aspetti… cosa c’è dopo l’evaporazione?
- L’eternità, cara. L’eternità cartacea.
 
Maeve non fece in tempo a rispondere perché del narratore restò soltanto una cicca si sigaretta e un fumo particolarmente denso.

*ho già detto che amo Benedict Cumberbatch? Davvero? E che comparirà direttamente o indirettamente in tutte le mie storie? Tra noi deve esserci più comunicazione, lettore...


Angolino piccino piccino picciò:
Zalve, terrestri. 
Scusate, ma tra una cosa e l'altra (blocchi creativi, ingorghi ormonali da terza stagione, greco, peperonata...) non sono riuscita a pubblicare prima. Tanto lo so che i miei lettori sono cinque, quattro dei quali sono miei amici anche in 3D. Ah, a proposito: scrivo con la mia amica Maya98 con l'account a quattro mani ApocalypseGirls, se volete date un'occhiata. Come sempre, le recensioni di qualunque tipo sono più che gradite. 
Arrivederci e grazie per averci scelto! (e abbiate fede: imparerò a usare l'html, prima o poi.) 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Riflessioni in prima persona, flashback e Spannung ***


Cosa fareste voi se vi restassero due mesi per lasciare l'amore della vostra vita e la vostra vita stessa?
Detto così sembra la tagline di un film strappalacrime.
Non fa niente. Riassume bene la situazione.
Beh, io sono tornata a casa e mi sono messa a riordinare l'armadio. Io lo odio, il disordine, chi è disordinato fuori è disordinato dentro.
Poi ho preparato il pranzo, pollo arrosto come lo faceva la mamma. L'ho tagliato in tanti pezzetti, ne ho messo le mie parti preferite, petto e coscia, sul piatto, ho aggiunto purè di patate, carote gratinate al burro e spinaci saltati come contorno, mi sono seduta a tavola e ho mangiato con calma.
Poi ho sparecchiato, riponendo il piatto preventivamente sciacquato nella lavastoviglie e lasciando il bicchiere fuori, perché se per ogni volta che bevo devo cambiare il bicchiere è uno spreco.
Poi ho preparato un'insalata con il pollo avanzato, con sedano e olive e qualche pomodorino che dà sapore.
Poi, siccome avevo mezz'ora libera, ho pianto un po'.

