Too Much Love Will Kill You

di jehan du moulin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amore? Naa! ***
Capitolo 2: *** Scoperto. Parte I ***
Capitolo 3: *** Scoperto. Parte II. I Pazzi Sono Intorno a Noi. [Dedicato a Kelly Kee] ***
Capitolo 4: *** Una Sottile Linea Rossa ***
Capitolo 5: *** And He Will Be Loved ***
Capitolo 6: *** If You'll Marry Me Tonight ***
Capitolo 7: *** La Mia Tomba ***
Capitolo 8: *** My Sweet Prince ***
Capitolo 9: *** La Guerra E' Finita ***



Capitolo 1
*** Amore? Naa! ***


Hermione:[si avvicina ad Harry sorridendo] Ciao Harry. Come mai non sei a studiare?
Harry: [alza lo sguardo verso Hermione] Non è il mio forte… [sorride]
Hermione: [ride] Ma gli esami sono fra due settimane…
Harry: [la guarda serio] Ho altro per la testa… senti Herm… [tono vago]
Hermione: [arrossisce]Dimmi Harry
Harry: [Le prende una mano]Cos’ha Malfoy più di me, Herm, dimmelo!
Hermione:[Cerca di ritrarsi]Harry… io…
Harry: [stringe la mano con più rabbia]Dimmelo Hermione. Perché lui?

Daniel buttò il copione per terra, gettandosi a sua volta sul letto dello stretto camerino, senza guardare con precisione alla sua caduta, e sbattendo con una certa violenza la testa contro la testata di legno.

Forza Hermione, dimmelo… perché lui?

Sorrise. Uno di quei sorrisi che si fanno quando si ricorda qualcosa di incredibilmente buffo, o di incredibilmente stupido.

Se vuoi, caro Harry, te lo spiego io perché…

Si rigirò su un fianco. La testa gli pulsava in maniera assurda, ma non ci fece troppo caso.
Il nuovo regista aveva deciso questa nuova genialata sullo stile ‘Telenovelas Spagnola’ con tutte le coppie mischiate.
A momenti ci sarebbe scappato anche l’incesto!
Ecco… magari quello si poteva evitare.
Un leggero ticchettare alla porta gli fece rialzare il viso sporco dalla sera prima. La sua capacità di aprire un rubinetto e di utilizzare l’acqua in maniera lecita era stata messa in forte dubbio in quelle ultime due settimane di lavoro.

“Avanti” sbuffò senza alcun entusiasmo. La maniglia di ottone si abbassò prima di far scricchiolare la porta dipinta di bianco che si apriva lentamente.
Il visetto dolce di Bonnie apparse sulla porta, affacciandosi con tutte le sue lentiggini e gli occhi azzurri che sfavillavano.

“Daniel il regista dice che fra venti minuti iniziamo a girare le scene per…- ma s’interruppe vedendo lo stato in cui era ridotta quella stanza.
Un cartone di pizza rovesciato per terra, e una puzza di piedi capace di far svenire il Troll che appariva nel primo film. [probabilmente era anche il periodo a cui risaliva la pizza… ma meglio non indagare]
Altro che bacchetta nel naso! Il letto sfatto, e il ragazzino con addosso solo i pantaloni del pigiama a righe rosa e viola, regalo di Emma di due Natali prima. – Ma cos’è successo qui dentro? Hai deciso di fare un’opera di autodistruzione o di dannare a vita Carmen? Sai quanto quella donna odi la tua stanza, e ce la mette davvero tutta per poterla sempre pulire alla perfezione…”

Un’occhiataccia del ragazza ammutolì la ragazzina. “Che scena dobbiamo girare?” grugnì solamente.

Bonnie sbuffò, appoggiando le mani sui fianchi e prendendo un cipiglio a metà fra il perplesso e l’arrabbiato per la totale mancanza di informazione del collega.

“La numero 56. Quella in cui tu e Emma…” cominciò a spiegare con tono pratico.
Secondo Daniel quella ragazzina avrebbe potuto interpretare il ruolo di Hermione alla perfezione.

“So qual è la numero 56, grazie Bon – tagliò corto il ragazzo. – Ora se mi vuoi scusare vado a farmi una doccia e a vestirmi… sempre che tu non voglia farmi compagnia…” un ghigno divertito si dipinse sul viso del ragazzo.

Mentre sbatteva la porta, il ragazzo poté sentirla sussurrare qualcosa che poteva suonare come: “Sclerotico porco”

Daniel ridacchiò appena. Non diceva sul serio. Non per il momento, almeno.
A quanto pareva la sua ossessione era una solamente. Un ragazzo dai biondi capelli con il quale avrebbe dovuto scontarsi sul set entro poco.
Lanciò un grugnito disperato, mentre il getto caldo gli zampillava sulle spalle ambrate.
Era cambiato molto dal primo film. Anzi, decisamente.
Il corpo si era evoluto in maniera quasi perfetta, sviluppando splendidi addominali, merito di tutte e un ottimo sistema respiratorio, dovuto alla centinaia di corse fatte con Emma, una volta sua migliore amica.
Ma come spesso accade agli attori, non puoi mai sapere quale sia realmente il tuo migliore amico, no?
Gli occhi azzurri erano perfetti, e il viso da cucciolo abbandonato gli stava alla perfezione.
Sì, Daniel Radcliffe non poteva dire di essere una persona modesta.
Ma quando sei praticamente miliardario è un lusso che ti puoi permettere, no?
No?
Certo che sì!
Si avvolse un asciugamano alla vita e per poco non gli venne un infarto, vedendo il biondo ragazzo conosciuto come Tom Felton seduto sul suo letto che si guardava intorno abbastanza disgustato.
Le gote del moretto presero una viva tonalità rosso vivo, mentre si passava una mano nei capelli, imbarazzato al massimo.

“Ehm… ciao Tom” biascicò piano.
Non fraintendetemi ora, Daniel non era il tipo da farsi intimidire da una persona solo perché il desiderio di scoparsela a vita era il suo primo pensiero la mattina quando si svegliava, il pensiero, che, fra parentesi, lo accompagnava per tutta la giornata e gli faceva compagnia di notte, quando nessuno poteva sentirlo, chiuso nella sua stanza.
No, assolutamente. Aveva imparato a tenere a bada i suoi istinti sessuali all’incirca quattro anni prima, ed ad avere un totale ed assoluto controllo sul suo corpo quando l’oggetto dei suoi desideri era in questione.
Insomma… era una star, no?
Era in imbarazzo più che altro per la stanza. O meglio, per quella che era stata una stanza. Una volta. Molto tempo prima lo era stata sicuramente.

“Questa… cosa… - il biondo sollevò con due dita qualcosa che poteva essere un calzino, ma anche un pezzo di pizza molto, molto, molto vecchio – è… assolutamente… disgustosa…” la lasciò ricadere sul pavimento osservandola con espressione nauseata.

“Sto bene grazie, Tom, e tu? Sì, penso che il nuovo copione sia geniale. Certo che puoi farmi un massaggio ai piedi” concluse con un sorriso il moro.

“Lo sai che questa … non so più nemmeno se chiamarla camera… fa letteralmente schifo, vero?” ignorò il delirio del compagno cercando di trovare un punto in cui fosse possibile vedere il parquet.

Daniel scrollò solamente le spalle. “Perché sei qui, Felton?” chiese, sparendo nuovamente nel bagno, tenendo fra le braccia un paio di jeans, dei boxer neri e una maglietta bianca.

“Sono passato a dirti che c’è stato un cambio di programma, Radcliffe, e che quindi, caro il mio Potter, la scena da girare non è quella di te ed Emma che mi mettete le corna…- sbuffò.
Aveva protestato animatamente quando aveva saputo che la giovane Gryffindor e lui sarebbero stati in coppia, e ancora di più alla rivelazione che lei lo avrebbe anche tradito.
Continuava a sostenere da settimane che nessuna ragazza con un briciolo di cervello tradirebbe un’esemplare di razza umana come lui. – Bensì quella in cui facciamo a botte… e che quindi dobbiamo presentarci giù… cinque minuti fa, Radcliffe muoviti, siamo in ritardo!” sospirò.

Fra Tom e Draco c’era una leggera somiglianza. Sempre preciso negli affari d’onore, come, ad esempio, nella puntualità.
Il moro non rispose, si limitò a lanciargli un’occhiata divertita dallo specchio del bagno lì accanto.

“Calmati Felton. Senza di noi non iniziano” ridacchiò mentre si sistemava i capelli.
La differenza fra lui ed Harry era quella. Evidente più che mai.
Ad Harry non gliene fregava niente dei suoi capelli, a lui invece sì.
Come di tutto il resto, d’altronde.
Tom si lasciò ricadere all’indietro, attento a non scompigliare i capelli raccolti tutti quanti in uno spesso strato di gel.

“La sai la novità Radcliffe?” gli urlò, osservando il soffitto e le crepe che riportava.

“Quale? Emma si è fatta tutta la troupe? Sì, l’avevo sentito…” bofonchiò il ragazzo.

“A parte quello… ehy, ma davvero tutta la troupe? – tutti sapevano della cotta che il biondo aveva per la moretta da secoli, anche dopo la fine della loro semi-storia d’amore a quanto sembrava a lui non era ancora passata. – comunque, dicevamo. Sai, c’è stata una manifestazione per i diritti dei Gay e la Rowling sembra abbia usufruito di questa situazione come ispirazione”

“Morale?”

“Harry e Draco staranno insieme alla fine. Ma sono solo voci…”

A Daniel per poco non andò di traverso lo spazzolino con il quale si stava lavando i denti. “Andiamo, faremo tardi” disse semplicemente uscendo dal bagno e trascinandosi il biondo dietro, che gli urlava cose inutili come:

“Siamo già in stra maledetto ritardo, Radcliffe! Che cazzo pensi di risolvere muovendoti ora?” ma il ragazzo non lo ascoltava.
La sua mente stava viaggiando immaginando le scene da girare con il suo biondino. Forse, per una volta, la fortuna aveva pensato a lui.
Certo, magari non era proprio la persona adatta per dirlo, e ok, poteva anche sembrare una frase decisamente ipocrita, ma alla fine era così, no?
Non aveva amici al di fuori di quelli sul set. Non aveva una reale vita sociale, e non poteva fare nulla senza guardie del corpo.
Non era proprio il genere di vita da sogno.

“Eccoci” proclamò con un sorriso, apparendo sulla soglia del set.
Prima che il regista potesse definitivamente farlo a pezzi per il ritardo qualcuno (nessuno capì bene chi) lo fermò, affermando saggiamente che se uccideva il piccolo Potter non ci sarebbe stato più nessun attore.

“Allora…- ringhiò con finta calma l’uomo, prendendo il copione fra le mani e sfogliandolo fino alla pagina indicata. – Voi due ora vi precipitate dai costumisti e al trucco. Intanto voglio che proviate le battute di pagina trentacinque fino a che non vi sarà andata via la voce. Chiaro?”

Tom spinse Daniel fuori dalla stanza il più velocemente possibile, raggiungendo gli altri dai costumisti e indossando la consueta divisa e sgusciando in uno dei tavolini per il trucco.

Iniziarono a sfogliare i loro copioni fino alla pagina indicata.

“Trentatré… trentaquattro… e trentacinque, allora, Felton sei pronto?” sbuffò il moro, accavallando le gambe, mentre gli davano una spuntata ai capelli mori.

“Ero pronto tre ore fa, Radcliffe, ora sono in leggera paranoia. Ti vuoi muovere? Tocca a te!” sbuffò ancora.

“Ok. Ok… allora… mmmh… da dove inizia?” voltò la pagina, leggendo brevemente le battute. I soliti litigi fra i due. Le solite cazzate.

“Ma ce la fai???” sbottò esasperato.

“Sì. Sì. Ci sono. Ok…
Malfoy… Hermione…”

“Potter… ma guarda un po’ chi si vede…”

“Non provare a fare l’amicone con me, Malfoy…”

“Come mai non sei con la Weasley? Ti ha scaricato anche lei? Immagino di sì…”

“Hermione ma si può sapere come fai a stare con un troglodita come questo?”

“Taci Potter. Non sai nemmeno cosa vuol dire la parola Troglodita”

“A questo punto dovrebbe parlare Emma… ma dov’è?” si guardò intorno il moro, voltando la testa più volte.

“Non lo so e non voglio saperlo” proclamò con voce tetra l’altro.

“Come mai non smani di sapere dov’è?” inarcò un sopracciglio perplesso il moretto, beccandosi un’occhiata fulminea dal biondo.

“Se ti dicessi che non m’interessa più?” insinuò l’ipotesi come un’ago nella testa di Daniel.
La Watson non gli interessava più.
Probabilmente se l’era scopata, e ora cercava una nuova preda. Si guardò attorno. Chi avrebbe scelto?
C’era Bonnie
. Naaa. Troppo bambina.
C’era Maddie.
La costumista, decisamente graziosa, giudicò Daniel
E tutte le comparse che avrebbero dato un braccio destro (o sinistro se erano mancine), solo per sfiorarlo un po’ più da vicino.

“E… - sentiva la gola secca. – E come mai? Insomma… fino a tre giorni fa sembravi non poter vivere senza di lei…”

Opera di autodistruzione made in Daniel Radcliffe attivata.

“La vita va avanti, no? – scrollò le spalle il biondo. – Ed è piena di nuove opportunità” ammiccò verso una ragazzina.
Avrà avuto non più di quindici anni.
Carina nella sua tenuta, che, però, dimostrò un notevole autocontrollo, rivolgendogli non più di un formale sorriso.

“Sì… giusto” trovò la forza di rispondere Daniel.

Giusto? Giusto un corno! Cazzo Daniel! Un po’ di coraggio, per una volta!!

“Daniel? Tutto bene? – la voce di Tom gli risollevò il viso dalla riga che ormai stava leggendo da qualche minuto, senza riuscire a capirne una sola parola. – Perché stai leggendo le battute di Rupert?” gli fece notare con un certo divertimento nella voce.

“No… nulla. Sono solo un po’… soprappensiero…” cercò una scusa migliore di quella, ma non riuscendo a trovarla concluse la frase con un sospiro piuttosto evidente.

“Una ragazza?” lo sguardo curioso del biondo di fianco a lui lo colpì particolarmente, ma si limitò a rispondere alla domanda.

“Diciamo…” si limitò vago.

“La conosco?” sembrava un gioco. Un gioco stupido, pensò Daniel.

“Sì” soffiò.

“Emma?”

Scosse la testa.

“Bonnie?”

Ancora cenno di nego.

“Allora… vediamo… come si chiama… dai, quella che faceva Luna l’hanno scorso…”

“No. Non è lei…” lo sguardo abbassato, quasi a voler nascondere il rossore ormai evidente sul pallido viso del moretto.

“Una delle costumiste? Maddie? Christine? Julia?”

“No, Tom, no” era piuttosto scocciato, e quel suo improvviso scatto secco sembrò quasi ferire l’altro.

“Scusa tanto! Ma non è che tu mi aiuti molto…” bofonchiò.

“E’ gioco idiota, Tom. Lo facevo alle scuole medie! Smettila!” non stava urlando, ma il tono era alterato.
Il biondo rimase immobile, aspettando che finisse di sfogarsi. Lo osservò impassibile, mentre Daniel sembrava averlo preso per un anti-stress o uno psicologo.

“Guarda che se è un maschio non c’è mica bisogna di fare tutta questa scena” proferì tranquillamente, una volta che il collega si fu riseduto e calmato, almeno all’apparenza.

“COSA?” sembrava allibito. E lo era.

“Sì, Dan. Un maschio. Presente? Esemplare umano con apparato riproduttore –

“Grazie Tom… so cos’è un maschio!” lo interruppe.

-Se è un maschio puoi dirmelo tranquillamente. Anche Devon è gay, sai?” parlava come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.

“E tu… come… come…?” uno schok dopo l’altro.

Tom scrollò le spalle, sorridendo poi malizioso e alzandosi dalla sedia.

“E ora dove vai? – il tono di Radcliffe tradiva una leggera preoccupazione, no, forse sarebbe meglio dire inquietudine, nel vederlo allontanare senza dargli nessuna risposta. – TOM! ASPETTAMI!” lo chiamò, raggiungendolo sul set.

Almeno, questo era quanto credeva, perché, non appena arrivato il biondo non c’era. Non ebbe tempo di cercarlo, in quanto Ed, l’Aiuto Regista lo spinse da una parte (probabilmente la sua postazione), dove, vide, vi era anche Rupert, intento a parlare con una ragazza bionda tutto lip-gloss e minigonne. Il tipo che piaceva al rosso, insomma.
Annuì alle brevi istruzioni di Ed e si preparò ad entrare, seguito dall’altro ragazzo, che, non appena lo vide, gli andò in contro.

“Dov’eri finito?” gli chiese leggermente nervoso.

“Ero con Tom dai truccatori” sussurrò prima che un assordante suono non segnalasse l’inizio della scena.
Prese ad avanzare, fino al centro della Sala, che rappresentava un corridoio.
Lo sguardo tetro, mentre osservava Tom ed Emma mano nella mano andargli in contro.

