Ogni singolo istante

di yllel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Sono di nuovo qui!
Ecco il seguito di “Insicurezze”: e’ un po’ che ho scritto il primo capitolo e ho tante idee che vagano qua e la, ma ho realizzato che finche’ non avessi cominciato a pubblicare non sarei mai andata avanti. Cosi saro’ in qualche modo costretta a continuare. Diciamo, per esempio, che non ho ancora ben deciso come farlo finire.
E che nessun personaggio mi appartiene.
Buona lettura!
 
OGNI SINGOLO ISTANTE
 
“Su, andiamo Molly… so che lo vuoi anche tu”
La dottoressa Molly Hooper fece un respiro profondo e strinse le labbra, nel vano tentativo di non lasciarsi influenzare dal tocco lieve sulle spalle e dalla voce roca dietro di lei, che le accarezzava la nuca e l’orecchio.
Senti’ un brivido percorrerle la schiena.
Accidenti a lui.
“S-smettila” riusci’ a mormorare, rimproverandosi mentalmente per il tono incerto della sua voce e allontanandosi di qualche passo con un’enorme sforzo di volonta’.
“Ti ho detto di no!”
Sherlock Holmes, unico consulente investigativo al mondo, non si lascio’ scoraggiare dal suo rifiuto e sfodero’ invece un sorriso, dirigendosi di nuovo verso di lei mentre i suoi occhi chiari non la lasciavano un istante.
“Solo per questa volta...” le disse con un un tono ancora piu’ basso e invitante, ammiccando con un’alzata di sopracciglio.
Molly scosse la testa con energia.
“No! Non sarebbe affatto professionale! Potrebbe entrare qualcuno... potrebbero vederci!” dichiaro’, trasalendo leggermente a quel pensiero.
Prima che lui potesse fare un’ulteriore passo nella sua direzione, lei corse a rifugiarsi dietro ad uno dei tavoli del laboratorio.
“Per favore, Sherlock! Smetti di insistere!”
Lungi dall’essere in qualche modo spiazzato da quella dimostrazione di volonta’,  lui con due lunghi passi arrivo’ al tavolo e si appoggio’ con entrambe le mani, sporgendo pericolosamente verso di lei. Il suo sorriso si allargo’.
“Ma io sono sicuro che potrebbe essere un’esperienza molto... interessante” ricomincio’, soffermandosi in modo palese sull’ultima parola “per entrambi. E’ l’ora di pranzo, non verra’ nessuno. E saro’ rapido, promesso”
I suoi occhi avevano continuato a fissarla con intensita’: Molly si morse il labbro e lo sguardo le corse inconsapevolmente all’entrata dell’obitorio, rivelando tutta la sua incertezza.
Sherlock capi’ di averla in pugno.
Oh... erano davvero poche le cose che lei riusciva a rifiutargli.
(soprattutto quando lui si premuniva di farle le sue richieste in un certo modo)
Poi pero’ lei sembro’ fare un ultimo e disperato tentativo di volonta’ e chiuse gli occhi con un altro profondo sospiro, seguito da un breve cenno di risoluzione con la testa.
Sherlock Holmes capi’ in quel modo di aver perso la sua battaglia.
“No! E’ un microscopio nuovo, costa un sacco di soldi e non sono proprio autorizzata a fartelo provare!” sbotto’ infatti lei, cominciando a riordinare gli strumenti sul tavolo per evitare di tornare a guardarlo negli occhi.
Lui abbandono’ lo sguardo intenso e seducente di pochi attimi prima, per assumerne invece uno scontento e lamentoso.
“Ma Moooolly!”
Lei emise un piccolo sospiro di sollievo: era molto piu’ facile avere a che fare con Sherlock in modalita’ capricciosa, piuttosto che manipolatrice (in modo molto sexi, si...
Ma sempre manipolatrice).
“Niente ma! E’ un’apparecchiatura molto sofisticata, un tecnico specializzato verra’ a farci un corso la settimana prossima e fino ad allora non possiamo metterla in funzione!”
Molly sembro’ contenta di aver infine recuperato un po’ di compostezza e autorevolezza: si raddrizzo’ (il tavolo era gia’ in ordine, dopo tutto. Il suo posto di lavoro era sempre impeccabile, Sherlock permettendo) e assunse uno sguardo severo, che tuttavia si addolci’ quasi subito.
Adorabile.
Lei non poteva farci nulla, lui era adorabile anche quando si lamentava.
“Che ne dici invece di un caffe’? Posso staccare per la pausa pranzo e potremmo andare in quel bar all’angolo, starcene un po’ soli” gli sorrise “trovare altri modi per essere contenti”
Parlare.
Stare insieme senza far capire che stiamo insieme, come facciamo sempre... ma almeno saremmo in un contesto normale, fuori dal laboratorio.
Sherlock, pero’, non sembrava affatto felice di essersi vista rifiutata la possibilita’ di provare la nuova attrezzattura arrivata qualche giorno prima.
“Siamo soli anche qui!” replico’ infatti con tono irritato “E non mi serve un caffe’ per essere contento, volevo valutare se il grado di definizione e’ cosi migliorato rispetto al modello precedente! Un tecnico! Io lo saprei usare molto meglio di tutti gli idioti che lavorano qui dentro... e senza bisogno di un corso specifico!”
Molly strinse di nuovo le labbra, incapace di decidere se essere piu’ delusa dal suo velato insulto (lei era, dopotutto, uno degli idioti che lavoravano li dentro) o dal disinteresse che Sherlock aveva mostrato all’idea di passare del tempo in modo diverso con lei: questa opportunita’ avrebbe dovuto farlo contento, non il caffe’.
Si sforzo’ di ignorare la stretta al cuore che tale pensiero le provoco’.
Andava bene anche cosi. Avevano solo diverse priorita’, tutto qui.
Questo non escludeva che lei non potesse provare a togliersi qualche soddisfazione.
“Sai che ti dico?” comincio’ quindi con un tono di voce fin troppo dolce “forse dopo tutto te lo faro’ provare”
A quelle parole, il sorriso di Sherlock ritorno’ velocemente sul suo viso, misto a un’espressione di trionfo e di soddisfazione.
Evidentemente doveva ricredersi. Probabilmente non c’era nulla, proprio nulla che lei potesse rifiutargli.
“E magari, nel frattempo, io saliro’ alla caffetteria, dove trovero’ quel simpatico pediatra che si e’ appena trasferito qui da Liverpool e che ha gia’ tentato tre volte di chiedermi di uscire con lui”
A quelle parole, il sorriso di Sherlock svani’ per essere rimpiazzato da un’espressione perplessa e guardinga.
Noto’ che gli occhi di Molly invece adesso riflettevano una forte, forte irritazione.
“E magari questa volta gli diro’ di si!”
La mascella di Sherlock si serro’ istantaneamente a quell’esclamazione.
Molly incrocio’ le braccia al petto e rimase in attesa.
Lui fece una smorfia.
“Questo sarebbe altamente inopportuno e inappropriato, non credi?” commento’ secco, improvvisamente senza piu’ alcun interesse per il nuovo microscopio.
Per tutta risposta, lei continuo’ a squadrarlo senza dire una parola, ma non riusci’ a mantenere per molto il suo cipiglio arrabbiato.
Scuotendo la testa fece il giro intorno al tavolo e gli torno’ accanto, guardo’ velocemente verso l’entrata per assicurarsi che fossero soli e gli poso’ un lieve bacio sulla guancia.
Lui la scruto’ per un attimo, poi fece un’altra smorfia.
“La tua minaccia di intraprendere una relazione assolutamente illecita con quel pediatra era infondata, vero? Ho in qualche modo urtato la tua sensibilita’ e tu volevi provocarmi” realizzo’ infine, anche se il suo sguardo perplesso rilevava il fatto che stesse ancora cercando di elaborare dove avesse sbagliato.
Molly aspetto’ per qualche secondo che lui aggiungesse altro, ma evidentemente ora era di nuovo irritato per non aver potuto utilizzare il nuovo microscopio. O forse non voleva curarsi di capire il suo errore.
“Sherlock...” mormoro’ infine lei con un sospiro, dandosi per vinta “dove e’ John? Forse potreste valutare se ci sono dei casi di cui ti puoi occupare”
L’espressione di fastidio che gli si disegno’ in volto le fece capire di aver toccato un tasto dolente.
“Fuori” dichiaro’ infatti lui con tono disgustato, cominciando a passeggiare nervosamente per il laboratorio “con Mary. A scegliere qualcosa di probabilmente inutile e stupido per il loro matrimonio. Davvero non capisco perche’ ci si debba dar tanto da fare per una stupida cerimonia che, se siamo fortunati, non durera’ piu’ di mezza giornata fra celebrazione e conseguente festeggiamento!”
Lei sussulto’ a quelle parole amare e lui se ne accorse, tornando a fissarla dopo essersi bloccato. Nei suoi occhi passo’un lampo di incertezza, come se temesse di aver davvero passato un limite, ma poi prevalse l’irritazione.
“Che c’e’ ora?” le domando’ sollevando le braccia al cielo.
Molly scosse piano la testa: le pareva incredibile che lui potesse liquidare in quel modo e con quel tono il matrimonio di John, quello che lui e Mary avevano e stavano costruendo insieme.
Sapeva che in gran parte il suo atteggiamento era un qualche modo per ripararsi dall’insicurezza che quel cambiamento stava portando, tuttavia stava diventando sempre piu’ difficile concedergli il beneficio del dubbio.
 “Certe persone amano pensare di poter condividere i momenti piu’ importanti della loro vita con coloro a cui tengono, in modo gioioso e allegro! I sentimenti si possono anche esternare, Sherlock!” sbotto’.
Lui strinse le labbra senza smettere di guardarla: quello era un tono che purtroppo Molly arrivava spesso ad usare nelle loro discussioni, ultimamente. Sembrava sempre delusa o amareggiata dal suo comportamente e questo era francamente frustrante ed irritante.
 “C’e’ qualcosa che senti il bisogno di dirmi, Molly?” la provoco’ con un tono freddo.
Per un lungo istante rimasero a fissarsi, ma prima che lei potesse dire qualsiasi cosa le porte della stanza si aprirono e Lestrade fece la sua apparizione, mancando totalmente di cogliere il momento di tensione che si era creato.
“Ah, ecco... cercavo proprio te! Fortuna che sei ancora qui!”
Sherlock stava ancora fissando Molly.
“Lestrade” sbotto’, senza smettere di guardare la patologa “non ho tempo, ora. A meno che non si tratti di un caso veramente eccitante, cosa che dubito fortemente. Eri alla mensa a pranzare con quella nuova infermiera a cui stai facendo il filo e ti sei preso tutto il tempo di prendere il caffe’, prima di scendere. Il pollo e’ stata una scelta discutibile, fra l’altro. Non e’ niente di urgente e quindi niente di importante. A proposito, le hai gia’ detto che il tuo divorzio non e’ ancora definitivo e che tua moglie ti ha chiesto l’ennesimo, inutile tentativo di riconciliazione, visto che frequenta il suo maestro di yoga?”
Molly inclino’ il capo in segno di biasimo per le parole di Sherlock, che tuttavia continuo’ a fissarla senza cambiare espressione. Evidentemente, voleva liberarsi di Lestrade per poter proseguire la loro discussione.
“Non stavo parlando con te!” replico’ invece l’ispettore “E per la cronaca, la mia risposta e’ si. Lucy sa tutto. E non ritornero’ con mia moglie! Comunque... Molly, e’ con te che stavo parlando. Ho bisogno che tu venga con me, per favore”
Lei spalanco’ gli occhi sorpresa.
Anche Sherlock si giro’ finalmente a guardare il nuovo arrivato.
“E perche’ avresti bisogno di lei?” sbotto’.
Greg alzo’ le spalle.
“Sono stato contattato dall’unita’ della scientifica. Sono dovuti intervenire perche’ e’ stato denunciato un omicidio, ma quando sono arrivati e’ saltato fuori che si tratta chiaramente di morte naturale. Sul posto c’e’ pero’ una donna che insiste nel non volersi allontanare finche’ Molly non verra’ a vedere il corpo, si e’ letteralmente ammanettata a una poltrona...”
“E dove ha trovato le manette?” chiese stupita Molly.
Lestrade fece un sospiro.
“Le ha rubate a Donovan. E si e’ nascosta addoso le chiavi. Senti, mi spiace... so che per te e’ un inconveniente, ma quella signora e’ un po’ anziana, a quanto mi hanno detto, e non vogliono usare la forza per tirarla via di la. Insiste nel dire che si tratta di un omicidio e nel chiedere un secondo parere. Potresti venire, per favore?”
Sherlock sbuffo’.
“Ridicolo! Trova qualche altro patologo meno necessario qui e portaci lui. Quell’incompetente di Sullivan andra’ benissimo!”
Prima che Molly potesse ribattere che era perfettamente in grado di decidere da sola, Lestrade scosse la testa.
“No, non hai capito. Quella signora vuole proprio Molly. Ha chiesto specificatamente della Dottoressa Hooper”
 
 
***
 
Sherlock aveva insistito per venire anche lui, naturalmente (aveva proclamato di essere molto, molto annoiato).
Non aveva pero’ voluto viaggiare sulla macchina della polizia, per cui ora li stava seguendo in taxi.
“Va tutto bene?”
Molly allontano’ il viso dal finestrino e si concentro’ sul suo compagno di viaggio, che la scrutava con un’aria preoccupata.
Sarebbe stato bello raccontare a Lestrade (raccontare finalmente a qualcuno) di come quell’ultimo periodo si stesse rivelando particolarmente complicato, di come lei e Sherlock non riuscissero a comunicare senza litigare perche’ non c’era  mai tempo, perche’ qualcuno poteva scoprirli, perche’ il lavoro veniva sempre per primo, perche’ era cosi difficile.
Non devi essere insicura. Non su quello che provo nei tuoi confronti
Molly ricordo’ con chiarezza le parole che lui aveva pronunciato un mese prima, dopo la disastrosa cena a Baker Street: in quel momento, era stata cosi sicura che avrebbero superato ogni incomprensione e che lui...
Pero’ lo sai bene, se anche tutti fossero a conoscenza di quanto sono cambiate le cose, io non riuscirei ad essere molto diverso. Non posso essere come e’ John con Mary
E lei non lo voleva, sul serio.
Ma a volte pensava di non poter piu’ volere neanche quello che aveva ora, non quando lei e Sherlock riuscivano a stento a trovare dei momenti per stare insieme senza essere nervosi o di fretta... e cosi tornava prepotente alla ribalta una possibile soluzione.
Non nascondersi piu’.
Era passato un po’ di tempo ormai da quando il loro rapporto era cambiato e Molly si era ritrovata sempre piu’ spesso a pensare che, forse, non ci sarebbe stato niente di male se almeno l’avessero detto ai loro amici. Potevano sopportare le domande e gli inevitabili scherzi che ne sarebbero seguiti, no? Potevano spiegare, raccontare... la settimana scorsa era di nuovo uscita con Mary e le sue amiche e, per quanto si trovasse bene con loro e avessero trovato davvero dei punti in comune, le sembrava di continuare a mentire, di dare una versione di se’ non veritiera... di essere in qualche modo tornata nella spirale di bugie che era stato il periodo in cui Sherlock Holmes era morto.
Nei momenti in cui le cose erano diffiicili, accarezzava quel pensiero ma poi ne era spaventata, perche’ si rendeva conto che Sherlock non avvertiva assolutamente questa necessita’.
E lei non voleva neanche cominciare a chiedersi cosa potesse significare questo per il loro rapporto, o se uscire allo scoperto avrebbe rappresentato davvero la soluzione ai loro problemi.
“Molly?”
Si riscosse, rendendosi conto di non aver risposto alla domanda di Lestrade.
“Tutto bene, scusa. Sono solo un po’ stanca”
Lui non sembrava molto convinto, tuttavia accetto’ la sua spiegazione.
“Vedrai” le disse, dandole un’amichevole stretta alla spalla “ce la caveremo nel giro di dieci minuti e poi ti faccio riaccompagnare. Quell’anziana donna e’ probabilmente una pazzoide o una di quelle vecchie signore annoiate in cerca di qualche novita’ nella sua giornata.”
La macchina si fermo’ in quell’istante e quando fu scesa, Molly non pote’ trattenere un moto di stupore.
“L' Hilton?”
Lestrade fece una smorfia.
“Beh, una pazzoide molto ricca, a quanto pare. Una suite qui costera’ come un mese del mio stipendio, ci scommetto...”
“Anche di piu’, Detective Ispettore” commento’ la voce di Sherlock dietro di loro.
I suoi occhi di ghiaccio erano di nuovo puntati su Molly, quasi a volerla sfidare di riprendere la loro conversazione di poco prima esattamente li, su quel marciapiede.
Non lo capiva. Non capiva che sarebbe bastato un semplice sorriso e non quell’atto di accusa, come se si trattasse di una sfida a chi avrebbe ceduto per primo.
Molly abbasso’ lo sguardo.
Non ora.
“Grazie di avermelo fatto notare” commento’ Lestrade “andiamo? Dobbiamo salire al dodicesimo piano”
Si avvio’ verso l’entrata, dove un portiere lo squadro’ con sussiego fino a che non sventolo’ il suo tesserino di riconoscimento.
“E i signori sono con me” aggiunse, indicando Sherlock e Molly pochi passi dietro a lui.
L’uomo in divisa fece loro un cenno con la mano, invitandoli ad entrare.
La patologa si mosse verso la porta a vetri, consapevole che il consulente investigativo era dietro di lei.
Cosi vicino, eppure cosi distante.
 
***
 
“Oh, ma non vi hanno insegnato proprio nulla all’accademia di polizia! Non possiamo proprio dire che siate il vanto di Scotland Yard!”
Lestrade, Molly e Sherlock sentirono la voce arrivare fino nel corridoio e incrociarono un poliziotto che usciva da una stanza scuotendo la testa.
“Che succede?” lo apostrofo’ il suo capo.
Quello fece una smorfia.
“La vecchia sta insultando tutti. Ha una lingua tagliente, per essere un’anziana signora! Se non mi avessero insegnato a essere rispettoso di chi ha quasi il triplo dei miei anni, l’avrei gia’ portata fuori con la forza. Lei e quella dannata poltrona!”
“Beh, al diavolo l’anzianita’! Perche’ non avete fatto esattamente cosi?” sbraito’ Lestrade.
Il poliziotto lo guardo’ stupito.
“Signore, pensavo glielo avessero detto... Il cadavere... e’ sulla poltrona a cui lei si e’ ammanettata”
Lestrade emise un gemito.
Sherlock sbuffo’ spazientito.
Molly si avvicino’ alla porta della stanza, sul viso un’espressione perplessa.
La scena che si presento’ loro era alquanto caotica e un po’ comica, se si eccettuava il cadavere di un uomo seduto in poltrona, il capo riverso all’indietro come se stesse dormendo.
E la signora ammanettata al bracciolo della poltrona e seduta sul pavimento, intenta a gesticolare contro Donovan e Anderson, che la fissavano con uno sguardo torvo.
Era una donna minuta, ma che emanava una forte energia e i cui occhi castani brillavano vivaci, risaltando sul viso abbronzato: i lunghi capelli bianchi erano acconciati in un elegante chignon e le mani si muovevano con grazia, nonostante la posizione innaturale. Indossava un completo pantaloni di fattura elegante, tuttavia sembrava perfettamente a suo agio dove si trovava, per terra.
“Insomma, vi ho gia’ ripetuto piu’ di una volta che non e’ quello il modo giusto di procedere, dovreste prendere i campioni cominciando da –” il suo viso si illumino’ non appena scorse le persone sulla soglia della stanza.
“Oh Molly cara, finalmente sei arrivata! E con un ispettore, a quanto vedo!” agito’ la mano libera per salutarli, poi il suo sorriso scomparve e si trasformo’ in una smorfia di fastidio non appena registro’ anche la presenza di Sherlock.
“Oh, vedo che c’e’ anche lui
L’unico consulente investigativo al mondo contrasse la mascella al tono sprezzante e vagamente disgustato con cui era stato accolto.
Molly Hooper si limito’ a rimanere sulla soglia della stanza. Chiuse gli occhi. Poi li riapri’.
Non era davvero possibile.
“Zia Emily???”

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Secondo capitolo! Ma prima, doverosi ringraziamenti a Efy, IrregolarediBakerStreet, leloale e martiachian per le loro belle recensioni.
Ehm... forse avrete notato che l’introduzione a questa storia e’ leggermente cambiata e che e’ stata aggiunta una frase del testo che arrivera’ tra un po’: scusate, pensavo di averla pubblicata subito, ma evidentemente ho ancora notevoli, notevolissime difficolta’ con l’editor. Ci tenevo a metterla perche’ avra’ un suo significato importante, piu’ avanti... comunque!
Buona lettura!  
OGNI SINGOLO ISTANTE
CAPITOLO 2
 
Greg Lestrade fu il primo a rompere il silenzio.
“Voi due vi conoscete?” domando’ stupefatto, alternando il suo sguardo tra Molly e la strana signora seduta sul pavimento.
Ammanettata ad una poltrona con un cadavere.
Molly non si diede pena di rispondergli e avanzo’ ulteriormente nella stanza.
“Zia Emily! Si puo’ sapere che cosa ci fai qui? E’ perche’ stai... oh cielo, non oso nemmeno provare a ipotizzare quello che sta succedendo!”
L’altra donna fece un cenno con la mano libera.
“Tesoro, l’unico modo per interrompere il lavoro di questi incompetenti era mettermi in mezzo. Non sarebbero in grado di trovare un buco di pistola in pieno petto, figuriamoci se non dichiaravano che il caro Edward e’ morto per un infarto, quando invece e’ chiaro come il sole che ci troviamo di fronte ad un omicidio. Ho pensato di farti chiamare, per essere sicura che ti occupassi tu dell’autopsia. Non volevano ascoltarmi” dichiaro’, rivolgendo a Donovan e Anderson uno sguardo di fuoco “l’unica soluzione logica era quella di farti venire qui direttamente. A proposito, e’ tanto bello vederti, cara. Ma sei troppo magra”
Molly aveva ascoltato il discorso sgranando sempre piu’ gli occhi ma a quel commento, si limito’ a chinare il capo rassegnata.
“Mi dispiace, Greg...” sussurro’.
“Non capisco” dichiaro’ l’ispettore.
Molly fece un mezzo sorriso nel rialzare la testa.
“Ti presento la mia prozia da parte di madre, la Dottoressa Emily Mary Hastings. E... zia? Lui e’ il detective Ispettore Lestrade e ha ogni motivo per essere molto, molto arrabbiato con te”
“Incantata, Ispettore. Lei e’ proprio un bell’uomo, l’ho capito subito che aveva una posizione di comando, si vede da come si muove... concordera’ con me come le mie azioni, per quanto leggermente estreme, fossero necessarie”
Greg rimase per un attimo confuso dai modi di Emily.
“Beh, ecco si... cioe’...”
“I suoi sottoposti sono degli incompetenti, naturalmente”
“Ehi!” sbottarono Donovan e Anderson simultaneamente.
Lestrade si diede una scossa.
“Adesso basta! Signora Hastings, per quanto le sue intenzioni fossero... ammirevoli, il suo comportamento non e’ giustificabile. Non la arrestero’ per intralcio alla giustizia per riguardo alla Dottoressa Hooper ma per favore... tiri fuori le chiavi, si tolga le manette e ci lasci fare il nostro lavoro!”
In risposta a quel discorso autorevole, Emily si limito’ a sorridere e a far comparire da chissa’ dove un paio di chiavi, dopo di che procedette a liberarsi.
“Un vecchio trucco che ho imparato in Turchia” fece l’occhiolino a Lestrade, che sembro’ di nuovo a corto di parole “Ora che Molly e’ qui, Ispettore, non ho nessun problema a far procedere le cose. Mia nipote e’ una patologa di primo livello, non ho dubbi che fara’ un ottimo lavoro. La aspetto fuori, cosi potra’ dirmi come intende procedere. La mia stanza e’ quella accanto a questa.” si alzo’ in piedi e, con un gesto elegante, si sistemo’ i capelli.
“Lei invece non ci serve proprio, Signor Holmes, non vorremmo davvero tenerla lontano da tutte quelle importanti cose di cui si deve occupare” dichiaro’ con un tono deciso e un sorriso esageratamente falso rivolta a Sherlock, che fino a quel momento era rimasto in disparte ad osservare la scena.
Anderson e Donovan spalancarono la bocca per la sorpresa.
Greg Lestrade strabuzzo’ gli occhi.
Molly arrossi’ fino alla radice dei capelli e si affretto’ a raggiungere la prozia, che era uscita con passo dignitoso dalla stanza.
Sherlock Holmes rimase in silenzio, tuttavia un osservatore attento avrebbe notato la contrazione nervosa del suo occhio.
 
***
 
“Mi dispiace. Mi dispiace tanto” esclamo’ di nuovo Molly, quando Greg la raggiunse un quarto d’ora dopo.
Lui si passo’ una mano sugli occhi.
“Lascia stare, non e’ colpa tua... vediamo di capirci qualcosa, invece. Dov’e’ tua zia?”
Molly scosse le spalle rassegnata.
“Si sta cambiando. Vuole darvi i suoi vestiti nel caso ci siano residui di fibre o qualche altra prova dovuta al trasferimento dal cadavere, visto che ci e’ stata cosi vicina... oh, accidenti! Non ci posso credere!” si porto’ una mano alla fronte, poi senti’ Greg che cominciava a ridere piano.
Lo guardo’ stupita.
“Scusa” disse lui, senza riuscire a frenarsi “ma davvero quella donna e’ tua parente? Siete cosi diverse...”
Molly si ritrovo’ anche lei a sorridere.
“Lo so...” rispose con un sospiro “ma si, e’ mia parente. E’ l’unica zia di mia madre. E’... un po’ eccentrica, lo e’ sempre stata. Ha viaggiato molto e vissuto come uno spirito libero, la pecora nera della famiglia, insomma. Non la vedevo spesso, ma da piccola mi mandava sempre regali stranissimi da ogni parte del mondo e piu’ che altro negli ultimi tempi ci siamo tenute in contatto via mail. Non sapevo neanche fosse a Londra, l’ultima volta che l’ho sentita e’ stata mesi fa, ma non e’ una cosa strana... e se non ricordo male era da qualche parte in Giappone.”
La risata di Lestrade si fece piu’ forte e lei lo guardo’ con aria interrogativa.
Lui scosse la testa, incapace di dominare la risata.
“Ha detto... ha detto a Sherlock che non serviva!” riusci’ a dire, quasi con le lacrime agli occhi.
Mentre l’ispettore continuava a ridere, evidentemente davvero divertito, il sorriso scomparve dal viso di Molly.
Sherlock.
“Oh... dov’e’?”
Si era completamente dimenticata di lui.
Lestrade ci mise ancora un po’ a ricomporsi.
“Se ne e’ andato. Subito dopo che siete uscite voi. Senza dire una sola parola, ormai sara’ a casa a rimuginare sul fatto che una vecchia signora ha preso in mano una scena del crimine e l’ha praticamente definito inutile. Ti prego, lascia che sia io a raccontarlo a John, e’ troppo divertente” fece un’altra risata e poi ritorno’ serio.
“Avrei dovuto fare un video” dichiaro’ con una smorfia dispiaciuta.
“Greg!”
Molly non riusci’ a trattenere l’esclamazione e il tono di biasimo per l’ispettore: non voleva davvero cominciare ad immaginare di che umore sarebbe stato Sherlock la prossima volta che l’avrebbe rivisto (sapeva benissimo che la loro discussione non sarebbe certo stata abbandonata e ora ci si era messa anche zia Emily) e Lestrade era li che rideva come un adolescente, incapace di cogliere tutto il dramma che lei doveva affrontare.
Ma naturalmente non poteva farlo.
Lui non sapeva nulla.
Il suo sbottare aveva avuto per lo meno il beneficio di far tornare serio l’uomo di fronte a lei.
“Scusa” mormoro’ Molly per l’ennesima volta nel giro di neanche un’ora.
Lu la osservo’ per un attimo come se volesse dirle qualcosa, ma quando apri’ bocca per parlare la porta della camera di Emily si apri’ e lei apparve sulla soglia con un’aria soddisfatta, un sacco con dei vestiti in mano.
“Ecco fatto, caro ispettore! Questi sono i vestiti che indossavo fino a qualche momento fa. C’e’ tutto...” con un’occhiata maliziosa e una strizzata d’occhio tese la borsa a Lestrade, che arrossi’ violentemente e borbotto’ qualcosa a proposito di una macchina che li aspettava per portarli all’obitorio.
Molly scosse la testa rassegnata. Evidentemente zia Emily aveva tutta l’intenzione di divertirsi un sacco.
 
***
 
“Mi spiace se ti sei annoiata”
Molly butto’ camice e guanti in lattice e si diresse verso il lavandino, cominciando a lavarsi le mani con scrupolosita’.
“Non dirlo neanche per scherzo, cara. Il tuo laboratorio e’ assolutamente affascinante e quel caro ispettore ha accettato di prendere la mia deposizione qui, senza farmi andare a quei brutti uffici di Scotland Yard. Mi ha persino offerto un caffe’. Tieni, ti ho portato un muffin”
Alla vista del dolce, lo stomaco di Molly si contorse: aveva appena finito l’autopsia di Edward St. James e nonostante di solito il suo lavoro non influenzasse minimamente il suo appetito, sentiva di non poter proprio mangiare nulla, in quel momento.
C’erano altre cose che occupavano la sua mente.
Primo: i risultati dell’esame che aveva appena concluso.
Secondo: zia Emily, che fino a qualche ora prima era letteralmente ammanettata ad un uomo che lei si ostinava a dire fosse stato ucciso.
Terzo:  Sherlock.
A quell’ultimo pensiero lo stomaco si contorse di nuovo.
“No, grazie” rispose quindi, guadagnandosi un’occhiata perplessa.
“Sei davvero troppo magra, cara”
Molly conto’ mentalmente fino a cinque, frustrata per il comportamento della sua prozia.
“Non credi che dovremmo parlare di altro?” le domando’ con un sospiro.
“Come del fatto che l’autopsia non ha rivelato nulla di strano?”
Molly la fisso’ sorpresa, visto che era stata davvero preoccupata per come la notizia sarebbe stata accolta.
Sua zia sorrise con garbo.
“Non preoccuparti, tesoro. Ne ero sicura. Aspettiamo di vedere il risultato degli esami e del tossicologico... ne hai richiesto uno, vero?”
“Ma certo” ribatte’ Molly, ancora stupita per la calma che Emily ostentava.
“Brava la mia bambina. Lo sapevo che saresti stata scrupolosa, per questo non potevo permettere che fosse qualcun altro a occuparsi del povero Edward. Certo, se tu mi avessi fatto assistere avremmo sicuramente guadagnato tempo, ma possiamo aspettare, anche se non capisco tutto questo rispetto per le regole, sarei stata zitta in un angolo e mi sarei limitata a puntualizzare qualche cosina...”
“Zia Emily! Sai benissimo che non avrei potuto farti entrare nella sala! Ma cosa avete oggi tutti quanti CONTRO LE REGOLE?”
Molly si rese conto di aver alzato la voce e che l’esasperazione aveva preso il sopravvento.
Prima la discussione con Sherlock, poi questa donna impossibile che adorava, ma che riusciva sempre a sorprenderla con le sue stramberie.
Si chiese quanto stress avesse ancora questa giornata da regalarle.
Emily sembro’ accorgersi del suo malessere e le si avvicino’.
“Sai” le disse con tono dolce “non ti ho ancora salutata come si deve, nipotina”
Sul viso di Molly comparve un debole sorriso e fu stretta in un caldo abbraccio, che servi’ a farle riguadagnare la calma.
Zia Emily e il suo stile di vita erano sempre stati una sorta di tabu’ nella sua famiglia. Se ne parlava, ma a voce bassa e senza troppi particolari: da giovane, aveva dichiarato con orgoglio che avrebbe studiato medicina, in un tempo in cui la carriera ospedaliera per le donne era al massimo riservata alla pratica infermieristica. Da principio, la famiglia aveva accolto questa risoluzione come l’ennesima uscita stramba di una ragazza anticonvenzionale, ma lei aveva tenuto duro e si era laureata superando molti uomini del suo corso. A quel punto, la speranza di tutti era stata quella che, dopo essersi sposata, avrebbe messo la laurea in un cassetto per fare la moglie e la madre ma ancora una volta li aveva spiazzati, dichiarando che non si sarebbe mai sposata e che il suo sogno era di girare il mondo per conoscerlo, garantendo le sue cure a chiunque ne avesse avuto bisogno.
E con quel chiunque aveva incluso davvero una vasta rappresentanza della popolazione del globo, visto che era stata praticamente in ogni angolo del pianeta.
Dopo qualche anno di vagabondaggio la sua famiglia si era rassegnata alla sua scelta di vita, cosi ogni tanto tornava a casa senza provocare troppo sconquasso. Non appena aveva conosciuto la madre di Molly, sua nipote Elisabeth, ne era rimasta affascinata: era una bambina molto intelligente e curiosa e lei aveva in serbo grandi progetti per il suo futuro, il che includeva farne la sua compagna nella sua vita errante, mostrandole tutte le meraviglie che aveva visto fino ad ora e scoprendo insieme a lei quelle che ancora le mancavano.
Da piccola, Molly passava ore ed ore a rovistare nella scatola in cui sua madre teneva le lettere e le cartoline che zia Emily mandava da paesi con nomi strani o esotici, abitati da gente cosi diversa e affascinante. La corrispondenza arrivava solo fino ad una certa data, l’anno in cui Elisabeth aveva conosciuto Micheal Hooper e l’aveva sposato, mettendo fine a tutte le ambizioni di Emily di portarla con se’ nei suoi viaggi.
Molly sapeva che la zia si era arrabbiata, perche’ quando aveva chiesto a sua madre quando avrebbe potuto incontrarla, lei aveva sorriso tristemente e le aveva risposto che purtroppo la zia non condivideva le sue scelte e non era convinta che avere una famiglia fosse cosi importante.
Molly aveva sei anni e quella le era sembrata una cosa un po’ strana: perche’ la zia doveva pensare che cio’ che andava bene per lei dovesse andare bene anche per tutti gli altri? Forse pensava che la mamma non fosse felice con lei e con il papa’?
Le si erano riempiti gli occhi di lacrime a quel pensiero e sua madre, che sapeva sempre cosa le passasse per la testa, che era la persona che piu’ la capiva al mondo, l’aveva abbracciata stretta stretta e le aveva sussurrato una cosa importante.
“Non c’e’ nulla, nulla che mi renda piu’ felice di essere qui con voi. E’ stata la miglior cosa che mi sia capitata, non cambierei per niente al mondo quello che ho ora. Per nessun viaggio e per nessuna avventura”
Una settimana dopo, un ubriaco era passato con il semaforo rosso e aveva centrato in pieno la macchina della mamma di Molly, uccidendola sul colpo.
Zia Emily era venuta al funerale e quella strana signora, che Molly non aveva mai visto, aveva abbracciato in un modo un po’ impacciato e vergognoso il suo papa’ e poi era venuta da lei, si era abbassata sulle ginocchia per guardarla negli occhi e le aveva sorriso.
“Ti ho portato una cosa” le aveva sussurrato con fare complice.
Dalla borsa aveva estratto un libro e Molly si era sentita triste, perche’ era sempre la sua mamma che le leggeva le storie prima di andare a letto e adesso che stava imparando anche lei a farlo a scuola, alla sera si esercitavano insieme ad alta voce.
Aveva scosso la testa, spaventata dall’idea di dover affrontare il libro da sola.
“Ci sono molte figure, potrai studiarlo e imparare, e’ diverso da un libro di storie. A quelle ci pensera’ il tuo papa’, ne sono sicura, ma questo e’ per te. Solo per te” aveva aggiunto la strana signora.
Molly aveva afferrato indecisa il libro e aveva spalancato gli occhi alla vista della copertina.
Era un libro di anatomia umana per bambini.
La mamma di Molly aveva continuato a scrivere alla zia in tutti quegli anni, anche se lei per orgoglio non le aveva mai risposto: le aveva detto che la sua bambina era una persona curiosa e che faceva un sacco di domande su come funzionava il corpo umano, ansiosa di comprendere e spiegare tutto cio’ che osservava.
Molly aveva guardato la zia e un piccolo sorriso le era apparso sul volto.
Una vicina che aveva osservato la scena si era scandalizzata e aveva richiamato l’attenzione di Micheal su quell’estranea e sul suo regalo francamente inapproppriato: lui si era avvicinato e sul viso erano visibili tutto il tormento e l’angoscia che la morte della moglie gli stavano procurando; aveva visto la sua bambina stringere forte il libro, come un talismano e aveva rivolto un cenno di ringraziamento a Emily, che lei aveva ricambiato con semplicita’.
La zia era rientrata nelle loro vite in modo discreto, venendoli a trovare almeno una volta o due all’anno; lei e Micheal Hooper erano in qualche modo diventati amici e, quando si incontravano, facevano lunghe chiacchierate: Molly sospettava che il piu’ delle volte parlassero di Elisabeth e del grande amore che entrambi avevano provato per lei. Zia Emily aveva ripreso a mandare cartoline e regali e piu’ tardi, con l’avvento della tecnologia, anche e mail, finche’ non era arrivato il momento di un altro funerale, quello del padre di Molly.
Straziata dal dolore e stanca dopo averlo assistito durante la malattia, lei aveva quasi sperato che la zia le chiedesse di partire insieme per il mondo come un tempo aveva sperato di riuscire a fare con sua madre: l’unica cosa che in quel momento voleva, era lasciarsi alle spalle tutto le cose brutte che le erano successe e non dover affrontare da sola il futuro e l’indecisione rispetto alla sua specializzazione.
(Patologia. Un campo diffiicile, per il quale la maggior parte della gente avrebbe storto il naso o bisbigliato alle sue spalle disgustata.
Un campo che la affascinava ma per il quale non era sicura di essere pronta).
La zia pero’ non aveva avanzato nessuna proposta e quando si erano salutate, le aveva sussurrato una cosa che Molly non aveva mai dimenticato.
“Sarai una brava patologa. Non servono solo la conoscenza della biologia, della fisiologia o dell’anatomia... servono soprattutto compassione e rispetto. E l’intelligenza di saper indagare le cose con attenzione e umanita’.
E tu mia cara, hai tutte queste qualita’... non potrebbe essere altrimenti, visto le due meravigliose persone che ti hanno messa al mondo. Non devi temere il tuo desiderio di specializzarti in questa materia”
Molly si era ritrovata ad annuire (e una parte di lei si era chiesta come la zia avesse indovinato i suoi pensieri, visto che non ne aveva parlato a nessuno): improvvisamente, tutto le era sembrato un po’ piu’ chiaro e lei si era sentita piu’ tranquilla.
Poteva farcela.
La zia aveva recuperato uno strano cappello comprato chissa’ dove e se lo era calcato in testa.
“E poi” aveva aggiunto strizzandole l’occhio “serve anche un po’ di stranezza, ma quella scorre naturale nella nostra famiglia”
Molly ridacchio’ piano al ricordo di quella frase e la zia sembro’ capire cosa stesse pensando, perche’ si uni’ a lei e poi la lascio’ andare piano.
Le accarezzo’ dolcemente il viso.
“Continuo a pensare che sei troppo  magra”
Molly fece l’ennesimo sospiro.
“Zia, vuoi dirmi che cosa sta succedendo? Pensavo che mi avresti avvertita, se fossi tornata a Londra”
Emily fece un cenno con la mano.
“L’avrei fatto, te lo assicuro. Volevo farti una sorpresa e comunque prima dovevo incontrare Edward. Era un mio vecchio spasimante fin dai tempi dell’universita’, anche se lui studiava letteratura... aah, le poesie che non sapeva recitare quell’uomo! Aveva un tono di voce che ti accarezzava, letteralmente”
“Si... ho presente la sensazione” commento’ inconsciamente Molly, guadagnandosi un’occhiata curiosa.
“Ehm, scusa. Continua pure” si affretto’ a dire.
Emily la fisso’ ancora un attimo, poi riprese a parlare.
“Ho pensato che visto che ero in citta’ io e lui potevamo trovarci, ricordare insieme un po’ i bei tempi andati e spassarcela un po’ insieme...”
“ZIA!”
Lei ridacchio’.
“Oh ti prego... sono vecchia, tesoro, ma non sono decrepita... voglio divertirmi finche’ posso e comunque, avevamo due stanze separate!”
Molly si mise una mano sugli occhi.
“Ti prego, dimmi che non hai usato queste stesse parole con l’Ispettore Lestrade...”
“Quel giovanotto arrossisce molto facilmente...” commento’ la signora, facendo definitivamente scoppiare Molly in una risata.
“Comunque” riprese Emily con un tono serio “dopo che mi sono rinfrescata al mio arrivo ho bussato alla porta della camera di Edward, eravamo d’accordo di incontrarci in quell’hotel perche’ anche lui arrivava da fuori e quando non mi ha risposto...” si interruppe, evidentemente per recuperare un po’ di tono fermo nella voce “ho dovuto minacciare l’addetto alla reception per farmi aprire, sapevo che qualcosa non andava... lo sentivo. Poi siamo entrati ed Edward era li, morto sulla poltrona. Qualcuno l’aveva ucciso Molly e ho fatto chiamare la polizia, ma quando sono arrivati hanno detto che si era sicuramente trattato di un malore”
Molly la guardo’ con simpatia.
“Vedi, zia... l’autopsia conferma proprio questo. Il cuore ha ceduto, e’ stato un infarto”
“Edward era sano come un pesce, per un uomo della sua eta’! Non soffriva di cuore!”
“Ma tu stessa hai detto che non lo vedevi da molto tempo...”
“Non aveva nessuna medicina per il cuore tra i suoi effetti personali”
“Tu hai frugato fra le sue cose??”
“Dovevo verificare la mia ipotesi prima che arrivasse la polizia!”
“Quale ipotesi?”
“Ha sentito l’odore, naturalmente”
Entrambe le donne si girarono.
Sherlock Holmes aveva appena fatto la sua apparizione.
 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Aiuto! Zia Emily e Sherlock nella stessa stanza sono... difficili. Sul serio.
Grazie a Efy, IrregolarediBakerStreet, kagura, martiachan e Rosy_chan che hanno commentato il capitolo precedente e aspettavano (inutile dirlo) questo primo vero confronto. Spero vi piaccia!
 
