The one I can’t live without that’s you.

di weretogether
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. Los Angeles. ***
Capitolo 3: *** 2. Hypocrite. ***
Capitolo 4: *** 3. Flirt. ***
Capitolo 5: *** 4. Questions. ***
Capitolo 6: *** 5. I miss it, too. ***
Capitolo 7: *** 6. You're worst than a girl. ***
Capitolo 8: *** 7. Only know you love her when you let her go. ***
Capitolo 9: *** 8. It's not for you. ***
Capitolo 10: *** 9. Just fucking angry. ***
Capitolo 11: *** 10. Mine. ***
Capitolo 12: *** 11. Love you. ***
Capitolo 13: *** 12. Kiss. ***
Capitolo 14: *** 13. Christmas day. ***
Capitolo 15: *** 14. You hurt me. ***
Capitolo 16: *** 15. Stay with me. ***
Capitolo 17: *** 16. I think about us. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo.

1 anno prima.
 
-Justin!-esclamai appena entrai nella sua stanza.
-Amy..- disse esitante distogliendo lo sguardo dal quaderno che teneva in mano.
-che leggi?- chiesi avvicinandomi al suo letto.
Appena fui accanto a lui, richiuse il quaderno e lo buttò con noncuranza in un punto indefinito della stanza.
Oh, assomigliava tanto al mio diario!
-umh..- si grattò la nuca. -appunti.- si lasciò sfuggire un sospiro.
-c'è qualcosa che non va?- domandai appoggiando la testa sul suo cuscino. Sdraiarci sul letto e parlare per ore stando l'uno accanto all'altra era ormai una tradizione. Lo facevamo quando eravamo piccoli ed era una cosa che ci piaceva così tanto che avevamo deciso di continuare a farla.
-Amy, devo dirti una cosa.- pronunciò appena.
-dimmi.- mi girai verso di lui. Sapevo che c'era qualcosa che non andava. L'avevo capito dal suo tono di voce.
Respirò rumorosamente, poi prese coraggio ed iniziò a parlare.
-lo sai che ti voglio bene e che sei la mia migliore amica praticamente da quando sono nato.- disse. Un groppo mi si formò nella gola. -ma tra me e te non può esserci altro se non una semplice amicizia.- Subito scattai in piedi.
-che stai cercando di dire Justin?- chiesi.
-mi dispiace Amy, tu per me sei solo un'amica.-
Quello non assomigliava al mio diario, quello era il mio diario!
Andai dall'altra parte della stanza per raccoglierlo mentre mi imponevo mentalmente di non piangere. Aprii la prima pagina e vidi che non mi sbagliavo. Girai pagina dopo pagina e, mentre sentivo le lacrime bruciarmi sul viso, mi promisi di distruggerlo.
-perché l'hai tu?- mi girai verso Justin che, a quella vista, si alzò dal letto.
-l'ho preso per sbaglio ieri. ha la stessa copertina del mio quaderno di fisica.- disse.
-e chi ti ha dato il diritto di leggerlo?- alzai il tono di voce.
-Amy, io non volevo..- disse.
-ma l'hai fatto!- urlai in preda alla rabbia. -non dovevi, Justin, non dovevi.-
-mi dispiace.- disse avvicinandosi, ma lo scansai.
-no che non ti dispiace. se ti fosse dispiaciuto non saresti nemmeno arrivato alla seconda pagina, cosa che, evidentemente non hai fatto.-
-e tu perché non mi hai detto che ti piacevo?- chiese.
-per questo.- dissi indicandoci. - doveva restare un mio segreto, perché ti sei intromesso?-
-cosa?- alzò il tono di voce. -per quanto tempo ancora avevi intenzione di tenermelo nascosto?- chiese.
-per tutta la vita.- dissi per poi girarmi. Volevo andare via.
-dove vai adesso?-
Scossi la testa mentre mettevo in borsa il quaderno e uscivo, come al solito, dalla finestra.
-non puoi andartene.- disse Justin seguendomi.
-chi me lo impedisce?-
-io!-
-mi dispiace Justin.- dissi mentre le lacrime scorrevano veloci.
-non puoi andartene così.- urlò mentre attraversavo la strada.
Non risposi.
-farò finta di niente.-
Come se fosse possibile.
-Amy, non andare.- lo sentivo dal suo tono di voce, stava piangendo.
Non mi girai.
Se l'avessi fatto sarei tornata indietro, e non dovevo.
Corsi a perdifiato verso casa e, appena arrivata, preparai le valigie.
Era arrivata l'ora di andare.

 
**
Eccomi qui con una nuova fanfiction.
Cercavo un'idea per una nuova storia ed eccola qui. 
Che ve ne pare? 

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Capitolo 2
*** 1. Los Angeles. ***


Capitolo 1.
''Los Angeles.''

 

“i need your love” erano queste le parole che si sentivano in sottofondo nella mia macchina.
Stavo tornando a casa in vista delle vacanze natalizie, non che mi andasse davvero, ma al college non restava mai nessuno per le vacanze e le mie amiche non sarebbero di certo restate a farmi compagnia, anche se, ad essere sincera, mamma non mi avrebbe mai permesso di passare il natale lontana da casa.
Mentre guidavo su una delle milioni di autostrade statunitensi, cercavo un valido motivo per cui non avessi ancora cambiato canzone o, meglio, un buon motivo per cui l'avessi addirittura messa nel cd.
Avevo odiato quella canzone dalla prima volta che l’avevo sentita.
Ero del parere che nessuno dovesse avere bisogno dell'amore di qualcun'altro, perché l'amore è una fregatura.
Ed io, nonostante mi fossi sempre imposta di non innamorarmi, l'avevo imparato a mie spese che, aver bisogno dell'amore di qualcun'altro, qualcun'altro che però non ha bisogno del tuo amore, non è mai una bella cosa.
Odiavo quella canzone perché, puntualmente, quando partiva, mi ricordava dell’amore che provavo per l’unica persona di cui avevo bisogno d’essere amata.
Ma, dentro me, sapevo che, in verità, l’unico motivo per cui non mi andava di sentirla era che mi faceva pensare a Justin.
Lo stesso Justin da cui avevo tenuto la mente lontana per quasi un anno, ma, ora che tornavo a casa, mi chiedevo come avessi fatto.
Prima di partire tra noi le cose si erano complicate e l'idea di Justin di leggere il mio diario non era stata di grande aiuto.
Già, perché lui aveva letto il mio diario e aveva detto le stesse parole che mi ripetevo mentalmente da anni.
''tu per me sei solo un'amica'' fu l'unica cosa che riuscì a dire l’ultima volta che parlammo.
E quella fu la conferma a qualcosa che già sapevo: lui non mi avrebbe amata nemmeno in un universo parallelo.
Anche se sapevo dall'inizio che per lui sarei stata solo e sempre un'amica, sentirglielo dire mi aveva ferita, ferita a tal punto da decidere di partire, senza nemmeno dirglielo, ferita a tal punto da andare lontano dall'unica persona che avevo davvero amato.
Poco dopo i miei pensieri furono interrotti da un enorme cartello che indicava la fine della strada, così svoltai a destra e imboccai una strada che mi introduceva direttamente nel traffico di los angeles.
Due ore e mezza dopo ero davanti allo Starbucks vicino casa.
Ci andavo sempre prima di partire, era il mio posto preferito e ci passavo interi pomeriggi.
Entrai e vidi Evelyn dietro il bancone.
Le mie labbra si incurvarono in un sorriso e non potei fare a meno di correre verso la cassa.
-Evelyn.- dissi entusiasta.
-Amy.- sorrise lei vedendomi.
Mi raggiunse e mi strinse in un abbraccio.
-sei tornata!- esclamò sorridente.
-già, sai com’è mia mamma. è Natale, ed il Natale si passa tutti insieme!- dissi imitando la voce di mia madre e facendola ridere.
-Dio, mi sei mancata così tanto.-
-anche tu.- le dissi in tono apprensivo.
Sapevo cosa significava sentire la mancanza di qualcuno.
-come te la passi nel New Jersey?- mi chiese per poi guardarsi attorno per vedere se c’era qualcuno che aspettava d’essere servito.
-bene. è tutto abbastanza diverso rispetto a qui, soprattutto il clima, ma delle volte non dispiace la neve.- abbozzai un sorriso.
Era quella una delle cose che avevo amato subito del New Jersey. L’inverno freddo, le sciarpe, i maglioni, gli ugg, tutte cose che a Los Angeles non si trovavano nemmeno nei vocabolari.
-mi piacerebbe studiare li.-
-hai intenzione di andare al college?- Evelyn era due anni più grande di me.
Si scostò una ciocca dalla faccia e fece spallucce. –sono ormai tre anni che lavoro qui, sono riuscita a mettere qualcosa da parte e ci penso già da un po’.-
-è una bella idea.- le sorrisi. –e Matt? come vanno le cose tra di voi?-
-come in una coppia. ci sono dei giorni pro e altri contro, ma è normale.-
-già.- dissi non avendo la minima idea di come andassero le cose in una coppia. –ora dovrei andare, ma.. umh, prima potresti prepararmi un frappuccino al cioccolato?- chiesi un po’ imbarazzata.
-certo.- sorrise e tornò dietro il bancone. Preparò il mio frappuccino e me lo diede.
Pagai, la salutai e uscii.
Tornai subito in macchina, non volevo fare tardi, così salii, misi in moto e mi diressi a casa.
Qualche minuto dopo presi una stradina che portava a casa mia e, dopo qualche metro, parcheggiai dietro una range rover nera.
Suonai il clacson e scesi dall'auto, tenendo in mano il bicchiere dello starbucks e tirando dietro di me le valigie finché non fui all'ingresso.
Suonai al campanello, sorseggiai un po’ di frappuccino e aspettai qualche minuto prima che aprissero.
-Signorina Amy!- quasi urlò Annette.
-Annette!- le sorrisi abbracciandola e lasciando cadere il bicchiere ormai vuoto a terra.
Annette era una donna sulla soglia dei cinquanta. Era alta e un po' in carne, aveva dei bellissimi capelli neri che le ricadevano poco più giù delle spalle e dei meravigliosi occhi azzurri. Da giovane doveva essere stata proprio una gran bella ragazza.
Aveva iniziato a lavorare da noi quando aveva poco più di vent'anni, anche se aveva già una bambina, Evelyn.
-ma sei cresciuta tantissimo.- sorrise prendendomi per mano e riportandomi alla realtà. Poco dopo mi fece girare su me stessa. -sei ancora più bella di prima.- disse facendomi arrossire.
-sono sempre la stessa!- dissi sicura. -e poi è solo passato qualche mese.-
-non è passato solo qualche mese, è un anno che sei partita- precisò mamma facendo irruzione all'ingresso, facendomi sobbalzare. - e poi ha ragione Annette.- sorrise.- sei ancora più bella di prima.-
Avrei tanto voluto crederle.
-mamma!- le corsi incontro abbracciando anche lei. Mi era mancata.
Lei ricambiò l'abbraccio e mi accolse tra le sue braccia, accarezzandomi i capelli.
-mi sei mancata, tesoro.- disse.
Io sorrisi -anche tu.-
Poco dopo sciolsi l'abbraccio e portai dentro le valigie.
Entrai in salotto e vidi che c'erano ospiti, o meglio, un'ospite. Era Pattie, la mamma di Justin.
-Amy, ciao.- disse mostrandomi uno dei suoi sorrisi più sinceri.
-ciao Pattie.- le sorrisi cercando di essere educata. Non potevo essere scortese solo perché ero arrabbiata con suo figlio.
-come stai?- chiese.
-bene, grazie.-
-mi fa davvero piacere.- sorrise di nuovo. -ne è passato di tempo dall'ultima volta che ci siamo viste.-
-è vero.- ammisi imbarazzata. Ma, in fondo, era passato solo un anno, non era mica un secolo!
-sei mancata molto a Justin ed è rimasto male quando ha saputo che eri partita.- Sentii una stretta allo stomaco.
Sapevo che tornare sarebbe equivalso a incontrare molte volte Justin, così come sapevo che tutti mi avrebbero fatto delle domande, ma non pensavo sarebbe successo così presto.
Sospirai e feci spallucce -vado di sopra a sistemare le valigie, scusatemi.- dissi prima di interrompere bruscamente la conversazione per poi uscire dal salotto e dirigermi verso l'ingresso per recuperare le valigie che stavano vicino all'appendiabiti.
Stavo per andare al piano di sopra quando sentii qualcuno scendere dalle scale.
 -Amy!- urlò Grace dall'altra parte della stanza.
-Grace.- dissi, e, prima ancora che potessi richiudere la bocca, mi ritrovai ad abbracciarla.
-mamma non mi ha detto che saresti venuta.-
-gliel'ho chiesto io, volevo farvi una sorpresa.- feci spallucce.
-mi sei mancata tantissimo.- disse sciogliendo l'abbraccio. -come è la vita al college?- chiese prima che potessi dirle che mi era mancata anche lei.
-umh,- feci finta di pensare. -è come la vita al college, più o meno.-
Rise. -sei sempre la stessa.- disse.
-lo prendo come un complimento.- le feci l'occhiolino.
-quel vestito è meraviglioso.- esclamò dopo avermi squadrata da testa a piedi.
-grazie.- sorrisi. Era la stessa cosa che avevo detto io a Renée  quando l'avevamo visto per la prima volta da Hollister.
-vado in camera mia.- dissi indicando le valigie dietro di me.
-aspetta, c'è una sorpresa.- disse mentre si sentivano dei passi dal piano di sopra.
-ehi tu,- disse riferendosi chiaramente a chi stava per scendere le scale. -muovi il culo e vieni.-
Inarcai un sopracciglio ma non dissi niente.
Qualche secondo dopo udii qualcuno scendere le scale e una voce che non sentivo da troppo tempo, ma pur sempre familiare.
-piccola, che c'è di così importante?- chiese Justin bloccandosi di colpo appena mi vide.
Aveva chiamato mia sorella 'piccola' e le aveva appena avvolto un braccio intorno alla vita.
Se sentire la sua voce mi aveva fatto perdere un battito, quella scena aveva fatto letteralmente fermare il mio cuore.
 -Amy.- si limitò a dire.
Le mie mani iniziarono a tremare, ma ero decisa a comportarmi come se niente fosse. Volevo comportarmi come se i miei sentimenti nei suoi confronti non  avessero mai davvero contato qualcosa o, addirittura, come se non fossero mai esistiti.
-Justin.- dissi fredda.
-che ci fai qui?- chiese beccandosi una sberla da parte di mia sorella.
Oh si, gli ero mancato incredibilmente tanto!
-sono venuta per trascorrere le vacanze di natale con la mia famiglia, è per caso illegale?- chiesi poi non aspettando una sua risposta e sorpassandoli portando con me le mie valigie.
Sentii mia sorella sussurrare qualcosa e qualcuno venirmi dietro. Non mi girai, perché sapevo già di chi si trattava.
-smettila di seguirmi.- sbottai infastidita mentre cercavo di ricacciare indietro le lacrime.
Se c’era una cosa in cui ero diventata brava in quei dodici mesi lontana da casa era sicuramente non piangere in presenza di altri.
-aspetta Amy.- disse con la voce spezzata.
-perché mai dovrei farlo?- chiesi.
-mi dispiace.- disse in un sussurro, di sicuro voleva che Grace non sentisse.
-per cosa? non hai fatto niente che non va.- dissi trascinando le valigie dentro la mia camera.
-se mi avessi detto che saresti partita forse le cose non sarebbero andate così ora.-
-così come?- chiesi infastidita.- non c’è niente di cui tu debba scusarti, va tutto bene e..- mi interruppe.
-no che non va tutto bene.-
-no, infatti, va tutto a meraviglia.- dissi fingendo un sorriso.- e ora, scusami, ma sono stanca e vorrei riposare.- dissi aspettando che indietreggiasse, per poi richiudermi la porta alle spalle.
Una volta dentro, lasciai che le lacrime rigassero il mio viso.
Nonostante fossi arrabbiata con lui, avevo trovato strano il nostro modo di parlare.
Sapevo che dal giorno in cui lui aveva letto il mio diario le cose tra noi due non sarebbero mai più tornate le stesse, noi due non saremmo stati più gli stessi, ma il modo in cui ci comportavamo era una novità per me, e, di sicuro, anche per lui. Sembravamo due perfetti estranei, anche se sapevamo tutto l’uno dell’altra.
Eppure avevo sempre saputo che un anno sarebbe stato più che sufficiente per farmi dubitare del nostro rapporto, per farmi chiedere se tutto quello che sapevo di lui era rimasto immutato, o se era cambiato, radicalmente.
Dopo essermi sdraiata sul letto, non potei impedire alla mia mente di ripercorrere tutto quello che era successo in quei dieci minuti, da quando ero arrivata ad ora.
Con tutte le persone che c'erano sulla faccia della terra, Justin doveva necessariamente fidanzarsi con mia sorella?
''dopotutto, sei solo un'amica Amy'' mi ripetei finché, ormai stanca per il viaggio, mi addormentai. 

 
**
Ecco il primo capitolo :).
Che ve ne pare?
So che siamo ancora al primo capitolo e che quindi non avete un giudizio chiaro della storia, 
ma cosa ne pensate della trama o del modo in cui è scritto?
Spero comunque che vi piaccia e mi farebbe piacere leggere una vostra recensione.