Sentì una leggera fitta e il suo sguardo fu immediatamente catapultato sulle dita intrecciate dei due.
Quelle dita perfette, che gli accarezzavano il corpo…

Si diede mentalmente dell’idiota per averlo pensato in mezzo a tutti quanti, prima che la voce del regista li raggiungesse. Ancora.

“STOP! STOP! – gli si avvicinò parandosi davanti a lui – Daniel che hai? Che diavolo ti prende si può sapere? Dove hai la testa? Riprenditi per l’amor del cielo e rigiriamo la scena!”

Non gli diede il tempo di ribattere. Rupert sussurrava qualcosa, ma non ci fece caso. Al nuovo segnale rientrò in scena e si concentrò sulla scena.

“Malfoy… Hermione…” aria di sfida, mentre si fermava al centro della Sala. Quel visino da saputello che lo caratterizzava mentre il rosso restava dietro di lui.

“Potter… ma guarda un po’ chi si vede…” un ghigno malefico sul viso del biondo

“Hermione che ci fai con lui??” intervenne Rupert, avanzando.
Un momento, questa battuta non c’era… o sì?

“Ti trovo in forma Potty” ghignò ancora, ignorando il ragazzo.

“Non provare a fare l’amicone con me, Malfoy…” ringhiò lui.

Prendimi. Scopami. Fai di me ciò che vuoi, non m’interessa… per quanto forte la tentazione, evitò di dirlo ad alta voce.

“Come mai non sei con la Weasley? Ti ha scaricato anche lei? Immagino di sì…” sibilò.
Un sibilo sensuale, invitante. In quel momento odiò Tom con tutto il cuore.

“Non osare insultare mia sorella Malfoy!” Rupert era fra di loro, e l’altezza si notava. Non riusciva neppure più a vedere Tom in faccia.
Gli passò di fianco.

“Hermione ma si può sapere come fai a stare con un troglodita come questo?”

“Taci Potter. Non sai nemmeno cosa vuol dire la parola Troglodita”

“Oh smettetela!” intervenne allora Emma, piazzandosi fra Daniel e Tom.

Congiura… Daniel ne era sicuro

“Herm… andiamo! Cosa ci trovi in lui? E’ un’idiota, e tu lo sai bene!”

“Non chiamarmi idiota, Potter!” Tom spinse di lato Emma.

Pochi centimetri li separavano. Uno dall’altro. Daniel poteva sentire il suo fiato caldo sul collo.
Andando in dietro con la memoria non ricordava altra occasione in cui erano stati così vicini.
Allungò la mano spingendogli… la spalla , e in poco iniziò una furiosa lite.
Una rissa.
Solo che non era una finzione. I pugni che si sferravano erano veri, così come tutte le parolacce che volavano.

Emma si strinse a Rupert, l’unico, che, a quanto pareva, non se l’era ancora portata a letto.
Daniel li vide con la coda nell’occhio, ma alla fin fine, non gliene importava niente.
Si sarebbe messi insieme? Meglio per loro.
Sentiva il labbro sanguinare con forza, probabilmente rotto, e poteva vedere Tom dimenarsi sopra di lui, mentre la pettinatura, il trucco, e i costumi andavano tutti a farsi fottere.
Sorrise.
Sapeva che era stupido (ma è Daniel, compatiamolo), ma era anche incredibilmente felice di quanto stava accadendo, e non l’avrebbe cambiato mai, con nulla.

Qualche ora dopo era nella sua stanza, pieno di ghiaccio in viso, di nuovo sdraiato sul letto, con solo un paio di pantaloni di felpa leggera, e un mal di testa fortissimo.

Sentì qualcuno bussare alla sua porta, e iniziò veramente a chiedersi se si divertissero a rompere così tanto i coglioni.

“Chiunque tu sia vattene” urlò dalla sua postazione.
Ma il misterioso ospite sembrava essere particolarmente molesto e continuava a bussare imperterrito.
Con gesto secco allontanò la coperte alzandosi dal letto aprendo con rabbia la porta.

“CHE C’E’?” urlò al povero Tom in piedi davanti a lui, che però, non sembrò per nulla turbato.

“Ciao Dan… mi fai entrare o hai ospiti?” si sporse leggermente per vedere se per caso l’amico fosse in dolce compagnia.
Constato che non c’era nessuno s’insinuò fra lo stipite della porta e il ragazzo, sgusciando nella stanza e ritrovandosi al centro.
Solo allora il moro notò come fosse vestito l’altro.
Elegante smoking, probabilmente sgraffignato dai costumi del quarto film. Fece un giro su se stesso, mentre l’altro si appoggiava alla porta, incrociando le braccia al petto osservandolo.

“Allora? Come sto?” chiese il biondo.

“Fammi capire Tom. Tu sei venuto qui a rompere i coglioni dopo avermi picchiato e rotto un labbro, solamente per sapere se stai bene?” il ragazzo parve pensarci un po’ su prima di rivolgergli un sorriso.

“Bhe, guarda il lato positivo… a John è sembrata assolutamente perfetta come scena” Daniel si trattenne dal picchiarlo a sangue. Ancora.

Gemette all’apparenza disperato. “Con chi esci Tom?” si limitò a domandare.

“Emma” proclamò con allegria e spensieratezza. Daniel era sicuro che qualcuno, molto in alto, lo odiasse.

“Ah… siete tornati insieme…” mugugnò sforzando un sorriso.

“Sì… dopo le riprese di oggi. Non è meraviglioso?” sembrava un ragazzino alle prese con la prima cotta, e si chiese se non fosse quello il vero amore.
Un sentimento così forte da farti dimenticare tutto, anche i lati peggiori di una persona, e far risaltare solo quelli più belli.

“Sì… è fantastico Tom. Divertitevi, allora” sbuffò, riaprendo la porta della sua stanza per invitarlo molto poco gentilmente ad uscire.

“Ah, Dan… ti volevo chiedere se per caso…”

“CIAO TOM” lo spinse fuori richiudendogli la porta alle spalle.

Si avvicinò al letto, buttandovici sopra.

Rompimaroni. Tom Felton è un grandissimo rompimaroni
È per questo che te lo scoperesti subito, vero Dan? O meglio… anche per questo, no?

Per quanto ci provasse non riusciva a prendere sonno.
L’immagine della felicità di Tom di qualche ora prima gli faceva incredibilmente male.
Il viso di lei, che gli sorrideva civettuola come sempre lo colpì allo stomaco con incredibile violenza

“Fanculo” mormorò alzandosi. Era tardi, più o meno le due e mezza di notte. Si infilò la felpa nero pece con su lo stessa dei Blind Guardian (gruppo inglese di musica non commerciale).
Ricordando poi che era stato un regalo di Tom per il suo diciottesimo compleanno optò per la felpa grigio perla, che gli aveva mandato la madre qualche anno prima. La infilò insieme ad un paio di scarpe da ginnastica e uscì velocemente dalla stanza.
L’intero edificio era immerso nel buio, e mancava ancora parecchio prima della consueta sveglia.
Si avviò al piccolo bar, accanto agli Studios e, preso un cestello di birre, si sedette sui gradini, poco prima della porta a vetri, osservando il cielo.
Si trovava a qualche chilometro da Londra, e le luci della città non arrivavano a coprire le stelle.
Non fece in tempo a domandarsi con quale coraggio non aveva detto a Tom che Emma era una grandissima troia, che un rombo di macchina non lontano lo raggiunse, seguito poi dalla luce dei fanali.
Si coprì il viso con la mano, e riuscì solamente a distinguere due figure che si avviavano alle stanze femminili.
No.
Solo una entrava.

Grandioso… La voglia di alzarsi era pari a 0, così, optò per l’indifferenza. Si sistemò un po’ meglio sui gradini mentre apriva la sua quarta bottiglia di birra e si attaccava senza alcun ritegno.

“DANIEL! Che cazzo stai facendo?!” la bottiglia gli venne strappata con forza mentre riconosceva appena il viso di Tom, chino su di lui.

“Uh? O ciao Tommy… ti sei divertito?” bofonchiò mezzo ubriaco.

Il biondo dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non urlargli in faccia di non chiamarlo mai più Tommy. “Molto. Ma di te non si può dire lo stesso… che hai fatto?” si sedette al suo fianco, girando il viso dalla sua parte.

“Niente” mugugnò come un bambino.

“Daniel non è vero! Che hai?”

“Ti ho detto che non ho niente… - ribatté ostinato, mettendo su il broncio, e facendo scoppiare a ridere Tom – Ecco! Perché adesso ridi?”

“Perché sei buffo piccolo” gli diede un piccolo buffetto sulle guance sorridendo. Fra Tom e Daniel c’era una leggera differenza d’età, giusto di qualche anno, ma il maggiore non perdeva occasione per ricordarglielo.

“Non sono piccolo! Sono maggiorenne…” sbuffò.

“Sì… e anche ubriaco…” scosse la testa il biondo, sistemando le bottiglie sparse in giro.

“Tom… tu ami Emma?” chiese miagolando il ragazzo e focalizzando lo sguardo su di lui.

“Non guardarmi così, piccolo. No. Non amo Emma. E se lo vuoi sapere stasera sono uscito con lei solo per dirle che era finita definitivamente…” ammise più a se stesso che a Daniel, finendo di sistemare una accanto all’altra ogni bottiglia

Sul viso di Daniel apparve un’espressione contenta, che fece sorridere anche Tom, trasformando il sorriso in una risata leggera come l’aria.
Un po’ per stanchezza, un po’ perché aveva freddo, Daniel si sporse verso il biondo, appoggiandosi a lui e chiudendo gli occhi. “Sai che oggi è il mio compleanno?” sussurrò.

Tom lo guardò con dolcezza. “Ma certo che lo so… sono tre settimane che non fai altro che annunciarci la data”

Purtroppo per il biondino, però, il moretto non sentì quelle parole, essendosi addormentato fra le sue braccia.
Per quanto ci provasse, non voleva saperne di svegliarsi, e fu costretto a sollevarlo e portarlo fra le braccia fino in stanza, che aprì con un calcio, e scaricò il ragazzo sul morbido materasso, senza metterci troppa cura.

“Certo che pesi, eh Potter?” sorrise, prima di sfilargli scarpe, calze e felpa e rimboccargli le coperte [non con poche difficoltà]

Lo osservò con un sorriso, baciandogli leggermente la fronte e avviandosi all’uscita.

“Tom?” lo fermò con un sussurro il moretto.

Si riaffacciò sulla porta, osservandolo. “Sì, piccolo?”

“Resta qui… stanotte” per quanto provasse a fermarsi, a trattenere quelle parole l’effetto dell’alcol era troppo forte per lui (non abituato a bere) e quelle parole gli erano scivolate via, a labbra dischiuse, contro la sua volontà.

Con sua sorpresa, però, il biondo sorrise, chiudendosi la porta alle spalle, una volta rientrato. Si avvicinò al letto, e Daniel trovò la misteriosa forza di alzare lo sguardo e il viso verso di lui.
Si issò, fino a mettersi a sedere sul letto, ed essergli completamente di fronte.
Inclinò il viso di lato, osservandolo e avvicinandosi a lui.

“Daniel… hai bevuto…” sussurrò il biondo, in un disperato tentativo di fermarlo.

Il moro annuì piano, portando una mano dietro la nuca del ragazzo, e spingendogli delicatamente il viso verso il suo, facendo combaciare le labbra alla perfezione.
Rimase fermo per qualche istante. Non sapeva se gli occhi erano aperti o chiusi, tanto era fitto il buio che li avvolgeva, ma poteva sentire il respiro irregolare dell’altro, mentre, probabilmente, pensava a cosa fare.
Dato che quella era stata battezzata la notte delle audacie premette la lingua contro le labbra del biondo, che, esitante, gli aprì il passaggio.
All’inizio era una ricerca vuota, ma dopo pochi secondi anche l’altro cominciò a rispondere a quel desiderio.
Le loro lingue si scontravano, e si amavano nella notte, al loro posto, intrecciandosi e rincorrendosi. Le mani che si cercavano, un qualsiasi contatto fisico era come una scarica elettrica per entrambi.
In poco tempo Draco si ritrovò con addosso solo il paio di boxer, ed Harry anche.
Quello fu esattamente l’ultimo secondo che il moro ricordò.
Poi fu il buio.
Di quelli che attanagliano la mente, e qualsiasi sforzo tu faccia non riesci a ricordare.
Fu un raggio di sole a svegliarlo la mattina seguente.
Sbatté un paio di volte le palpebre, abituandosi alla luce, e cercando di focalizzare quanto successo la notte precedente.
Era solo, nel letto, e i boxer erano al loro posto.
Nessun segno di quanto accaduto.
Che avesse sognato?
Ricadde indietro sul letto, maledicendosi.
Aveva bevuto troppo e quelle erano le conseguenze. Allucinazioni. Stupide. Schifose. Orribili. Allucinazioni.

Si alzò lentamente, quasi al rallentatore, sbuffando e maledicendosi mentalmente.
Quando uno scricchiolio gli fece alzare lo sguardo verso la porta.
Il viso composto di Tom fece capolino e notando l’altro ragazzo intenzionato a mettersi i pantaloni entrò, richiudendosi la porta alle spalle.
Non sorrideva. Non sorrideva per niente. Si avvicinò a Daniel, alzandogli quasi prepotentemente il viso con due dita, e fissandolo negli occhi.

“Questa notte… - cominciò facendo sorridere in modo alquanto sfacciato il moretto – Non è successo niente – il suo sguardo era duro. Dan sentì qualcosa di strano. Come se il pavimento gli fosse venuto a mancare improvvisamente da sotto i piedi. – Tu eri ubriaco e io ti ho semplicemente aiutato – il tono era freddo, quasi glaciale – Quindi, qualsiasi cosa ti chiedano, io sono rimasto con te fino a quando non ti sei addormentato. Fine della storia” lasciò di scatto le due dita, voltandosi velocemente e avviandosi alla porta, senza lasciare il tempo all’interprete di Potter, di dire nulla. Una volta giunto sulla porta però si fermò, voltando il viso a 90°.

“Io non sono così, Daniel. Non lo sono mai stato e non lo sarò mai. Amo Emma, torneremo insieme, e quanto successo è stato solo il frutto della stanchezza, della tua ubriacatura e di stupide voci messe in giro sui vaneggiamenti della Rowling. Chiaro?” cosa poteva fare?
Annuì lentamente e aspettò che il biondo fosse uscito dalla stanza, prima di buttarsi sul letto (ancora) e stringere fra le mani il cuscino bianco.
Sentiva la frustrazione crescere e con gesto secco lanciò quell’ammasso di stoffa e piume per terra con una certa violenza.
Quando, mezz’ora più tardi, Bonnie venne a bussare le rispose malamente che stava male e che non se la sentiva di girare.
Attese che il sonno lo facesse suo, rivivendo un’ultima volta, quel sogno che era stato la notte precedente.

--->FINE PRIMO CAPITOLO<---

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Capitolo 2
*** Scoperto. Parte I ***


James Utechin ---> Young Remus Lupin

Quando si svegliò era tardo pomeriggio e una figura stava comodamente seduta al suo fianco, fissandolo spudoratamente e con una certa insistenza.

"Stephanie...? Che minchia ci fai qui?" fu più o meno quanto il moretto riuscì a dire.
La ragazza davanti a lui era rilassata sulla sedia, a braccia incrociate e gambe accavallate. I rossi capelli scendevano su un maglioncino color magenta, mentre gli occhi color ambra lo osservavano come un investigatore osserva il presunto assassino.

"Tu hai un problema" asserì. Era una frase senza alcuna flessione di voce, perfettamente piatta. Daniel l' aveva guardata quasi fosse un' estranea, cercando di capire se stesse scherzando o dicendo sul serio.

"Io... cosa?" provò a focalizzare bene o male qualcosa di vago da rispondere alla ragazze del tipo 'ma no, ti assicuro che gli esercizi di Francese li ho fatti... Ma Rupert li ha mangiati! Eh.. aveva fame! Non potevo mica lasciarlo morire' ma qualcosa nello sguardo della sua Manager gli suggeriva che non era quello il problema al quale si riferiva.

Stephanie si raddrizzò un po' meglio contro il duro schienale ligneo, chinandosi appena in avanti, avvicinando il viso a quello del ragazzo.
"Daniel Radcliffe, attore provetto di anni vent-uno hai un problema. E anche serio, direi"

"Scusa Steph se mi intrometto... ma... ci stai provando per caso? No, perché lo sai che ti voglio bene ma la nostra differenza d' età è un po' eccessiva... non credi?"

"Non provare a svicolare Signorino! Stamattina tu hai ricevuto una visita, interessante oserei dire, e da allora non hai fatto altre che:
- trattare male la povera Bonnie
- dormire
- mangiare cioccolato dietetico
- e... [ultima ma non meno importante]parlare nel sonno"

Concluse il suo elenco con un ghigno beffardo, tornando alla composta posizione iniziale.

Colpito e affondato. Bravo Radcliffe. I miei complimenti... un Oscar al più Grande Pirla di questo mondo "Ho... Ho parlo nel sonno? -cercò di mantenere un contegno, sebbene sapessero entrambi che il suo segreto era oramai allo scoperto. - E... ehm... di preciso... cos'è che ho detto?" il tono doveva sembrare in qualche modo disinvolto.