OGNI SINGOLO ISTANTE

CAPITOLO 3
 
L’atmosfera del laboratorio si era fatta improvvisamente tesa e dopo la sua osservazione Sherlock era rimasto sulla soglia, uno sguardo impassibile sul volto.
Emily, dal canto suo, aveva assunto un’espressione severa e un po’ scocciata, ma poi un mezzo sorriso di scherno le era spuntato sul viso.
“Oh, il signor Holmes ha deciso di unirsi a noi. Non era necessario, glielo assicuro” proclamo’.
“Non l’ho ritenuto necessario, glielo assicuro” le rifece il verso Sherlock, usando il suo stesso tono freddo “stavo solo puntualizzando un elemento che lei ha ovviamente gia’ rilevato, o non avrebbe richiesto l’intervento di Molly”
I due rimasero a guardarsi per un altro lungo istante e Molly represse un gemito.
Ci mancava solo la battaglia di sguardi da duello del Far West.
“Ehm... scusate? Vorreste spiegarmi, per favore?” si intromise finalmente la patologa.
Sherlock apri’ la bocca per parlare, ma fu interrotto dall’arrivo di John Watson che gli ando’ quasi a sbattere contro dopo essere entrato.
“Perche’ tu abbia questo maledetto vizio di non aspettarmi non lo capiro’ mai...” il suo borbottare si interruppe non appena si rese conto che il laboratorio era un po’ piu’ affollato del solito.
“Oh” esclamo’ soddisfatto, prima di schiarirsi la voce e avvicinarsi a Molly ed Emily.
Gli sms di Lestrade erano stati esilaranti e a dir poco stupefacenti e quando era rientrato a casa dopo il suo giro di commissioni con Mary (tovaglie gialle per il rinfresco, nastro lavanda sui segnaposti), non gli era dispiaciuto troppo essere praticamente trascinato fuori dall’appartamento da Sherlock , che nel frattempo blaterava qualcosa a proposito di un esperimento da recuperare al St. Bart’s:  il rifiuto secco dell’amico di commentare l’arrivo della zia di Molly in citta’ mentre erano in taxi (si, Sherlock aveva capito subito che Lestrade non se ne era stato zitto e no, non intendeva raccontare a John di quell’orribile donna) era stato per il buon Dottore piu’ che sufficiente per alimentare in modo spropositato la sua curiosita’.
Aveva sperato di poter avere qualche informazione di prima mano da Molly, ma ora avrebbe addirittura conosciuto la zia e quel silenzio glaciale che ora sembrava permeare la stanza era senz’altro meglio di ogni congettura di Lestrade.
Quei due sembravano proprio non piacersi molto.
 “Lei deve essere la Dottoressa Hastings, la zia di Molly. John Watson, piacere” tese la mano con il suo miglior sorriso.
Emily lo squadro’ per circa dieci secondi.
“Oh, il blogger” commento’ infine, una smorfia annoiata sul volto “avevo sentito dire che di solito viaggiate in coppia, infatti ero un po’ sorpresa della sua assenza, questa mattina”
La mano di John ricadde al suo fianco e sul suo viso si disegno’ un’aria confusa.
“Ehm... si. Cioe’, no. Non sono un blogger, sono un medico per la verita’. Collaboro con Sherlock ma ho uno studio privato” improvvisamente, quella donna lo faceva sentire in dovere di giustificarsi.
“Buon per lei. Ho anche sentito che sta per sposarsi, tanti auguri. Ora, pero’, stavamo parlando di cose veramente importanti, prima che il suo collaboratore ci interrompesse” dichiaro’ Emily, tornando a guardare Molly.
Quest’ultima soppresse un altro gemito.
“Mi dica, sono curioso... e’ stato solo l’odore di sigaretta?” Sherlock era finalmente entrato nella stanza, le mani incrociate dietro la schiena.
Sul viso di Emily comparve l’ennesima smorfia di fastidio.
“Oh... adesso dovrebbe arrivare il momento in cui le chiedo stupita come ha fatto a capirlo?” chiese con  tono ironico “Sa, credo che non lo faro’. E stia certo, l’odore era l’ultimo dei miei pensieri, c’erano molti altri particolari di cui tenere conto”
“Ne sono consapevole e li ho colti, stia sicura” ribatte’ Sherlock “Ma lei ha avuto l’indubbia fortuna di essere la prima ad arrivare sul posto e a potersi muovere come voleva.”
“E subito dopo che sono entrata nella stanza ho notato l’assenza del posacenere, quindi non ho rubato la sigaretta, se e’ questo che pensa”
 “Dovrei pensarlo?” chiese Sherlock, continuando ad osservarla.
“Non e’ la fama per aver risolto il caso, quella che cerco...”  dichiaro’ con fermezza Emily.
“Tuttavia ha frugato tra i medicinali del professore”
Il professore? Ha preso informazioni sul caso, signor Holmes? Gia’ pronto per le sue deduzioni?
“No. Ho notato l’anello dei docenti dell’universita’ di Londra al dito del cadavere. Sto constatando dei fatti”
“E’ inutile farlo in due. Ho gia’ provveduto io a fornire tutti i particolari all’Ispettore Lestrade”
“Non sapevo ci fosse una nuova consulente investigativa in citta’”
 “Al contrario di lei, non ho bisogno di inventarmi nessun lavoro, signor Holmes” ribatte’ Emily, prima di continuare come se la conversazione per lei fosse definitivamente finita “Molly cara, credo che dovresti predisporre anche un esame istologico, naturalmente.”
“Per determinare la causa dell’usura della muscolatura del cuore” aggiunse Sherlock.
Emily scosse il capo e sul suo viso comparve un’espressione quasi arrabbiata.
“Non credo che ci sia davvero bisogno delle sue... idee, signor Holmes”
Lui si irrigidi’.
“Dipende da quanto dilettante puo’ essere l’approccio a questo caso, signora Hastings”
 “PER FAVORE!” sbotto’ Molly.
Quella giornata cominciata male sembrava andare sempre peggio! E non aiutava certo il fatto che le due persone piu’ importanti della sua vita avessero ingaggiato una gara a chi avrebbe avuto l’ultima parola.
Era davvero stufa.
“Spiegate! Subito!” quando noto’ che entrambi stavano per aprire bocca, fece un gesto spazientito.
“Non contemporaneamente! Zia Emily?”
Noto’ con la coda dell’occhio la smorfia di fastidio di Sherlock per essere stato messo in secondo piano nella spiegazione, ma decise di ignorarla e di non sentirsi troppo in colpa.
Gli aveva mandato due sms prima di cominciare l’autopsia, per dirgli che le spiaceva e che sperava solo avessero la possibilita’ di stare un po’ insieme per parlare.
Lui non le aveva risposto.
Emily sorrise soddisfatta nel poter prendere la parola.  
“L’ho notato subito appena entrata nella stanza, anche se quando siete arrivati voi era gia’ estremamente piu’ flebile... c’era odore di sigaretta, ma naturalmente non ce n’era traccia. Edward amava i sigari, per questo aveva chiesto una stanza per fumatori ma dalla camera mancava il posacenere. Non era solo prima della sua morte e chiunque fosse con lui si e’ premurato di portarsi via mozzicone e cenere. Un po’ strano, non trovi?”
“Ehm... ecco e’ strano, si” concesse Molly.
“Senza contare la riorganizzazione della sua ventiquattro ore” si intromise Sherlock.
“Oh, ha notato anche quello?” chiese Emily in tono falsamente cortese.
“Io si... e lei?”
Emily assunse un’espressione spazientita.
“La valigetta di Edward era aperta sul letto e apparentemente era in ordine, ma mancava la sua agenda: lui la teneva sempre infilata nella tasca laterale, a portata di mano, diceva che cosi poteva trovarla piu’  in fretta. Si rifiutava di ricorrere alla tecnologia, glielo dicevo sempre che era un vecchio barbagianni...” la voce le si spezzo’ al ricordo dell’amico.
Molly le poso’ affettuosamente una mano sulla spalla.
“Irrilevante” commento’ secco Sherlock.
John, che fino a quel momento era rimasto ad osservare quasi affascinato  il dialogo fra i due, alzo’ gli occhi al cielo.
“Io ho parlato di riorganizzazione, non di sparizioni” parti’ in quarta Sherlock “L’agenda era semplicemente fuori posto, sotto la pila di documenti. Qualcuno l’ha consultata e non l’ha ritenuta utile, cosi l’ha rimessa nella borsa per destare ancora meno sospetti, ma non ha tenuto conto del disturbo ossessivo del professore. Le scarpe lucide con il nodo delle stringhe della stessa lunghezza, il fazzoletto nelle giacca perfettamente piegato, le penne disposte tutte alla stessa altezza nella tasca della borsa. Era un uomo che come minimo teneva molto all’ordine, piu’ probabilmente con una leggera ossessione per la simmetria degli oggetti. Avete notato la disposizione degli articoli personali sul comodino? Tutti girati dalla stessa parte, a uguale distanza l’uno dall’altro”
“Non ha mai avuto questo tipo di problemi” commento’ perplessa e un po’ stupita Emily, dimenticando per un attimo da chi era arrivata quell’osservazione.
“E’ piu’ probabile che lei l’abbia visto ma non l’abbia ben osservato e capito” rispose Sherlock, perdendo subito i pochi punti che aveva guadagnato.
Lei fece un respiro profondo.
“Ciondola da queste parti perche’ lei e il suo blogger avete dimenticato di guardare il vostro sito Internet per vedere se qualcuno voleva proporvi un caso, oggi?” domando’ con voce di nuovo spazientita.
Sherlock si irrigidi’ ulteriormente.
John lo vide contrarre i pugni, quella donna stava mettendo davvero a dura prova la sua (notoriamente gia’ poca) pazienza.
“Non c’era nessun segno di iniezione” si intromise Molly, guadagnandosi tre occhiate stupite.
“Io so fare il mio lavoro” continuo’ la patologa con un tono serio “ho controllato minuziosamente prima di cominciare l’autopsia e non ho rilevato nulla. Ora, se gli esami confermeranno qualche valore inusuale, provvedero’ a un esame istologico anche delle pareti e delle mucose intestinali. La cosa piu’ probabile e’ che se c’e’ stata una qualche forma di avvelenamento, l’assorbimento sia stato graduale nel tempo, per via orale”
“Un omicidio premeditato...” sussurro’ Emily, portandosi una mano alla bocca.
“Il che potrebbe far pensare a qualcuno che gli era molto vicino” considero’ Sherlock.
Emily raddrizzo’ le spalle.
“Sta suggerendo che io sia messa nella lista dei sospettati per un caso che non e’ neanche suo, signor Holmes?”
 “Io non suggerisco niente... il mio intervento e’ superfluo, l’ha detto anche lei. Inoltre e’ atterrata questa mattina con un volo proveniente dal Giappone, dove e’ rimasta gli ultimi sei mesi. Abbastanza da sviluppare una posa innaturale delle dita della mano destra dovuta all’uso prolungato delle bacchette per mangiare e una postura diversa per l’uso degli zoccoli. Lei e’ il tipo di persona a cui piace assimilare le usanze locali. Zona rurale, quindi ma non e’ abbronzata. Lavoro al chiuso: le mani sono screpolate per l’utilizzo continuo di guanti in lattice, probabilmente un ambulatorio o un ospedale di campagna. Ora, Molly... ho bisogno di quel fegato di cui avevamo parlato per il mio nuovo esperimento”
“E’ nella cella frigorifera di destra” rispose lei automaticamente, prima di rendersi conto che lui si stava gia’ dirigendo a prendere il contenitore, pronto ad andarsene.
Evidentemente non era venuto per parlare e e neanche per il caso: la presenza di zia Emily e la loro discussione erano stati solo uno spiacevole inconveniente.
“Oh... esperimenti, vero? Affascinante...un modo cosi intelligente di passare la serata! Stia attento al fegato...Signor Holmes. Buona serata!” dichiaro’ Emily con un cenno di saluto ironico verso il consulente investigativo.
John avverti’ chiaramente la profonda inspirazione che Sherlock fece nel tentativo di non rispondere.
Tentativo non riuscito.
“Molly apprezzera’ di sicuro il kimono che le ha portato in regalo” dichiaro’ infatti lui seccamente, prima di uscire rapidamente dal laboratorio.
Zia Emily non pote’ trattenere un lieve moto di sorpresa, tuttavia si riprese in fretta e si volto’ verso sua nipote, che ora la stava guardando niente affatto contenta.
“Perche’ ti sei comportata cosi?” le chiese infatti Molly.
“Cosi come?”
“Non fare finta di nulla, zia. Lo hai provocato sin dal primo momento!”
Emily scosse la testa.
“Lui non mi piace, tesoro. Non mi piace cio’ che leggo su di lui nei giornali e certamente non mi piace quel poco che mi hai raccontato tu in questi anni. So che ti tratta in maniera orribile e ti da’ per scontata, costringendoti a fare cose che vanno ben oltre il tuo dovere. E non sono stupida, so che tu in qualche modo hai giocato un ruolo nella sua finta morte. Ti rendi conto? Hai rischiato la tua carriera per uno sciocco arrogante e insensibile!”
“Tu non sai nulla!” protesto’ con forza Molly, zittendo Emily di colpo.
“Che cosa non so?” chiese quest’ultima con un tono piu’ dolce, ma fu il turno della nipote di scuotere la testa.
“Non... no. Lascia perdere. Senti, ho ancora un sacco di lavoro da fare e i risultati delle analisi arriveranno tra un po’, perche’ non vai a riposare?”
“Molly?”
“Per favore, zia. Ho bisogno di concentrarmi e sono sicura che sei stanca... possiamo vederci piu’ tardi”
Emily esito’ ancora un attimo poi annui’.
“No, hai ragione. E poi devo incontrare gli altri amici che arriveranno stasera, avevamo in programma una rimpatriata con altri ex colleghi. Qualcuno deve spiegare loro cosa e’ successo e anche tu hai bisogno di riposo. Hai l’aria stanca. Mi farai sapere non appena avrai notizie piu’ certe?”
Molly annui’ piano e si lascio’ abbracciare, poi osservo’ la zia uscire con passo deciso dal laboratorio.
“Mi hai davvero portato un kimono?” le chiese mentre stava per attraversare la porta.
Emily strinse le labbra infastidita e Molly capi’ che Sherlock aveva avuto ragione.
Il che significava che quell’incontro era stato un vero disastro.
 
***
 
“Perche’ io non le piaccio?”
Sherlock si tolse il cappotto e la sciarpa con dei movimenti veloci e mise il contenitore con il fegato nel frigorifero, poi si lascio’ cadere sul divano.
“Non essere noioso, John.”
“Mi ha chiamato blogger!”
“E’ quello che sei” lo liquido’ Sherlock con un cenno della mano.
“NO! Io sono uno stimato professionista che si da’ il caso ami anche raccontare i casi di cui si occupa con te!”
“In modo spesso troppo descrittivo e ridicolarmente romanzato”
“In modo piacevole e avvincente per chi mi segue! E non stavamo parlando di questo! Quella donna  ha una lingua tagliente e l’ha usata anche con me! Tu ci sei abituato, ma io piaccio sempre alle vecchie signore. Sono quello educato e gentile, con l’aria da bravo ragazzo. Lestrade ha ragione, come possa essere una parente di Molly va oltre ogni ragionevole comprensione”
Sherlock emise un suono rauco di insofferenza e si raddrizzo’.
“Non le piaci semplicemente perche’ hai a che fare con me!” sbotto’.
John considero’ per un attimo quell’affermazione, poi annui’ convinto.
“Giusto. Per qualche motivo non ti sopporta e quindi se l’e’ presa anche con me. Un po’ arrogante, da parte sua. Sai, adesso che ci penso vi assomigliate molto”
Lo sguardo di Sherlock divenne di fuoco.
“Io non condivido nulla con quella donna!”
O quasi, si ritrovo’ a pensare, scacciando subito lo sguardo di Molly dalla sua mente.
John sorrise.
“Come no... si e’ ammanettata ad un cadavere per far si che si prendesse in considerazione l’ipotesi di un omicidio e ha sfoderato una serie di osservazioni a proposito della scena del crimine... testarda e brillante. E con la spiacevole propensione a esporre giudizi e considerazioni senza il minimo riguardo. Nooo, non condividete proprio nulla” termino’ in modo ironico.
“Stai elaborando un cumolo di sciocchezze per compensare il fatto che quella donna ti ha liquidato...ma sono sicuro che il tuo ego sopravvivera’” mormoro’ Sherlock, congiungendo le mani al mento.
John prese il gesto per quello che era, la dichiarazione che la discussione era finita.
“Vado da Mary, dormo da lei stanotte e domani vado direttamente al lavoro” dichiaro’, incerto se ripetere l’affermazione per essere sicuro che Sherlock avesse capito. Piu’ di una volta gli era capitato di uscire dopo averglielo detto solo per essere raggiunto da un sms qualche ora piu’ tardi, in cui il consulente investigativo gli chiedeva dove fosse.
“Mmmm” fu l’unica risposta che ebbe.
La giudico’ soddisfacente.
***

Molly termino’ il suo turno con un mucchio di scartoffie fino a che non giunsero i primi risultati delle analisi di Edward St. James.
I livelli di calcio nel sangue erano estremamente elevati.
Questo poteva significare solo una cosa, cosi prese il telefono e fece partire la chiamata.
“Lestrade” rispose una voce stanca.
“Greg? Ciao... scusa se ti disturbo, forse sei gia’ fuori servizio”
Pote’ quasi vedere il sorriso comparire sul volto dell’Ispettore.
“No... sto terminando alcune scartoffie. Novita’?”
Molly inspiro’ a fondo.
“Sembra proprio che zia Emily avesse ragione. Ho rilevato una ipercalcemia nelle analisi del professor St. James”
“Che tradotto in termini profani per noi comuni mortali significa?” scherzo’ Lestrade, tuttavia improvvisamente attento.
“Il calcio e’ un elemento comune nel nostro organismo, ma in grandi quantita’ provoca un calo del magnesio, che permette di solito il rilassamento dei muscoli, anche quelli cardiaci. In parole povere, la muscolatura del cuore e’ stato esposta a uno sforzo eccessivo e innaturale che alla fine lo ha costretto a cedere”
“Fammi capire. Piu’ calcio significa meno magnerio. Quindi qualcuno gli ha iniettato tanto calcio da ucciderlo?”
Molly scosse la testa.
“No. E’ stata una cosa graduale, ho eseguito un’analisi istologica dei tessuti dello stomaco, il calcio era concentrato li in grandi quantita’.”
“Ma come e’ possibile?”
“Sherlock e zia Emily hanno detto...”
“Che cosa? Sono stati li insieme?
“Lascia stare, per favore. Comunque, il professore non prendeva farmaci per il cuore, ma aveva degli altri medicinali con se’. A quanto pare ultimamente aveva cominciato a soffrire di ansia e di un leggero disturbo ossessivo. Suggerirei che la scientifica faccia delle analisi per capire se in qualche modo il calcio e’ stato somministrato attraverso le medicine. In questo modo, l’avvelenamento sarebbe stato graduale e giornaliero”
“Qualcuno potrebbe aver sostituito i medicinali?”
“Si, determinando un declino lento ma inesorabile”
“Ok, Molly. Ottimo lavoro. Metto subito all’opera  i miei. Grazie”
“Va bene. Ci sentiamo. Ciao”
Riaggancio’ e rimase in contemplazione del telefono per qualche secondo, poi si riscosse. Non c’era davvero piu’ nulla che potesse fare, per quella sera.
Decise che avrebbe parlato con zia Emily la mattina successiva: se era davvero con altri amici, non aveva senso disturbarla per comunicarle qualcosa che lei sapeva gia’. Meglio aspettare di avere la conferma sullo scambio di medicinali.
Il cellulare emise un segnale di entrata di un messaggio.

JOHN NON RIENTRERA’ STANOTTE. VIENI A BAKER STREET. SH
Molly strinse gli occhi.
Stava scherzando, vero?
Comincio’ a digitare velocemente una risposta.

OH GUARDA, COSI ADESSO SEI DI NUOVO CAPACE DI SCRIVERE SMS? MH
NON HO MAI SMESSO DI ESSERNE IN GRADO. SH
Idiota.

NO, GRAZIE. CREDO CHE ANDRO’ A CASA A FARMI UNA LUNGA DOCCIA CALDA. MH
C’E’ UNA DOCCIA PERFETTAMENTE FUNZIONANTE ANCHE QUI. SH
Molly scosse la testa e inspiro’ a fondo: c’era sul serio la possibilita’ che lui non stesse davvero capendo.

E POI? RICOMINCIAMO A DISCUTERE O PENSI DI NON PARLARMI PER TUTTA LA NOTTE? MH
BAKER STREET, MOLLY. SH
Oh, no. Assolutamente no.

PER FAVORE. SH.
Accidenti, accidenti a lui.
***

Sherlock Holmes stava lavorando al microscopio quando Molly giunse a casa.
La signora Hudson era fuori, quindi non aveva neanche dovuto salire le scale troppo silenziosamente.
Lui le getto’ un’occhiata distratta quando comparve sulla porta e lei entro’ senza pronunciare una parola, cominciando a spogliare borsa e cappotto.
Poi si diresse verso il bagno.
“Ti ho messo un’asciugamano pulito e il pigiama che hai lasciato l’ultima volta” fu  l’unico commento dell’uomo, che tuttavia rimase in attesa, quasi aspettandosi una qualche replica.
Lei invece non si curo’ di rispondere: in fondo, era stato lui a chiederle di venire e ora aveva davvero solo voglia della sua doccia calda.
Un’ora dopo, Molly usci’ dal bagno piu’ rilassata e meno incline al litigio, anche se assolutamente convinta del loro bisogno di parlare.
Sherlock aveva ordinato dal suo take away preferito e lei considero’ il gesto come una piccola offerta di pace.
Rimase a guardarlo lavorare in silenzio mentre mangiava, poi si rassegno’ ad essere la prima a rompere il ghiaccio: al contrario di qualcun altro, lei era una persona matura che poteva fare il primo passo.
“Come va l’esperimento?” domando’ quindi, osservandolo mentre prendeva appunti dopo aver guardato attraverso il microscopio.
Lui non alzo’ la testa.
“Soddisfacente” decreto’, continuando a fissare il campione attraverso le lenti.
Il suo tono piatto e indifferente indispetti’ Molly, che addento’ un involtino primavera e si rifiuto’ di continuare a provare a instaurare una conversazone.
Mangio’ una buona parte del take away e poi si mise a riordinare: mentre gli passava dietro dopo aver messo un piatto nel lavandino, lui le afferro’ il polso.
Lei si fermo’, poi si senti’ tirare dolcemente e arrivo’ a sedergli in grembo.
Sherlock inspiro’ piano il profumo dei suoi capelli appena lavati, poi le poso’ un lieve bacio sul collo.
Molly chiuse gli occhi e si abbandono’ al suo abbraccio, consapevole tuttavia che quello non era l’approccio giusto per cominciare a parlare.
“Edward St. James e’ stato ucciso” mormoro’ quindi.
“Lo so” decreto’ Sherlock, posandole un altro bacio, questa volta sulla spalla.
“Vuoi sapere come?” gli chiese sentendosi sempre piu’ rilassata e meno propensa alla discussione.
“No” rispose lui, baciandole l’altra spalla.
“No?” Molly apri’ gli occhi e alzo’ un sopracciglio un po’ stupita.
“No” confermo’ Sherlock, rafforzando la sua presa su di lei.
“Perche’ sai gia’ come e’ successo?”
“Perche’ non mi interessa, in questo momento” la sua voce le arrivo’ vicinissima.
Molly si volto’ verso di lui e lo osservo’ bene.
Era sbagliato, assolutamente sbagliato, perche’ avevano bisogno di parlare: in quel momento, pero’, tutti i motivi delle loro discussioni erano davvero difficili da ricordare, la sua espressione era cosi intensa da farle venire la pelle d’oca. Quando lui la guardava cosi, lei riusciva a dimenticare tutto il resto.
“Che cosa vuoi, allora?” gli chiese infine.
Per tutta risposta, Sherlock la bacio’.
E continuo’ a baciarla lungo tutto il percorso fino alla camera da letto.
 
 
 
 
 
 spero che la spiegazione del delitto non sia troppo campata in aria, essendo frutto di qualche ricerca (poca) e un po' di immaginazione!

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Ce l’ho fatta! Nuovo capitolo... scusate l’attesa, ma ho l’impressione che questa fanfic avra’ degli aggiornamenti non troppo ravvicinati nel tempo. Spero pero’ che vi piaccia e come al solito, procedo a ringraziare chi sta seguendo la storia e soprattutto chi ha recensito anche il capitolo precedente: Efy, IrregolarediBakerStreet, leloale e martiachan.
E come sempre, nessun personaggio mi appartiene e anche se mi stanno facendo penare un po’, scrivere di loro mi diverte molto.
 
 
OGNI SINGOLO ISTANTE
CAPITOLO QUATTRO
 
 
Sherlock Holmes apri’ gli occhi di scatto: raramente i suoi risvegli erano lenti o indugiavano negli ultimi scampoli di sonno, piu’ spesso invece i suoi sensi si riacutizzavano tutti  d’un colpo e in un secondo era nuovamente consapevole di cio’ che lo circondava, dell’orario e di ogni altro dettaglio degno di nota.
Quel particolare momento era di una straordinaria semplicita’, ovviamente: il suo sonno non era durato che qualche ora, la luce dei lampioni che penetrava attraverso le finestre e il buio in cui era immersa la stanza gli dicevano che era ancora notte e a giudicare dai rumori del traffico, l’alba era ancora lontana.
Piu’di tutto, pero’, Sherlock registro’ l’assenza di Molly accanto a lui e questo non gli piacque neanche un po’.
Rotolo’ verso l’altra meta’ del letto e affondo’ il naso nel cuscino accanto a lui, registrando il calore che ancora emanava dal materasso e il profumo del suo bagnoschiuma (quello che teneva in una borsa nascosta nell’armadio di quella stessa stanza, insieme al suo shampoo preferito e ad alcuni effetti personali): si era alzata da poco, quindi, e quando Sherlock udi’ un rumore provenire dal soggiorno e contemporaneamente registro’ la presenza dei suoi vestiti su una sedia, emise un inconsapevole sospiro di sollievo.
Lei non se ne era andata.
Sherlock sapeva di aver agito in maniera poco leale e in qualche modo codarda: naturalmente era a conoscenza del fatto che Molly volesse  parlare di cio’ che stava succedendo, glielo aveva scritto anche nei due messaggi a cui lui non aveva risposto, incapace in quel momento di assicurarle la sua disponibilita’ a comunicare... e quando le aveva chiesto
(pregato)
di venire a Baker Street aveva scelto di evitare ogni conversazione, perche’ sapeva che probabilmente si sarebbe trasformata in uno scontro.
Sherlock non voleva uno scontro. Voleva che le cose tornassero ad essere semplici come erano state all’inizio.
Ultimamente invece tutto si evolveva sempre un un litigio e l’arrivo di quella donna insopportabile, che chiaramente lo giudicava in modo negativo, non aveva fatto che acuire la sensazione di trovarsi incastrato in qualcosa piu’ grande di lui, che aveva sempre piu’ difficolta’ a gestire: era sicuramente frustrante non riuscire ad avere momenti di confronto senza essere sempre presi da qualcosa d’altro (da quando era tornato quattro mesi prima, il suo lavoro aveva avuto un’impennata pazzesca, tutti sembravano volere il grande Sherlock Holmes al loro servizio, tutti all’improvviso gli credevano e lo consideravano un genio e Sherlock stava lavorando senza sosta. Molly, dal canto suo, si sentiva in dovere di dimostrare di essere affidabile ai suoi superiori dopo averlo aiutato ad inscenare la sua morte: tra casi, turni notturni e sciocche scuse a John, le notti passate insieme negli ultimi tempi si potevano contare sulle dita di una mano), ma Sherlock sapeva che se anche il loro rapporto non fosse stato un segreto ben custodito, probabilmente le cose non sarebbero state diverse.
Non erano i momenti rubati e il poco tempo a disposizione... era qualcosa di molto, molto piu’ profondo e la verita’ era che la situazione stava diventando difficile.
E la sensazione di non sapere come gestirla era qualcosa che lo disgustava profondamente e lo innervosiva: non gli piaceva non sapere come fare una cosa ma soprattutto, non gli piaceva l’espressione che Molly aveva sempre piu’ spesso negli occhi, un’espressione triste o scontenta.
Non gli piaceva la consapevolezza che lei volesse un cambiamento, perche’ lui non era pronto a un cambiamento; non gli piaceva l’idea di dover dimostrare chissa’ che cosa, di dover ammettere le sue debolezze e le sue insicurezze rispetto al loro rapporto. Era una cosa loro, era una cosa privata, non capiva come il fatto che potesse divenire di pubblico dominio potesse aiutarlo a gestire la marea di sensazioni e si... di emozioni che lo colpivano ogni volta che stavano insieme, ogni volta che realizzava cio’ che erano diventati l’uno per l’altra.
Dopo la cena di un mese prima, in cui era riuscito per l’ennesima volta ad offenderla, Sherlock aveva assicurato a Molly che non doveva avere alcun timore su quello che lui provava nei suoi confronti, ma il tempo stava rivelando tutta la sua immensa inabilita’ a gestire un rapporto e lei, tra le sue personali insicurezze e la sua pazienza agli sgoccioli, non riusciva piu’ ad aiutarlo e a rassicurarlo. D’altronde, a quanto pareva, la cosa era reciproca.
Fino a poco tempo prima le cose erano state  molto piu’ semplici...
D’altro canto, pero’, a quel tempo lui era “morto”.
Sherlock odiava ammetterlo, ma quella sera aveva usato il sesso come espediente per evitare di parlare.
Non che non gli avesse fatto piacere: era straordinario osservare come il corpo di Molly sembrasse essere sempre pronto a rispondere al suo, era straordinario pensare di poter raggiungere un livello cosi alto di intimita’ con un’altra persona, ma persino lui si rendeva conto che quello non poteva bastare.
Con uno scatto nervoso, scalcio’ via le coperte e si alzo’ alla ricerca della sua vestaglia ma non la trovo’ da nessuna parte.
Un sorriso lieve gli comparve sul volto.
Apri’ piano la porta della camera e vide Molly seduta sul divano, il trattato sulla psicopatologia dei criminali seriali che lui aveva comprato due giorni prima aperto davanti a lei.
Aveva indosso la sua vestaglia.
Molly registro’ quasi subito la sua presenza nella stanza e alzo’ il viso dal libro.
“Spero non ti dispiaccia” gli disse, non specificando se si riferisse alla vestaglia o all’oggetto che aveva tra le mani.
“No di certo” rispose lui, reprimendo l’impulso di dirle che l’unica cosa che gli dispiaceva veramente era di non essersi svegliato accando a lei. Poi realizzo’ che lei si stava quasi scusando di una cosa che invece avrebbe dovuto essere piu’ che naturale e questo lo irrito’: perche’ lei doveva sentirsi in colpa per aver indossato la sua vestaglia o aver letto un suo libro?
“Non riuscivo a dormire” la senti’ infatti dire, come se si sentisse in dovere di aggiungere una spiegazione.
“Non hai bisogno di giustificare il fatto che stai usando delle cose mie” le rispose Sherlock con un tono quasi scocciato.
“Non mi sto giustificando, ti sto spiegando. E poi questa e’ casa tua” commento’ altrettanto seccamente Molly, lasciando in sospeso la fine della frase.
E’ casa tua... non mia. Qui sono comunque un ospite.
Un silenzio teso scese nella stanza, tutta la tenerezza e la passione di poco prima ormai archiviate.
Sherlock senti’ aumentare la sua irritazione: perche’ doveva bastare cosi poco a cancellare tutto quello che avevano vissuto fino a poche ora prima?
Era frustrante.
Frustrante.
“Avro’ necessita’ di alcuni elementi in piu’ per il mio esperimento” replico’, scegliendo di cambiare argomento.
Molly sembro’ sul punto di rispondere qualcosa, ma poi nei suoi occhi comparve uno sguardo rassegnato e si alzo’, appoggiando con calma il libro sul tavolino di fronte a se’.
“Aspetta, prendo il telefono e mi segno degli appunti” rovisto’ all’interno della sua borsa e trovo’ il cellulare. Emise un piccolo gemito contrariato non appena lo schermo si illumino’.
“Accidenti, l’avevo in modalita’ silenziosa. Zia Emily ha chiamato tre volte. E’ tardi, ma forse e’ meglio che provi a contattarla”
Sherlock si irrigidi’.
“Puo’ sicuramente aspettare fino a domani, non credi?” domando’.
Molly alzo’ gli occhi verso di lui con aria sorpresa: non solo il suo tono, ma anche la smorfia sul suo viso indicavano il profondo fastidio di Sherlock.
“Perche’ i tuoi preziosi esperimenti sono piu’ importanti?” gli chiese incredula.
Lui strinse le labbra.
“Perche’ tu adesso sei qui, con me” replico’.
Molly scosse la testa.
“E questo preclude il fatto che io possa sentirla? Ti rendi conto di quanto suoni pretenzioso?” il tono della sua voce si fece piu’ nervoso.
Sherlock senti’ la sua irritazione trasformarsi in vera rabbia: tutta quella discussione non aveva alcun senso.
“E’ tardi, l’hai detto anche tu.  Sono quasi le due di notte... Quella donna non puo’ aspettare fino a domani mattina?” domando’ alzando un po’ la voce.
Molly fece un profondo respiro nel tentativo di dominarsi.
Quella donna” inizio’ a denti strettie’ una delle poche persone di famiglia che mi sono rimaste, non potresti cercare di essere piu’ conciliante?”
“Non mi sembra che lei ci abbia provato con me. E perche’ mai io dovrei farlo, comunque?”
“Perche’ e’ mia zia, Sherlock! Perche’ le voglio bene! Perche’ e’ la mia famiglia!” sbotto’ Molly alzando le braccia al cielo.
Sherlock le si avvicino’, sul viso un’espressione furente.
“E questo automaticamente fa si che io debba impegnarmi a farmela piacere? Mi sembra un meccanismo alquanto assurdo e inutile, Molly! E non funziona certo in tutte le famiglie!”
Lei si morse un labbro e nei suoi occhi passo’ un lampo di incertezza.
“A me... a me piace pensare di piacere a Mycroft!” disse infine con una voce piu’ dimessa.
Il nome del fratello contribui’ ad aumentare il nervosismo di Sherlock, che  fece una smorfia di scherno.
“A Mycroft non piace nessuno, Molly. Non capisco perche’ tu dovresti costituire un’eccezione” replico’ in tono piatto.
Lui registro’ il suo sguardo ferito nel momento stesso in cui le parole finirono di uscire dalla sua bocca: maledizione, era per questo che odiava tanto discutere, finiva sempre per dire qualcosa di oltremodo sbagliato. Non aveva davvero avuto l’intenzione di dirle questa cosa, non era neanche la verita’. Era stato crudele senza motivo: sapeva che, per qualche strano e contorto motivo, Molly teneva al giudizio di Mycroft e lui non era mai stato scortese quelle poche volte in cui si erano incontrati, l’aveva addirittura ringraziata quando...
“Mi... dispiace. Non intendevo...” comincio’ a dirle, nella speranza di poter rimediare in qualche modo al suo errore.
“Lascia stare” disse piano Molly tornando a guardare il cellulare.
“Molly...”
Ma lei non lo stava gia’ piu’ ascoltando, un orecchio premuto al telefono.
“Pronto? Mi scusi...” Sherlock pote’ vedere la sua fronte aggrottarsi per la confusione “ho chiamato il cellulare della dottoressa Hastings, con chi sto parlando? Che cosa?? Quando? E come sta?”
Molly si porto’ la mano libera fra i capelli e ve la fece passare attraverso con un movimento di frustrazione.
“Si, si, certo. Sto arrivando”
Riattacco’ e si diresse in camera da letto.
Sherlock la segui’ e la vide cominciare a raccogliere i vestiti per prepararsi ad uscire.
“Che succede?”
Molly parlo’ senza smettere di muoversi.
“La zia e’ stata aggredita al ritorno nella sua stanza d’hotel. Pare che ci fosse un ladro in camera, che quando e’ arrivata l’ha scansata per scappare e l’ha fatta cadere. Non sembra essere niente di grave, la sua amica con cui ho parlato mi ha assicurato che sta bene, solo una botta. Vado in ospedale, e’ al pronto soccorso”
“Ti accompagno”
“No” rispose brusca Molly, finendo di infilarsi il maglione.
Lui rimase a guardarla interdetto dalla soglia della camera.
“No” ripete’ lei, questa volta in un tono piu’ pacato “hai ragione. Voi due... non vi piacete. Si creerebbe una situazione di tensione e io non voglio. Non e’ proprio quello di cui c’e’ bisogno in questo  momento. E poi sarebbe oltremodo sospetto, se ci presentassimo insieme” fece una smorfia dopo aver pronunciato queste parole e lo oltrepasso’ per uscire dalla stanza.
Sherlock rimase a guardarla senza piu’ parlare mentre lei si infilava sciarpa e cappotto e chiamava un taxi.
Poi Molly usci’ chiudendo piano la porta dietro di se’: Martha Hudson aveva il sonno pesante ma non si poteva mai dire, la prudenza non era mai troppa.
Sherlock registro’ con un moto di fastidio misto a dispiacere che lei non l’aveva nemmeno salutato.
 
***
 
La voce di Emily guido’ Molly fino al letto in corsia su cui era stata sistemata.
“Quante volte ve lo devo ripetere? Sto bene e sono anche un medico, lo saprei mille volte meglio di voi se ci fosse qualcosa che non va. Facevo diagnosi quando ancora lei usava il pannolino, dottore! Lasciatemi uscire!”
“Signora Hastings...” comincio’ la voce frustrata di un giovane medico.
Dottoressa Hastings...” replico’ Emily con un tono di ammonimento.
“Dottoressa Hastings...” riprese con un sospiro il suo interlocutore.
Molly osservo’ con pieta’  lo specializzando che stava cercando di ragionare con sua zia e decise di andare  in suo soccorso.
“Zia Emily?”
La donna la vide e le rivolse un sorriso smagliante.
“Oh, cara! Ciao! Non dirmi che ti hanno disturbato per questa sciocchezza... Anna!” sbotto’ rivolgendosi a una donna circa della sua eta’ che le era accanto “Hai disturbato mia nipote per questa sciocchezza?”
L’amica che evidentemente aveva avvertito Molly si limito’ a scuotere le spalle e a sorridere: era una donna piccola e rotondetta con corti capelli bianchi e un’espressione simpatica sul viso.
“Lei ha ricevuto un colpo alla testa...” tento’ di nuovo di farsi sentire il giovane medico “un trauma cranico puo’ essere sempre-”
“Oh... non vuole proprio stare zitto, vero?” si lamento’ Emily, degnandolo appena di un’occhiata per poi riprendere a parlare “Molly cara, e’ stato un piccolo incidente e io sto benissimo. Anna non avrebbe dovuto farti preoccupare. Naturalmente faro’ pervenire le mie lamentele al direttore dell’albergo per la straordinaria carenza di sicurezza della struttura, ma ti assicuro che non mi sono fatta nulla. Ora, se questo giovanotto si decidesse a firmare la mia dimissione, potremmo tutti andare a farci una bella dormita”
In un ultimo strenuo tentativo di riaffermare la sua professionalita’, il medico riprese a recitare le sue raccomandazioni.
“Dovete osservare ogni minimo segno di  nausea o vertigini, sfalsamento delle pupille o confusione...”
“Quale parte in cui le dicevo della mia laurea in medicina le e’ sfuggita, insomma?” lo interruppe annoiata Emily.
“Zia!” esclamo’ Molly con tono fermo, facendo calare il silenzio nella corsia e guadagnandosi l’attenzione di tutti.
Annuendo soddisfatta, la ragazza riprese a parlare.
“Dottore, la ringrazio infinitamente. Suppongo che le analisi di routine siano gia’ state eseguite?”
“Tac, analisi del sangue e dei riflessi pupillari e muscolari” annui’ il medico, contento di poter finalmente spiegare il suo operato.
Emily si limito’ a roteare gli occhi, ma Molly annui’ di nuovo.
“Bene, la ringrazio infinitamente. Sono la nipote della signora, che ora la ringraziera’ di cuore per la sua gentilezza e la sua pazienza. Le assicuro che stanotte stara’ con me e mi accertero’ che non abbia nessun problema. Non e’ vero, zia?” il tono era dolce, ma lo sguardo era deciso.
Emily rimase in silenzio per qualche secondo con fare imbronciato, poi capitolo’.
“La ringrazio per le sue inutili ma sicuramente attente cure, Dottore” dichiaro’ con un sorriso che chiariva che non si sarebbe spinta oltre.
Molly chino’ il capo rassegnata.
In quel momento nel corridoio apparve un buffo ometto alto non piu’ di un metro e sessanta con un bel paio di baffi e una lucida pelata. Aveva un paio di occhiali da vista spessi come il fondo di un bicchiere e osservo’ il gruppo con aria stupita.
“Emily... stiamo andandocene? Dubito che riusciremo a trovare del te decente, in questo posto”
“Siamo in un ospedale, Donald... io l’avevo detto che dovevamo insistere perche’ ce ne preparasse un po’ la cucina dell’albergo prima di venire qui con il taxi. Era il minimo che potessero fare, visto che hanno fatto entrare un malfattore nella mia stanza!”
“Un momento” si intromise Molly “non sei venuta in ambulanza?”
“E perche’ avrei dovuto?” chiese sinceramente stupita Emily “Cara, ti presento Anna Stoller e Donald Custer, i mie vecchi compagni di universita’. Loro mi hanno accompagnata qui, eravamo reduci dalla nostra cena insieme. E ora” dichiaro’, balzando giu dal lettino e infilandosi il cappotto che prontamente l’amico le aveva appoggiato sulle spalle “andiamocene di qua. Gli ospedali dove io non lavoro non mi sono mai piaciuti”
Lo specializzando si affretto’ ad allontanarsi.
I tre amici si avviarono con passo allegro verso l’uscita.
Molly Hooper si chiese tristemente cosa quella notte avesse ancora da riservarle... scuotendo piano la testa si disse che era probabilmente in procinto di scoprirlo.
Dopotutto, non si era appena offerta di badare a zia Emily per le prossime ore?
 
***
 
“Naturalmente non andremo al tuo appartamento, cara” dichiaro’ Emily subito dopo che il taxi li ebbe caricati tutti e quattro.
Appunto.
“Zia...” comincio’ Molly in tono stanco, ma fu subito interrotta.
“Staro’ nell’albergo di Anna e Donald, vero?” guardo’ interrogativamente i due amici, che si affrettarono ad annuire solennemente.
Il taxista accolse con un cenno l’indirizzo della struttura e mise in moto la macchina.
“Bene, la questione e’ risolta. Cosi non saro’ sola e tu sarai tranquilla, ma non posso pensare davvero di disturbarti visto che tra poco inizi un nuovo turno di lavoro. Hai l’aria di una che non ha dormito molto, stanotte”
Molly si senti’ arrossire.
“Ehm... ecco io... ho lavorato fino a tardi e poi ho avuto problemi ad addormentarmi” dichiaro’.
In fondo era la verita’, ma ovviamente il punto era un altro.
“Zia Emily? Non trovi un po’ strano che un tuo amico venga ucciso e che il giorno stesso della sua morte tu abbia trovato un ladro in camera?”
La donna la guardo’ stupita.
“Certo che no, cara. Evidentemente quel delinquente stava cercando qualcosa, ma ti assicuro che il caro Edward non mi aveva dato nulla. Non ci eravamo ancora neppure visti! La faccenda si sta facendo un po’ complicata ma anche molto interessante, non trovate anche voi?” disse rivolgendosi con un tono eccitato di nuovo ai due amici, che si limitarono ad annuire ancora.
Molly capitolo’, troppo stanca per poter anche solo ribattere che non era il caso di prendere la situazione alla leggera.
“Ok, ma piu’ tardi ci risentiamo e voglio che passi una notte tranquilla. Avvertirai anche l’ispettore Lestrade” dichiaro’ con fermezza, decidendosi poi a condividere i risultati delle analisi che aveva condotto.
“Ipercalcemia...” considero’ un attimo dopo zia Emily “astuto. Complicato ma astuto. Povero Edward... chissa’ in che cosa era coinvolto...”
Il resto del viaggio si svolse in silenzio fino a che non arrivarono all’hotel.
Dopo aver salutato i tre, Molly diede l’indirizzo del suo appartamento all’autista: per un attimo ebbe la tentazione di chiedere di essere portata a Baker Street, ma la scaccio’ subito; controllo’ il suo cellulare, ma come aveva previsto non c’erano chiamate perse o sms in entrata: ripenso’ alle parole di Sherlock e le venne un nodo alla gola.
Potevano anche essergli sfuggite in un momento di rabbia, ma le aveva comunque pronunciate.
E le avevano fatto molto male.
 
***
 
I risultati sui medicinali di Edward St. James arrivarono nel primo pomeriggio e Molly li rilesse stupita piu’ di una volta, prima di rassegnarsi al fatto che quel caso era sempre piu’ confusionario.
Nessuno dei farmaci presenti nella stanza e che il professore prendeva abitualmente era stato adulterato, il che significava che il calcio era stato somministrato in qualche altro modo.
“Dovremo indagare in un’altra direzione” ammise Lestrade, prima di cominciare a giocherellare con un vetrino appoggiato sul tavolo di Molly “abbiamo contattato le autorita’ della cittadina dove si era ritirato a vivere dopo il pensionamento, ma quelli fanno gli gnorri. Assicurano tutta la disponibilta’ e la collaborazione di cui abbiamo bisogno, ma hanno fatto chiaramente intendere di ritenere il caso una nostra responsabilita’, visto che e’ morto qui”
“Cosa ti ha detto zia Emily a proposito dell’aggressione?”
L’uomo la guardo’ confuso.
“Aggressione?”
Molly emise un gemito: quella mattina si era svegliata tardi ed era subito corsa al lavoro, dove la aspettavano un’immensa mole di scartoffie da compilare e un’autopsia urgente; aveva davvero davvero sperato che la zia avesse fatto quello che le aveva detto e avesse contattato la polizia.
Prese il cellulare e fece partire la chiamata.
“Pronto?” rispose una voce gentile.
Evidentemente non zia Emily.
“Anna, giusto?” comincio’ Molly, cercando di restare calma “sono la nipote di Emily. Avrei urgente bisogno di parlare con lei... me la puo’ passare per favore?”
“Ehm... al momento no, cara”
“E perche’ no, di grazia?” sbotto’ Molly, incapace ormai di dominare l’irritazione.
“E’ uscita, ma ha detto che non ci avrebbe messo molto. E che il cellulare non le sarebbe servito... ecco perche’ l’ha lasciato qui e ho risposto io!” ribatte’ Anna con tono gioviale.
“Uscita? E’ reduce da una commozione celebrale, non doveva uscire!”
“Oh... ma mi ha assicurato che stava bene, cara. E sai bene com’e’, quando si mette in testa qualcosa” Anna sembro’ improvvisamente molto dispiaciuta e Molly si senti’ in colpa.
“Va bene... va bene. Posso almeno sapere dove e’ andata?” chiese con un sospiro.
“Adesso che ci penso, ha detto una cosa strana. Ma sono sicura di aver proprio capito bene”
“Strana in che senso?” domando’ Molly di nuovo sul chi vive.
“Ha detto che stava andando ad incontrare l’unico consulente investigativo al mondo. E’ strano, non pensavo nemmeno esistesse un lavoro con quel nome”
 
 
 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Bene. Mi e’ stato detto di fare in fretta, ma anche di prendermi il tempo necessario. Questo e’ il risultato: e’un capitolo lungo ma doveva per forza finire cosi. Vediamo cosa ne pensate?
Intanto grazie a Efy, IrregolarediBakerStreet, kagura e martiachan per le loro recensioni!!! 