Ah, per quanto riguarda i personaggi, in genere lascio che siano i lettori ad immaginarli, 
ma, visto che mi è stato chiesto di metterli, 
questa volta li ho scelti io.

Li trovate qui: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2148830&i=1

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Capitolo 3
*** 2. Hypocrite. ***


Capitolo 2.
''hypocrite.''

Aprii lentamente gli occhi quando ormai la luce del sole entrava in camera.
Mi guardai un attimo intorno.
Chiusi gli occhi e li riaprii.
Dannazione, ero sul serio a casa e non al college.
Questo significava che Grace e Justin erano fidanzati!
Diciamo che come accoglienza non era stata delle migliori e, ne ero più che certa, non sarebbe stata una vacanza molto piacevole.
Mi alzai e uscii direttamente dalla camera, volevo evitare di guardarmi allo specchio e doverne comprare uno nuovo.
Sempre la solita esagerata!
Entrai in bagno e feci una doccia. 
Erano quasi ventiquattro ore che non ne facevo una, sia per via del viaggio sia della stanchezza, ed ero totalmente impresentabile.
Uscita, mi avvolsi in un asciugamano e me ne tornai in camera.
Indossai le prime cose che trovai in valigia e asciugai i capelli, che legai poi in una coda alta. 
Appena pronta scesi in cucina e trovai Annette che preparava la colazione.
-ma che ore sono?- chiesi prendendo posto sulla sedia vicino alla penisola della cucina e appoggiando la testa fra le mani.
-sono le otto circa. tua madre sta per svegliarsi, tua sorella invece torna sempre tardi la sera e così non si sveglia mai prima di mezzogiorno.-
Feci finta di non aver sentito le ultime parole. Non volevo sapere ciò che Justin e Grace facevano.
-e papà?- 
-tuo padre esce presto la mattina. ha sempre così tanto da fare!- 
Io annuii con la testa dandole ragione.
-mi ha detto comunque che andrete a pranzo insieme. vuole passare un po' di tempo con la sua principessa.-
Ridacchiai a quell'affermazione. Mi chiamava sempre così quando ero piccola.
-che prepari?- chiesi rialzando la testa.
-frittelle, uova e bacon.-
-amo le frittelle!- esclamai felice.
-lo so, è per questo che le faccio.- 
-te l'ha detto mamma, vero?-
-si, vuole che ti vizi un po'.- rise.
Poco dopo mamma entrò in cucina.
-buongiorno.- disse baciandomi la guancia.
-mamma, stai per caso cercando di comprarmi?- lei fece finta di non capire. -non mi convincerai a restare qui facendomi viziare da Annette!- 
-volevo solo che ti rilassassi un po' prima di tornare a quell'inferno.-
Inferno? Il college? Stavamo parlando dello stesso posto?
-oh, credimi, se passassi anche solo un giorno al college, diresti che questo è un inferno.-
Mi fulminò con lo sguardo. -stai per caso insinuando che non ti piace stare qui e che preferisci il college?-
Feci spallucce -è solo che ora considero il college la mia casa.-
-farò finta di non averti sentita.- disse mamma tappandosi le orecchie in modo teatrale.
Sapevo che lo stava facendo solo per farmi sentire in colpa.
-non cederò mamma.- dissi facendole capire che stavo al suo gioco e che non l'avrei mai lasciata vincere.
-chi ha appena detto che il college è meglio di casa?- chiese Grace irrompendo in cucina.
Cercai di essere il più naturale possibile, l'ultima cosa di cui avevo bisogno era smettere di parlare anche con mia sorella.
-buongiorno anche a te.- disse ironica Annette mentre metteva nei piatti quello che aveva preparato.
-Amy dice che preferisce il college a casa.- disse mamma trovando in Grace un'alleata.
-Amy, sei matta per caso?- chiese Grace. -ci manca solo che il prossimo anno tu non venga per festeggiare il natale con noi.- disse in tono drammatico.
Bell'idea sorella! Ci mancava solo che il prossimo anno, al mio ritorno per le vacanze, trovassi mia sorella di due anni più piccola di me con in braccio il figlio del mio ex migliore amico, nonché il ragazzo di cui ero innamorata.
-e come biasimarla se sceglie il college, voi due siete ingestibili.- intervenne Annette in mio aiuto, riferendosi a mamma e Grace.
Mia mamma le lanciò un'occhiataccia che però Annette sembrerò ignorare.
Io le porsi il cinque.
-ben fatto sorella.- dissi battendo sulla sua mano.
Scoppiammo tutte a ridere.
-allora, questo pomeriggio che si fa?- chiesi rivolgendomi a Grace.
Lei finì di masticare e si accigliò -mi dispiace ma io e Justin avevamo già programmato di andare al cinema. se avessi saputo che saresti venuta..- la interruppi.
-non fa niente.- feci spallucce abbozzando un sorriso.
Quando eravamo amici Justin non voleva mai andare al cinema. Era cambiato così tanto in così poco tempo?
-ah,-dissi rivolgendomi ad Annette.- ieri sono passata allo starbucks e ho visto Evelyn.-
Annette sorrise. –me l’ha detto. era molto felice di vederti.-
-anche io, mi è mancata così tanto!- dissi. –qual è il suo giorno libero?- le chiesi.
-il martedì, ma nel periodo di natale non hanno un giorno libero.-
-perché?-
-chiudono prima nel pomeriggio.- fece spallucce.
Annuii in segno d’intesa.
Quando finii di fare colazione, mandai un messaggio a Renée per avvertirla che ero arrivata. Lei, di sicuro, era già in Francia, o su un volo diretto li.
-che farai ora?- mi chiese Grace mentre ci dirigevamo in salotto.
-umh, niente.-
-andiamo a fare un giro?-
-okay.- annuii semplicemente.
Salii in camera e mi cambiai.
Indossai una maglia a mezze maniche bianca, una camicia di jeans che lasciai aperta, dei jeans e delle ballerine.
Misi un leggere filo di trucco e diedi una sistemata ai capelli che lasciai sciolti.
-Grace, sono pronta.- gridai uscendo dalla mia camera e portando con me la mia amatissima borsa blu.
-sto finendo.- rispose lei dall’altra parte del corridoio.
-ti aspetto giù.- dissi per poi scendere le scale.
-dove andate?- chiese mamma vedendomi scendere.
Feci spallucce. –non ho idea di dove mi voglia portare.-
-vi divertirete.-
-lo spero.- la feci ridere.
Qualche minuto dopo Grace scese.
-ragazze, tornate per l’ora di pranzo.-
Annuii, poi ripensai a quanto mi aveva detto Annette.
-mamma, oggi non pranzo qui.-
-pranzi con papà?- chiese mamma lanciandomi uno sguardo interrogativo.
-si.-
-okay, allora ti aspetto nel pomeriggio. ma non prendere impegni perché questa sera abbiamo ospiti e ti voglio qui a cena con noi.-
-okay, ci vediamo dopo.- dissi schioccandole un bacio sulla guancia e uscendo di casa.
 
Dopo una movimentata mattinata nei centri commerciali di Los Angeles, finalmente era arrivata l’ora di pranzo e, lasciatemelo dire, stavo letteralmente morendo di fame.
Mi ero ormai abituata agli orari del college e in genere, visto che le lezioni finivano alle dodici e mezza, non pranzavo mai dopo le due.
Ed ora erano le tre meno un quarto!
-principessa.- disse papà quando mi vide arrivare.
Aveva già preso posto e mi aspettava da minimo dieci minuti.
-papà!- dissi correndogli incontro, cercando di non far impigliare nessuna borsa a qualche tavolo.
Ci abbracciammo a lungo, poi ci staccammo e prendemmo posto.
-tua sorella ti ha portato a fare shopping, vero?- chiese.
Ridacchiai. –si.-
Lui rise.
-penso di aver esagerato un po’.- dissi lanciando un’occhiata alle borse che circondavano il nostro tavolo.
-dai, è un anno che non ti vedevamo, un po’ di shopping e qualche spesa in più te li puoi anche permettere!-
Lo amavo. Amavo mio papà, era così dolce e apprensivo, e stava sempre dalla mia parte.
-allora, come va?- mi chiese.
-bene.-
-ieri sera avrei voluto salutarti, ma ho visto che dormivi e non volevo disturbarti.-
-grazie.-
-tua sorella mi ha detto che hai visto il suo nuovo..- si schiarì la voce. –il suo nuovo fidanzato.-
Quasi mi strozzai con l’acqua che bevevo.
-si.-
Nessuno dei due parlò.
-da quanto stanno insieme?- chiesi.
Sapevo che papà non avrebbe fatto domande che riguardavano me e Justin.
-da otto mesi circa.-
Sentii una stretta alla bocca dello stomaco. Otto mesi?
Quindi Justin amava mia sorella quando aveva scoperto del diario, lui la amava da quando me ne ero andata, lui la amava, la amava da prima che leggesse il mio diario.
Ipocrita. Ecco cos’era, un ipocrita.
-senti Amy.- disse poggiando la sua mano sulla mia. –io avevo detto a tua sorella di non fidanzarsi con Justin, perché lui non è adatto a lei, ma lei non mi ha voluto dare retta. lei dice di amarlo e io non ho potuto farci niente..-
-perché me lo dici?- chiesi mentre gli occhi mi si velavano di lacrime.
Non piangere Amy. Non piangere. Sei forte. Sei solo un’amica. Sei solo tu, Amy, e devi fartene una ragione.
-perché non sopporto vederti soffrire e so che ci stai male.- disse comprensivo.
-non fa niente.- dissi più a me stessa che a lui.- se si amano, non c’è problema.-
E invece si che c’era, ed era anche grande.
Giuro che avrei preferito restarmene al college, da sola, per tutto l’inverno, piuttosto che dover  vedere Justin e Grace baciarsi, tenersi per mano e dirsi frasi dolci. Non lo avrei sopportato.
 
Il pranzo con papà si era rivelato divertente e, dovevo ammetterlo, mi erano mancati tutti così tanto.
-allora, chi viene oggi a cena?- dissi appena aperta la porta principale di casa.
Nessuno mi aveva sentito, di sicuro erano tutti in cucina, così entrai in salotto e mi misi comoda.
-Amy, sei tu?- gridò mamma dalla cucina.
-si mamma.- gridai io a mia volta.
Poco dopo si sentirono dei passi e qualcuno scese dalle scale.
-Amy.- disse Grace.
Abbozzai un sorriso.
-vuoi venire al cinema con me e Justin?- mi chiese.
-io?- chiesi inarcando un sopracciglio.
Mi sentii sollevata e arrabbiata nello stesso momento.
Justin non aveva detto niente a mia sorella, cosa che mi faceva più che piacere, ma questo significava anche che non  gli era nemmeno importato.
-si, tu.- disse facendomi tornare alla realtà.
-no, resto qui.- cercai d’essere il più normale possibile.
-dai Amy, non farti pregare.-
-no, non voglio essere il terzo incomodo.-
-smettila di fare la  bambina, vai su, preparati e sbrigati. Justin sarà qui a momenti.-
-Grace n..- mi interruppe.
-si, muoviti.-
Ora mi toccava anche prendere ordini da mia sorella minore?
Travis, dove sei?
Salii su  controvoglia e, una volta in camera, indossai maglia una bianca un po’ larga, una gonna nera a vita alta a fiori e delle Dr. Martens nere lucide.
Aggiustai i capelli e misi un filo di trucco.
Una volta giù vidi Grace che mi aspettava all’ingresso.
Perché mi ero fatta convincere ad andare con lei e Justin?
-sei uno schianto.-
Arrossi leggermente. –esagerata.-
-mi piace questo tuo nuovo stile.- mi sorrise.
-grazie.- abbozzai un sorriso.
Da quando ero andata al college ero cambiata molto, un po’ in tutto.
Qualche secondo dopo si sentii il motore di una macchina e qualcuno suonare, doveva essere Justin.
-vieni, è arrivato.-
-sei sicura ch..-
-si, sono sicurissima, andiamo.- disse prendendomi per mano e trascinandomi fuori.
A quella visione Justin cambiò espressione. Evidentemente era spiazzato quanto me da quella mia intromissione tra lui e mia sorella.
-anche Amy esce con noi.- disse Grace una volta essere salite in macchina.
Justin mi lanciò un’occhiata e dopo annuì a mia sorella che, dopo avergli sorriso, lo baciò.
Cazzo Amy, sei un’irresponsabile! Cosa credevi di fare uscendo con loro? Credevi che le cose si sarebbero risolte? Sbagliato.
-se per voi è un problema posso anche restare a casa.- dissi un po’ imbarazzata da quel loro comportamento.
Mia sorella che baciava il ragazzo che amavo da praticamente tutta la vita..
Dire che faceva uno strano effetto era troppo poco.
-Amy, te lo ripeto, non è un problema.- rispose Grace subito dopo.
Justin, a quel punto, mise in moto e partì.
Non mi aveva neppure salutato. Stronzo!
Dovevo essere io quella arrabbiata con lui.
Durante il tragitto da casa al cinema Justin aveva fatto come se non ci fossi stata. Non mi aveva rivolto la parola, né uno sguardo, niente di niente.
Quando, dopo dieci minuti circa, arrivammo, scendemmo tutti e tre dalla stessa range rover nera che il giorno precedente occupava il vialetto di casa mia e ci incamminammo verso il cinema.
Le mani di Grace e Justin erano intrecciate e io, oltre a sentirmi terribilmente a disagio, sentivo l’aria mancarmi e il terreno sotto i piedi sgretolarsi ad ogni passo.
Non ce l’avrei fatta, non avrei potuto, non ci sarei riuscita.
-allora, hai visto mia sorella? è uno schianto, non credi anche tu?.- chiese Grace a Justin e, d’un tratto, tornai alla realtà.
Ma che domande erano? Era come chiedere a Tom cosa ne pensava di Jerry!
Justin non disse niente e, dopo una scrollata di spalle, continuò a camminare.
Sono solo un’amica!
-chissà, magari farai conquiste.- disse sorridendomi e attirando l’attenzione di Justin che faceva la fila alla biglietteria.
-io?- scoppiai a ridere. –dici sul serio?- chiesi un po’ imbarazzata.
-certo, perché no? sei bellissima e dovresti smetterla di dire che non è così.-
-smettila Grace, dovrei essere io a darti lezioni di vita, non tu.-
Lei abbozzò un sorriso e, quando Justin tornò con i biglietti in mano, entrammo nella sala numero 4. Raggiungemmo la nostra fila e ci sedemmo ai posti indicati sui biglietti.
Il film iniziò qualche minuto dopo e Grace e Justin non posarono nemmeno per un secondo il loro sguardo sullo schermo.
Passarono il tempo a baciarsi, tenersi la mano, sorridere come degli stupidi, coccolarsi.
Per quale motivo erano andati al cinema se potevano baciarsi anche a casa, o al ristorante o per strada?
Smettila d’essere gelosa, Amy!
Quell’ora e mezza di film fu la più lunga di tutta la mia vita e, nonostante avessi cercato per tutto il tempo di non badare a quei due, ad ogni bacio che si scambiavano sentivo una fitta allo stomaco.
-allora, ti è piaciuto il film?- mi chiese Grace una volta fuori dal cinema.
-umh?- chiesi mentre i miei pensieri vagavano altrove.
-ti è piaciuto il film?-
-oh, si.- annuii.
-era interessante.-
Certo. Chi non troverebbe interessante la bocca del proprio fidanzato?
Poi se il tuo fidanzato è Justin l’interesse aumenta.. BASTA AMY.
-quelle scarpe sono bellissime!- esclamò d’un tratto Grace facendo spostare l’attenzione di tutti i passanti sulle mie scarpe.
Arrossi per l’imbarazzo. A volta sembrava proprio una bambina.
-oh, grazie.- dissi.
-dove le hai comprate?- chiese.
-nel New Jersey, le ho amate dal primo momento.- dissi con un leggero sorriso.
In realtà me le avevano regalate.
-perché sorridi?- mi chiese.
-niente..- dissi sentendomi colta sul fatto.
-c’è qualcosa che mi nascondi?- chiese.
-no.-
-Amy.-
-ti ho detto di no.-
-Aaaamy.- disse imitando la voce che faceva quand’eravamo piccole.
-okay, va bene, me le hanno regalate.- dissi distogliendo lo sguardo.
Justin dopo qualche secondo passò ad ispezionarmi e non mi tolse per un attimo gli occhi di dosso.
-e chi te le ha regalate?- chiese Grace, continuando.
-umh, un amico..-
-sei fidanzata?- mi chiese. Justin sgranò gli occhi.
Gli rodeva il fatto che non sapesse che c’era qualcun altro nella mia vita?
-no, certo che no!- dissi come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Per un momento incrociai lo sguardo di Justin e potei vedere il suo viso, leggermente illuminato dalla luna, rilassarsi di poco. –è solo un amico.-
-e come si chiama?-
-ma cos’è, un terzo grado? ti ricordo che sei mia sorella minore e non hai il diritto di sapere tutto sulla mia vita.-
-okay, okay.- poco dopo si avvicinò a Justin che la strinse più forte a sé.
E chissà com’era starsene tra le sue braccia..
-perché non me ne regali un paio anche tu?- gli chiese.
-di quelle?- chiese indicando le mie scarpe con fare schifato.
-si, quelle. sono bellissime.-
-non è che sono poi così belle..-
-non è che sono poi così belle.- Lo imitai d’un tratto evidentemente irritata da quel suo modo di detestare ogni singola cosa che appartenesse a me.
Subito dopo mi pentii di quanto detto e mi sentii così stupida per avergli rivolto la parola proprio in quel momento.
Ce ne eravamo stati zitti per tutta la serata, mentre Grace commentava i jeans di una ragazza mora o il nuovo modello di una Jimmy Choo in mano ad una donna sui trenta, e così doveva andare, fino al mio ritorno al college.
-mi dispiace dirtelo, ma quelle scarpe sono proprio orrende.- fece spallucce Justin ovviamente arrabbiato per quella mia reazione.
Come se il problema fossero davvero le scarpe..
-non devono piacere di certo a te.- dissi piuttosto infastidita.
-ma non piacciono nemmeno agli altri.- sbottò.
-mi dovrebbe importare per caso?-
-se non vuoi essere giudicata male, allora si.-
-non m’importa d’essere giudicata male, che pensino quello che vogliono, a me queste scarpe piacciono.-
-contenta tu.-
-contenta io.-
Grace ci lanciò uno sguardo interrogativo che né io né Justin cogliemmo.
Non era il momento adatto per le spiegazioni e mai lo sarebbe stato.
Il viaggio di ritorno a casa sembrò eterno e, una volta arrivati a casa, feci un sospiro di sollievo.
Scesi velocemente dall’auto e entrai in casa.
C’erano delle valige all’ingresso e non erano di certo le mie.
-mamma, è arrivato qualc..- mi interruppi quando vidi Travis appoggiato allo stipite della porta del salotto.
-Trav!- urlai mentre gli correvo incontro.
Lui si girò, mi rivolse uno dei suoi migliori sorrisi e, una volta vicini, mi prese in braccio, abbracciandomi forte.
-principessa.- disse. Si, anche lui mi chiamava così.
Sembrava stupido, ma stavo piangendo. Lui, tra tutti, era quello che mi era mancato di più.
Mi erano mancati i suoi abbracci, le sue parole di conforto, le sue carezza, mi era mancato lui.
-ehi, principessa, non piangere.- disse accarezzandomi i capelli.
Poco dopo sciolsi l’abbraccio e riportai i piedi a terra sorridendogli.
-Travis!- gridò Grace una volta entrata in casa.
Mi feci da parte e lasciai che si abbracciassero anche loro.
Ora che c’era anche lui sapevo che le cose sarebbero andate meglio.
-allora, ceniamo? ho fame.- disse poi facendo ridere tutti.
Con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, io, mamma e Grace ci dirigemmo in cucina e prendemmo posto a tavola.
Justin, per quella sera, poteva anche aspettare.