La ragazza assunse un' espressione di noncuranza. "Oh, cose sicuramente irrilevanti per la tua giovane vita - il ghigno sembrava espandersi a vista d' occhio - Anche se sono certa che riusciremo a trasmettere a Tom il tuo messaggio - la mascella del moretto sembrava essersi sganciata all' improvviso, precipitando al livello del suolo - Che per te non è vero che non è successo niente... bhe, magari via gufo"

Spiritualmente Daniel si sentiva molto, molto, molto vicino a quei topi che vengono rinchiusi nelle gabbie, senza via d' uscita, che vedono così chiaro e limpido il loro presagio di morte.

"Cazzo" fu l' unica cosa che trovò sensata dire in quel momento.
Non aveva nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo verso di lei, che ancora se la ghignava, attendendo una sua reazione.

Bhe meglio un ghigno che un' espressione schifata cercò di confortarsi.

"Come prima cosa - notando che il ragazzo era immerso cercò un qualsiasi modo di attirare la sua attenzione - Daniel cagami per favore - Dobbiamo capire cosa realmente tu provi per il Signorino Felton. Ne hai una più vaga idea?" chiese senza andare per il sottile.

Il moretto ci pensò su per qualche secondo, prima di dare la sua sincera risposta. "Un gran desiderio di scoparmelo" concluse, mandando al definitivamente al diavolo ogni ultima speranza che quella conversazione riacquistasse un minimo di decoro.

Stephanie sembrava colpita.
Probabilmente si aspettava qualcosa di un po' più romantico, ma, dovette ammettere, che all' età di ventun-anni, da uno come Daniel sarebbe stato strano se avesse detto il contrario. "Ok... dunque.. appurato che è solo questo - gli lanciò un' occhiata eloquente - Direi che non ci dovrebbero essere problemi, in quanto sembra che lui nutra per la Signorina Watson qualcosa... di più" concluse, alzando lo sguardo verso gli occhioni azzurri di Dan, che si costrinse a stamparsi in viso il sorriso più falso che Stephanie avesse mai visto.

Annotazioni Mentali di Stephanie Coltrane: Smetterla di leggere quegli assurdi romanzetti rosa omosessuali di tua sorella!

"Certo che no! Andiamo Steph! Come ti viene in mente??" cercò di risultare il più sciolto possibile.

La ragazza lo guardò di sottecchi... come qualcuno che sa molto più di quello che vuole far intendere. "Ricordati Daniel che puoi volere una cosa quanto vuoi, ma finché la puoi solo immaginare la tortura è minima. Non puoi impazzire per qualcosa che non sai com'è. La sofferenza avviene quando l' assaggi e ti piace - si alzò, fece il giro della sedia, schivò un paio di calzini di colore verde e raggiunse la porta, dove si voltò ancora verso di lui - Devo quindi presumere che il fatto che Emma e Tom stiano allegramente copulando in mensa non ti crei alcun problema. E fatti una doccia. Puzzi" si richiuse la porta alle spalle, lasciando il ragazzo solo.

Premesso che Daniel di Latino conosceva solo un ragazzo di nome Joao, quella fu forse la prima e ultima volta che aprì un dizionario della suddetta materia, (rubato dal camerino di James).
La definizione che vi trovò non lo aiutò certo a capire meglio cosa volesse dire, ma l' annotazione che vi era di fianco, invece, gli fece capire perfettamente cosa la ragazza volesse dire.

Riporto qui la definizione del dizionario e l' annotazione:
Copulo -as, -avi, -atum, -are, tr 1 unire, legare, congiungere,
collegare
(in senso proprio e figurato); col dativo ['Dativo? E che cazzo è?']auro
res aurum copulat una,
una sola sostanza lega l' oro all' oro. LUCR 6, 1078; con
cum e l' ablativo ['Abla.. che?']:honestatem cum voluptate tamquam hominem
cum belua copulabis?
unirai l' onesta col piacere quasi l' uomo con la bestia? CIC.
Ac 2 139;copularent concordiam raggiungessero l' accordo. LIV. 4 43,
11<;copulavere nostectum ci hanno legato a te, CURT.;2contrarre in una due parole: es sis per si vis CIC, Or 154; aggruppare le parole nel discorso, QUINT 10, 6, 2 - Dep. tr. copulor, -ari, PL Aul 116.

Copulo- Definizione di James Utechin - Atto dell'accoppiamento in età matura. Il che esclude tutti i ragazzi sotto i 35 anni

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Ragazzi vi chiedo scusa per la 'shortezza' [dal noto verbo inglese 'short'] del capitolo, ma il computer si è suicidato e quello che ho adesso non accetta i floppy... ove avevo salvato TUTTO il capitolo.. lo sto ricopiando su questo.. ma il lavoro è lungo e la scuola non aiuta.. grazie a Dio fra poco ci sono le vacanze e avrò tutto il tempo x dedicarmi a qst fic.

La Definizione Di Copulo è stata fedelmente ricopiata dal Vocabolario Di Lingua Latina 'IL' Loescher Editore.

Chi Commenta O Legge Solamente Ha Tutta La Mia Gratitudine.. Sopratutto Ora Che E' Un Momento 1 Po' Difficile X Me.. Grazias A Todos

+Jehan+

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Capitolo 3
*** Scoperto. Parte II. I Pazzi Sono Intorno a Noi. [Dedicato a Kelly Kee] ***


Fu Stephanie la prima che si decise a parlargli, quella sera, trascinandolo di forza fuori da quello stato da associale che si era eretto negli ultimi due giorni.
Si era avvicinata con passo deciso e una strana luce negli occhi.
Daniel ci aveva aveva provato! Ci aveva provato eccome che tutte quelle smancerie da innamorati non gli interessavano per niente, che tutto quello che voleva era godersi la vita, eppure...

"Ho un piano! - aveva proclamato la Manager, sedendosi al suo tavolo e ignorando le domande stupide del ragazzo ('un piano, a proposito di che cosa?') - E non può fallire" Daniel ammirava l'ottimismo incredibilmente zuccherato della ragazza anche se non lo condivideva per nulla.

Smise per un secondo di addentare voracemente il panino e finì di masticare (a bocca aperta) il boccone deglutendo rumorosamente ["Daniel fai veramente schifo! Dovresti controllarti!"] il pezzo d'hamburger "Scioè?" chiese.

La rossa lo guardò disgustata. "Ti prego Dan, Pulisciti! Mi sembri un lama! - commentò schifata - E poi dicono che più si è ricchi e più si è educati! - gli porse un fazzoletto color amaranto, già sporco di rosso da un lato che il moretto giudicò essere ketchup, osservando poi il ragazzo mentre di puliva la bocca, prima di riprendere a parlare.
Accompagnava le parole muovendo nervosamente le mani. Gesticolando e tenendo gli occhi puntanti sui suoi stessi movimenti, senza alzare lo sguardo. Era infatti noto che l'unica persona in grado di smontare l'entusiasmo di Stephanie Josephine Coltrane era Daniel Radcliffe. - Allora, ascoltami attentamente (e non fare domande stupide come tuo solito) e rifletti per una volta senza criticare a prescindere quello che ti dirò, giudicando come al solito con la tua arroganza e presunzione - chissà se per domande stupide intendeva anche 'cosa vuol dire a prescindere' - Dobbiamo fare ingelosire Tom!- il moro sganciò la mascella, che dovette sorreggere con la mano perché non cadesse rumorosamente sul pavimento. - E, rullo di tamburi, uscirai con Bonnie!" Daniel impiegò esattamente cinque secondi della sua vita per trovare un lato 'interessante' o anche soltanto 'positivo' a quella rivelazione.
Non lo trovò.

-COSAAAAAAAAAAAAAA?? il cibo che portava in bocca decise che quello era il momento opportuno per suicidarsi, facendo così fuoriuscire tutto il contenuto il essa riportato sul lucido pavimento della mensa, rivelando alla ragazza una varietà di cibo che mai avrebbe potuto immaginare un hamburger contenesse.

"Andiamo Dan! - cominciò una volta che sembrò essersi calmato - Sei uscito con ragazze ben peggiori di Bon! E poi... è l'unica soluzione!!!" tentò di persuaderlo.

"Scordatelo"

"Ti prego"

"No"

"Ma..."

"NO"

"Insomma...

"Ti devo fare lo spelling? Enne O. NO!"

Come ho già detto Daniel era l'unica persona in grado di persuadere Stephanie, come Stephanie era l'unica in grado di persuadere Daniel.
Come ogni adulto che cerca di convincere un bambino a mangiare i tanto odiati cavolfiori Stephanie aveva un asso infallibile della manica.

"Un vero peccato - sogghignò - Perché a quanto sembra sarà Emma che Tom porterà a braccetto sul tappeto rosso della prima - qualcosa di molto potente squarciò lo sguardo limpido del moretto, proclamando la vittoria della Manager. - A Londra fra esattamente un mese" attese in silenzio che il ragazzo incassasse il colpo.

Il moretto dovette respirare a fondo.
Non sapeva se urlare perché Tom avrebbe portato quella //censured// di Emma con lui sul tappeto rosso, firmandosi così come coppia davanti a milioni di persone e di giornalisti, o perché aveva una ricattatrice (geniale, certo, ma sempre ricattatrice) come Manager.

-E va bene - soffiò. C'era ancora quella microscopica possibilità che Bon non accettasse.
Che lo odiasse per il suo modo principesco, che lo ripudiasse o semplicemente che fosse impegnata. - Ma... e Bon?"

Stephanie sorrise raggiante per la conquista. "Oh, non ti preoccupare! Ha già detto di sì" batté le manine una contro l'altra.
Ogni tanto Daniel si vergognava di lei.

"Ah - sbottò, iniziando a cangiare il colore della pelle - Quindi vuoi dire che non solo la più petulante, fastidiosa e stupida ragazzina d'Inghilterra sa che sbavo dietro a Tom Felton - e la cosa lo faceva alquanto innervosire - Ma che tu, schifosissima ricattatrice, eri così sicura che avrei accettato da averglielo già chiesto????"

Probabilmente la ragazza non vedeva tutta questa disgrazia. "Beh.. sì"

"Oh, Grandioso!" sbottò, lasciandosi ricadere sullo schienale della sedia, incrociando le braccia e mettendo su il broncio.

La ragazza fece il giro del tavolo, schioccandogli un bacio sulla guancia. "Sei un attore Dan. Fingi che tutto il set sia il palco, io il regista, tu e Bonnie i due protagonisti, ogni ragazza o ragazzo le comparse, mentre a Tom ed Emma resta solo il ruolo degli spettatori. A noi il compito di fargli credere vera questa finzione -si alzò nuovamente, muovendo qualche passo verso il corridoio creatosi fra i tavoli e che conduceva all'uscita. - Abbiamo un mese. Quindi domattina svegliati presto bimbo, che iniziano le prove" sorrise sistemandosi un po' meglio la camicetta e tornando indietro a schioccargli un bacio sulla guancia.

Lui rimase fermo, pensieroso.

Stephanie si sistemò la giacca di pelle color pastello, facendo poi un giro su se stessa

"Stai bene" mugugnò.

Tornò a fissarlo. "Potrà farti schifo quanto vuoi questo piano - appoggiò con delicatezza le mani sui fianchi - Ma ammettilo che è geniale" non attese risposta, prendendo la porta.

Daniel la vide allontanarsi come si allontana una modella. Il portamento fiero, di chi non ha paura di mostrarsi per quello che è.
Ogni tanto la invidiava per quella sua sicurezza.
Sapeva sempre esattamente ciò che voleva e non aveva mai paura di prenderselo.
Volse lo sguardo verso un tavolo di comparse.
Ogni tanto lo guardavano, eppure, anche se era solo, nessuno si avvicinava.
Era così mostruoso?
Faceva così paura? I suoi modi esagerati in tutto, non si preoccupava mai di essere in ritardo, tutto era sempre fatto su misura per lui.
Criticava ogni singolo movimento, sempre e di tutti.
Si chiese come avesse fatto Tom a sopportarlo tutto quel tempo.
Sbuffò.
Alla fine, forse, non sarebbe stato poi così male.
Buttò la testa all'indietro, coprendosela con le mani.
30 giorni. 7 ore. 30 minuti. 15 secondi.

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13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
...
3
...
2..
..
..
..e il gioco continua.

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Ok, lo so è C.O.R.T.O.
Ma provate ad immaginarlo con l'altro pezzo attaccato!
Ho dedicato a Kelly Kee questo capitolo a lei e ai suoi commenti meravigliosi che mi hanno risollevato il morale in un brutto periodo.
Thanks.

+Jehan+

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Capitolo 4
*** Una Sottile Linea Rossa ***


Fu un raggio di sole che, biricchino, scivolò lascivo sul viso piacevolmente assopito del biondino.
Le ciocche color del grano erano scomposte sul pallido volto, mentre gli occhi, ancora chiusi, nascondevano perle d'argento, al loro interno.
Le labbra appena socchiuse producevano un sottile suono, molto simile al ronzio di un'ape alquanto fastidiosa.
Leggera bronchite passeggera.
E fu proprio un'ape, col suo ronzare, a posarsi delicata e fastidiosa sulla punta del bel nasino alla francesina, leggermente all'insù, del ragazzo.
Ma nulla sembrava in grado di scuotere il suo sonno principesco, facendolo voleggiare nel mondo dei sogni.
Fu un attimo.
Una dormiveglia traditrice ad assalirlo di dubbi.
Era una voce ambigua, che aveva già udito da qualche parte parlargli.
Qualcosa che non voleva capire, ma che gli si presentava davanti ogni volta, ed inevitabilmente tentava di scacciarla.
L'immagine di Daniel, ancora una volta, a lui appoggiato, accoccolato fra le sue braccia, come un bambino bisognoso d'affetto.
La sua voce miagolante, così calda e vellutata, come qualcosa di così bello e dolce da non poter essere che paradisiaco, così come la sensazione che aveva provato, restando al fianco di quel piccolo angioletto moro.
E si malediceva per questo.
Malediceva di aver accettato, di aver ceduto alla debolezza.
E quella vocina non faceva altro che ricordagli quanto era stato bello, quanto avrebbe voluto che si ripetesse all'infinito, sbattendogli in faccia il suo crudo errore.
Ad ogni modo, riflettendoci a mente fredda si era reso conto della cazzata che aveva fatto e ora aveva rimediato.
Non che pensasse che Daniel fosse brutto, o avesse qualcosa contro i gay, per carità, no.
Il punto era un altro.
Lui e Daniel erano amici da secoli.
Migliori Amici.
E basta.
Assolutamente.
Sarebbero stati sempre e solo amici.
Una volta che a Dan fosse passata lo scazzo.
Ad occhi chiusi il biondo rifletteva.
Che fosse stato da Dio non c'erano dubbi...
Un sorriso, per quanto breve, prese il posto dela serietà sul suo viso, ma venne immediatamente scacciato.
Certo, quante volte lui e Dan si erano finti omosessuali abbracciandosi e facendosi un po' di coccole scherzose?
Ma, almeno per lui, era sempre stato solo un gioco.
No. Non era possibile. Ci mancava solo che lo venissero a sapere i giornali.
Già immaginava i titoli:

GLI OPPOSTI SI ATTRAGGONO. NUOVA SCOPERTA PER RADCLIFFE E FELTON, I BELLI DI HARRY POTTER.

Davvero un ottimo servizio.
E poi cos'avrebbero detto le fan? Sarebbero rimaste deluse! E l'unica cosa che Thomas Felton non voleva era deludere le fan.
Quelle ragazzine diciassettenni incredibilmente sexy che lo idolatravano... e poi...
Ma non successe nulla.
Nessun ghigno perverso gli apparve sul viso angelico.
L'unica cosa che non poteva fare a meno di pensare era che gli sarebbe stato solo bene.
Era ora che vivessero un po' di realtà, e capissero che non avrebbe mai potuto innamorarsi di una di loro.

La porta venne socchiusa.
La poteva sentire cigolare sommessamente.
Già lo vedeva.
Daniel che entrava, silenzioso come un gatto nella notte e che quatto quatto gli si avvicinava malefico, balzando agilmente sul letto, sedersi sulla sua pancia, in modo da immobilizzarlo, e iniziare a solleticarlo con crudeltà quasi fuori dal comune come ogni sacrosantissima Domenica mattina.
Ma non era Radcliffe.
Quando aprì gli occhi incontrò quelli morbido cioccolato di una Emma seduta al suo fianco,mentre gli accarezzava amorevolmente i capelli.
Sorrise appena, increspando le labbra, mandandole un bacio sommesso.
Sorrise anch'ella, volgendo poi lo sguardo verso la libreria del ragazzo.

"Sai - cominciò - Sembra che sul set amoreggiare vada di moda" commentò con leggerezza.

"Mmh.. cosa?" realizzò solo dopo qualche secondo, mostrando un vago interesse per quello che la sua ragazza stava dicendo.

"Ma sì dai! Dan e Bonnie. Li avresti visti se fossi sceso a colazione {//la guerra dei congiuntivi}! Non hanno fatto altro che mangiarsi la faccia" sbuffò. Forse in quel discorso c'era un sottile messaggio nascosto del tipo 'Non limoniamo abbastanza' ma Tom non lo colse.