 
OGNI SINGOLO ISTANTE
CAPITOLO 5
 
 
“Parola mia, Martha. Questi sono in assoluto i migliori biscotti che io abbia mai mangiato! Mi dica, qual e’ il suo segreto?”
“Oh, che gentile. Ma Le assicuro che non c’e’ nessun segreto, solo la stessa ricetta da piu’ di quarant’anni!”
Sherlock Holmes recepi’ lo scambio di battute mentre entrava dal portone di Baker Street e subito si fermo’ interdetto.
L’orribile donna era entrata nel suo territorio.
Lui era uscito due ore prima, dopo che la Signora Hudson aveva minacciato di chiamare John o Lestrade (o entrambi, giusto per essere sicura) se lui non avesse smesso di suonare il suo violino in quel modo tortuoso e orribile.
Una passeggiata avrebbe in qualche modo dovuto aiutarlo a calmarsi, ma non aveva funzionato molto: la discussione con Molly e la loro brusca separazione continuavano a ritornargli alla mente e a nulla erano valsi qualche esperimento, i suoni sgraziati che aveva prodotto con il suo strumento o l’analisi spietata di tutte le persone che aveva incontrato per strada.
E ora, la zia di Molly era li, a casa sua. A quanto pareva, stava condividendo the e biscotti con la sua padrona di casa.
Richiuse la porta con violenza, assicurandosi che il rumore prodotto fosse forte e ben udibile.
Infatti, qualche secondo dopo la signora Hudson fece capolino sulla soglia del suo appartamento.
“Sherlock, caro... sei tu? Si certo... John non fa mai sbattere la porta in questo modo vandalico!” borbotto’ la donna, ancora un po’ contrariata dal suo comportamento durante la mattinata.
“Chiedo scusa” replico’ lui “c’e’ un po’ di vento” sfodero’ un sorriso e osservo’ soddisfatto la Signora Hudson che lo ricambiava. Non riusciva mai a restare arrabbiata a lungo con lui.
“Buongiorno Signor Holmes” Emily si affaccio’ sulla soglia, sventolando la mano a mo’ di saluto “come va il fegato?”
Sherlock non si curo’ di mantenere un’espressione cordiale e serro’ le labbra, mentre Martha assumeva un’aria perplessa, spostando interrogativamente lo sguardo dall’uno all’altro.
Dopo qualche secondo di silenzio, Emily sorrise.
“Quello dell’esperimento, naturalmente” aggiunse, senza riuscire a nascondere una nota di divertimento nella voce.
La signora Hudson fece un sospiro.
“Di nuovo, Sherlock? Oh, per favore assicurati che non mandi un cattivo odore come l’ultima volta! Molly e’ cosi una cara ragazza, Emily, ma gli procura sempre un sacco di roba strana! Lui ha sempre cosi bisogno di tenersi occupato e di fare tutte quelle cose intelligenti e scientifiche!” termino’, non senza un tono orgoglioso.
Gli occhi di Emily si strinsero impercettibilmente, tuttavia si volto’ verso la Signora Hudson e le rivolse un’espressione cordiale.
“Sono sicura che mia nipote riesce ad essere molto... creativa. Ora, Martha, La ringrazio per avermi ospitato intanto che aspettavo, il the era ottimo e come ho gia’ detto,  i biscotti sono sublimi ma come puo’ immaginare...”
“Oh certo, certo” si affretto’ a rispondere l’altra donna “E’ venuta per vedere Sherlock! E’ stato un piacere, torni presto a trovarmi! Sherlock, caro... fai strada alla Dottoressa Hastings. L’appartamento e’ presentabile, vero?” domando’ con una punta di preoccupazione.
Il consulente investigativo fece un breve sospiro e si avvio’ lungo le scale, sicuro che Emily l’avrebbe seguito.
“Sono sicuro che la signora non si curera’ dello stato dell’appartamento e visto che Lei e’ stata cosi gentile da intrattenerla, Signora Hudson, non ci sara’ bisogno di offrirle nulla” ribatte’ senza voltarsi indietro.
Entro’ nell’appartamento, si tolse il cappotto e si mise a sedere sulla poltrona, congiungendo le mani sotto il mento.
Non poteva dire di essere elettrizzato da quella visita, tuttavia non poteva neanche negare la curiosita’ e la piccola punta di inquietudine che lo colsero mentre aspettava che la donna entrasse e si sedesse davanti a lui.
Dopo che Emily si fu accomodata, rimasero a fissarsi in silenzio per quasi un minuto, poi lei diede inizio alla conversazione.
“Lei non mi piace, Signor Holmes” commento’,  continuando a guardarlo.
I suoi occhi erano della stessa tonalita’ calda di quelli di Molly.
“Le posso assicurare che la sensazione e’ reciproca” rispose in tono piatto Sherlock, sostenendo lo sguardo.
Emily non sembro’ affatto colpita dalla sua risposta e sbotto’ anzi in una risata divertita.
“Bene. Ero certa che almeno questo sarebbe stato chiaro fin da subito”
“Lei non mi sopporta. Tuttavia e’ qui per offrirmi il caso e si aspetta che io lo accetti” aggiunse lui, tamburellando leggermente le dita all’altezza delle labbra.
“Per la verita’ ne sono abbastanza sicura. A meno che Lei non sia un completo idiota, della qual cosa invece non sono del tutto sicura.
Io sono una persona intelligente, Signor Holmes, so riconoscere quando c’e’ qualcosa che va oltre le mie capacita’ e so che Lei vive per situazioni come questa, dove c’e’ un mistero da risolvere e dove puo’ mettere alla prova le sue capacita’. Non condividero’ i suoi metodi, ma Le concedo il fatto che riesce bene in quello che fa. Le sto offrendo il caso perche’ sono certa che un normale lavoro di polizia non sia in grado di chiarire cosa sia successo ad Edward e perche’ gli ultimi sviluppi richiedono tutte le analisi possibili, anche la Sua”
Sherlock inclino’ leggermente il capo, invitandola a continuare a parlare.
Emily congiunse le mani in grembo e si chino’ leggermente verso di lui, un’aria decisa sul viso.
“Edward era un uomo tranquillo, che amava i libri e la letteratura. Non era tipo da mettersi nei guai e invece a quanto pare si e’ cacciato in qualcosa di grosso... di molto grosso, che non e’ riuscito a gestire e che gli ha provocato talmente tanta ansia da sviluppare un disturbo ossessivo”
“Lei non lo vedeva da molto tempo” osservo’ tranquillamente Sherlock.
Emily annui’.
“E’ vero, ma lo conoscevo bene. Ci siamo sentiti per telefono circa un mese fa ed e’ stato lui a chiedermi di tornare a Londra: era agitato per qualcosa, quando si entusiasmava perdeva la sua aria flemmatica e parlava senza sosta. Gli succedeva solo per qualche studio o libro particolarmente interessanti, che lo assorbivano totalmente... mi ha detto che aveva bisogno di vedermi e che aveva da raccontarmi una storia fantastica”
“Che genere di storia?”
“Non l’ha detto, ma devo confidarLe che non gli ho dato molto peso” negli occhi di Emily passo’ uno sguardo di dispiacere “L’ultima volta che mi aveva fatto un discorso del genere aveva trovato in una vecchia biblioteca una lettera, che pensava di poter attribuire a William Shakespeare. Era il suo campo di specializzazione, ha passato una vita a studiare le sue opere.
E’ saltato fuori che era un falso, ma lui era stato convinto fino all’ultimo della veridicita’ del documento e non faceva che parlare d’altro e passare ore ed ore chiuso nel suo studio a fare ricerche”
“Ha parecchie informazioni su di lui, pur non avendolo visto per molto tempo” considero’ Sherlock.
“Dopo il pensionamento si era ritirato a vivere ad Eton, dove vedeva spesso altri due nostri amici, Anna e Donald. Loro sono piu’... tecnologici, se si puo’ dire cosi, e spesso mi davano sue notizie. Questa volta evidentemente si era imbattuto in qualcosa di serio. Allora, accettera’ il caso?”
 “No” rispose Sherlock, alzandosi in piedi e andando verso la finestra.
“Che cosa? E perche’?” l’espressione di Emily rifletteva in parte sorpresa e in parte fastidio.
Lui rimase per un attimo in silenzio osservando la strada, poi si volse di nuovo a guardarla.
“E’ un caso noioso e stupido. Sarebbe stupita di sapere quante dispute tra accademici si risolvono con delle aggressioni”
Anche Emily si alzo’ in piedi.
“Si tratta di omicidio!” ribatte’, stringendo i pugni “E gli esami hanno rivelato una ipercalcemia, un modo abbastanza strano di uccidere!”
Negli occhi di Sherlock passo’ un lampo di curiosita’, che pero’ fu soppresso in fretta.
“Non sono interessato” ribadi’ invece “Riferisca tutte queste informazioni al Detective Ispettore Lestrade, e’ meno incompetente della media dei suoi simili. Gli riferisca anche dell’aggressione. Evidentemente qualcuno pensa che quel qualcosa di serio sia ora nelle sue mani, o non si sarebbe introdotto nella sua stanza la scorsa notte. Ed evidentemente Lei non sa di cosa si tratti, o non si sarebbe abbassata a chiedere il mio aiuto”
Emily gli si avvicino’ di un passo e fece una smorfia.
“Lei pensa di sapere tutto, vero?”
Sherlock si irrigidi’.
“So che se prendo questo caso avro’ a che fare con Lei e che questo non mi piacera’. Arrivederci, Dottoressa Hastings” rimase in attesa che lei uscisse.
“Lo sa? La facevo davvero piu’ intelligente” commento’ invece Emily senza muoversi.
Lui si limito’ a restare in silenzio.
“Lei sa della mia aggressione perche’ era con Molly, quando le hanno telefonato. Non lo neghi, per favore... insulterebbe la mia, di intelligenza. Non capisco perche’ mia nipote si ostini ad avere a che fare con Lei e adesso, Signor Holmes, teme che accettando il caso le cose fra voi due si complicheranno.
Mi sembrava di aver capito che Lei fosse il tipo di persona che non bada a queste cose e che non si lascia influenzare dai rapporti personali.
Da quando in qua questa e’ una cosa che La frena? Pensavo che per Lei fosse importante la caccia, l’enigma del caso stesso... Non e’ questo il motivo per cui il vostro rapporto, di qualunque tipo esso sia,  non funzionera’” concluse la donna.
“Lei sembra convinta che sia inevitabile e anzi se lo augura” replico’ Sherlock, non riuscendo del tutto a nascondere la rabbia e assumendo un tono di voce piu’ basso.
Emily pero’ continuo’ a fissarlo, niente affatto intimorita.
“Lei sembra temerlo, invece” commento’ infine, una lieve nota di sorpresa nella sua voce, come se avesse appena realizzato qualcosa.
“Oh, cielo...” mormoro’ subito dopo spalancando gli occhi.
Sherlock decise che ne aveva avuto abbastanza, non intendeva esporsi oltre con quella donna. Le volto’ di nuovo le spalle.
“Credo proprio che non siano affari suoi” si preparo’ a congedarla, ma lei non sembrava aver finito.
“E’ qui che sbaglia di grosso. Sono affari miei”
Sherlock strinse i pugni e, girandosi improvvisamente verso di lei, le arrivo’ vicinissimo.
“Perche’ ha in qualche modo sbagliato le cose con la madre di Molly? Oh avanti...” fece una smorfia di scherno nel vedere il viso di Emily contrarsi leggermente per qualcosa di simile alla sorpresa e al dolore “Margareth Emily Hooper... Molly ha avuto il suo secondo nome da Lei, non il primo. Lei e’ una delle poche parenti in vita che le e’ rimasta, tuttavia non c’e’ nessuna foto di voi insieme... non a qualche compleanno, non alla laurea in medicina o a quella per la specialistica in patologia. Non vi tenete molto spesso in contatto: c’e’ stato un distacco dalla famiglia, probabilmente antecedente di molto alla nascita di Molly... Un litigio? Un grosso fraintendimento? In fondo Lei ha adottato uno stile di vita per cui probabilmente molta gente tanti anni fa ha storto il naso e Molly era piccola quando sua madre e’ morta, quindi non puo’ essere colpa sua, tuttavia la signora Hooper  le era affezionata, Signora Hastings, tanto da dare comunque il suo nome alla sua unica figlia, nella speranza di ricucire i rapporti ma senza esagerare... Forse il marito era contrario, forse era lei stessa troppo arrabbiata per farlo.
Non avete avuto modo di riappacificarvi e questo Le genera un grosso senso di colpa, tanto da tenere Molly sotto la sua ala ma non troppo. Ci sono diverse cose che le ha regalato nel suo appartamento, da varie parti del mondo, chiaro tentativo di compensare il distacco e la lontananza... cose che Molly ha tenuto ma di cui non ha  mai parlato. Non e’ mai stata una presenza fissa nella sua vita, preferisce andarsene e venire quando Le fa comodo!”
Emily aveva ascoltato la tirata di Sherlock con gli occhi sbarrati e alla fine chino’ per un attimo il capo.
“Ha finito?” chiese con un tono debole ma fermo.
Lui fece un respiro profondo e si calmo’ all’istante.
Aveva perso le staffe per una questione puramente emotiva e questo non andava affatto bene.
Non per lui.
Quella donna doveva andarsene. Subito.
“Non sono la persona giusta per Lei” disse infine con decisione.
Emily rialzo’ lo sguardo e assunse di nuovo l’aria determinata che aveva avuto fino a qualche attimo prima.
“Perche’? Perche’ e’ riuscito in un attimo a fare l’analisi di tutti gli errori che ho fatto in passato e che continuo a fare? No... Sfortunatamente, Signor Holmes, Lei continua ad essere la persona di cui ho bisogno. Ma vorrei dirLe una cosa, prima di andarmene” la donna gli si avvicino’ e lo guardo’ dritta negli occhi.
Prima che potesse parlare, il cellulare di Sherlock  segnalo’ un sms in entrata.
Lui prese il telefono dalla tasca, quasi lieto di quell’interruzione, ma poi lesse il messaggio.

PER FAVORE. E’ PARTE DELLA MIA FAMIGLIA... DI QUALUNQUE COSA SI TRATTI, PUOI FARE QUESTO PER ME? MH

Strinse con forza l’apparecchio.
Emily fece un sorriso triste.
“Vedo che mia nipote ha scoperto dove mi trovo o non avrebbe quell’aria tesa, signor Holmes. Speravo proprio che riuscissimo ad affrontare la questione senza coinvolgerla. Mi creda, non sono io la minaccia che deve temere per Lei e Molly. Ma mi dica... Lei puo’ dire altrettanto di se’ stesso?”
Sherlock volse lo sguardo altrove.
No.
Lui si stava impegnando.
Lui ci stava... provando, per quanto difficile fosse.
Ripenso’ a quella sera dopo la cena con John e Mary. Alle parole di Molly.
“Mi sembra ancora cosi straordinario che tu possa aver voluto”
Lui l’aveva interrotta con un bacio.
Non le aveva permesso di finire la frase, di dire ad alta voce quello che stava pensando.
Di dare un nome e un significato a quello che erano loro due.
E ora Molly gli stava chiedendo di fare una cosa per lei, di scendere ad un compromesso.
Sherlock Holmes non amava i compromessi, era lui che decideva e gestiva la sua vita e il suo lavoro... era sempre stato cosi.
Sempre.
Ma ora le cose erano cambiate.
“Accetto il caso” disse a denti stretti ed Emily fu abbastanza diplomatica da non compiacersi della sua capitolazione, accogliendo invece la notizia con un moto di sollievo.
“Grazie” gli rispose, inclinando leggermente il capo.
Sherlock le giro’ di nuovo le spalle per quello che era definitivamente un congedo e lei usci’ dall’appartamento.
Dopo qualche minuto, lui si stacco’ dalla finestra e torno’ al centro della stanza.
Sul tavolino vicino alla poltrona era ancora appoggiato il libro che Molly stava leggendo la notte prima.
Sherlock lo afferro’ e lo scaravento’ con violenza contro il muro.
 
***
 
Molly aveva passato gran parte del suo turno in un perpetuo stato di agitazione e preoccupazione, non sapendo decidere se l’assenza di notizie da parte di Sherlock e zia Emily costituisse un segno buono o cattivo.
Forse non avrebbe dovuto mandare l’sms, ma in quel momento le era sembrato l’unico modo per cercare di intervenire e di far capire a Sherlock quali fossero le sue paure e le sue speranze, anche se le sue parole della notte prima le facevano ancora male.
Se lui e zia Emily fossero riusciti a non scannarsi (in fondo lei era andata per chiedergli aiuto, o almeno era quello che sperava Molly) forse avrebbero potuto affrontare le cose con un po’ di calma e risolvere alcuni dei loro problemi.
Si, ce la potevano fare e con un cenno risolutivo del capo Molly si appresto’ a sistemare il suo tavolo da lavoro.
In quel momento, le porte dell’obitorio si spalancarono e sbatterono con forza, mentre Sherlock entrava con passo deciso.
La patologa emise un sospiro di sollievo, che pero’ si fermo’ a meta’ non appena noto’ lo sguardo contratto e teso dell’uomo.
“Ciao...” lo saluto’, indecisa sull’approccio giusto da utilizzare.
Lui non sembro’ intenzionato a risponderle e si tolse il cappotto.
Le porte dell’obitorio si aprirono con meno veemenza ed Emily apparve sulla soglia.
“Zia...” commento’, notando come le spalle di Sherlock si erano contratte.
“Ho pensato che forse aveva bisogno di qualche altra informazione, signor Holmes. Stavo tenendo d’occhio l’entrata dalla caffetteria al piano di sopra” disse la donna piu’ anziana, avvicinandosi.
Molly li guardo’ entrambi un po’ perplessa: perche’ la zia non era scesa in obitorio a parlarle? Sembrava... esitante.
“Hai preso il caso... e cosi siete riusciti a parlarvi”mormoro’ infine, guadagnandosi un suono spazientito.
“Si, Molly. E come vedi nessuno dei due ha rimediato un qualche danno fisico. Ora, se hai finito con i commenti inutili ho bisogno di vedere il cadavere di Edward St. James” il tono di Sherlock era secco e preciso.
Lei sussulto’.
Erano secoli che non le parlava a quel modo.
Molly lo guardo’ confusa e registro’ che la zia aveva stretto le labbra ma non sembrava intenzionata a commentare, come se ritenesse quell’atteggiamento sbagliato ma inevitabile.
“Io...” comincio’ a dire, un lieve tremito nella voce.
L’arrivo di Lestrade la interruppe.
Il poliziotto resto’ stupito a fissare il trio, poi si diede una scossa.
“Come diavolo hai saputo del nuovo cadavere?” sbotto’ rivolto a Sherlock.
“Quale nuovo cadavere?” gli rispose lui, un’aria sempre piu’ spazientita.
Lestrade fece una smorfia e si rivolse a Emily.
“Pensiamo di aver trovato il suo aggressore... quello di cui non ci aveva parlato, tra l’altro. Gli hanno sparato questa mattina in un vicolo, e’ stato trovato dai netturbini. Avevamo rilevato le sue impronte dopo che sua nipote, non Lei, ci ha avvisato dell’effrazione. Sa... lo sappiamo fare, il nostro lavoro”
Emily gli rivolse un sorriso.
“Oh, Ispettore. Io ne sono sicura, Le giuro che stavo per venire a denunciare il fatto ma sa... avevo avuto un colpo in testa, dovevo riposare. Comunque ho assunto il signor Holmes per occuparsi del caso, spero non Le dispiaccia”
“Che cosa??” Lestrade sbarro’ gli occhi.
Molly aveva seguito lo scambio in modo distratto, piu’ concentrata invece su Sherlock, che sembrava teso e nervoso.
Arrabbiato.
Gli si approccio’ alzando istintivamente una mano, ma lui la blocco’ con lo sguardo.
 “Molly, il cadavere” ripete’ lui, continuando a usare lo stesso tono freddo, come se volesse tenerla a distanza.
Fuori dall’obitorio si senti’ uno scambio animato.
“Non capisco perche’devi partire proprio adesso, dobbiamo ancora scegliere le confezioni per le bomboniere!”
“Mary, tesoro... sul serio non lo so” rispose la voce di John Watson “Sherlock mi ha chiesto di trovarci qui, dice che per un nuovo caso dobbiamo andare via un giorno o due”
“Ok” disse Mary Morstan, entrando nella stanza senza guardare “ma ti assicuro che al tuo ritorno dovrai trovare un modo molto carino per farti perdonare la tua assenza e oh!” si interruppe, rendendosi conto di quanta gente stesse assistendo allo scambio tra lei e il fidanzato.
“Ciao a tutti!”esclamo’ con tono cordiale “John doveva incontrarsi con Sherlock prima di partire e ho pensato di accompagnarlo!”
Molly si rivolse di nuovo al consulente investigativo.
“State partendo?” non pote’ trattenersi dal domandare.
Non si era mai allontanato da Londra da quando era tornato quattro mesi prima e lei fu presa da un’ansia improvvisa, quasi la stessa che provava quando lui era via mentre dava la caccia alla rete di Moriarty. Era irrazionale, lo sapeva, ma non poteva fare a meno di ricordare quanto fosse sempre preoccupata per lui.
“Hanno accettato il mio caso, tesoro” intervenne zia Emily “presumo che vogliano andare ad Eton a vedere la casa di Edward”
“Ah, andiamo li? Sai, giusto per sapere...” disse John spazientito. L’sms di Sherlock era stato piu’ criptico del solito.
“Magari faccio un colpo di telefono alle autorita’ locali perche’ ti diano una mano nonostante la tua brutta tendenza a non comunicare le cose, Sherlock... anche se sembra un vizio abbastanza comune” aggiunse Lestrade, guardando di nuovo di traverso Emily.
Lei fece un sospiro.
“Ispettore, Le ho gia’ detto che Le avrei comunicato al piu’ presto dell’aggressione...”
“Quale aggressione?” chiese John perplesso.
Il poliziotto e la signora cominciarono contemporaneamente ad accusare e a giustificare, mentre Molly continuava a guardare Sherlock.
C’era qualcosa che non andava.
Mary le arrivo’ vicino e le fece un sorriso.
“Indovina chi e’ rientrato in citta’? Il cugino di Jenna ha finito quei suoi sei mesi all’estero di lavoro e lei continua ad essere convinta che sia proprio il tipo giusto per te. Dice che puo’ combinarvi un incontro gia’ per la settimana prossima e ti assicura che ha preso un accento e un’abbronzatura da paura!”
Molly represse un gemito.
Era da quando si erano conosciute che l’amica di Mary non faceva che parlarle di quel cugino con cui doveva assolutamente uscire.
Comincio’ a contorcere nervosamente le mani.
“Ecco io... non sono sicura di riuscirci. Sono davvero molto presa con il lavoro. Mi dispiace”
Mary aumento’ il suo sorriso.
“Dai, Molly... potrebbe essere divertente! Chi ti dice che non potrebbe essere quello giusto?” le fece l’occhiolino.
La patologa realizzo’ distrattamente che John, Lestrade e zia Emily stavano ancora discutendo mentre la postura di Sherlock si era fatta ancora piu’ rigida mentre ascoltava il suo discorso con Mary.
“Sul serio penso sia meglio” ricomincio’.
“ADESSO BASTA! ZITTI! TUTTI QUANTI!”
Le urla di Sherlock ebbero davvero il potere di far tornare il silenzio nell’obitorio.
Tutti lo guardarono stupiti.
“Non ho davvero bisogno di sentire i vostri stupidi, stupidi discorsi. Andate da un’altra parte se non avete niente di utile da dire! E Molly... ti ho chiesto di vedere il cadavere di St. James dieci minuti fa! Le tue chiacchiere idiote e la tua lentezza sono una vera tortura, se non riesci ad essere efficiente e concentrata ti suggerisco di prenderti il resto della giornata libera e di tornare quando potrai mostrare un po’ di intelligenza!”
Molly indietreggio’ istintivamente e senti’ chiaramente il gemito sorpreso di Mary al suo fianco.
Realizzo’ che era la prima volta che la donna sentiva Sherlock parlare a lei in quel modo.
Perche’ non era piu’ successo. Perche’ lui era cambiato.
Perche’ lei contava ed era importante.
Lottando contro le lacrime che minacciavano di riempirle gli occhi, fece per voltarsi ma una voce la fermo’.
“Ok. Chiedile scusa” disse con tono fermo Lestrade.
Sherlock sbatte’ gli occhi e rimase a bocca aperta, quasi si stesse rendendo conto in quel momento di quello che aveva appena fatto.
“Prego?” riusci’ ad esclamare verso l’Ispettore.
“Chiedile scusa” ripete’ quest’ultimo “subito. Non se lo merita e tu lo sai bene. Non so che ti e’ preso ma ora ti scuserai, cosi non dovremo passare attraverso altri giorni di imbarazzanti silenzi e tentativi mal riusciti di fare pace. Perdonami John” disse alzando una mano verso il Dottore, che sembrava sul punto di dire qualcosa “ma adesso basta. Pensavamo fosse divertente e abbiamo dato loro spazio, ma da qualche tempo evidentemente la situazione si e’ fatta troppo tesa. E si, caro unico consulente investigativo al mondo, noi lo sappiamo! Sappiamo che tu e Molly state insieme, ok? Lo sappiamo tutti noi, anche la Signora Hudson! Persino la Signora Hastings se ne e’ accorta, probabilmente!”
Molly spalanco’ gli occhi e fece passare brevemente lo sguardo verso John e la zia, trovando conferma anche nelle loro espressioni poi guardo’ Mary, la quale le rivolse un sorriso di scusa.
“Lo sospettavamo fin da prima della cena di un mese fa, mi dispiace per prima, volevo solo scherzare un po’”
La patologa  torno’ a guardare l’uomo accanto a lei che era ancora in silenzio.
Vide i suoi occhi stringersi e scrutare tutti con quell’aria di sufficienza che poteva presagire solo una cosa.
“Sherlock no...” sussurro’.
Lui non le rivolse lo sguardo e si concentro’ su Lestrade.
“Sono stupito” esordi’ con calma, allacciando le mani dietro la schiena e scuotendo leggermente la testa “Stupito dalla vostra ignoranza. Come sempre, guardate ma non osservate
“Oh, andiamo Sherlock...” si intromise John con tono stanco “che senso ha negare, ora? Perche’ pensi che mi assicurassi sempre per bene ti farti sapere quando non sarei rientrato per la notte?”
Sherlock fece un mezzo sorriso di scherno.
“Per favore non cosi...” lo supplico’ di nuovo Molly, ma lui la ignoro’.
“Ti prego, John... non prenderti meriti che non hai. Di sicuro dobbiamo l’intuizione alla signorina Morstan” Sherlock fece un breve cenno nella direzione di Mary “ma come vi ho gia’ detto, siete paurosamente sulla soglia dell’ignoranza.
Noi non stiamo... insieme” sputo’ la parola come se fosse qualcosa di cattivo.
“Sherlock...” la voce implorante di Molly non sembro’ raggiungerlo e infatti dopo qualche secondo lui parlo’ di nuovo.
“Noi siamo sposati”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Eh no... poi pero’ ci concentriamo sul caso!!!
Ok ve lo dovevo, uno dei capitoli piu’ sentimentali (anche se non troppo in bene, mi sa) che io abbia mai scritto, che spiega alcune cose e ne lascia in sospeso altre. Tutto a suo tempo...
Intanto grazie grazie grazie a Efy, IrregolarediBakerStreet, kagura e martiachan per i loro commenti, i loro apprezzamenti e la loro costanza! Siete davvero la marcia in piu’ che fa continuare questa storia... insieme a questo flashback che invece e’ una delle cose piu’ assurde che io abbia mai desiderato scrivere (nel senso di volo pindarico).
Ovviamente, mi ci diverto e non voglio impossessarmi di nulla.
Ciaooo!
 
OGNI SINGOLO ISTANTE

CAPITOLO 6

 
 
Molly Hooper siede alla scrivania del suo ufficio e osserva con crescente inquietudine l’uomo che sta parlando davanti a lei, il quale non riesce a stare fermo e passeggia per la piccolo stanza con fare agitato, muovendo continuamente le mani come se volesse dare piu’ enfasi e importanza alle parole che sta dicendo.
Non che ce ne sia  davvero bisogno.
Domani Sherlock Holmes morira’ e se lei sara’ abbastanza brava e coraggiosa e avranno tanta, tanta fortuna dopo qualche ora  tornera’ in vita.
Grazie a lei ma soprattutto grazie ad un piano articolato e francamente pazzesco.
Le mani di Molly cominciano a tremare mentre realizza la portata di quello che sta per succedere: la parte piu’ nel panico della sua mente le grida che non puo’ essere, che ci deve pur essere un’altra soluzione, qualcosa che eviti a Sherlock di saltare da quel tetto, qualcosa che non si basi su troppi fattori instabili, qualcosa che non comporti la possibilita’ di una morte vera invece di quello che vogliono, un’elaborata messa in scena.
Il pensiero che sta rischiando la sua carriera arriva e passa in un secondo, inutile e senza importanza.
Fa un respiro profondo per calmarsi, perche’ Sherlock e’ l’uomo piu’ intelligente che lei conosca e se sta proponendo questa soluzione  vuol dire che non ce ne sono altre; sa che il solo pensiero di lasciare la sua vita e il suo lavoro, di lasciare John (e, che il cielo lo aiuti, di dover saltare da un palazzo) lo sta facendo star male e che si sta trincerando dietro la sua infallibile logica, per spingere le sue paure in un angolo.
Perche’ in fondo, Sherlock Holmes e’ un essere umano e lei sa anche che deve essere forte per lui, almeno fin dove potra’: lui le ha chiesto aiuto, si fida di lei e questo e’ tutto quello di cui ha bisogno Molly Hooper.
Cio’ non le impedisce di essere terrorizzata come non le e’ mai successo nella sua vita, nemmeno quando si e’ resa conto che suo padre la stava lasciando.
Sherlock interrompe la sua passeggiata nervosa per l’ufficio e si ferma per scrutarla in viso.
Forse si sta chiedendo se non ha fatto un errore colossale, chiedendole di assisterlo.
Molly raddrizza la schiena e sostiene lo sguardo, cercando di comunicargli tutta la sua risoluzione.
“Non mi stai ascoltando!” esclama lui, quasi spazientito. Lei scuote la testa decisa, anche se e’ sempre piu’ spaventata da quello che sta sentendo.
“Invece si, ho capito. Ti serve un contatto” replica.
Lui la fissa intensamente negli occhi.
“No. Non mi serve un contatto. Mi serve un collegamento”
Molly Hooper non e’ una stupida, ma in quel momento pensa proprio di aver bisogno di un chiarimento. Qual e’ la differenza?
Sherlock coglie la sua occhiata perplessa e riprende a passeggiare con fare agitato.
“Dovro’ nascondermi e presumibilmente viaggiare molto, non avro’ la possibilita’ di accedere alle normali risorse di cui abitualmente mi servo e avro’ bisogno che qualcuno lo faccia al posto mio, per evitare che io sia rintracciato troppo presto”
Molly trattiene un gemito al pensiero della vita pericolosa e solitaria che attende Sherlock (decidendo di ignorare del tutto il fatto che lui le ha appena detto che sara’ comunque scoperto, prima o poi): si e’ talmente concentrata su quello che deve accadere domani che non ha pensato al futuro, a quello che saranno i prossimi mesi e al fatto che se lui saltera’ per salvare i suoi amici,  poi dovra’ distruggere definitivamente cio’ che minaccia la loro vita.
Dara’ la caccia alla rete di Moriarty e la smantellera’ sistematicamente, dovesse anche impiegarci anni.
“Sicuramente tuo fratello...” comincia esistante. Non sa molto della relazione tra Sherlock e Mycroft, ma per l’amor del cielo sono una famiglia, se c’e’ qualcuno in grado di aiutare il consulente investigativo e’ l’uomo che John ama definire il governo stesso.
Sherlock si ferma di nuovo e questa volta sul suo volto passa un lampo d’ira.
“NO!”
Molly spalanca gli occhi a quell’evidente manifestazione di rabbia. E’ la prima volta da quasi tre ore che lui esprime una qualche emozione, da quando le ha detto che e’ in difficolta’ e che ha bisogno di lei.
Sherlock sembra accorgersi della cosa, perche’ distoglie lo sguardo per un attimo e si prende del tempo per ricomporre la sua espressione stoica.
“Mycroft non sara’ coinvolto in questa cosa” ricomincia in tono di nuovo neutro “Non voglio. Sicuramente non ci mettera’ molto a scoprire che sono ancora vivo, ma fino ad allora e anche dopo non desidero che lui si intrometta. Faro’ a modo mio, come lui ha fatto a modo suo”
Molly non capisce a cosa Sherlock si riferisca, ma intuisce che tra i due fratelli e’ successo qualcosa che ha incrinato il loro gia’ complicato rapporto in maniera massiccia.
E’ un peccato, perche’ significa che lui sara’ ancora piu’ solo e lei sente una stretta al cuore.
“Mi dispiace” gli dice “sai che di qualunque cosa tu avrai bisogno io ci saro’, anche dopo... dopo quello che succedera’ domani. Oggi” si corregge, notando sull’orologio a muro che e’ da poco passata la mezzanotte.
Sul viso di Sherlock passa quasi un’ombra di sollievo, che pero’ e’ presto rimpiazzata da una piu’ decisa.
Con due balzi arriva alla sedia dove e’ appoggiato il suo cappotto e comincia a infilarselo.
“Bene, sapevo di poter contare su di te, Molly Hooper... dovremmo riuscire a sposarci entro un’ora, se ci sbrighiamo”
Lei sbarra ancora di piu’ gli occhi: e’ stata una giornata lunga e quello che sta succedendo la sta mettendo a dura prova, percio’ sa che non puo’ che aver capito male.
Sherlock Holmes non puo’ sicuramente appena aver detto che loro due devono sposarsi entro un’ora.
Il suo silenzio dato dallo stato di shock richiama l’attenzione dell’uomo nella stanza con lei, che si gira a guardarla con un’aria perplessa.
“Molly?” la interroga.
Lei scuote la testa, ma non riesce a proferire parola.
Lui si annoda la sciarpa al collo e le fa un gesto spazientito.
“Il giudice Ritley rimane al suo club fino alla chiusura, che e’ passata da circa un quarto d’ora. Per arrivare alla sua residenza un taxi a questo punto della notte impiega non piu’ di venti minuti, dopo di che lui ama indulgere nell’ultimo bicchierino di sherry della giornata per poi andare a dormire. Gradirei arrivare al suo appartamento prima che si sia gia’ coricato, svegliarlo e aspettare che sia pronto costituirebbe un enorme ed inutile spreco di tempo”
Molly e’ ancora in silenzio e non da’ segno di volersi muovere.
Sherlock fa un sospiro e le si avvicina.
“Qual e’ ora il problema?” le chiede con frustrazione.
Lei scuote di nuovo la testa e questa volta riesce ad articolare una parola.
“Sposarci?”
Lui annuisce ancora piu’ spazientito.
“Si, si. Sposarci. Te l’ho detto, mi serve un collegamento che mi assicuri la disponibilita’ economica per muovermi indisturbato. Ho creato alcuni fondi di riserve speciali per questo tipo di evenienze, come mia moglie tu potrai accedervi e provvedere a quanto mi serve. Mi evitera’ di continuare a creare ulteriori false identita’”
“Ma sicuramente dopo la tua finta morte...”
“Ho detto che sono riserve speciali, Molly, in banche che non si curano di fare molte domande e sono note per la loro discrezione. Bastera’ assicurare loro che tu sei legalmente autorizzata a disporre delle mie finanze e non porranno nessun tipo di problema. Sara’ sufficiente presentare il certificato di matrimonio. Ergo, andiamo a sposarci”
“Ma il giudice...”
“Mi deve un favore” taglia corto Sherlock  “Uno grosso. Celebrera’ il matrimonio e si occupera’ di tutte le formalita’ burocratiche che normalmente hanno bisogno di piu’ tempo per essere espletate. Sul serio, Molly, dobbiamo sbrigarci”
Le prende le mani e la fa alzare ed e’ una fortuna che la sostenga per un attimo, perche’ lei si sente le gambe cedere.
E’ l’ultima occasione che ha per tirarsi indietro, lo capisce bene. Se gli dira’ di no, Sherlock trovera’ un altro modo, magari piu’ complicato o pericoloso, ma lo trovera’.
Lei pero’ gli ha dato la sua disponibilita’, sa di essere  disposta a fare qualsiasi cosa e questo significa che sta davvero per sposare Sherlock Holmes per poter poi gestire i suoi soldi.
E l’unica cosa a cui riesce a pensare ora e’ che non ha neanche un filo di trucco e sul suo cardigan c’e’ una macchia di caffe’.
Si lascia scappare una piccola risata nervosa, prima che un nuovo pensiero paralizzante la colpisca.
“Saro’ sul serio tua  moglie... legalmente” esclama con tono incredulo e un po’ preoccupato.
Sherlock rotea gli occhi.
“Quando tornero’ potremo annullare il tutto, visto che ovviamente il matrimonio non verra’ consumato”
Molly arrossisce violentemente ma lui non sembra farci caso. Il loro matrimonio per lui e’ solo un altro minuscolo, necessario pezzo che compone il suo piano.
Cosi, venti minuti dopo, entrambi sono nel soggiorno di un elegante appartamento a Westminster e un uomo dall’aria assonnata in pigiama e vestaglia le pone una semplice domanda, che pero’ in circostanze normali avrebbe il potere di cambiare un’intera esistenza.
Molly esita un attimo e sente che Sherlock si irrigidisce a fianco a lei (naturalmente il suo si e’ stato veloce e secco, nessuna incertezza od emozione), cosi fa un sospiro e conferma la sua volonta’ di contrarre matrimonio in quella notte che precede quello che sara’ uno dei giorni peggiori della sua vita.
Il giudice Ritley ha un aspetto simpatico e nonostante il suo evidente disagio per quello che sta succedendo (deve sul serio dovere un favore grosso a Sherlock, perche’ non ha esitato un attimo ad iniziare il rito), sorride quando chiede loro di scambiarsi gli anelli.
Molly osserva sorpresa Sherlock estrarre due semplici fedi dalla tasca della giacca e con mano tremante accetta prima che lui ne infili una al suo anulare sinistro e poi, come nemmeno ha mai immaginato nei suoi sogni piu’ estremi, fa lo stesso con lui.
Il giudice li dichiara marito e moglie, ma capendo che questa situazione e’ tutto fuorche’ ordinaria non aggiunge che lo sposo puo’ baciare la sposa.
Ma Sherlock sorprende un’altra volta Molly e forse se’ stesso avvicinandosi e a lei e posandole un lieve bacio vicino alla bocca, sussurrando un grazie convinto.
Piu’ tardi, un taxi la lascia davanti al suo appartamento e Sherlock la osserva scendere senza dire una parola, di nuovo concentrato su quello che lo aspetta.
Molly passa la sua prima notte di nozze piangendo per la crudelta’ di tutta la situazione.
Sette ore dopo Sherlock si butta dal tetto del St. Bart’s dopo aver detto addio a John.
Il suo piano funziona e nella notte successiva al suo matrimonio, Molly Hooper Holmes saluta suo marito con le lacrime agli occhi e gli chiede di stare attento.
Lui annuisce e sembra esitare, quasi a voler aggiungere qualcosa ma poi con un veloce movimento scompare nel buio delle strade di Londra.
La ricontatta due mesi dopo con le istruzioni per mandargli dei soldi in Sud America.
 
***
 
“Ehi”
La voce esitante di John Watson contribui’ a far riemergere Molly dai ricordi in cui si era appena persa.
Dalla sua posizione seduta sul pavimento, alzo’ gli occhi verso l’uomo che ora la stava guardando con un’espressione seria e dispiaciuta.
“Posso?” le domando’.
Molly si limito’ ad annuire e John si lascio’ cadere vicino a lei con un profondo sospiro. Il pavimento era freddo e scomodo ma in quel momento, accasciata contro il muro con le gambe al petto, a lei sembrava l’unico posto sicuro al mondo.
Era fuggita dal laboratorio dopo che Sherlock aveva rivelato a tutti del loro matrimonio, incapace di sostenere oltre gli sguardi sorpresi e il silenzio attonito che si erano formati.
Scosse il capo leggermente, non sapeva neanche da quanto tempo fosse li, rifugiata nello stanzino delle attrezzature sterili.
“Sei arrabbiato?” riusci’ infine a domandare, senza tuttavia arrivare a guardare il miglior amico di suo marito negli occhi.
John si prese del tempo prima di rispondere.
“Sono deluso. E confuso” disse infine “E si, sono arrabbiato. Non riesco a capire questa situazione e, francamente, non capisco come vi ci siate cacciati e perche’ non ci abbiate detto niente. Quando Mary ha cominciato a dire che voi due stavate insieme all’inizio mi sono limitato a scuotere le spalle, perche’ non poteva davvero essere possibile. Ma lei insisteva e poi ho cominciato anche io a notare alcune piccole cose, alcuni piccoli particolari e comportamenti e a un certo punto, eravamo li che ne discutevamo... io, Mary, Lestrade e la Signora Hudson. E per quanto fosse incredibile, era vero ed io ero assolutamente felice perche’ piu’ ci pensavo, piu’ mi sembrava giusto; ho creduto che forse Sherlock non fosse pronto a sentirsi prendere in giro perche’ te lo assicuro, io e Greg avevamo gia’ pensato ad ogni tipo di battuta possibile ed immaginabile. Ma addirittura sposati! Quando diavolo e’ successo?”
“Sherlock non ti ha spiegato niente?” gli chiese Molly con voce flebile.
Lui scosse la testa.
“E’ uscito dalla stanza dopo che te ne sei andata tu, senza dire una parola. Beh, tutti se ne sono andati, per la verita’. Lestrade si e’ portato via tua zia dicendole che le offriva un caffe’ e ho rispedito Mary a casa, dice che se avrai voglia di chiamarla, lei ci sara’”
Molly emise un gemito al pensiero di quante menzogne avrebbe avuto di nuovo bisogno di spiegare.
“Molly, che cosa e’ successo?”
Lei fece un profondo sospiro.
“Ho sposato Sherlock la notte prima del suo finto suicidio. In questo modo, in tutto il tempo in cui e’ stato via, come sua moglie ho gestito dei conti segreti che lo hanno aiutato a muoversi e a fare... quello che doveva fare”
John apri’ la bocca ma per qualche secondo non ne usci’ alcun suono.
“Che cosaaaa????” sbotto’ infine “Ti ha sposata quasi due anni fa? E perche’ tu gestissi le sue finanze segrete??”
“Non mi ha costretta!” reagli’ Molly con forza “Era il modo piu’ sicuro e veloce per assicurargli la disponibilta’ economica di cui aveva bisogno!”
Lui fece un respiro per calmarsi e si passo’ le mani sul viso.
“Ma certo. Dimmi almeno che ta l’ha chiesto gentilmente...” la prego’.
Dovremmo riuscire a sposarci entro un’ora, se ci sbrighiamo.
L’espressione di Molly si fece di nuovo imbarazzata.
“Stupido bastardo...” mormoro’ John, scuotendo incredulo la testa “Ma poi le cose sono cambiate, giusto? Voglio dire... ci abbiamo visto giusto, no?” l’uomo non riusci’ a terminare la frase senza arrossire leggermente.
Per un attimo, Molly sembro’ di nuovo persa nei ricordi, ma poi si riscosse.
“Si... ci avete visto giusto” fece un sorriso che pero’ non le arrivo’ agli occhi, era davvero difficile dover spiegare tutto in quel modo  “ma le cose si sono anche complicate. E’ successo poco prima del suo ritorno e non eravamo pronti. Era ancora tutto cosi strano e la faccenda del matrimonio non faceva che ingarbugliare ulteriormente la situazione. Sherlock doveva capire come avreste reagito alla sua finta morte, ristabilire la sua vita e il suo rapporto con te e abbiamo pensato... che fosse meglio aspettare, tenerlo nascosto per un po’. Non abbiamo fatto un gran lavoro, eh?”
John la fisso’ per qualche secondo.
“Molly... questa cosa... l’avete decisa insieme?” chiese cautamente.
L’espressione della donna si fece piu’ dolce quando capi’ cosa stava chiedendo veramente il Dottore.
Sherlock e’ stato talmente codardo da convincerti che era meglio cosi?
“Si, John. Te l’ho detto, non mi ha costretta a fare nulla. Ero molto spaventata anche io, a quel tempo mi e’ sembrata la soluzione ideale perche’ potessimo avere il tempo di abituarci, il tempo di essere pronti a vivere come una coppia alla luce del sole”
“Ed ora pensi che lo siate? Entrambi?
Molly chiuse gli occhi.
Non devi essere insicura. Non su quello che provo nei tuoi confronti
Le parole di quella notte erano diventate una specie di mantra a cui si aggrappava ormai troppo spesso, ma a volte erano davvero l’unica cosa che le rimanesse che le dava una certa sicurezza.
“Non lo so, ma credo che sia giunto il momento di scoprirlo”
 
***
 
John l’aveva lasciata con una stretta rassicurante della mano e un bacio sulla guancia, poi era tornato a casa per preparare la borsa per la partenza verso Eton.
Molly si risolse a ritornare all’obitorio, consapevole di cio’ che l’attendeva e che non aveva senso rimandare.
Per lo meno, nessuno avrebbe mai potuto contestarle il fatto di non conoscere bene suo marito.
Sherlock era infatti li’, pronto a reclamare cio’ che aveva chiesto quasi un’ora prima e la accolse con un occhiata indagatrice che in un secondo stabili’ quanto aveva pianto, dove si era nascosta e la sua chiacchierata con John: qualcosa gli si agito’ dentro, ma non riusci’ a dargli un nome. Era rimorso? Dispiacere? Disappunto?
Aspetto’ che Molly dicesse qualcosa, qualsiasi cosa che potesse iniziare una discussione che ovviamente non poteva essere evitata, tuttavia lei ando’ dritta verso una delle celle e la apri’, trascinando all’esterno il cadavere di Edward St. James.
“Ti serve qualcosa in particolare?” gli chiese nel suo miglior tono professionale.
Lui si senti’ in qualche modo sollevato e si avvicino’, prendendo la sua lente di ingrandimento da una tasca.
“Solo le mani” replico’, prima di chinarsi sul cadavere e cominciare ad analizzarlo. Un’occhiata veloce gli diede la risposta che stava cercando e si rialzo’ soddisfatto.
Ma poi si accorse del fatto che Molly si stava mordendo il labbro inferiore e della sua postura rigida.
No... la discussione non poteva essere evitata.
O forse si.
“Parto per Eton tra circa tre ore” annuncio’, ritornando a fissarla in viso.
“Cosi ho sentito dire” rispose Molly stringendo la bocca in una linea sottile.
Sherlock fece lo stesso.
“E’ questo che ti turba? Che io non ti abbia messo al corrente dei miei piani?” le chiese.
Lei scosse la testa incredula.
“Stai scherzando, vero? Hai appena annunciato ai nostri amici e a mia zia che siamo sposati e l’hai fatto in una maniera veramente orribile!”
Sherlock alzo’ le spalle.
“Lestrade stava inutilmente gongolando all’idea di essere a conoscenza di chissa’ quale segreto. Non potevo certo permetterlo”
Molly gli si avvicino’, sul viso un’espressione stupita e ferita.
“Che significa? Che si e’ trattato di avere l’ultima parola? E’ per questo che hai sentito l’esigenza di rovinare un momento che poteva essere cosi importante e di tramutarlo in una specie di scena paradossale?”
“Oh, andiamo... era quello che volevi, comunque. Ho solo anticipato i tempi. Stai dando a questa cosa un’importanza esagerata, Molly... sarebbe successo, prima o poi e io ho solo”
“Non lo volevo in questo modo!” lo interruppe lei “E poi che significa che volevo? Che mi dici di te? Credevo sarebbe stata una decisione che avremmo preso insieme e invece tu l’hai fatto perche’ eri arrabbiato, eri gia’ nervoso quando sei arrivato...vogliamo parlare del modo terribile in cui mi hai trattata e che ha portato alla reazione di Lestrade?”
Il viso di Sherlock si contrasse a quell’accusa che non poteva certo negare. Strinse i pugni e si avvicino’ di un passo.
“Vuoi che ti chieda scusa?”comincio’ con deliberata lentezza “Va bene... SCUSA! Sono dispiaciuto? Si! Nervoso?” chiese con sarcasmo “Perdonami se mi trovo invischiato in un caso che tu mi hai costretto a prendere e non riesco a cogliere il lato umoristico della situazione!”
“Di cosa stai parlando?” gli chiese lei spalancando gli occhi.
Sul viso di Sherlock apparve una smorfia amara.
“Ma per favore... e quel tuo messaggio?”
Molly sussulto’ per la sorpresa.
Era cosi che aveva interpretato la sua richiesta?
Si appoggio’ al tavolo dietro di lei e parlo’ a voce bassa.
“Io te l’ho chiesto, ti ho chiesto di farlo per me ma non te l’ho ordinato. Parli come se ti avessi obbligato!
E’ cosi che ti senti, costretto? E in quali altre cose ti senti costretto?” termino’ in un soffio abbassando il viso.
Sherlock arretro’ istintivamente e si allontano’ da lei.
No. Non potevano parlare di questo. Non ora.
“Questa discussione e’ inutile, Molly. Ora devo andare” disse in tono freddo.
Lei sembro’ recuperare un po’ di fermezza e rialzo’ la testa.
“No...” mormoro’ “No. Non te ne andrai, stiamo parlando”
Sherlock strinse di nuovo i pugni.
Tu stai parlando. IO STO SOLO PERDENDO TEMPO!” urlo’.
Nella stanza piombo’ improvviso il silenzio, fino a che Molly non fece un respiro profondo e combattendo contro le lacrime ricomincio’ a parlare.
“Io... io ti amo, Sherlock. Sempre. Ogni singolo istante.
Non posso farlo ad intervalli quando ti fa comodo... non funziono cosi”
Non sono te.
Lui rivolse gli occhi al muro, incapace di continuare a guardarla mentre lei aspettava la sua risposta, una risposta che non era in grado di darle.
Come era arrivato a riuscire a farle cosi male?
“Che cosa vuoi da me Molly?” le chiese infine con voce incerta.
Pote’ sentire il singhiozzo che le scappo’ mentre tentava di recuperare la forza per parlare.
“Mi hai detto...” gli disse “mi hai detto di non dubitare di quello che provi per me, ma e’ difficile farlo se tu non me ne parli mai”
Sherlock chiuse gli occhi e l’unica parola che gli venne in mente fu inadeguatezza.
La terribile e frustrante sensazione che lo aveva accompagnato in quell’ultimo periodo.
“E in che modo dovrei farlo?” le chiese in tono asciutto, voltandosi verso il tavolo ed evitando di guardarla  “Te l’ho gia’ detto... Non sono il tipo di persona che ritiene utile manifestare in pubblico cio’ che... prova. Non e’ quello che sono, non e’ quello che voglio essere... Non John, con le sue stupide dichiarazioni, o la sua sciocca e francamente imbarazzante richiesta di  matrimonio ad una donna coperta di gelato alla fragola in un parco affollato”
“Io sto parlando di noi due” ribatte’ Molly con voce strozzata “non degli altri e poi - ”.
Lei interruppe il suo discorso e sbianco’ in volto.
Sherlock non la stava ancora guardando e interpreto’ il suo silenzio come una scelta  di non proseguire la discussione.
“Devo prendere il treno alle cinque e mezza” dichiaro’ infine, voltandosi per capire se ci fosse almeno lo spazio per salutarla.
Odiava il pensiero di andare via a quel modo, ma forse era meglio che loro due restassero separati per un po’ e al suo ritorno, dopo aver risolto il caso, avrebbero avuto modo di parlare.
Ma Molly gli stava dando la schiena ed era chiaro che stesse piangendo, cosi come era ancora piu’ chiaro che non avesse l’intenzione di salutarlo.
“Molly...” sospiro’.
“Buon viaggio, Sherlock. Fa attenzione” sussurro’ lei prima di uscire a precipizio dalla stanza.
 