 
**
Ecco il capitolo 2. 
So che d'essere in ritardo e che magari vi aspettavate un capitolo 2 a poca distanza dall'1, 
ma la scuola mi tiene già impegnata e non ho un minuto libero.
Ora che l'ho avuto ho aggiornato.
Non è il massimo e so che c'è molto, ma molto, di meglio, ma se vi va di seguire la storia a me farebbe molto piacere :).

Ah, nel caso in cui non fosse chiaro, i discorsi in corsivo sono i pensieri di Amy :).

Spero vi piaccia e aspetto una vostra recensione.

Ovviamente ringrazio tutte le ragazze che hanno recensito e quelle che hanno messo la storia tra le preferite e\o seguite.
Siete fantastiche, grazie :). 

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Capitolo 4
*** 3. Flirt. ***


Capitolo 3.
''flirt.''
Drin.
Che cazz?
Drin.
Che succ..
Drin.
Porca p..
Drin.
Fanculo, mi sveglio.
Aprii velocemente gli occhi e, mettendomi composta, spensi la sveglia. Chi l’aveva attivata?
Guardai l’ora e vidi che le lancette segnavano le sei.
Oh, per l’amor del cielo, che avevo fatto di così male per meritarmi questo?
Sicura che non avrei ripreso sonno, mi alzai velocemente, mi posizionai davanti all’armadio e, mezza assonnata, cercai il mio “completo” per andare a correre in mezzo ai vestiti che mamma aveva sistemato il pomeriggio precedente.
Cos’altro avrei potuto fare alle sei di mattina se non andare a correre?
Quando, finalmente, trovai ciò che cercavo, mi vestii e mi diressi verso il bagno. Lavai la faccia e legai i capelli in una coda alta.
Poco dopo tornai in camera e presi il mio ipod, poi uscii di casa e, indossate le cuffie, feci partire la produzione casuale.
Nell’esatto momento in cui ‘Applause’ di Lady Gaga partì, iniziai a correre.
Non correvo da quando ero andata via da Los Angeles.
Nel New Jersey il clima non era adatto, o meglio, non era adatto a me. Ci avevo provato una volta, ma l’aria fredda di febbraio mi pizzicava la pelle e mi faceva sentire debole e indifesa, così avevo smesso.
A dire la verità, erano tante le cose che avevo smesso di fare da quando avevo messo piede all’università.
Avevo smesso di correre, di giocare alla play, di suonare la chitarra, di disegnare.
Solo in quel momento mi ero resa conto di come la vecchia me pian piano fosse sparita, lasciando spazio ad una ragazza diversa.
Ad una ragazza sempre curata, senza un capello fuori posto, sempre in ordine, con la camicia sempre stirata e la gonna senza una piega.
Avevo cambiato il mio modo di apparire e, nonostante questo mi rattristasse, sapevo che il ricordo di quella che ero prima pian piano andava sbiadendo.
Dopo alcuni chilometri mi resi conto d’essere ancora capace di mantenere un determinato ritmo, e, solo quando, dopo una decina di canzoni, partì ‘Do or die’, sentii la stanchezza impadronirsi di me.
Sentendo quella canzone rabbrividii e mi fermai di colpo. Avevo il respiro affannato e la fronte imperlata di sudore.
Poco dopo le gambe iniziarono a farsi sempre più deboli, così, incurante della rugiada che ricopriva sia l’asfalto, che i prati delle case vicine, mi sedetti a terra.
Le note della canzone mi portarono via per qualche momento, facendomi rivivere uno degli ultimi momenti vissuti con Justin, prima di partire.
 
“-guarda.- disse Justin mentre camminavamo per le strade ormai deserte di Los Angeles.
-cosa?- chiesi mentre infilavo le mani nelle tasche del cardigan che indossavo.
Era ormai Dicembre inoltrato e, nonostante a Los Angeles facesse perennemente caldo, di notte l’inverno, per quanto inverno potesse sembrare, si faceva sentire.
-guarda le stelle.- aveva un enorme sorriso stampato in faccia e al chiarore della luna i suoi splendidi occhi color nocciola erano illuminati di poco. Senza dire niente, feci come mi aveva detto. –sono bellissime.- continuò.
Annuii semplicemente non trovando nessuna parola adatta a quel momento.
-ho un’idea.- mi disse.
-quale?- gli chiesi mantenendo lo sguardo posato su di lui.
Possibile che fossi invisibile ai suoi occhi?
-ti va di associare una canzone a questo ricordo? così ogni volta che l’ascolteremo ci ricorderemo di questa serata speciale.-
-okay.-
-ora prendo il mio ipod e faccio partire la riproduzione casuale, la prima canzone che parte sarà la canzone di questo ricordo.- disse con un sorriso stampato in faccia.
Era anche questo uno dei motivi per cui l’amavo.
Metteva il cuore in tutto quello che faceva. L’emozione che provava, non solo si vedeva stampata sul suo viso, ma la si percepiva anche semplicemente standogli accanto.
Tirò fuori dalla sua tasca il suo, in realtà mio, ipod e fece partire la riproduzione casuale. Mi avvicinai a lui per vedere che canzone fosse. Sullo schermo c’era scritto ‘Do or die’.
-‘Do or die’,- esclamai entusiasta, amavo quella canzone.- questa sarà la nostra canzone.- dissi felice.
Justin mi rivolse un sorriso e mi avvicinò leggermente a sé, prima di baciarmi la testa e lasciarmi di nuovo andare.
Sentii una scarica d’adrenalina attraversarmi il corpo e, a quel punto, la pelle d’oca non era più dovuta solo al freddo..”

 
Tornai alla realtà quando partì il ritornello e, solo allora, dopo essermi guardata intorno, capii dov’ero.
Mi alzai da terra e, quasi avessi paura, mi girai lentamente a guardare la casa che fino a qualche secondo prima si trovava alle mie spalle.
In qualche secondo mi si strinse lo stomaco, era la casa di Justin.
Conoscevo ogni particolare di quella casa a memoria, quasi fosse mia, ma la verità era che avevo passato così tanto tempo tra quelle quattro mura da considerarle la mia seconda casa.
In quel momento una parte di me sarebbe voluta andare lontano da quel quartiere, lontano da Los Angeles, lontano da Justin, mentre un’altra mi diceva di salire su quell’albero, di entrare dalla sua finestra e di stringerlo forte a me, di fargli capire quanto amore ancora provavo nei suoi confronti.
Smettila Amy, smettila. Lui ti ha fatta soffrire, lui ha tradito la tua fiducia, ha letto il tuo diario, ti ha ricordato che sei solo un’amica, nient’altro. Lui è il fidanzato di tua sorella. E’ uno stronzo, uno stronzo che però ami con tutta te stessa.
Subito dopo mi ritrovai a fissare la finestra della sua stanza e mi chiesi se quella fosse ancora la camera di Justin e subito ebbi la risposta alla mia domanda.
Vidi Justin, a torso nudo, affacciarsi alla finestra. Guardava dritto davanti a sé, senza muoversi di un millimetro, con lo sguardo assente. D’un tratto, sicuramente dopo essersi sentito osservato, posò gli occhi su di me.
Sentii uno strano calore invadermi ed ero sicura che le mie guance si stessero dipingendo di un rosso acceso.
Cosa avrei dovuto fare? Andar via e far finta di niente o restare e vedere cosa sarebbe successo?
Restai qualche altro secondo paralizzata, quasi non riuscissi a compiere un solo, singolo passo, per poi vederlo arrampicarsi al ramo dell’albero vicino alla sua camera e venire verso di me.
Che stava facendo?
Lo vidi aprire la bocca e pronunciare qualcosa che però non riuscii a sentire per via della musica.
Lentamente tolsi le cuffie, quasi avessi paura di sentire ciò che diceva, e, prendendo l’ipod dalla tasca, misi la canzone in pausa.
-ciao.- mi disse atono.
Dannazione, nella sua voce c’era ancora quella dannata freddezza che mi faceva venir voglia di insultarlo.
Le cose tra noi in quelle poche settimane che avrei trascorso a Los Angeles sarebbero sempre state così? Ci saremmo evitati o avremmo parlato come se fossimo due sconosciuti costretti a farlo?
-ciao.- dissi con voce tremante.
-umh, che ci facevi qui?- chiese.
Cercai di mantenere l’attenzione sul suo viso, cosa evidentemente non facile visto che indosso aveva solo dei pantaloni di tuta neri.
-mi sono svegliata presto così ho deciso di andare a correre.- la mia insicurezza si percepiva ad ogni secondo di più.
-perché fissavi la mia finestra?- chiese senza cambiare espressione minimamente.
Subito una domanda mi sorse spontanea: era ancora il ragazzo di cui mi ero innamorata prima di partire?
Sembrava così diverso..
-ero stanca, mi sono fermata e solo dopo mi sono accorta d’essere davanti casa tua.- spiegai anche se, molto probabilmente, non credeva a quello che avevo appena detto.
-capisco.-
Sospirai, non avendo voglia di parlargli.
Ci fu qualche secondo di silenzio, eravamo entrambi imbarazzati e, sinceramente, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a capire il motivo per cui mi fosse venuto incontro e mi avesse rivolto la parola.
Sarebbe stato meglio mantenere le distanze, non guardare, non parlare, non amare.
-credevo che tua sorella ti avesse detto di me e lei..- sputò all’improvviso.
Sentii lo stomaco contorcersi, come se mi stessero prendendo a pugni, ma, in realtà, quelle parole facevano molto più male.
-no, non mi aveva detto niente..- guardai altrove.- in ogni caso non sarebbe cambiato niente.- gli feci notare.
-non avrei voluto che..- lo interruppi.
-non importa, è uguale.- dissi mentre provavo, invano, a sforzare un sorriso.
Annuì –ora rientro, volevo solo dirti questo.- disse infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
-okay.- dissi prima di vederlo girare e ritornarsene in casa.
Ripresi a correre finché non girai l’angolo e non vidi più la figura di Justin, a quel punto lasciai che alcune lacrime mi rigassero il viso, poi, con il dorso della mano, le asciugai.
Non ne vale la pena.
 

Quella settimana passò velocemente.
Avevo passato quasi tutto il tempo in compagnia di Travis e questo mi aveva aiutata a star meglio.
Pian piano vedere Justin e Grace insieme era diventata una cosa normale e avevo iniziato a far finta di niente.
Avevo tenuto la mente lontana da lui da quando, la mattina della corsa, avevamo parlato, anche perché, da quel momento, non ci eravamo più scambiati né una parola, né uno sguardo, ma, mentre stavamo su un aereo che ci avrebbe portarti nello stato del Montana per passare li le prossime due settimane e mezza, non riuscivo a non pensare a come sarebbe stato difficile vederli insieme baciarsi sotto il vischio o vedere i loro sguardi cercarsi allo scoccare della mezzanotte il giorno di capodanno.
Dormii per tutta la durata del viaggio e, alcune ore dopo, Travis mi chiamò per avvertirmi che stavamo arrivando.
Quando finalmente l’aereo atterrò, scendemmo e, una volta dentro l’aeroporto, aspettammo di recuperare le nostre valigie per poi dirigerci verso l’albergo dove dovevamo alloggiare.
Justin, ovviamente, era con noi.
Da praticamente quando eravamo nati, avevamo passato tutti i Natali insieme. I nostri genitori erano amici dai tempi del college, quindi, per me, oltre ad essere il mio migliore amico, era come un fratello e, anche se non ero abituata a passare il Natale senza di lui, avrei davvero preferito che quell’anno fosse distante.
Mentre papà guidava l’auto che avevamo noleggiato, tutti cantavano a squarciagola le solite canzoni di Natale.
Io, invece, non ero ancora riuscita a farmi catturare dallo spirito natalizio.
Me ne stavo a guardare fuori dal finestrino, sperando che, al contrario di quanto mi aspettassi, le cose andassero bene.
Non me la sentivo di lasciare che un semplice litigio mi rovinasse il Natale.
Quando finalmente arrivammo in albergo quasi non mi sentivo più le gambe.
Papà aveva sbagliato un paio di volte la strada, ma, per fortuna, si era poi messo Jeremy al volante.
-ragazzi, aiutate a scendere le valigie.- ci disse mamma.
Io e Travis scendemmo le nostre mentre, ovviamente, Justin portava le sue e quelle di Grace.
Era il suo schiavo per caso?
Quando tutte le valigie furono scese, entrammo e, alla reception, c’era un ragazzo, lasciatemelo dire, abbastanza affascinante che aveva più o meno ventitré anni.
Restai per un attimo a guardarlo.
I suoi capelli erano castano chiaro e la sua pelle non aveva imperfezioni.
Ci accolse con un grande sorriso, penso uno dei migliori che potesse sfoggiare, e quando gli passai vicino, dopo che ci ebbe consegnato le chiavi, riuscii a sentire il suo profumo.
Odorava di Bulgari e, sicuramente, aveva messo più di due spruzzi.
Per qualche secondo quel profumo invase le mie narici, poi mi girai, gli rivolsi un sorriso e seguì gli altri.
-hai smesso di flirtare con il ragazzo alla reception?- chiese Travis ridacchiando.
Arrossii all’istante e gli diedi un buffetto sul braccio –non stavo flirtando!- dissi attirando l’attenzione di Grace e Justin che si trovavano poco più avanti di noi e aspettavano che il secondo ascensore arrivasse.
-no? e allora cosa stavi facendo?- disse sempre con quel suo sorriso stampato in faccia.
-stavo solo cercando d’essere simpatica.- sbuffai cercando di fare l’offesa. –e  poi anche se fosse? che ci sarebbe di male?-
-non lo lascerei avvicinare.- disse stringendomi a sé e lasciandomi un bacio sulla testa.
Sorrisi a quell’affermazione e restai accoccolata tra le sue braccia finché l’ascensore arrivò.
-allora, abbiamo scelto la disposizione delle camere.- disse papà quando ci ritrovammo tutti e otto nello stretto corridoio affiancati dalle valigie.
Tutti annuimmo in segno d’intesa e aspettammo che continuasse a parlare.
-allora, visto che le camere per voi ragazzi sono due, Amy e Grace staranno insieme e Justin e Travis anche.-
Tutti annuimmo e ci avviammo verso le nostre stanze.
Aprii la porta di quella che doveva essere la mia camera e vidi, con mia sorpresa, che i letti non erano due singoli, ma uno matrimoniale.
-un letto matrimoniale?- chiese Grace appena entrata.
-avranno sbagliato.- dissi uscendo dalla camera e ritrovandomi Travis e Justin abbastanza sconvolti.
-per caso avete due letti singoli?- mi chiesero.
Scossi la testa –voi?-
-nemmeno, ci deve essere un errore.-
Ci guardammo per un attimo in faccia, poi gridammo all’unisono –papà.-

 
-hanno sbagliato prenotazione.- disse Jeremy.
-che vuol dire che hanno sbagliato prenotazione?- gli chiese Justin.
-che ci hanno assegnato quattro camere matrimoniali e hanno dato le due singole ad alcuni turisti arrivati ieri.-
-ditemi che è uno scherzo.- disse Justin con fare teatrale.
-per me e Amy non è un problema dormire insieme.- disse Grace.
-già, per te e Amy, ma io non dormirò di sicuro con un maschio, con tutto il rispetto che ho per te, fratello.- disse Travis rivolgendosi a Justin.
-non ci sono altre soluzioni.- disse papà.
Justin e Grace si lanciarono un’occhiata che sia io, che Travis, capimmo al volo.
-se proprio non vogliono dormire insieme, io posso dormire con Justin e Amy con Travis.- intervenne Grace.
Papà e Jeremy scoppiarono in una sonora risata di cui né io, né gli altri, capimmo il motivo.
-bella battuta.- rise Jeremy facendo finta di asciugarsi lacrime inesistenti.
-che ti prende papà?- gli chiese Justin.
-voi due non dormirete insieme.- disse tornando serio.
-perché no?-
-hai diciannove anni, dovresti capirlo da solo.-
-ma..-
-niente ma, voi due non dormirete insieme.-
-e allora che si fa?- chiese Travis.
-ho la soluzione.-
-che soluzione?- chiedemmo tutti insieme.
-Grace dormirà con Travis e Amy dormirà con Justin.-
A quella risposta mi voltai di scatto, incontrando per un attimo gli occhi di Justin e rivolgendo un’occhiata d’aiuto a mio papà.
-non c’è altra soluzione.- mimò con il labiale.
-ma.. no.- dicemmo tutti insieme.
-smettetela di fare i bambini e sbrigatevi, che fra poco si mangia.-
Perfetto, andava proprio tutto alla grande!
Se appena scesa dall’aereo speravo che le cose potessero andare meglio, ora ne avevo la certezza, era impossibile.