"Bonnie e... CHI???" improvvisamente la cosa parve acquistare importanza.
Il perchè era poi ignoto alla ragazzina, essendo che quando si parlava di Daniel di storie amorose ne veniva fuori da scriverci un libro.
Emma lo osservò, stupita da quella reazione.

"E Daniel, Tom. Non capisco perchè ti scaldi tanto. A proposito, perchè avete litigato? Alla fine nessuno dei due ha detto niente, e non vi parlate da giorni. Che sta succedendo?" inutile e banale tentativo di sviare argomento.

"Bonnie esce con Dan? Ma sei sicura? Insomma... beh... è Bonnie! - la moretta inarcò un sopracciglio come a dire 'e allora? cosa c'è di tanto strano?' - no, dai, non in quel senso è solo che... non mi sembra il tipo per Dan!"

"E chi sarebbe il tipo di Dan? UnA come te?"
Colpito e affondato.
Tom incassò senza battere ciglio, come se la cosa non lo sfiorasse minimamente.

"Andiamo tesoro! Una come me gli farebbe bene... ma mi rendo conto che una come me... ehy, perchè ti interessa tanto?" si rese conto all'improvviso che avevano cambiato discorso.

"Perchè hai appena insultato la mia migliore amica Thomas Felton. La cosa mi riguarda Thomas Andrew Felton" sbottò, incrociando le braccia al petto e instaurando sul bel visetto un broncio che fece irritare ancora di più il biondo.

"Emma... quella ragazzina ha appena diccianove anni!" sbuffò.

"E io appena venti. Sono troppo piccola per te, Tom?" iniziava ad essere isterica.

"Non volevo dire questo tesoro, lo sai" sussurrò.

La ragazza sembrò calmarsi con l'abbarsi del tono di voce di lui. Annuì. "Infondo è la loro storia - soffiò a sua volta - Ad ogni modo - tornò al suo solito tono pratico, ritenendo l'argomento chiuso - Danny ti aspetta di sotto per le prove. Scena 24" teneva lo sguardo basso, e senza dare il tempo a Tom di replicare o trovare una scusa qualsiasi si chinò su di lui, dandogli un lieve bacio, e uscendo dalla stanza quasi subito dopo.

La solitudine ripiombò pesantamente sulla stanza.
Tom non ebbe il coraggio di pensare a quanto detto poco prima né a quello che lo aspettava.
Pensò alla magnifica serata con Emma, qualche sera prima, o a ripassare la battute, prima di rendersi conto che era uns scena nuova per loro.
Non disse una parola nemmeno scendendo le scale, quando ignorò bellamente Evanna e Robbie, intenti a parlottare furiosamente.
Comparve come un fantasma sul set, facendo venire un'infarto al regista, che lo salutò con un gesto della mano, tentando poi di riprendersi e di richiamare l'attenzione di Daniel.
Lo sguardo color argento si posò velocemente sul moretto, quasi senza volerlo, ed eccolo lì, intento a staccarsi di malavoglia dalle labbra di Bonnie, mentre le cingeva la vita con una mano, e rideva poi ad una battuta di Rupert.
Probabilmente una demenziale come 'Lascia stare mia sorella' o cazzate simili.
Ma a quanto pareva Daniel era felice.
Felice come raramente Tom aveva avuto la fortuna di vederlo, perchè, dovete sapere, che Daniel Radcliffe, quando è felice, è molto, molto simile ad un'apparizione divina.
E quelle poche volte era stato lui a farlo felice.

Sei geloso, Tom. Schifosamente geloso di una ragazza. Lei che te l'ha portato via. Lei che ora prende il tuo posto

Era come guardare un film muto. Osservarlo mentre si allontanava da lei, mentre li raggiungeva con lo sguardo ridente.

"Ok. Tom, Dan, pagina 74. Studio 5. Provate e riprovate fino a che non vi è andata via la voce" sorrise l'uomo.
Un sorriso agghiacciante, a dire il vero, qualcosa di assolutamente inquientante.

Non alzò lo sguardo verso di lui. Anzi, cominciò a sfogliare le pagine furiosamente del copione, sbirciando ogni tanto da sopra le righe, mentre si avviavano per i corridoi.
Nessuno dei due parlava.
L'unico rumore fu quello della porta che si apriva e richiudeva, e il graffiare delle sedie sul pavimento, mentre prendevano posto.
Daniel trovò il punto dopo qualche secondo.
Scorse velocemente le frasi, mordendosi il labbro inferiore, come a capire meglio.

"Allora? Sei pronto?" sbottò all'improvviso il moro.

"Sì" fu l'unica risposta flebile.

Potter! Cosa ci fai qui? E dove sono i tuoi amichetti?

Direi che la cosa non ti riguarda, Malfoy. Dov'è Hermione?

Pensavo avessi più gusto Potter. La Weasley? Anche Millicent è meglio di lei!

E io pensavo fossi meno stronzo Malfoy. Ma anche questo, immagino, non ti riguardi lo fissava. Così spudoratamente da farlo arrossire. Non aveva letto una sola parola. Improvvisava.

"Hai sbagliato"sussurrò appena. Forse era un gioco di ruolo. Ora era lui a non alzare lo sguardo mentre sentiva quello arrabbiato e ferito dell'amico su di sé.
La tentazione di alzarsi, abbracciarlo e rassicurarlo era forte, qualcosa che non riusciva a spiegarsi, ma allo stesso tempo sapeva che se ci avesse provato non sarebbe più riuscito a fermarsi e a giustificarsi di nuovo.

"Scusa - la voce irritata dell'altro fu come uno schiaffo - Rifaccio"

La Bulstrode, Malfoy? E tu come lo sai? Sperimentato?

Non mi abbasso a certi livelli, Sfregiato. Per me solo il meglio. Io sono il meglio. Hermione l'ha capito. Ora tocca a te. Ti ripeto la mia offerta [porge la mano] Scegli da che parte stare

Sono passati sette anni. La mia risposta non cambia

Quando vuoi farti un giro in paradiso vieni da noi {Una meravigliosa frase ambigua. Ora sì che la mia vita è completa}Vedrai come si vive senza alcuna inibizione{Un bel VM18 sul manifesto del film ci starà a pennello}Ma tu continui a non rispondermi. Perchè la Weasley?

"Hai sbagliato" non c'era alcuna flessione della voce in quello che diceva.

"Lo so. Questo mi impedisce una risposta?" sosteneva il suo sguardo. Fisso l'uno nell'altro.

Il moro gettò il copione per terra, scendendo dalla sedia. "Ma fatti i cazzi tuoi Felton" irritato fece per allontanarsi, ma la presa salda del biondino sul suo polso lo bloccò quasi all'istante.
Forse, anzi, sicuramente, non era poi così salda.
Aveva posato le sue dita sul candido polso, e faceva una leggera pressione.
Dan voltò la testa mora, fissandolo quasi con rabbia.

Se hai tempo fatti un giro

Scordatelo Malfoy

Cos'è? Paura che ti piaccia?

Oh, non direi proprio. L'unica cosa che mi fa paura ora è vedere quanto sei patetico. Perchè ti assicuro che è spaventoso

Fu qualcosa di immediato.
Il momento in cui Draco diventò Tom, e Tom diventò Draco.
Lo sguardo cristallino sfumò al lascivo, mentre lo tirava a se, con leggerezza,e l'altro, come un cagnolino, si lasciava guidare.
I loro visi a pochi centimetri.
Tom/Draco poteva sentire Dan/Harry fremere col respiro affannato su di lui. Sorrise.
Si avvicinò al suo orecchio con movimenti calcolati, di una lentezza spaventosa, tanto che a Daniel sembrò che il tempo si fosse fermato, per permettere a Tom di fare con calma.

Te l'ho già detto, Potter. Solo il meglio per me

Daniel si scostò, strattonando nemmeno tanto forte. Gli occhi azzurri ora contenevano sfida. "Io e Bonnie usciamo domani sera. Verranno anche Rupert ed Evanna. Perchè non vi unite?" non sorrideva. Oh no, quello non era nemmeno vagamente simile ad un sorriso. Quello era un ghigno.
Un ghigno spudorataemente beffardo anche!

"Sì. Gliene parlerò. Sai domani è un mese che ci frequentiamo, rottura a parte e volevamo fare qualcosa di - intensificò lo sguardo, come a sottintendere qualcosa di ovvio -speciale"

"Oh, ma certo! Allora provvederò a farmi trovare davanti all'ingresso completamente ubriaco... l'ultima volta che avete festeggiato, mi sembra di ricordare, è successo qualcosa di particolarmente chiaro (*)" sottile l'ironia che nascondeva nella voce, ma chiaro ciò che conteneva.

"Ti assicuro che da allora le cose sono state alquanto diverse" soffiò irritato.

"Pensaci Felton. Una serata fra amici, potresti rischiare di divertirti una volta tanto" sbuffò, prendendo la porta.

Amici. Amanti. La differenza è minima. Una sottile linea rossa la cui lunghezza è determinata da una bottiglia di birra.

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(*) ~ Daniel intende il fatto che Emma l'ha 'mandato in bianco'.

Un grazie ancora a Kelly, fantastica nei suoi soliti commenti, che adoro.
E alla mia dolce sorellina, che mi ha spiegato il punto di vista di una ragazza come Emma in questa situazione.

+Jehan+

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Capitolo 5
*** And He Will Be Loved ***


Note di Inzio Fic.
In quanto mia sorella ha passato gli ultimi quattro giorni a sentire 'She Will Be Loved' ho pensato di fare un capitolo con titolo ispirato.
Il capitolo è paurosamente corto.. e chiedo scusa, ma mi manca l'ispirazione.. non sono per nulla soddisfatto del mio lavoro e spero di migliorare con il prossimo.
Vi chiedo naturalmente di commentare.
Faccio subito ringraziamenti&Co.
a Kelly che commenta sempre con un tale entusiasmo da farmi sorridere e tirarmi su di morale.
A Lady_Hawke posso solo dire che sono dispiaciuto che questa storia non sia di suo gradimento.. ma che sinceramente la cosa non mi colpisce più di tanto.
A Psike che sono un simpatico maschietto...
E che altro? A tutti coloro che leggono e commentano che sono degli idoli che sono contento che piaccia questa storia!

+Jehan+

Ci sono giorni in cui hai voglia di morire.
Ti rinchiudi in un'ostinato silenzio di insopportabili parole, cercando un senso a tutto.
In cui decidi che è ora di dare un senso alla tua stupida ed inutile vita.
Ma poi ti rendi conto che non puoi.
Che non è possibile fare una cosa del genere.
Così, ti senti male e ti chiedi per quale oscuro motivo vivi.
Per cosa, per quale assurda ragione tu, insulso essere pensante, corri, respiri, sogni, ridi.. piangi.
Ogni volta che questi pensieri sfioravano la mente di un giovane ragazzo moro di circa vent'anni di origine inglese non riusciva a trovare risposta.
Pensava a tutti i suoi amici e per un fatto straordinariamente strano si ritrovava a soffermarsi sul viso di quel suo amico che da qualche tempo sembrava aver preso in simpatia l'idea di non parlargli più.
Mai più.

Abbassò lo sguardo, seguendo con gli occhi una lacrima solitaria, mentre un leggero sorriso prendeva parte al suo viso.
"Anche il cielo è triste".
Un pensiero innocente come quello di un bambino che vede per la prima volta una farfalla bianca distendere le ali e spiccare il volo.
La stanza completamente buia veniva illuminata a intervalli irregolari dalle luci delle macchine che disegnavano il contorno dei mobili, allungandone le ombre.
Reclinò la testa all'indietro, afferrando la chitarra e portandola sulla sue gambe, accarezzandone il legno consumato dal tempo.
Il suono pulito sembrava qualcosa di assolutamente irreale in quel ambiente di finzione e pregiudizio, dove tutti sembravano farsi i fatti di tutti, in ogni momento.
Da quanto tempo non la suonava.
Gli occhi dischiusi mentre, con delicatezza, ne pizzicava le corde, come se avesse paura di rompere qualcosa che si era incredibilmente creato in quel momento.
Non smise nemmeno quando sentì un leggero scricchiolio, segno della porta che si socchiudeva, si limitò ad alzare lo sguardo, riconoscendo il viso innocente del suo {ex} migliore amico.
Non disse nulla, continuò soltanto la sua lenta ballata, aspettando qualche mossa da parte sua.

"E' tardi Dan.. fra mezzora dobbiamo andare" il tono di voce pacato e gentile, come qualcuno di infido, che ti rifila un ordine, ma girandolo in modo che sembri un dovere.

Daniel non rispose, il che provocò una reazione inaspettata nel biondo ragazzo.
Si avvicinò a lui, sedendosi al suo fianco, senza interrompere, nemmeno per un secondo, la sua melodia.
Daniel e lui erano stati subito amici.
Quando erano piccoli si proteggevano a vicenda dagli attacchi dei fan, inventando storie assurde da dire ai giornalisti.
E cos'era successo?
Quel ragazzo dall'aria trasandata, con una camicia bianca e un paio di jeans neri tutti rotti in fondo, senza scarpe e i capelli arruffati che suonava la chitarra a pochi centimetri da lui.
Chiunque dicesse che era Tom l'angelo dannato si sbagliava.
O forse lo diceva soltanto perchè non aveva mai visto Daniel così, in quel modo.
Con quell'aria da bambino, così adorabile da sembrare irreale.
Le labbra sottili dischiuse appena, quasi a mormorare il testo di una canzone che non conosceva, ma che si sforzava comunque di capire.
Attese con pazienza che quel urlo melodico si fermasse, per poterlo guardare negli occhi.

"Mi piace. Chi l'ha scritta?" domandò una volta che il moretto gli ebbe prestato attenzione.

"Io" grugnì.

"Bravo" osservò con ammirazione, rendendosi conto che il suo amico non sembrava proprio in vena di una chiacchierata amichevole, come una volta.

"Lo so" sogghignò appena, riabbassando lo sguardo sulla chitarra.

"Dan senti io...-"

"Aspetta. Fammi indovinare. Non sai quello che sta succedendo, sei confuso e non capisci cosa ci sta accadendo. Non siamo più i bambini di una volta e tu ami Emma più della tua stessa vita, anche se ogni tanto litigate... ti prego, fermami se mi sbaglio" ma il biondo annuì, facendogli segno di proseguire.
Era irritante.
Un moccioso dannatamente irritante, ma voleva vedere fino a che punto si sarebbe spinto.

"Bene - sorrise ancora. Un sorriso beffardo, come a confermare le sue parole - Vediamo? Che altro? Forse un giorno capirò quello che ti sta passando per la testa, forse un giorno anch'io mi innamorerò, magari di BOnnie e forse un giorno la smetterò di comportarmi in maniera infantile e guaerderò in faccia la realtà e...- ma la frase fu interrotta bruscamente.

Aveva sentito fin troppo.
Quel moretto sapeva essere fastidioso, e in quel momento lo era.
Forse perchè quelle parole erano esattamente quello che aveva intenzione di dire.
Ma quello era cinque minuti fa.
In quel momento l'unico irrefrenabile desiderio di Thomas Andrew Felton era quello di farlo tacere.
In qualsiasi modo.
E per 'qualsiasi' aveva deciso di scegliere il più consono {o il meno adatto} in quel momento.
Le proprie labbra.
Per la precisione aveva strattonato con forza la camicia del moro, costringendolo a piegarsi in avanti e premendo il proprio viso sul suo gli aveva poco gentilmente cacciato la lingua in gola, senza preoccuparsi di cosa avrebbe detto e/o pensato.

"Stupido" sussurrò qualche secondo dopo Daniel, abbassando lo sguardo, rosso in viso.

"Moccioso" gli rispose di rimando l'altro con un leggero ghigno, sostenendo lo sguardo su di lui.

"Principino" ribatté allora il moro, alzando nuovamente lo sguardo.

"Bambino Viziato" sogghignò ancora di più.

"Oh, Baciami!" lo tirò ancora una volta sé, facendo combaciare alla perfezione le loro labbra, quasi fossero state create per essere unite.

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Capitolo 6
*** If You'll Marry Me Tonight ***


Questo è quello che la mia mente oggi pomeriggio partendo dalle ore 15.00 ha partorito.
Il capitolo scorso non mi soddisfava, quindi ho deciso di renderlo un po' meno dolce di quanto non sembri.
Anche questo è piuttosto corto e il titolo, premetto, è solo una canzone che mi ha colpito particolarmente e da anche una buona traccia per il contenuto di questo breve capitolo.
Che altro dire? Buona lettura a tutti!
Grazie a chi commenta o soltanto legge.

Jehan

Ma come erano arrivati a quel punto?
Tom non ne era sicuro, anche se l’ipotesi di una buona dose di alcol e stress era l’opzione più probabile. Il biondo rimase in silenzio, mentre osservava la sua ragazza trafficare con qualche oggetto sopra il comodino, con indosso la vestaglia color petunia, e un profumo di sesso ancora fresco.
Emma era bella.
No.
Emma era più che bella.
Emma era una Dea.
Perfetta in tutto quello che si poteva vedere, e anche in altro. Mille uomini avrebbero voluto essere al suo posto, avrebbero pagato oro puro per poter essere anche solo per un istante quella boccetta di profumo al Geranio che la fanciulla si stava spruzzando indosso, per mandare via quello di Tom, che, a quanto sembrava, le era rimasto prepotentemente appiccicato sulla pelle.
Sì.
Forse, infondo, era la donna perfetta.
Ricca, bella, intelligente (bhe… ci provava, se non altro), spiritosa e brillante.
Cosa poteva volere di più se non restare con lei tutta la vita?

