Always is not forever

di allison742
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Without you ***
Capitolo 2: *** Again ***
Capitolo 3: *** Look at me ***



Capitolo 1
*** Without you ***




Without you

 
Otto anni.
Erano passati otto anni dall’ultima volta che aveva visto il suo volto, dall’ultima volta che aveva accarezzato la sua pelle profumata. Dall’ultima volta che aveva chiesto ad una donna di sposarlo.
Ormai l’aveva superata, o almeno così cercava di convincersi.
Ogni tanto sentiva il suo nome pronunciato alla TV, seguito da elogi per essere una delle migliori agenti dell’FBI.
Dopo i primi mesi aveva cercato di scacciare il costante pensiero di lei da sola, a DC, ma, soprattutto, senza di lui.
Pian piano con gli anni era maturato, e riusciva a controllare il dolore.
Mai una chiamata, un messaggio, una mail. Niente. Non si erano più sentiti dal quel pomeriggio al parco.
La vita… pensò, uscendo dal bar.
Prese il telefono dalla tasca e guardò le notizie del giorno. Niente di nuovo o interessante.
Mise le mani in tasca, affondando il volto nel giubbino, cercando invano di proteggersi dall’aria gelida e tagliente di New York.
Un brivido gli percorse la schiena, mentre la vista divenne annebbiata da una nuvoletta di vapore provocata dal respiro.
Girò l’angolo per tornare verso casa.
Aveva in programma un pranzo con sua mamma; da quando si era trasferita si vedevano di rado.
La casa sembrava vuota senza le due donne… le tre donne.
Alexis, finita la scuola, cominciò a lavorare in Florida; e Martha era sempre impegnata con la sua scuola di recitazione, che si era guadagnata i primi posti in tutta la città.
Tutto sommato non viveva male… aveva sempre i suoi amici, aveva un locale da gestire, un libro da scrivere… Ma chi voleva prendere in giro? Stava da cani senza di lei.
Le mancava ogni singolo minuto ma, nonostante questo, era arrabbiato.
Sì, arrabbiato perché avrebbero potuto trovare una soluzione. O, quantomeno, poteva mantenere i contatti.
Mentre estraeva le chiavi dalla tasca sentì un tuono.
Accelerò il passo, per arrivare alla porta e aprirla prima che cominciasse a piovere.
- Richard…
Aveva già un piede dentro, quando si sentì chiamare.
I muscoli si bloccarono all’istante; si voltò lentamente, convinto di esserselo immaginato.
Invece no, era vero.
Lei era li davanti, con le mani in tasca e i capelli raccolti.
Non era cambiata per niente, era bella come sempre.
Tutti i ricordi affiorarono.
Otto anni scomparsero all’istante, come se non fossero mai esistiti.
Ebbe l’istinto di correrle incontro, quando il dolore e la rabbia fecero capolino. No, non ci sarebbe ricascato… si era già scottato una volta,  non voleva soffrire di nuovo.
E mentre quei due occhi di ghiaccio lo fissavano imploranti, lui prese la sua decisione.
Poi mormorò il suo nome.
- Kate…
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Again ***