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Il nuovo capitolo!!!
Odio essere ripetitiva ma in questo caso sono davvero felice di ringraziare per l’ennesima volta Efy, IrregolarediBakerStreet, kagura e martiachan per le loro ultime recensioni e naturalmente grazie a tutti quelli che stanno seguendo questa storia.
I cui personaggi continuano a non appartenermi... buona lettura!
 
OGNI SINGOLO ISTANTE
CAPITOLO 7
 

“Preferirei qualcosa di piu’ forte”
Emily guardo’ con aria perplessa e un po’ disgustata il caffe’ che Greg Lestrade le aveva posato davanti.
Lui alzo’ le spalle e si sedette di fronte a lei, cominciando a sorseggiare dalla propria tazza.
“Faccia come preferisce, ma sara’ difficile trovare qualcosa di piu’ forte nella caffetteria di un ospedale... e non per me, grazie. Non durante il mio turno di servizio. Mi spiace”
Emily gli fece un piccolo cenno con il capo e gli sorrise rassegnata, poi comincio’ a bere a sua volta.
“Perche’ mi ha portato qui, Ispettore? Voleva evitarmi di saltare al collo del Signor Holmes?”
Lestrade fece un mezzo sorriso.
“Credo che abbiamo tutti provato per un attimo questo spiacevole sentimento... ma sono convinto che ci fosse bisogno di lasciare spazio a Molly e Sherlock perche’ abbiano modo di parlare da soli, quando lei tornera’ nel laboratorio e lui sara’ li ad aspettarla. Perche’ sara’ cosi, mi creda.
Le spiegazioni possono attendere, non pensa? Anche se io l’ho gia’ detto, secondo me lei non e’ cosi stupita dall’evolversi degli eventi... o mi sono sbagliato?”
Emily annui’ graziosamente.
“Non si e’ sbagliato.”
Lestrade emise un fischio ammirato.
“Noi ci abbiamo messo un po’ a capirlo e lei e’ arrivata ieri... Wow. Mai pensato ad una carriera nella polizia?”
La donna fece un gesto con la mano.
“Per favore... ai miei tempi una donna in polizia era altrettanto strana quanto una donna medico. Si limitavano a far dirigere loro il traffico e avevano delle divise orribili. Se anche fossi stata tentata, non sarebbe stata una scelta difficile, mi creda”
Lestrade ridacchio’, poi torno’ a guardare la sua tazza di caffe’.
“Molly le aveva detto qualcosa?” chiese infine curioso.
Emily scosse la testa, lo sguardo improvvisamente corrucciato.
“No... non si e’ lasciata sfuggire nulla, non a parole, almeno. Che ragazza testarda...”
“Gia’... mi domando da chi possa aver preso” Lestrade ammicco’ e bevve un altro sorso.
 “Sta facendo dell’ironia, Ispettore?” chiese lei sorridendo, prima di fare un sospiro e continuare “No... E’ stato il signor Holmes”
A Lestrade ando’ quasi di traverso il caffe’.
“Che cosa? Sherlock glielo ha detto??” chiese stupito.
Emily roteo’ gli occhi e scosse la testa.
“Non direttamente, naturalmente. L’ho capito parlando con lui stamattina. Non le nascondero’ che la faccenda del matrimonio e’ stata una sorpresa anche per me, ma avevo gia’ indovinato che il loro rapporto non era una semplice avventura e questo e’ un vero peccato, il momento della rottura sarebbe stato meno difficile per Molly. In questo stesso istante, probabilmente, quei due stanno parlando e facendo un ulteriore passo in direzione di una separazione”
“Lei sembra sperarci” considero’ Lestrade, appoggiandosi allo schienale della sedia e  guardandola fissa.
Emily sostenne lo sguardo.
“E’ quello che ha osservato anche il signor Holmes... ma credo che sia per questo che lei mi ha portata qui, per capire da che parte sto”
“Si” ammise Lestrade con un cenno del capo “e quindi... da che parte sta?”
Lei fece un sospiro.
“Sa, quando il padre di Molly e’ morto ho pensato a lungo di proporle di venire con me, di viaggiare e lasciare la sua vecchia vita”
“E perche’ non l’ha fatto?”
“Perche’ lei e’ come sua madre. E’ fatta per una vita stabile... non ordinaria, badi bene... ma con delle sicurezze e dei punti fermi, in cui si possa sentire felice ed utile. Ho fatto l’errore di non capirlo con mia nipote, molti anni fa, e questo mi e’ costato anni di silenzi e incomprensioni e poi e’ stato troppo tardi. Non volevo fare lo stesso con Molly. E il signor Holmes non e’ in grado di assicurarle queste cose, ecco perche’ alla fine non funzionera’. Sono sicura che lui storcerebbe il naso e neanche a me fa piacere pensarlo, ma noi due ci somigliamo, siamo incapaci di dividerci fra cio’ che vogliamo fare e gli affetti a cui potremmo dare importanza... in un certo senso siamo troppo egoisti o troppo inadatti a portare avanti entrambe le cose contemporaneamente. O forse siamo troppo spaventati dai compromessi e dagli sforzi che ci vengono richiesti”
Lestrade alzo’ il sopracciglio in maniera interrogativa. Spaventato e Sherlock non erano due parole che di solito associava nella stessa frase.
Emily assunse un’espressione decisa.
“Capisco quando un uomo e’ spaventato, Ispettore. E lui lo e’... non sa come gestire questa situazione. Tutto cio’ in cui crede... tutto cio’ che e’, viene messo a dura prova da una serie di fattori su cui non riesce ad avere il controllo. Ha paura di perdere Molly e ne ha tutte le ragioni, basta guardare il suo comportamento di poco fa. Quando le cose non vanno come lui desidera, tutti gli altri diventano inutili e di peso, anche sua moglie.
Lestrade scosse il capo convinto.
“Sherlock avra’ anche un carattere... difficile, ma tiene a Molly. Non e’ neanche disposta a dargli il beneficio del dubbio?”
La donna fece una smorfia.
“Volere e potere non sono poi la stessa cosa, Ispettore. E non saro’ certo io quella che cerchera’ di mediare le cose. Ho intenzione di fare tutto quanto in mio potere perche’ mia nipote sia felice e sono convinta che possa succedere solo se si libera dell’influenza di Sherlock Holmes”
“Sono sposati.” Puntualizzo’ il poliziotto.
Emily strinse le labbra.
“I matrimoni si possono anche sciogliere, Ispettore”
Per un attimo al tavolo regno’ solo silenzio.
“Gli ha affidato il caso per allontanarlo da Londra?” chiese infine lui, ma Emily scosse subito la testa.
“No. Gli ho affidato il caso perche’ voglio scoprire cosa e’ successo e penso che lui possa farlo. Non ho nessun problema ad ammettere che e’ bravo nel suo lavoro”
Lestrade incrocio’ le braccia al petto e sul suo viso apparve un’espressione convinta.
“Sa... lui e’ mio amico. Si e’ buttato da un palazzo per proteggere la mia vita e quella del Dottor Watson e della Signora Hudson... si e’ finto morto e ha passato piu’ di un anno a distruggere ogni possibile minaccia, correndo chissa’ quali pericoli e vagando solo il cielo sa dove”
“Si e’ mai chiesto perche’ abbia chiesto aiuto a mia nipote?” chiese Emily a bruciapelo.
Lui sembro’ considerare per un po’ la risposta giusta.
“Perche’ si fidava di lei” concluse, ma Emily scosse di nuovo la testa.
“Perche’ lei non era nella lista dei suoi amici. Non lo e’ mai stata. Lui ha sempre fatto in modo che fosse cosi, con i suoi comportamenti, ma non ha esitato a chiederle di rischiare tutto pur di aiutarlo. E forse ha ragione, le spiegazioni possono attendere... ma vorrei davvero capire come ha fatto a convincerla a contrarre un matrimonio segreto che deve per forza essere andato a suo vantaggio, non pensavo che Molly potesse essere manipolata fino a questo punto.”
Lui stette un attimo in silenzio, riconoscendo che quello era il pensiero che era passato anche nella sua mente.
“Forse non l’ha manipolata. Forse glielo ha solo chiesto e lei ha accettato perche’ voleva. E comunque le cose sono cambiate” replico’ infine sulla difensiva.
Emily lo guardo’ di nuovo dritto negli occhi.
“Cosi parlo’ l’amico che non sapeva che quei due si fossero sposati” rispose con tono ironico “Nessuno lo sapeva e se non fosse stato perche’ si e’ visto forzato dagli eventi, Sherlock Holmes non avrebbe mai voluto rivelarvelo. Guardi come ha trattato Molly. Mi dica, pensa davvero che questo possa essere considerato un cambiamento?”
Lestrade annui’.
“Penso che lui possa essere cambiato, si. Io credo in lui”
“Fortunatamente questo non e’ un problema che mi riguarda. Io devo pensare a Molly e lei non sembra affatto felice. Questa e’ l’unica cosa che conta, al momento”
L’Ispettore si alzo’ e si infilo’ la giacca.
“Sa... ha detto che Sherlock e’ in difficolta’ per tutta la situazione, ma anche che ha paura di perdere Molly e questo, per me, lo fa essere piu’ uomo di quanto lo abbia mai considerato prima d’ora. C’e’ sempre una speranza, signora Hastings e comincio a pensare che sia questo, che fa paura a lei”
Non ricevette alcuna risposta.
 
***
 
“Quindi vuole sapere del povero Edward”
Sherlock guardo’ spazientito l’orologio, mancavano meno di due ore alla partenza del treno e lui si trovava ancora nell’albergo di Anna Stoller e Donald Custer.
I due amici di Emily sedevano l’uno accanto all’altro sul divano nella loro stanza e lo guardavano con un’espressione ansiosa.
Docente di matematica lui e di storia lei... sposati da quarant’anni. Niente figli. Un cottage a Eton comprato dopo la pensione, con un giardino molto grande che coltivano insieme. Di piu’ lei, lui si occupa della cucina.  Soggiorno nella stessa localita’ balneare ogni estate. Lieve problema di asma per l’uomo, ma sotto controllo.
Noioso. 
“Si” rispose cercando di trattenere il moto spazientito che lo aveva assalito “Emily Hastings mi ha detto che aveva notizie di lui tramite voi due, che abitavate vicini e lo vedevate di frequente”
“Oh, si si... beh, tranne che nelle ultime settimane. Si era fatto piu’ elusivo ma abbiamo presupposto che fosse a causa dell’ultima delusione che aveva avuto e che avesse bisogno di tempo per rielaborarla” Anna guardo’ di sott’occhi Donald, che si limito’ ad annuire seriamente.
“Parlatemi di questa cosa” li esorto’ Sherlock.
“Beh, non c’e’ molto da dire” riprese Anna. “Capita spesso nel mondo accademico e della ricerca: si trova un’idea, si fa un’ipotesi ma poi i fatti dimostrano che e’ sbagliata. Edward sembrava aver trovato un documento importante e all’inizio parlo’ del fatto che potesse essere una grossa scoperta, ma poi ci disse che ulteriori analisi avevano dimostrato che non poteva essere che un falso. Ne era stato entusiasta all’inizio, ma quando si e’ reso conto di essersi sbagliato ha lasciato perdere tutto e si e’ ritirato ancora di piu’ in se’ stesso. Sa... era un tipo comunque solitario”
“Vi ha detto di che cosa si trattasse?”
L’uomo e la donna scossero il capo simultaneamente.
“Emily Hastings mi ha raccontato che non era la prima volta che succedeva” puntualizzo’ il consulente investigativo.
Anna fece un grosso sospiro.
“Deve capire, Signor Holmes, che la ricerca era stata tutta la sua vita e quindi era abituato a situazioni del genere, ma poi ha sviluppato questi leggeri stati di ansia e bisogno di controllo, quando ce ne siamo accorti lo abbiamo invitato ad andare da un dottore ma lui ha insistito che non lo dicessimo ad Emily e cosi abbiamo fatto. Sembrava si stesse riprendendo, era felice di questa rimpatriata a Londra tutti insieme... anzi, l’ha proposto lui”
“Perche’ non avete fatto il viaggio con il professor St James?”
“Emily e lui volevano un po’ di tempo insieme... sa, all’universita’ erano stati molto uniti. La loro amicizia e’ sempre stata speciale”
O avevano qualcosa di segreto di cui parlare, penso’ Sherlock.
“E l’altra sera io avevo la finale del mio torneo annuale di bridge” intervenne Donald con un sorriso orgoglioso.
“Ha vinto per cinquanta punti di differenza, sa?” dichiaro’ Anna sorridendo a sua volta, ma l’uomo in parte a lei scosse la testa.
“Quaranta, cara... te l’ho detto. Ma non e’ questa la cosa importante, vero?” si affretto’ a dire quando si accorse che Sherlock si era gia’ alzato in piedi per congedarsi.
“No” rispose il detective “credo proprio di no. Vi ringrazio, signori”
“Oh, si figuri. Faremmo di tutto per trovare chi ha fatto questo al povero Edward” si affretto’ a dire Donald, alzandosi in piedi a sua volta e mostrando sempre piu’ ansia“non e’ cosi, cara?”
“Ma certo” annui’ convinta Anna, avvicinandosi al marito per porgergli un bicchiere d’acqua appoggiato sul tavolino.
“Tieni, caro. Lo sai che non ti fa bene agitarti. Bevi piano”
Sherlock fece un cenno con il capo verso la coppia e usci’ di fretta dalla stanza, rimproverandosi mentalmente per aver perso tempo a parlare con quei due.
Noioso e inutile.
 
***
 
John Watson aveva passato le ore precedenti alla sua partenza per Eton con Sherlock cercando di decidere che atteggiamento avere nei confronti dell’amico.
Dubitava che colpirlo con un pugno in mezzo ad una banchina della stazione dei treni fosse una soluzione adeguata (per quanto tentatrice), ma sapeva anche che provare ad approcciare l’argomento del suo matrimonio con una serie di domande non avrebbe portato a molto.
(... il suo matrimonio!!!)
Cosi decise di utilizzare una tattica diversiva e quando Sherlock lo raggiunse con i biglietti, si limito’ ad annuire e a seguirlo dentro la carrozza per poi mettersi seduto, rimanendo in silenzio.
Si era persino portato un libro, che comincio’ a leggere con un’aria interessata.
Sentiva gli occhi penetranti di Sherlock fissi su di lui, ma si sforzo’ di non alzare lo sguardo: col cavolo che gli avrebbe dato la soddisfazione di essere il primo a parlare.
Purtroppo non aveva fatto i conti con la natura veramente testarda del suo compagno di viaggio, per cui tutto il tragitto si svolse in silenzio.
Quando dopo essere scesi dal treno Sherlock non fece il minimo sforzo per aspettarlo e sembro’ volersene andare da solo, John capitolo’ e soffocando un’imprecazione parlo’.
“E va bene!” urlo’ alle spalle dell’unico consulente investigativo al mondo, il quale si fermo’ e si giro’con estrema lentezza.
“Problemi, John?”
Lui gli ando’ vicino, un’aria veramente arrabbiata sul viso.
“Hai vinto tu! Parleremo quando sarai pronto, ok? Evidentemente te la stai ancora facendo sotto all’idea di dovermi dare un sacco di spiegazioni, quindi aspettero’ che tu raggiunga una soglia di maturita’ adeguata ed accetti di condividere con il tuo migliore amico il tuo matrimonio e il fatto che hai una relazione stabile con una donna!”
John ebbe la soddisfazione di vedere i muscoli facciali di Sherlock contrarsi pericolosamente.
“Io non me la faccio... sotto” disse lui infine con una smorfia “sto solo dando la priorita’ al caso di cui ci siamo venuti ad occupare. Se tu avessi avuto delle domande da farmi a proposito di questo non avrei avuto nessuna difficolta’ a risponderti. E poi suppongo che Molly abbia gia’ provveduto a raccontarti tutto, visto che non hai perso tempo a parlarle!”
John scosse la testa con energia.
“Ooooohhh no! Non pensare di cavartela cosi! Quello che lei mi ha raccontato non si avvicina neanche lontanamente a cio’ che mi serve per capire questa... cosa. Mi ha detto che vi siete sposati perche’ lei potesse gestire le tue riserve segrete  Sherlock!”
Lui raddrizzo’ le spalle.
“Il che corrisponde a verita’. Ritieniti soddisfatto, per ora. Dobbiamo risolvere un omicidio Dottor Watson, non abbiamo assolutamente tempo per i pettegolezzi”
Detto questo si giro’ e si diresse verso l’uscita della stazione dei treni.
“Riserve segrete... E io che mi preoccupavo sempre di come avremmo pagato le bollette...” borbotto’  John a mezza voce, prima di seguirlo.
 
***
 
La casa di Edward St. James era un piccolo villino alla periferia della citta’, situato in una zona residenziale tranquilla abitata da gente evidentemente benestante. Al contrario del cottage di Anna Stoller e Donald Cutter che Sherlock aveva visto circa un miglio prima lungo la via (che confermava il giardino ben curato e ricco di piante e fiori), l’abitazione del professore defunto aveva solo una piccola striscia di terreno davanti e delle dimensioni piu’ ridotte.
Lestrade aveva mantenuto la sua promessa e aveva avvertito le autorita’ locali dell’arrivo di Sherlock e John, cosi sul cancellino si trovava un giovane poliziotto dall’aria annoiata, chiaramente in attesa della fine del suo turno, a giudicare dal numero spropositato di volte in cui aveva guardato il suo orologio.
Bene.
“Buonasera” lo saluto’ Sherlock con un grande sorriso e un tono esageratamente educato.
Beh, esageratamente educato almeno per lui: John gli lancio’ uno sguardo sospettoso.
“Si, sera” gli rispose il ragazzo, tornando a guardare il suo polso “mi hanno detto che volete vedere la casa del professore e ho le chiavi per farvi entrare. Devo essere presente alla visita ed essere certo che non portiate via o roviniate nulla, le solite cose. Vogliamo entrare?”
Il sorriso di Sherlock si allargo’.
“Mi spiace davvero che siamo arrivati cosi tardi agente... Morris” dichiaro’ sporgendosi a controllare la piastrina con il suo nome sulla divisa “mi rendo conto che un giovanotto come lei avra’ ben altro da fare che la guida turistica a due londinesi ficcanaso. In verita’ non vorrei trattenerla oltre il suo orario, non credo che la sua ragazza apprezzerebbe. Cinema e poi cena romantica?”
Il poliziotto assunse un’aria stupita.
“Ehm... si. Ma come”
“Le consiglierei di evitare il ristorante giapponese a cui aveva pensato” lo interruppe Sherlock “in gravidanza il pesce crudo e’ altamente sconsigliato”
“Ehi! Aspetti un attimo, come fa a sapere che io e Claire aspettiamo un bambino?”
Sherlock agito’ una mano per aria e continuo’ a sorridere.
“Dovrebbe conoscere la mia reputazione, agente. Ora, sono sicuro che io e il mio collega, il Dottor Watson, saremo in grado di dare un’occhiata alla casa senza rovinare nulla. In fondo non si tratta neanche della scena primaria del crimine, voglio solo rendermi conto del contesto di vita del defunto. Passeremo la notte in citta’ e quindi se vuole essere cosi gentile da lasciarmi la chiave faro’ in modo di fargliela avere  domani mattina e nessuno sapra’ nulla, glielo assicuro”
Morris si mosse prima su un piede e poi sull’altro, chiaramente gia’ considerando la fattibilita’ della cosa.
“Ecco, io non so... non sarebbe la procedura giusta, non crede?” dichiaro’ piu’ per obbligo che per convinzione.
Sherlock gli si avvicino’ e gli diede una pacca sulla spalla.
“Su, su... non vorrei avere davvero sulla coscienza una lite tra innamorati, soprattutto quando c’e’ di mezzo una piccola vita. Non vorra’ far agitare la sua ragazza per nulla, giusto?”
Sul viso dell’agente comparve un’espressione preoccupata.
“Certo che no... e poi Claire ha questi sbalzi di umore ultimamente...”
“Appunto!” Sherlock batte’ le mani soddisfatto e poi ne allungo’ una verso il suo interlocutore.
“Le chiavi” disse con tono deciso, senza tuttavia abbandonare il suo sorriso.
Dietro di lui, John scosse la testa: le doti manipolatrici di Sherlock erano una cosa che non cessava mai di stupirlo.
Come incantato, l’agente Morris prese un mazzo di chiavi dalla tasca e le porse al consulente investigativo.
“Domani si presenti  qui alle sei e riavra’ il mazzo senza che nessuno sappia nulla” ripete’ Sherlock.
Il giovanotto annui’ e si affretto’ ad andarsene.
Il sorriso del detective svani’ all’istante.
“Idiota. Il bambino non e’ neanche suo” dichiaro’, prima di dirigersi verso la porta di ingresso.
“Oh, santa pazienza” dichiaro’ rassegnato John, seguendolo all’interno.
“Mi vuoi spiegare perche’ hai insistito per essere da soli?” esclamo’ mentre varcava la soglia  “Spero davvero che quel ragazzo non si trovi in qualche guaio per colpa tua, che senso aveva... oh cavolo!”
La prima cosa che saltava agli occhi nella casa di Edward St. James era la spropositata quantita’ di libri accumulata ovunque.
“Oh si...” mormoro’ contento Sherlock, sfregandosi le mani con soddisfazione.
John osservo’ per un attimo alcuni dei titoli dei libri che lo circondavano e scosse la testa.
“Perche’ sei cosi contento? Non sapevo fossi un’appassionato di letteratura, praticamente tutti i testi che ci sono qui dentro sembrano parlare solo di quello e a una prima occhiata Shakespeare va per la maggiore!”
“Il professore era un grande esperto delle opere del Bardo” replico’ Sherlock cominciando a vagare per il soggiorno.
“Oook... e questo e’ positivo perche’?” chiese John.
L’altro non gli rispose subito e si diresse verso la camera da letto.
Quando il Dottore lo raggiunse non pote’ fare a meno di notare l’enorme incongruenza di quella stanza con cio’ che aveva appena visto: l’arredamento era minimale e ordinato. Fin troppo.
Avanzo’ piano verso il piccolo bagno collegato alla stanza e accese la luce.
Stessa cosa.
Alla camera era collegata anche un’altra stanza, convertita in studio. La scrivania era perfettamente lucida ed in ordine. Altri testi erano sistemati con meticolosita’ sulla libreria. John noto’ che erano disposti in ordine di argomento e succesivamente in quello alfabetico.
Raggiunse Sherlock, che nel frattempo si era spostato in cucina e stava aprendo sistematicamente tutti gli armadietti.
“Geniale...” lo senti’ mormorare.
“Che cosa e’ geniale?”
Sherlock si giro’ verso di lui.
“Osserva, John. Che cosa vedi?”
“Libri” rispose istintivamente lui “e tanto ordine. Quasi dappertutto... sembra essere un po’ compulsivo. I titoli nello studio in ordine alfabetico... i prodotti del bagno sistemati a uguale distanza. Gli armadietti della cucina” si avvicino’ ed apri’ un pensile. I barattoli di fagioli e di pomodoro avevano tutti l’etichetta girata dalla stessa parte, alla stessa angolazione.
Sherlock annui’ soddisfatto.
“Esatto. Un genio. Quell’uomo era un genio” dichiaro’.
“Non capisco” capitolo’ John.
Il suo amico comincio’ a girare entusiasta per il soggiorno.
“E’ normale che tu non capisca, John! Quell’uomo e’ riuscito a mettere in piedi una farsa proprio sotto il naso del suo assassino e l’ha fatto con una strategia impressionante! Aveva con se’ dei medicinali per il disturbo dell’ansia e il trattamento delle compulsioni”
“Si, questo quadra con quanto si puo’ osservare”
“Lui non li prendeva! Perche’ non c’era nessuna compulsione da controllare!”
John lo osservo’ perplesso.
“Sherlock, hai visto la camera, il bagno e lo studio? Ogni cosa e’ assolutamente in ordine e guarda questo cibo negli armadietti, tutte le etichette voltate dalla stessa parte e”
“E guarda i libri in soggiorno!” esclamo’ il consulente investigativo tornando nella stanza e girando su se’ stesso a braccia tese “Osserva, John! Le edizioni di  Amleto prima di quelle del Riccardo III... Molto rumore per nulla nella sezione delle tragedie e Romeo e Giulietta  a fianco del Macbeth...
John assunse uno sguardo abbastanza vacquo e Sherlock sbuffo’ spazientito.
“Niente ordine cronologico o di genere! Pensi che uno specialista del suo calibro potesse essere cosi ordinato in tutto ma non in questo? No... era una cosa voluta, una cosa studiata
 “Un momento, perche’ pensi che lo abbia fatto? Fingere a quel modo... che senso aveva?”
Sherlock si avvicino’ ai libri e comincio’ a rimuoverli velocemente dagli scaffali.
“I suoi amici hanno detto che ha cominciato a sviluppare i sintomi dopo che la sua ricerca su un documento ritrovato ha rilevato che questo era un falso... ma io credo che in verita’ il documento fosse originale e che St. James si sia reso conto fin da subito di aver trovato qualcosa di straordinario e che l’abbia tenuto nascosto a tutti quando ha capito di dover stare molto attento, perche’ poteva attrarre l’interesse di molti collezionisti. Ha finto di non stare bene per non dover giustificare il fatto di rimanere troppo in solitudine e ha riorganizzato la sua casa come se fosse affetto da un disturbo compulsivo, perche’ cosi si sarebbe reso conto immediatamente se qualcuno si fosse introdotto e avesse frugato tra le sue cose... ma qui no. In questa libreria ha ideato un ordine tutto suo per poter nascondere qualcosa... qualcosa che gli e’ costato la vita”
Con un’esclamazione di trionfo Sherlock si sposto’ dalla libreria per permettere a John di vedere una piccola cassaforte incassata nel muro.
“Lavoro recente” considero’ il consulente investigativo “e incerto. Guarda i dislivelli nella cementatura, non e’ stato un esperto. St. James ha costruito questo  nascondiglio e l’ha mimetizzato per bene, vediamo cosa teneva qui dentro di cosi importante...”
“Sherlock... non vorrai aprirla, vero?” chiese John.
“Certo che si” replico’ il suo amico cominciando ad armeggiare con la serratura.
“Non credi che sarebbe meglio avvertire le autorita’ e”
Un lieve clic zitti’ John, che suo malgrado si avvicino’ curioso cercando di non meravigliarsi e preoccuparsi troppo del fatto che Sherlock fosse stato cosi veloce a scassinare una cassaforte.
Entrambi gli uomini rimasero a contemplare il nascondiglio di fronte a loro.
Era vuoto.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Ok… il capitolo e’ lungo e ci sara’ un flashback e non sara’ l’ultimo, credo. Spero di non stufare con questo modo di raccontare la storia,  ma alternare fra passato e presente mi aiuta a tirare le fila del discorso e mi piace come stile di narrazione.
E mi piace, mi piace anche molto la canzone citata all’inizio: e’ da un pezzo che l’associo a questa storia (non mi appartiene come non mi appartengono i personaggi, per cui la cito solo perche’ e’ bellissima).
Grazie a Efy, IrregolarediBakerStreet e martiachan... che altro dire? Siete fantastiche!

 
OGNI SINGOLO ISTANTE
CAPITOLO OTTO

 
 
Heal the scars from off my back,
I don’t need them anymore, you can
throw them out or keep them in
your mason jars
I’ve come home.
Radical Face – Welcome Home
 

 
“Credo che  mangero’ qualcosa”
John non si diede pena di chiedere a Sherlock se volesse anche lui del cibo, ma lo osservo’ ancora per un minuto, giusto per essere sicuro di non ricevere qualche richiesta dopo essere gia’ uscito dalla stanza che avevano affittato per la notte.
Il consulente investigativo si era trincerato dietro alla sua classica posa di riflessione da ormai piu’ di due ore e non sembrava intenzionato a parlare.
Ma John aveva fame, cosi scese al bar dell’albergo e si prese due panini e qualcosa da bere, realizzando come ormai fosse  troppo tardi per chiamare Mary; si limito’ a mandarle un sms per confermarle che tutto andava bene e poi ritorno’ in camera.
Sherlock era ancora nello stesso stato di quando l’aveva lasciato.
Con un sospiro, il Dottor Watson si preparo’ per andare a dormire e si mise a letto e naturalmente, il suo compagno di stanza scelse proprio quel momento per cominciare a parlare.
“Edward St. James ha mentito a tutti”
John non pote’ trattenere un sorriso: ecco che cominciavano le deduzioni.
“Si” si limito’a rispondere con cautela, consapevole che Sherlock stava soltanto riordinando i fatti.
“Di qualunque cosa si trattasse, ha scelto di nascondere la sua scoperta a tutti... persino ai suoi piu’ cari amici. E doveva trattarsi di qualcosa di veramente importante e prezioso, altrimenti non sarebbe stato ucciso. Quella sera qualcuno e’ andato da lui in albergo per costringerlo a consegnarli l’oggetto... forse lo aspettava gia’ in camera, forse il professore gli ha aperto. Hanno conversato, perche’ chiunque fosse ha avuto il tempo di di fumarsi una sigaretta. St. James conosceva il suo interlocutore  ed era l’assassino, che  si e’ dato la pena di rimuovere la cicca nel tentativo di non lasciare traccia del suo passaggio e ha rovistato nella sua valigetta alla ricerca di indizi”
“Lo stress potrebbe aver dato il definitivo colpo di grazia al cuore di St. James” considero’ John.
“Questo, o l’ennesima somministrazione di qualsiasi cosa contenesse il calcio che gli e’ stato dato nel tempo” puntualizzo’ Sherlock  “E l’assassino non ha ancora trovato cio’ che cercava, quindi non era nella cassaforte che non e’ stata forzata prima del nostro arrivo e non era nella stanza di St. James”
“Perche’ altrimenti non avrebbe fatto perquisire la camera della zia di Molly piu’ tardi” commento’ John.
Sherlock annui’ soddisfatto.
“E’ presumibile pensare che sia ancora a Londra e che a questo punto sia alquanto disperato”
“Perche’ credi questo?”
“Ha ucciso St. James con un metodo molto sottile e lento, e’ stato paziente... ma poi ha dovuto assumere qualcuno velocemente per frugare tra le cose della Dottoressa Hastings, perche’ era convinto che il professore le avesse passato l’oggetto. E ha ucciso il ladro con un semplice colpo di pistola quando si e’ reso conto che era un inetto e aveva lasciato delle tracce durante l’aggressione, per evitare che si potesse risalire a lui. Lestrade mi ha appena comunicato che il proiettile non appartiene a nessuna pistola registrata. Ora la questione e’... dove si trova quell’oggetto? Perche’ l’assassino non si fermera’ e continuera’ a cercarlo. Se davvero non e’ nelle mani della Dottoressa Hastings”
John alzo’ un sopracciglio perplesso.
“Pensi che sia possibile? Che lei abbia davvero quell’oggetto e lo abbia nascosto bene  e ti abbia assunto per depistare le indagini?”
Sherlock considero’ per un attimo la domanda, poi scosse la testa.
“No. Per quanto orribile sia quella donna non credo che mi abbia mentito. Vuole davvero scoprire cosa e’ successo al suo amico”
John fece un ghigno.
“Sai, credo che sia legittimo pensare che tu possa chiamarla zia Emily
Sherlock inspiro’ a fondo e si limito’ a gettargli un’occhiataccia per poi ritornare al suo silenzio per cui John, rendendosi conto di non avere ormai piu’ sonno, riprese in mano il suo libro.
Tempo di riprovare la strategia dell’indifferenza.
“Smettila” gli disse l’amico con tono annoiato dopo qualche minuto.
“Mmm?” gli rispose, continuando a fissare con aria concentrata la pagina di fronte a lui.
“Oh avanti, John... adesso puoi finirla! Piantala subito!” Sherlock aveva cominciato a tamburellare con le dita il bracciolo della poltrona.
Il Dottore alzo’ piano gli occhi e lo guardo’ con finta aria confusa.
“Scusa, non capisco di cosa stai parlando... qualcosa non va?”
“Tu! Tu non vai!” sbotto’ petulante Sherlock “ti ho gia’ detto che so che hai parlato con Molly  e ora non vedi l’ora di confrontarti con me, altrimenti non mi avresti lanciato quella frecciatina sulla zia... quindi smetti di fingere di leggere quel libro, non giri pagina da piu’ di un quarto d’ora. Neanche una di quelle letture noiose e francamente offensive per l’intelletto umano che Mary ti consiglia potrebbe richiederti cosi tanto tempo, quindi sputa il rospo!”
John si limito’ a stringere gli occhi, poi chiuse con deliberata lentezza il libro e punto’ lo sguardo sul consulente investigativo.
“Non ho nessun rospo da sputare” disse con calma “e tu, invece?”
Sherlock si irrigidi’ e per un attimo ci fu solo una dura battaglia di sguardi, poi John scosse la testa.
“Se vuoi parlarne io ascolto, ma non ti daro’ la soddisfazione di farti delle domande, te l’ho gia’ detto”
John strinse le labbra dopo la sua esternazione e riprese in mano il libro.
“Non l’avevo programmato” mormoro’ Sherlock dopo poco, facendogli alzare la testa di scatto “Poi la situazione e’... cambiata”
John fece un mezzo sorriso alla sua espressione incerta.
“Questo e’ l’eufemismo dell’anno, Sherlock” commento’, strappando un sorriso anche al suo amico, che facendo un respiro profondo sembro’ tornare col pensiero al passato.
“E’ cominciata quando Molly mi ha salvato” disse infine.
“Quando hai finto il tuo suicidio?”
“No. Quando mi ha salvato per la seconda volta”

 
Appartamento di Molly Hooper
Quindici mesi dopo la caduta

 
Molly Hooper sta lavando la sua biancheria  nel lavandino in bagno.
Aggiunge un po’ di detersivo per bucato a mano, poi riprende a strofinare in un modo compulsivo la macchia di vino che e’ penetrata dal suo vestito sul suo reggiseno piu’ bello.
Sta piangendo da dieci minuti.
Ieri l’ospedale ha dato un gala’ di beneficienza a cui  lei non aveva proprio voglia di partecipare, anche se parte dei fondi raccolti dovevano essere destinati all’ala di patologia e i suoi capi le avevano fatto presente come la sua adesione fosse assolutamente necessaria.
Poi John l’ha chiamata e le ha detto che ci sarebbe stato anche lui e che sarebbe venuto accompagnato da Mary, la donna che frequenta da qualche mese. Voleva assolutamente che lei la conoscesse e sembrava cosi felice  che Molly non se l’e’ sentita di rifiutare l’ennesimo invito a trovarsi (John ha gia’ provato piu’ volte a incontrarla, ma lei ha sempre cercato di trovare qualche scusa per non farlo o non fermarsi a lungo. E’ semplicemente troppo doloroso parlare con lui e sapere con certezza che gli sta mentendo).
Non riceve istruzioni da Sherlock da quasi quattro mesi ed e’ terrorizzata oltre ogni misura. Passa intere notti sveglia a pensare ai pericoli che sta correndo o a quello che puo’ succedergli: anche se quando la contatta lo fa solo per chiederle soldi, per lo meno in quei momenti sa che lui sta bene, sa che e’ vivo.
Ma  ci sono altri momenti in cui lei sente che la sua vita le sta sfuggendo di mano, che si sta concentrando troppo sul lavoro e sulle sue preoccupazioni tanto da non lasciare spazio per niente altro, neanche per una serata che potrebbe rappresentare una piacevole distrazione.
Molly ha avvertito il bisogno di sentirsi... viva ma soprattutto, con John che considerava cosi importante presentarle Mary, ha voluto  fare ogni sforzo per essere al massimo e fare una buona impressione, nella speranza che  per lui fosse di aiuto condividere la sua felicita’ con qualcuno che sa esattamente cosa ha passato da quando Sherlock si e’ buttato.
Glielo deveva.
Cosi Molly dopo mesi e’ uscita a fare shopping, ha comprato un vestito non eccessivo ma che la valorizza  e si e’ messa quel reggiseno nuovo che giaceva nel cassetto da tempo immemorabile.
Si e’ sentita carina e si e’ detta che se lo meritava.
La serata e’ cominciata bene e quando John e’ arrivato con Mary  e’ stato subito chiaro che quella donna ha fatto miracoli con lui.
Sorrideva, sul serio. Aveva un’aria quasi rilassata, nonostante nei suoi occhi fosse presente un fondo di tristezza, ma l’abbraccio che ha dato a  Molly era sincero e pieno di calore. Cercava continuamente la mano di Mary mentre parlavano del piu’ e del meno dopo le presentazioni e il suo sguardo era pieno d’amore.
John Watson e’ di nuovo felice.
Molly gli ha sorriso contenta e ha pensato che Mary le piace, poi pero’ i due si sono allontanati e lei si e’ ritrovata da sola, fino a che un uomo dall’aria gentile le si e’ avvicinato e ha cominciato a parlarle.
Ci ha messo un po’ a capire che ci stava provando discretamente con lei: niente di eclatante, un complimento, qualche chiacchiera sulla festa e sugli invitati e poi la richiesta imbarazzata di fare un ballo insieme.
Molly ha stretto forte le mani sul bicchiere da cui aveva bevuto solo un sorso e ha cominciato a scuotere forte la testa.
“Io... io non posso” ha sussurrato, mentre il panico si impossessava di lei.
Il tizio di cui non ricorda nemmeno il nome l’ha guardata stupito, chiedendosi probabilmente cosa avesse sbagliato per scatenare una reazione cosi forte. Poi un lampo di comprensione gli e’ passato sul viso.
“Ah... mi scusi. Capisco. E’ a questa festa accompagnata. Mi spiace, non mi sembrava di  averla vista con un cavaliere”
Le ha sorriso ma Molly non e’ riuscita a rispondergli.
Sono sposata... questo e’ il primo pensiero che le e’ passato per la testa ed e’ un pensiero assurdo, perche’ non vede suo marito  da piu’ di un anno.
Ed e’ ancora piu’ assurdo perche’ in verita’ il suo e’ un matrimonio di facciata, con un uomo che tutti pensano morto e per il quale gestisce solo dei conti correnti.
E’ ridicolo, ma Molly ha sentito che accettare la corte di questo individuo avrebbe rappresentato  un tradimento e che venire a questa festa non e’  stato che un inutile e patetico tentativo di riappropriarsi di una normalita’ che ovviamente non le appartiene piu’.
“Devo andare, mi scusi” ha ribattuto nel panico, girandosi per allontanarsi in fretta e urtando un cameriere. Il vino nel suo bicchiere e’ finito tutto sul suo vestito e mentre cominciava a piangere, e’ uscita in fretta dalla sala ed e’ tornata a casa.
Appena entrata nel suo appartamento ha tolto tutti i vestiti con movimenti frenetici  e li ha buttati in un angolo, poi si e’ tuffata sotto la doccia dove e’ rimasta sotto il getto caldo fino a scottarsi la pelle.
Stamattina il suo senso dell’ordine ha preso il sopravvento e ha raccolto il mucchietto di stoffe dal pavimento e ora li sta lavando.
Ha ricominciato a piangere quasi subito.
Ad un tratto si immobilizza perche’ le pare di aver sentito un rumore provenire dall’atrio.
Resta in silenzio e sente dei passi che si dirigono verso il soggiorno: probabilmente dovrebbe  aver paura, ma una parte di lei (quella che spera) prende il sopravvento e senza nessuna precauzione esce dal bagno e lo vede.
Sherlock Holmes e’ nel suo appartamento ed e’ piegato su se’ stesso, una mano appoggiata contro il muro per sostenersi.
Molly si porta una mano alla bocca e fa un respiro profondo.
“Sherlock...” sussurra infine: lui si rialza lentamente e dopo piu’ di un anno i loro sguardi tornano di nuovo ad incrociarsi.
Ha un aspetto orribile.
E’ dimagrito e i vestiti che indossa sono sporchi e trasandati; dalla sua fronte cola un rivolo di sangue e sembra esausto, tuttavia ha negli occhi una luce maniacale.
Molly si chiede se non abbia la febbre.
Prima che possa dirgli qualsiasi cosa, lui si stacca dal muro e comincia a passeggiare per la stanza.
“Non avevo altro posto dove stare, mi spiace. Il mio ultimo rifiugio qui e’ bruciato... non nel vero senso della parola, no. Solo non e’ piu’ sicuro... mi danno la caccia, ma io sono stato attento a non farmi seguire. Non sei in pericolo, stai tranquilla. E non rimarro’ molto. Sono piu’ bravo di loro, sai?”
Parla velocemente e gesticola in maniera esagerata, come in preda a una forte eccitazione.
“Sei ferito...” cerca di interromperlo Molly, ma lui fa un gesto di noncuranza.
“Questo piccolo graffio? Non e’ nulla... te l’ho detto. Devo restare qui qualche ora poi potro’ uscire... certo devo ancora tracciare i due russi, ma non faro’ troppa fatica. Sono degli stupidi e hanno commesso il loro ultimo errore”
Molly trasale quando gli vede estrarre una pistola dalla tasca per controllare che sia carica.
Lui non sembra accorgersene e continua a parlare sempre piu’ velocemente.
“Si... fanno tutti degli errori, prima o poi. Ma non io, no. Ho solo bisogno di rivedere il mio ultimo piano di azione, posso prenderli gia’ questa settimana, al piu’ tardi la prossima. Frequentare quel club e’ stata una leggerezza imperdonabile da parte loro”
“Sherlock...” lo supplica lei, non sapendo bene cosa in verita’ gli sta chiedendo... Di fermarsi. Di  calmarsi. Di guardarla negli occhi.
La sta spaventando.
Lui si blocca come richiamato dalla sua voce e poi le si avvicina improvvisamente, fissandola  con un sorriso quasi folle.
“Ci sono vicino, sai?” le dice agitando la pistola accanto al suo viso “Sto quasi per distruggere tutto quanto... tutto. Oh... sono bravi, devo ammetterlo. Ma io lo sono di piu’, anche se non si puo’ mai dire... ma e’ un rischio da correre, non credi?  In caso contrario, mia cara Molly, sarai una vedova molto ricca!”
Lo schiocco dello schiaffo risuona forte nell’appartamento e poi cala il silenzio.
Lui sbatte le palpebre qualche volta e sembra uscire dallo stato di agitazione che l’ha permeato fino a qualche secondo prima.
Abbassa le braccia e la pistola e’ ora contro il suo fianco.
Molly si porta una mano alla bocca e soffoca un singhiozzo: non riesce a credere di averlo appena colpito ma le ultime parole di Sherlock l’hanno fatta reagire d’istinto.
“Non osare” gli dice infine con voce rotta “non osare parlare in questo modo del fatto che potresti morire. Non e’ per questo che io... io ti ho aiutato. Guarda come ti sei ridotto! Non riesci a stare fermo un minuto e hai un aspetto orribile... da quanto tempo non ti riposi un po’ o fai un pasto decente? E per favore, metti via quell’arma!”
Lui arretra di un passo e rimette la pistola in tasca.
“Non ho tempo di fare queste stupide cose!” ribatte poi con forza “io devo dare la caccia a una rete criminale, Molly! Mi spiace se in questo modo disturbo la tua quieta e noiosa esistenza” fa vagare velocemente gli occhi verso la stanza e poi li punta di nuovo verso di lei “ vedo che ieri sei stata addirittura ad una festa! Ti sei divertita? Com’e’ quel proverbio? Quando il gatto non c’e’... i topi ballano”
Questa volta ha i riflessi pronti e afferra al volo il polso di Molly prima che lei possa colpirlo di nuovo.
Stringe con forza e i suoi occhi si riempiono di furia, come se non stesse piu’ guardando la donna di fronte a lui ma stesse pensando a tutt’altro.
Negli occhi di Molly passa un lampo di terrore: il suo Sherlock non avrebbe mai, mai alzato un dito su di lei.
Che cosa gli e’ successo in questi mesi?
“Mi stai facendo male...” gli dice, provando  comunque a  dominare la paura. Deve cercare di riportarlo alla realta’ e di farlo uscire da quello stato di agitazione.
“Per favore” gli sussurra “lasciami”
Il suo tono lieve ma fermo sembra fare improvvisamente breccia dentro di lui, che molla la presa e rimane a fissarla, incapace di  credere di averle appena stretto tanto il polso da lasciarle dei segni sulla pelle.
“Mi dispiace...” sussurra scuotendo il capo, come a cercare di schiarirsi le idee.
Si allontana provando vergogna e stupore: si e’ talmente abituato alla violenza da non riuscire piu’ a farne a meno? Tanto da fare del male all’unica persona che in questo momento crede ancora in lui?
No. Non a Molly.
Si sente stanco, molto stanco:  crolla in ginocchio e chiude gli occhi, cercando di calmare il respiro. Avrebbe bisogno di riposare, ma non se lo puo’ permettere.
Molly ha ragione, lui non si ricorda piu’ il tempo di aver fatto una notte di sonno o un pasto decente.
Improvvisamente, sente la piccola mano di lei che gli si posa sulla guancia dove poco fa l’ha colpito, questa volta dolcemente.
Si permette il lusso di indugiare in quel contatto, ma poi la realta’ lo richiama all’ordine: deve compiere la sua missione, deve trovare i due russi prima che lascino la citta’, deve
“Fatti aiutare, ti prego”
Le parole della donna gli fanno aprire gli occhi di scatto.
“Mycroft ti ha contattata” le dice con una punta di diffidenza nella voce.
Lei annuisce piano.
“Dopo quasi un mese che te n’eri andato. Avevi ragione, ha capito praticamente subito che tu eri vivo” fa un sorriso triste al pensiero di quanto freddo e’ stato il suo dialogo con quell’uomo, che tuttavia ora rappresenta una speranza “ha detto... ha detto che se tu lo vorrai, lui ti aiutera’”
Sherlock si rialza e l’assenza del contatto con il corpo di lei gli lascia uno strano senso di freddo addosso.
“Vuole che strisci da lui e che mi umilii, che nonostante tutto cio’ che lui ha fatto io riconosca di non potercela fare da solo! No!” stringe i pugni e serra la mascella.
No, non dara’ questa soddisfazione a suo fratello. E’ stato un errore venire qui, non deve avere incertezze, e’ meglio andare.
“Ti prego...” la supplica di Molly lo raggiunge mentre e’ gia’ alla porta “per favore. Questa cosa... ti sta distruggendo”
Sherlock si volta stupito e si rende conto che per l’ennesima volta Molly Hooper gli sta vedendo dentro e che con la sua supplica gli sta chiedendo anche qualcosa per se’ stessa, nonostante non riesca a spingersi tanto oltre e a chiederglielo ad alta voce: la sicurezza di saperlo sano e salvo.
Ma perche’ dovrebbe acconsentire alla sua richiesta?
Perche’ Molly ha ragione, naturalmente: lui sta inesorabilmente cadendo in una spirale di autodistruzione e la sua caccia lo sta consumando.
Perche’ e’ vero, l’aiuto di suo fratello (per quanto odiosa sia l’idea) potrebbe dare alla sua missione una svolta definitiva.
Ma soprattutto, perche’ lo deve alla donna di fronte a lui, che ha rischiato ogni cosa per salvarlo e dalla quale ha sognato spesso di tornare, convinto che avrebbe trovato un po’ di pace.
Sherlock Holmes annuisce piano e ritorna sui suoi passi: quel giorno resta nella casa  di Molly, si fa curare la ferita in fronte e mangia il pranzo veloce che lei gli prepara, poi dorme per diciotto ore filate.
Al mattino, una macchina nera si ferma nella strada di sotto e dopo poco il campanello suona: Mycroft entra nell’abitazione in silenzio e si ferma ad osservare suo fratello minore, poi gli fa un cenno del capo e lo invita a seguirlo.
Lui si volta verso Molly, che gli sta sorridendo  fiduciosa e grata e la stringe in un forte abbraccio, nel tentativo di comunicarle tutto quello che ancora non riesce a dirle a voce.
Lei lo ricambia con forza e poi lo osserva lasciare l’appartamento.
Mycroft esce per ultimo, ma sulla soglia si gira a guardare la donna che probabilmente ha salvato Sherlock per una seconda volta.
“Grazie” le sussurra.