 
**
Capitolo 3!
Penso d'essere abbastanza in tempo, visto che sono soli passati quattro giorni dall'ultimo aggiornamento.

Come prima cosa volevo dirvi: scusate se fa estremamente schifo. So che è deludente, ma più che altro è un capitolo di passaggio. 
Anche qui c'è una parte, anche se breve, in cui Amy e Justin parlano.
Comunque, sono passata direttamente al punto di partire perché non mi andava di scrivere tantissimi capitoli dove descrivevo la loro monotona e noiosa vita a Los Angeles.
Per questa vacanza ho molte idee e Los Angeles era solo per introdurre il tutto.
Ad ogni modo spero che non vi dispiaccia questo radicale passaggio da Los Angeles allo stato del Montana, ma, avendo già scritto e finito una fanfinfiction, non mi va di scrivere infiniti capitoli dove non succede niente e che poi diventano anche noiosi!

Seconda cosa: Volevo ringraziare le ragazze che leggono e recensiscono. Sono ancora tre capitoli, ma non sapete quanto felice mi possano fare le vostre recensioni. 
Mi piace sapere ciò che pensate del mio modo di scrivere e della storia in generale. So di non essere bravissima, ma ci metto tutta me stessa.
E, ancora, volevo ringraziare tutte quelle che hanno messo la storia nelle preferite e\o nelle seguite.

Grazie ancora :).

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Capitolo 5
*** 4. Questions. ***


Capitolo 4.
''questions.''

Con un gruppo in gola, seguii Justin che era ormai entrato in camera.
Quando lasciai cadere il mio borsone contro il pavimento, causando un tonfo, Justin mi rivolse uno sguardo del tutto privo di emozioni.
Feci finta di niente e, silenziosamente, mi lasciai andare sul letto.
Affondai la testa contro il cuscino e sperai che fosse un brutto sogno, ma Justin ruppe il silenzio smentendo i miei pensieri: quella era la realtà.
-dormi da quella parte?- mi chiese.
Annuii –se per te non è un problema.- dissi con la voce spezzata.
Condividere la stanza non sarebbe stato di certo d’aiuto per evitarci. In un modo o nell’altro saremmo finiti per parlare o litigare, o, comunque, anche solo la presenza dell’altro avrebbe reso il tutto imbarazzante e difficile da sopportare.
Sentii il rumore di una cerniera, di sicuro quella della valigia di Justin, poi qualcosa sprofondare contro il materasso. Si era seduto e si stava togliendo le scarpe.
-vado a fare una doccia.- disse per poi sparire dentro il bagno.
Solo quando fui sola, rialzai la testa e mi guardai intorno, ispezionando ogni singolo centimetro di quella camera abbastanza accogliente.
Non era molto grande, ma c’erano un letto, un armadio, due comodini e un mobiletto su cui era poggiata una tv. C’era anche una portafinestra dalla quale si poteva accedere ad un piccolo balcone.
Le piastrelle  del pavimento erano di un bianco scuro, quasi grigio, le pareti di un rosso caldo, che partecipavano a rendere più armoniosa quella camera, e le tende che stavano ai lati della portafinestra erano giallo sabbia.
Mi alzai dal letto e tirai fuori dalla valigia dei vestiti, nell’attesa che Justin lasciasse il bagno libero.
Quando la chiave girò nella toppa, scorrevo tra la playlist del mio ipod alla ricerca di una canzone decente.
Mi girai solo quando la porta era ormai aperta e quando vidi Justin rabbrividii.
Così come la mattina della corsa, indossava solo un paio di jeans col cavallo basso, dai quali spuntava poi l’elastico dei boxer Calvin Klein.
Gli lanciai uno sguardo veloce, cercando di non fargli notare l’effetto che aveva su di me.
Nonostante non mi fossi soffermata troppo a guardarlo, notai alcuni tatuaggi che, prima della mia partenza, non c’erano. Uno che mi saltò subito all’occhio fu una rosa. Non ne conoscevo il significato, ma ero certa che ce l’avesse.
Senza dire niente, presi i vestiti che avevo preparato poco prima e mi chiusi in bagno. Aprii il rubinetto dell’acqua della vasca da bagno e, quando fu completamente piena, mi ci immersi, nella speranza di scrollarmi di dosso quella strana sensazione che Justin mi aveva lasciato quando aveva fatto la sua apparizione in camera.
 
Quando uscii dal bagno indossavo dei leggins rosso scuro, quasi bordeaux, una polo Ralph Lauren bianca, una giacca Abercrombie blu scuro e degli Ugg del medesimo colore.
Buona parte di ciò che avevo indosso era un regalo di compleanno da parte di Renée e, visto che il suo modo di vestire mi piaceva tantissimo, mi ero fatta consigliare su come indossare i vari capi di vestiario tra loro e, ovviamente, i vestiti che indossavo in quel momento erano stati selezionati da lei quando ero nel New Jersey.
I miei capelli erano legati in una treccia laterale e, per quanto riguardava il trucco, avevo messo solo un filo di eyeliner e un po’ di mascara.­
-ci hanno chiamato.- disse Justin quando mi vide uscire dal bagno.
Non aveva prestato troppa attenzione a me e mi sentii abbastanza sollevata dal fatto che non avesse ancora detto nulla che avrebbe potuto rovinare ulteriormente il nostro soggiorno li.
A quelle parole, presi il cellulare che si trovava sul letto, lo infilai nella tasca della giacca e mi diressi verso la porta.
-vieni ora oppure dico agli altri di aspettarti?- gli chiesi.
-vengo ora.- disse per poi alzarsi e seguirmi nel corridoio.
Per tutto il tratto dalla camera all’ascensore, sentii il suo sguardo posato su di me, ma cercai di non dargli troppo peso.
I nostri corpi avvolti sotto strati di vestiti erano riflessi sullo specchio che si trovava su di una parete dell’ascensore.
Nessuno dei due fiatò finché non si sentì il suono dell’ascensore che ci avvertiva che eravamo al piano terra.
-finalmente siete arrivati!- esclamò Jeremy appena ci videro.
Scrollai le spalle sorridendo, forse mi ero lasciata cullare un po’ troppo dal tepore dell’acqua calda nella vasca da bagno.
Là fuori si gelava e sarebbe stato così per tutto il tempo, era proprio per questo che i nostri genitori avevano scelto la zona del Big Sky quell’anno. Tutti amavamo sciare e quella località era la più adatta per questo genere di cose.
-allora, che aspettiamo per andare a mangiare?- chiese Travis.
Tutti ridemmo e ci dirigemmo verso il ristorante dell’albergo.
Appena entrati, prendemmo posto e, mentre il mio sguardo vagava da un lato all’altro della sala, vidi il ragazzo che, al nostro arrivo, stava alla reception.
Stava al tavolo con degli amici che, in media, potevano avere  dai ventidue ai venticinque anni, non di più.
Solo quando lo sguardo del biondo s’intrecciò al mio mi resi conto d’averlo guardato troppo a lungo.
Mi rivolse un sorriso che ricambiai e, con le gote rosse, distolsi lo sguardo fingendo disinvoltura.
-ancora quel ragazzo?- mi chiese Travis.
A quel punto l’attenzione di Justin, che stava parlando con Grace, si spostò su me e mio fratello.
-smettila, Trav. non mi ero nemmeno accorta che fosse li.-
-no, infatti è per questo che l’hai fissato per cinque minuti.-
-non è vero.- sbuffai.
-invece si.-
-invece no.-
-non c’è niente di male se dici che lo stavi guardando.-
-ma non lo stavo guardando!- esclamai non volendo dargliela vinta. Sapevo tener testa ai suoi giochetti meglio di quanto credesse.
-okay, non lo stavi guardando, però è carino.- disse bluffando.
-carino? ma l’hai visto bene? è un figo da paura.- esclamai rendendomi conto solo dopo di quanto appena detto e  portandomi le mani alla bocca.
-lo sapevo che te l’avrei fatto dire.- disse sorridendo fiero di sé.
Gli diedi un pizzicotto, mentre Grace ridacchiava e Justin guardava altrove.
 
Quando finimmo di mangiare, salutai tutti e, dopo essermi alzata, mi diressi verso la hall, per poi poter raggiungere da li il piano superiore.
Sentii lo sguardo di Justin posato, ancora una volta, su di me, finché non fui poi fuori dalla sala.
Una volta davanti all’ascensore, troppo pigra per salire le scale, premetti il pulsante e, quando l’ascensore libero arrivò, salii.
Stavo per premere il numero ‘1’ quando la mia attenzione fu attirata da altro.
-ehi tu.- sentii una voce dire.
Istintivamente mi voltai per vedere chi stesse parlando e, soprattutto, se fosse rivolto me.
Vidi il ragazzo di prima avanzare verso di me.
-parli con me?- gli chiesi guardandomi poi intorno e rendendomi conto che non ci fosse nessun’altro oltre a noi due, se non un uomo sulle quaranta che stava alla reception.
-si.- sorrise.
Aspettai che continuasse non sapendo cosa aggiungere, ma, con mia grande sorpresa, non aggiunse niente.
Salì anche lui nell’ascensore e, anticipandomi, premette il pulsante del primo piano.
-scusa, ma ho visto che stavi per salire e ne ho approfittato.- disse sempre con quel suo sorriso stampato in faccia.
-non fa niente.- abbozzai un sorriso.
Ci vollero pochi istanti prima di sentire lo stesso rumore di prima e di vedere le porte spalancarsi, così, una volta nel corridoio, mi salutò con un cenno della mano e si diresse fino in fondo, poi svoltò a destra e sparì dalla mia visuale.
Solo a quel punto mi decisi a raggiungere la mia camera e ad entrarvi.
Quando fui finalmente dentro mi lasciai andare a peso morto sul letto. Ero davvero stanca a causa del viaggio e del freddo.
Quando avevo lasciato il New Jersey la città, stranamente, non era ancora ricoperta di neve e quell’improvviso cambio di temperatura  da Los Angeles al Montana aveva avuto uno strano effetto su di me, oppure era semplicemente stata quella giornata ad avermi scosso un po’.
Sapevo che sarebbe stata dura dover passare tutto quel tempo con Justin, così come sarebbe stata dura condividere lo stesso letto e forse era più questo a preoccuparmi.
Qualche minuto dopo, la porta della camera si aprì e Justin, dopo aver salutato e baciato mia sorella, si era richiuso la porta alle spalle.
Anche lui, appena dentro, si era buttato sul letto.
-stanco?- chiesi.
Lui annuì col capo mentre teneva gli occhi chiusi.
-vado a cambiarmi, dopo, se ti serve il bagno, è a tua disposizione.- dissi semplicemente per poi entrare in bagno e indossare il pigiama.
Quando mi fui cambiata, tornai in stanza e, dopo aver preso il cellulare, scrissi un messaggio a Renée.

A: Renée.
‘Hi! Come sta la mia parigina preferita? Sei arrivata a Parigi? Com’è andato il volo?’
 
Inviai il messaggio e accesi la tv che però non si vedeva bene. Di sicuro il segnale prendeva poco a causa del tempo. C’era vento e di sicuro avrebbe iniziato a nevicare di li a poco.
Mi avvicinai alla portafinestra e scorsi le luci che fuori illuminavano quella meraviglia di paesaggio.
Quando dei fiocchi candidi e bianchi iniziarono a cadere giù, mi strinsi maggiormente nel mio maglione, per mia fortuna avevo tutto l’occorrente per combattere quel freddo glaciale.
I miei pensieri furono interrotti da Justin che, dopo aver mosso di poco i fili, aveva spento la tv.
Entrambi poi ci sdraiammo sul letto, delimitando con dei cuscini che avevamo preso poco prima nell’armadio quale fosse la mia zona e quale la sua.
Dopo aver formato quell’enorme barriera tra noi, avevamo spento le luci e ci eravamo sistemati sotto le coperte.
Per un momento mi chiesi quale fosse il motivo per cui stessimo mantenendo le distanze, poi la risposta si fece spazio tra quella miriade di pensieri.
-Justin..- dissi un po’ incerta.
-umh?- aveva risposto semplicemente.
-c-c’è una cosa che devo dirti.- la mia voce tremava.
-cosa?- rispose.
Presi un respiro, nella speranza d’essere il più convincente possibile. –io non ti amo più.- dissi velocemente, quasi potessi rimanere intrappolata tra quelle cinque parole che a fatica avevo pronunciato.
Lui restò immobile mentre il cuore mi martellava nel petto.
-perché me lo dici?- chiese.
-perché volevo che lo sapessi. non mi va di continuare a non parlarti per il semplice fatto che tu pensi che..- sospirai.- che io sia ancora innamorata di te.-
Si girò, smettendo così di darmi le spalle, ma io non ripetei la sua stessa mossa. Non avevo il coraggio di incontrare i suoi occhi, anche se la stanza era buia.
-sai, non l’ho mai davvero pensato.- disse.
Sentendo pronunciare quelle parole sentii una stretta allo stomaco e gli occhi iniziarono a velarsi di lacrime.
Come poteva pensare e, soprattutto, dire una cosa del genere? Credeva forse che il mio amore per lui fosse stato solo un pretesto per andar via? Credeva che stessi scherzando? Credeva che fosse un gioco?
Quelle sue parole, che continuavano a vorticarmi in testa senza mai fermarsi, mi avevano delusa.
E, di nuovo: Justin era ancora il ragazzo di cui mi ero innamorata?
-facevi bene.- dissi semplicemente, mentre bloccavo il percorso di alcune lacrime calde e salate che cercavano di scorrere lungo le mie guance.
Restammo avvolti nel silenzio per un’altra buona mezz’ora.
Nessuno dei due aveva più aperto bocca.
Non sapevo se Justin dormiva, ma sapevo per certo che io non riuscivo a chiudere occhio.
Quella frase mi si presentava davanti agli occhi ogni singola volta che li chiudevo, aveva sbagliato, aveva detto qualcosa cosa che non avrebbe mai dovuto dire, aveva pensato qualcosa che non sarebbe stata mai davvero vera, aveva dubitato dell’unica cosa di cui avevo da sempre avuto la certezza.
-Amy..- pronunciò appena Justin, ma, nonostante il suo tono di voce fosse estremamente basso, ero riuscita sentirlo.
Respirai rumorosamente, facendogli capire che ero sveglia.
-perché non mi hai detto che saresti andata al college?- chiese.
Quella domanda mi spiazzò.
Mi aveva colto alla sprovvista e l’unica cosa che riuscii a fare fu ignorarla.
Chiusi poi gli occhi, sperando di impedire almeno questa volta alle lacrime di bagnarmi il viso, e, finalmente, mi addormentai, lasciando alla notte che stavamo vivendo quelle domande tanto spontanee, quanto dolorose.

 
**
E' deludente, lo so e mi dispiace davvero tanto. 
E' l'unica cosa che sono riuscita a scrivere.
Avete presente quanto sentite il bisogno di scrivere e non vi importa se avete le idee giuste oppure no?
Ecco, è andata così, o comunque, le idee le avevo, ma le ho buttate giù subito e questo è tutto ciò che ne è venuto fuori.

So cosa state pensando! In questo momento nella vostra testolina mi insultate e vi chiedete:
''se sai che fa così schifo, perché l'hai postato?''
La risposta è semplice: l'ho scritto da alcuni giorni e, dopo averlo riletto molte volte e aver fatto qualche modifica, tutto ciò che è uscito fuori è questo.

Scusatemi. 