Da piccola alternavo momenti in cui volevo essere a tutti i costi la Protagonista e altri in cui ero spaventata all'idea di esserlo. 
"Non è importante che tu sia la Protagonista, l'importante è che tu sia una brava persona, che tu dia il meglio di te e che ti tenga stretti gli amici veri." Per questo oscillavo tra uno stato e l'altro: desideravo che la mamma volesse per me un futuro brillante ma ero contenta che non mi avesse costretta alla vita delle mie coetanee. Le altre ragazzine ricche della città erano educate sin da piccole ad avere una vita interessante nella speranza di ottenere una parte. Il fatto che a mia mamma non importasse non rendeva né lei né me né mio padre esattamente benvoluti.
Le altre famiglie evitavano di invitarci a quelle feste che chiamavano "focolai di scene madri" e le altre bambine pensavano che non fare niente fosse una posa per distinguermi e avere più probabilità di essere la Protagonista.
Eravamo una famiglia felice, non ci curavamo di ciò che dicevano gli altri. I miei si amavano, amavano me e facevano il possibile per tenermi al riparo dalla storia.
Tutto è finito quando avevo dodici anni, l'anno del Ridimensionamento della Felicità.
Il Ministero del Passato aveva notato la tendenza delle biografie dei giovani di quegli anni a omologarsi in un clima di noiosa felicità e, in collaborazione con la Polizia del Monologo Interiore e gli Episodi Uniti, aveva varato un piano sperimentale per ridurla e movimentare le vite dei ragazzi, causando loro traumi infantili, distacchi ed Edipi ipertrofici. Così, dicevano, la storia sarebbe stata da subito più avvincente senza che l'Autore sentisse il bisogno di far morire giovane il Protagonista. 
Così, una mattina mi svegliai e, invece di trovare i miei genitori che bevevano il caffè, mi imbattei in un uomo con pullover color carta da zucchero che mi informava con una vocina smielata che i miei genitori mi erano stati dolcemente prelevati per un importante piano del governo, che sarebbero stati trattati molto bene in un hotel a cinque stelle e che tu, pasticcino mio, andrai a vivere in un'altra famiglia che si prenderà cura di te. Inutile dire che marcii in un istituto fino alla maggiore età.
Il Ridimensionamento durò fino a tre anni fa, quando scoprii che i miei genitori non solo erano vivi, ma si erano anche dimenticati di me in seguito a un altro brillante piano del governo, Oblivion, che lavorava sulla perdita della memoria volontaria per la totale acquisizione di quella involontaria.* Nei famosi "hotel a cinque stelle" venivano davvero trattati come pazienti di lusso e ogni giovedì diventavano cavie per Divertissements. 
Devo ricordarmi di ringraziare il governo per l'ondata di Mary Sue con passato tragico di questi anni e l'Autore per aver reso la mia vita qualcosa di orrendo.
No, un momento, lui l'ho già ringraziato.
Sono diventata una terrorista.
                                                                         ***
Maeve non era una che piangeva spesso. 
Da quando l'avevano informata che non avrebbe visto i suoi genitori a tempo indeterminato a quando era arrivata all'Istituto non aveva neanche aperto bocca. Si era limitata a scrutare la struttura bombonieriforme che l'avrebbe ospitata fino alla maggiore età. Non era stata mandata in un istituto fatiscente poiché i suoi genitori, neanche a dirlo, erano schifosamente ricchi. Il Ministero voleva solo movimentare le vite degli adolescenti, non rovinarle del tutto: la rovina era causa di suicidi.
L' Istituto Privato Femminile S.L. Thiasus* non era un brutto posto dove stare, ma per Maeve era l'inferno.
Ogni notte piangeva non solo per i suoi genitori, ma anche per le sue bambole, i suoi libri, i suoi vestiti, i trucchi della mamma che provava di nascosto, i mobili, l'aria profumata, le lenzuola morbide, i quadri alle pareti... Le pareva ingiusto che la sua vita non fosse più vita di nessuno.
Le dava fastidio doversi vestire come le altre e controllare se la taglia era giusta. Il pollo era insipido e il contorno sempre freddo. Le compagne di classe erano anche più insipide del pollo.
Passava i pomeriggi a leggere e a mettere a posto le stanze delle altre a pagamento. Non sopportava l'idea del disordine.
A quindici anni, mentre riordinava la stanza di una delle grandi, le capitò tra le mani un foglietto piegato in quattro.
Dentro c'era la Macchia Nera.
Le insegnanti dicevano che quelli della Macchia Nera erano pericolosi terroristi che volevano rapire le ragazze per farle saltare in aria in un attentato in puro stile Nikolaj e si riconoscevano grazie alle macchie di inchiostro nero sulle mani.
Maeve sapeva solo che non erano stupidi Nikolaj e che non sarebbero andati in giro con macchie di inchiostro nero se era quello il loro distintivo.
Per questo si fece scivolare la Macchia in tasca e la scambiò con un messaggio scritto a macchina: "Se vuoi il tuo inchiostro, io voglio delle risposte. Domani dietro la mensa a mezzanotte. Io e te."
Charlotte Appletree, la proprietaria del foglietto, si presentò estremamente puntuale nella sua alta, sottile biondità.
- Doherty, lo so che sei tu. Molla il foglio e finisce qui o sono guai per tutte e due!
- Mia cara Charlotte, niente risposte, niente macchia.
La bionda rispose.
Secondo la Macchia Nera i governi della storia avevano creato solo infelicità, pretendendo di seguire le disposizioni dell'Autore. 
A differenza dei fanatici Nikolaj, i Macchiati non volevano uccidere direttamente con attacchi terroristici inutili e immorali, a cui sarebbe seguito solo altro dolore. L'obiettivo massimo per un Macchiato era quello di far esplodere direttamente la storia, evitando all'umanità di doverla portare avanti come aveva fatto negli ultimi quattromila anni. Gli attentati erano alla struttura della storia: cambiavano nomi ai paesi, dirottavano treni, indicevano scioperi dei mezzi, studiavano Propp come disperati e cercavano il Protagonista, la colpa di tutto.
La Macchia Nera comprendeva ogni ceto sociale ma era composta più che altro da studenti del Ridimensionamento e innamorati separati. 
Quest'ultima categoria esisteva da quando il Movimento Manzoniano aveva, sulle orme del celebre scrittore, deprecato l'amore passionale e fatto pressioni sul governo perché le coppie di giovani innamorati  non sposati si separassero immediatamente, alla ricerca di qualcuno con cui vivere in purezza e tiepido amore. Ovviamente l'ala moralista, in maggioranza dieci anni prima, aveva approvato all'istante.
La sorella maggiore di Charlotte era entrata in stato catatonico dalla partenza del suo innamorato, mentre il fratello, omosessuale, aveva passato due anni in carcere ai lavori forzati e ne era tornato distrutto.*
Di quell'incontro Maeve conserva ancora il monogramma C.A* tatuato a coltello sulla spalla e un foglietto con una macchia nera, gelosamente custodito in cassaforte.
Per questo Maeve aveva avuto paura quando aveva trovato l'invito del Narratore: temeva fosse una minaccia o un ricatto da parte di qualche spia.

