How can I move on when I'm still in love with you?

di heytherereds
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** So wake me up when it's all over. ***
Capitolo 2: *** Everything can change ***



Capitolo 1
*** So wake me up when it's all over. ***


So wake me up when it's all over..





"No, mamma ti prego! Non voglio andare a Long Beach"
"Alexia, ne abbiamo già discusso. Tua zia ci ha invitati e ormai abbiamo già confermato tutto. Un po’ di sole non potrà che far bene alla tua pelle pallida e cadaverica!"
Mi rispose senza neanche guardarmi in faccia mentre lavava i piatti.
Questo è quello che odiavo di mia madre: non puoi mai averla vinta contro di lei.
"Sono stanca di passare tutte le estati in quel buco dove abita Dianne, mà! Facciamo sempre le stesse cose.." Ero esasperata. Erano ormai sette anni che passavo l’estate a casa di mia cugina. Sveglia presto al mattino, bagno a mare dalle 10 all'una circa, pranzo, pulizia dell'intera casa, niente riposo, dalle 3 alle 7 in spiaggia a giocare a carte con Barbara e Jade ed infine, ciliegina sulla torta, serata troviamounbelpostoanticodavisitare con i genitori. E questa routine valeva per tutti i quindici giorni che passavo in quella casa.
Passai le successive due ore a cercare di convincere mia madre a restare a Phoenix, ma niente da fare. Quanta testardaggine in una sola donna!
Erano tre settimane che uscivo con un ragazzo della mia scuola, Rick, e non volevo essere lontana per così tanto da lui.
E parlando del diavolo, controllai il cellulare e trovai:

2 chiamate senza risposta / 1 messaggio

Rick: Dove sei??
Io: Sul campo di battaglia. Credo che non rivolgerò la parola a mia madre fino a settembre.
Rick: Non dire così che magari ti ci diverti pure lì al mare. So che non ci sarò io, quindi non potrai mai divertirti quanto lo fai con me, ma magari giusto un po’ potresti riuscirci. Ti passo a prendere alle 8, puntuale eh!
Io: Sei troppo sicuro di te.. alle 8.35 sono giù 

Sorrisi rileggendo quei messaggi e pensai a quanto mi sarebbe mancato una volta partita.
Alle 7.30 decisi di fare una doccia prima di vestirmi. Relax totale con acqua fredda mentre di fuori c'erano almeno 30 gradi. Mi asciugai in fretta i capelli e andai subito a cercare nel disordine del mio armadio qualcosa da indossare. Optai per una t-shirt azzurra, uno short di jeans e le vans nere, immancabili.
Per le 8.15 ero già pronta con in tasca il cellulare, le sigarette, il mio accendino blu e le chiavi di casa.
"Ciao mà!" Urlai dall'ingresso, sperando avesse sentito che sarei uscita, oppure avrebbe cominciato a chiamarmi fino allo sfinimento credendo fossi scappata di casa.
Rick era appoggiato alla sua Range Rover nera come suo solito. Era convinto che quella posa lo rendesse sexy. E aveva ragione, anche se non ne aveva bisogno dato che era bellissimo già di suo con quegli occhi azzurro cielo.
Sorrisi e scacciai via tutti quei pensieri e raggiunsi Rick dall'altra parte della strada, salutandolo con un bacio. Saliti in macchina, accesi subito lo stereo: amavo stordirlo mentre guidava.
Lasciai la prima stazione che trasmetteva Wake Me Up di Avicii.
“So wake me up when it’s all over, lalalalalala” Canticchiai anche se non conoscevo le parole. E per la prima volta Rick mi seguì. Lo guardai stranita per qualche secondo, poi si giro ridendo dalla mia parte e disse: “Hey, mi piace questa canzone”. E contagiò anche me con la sua risata.
Arrivati alla piazza dove ci aspettavano tutti (Dean, Claire, Mark e Serena), cominciai a scendere mentre Rick cercava un posto dove parcheggiare in quel luogo affollato.
Salutai i ragazzi e dopo esserci seduti su un muretto, presi una Philip Morris dalla tasca dei miei pantaloncini. Un tiro, due tiri, e così via. Mi sentivo così bene quando fumavo, anche se è una contraddizione. Quando spensi la sigaretta, finalmente tornò Rick.
“Restiamo qui o entriamo a prendere qualcosa al Tropicana?”
“Tutti dentro, amico!” Urlò Mark. E così facemmo.
Il Tropicana era uno dei locali più alla moda e frequentati della città.
Appena entrati, una musica assordante mi perforò le orecchie, ma per fortuna uscimmo velocemente nel giardino sul retro. Uno dei posti più rilassanti che io abbia mai visto.
Gli altri presero posto su un divano bianco, mentre io e Rick, rimasti in piedi, ci sedemmo su un due posti di fronte al loro.
“Posso portarvi qualcosa?” Disse gentilmente una cameriera del locale.
Tutti si guardarono per qualche minuto, pensando a cosa prendere.
“Per me un Brandy Cuban” Il primo a decidere fu Dean.
“Due, per favore” Questa volta parlò Claire.
“Io e Serena dividiamo un Caipirinha” Disse Mark.
“Qui invece due Gin Lemon, la mia ragazza non può tornare a casa ubriaca stasera, e qualcuno deve pur accompagnarla” Disse Rick dandomi poi un tenero bacio sulla guancia. La cameriera subito entrò dentro e dopo neanche 10 minuti, tornò da noi con le nostre ordinazioni.
Ognuno prese il proprio bicchiere e, prima di bere, facemmo un brindisi per la mia partenza del giorno successivo. Mentre bevevo il mio drink, pensai a cosa avrei potuto fare a Long Beach. Magari, visto che avevo la giusta età per girare da sola, avrei potuto benissimo prendere l’auto di mio padre e visitare Los Angeles, altro che serate da chepallequestipostiantichi.