Again
 

- Non capisci mamma, non posso cedere, non adesso che ne sto finalmente uscendo. Vuoi davvero che tutto ricominci da capo?
- Non Richard, certo che no. Sto solo dicendo che potevi almeno parlarle, invece di scappare in quel modo. Non sai neanche cosa voleva.
- Oh sì che lo so! Stava cercando perdono, voleva riprovare, cercare di ricominciare.
- E come lo sai? Non le hai dato modo di fiatare.
- Non c’è stato bisogno, l’ho capito. Dai suoi occhi, dal modo in cui ha pronunciato il mio nome… - disse accasciandosi sul divano.
- Ma almeno prova a sentire le sue giustificazioni. Sono sicura che anche lei ha la sua da dire.
- Basta difenderla mamma! Sono stato da cani per lei, ho buttato via anni della mia vita tentando di dimenticare il dolore, senza risultato. Sono anche arrivato a pensare di odiarla, e lo sai. Per cui no, non ha giustificazioni valide per ciò che ha fatto.
- Se non hai odiato almeno una volta la persona che ami, non è vero amore. – rispose semplicemente, aspettando che assimilasse le parole.
Lui si alzò di scatto, avvicinandosi alla finestra. Se n’era andata.
Respirò a pieni polmoni, cercando di calmarsi, poi si voltò verso Martha:
- Quando capisci che stai bene anche da solo, vuol dire che hai già sofferto troppo.
- Ma tu non stai bene da solo, Richard. Io ti vedo, e anche se scherzo sempre, sono molto preoccupata per te. Non voglio che passi il resto della tua vita a pensare al passato e a logorarti nel dolore. E adesso che ti si ripresenta una nuova opportunità, tu la butti dalla finestra come se niente fosse?
- Non è una nuova opportunità, è un replay. Tutto si ripeterà da capo, e soffrirò il doppio, lo sai perché? Perché oltre al suo abbandono, avrò la consapevolezza di essere stato uno stupido a cascarci una seconda volta.
- E allora dimmi perché non sei uscito con altre donne per otto anni? Perché non hai cercato di rifarti una vita? Lo so io il perché, perché la ami ancora, nonostante tutto. Cerci di reprimere quel sentimento da anni, e oggi lei lo ha fatto riaffiorare a galla cancellando tutte le tue fatiche. Ecco perché sei arrabbiato. Ma non cercare di prendermi in giro. Provi ancora affetto per lei.
- Mi dispiace dirtelo, ma stavolta ti sbagli. – le disse, mentre il suo volto si apriva in un sorriso sarcastico.
Scosse la testa e fece qualche passo, cercando di riordinare quella matassa di pensieri che gli occupava la testa. Le diede le spalle, appoggiandosi al mobile.
Poi sentì la sua voce, più rilassata:
- Ci sono persone che sono legate da un elastico e non lo sanno. Ad un certo punto prendono e partono, ognuna per la sua strada, ognuna per fatti suoi, e l'elastico le lascia fare, le asseconda al punto che di quell'elastico alla fine quasi ci si dimentica. Poi però arriva il momento estremo, quello al limite dello strappo, e l'elastico reagisce: non si spezza, anzi, con un colpo solo, violentissimo, le fa ritrovare di nuovo faccia a faccia.
La sentì alzarsi dalla poltrona e muoversi verso l’uscita.
Indugiò sulla porta.
- Ricordati figliolo che vi siete incontrati nel più importante dei modi: per caso. – detto questo uscì silenziosa, facendo scattare la serratura.
Rick aprì la finestra e fece entrare l’aria gelida, nel tentativo che si portasse dietro anche le fastidiose parole di sua madre.
Non voleva ammetterlo neanche a se stesso, ma doveva fare qualcosa.
Almeno parlarle, senza prendere decisioni importanti.
Ma solo assicurasi sul perché era tornata a cercarlo.
Scosse la testa, sconvolto dal fatto che quella donna riusciva a complicarli la vita anche quando ne era completamente fuori.
O forse non era così?
 




 

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Capitolo 3
*** Look at me ***