“Molly quel giorno ha evitato che io continuassi la mia missione da solo e mi ha aiutato a capire che era necessario ricorrere all’aiuto di mio fratello. Probabilmente sarei morto, se non l’avessi fatto” commento’ sinceramente Sherlock, abbandonando i ricordi.
“Dovevi essere proprio in una brutta situazione per farlo, considerando il suo ruolo con Moriarty” aggiunse pensosamente John  “Mi dispiace, non abbiamo mai veramente parlato di quanto e’ stata dura per te”
Sherlock agito’ una mano per aria.
“Non era necessario, credimi. Ho fatto quello che dovevo ed ero cosciente fin dall’inizio che non sarebbe stato facile ma... sono grato del ruolo che Molly ha avuto”
“L’hai fatto anche per lei, giusto?  Perche’ non dovesse essere piu’ preoccupata per te e per cio’ che stavi facendo” disse John, che osservo’ poi con titubanza la difficolta’ del consulente investigativo a riconoscere la veridicita’ di quell’affermazione e i sentimenti che si celavano dietro a una decisione apparentemente solo logica.
Alla fine Sherlock annui’ lentamente.
“E da li le cose sono... progredite” aggiunse poi con un lieve rossore sul volto.
Anche John annui’, poi sul suo viso comparve un sorriso soddisfatto.
“Bene. Sono pronto a sentire il resto, ora”
Sherlock alzo’ un sopracciglio con fare interrogativo e il suo amico comincio’ a ridere.
“Non credere di cavartela cosi! Quello che mi hai detto non copre minimamente tutta la parte riguardante il... dopo. E non far finta di non capire... voglio i particolari, Sherlock. Tutti quanti, me li devi”
“Non credo proprio” ribatte’ Sherlock con sussiego.
“Oh si, invece” annui’ convinto John, prima di scoppiare in un’altra risata “ma posso aspettare fino a che non saremo a casa e ci sara’ anche Greg”
“E perche’ dovremmo includere anche Lestrade in questa... cosa?”
“Perche’ e’ tuo amico. Perche’ ce lo devi. E perche’ sara’ tremendamente soddisfacente sia per me che per lui”
“Ridicolo. Ci vogliamo concentrare sul caso, per favore?”
 
***
 
Sherlock mantenne la sua parola e la mattina seguente riconsegno’ le chiavi all’agente Morris, poi lui e John presero il treno diretto a Londra.
“Contattero’ la mia rete di informatori per capire se c’e’ agitazione tra i collezionisti per qualcosa che riguardi Sheakespeare... e’ logico pensarlo, visto che era  il campo di specializzazione del professore. Potrebbe aver addirittura effettuato una transazione prima di morire, per quanto ne sappiamo e in questo caso aver battuto l’assassino sul tempo” disse Sherlock mentre erano ormai alla periferia della citta’.
“Ma tu non ne sei convinto” osservo’ John, prendendo dalla tasca il telefonino che aveva appena segnalato un sms.
“No... non sembra il tipo di persona che vuole lucrare su una sua passione. La deliziosa Miss Morstan ti ha convocato d’urgenza?”
John rimise il cellulare al suo posto e fece una smorfia.
“Dice che e’ un’emergenza... spero non si tratti davvero di nuovo del colore delle tovaglie per il ricevimento, l’ha gia’ cambiato quattro volte. Non ho proprio voglia di discutere di nuovo per questa cosa”
Sherlock lascio’ vagare lo sguardo verso il paesaggio e finalmente si concesse di  ripensare al modo in cui lui e Molly si erano lasciati: una volta arrivato sarebbe andato da lei e avrebbero parlato, era inutile e stupido continuare a litigare.
E la cara zia Emily avrebbe dovuto rassegnarsi al fatto che loro due sarebbero rimasti insieme, anche se questo avrebbe probabilmente significato interagire ancora con lei.
“Scoprirai ben presto, John, che il matrimonio e’ una continua fonte di compromessi” dichiaro’.
Il Dottor Watson lo fisso’ a bocca aperta.
“Oh no” dichiaro’ “non esiste proprio che sia tu a dare dei consigli a me in questo campo!”
Sherlock si giro’ a fissarlo incuriosito.
“Tra due mesi sara’ l’anniversario della mia finta morte e di conseguenza, raggiungero’ con Molly il traguardo del secondo anno di matrimonio. Osserva i fatti: non puoi negare che sia io quello con piu’ esperienza, John.”
Beh, a questo non c’era proprio possibilita’ di replica.
 
***
 
Sherlock entro’ a Baker Street esattamente quaranta minuti dopo e si appresto’ a salire i gradini di corsa.
“Sherlock, benedetto ragazzo che cosa hai fatto?” la sua padrona di casa aveva fatto capolino sulla porta e ora lo stava fissando con uno sguardo perplesso e dispiaciuto.
Lui si fermo’, roteo’ su se’ stesso e le ando’ velocemente vicino.
Evidentemente le notizie viaggiavano in fretta.
Le sorrise e le poso’ un bacio sulla guancia.
“Su signora Hudson, non sia cosi dispiaciuta. In fondo e’ solo una piccola aggiunta a quello che sapeva gia’. E’ stata Mary a dirglielo, vero? Mi spiace di non averla avvisata ma non era sicuramente il tipo di matrimonio a cui avere degli invitati. Sa... la fretta. L’ora tarda. Il finto suicidio da organizzare.
Ma sono sicuro che Molly apprezzera’ le sue congratulazione e sono altrettanto sicuro che Lei si rifara’ consumando quintali di fazzolettini piangendo al matrimonio di John”
“Non mi riferivo a questo...” Martha scosse il capo e il sorriso di Sherlock svani’ dal suo volto.
“Molly e’ stata qui” realizzo’ lui, mentre una punta di timore cominciava ad insinuarsi nella sua mente.
La donna annui’.
“Quella povera ragazza... era in condizioni pietose. Non faceva che piangere e mi ha detto che avrebbe fatto in fretta, e’ salita nell’appartamento ed e’ scesa dopo dieci minuti con una borsa. Mi ha lasciato il paio di chiavi che tu le avevi dato, ha detto che non le sarebbero piu’ servite. Sherlock che cosa e’ successo? Avete litigato? Sicuramente potete risolvere tutto, giusto?”
Lui non rispose e si fiondo’ per le scale: entrato nell’appartamento si diresse subito nella sua camera e apri’ l’armadio. Tutte le poche cose che Molly aveva tenuto li erano sparite.
 
 
 

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Aiuto che capitolo difficile. Spero di non aver esagerato, considerando che la storia non e’ ancora finita e le cose potrebbero andare peggio di cosi’.
Prometto piu’ azione per il prossimo capitolo...
Comunque!
Grazie a Efy, IrregolarediBakerStreet, Kagura, martiachan e Namisas per le loro recensioni, belle e stimolanti. Grazie anche a Kuchi per... beh, lei lo sa.
E meglio ricordare anche che nulla proprio nulla dei personaggi di cui scrivo mi appartiene!
Ciao ciao!
 
OGNI SINGOLO ISTANTE

CAPITOLO NOVE
 
 
La prima volta che Sherlock Holmes aveva baciato Molly Hooper si era trattato di un avvenimento fortuito.
Beh, per lo meno per quanto fortuito si possa considerare un bacio.
Lui era tornato nell’appartamento di lei sei giorni dopo il loro incontro, in condizioni visibilmente migliori e di buon umore: a quanto pareva suo fratello non aveva voluto fargli pesare piu’ di tanto il suo inganno o la sua resistenza a chiedergli aiuto (anche perche’ lui sarebbe stato altrettanto pronto a ricordargli come l’avesse “venduto” a Moriarty, per cui erano giunti ad una sorta di tregua armata); l’affare russi era stato sistemato senza troppi problemi e Sherlock era in procinto di partire per l’Est Europa.
Aveva sentito il bisogno di passare a salutarla e aveva ceduto a quell’impulso dopo aver ragionato a lungo sul fatto che, sebbene si trattasse di una cosa assolutamente non necessaria, non poteva essere cosi pericoloso... e non si riferiva all’incolumita’ di Molly, ma ad alcune sensazioni che erano fastidiosamente presenti in lui dopo in seguito al loro ricongiungimento: non che dopo aver nuovamente assaporato  il contatto fisico con una persona cara questo gli mancasse, naturalmente... e non era neanche per una qualche forma di nostalgia o sentimentalismo.
No.
Ovviamente e assolutamente no.
Pero’, quando Molly gli aveva sorriso nel rivederlo qualcosa dentro di lui si era agitato e dopo averle spiegato che il suo viaggio sarebbe durato solo pochi giorni, nel salutarla aveva sperato che ci sarebbe stato un nuovo abbraccio, giusto per vedere se questo avrebbe procurato le stesse sensazioni del precedente o ne avrebbe generate di nuove.
Niente altro.
Ma Molly era rimasta la persona timida di sempre e si era limitata a continuare a sorridere, cosi erano restati in silenzio davanti alla porta ma proprio quando Sherlock si era ormai rassegnato ed era in procinto di andarsene, si era ricordato di una cosa importante.
Loro due erano sposati.
E le persone sposate si toccavano e baciavano continuamente.
La logica non faceva una piega, cosi si era chinato su di lei per darle un bacio sulla guancia, ma in quello stesso momento Molly si era girata con il viso verso di lui e il risultato era stato un breve e fugace contatto delle labbra che sarebbe sinceramente durato di piu’, se il telefono di Sherlock non avesse suonato segnalando che una macchina era di nuovo pronta a portarlo via da quell’appartamento.
Interrotti come durante quel Natale. Ma questa volta dietro al bacio non c’era stato nessun insulto e nessun bisogno di scusarsi ed era stato molto meglio, anche se fonte di ulteriore confusione.
Sherlock era partito per l’Est dopo un saluto imbarazzato e una fuga alquanto precipitosa.
Ridicolo, si era detto, non era assolutamente il caso di dare ad uno stupido incidente piu’ peso di quanto ne avesse in realta’.
Pero’, quando era rientrato dopo quattro giorni e Molly gli aveva aperto la porta (si, era tornato subito da lei) aveva davvero, davvero dovuto trattenersi dal baciarla di nuovo e questo rappresentava una scocciatura, visto che non era da lui indugiare in simili distrazioni: la ragione aveva avuto il sopravvento e sicuramente, il fatto che lei lo avesse accolto di nuovo con un sorriso come se non fosse successo niente l’aveva aiutato ad archiviare l’incidente.
Era stato piu’ difficile archiviare la sottile irritazione mista a delusione che l’aveva colto quando aveva realizzato l’indifferenza di Molly.
A quel  punto, passare del tempo con lei era stato assolutamente accettabile e c’erano state diverse cene o serate passate insieme, mentre gli ultimi tasselli della rete di Moriarty cadevano con precisione ed efficienza.
Merito di Mycroft, ma anche della tranquillita’ e sicurezza con cui Sherlock stava affrontando l’ultima parte della sua missione: non gli ci era voluto molto per capire che Molly Hooper aveva il potere di rasserenargli la mente e di permettergli di pensare con lucidita’ ai compiti che lo attendevano, in modo assolutamente positivo e funzionale.
Un po’ piu’ di tempo gli era servito per ammettere a se’ stesso che questa cosa gli piaceva e ancora piu’ tempo era stato necessario per accettare l’idea che le sensazioni lasciate da quel bacio, dalle loro conversazioni e si, anche dai loro silenzi, erano ben lungi dallo scomparire nella sua mente e anzi continuavano a tornargli alla memoria, desiderose di essere vissute di nuovo.
Si, gli ci era voluto un po’ di tempo per questa presa di consapevolezza un po’ tortuosa: in totale quattro settimane, tre giorni, quindici ore e quarantasette minuti.
A quel punto, il loro secondo bacio non era stato affatto un caso fortuito.
 
***
 
Sherlock era uscito di corsa da Baker Street dopo aver scoperto che Molly aveva portato via le sue cose dall’appartamento ; in taxi  non aveva fatto altro che chiedersi cosa l’avesse spinta a voler fare una cosa del genere.
Certo, avevano discusso... ma non era la prima volta. E non si erano lasciati nemmeno troppo bene, ma lei gli aveva augurato buon viaggio e gli aveva raccomandato di stare attento e questo poteva solo significare che era preoccupata per lui, che il suo attaccamento emotivo era ancora alto.
Che cosa, che cosa era intervenuto per farle prendere una decisione cosi drastica?
Che cosa... o chi.
Con un gesto nervoso prese il cellulare e fece partire una chiamata.
“Sherlock, che sta succedendo?” la voce di John risuono’ allarmata nel ricevitore “La Signora Hudson mi ha appena chiamato per dirmi che sei uscito come una furia da casa dopo che hai scoperto che Molly ha portato via le sue cose”
“Sto andando da lei in questo momento e ho tutta l’intenzione di scoprire che cosa le e’ preso” ribatte’ Sherlock, tamburellando nervosamente con le dita della mano libera su un ginocchio.
Il taxi era davvero lento.
“Molly sa che stai arrivando?”
“No. Preferisco non giocarmi il fattore sorpresa”
“Ok, sei arrabbiato. Ma per favore, dimmi che tra poco non ricevero’ una telefonata anche da Lestrade che mi dice che hanno avuto una segnalazione di disturbo alla quiete pubblica all’indirizzo di tua moglie. Dimmi che non sarai uno di quegli idioti che battono alla porta come un forsennato per farsi aprire e guardano storto i vicini”
“Non essere ridicolo, John. Non siamo in uno stupido film drammatico-sentimentale e non ho nessuna intenzione di dare spettacolo. Prima pero’ ho bisogno di farti una domanda e gli sms avrebbero richiesto troppo tempo.
Di che natura era l’emergenza di Mary? Perche’ ti ha chiesto di tornare a casa subito? Ha parlato con Molly, vero?”
“Sherlock...” tento’ di interromperlo John, ma lui continuo’ a ragionare rapidamente, sempre piu’ nervoso.
“Molly non ha molte amicizie femminili e ultimamente lei e Mary sembrano aver creato un legame stretto di complicita’... qualcosa o qualcuno le ha dato l’imput per prendere la stupida decisione che ha preso. Non solo ha portato via le sue cose, ha restituito la chiave che le avevo dato alla Signora Hudson, ha detto che non le sarebbe piu’ servita! Se la tua fidanzata le ha consigliato un gesto estremo per affermare chissa’ quale principio dopo l’episodio di ieri all’ospedale  - ”
“Sherlock!” il tono secco e deciso di John ebbe finalmente il potere di bloccarlo, prima che il Dottore riprendesse a dire con calma “Si, ha parlato con Mary ma  non e’ come pensi tu”
“Questo che significa?” chiese Sherlock dopo un attimo in tono guardingo.
“Non lo so” ammise John con un sospiro “Mary mi ha chiesto di tornare subito perche’ era preoccupata da morire, dice che Molly l’ha contattata e hanno parlato per poco, ma che lei sembrava sconvolta e sull’orlo delle lacrime”
“Che cosa le ha chiesto? Di che cosa hanno discusso?”
“E’ questo il punto... Mary non lo ha ben compreso. Molly si e’ limitata a farle domande su noi due, capisci? Poche, semplici domande sul nostro fidanzamento e adesso Mary e’ preoccupata di aver fatto chissa’ quale pasticcio e sinceramente non capisco neanche io... Sherlock? Sherlock?”
Il consulente investigativo non si curo’ di rispondere e termino’ la chiamata.
Se la signorina Morstan si era limitata a rispondere ad alcune domande senza senso, il problema doveva essere un altro... era assurdo pensare che Molly fosse giunta alla sua decisione solo perche’ aveva fatto una comparazione tra il loro rapporto e quello fra John e Mary.
Assurdo.
Una cosa chiara nella loro relazione era la sua straordinaria ed inequivocabile originalita’, che non permetteva di paragonarla a nessun’altra. E Molly gli aveva piu’ volte assicurato che per lei andava bene.
Certo, questa sicurezza negli ultimi tempi si era un po’ incrinata, ma non cosi tanto, giusto?
Finalmente il taxi arrivo’ al palazzo in cui lei abitava e lui scese velocemente: approfitto’ di una signora che usciva dal portone per infilarsi a forza nell’atrio, guadagnandosi un commento sulla sua maleducazione al quale  non si preoccupo’ di rispondere,  gia’ troppo concentrato sui gradini che portavano al terzo piano.
Busso’ con forza alla porta, visto che si era reso conto in taxi di non avere il suo duplicato delle chiavi con se’.
Nessuna risposta.
Dalla porta filtrava un po’ di luce e si sentiva della musica in sottofondo, quindi lei era in casa ma non voleva aprirgli: la rabbia e l’irritazione che l’avevano minacciato fino a quel momento presero il sopravvento e si trasformarono in un nuovo attacco di nervosismo.
Ok, forse dopo tutto avrebbe dovuto rassegnarsi a dare un po’ di spettacolo.
“Molly! Apri questa porta! Apri subito o giuro che entro in un altro modo e sai che posso benissimo farlo!” dichiaro’ a voce alta.
Sul pianerottolo apparve il viso perplesso e annoiato di uno dei vicini, ma un’occhiata furiosa da parte del consulente investigativo lo convinse a rientrare in casa senza porre domande, probabilmente comunque propenso a chiamare la polizia.
Che faccia pure. Idiota, cosi magari puo’ raccontargli della sua piccola coltivazione illegale che ha sul  balcone.
Sherlock scosse il capo e torno’ a concentrarsi sul suo problema attuale.
 “Molly!” ripete’ per l’ennesima volta in quello che ora gli sembro’ un tono disgustosamente supplichevole.
Al diavolo.
Era il momento di prendere delle misure estreme e forzare la serratura, ma in quel momento Molly apparve nel corridoio, la cesta dei panni puliti in mano.
Era nel seminterrato a ritirare il bucato, ha lasciato tutto acceso perche’ sapeva che sarebbe rientrata in pochi minuti. Stava cercando una distrazione  perche’ ha pianto, tanto.
Di nuovo, sempre per colpa mia.
“Spero che tu non abbia spaventato i vicini” commento’ lei, passandogli accanto e aprendo la porta, lasciandola poi spalancata dietro di se’ per farlo passare.
Lui rimase per un attimo interdetto.
“Che cosa credevi?” aggiunse lei continuando a dargli le spalle “Che non ti avrei fatto entrare? Come se una porta chiusa avesse mai avuto il potere di trattenerti” il suo tono era stanco e basso e fino a quel momento aveva evitato di guardarlo dritto negli occhi.
Sherlock la osservo’ posare la cesta dei panni sul divano ed andare a spegnere lo stereo, che stava suonando un cd di musica classica; ricordo’ che lei gli aveva detto che spesso quando era triste amava riascoltare i brani che sua madre le faceva sentire da piccola.
Molly sembro’ esitare un attimo ma poi rinuncio’ a dire qualsiasi parola e si sedette sul divano, le mani strette in grembo e rimase come in attesa, il che era francamente ridicolo perche’ era stata lei ad andarsene e quindi doveva sicuramente delle spiegazioni per prima.
Sherlock comincio’ a passeggiare inquieto per la piccola stanza, le mani giunte dietro alla schiena. Non si era nemmeno tolto il cappotto.
Ok, il ruolo di persona adulta toccava sicuramente a lui.
“Il tuo e’ stato un gesto sconsiderato e sicuramente esagerato” inizio’ in un tono che spero’ essere abbastanza chiaro e razionale “Se questo e’ il tuo modo di reagire al fatto che ho annunciato il nostro matrimonio a quel modo, o che non ti ho avvisata che sarei andato fuori citta’ ti chiedo scusa, ma non mi sembra proprio il caso di ritirare le tue cose da Baker Street o restituire una chiave che ti spetta di diritto. Non ho nessuna intenzione di accettare questa situazione e qualsiasi sia il motivo della tua irritazione ne discuteremo insieme e la risolveremo,  esattamente come tutte le altre volte”
“Il gelato di Mary era ai frutti di bosco” lo interruppe lei, guardandolo finalmente negli occhi.
Lui si fermo’ all’istante e sbatte’ le palpebre per qualche secondo, troppo stupito dall’apparente inutilita’ di quella frase.
“Che cosa?” le chiese infine.
Molly fece un profondo sospiro e si sforzo’ di parlare senza piangere, cosa che nelle ultime ore le era stato veramente difficile.
Da quando discutendo con Sherlock il giorno prima in laboratorio aveva realizzato quanto fosse stata stupida e ingenua.
“Quel giorno... quello in cui John le ha chiesto di sposarlo a Regent’s Park” ricomincio’ “L’hai detto tu stesso, ieri... il parco era pieno di gente e Mary si era rovesciata addosso un cono gelato dopo che un tizio sui pattini l’aveva urtata. Il gelato era ai frutti di bosco, non alla fragola come hai detto tu e la domanda sorge spontanea, non credi? Loro non ci hanno mai raccontato i particolari, e’ accaduto nel periodo in cui tu eri ancora morto e John mi telefono’ solo qualche giorno dopo che era successo, dicendomi semplicemente che si era fidanzato... e io lo dissi a te e tu sembrasti sorpreso.
Ma stavi fingendo, perche’ in verita’ lo sapevi gia’.
Come facevi ad esserne a conoscenza? Perche’ hai sbagliato? Perche’ tu c’eri, l’hai visto da lontano... stavi seguendo John. Il colore dei due gusti e’ simile e un dettaglio del genere per te era comunque irrilevante, devi averlo semplicemente archiaviato nel tuo hard disk in mezzo a tutta la marea di informazioni legate a quel momento”
Sherlock senti’ una grossa ondatata di panico avvolgerlo nel momento in cui realizzo’ dove quella discussione stesse andando a parare.
“Molly...”
Lei alzo’ una mano in un gesto di rabbia e si rifiuto’ di farsi interrompere.
“Sai, e’ straordinario come nella memoria si fissino i dettagli piu’ insignficanti, insieme a quelli importanti” disse, cominciando a passarsi nervosamente le mani sui pantaloni nel disperato tentativo di nascondere il suo tremore.
“Io mi ricordo esattamente qual e’ stata la prima parola che mi hai rivolto quando ci siamo conosciuti” dichiaro’ poi.
La mente di Sherlock forni’ d’istinto la risposta.
Voglio. La prima parola che le aveva detto era stata VOGLIO.
“E il colore della camicia che indossavi”
Bianca.
“E mi ricordo che ore erano quando ti ho portato la prima tazza di caffe’”
Le undici e trenta di un lunedi’ mattina.
“E Mary ricorda benissimo che il suo gelato era ai frutti di bosco, anche se naturalmente questo e’ un ricordo davvero minuscolo, se paragonato alla sensazione di vedere John che si inginocchia davanti a lei e le chiede di diventare sua moglie. Mi ha detto che lui aveva programmato di farlo in maniera romantica, ma poi vederla tutta sporca e mortificata non ha fatto altro che farlo decidere all’istante. E’ molto dolce, non credi? E naturalmente ricorda la data del suo fidanzamento, come io ricordo quella della nostra prima notte insieme.
Coincidono” concluse Molly, chiudendo gli occhi e lasciando che lacrime silenziose le solcassero le guance.
Sherlock l’aveva ascoltata sempre piu’ sgomento, mentre suo malgrado la sua mente riviveva i dettagli di quel giorno.
Era una mattina limpida a Regent’s Park.
Seguire John era stato un puro capriccio, visto che Mycroft gli aveva assicurato che il suo amico non correva nessun pericolo.
Era anche curioso rispetto a Mary, nonostante avesse liquidato con un’alzata di spalle la sua presenza nella vita di John quando Molly gliel’aveva detto.
Certo non si era aspettato che il Dottore avrebbe fatto la sua proposta cosi presto:  ricordava la strana sensazione che l’aveva colto quando l’aveva visto inginocchiarsi davanti a quella donna con una vistosa macchia rosa di gelato sulla maglietta che indossava.
La sensazione che un periodo della sua vita si stesse chiudendo e che nulla avrebbe piu’ potuto essere come prima, neanche con il suo ritorno.
E un’altra straordinaria sensazione, questa volta legata a Molly.
“Hai visto John fare la sua proposta a Mary e sei venuto da me... sei venuto da me quella  sera e improvvisamente mi volevi! Mi hai baciata e poi abbiamo passato la notte insieme. Cosa e’ successo, Sherlock? Hai deciso di consumare il nostro matrimonio per una specie di ripicca nei confronti del tuo amico che stava andando avanti con la sua vita? Non mi meraviglia che tu ti senta costretto in questo rapporto, e io che ero convinta che fosse stato l’sms di Mycroft a indisporti la mattina seguente”
Sherlock alzo’ la testa di scatto e punto’ i suoi occhi chiari sulla donna seduta sul divano.
Su sua moglie.
“E’ questo che pensi?” le chiese freddamente.
“E’ questo che e’ successo” rispose Molly convinta, alzandosi in piedi e raggiungendolo al centro della stanza. Lui pote’ vedere la rabbia e il dolore riflessi nel suo sguardo.
“Perche’ dovrebbe essere altrimenti?” continuo’ lei alzando la voce “Tu avevi dichiarato di non voler rendere il matrimonio effettivo, cosi avremmo potuto annullarlo ma eri anche in una situazione... particolare. E il tuo attimo di debolezza ti e’ costato caro, vero? Ti sei ritrovato sposato sul serio e improvvisamente dovevi finalmente  tornare alla tua vecchia vita... sono stata una stupida, e’ stato un errore pensare di poter gestire entrambe le cose!”
L’accusa risuono’ violentemente nella testa di Sherlock e in un moto di rabbia si ritrovo’ anche lui a gridare.
“Ti ricordo che l’idea di tenere segreto il matrimonio e’ partita da te!”
“E tu hai acconsentito subito!” ribatte’ lei, prima di fare un ulteriore profondo respiro nel tentativo di calmarsi.
“Eravamo nel panico, entrambi...” ricomincio’ con voce rotta “dovevi spiegare cosi tante cose alle persone che ami e ti ritrovavi con una moglie per puro caso!”
“Ridicolo!” urlo’ di nuovo Sherlock “Perche’ allora avrei dovuto continuare a stare insieme a te?” la sfido’.
Molly alzo’ le spalle e fece un sorriso amaro.
“Non ti sono mai piaciuti i cambiamenti e ne hai affrontati troppi tutti insieme. Forse restare unito a me era l’unica cosa fissa che ti restava”
Sherlock non riusci’ ad evitare di arretrare leggermente sotto il peso di quelle parole e reagi’ nell’unico modo in cui quel momento gli era possibile.
“Stai dicendo un mucchio di sciocchezza e questa psicoanalisi da quattro soldi non funziona proprio. E non mi sembra di averti costretta a fare nulla! ”
“Ne’ io l’ho fatto con te! Non consapevolmente, almeno!” ribatte’ lei.
“Oh certo... tranne fare appello alla nostra unione per costringermi a prendere un caso per tua zia!”
“Ancora con questa storia?? Ti ho gia’ detto che non volevo costringerti... per una volta, una sola volta, mi sono sentita autorizzata a chiederti qualcosa per me, a chiederti un favore! Tu pero’ l’hai vissuto come un attacco alla tua liberta’!”
Sherlock scosse la testa violentemente.
“Non e’ questo il punto!”
No, quelle accuse non erano ne’ giuste ne’ fondate. Lui ci aveva provato, ci stava ancora provando... doveva solo riuscire a convincere Molly che non c’era nessuna relazione fra quello che aveva visto quel giorno al parco e il suo comportamento successivo. O almeno, non quella che pensava lei.
Ma lei sembrava davvero giunta al limite.
“Non capisci? Sono stanca di dover affrontare questi discorsi e di non capire che cosa vuoi o quello che senti. So che per te e’ difficile ma io non ce la faccio piu’, penso di meritarmi un po’di felicita’ ed equilibrio. Voglio ”
“NO! Tu vuoi qualcosa di diverso da tutto quello che abbiamo avuto fino ad ora e questo perche’ sei cambiata, quando abbiamo iniziato la nostra relazione tu non avevi queste... necessita’”
Molly rilascio’ piano i pugni che aveva tenuto stretti lungo i fianchi e volse altrove lo sguardo mordendosi il labbro.
“Ti sbagli. Le avevo, ma le ho messe da parte. Mi spiace ma la gente e le circostanze cambiano, Sherlock... non siamo piu’ quelli di quattro mesi fa e tu non sei piu’ un uomo in fuga e con una missione da svolgere. Questa e’ la nostra vita, la nostra quotidianita’ e non puoi pretendere che non ci siano cambiamenti.
In ogni relazione si cede un pezzo di se’ stessi, Sherlock. Io credo che nella nostra ci sia una grossa disparita’ tra quello che entrambi abbiamo ceduto  e questo non e’ giusto” commento’ tristemente piegando il viso  verso il basso.
No, Sherlock non voleva quell’atteggiamento di disfatta, non voleva che lei si arrendesse, come se stesse rinunciando a loro due.
Lui non era in grado di combattere per entrambi.
“Molly...” ricomincio’ a dire, ma lei lo interruppe di nuovo con un gesto della mano.
“Io... io ci ho pensato. Non voglio costringerti in qualcosa che evidentemente ti mette cosi in difficolta’, non dopo aver capito che la tua e’ stata una scelta nata... per sbaglio”
“Che stai dicendo?”
“Credo sia  meglio separarci” mormoro’ Molly.
“No” fu l’unica cosa che lui riusci’ a risponderle, mentre lei gli girava le spalle per evitare di continuare a sostenere il suo sguardo.
“Credo che sia una decisione ragionevole che puo’”
“E’ un’idiozia!” grido’ di nuovo lui “Che cos’e’ questa idea improvvisa? E guardami mentre parli di mandare a monte il nostro matrimonio! E’ stata tua zia a suggerirtelo?”
Lei si giro’ di scatto con uno sguardo confuso sul volto.
“Che cosa c’entra ora zia Emily?”
“Quella donna vuole manipolarti... non ti vede per anni e poi improvvisamente si fa viva ed ha a cuore la tua felicita’! Questa volta ha deciso che sei finalmente degna di andare con lei a spasso per il mondo?”
“Adesso sei crudele” gli rispose Molly.
“Crudele io? TU mi stai dicendo che vuoi che ci separiamo! Oh... sapevo che quella donna mi odiava ma non pensavo si sarebbe spinta tanto oltre e che tu le avresti dato corda!”
“Non capisci?? Non si tratta di lei, si tratta di me! Si tratta di un matrimonio che non si puo’ davvero definire tale e di te che non riesci neanche ad ammettere di avere dei rimpianti per come hai agito d’impulso! MA IO VOGLIO ESSERE FELICE!”
Nella stanza calo’ per qualche secondo un profondo silenzio.
“E io non ti rendo felice” realizzo’ piano Sherlock, volgendo lo sguardo verso un punto qualsiasi della stanza, un punto che non fossero gli occhi lucidi di Molly.
Aveva fallito.
Fallito. Fallito. Fallito.
D’improvviso, l’atmosfera nella casa divento’ per lui troppo opprimente e soffocante.
Giro’ su se’ stesso e usci’ chiudendo piano la porta dietro di se’.
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Ciao a tutti! Innanzitutto tanti, tantissimi auguri di Buone Feste!
Poi... grazie a chi ha recensito il capitolo precedente: Efy, IrregolarediBakerStreet, Lisbeth17, Kagura, martiachan e Namisas.
E poi ancora... due annunci: il primo e’ che ho finalmente visto tutta la seconda serie. Grazie quindi a chi non mi ha mai fatto notare alcune mancanze o inesattezze rispetto alle storie. Beh, meglio tardi che mai (no, non ho intenzione di aspettare cosi tanto per la terza)!
Il secondo annuncio, ben piu’ importante, mi porta a dirvi che la  mia prima fanfic e’ diventata un fumetto! Infatti la bravissima Kuchi sta pubblicando sul suo profilo facebook un fumetto ispirato a “Meglio di prima” e inutile dire che questa cosa mi ha riempito di orgoglio e che e’ anche molto bella e ben fatta. Sono stata autorizzata dall’autrice a darvi il link, se volete sbirciare:
www.facebook.com/emanuela.riccardi.7/media_set?set=a.10201604866421916.1073741828.1185970971&type=3
E ora... lo so vi avevo promesso un po’ piu’ di azione, ma credo dovrete aspettare il prossimo capitolo. Troppe cose da dipanare in questa storia!
Buona lettura!
 
OGNI SINGOLO ISTANTE
CAPITOLO DIECI
 

La tazza di the caldo non stava affatto aiutando.
Normalmente, sedere sul divano con in mano una delle sue tazze preferite piena del caldo liquido aveva sempre aiutato Molly ad affrontare meglio molte situazioni.
Una giornata storta al lavoro.
Un appuntamente andato male.
Le notti insonne passate a preoccuparsi per Sherlock.
Ma niente di tutto quello che stava vivendo in quelle ore poteva considerarsi normale, per cui la tazza di the caldo non stava affatto aiutando.
Con un sospiro la appoggio’ sul tavolino e si strinse con forza il plaid caldo attorno al corpo, cercando di farsi sempre piu’ piccola e di  non ricominciare a piangere.
Falli’ miseramente in entrambi gli intenti.
Sherlock se ne era andato da quasi due ore, ma la loro discussione aleggiava ancora nell’aria ben presente e carica di rabbia e delusione.
Credo sia  meglio separarci.
...
E io non ti rendo felice.
Non riusciva a credere che nel giro di pochi minuti il suo matrimonio fosse arrivato cosi vicino al punto di rottura ma considerato che non si era mai trattato di un vero matrimonio, non c’era da stupirsi.
No, quest’ultima cosa non era vera.
Fin da quella notte, Molly si era sempre ritenuta una donna sposata ma non si era certo fatta illusioni che anche per Sherlock fosse cosi: la loro unione era nata in un momento di estrema difficolta’ e per ragioni di estrema necessita’.
Tuttavia...
Tuttavia a un certo punto le cose erano cambiate e anche se erano andate per una strada a dir poco impossibile, Molly si rendeva ora conto di aver sempre sperato di poter camminare un giorno al fianco di Sherlock Holmes con il suo anello bene in vista al dito anulare sinistro, alla luce del giorno e senza nascondersi da nessuno, meno che meno dai loro amici.
Questa speranza aveva avuto qualche possibilita’ di avverarsi, almeno fino a che ieri lei non si era resa conto di come fosse fondata su un’enorme bugia.
Che Sherlock non aveva negato.
Che lei aveva contribuito ad alimentare, con la sua stupidita’, i suoi occhi palesemente e testardemente chiusi e la sua fede incrollabile nella possibilita’ di un cambiamento.
Che lei aveva contribuito a costruire e a portare avanti.
 
Quattro mesi prima
 
Molly rientra nel suo appartamento dopo un turno di sedici ore filate  in cui ha avuto a malapena il tempo di buttare giu un boccone e fare ben due pause per andare in bagno, tuttavia non puo’ evitare di essere pervasa da una forte eccitazione al pensiero che Sherlock potrebbe essere a casa;  sono ormai trascorse alcune settimana da quando... da quando lei e’ a tutti gli effetti la moglie di Sherlock Holmes e un sorriso felice le appare sul viso al ricordo della loro prima notte insieme e delle altre che sono seguite. Non molte in verita’, lui sta ancora lavorando per distruggere la rete di Moriarty ma ormai ci e’ vicino, ne e’ sicuro: preso potra’ tornare alla sua vita e Molly non vede l’ora di poter vivere tutte queste meravigliose sensazioni in piena liberta’.
Perche’ per quanto possa sembrare incredibile, per quanto possa essere strano, lui non si e’ pentito e continua a voler stare con lei: Molly ridacchia al ricordo della sua faccia perplessa quando si sono svegliati insieme per la prima volta e di quanto ha avuto paura che Sherlock stesse semplicemente per dire che cio’ che era successo era stato uno sbaglio enorme, solo per scoprire invece che lui aveva appena letto un messaggio di Mycroft  che gli faceva le congratulazioni.
Molly non ha ancora trovato il coraggio di chiedere a suo marito quanto suo cognato abbia avuto modo di sapere o (aiuto,  no...) vedere delle circostanze di quella che si puo’ definire con un eufermismo l’evoluzione del loro rapporto.
Anche se e’ giusto fare un passo per volta e per ora non hanno ancora discusso delle varie e potenziali conseguenze, perche’ vivono in un mondo tutto loro dove nessuno fa domande o commenti e stanno imparando a stare insieme, lei pensa che potra’ essere ancora piu’ felice quando finalmente le cose torneranno a posto e potranno stare insieme davvero: forse e’ troppo presto per essere una coppia sposata, ma sicuramente possono essere una coppia. Molly e’ consapevole che le circostanze della loro unione sono state per lo meno “particolari” ma e’ arrivata a pensare che sono un punto di partenza come un altro, da dove poter costruire qualcosa.
Quello di una vita quotidiana con Sherlock Holmes e’ un pensiero spaventosamente bello e terrificante allo stesso momento e Molly deve continuamente ricordarsi che non e’ un sogno, che succedera’ davvero: certo non c’e’ stata nessuna appassionata dichiarazione d’amore ma chi ne ha bisogno, quando i fatti contano piu’ di mille parole?
Prende le chiavi dalla borsa e apre la porta canticchiando; se Sherlock non e’ a casa  ne approfittera’ per farsi un lungo bagno caldo e per pensare ad una vera cena che non sia composta da avanzi di take away... il suo umore e’ cosi buono, che potrebbe persino arrivare a mettersi lo smalto alle unghie.
Si ferma interdetta sulla soglia non appena nota l’atmosfera cupa del soggiorno: tutte le imposte sono chiuse e nell’aria c’e’ qualcosa di simile alla tensione. Un po’ spaventata, mette mano al pulsante per accendere una luce ma una voce la ferma.
“No. Ti prego. Lascia stare cosi”
L’ombra di Sherlock seduto sul divano si intravede appena e lei ha un leggero sobbalzo sia per la sorpresa sia per il tono che lui ha usato.
Insicuro. Debole.
Si avvicina piano al divano e gli si inginocchia davanti.
“Sherlock? Che succede?” in un attimo le si presentano alla mente mille scenari di cio’ che puo’  essere andato storto, forse e’ stato scoperto o gli e’ scappato uno dei suoi obiettivi.
Cielo, forse e’ ferito.
Decide di non dare retta alla sua richiesta e accende l’abat-jour vicino al divano, illuminando fiocamente l’ambiente.
La poca luce le basta per cogliere il viso pallido dell’uomo davanti a lei.
E le sue mani che tremano.
Sherlock Holmes ha chiuso gli occhi per evitare che la luce li colpisca e sta tremando.
Questo spaventa Molly piu’ di qualsiasi altra cosa.
“Ti prego, dimmi che cosa e’ successo. Sono sicura che si possa risolvere... non sei  ferito, vero?”
Lui scuote piano la testa e poi fa un sospiro.
“Questa mattina abbiamo preso Sebastian Moran”
Molly scuote la testa per indicare che quel nome non le dice molto, Sherlock si e’ sempre premunito di raccontarle molto poco di quello che sta facendo: sospetta che sia in parte perche’ la vuole proteggere e in parte perche’ davvero non vuole che lei conosca fino in fondo tutti gli aspetti della sua missione.
“Lui... lui era l’ultimo” annuncia Sherlock, aprendo improvvisamente gli occhi e guardandola fissa per comunicarle cio’ che questa frase significa veramente.
E’ finita.
La rete criminale di Moriarty e’ stata definitivamente distrutta.
Le mani di Sherlock cominciano a tremare ancora di piu’ e finalmente lei capisce che cosa sta succedendo: e’ in stato di shock, l’enormita’ di tutto quello che ha fatto in quasi due anni gli sta calando addosso improvvisamente e l’adrenalina che lo ha sostenuto in tutto questo tempo, tutta la sua determinazione, stanno scemando inesorabilmente lasciando posto a una sensazione di vuoto e smarrimento.
Lei non puo’ saperlo, ma per Sherlock e’ molto peggio di quella sera lontana, quando non riusciva a capacitarsi di poter aver visto qualcosa di tremendo e irrazionale fuori dai confini di  Baskerville.
Molly abbraccia piano suo marito e lui la stringe forte, ancorandosi a lei in cerca di sicurezza mentre nella sua mente le immagini di quest’ultimo periodo passano veloci.
Tutto quello che ha perso.
Tutto quello per cui ha combattuto e per cui ha rischiato piu’ volte la vita.
Tutto quello che l’ha quasi distrutto.
Mentre continua a tremare una singola lacrima gli solca il viso e riesce a verbalizzare la sua paura piu’ grande.
“John...” sussurra.
John capira’?
Perdonera’?
Sara’ in grado di riaccoglierlo nella sua vita, dopo che l’ha ingannato e dopo che cosi tante cose sono cambiate?
Molly si stacca gentilmente da lui ma non smette di accarezzargli la nuca  con un movimento rassicurante e rilassante.
“Lui sara’ felice di riaverti con se’, ne sono sicura. Si arrabbiera’, ma la gioia sara’ infinitamente piu’ forte di qualsiasi altra cosa”
Sherlock abbassa la testa.
“Dovro’ spiegare cosi tante cose... a lui e a tutti gli altri” sussurra, prendendo la mano di Molly e accarezzandole distrattamente l’anulare sinistro, dove una notte di molto tempo fa ha infilato un anello che adesso ha un significato speciale, anche se continua a restare chiuso in un cassetto.
Lei rimane in silenzio per un tempo che pare lunghissimo, poi ricomincia a parlare.
“Non devi spiegare necessariamente tutto. Non subito, per lo meno” gli dice e se Sherlock non fosse cosi preso dai suoi pensieri noterebbe il suo tono incrinato e incerto.
Ma registra solo le sue parole e alza la testa di scatto.
“Vuoi dire...”
Lei fa un sorriso forzato e di nuovo lui manca di cogliere quanto lei si stia impegnando a non mostrare segni di debolezza.
“Voglio dire... sara’ gia’ abbastanza pesante dover spiegare che abbiamo mentito, non serve che loro sappiano gli altri particolari. Terremo nascosto quello che e’ successo fra di noi... chissa’, potrebbe anche essere divertente fare le cose di soppiatto. Non dobbiamo pensarci ora”
Anche Sherlock sorride e il suo e’ un sorriso genuino, di sollievo, come se si fosse appena tolto di dosso un grande peso e probabilmente e’ cosi...  Non e’ pronto, ragiona tristemente Molly accantonando in un attimo tutte le sue speranze e dicendosi per farsi forza che probabilmente non lo e’ neanche lei, ritrovandosi tuttavia a pregarlo silenziosamente di rifiutare  questa proposta.
“Si, hai ragione” concorda invece lui.
Lei continua a sorridergli ancora fino a che non si e’ calmato del tutto, ma quando lo lascia in soggiorno visibilmente piu’ rilassato e si chiude in bagno per farsi una doccia, non puo’ fare a meno di piangere mentre ripensa a tutte le sue speranze di qualche minuto prima.
Si assicura di uscire solo dopo aver esaurito tutte le sue lacrime.
 