“Emma…? – la chiamò piano.
La mora si girò verso di lui, come una regina dell’antichità, osservandolo con gli occhi ancora privi di trucco, color nocciola, perfetti, profondi e dolci, da cerbiatta qual era.

“Sì?” domandò con innocenza, quell’ingenuità che non le si addiceva per nulla.

- Emma… - ripeté Tom, quasi avesse paura di quel nome. Ma poi proseguì – Emma Watson – un sorriso affiorò sul suo viso delicato.
Non capiva, e infondo come avrebbe potuto capire?
Diamo una fine a questa follia pensava Tom dal canto suo. Rotolò dall’altra parte del letto, in modo da esserle vicino e prenderle la mano destra. La osservò. Prima la mano, e poi lei – Emma Watson splendida Ninfa di questo grigio mondo… - c’era una vocina, per quanto piccola e insignificante c’era una vocina che gli gridava di non farlo. Una vocina così simile alla sua da spaventarlo – Vuoi tu farmi l’onore - nononononono ripeteva nella sua testa, come se si dovesse pentire da un momento all’altro di quello che stava facendo – Di diventare mia moglie?” concluse, incatenando lo sguardo azzurro nel suo.

Freddo e caldo.
Dolce e amaro.
Ecco cos’erano loro due. Una miscela perfetta. O forse no. La vocina che nella sua testa… no, nel suo petto, vicino al cuore, gridava poco prima si era spenta. Non parlava più. Silente aspettava anche lei una risposta dalla giovane, che lo guardava esterrefatta.
Ma c’era qualcosa che non andava in tutto quello.
Il cuore di Tom non aveva aumentato il suo battito, si era limitato a continuare a battere, come se nulla fosse.
Come se quello che aveva appena fatto l’avesse fatto perché doveva, non perché lo aveva scelto, perché era quello che si aspettavano da lui.
Da loro.
Poi lei abbassò lo sguardo, dischiuse le labbra e la risposte le nacque negli occhi.

“Sì”

Un sì semplice, senza un ‘lo voglio’.
Tom si raddrizzò un po’, la osservò, si spinse verso di lei e le baciò le labbra, ancora e ancora, fino a che non si ritrovarono in terribile ritardo per il pranzo che avrebbero dovuto fare tutti insieme, per festeggiare l’ultimo giorno insieme.
Quella sera ci sarebbe stata la prima.
Già.
Trenta giorni.
Trenta lunghi giorni erano passati da quella notte.
E Daniel ne era consapevole, nella sua stanza, lontano dal rumore dei due novelli fidanzatini, con il viso appoggiato al vetro, ad osservare il piazzale di cemento vuoto.
Abbassò lo sguardo.
Un sogno.
Un fottutissimo sogno di merda.
Ecco cos’era stato.
Tom che lo baciava, sì, come no.
Bonnie era entrata nella sua stanza circa venti minuti prima, e lo osservava, seduta sul letto, col viso inclinato da una parte, mentre pensava a chissà cosa.
Non gli importava.
Non gli importava se Emma gli avrebbe dato quello che cercava, non gli importava se sarebbe stato felice.
Non gliene fregava proprio niente.
Spostò il viso verso la rossa, ancora intenta a guardarlo, come se sul suo viso ci fosse qualcosa di estremamente interessante.

“E… quand’è che si sposano?”

Domandò piano, quasi sussurrando, ma stando attento a non far capire che la cosa era di rilevanza importante.

Lei lo squadrò.
Dopo un mese di finzione non ci cascava.

“Il quindici” rispose piatta.

Daniel annuì, passandosi la lingua sulle labbra secche, con lo sguardo vacuo, perso da qualche parte nel cielo.

“Fra due settimane?” realizzò. La cosa parve colpirlo. Tanto che si degnò di alzare lo sguardo su di lei per qualche secondo, cercando una risposta nel suo sguardo gemello al suo.
Infondo lui e Bonnie erano diventati molto più amici da quando era iniziata quella stupida storia.
Tutto per una scopata si ritrovò a pensare, qualche secondo dopo.
Non notò nemmeno che lei annuiva lentamente, fissando il pavimento con insistenza, quasi sperasse che si aprisse una voragine per inghiottirla.
E Daniel non capiva.
Non capiva perché quella stronza di Emma fosse riuscita nel suo intento, sudicio e sporco di sposarsi qualcuno di ricco, per non dover fare altro in tutta la sua vita.
Non capiva perché quel puttaniere da due soldi avesse l’innata capacità di manipolizzare la sua attenzione.
Ma soprattutto non capiva perché non gliel’avesse mai detto.
Forse gli suggerì una vocina Perché siete quasi andati a letto insieme.
In effetti poteva essere un buon motivo, Daniel lo ammetteva.
Scrollò le spalle, tornò a guardare fuori dal finestrino e poi di nuovo sulla fanciulla che a pochi metri da lui sospirava.

“Che c’è?” le domandò quasi con gentilezza.
Un tono insolito per Mr Arroganza-Radcliffe, tanto che lei alzò il viso, come a cercare una qualche traccia di divertimento sul suo viso, ma senza trovarla.

“Niente – sussurrò a mezza voce in risposta. Ci pensò su qualche secondo prima di riprendere - Daniel ?” lo chiamò pur sapendo che lui già la stava ascoltando.

“Sì?”

“Tu… - si interruppe. Il ragazzo poteva notare il suo evidente disagio nel parlare, nel relazionarsi con lui e attese in silenzio che continuasse – insomma – continuò - …tu pensi che siano… giusti?” concluse infine.

“Eh?” si sa, i ragazzi sono tardi.

“Andiamo! Pensi davvero che Emma e Tom possano stare insieme… per sempre?”

La risposta sorse spontanea. “No”

Si limitò ad annuire, quasi prendendo conoscenza delle motivazioni che spingevano il suo amico (perché ormai di questo si trattava) a parlare così. “Sai… che… hanno scelto i testimoni?” azzardò timidamente.

“Ah sì – rispose con apatia il ragazzo – e chi sarebbero? Tu e Devon, immagino” sbottò irritato.

“Veramente no... a metà – lui la guardò senza capire – Nel senso, sì, io e… - si fermò, a guardarlo – te” concluse con semplicità, quasi purità.

Daniel saltò giù con un balzo dal davanzale sul quale era seduto e uscì dalla porta, senza nemmeno degnare l’amica di uno sguardo, avanzò rapido per la stanza e spalancò la porta, richiudendosela alle spalle con forza.
Così tanta che la porta non solo si richiuse, ma si riaprì un poco, lasciando aperto uno spiraglio.
Quello che raggiunse dopo qualche secondo l’orecchio della rossa fu più o meno una discussione come questa:

< FELTON! >

< Eh? >

< Ho sentito che ti sposi… auguri >

< Grazie… >

< … e che mi vorresti come testimone>

< Sei il mio migliore amico… >

< SAI DOVE TE LO METTO IO IL TESTIMONE???? >

< Dan calmati >

< DAN CALMATI STI PAR DI PALLE! QUANDO AVEVI INTENZIONE DI DIRMELO BRUTTO RINCOGLIONITO? >

< Andiamo Dan. Ti prego. >

< SCORDATELO FELTON >

< Se non mi fai da testimone non mi sposo >

< Perfetto allora >

< DANIEL RADCLIFFE IO AMO EMMA E TU MI FARAI DA TESTIMONE >

< TU AMI EMMA COME IO AMO IL TRANCIO DI PIZZA SOTTO IL MIO LETTO >

< CONTANDO CHE E’ LI’ DA DUE MESI DEVI AMARLO MOLTO >

< RIPETO: NON TI FARO’ MAI DA TESTIMONE >

< PERCHE’? >

< NON CREDO CHE LA COSA TI RIGUARDI >

< SCUSA? TU NON MI FAI DA TESTIMONE PER UNO DEI TUOI TIRAMENTI E LA COSA NON MI RIGUARDA?? >

< ESATTAMENTE >

< BENE >

< PIU CHE BENE! PERFETTO! >

< CI SI VEDE RADCLIFFE >

< NEL MIO LETTO FELTON >

E con queste parole Bonnie decise che era meglio chiudere la porta del tutto, ed evitare che altri dolci suoni le provocassero danni permanenti all’udito.

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Capitolo 7
*** La Mia Tomba ***


SARA’ FORSE LA TOMBA IL MIO LETTO DI MATRIMONIO?

{Romeo&Juliet. Shakespeare}

 

Quando perdi qualcuno, secondo Lemony Snicket, è come se stessi salendo la scala che porta su, nella camera da letto, e sei convinto che ci sia un ultimo gradino. Metti il piede in fallo, ed esso rimane sospeso per qualche secondo nell’aria prima di atterrare duramente sul pavimento. E per quei pochi secondi ti senti perso. Come se, improvvisamente, realizzassi di essere in un altro posto. Di aver perso l’orientamento.

 

“Mi ami?” domandò semplicemente Tom, appoggiandosi allo stipitite della porta di legno, che, dopo l’arco, portava alla stanza dove si stava cambiando il giovane moretto, il quale, entro qualche minuto sarebbe stato il suo testimone di nozze.

Daniel non si voltò, né proferì parola alcuna. Lo poteva ammirare in tranquillità sulla superficie dello specchio al quale era davanti, senza doversi esporre ad espressioni che avrebbero potuto rendere difficile le parole che sarebbero uscite in seguito.

I secondi scivolarono velocemente in minuti, minuti che si susseguivano velocemente, uno dopo l’altro, lasciando che il silenzio prendesse il posto del discorso, fra loro.

No. Daniel non lo amava. Ne era più che sicuro.

Daniel provava qualcosa di strano, non poteva negarlo, ma no, non ne era affatto innamorato.

Chiuse gli occhi, lentamente, come quando si apprende la verità, consci di quello che succederà in seguito, e non si è propriamente sicuri che la cosa potrebbe far piacere.

Chiuse gli occhi per non vedere.

Per non vedere la figura di Tom abbassare la testa, muovere il piede flesso, e strofinarsi appena un dito contro il naso perfettamente dritto.

Per non vedere il biondo che se ne andava.

Aveva deciso, così, di punto in bianco, che non era giusto.

Che non aveva il diritto di dirgli cosa o cosa non fare.

Era suo amico? Sì.

La sua amicizia veniva prima di una scopata? Forse. Ok. Sì.

Tom non era un ragazzino da quattro soldi di quelli che era solito a rimorchiare.

Non era un cameriere col bel culo al quale dava una lauta mancia, e poi un ottimo motivo per farsela ridare indietro.

Non era nemmeno un suo fan, di quelli sfegatati duri.

Tom era Tom.

Tom era il suo migliore amico da quando aveva dodici anni.

Tom era l’unica persona con cui riusciva a trattare (oltre a Stephanie, ma questo lei non doveva saperlo) quando era triste.

Tom era quello che gli diceva che fumare faceva male, e gli toglieva la sigaretta di bocca, spegnendola da qualche parte, spesso sul suo letto, giusto per renderlo un po’ più caotico.

Tom era quello tutto ‘calma ragazzi. Ragioniamo’.

Tom non era nient’altro che Tom e Tom non si meritava il sudiciume che il moretto tendeva a produrre in quantità industriale.

Quello stesso sudiciume che era diventato.

Tom meritava qualcosa di perfetto.

Una vita perfetta. Una felicità perfetta.

E se in quella vita perfetta (per far sì che quella vita fosse perfetta) lui aveva la parte del migliore amico, del ragazzo con la sindrome di Peter Pan, allora sì, era disposto ad accettarlo.

Appoggiò una mano allo specchio, una volta appurato di essere solo, chinò la testa e chiuse gli occhi, come in procinto di piangere.

Ma senza farlo.

Sentendo semplicemente un gran dolore al petto, un dolore forte, lancinante, che sapeva, c’entrava col cuore. Ma non il cuore come organo. Il cuore in senso figurato.

Il suo cuore come sentimento.

Sbuffò, rialzando la testa e sistemandosi i polsini e stringendosi appena la cravatta.

Migliaia di giornalisti, sapeva, erano lì fuori. Lì, per lui. Non per lui Daniel, ma per lui Tom. E naturalmente per lei Emma.

Dei. Non era pronto a quello. Non era pronto ad affrontare tutto con quel fottuto sorriso da ebete che Stephanie e Bon si erano premurate di stampargli ben in viso, per non fargli fare brutte figure.

Dire che era un coglione sarebbe stato un complimento.

Dire che sembrava un coglione sarebbe stato ancora più elogiativo.

Daniel Radcliffe era un emerito stronzo, e quello che più gli premeva era che nessuno, fino a quel momento, se n’era accorto.

 

*

 

La cerimonia si sarebbe svolta in due parti.

La prima era tenuta da una cantante lirica che avrebbe cantato per loro un pezzo di una qualche opera, il cui solo nome durava più dell’opera stessa (Tom si era dovuto concentrare con tutte le sue forze per riuscire a pronunciare quella parola assurda al telefono all’Agenzia che gliel’aveva procurata).

La cantante, non solo avrebbe cantato, ma avrebbe lanciato un inno a tutti i presenti a comiciare le danze (idea che al sempre solito Tom sembrava alquanto assurda perché di solito le danze si fanno dopo, ma Emma ci teneva tanto, e lo aveva accusato di essere anche troppo all’antica) che sarebbero durate dai venti ai trenta minuti.

Finite le sgambettate in mezzo alla sala si sarebbe dato il via alla vera cerimonia, e solo all’ultima parte anche i Giornalisti sarebbero stati ammessi all’interno della Chiesa.

Ora.

La prima parte per un grande senso della dignità verrà saltata.

Basti sapere che ci furono fulard per terra, seguiti a ruota dalle loro posseditrici, le quali, donne già di una certa età, non aveva un equilibrio troppo stabile.

Nella seconda parte, invece, tutto sembrava essere perfetto.

Il FanClub Ufficiale Inglese di Tom era schierato sulla sinistra, insieme alla famiglia e ai suoi amici che non era impegnati nei Testimoni.

Il FanClub Ufficiale Inglese di Emma era schierato, invece, sulla destra, sventolando cartelloni a destra e a manca. Alcuni positivi, altri decisamente meno.

Daniel non ricordava una cerimonia più noiosa. Il prete sembrava esser stato preso d’assalto da un abbassamento di voce, se no non riusciva a spiegarsi per quale motivo egli parlasse così piano che anche i due sposi dovevano tendere le orecchie per capire.

Più andava avanti più si rendeva conto che il suo battito cardiaco accellerava.

Il suo sguardo era fisso su Tom, e quando le porte della Chiesa furono spalancate per permettere ai giornalisti di entrare si rese conto di quanto il momento fosse vicino.

Gli occhi furono catapultati immediatamente verso Bonnie, la quale, sembrava non essere d’umor migliore al suo.

Si capivano, i due, c’era una certa complicità, nata chissà come, chissà quando.

Deglutì piano.

Ogni cosa sembrava esser rallentata per permettere a lui di accumulare più ansia possibile, nell’arco di pochi secondi.

 

“…sulla destra il giovane Radcliffe, il migliore amico dello sposo, in uno smoking firmato Armani. Davvero eleganti anche i Testimoni. La giovane coppia deve non aver badato a spese. Speriamo per il rampante Daniel che verrà presto anche il suo giorno, magari accanto alla graziosissima Bonnie, la terza sulla sinistra, una splendida damigella, in abito color crema firmato Chanel, che mette in evidenza i suoi occhi azzurri. Come è noto da tutti i giornali Daniel e Bonnie fanno ormai coppia fissa da quasi due mesi, che sia arrivato anche per loro il momento del fatidico sì? Ma vediamo ora una splendida Emma Watson, sempre col suo viso armonioso e un sorriso davvero meraviglioso, accanto all’uomo che presto le sarà marito…”

 

Il viso ovale del giovane moro si spostò automaticamente su Bonnie, incrociandone lo sguardo, ed, entrambi, sotterrarono una risata per le cazzate che quella donna stava sparando a raffica.

 

“E ora mi rivolgo a voi – il prete aveva alzato miracolosamente la voce, alzando anche lo sguardo moro sui presenti e gli invitati. Il momento era giunto – Se uno solo ha un dubbio, un qualsiasi dubbio, o è a conoscenza di un motivo valido per il quale quest’uomo e questa donna non debbano congiungersi nel sacro vincolo del matrimonio parli ora o taccia per sempre”

 

Le parole fatidiche.

La paura degli sposi, il momento in cui tutto è messo in discussione. In cui tutto può crollare.

Eppure Daniel era sicuro che nessuno si sarebbe aspettato quel risultato. Una trentina di mani, tutte alzate per aria, ferme, decise.

Un sottil ghigno, non controllato, si fece lentamente spazio sul suo viso.

Allora non era l’unico a pensare che quei due fossero esattamente la coppia più brutta mai vista sul pianeta.

Eppure, paziente, quel prete diede la parola ad ognuno di loro.