Ora niente più paura, doveva solo comparire.
Sorrise al cielo grigio, ai passanti, alla sua immagine nelle vetrine, fino a farsi tremare le labbra dallo sforzo.
Sorridere per finta è meglio di piangere per davvero.
Tre gradini.
Una maniglia.
Un respiro.
La speranza di trovarlo in casa.
Non dare spiegazioni.
"Robert, è finita. Non ti amo più."
E a lui non restò neanche il ricordo di lei che correva fuori. Piangendo.


* Zia Rowling e nonno Proust. Problemi?
* a cosa serve il liceo classico se non a sapere chi era Saffo di Lesbo, insegnante del tìaso?
* sì, sì, come Oscar Wilde.
* sono una slasher incallita, ma voi pensateci quello che vi pare. Ricordatevi il nome del collegio...

Angolino piccino piccino picciò:
Zalve. Io ve l'avevo detto che era triste. E questo è solo il penultimo capitolo...
Il prossimo è il botto.
Ah, dimenticavo una cosa: Hctabrebmuctcidenebomaoi! 
Grazie per averci scelto!

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Capitolo 4
*** Finale col botto ***


Capitolo 4
 
facciamoci un caffè ieri sera mamma mia la ragazza forse rossa forse bionda non si scollava le luci discoteca la testa in effetti odio quel tipo di ambienti.
Caldo, Affollato, Noioso si può pensare con le virgole e le maiuscole incredibile sto avendo un flusso di coscienza si può scrivere male anche un flusso di coscienza credo di essere uno dei pochi che ascoltano ancora la radio accendiamo la radio dovrò pur fare qualcosa amico speaker amico giornale radio ma nei film la radio la ascoltano ancora un espediente sceneggiatori incapaci lo so, l'ho letto
 
Trovato il cadavere della ventitreenne scomparsa due giorni fa nei dintorni di Ophelia Bridge.
Il corpo della ragazza è stato trovato da due ragazzini sulla riva destra del fiume Acheron, parzialmente nascosto dal fogliame dei salici.
Per ora la polizia ipotizza il suicidio, dato che sul corpo non sono presenti segni di violenza.
 
scienza e coscienza voglion la i in italiano così come coscia e anche i loro derivati la grammatica la professoressa Bones letteratura comparata italiano inglese grassa da morire forse è anche morta perché grassa se è morta le porterò dei fiori forse anche se è viva
 
Ancora inspiegabile il motivo di tale folle gesto, dato che la giovane non ha lasciato alcun messaggio ai conoscenti. Si teme un'affiliazione alla cellula terroristica Macchia Nera, provata da alcune macchie di inchiostro nero sulla mano sinistra. Le analisi fortunatamente rivelano una parte più che secondaria nella Storia.
 
morire dormire nulla più come diamine era il monologo dell'amleto no Amleto con la maiuscola nome proprio di persona la Bones fissata con maiuscole e Amleto
perché piacciono quelle cose, tipo non si dice tipo come maperò e mad'altraparte e matuttavia e in inglese i gerundi a distanza meno di dieci righe
 
L'ispettore capo Theroads ha dichiarato: "Sebbene la pista della Macchia nera sia la più plausibile, non vogliamo precluderci nessuna possibilità. Sappiamo che la vittima era stata Ridimensionata e anche se ciò non spiega l'assurdità del gesto, crediamo che sia un motivo altrettanto possibile, combinato col disturbo psichiatrico di cui la giovane soffriva."
 
caffè pronto il viaggio in italia caffè troppo amaro troppo poco troppo caro lo chiamano espresso ma è un'altra cosa
scotta male. Zucchero.
 
La giovane, Maeve Doherty, era uno dei ricercatori di Narratologia più promettenti dell'università della capitale. I funerali si terranno domenica alle undici nella cattedrale.
 
Maeve Doherty maeve doherty doherty maeve dorothy move...
 