In ogni caso, spero vi piaccia e aspetto una vostra recensione.
Ovviamente, ringrazio tutte quelle che leggono e recensiscono, quelle che, pur non avendo un minuto libero, riescono sempre a ritagliarsi una decina di minuti per leggere la storia, quelle che l'hanno tra le preferite e\o le seguite.
Ho visto anche visto che il numero è aumentato!

Grazie ancora :).

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Capitolo 6
*** 5. I miss it, too. ***


Capitolo 5.
''i miss it, too.''

Dormivo beatamente quando una gallina fece irruzione in cam..
Aspettate, una gallina?
Aprii velocemente gli occhi e capii che non poteva essere altro se non il mio cellulare.
Travis! Giuro che me la paga.
Vidi che Renée mi stava chiamando, così non esitai a scendere dal letto, precipitarmi in balcone e rispondere alla chiamata.
-Renée.- esclamai felice. Non ci vedevamo da appena una settimana e mezza e già mi mancava.
-bonjour!-
-allora, sei arrivata a Parigi?- le chiesi. Non avevamo avuto modo di sentirci e l’unica idea che mi era passata per la mente era quella che avesse dimenticato il cellulare al college.
-no, hanno cancellato tutti i voli per via del maltempo e ora sono bloccata al college- disse.
-ma il tuo volo non era la settimana scorsa?-
-esatto, era. ma a mia cugina è venuta la fantastica idea di farmi una visita, quindi ho dovuto posticipare il volo ed ora eccomi qui.- riuscii a sentire che si era appena sdraiata sul letto e stava sbuffando.
-e cosa hai intenzione di fare?-
-semplice, passerò le giornate da McDonald’s.- disse ironica.
Ridacchiai -un’idea niente male.-
Renée dall’altra parte del telefono scoppiò a ridere –certo, oppure potrei fare compagnia ai cuochi della mensa.- disse ridendo ancora più forte.
-sono sicura che non desideri altro.- risi anche io.
-a te com’è andato il viaggio?- mi chiese.
-bene, anche se adesso non sono a Los Angeles.-
-dove sei?-
-sono nel.. ho un’idea.- esclamai trattenendomi dal lasciarmi sfuggire un gridolino.
-quale?-
-perché non vieni qui?-
-qui dove?- mi chiese.

 Ci vollero quindici minuti prima che potessi convincere Renée a lasciare il college e passare le vacanze con me e la mia famiglia, ma, quando ero ormai quasi del tutto congelata, ci riuscii.
Quando terminammo la chiamata, quasi non mi sentivo più mani e gambe e a quel punto mi insultai mentalmente per non aver indossato qualcosa di più pesante.
Subito mi precipitai in camera, decisa a fare un bagno caldo. Quando la portafinestra si spalancò ed ebbi una visuale completa della stanza, vidi che Justin si era già svegliato e che se ne stava sotto le coperte calde.
Il tepore di quella stanza mi accolse e non potei desiderare di meglio.
-pensavo che ti fossi già congelata.- ridacchiò.
-umh, no, ma c’ero quasi.- dissi ironica.
Stavo per entrare in bagno quando la risata di Justin si fece sempre più forte.
-perché ridi?- gli chiesi girandomi a guardarlo.
Aveva i capelli scompigliati e le labbra incurvate in un bellissimo sorriso. Da sotto le coperte si riusciva a malapena ad intravedere il suo petto nudo e qualche tatuaggio. Prima o poi gli avrei chiesto cosa significavano.
-stavo immaginando come sarebbe stato vederti in modalità Jack Dawson.- rise di gusto.
-davvero divertente.- dissi cercando di restare seria.
-lo so che muori dalla voglia di ridere.- disse.
-esatto, ma sai anche che non ti darò questa soddisfazione.- dissi facendogli la linguaccia e chiudendomi in bagno.
Subito dopo aprii il rubinetto dell’acqua, facendo così riempire la vasca. Mentre guardavo l’acqua scorrere un pensiero fece capolino tra tutti gli altri.
Justin.
Era come se fossi tornata indietro nel tempo, come se il momento appena vissuto appartenesse ad un anno prima.
Justin si era comportato come se tra noi non fosse successo niente, come se quell’anno lontani non ci avesse cambiato nemmeno un po’, come se fosse ancora la persona che amavo, ed io avevo lasciato che parlasse, avevo lasciato che fosse Justin, il mio Justin.
Sorrisi a quel pensiero perché, nonostante tutto, sapevo che non odiavo Justin nemmeno un po’ e che mi mancava tantissimo.
La verità era che io non sarei riuscita ad odiarlo, nemmeno se l’avessi voluto.
 
Quado quindici minuti dopo uscii dal bagno, trovai Justin con una tazza di caffè fumante in mano.
-dove l’hai preso?- chiesi indicando la tazza che teneva in mano.
-è passata una cameriera e ci ha lasciato la colazione.-
-la colazione?-
Lui annuii semplicemente.
-ma se non c’è nemmeno un mobiletto dove appoggiare qualcosa.- osservai guardandomi intorno.
Justin fece spallucce –lo so, ma avevo bisogno di caffè.-
-ce n’è un po’ anche per me?- gli chiesi mentre sistemavo in valigia il pigiama.
-no, fare a metà.-
-okay.- dissi avvicinandomi a lui e aspettando che finisse.
Quando ebbe bevuto la sua metà, feci anche io la stessa cosa, fino a svuotare completamente la tazza.
-a che ora sono le lezioni?- mi chiese alzandosi poi dal letto e prendendo dalla sua valigia alcuni vestiti.
-alle dieci.- risposi mentre prendevo il cellulare.
-sai chi sarà il nostro istruttore?-
-no, mamma ha accennato ad un ragazzo che si chiama..- cercai di ricordare quello che mia madre mi aveva detto qualche giorno prima. –Josh!- esclamai poi felice per averlo ricordato.
-okay.- disse per poi scomparire per una manciata di minuti in bagno.
Poco prima che Justin tornasse in camera, bussarono alla porta e ci avvertirono che ci aspettavano all’ingresso.
-ci aspettano giù.- dissi appena uscì dal bagno.
Justin annuì e, dopo aver preso il cellulare, si diresse verso la porta e l’aprì. Io lo seguii e insieme scendemmo al piano terra.
-Trav!- dissi camminando a passo veloce verso di lui subito dopo aver messo piede fuori dall’ascensore.
-sorellina!- esclamò sorridente.
Finsi un sorriso e, quando fui abbastanza vicina a lui, gli diedi un pugno sul braccio.
-ahi.- si lamentò, anche se sapevo di non avergli fatto realmente male. –cos’ho fatto di male questa volta?- chiese.
-una gallina ti dice niente?- gli chiesi cercando di non ridere.
-da quando in qua le galline parlano?- chiese ironico.  
-non sei divertente.-  
-no, davvero, mi sono perso qualcosa? perché io non ho mai sentito una gallina parlare.-
A quelle parole scoppiai a ridere –lo so che sei stato tu.- dissi tra un respiro e un altro mentre cercavo di tornare seria.
-ma a fare cosa?- era abbastanza perplesso, quindi non era stato lui.
-hai cambiato la suoneria al mio cellulare.-
-e quando avrei dovuto farlo? il cellulare l’hai sempre avuto tu.-
Mi guardai intorno e individuai Justin che teneva Grace stretta a sé.
Stronzo, era stato lui!
 
Quando alle dieci meno un quarto ci avevano presentato il programma di quel giorno, tutti eravamo corsi in camera e avevamo indossato calzemaglie, maglie e tutto il resto.
Era da tanto che non sciavo e con quell’enorme tuta indosso mi sentivo ingombrante e un po’ ridicola.
Speriamo solo che l’istruttore non sia un bel ragazzo!
Erano le dieci in punto quando tutti, e per tutti intendo più della metà della gente che alloggiava in quell’albergo, si trovavano nella hall ad aspettare che ad ogni gruppo di persone venisse assegnato il proprio istruttore.
Quando alcuni ragazzi si presentarono davanti a noi, riuscii a riconoscere qualcuno e subito ricordai dove li avevo visti: erano tutti i ragazzi che la sera prima stavano al tavolo con il ragazzo che ci aveva accolti al nostro arrivo.
Ognuno di loro aveva una targhetta sulla tuta e riuscii appena a leggere i nomi.
Jason, Max, Harry, Daniel.
I miei occhi passavano da una targhetta all’altra senza nemmeno guardare quei ragazzi in viso quando finalmente lo trovai: Josh!
Istintivamente, appena lessi quel nome, alzai il capo e il mio sguardo finì per ispezionare il mio istruttore.
STO SOGNANDO? SE E’ COSI’ FATEMI SVEGLIARE.. OPPURE NO, LASCIATEMI DORMIRE, E’ UN BEL SOGNO.
Josh, era proprio lui. Lo stesso Josh che profumava di Bulgari. Lo stesso Josh che aveva un sorriso che faceva invidia alle stelle. 
Quando qualche secondo dopo si accorse che lo stavo fissando, mi guardò e abbozzò un sorriso.
Arrossii leggermente, era la seconda volta che mi beccava a fissarlo.
Forse ero decisamente troppo inesperta con i ragazzi ed il vero problema era che in vita mia mi ero ritrovata a fissare solo un ragazzo che però i miei sguardi non li notava nemmeno.
-Amy, il tuo istruttore è Josh.- la voce di mia madre mi portò alla realtà.
-mio?- chiesi.
-si. io e tuo padre siamo nell’altro gruppo.-
-oh, okay.- annuii.
-il gruppo numero 2.- disse qualcuno. O meglio, Josh.
Ero riuscita a riconoscere la sua voce.
Mi affrettai a raggiungere gli altri componenti del mio gruppo e mi accorsi che c’era anche Justin, mentre invece Grace e Travis stavano nel gruppo numero 1.
-gruppo numero 2, ci siete?- chiese.
Tutti annuimmo.
-bene, quanti di voi non sanno sciare?-
Nessuna mano si alzò e Josh annuì compiaciuto.
-vedo che ho a che fare con degli esperti.- ironizzò e tutti scoppiammo a ridere.
-allora, so a che livelli sono alcuni di voi, ma non so i livelli di altri, quindi faremo una cosa.- disse prendendo poi una pausa per cercare i nostri sguardi e vedere se lo stessimo seguendo. Ma come si faceva a non dar retta ad uno come lui? –tu- disse indicando un uomo sui trenta.- puoi andare, all’una al ristorante.- e, detto questo, iniziò a fare una serie di nomi, ripetendo le esatte parole di prima.
-restate solo voi.- disse indicando me, Justin e altre quattro persone. –non so come ve la cavate, quindi, seguitemi fuori, prendete l’attrezzatura e vediamo cosa sapete fare.- disse sorridente.
Io e quello che rimaneva del mio gruppo ci precipitammo fuori e, dopo aver preso la nostra attrezzatura, salimmo a due a due sulla seggiovia.
Io stavo seduta accanto a Justin che non staccò gli occhi dalla pista nemmeno per un attimo.
-quanto tempo è che non sciamo?- mi chiese.
-l’ultima volta che siamo stati in una località di montagna è stato tre anni fa circa.- dissi ripensando all’ultima volta in cui avevamo passato il Natale sulla neve.
-già.- abbozzò un sorriso.
-mi manca un po’ sciare.- ammisi.
-manca anche a me.- disse poco prima di prendermi per mano e saltare giù.
Quando tutti furono al punto di partenza, Josh ci fece partire uno ad uno.
Io fui l’ultima e, dopo aver iniziato a sciare, lui fece la stessa cosa, affiancandomi, ma in quel momento ero troppo impegnata a zigzagare sulla neve per vedere cosa stesse esattamente facendo.
Sentivo il vento freddo pizzicarmi la pelle, ma quello non era niente in confronto alla sensazione di pace e spensieratezza che provavo dentro.
In quel momento c’eravamo solo io e la neve, nient’altro contava. Non contava Justin, non contava Josh accanto a me, non contava il college ed io stavo bene, ero felice.
Josh avanzava e indietreggiava di poco di tanto in tanto, per seguire anche gli altri e, delle volte, riuscii a sentire il mio sguardo, anche se solo per una frazione di secondi, su di me.
 
Solo all’ora di pranzo ci fermammo. Quando presi posto al tavolo di un ristorante poco lontano dalla pista, ero davvero stanca.
Avevamo sciato per tre ore intere senza fermarci una sola volta, ma in fondo non potevo desiderare altro.
-ciao.- disse Josh prendendo posto accanto a me.
-ciao.- dissi dopo aver posato il bicchiere che avevo riempito d’acqua.
-sei brava a sciare.-
-grazie.-
-da quanto tempo lo fai?-
-da tutta la vita.-
Lui rise –dici sul serio?-
Annuii –ho iniziato a sciare quando avevo quattro anni. i miei volevano che imparassi, così mi hanno fatto prendere delle lezioni.-
-anche io scio da praticamente sempre.-
-davvero?-
-si.- abbozzò un sorriso.
-i tuoi volevano un figlio che facesse l’istruttore di sci?- chiesi.
-ce l’ho scritto in faccia?- chiese ridacchiando.
-no, ho solo provato ad indovinare.- risi.
-sei di queste parti?- chiese poi cambiando discorso.
-no, sono di Los Angeles.-
-e cosa ci fa una come te in un college del New Jersey?- mi chiese.
-come fai a sapere che vado al college e, soprattutto, come fai a sapere che studio li?- chiesi.
-l’ho capito subito che sei una di Princeton.- disse sorridendo.
-ma..?- chiesi non capendo.
-ho solo provato ad indovinare.- disse facendo spallucce.
Ridacchiai –scoprirò mai come fai a sapere così tante cose di me, mentre io so solo il tuo nome e il tuo lavoro?-
-studio anche io li e ti ho vista un paio di volte.-
-davvero? non ti ho mai visto.-
-io sono al terzo anno.-
-conosci Renée, vero?- gli chiesi.
-può darsi.- disse.
-tu sei il fastidiosissimo ragazzo del corso di matematica!- esclamai come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Josh fece spallucce e rise –sono io.-
Scoppiai a ridere insieme a lui.
Anche Renée era al primo anno, ma, essendo una delle alunne più brave, poteva frequentare un corso del secondo anno a sua scelta e lei aveva scelto matematica. Proprio in quel corso aveva conosciuto Josh che, pur essendo del terzo, aveva rimandato matematica così tante volte da non riuscire a seguire il corso del suo anno.
-che ne dici se qualche volta usciamo?-
-qui o quando torneremo al college?- chiesi retorica.
-qui e quando torneremo al college.-
-okay.- dissi sorridendogli.
 
Quando la sera rientrammo in camera, mi tolsi la tuta ed il resto, mi asciugai con un asciugamano e indossai degli altri vestiti, per poi buttarmi a peso morto sul letto.
-non ce la facevo più.- esclamai sentendo la schiena a pezzi.
-oggi è stato faticoso.- disse Justin imitandomi.
Nessuno dei due parlò per qualche secondo.
-conoscevi il nostro istruttore?- mi chiese.
-si, frequenta la mia stessa università.- dissi senza riflettere.
Justin stava per dire qualcosa quando lo interruppi.
-perché hai cambiato la suoneria del mio cellulare?- gli chiesi.
-cosa?-
-lo so che sei stato tu.-
-io non ho fatto niente.-
-Justin..- lo rimbeccai.
-sono serio.-
-Justin..-
-non scherzo.-
-Justin..-
-okay, sono stato io.- disse ridendo.
-perché hai scelto proprio una gallina?-
-era divertente.-
Scoppiai a ridere –buonanotte.- dissi per poi infilarmi sotto le coperte e spegnere la luce.
-notte.- ci fu qualche istante di silenzio, poi Justin sospirò.
-che c’è?- chiesi girandomi verso di lui.
-niente.-
-c’è qualcosa che devi dirmi?-
-no.-
-okay.- dissi tornando poi a dargli le spalle.
Dopo qualche ora non avevo ancora chiuso occhio. Ero davvero stanca, ma sapevo che Justin era sveglio e sentivo il suo sguardo posato su di me e questo mi impediva di dormire. O meglio, i miei pensieri mi impedivano di farlo.
-oggi Josh non ti ha tolto gli occhi di dosso.- sussurrò, la sua voce era quasi impercettibile.
-cosa?-
-umh, non pensavo fossi sveglia.- disse per poi girarsi. -notte Amy.-
Il silenzio tornò a regnare nella stanza e, fissando il vuoto, mi chiesi se aver detto a Justin di non amarlo più fosse stata la cosa migliore.

 
**
Avete presente quando l'ispirazione vi manca proprio? Bene, non avevo nemmeno un'idea.
Volevo introdurre Josh e l'unico modo che mi è venuto è stato questo. 
Sapevo già che ruolo doveva avere, ma non sapevo come ''presentarvelo'' e così ecco cosa è uscito. 

Ad ogni modo devo dirvi un paio di cose.
Uno: volevo ringraziare tutte le ragazze che leggono questa fan fiction e, soprattutto, quelle che trovano un po' di tempo anche per recensire.
So che le recensioni non sono tutto, ma mi piace sapere cosa ne pensate della storia e, ve lo dico, se c'è qualcosa che non vi piace ditemelo. 
Ovviamente io ho le mie idee per questa storia e le seguirò, ma ci tengo a farvi sapere che non sono una di quelle ''scrittrici'' che non accetta nessun tipo di consiglio. 
Scrivo perché mi piace e, capitolo dopo capitolo, spero di potermi migliorare, anche se di poco, e per me i vostri giudizi sono importanti.