 

“Emma è troppo bella per lui. Lui è solo un’idiota” gridò un ragazzo dalla parte destra (probabilmente il Presidente del FanClub, ragionò Dan).

 

“Tom si merita di meglio!” urlò di rimando una ragazzina occhialuta di non più tredici anni, dalla parte sinistra.

 

“Emma è intelligente. Dovrebbe capirlo che non fa per lei”

 

“Emma è intelligente? Tom non farlo!”

 

“Emma, ti prego. Io ti amo!”

 

“Tom io sono più bella di lei!”

 

“Emma sei la donna della mia vita”

 

“Tom non posso vivere sapendo che la sposi”

 

“Emma ma l’hai visto?”

 

“Tom, andiamo, guardala bene! Ha ancora l’acne dell’adolescenza!”

 

“Emma ragiona, ti prego!”

 

“Tom mi devi venti dollari. Pagare, prego”

 

Dire che tutta la schiera di damigelle e testimoni si stava pisciando addosso dalle risate e i due sposi erano assolutamente allibiti non sarebbe render merito alla scena.

Fu solo quando uno dei giovani in smoking, poco dietro a Tom, ad alzare lentamente una mano che tutti, improvvisamente tacquero.

Daniel si voltò verso Devon. Non sorrideva. Non era uno scherzo. Diceva sul serio.

 

“Tom, Emma – iniziò il giovane attore – Sono cresciuto al vostro fianco e, ammetto, mi sono affezzionato ad ognuno di voi due – parlava piano, come se dovesse giustificare le sue parole con una storia – Siete persone fantastiche, entrambi – il suo sguardo si spostava rapidamente da terra ai due novelli – Ma, ammettiamolo, non lo siete insieme – un coro di ‘oooh’ si levò rapido dalla sala. I parenti iniziavano ad innervosirsi – Semplicemente non credo che siate fatti l’uno per l’altra” concluse il moretto, tornando al suo posto, indietreggiando di qualche passo.

 

“Adesso basta” sbottò isterica la ragazzina.

 

Ma un’altra mano si era levata.

Non era quella di Devon.

Era quella di Daniel.

 

“Io non so perché queste due persone, questi due miei amici, non si debbano sposare – parole che uscivano come un fiume in piena – ma so perché ho alzato la mano – gli occhi azzurri cercarono i gemelli, poco lontani da loro, già incastonati sul suo viso – Ti chiedo, quindi, Tom, di ripormi la tua domanda, la stessa che mi hai posto qualche minuto fa, prima di venire qui”

 

Inspirò profondamente.

Il biondo sembrava stregato. Non riusciva seriamente a crederci.

 

“Qui?” domandò incredulo.

Il moro fece cenno di sì con la testa.

 

“Davanti a tutti?”

 

Nuovamente sì.

 

Tom prese aria, fiato e coraggio.

Ci pensò su qualche minuto, prima di riuscire ad alzare la testa, guardarlo, e pronunciare quelle tre parole.

 

“Tu mi ami?” chiese.

 

Un altro coro ‘oooh’ si levò dalla parentela, sempre più preoccupata per le sorti di quell’unione.

 

“Io non so se ti amo, Tom – la voce tremava, ma le unghie piantate nel palmo gli davano la forza di continuare – Ma so che posso imparare ad amarti. Se tu me ne darai l’occasione”

 

Il ragazzo rimase zitto.

 

“Guardami Tom. Mi sono appena sputtanato la reputazione davanti a migliaia di giornalisti, ti sto dicendo che non voglio fare a meno di te. Dì qualcosa”  sibilò, decisamente nervoso.

Forse si sarebbe aspettato qualcosa di terribilmente romantico.

Forse si sarebbe aspettato che Tom andasse da lui, lo abbracciasse e gli dicesse che era tutto a posto. Forse.

Ma non lo fece.

Tutto quelle che fece fu socchiudere le labbra. Guardare il suo (ex) migliore amico con cattiveria e ghignare:

 

“Troppo tardi Potter”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

No, non è finita.

Ma come ho detto all’inizio ero stanco di leggere le solite cose sdolcinate, no?

Ci è arrivato Daniel, ora, lentamente, forse, ci arriverà anche Tom.

Per ora è felicemente (?) sposato.

Ringrazio con un sorriso Kelly, che ancora una volta mi ha sorpreso, e sollevato (e le dico che presto le farò una piccola sorpresa) e tutti coloro che mi hanno commentato il capitolo precendete.

Informo che il fatto che Tom si sia sposato non vuol dire che non possa tornare indietro. Giusto?

Bisogna avere speranza. Sempre. Perché, a volte, è tutto ciò che ti rimane.

 

+Jehan+

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Capitolo 8
*** My Sweet Prince ***


NOTE:
Il titolo del capitolo non c'entra o forse c'entra del tutto.
E' un muto ringraziamento alla canzone 'My Sweet Prince' dei Placebo, che non ho fatto altro che ascoltare, a ripetizione, e senza la quale non sarei riuscito a scrivere nemmeno una riga di questo capitolo.
Sarò sincero. Non ho idea di cosa dica. Bhè.. lo posso immaginare. Ma non credo abbia molto senso con quello che è scritto qui.
Quindi, mettiamola così, per tutti coloro che la conoscono immaginino di sentire quella canzone come sottofondo.
Esprime abbastanza bene gli stati d'animo che ho riscontrato nella storia.
Detto questo... Buona Lettura.

Jehan


Fu la morte improvvisa e inaspettata di un amico come Devon, due mesi e dicassette giorni dopo il lieto evento che era stato il matrimonio, a svegliarli improvvisamente, a farli cadere con violenza dal letto e ad aprire gli occhi su quello che nell'ultimo periodo era accaduto al ragazzo, facendo sentire ognuno di loro, in ugual modo, in colpa per non aver capito.
Per aver sorvolato, in qualche modo, per aver lasciato correre, senza dare troppo peso.
Eppure, quella morte così di punto in bianco, ebbe un effetto straordinario su quel gruppetto di ragazzi, che, sembravano, non aver più nulla da condividere se non qualche inutile storia alla luce di una stanza ancor non visitata, forse nemmeno costruita.
Daniel si chiese diverse volte se non era stato fatto apposta. Se quella vecchia volpe di Devon non avesse progettato la sua morte nei minimi dettagli, quel giorno, per farli ritrovare in una stanza, invece, molto familiare e allo stesso tempo assolutamente estranea ad ognuno di loro.
Rettangolare, emanava una sensazione di calore. Le pareti colorate di un morbido rosso carminio, corredato di luci soffuse.
Alle pareti qualche quadro. Un tavolo color ebano era stato avvicinato al muro parrallelo alle finestre da cui si vedeva il giardino, dove si era tenuta la cerimonia.
Non volava una mosca. Bonnie piangeva ancora e Emma la guardava.
Daniel non riusciva a capire se con compatimento o disgusto per l'emotività dell'amica.
Se ne stava ferma, la piccola rossa, come una statua di cera, seduta su una poltrona dello stesso colore del suo abito, china in avanti, con le gambe accavallate e una bottiglia di champagne ancora fra le dita.
Non ne aveva bevuto nemmeno un sorso, ne era certo.
Alzò lo sguardo verso il resto della compagnia. Un lieve borbottio sembrava essersi impossessato del sottofondo, coprendo quel silenzio riposante che era solito ad aleggiare.
Quante cose erano cambiate. Rupert parlava con i gemelli, James & Oliver, vicino ad una delle finestre.
Forse si stavano raccontando qualche storia su Devon. Infondo è usanza che ci si scambi ricordi del defunto ai funerali, no?
Tom abbracciava Emma, in piedi, a pochi metri da loro.
Dietro il divano bianco le sussurrava dolci parole, tenendola stretta, forse per rassicurarla.
E Bonnie era sola.
Sola. Quella parola rimbalzò nella sua testa a lungo, mentre gli occhi scivolavano su ogni particolare di quella stanza.
Un soggiorno come tanti. Era stato in quella casa un milione di volte. L'aveva attraversata per lo più, giungendo alla cucina, dall'altra parte, per prendere qualche birra da portare al piano di sopra. Quando erano nel pieno delle riprese lo facevano spesso. Li divertiva. Tutti.
Con malinconia si ritrovò a fissare una foto che prima non aveva notato.
Incorniciata con estrema cura. Doveva essere stata scattata anni prima, e lui nemmeno ricordava quel momento.
Fu come se una pietra gli cadesse con pesantezza sullo stomaco.
Fu come sprofondare, consapevole di aver rimosso.
Mosse qualche passo, con lentezza, avvicinandosi a quella foto.
Era incredibilmente bella. Li ritraeva belli come non erano mai stati.
Lui e Tom, naturalmente abbracciati. Emma sorrideva, di cortesia, come si sorride ai fotografi, con quelle labbra arricciate in una smorfia biricchina che tutti si ostinavano a trovare adorabile.
Bonnie era appesa al collo di James e Oliver e sembrava un quadro di vita ordinaria.
Chissà chi aveva scattato la foto.

"Un vecchino del parco" sussurò al suo fianco qualcuno, che, non si era nemmeno reso conto, fosse arrivato.
Voltò lentamente il viso.
Tom.
La cosa parve non sorprenderlo per nulla.
Parve.
Si era dimenticato con quanta facilità il biondo indovinasse cosa gli passava esattamente per la testa.
Una facilità quasi inquietante, a pensarci bene.
Si limitò ad annuire, lentamente. I ricordi sembravano prendere forma lentamente.
I contorni di quel pomeriggio a delinearsi con precisione quasi magica.
Poso le labbra sul suo bicchiere di cristallo ben lavorato, bevendo un sorso del liquido alcolico.
Si costrinse a non guardare l'(ex) amico, fissandolo nel riflesso del vetro che proteggeva quel ricordo, e forse, fissando anche quel sorriso ben dipinto sul suo viso, anni e anni prima.

"Bel discorso da Linda" continuò con voce piatta. Di cortesia.
Una cosa che feriva Daniel più dell'indifferenza stessa.
Si riferiva a qualche settimana dopo il suo matrimonio. Stephanie aveva fatto di tutto perchè potesse riscattarsi e c'era riuscita, e anche con una certa maestria.
Non vi era niente di meglio del 'Linda Talk Show' del Venerdì sera.
Un programma tenuto da un'arpia, a detta di Steph, ma era l'unica cosa che gli avrebbe dato la possibilità di spiegare.
Aveva accampato in aria la storia di un gioco.
Uno scherzo, una sfida. Tom lo aveva sfidato a dire quelle parole davanti a tutti.
Penitenza: un segreto.
Era stata la scusa migliore che Bonnie e Stephanie erano riuscite a trovare quindi non si era lamentato.
Tom non aveva avuto la stronzaggine da andare a dire in giro che era una balla e la cosa si era chiusa lì.

"Grazie"
Rispose tagliente.
Continuava a non guardarlo.
A non riuscire a guardarlo.

"Stai lavorando a qualcosa?" domandò ancora, portando il bicchiere alle labbra.
Non si guardavano. Grazie al Cielo.

"Come mai tutto questo interessamento?"
Gli occhi azzurri del giovane Potter scattarono verso quelli altrettanto chiari di un ex Malfoy.
Lo stavano fissando con qualcosa di strano dentro che non riconobbe.
I suoi, di Daniel, mostravano la confusione.
Un silenzio durato mesi e mesi trasformato in domande di cortesia dopo un'amicizia di dieci anni.
Quelli di Tom erano curiosi. Voleva sapere davvero della sua vita.
Conoscerlo, capirlo. Di nuovo, e parve spaventare l'ex Potter.

Scrollò le spalle, tornando a guardare il quadro.

"Non posso più fare domande?" innocenza dal tono di voce.

"No. Non tu"
Continuava a guardarlo con insolenza, rabbia quasi.

"Daniel.. senti.. lo so che l'ultima volta non è andata proprio come..." abbassò lo sguardo, voltandosi quasi totalmente verso di lui, ma continuando a tenerlo fisso nel vuoto, poco sotto il mento dell'altro, mentre un'espressione scandalizzata prendeva il posto della sorpresa sul viso di Radcliffe.

"Come? Come doveva andare Tom? COME?" controllato.
Non alzò la voce. Non di molto, per lo meno.

"Io... non... non lo so. Non così, comunque"

Rise. Una risata sporca tagliò l'aria attirando l'attenzione di tutti.
Emma si era spostata velocemente verso Bonnie, e le aveva cinto le spalle con un braccio, parlottando fitto di qualcosa che ora si era interrotto, portando l'attenzione sui due amici, suscitando la sorpresa generale.
Una volta sarebbe stato diverso.
La sorpresa sarebbe stata nel non vederli insieme a confabulare.

"Bonnie... - non la stava chiamando. Stava iniziando un discorso.
Posò il bicchiere sul piccolo mobiletto che gli stava davanti, prima di ruotare e muovere un passo verso la rossa ragazzina.
Avanzò ancora, ignorando le persone che gli stavano intorno.
Sembravano sparite, in qualche modo.
Lei alzò lo sguardo verso il viso regolare del moretto che le veniva incontro.
Abbassò gli occhi, lui, giocherellando con un braccialetto che teneva al polso destro. - Sei una ragazza meravigliosa -
la sala stava trattenendo il fiato - e credo di essermi reso conto troppo tardi di quello che realmente provo per te - aveva capito. Aveva capito dove voleva andare a parare e sapeva anche il perchè. Lo avrebbe mandato al diavolo, ne era certo. Non era stupida. Sapeva le cagate che stava sparando. Le conosceva a memoria. Eppure non oppose resistenza. Si limitò a sorridere con falso compiacimento - perdona il mio ritardo, ti prego - la voce non tremava, fissava con impudenza la ragazzina, tenendo, allo stesso tempo, sotto controllo tutti coloro che lo circondavano. - Io ti amo Bonnie Wright - sussurrò forse più piano del resto, mentre cadeva in ginocchio, prendendo la mano libera della fanciulla, che si stava lentamente raddrizzando, senza nascondere quel sorriso così radioso da illuminare la sala. Forse per qualcuno, ma non per Daniel - E ti sto chiedendo di sposarmi"

"NO"

Tom aveva il bicchiere a mezz'aria e li fissava con occhi ricolmi di rabbia, sotto la perplessità di tutti, il compiacimento di Daniel, e la confusione di Emma.

"Vo...voglio dire.. Daniel ma.. ti sembra il caso? E' appena morto un nostro caro amico! Non potevi aspettare domani?"

Inarcò un sopraciglio perplesso.
"No" rispose in tutta calma, riponendo la sua attenzione su Bonnie, nuovamente.

"Dici sul serio Radcliffe?" mormorò con la voce tradita dall'emozione.

"Dico sul serio"

"Non è un tuo stupido scherzo?"

"Non lo è" scosse piano la testa.

"Allora... mi vedo costretta ad accettare, Radcliffe"

Un sorriso si delineò sul viso del giovane ex Grifondoro, mentre l'aiutava a scrollarsi Emma di dosso, ad alzarsi e abbracciarla con dolcezza, posando le labbra sulle sue con la dolcezza con cui un fratello bacia la sorella.

"Non credevo saresti arrivato a tanto, Potter - sussurrò la rossa nell'abbraccio. - Sei folle"

"Nemmeno io lo credevo possibile - mormorò in risposta - Ma tu sei più folle di me"

Le sorrise, allungando una mano e dandole un lieve buffetto sulla guancia.

"Per amore..."

Ma non udì quelle ultime parole che la giovane fanciulla pronunciò, un po' a se stessa, un po' a lui, che ancora le teneva la mano, stringendola nella sua.
Le parole furono poi spazzate via dal brindisi di Oliver (o era James?).

"Agli sposi e a Devon. Che per una volta nella sua vita - ci fu una pausa - Ha fatto qualcosa di buono"

Sfilarono prima gli amici, come Rupert , i due gemelli ed Emma (per quanto dubbiosa) che andarono a congratularsi di persona, Stephanie (che non appena saputa la notizia si precipitò nella stanza dov'erano per constatare coi suoi occhi la grandissima cazzata che il suo cliente si era premurato di fare, precisando che non avrebbe spillato un soldo per quella ignobile farsa, che se l'avesse saputo un qualsiasi prete non solo li avrebbe chiusi fuori da qualsiasi chiesa con un cartellino come quello per i cani, ma che si sarebbe anche premurato di chiamare all'inferno e prenotare due stanze - ben separate viste le attitudini di ognuno dei due, accertatasi di questo fece ad ognuno dei due le più sincere congratulazioni. Sì. Sincere.) e tutto il resto della troupe che assicurò la sua presenza al lieto evento.

Ma quando fecero per uscire, con Bonni e Daniel per ultimi, la mano di Tom si posò sulla spalla di Daniel, tirandolo indietro e costringendo la fidanzanta ad avanzare da sola, almeno per un po'.

Lo precedette, attraversando la stanza in due ampie falcate, chiudendo la porta, escludendo le persone all'esterno per quella che si prospettava una lunga chiacchierata, voltandosi poi verso il ragazzo, serio in volto.

"Congratulazioni" proferì piatto.

"Mi hai chiuso dentro una stanza per farmi le congratulazioni? Non potevi fare come tutti gli altri?" il tono ironico era voluto, espressione accigliata e le braccia incrociate al petto.
Che diavolo vuoi Thomas Felton da me?