 
Robert Jenkins si alzò dalla poltrona in cui era sprofondato e si mise a girare per la stanza.
Il nome della suicida gli era noto. L'aveva conosciuta a qualche festa del college? Andavano alla stessa università, piccola ed esclusiva, strano non la conoscesse.
Magari era amica di Elizabeth, la sua ragazza.
O la conosceva da prima?
Strano, davvero strano. Il nome non gli diceva assolutamente niente, ma aveva sentito lo stomaco serrarsi e un dolore, fisico, indicibile, bruciargli il respiro.
Il sangue era affluito alla testa, lasciandolo con una sensazione di vuoto e confusione e le guance scottavano, scottavano, scottavano.
Pensò freneticamente a tutte le ricercatrici di Narratologia. Una formosa dal pesante accento tedesco fidanzata con suo cugino Alexander, una con l'aria da pazza che si diceva fosse un genio, una  timida che aveva tre o quattro lauree, una irascibile con cui aveva litigato la settimana prima, una riccia che leggeva più veloce di chiunque altro e...
No, nessun altra. E nessuna, certamente, si chiamava Maeve, l'unica irlandese era quella della lettura veloce e si chiamava in un altro modo, le altre erano tutte straniere.
Ed erano tutte alla festa della sera precedente, ne era sicuro.
Maeve, Maeve, Maeve...
D'un tratto, si ricordò della lettera che aveva ricevuto la mattina precedente. Scattò in piedi e si mise a cercare la lettera nel caos della sua stanza con più ansia di quanta sarebbe stata giustificabile
La trovò nella tasca della sua giacca, prevedibilmente spiegazzata.
La busta, di carta spessa e di ottima qualità, era compilata con un inchiostro nero di stilografica; strano, perché la grafia, stretta e a tratti irregolare, era quella di un mancino e i mancini non usano le stilografiche.
Mancino, perché la grafia era tutt'altro che femminile; mancina, perché il nome del mittente era Maeve Doherty.
Robert rigirò febbrilmente la busta tra le mani, tentando di decidersi ad aprirla.
Il caffè era freddo, ora.
 
***
 
-Strano che Robert non risponda...
Che gentile che sei...
Lo cambierò, vedrai. Con un po' di dolcezza si può tutto.
Ci stavo pensando anch'io, ma farlo ora, che ha un sacco di esami...
Hai ragione, ma...
Ci penserò.
Davvero una di Narratologia si è suicidata? Non lo sapevo. Secondo te Rob la conosceva?
Irlandese, quindi... Erin? Deirdre? Emer?
Maeve...
Aspetta, Maeve Doherty?
La conoscevo? No, non proprio.
 
Elizabeth Jones attaccò il telefono in faccia a sua sorella e guardò il vuoto per qualche secondo.
Sentì come uno scossone, un brivido dall'interno e per poco non si mise a piangere.
Sensazioni totalmente ingiustificate, Maeve Doherty non era niente, o meglio, non era mai stata niente nella sua vita. Neanche un nome.
Eppure Elizabeth era conscia di odiarla, di averla odiata con tutto il rancore che il cuore di una persona ingenua e buona è capace di provare. Sapeva che questa Maeve le aveva portato via qualcosa che avrebbe dovuto essere suo e solo suo, forse mai, forse in un'altra vita.
Ma era sicura che era successo.
Sapeva anche che Maeve, dalla calligrafia sghemba da adolescente mancino, aveva preso una busta di carta spessa, di ottima qualità, vi aveva presumibilmente posto una lettera e prima di annegarsi l'aveva inviata a lei.
Che non vedeva l'ora di tirarla fuori dalla tasca e leggerla.
 
***
 
30/6/20**
Doherty, Maeve
Età: 23
Sesso: F
Etnia: Caucasica
Data di nascita: 8/9/19**
Data presunta del decesso: 23.30/24 del 26/6/20**
Diagnosi: Annegamento
Segni particolari: Suicidio
RILASCIATO DAL MEDICO DI BASE
 
1/7/20**
Il corpo appare parzialmente sublimato in un gas denso, apparentemente nicotinico.
Gli unici resti riconducibili al cadavere sono ceneri all'aspetto di tipo cartaceo compatibili, al test del DNA, con il patrimonio genetico originario.
Il caso è sottoposto all'attenzione della comunità scientifica.
 