Look at me

 
- Sapevo che ti avrei trovata qui. – disse sedendosi accanto a lei sulle panchine.
Davanti a loro si stagliavano le due altalene, come a ricordare le decisioni che avevano sconvolto le loro vite. Quelle altalene su cui entrambi avevano troppa paura di sedersi.
Per questo se ne stavano su quell’asse di ferro gelata, mentre l’aria tagliente non si era ancora calmata.
- Rick…
- Ti prego, lasciami parlare. – la interruppe – poi sarà il tuo turno, ma comincio io. Almeno questo me lo devi. – aggiunge in tono agghiacciante, ma non tanto da farla scappare; anche se dentro di lei sentì un sonoro e familiare crack provenire dal suo cuore.
Annuì, non riuscendo a recuperare il coraggio necessario per parlare.
- Non sono venuto per fare pace con te, vorrei che questo sia chiaro dal principio. Mi ha distrutto dentro Kate, e non ho intenzione di riprovare lo stesso dolore, non adesso che lo sto superando. Però voglio sapere cosa ti ha portato da me, voglio capire questo cambio di idee dopo otto anni. Quindi… ora tocca a te.
Lei annuì, cercando di assimilare quelle maledette parole, che demolirono il suo obiettivo. Ma forse non tutto era perduto.
Mandò al diavolo il discorso che si era preparata e decise di parlare con il cuore; se non avesse funzionato così, allora davvero non ci sarebbe stato più modo di rimediare.
- Fammi contare le tue cicatrici. – disse, senza aggiungere altro.
- Cosa… perché?
- Perché così posso vedere quante volte hai avuto bisogno di me e io non c’ero.
Lui non ebbe niente con cui obbiettare. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quelle parole demolirono gran parte della sua convinzione di non farsi condizionare da lei.
Non lo diede a vedere.
- Kate, non è il caso di…
- Oh si che lo è! Lo so che tu non vuoi perdonarmi, ma io ho bisogno di te nella mia vita.
- Sei sopravvissuta otto anni, puoi continuare per il resto dei tuoi giorni. – rispose freddo, cominciando ad innervosirsi.
Lei incassò il colpo senza emettere neanche un lamento.
- Ho vissuto male otto anni, e non voglio continuare così. Ho fatto un errore, lo so, ma io…
- Hai fatto un errore?! – urlò alzandosi – Oh no, tu hai fatto ben più di un errore! Non puoi entrare nella vita di una persona, farla affezionare a te, e poi mollarla quando ti pare. Non puoi, Kate! NON PUOI! – tuonò, attirando l’attenzione di alcuni passanti.
Lei si alzò a sua volta, con le lacrime agli occhi.
- Non era mia intenzione! Non ti sei mai chiesto perché l’avessi fatto? Perché non ho accettato di sposarti? Eh, te lo sei mai chiesto? Io l’ho fatto per otto anni, otto! E tuttora non riesco a darmi una risposta. Ho bisogno di te, della tua presenza, del tuo aiuto.
- Sì, me lo sono chiesto più volte. Ma posso dirti, per esperienza, che arriverà il giorno in cui smetterai di farti domande, perché non ti interessa più delle risposte.
- Vuoi dire che non ti interessa più niente di me? – chiese con la voce tremante, abbassando drasticamente il tono.
- Non siamo più niente io e te. Perché dovrebbe interessarmi quello che avremmo potuto essere? – anche lui prese a sussurrare.
- Ti prego non dire così…
- Che altro dovrei dire? Eh? Sentiamo. Otto anni Kate, otto anni senza un messaggio, una telefonata, una mail… niente!
- Volevo evitare questa reazione… - mormorò.
- No, tu avevi paura! Perché sapevi di aver preso una scelta con cui avresti faticato a convivere. Posso sapere che ne è stato dell’Always? Per noi aveva un significato, se non sbaglio…
- Sempre non è per sempre. – rispose lei, trovandosi davanti un ghigno sarcastico da parte di Rick.
- Hai ragione Kate, quindi accettalo: la nostra storia è finita.
- Non puoi dirlo definitivamente…
- E’ la verità. Non si va a convivere per salvare una relazione. Non si fanno i figli per salvare i matrimoni. Le storie che muoiono, vanno lasciate morire.
- Sai cosa? – scoppiò Kate, riprendendo ad urlare – Sarebbe tutto più facile se la gente si parlasse. Se mettesse da parte il suo fottuto orgoglio e la piantasse di ingoiare parole. Deve esserci ancora qualcuno in grado di spingerti contro uno schifoso muro e dirtelo: TI AMO! TI ODIO! GUARDAMI!
Lui scattò in avanti e le afferrò i polsi, spingendola verso un tronco di noce.
Le nocche divennero bianche da tanto stringeva le esili braccia di lei.
- Guardami! – urlò – Ti odio! – poi si avvicinò al suo volto.
I suoi occhi rispecchiavano un insieme paradossale di paura, odio e amore.
- Ti amo… - le sussurrò infine a fior di labbra, per poi farle incontrare.
Otto anni che non provava questa sensazione, e fu come riprendere a respirare.
Gli mancavano quelle labbra, gli mancava lei, il suo profumo, la sua presenza.
Improvvisamente fu come se quei maledetti anni sparissero dalle loro vite, come se non si fossero mai separati.
Entrambi si sentivano al posto giusto, dove dovevano essere… dove avrebbero sempre dovuto essere.
Dopo essersi sputati in faccia tutte le loro versioni, le loro verità e le loro spiegazioni, forse avevano trovato una via di accesso per un futuro insieme.
Era presto per dirlo, ma di sicuro una cosa era entrata per sempre nelle loro teste, e nel loro cuore; silenziosamente si era insidiata tra le fessure e le crepe create dalla vita, ed era servita a consolidare le loro sicurezze: avevano avuto bisogno di perdersi di vista per qualche tempo, per capire che si sarebbero mancati per il resto della loro vita.
 
 



 

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