"Sai che non è per quello" sbottò il biondo verso di lui.

"E per che cos'è allora, Tom?" lo provocò.

"Io ti devo delle scuse, suppongo" mugugnò.

"Supponi?"

"Sì, ok, va bene. Ti devo delle scuse. Scusa Daniel, mi dispiace. Non avrei dovuto.. ma.. capisci.. era... lì.. davanti a tutti.. io..." gesticolò con le mani senza mai guardarlo. Era a disagio.

"E se ti avessi detto di sì dentro il mio camerino cos'avresti fatto Tom? Cosa? Avresti mollato Emma di punto in bianco, così e saresti venuto via con me? Io non credo. Certo, forse l'umiliazione sarebbe stata minore, ma sono sicuro che i giornalisti fossero l'ultimo dei tuoi pensieri in quel momento. Non hai mai avuto intenzione di mandare tutto a puttane. Non l'avresti fatto. Troppo in gioco. Volevi solo avere la conferma dei tuoi sospetti. Il tuo ego è stato soddisfatto, mi pare. Che altro vuoi da me, ora?" aveva perso il controllo. Urlava. Era furioso, ma l'immobilità all'esterno gli suggerì che la stanza era stata insonorizzata come tutta la casa.

"No"

"No, cosa, Tom?" stringeva i pugni convulsamente. Sentiva il dolore accrescere e ringraziò mentalmente il cielo di essersi tagliato le unghie qualche giorno prima.

"No. Non avrei lasciato Emma, probabilmente. Non lì -

"Ecco" sbottò amareggiato.

- Ma, fammi finire cazzo, non è stato per orgoglio" sputò tutto d'un fiato.

"E allora per cosa?" sbuffò.

"Perchè... - era difficile. Dannatamente difficile. - Perchè.. avevo bisogno di sapere cosa provavi per me prima che fosse troppo tardi. Per me. Per te. Per... per... per noi."

"Bhè lo è - incrociò le braccia - E' troppo tardi ora"

Annuì debolmente, consapevole di una verità non sua. Una verità che si era lasciato scivolare via dalle mani con troppa facilità.

"La porta è aperta" mormorò, ma Daniel non si mosse.

"Sposerò Bonnie"

Annuì di nuovo.

"Andremo a vivere dove lei ha sempre sognato"

Annuì di nuovo.

"Lontano da voi"

Non annuì. Si limitò a tenere il capo abbassato.

"Avremo dei bambini"

Rimase immobile.

"E, ti assicuro Thomas Felton, che non avrai più alcuna notizia mia o sua se non dai giornali"

Sibilò tagliente.

"E fammi un ultimo favore"

Alzò gli occhi speranzoso.

"Non venire. Non disturbarti. Nessun addio smielato. Vattene e basta - lo guardò con un odio che non credeva possibile provare - dalla mia vita. Intendo"

Ebbe un sussultò. Sembrava sull'orlo di una crisi.

Gli dissero poi che non distrusse ogni cosa solo perchè la casa era di Devon.
Sarebbe finita lì.

"Non sbattere la porta mentre esci"

Sputò per l'ultima volta.
Lo aveva ucciso.
Era consapevole di averlo fatto.
E, forse per la prima volta, si sentiva incredibilmente in simbiosi con Harry Potter dopo che aveva lasciato Ginny Weasley, consapevole di averle, in qualche modo, salvato la vita.








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Capitolo 9
*** La Guerra E' Finita ***


Piccolissima dedica:
A Kelly Kee, naturalmente.
E, sopratutto, al vero Jehan,
che continua ad aiutarmi.
(e che non può credere
che questo accaunt

sia ancora in piedi).

Con una bic profumata da attrice bruciata
La Guerra E’ Finita”
Scrisse Così.

{.La Guerra E’ Finita – Baustelle.}

Si mosse velocemente, da una parte all’altra, rigido come fosse stato di ghiaccio, saettando lo sguardo da un capo all’altro della sala, così maestosamente imbandita da sembrar quasi uno spettacolo di balletto.

Se ne stava fermo, immobile, di fianco a quella grande pianta verdacea (rigorosamente vera) con la mancina abbandonata nella tasca dei pantaloni dello smoking e la destra a reggere un bicchiere colmo a metà di champagne.

I capelli neri erano stati sistemati con cura, estrema cura, si potrebbe osar dire, ma forse sarebbe troppo azzardato.

Gli occhi , di un delizioso ceruleo, erano stati ricoperti da uno strato di passiva noia che non sembrava volersene andare a nessuno inutile tentativo della incantevole Baronessa, che, con le sue due damigelle, non faceva altro che trovare scuse per stargli intorno, sotto il sorriso divertito di un’incantevole Bonnie, all’altro capo della sala, piacevolmente intrattenuta da una conversazione sul Disboscamento Globale e del Mercato Cinese in continuo avanzamento.

Ogni tanto gli lanciava uno sguardo, giusto per assicurarsi che si stesse annoiando abbastanza per i suoi gusti.

Bhè, ci stava riuscendo. Alla perfezione.

Un’altra stupida serata di beneficenza. Daniel odiava profondamente le serate di beneficenza.

Così pompose, piene di gente ricca a cui non importava assolutamente niente della causa, ma semplicemente di farsi fotografare in quella situazione dai giornalisti giusti.

Spesso si chiedeva se, in realtà, i soldi che gli toccava di sborsare ogni volta per un bambino sfruttato diverso (“Ma sono sempre i bambini sfruttati?” “Daniel!” “Ho capito, ma cambiassero una volta ogni tanto! A momenti prendono più loro di me” “Insensibile”), non fossero ben impiegati nell’organizzazione di quelle cerimonie al limite della sopportazione.


“Oh Daniel” la voce cristallina di una ragazza alta poco più di lui lo raggiunse alle spalle, facendolo voltare quasi sopreso che qualcuno potesse ancora scambiarlo per un’essere umano, invece che come parte del mobilio.

“Clèmence” si ritrovò a rispondere quasi d’istinto verso la biondina, ben avvolta in un abito color avorio, con due sottili spalline e un’ampia scollatura sulla schiena. Gli anni non l’avevano cambiata di una virgola, sempre meravigliosamente bellissima.

“Che piascere riverdorti” l’uomo era perfettamente cosciente che quell’accento fosse, in realtà, uno stupido modo di sembrare più adorabile di quanto già non fosse, ma la cosa le risultava talmente bene che nessuno si sarebbe mai sognato di chiederle di smetterla.

“Immenso piacere, sì – sforzò un goffo sorriso – Quanti anni sono passati dall’ultima volta…?” non aveva tenuto il conto.

“Diesci, quasi undisci” giocherellò con il bordo del bicchiere di cristallo che teneva in mano, portandolo, poi alle labbra rosee.

“Una vita – riflettè, abbassando gli occhi sulle scarpe – E come stai?”

“Oh benissimo. Mi sono sposata” accennò un timido sorriso e un cenno del capo in direzione di un affascinante uomo sulla quaratina che contemplava con aria assorta il tavolo del buffet.

Già. Proprio il genere di uomo che Clemence avrebbe potuto prediligere. Bello e stupido.

“Quando? – domandò senza intenzione – Oh, le mie congratulazioni” si affrettò ad aggiungere poi.

“Grasie – sembrava quasi in imbarazzo da quella conversazione così lontana dai tempi in cui pranzavano allo stesso tavolo, o da quando tutto sembrava più facile. Probabilmente c’era anche lei al matrimonio di Emma “E tu? Cosa mi dsci?”

“Mi sono sposato anch’io – ignorò l’espressione sorpresa sul suo viso ben delineato – Con Bonnie” accennò alla donna, al di là della sala.

Sgranò nuovamente i grandi occhi azzurri, posandoli prima su di lei, poi su Daniel.

“Oh – pareva confusa, balbettò qualcosa di incomprensibile, cambiando poi, bruscamente discorso – Hai saputo di Tom ed Emma?”

Tasto dolente.

“No – smorfia – Che hanno fatto?” il tono gelido e improvvisamente tagliente.

“Un’incidente”

Il rumore sottile e delicato di un bicchiere che cade, infrangendosi sul pavimento, la mano ancora ferma a mezzaria, gli occhi appena sgranati, la bocca dischiusa, le gote pallide e lo champagne, inbeveuto, che, lentamente, prende possesso del pavimento che gli sta intorno, muovendosi, allargandosi, ignorato da colui che lo teneva stretto.

Una ragazza dai capelli rossi e l’abito azzurro che si avvicina, parla, sembra preoccupata, si rivolge alla bionda, ma lui non sente.

Il tempo si è fermato a quella parola.

Quattro sillabe. Possono uccidere quattro sillabe? Quattro singole sillabe, leggere, come il vento.

Una parola come un’altra, che fino al giorno prima avresti usato in mille altri contesti.

“E… - la gola riarsa - …come stanno?”

Silenzio intorno a lui.
Bonnie si volta lentamente, perplessa. Clemence non crede alle sue orecchie.
Com’è possibile che non abbia saputo?

“Sono in coma, Daniel… ma davvero non lo sapevi?”

+

“Daniel, ti prego rallenta” voce ferma quella della donna al suo fianco, in quella stretta automobile.

I vestiti stropicciati, i figli in casa, e una notte troppo lunga.

“Daniel…” sembrava spazientita, eppure troppo debole per potersi permettere una litigata.

“DANIEL”

Sfrecciava e basta, nella campagna, attraverso le vie strette che conducevano a quasi duecento chilometri da lì.

Nel più perfetto nulla.

Nell’assoluto nulla.

Saint Patrick’s Hospital.

Sembra quasi una presa per il culo.

E come li curano lì i malati, eh? Coi folletti?

Eppure lei taceva. Se ne stava al suo fianco e lo osservava. Lo osservava urlare, forse anche piangere.

Lo guardava prendersela con quel povero camionista, che sicuramente, avrebbe dato qualsiasi cosa per non essere lì, a quell’ora del mattino, ma c’era, ed era una colpa sufficiente per essere preso a clacson e male parole.

Il tempo sembrava interminabile.

Scorreva lento, mentre la domanda lo assillava senza sosta.

Perché? Perché non gliel’hanno detto? Come ha fatto a non saperlo?

“Sono in coma da quasi una settimana. Incidente in autostrada. Stavano tornando da un viaggio. Sai, Emma ha scoperto di non poter avere figli e Tom voleva consolarla. Ma come potevi non sapere niente? Oh, bhè, comunque, stavano viaggiando a velocità piuttosto ragionevole, entro i limiti comunque. Certo l’orario non era dei migliori. Forse le quattro, intorno a quell’ora lì, comunque. C’era la nebbia ed era domenica, o meglio, lunedì mattina. Dio, sai come sono odiosi gli automobilisti di lunedì mattina? Intrattabili! Mettici poi una coda di quasi otto chilometri, una scorciatoia troppo stretta e un camionista che aveva bevuto troppo in Osteria. Trauma cranico, due costole rotte lei, quattro lui. Una gamba fratturata, e lesioni interne. Qualcosa mi dice che non ti interessa sapere di Emma” la conversazione non era andata avanti.

Si era limitato ad afferrare il polso di Bonnie, prendere chiavi e giacca dal guardaroba.

Aveva chiamato la Baby Sitter chiedendole di rimanere ancora ed era finita lì.

Su quei sedili in pelle rilegata, con la pioggia battente, per vie secondarie.

“Tu lo ami, non è vero?”

La voce atona della donna lo aveva sopreso, forse più del dovuto. Tanto che smise per un secondo di guardare la strada e di inveire, come se la voce gli si fosse improvvisamente affievolita.

“Come?”

“Andiamo Daniel, non prendermi per il culo…” non pareva arabbiata. Aveva quello sguardo da ‘tanto – lo – so – se – dici – una – cazzata’ e non se la sentiva di smetire.

Non rispose. Guardò semplicemente avanti, schiacciando l’accelleratore.

“Cosa pensi di fare arrivato lì?” domandò ancora.

“Non lo so”

“Non ti sentirà”

“Lo so”

“Daniel è in coma”

“Lo so”

“Daniel…”

“LO SO”

“…guida piano” sussurrò solo, lasciando divagare lo sguardo oltre le colline.

+

Il sole sorgeva lentamente, innondando e pitturando qualsiasi cosa incontrasse, tingendola di un morbido chiarore di metà primavera.

Bonnie, al suo fianco, aveva lasciato ricadere la testa di fianco, mollemente, e ora respirava piano, assopita.

Erano passati così tanti anni che il dubbio singolare che Tom fosse cambiato, che non fosse più quel ragazzino biondo dallo sguardo arrogante e presuntuoso lo assalì come una forte paura.

Lo aveva pensato, di tanto in tanto, chiedendosi se, seriamente, le cose sarebbero andate come le aveva preannunciate.

Purtroppo sì.

Thomas e Emma Felton si erano trasferiti con l’inizio di Ottobre, lasciandosi alle spalle la vita che avevano avuto fino a quel momento. Avevano ignorato gli amici che gli chiedevano di restare, e, ricordava con particolare chiarezza le parole di Rupert, nel descrivere la decisione del biondino nel voler partire immediatamente.

Aveva taciuto in quel momento, guardandosi con un certo imbarazzo la punta delle scarpe, come se fossero la cosa più interessante del mondo.

E ora era lì, su una macchina nera, che sfrecciava attraverso una campagna deserta, alle prime luci dell’alba, chiedendosi sinceramente cosa avrebbe fatto una volta arrivato lì.

Cosa avrebbe detto, come avrebbe reagito.

Non lo sapeva. Non se lo sapeva chiedere. Non voleva domandarselo.

Continuò a guardare davanti a sé, cercando di pensare ad altro, sebbene la cosa gli risultasse alquanto difficile.

+

Giunsero al Saint Patrick’s Hospital intorno alle dieci di mattina. Il parcheggio perfetto, i vestiti stroppicciati e le occhiaie ben in evidenza sulla carnagione chiara del uomo. Bonnie, al suo fianco, posava i piedi sull’asfalto, ancora insonnolita, apparentemente confusa sul perché si trovassero lì.

Daniel non si dilungò in alcuna spiegazione, trascinando soltanto la moglie verso l’entrata, tenendola ben stretta, ignorando gli sguardi ammirati dei pazienti, rispondendo con una certà acidità alle richieste di autografo.

Sembrava che esistessero solo loro. O solo lui.


Bonnie era davvero dubbiosa sul fatto che suo marito, in quel momento, potesse anche soltanto prenderla in considerazione, qualsiasi cosa avesse detto.

Qualsiasi.

“Sono incita” non seppe mai perché disse quelle parole.

Seppe solo che Daniel si fermò.

Si fermò in mezzo a quella sala, girandosi verso di lei con la bocca semi dischiusa e gli occhi pieni di qualcosa di molto simile al panico.

Non perché quella che era sua moglie avrebbe, di lì a poco, partorito il terzo figlio, ma perché qualcosa gli diceva che quel figlio non avrebbe avuto né i capelli neri né gli occhi azzurri.

Qualcosa gli diceva che questa volta sarebbe stato diverso.

“Ah”


Disse soltanto, con freddezza distaccata.

“Ah?” ripeté lei, sbattendo un paio di volte le palpebre.

“Cosa dovrei dirti, Bon?” il nervosismo tradiva la voce più del dovuto. Gli occhi erano bassi.

Prima Tom. Poi lei.

Quanto avrebbe retto ancora?

“Potresti chiedermi se è tuo” il gelo era sceso fra loro, e la mano che ancora le teneva sembrava solo una formalità di circostanza.

“So già la risposta” boffonchiò, voltando la testa verso la porta, a pochi metri da loro, dietro alla quale, probabilmente, stava Tom, o comunque lo avvicinava a lui.

“Davvero?” la sorpresa aveva preso il posto nel timbro vocale della ragazza.

Scrollò le spalle.

“Ne parliamo dopo” sbuffò, riprendendo a camminare.

“Dio Daniel non ti sopporto” lasciò la sua mano, restando ferma nel luogo in cui era poco prima.

“Cosa?” si voltò nuovamente, verso di lei questa volta.

“Non te ne frega niente, è questo il punto – esasperata alzò le braccia, per farle ricadere lungo i fianchi, incurante delle persone intorno a loro – C’è sempre lui prima di me. Sempre. E’ sempre stato così e mi chiedo se sarà così per sempre”

Si avvicinò a sua moglie, sibilante.

“Cosa devo dirti Bon? Cosa? Ti prego resta con me ti amo? Sarebbero balle, lo sai perfettamente. Sai perché siamo arrivati a questo punto. Sai che non c’è amore fra di noi. Lo hai sempre saputo e io non ti ho costretta a stare con una persona che non ti ama e che tu non ami. Però l’hai fatto” vicino al suo viso, le parole erano troppo basse per poter essere udite da altri, eppure a lei parvero fin troppo forti.

“Perché io ti amo – urlò con quanto fiato aveva in gola. Fu la sua volta quella di voltarsi verso la parte opposta – Ti aspetto in macchina” aggiunse soltanto, camminando più velocemente che poteva, nascondendo poche lacrime che le fasciavano ora il viso.

Forse avrebbe dovuto rincorrerla.

Forse avrebbe dovuto dirle che anche lui l’amava.