Due: ho visto, con mio grande piacere, che il numero di persone che segue la storia è aumentato molto e questo può solo farmi felice. Siamo ancora  a 5 capitoli e quasi 30 persone hanno la fan fiction nelle preferite e\o seguite.

Terza ed ultima cosa: spero vi piaccia e aspetto una vostra recensione. So che non è il massimo, ma le parti migliori devono ancora arrivare :). 

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Capitolo 7
*** 6. You're worst than a girl. ***


Capitolo 6.
''you're worst than a girl.''

Stavo percorrendo il corridoio che conduceva all’ascensore quando avvertii qualcuno dietro di me. Entrai in ascensore insieme a Grace e non feci in tempo a girarmi per vedere chi fosse che le porte si erano già chiuse.
Quando l’ascensore si fermò si udì il solito rumorino prima che le porte si aprissero.
Subito uscimmo, ma, qualche istante dopo, un rumorino identico a quello di poco prima invase di nuovo l’aria intorno a noi.
Grace continuò a camminare, invece io mi girai di scatto per vedere chi fosse e vidi Josh venirmi incontro.
-allora stasera usciamo?- mi chiese dopo avermi raggiunta nella hall e avermi schioccato un bacio sulla guancia.
-okay, ma dove si può andare qui?-
-ho un paio di idee, tu devi solo indossare qualcosa di comodo, niente gonne o cose del genere.- rise.
-ma..?- gli chiesi interrogativa.
-al college indossi sempre gonne e vestiti, ma oggi no, oggi starai comoda.- mi sorrise.
Arrossii leggermente per l’imbarazzo, poi annuii e, dopo aver ricambiato il saluto, lo vidi sparire oltre l’uscita dell’albergo.
Un po’ perplessa per quell’affermazione, presi posto su uno dei divanetti che stavano al centro della stanza perfettamente arredata.
-siamo qui da soli tre giorni e hai già fatto innamorare il tuo istruttore di scii?- disse Grace imitando i miei movimenti e sedendosi accanto a me.
-umh, cosa?- chiesi rivolgendole un’occhiata interrogativa.
-gli piaci Amy, tutti sarebbero capaci di capirlo.-
-non è vero, stiamo solo cercando di diventare amici, o almeno di conoscerci un po’.- dissi nella speranza che Grace si convincesse.
-se lo dici tu.- disse facendo spallucce. –allora, che si fa oggi?- mi chiese.
-potremmo fare un giro nei dintorni, ma non so cosa si possa fare qui se non sciare.- dissi rendendomi conto solo in quel momento di quanto limitate fossero le nostre opzioni in quel luogo.
-bell’idea.- sorrise.
-avvisiamo gli altri, prepariamoci e poi andiamo.- dissi per poi salire al piano superiore ed entrare in camera.
Justin dormiva ancora e speravo solo che svegliarlo non sarebbe equivalso a non rivolgergli la parola per tutto il giorno.
Mi avvicinai al letto e, quando fui a qualche centimetro dal suo orecchio, iniziai a chiamarlo.
-Justin, sveglia.- dissi piano. Non mi andava di doverlo evitare per il semplice fatto che mi era toccato il compito peggiore.
-Justin, dai, svegliati.-
Poco dopo si mosse e, dopo essersi strofinato gli occhi, li aprì lentamente.
-che c’è?- mugugnò.
-usciamo, quindi alzati e preparati.- dissi allontanandomi da lui.
-e dove andiamo?- chiese sbadigliando.
-facciamo un giro nei paraggi per vedere cosa c’è.-
-okay, mi alzo.- disse poi togliendosi di dosso le coperte e scoprendo il suo fisico perfetto.
Prima di poterlo ammirare, distolsi velocemente lo sguardo per evitare di creare imbarazzo tra noi, poi presi dei vestiti dalla valigia e aspettai che Justin entrasse in bagno per potermi cambiare e mettere qualcosa di adatto per uscire.
Quando Justin uscì dal bagno era già pronto.
-hai bisogno del ba..- si interruppe quando mi vide.- sei pronta?- disse squadrandomi da capo a piedi.
-si, se avessi dovuto aspettare te avremmo fatto notte.- ridacchiai.
-cosa vorresti dire?-
-che quando ti devi preparare sei peggio di una ragazza.-
-non è vero, ci sto pochissimo.-
-la prossima volta ti cronometro!- rise a quell’affermazione.
-okay.- disse poi sorridendo.
Quando uscimmo dalla nostra camera Grace e Travis dovevano ancora finire di prepararsi, così li aspettammo giù.
-cosa ne dici di prendere una boccata d’aria?- mi chiese Justin una volta difronte alla reception.
-okay.- dissi sistemando sciarpa e guanti.
Una volta fuori l’aria fredda del mattino mi pizzicò la pelle e vari brividi mi corsero lungo tutto il corpo.
Istintivamente sfregai le mani, cercando di mantenere calda la mia temperatura corporea, cosa che, ovviamente, non riuscii a fare.
Né io, né Justin aprimmo bocca finché Grace e Travis non ci raggiunsero.
-allora, dove andiamo?- ci chiese Travis infilando poi le mani nelle tasche del suo giubbino.
-facciamo un giro in zona e vediamo cosa c’è?- chiese Justin.
Tutti annuimmo.
-speriamo solo che ci sia uno Starbucks nei paraggi, sono in astinenza da caffè da ieri mattina, non penso di poter stare così ancora a lungo.- dissi.
-andiamo alla ricerca di uno Starbucks!- disse Travis con aria da combattente facendoci ridere.
-smettila di fare lo stupido e andiamo.- dissi prendendo Travis sotto braccio per poi iniziare a camminare.
 
Dopo una mezzoretta arrivammo ad un piccolo paese.
-credo che magari qui ci sarà qualcuno, forse non troveremo uno Starbucks, ma una caffetteria deve esserci sicuro.- disse Justin mentre teneva Grace fra le sue braccia.
Poco più avanti rispetto a dove ci trovavamo c’era un cartello con una freccia che indicava dritto davanti a noi.
Camminammo per altri trenta metri circa, poi ci ritrovammo tra alcune abitazioni.
C’erano piccole casette a destra e a sinistra e sopra le nostre teste c’erano delle enormi decorazioni natalizie che rappresentavano renne, babbi natale e stelle comete che andavano da un lato all’altro della strada.
Le lucine di questi addobbi non erano accese perché era ancora giorno, ma di sicuro doveva essere un bello spettacolo di sera.
Mi guardai un po’ intorno e notai alcuni negozietti. In quasi tutte le vetrine c’erano adesivi natalizi e cartelli con su scritto “Buone feste”.
Qua e la c’era gente in giro. Bambini, mamme, papà, nonni, erano tutti li, e giravano per la città alla ricerca di qualche oggetto che fosse abbastanza speciale per essere regalato a qualcuno di davvero importante.
Erano tutti avvolti nei loro giubbini, coperti anche da sciarpe, guanti e cappelli e ti facevano sentire lo spirito del Natale anche semplicemente guardandoti.
-entriamo qui?- chiese Grace indicando una caffetteria e riportandomi alla realtà.
-si, ho bisogno di qualcosa di caldo.- dissi e Justin e Travis scoppiarono a ridere.
-cosa ridete voi?- chiese salendo i gradini per poi aprire la porta del locale.
-niente.- risposero all’unisono mentre continuavano a ridere.
Quando entrammo ci accolse un piacevole tepore e un buon odore di caffè e ciambelle mi invase le narici.
Prendemmo posto ad un tavolo non molto distante dall’ingresso e, dopo aver sfogliato il menù, una cameriera ci si avvicinò e prese le nostre ordinazioni.
-è tantissimo che non faccio una colazione decente!- dissi dopo che la cameriera ci ebbe portato quanto ordinato.
-ma se quando sei tornata Anna non ha fatto altro che viziarti!- esclamò Travis facendoci ridere.
-quando sono a casa è un’eccezione. ma  a mensa danno solo schifezze, a colazione, a pranzo e a cena.-
-allora torna a casa.- disse Grace facendo poi piombare il silenzio.
A quelle parole sembrava che le cose intorno a noi si fossero fermate e ed era  quasi come se non volessimo nemmeno fiatare.
-ho detto qualcosa che non va?- chiese poi.
Io scossi la testa mentre Justin fece finta di niente. Lui sapeva che il motivo per cui ero andata al college senza dire niente era proprio lui, per questo non fiatò e restò immobile, interessandosi solo alla sua colazione.
-è tutto okay.- la rassicurai vedendola un po’ confusa.
Lei annuii, poi tutti continuammo a fare colazione senza parlare. La situazione era parecchio tesa, soprattutto tra me e Justin.
Dopo aver finito di mangiare, pagammo e uscimmo fuori.
-facciamo un giro in questi negozi?- propose Grace.
-andate tu e Amy, io e Justin vi raggiungiamo dopo.- disse Travis lanciando uno sguardo a Justin che annuì semplicemente.
Ringraziai mentalmente Travis per aver preso quella decisione e iniziai a camminare affiancando Grace.
Girammo per qualche negozietto, dando un’occhiata qua e la.
-cosa ne dici di questa?- mi chiese Grace mostrandomi una bellissima sciarpa rosso scuro.
-è bellissima.- le sorrisi.
Continuai a girovagare per il negozio finché non trovai quello che cercavo: una borsa a tracolla di pelle nera che si abbinava perfettamente agli stivali che Grace indossava in quel momento.
Subito andai alla cassa, la feci incartare e aspettai Grace fuori dal negozio, per poi darle il pacchettino.
Con mia grande sorpresa anche lei me ne diede uno e, dopo aver strappato la carta, vidi che mi aveva comprato la sciarpa che mi aveva mostrato poco prima.
-è fantastica e si abbina ai miei vestiti.- disse sorridente Grace mentre mi abbracciava.
Ricambiai l’abbraccio e la ringraziai anche io –e anche la sciarpa è fantastica.- sorrisi davvero felice.
Se al mio arrivo a Los Angeles avevo creduto che mia sorella fosse cambiata, in quel momento avevo la certezza che fosse sempre la stessa.
Era pur sempre mia sorella e non potevo lasciare che il suo fidanzamento con Justin influisse sul nostro rapporto.
 
Io e Grace raggiungemmo Justin e Travis quando il sole era già alto nel cielo.
Doveva essere mezzogiorno circa e, ovviamente, il mio stomaco brontolava per la fame.
-finalmente siete tornate!- disse Justin e Travis ridacchiò.
Entrambi se ne stavano seduti su di una panchina vicino alla caffetteria dove avevamo fatto colazione quella stessa mattina e, di sicuro, non si erano alzati di li nemmeno per un momento.
-andiamo a mangiare?- chiesi.
A quella domanda tutti scoppiarono a ridere e io feci la finta offesa.
-perché ridete sempre quando dico qualcosa?-
-sei troppo tenera quando ti comporti da bambina, potrei quasi amarti.- disse Justin mentre rideva.
Nessuno sembrò notare quanto detto da Justin, così continuarono a ridere, mentre a me, invece, quelle parole vorticavano in testa.
D’un tratto tutte le mie sicurezze crollarono e le farfalle iniziarono a scatenarsi nel mio stomaco.
Sapevo che per lui quelle parole non avevano nessun significato, sapevo che le aveva dette in modo ironico, eppure erano riuscite a farmi tremare le mani e battere il cuore all’impazzata.
Pensare che avrei davvero potuto dimenticare Justin era un’enorme cazzata.
Sforzai un sorriso, finché non smisero di ridere, poi ci dirigemmo verso una locanda lì vicino e non aprii bocca finché non fummo arrivati.
 
-sbrighiamoci, devo ancora prepararmi.- dissi agli altri mentre tornavamo in albergo.
Era già tardo pomeriggio e stava facendo buio.
-cosa devi fare di così importante?- mi chiese Travis.
-devo uscire.-
-con chi?- chiese lanciandomi un’occhiataccia.
-con Josh.- dissi per poi aprire la porta principale dell’albergo e sentirmi invadere dal calore dell’enorme stanza. I riscaldamenti erano accesi e questo era un bene perché la fuori si gelava ed io non avrei resistito ancora per molto.
Mi guardai un po’ intorno, poi salii al piano di sopra e, una volta in camera, la prima cosa che feci fu una doccia calda.
Quando uscii dal bagno, avvolta in un asciugamano, Justin era sdraiato sul letto: aveva le cuffie alle orecchie e gli occhi chiusi.
Non sapevo se stesse dormendo o meno, ma non volevo interrompere quel momento di tranquillità, così, dopo aver visto com’era il tempo fuori, scelsi i vestiti che avrei dovuto indossare e mi richiusi in bagno.
Quando fui pronta tornai in camera e notai che Justin stava dormendo, così, dopo aver preso una borsa e la sciarpa che poco prima mi aveva regalato Grace uscii dalla camera e andai nella loro.
-Justin sta facendo la doccia?- mi chiese Grace una volta entrata.
Scossi la testa –sta dormendo.- risposi per poi sedermi sul letto.
-vado da lui.- sorrise.
-okay.- annuii semplicemente.
Quando il tonfo della porta ci avvertì che Grace era ormai fuori, Travis prese posto accanto a me sul letto.
-oggi ho parlato con Justin.- disse.
-di cosa?- gli chiesi.
-di te e di lui.-
D’un tratto il cuore iniziò a martellarmi nel petto –c’è qualcosa da dire su di me e lui?- chiesi.
Sospirò. –voi due dovreste parlare.-
-non abbiamo niente da dirci.- risposi atona.
-Ams, non voglio che tu soffra.- disse attirandomi a sé e abbracciandomi.
-è tutto okay.- cercai di rassicurarlo.
-sicura?-
-si.-
-se lo dici tu allora mi fido.- disse schioccandomi un bacio sulla guancia. –allora, sei pronta per uscire?- cambiò discorso.
-aspetta, ma che ore sono?-
Lo schermo del suo iphone si illuminò –quasi le otto.-
-ma è tardissimo, devo andare.-
-divertiti.- disse sorridendomi.
Lo salutai e uscii dalla camera. Stavo per salire in ascensore quando mi ricordai di aver dimenticato il cellulare in camera, così tornai indietro.
Stavo per aprire la porta quando sentii Justin e Grace ridere.
Dopo aver sospirato ripercorsi il corridoio e scesi al piano inferiore cercando di non complicare maggiormente le cose.

**
Ecco qui il capitolo 7!
So che sono passati quindici giorni e mi scuso, ma non ho davvero un attimo libero. 
Scusatemi ancora.

Allora, come potete ben vedere questo è un capitolo di passaggio, ma i prossimi dovrebbero essere decisamente migliori (spero).
Volevo poi dire solo due cose.
Uno: come al solito ringrazio tutte le ragazze che leggono questa storia, quelle che trovano qualche minuto per recensirla e quelle che l'hanno tra le preferite e\o seguite.
Siete già quasi 40 e io vi ringrazio tantissimo. 

Due: spero che vi piaccia e aspetto una vostra recensione per sapere cosa ne pensate. 
Ripeto, so che non succede molto in questo capitolo, ma alcuni dei prossimi saranno collegati a questo :).


 

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Capitolo 8
*** 7. Only know you love her when you let her go. ***


Capitolo 7.
''only know you love her when you let her go.''