 

La serata sembrò essere volata, tra risate e vomiti di Serena che, dopo un Caipirinha diviso e due Tequila Boom Boom, non resistette.
Verso mezzanotte, salutai tutti con un forte abbraccio e tornai a casa in macchina con Rick.
“Ti sei divertita stasera?” Mi chiese mentre era concentrato sulla strada.
“Come sempre, del resto. Dove lo trovi un gruppo come il nostro?” Sorrisi mentre mi tornavano a mente alcune delle cazzate che erano state dette quella sera.
“Alex, mi prometti una cosa?” Mi chiese quando fermò la macchina nel vialetto di casa mia.
Annuii.
“Mi prometti che farai la brava in vacanza e che mi manderai un messaggio oppure mi chiamerai ogni volta che non sarai a divertirti?” Mi disse tutto d’un fiato mentre mi guardava fisso negli occhi.
“Se fosse per me, starei 24 ore su 24 a parlare con te, ma c’è mamma che rompe come al solito. Quindi dovrai accontentarti di solo 10 chiamate al giorno. Ma non posso prometterti di fare la brava, mi divertirò un sacco alle feste in discoteca, nei bar, sulla spiaggia, ai falò..” Cercavo di restare seria mentre dicevo le cazzate più grandi di sempre, ma subito scoppiai a ridere. E Rick fece lo stesso: sapeva cosa mi aspettava in vacanza.
“Ti fidi di me?” Gli dissi una volta smesso di ridere.
Ci pensò su per qualche secondo, ma subito gli diedi uno schiaffo al braccio.
“Hey, giù le zampe, animale! E sì, mi fido di te”
“E’ tardi, è meglio che rientri. Non divertirti troppo senza di me, e la mia promessa vale anche per te”
Mi avvicinai e gli diedi un ultimo bacio, forse quello più intenso e tenero della serata.
“Buon viaggio, piccola” Sussurrò dal finestrino per non far svegliare tutto il vicinato.
Gli sorrisi ed entrai in casa, facendo il più piano possibile.
La sala da pranzo era intasata di valigie e, tra le tante, intravidi anche la mia blu.
Brava madre, almeno qualcosa di buono quel giorno l’aveva fatto.
Salii in camera mia, mi lavai i denti e subito andai a stendermi nel letto.
Passai almeno un’ora a fissare il soffitto e ad immaginare una vacanza diversa, dove avrei potuto finalmente divertirmi, magari insieme a Rick; poi finalmente caddi in un sonno profondo.
Il mattino seguente venne a svegliarmi mia madre, eccitata per la partenza.
Quanto avrei voluto avere la stessa sensazione. Mi vestii in fretta scegliendo tra le poche cose che mia madre aveva lasciato nell’armadio, cioè una t-shirt gialla, uno short nero e un paio di converse alte nere.
Nascosi le sigarette e l’accendino in uno zainetto nella quale finsi di aver messo alcuni vestiti di cui avevo bisogno. La macchina di mio padre era una macchina enorme, che era riuscito a comprarsi dopo oltre 20 anni di risparmi. Mio fratello, Robert, appena partiti subito si riaddormentò sulle mie gambe. Aveva solo 5 anni e, almeno quando dormiva e non distruggeva le mie cose, gli volevo bene.
Durante il viaggio, mia madre e mio padre cominciarono a ricordare le loro “esperienze adolescenziali” credendo fossi interessata, ma non fecero altro che darmi una ragione per addormentarmi.