Fatto sta che non lo fece. Si limitò a sospirare, osservare la porta verdacea che si richiudeva e darle le spalle, camminando verso quella che lo avrebbe condotto da Tom.

Si proiettò per un secondo sul set, dieci anni prima.
Si chiese cosa sarebbe successo se Emma non ci fosse stata. Se le cose fossero andate in modo diverso.

Se Tom fosse rimasto fino alla fine quella notte e se, per caso, non avesse rinnegato tutto. Si domandò cosa sarebbe accaduto se durante il matrimonio avesse mandato a puttane tutto, o se durante il funerale avesse riso di lui.

Tutte cose che non erano successe.

Non evitò un sorriso nel pensare a come tutto era nato da una semplice scopata.

Niente di più idiota.

Con rapidi passi si avvicinò alla stanza indicata dal dottore, esitando, poi, a sorpassarne la porta.

Sembrava bloccato da qualcosa di nuovo, da qualcosa di diverso che non riusciva a capire.

Risultava tutto così assurdo in quel momento, in quel contesto. Puzzava e indossava uno smoking stropicciato. Eppure gli sembrava giusto. Non aveva portato nemmeno dei fiori.
Poco male.

Lo vide poco lontano dalla finestra.

Bello come lo ricordava con la carnagione nivea, le gote pallide e i capelli sparsi sul cuscino.

La fronte imperlata di un debole sudore e le braccia ai lati del corpo, in posa innaturale.

Gli occhi celati dalle palpebre richiuse.

Emma non la guardò nemmeno.

Si avvicinò lentamente, rendendosi conto, ad ogni passo, di quanto gli costasse muoversi verso di lui.

Di quanto gli sembrasse paradossale. Lui che l’aveva cacciato. Lui che gli aveva ordinato di andarsene.

Qualche lettino più in là un altro medico lo osservava.

Attese qualche secondo, prima di avvicinarsi a lui, senza guardarlo.

“Il Signor Felton è in bilico” spiegò senza che Daniel avesse domandato nulla.

“Bilico?” ripetè, guardandolo.

“Sta lottando da quando è arrivato. A volte sembra migliori, a volte peggiora di colpo” doveva essersi preso a cuore la questione e sembrava distrutto da quel paziente così complesso.

“Guarirà?” la voce gli morì in gola, mentre, ancora una volta lo guardava.

Che domanda sciocca, eppure, gli sembrava sensata.

“Non possiamo dirlo” scrollò le spalle l’uomo. Pareva provato da molte notti insonni.

Non disse altro. Si appoggiò con entrambe le mani alla sbarra di ferro del lettino, sospingendosi appena in avanti.

“Può lasciarci soli?” chiese gentilmente.

Annuì il dottore, uscendo rapidamente dalla stanza.

Sedette su una sedia lì vicino, stancamente, come se fosse molto più vecchio di quanto in realtà non sembrasse.

“Non sono mai stato bravo coi discorsi – iniziò – Non sono mai stato bravo in niente. Tu eri quello bravo. Quello che tutti amavano perché era sempre buono e giusto. Io ero quello arrogante, ti ricordi? Dicevi che a volte era più adulto il fratello di Rupert, un bambino di nove anni. Ormai avrà l’età che avevamo noi allora – sorrise debolmente, abbassando lo sguardo – Ma parlare, parlare era la mia pecca più grande. Ricordi le rassegne stampa? Sembravo sempre un’idiota. La coppia perfetta, ci definivano. Già. Tu eri l’angelo perfetto. Io piacevo per il mio ‘essere ribelle’… da cosa nessuno l’hai mai capito. E poi è successo. Non è un classico? Due amici che si innamorano? No. Di solito le cose sono diverse, no? C’è un lui e una lei. Io ero troppo idiota per essere l’uomo e troppo stupido per essere la donna – si sistemò un po’ meglio sulla sedia – Che hai fatto? – si ritrovò a domandare – Come è successo? Dov’eravate andati? – sospirò appena – Sei un’idiota – gli occhi bruciavano di lacrime annidate negli angoli, pronte a scaturire – Ho sempre pensato che prima o poi saresti tornato. Che non avresti preso sul serio quello che ti dicevo. Che…” non parlò più.

Rimase solo al suo fianco, prendendogli delicatamente la mano nella sua, accarezzandola appena.

Come poteva rinunciarvi? Come poteva anche solo credere che non lo avrebbe visto più?

+

Mi piacerebbe dire che dopo quel discorso Tom si risvegliò magicamente.

Non successe. Rimase fermo, come poco prima, non si mosse nemmeno di poco.

Tutto, effettivamente, rimase uguale a prima, eccezzion fatta per Bonnie che, stanca di aspettare, mise in moto quella macchina, puntandola chissà dove, lasciando Daniel a piedi, lontano da lei.

Nessun addio straziante. Perché avrebbero dovuto?

Dal canto suo il moro si augurava soltanto che la rossa trovasse la felicità, prima o poi.

Non seppe mai se effettivamente la ragazza la trovò oppure no.

+

L’orologio segnava le otto e un quarto di sera, precise e Daniel era appena tornato dall’Ospedale.

Sedeva su quel letto matrimoniale di quel Motel poco fuori, a cento metri dalla stanza di Tom, vicino alla stazione, con un bagno per piano e la colazione dalle sette alle nove.

Lo odiava abbastanza, effettivamente, ma non ci faceva troppo caso.

La sua vita era stata sconvolta nell’arco di due giorni e nemmeno se n’era accorto.

Pensare aveva pensato anche troppo nel tragitto per arrivare in quel paesino sperduto e ora aspettava, privo di qualsiasi pensiero a cui aggrapparsi se ne stava sdraiato, con le mani dietro la nuca.

Aveva già chiamato il Dottore che aveva in cura Tom dandogli il numero del Motel e quello della stanza per assicurarsi che se ci fossero state novità lo avrebbe saputo immediatamente (“a qualsiasi ora Dottore, non si faccia scrupoli, la prego” “eravate molto amici?” “no, non troppo” “è straordinario il vostro attaccamento” “abbiamo un conto in sospeso, diciamo”).

Chiamò tre volte sua madre e cinque Stephanie, per assicurarsi che il telefono non fosse rotto (“Daniel ha più di trentanni, smettila di giocare con il telefono” aveva detto spazientita la Manager alla quinta volta), ma restava muto quando si trattava di comunicargli la salute di Tom.

Troppo muto per i suoi gusti.

Decise, dopo circa due ore, che torturarsi in quel modo non era sano, e optò per uno dei vecchi rimedi della nonna di quando ancora era sulla cresta dell’onda del successo, imboccando la porta e lasciandosi avvolgere dalla notte, lasciando sul letto il cellulare e qualsiasi cosa avesse potuto rintracciarlo, deciso a non pensare a nulla per un po’, senza continuare a chiedesi per quale assurdo motivo nessuno lo chiamasse.

La notte era come l’aveva immaginata.

Calda e dolce come il succo del miele. Lo aveva accolto nelle sue braccia con tenerezza materna, avvolgendo i suoi pensieri in una specie di cotone, ovattandoli e lasciando vagare la mente nei ricordi di quando era troppo giovane perché il dolore avesse già fatto parte della sua vita.

Si muoveva lentamente, con la testa reclinata in avanti e le mani nelle tasche chiedendosi perché.
Perché fosse successo a lui e quanto era grande la sua idiozia da uno a dieci.

Undici, probabilmente.

Sbuffò, facendo dietro – front e riavviandosi al Motel, sicuro di essere costretto ad una notte senza sogni, e piuttosto agitata.

Rinunciò persino a chiedere a Calvin, il ragazzo nella pseudo – Hall del luogo se qualcuno avesse chiamato.

Fu allora che, Daniel fu certo, un infarto attraversò il suo corpo.

“Oh Signor Radcliffe è tornato finalmente – lo accolse con voce allegra il ragazzo, al quale rispose con un debole cenno del capo – Ha chiamato il Dottor Harrison dal Saint Patrick. Ha detto di richiamarlo con urgenza appena aveva un attimo”

Bloccato.

Se esisteva un Dio di certo ora gli doveva tutto.

Un Dio che, in quel momento, aveva le sembianze goffe di un ragazzotto sui venticinque anni, dietro un bancone, che sorrideva gaiamente, assolutamente inconsapevole di ciò che aveva appena detto.

“Ha lasciato un numero?” balbettò avvicinandosi.

“Certamente – aggiunse in tono vivace, chianandosi a cercarlo – Eccolo!” riemerse dopo pochi secondi, porgendo un foglietto di carta gialla all’attore.

“Gr…grazie” farfugliò, afferrando il telefono a disposizione dei clienti, componendo velocemente i numeri bianchi consumati dal tempo e attendendo una risposta.

“Pronto?”

“Dottor Harrison? Sono Daniel Radcliffe”

“Signor Radcliffe! Aspettavo proprio una sua chiamata”

“Lo so. Mi dica. Novità?”

“Assolutamente sì! Non so cosa lei abbia fatto, Daniel, ma poco dopo che se n’è andato il paziente ha iniziato ad animarsi, i valori sono cambiati rapidamente. Ricorda? Le avevo detto che non era stabile!”

“Sì, ricordo. Ma quindi? Non si è svegliato?”

“Svegliato? Signor Radcliffe abbiamo dovuto legarlo per tenerlo fermo al letto quando gli abbiamo detto che lei è venuto a trovarlo. In vita mia mai ho visto una ripresa del genere! Quando vuole venire noi la aspettiamo”

“Arrivo”

Non fu sicuro che il medico avesse udito le sue parole, troppo deboli per poter esser, effettivamente, sentite.

Attaccò fuoriosamente la cornetta, rivolgendo a Calvin il sorriso più bello che il ragazzotto avesse mai visto.

“Dì a chiunque mi chiami che se ne può andare al diavolo”


E detto questo uscì.

+

“Daniel” la voce spenta del biondo, seduto come poteva su quel letto, mentre tentava di chinarsi in avanti parve, al moro, la cosa più bella che avesse mai udito.

“Tom” boccheggiò avvicinandosi così rapidamente all’amico che parve quasi volare.

“Bene – sorrise il Dottor Harrison – Vi lascio. Credo che il nostro paziente ora sia in ottime mani. Vieni Linda” fece un cenno all’infermiera bionda che gli stava accanto, sbalordita dell’affluenza di star in quella stanza, ma non fiatò, seguendo l’uomo.

Attese che la porta si richiudesse alle loro spalle, prima di muoversi ancora verso di lui.

“Sei venuto” proferì con un bieco sorriso.

Non disse altro.

Le labbra di Daniel andarono a coprire quelle di Tom così velocemente che quasi non si rese conto dei movimenti che il moro compiva nei suoi confronti.
La mano volava leggera alla nuca del ragazzo, l’altra alla vita.

Quanto tempo era passato dall’ultima volta che era successo.
Dall’ultima volta che Daniel aveva baciato Tom.
Forse quell’unica sera, tanto e tanto tempo prima, quando le cose non erano ancora così complesse.

Quando ancora erano dei ragazzini.

Quando Daniel voleva solo una scopata e Tom, infondo al cuore, lo amava.

“Mi ami?” sussurrò il biondo, non appena l’ossigeno fra di loro cominciò a scarseggiare.

Ti amo.

“No” un sottil ghigno si delineò sulle labbra ben dipinte di Daniel.

“No?” pareva perplesso.

“No, Thomas Felton. Non ti amo. Ti amo è per i film. Ti amo è per Emma, per Bonnie. Io non ti amo” aggiunse con quel tono di voce che lo riportava indietro nel tempo.

“Quindi non mi ami?” sorrise divertito.

“Sì. Non ti amo”

“Originale”

Si chinò nuovamente, rapendo un altro bacio a quelle labbra così meravigliosamente rosee.

“E tu?”

“Io cosa?”

“Mi ami?”

Ti amo.

“No”

“E allora come la mettiamo?”

“Ah, non lo so”

“Amici?”

“Che idiozia, Potter. Come possiamo essere amici se non riesci a staccarti dalle mie labbra?”

“Stupido biondino viziato e spocchioso”

“Io non ti amo e non voglio sposarti”

“Neppure io”

“Perfetto”

“Perfetto”

“Ti piace West Road?”

“Sì, certo, perché?”

“Perché stavo pensando che quando Bonnie se ne andrà con i bambini mi avanzerà dello spazio”

“E’ una proposta?”

“E’ una non proposta, biondino egocentrico”

“Ah, è tutto chiaro allora”

ROMEO: Allora non muoverti, intanto che io raccolgo il frutto della mia preghiera. Ecco, le tue labbra hanno purgato le mie del loro peccato. (La bacia)
GIULIETTA: Allora è rimasto sulle mie labbra il peccato che esse hanno tolto alle vostre.
ROMEO: Il peccato dalle mie labbra? O colpa dolcemente rimproverata!
R
endimi dunque il mio peccato.

+

Come mi piacerebbe dire che Emma non si risvegliò mai e rimase per sempre nel mondo dei sogni.
Ma sarebbe una bugia.
Emma si risvegliò una settimana e due giorni dopo, con grande dispiacere di Daniel, il quale si prese una giornalata in testa per la brutta uscita sulle vecchine porta – sfiga e su quanto fossero accoglienti i cimiteri al giorno d’oggi.

Una settimana, due giorni e quattro ore dopo, dopo essersi assicurato che stesse bene e non rischiasse di infarto (“Ma non c’è nemmeno una piccolissima percentuale di infarto?” “Daniel piantala”) Thomas Felton ed Emma Watson firmavano i documenti per il divorzio legale.

+

A Mia Figlia

Sophie,

Luce della mia vita, ti scrivo sul treno che parte per la Germania e ti scrivo della mia felicità.

Da quando tu, la mamma e Joseph siete partiti non so descrivervi quanto la mia vita si sia svuotata, eppure, in qualche modo, tesoro, devi pensare che è giusto così.

Perché lo è.

Io ti amo, bambina mia, come la prima volta che ti ho tenuta in braccio e sai che mai il mio amore potrebbe venire meno, in nessuna occasione, tuttavia, ti chiedo, tesoro mio, di aspettare.

Di pensare a tuo padre come a qualcosa che ti veglia in ogni momento, in ogni istante, da lontano.
Sono certo che tua madre sarà meravigliosa e che ve la caverete benissimo anche senza di me, là, in Inghilterra.

Ormai hai nove anni e inizi a farti grande e a capire.

Papà e mamma sono felici. Non insieme, ma lo sono. Non guardare male l’uomo che ogni giorno la abbraccia, sorridigli, perché, sono certo, non sta aspettando altro.

Vivi, bambina mia. Vivi e ama ogni giorno, come sai fare tu, pensando, ogni tanto, che ti vorrò sempre bene, ovunque io sarò e che, finchè non tornerò, potrai rivolgerti a quell’uomo per qualsasi cosa.

Non soffro, come magari pensi. Sono felice, tesoro, come non lo sono stato mai, o come non lo ero da tanto tempo e, non appena sarai un po’ più grande, avrai la possibilità reale di scegliere.

Per ora, principessina mia, resta vicina alla mamma che ne ha tanto bisogno, come avrò bisogno io dei tuoi abbracci non appena, a Settembre, potremmo vederci di nuovo.

Salutami Joseph e fagli gli auguri. Fra poco è il suo compleanno.
Scegligli un bel regalo anche da parte mia.

Un abbraccio.

Ti voglio bene.

Papà.

+ + +

Troppo amore lo avrebbe ucciso alla fine. Ne era certo.
Ma qualcosa gli diceva che quello era solo l'inizio.

+ + +

Non credevo, sinceramente, che sarei mai arrivato alla fine di questa storia.
Sono cresciuto, cambiato con questa storia che, ormai, è un piccolo pezzetto di me.
Eppure eccola la fine che aspettavo. Che ho scritto una decina di volte e continuavo a chiedermi come avrei potuto mettere il fatto dell'incedene e non renderlo artefatto. Non renderlo finto. Mi sento soddisfatto, sarò sincero. E' una fine che mi piace com'è venuta fuori e quindi, ora, passo ai ringraziamenti. Nessun nome. Chi ha orecchie per intendere...

Grazie a chi legge.
Grazie a chi legge e commenta.
Grazie a chi legge e non commenta.
Grazie a chi legge in anticipo e poi commenta.
Grazie a chi conosce le canzoni citate.
Grazie a chi non conosce le canzoni citate e se le va ad ascoltare.
Grazie a chi non ha mai letto.
Grazie a chi cerca una storia e ne legge un'altra.
Grazie a chi ama lo yaoi.
Grazie a chi odia lo yaoi.
Grazie a chi ha letto solo l'introduzione di questa storia.
Grazie a chi ha aspettato questa storia.
Grazie a chi legge e ride.
Grazie a chi legge e piange.
Grazie a chi, semplicemente, si emoziona.
Grazie a chi, in qualche modo, mi sostiene.
Grazie a Daniel, Tom, Emma e Bonnie (sopratutto a Devon), senza i quali, questa storia non sarebbe stata possibile.

Ma sopratutto, Grazie a Mio Padre, che quando ho iniziato il primo capito c'era, e ora che ho finito l'ultimo non c'è più.
Grazie mille, papà.

Grazie a tutti.
.Jehan.


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