-dannazione.- imprecai quando il tacco restò impigliato sul tappetto d’ingresso. A stento riuscii a tenermi in equilibrio e, con quel poco buon senso che mi restava, mi tolsi l’altra scarpa e tornai in camera scalza. Il pavimento era gelido e feci le scale di corsa per evitare di ritrovarmi con due ghiaccioli al posto dei piedi.
Quella sera era particolarmente fredda e, nonostante l’appuntamento con  Josh  fosse andato bene, il pensiero di Justin e Grace in camera mi irritava parecchio. Chiunque mi avesse vista in quel momento avrebbe potuto pensare solo due cose: o che avessi il ciclo, o che fossi ubriaca e che una scimmia dispettosa avesse rubato il mio bradipo di peluche.
Mentre armeggiavo con la carta per aprire la porta della mia camera, scoppiai a ridere per via dei pensieri assurdi che facevo.
Quando finalmente riuscii ad aprire la porta, mi portai una mano alla bocca e con l’altra mi coprii gli occhi, per evitare di vedere scene che non mi sarebbero piaciute molto.
Una volta dentro, indietreggiai un po’ e poggiando la schiena contro la porta, la chiusi.
-che stai facendo?- chiese Justin con tono di voce basso.
Lentamente tolsi la mano dagli occhi e dalla bocca e vidi che, come avevo previsto, Grace era in camera. Erano entrambi sdraiati sul letto, sotto le coperte. Grace aveva il viso poggiato sul petto di Justin e dormiva, Justin, invece,  le accarezzava dolcemente i capelli.
A quella visione rabbrividii e quasi desiderai di vederli baciare o fare qualsiasi altra cosa.
Quella che avevo davanti agli occhi era la visione perfetta che avevo sempre avuto di me e Justin, ma, questa volta, nel quadro felice la fortunata ragazza non ero io.
In quel momento sentii una punta –o forse anche molto di più di una punta- di gelosia.
Quando mi accorsi che li stavo fissando distolsi velocemente lo sguardo e mi posizionai davanti alla valigia, dando così le spalle a Justin.
Avevo intenzione di prendere il pigiama e andare a dormire nella stanza di Trav. Non avevo né il tempo, né la voglia di fare quella gelosa e, soprattutto, non avrei fatto niente che facesse notare a Justin quanto ancora lo amassi.
-allora?- chiese impaziente, ma con lo stesso tono di voce che faceva intendere tutto tranne rabbia.
-allora cosa?- dissi richiudendo la cerniera della valigia e dirigendomi verso la porta.
-dove vai?- mi chiese.
-dormo nella stanza di Travis, tranquillo.- dissi lasciando trasparire solo e semplicemente calma.
-no, Grace dorme con Travis, tu dormi qui.- disse Justin sollevandosi di poco.
-non ce n’è di bisogno, so stare dodici ore lontano da te.- dissi mentre ripensavo a quanto quella frase sembrasse vera e a quanto poco in verità lo fosse.
Non lo era per niente, perché, nonostante avessi passato un anno lontano da lui, avevo sentito la sua mancanza ogni singolo istante. Avevo passato quasi tutta la mia vita in sua compagnia e essere distante da lui mi faceva sentire persa.
-lo so bene, ma tuo padre sarebbe furioso se scoprisse che ha passato la notte con me.-  disse. Poi si alzò lentamente, indossò una maglia e, dopo aver preso Grace in braccio, la portò nella camera di Travis.
Quando tornò in camera io ero ancora davanti alla porta, con un’espressione che lasciava intendere tutto e niente, anche se sapevo che Justin avrebbe saputo decifrarla. Per lui ero sempre stata un libro aperto. Non c’era niente di me che non sapeva o che non capiva, lui mi conosceva meglio di quanto mi conoscessi io stessa e sapeva esattamente a cosa stavo pensando.
Sapeva che, in cuor mio, speravo che avesse voluto la mia compagnia perché gli importava qualcosa di me e sapeva anche che ero rimasta delusa, ma non l’avrebbe mai detto, né mai l’avrebbe accennato. Si sarebbe semplicemente tenuto ciò che aveva letto nei miei occhi per sé e avrebbe fatto finta di niente.
E se invece avesse smesso di capirmi?
Quella domanda non me l’ero ancora posta, ma ora che avevo ammesso che molto probabilmente non eravamo più quelli di un tempo, avevo una dannata paura di conoscere la risposta, anche se, ovviamente, non mi sarei meravigliata se così fosse stato. Tutti si stancano di continuare a leggere libri letti e riletti fino a saperli a memoria e, per quanto ne sapevo, Justin la mia storia avrebbe potuto anche riscriverla, perché la conosceva davvero fin troppo bene.
-hai intenzione di restare li impalata per tutta la notte o vieni a dormire?- mi chiese poi tornando sotto le coperte e risvegliandomi dal mio stato di trance.
Richiusi velocemente la porta, andai in bagno, mi struccai, mi cambiai e feci il mio ingresso in camera.
Poi spensi la luce e mi fiondai sotto le coperte, stando ben attenta a non sfiorare minimamente Justin.
Ci fu qualche istante di silenzio che, sinceramente, preferivo alle domande, ma poi Justin finse di tossire.
-non mi dici niente?- chiese incerto.
-cosa dovrei dirti?- chiesi mentre gli davo le spalle.
-dirmi com’è andata, raccontarmi cosa avete fatto.-
-non credo che tu voglia davvero saperlo.-
-perché no? è stato così disastroso?- ironizzò.
Sapevo che gli si era stampato un sorriso sul volto, era sempre così quando scherzava su qualcosa di cui a me non piaceva parlare.
-perché io e te ora non siamo più Justin e Amy.- pronunciai ad alta voce la congiunzione che stava tra il suo e il mio nome.
-non importa, voglio saperlo lo stesso.-
Cambiai posizione in modo da poter osservare il soffitto.
-non c’è molto da dire. siamo andati in un ristorante qui vicino. abbiamo mangiato, riso e scherzato. niente di che.-
-era un appuntamento?- chiese.
-non so. molto probabilmente una semplice serata fra amici.- dissi e lo vidi annuire.
-buonanotte Ams.- disse Justin.
-‘notte.- dissi chiudendo gli occhi.
 
Il mattino dopo, quando mi svegliai, avevo la guancia premuta contro la spalla di Justin e, dopo che una scia di brividi mi percorse tutto il corpo, mi allontanai velocemente.
Ero parecchio imbarazzata e speravo che Justin stesse dormendo.
Quando notai che, per una volta, le mie preghiere fossero state esaudite, mi fiondai in bagno e, dopo essermi vestita, tornai in camera.
Legai poi i capelli in una crocchia disordinata e, dopo aver messo un filo di trucco, controllai l’orario, notando, con mio grande piacere, d’essere ancora in tempo per la colazione.
Il servizio di quell’albergo era efficiente ma rigoroso e –lasciatemelo dire- gli orari erano davvero, davvero impossibili. La gente andava li in vacanza e a nessuno –tantomeno quando si è in vacanza- piace alzarsi alle otto del mattino per evitare di restare senza colazione.
Dopo aver preso un vassoio di ciambelle, pancakes, muffin e caffè, sgattaiolai fuori dal ristorante e tornai velocemente in camera, sperando di non farmi vedere.
Per fortuna, per la seconda volta in meno di un’ora, anche questa volta mi era andata  abbastanza bene e, quando rientrai in camera, Justin era già sveglio.
-oh, sei sveglio.- esclamai dopo essermi chiusa la porta alle spalle.
-hai preso da mangiare?- chiese mentre l’ombra di quello che sembrava essere un sorriso andava dipingendosi sul suo viso.
Annuii –ho fame.- ridacchiai per poi prendere una ciambella.
-posso vederlo.- disse ridendo e bevendo poi un sorso di caffè. –dormito bene?- chiese.
Mi pulii la bocca con un tovagliolo preso al piano di sotto –si, perché?-
-chiedevo.- fece spallucce per poi prendere un pancake dal vassoio.
-che si fa oggi?- chiesi per poi dare un altro morso alla ciambella.
-credo che resteremo in albergo. fuori si gela e, per quanto io ami sciare, non credo di farcela.-
Annuii –ora vado a dirlo a Trav. magari gli viene un’idea per passare un po’ di tempo.- dissi.
-loro non possono restare in albergo.- disse poi mettendosi a sedere sul letto.
-perché?- chiesi.
-perché hanno lezione di sci.-
-oh.- gli feci intendere d’aver capito.- e allora che facciamo?- mi alzai, lasciai il vassoio con quello che restava della colazione fuori dalla porta, rientrai e mi sdraiai a pancia in già sul letto.
Justin fece spallucce –dopo chiedo alla reception che tipo di animazioni ci sono.- disse.
-okay, speriamo che ci sia una sauna o qualcosa del genere. ho bisogno di stare al caldo.- dissi abbozzando un sorriso. Dovevo sembrare davvero ridicola.
Ci fu un attimo di silenzio.
-è strano vederti con i capelli legati.- se ne uscì fuori dal nulla.
-umh?- chiesi perplessa.
-prima non li legavi quasi mai.-
-lo so, ma ora sono diversa.- dissi mentre il sorriso andava cancellandosi dal mio viso.
-è quello che dici.-
Lo guardai con aria interrogativa.
-non ci credo alla storia che sei cambiata. sei sempre la stessa Amy. non basteranno gonne, stivali, trucco, chignon e tutto il resto a cambiarti.-
-cosa te lo fa pensare?-
-i tuoi occhi.- disse. –forse è meglio che ora mi vesta e vada a vedere cosa possiamo fare tutta la mattinata.-
Io annuii semplicemente, poi lui si alzò dal letto e scomparve in bagno, lasciandomi con una miriade di pensieri in testa.
Chiusi gli occhi per evitare di farli velare di lacrime e li riaprii solo quando mi sentii scuotere.
-Ams, è possibile che non ti posso lasciare dieci minuti su un letto che ti trovo a dormire?- disse Justin ridacchiando quando riaprii gli occhi.
Presi un cuscino e glielo sbattei in faccia, mentre lui continuava a ridere senza riuscire a smettere.
-sono stato giù e mi hanno detto che all’ultimo piano ci sono una piscina al chiuso, una sauna, una palestra e una sala dove si balla.-
-voglio ballare.- dissi ridendo sapendo di irritarlo.
-che cazzo Ams, devi proprio ballare?- chiese lui fingendosi arrabbiato.
-io non devo, io voglio ballare.- precisai.
-andiamo a fare una nuotata, mettiti il costume, ti aspetto fuori.-
-no, non ci vengo.-
-invece ci vieni.-
-fa freddo.-
-non farà freddo, i riscaldamenti saranno messi al massimo e l’acqua sarà bollente.-
-ci saranno altre persone.-
-non ci sarà nessuno, chi pensi che voglia fare un bagno in piscina cinque giorni prima di Natale? a parte alle Hawaii, s’intende.-
-solo tu.-
-appunto, solo io, quindi sbrigati.-
-non ho il costume.- gli feci la linguaccia.
-Grace ne ha portati cinque per sicurezza.-
-vaffanculo.- sbuffai.
-sono nel corridoio.- sorrise compiaciuto per poi  uscire.
Controvoglia mi diressi in bagno e indossai un costume che Justin si era preso la briga di portare in camera. Subito dopo mi rivestii per evitare di congelarmi, poi raggiunsi Justin che se ne stava appoggiato contro un muro.
-finalmente.-
-sono stata velocissima e non provare a lamentarti perché posso anche farti andare da solo.- dissi con finta aria di sfida.
-io dico di no.- disse poi correndo verso l’ascensore, salendo e lasciandomi li.
Subito andai verso le scale e le salii a due a due, cercando d’essere il più veloce possibile.
Quando poggiai il piede a terra dopo aver fatto l’ultimo gradino per arrivare al quinto piano ero davvero esausta e non avevo più bisogno di un bagno caldo per combattere il freddo.
-sei una lumaca.- disse Justin a bordo piscina mentre rideva.
-tu, brutto stronzo.- dissi puntandogli il dito contro. Mi sfilai gli Ugg dai piedi, li lasciai in un angolo e mi diressi a passo svelto verso di lui.
-io cosa?- chiese ridendo ancora più forte.
-giuro che me la..- non ebbi il tempo di finire la frase che mi ritrovai sott’acqua.
Quando tornai a galla avevo voglia di fargliela pagare sul serio, ma ciò che avevo davanti poteva bastare per farmi tornare calma.
Justin aveva un enorme sorriso stampato in faccia e si stava togliendo la maglia, restando così solo in costume.
Ebbi a malapena il tempo di incontrare il suo sguardo, poi si tuffò anche lui.
-sei ancora arrabbiata, Ams?- mi chiese ridacchiando mentre si passava una mano fra i capelli ormai bagnati.
-vaffanculo Justin.- dissi fingendo d’essere offesa.
-lo so che non sei arrabbiata con me.-
-e invece si che lo sono, e anche molto.-
-non ti credo.-
-tu non mi credi mai.- dissi riferendomi alla conversazione di prima.
-forse è vero.- disse alludendo a molto di più.
-non so a cosa ti riferisci.-
-o forse non vuoi saperlo.- disse poi accennando un sorriso e allontanandosi per iniziare a nuotare.
Dopo aver fatto dieci vasche si fermò e mi si avvicinò.
Me ne stavo a bordo piscina, con la schiena appoggiata contro le mattonelle bianche e azzurre che, tutte insieme, raffiguravano il logo dell’albergo.
-hai già comprato i regali di Natale?- mi chiese Justin mettendosi vicino a me.
Scossi la testa –non tutti, me ne manca ancora qualcuno.-
-il mio l’hai già preso?- scherzò.
-dovrei comprare un regalo anche a te?- ironizzai. Il suo regalo l’avevo comprato già da due settimane. Non sapevo se fosse il caso e molto probabilmente non lo sarebbe stato, ma appena l’avevo visto avevo pensato a lui e non ero riuscita a non comprarlo.
-si, è una tradizione.- disse.
-da quando in qua abbiamo delle tradizioni?- chiesi ironica.
-da sempre.- disse.
-io non ne ricordo, quindi comprarti un regalo non sarà un obbligo.-
-se vuoi ti aiuto io a ricordare.- disse sorridendo divertito.
-okay.- restai al gioco.
Sapevo perfettamente a cosa si riferiva, ma volevo far finta di niente per vedere se lui li ricordava davvero o se era una cosa che aveva inventato sul momento.
-natale di quattro anni fa.- disse. A  quelle parole accennai un sorriso, sapevo cosa stava per dire e ricordarlo mi fece venire la pelle d’oca. –mi dicesti che per il tuo ventunesimo compleanno avresti voluto che qualcuno ti regalasse qualcosa a cui teneva davvero molto.- fece una pausa per guardarmi. Lui sapeva che avevo l’immagine di quella scena nitida nella mente, ma io non volevo dargliela vinta.- e io ti promisi che quel qualcuno sarei stato io e che ti avrei fatto un regalo davvero bello e che non avrebbe significato qualcosa solo per me.- disse.
-ma avrebbe significato qualcosa per entrambi.- dicemmo all’unisono. Poi sorridemmo.
-natale di cinque anni fa.- dissi ricordando alla perfezione. -odiavi Jess Carther e quando ti dissi che avevo una cotta per lui, ma che quando glielo avevo detto aveva riso di me, andasti a spaccargli la faccia.- dissi sorridendo a quel ricordo. –poi tornasti a casa e mi promettesti che nessun’altro ragazzo mi avrebbe più riso in faccia quando gli avrei detto di amarlo, perché anche lui mi avrebbe amato.-
-lo odiavo veramente tanto quel Jess Carther.- disse serio. Io scoppiai a ridere e dopo anche lui rise con me.
-lo so.-
-natale di tre anni fa.- fece una pausa.- Kate mi piaceva a tal punto da aver rinunciato a te, ma tu mi mancavi incredibilmente tanto e starti lontano sembrava impossibile. così la lasciai e venni a parlare con te, ma tu non ne volevi sapere. alla fine iniziai a cantarti la tua canzone preferita e al secondo ritornello avevi già aperto la porta di casa e mi avevi gettato le braccia al collo, stringendomi in un abbraccio.-
-come facevo a resistere se tu mi cantavi la mia canzone preferita? e poi l’ho fatto solo perché mi mancavi da star male.- dissi ripensando all’ultimo anno passato lontano da lui.- anche se per te ero facilmente sostituibile.-
-but you only need the light when it’s burning low, only miss the sun when it starts to snow, only know you love her when you let her go.-
-Justin..- dissi.
-only know you’ve been high when you feeling low, only hate the road when you’re missing home, only know you love her.. when you let her go.-
Sentii una stretta allo stomaco, poi le farfalle iniziarono a scatenarsi nel mio stomaco.
-te la ricordi ancora.- sorrisi appena.
-si.- abbozzò un sorriso. –e, per chiarire, non eri facilmente sostituibile, solo che dovevamo sbagliare per capire che avevamo bisogno di stare insieme.-
-chi ti dice che avevamo bisogno di stare insieme?- chiesi.
-me lo dici tu, che sei accanto a me e che mi parli di quello che facevamo quando avevamo sedici anni. sei stata un anno lontano, ma ora sei di nuovo qui, accanto a me.- rispose senza pensarci due volte.

 
**
Eccomi qui!
SO CHE E' PASSATO UN MESE DALL'ULTIMA VOLTA CHE HO AGGIORNATO E DIRE CHE MI DISPIACE TANTISSIMO NON BASTA, LO SO E MI DISPIACE, DAVVERO.
SCUSATE, MA SONO SEMPRE SUPER IMPEGNATA E A STENTO TROVO IL TEMPO PER SCRIVERE, MA QUESTA VOLTA NON HO TROVATO NEMMENO DIECI MINUTI PER BUTTARE GIU' QUALCHE IDEA.
PERO', SICCOME SO CHE SONO SUPER IN RITARDO, MI SONO MESSA D'IMPEGNO E SONO RIUSCITA A SCRIVERE TUTTO IL CAPITOLO (CHE HO ANCHE CERCATO DI FARE PIU' LUNGO).

Spero che vi piaccia e scusate se ci sono alcuni (o forse anche più di ''alcuni'') errori. L'ho letto e riletto, ma in genere qualche errore mi sfugge sempre e, questa volta, non sono riuscita a correggere granché. 
Ho provato a fare del mio meglio, ma questo è il risultato che, tra l'altro, è abbastanza penoso.

Ultima cosa: ringrazio tutte quelle che leggono e recensiscono, quelle che anche se super impegnate trovano cinque minuti per leggere i capitoli, quelle che aspettano pazientemente (anche se so che è fastidioso) e quelle che hanno la fan fiction tra le seguite e\o preferite.
Vi ringrazio davvero tanto, siete in quasi 50 ad averla tra le seguite e in 45 ad averla tra le preferite.
Siete fantastiche!

Spero in una vostra recensioene e sappiate che le leggo tutte, anche se delle volte non ho il tempo di rispondere.

 

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Capitolo 9
*** 8. It's not for you. ***


Capitolo 8.
''it's not for you.''