Molly non aveva mai rimpianto quella decisione, anche se negli ultimi tempi aveva cominciato ad essere sempre piu’ pesante da sopportare, ecco perche’ le cose tra lei e Sherlock avevano cominciato a irrigidirsi: era come se lei fosse andata avanti e avesse pian piano costruito il desiderio di cambiare e lui invece non si fosse smosso di un passo, contento di stare chiuso nel loro piccolo mondo.
E col senno di poi, il motivo era abbastanza chiaro.
Il campanello arrivo’ a distoglierla dai suoi pensieri e si alzo’ titubante dal divano.
Se Sherlock era tornato, forse sarebbe stato meglio riparlarne. No. Mandarlo via, la soluzione migliore era quella. Tuttavia...
“Chi e’?” chiese con voce incerta.
“Zia Emily, cara”
Oh, fantastico.
Per un attimo Molly fu tentata ma no, non era assolutamente ipotizzabile poter evitare di incontrarla, non sarebbe stato giusto, non si vedevano da una vita e fino ad ora gli unici momenti passati insieme erano stati colmi di tensione.
E inoltre la zia aveva diritto a delle spiegazioni, dopo tutto... anche se non era davvero il caso di raccontarle della lite appena accaduta. Quello era un fatto ancora troppo fresco e doloroso.
Molly fece scattare la serratura e attese paziente che l’altra donna arrivasse alla sua porta e quando la accolse, cerco’ di stamparsi in viso un sorriso convincente.
Che duro’ all’incirca cinque secondi.
“Cara, ho pensato che avremmo potuto trascorrere un po’ di tempo insieme e cosi ti deciderai a raccontarmi tutto per bene... quel tuo marito e’ ancora a Eton probabilmente, quindi non corriamo il rischio di essere interrotte e credimi ho tutta l’intenzione di... oh”
Zia Emily si ammutoli’ prendendo consapevolezza in una frazione di secondo degli occhi rossi di Molly e della sua aria triste.
“A quanto pare e’ troppo tardi” considero’ amaramente “devo dire che dovrei essere irritata dal fatto che lui sia tornato e non mi abbia contattato per ragguagliarmi, ma suppongo sia altrettanto grave che abbia scelto di venire da te e ridurti in questo stato”
“Zia, per favore...”
“Per favore un corno, ragazza mia! Di certo non posso dire di essere stata una presenza fissa e costante nella tua vita ma si da’ il caso che io sia ancora l’unica con qualche diritto di capire che diavolo stia succedendo e di arrabbiarmi, se insisti nello sprecare la tua vita in questo modo e con una persona che sicuramente non ti merita!”
Inconsciamente Molly strinse i pugni in segno di difesa.
“Io lo amo!” dichiaro’ con veemenza, perche’ non c’era verso che lei potesse dichiarare il contrario. Era vero, il suo amore per Sherlock non era mai stato in discussione.
“Si... anche tua madre mi disse cosi ma sai qual e’ la grande differenza? Tuo padre la ricambiava! E non posso certo pensare che sia anche il tuo caso, perche’ da quando sono arrivata non ho assistito neanche ad un fatto che possa dimostrarmi il contrario... da quello che quell’uomo ti ha costretto e ancora ti costringe a fare al modo in cui ti tratta! Non ci posso credere... una donna cosi intelligente e ben dotata che si riduce cosi per un...”
Molly chiuse gli occhi e cerco’ di isolarsi dalla conversazione mentre la zia continuava la sua tirata, inondando Sherlock di alcuni epiteti a dir poco simpatici.
Era vero anche quello: lui l’aveva sposata per necessita’ e non riusciva a negare di averla voluta in un attimo di debolezza, che probabilmente rimpiangeva ogni giorno e di cui si vergognava.
Tutto il loro rapporto era un’enorme bugia.
“Basta! Basta! Basta!” grido’, sia per interrompere quel flusso di pensieri che per zittire la donna di fronte a lei.
Emily tacque subito e l’espressione sul suo volto si fece piu’ comprensiva.
“Oh bambina mia perdonami... sono solo una vecchia sciocca che non sa quando e’ il momento giusto per tacere e dare invece semplicemente un po’ di conforto. Vieni qui...” spalanco’ le braccia e Molly vi si rifugio’.
“Io non so cosa fare, zia” balbetto’ tra le lacrime “Sono cosi confusa, ero davvero sicura che lui provasse qualcosa di importante ma ora non riesco a capire se tutto questo per lui e’ troppo...”
Emily la fece sedere piano sul divano e continuo’ a passarle una mano sulla schiena per trasmetterle un po’ di calma.
“Tesoro... sono sicura che tu ci abbia provato ma quell’uomo e’ incapace di portare avanti una situazione del genere. Non ho ben capito quali siano state le circostanze del vostro matrimonio ma di certo non sono state... come dire? Normali?
Molly scosse piano la testa nell’abbraccio della zia per confermare la sua idea e questo basto’ all’anziana donna per decidere di passare all’attacco.
“Va bene. Gli errori si fanno, cara. Gli sei stata d’aiuto ma non gli devi sicuramente nulla e il mio legale che cura i miei interessi qui a Londra conosce senz’altro un buon avvocato divorzista!”
Molly alzo’ la testa di scatto.
“Io non voglio divorziare!”
Il pensiero al momento era semplicemente troppo forte da affrontare.
Emily si rese conto che Molly non era pronta a pensare in termini cosi definitivi e decise di aggiustare il tiro: non avrebbe permesso a Sherlock Holmes di rovinare la vita di sua nipote a quel modo, serviva solo un po’ di tempo per convincere la ragazza della scelta giusta da fare.
“Non devi decidere ora” disse con calma e con un sorriso rassicurante “Perche’ non ti prendi una pausa? Il cielo sa se non ne ho bisogno anche io, soprattutto dopo la perdita di Edward. Potremmo stabilirci a Parigi per un po’... e’ sempre stato un tuo sogno ma prima eri troppo impegnata con tuo padre e poi hai iniziato la tua carriera, non ci sei mai stata vero? Ho risparmiato abbastanza perche’ possiamo divertirci un po’ e intanto tu avrai modo di pensare. Non credi che stare separata da lui un po’ ti possa aiutare a vedere le cose con piu’ chiarezza? E avremo finalmente la possibilita’ di passare un po’ di tempo insieme.”
Molly fece una smorfia.
Sherlock le aveva anticipato questa cosa, sapeva gia’ che zia Emily le avrebbe offerto di partire, anche se non per girare il mondo e lei l’aveva accusato di essere crudele.Tuttavia... tuttavia questa poteva essere una soluzione, un modo per staccare la spina e poter avere la possibilita’ di ragionare meglio su tutta quell’assurda situazione.
Ma fuggire poteva essere davvero la cosa giusta da fare?
“Io non lo so...” rispose dubbiosa.
Emily le batte’ amichevolmente su un ginocchio.
“Non ti chiedo una risposta ora, cara. Pensaci su, prima voglio comunque scoprire cosa e’ successo ad Edward. Nel frattempo, prepariamoci una bella tazza di the e correggiamolo magari con qualcosina di un po’ piu’ forte del latte, vuoi?”
Il primo sorriso della giornata apparve sul volto di Molly.
 
***
 
“E cosi lui ha pensato subito che fosse colpa mia”
Mary si stava mordendo il labbro in modo pensieroso e subito John le fu accanto e le prese una mano: sapeva cosa le stesse passando per la testa, si stava chiedendo se il suo comportamento in qualche modo avesse fatto del male a Molly.
“Ma non e’ cosi” le disse quindi in tono fermo, prendendole il mento con due dita e costringendola a guardarlo “credimi, qualsiasi cosa sia successa tra quei due tu non c’entri. Se Molly ti ha fatto quelle domande e’ perche’ aveva in mente qualcosa e le tue risposte non c’entrano nulla, hai solo raccontato la verita’. Sherlock deve averla fatta  grossa e sappiamo entrambi che quei due hanno dei problemi enormi, in questo momento. Se c’e’ qualcuno da biasimare sono io, Greg ha ragione. Abbiamo tirato le cose troppo per le lunghe, avrei dovuto costringere Sherlock al confronto molto prima e aiutarlo a districarsi in questa situazione, e’ chiaramente in difficolta’ e chissa’ quali casini sta combinando”
“Il modo in cui l’ha trattata ieri al laboratorio...”
“Lo so amore, tu non ci sei abituata ed e’ per questo che sei stata l’unica ad accorgerti del loro rapporto, tutti noi che conosciamo Sherlock da tempo avremmo ritenuto l’idea assolutamente impossibile... solo tu potevi pensare di dargli una chance e credere che potesse essere cambiato cosi tanto”
Mary fece un mezzo sorriso.
“Mi stai dicendo che ho dedotto il grande Sherlock Holmes?”
John le sorrise a sua volta.
“Non e’ una cosa di cui mi vanterei molto, se fossi in te... soprattutto con lui. Non adesso che sembrate aver raggiunto una specie di tregua, cosa che mi rende ancora piu’ fiero del fatto che mi vuoi sposare”
Mary fece un sospiro: chiaramente John era consapevole di quanta fatica lei avesse fatto per adattarsi alla presenza di Sherlock nella loro vita e a tutti i cambiamenti che il suo ritorno aveva portato, tuttavia era sempre rassicurante sentirglielo ammettere ad alta voce.
In quel momento il cellulare di John segnalo’ un sms e lui lo lesse con calma, mostrandolo poi alla sua fidanzata.

PORTOBELLO ROAD 77. AL PIU’ PRESTO. SH

“Nonostante il suo modo di essere tu gli vuoi molto bene” osservo’ con tranquillita’ la donna “ed e’ per questo che ora andrai dove lui ti ha convocato”
John annui’.
“Si. E’ il mio migliore amico anche se e’ un idiota, certe volte. Ecco perche’ non smettero’ mai  di stargli accanto e di supportarlo, anche se in questo caso forse ha piu’ bisogno di una bella strigliata.
Ed ecco perche’ andro’ sempre da lui.
Ma sai una cosa? Tornero’ sempre da te.”
Si chino’ su di lei e la bacio’ teneramente.
 
***
 
Sherlock lo stava aspettando all’indirizzo fornito nell’sms di fronte ad un palazzo chiaramente antico con diverse targhe d’ottone all’ingresso, segno della presenza di diversi studi e uffici importanti. La sua postura era rigida e aveva un’aria tesa.
Accolse John con un cenno del capo e si preparo’ ad entrare, ma il Dottore lo trattenne per un braccio.
“Non credi sia meglio parlare, prima?”
Sherlock volto’ la testa verso di lui.
“Incontriamo il Professor Grant, storico e collezionista di opere letterarie. Il suo nome mi e’ stato fornito da un informatore, ci aiutera’ a capire in che cosa si fosse imbattuto Andrew St. James”
“Non mi riferivo a quello e tu lo sai benissimo” lo accuso’ John con uno sguardo serio.
“Non c’e’ nulla altro di cui parlare” replico’ altrettanto seriamente Sherlock, senza aggiungere il pensiero successivo che gli si formo’ in testa e che gli diede una stretta al cuore.
Potrebbe non esserci piu’ neanche un matrimonio di cui parlare.
“Concentriamoci sul caso” disse invece con fermezza.
John scosse la testa, pronto a replicare ma Sherlock fu piu’ svelto.
“Per favore, John”
 “Va bene” acconsenti’ l’amico, realizzando il muto messaggio dietro a quella supplica.
Fa troppo male, ora.
“Andiamo” si risolse a dire con un sospiro, avviandosi con il consulente investigativo lungo una scalinata di marmo dall’aria imponente.
Tutto nel palazzo trasudava  un’aria di ricchezza e ostentatezza che a John piacque veramente poco, mentre Sherlock si limito’ a mantenere un’aria concentrata, cercando di evitare il piu’ possibile di pensare a cio’ che era successo qualche ora prima.
Era un tentativo inutile, perche’ lo sguardo ferito di Molly e le sue parole continuavano a ripresentarglisi davanti ossessivamente e solo la consapevolezza del suo fallimento  gli stava permettendo di non voltarsi e semplicemente fuggire da quel ridicolo posto, per tornare a casa di sua moglie e gridarle che si era sbagliata, che la sua inadeguatezza nel loro rapporto non era definitiva e che lui poteva fare meglio.
Se lei avesse voluto ascoltarlo e dargli una seconda possibilita’.
E se lui se la fosse meritata, della qual cosa in quel momento non era poi cosi sicuro.
“I signori hanno un appuntamento?” chiese con aria compunta la segretaria, squadrandoli con aria di sufficienza.
“No” rispose lapidario Sherlock “ma sono sicuro che il professore ci ricevera’”
La donna assunse un’aria dubbiosa.
“Il professore e’ molto impegnato, ma sono sicura che se mi lasciate il vostro nome e recapito con la ragione della vostra visita, saremo in grado di organizzare un incontro per la fine della settimana”
“Inaccettabile. Ho bisogno di vederlo subito... per favore, riferisca al suo capo che Sherlock Holmes vuole incontrarlo...e  che Edward St. James non si era sbagliato. Credo proprio che questo lo convincera’ a riceverci.”
La segretaria si alzo’ dalla sua scrivania e busso’ piano alla porta dietro di lei, entrando e richiudendosela subito alle spalle, lasciando Sherlock e John in attesa.
“Beh” commento’ il Dottore “posticino alquanto snob. C’e’ una bella differenza con il piccolo cottage di St. James”
Sherlock scrollo’ le spalle.
“Il professor Grant e’ molto noto nell’ambiente accademico per la sua tendenza a non condividere le sue scoperte, quanto piuttosto ad approfittarne e a venderle al miglior offerente”
“E la vittima si sarebbe rivolta a lui per fare altrettanto?” chiese dubbioso John.
“Non credo” rispose il suo compagno “non era il tipo ma se c’e’ qualcuno che in qualche modo puo’ sapere in che cosa si era imbattuto St. James, e’ l’uomo seduto in quell’ufficio”
“Che intendevi dire quando hai detto alla segretaria che il professore non si era sbagliato?”
Prima che Sherlock potesse rispondere, la segretaria riapparve sulla soglia e annuncio’ con sussiego che il professor Grant avrebbe potuto riceverli per dieci minuti.
I due entrarono nell’ufficio e furono accolti da un uomo sulla sessantina, dall’aspetto curato e un sorriso ironico.
“Signori... benvenuti. Devo dire che il vostro modo di annunciarvi e’ stato alquanto... curioso. Ho letto sul giornale della morte di Edward, naturalmente... che peccato. L’ultima volta che l’avevo incontrato sembrava in perfetta salute”
La notizia che si era trattato di un omicidio non era ancora trapelata, quindi, riflette’ Sherlock prima di rispondere.
“Intende dire quando ha avuto modo di dichiarare come falso il documento che il professore aveva attribuito a Shakespeare?”
Grant fece un sorrisetto.
“Era una semplice riunione tra accademici ed Edward non ha potuto evitare la figuraccia... da mesi aveva annunciato di aver trovato qualcosa di estremamente interessante ma si e’ dovuto arrendere all’evidenza dei fatti... il documento era palesemente un falso. Ora, naturalmente conosco la sua fama, Signor Holmes e quindi sono stato preso da curiosita’ quando lei ha detto alla mia segretaria di riferirmi che in verita’ non c’era stato nessun errore da parte di St. James. Mi dica, su quali basi fa una simile affermazione?”
Sherlock si prese il tempo di osservare l’arredamento dell’ufficio e la disposizione della scrivania, poi fece un mezzo sorriso.
“Perche’ naturalmente Edward St. James falsifico’ appositamente il documento per nascondere il fatto che aveva trovato qualcosa di estremamente piu’ importante e di valore”
 
 
 

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Ohh... in quasi due anni e’ ovviamente la prima volta che mi capita di pubblicare in contemporanea alla messa in onda della serie. Fa strano...
Comunque!
Grazie a Efy, IrregolarediBakerStreet, leloale, lovejero, martiachan e namisas che hanno commentato l’ultimo capitolo, a erule che si e’ aggiunta e ha recensito la storia in un battibaleno e anche a Finnick, che ha continuato nella sua maratona e si e’ letta e commentata una dopo l’altra tutte le mie storie e ora e’ arrivata ai primi capitoli di quest’ultima... spero ci tu ci raggiunga in tempo per il finale!!!
Nessun personaggio mi appartiene (soprattutto in questo periodo in cui sono visibili sul piccolo schermo), li uso a scopo di divertimento (o per tormentarli...) per questa che e’ un’opera di fantasia.
Buona lettura (si ricomincia dall'ultima frase di Sherlock) e buona visione ai fortunati che domani vedranno il terzo episodio della terza serie!
 
 
OGNI SINGOLO ISTANTE

CAPITOLO UNDICI
 

 
“Perche’ naturalmente Edward St. James falsifico’ appositamente il documento per nascondere il fatto che aveva trovato qualcosa di estremamente piu’ importante e di valore”
Il Professor Grant sbianco’ in volto dopo l’affermazione di Sherlock, John si limito’ ad alzare un sopracciglio.
Beh, questa era decisamente nuova.
Sherlock si avvicino’ alla scrivania con le mani nelle tasche del cappotto e ricomincio’ a parlare.
“Voglio raccontarle una storia, Professore. Lei e’ un uomo di cultura, sicuramente ne apprezzera’ una” fece un mezzo sorriso ma poi il suo sguardo si fece penetrante.
“Diciamo che c’e’ questo studioso... un uomo onesto e che fa il suo lavoro con passione e diligenza. Non e’ mai stato una stella nel suo campo, piuttosto un gregario che pero’ ama quello che fa e continua a sperare che un giorno la fortuna, la provvidenza ma soprattutto il duro lavoro gli permettano di imbattersi in qualcosa di veramente importante... qualcosa che gli consenta di prendersi una rivincita nei confronti di tutti i colleghi che l’hanno sempre tacciato come un po’ strano e ordinario. Badi... non stiamo parlando di una scoperta fatta allo scopo di arricchirsi, ma solo per amore della letteratura e di tutto cio’ a cui quest’uomo ha dedicato la sua professione.
Un giorno questo avviene... un giorno questo studioso trova qualcosa di cosi importante che all’inizio non riesce a contenere la sua eccitazione e non puo’ evitare di cominciare a fare degli accenni nel mondo accademico, anche se non troppi. Ma quello che ha trovato e’ talmente sensazionale che prima vuole essere sicuro che non sia un falso e ben presto si rende conto che, agendo sull’onda dell’entusiasmo, ha creato qualche aspettativa e qualche curiosita’ di troppo: qualcuno si e’ gia’ insospettito e lui rischia di vedersi  sottrarre la scoperta piu’ importante della sua vita. Cosi lo studioso fa un passo indietro, falsifica un documento e presenta quello ai colleghi, accettando di essere sottoposto allo scherno e alla derisione come gli e’ gia’ successo in passato. Non gli importa, quello che ha tra le mani e’ piu’ prezioso di qualsiasi altra cosa... e’ un piccolo, lieve sacrificio in vista di un riconoscimento che a questo punto e’ sicuro arrivera’. Basta solo aver pazienza.
Lo studioso diventa pero’ un po’ sospettoso e ne ha tutte le ragioni: si accorge che qualcuno e’ entrato nella sua abitazione e che ha frugato tra le sue cose, cosi non solo ha gia’ costruito un nascondiglio sicuro per il prezioso oggetto, ma comincia a simulare un disturbo ossessivo per monitorare eventuali intrusioni mentre lui e’ assente. E’ piu’ facile rilevare la perquisizione di una stanza,  se gli oggetti in essa contenuti sono disposti  in modo maniacale e ogni piccolo spostamento puo’ essere individuato facilmente.
Nel contempo l’uomo continua la sua ricerca e oramai e’ molto vicino a stabilire la veridicita’ del suo documento ma ha anche molta paura, cosi lo nasconde in un nascondiglio ancora piu’ sicuro e si reca a Londra per incontrare l’unica persona di cui si fidi veramente, a cui probabilmente vuole chiedere consiglio e aiuto.
Ma muore prima di poterlo fare.
Ucciso”
Il pallore sul viso di Grant si accentuo’.
“Ucciso?” chiese in un sussurro.
“Si” rispose Sherlock con un sorriso niente affatto sincero “Lei fuma Professore?”
L’altro spalanco’ la bocca per quell’improvviso cambio di argomento, ma prima che potesse rispondere il consulente investigativo ricomincio’ a parlare.
“L’ultima persona che ha incontrato Edward St. James fuma. Sigarette, non sigari come faceva lui, di un tabacco leggero a giudicare dal lieve odore che ancora permeava la stanza quando sono entrato. Ovviamente lei non fuma, non si disturbi a confermarmelo: dietro di lei c’e’ una fotografia scattata ad un noto evento di beneficienza il mese scorso, volto a raccogliere fondi per la lotta al cancro ai polmoni. Naturalmente e’ l’unico tipo di beneficienza di cui si occupa, quindi deve avere per lei un qualche significato particolare... un parente  morto di quella malattia?”
“Mio padre...” confermo’ flebilmente il professore.
Sherlock annui’ soddisfatto.
“Stia tranquillo, l’ho esclusa dalla lista dei sospettati quasi subito, il killer di St. James lo conosceva bene e gli e’ arrivato tanto vicino da assassinarlo in modo sottile e lento, dubito che aveste questo tipo di rapporto o che lei si sia sobbarcato diversi viaggi a Eton per somministrargli la sostanza che lo ha ucciso, anche se non dubito invece che sarebbe disposto a qualsiasi cosa pur di ottenere quello di cui stiamo parlando, magari pagare qualcuno per dare piu’ di un’occhiata qua e la... come ovviamente ha fatto. Per i primi tempi, prima che St. James presentasse il falso documento, lei ha fatto perquisire il suo cottage alla ricerca di qualsiasi cosa potesse dimostrarsi di una qualche importanza; deve aver tirato un sospiro di sollievo quando ha avuto la possibilita’ di sbugiardare il Professore per l’ennesima volta, perche’ a quel punto ha avuto davvero la conferma che non avesse trovato nulla di rilevante... non aveva nessun motivo per volerlo uccidere.
Pero’ il dubbio ora e’ riaffiorato, vero? Certo e’ apparso sconvolto dal fatto che St. James sia stato assassinato, ma il suo pallore e la sua agitazione sono cominciati prima di questa notizia, quando le ho detto che il documento che lei ha tanto deriso qualche tempo fa era un falso creato appositamente per un unico scopo,  depistare lei e tutti i suoi colleghi. In questo modo ha capito che c’e’ in ballo qualcosa di grosso e io sono convinto che lei sappia di cosa si tratti, o non sarebbe tanto in ansia. Mi dica che cos’e’” concluse Sherlock in tono deciso, appoggiando le mani sulla scrivania e torreggiando sullo studioso che era ancora seduto.
“Non... non saprei” rispose quest’ultimo.
Sherlock scosse la testa.
“Risposta sbagliata. Lo sguardo le e’ corso alla sua agenda, sta gia’ pensando chi e’ meglio chiamare per  assicurarsi di mettere le mani sul documento... io non scommetto mai, ma se dovessi farlo credo proprio che molti dei numeri a sua disposizione non appartengano ad accademici, ma ad abili furfanti il cui compito e’ quello di sporcarsi le mani al posto suo. Sono venuto da lei perche’ ho bisogno di una risposta e ne ho bisogno velocemente... ora, di nuovo... in che cosa potrebbe essersi imbattuto Edward St. James?”
“Non sono tenuto a dirglielo, Signor Holmes” cerco’ di protestare ancora Grant, guadagnandosi  un sospiro spazientito.
“Va bene” Sherlock giro’ su se’ stesso e si diresse verso la porta “sono sicuro che alla polizia interessera’ molto verificare la provenienza del contenuto della sua cassaforte dietro quella stampa di Van Gogh”
“Aspetti un attimo!” quasi grido’ l’uomo.
Sherlock giro’ di nuovo lentamente su se’ stesso.
“Si?”
Grant estrasse dalla tasca un fazzoletto e comincio’ ad asciugarsi il sudore dalla fronte in preda ad una grossa agitazione.
“Senta... non e’ davvero possibile. E’ piu’ che altro una leggenda... non e’ possibile che St. James l’avesse trovato”
“Di che si tratta?” lo incalzo’ il consulente investigativo.
“E’ una specie di voce che gira da tanti anni... potrebbe essere vera ma nessuno e’ mai riuscito a trovarlo e sinceramente dubito che”
“Professore!” ringhio’ Sherlock a corto di pazienza.
“Il Terzo” si affretto’ a rispondere l’uomo “Edward St. James potrebbe aver trovato l’ultima copia ancora sconosciuta del Terzo
John e Sherlock si gettarono un’occhiata alquanto confusa e tornarono a guardare Grant, che si teneva la testa fra le mani mentre la scuoteva leggermente.
“Vecchio pazzo testardo...” mormoro’, evidentemente con il pensiero rivolto al collega morto.
“Mi spieghi di cosa si tratta” torno’ a chiedere Sherlock.
“Di uno dei piu’ rari documenti che riguardano Shakespeare. Vede, a partire dalle prime decadi del 600 le opere dell’autore cominciarono ad essere pubblicate in quelli che vengono chiamati Folio: sono edizioni molto rare che racchiudono i suoi lavori e vennero prodotte naturalmente in tirature limitate. Capisce bene che si tratta di un documento inestimabile... a quei tempi il teatro non era considerato degno di una pubblicazione cosi prestigiosa e di solito le opere erano diffuse in quelli che si chiamano Quarti, molto piu’ piccoli e ridotti  nelle finiture e nella qualita’ di stampa. Shakespeare era morto nel 1616 e gia’ il suo genio era talmente riconosciuto da costituire un’eccezione. I collezionisti di tutto il mondo farebbero carte false per averli, per esempio una copia del primo Folio fu acquistato da un americano per una somma di per piu’di cinque  milioni di dollari e anche se attualmente al mondo ne esistono 228 copie, solo 5 sono in mano a privati.”
“Lei ha parlato di un Terzo, pero’”
“Si. Si tratta dell’edizione piu’ rara, che fu pubblicata nel 1663 e nel 1664 con l’aggiunta di altre opere e divenne praticamente un tesoro solo pochissimi anni piu’ tardi...”
“Quando il grande incendio del 1666 distrusse gran parte di tutti i documenti di Londra” concluse John.
Grant annui’.
“Questa particolare edizione e’ sempre stata considerata la piu’ rara, nessuno sa esattamente quante copie siano sopravvissute o siano ancora attualmente in circolazione, ma molti studiosi sono sempre stati convinti che non tutti gli esemplari fossero stati ritrovati, perche’ in diversi documenti dell’epoca si accenna al fatto che alcune edizioni fossero conservate in un monastero alle porte di Londra e che quindi potrebbero essere sopravvissute all’incendio. Se Edward aveva davvero trovato il Terzo beh... molte persone senza scrupoli non avrebbero esitato un attimo a fare di tutto per averlo. Il mondo del collezionismo e’ costellato da gente disposta a tutto, non ne avete idea... se lui fosse venuto da me avrei potuto aiutarlo”
“Oh certo. Era senz’altro lei la persona di cui fidarsi maggiormente” commento’ ironicamente Sherlock avviandosi verso la porta.
“Voi non capite” dichiaro’ Grant in modo fermo “quel documento e’ di straordinaria importanza, e’ assolutamente necessario che sia valutato da esperti. La sua quotazione potrebbe essere stellare...”
“Vedo che ha ben chiare quali sono le priorita’, professore. Non credo che siano le stesse di Edward St. James, tuttavia... ed ecco perche’ ci assicureremo che lei non non metta le mani sopra a quel documento” concluse il consulente investigativo uscendo dalla stanza.
 
***
 
“Parigi? Stai scherzando, vero?”
Molly fini’ di preparare la sua borsa e contemporaneamente sistemo’ il telefono nell’altra mano.
“No. Ma non sto dicendo che ci voglio andare in questo preciso istante, solo che zia Emily me l’ha proposto. Per un po’ di tempo, giusto per riordinare le idee”
Mary Morstan rimase per un attimo in silenzio all’altro capo della conversazione.
“Le cose vanno cosi male, quindi?” chiese infine “Altrimenti non staresti neanche prendendo in considerazione questa proposta. Senti... so che non ci conosciamo da tanto e che non abbiamo un rapporto cosi stretto ma se hai voglia di parlare io sono qui... insomma, con tutto quello che e’ successo non so proprio da che parte cominciare ma, per favore, tieni conto che sono un’ottima ascoltatrice e non voglio assolutamente giudicarti, solo aiutarti se posso”
Molly sorrise suo malgrado: la fidanzata di John era diventata in poco tempo un’amica preziosa ed affidabile.
“Lo so e di questo ti ringrazio. E’ solo che adesso sono molto confusa:  io e Sherlock... non sono piu’ sicura di niente, neanche che ci sia ancora un matrimonio di cui occuparsi, a questo punto... ”
“Oh Molly...”
“Non devi preoccuparti, non e’ colpa tua”
“Beh, non sapevo proprio cosa pensare. Ero cosi preoccupata di aver detto qualcosa di sbagliato...”
“Mary, tu sei stata solo molto gentile. In quel momento avevo davvero bisogno di alcune risposte e mi spiace di averti fatto agitare. Le cose... le cose sono un po’ complicate in questo momento”
Lacrime amare rischiarono di nuovo di far capolino dai suoi occhi, per cui la patologa fece un veloce sospiro e si mise la borsa a tracolla.
“Ti ringrazio di aver chiamato Mary, e’ stato un sollievo parlare con te ma adesso devo davvero andare al lavoro. Per favore... puoi evitare di dire a John della proposta della zia? Non voglio che Sherlock venga a saperlo da un’altra persona, non sarebbe leale”
“Sta tranquilla, me ne staro’ zitta e buona... ma tu lo farai, vero? Gli darai una possibilita’ di sistemare le cose?”
“Non sono sicura che sia giusto chiedergli una cosa del genere” commento’ tristemente Molly “forse gli e’ stato gia’ chiesto troppo”
 
***
 
“Come sapevi che St. James aveva falsificato il documento?”
John allungo’ il passo per arrivare vicino a Sherlock dopo che entrambi erano usciti dal palazzo dove si trovava l’ufficio di Grant.
Il suo amico si volto’ con un sorriso.
“Le sue mani. Le ho analizzate ieri all’obitorio... non esattamente del tipo che potresti aspettarti da uno studioso di libri. Callose e rovinate dall’uso di qualche acido, lo stesso che ho intravisto in un pensile a casa sua quando ho cercato conferma della sua piccola truffa. La sostanza e’ di un tipo che si usa per invecchiare carta e inchiostro, era logico pensare che se stava nascondendo qualcosa, la soluzione piu’ semplice era creare uno specchietto per le allodole, che gli permettesse di guadagnare tempo in attesa di verificare l’autenticita’ del vero documento. I suoi colleghi erano cosi ansiosi di confermare di nuovo un suo fallimento che non si sono persi molto in congetture e non gli hanno fatto molte domande: lui ha potuto isolarsi con la scusa di esserci rimasto male e ha continuato i suoi studi. Oh... te l’ho detto. Quell’uomo era un genio!”
Anche John sorrise; era bello vedere Sherlock entusiasta per qualcosa, anche se era impossibile dimenticare  che attualmente sembravano esserci grossi problemi tra lui e sua moglie.
Sua moglie. Difficile abituarsi a questo pensiero.
“E la minaccia che hai fatto a Grant? Rispetto al contenuto della sua cassaforte?”
Sherlock alzo’ un sopracciglio.
“Ho mentito” dichiaro’.
“In che senso, scusa?”
“Ogni tanto scommetto. E in questo caso ho bluffato: non potevo esserne sicuro al cento per cento, ma era altamente probabile che un soggetto come Grant avesse qualcosa di compromettente nella sua cassaforte”
John fece una smorfia.
“Pero’ sapevi la cassaforte era dietro la stampa di Van Gogh”
“Ovviamente. Non hai notato le impronte simmetriche ai lati, segno che il quadro viene spesso spostato?”
“Stai scherzando, vero?” chiese incredulo il Dottore “eravamo ad almeno tre metri di distanza”
Sherlock si limito’ a una scrollata di spalle e alzo’ la mano per chiamare un taxi.
John scosse la testa e lo segui’ dentro  al veicolo che aveva accostato al lato della strada: inutile stupirsi delle straordinarie qualita’ del suo amico... impossibile invece non restare meravigliato dall’indirizzo di un noto albergo londinese che venne dato al taxista, il quale annui’ e riparti’ di buona lena.
“Ehm... stiamo andando dall’orribile donna?” chiese quindi.
Il tambureggiare di Sherlock con le dita sul ginocchio era una risposta di per se’ gia’ indicativa, comunque lui annui’.
“Si” confermo’, guardando dritto avanti se’.
“La aggiorniamo sul caso?”
La testa dell’unico consulente investigativo al mondo scatto’ verso il suo compagno
“E per quale altro motivo al mondo dovremmo andarci?” chiese con una smorfia di fastidio.
“Non so... non e’ che intendi litigarci ancora, giusto?” lo interrogo’ il Dottore.
Sherlock emise un gemito di insofferenza.
“E’ una cliente, John. La trattero’ come tale e le illustrero’ gli ultimi sviluppi del caso che mi ha affidato, nella speranza che nella sua infinita testardaggine  sia in grado di darci qualche altra informazione utile”
“Sherlock...”
“Che c’e’?? Non e’ che fino ad ora sia stata una fonte inesauribile di informazioni e francamente non ho nessun interesse a vederla gongolare per lo stato disastroso in cui versa il mio matrimonio, ma e’ comunque necessario che io le parli ancora e scopra se e’ in possesso di qualche altro dato che possa aiutarci”
“Lo e’ dunque?”
“Che cosa? Una grossa testarda? Assolutamente si!”
“In uno stato disastroso. Il tuo matrimonio” puntualizzo’ John con una punta di esitazione mista a preoccupazione.
Sherlock serro’ le labbra e volse lo sguardo fuori dal finestrino.
“Molly vuole che ci separiamo” disse infine in un sussurro e poi chiuse gli occhi.
Fa male, penso’ con una stretta al cuore.
Fa davvero male.
Lo sguardo di John si fece stupefatto: non aveva davvero immaginato che la situazione fosse cosi tesa.
“Che cosa?? E perche’?” esclamo’ incredulo.
Sherlock dal canto suo si limito’ a fare un profondo sospiro:  era difficile, ma da una parte sentiva di avere davvero bisogno di parlare. Era strana, questa sensazione di poter affidare ad un’altra persona le proprie paure e debolezze. O una parte di esse, per lo meno.
L’amicizia fra lui e John era una cosa che non avrebbe mai cessato di stupirlo, solo ora si rendeva conto che sarebbe stato  molto meglio parlargli subito del suo rapporto con Molly per cercare di avere un aiuto, ma al momento del suo ritorno erano stati troppo impegnati a cercare di recuperare il loro rapporto e, francamente, per Sherlock Holmes parlare dei suoi sentimenti e delle sue difficolta’ era ancora piu’ spaventoso che affrontare un John Watson arrabbiato per una bugia e un inganno durati per quasi due anni.
“Lei pensa che io abbia deciso di rendere... effettivo il nostro matrimonio solo dopo aver visto che tu chiedevi a Mary di sposarti” confido’ infine.
L’amico ci mise qualche secondo per elaborare l’informazione.
“Aspetta un attimo...” comincio’ poi “le domande che Molly ha fatto a Mary riguardavano quel giorno. Tu... tu hai consumato il tuo matrimonio il giorno del mio fidanzamento?” grido’, guadagnandosi un’occhiata curiosa del taxista nello specchietto retrovisore.
 “Si”
“Oh cielo. Beh, ma sicuramene puoi spiegarle che c’e’ un errore... insomma... un momento. Quel giorno mi stavi spiando?”
Sherlock gli rivolse uno sguardo eloquente.
John scosse la testa.
“Ok. Va bene. Quindi tu l’hai visto. Ma sicuramente non puo’ essere questo che ti ha fatto decidere, giusto?”
“Si, invece” lo stupi’ di nuovo Sherlock.
Il Dottore comincio’ a scuotere la testa piu’ forte.
“No no no no no, Sherlock. Tu non puoi dire una cosa del genere a Molly, per forza che dopo lei pensa che”
“Io ero arrabbiato!” lo interruppe con tono fermo il consulente investigativo.
John tacque e per un attimo lo scruto’ bene in faccia.
“Che significa arrabbiato?” gli chiese deciso.
Sherlock fece un altro profondo sospiro.
“Tu eri... libero” comincio’ a spiegareE felice... mentre io ero ancora costretto a nascondermi e ad agire nell’ombra. Eri andato avanti senza di me e non sapevo neanche come avresti reagito al mio ritorno, ti stavi costruendo un’esistenza  in cui era davvero possibile che io non potessi avere spazio! Che senso aveva tutto quello che avevo fatto se non potevo riavere indietro la mia vecchia vita?”
“Sherlock...”
Il consulente investigativo strinse i pugni in grembo e poi scosse la testa.
“Ma poi ho pensato a Molly” continuo’ piano “ho pensato che io avevo lei. Lei mi aveva salvato e mi stava ancora salvando e io... io mi sono reso conto che tornare alla mia vecchia vita avrebbe significato non averla con me. E non volevo. Non potevo.
Questo, non avrebbe avuto senso”
John sorrise, rinfrancato dal tono deciso ma calmo che il suo amico aveva ritrovato.
“E questa e’ sicuramente una buona motivazione per consumare un matrimonio, amico mio... Molly deve pur essere stata contenta di sentire queste parole, no?”
Sherlock si volto’ finalmente a guardarlo.
“Tu non capisci. Io non le ho spiegato nulla di tutto cio’”
Questa affermazione si guadagno’ un paio di occhi spalancati per lo sbigottimento.
“E perche’ mai?”
“Perche’ lei non e’ felice, John. E questo va al di la di qualsiasi spiegazione su quel giorno... e’ una cosa piu’ generale. Io non la rendo felice, a quanto pare”
L’espressione sul viso di Sherlock si fece amara.
“Te l’ha detto lei?” lo interrogo’ ancora John.
La testa ricciuta si abbasso’ in segno di sconforto.
“Pensa che io mi senta costretto in quello che abbiamo e che per questo non voglia fare dei passi avanti”
“E’ la verita’?”
Le spalle e il volto di Sherlock si irrigidirono per la tensione.
“Non posso essere un marito normale, non posso cambiare quello che sono” dichiaro’ infine.
“E tu pensi che lei pretenda questo?”
“Penso che lei se lo meriti,  John” le labbra tirate in una linea sottile indicavano tutta la convinzione di quella dichiarazione.
Il Dottore scosse la testa con forza.
“Lei si merita che tu sia sincero e che ti impegni al massimo. Sono sicuro che non vuole trasformarti in qualcosa che non sei”
A quell’affermazione, Sherlock si chiuse in un silenzio pensieroso fino alla fine del viaggio: ora che John aveva ragionato con lui, era cosi facile scivolare nell’idea che potesse esserci rimedio al suo fallimento, che lui e Molly potessero avere ancora una chance... era una piccola speranza che gli scaldava il petto e che lo terrorizzava contemporaneamente, perche’ comportava la possibilita’ di sbagliare ancora.
Ma anche di essere felici.
 
 

NOTA: la storia delle pubblicazioni dei Folio e’ vera... sul fatto che esistano ancora copie nascoste del Terzo beh, non credo proprio. Avevo accennato che questa e’ un’opera di fantasia?
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Ciao a tutti!
Dunque... innanzitutto scusate per l’attesa, pensavo di aggiornare prima ma ho avuto un piccolo blocco e soprattutto sono stata piacevolmente distratta da tutte le storie sherlolly comparse nel fandom: non sono riuscita a commentarle tutte ma sono davvero contenta che il nostro piccolo gruppo non sia piu’ cosi piccolo!

Un grande motivo di soddisfazione viene anche perche’ con questo capitolo (il piu’ corposo fra tutti quelli pubblicati) questa diventa la storia piu’ lunga che ho scritto ed e’ anche la piu’ seguita e preferita... grazie mille a tutti quelli che l’hanno scelta e commentata fino ad ora!

Infine, vorrei segnalare a chi non l’ha gia’ vista una rivista pubblicata on line che potete trovare a questo indirizzo:
http://madmagz.com/magazine/266603#/page/1
non solo tratta della serie di Sherlock BBC, ma anche di tutto il mondo di Sherlock Holmes ed e’ fatta secondo me benissimo e in modo molto approfondito e vario, con una grafica veramente curata (e ringrazio la redazione che ha voluto una delle mie storie da pubblicare per il primo numero). Ottimo lavoro, complimenti!
Basta, cominciamo.
 
OGNI SINGOLO ISTANTE

CAPITOLO DODICI


 
 
Emily Hastings amava pensare di poter essere definita in molti modi: in passato, suo padre e la sua famiglia avevano senz’altro concordato come testarda potesse essere la  parola piu’ calzante (qualcuno, gente che comunque le voleva bene,  si sarebbe spinto un po’ piu’ in la e avrebbe azzardato un fuori dal comune; per molti altri non ci sarebbe stata nessuna esitazione a sentenziare  strana.
Pazzoide)
Se lei si fosse per forza dovuta definire con una sola parola, probabilmente avrebbe scelto originale: le piaceva l’idea di non aver seguito nessun percorso pianificato nella sua vita e di aver fatto dell’improvvisazione e dell’estemporaneita’ due regole molto importanti, fino a che non si trattava di lavoro.
Allora Emily diventava assennata e competente, perche’ la responsabilita’ di essere medico era sempre venuta prima di ogni altra cosa e questo le era costato durante la sua esistenza piu’ di un rapporto personale e di un’amicizia; ne aveva fatto un’attitudine che spesso pretendeva da chiunque volesse avere a che fare con lei.
Quello che invece non si poteva certo dire di Emily Hastings era che fosse una donna paziente.
Quello proprio no.
Con un moto di stizza si alzo’ dal divanetto e si avvicino’ per l’ennesima volta alla finestra, scrutando il traffico di Londra che scorreva sotto di lei e osservando i pedoni che da entrambi i lati della strada camminavano con la testa bassa, immersi nei loro pensieri e nelle loro faccende quotidiane.
Tutti totalmente ignari del fatto che Emily fosse assolutamente e inequivocabilmente furiosa.
 
***
 
“Sherlock?”
Il taxi era appena ripartito dopo averli lasciati all’indirizzo indicato e la voce di John fermo’ l’amico a meta’ strada verso la porta d’entrata dell’hotel.
“Si?”
Il Dottor Watson si caccio’ le mani in tasca e si mosse a disagio sul posto.
“So che non ti piacciono i consigli ma permettimi di dartene ugualmente uno, anche se naturalmente come hai tenuto a puntualizzare sei tu l’uomo sposato” comincio’, alzando un sopracciglio ed esibendo un mezzo sorriso.
Il consulente investigativo si limito’ ad inclinare la testa e a incrociare le mani dietro la schiena, poi fece un cenno di assenso.
“Il tuo rapporto con Molly passa anche attraverso questo” riprese John, indicando l’albergo davanti a loro “so che avere a che fare con quella donna per te e’ molto difficile, ma credimi... dimostrando buona volonta’ e agendo con educazione e correttezza la batterai al suo stesso gioco. Non avra’ un’ulteriore arma da usare contro di te e chissa’, potreste anche scoprire che riuscite ad andare d’accordo”
La postura di Sherlock si irrigidi’ a quelle parole.
“Dubito fortemente che questo possa succedere, John. Quella donna non e’ altro che un concentrato di antipatia, superbia e ostinazione... tuttavia” ammise infine “concordo con te che essendo una persona importante per Molly io debba impegnarmi, anche se trovo tutto questo molto ingiusto. Io non pretenderei mai che lei facesse altrettanto con i miei parenti”
John sospiro’.
“Tu e Mycroft vi parlate appena” puntualizzo’.
“Appunto. E questo rende molto piu’ facili le cose”
“Sherlock!”
“Va bene, ho capito! Cerchero’ di essere educato, anche se il tuo consiglio e’ un po’ tardivo”
“In che senso?” chiese John sospettoso.
Fu la volta dell’amico di mostrarsi un po’ a disagio.
“Ho deliberatamente ignorato per dodici ore il messaggio che Emily Hastings mi aveva mandato, in cui mi diceva che aveva urgente bisogno di parlarmi” dichiaro’, girando su se’ stesso ed entrando a passo sicuro per la porta dell’hotel.
“Fantastico” borbotto’ John, seguendolo all’interno.
 
***
 
Molly sistemo’ l’ennesimo vetrino da analizzare sotto il microscopio e mise a fuoco l’ingrandimento. Il lavoro di laboratorio a volte poteva essere un po’ noioso e troppo meccanico, se paragonato alle autopsie, ma spesso era proprio cio’ di cui aveva bisogno per ricaricare le energie e lasciar vagare un po’ la mente.
Adorava la sua professione ma succedeva spesso che vi si dedicasse con troppa dedizione, ritrovandocisi immersa  in profondita’: questa era una delle caratteristiche che poteva dire di condividere con Sherlock, per questo i ritmi della sua vita da consulente investigativo non erano mai stata difficili da accettare (anche se il pensiero dei pericoli che a volte correva la faceva stare non poco in pena).
Era semplicemente tutto il resto che non andava, riflette’ amaramente, ed era un miracolo che ci fossero voluti dei mesi e una frase buttata a caso in una conversazione per farle realizzare che cosi non poteva continuare.
Il problema era che attualmente non riusciva ad intravedere una via d’uscita e separarsi sembrava poter essere l’unica soluzione, per quanto lacerante e dolorosa: non gli aveva mentito quando gli aveva detto di voler essere felice ma per un breve periodo aveva davvero pensato di poterlo essere insieme a lui.
Si era sbagliata cosi tanto?
Con un sospiro prese degli appunti sul blocco in parte a lei e si volto’ per prendere un altro vetrino, mentre distrattamente si chiedeva come fosse Parigi in quel periodo, come sarebbe stato vivere in un ambiente diverso per un po’, lontano da tutto cio’ che la faceva soffrire e in mezzo a persone che non sapevano nulla della sua storia o di quello che stava affrontando.
Si fermo’ con il vetrino a mezz’aria, quasi stupita.
Stava davvero considerando di accettare la proposta di zia Emily? Pensando di abbandonare tutto?
Di abbandonare Sherlock?
Scosse la testa: separarsi e restare a Londra non aveva certo lo stesso significato che andare a vivere in un’altra nazione... quest’ultima opzione sembrava sicuramente piu’ definitiva e lei non era sicura di essere pronta ad un passo del genere.
Scosse la testa con energia e sistemo’ il campione sotto il microscopio, era tempo di concentrarsi e finire gli esami sul sangue di Edward St. James, in modo da chiudere il referto e poter fornire a Lestrade tutte le ultime informazioni.
Non era invece sicura di poter considerare la possibilita' di aggiornare anche Sherlock.