“So wake me up when it’s all over..”

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Capitolo 2
*** Everything can change ***


Everything can change.




“Alex!” Mi sentii chiamare dalla porta d’ingresso della casa di fronte al quale avevamo appena parcheggiato. Quasi non la riconobbi tanto che era cambiata in un anno, anche se era rimasta la bellissima ragazza di sempre. Era Dianne, ormai diciottenne, dimagrita almeno 5 chili e con i capelli cortissimi, rasati ai lati.
Corse ad abbracciarmi e subito ricambiai. Nonostante la mia mancanza di entusiasmo per quella vacanza, non potevo negare che mia cugina mi era mancata parecchio.
“Sei.. diversa. Che hai fatto ai capelli, oh mio dio!” Rise e feci lo stesso insieme a lei.
“Quei capelli mi avevano stancata. E credimi, quest’anno sono cambiate moltissime cose” Stentavo a crederci, ma non vedevo l’ora di scoprire cosa intendesse dire. Zio Frank uscì fuori ad aiutarci a portare i bagagli in casa, dopo aver salutato tutti.
In cucina, con indosso un estivo vestito a fiori rosa, c’era zia Jo, già alle prese con i fornelli: l’odore di sugo si sentiva fin dal viale fuori casa. Dopo averla salutata, corsi con Dianne nella sua camera a sistemare le cose e cambiarmi velocemente per scendere in spiaggia, che era a massimo cinque minuti a piedi da lì.
Il tempo di cercare un costume e indossarlo, che eravamo già in strada.
“Allora, cos’è questo cambiamento di cui parlavi prima?” Chiesi a Dianne, intenta a maneggiare il suo iPhone nuovo di zecca.
“Non ci crederai, ma quest’anno è arrivata tantissima nuova gente. E con nuova gente, sai cosa intendo” Rise mettendo a posto il cellulare nella borsa da mare.
“Non ci credo. Ci sono anche dei ragazzi qui?” Capii al volo cosa intendesse dire e rimasi stupita.
“Presto vedrai. Oh, eccoli” Dianne cominciò ad agitare la mano, chiamando Jade e Barbara ad alta voce.
“Aleeeeeeeeeeeeeeex” Mi corsero incontro abbracciandomi contemporaneamente. Anche loro mi erano mancate, dopotutto.
Nemmeno il tempo di chiedere loro come stavano, che Dianne subito mi prese per un braccio e mi portò verso un gruppo di ragazzi che erano seduti di spalle al bar della spiaggia.
“Ragazzi, lei è mia cugina Alexia” Subito mi corressi dicendo che potevano benissimo chiamarmi Alex e strinsi la mano ad ognuno di loro. Prima Anthony, poi Ryan, poi Matthew ed infine, Justin.
Da non crederci! Non avevo mai visto prima in quel posto così tanti ragazzi, e anche così belli. Tantomeno essere amici di Dianne, che pensavo da grande avrebbe sposato suo cugino Mike, l’unico ragazzo con cui passava più tempo di tutti.
“Che ti avevo detto?” Dianne mi fece l’occhiolino, forse accorgendosi che stavo fissando Ryan da quando ero arrivata. Aveva i capelli biondo cenere e gli occhi verde chiaro, tendenti all’azzurro.
Forse anche lui se ne accorse, così subito mi girai a parlare con Dianne.
Osservai le ragazze. Jade era la più timida del gruppo. Appunto, lo era. Aveva tolto l’apparecchio ai denti e aveva schiarito di poco i capelli. Lo stesso valeva per Barbara. Che dire, l’aria della California rende tutti più belli.