***
 
Caro Robert,
non metto la data, non serve.
Neanche questa lettera servirebbe, non a me almeno, dato che i miei polmoni conterranno un po' tanto fiume quando la leggerai.
Vorrei, prima di morire, dirti tre cose per me molto importanti.
La prima, che mi hanno rovinato la vita a causa tua, ma non deve esserti di peso, non adesso, perché io ti amo.
Non ti interessa sapere come e quando, ma anche tu mi hai amata e anche se non te lo ricordi basterà la mia memoria, per quanto vale, a renderlo amore eterno.
La seconda, che io sono una Comparsa e tu, soprattutto, sei il Protagonista, ecco la causa di tutti i miei problemi.
Ma non ti angosciare perché la terza cosa è che il mondo che conosci non ha neanche il tempo di pentirsi di averci separati.
 
Con amore,
Maeve
 
 
Elizabeth,
sono Maeve.
Devi solo sapere due cose.
Uno: saresti una ragazza fortunata se Robert amasse te la metà di quello che amava me. Saresti una ragazza intelligente se amassi Robert, cosa che non fai. Saresti un personaggio degno di nota se tu non fossi tu. Saresti un'ottima amica se non fosse così bello e così facile insultarti, sempre che tu capisca che ti sto insultando.
Ma pensiamo a ciò che sei.
Due: sei la Deuteragonista e se non fossi già morta vorrei tanto vedere la tua faccia mentre leggi queste righe.
 
***
 
Era un pomeriggio assolato quando il mondo crollò.
Senza avvisaglie, contro le previsioni, nonostante le precauzioni.
Iniziò tutto dal sole, che iniziò a sciogliersi nel cielo e cadere in gocce di vernice vischiosa e bollente su tutto il globo, mentre la temperatura, dove non era caduto il sole, crollava a molte cifre sotto lo zero.
Le stelle, che la verità scientifica aveva dimostrato essere come il Sole solo più lontane, si resero conto di essere in un libro e caddero davvero sulla terra, alcune come lustrini infuocati, altre come lumi d'oro fissi nel firmamento, quasi tutte prendendosi la vita di un essere umano.
Non che ci fosse molto tempo per piangere i morti, né spazio per seppellirli, dato che la terra iniziava a spaccarsi, inaridirsi e mostrare i suoi strati in catastrofico striptease a un vento impudico e devastante; vento che, trascinando i detriti e le polveri a velocità supersonica, limava tutto quello che incontrava.
Tutte le acque si erano convertite in pozze di inchiostro nero e vischioso, prima di evaporare cedendo alle lusinghe di Boote, che si stava avvicinando enorme e fiammeggiante alla Terra, quasi a voler dire "non vi preoccupate per il vostro Sole, ci sono io a scaldarvi"; era un po' troppo vicina, però.
I pochi superstiti si dissolsero in nuvolette di vapore denso e cenere, assieme agli alberi, a causa delle radiazioni emesse da tutti gli ordigni e tutte le centrali nucleari del pianeta.
Per usare un termine esatto l'intero Universo, con centro ovviamente la Terra, collassò e implose.
Sul genere umano, o meglio, il genere umano del Libro, calò un enorme cielo di cartone azzurro.
 
***
 
Il computer ronzava spazientito e il salvaschermo rimbalzava senza entusiasmo da una parte all'altra del monitor.
Lo scrittore si svegliò di soprassalto. Le cinque e mezza.
Realizzò che doveva aprire il documento, stamparlo, presentarlo all'editore vincere il premio Strega, diventare miliardario e possibilmente smettere di bere.
Word.
Apri.
Un amore normale.doc.
 
 
Vuoto.
 
 
 
-No.
 
 






Angolino piccino piccino picciò:
Ciao...
*pomodori*
Sì, avete ragione o miei tre lettori, sono davvero una brutta persona. Ma vedete, ero impegnata in tante cose, tipo per esempio essere promossa a giugno...
Comunque, se vi è piaciuto, sono solo contenta.
Non ho seguito quasi per niente EFP e non so se lo farò tanto in futuro, ma continuate a sperare. Io sposerò Benedict Cumberbatch e voi leggerete altre mie storie, ne sono sicura, miei affezionati e rompiscatole adorabili lettori. Ora, se vi va lasciatemi una recensione, se no non me la prendo.
Se però me la lasciate, ditemi se volete un epilogo con il POV del Narratore o se potete farne a meno.
Ringrazio quelle adorabili creature che sono les fleurs du mal, Maya98 e That_Star, che conosco e apprezzo anche nella realtà e le mie Directioners preferite, Pinda Panda Gins e SlimShadyViolet.
Arrivederci e grazie per averci scelto!
*pesci*

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