 
***
 
Un receptionist dall’aria distinta telefono’ in camera ad Emily, comunicandole che due signori erano venuti per incontrarla e lei fu tanto gentile da chiedere di farli salire.
Sherlock busso’ alla porta e fu accolto da un gelido invito ad entrare.
“Oh vedo che si e’ portato il seguito, questa volta” esordi’ Emily inclinando la testa in direzione di John, il quale strinse le labbra e si limito’ a un sorriso tirato, prima di rivolgere all’amico un silenzioso sguardo carico di raccomandazioni che spero’ potesse fargli giungere il messaggio che voleva comunicargli.
Buona volonta’, educazione e correttezza.
Anche Sherlock strinse le labbra e incrocio’ le mani dietro la schiena.
“Io e il Dottor Watson abbiamo fatto interessanti scoperte” annuncio’, sfoderando il suo sorriso falso delle occasioni importanti.
“Che Lei ha ritenuto di non dovermi comunicare se non dopo diverse ore” replico’ Emily, prima di continuare in tono seccato “siete tornati da Eton questa mattina e io Le ho mandato un messaggio piu’ di dodici ore fa, Signor Holmes. Francamente mi aspettavo un grado di professionalita’ molto piu’ alto, ma probabimente si trattava di una pia illusione. Non mi piace essere tenuta all’oscuro degli sviluppi del caso che io le ho affidato, ne’ tantomeno mi piace essere ignorata”
Per qualche secondo, nella stanza regno’ solo un silenzio carico di tensione, poi Sherlock scosse le spalle e ricomincio’ a parlare.
“Edward St. James non soffriva di nessun disturbo ossessivo compulsivo”
“Ovvio” replico’ con sussiego Emily “gliel’avevo detto che era altamente improbabile. Avete scoperto che cosa stava nascondendo quel vecchio testardo?” solo la fugace espressione degli occhi della donna rivelo’ quanto affetto si nascondesse dietro a quelle parole.
“Un manoscritto antico, contenente le prime pubblicazioni delle opere di Shakespeare. Molto raro e prezioso, a quanto pare. Il suo amico l’aveva nascosto in casa e aveva simulato il suo disturbo per sviare tutti i sospetti e monitorare alcune irruzioni che sono state fatte in sua assenza, mentre nel  frattempo ne accertava l’autenticita’. Dobbiamo ritenere che avesse ragione, visto che e’ stato ucciso... del manoscritto pero’ non c’e’ traccia, e’ logico pensare che lo abbia nascosto in un posto diverso prima di venire a Londra per incontrarla”
Emily sorrise.
“Edward e’ sempre stato un uomo intelligente e prudente. Suppongo che quindi questa spieghi tutto”
Prese una busta dalla scrivania e la porse a Sherlock, che la afferro’ e la apri’.
“Le ha scritto una lettera, antecedente alla sua partenza per venire in citta’” dichiaro’ pensieroso.
“Prima che lei possa insinuare che io l’abbia tenuta nascosta...” inizio’ Emily in modo polemico, ma il consulente investigativo alzo’ una mano per interromperla.
“E’ indirizzata all’albergo in cui avevate entrambi preso alloggio, Lei avrebbe dovuto trovarla la mattina del suo arrivo ma il suo cambio di hotel in seguito all’aggressione ha fatto si che ci fosse un ritardo nella consegna”
La donna annui’.
“Edward e’ sempre stato anche un sentimentale, gliel’ho detto. Non amava la tecnologia, non appena poteva mi scriveva una lettera a mano”
John si avvicino’  a Sherlock per leggere il messaggio.

Mia cara Emily,
mentre ti scrivo penso che fra poche ore finalmente ci ritroveremo  e sono convinto che sara’ bello come ai vecchi tempi, anche se siamo molto diversi ormai!
So bene che la mia letteratura per te ha sempre rappresentato una piacevole distrazione e niente piu’, presa come eri dalla tua scienza e dai tuoi viaggi. Una volta mi definisti pantofolaio e ricordo di aver pensato che si, era proprio vero, non potevamo essere piu’ diversi di cosi ma anche che entrambi avevamo seguito le nostre passioni, anche se aveva significato perderci per dei lunghi periodi.
Sei sempre stata molto importante per me... e non ti avrei voluta diversa, neanche un po’. La ragazza a cui leggevo poesie all’universita’ e’ la donna alla quale oggi confido per prima la scoperta del mio piu’ grande tesoro, perche’ non c’e’ al mondo altra persona alla quale lo vorrei fare.
Credo di aver custodito bene il mio segreto e riderai di sicuro quando verrai a conoscenza dei sotterfugi che ho utilizzato per fare in modo che il mio ritrovamento  abbia il giusto merito
Spero che  mi perdonerai questo ultimo gioco, ma e’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo divertiti a farci degli indovinelli che ci mettessero in difficolta’ e per la nostra riunione ho pensato che sarebbe stato divertente
Il tesoro giace laddove crescono i fiori delle nostre amate, cara Emily... riesci a capire?
Non vedo l’ora di osservarti corrugare la fronte e di sentirti brontolare per la mia scempiaggine, ma sara’ bello incontrarsi di nuovo!
Edward.
 
“Ha idea di cosa significhi?” chiese Sherlock non appena ebbe finito di leggere lo scritto.
Emily scosse la testa.
“Quando eravamo all’universita’ inventavamo degli indovinelli per mettere alla prova le nostre reciproche conoscenze e devo ammettere che lui ne partoriva di veramente complicati. Non riesco a capire cosa possano significare le sue ultime parole”
 “Forse pensava addirittura che sarebbe stato costretto a rimandare il viaggio o che non sarebbe riuscito ad incontrarla senza destare sospetti” intervenne John.
L’espressione di Emily si fece dubbiosa.
“No... voleva semplicemente giocare con me, come una volta. Pero’ aveva ben chiaro che qualcuno lo teneva d’occhio e aveva adottato delle strategie, l’ultima delle quali e’ stato nascondere il libro in un posto sicuro. Era eccitato all’idea di raccontarmi tutto... per lui era come vivere una piccola avventura”
“Ha sottovalutato la posta in gioco, non e’ arrivato a pensare che potessero ucciderlo. I suoi colleghi erano spietati ma non degli assassini, qualcun altro ha deciso di agire drasticamente” dichiaro’ Sherlock, guadagnandosi un’occhiata storta per il tono piatto che aveva utilizzato.
“Tutto questo per un libro?” domando’ ancora dubbiosa Emily.
“Per milioni di sterline, piu’ precisamente” ribatte’ secco Sherlock, tornando a studiare la lettera “Le ha lasciato un indizio per trovare il manoscritto, ci pensi bene!”
La donna non nascose un moto di fastidio.
“Non sto facendo altro da quando ho aperto la busta! E le ricordo che io l’ho assunta per capire chi ha ucciso Edward, non per ritrovare un’antichita’! E francamente sono convinta che ci sia sotto qualcosa di piu’!”
“Le due cose sono sicuramente collegate, anche un qualsiasi idiota se ne accorgerebbe!” ribatte’ il consulente investigativo.
“Cosi come qualsiasi idiota si accorgerebbe che il suo matrimonio e’ finito prima ancora di cominciare veramente?” domando’ Emily con forza, facendo ripiombare la stanza in un silenzio carico di tensione.
Il battibecco fu interrotto da un bussare sommesso alla porta.
Anna Stoller fece capolino sulla soglia.
“Tutto bene cara? Ho sentito delle voci... oh. Hai ospiti, scusa il disturbo”
Emily si sforzo’ di stamparsi un sorriso sul volto.
“Va tutto bene, Anna. Il Signor Holmes e il Dottor Watson sono venuti ad aggiornarmi sugli ultimi sviluppi del caso, ma a quanto pare non sembra siano stati fatti significativi passi avanti” termino’ con ironia.
Sherlock inspiro’ a fondo, evidentemente alla ricerca di un po’ di pazienza. John incrocio’ mentalmente le dita perche’ l’amico trovasse la forza di trattenersi da qualsiasi commento che avrebbe potuto ulteriormente peggiorare la situazione. Lo osservo’ far vagare lo sguardo attraverso la stanza, fino a che la sua mascella non si contrasse pericolosamente. In quel momento sembrava davvero furioso.
“Forse e’ meglio se ti faccio preparare una tisana con le mie erbe speciali. Mi sembri molto stanca e francamente tutta questa situazione ci sta mettendo a dura prova...” disse timidamente Anna, restando all’entrata della camera.
Emily fece un altro sorriso forzato.
“Cara, credo invece che mi faro’ un goccetto, ma grazie tante lo stesso. So quanto sono buone le tue tisane, ma ora credo proprio di aver bisogno di qualcosa di piu’ forte. E credo proprio che qui abbiamo finito”
Prese la lettera dalle mani di Sherlock, che miracolosamente era rimasto in silenzio, la appoggio’ sulla scrivania e poi si diresse verso il minibar, indicando in questo modo la sua volonta’ di congedare tutti.
Le sue mani tremavano leggermente, non poteva credere che Edward fosse stato ucciso per uno stupido libro, per quanto prezioso esso potesse essere. Le sembrava una cosa cosi sciocca e inutile che la assali’ una gran rabbia, anche se sapeva bene che il suo nervosismo veniva in gran parte dal fatto di aver fallito come amica, di non essere stata abbastanza presente da poter aiutarlo fino a che non era stato troppo tardi.
E lui aveva scelto comunque di lasciare a lei i suoi ultimi pensieri.
Sentiva che la fiducia dell’amico era stata mal riposta.
Udi’ Anna mormorare qualcosa e richiudere la porta e aspetto’ che anche Sherlock e il Dottore se ne andassero.
“Rifletta su quella lettera e mi comunichi qualsiasi cosa le venga in mente” dichiaro’ il consulente investigativo avviandosi verso l’uscita, in un tono che indicava chiaramente quanto stesse cercando di evitare qualsiasi altro commento.
Emily strinse i pugni e solo quando fu sicura di essere rimasta sola scoppio’ a piangere.
 
***
 
"Sherlock? Sherlock aspetta, rallenta!”
John si affretto’ lungo le scale che l’amico aveva preferito all’ascensore, cercando con fatica di tenere il passo e sapendo bene che in quel momento  l’uomo davanti a lui era pervaso da una forte rabbia.
Nel momento in cui Emily aveva pronunciato le sue parole riguardo all’accorgersi di un matrimonio finito, aveva colto quanto il suo corpo si fosse fatto rigido e quanto la sua espressione avesse lottato per restare neutra.
“Accidenti ti vuoi fermare un attimo?? Non lasciare che quello che ha detto quella donna ti influenzi in questo modo!”
Sherlock si arresto’ di colpo e con un veloce movimento si volto’ verso di lui, facendogli quasi perdere l’equilibrio.
“Il tuo consiglio e’ stato del tutto inutile!” disse con rabbia “ Buona volonta’, educazione e correttezza! Un mucchio di sciocchezze che evidentemente non sono servite a nulla!”
John scosse la testa.
“Senti, mi rendo conto che e’ stata ”
Il dialogo fu interrotto da una serie di colpi di tosse e respiri ansimanti che provenivano dall’angolo del pianerottolo.
John sorpasso’ Sherlock e trovo’ un uomo seduto sui gradini della scala, la testa fra le ginocchia.
“Ha bisogno di aiuto? Sono un medico” esclamo’ avvicinandosi.
L’uomo fece un cenno della mano come a voler liquidare la faccenda e poi alzo’ lentamente il viso, cercando nel contempo di fare dei respiri profondi.
“Lei e’ Donald Custer” dichiaro’ Sherlock.
L’altro annui’ e sembro’ ritrovare un po’ di forze.
“Buongiorno Signor Holmes e no, grazie, non ho bisogno di aiuto” sorrise rivolgendosi a John “solo un piccolo attacco di asma che passera’ in fretta”
John sembro’ esitare un attimo poi annui’.
“E’ che non ho ancora preso il preparato di mia moglie, oggi. Sapete, mi prepara un decotto tutti i giorni che mi aiuta con i miei problemi ma suppongo di essere un po’ sfasato per tutto quello che sta succedendo e mi sono dimenticato di berlo. Ma sto meglio”
A dimostrazione delle sue parole si alzo’ in piedi e ringrazio’ John con un cenno del capo, poi sembro’ esitare e si rivolse a Sherlock.
“Novita’ per quanto riguarda Edward?” chiese speranzoso.
“Niente di rilevante” si limito’ a rispondere il consulente investigativo, scrutandolo a fondo.
“Oh” ribatte’ Donald con delusione avviandosi per le scale “speravo fosse venuto a dire di aver risolto il caso. Sa, Anna e’ molto scossa da tutto cio’, penso torneremo presto a Eton. Ci sentiamo molto inutili qui”
“Dovrebbe prendere l’ascensore” non pote’ esimersi dal commentare John.
Il signor Custer lascio’ andare una piccola smorfia ed estrasse una caramella dalla tasca della giacca, cominciando a succhiarla prima di affrontare i gradini.
“Oh, un po’ di moto non mi fara’ male, stia tranquillo. Arrivederci!”
Il Dottor Watson rimase a guardarlo salire i gradini per assicurarsi che stesse bene e quando fu sicuro si giro’ verso l’amico.
“Va bene. Cerchiamo di” si interruppe stupefatto.
Sherlock Holmes era sparito.
 
***
 
“E questo e’ tutto” commento’ Molly, porgendo un fascicolo a Greg Lestrade.
“Quindi non hai trovato niente di rilevante, a parte i livelli di calcio?”
La patologa scosse la testa.
“No, mi spiace. Niente che possa aiutarvi... gli ultimi esami hanno evidenziato la presenza dei farmaci per il trattamento del disturbo ossessivo del professore, ma di questo eravamo gia’ a conoscenza visto che ne faceva uso e”
“Aspetta un attimo! Sherlock ha detto che quella dei farmaci era tutta una montatura, che St. James aveva simulato il problema!”
 “Oh... Di questo non ero a conoscenza. Quindi Sherlock ti ha aggiornato...” disse Molly con un’espressione imbarazzata e dispiaciuta.
Greg rimase per un attimo in silenzio, conscio di aver appena scoperchiato l’ennesimo grande problema di comunicazione nella coppia dei coniugi Holmes: spero’ in cuor suo che la situazione si risolvesse in fretta e procedette nella spiegazione.
“Non lui, naturalmente. Sai quanto odi chiamare, e’ stato John a riferirmi degli sviluppi che ha portato il viaggio a Eton... sembra che il defunto avesse trovato non so quale raro manoscritto, che per paura di farselo soffiare si fosse chiuso in casa e che l’organizzazione maniacale delle sue cose non fosse altro che un sotterfugio per scoprire eventuali intrusioni e giustificare il suo isolamento. Perche’ avrebbe dovuto prendere i farmaci sul serio?”
Molly corrugo’ la fronte perplessa.
“Non lo so, ma questo puo’ spiegare il cedimento definitivo del cuore, il dosaggio era leggermente elevato ma sarebbe stato plausibile per un paziente in trattamento, non certamente per qualcuno non abituato all’assunzione. L’interazione con il danno che il calcio stava provocando deve essergli stata fatale”
Lestrade sbuffo’.
“A me sembra un controsenso tremendo. Perche’ l’assassino ha accelerato le cose, se per mesi aveva continuato ad avvelenarlo?”
I due rimasero per un attimo in silenzio alla ricerca di qualche risposta, poi Greg scosse le spalle.
“Ora devo andare... preferisci che sia io ad avvertire Sherlock?” chiese a disagio.
Molly si morse un labbro e l’Ispettore inspiro’ a fondo.
“Quell’idiota di tuo marito non si e’ ancora scusato, vero? Sai, posso fare in modo che passi dei brutti quarti d’ora, se mi ci metto a pensare solo un attimo posso trovare almeno cinque diversi motivi per accusarlo di qualcosa e dargli molto fastidio”
Sul viso di Molly apparve un debole sorriso.
“Mi piacerebbe che fosse cosi facile” disse infine.
Greg le appoggio’ una mano sulla spalla.
“Senti, io non so davvero come vi siate cacciati in questa situazione ma posso immaginare che sia tremendamente difficile avere a che fare con lui. Lo conosco da molti anni e non ho mai smesso di stupirmi di quanto possa essere impossibile, a volte... John mi ha detto che avete avuto delle buone ragioni e io ne sono convinto, anche se voglio sentire tutta la storia prima o poi. Ma se c’e’ una cosa che so, Molly Hooper, e’ che tu sei la persona giusta per gestirlo”
“Anche se lui si e’ pentito di essersi cacciato in questa situazione?” chiese la donna girando lo sguardo per evitare che l’altro vedesse i suoi occhi lucidi.
L’Ispettore scosse la testa con convinzione.
“Perche’ pensi che ci siamo accorti di quello che stavate combinando? E’ il modo in cui ti guarda, Molly... in cui segue i tuoi movimenti attraverso la stanza e ascolta quello che dici. E’ il modo in cui si trattiene dal toccarti quando ti e’ vicino, il modo in cui la sua espressione cambia quando ti allontani. Credimi, non mi sembra proprio il comportamento di un uomo a cui non importa veramente”
Molly si disse che avrebbe tanto voluto credere alle parole dell’amico, ma era difficile farlo se ripensava all’espressione di suo marito durante la loro discussione. Al fatto che non avesse negato di aver agito d’impulso dopo aver visto John fare la sua proposta a Mary. Era stata quella la cosa che l’aveva ferita di piu’.
Ritorno’ a guardare Greg e si sforzo’ di assumere un’aria decisa.
“Avete avuto fortuna con i riscontri della balistica per l’omicidio del ladro che si e’ introdotto in camera di zia Emily?” chiese, evidentemente alla ricerca di un cambio di argomento.
L’Ispettore la guardo’ ancora per un attimo e poi le sorrise, accettando il fatto che non fosse pronta a parlare dei suoi problemi.
“No... era un ladruncolo qualunque, i suoi precedenti non erano un granche’ e la pistola che l’ha ucciso non e’ mai stata utilizzata per qualche crimine. Ma evidentemente qualcuno era convinto che tua zia avesse gia’ in mano qualcosa, o non l’avrebbe assunto”
“Non credi che sia in pericolo, vero?” domando’ Molly, improvvisamente allarmata.
Lestrade scosse la testa.
“No, non credo. Ma sai... io la conosco certamente poco ma mi sembra strano che se ne sia stata cosi tranquilla, fino ad ora. Certo, ha assunto Sherlock ma suppongo possa averlo fatto solo per fargli un dispetto; non vorrei stesse architettando qualcosa, sembra il tipo di persona che si spazientisce facilmente e passa all’azione facendo di testa sua. Per favore... puoi assicurarti che se ne stia buona ancora per un po’?”
Molly capi’ benissimo dove l’altro volesse andare a parare: l’ultima cosa che serviva era zia Emily che si improvvisava detective.
“Sta tranquillo. Posso finire prima il mio turno, andro’ a parlarle e vedro’ di capire che cosa ha in mente, in verita’ ci siamo viste nel primo pomeriggio ma abbiamo parlato... d’altro”
Lestrade annui’ e con un cenno di saluto usci’.
 
***
 
Circa due ore dopo Molly Hooper arrivo’ all’hotel di zia Emily e chiese al receptionist se la donna fosse in camera: le venne risposto che dopo aver richiesto un rifornimento del  minibar la signora non si era piu’ fatta sentire e che quindi era presumibile che si, fosse ancora nella sua stanza.
Voleva che la chiamasse per conferma?
Dopo aver osservato il tono esitante dell’uomo e aver realizzato che probabilmente zia Emily aveva gia’ provveduto a spaventarlo a morte con il suo atteggiamento, Molly rispose di no e disse che avrebbe direttamente bussato alla porta. Era sua nipote, si erano incontrati quando l’aveva accompagnata all’albergo la notte prima e lui era di turno.
Il receptionist emise un breve sospiro di sollievo e confermo’ di rammentarsi di Molly, per cui le ricordo’ il numero della camera e le indico’ l’ascensore.
Tre minuti dopo, la ragazza busso’  leggermente alla porta.
“Zia, ci sei?”
Non avendo ottenuto nessuna risposta ma avendo sentito dei rumori provenire dall’interno, riprovo’ con piu’ convinzione.
“Zia?”
Forse stava facendo una doccia.
Molly spero’ ardentemente che non stesse facendo il broncio per il fatto di non aver ottenuto subito una risposta al suo invito di recarsi insieme a Parigi. Quando era stata a casa sua si era chiaramente sforzata di non essere troppo pressante, ma si capiva che avrebbe preferito di gran lunga cominciare a pianificare il viaggio fin da subito.
Molly stava per bussare una terza volta quando la porta si apri’ all’improvviso e una mano la afferro’ e la trascino’ dentro: reagi’ d’istinto (era assai improbabile che fosse la zia la persona che l’aveva  appena rapita dal corridoio, no?) e tiro’ una gomitata con forza, sentendo con soddisfazione di aver appena centrato uno stomaco.
“Ahi!”
Un momento.
Conosceva quella voce.
Aveva sposato quella voce.
Si giro’ con un lampo negli occhi.
“Sherlock!”
“Molly” si limito’a rispondere lui.
Lei inspiro’ a fondo e continuo’ in tono minaccioso.
“Sherlock...”
“Molly...” lui si schiari’ la voce, ma prima che potesse dire altro fu assalito da una moglie alquanto furiosa.
“Che cosa stai facendo nella stanza di mia zia? Lei evidentemente non c’e’, quindi risparmiati qualche sciocca scusa tipo che la stai aspettando, sai che non ti credero’. Oh cielo, stai facendo una perquisizione, vero? Non ci posso credere, non penserai davvero che sia coinvolta in qualche modo nell’omicidio? So che voi due non vi sopportate ma davvero questo e’ assolutamente inconcepibile, non posso credere che tu”
Le labbra di Sherlock sulle sue arrivarono ad interrompere il suo discorso e per qualche secondo Molly si lascio’ andare, troppo contenta delle sensazioni che i suoi baci riuscivano sempre a suscitare.
La ragione e la rabbia ebbero pero’ la meglio e interruppe il contatto.
“Che stai facendo?” chiese, staccandosi da lui e incrociando le braccia al petto.
“Sei molto carina quando ti arrabbi. Cercavo di ricordarti uno dei milioni di motivi per cui non dovremmo separarci” rispose Sherlock, cercando di parlare con leggerezza  nonostante lo sguardo ferito negli occhi e trattenendosi contemporaneamente dal riprendere il bacio.
Molly si passo’ frustrata le mani tra i capelli.
“Ascolta...”
“No” la fermo’ lui “adesso non e’ il momento, hai ragione. Ma non sto perquisendo la stanza della Dottoressa Hastings perche’ penso che lei sia in qualche modo colpevole... sto cercando delle prove che confermino l’identita’ dell’assassino di Edward St. James”
“In camera di mia zia?” chiese Molly dubbiosa.
“Mi sto accertando che non stiano avvelenando anche lei e ti prego di rilevare come io mi stia preoccupando della sua sorte, prima di risolvere definitivamente questo caso. La considero una grossa dimostrazione di buona volonta’”
“Avvelenando anche lei? E in che modo?” il tono della ragazza si fece ansioso.
“Oh, conoscendo le sue predisposizioni probabilmente attraverso qualcosa negli alcolici del minibar...”
“Non essere offensivo, Sherlock”
Lui inclino’ la testa.
“Le mie scuse, a quanto pare non e’ molto educato fare delle considerazioni infelici sulla parentela della propria moglie, anche se io ti ho piu’ volte detto che puoi dire quello che vuoi su Mycroft”
“Sherlock... l’assassino!” lo incalzo’ Molly spazientita.
La testa ricciuta si inclino’ di nuovo.
“Giusto. Ho fatto delle verifiche questo pomeriggio e ho scoperto cose interessanti su Donald Custer”
“Il marito di Anna? Quel signore simpatico?”
“Un signore molto indebitato, piu’ che altro... grazie ad alcuni investimenti veramente sbagliati nel corso degli anni. Disposto ad uccidere uno dei suoi migliori amici pur di mettere le mani su un’edizione molto rara delle opere di Shakespeare... un cliche’, purtroppo. Questo caso non ha smentito i suoi presupposti di noiosita’”
Le braccia incrociate sul petto di Molly si strinsero ancora di piu’ come chiaro avvertimento del limite che il marito era pericolosamente sul punto di attraversare, poi una voce attiro’ l’attenzione della coppia.
“Complimenti, signor Holmes”
Sulla porta si trovava la piccola figura di Donald Custer.
In mano stringeva una pistola.
L’espressione di Sherlock si fece di ghiaccio e lentamente prese Molly per mano, facendola arrivare al suo fianco.
Primo: guadagnare tempo.
“Quella e’ la pistola con cui ha ucciso il ladro che aveva assunto per perquisire la stanza di Emily Hastings?”
Donald fece un sorrisetto.
“Non le sfugge nulla, a quanto pare. Si, l’arma e’ proprio questa. Quell’idiota si era lasciato dietro un mucchio di impronte, non potevo rischiare che risalissero a me attraverso di lui. Purtroppo ho dovuto ingaggiarlo in fretta e devo ammettere che la mia conoscenza della malavita londinese e’ alquanto limitata, mi sono dovuto accontentare di cio’ che ho trovato. Ma mi dica, sono curioso... come ha capito il mio coinvolgimento?”
“La sua asma, naturalmente”
L’espressione di Donald si fece perplessa.
“Non e’ grave ed e’ generalmente sotto controllo. Tuttavia oggi ci siamo incontrati e lei stava avendo un breve attacco... questo perche’ aveva appena fumato. E’ un piccolo vizio che naturalmente tiene nascosto a sua moglie e che pratica molto poco, o me ne sarei accorto prima. Non ha voluto che il Dottor Watson si avvicinasse per timore che sentisse l’odore del fumo e ha scelto di salire le scale per guadagnare tempo mentre mangiava una caramella e si rinfrescava l’alito. E’ un vero peccato che io sia l’esperto numero uno in fatto di tabacco, questo mi ha fatto riconoscere comunque la sottile aroma che permeava l’aria. Era uguale a quella che aleggiava nella stanza di Edward St. James la mattina del ritrovamento del cadavere. Questo oltre al fatto che lei e sua moglie non concordavate sul risultato del suo torneo di bridge... non credo che dopotutto il vostro sia un matrimonio felice  visto che la signora non e’ venuta ad assistere alla gara e non si e’ preoccupata del fatto che sia tornato tardi. Lei ha avuto tutto il tempo di arrivare a Londra e vedere la vittima la sera in cui e’ morta”
“Davvero uno sfortunato incidente” commento’ Donald con una smorfia.
“Non direi, visto che lo stava avvelenando da tempo” rispose Sherlock, continuando a fissare la pistola e calcolando rapidamente le mosse da fare per disarmare l’uomo senza mettere in pericolo Molly.
Custer scosse la testa, quasi oltraggiato.
“Oh no. Non io... naturalmente credo di avergli dato il colpo finale, ma al momento ero davvero convinto di aiutarlo solo a rilassarsi un po’”
“Lei ha somministrato a Edward St. James i farmaci” commento’ Molly.
“Quali farmaci?” chiese Sherlock senza tuttavia girarsi verso di lei, mentre l’uomo continuava a parlare.
“Io non sapevo che gli sarebbero stati letali, lo giuro”
“Certo che no, sei sempre stato uno stupido idiota Donald. E non credere che potrai continuare con questo tuo vizietto del fumo, mi assicurero’ personalmente che tu non possa piu’ toccare una sigaretta in tutta la tua vita. Sai quanto mi fa arrabbiare e mi da’ fastidio”
Anna Stoller era arrivata alle spalle del marito e lo spinse a entrare nella stanza, prima di chiudere la porta e girarsi con un sorriso.
In mano aveva anche lei una pistola.
 
 
 

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


Ciao a tutti! Ecco a voi quello che dovrebbe essere il penultimo capitolo... questa storia dura da un bel po’  ed e’ ora di finirla! Spero che la definitiva spiegazione della parte mistery non sia troppo sciatta, credo proprio che tutto il resto abbia preso il sopravvento.
Grazie a Bored94, dri, Erule, IrregolarediBakerStreet, Judith Kylem Sparrow e a martiachan per aver commentato il capitolo prima, a Finnick e Gingeor per essersi soffermate su quelli precedenti e ancora a tutti quelli che leggono, preferiscono e seguono.
Buon fine settimana!
 
OGNI SINGOLO ISTANTE

CAPITOLO TREDICI
 
 
“Ancora niente?”
Mary Morstan osservo’ il suo fidanzato appoggiare con un sospiro il telefonino sul tavolo e scuotere la testa.
“No... non risponde. Molly?”
La donna mimo’ il suo gesto di poco prima, un’espressione delusa sul volto.
“Niente. Ormai dovrebbe aver finito di lavorare, non credi? Forse lui l’ha raggiunta e adesso si stanno in qualche modo chiarendo...”
John si alzo’ dal divano e ando’ a prendersi un bicchiere di acqua in cucina.
“Non hai visto come era agitato. E un attimo dopo era scomparso. Voglio solo essere sicuro del fatto che vada tutto bene, in questi giorni sta affrontando qualcosa che lo mette in grossa difficolta’, spero tanto che non mandi tutto all’aria”
Mentre beveva, il Dottor Watson non pote’ fare a meno di chiedersi per l’ennesima volta dove fosse il suo migliore amico e cosa stesse combinando.
“Forse l’ha gia’ fatto” commento’  Mary in tono un po’ polemico “insomma, credo che Molly si meritasse un po’ piu’ di sincerita’, non pensi anche tu? E’ naturale che adesso lei prenda addirittura in considerazione l’idea di” si interruppe e si morse il labbro.
“Prenda in considerazione quale idea?” le chiese John tornando verso il divano con uno sguardo indagatore.
“Niente” rispose in fretta lei.
“Mary...” la incalzo’ l’uomo.
“Non posso dirtelo, ok?” fu la risposta che lui ottenne, mentre la sua fidanzata si alzava a sua volta.
“Tu sai qualcosa e non me lo vuoi dire?” sbotto’ John incredulo “si tratta del mio migliore amico!”
“E Molly e’ mia amica, anche se non abbiamo un rapporto stretto come quello che tu hai con Sherlock! Ma d’altronde nessuno al mondo puo’ affermare di averlo, e’ naturale che la gente pensi che siete una bella coppia!” ribatte’ lei, alzando le braccia al cielo e guardandolo con irritazione.
I due rimasero ad osservarsi per qualche secondo, poi si sorrisero a vicenda.
“Scusa” esclamarono contemporaneamente.
John raggiunse Mary e le diede un bacio in fronte.
“Non posso credere che stiamo litigando per quei due. Hai ragione, la cosa piu’ probabile e’ che abbiano gia’ fatto pace e se la stiano spassando da qualche parte, completamente ignari del fatto che siamo preoccupati per loro”
“Tu credi?” chiese Mary ancora un po’ dubbiosa.
John annui’.
“Si. Dopotutto io gli ho consigliato di parlarle e chiarire cosa prova e sarebbe davvero un idiota a non seguire le mie indicazioni” alzo’ una mano per prevenire le obiezioni della sua fidanzata “so che il piu’ delle volte agisce in modo non convenzionale e sembra non essere in grado di metterci un po’ di sentimento, ma io penso che questa sia la situazione in cui puo’ farcela.
Quando Sherlock Holmes vuole qualcosa, la ottiene. E lui vuole Molly... Non c’e’ niente che potrebbe distrarlo da questo obiettivo, in questo momento”
 
***
 
“Affascinante”
Il commento di Sherlock Holmes fece alzare un sopracciglio ad Anna Stoller: la donna aveva appena spinto il marito a forza nella stanza e quest’ultimo la stava osservando con aria stupita.
Il consulente investigativo sorrise.
“Questo caso si era presentato come assolutamente noioso, ma devo dire che questo sviluppo l’ha fatto salire nella mia personale scala di gradimento da un misero tre a un ragionevole cinque”
Molly rivolse un’occhiata preoccupata a suo marito, il quale al momento non sembrava molto scosso dal fatto che ci fossero ben due pistole puntate verso di loro.
Lui le strinse la mano in segno di rassicurazione, poi continuo’ a parlare.
“Un omicidio commesso da due assassini che non erano assolutamente in combutta l’uno con l’altro. Una sfortunata coincidenza di intenti. Dico bene?”
L’espressione di Anna Stoller si fece rabbiosa.
“Donald ha rovinato tutto! Edward non doveva morire!” dichiaro’ con veemenza.
L’uomo in parte a lei si volto’ e un lampo di comprensione gli apparve sul volto.
“Sei stata tu ad avvelenarlo per tutto quel tempo??”
“Si, stupido idiota!” invei’ Anna con rabbia.
“Con le sue famose tisane” aggiunse Sherlock con un sorriso soddisfatto, mentre Molly faceva una smorfia. Tipico, non rinunciava a fare il sapientone neanche in un momento come quello.
La mano della donna che teneva la pistola si agito’.
“In tutti questi anni chi si e’ presa cura di lui? Chi si assicurava che avesse sempre da mangiare e si ricordasse di pagare le bollette? Chi faceva in modo che andasse alle lezioni vestito in modo decente? Io! Per quarant’anni sono stata la persona che si e’ occupata di lui e lui non faceva altro che pensare ad Emily, come quando eravamo all’universita’! Quando ha cominciato a stare male l’ho convinto ad andare da un medico che gli ha prescritto i farmaci, ma neanche allora si e’ accorto della sottoscritta! Si e’ chiuso in casa e allora ho pensato che se fosse stato piu’ male, se avesse cominciato ad avere problemi al cuore alla fine non avrebbe potuto evitare di volermi vicino, di volere me!”
“Fingeva” sentenzio’ Sherlock, guadagnandosi un’altra occhiata perplessa, che colse come un invito a continuare nella spiegazione “i suoi disturbi di ossessione erano una finzione, in verita’ stava lavorando ad un progetto segreto che non ha voluto condividere neanche con i suoi migliori amici, aveva perfino accettato di farsi prescrivere dei farmaci che naturalmente non pensava proprio di prendere. Evidentemente il vostro rapporto non era un granche’, anche se alla fine purtroppo per lui le sue tisane le ha bevute, signora Stoller. Forse era davvero convinto che l’avrebbero aiutato a rilassarsi, avere in casa un manoscritto che vale milioni di sterline puo’ essere alquanto stressante probabilmente.”
“Che cosa?”
Se Anna non avesse avuto una pistola puntata verso di lei e l’uomo che amava, Molly Hooper avrebbe avuto un moto di compassione nei suoi confronti: era doloroso scoprire di essersi dedicata anima e corpo a una persona che non l’aveva mai ricambiata e che anzi non aveva avuto la minima fiducia in lei. Purtroppo questa presa di consapevolezza rischiava di far diventare la donna ancora piu’ nervosa e disperata.
Anche Sherlock sembrava pensarla allo stesso modo, perche’ ricomincio’ a parlare per distrarre i due.
“Credo che sia a questo punto che entra in gioco suo marito... come ha scoperto che Edward St. James aveva per le mani qualcosa di grosso?”
Donald stava ancora fissando stupito la moglie e ci mise un attimo per scuotere la testa e tornare a guardare Sherlock.
“Io... io ho visto per caso dei suoi appunti un giorno in cui mi ero fermato per sapere come si sentisse”
“Credo piuttosto che lei stesse decisamente frugando tra le sue cose. Deve essere stato prima che cominciasse a riordinare in modo maniacale la sua casa. E’ ha deciso di approfittarne”
Sherlock diede un’altra stretta di mano a Molly dopo aver pronunciato la frase e lei per un attimo chiuse gli occhi, ammirata dalle sue deduzioni e da come stava guadagnando tempo. Ricambio’ la stretta, comunicandogli di avere fiducia in lui e in quello che stava facendo.
Donald fece una smorfia.
“Non avevo capito bene di cosa si trattasse, ma di certo c’erano in ballo un mucchio di soldi e quella sera sono venuto a Londra per parlare con Edward e convincerlo a farmi entrare nell’affare”
“Solo che non si trattava di un affare. Il professore non aveva nessuna intenzione di guadagnare dei soldi, voleva dare il manoscritto a qualche museo” replico’ Sherlock.
L’espressione di Custer si fece rabbiosa.
“Ho cercato di farlo ragionare ma non c’e’ stato verso! Era deluso dal fatto che io gli chiedessi di fare una cosa del genere, anche quando gli ho spiegato che i soldi mi servivano urgentemente! E quando e’ andato un attimo in bagno ho preso i suoi medicinali e glieli ho messi nel bicchiere che aveva sul tavolo, volevo farlo rilassare un po’”
“Gli ha puntato la pistola contro” osservo’ Sherlock.
“Solo per spaventarlo un po’, non gli avrei mai sparato!” il tono di Donald si fece piu’ alto.
“Ma il cuore ha ceduto, probabilmente per la contemporaneita’ dell’usura provocata dal calcio, lo spavento e i farmaci. E lei ha perquisito con cura la stanza alla ricerca del manoscritto prima di andarsene, portando con se’ la sigaretta che aveva fumato per non destare sospetti ” concluse il consulente investigativo.
Anna emise un suono strozzato.
“L’hai ucciso! Hai ucciso Edward per dei soldi!” accuso’ con ira il marito.
“Senti chi parla, tu l’hai avvelenato per mesi solo per costringerlo a cadere malato fra le tue braccia! Oh... ho sempre saputo che in fondo avevi una cotta per lui e che io sono stato un ripiego ma non che mi importasse molto, dopo tutto! ” replico’ lui, tornando a guardarla senza piu’ traccia di quell’espressione cordiale che aveva sempre finto.
“Sei sempre stato un patetico e misero essere umano, Donald!”
I due erano impegnati a litigare e il momento si profilo’ perfetto: Sherlock stava per scattare con l’idea di disarmarli quando Anna Stoller sembro’ accorgersi di qualcosa e rivolse di nuovo tutta la sua attenzione verso lui e Molly, puntando la pistola verso quest’ultima e bloccando ogni tentativo di intervento.
“Bene bene” esclamo’ con voce gelida “forse dopotutto non e’ il momento di discutere, Donald. Abbiamo un problema ben piu’ pressante, qui. E a questo punto forse e’ il caso di non sprecare tutte le tue stupide azioni e guadagnarci qualcosa. Non credi, tesoro?”
Suo marito sembro’ per un attimo considerare quell’affermazione e strinse le labbra.
“Edward aveva nascosto quello stupido libro molto bene, Anna cara. Purtroppo ero convinto che l’avesse fatto avere in qualche modo ad Emily, per questo ho assunto quell’incapace per frugare tra le sue cose”
Anna sogghigno’.
“E l’hai anche ucciso. E’ un vero peccato che tu abbia deciso di usare gli attributi solo dopo quarant’anni, Donald. Forse il nostro matrimonio sarebbe stato un po’ meno noioso,  non pensi anche tu? Fortunatamente per te io non ho perso tempo nascondendomi per le scale a fumare e ho tenuto d’occhio la nostra cara Emily, per capire se avesse qualche sospetto. Ha ricevuto una lettera da Edward, con uno di quegli stupidi indovinelli che si facevano sempre all’universita’. Cielo, erano davvero stomachevoli”
Sherlock senti’ la mano di Molly allentare la stretta nella sua e prima che potesse dare significato a questa cosa, Anna Stoller riprese a parlare.
“Ma credo che in questo il caro Signor Holmes possa aiutarci. In fondo era qui per frugare tra le cose di Emily, possiamo presumere che abbia idea di dove si trovi il libro?”
L a presa di Molly si fece inesistente e Sherlock si ritrovo’ con la mano vuota.
Anna alzo’ un sopracciglio divertita.
“Naturalmente non aveva altro motivo per essere qui, non avevo nessun interesse ad avvelenare Emily. Ho sempre preferito di gran lunga che se ne andasse a spasso per il mondo e se ne stesse il piu’ possibile fuori dai piedi. Dunque, Signor Holmes?”
Sherlock fece un sospiro.
“Non ho idea di dove sia quel libro, credo che solo la Dottoressa Hastings possa decifrare quell’indovinello, e’ chiaramente legato a uno specifico ricordo che condivideva con il Professor  St. James”
Per un attimo, i due assassini sembrarono valutare le sue parole, poi la donna fece un sorriso amaro.
“Gia’. Probabilmente e’ proprio cosi. Edward e’ stato coerente fino alla fine, bisogna dargliene atto. Bene, credo che dovremo fare in modo che la cara Emily sia un po’ collaborativa. Forse non le importera’ molto del benessere del Signor Holmes ma sono sicura che tiene molto a quello della sua cara nipotina. Donald, prendi la ragazza mentre io penso al signor detective”
Sherlock reagi’ istintivamente e si pose davanti a Molly.
“No” esclamo’ deciso “dove va lei vado anche io”
Anna Stoller alzo’ la pistola con fare minaccioso, ma il marito intervenne rapidamente.
“Non possiamo permetterci di perdere tempo e separarli costituirebbe un ulteriore impiccio” esclamo’ “E’ un personaggio famoso, potremmo sempre chiedere un riscatto se Emily non collabora. Ho bisogno di quei soldi, Anna... c’e’ della gente che mi sta addosso e non avra’ pazienza ancora per molto. Per ora teniamoli insieme, ho in mente un posto dove possiamo nasconderli fino a che non avremo elaborato un piano di azione. Forza voi due, prendiamo le scale!”
Anna afferro’ Molly per un braccio e la strinse a se’ rendendo davvero pericoloso ogni tentativo di disarmare quei due, per cui Sherlock si limito’ a procedere lungo i gradini con la pistola di Donald puntata nella schiena, fino a che non giunsero nel locale dedicato alla stiratura.
“Il turno e’ finito un’ora fa, non arrivera’ nessuno fino a domani mattina. Per ora resterete qui ed e’ inutile che proviate ad utilizzare i telefonini, in questo seminterrato non c’e’ segnale” disse l’uomo.
“Informazioni che lei ha guadagnato nascondendosi qui a fumare durante questi giorni” commento’ petulante Sherlock. Per tutta risposta, Donald gli diede uno spintone.
“Dovremmo legarli” commento’ incerta Anna.
“E a che scopo? Qui ci sono solo finestre microscopiche con delle sbarre e se anche urlano nessuno potra’ sentirli, bastera’ assicurarsi bene che la porta sia sbarrata. Ora andiamo!”
I due indietreggiarono continuando a puntare le pistole verso Molly e Sherlock e poi uscirono.
Nel locale regno’ il silenzio mentre Sherlock distrattamente controllava con non troppa convinzione la possibilita’ di una via d’uscita, che ovviamente non c’era.
Alla fine il suo sguardo si diresse di nuovo  verso Molly.
“Siamo senza ombra di dubbio imprigionati qui sotto” commento’.
“Cosi pare” gli rispose sua moglie, evitando di guardarlo.
Evidentemente la situazione la preoccupava ed era spaventata, realizzo’ lui, valutando fra se’ come  il fatto di vivere momenti del genere insieme a John fosse decisamente piu’ semplice: certo si preoccupava anche per lui quando erano in pericolo, ma quando Anna Stoller aveva suggerito di separare lui e Molly per un secondo aveva avvertito una grossa fitta di panico che l’aveva quasi paralizzato.
Quasi. Lui era comunque Sherlock Holmes, trovava sempre una via d’uscita.
Questo non lo esentava dal dover rassicurare sua moglie come prima cosa: incrocio’ le mani dietro alla schiena e fece un sospiro.
“Non credo che la nostra incolumita’ sia davvero a rischio. Quei due puntano a ricattare tua zia e quindi ci useranno come merce di scambio. Beh, piu’ che altro useranno te, hanno ragione nell’affermare che io non costituisco per lei motivo di preoccupazione... Donald Custer e Anna Stoller sono degli assassini, ma confido nel fatto che al momento siano alquanto confusi dall’evolversi degli eventi e non abbiano nessuna intenzione di ripetere l’esperienza: quell’uomo ha diversi creditori alle costole, l’ha ammesso lui stesso, la sua priorita’ e’ recuperare soldi il piu’ in fretta possibile per pagare i debiti e lasciare il paese; hanno avuto un matrimonio infelice, ma le circostanze li costringono a collaborare per ottenere cio’ che vogliono e questo gioca sicuramente a nostro favore”
Sherlock termino’ la sua analisi con un cenno del capo soddisfatto, ma poi si accorse che Molly non sembrava apprezzare la sua brillante e rassicurante esposizione dei fatti: la sua postura era rigida e il suo sguardo puntato con ostinazione verso un angolo della stanza, mentre i denti tormentavano il labbro inferiore con nervosismo.
“Sei arrabbiata” dedusse con fare perplesso.
Non poteva certo imputargli la serie di eventi che aveva portato a tutto questo, giusto?
Molly si decise a puntare lo sguardo su di lui e nei suoi occhi si potevano leggere rabbia e rammarico.
“Ci sara’ mai un fondo di verita’ in quello che mi dici, Sherlock?” gli chiese con voce incerta.
Lui non pote’ evitare di sorprendersi per quella domanda.
“Di che cosa stai parlando?”
Lei scosse la testa.
“Mentre eravamo soli in quella camera tu mi hai guardato negli occhi e mi hai detto di essere li per assicurarti che mia zia non corresse pericoli, invece stavi perquisendo la stanza perche’ pensavi che lei avesse capito dove si trova il libro! Sapevi della lettera, mi hai mentito!” affermo’ stringendo i pugni.
Sherlock spalanco’ gli occhi ed emise un gemito di frustrazione.
“Oh... per favore! Tecnicamente ho omesso parte della verita’, stavo davvero anche controllando che non corresse pericoli! Sono sicuro che tua zia possa capire la natura di quell’indovinello, probabilmente  l’ha gia’ fatto ma non si e’ curata di farmelo sapere!” esclamo’ agitando le mani.
Molly sbuffo’.
“Perche’ ti risulta cosi difficile crederle?” domando’ con esasperazione.
Lui strinse le labbra con aria scocciata.
“Forse perche’ quella donna mi odia e farebbe di tutto per ridicolizzarmi! Sul serio, Molly... Siamo appena stati chiusi in un seminterrato da due assassini che si ritrovano tali per puro caso e tu vuoi discutere di questo?”
E lui che aveva pensato che  fosse spaventata.
Sua moglie pesto’ un piede per terra e mise le mani sui fianchi.
“Beh, tanto non mi sembra abbiamo molte possibilita’ di fuga in questo momento!” sbotto’  “E tu non sembri capire! Non si tratta neanche piu’ di zia Emily e del vostro piccolo gioco a chi e’ piu’ testardo, si tratta del fatto che tu non riesci ad essere sincero con me!”
I due rimasero a fissarsi per un lungo istante.
“Sincerita’, eh?” disse infine Sherlock, appoggiandosi ad un tavolo e incrociando le braccia al petto mentre un lampo di irritazione gli illuminava gli occhi “bene, se e’ questo quello di cui vuoi discutere perche’ allora non parliamo di Parigi?”
 