Mi sedetti al tavolo insieme agli altri, erano almeno venti minuti che ero lì in piedi e cominciavo a stancarmi. Guardai Justin fumare e subito ricordai di aver voglia di una Philip Morris.
Cominciai a frugare tra le cose nella borsa, ma mi accorsi di averle dimenticate a casa.
“Cazzo, le sigarette!” Mi misi le mani tra i capelli, ansiosa del fatto che mamma avrebbe potuto trovarle nello zainetto. Aveva questa mania di mettere sempre le mie cose apposto.
“Se vuoi, posso offrirtene una io” Era Justin che mi stava avvicinando il suo pacchetto di Marlboro Gold.
Mi accorsi che gliene restava soltanto una, così gli risposi di lasciar stare. Ma insistette, e non me lo feci dire un’altra volta prima di prenderla e di accenderla con il suo accendino arancione. Lo ringraziai e gli rivolsi un enorme sorriso. Finalmente anche le ragazze si sedettero con noi e vidi Dianne cacciare un pacchetto di Lucky Strike.
“Non.ci.posso.credere” Le rivolsi uno sguardo stupito. Erano davvero cambiate moltissime cose, chissà cos’altro avevo ancora da scoprire.
Dopo aver acceso una sigaretta, mi sorrise come per dire “Sopresa!”.
Scossi il capo ridendo e continuai a fumare la mia.
“Di dove sei, Alex?” Mi chiese subito dopo Matthew. Anche lui era un bel ragazzo, pur essendo un po’ più in carne rispetto agli altri.
“Phoenix, voi?” Risposi spegnendo la sigaretta nel posacenere di fronte a me.
“Siamo tutti dell’Ontario” Parlò per la prima volta Ryan da quando mi aveva detto il suo nome. Gli sorrisi e cominciai a fargli domande sul perché fossero lì in vacanza. Anthony cominciò a raccontare che la sua famiglia aveva ereditato una casa lì vicino dai suoi nonni e, visto che nessuno la usava, ne approfittò per andare in vacanza e invitare i suoi migliori amici. Poi raccontai la mia storia, di quanto non avrei voluto lasciare la mia città per andare in quel posto, ma gli feci comunque notare di aver cambiato fortunatamente idea.
Erano tutti dei ragazzi simpaticissimi ed ero vivamente contenta di aver trovato una compagnia del genere.
Ad ora di pranzo, dopo aver salutato tutti, Dianne ed io tornammo a casa.
“Che te ne pare?” Mi chiese mentre giravamo un angolo che coprì la vista del mare.
“Stento ancora a crederci. Mi piacciono quei ragazzi, ma come li avete conosciuti?”
“Li abbiamo incontrati la settimana scorsa in un locale e ci hanno offerto da bere. Quella sera erano gentilissimi, ora sono dei tirchi esagerati” Rise, ma io mi ero fermata alla parola LOCALE; Dianne era stata in un locale?
“Oddio Dianne, cosa ti hanno fatto? E’ stata la CIA, vero? Tu sei solo un ologramma, lo so. A me puoi dirlo, lo sai”
“Sei sempre più stupida. So che è cambiato tutto così in fretta, pensa per me quanto è stato difficile cambiare. Ma ero stanca di essere com’ero a diciassette anni, insomma. Ho conosciuto gente nuova, e sto cominciando a vivere davvero” Mentre diceva quelle parole sorrideva, e a me faceva più che piacere vederla così felice, finalmente. L’abbracciai e le promisi che quell’estate sarebbe stata indimenticabile per lei. Mi sussurrò all’orecchio prima di sciogliere l’abbraccio: “Spero lo sarà anche per te”
Camminammo a braccetto nel viale di casa sua ed entrammo. Il soggiorno era inebriato da un profumo pazzesco: non vedevo l’ora di mangiare.


Il pranzo fu ottimo, come sempre del resto. A tavola parlammo di tutto e di più, di tutto quello che in un anno era successo, a partire dall’auto nuova di papà, al nuovo lavoro in banca di zio Frank.
Dopo aver ripulito e messo tutto a posto, salii in camera con Dianne.
“Come va la vita a Phoenix?” Mi chiese sedendosi sul letto.
“Bene, non posso lamentarmi. Ah, sai la novità?” Le risposi sedendomi di fronte a lei.
Annuì per farmi continuare.
“Ho cominciato a frequentare un ragazzo della mia scuola, e beh.. mi piace” Arrossii, nascondendo il volto tra le mani. Non sono mai stata quel tipo di persona che ammetteva una cosa del genere, ma sentivo di poter dire tutto a Dianne.
Urlò di gioia e mi abbracciò con forza, molta forza.
“Sono contenta per te, Alex. E dimmi, com’è? Ricco? Uno dei ghetto? Parla!”
Era completamente pazza, ma le raccontai ogni cosa. A partire da quando l’avevo conosciuto nella palestra della scuola, alla sera in cui mi baciò per la prima volta.
Subito mi ricordai di non avergli mandato né un messaggio, né di averlo chiamato.
Corsi a cercare il telefono nella borsa e trovai due chiamate perse da Rick.
Composi subito il suo numero e aspettai. Uno squillo, due squilli, tre squilli..
“Alex! Finalmente ti sei ricordata di me, eh!” Disse con un tono ironico, anche se non proprio.
“Scusa Rick, ma sono stata tutto il giorno a sistemare le cose in camera e ad aiutare zia in casa” Dissi mentendo, non avevo ancora intenzione di dirgli dei ragazzi. Anche Dianne si accorse che stavo mentendo, ma non disse nulla.
Parlammo per pochissimi minuti, mi raccontò di cosa aveva fatto quella mattina e di cosa avrebbe fatto pomeriggio e sera e, con una scusa, attaccai.
“Tutto bene Alex?” Mi chiese preoccupata Dianne.
“Si tranquilla. Non avevo per niente voglia di parlare con lui” Mi guardò con aria stranita, ma preferì non fare altre domande.
Alle 4 uscimmo di casa, con destinazione lo stesso posto di quella mattina.
Convinsi tutti a scendere in spiaggia. Ero lì da un giorno e ancora non avevo fatto un bagno.
A primo impatto l’acqua era congelata, ma poi mi ci abituai. Il pomeriggio lo passammo lì, in una spiaggia libera piuttosto lontana da quella della mia famiglia e di Dianne.
Forse non mostrai il massimo della felicità quel pomeriggio, perché subito mi si avvicino Justin.
“Va tutto bene, Alex?” Ero stanca di sentirmelo dire, ma risposi gentilmente.
“Si, perché me lo chiedi?”
“Sembri spenta. Rispetto a questa mattina, intendo”
“Noti proprio tutto, eh?” Risi con un tono amareggiato.
Mi incitò a dirgli cosa era successo con uno sguardo e lo feci.
“E’ una cosa stranissima da dire. Fino a ieri sera avrei dato qualsiasi cosa pur di restare a Phoenix, con Rick, un mio amico – accentuai la parola amico –, invece, quando oggi pomeriggio l’ho chiamato, subito mi sono scocciata di stare a telefono con lui”. Mi guardò con un’aria comprensiva, ma non mi giudicò.
“E’ normale. La lontananza a volte fa male, ma magari già domani ti passa tutto” Mi sorrise.
Aveva un sorriso stupendo, e non solo. Mi soffermai a guardarlo meglio e mi accorsi dei suoi meravigliosi occhi color caramello.
Lo ringraziai per le parole che mi aveva detto con un enorme sorriso, poi tornammo dagli altri che stavano per uscire dall’acqua.
Verso le 7 tornammo tutti a casa. Dianne mi disse che dovevamo prepararci.
Serata cerchiamounpostoanticodavisitare o anche le serate erano cambiate?

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