***
 
Il Detective Ispettore Gregory Lestrade navigo’ con sicurezza fra i corridoi di Scotland Yard, attento a non rovesciare il caffe’ che teneva in una mano addosso a qualcuno dei colleghi che passavano a testa bassa, immersi in qualche conversazione telefonica o presi a consultare qualche fascicolo. L’occhio gli scappo’ sull’orologio appeso a uno dei muri e con un sospiro realizzo’ di aver fatto molto tardi anche quel giorno: non che a casa ci fosse qualcuno ad aspettarlo, questo no... pero’ sarebbe stato bello per una volta finire ad un orario decente e non essere cosi stanco da potersi godere una birra al pub  senza pensare solo al letto che lo aspettava.
Arrivo’ in prossimita’ del suo ufficio e noto’ Sally Donovan intenta a lavorare al computer della sua scrivania; le fece un saluto distratto ma mentre la sua mano stava per posarsi sulla maniglia della porta la voce della donna lo fermo’.
“Ehm... Signore?”
Lestrade si volto’ e prese un sorso del suo caffe’.
“Che c’e’?”
Donovan sembro’ essere in difficolta’, ma poi raddrizzo’ le spalle e si schiari’ la voce.
“Signore, voglio assicurarle che io ci ho provato”
Lui aggrotto’ la fronte.
“Provato?” chiese confuso.
La donna annui’ convinta.
“Si signore. Ci ho provato ma non c’e’ stato verso e a meno di ricorrere alle maniere forti, cosa che avevamo gia’ escluso la prima volta, non sapevo davvero come impedirglielo”
Greg aggrotto’ ancora di piu’ la fronte e senti’ un principio di emicrania fare capolino dentro la sua testa.
“Donovan, si puo’ sapere di cosa stai parlando? Impedire cosa a chi?” chiese spazientito.
“Di entrare e aspettarla. A quella donna” rispose la collega, che dopo queste parole criptiche torno’ velocemente a concentrarsi sul suo computer.
L’Ispettore scosse piano la testa mentre il significato di quel discorso si chiariva invece velocemente: con un gemito abbasso’ la maniglia ed entro’ nel suo ufficio, dove Emily Hastings lo accolse con un sorriso compiaciuto.
Seduta sulla sua poltrona.
“Buonasera, Detective Ispettore”
Lestrade la fisso’ per qualche secondo, poi prese ancora un sorso del suo caffe’ e richiuse piano la porta.
“Ho avuto una giornata lunga” esordi’ pacato.
La donna alzo’ il sopracciglio con fare perplesso, evidentemente non si aspettava questo tipo di accoglienza.
“Lei puo’ anche non crederci” continuo’ lui restando sulla soglia “ma il lavoro a Scotland Yard e’ difficile. Complicato. Alterno i miei momenti tra criminali di ogni tipo, da quelli semplicemente stupidi a quelli efferati, e la noiosa ma necessaria incombenza di riempire moduli su moduli. Ho a che fare con ogni genere di persona, ogni giorno... e naturalmente ho a che fare anche con il marito di sua nipote, il quale tra l’altro in questo momento si rifiuta di rispondere ai miei messaggi o, il cielo non voglia, alle mie telefonate che in teoria dovrebbero permettermi di aggiornarlo su una scoperta che la sua suddetta nipote probabilmente non gli ha comunicato,  perche’ a quanto pare in questo momento non si parlano, della qual cosa sospetto lei sia in parte responsabile”
“Le assicuro che il Signor Holmes ha fatto tutto da solo, io mi sono limitata a-”
“Non ho finito!”
Lestrade aveva alzato una mano con un gesto secco e la sua espressione zitti’ Emily.
“Tutto questo aumenta di molto il mio stress e mette ulteriormente a dura prova la mia capacita’ di sopportazione”
Emily fece per replicare di nuovo ma l’uomo  scosse la testa.
“Ora, lei e’ una donna senza ombra di dubbio fuori dal comune e io apprezzo la sua intelligenza e le sue capacita’ ma nessuno, e ripeto... nessuno si siede sulla mia poltrona. Soprattutto se io ho avuto una giornata lunga e qualcuno e’ appena riuscito a prevaricare di nuovo uno dei miei collaboratori. Questo e’ il mio territorio, Dottoressa Hastings.
Lo tenga a mente, per favore”
L’ispettore pronuncio’ le parole con tono tranquillo ma deciso e alla fine del discorso torno’ a bere il suo caffe’ rimanendo ad osservare Emily, che dopo qualche secondo inclino’ deliziosamente il capo e sorrise.
“Le chiedo scusa” disse alzandosi dalla poltrona “le sedie erano troppo scomode e io avevo davvero bisogno di parlarle”
“Chissa’ perche’ me lo aspettavo. Suppongo che Molly non sia proprio riuscita a tenerla tranquilla” Lestrade ricambio’ il sorriso e si avvicino’ alla scrivania.
“Molly? Non vedo  mia nipote da questa mattina, quando ho cercato di instillarle un po’ di buon senso. Ho passato la giornata facendo qualche acquisto e una bella passeggiata per Londra, mi ero quasi dimenticata come fosse bella questa citta’. Oh, ho anche incontrato il Signor Holmes ma questo si puo’ annoverare come l’unico episodio negativo di questa giornata altrimenti molto soddisfacente”
Il mal di testa di Lestrade rifece capolino.
“Devo ricordarle che l’ha assunto Lei? Di sicuro l’ha aggiornata sugli ultimi sviluppi del caso”
“A proposito del libro che Edward a quanto pare stava nascondendo? Si... l’ha fatto. Anche se devo dire che i nostri punti di vista sono alquanto discordanti, in questo momento”
“Ma non mi dica...” mormoro’ ironico Greg, prima di lasciarsi cadere sulla sua poltrona e appoggiare i gomiti sul tavolo “e cosi anche lei avrebbe un punto di vista. Perche’ non sono affatto stupito?”
Emily sorrise di nuovo.
“Suvvia, Ispettore...  mi dia un po’ di credito. Speravo di poter condividere le mie idee con lei, perche’ potesse fare qualche controllo.”
“Che tipo di controllo?”
“Oh... roba da nulla. Diciamo che ho delle... sensazioni”
Lestrade socchiuse gli occhi insospettito.
 “E dovrei agire sulla base di questo? Le sue sensazioni? Non le sembra un po’ poco?”
La donna sbuffo’.
“Ci ho pensato davvero molto e sono giunta a delle ipotesi che gradirei verificare con Lei. Come vede, mi sto mostrando collaborativa”
Greg comincio’ a massaggiarsi piano le tempie col viso chino sulla scrivania.
“Lei non dovrebbe mostrarsi proprio nulla, Dottoressa Hastings. Ci sono dei professionisti che stanno lavorando a questo caso” disse con un sospiro.
Emily fece un gesto infastidito con la mano.
“Per essere uno che da’ retta a un consulente investigativo si sta dimostrando particolarmente difficile, Signor Lestrade” esclamo’.
L’ispettore si limito’ a lanciarle una smorfia eloquente, a dimostrazione del fatto che le sue parole non lo stavano minimamente influenzando.
“Oh va bene!” sbotto’ Emily alla fine “mi costringe a prendere in mano la situazione!”
Greg sbatte’ il caffe’ che aveva appena ripreso in mano sulla scrivania.
“Lei non si impiccera’ e non indaghera’ per conto suo! Questa e’ un’indagine di polizia!” disse alzando il tono di voce.
Emily assunse un’aria offesa.
“E chi ha parlato di indagare per conto mio? Io stavo semplicemente alludendo al fatto che e’ giunta l’ora di fare una telefonata”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


Bene, ultimo capitolo e vi avviso e’ lunghissimo! Non mi andava proprio di dividerlo... questa storia dura da sette mesi e quattordici capitoli (coprendo un arco temporale di tre giorni...), era proprio ora di finirla!
Ma grazie, grazie davvero a tutti voi che avete letto, commentato e seguito... e’ stato un piacere immenso.
Come al solito, nessun personaggio mi appartiene. Cito invece dei luoghi che esistono realmente.
 
OGNI SINGOLO ISTANTE

CAPITOLO QUATTORDICI

 

 
“Una telefonata?”
Emily annui’ distrattamente alla domanda di Lestrade, mentre con una mano rovistava nella capiente borsa che si portava appresso. Dopo qualche secondo ne estrasse un cellulare con aria soddisfatta.
“Si. Mi perdoni, Ispettore, ma credo che il tempo stia giocando un po’ a nostro sfavore e gradirei risolvere la faccenda quanto prima. Ho in mente di prendermi una vacanza e naturalmente tutto questo tergiversare sta ostacolando le mie intenzioni... ammetto di aver bisogno di aiuto per verificare i miei sospetti, ma naturalmente a questo punto e’ inutile pensare che il signor Sherlock Holmes possa essere collaborativo”
“Lei mira solamente a risolvere il caso prima di lui...” obietto’ Lestrade con le mani incrociate al petto e uno sguardo di biasimo.
Emily scosse la testa.
“Per quanto possa sembrarLe sconcertante, il mio mondo non ruota attorno a lui e al suo smisurato ego. Penso solo che non sia la persona adatta per Molly e il grado di infelicita’ attuale di mia nipote e’ la prova tangibile delle mie convinzioni. E per quanto riguarda il caso... mi creda quando Le dico che le ultime conclusioni alle quali sono giunta sono una fonte di tristezza infinita, per me. E’ diventata una questione ancora piu’ personale di quanto fosse all’inizio e ho davvero bisogno di occuparmene di persona, altrimenti non starei per fare questa telefonata. In genere i miei rapporti con l’uomo che sto per chiamare sono molto limitati e strettamente professionali, ma credo proprio che ci evitera’ di perdere tempo prezioso”
La donna punto’ gli occhi sullo schermo del cellulare e con un gesto veloce richiamo’ un numero dalla rubrica, appoggiando poi il telefono all’orecchio.
“Anthea, cara... buonasera. Avrei urgenza di  parlare con Mycroft, per favore”
La mascella del Detective Ispettore Lestrade cadde di botto a rivelare la sua bocca spalancata per la sorpresa.
 
***
 
“Parigi”
Molly ripete’ con un tono sorpreso l’ultima parola pronunciata da suo marito e quest’ultimo continuo’ a guardarla fisso senza aggiungere altro, un’espressione di sfida sul volto.
Forse lo neghera’, si ritrovo’ a pensare Sherlock, mentre la rabbia e un sottile filo di speranza montavano dentro di lui. Forse neghera’ di star considerando l’idea di andarsene via, di lasciare addirittura la nazione, il suo lavoro e la sua vita a Londra.
Di lasciare me.
Ma Molly si limito’ a scuotere tristemente le spalle e a fare un sospiro.
“Cosi Mary l’ha detto a John, che naturalmente te l’ha riferito. Le avevo specificatamente chiesto di non farlo,  volevo essere io a parlartene e mi spiace che tu l’abbia saputo cosi. Non era mia intenzione tenerti all’oscuro della proposta della zia”
“Non insultarmi, per favore” fu la secca risposta di Sherlock “nessuno mi ha detto niente. E’ chiaro che hai incontrato tua zia dopo il nostro litigio stamattina e che avete parlato, le hai raccontato della tua insulsa idea di separarci. Le sue allusioni durante il nostro colloquio di oggi non sono state propriamente velate. Inolte nella sua stanza sul tavolino era appoggiato un libro intitolato “Visitare Parigi per la prima volta”, chiaramente nuovo visto che l’ha comprato nel pomeriggio per te. Ovviamente lei ci e’ gia’ stata, ha praticamente girato tutto il mondo mentre tu, al contrario, non mai visto la citta’. E’ naturale che nel suo entusiasmo per la nostra situazione di difficolta’ abbia pensato di poterti allontanare allettandoti con qualcosa che desideri da tempo... qualcosa che possa rappresentare una boccata d’aria nuova, un nuovo inizio” pronuncio’ queste parole in tono beffardo per mascherare l’angoscia che il pensiero di quel viaggio gli procurava.
Il pensiero di Molly lontana da lui.
“Probabilmente ha gia’ prenotato l’albergo” concluse con una smorfia.
“Pensava piu’ ad un appartamento, per la verita’” commento’ sua moglie abbassando lo sguardo.
Sherlock serro’ la mascella.
“Questo perche’ ti ha proposto un soggiorno prolungato, non una vacanza vero? Di quanto tempo stiamo parlando, esattamente?” le chiese con tono duro.
Molly scosse la testa con forza.
“Non lo so! Io... io non ho ancora detto di si!”
Nella stanza calo’ di nuovo il silenzio, poi Sherlock parlo’ a voce piu’ bassa.
“Pero’ stai considerando l’idea” disse piano, cercando di non far trasparire quanto l’idea lo stesse agitando.
Molly si morse il labbro e fece vagare lo sguardo intorno a se’.
“Perche’ no?” replico’ infine debolmente “Potrebbe essere una buona occasione per riposare, vedere altro. Forse ho davvero bisogno di un nuovo inizio, questi anni sono stati difficili anche per me!”
Sherlock strinse le labbra e i pugni in un gesto involontario, mentre lei realizzava quanto le sue parole potessero essere interpretate in modo sbagliato.
“Non ti sto accusando” gli disse con calma, tornando a guardarlo “ti ho gia’ detto che aiutarti e’ stata l’unica soluzione possibile per me, non ho mai considerato nessun’altra eventualita’. Lo rifarei  ancora ed ancora... ma tutto quello che e’ successo, tutto quello che abbiamo passato e tutto quello che non riusciamo piu’ a gestire... fa male”
Fece un passo esitante verso di lui, gli occhi lucidi.
“Fa male ad entrambi” concluse sottovoce.
Sherlock rimase a fissarla, incapace di negare quell’ultima frase. Avrebbe voluto argomentare che il loro rapporto non era solo una lunga sequela di litigi e incomprensioni, che c’erano momenti in cui tutto era semplicemente perfetto ma persino lui, con la sua poca esperienza in fatto di sentimenti e relazioni, poteva riconoscere che quello non era il modo giusto in cui le cose avrebbero dovuto svolgersi.
Di nuovo si senti’ colpire dalla profonda sensazione di inadeguatezza che aveva piu’ volte avvertito negli ultimi tempi, e reagi’ con l’unica arma a sua disposizione in quel momento di grande confusione.
“Un nuovo inzio?” chiese con freddezza “Io lo chiamo abbandono del tetto coniugale”
Sul viso di Molly comparve un’espressione ferita e arretro’ di nuovo: per un attimo aveva davvero avuto la sensazione che Sherlock stesse per aprirsi e condividere i suoi dubbi con lei, ma evidentemente si era sbagliata.
“Noi non viviamo neanche sotto lo stesso tetto, Sherlock!” replico’ di nuovo furiosa.
Lui inspiro’ a fondo.
“E’ questo che vuoi? E’ questo il problema? Le stanze a Baker Street sono a tua completa disposizione!” ribatte’, e mentre lo diceva realizzo’ con sgomento che il pensiero di avere Molly con se’ nella propria casa era al contempo elettrizzante e raccappricciante.
La condivisione dei suoi spazi e della sua vita che, lo sapeva bene, sarebbe stata molto diversa da quella che aveva con John.
L’espressione sul suo viso doveva essere stata piu’ che eloquente, o semplicemente Molly lo conosceva meglio di chiunque altro, perche’ capi’ benissimo quali pensieri gli stessero passando per la mente.
“Sei terrorizzato al solo pensiero, vero?’ gli chiese con tono amaro “Sta tranquillo, non e’ quello che voglio... non piu’, per lo meno. Non sono cosi stupida da pensare che il fatto di vivere insieme possa magicamente trasformare il nostro rapporto in un vero matrimonio”
“Il nostro e’ un vero matrimonio, Molly” replico’ Sherlock seccamente “e’ stato celebrato legalmente e ha implicato una gestione congiunta delle mie finanze. Inoltre, inutile ricordartelo, ha registrato un impegno di fedelta’ reciproca ed e’ stato consumato”
Tacque, troppo arrabbiato per continuare.
No. Non le avrebbe permesso di liquidare la loro unione come qualcosa di non vero, di non valido.
Lei scosse piano la testa.
“Non... non capisci proprio, non e’ vero?” gli chiese con un tono misto tra stupore e tristezza.
Sherlock emise un gemito di frustrazione e si passo’ una mano fra i capelli.
“NO CHE NON CAPISCO!” tuono’ infine “NON CAPISCO COSA VUOI!”
“L’unica cosa che vorrei e’ che tu desiderassi sul serio di essere sposato con me” fu la risposta che ottenne.
 
***
 
“Emily, buonasera. Non posso dire che la Sua telefonata giunga inaspettata”
La voce di Mycroft Holmes che arrivava nel telefono tradiva una nota di rassegnazione mista a una punta di irritazione.
“La prego, mi faccia la cortesia di mettere l’apparecchio in viva voce cosi eviteremo di tenere all’oscuro l’Ispettore Lestrade e ridurremo al minimo i tempi di conversazione. Non che non sia lieto di sentirLa, ma come puo’ ben immaginare le faccende di cui mi occupo sono alquanto pressanti e richiedono tutta la mia attenzione”
Emily fece un mezzo sorriso e appoggio’ il cellulare sulla scrivania di Greg, che non era ancora riuscito a cancellare l’aria stupita dal suo volto.
“Fatto” commento’ la donna dopo aver schiacciato il pulsante per il vivavoce.
“Buonasera, Ispettore” il saluto arrivo’ forte e chiaro ed ebbe il potere di scuotere il poliziotto.
“Mycroft” riusci’ a rispondere quest’ultimo, prima di continuare “voi due vi conoscete? Come diavolo...”
Emily alzo’ una mano per interromperlo.
“La prego, non giriamoci troppo intorno con inutili domande. Diciamo che nel corso degli anni ho avuto modo di collaborare con il governo durante i miei innumerevoli viaggi”
Greg spalanco’ gli occhi.
“Lei e’ una spia?”
Nel ricevitore si udi’ un sospiro spazientito.
“Non sia assurdo, Lestrade. Non si tratta di niente di cosi sfacciatamente bondiano.
La Dottoressa Hastings fa parte di un gruppo di civili che accettano di apportare il loro contributo ai sistemi di monitoraggio del governo in paese stranieri e in situazioni di particolare tensione o rilevanza, fornendo di quando in quando informazioni che vengono passate al vaglio dei nostri analisti. Nulla di piu’”
“Anche se posso dire di aver avuto i miei piccoli momenti di avventura” replico’ Emily con un sorriso.
“E da quanto tempo lo fa?” chiese l’Ispettore ancora incredulo.
La donna fece un gesto con la mano.
“Oh... da un sacco. Praticamente da quando ho cominciato a girare il mondo, molto prima che Mycroft Holmes apparisse sulla scena, per la verita’. Fui avvicinata da un rappresentante del governo dopo il mio ritorno dal mio primo viaggio in Africa e”
“Dottoressa Hastings...” la voce di Mycroft suono’ come un avvertimento, volto sia a invitare a tacere alcune informazioni che a velocizzare la conversazione.
Emily tacque e annui’.
“Giusto, non divaghiamo. L’assassinio di Edward”
“E il mio caro fratello” aggiunse il maggiore degli Holmes.
“Di lui non mi curo, Mycroft.  Il fatto che il nostro rapporto di collaborazione sia nato dall’interesse che entrambi abbiamo condiviso nel momento in cui ha cominciato a servirsi di Molly, non implica che io debba occuparmene. Non dimentichiamoci che, dopo tutto, io ero davvero convita che fosse morto e questo non mi ha impedito di continuare a svolgere le mie mansioni per il governo, anche se non avevo piu’ bisogno di avere aggiornamenti sul suo rapporto con mia nipote. Che Lei ultimamente si e’ ben guardato dall’elaborare, se proprio vogliamo essere sinceri”
Lestrade pote’ quasi visualizzare nella sua mente la smorfia di fastidio di Mycroft a quelle parole.
“Sa bene che naturalmente il fatto che mio fratello fosse creduto morto era di vitale importanza per la riuscita del suo piano volto a smantellare la rete di Moriarty e per quanto riguarda il resto, la mia scelta di non raccontarLe del matrimonio e’ da imputare a un dovuto rispetto della privacy”
Emily sbuffo’.
“Oh per favore! Lei lo fa controllare e lo spia continuamente!”
“Giusto” convenne Mycroft “infatti non mi stavo riferendo alla privacy di mio fratello, ma a quella di mia cognata. Al contrario di quanto Sherlock possa  affermare, ci sono persone che mi piacciono”
L’affermazione ebbe il potere di zittire Emily per qualche secondo.
“Comunque” riprese l’uomo “credo che purtroppo per Lei l’attuale situazione richieda un’ulteriore sforzo di volonta’ per includere Sherlock nei suoi piani”
“Che intende dire?”
“Che e’ mio dovere informarvi che mio fratello e sua moglie sono attualmente scomparsi”
 
***
 
La risposta di Molly era in un certo senso tutto cio’ di cui Sherlock aveva bisogno per provare a salvare il loro rapporto: mentre poche ore prima si trovava in quel taxi con John, quest’ultimo gli aveva fatto capire che non doveva temere di esporsi e raccontare cio’ che l’aveva portato a desiderare di trasformare il suo matrimonio in realta’, e di come da un pensiero prettamente egoista (la sensazione di aver perso il suo migliore amico e di non poter riavere la sua vita di prima ) fossero nate invece l’urgenza e la consapevolezza di volere Molly.
Tuttavia, mentre osservava sua moglie aspettare con un residuo di speranza la sua risposta alla richiesta che gli aveva appena fatto, Sherlock Holmes si ritrovo’ improvvisamente a corto di parole.
Incapace di formare una frase coerente.
L’espressione sul volto della ragazza si fece di secondo in secondo sempre piu’ sconfitta e infine si allontano’ definitivamente da lui, voltandogli le spalle per nascondere le lacrime che silenziose avevano cominiciato a rigarle il viso.
Se Molly Hooper Holmes a posteriori avesse dovuto decidere in quale momento fosse davvero finito il suo matrimonio, non avrebbe esitato nell’indicare proprio quello, in cui l’espressione di Sherlock indicava chiaramente l’incapacita’ di provare, almeno provare, a convincerla del contrario.
Perche’, inutile dirlo, fino a quel momento una piccola parte di lei aveva davvero creduto che le cose potessero risolversi.
Incapace di sostenere oltre il silenzio carico di tensione che era sceso nella stanza, Molly strinse forte gli occhi per fermare le lacrime e si schiari’ la gola.
“Hai detto... hai detto che non vogliono farci del male. Cosa credi che faranno, allora? Chiederanno un riscatto alla zia? So che ha fatto dei buoni investimenti in passato e la sua situazione finanziaria e’ ottima, ma se puntano al manoscritto forse pretenderanno che lei risolva l’indovinello e glielo consegni. Sono sicura che lei sia in grado di farlo ma sarebbe davvero un peccato se tutto il lavoro e il sacrificio del suo amico andassero sprecati per colpa di due persone che sono state cosi false... sara’ distrutta quando lo scoprira’” rendendosi conto di parlare a vanvera ma incapace di fermarsi, continuo’ “Di certo non si poteva pensare che Donald e Anna potessero agire uno alle spalle dell’altra, arrivando ad uccidere il Professore e”
Molly  si interruppe di colpo quando la forte stretta di Sherlock la circondo’ in vita, spingendola contro il suo torace: le era arrivato dietro silenziosamente e l’aveva abbracciata senza farla voltare. Poteva sentire il suo respiro agitato fra i capelli e la sensazione che si stesse aggrappando a lei con tutte le sue forze.
“Sherlock...”
“No”
Lei chiuse gli occhi assaporando per un attimo quel contatto, ma poi si fece forza e tento’ dolcemente di liberarsi.
Non aveva senso continuare a torturarsi cosi: quella era solo una debolezza che non poteva tenere in piedi il loro rapporto.
“Ti prego...” lo imploro’.
“No”
“Sherlock!” tento’ di dare al suo tono di voce un’impronta piu’ ferma, ma poi si ritrovo’ a trattenere il fiato dopo averlo sentito mormorare fra i suoi capelli.
“Che cosa hai detto?” gli chiese esitante, convinta di aver capito male.
Lui fece un profondo sospiro e poi parlo’ di nuovo.
“Ogni singolo istante” ripete’, rafforzando la sua stretta.
Molly rimase in silenzio, aspettando una spiegazione sull’uso di quelle parole che lei stessa gli aveva detto solo il giorno prima.
Io ti amo, Sherlock. Sempre. Ogni singolo istante.
“Ogni singolo istante” le fece eco lui ad alta voce “io ti ho voluta ogni singolo istante dal momento in cui ho capito che la mia vita non poteva essere completa, senza di te. E ti voglio ancora, sempre. Non sei stata una ripicca ma una rivelazione, la mia rivelazione... quel giorno vedendo John e Mary ho capito che anche io volevo la mia personale possibilita’,  ma questo mi ha spaventato piu’ di qualsiasi altra cosa. Ho lasciato che la paura mi facesse nascondere perche’ era piu’ comodo cosi, ti ho costretta a continuare a mentire e non mi sono accorto di quanto questo ci stesse allontanando”
“Sono stata io a proporre...”
“Solo perche’ sapevi che era quello che io volevo. Tu eri pronta ma io no... mi hai lasciato tempo e io non ne ho approfittato per cercare di capire, ho preferito lasciare le cose come stavano. Hai ragione, i cambiamenti non mi piacciono ma tu... tu sei il cambiamento per il quale vale la pena provare. Ho sempre evitato i sentimenti e tutte le loro implicazioni, pensando che mi avrebbero reso debole ma la verita’ e’ che e’ l’idea di perderti a rendermi debole. Molly per favore, non lasciarmi. Io desidero sul serio essere sposato con te”
L’abbraccio si allento’ per permettere a Sherlock di farla voltare e guardarla negli occhi, alla ricerca della conferma che le sue parole erano state accolte positivamente, ma il viso di Molly era rivolto a terra.
Sherlock Holmes non aveva mai implorato tanto in vita sua, ma si ritrovo’ a pensare che avrebbe ricominciato ancora ed ancora, se fosse stato necessario.
E anche qualcosa di piu’.
“Molly, io...” fece un respiro profondo “Io...”
In quel momento lei alzo’ lo sguardo e gli regalo’ un sorriso meraviglioso.
“Non c’e’ bisogno che tu lo dica”
Sherlock alzo’ un sopracciglio per esprimere la sua perplessita’.
“No?” chiese dubbioso.
“No” confermo’ lei scuotendo lentamente il capo e allacciandogli le braccia al collo.
“Mi basta che tu ne sia sicuro. Hai detto delle cose meravigliose” termino’, alzandosi sulle punte per baciarlo.
L’intero corpo di Sherlock si rilasso’ in un istante e lui la strinse in un abbraccio piu’ forte. Porto’ una mano all’altezza del suo viso e le passo’ una mano fra i capelli.
Si stacco’ da lei con un gemito.
“Molly Hooper Holmes, sei un genio” esclamo’ sorridendo.
Fu il turno di sua moglie per assumere un’aria perplessa.
“Un genio? Solo perche’ ho affermato che hai detto delle cose meravigliose?” la sua espressione confusa era adorabile e lui le diede un altro bacio veloce.
“No. Perche’ hai i tuoi capelli sciolti” affermo’ Sherlock con uno scintillio negli occhi.
Molly si porto’ istintivamente una mano alla testa.
“Oh. Si... alla fine del mio turno avevo un po’ di emicrania cosi li ho sciolti, mi davano meno fastidio. Ma perche’ la cosa mi renderebbe un genio?”
“Per questa” rispose lui, estraendo con grazia una forcina che esibi’ come un trofeo.
“Una forcina? Ma cosa...” lo sguardo della ragazza corse alla porta e poi torno’ a concentrarsi sul consulente investigativo, che stava letteralmente gongolando.
“Oh no... queste cose succedono solo nei film. Tu non sei davvero in grado di forzare la serratura con quella, vero?” esclamo’ incredula, indicando l’oggetto fra le mani di Sherlock.
Lui assunse un’aria offesa.
“Certo che si, invece!” replico’ raddrizzando la schiena.
Suo malgrado, Molly sorrise.
“Ma certo che si” disse infine, scuotendo leggermente la testa “non dovrei davvero stupirmi piu’ di nulla con te”
Sherlock sorrise e le avvicino’ la bocca all’orecchio.
“Puoi sempre mettermi alla prova, signora Holmes” le sussurro’ con voce roca “sono sicuro che se mi impegno posso riuscire a sorprenderti in molti modi”
Lei arrossi’ violentemente e fece un passo indietro.
“Sherlock Holmes! Solo tu puoi riuscire a... a dire queste cose in un momento come questo! Ora per favore vai  a scassinare quella porta!”
Per tutta risposta, lui le fece l’occhiolino e si diresse verso l’entrata.
 
***
 
“Non sono ancora sicuro di aver capito bene”
John sposto’ perplesso il suo sguardo da Emily Hastings a Greg Lestrade.
Era stato convocato con un messaggio alquanto strano all’albergo della Dottoressa e ora si trovava all’entrata con quei due e un paio di agenti.
“Credimi, non vuoi davvero sapere tutta la storia” rispose l’Ispettore con un sospiro.
Emily sbuffo’.
“Oh, quante storie! La mia collaborazione con il Signor Holmes...”
“Il maggiore dei due” specifico’ Lestrade a beneficio di John, il quale strabuzzo’ gli occhi.
“... non e’ assolutamente oggetto di discussione in questo momento! Quello che conta e’ che quell’idiota dell’altro Signor Holmes...”
“Sherlock...” specifico’ di nuovo Lestrade con un altro sospiro.
“... ha probabilmente messo in pericolo la vita di mia nipote, visto che i segnali dei loro telefoni sono andati persi entrambi qui all’albergo, dove dimora un’assassina!”
“Presunta” si senti’ in dovere di aggiungere l’Ispettore, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Un momento, un momento!” intervenne John “state dicendo che Sherlock e Molly probabilmente si trovano qui insieme? Con un’assassina?”
“Anna Stoller. Il povero Donald ne sara’ distrutto” dichiaro’ Emily convinta.
 “La sua amica?? Io e Mary pensavamo che quei due fossero da qualche parte a fare pace e a chiarirsi!”
“Evidentemente no, anche se con Sherlock non si puo’ mai sapere” esclamo’ Greg avviandosi verso l’ingresso dell’hotel “forse ha pensato bene di unire l’utile al dilettevole. Anche se ho paura a chiedermi quale sia per lui la parte divertente”
Emily sbuffo’ di nuovo a quell’affermazione e poi si mosse per seguirlo.
John rimase un attimo fermo sul gradino e poi si riscosse.
“Ma Mycroft che c’entra?” domando’ perplesso a bassa voce mentre varcava anche lui la soglia dell’albergo.
 
***
 
“Due minuti e trentasette secondi. Sul serio, Molly... credo di aver appena battuto il mio record personale”
Sua moglie alzo’ gli occhi al cielo per quell’inutile sfoggio di immodestia e Sherlock apri’ la porta con un sorriso soddisfatto dopo averla forzata, facendole segno di fermarsi e tacere; con un movimento veloce controllo’ che il corridoio fosse libero e poi la prese per mano, cominciando a guidarla verso le scale. Con la mano libera controllo’ il telefono, ma il segnale era ancora assente.
“Dove credete di andare voi due?”
La voce di Anna li blocco’ di colpo.
La donna era sola e in mano teneva ancora la pistola.
“L’avevo detto a quell’idiota che bisognava legarvi...” commento’ infastidita “ma ormai e’ cosa fatta, risparmieremo tempo. Ci muoviamo!”
Agito’ l’arma per farli avanzare ma Sherlock non si mosse.
“Dove ci portate?”
“Non tutti e due. Solo lei” dichiaro’ Anna indicando Molly “abbiamo convenuto che, dopotutto, Lei Signor Holmes e’ un peso troppo fastidioso da portare in giro e la vostra fuga l’ha appena dimostrato. In fondo Emily non ha nessun interesse nei suoi confronti, al contrario la sua cara nipotina le e’ molto preziosa”
“No” affermo’ il consulente investigativo “dove va lei vado anche io”
Sul viso della donna passo’ una smorfia di rabbia.
“Non faccia il difficile, Signor Holmes, o mi vedro’ costretta a rivedere il piano che prevede di metterla fuori gioco solo il tempo necessario per chiedere a Emily il manoscritto. O vuole fare della nostra cara Molly una giovane vedova?”
“Per favore, no!”
Sherlock si volto’ a guardare sua moglie, la quale gli lascio’ la mano e si mosse esitante verso Anna, le braccia alzate in segno di resa “Non... non gli faccia del male. Faro’ tutto quello che vuole...”
“Mani in alto!”
La voce di Lestrade risuono’ forte nel corridoio mentre lui e due agenti si presentavano con le armi in pugno, ma Anna Stoller fu piu’ veloce e afferro’ Molly per un braccio, puntandole la pistola alla testa.
“Che nessuno si muova o le sparo!” affermo’ l’assassina con voce isterica.
“Col cavolo che lo farai!” sulla spalla di Anna crollo’ un grosso vaso e nella confusione generale che ne segui’ la donna cadde, gli agenti si affrettarono a immobilizzarla, Molly si rifugio’ veloce fra le braccia di Sherlock e su tutto svetto’ il tono furioso di un certo Ispettore.
“Le avevo detto di aspettare e  non interferire!”
Emily incrocio’ le braccia al petto.
“Sciocchezze. Il mio intervento e’ stato provvidenziale e ammettera’ che sono stata io a suggerire di scendere qui sotto, visto che era l’unico posto dove i cellulari non potessero avere segnale!”
La donna si volto’ verso la sua vecchia amica che ora era in piedi e ammanettata.
 “Sai cara Anna... mi sono ricordata che in una delle sue lettere il povero Edward accennava al fatto che avevi cominciato a fargli bere le tue tisane. Ricordo che all’universita’ eri la migliore al corso di chimica, per te sarebbe stato uno scherzo avvelenarle... so quanto ti bruciasse che Edward non si interessasse a te se non come ad un amica! L’unica cosa che non mi torna e’ la sigaretta... oltre al vizio dell’omicidio hai preso anche quello del fumo, veramente sconcertante”
“Beh, quello per la verita’ e’ mio cara Emily!” una figura emerse nel corridoio con la pistola puntata sulla Dottoressa.
“Donald!”
“Esatto. Ora siate tutti gentili, abbassate le armi e nessuno si fara’ male. Emily verra’ con me e cercheremo di trovare il manoscritto di Edward quanto prima”
Anna lo guardo’ con occhi spalancati.
“Non intenderai lasciarmi qui!”
Custer sorrise.
“Certo che si, tesoro. Non mi servi proprio, ora ho Emily. Quello che mi serve al piu’ presto sono i soldi che posso ricavare vendendo quello stupido libro, ovunque esso sia attualmente. Sono sicuro che insieme potremo lavorare sull’indovinello e scoprire la sua ubicazione. Mi spiace, Anna... consideralo una specie di divorzio. E’ stato un piacere Signor Holmes, Lei non ha affatto smentito la sua fama di uomo molto intelligente, anche se rompiscatole”
“Allora perche’ non prende me?”
La domanda di Sherlock lascio’ Donald interdetto. Per la verita’ anche Lestrade guardo’ stupefatto il consulente investigativo, che stava sorridendo con la sua aria da saputello.
“Le assicuro che io posso risolvere l’indovinello, in verita’ penso di averlo gia’ fatto. Dubito che la Dottoressa Hastings possa dire altrettanto”
“Aveva detto che non poteva farlo...” mormoro’ l’uomo con la pistola.
Sherlock annui’.
“Vero. Diciamo che ho avuto il tempo di elaborare alcune informazioni... vuole davvero correre il rischio di portarsi dietro una persona inutile?”
“Mi dia la soluzione”
“Prima allontaniamoci di qua. Lei e la sua pistola. Lasci libera la Dottoressa”
Un lampo di indecisione passo’ sul viso di Donald.
“Oh per favore! Non ascoltarlo, e’ chiaro che sta facendo il gradasso come al solito. Prendi me, se c’e’ qualcuno che e’ in grado di risolvere l’indovinello sono io!” la voce indignata di Emily stupi’ ulteriormente tutti.
Stava davvero questionando in un momento simile???
Sherlock le lancio’ uno sguardo di derisione.
“Lei crede? Io invece penso che non abbia la minima idea di dove cominciare...”
“Oh... stia zitto! Ci sono alcune cose che neanche Lei puo’ risolvere sa?” gli disse la donna.
“Sono davvero poche, glielo assicuro. A proposito... ora, zia Emily”
Mentre Donald Custer si stava ancora chiedendo come dalla sua minaccia con la pistola si fosse passati a quel battibecco, l’ultima frase di Sherlock mando’ in azione la sua prigioniera, che gli assesto’ una gomitata e si libero’. Prima che gli fosse permesso di formulare un pensiero coerente una mano gli blocco’ il braccio armato e glielo torse dietro la schiena, poi fu bloccato a terra.
La voce soddisfatta di John Watson gli arrivo’ all’orecchio.
“Credo che adesso sia davvero finita” il Dottore si rivolse poi a Sherlock ed Emily “Ottimo diversivo, voi due. Complimenti”
“Non sono cosi sicuro che stessero solo facendo finta di litigare...” borbotto’ Lestrade, facendo segno ai suoi uomini di prendere in custodia anche Custer.
Molly si avvicino’ a sua zia e la abbraccio’.
“Stai bene?”
La donna annui’ soddisfatta.
“Si, cara” getto’ un’occhiata disgustata ai suoi ex amici ma decise di non rivolgere loro la parola, poi torno’ a guardare sua nipote.
Il sorriso le mori’ sulle labbra nel vedere la mano di quest’ultima intrecciata in quella di Sherlock.
“Oh no. Non mi dite che in tutto questo caos avete trovato il tempo di rimettervi insieme!”
Molly chino’ la testa, ma poi la rialzo’ con uno sguardo deciso sul volto.
“E’ mio marito, zia. Lo amo e vogliamo stare insieme. Sul serio”
Emily e Sherlock rimasero a fissarsi con sfida per qualche secondo, poi Molly intervenne di nuovo.
“Sono sicura che se ci lavoriamo troverete dei punti in comune e forse potrete anche riuscire a stare nella stessa stanza senza sbranarvi... lo farete per amor mio?” dichiaro’ con una punta di ansia.
“Beh, erano entrambi pronti a sacrificarsi l’uno per l’altra per consegnarsi a Custer” disse John con un sorriso divertito.
“Non essere ridicolo!” sbotto’ Sherlock “stavamo chiaramente creando una situazione di disturbo che ti permettesse di intervenire!”
Il  Dottor Watson alzo’ le spalle incurante della precisazione per poi rincarare la dose.
“Eravate entrambi nel giusto riguardo al caso. Si e’ trattato sia di un omicidio passionale che di una questione di  soldi. Credo potreste collaborare alla grande”
“Assolutamente no” dichiaro’ Sherlock.
“E’ un’idea veramente assurda” aggiunse Emily.
Molly sorrise felice.
Quei due avevano appena trovato un punto in comune.
 
***
 
Parigi, due settimane dopo
 
“Bonjourn, je...” Molly strinse con forza gli occhi tentando di richiamare alla mente la frase che si era appena preparata, ma il tentativo falli’ miseramente.
“Cavolo” esclamo’ a voce bassa, frustrata dalla sua inesistente conoscenza del francese.
“Inglese?” le chiese con un sorriso il commesso dietro al banco.
Lei emise un sospiro di sollievo.
“Oh... si. Mi scusi, mi ero davvero preparata una frase ma l’ho dimenticata. Per fortuna parla la mia lingua!”
“Beh, Le assicuro che il suo bel sorriso supplisce alle sue carenze linguistiche. Perche’ prima non mi dice cosa vuole e poi io Le insegno a dirlo in francese?” il commesso ammicco’, ma prima che Molly avesse la possibilita’ di rispondergli una profonda voce dietro di lei si intromise.
Ma Femme...” comincio’ la suddetta voce, calcando bene sulla parola moglie e partendo poi in una lunga sequenza di parole che Molly non capi’ assolutamente, ma che ebbero il potere di zittire il commesso e di fargli cacciare qualcosa in un sacchetto che poi le tese senza piu’ guardarla negli occhi.
Lei sospiro’ e osservo’ Sherlock pagare, poi fu presa per mano e trascinata fuori dal negozio.
“Cosa hai detto a quel pover’uomo?” gli chiese.
“Gli ho solo ordinato i dolci che volevi” dichiaro’ Sherlock con fare innocente.
Lei si limito’ a squadrarlo e lui sbuffo’ vistosamente.
“Potrei anche incidentalmente avergli detto che piuttosto di preoccuparsi delle mogli degli altri dovrebbe tenere d’occhio il suo garzone, che ruba dalla cassa e sparisce regolarmente dal negozio nell’orario in cui sua figlia rientra a casa da scuola ed e’ sola. E’ altamente probabile che gli incontri clandestini di due adolescenti si risolvano in una gravidanza”
“Sherlock!”
“Che c’e’?? Ci stava provando con te, era assolutamente inopportuno” replico’ l’uomo agitando una mano. Il suo anello all’anulare sinistro brillo’ nel sole parigino.
Molly non riusci’ a restare seria piu’ a lungo e sorrise.
“Te l’ho gia’ detto, vero, quanto sono felice di essere qui con te?”
Lui la abbraccio’.
“Si. Ma va bene anche se ti ripeti. E lo stesso vale per me” si chino’ per baciarla.
“Oh, ecco dove eravate ragazzi! Bene, siamo in tempo per visitare la basilica del Sacro Cuore, Molly. Su sbrighiamoci, avete preso i dolci vero?”
Sherlock si fermo’ a pochi millimetri dalle labbra di sua moglie ed emise un gemito, lei si limito’ a ridacchiare.
“Ciao zia Emily. Si, i dolci sono qui” rispose liberandosi dall’abbraccio di suo marito e voltandosi verso la donna che li aveva raggiunti.
La donna annui’ soddisfatta e afferro’ il sacchetto.
“Su andiamo, allora!”
“Lo fa apposta, vero?” mormoro’ Sherlock all’orecchio di Molly.
La ragazza ridacchio’ di nuovo.
“Cosa?”
“Interromperci!”
“Sherlock... e’ naturale che voglia mostrarmi quanto piu’ possibile della citta’. Tu e lei la conoscete bene ma per me e’ la prima volta... e’ tutto cosi straordinario che non mi fermerei mai e lei vuole solo passare quanto piu’ tempo possibile insieme prima di ripartire!”
“Ti ha avuta tutta per se’ per un’intera settimana prima che io vi raggiungessi!” si lamento’ lui, guadagnandosi una pacca sul braccio.
“Non mettere il broncio! E poi lo sai che possiamo sempre recuperare stasera in albergo...”
“Quanto recuperare?” chiese lui con un sorrisetto.
“Sherlock Holmes!” Molly scoppio’ definitivamente a ridere.
Emily si fermo’ e si volto’ a guardarli, meravigliandosi ancora una volta di quanto sua nipote fosse felice. Anche se non poteva dire di amare alla follia il consulente investigativo, doveva per forza prendere atto di quanto si stesse impegnando in quel matrimonio. Quella stessa vacanza che stavano facendo ne era un prova piu’ che lampante anche se, naturalmente, questo non escludeva che l’avrebbe sempre tenuto d’occhio nel caso fosse venuto meno al suo compito di essere un marito adeguato.
Gli era stata grata quando non aveva sollevato obiezioni al fatto che lei e Molly andassero a Parigi da sole per qualche giorno, lasciando loro spazio per recuperare un po’ il loro rapporto,  godere della compagnia reciproca, e approfittare per parlare ed esplorare la citta’; le aveva raggiunte solo tre giorni prima ed era inutile dire che da quel momento sua nipote era al settimo cielo.
Questo non toglieva il fatto che lui avesse bisogno di essere rimesso in riga, qualche volta.
“E’ un peccato che si sia perso la visita a Notre Dame, Signor Holmes... quella cattedrale nasconde mille segreti e particolarita’. Ogni volta si rischia di conoscere qualcosa di nuovo. Sa... fare scoperte interessanti” dichiaro’ con un sorriso.
Sherlock distolse lo sguardo da Molly e lo poso’ su di lei.
“Si possono fare scoperte interessanti in molti modi” le rispose infine, sorridendo a sua volta.
Molly li guardo’ perplessa.
“Che succede?” chiese quasi preoccupata. Quei due stavano mantenendo una sorta di tregua armata, ma ogni momento poteva essere buono per riprendere a punzecchiarsi.
Emily scosse la testa.
“Niente cara. Credo solo che mentre noi dissertavamo di architettura e religione, tuo marito abbia appreso molto dalle sua visita alla libreria Shakespeare and Company. Ci sono stata diverse volte, la sala di lettura al piano superiore e’ particolarmente affascinante e suggestiva, non crede?”
Sherlock sorrise di nuovo, poi annui’.
“Una vasta rappresentanza delle opere del Bardo a disposizione... molto utili” dichiaro’.
L’espressione di Molly si fece stupita.
“Hai risolto l’indovinello!” esclamo’.
“Naturalmente”
Emily alzo’ gli occhi al cielo.
“Su avanti... non mi tenga in sospeso. Dove e’ quel libro?”
“Sepolto sotto i fiori delle vostre amate, ovviamente. Dalla mia visita alla casa del Professor St. James ho dedotto che la sua opera preferita di Shakespeare fosse Romeo e Giulietta, era il libro piu’ presente in diverse edizioni, tutte molto usate e consultate... la sua qual e’, Dottoressa?”
“Amleto” rispose la donna senza esitare.
“L’avevo immaginato. Ho fatto dei controlli incrociati, con l’aiuto del gentile agente Morris di Eton, delle fotografie del giardino del cottage che mi ha inviato sul cellulare e dei testi alla libreria...
Romeo e Giulietta, atto secondo scena seconda: “quella che noi chiamiamo rosa non perderebbe il suo profumo se avesse un altro nome”
Amleto, atto quarto scena terza: “... ella passava con fantastiche ghirlande di ranuncoli, ortiche, margherite...”
Emily sbarro’ gli occhi.
“Edward aveva piantato i fiori delle opere di Shakespeare nel suo giardino e il libro e’ sepolto sotto...”
“Il cespuglio di rose e quello di margherite. I fiori delle vostre opere preferite. Un nascondiglio pressoche’ perfetto” termino’ Sherlock.
“Vecchio sciocco sentimentale...” La donna si volto’ per nascondere l’emozione che l’aveva colta e Molly le si avvicino’ per posarle una mano sulla spalla.
“Sono sicura che qualsiasi museo a cui deciderai di donare il manoscritto sara’ orgoglioso di rendergli merito... ti voleva davvero bene e aveva tanta fiducia in te, sapeva di fare la cosa giusta affidandoti Il Folio
Emily annui’ e infine sorrise.
“Era un brav’uomo. Uno dei migliori che io abbia mai conosciuto”
Fece un respiro profondo.
“Bene. Rientrero’ un po’ prima in Inghilterra per occuparmi di tutto, visto che poi dovro’ ripartire...”
“Non mi hai ancora detto dove andrai, zia”
“Sud America, ovviamente” disse Sherlock riprendendo Molly per mano.
Emily alzo’ un sopracciglio.
“Un’altra delle sue deduzioni?”
“Semplice constatazione degli interessi attuali di Mycroft” rispose il consulente investigativo.
“Sa... io non faccio tutto quello che mi chiede Suo fratello!”
Sherlock sorrise.
“Neanche io. Un altro punto in comune”

FINE
 
NOTE:
La libreria “Shakespeare and Company” si trova a Parigi, ha una storia interessante ed e’ un posto bellissimo: al piano superiore ci sono poltrone e divani e centinaia di libri che ci si puo’ fermare a leggere.
L’idea del giardino e del nascondiglio del manoscritto viene da un posto reale, lo Shakespeare’s Garden al Golden Gate Park di San Francisco, dove ci sono le piante e i fiori citati nelle opere del Bardo e alcune targhe riportano i versi in cui sono nominati. E’ un piccolo angolo delizioso di un parco immenso che ho davvero ammirato e assaporato, anche se il mio pollice verde e’ piuttosto nero...
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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