Ci fu un momento di silenzio in cui nessuno osò parlare.
L’eco delle parole di Justin mi rimbombava forte in testa, non apprendendone completamente il significato.
Guardai fisso davanti a me per un’altra manciata di secondi, poi presi coraggio e, fingendo disinvoltura, tornai a parlare.
-natale di sette anni fa,- dissi mentre cercavo di tenere la mente lucida.- i tuoi genitori ti avevano detto che quell’anno non ti avrebbero fatto nessun regalo. quando me lo raccontasti ti promisi che da quel momento in poi ne avresti ricevuto uno da me.-
Lui accennò un sorriso.
-non puoi non mantenere una promessa.- disse dopo riferendosi all’argomento da cui tutto era partito.
-dovrei.- scherzai.
-perché?- chiese.
Feci spallucce non sapendo cosa rispondere. O meglio, non volendo rispondere.
-non posso credere che tu non ne sappia il motivo.- ironizzò.- Amy Foster ha sempre una risposta a tutto, questo è un giorno da ricordare.-
-smettila di prendermi in giro.- dissi per poi uscire dalla piscina e avvolgermi in uno degli asciugamani che si trovavano su di una mensola attaccata al muro.
-ehi, dove vai?- chiese Justin seguendo i miei movimenti.
-torno giù a fare una doccia.-
-perché tutta questa fretta?-
-ho impegni a pranzo.- gli feci la linguaccia e, dopo aver ripreso gli Ugg, tornai giù.
I vestiti erano gocciolanti e fuori dall’acqua si gelava, così, appena arrivata in camera, mi fiondai in bagno e mi preparai.
Quando tornai in camera di Justin non c’era ancora ombra, così, dopo aver indossato il mio giubbino nero e una sciarpa grigia, scesi al piano inferiore e aspettai che arrivasse Josh.
La sera prima mi aveva chiesto di rivederci a pranzo e io avevo accettato volentieri.
Sembrava un ragazzo simpatico e stare lontana da Justin per qualche ora mi avrebbe fatto bene.
Mentre avevo lo sguardo perso nel vuoto, sentii qualcuno chiamarmi, così mi voltai di scatto e vidi Josh.
Indossava dei jeans, delle scarpe nere ed un giubbino del medesimo colore. Aveva i capelli castani portati all’indietro e, come sempre, un fantastico sorriso si faceva spazio sul suo viso.
-Josh.- gli feci un cenno con la mano.
Il suo sorriso divenne sempre più ampio, poi, una volta vicino, mi schioccò un bacio sulla guancia –aspetti da molto?- chiese.
Scossi la testa –no, sono qui da cinque minuti.-
-mi dispiace, è solo che i miei hanno voluto parlarmi e mi hanno trattenuto più del dovuto.-
-tranquillo, non fa niente.- dissi.
-scusami, davv..- lo interruppi.
-Josh, ti ho detto che non è un problema e poi sono arrivata solo qualche minuto prima di te.-
Lui annuì –allora, pronta per andare? ho prenotato ad un ristorante qui vicino, non ci vorrà molto per arrivare.-
-okay.- dissi sorridendogli, poi uscimmo dall’albergo.
Fuori faceva freddo e già rimpiangevo il tepore dell’albergo.
-cos’hai fatto questa mattina?- chiese mentre i nostri piedi affondavano nella neve.
-sono stata con Justin, abbiamo fatto un bagno in piscina e nient’altro.-
-tu e Justin siete molto amici..- disse volendo capire se ci fosse qualcosa tra noi.
-diciamo di si, ci conosciamo da tutta la vita.-
-quindi tu sai tutto di lui e lui sa tutto di te.-
-si, dovrebbe essere così.-
-perché dovrebbe?-
-quando sono partita per il college non ci siamo più sentiti e ora non credo di sapere ancora tutto di lui.- feci una pausa.- sai com’è, le cose cambiano.- un groppo mi si formò in gola.
-perché non vi siete più sentiti?-
Feci spallucce –non lo so.- mentii.
-capisco.- si limitò a dire, come se avesse capito che quello era un argomento che non  volevo affrontare. –avete comunque ancora un buon rapporto.- continuò.
-credo..-  sospirai mentre infilavo le mani nelle tasche del mio giubbino.
-non dirmi che state per mettervi insieme.- ironizzò.
Finsi una risata e poi scossi la testa –no, tranquillo. è il ragazzo di mia sorella.- cercai di suonare il più normale possibile.
-ah.- disse. –scusa la schiettezza, ma è un modo per conoscerci meglio.- mi fece l’occhiolino e io risi.
-per questa volta la tua schiettezza è perdonata.- dissi ricambiando poi l’occhiolino.
-siamo arrivati.- disse qualche secondo dopo.
Una piccola costruzione sorgeva davanti a noi. Doveva essere un ristorante parecchio accogliente a giudicare dagli esterni.
C’erano luci natalizie tutt’intorno all’edificio e da fuori si potevano scorgere degli addobbi natalizi che si trovavano all’interno.
Avanzammo ancora, poi Josh mi aprì la porta ed io entrai.
Appena dentro, uno strano odore di cannella e zucchero filato mi invase le narici e questo servì a confermare le mie ipotesi rigurdanti l'accoglienza di quel posto. Mi guardai un po’ intorno e notai un albero di Natale sistemato in un angolo vicino alla porta d’ingresso.
Quando anche Josh fu dentro e la porta si chiuse dietro di noi, una cameriera di circa trentacinque anni ci accolse e ci portò al tavolo che Josh aveva prenotato.
-è davvero carino qui.- dissi una volta seduti.
-per questo ti ci ho portato.- sorrise.
-c’è qualcosa nell’aria che mi mette felicità, mi ricorda un po’..- prima che trovassi la parola adatta Josh intervenne.
-casa.-
-esatto.- risposi mentre un sorriso mi si dipingeva sul volto.
Qualche istante dopo tornò la cameriera di poco prima a prendere le nostre ordinazioni.
Scelse tutto Josh, lui conosceva quel posto meglio di me e, con il mio consenso, aveva scelto per entrambi.
-ti manca casa?- chiese quando fummo di nuovo soli.
-sono qui con la mia famiglia, quindi credo che anche questo posto potrebbe chiamarsi casa.- risposi sincera.
-e la casa del tuo cuore?-
-mm?- lo guardai interrogativa non capendo.
-hai risposto a metà.- fece una pausa. –casa è dov’è il tuo cuore, e il tuo di cuore, Amy, dove si trova?-
Ripensai a Justin e dei brividi mi percorsero il corpo.
Justin era la casa del mio cuore e, nonostante condividessimo la camera già da giorni, la risposta a quella domanda era si. Mi mancava casa.
Sospirai –un po’ si..- guardai altrove per qualche secondo, poi riportai lo sguardo su di Josh –e a te? ti manca casa?-
Lui scosse il capo –no, questo posto per me è un po’ come casa.-
-hai sempre insegnato scii qui?-
-si.-
-non ti viene mai voglia di cambiare?-
-ogni tanto si, ma i miei genitori sono i proprietari dell’albergo, quindi do una mano e ho l’alloggio assicurato. loro mi pagano gli studi e io quando posso aiuto loro.- disse facendo spallucce.
-capisco.-
Ci fu un attimo di silenzio, poi la cameriera ci portò le ordinazioni e tornammo a parlare mentre l’imbarazzo andava svanendo ad ogni parola.
 
Dopo pranzo andammo a fare un giro li vicino, c’erano negozietti sparsi qua e la e, nel complesso, era un luogo molto accogliente.
Quando tornammo in albergo, salutai Josh, che doveva sostituire un istruttore di scii, poi salii al piano superiore, poi entrai in camera e.. SORPRESA!
Appena aperta la porta vidi Renée sdraiata sul letto.
-Renée!- urlai mentre le andavo incontro.
-Ams!- disse alzandosi dal letto e abbracciandomi una volta che fummo vicine.
-come stai?- dissi dopo averla lasciata andare.
-bene, e tu? come sono andate questi settimane con Justin?- chiese mentre ci sedevamo sul letto.
A quelle parole lasciai che, oltre al mio sedere, anche la mia schiena aderisse al materasso e mi lasciai sfuggire un sospiro.
-sono andate e.. basta.- dissi.
-è andata così male?-
Scossi la testa. –all’inizio lui non era il massimo della simpatia, anche se nemmeno io lo ero, ma potevo anche capirlo, non gli ho nemmeno detto che sarei partita per il college.-
-allora cosa c’è che non va?- chiese.
-non lo so..-
Renée stava per dire qualcosa, ma, prima ancora che potesse aprir bocca, sentimmo qualcuno bussare alla porta.
Subito scattai in piedi e mi girai, vedendo la figura di Justin oltre la porta.
-Justin.. che ci fai qui?- chiesi.
-umh.. anche io dormo qui.- mi ricordò.
Subito le mie guance si dipinsero di rosso.
Sei un’idiota, Amy! Mi rimproverai mentalmente.
-si, scusa.- dissi imbarazzata.- ad ogni modo, Justin, lei è Renée, e..- mi girai a guardarla –Renée, lui è Justin.-
Entrambi si salutarono e pregai mentalmente che l’aria smettesse d’essere così tesa.
Mentre armeggiava con il cellulare, potei notare il viso contratto di Renée che, quando tornò ad ispezionare Justin, lo guardava in cagnesco, mentre lui aveva corrugato la fronte non capendone il motivo.
Aiutatemi, per favore.
Loro non si conoscevano, ma avevo parlato di Justin a Renée e credo che lei fosse finita per odiarlo.
Dovresti odiarlo anche tu! Mi rimproverò il mio cervello.
-dove dormi?- chiesi a Renée sperando di far cessare l’imbarazzo che ci avvolgeva.
-oh, ho parlato con Josh e mi ha detto che per lui non è un problema condividere la camera visto che sono tutte impegnate. lui dorme nelle camere riservate al personale e nella sua ci sono due letti.- disse facendo spallucce.
-oh.- dissi facendole intendere d’aver capito. –non mi aveva detto niente.-
-lo so, gli ho chiesto di non dirti niente perché prima volevo essere sicura che anche i voli per il Montana non fossero cancellati all’ultimo momento.-
-le tue valigie sono queste?- chiese poi Justin entrando in camera e indicando alcune valigie che si trovavano vicino alla porta.
Renée a quel punto si limitò ad annuire col capo.
-se vuoi dopo posso aiutarti a portarle nella camera dove dormirai.- le propose gentilmente.
Istintivamente sorrisi, pur non sapendone il motivo.
-è tutto okay, riesco a portarle da sola.-
-nel caso in cui dovesse servirti una mano, basta dirlo.- le fece l’occhiolino ridendo.
Renée non riuscì a trattenere una risatina, mentre io mi ero fermata a guardare lo splendido sorriso di Justin che, poco dopo, uscì dalla camera.
-che dici? potremmo fargli usare quelle braccia forti e muscolose che si ritrova.-
Risi per i suoi modi di fare e acconsentii –certo.-
Subito dopo uscii dalla camera e chiamai Justin il quale stava per salire sull’ascensore.
-si?- chiese girandosi.
-abbiamo bisogno del tuo aiuto.- dissi per poi aspettare che cambiasse direzione e venisse verso di me.
Quando fu abbastanza vicino, rientrai in camera e presi una valigia, mentre Justin, che era entrato qualche secondo dopo di me, aveva preso l’altra.
-allora, dove dormi?- chiese Justin voltandosi verso Renée.
Renée sorrise e si fece spazio tra me e Justin, sorpassandoci –seguitemi.-
Io uscì per prima dalla camera e dopo Justin fece la stessa cosa, chiudendosi così la porta alle spalle.
Quando poi mi affiancò si avvicinò di poco al mio orecchio –il favore è per la tua amica, non per te, quindi mi aspetto qualcosa in cambio.- poi mi sorpassò, con un sorriso stampato in faccia, lasciandomi indietro.
Se voleva giocare, io ero la persona più adatta. Avrei colto qualsiasi sfida e, ovviamente, l’avrei anche vinta.

 
**
SONO IN TREMENDO RITARDO.
 NON E' PASSATA UNA SETTIMANA, E NEMMENO UN MESE, MA QUARANTA GIORNI!
QUESTO E' UN NUOVO RECORD PER ME..

Allora, inizio con lo scusarmi (anche se le mie scuse servono a ben poco). 
Mi dispiace tremendamente tanto e, per questa volta, la colpa non è stata solo della mancanza di tempo, 
ma anche della mancanza di ispirazione.
Non avevo nessuna idea per il capitolo. Aprivo word, buttavo giù qualche parola e subito dopo la cancellavo.
E' andata così per qualche settimana e l'enorme ritardo per il capitolo è stato dovuto a questo.
Scusatemi. 
Ultimamente non faccio che scusarmi per il ritardo negli aggiornamenti, ma sono realmente dispiaciuta!

In ogni caso, spero vi piaccia, nonostante il capitolo faccia davvero schifo. 
E' l'unica cosa che sono riuscita a fare..

Ringrazio comunque le ragazze che seguono la storia e che l'hanno tra le seguite e\o preferite.
Ringrazio quelle che riescono sempre a lasciare una recensione e quelle che, nonostante tutto, aspettano i miei aggiornamenti. 

Ultima cosa: spero in una vostra recensione e mi scuso se non riesco a rispondere, nonostante il numero di recensioni sia basso, ho comunque pochissimo tempo a disposizione, quindi non sempre riesco a farlo. 
Sappiate comunque che mi fa molto piacere sapere cosa ne pensate :).

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Capitolo 10
*** 9. Just fucking angry. ***


Capitolo 9.
''just fucking angry.''

Me ne stavo seduta al tavolo di una caffetteria vicino all’albergo e tenevo una tazza di cioccolata fumante in mano.
Avevo lo sguardo perso nel vuoto e i miei pensieri, in quel vuoto, ci vorticavano.
Quel giorno Justin aveva detto troppo e io avevo capito ben poco. Per quanto mi fossi sforzata, non ero riuscita a capire cosa realmente intendesse.
Sapevo che quella che mi aveva lanciato era una sfida, ma non sapevo di che genere di sfida si trattasse. L’unica certezza che avevo era che, se avessi accettato qualsiasi sfida lui mi avesse proposto, saremmo finiti nei guai.
Avrei potuto rovinare tutto per una seconda volta e forse l’idea di tornare al college senza lasciare nessun sentimento in giro per l’America un po’ mi piaceva.
La verità era che avevo una dannata paura di doverlo lasciare andare e, se tra noi non ci fossero stati sentimenti –di qualsiasi genere, intendo- forse sarebbe stato più facile.
-che hai, Ams?- mi chiese Justin interrompendo quell’imbarazzante silenzio in cui eravamo ormai immersi da interi minuti.
Scossi la testa, come per riprendermi dai miei pensieri, e risposi seccamente –niente.-
-stai bene?-
Annuii leggermente, poi posai il mio sguardo su di lui e seguii ogni suo movimento.
Stava mangiando una ciambella e aveva gli angoli della bocca sporchi di zucchero. Ora anche lui aveva lo sguardo perso e mi chiesi a cosa stesse pensando. Poi ripensai a quello che mi aveva detto Josh e istintivamente aprii bocca.
-ti manca casa?- gli chiesi.
Prima di rispondere mandò giù un pezzo di ciambella, prese un fazzolettino di carta e si ci pulì la bocca –che domanda è?- chiese.
-una domanda intelligente.- risposi forzando un sorriso.
Lui rise.
-allora, non rispondi?- chiesi impaziente.
-tanto.- disse facendo spallucce.
Quella risposta mi spiazzò un po’.
-dici sul serio?- chiesi posando sul tavolo la tazza che da ormai troppo tempo giravo e rigiravo tra le mani.
Lui annuì –non dovrebbe?-
-non so..- dissi lasciandomi sfuggire un sospiro.
-dico sul serio, Ams, che hai? stai bene?-
-si.- subito dopo mi alzai dalla sedia, indossando poi il giubbino.
-dove vai?- disse alzandosi anche lui di scatto.
-vado in albergo, di sicuro Renée e Josh saranno già tornati dal giro.- dissi dirigendomi verso la porta.
-vengo con te.- afferrò velocemente il giubbino che si trovava sulla sedia su cui era seduto e mi seguì.
Aprii la porta della caffetteria e mi strinsi maggiormente nella mia sciarpa bianca. Prima che la porta potesse richiudersi Justin uscì, indossando poi il giubbino.
-sei matto?- chiesi guardandolo.
-perché?- chiese chiudendo poi la cerniera.
-ci saranno quanti? zero gradi? meno due?- feci una pausa- e tu sei uscito senza giubbino?-
-ti stai preoccupando per me?- chiese inarcando un sopracciglio, evidentemente divertito.
Colta alla sprovvista da quelle parole, scossi velocemente la testa mentre le mie guance si dipingevano di rosso.
Lui ridacchiò mentre affondava le sue mani nelle tasche del suo giubbino e la stessa cosa feci io.
-sei così carina, Ams.- disse prendendomi in giro.
In quel momento sentii le guance prendere a fuoco.
Dannazione, Amy, perché ti comporti come una ragazzina di quindici anni?
-smettila, Justin.-
-perché?- chiese ridendo.
-perché non sei divertente.-
-ma io non voglio essere divertente!- affermò difendendosi.
Vorrei che pensassi davvero quelle cose, Justin..
Il mio sguardo si fece triste per un istante, poi gli diedi un buffetto sul braccio facendolo ridere.
-ehi, che ho fatto di male?-
-sta disturbando la qui presente signorina.- scherzai.
-e in che modo la starei disturbando?-
-dicendole cose inopportune.-
-si è offesa?-
Annuii –decisamente.- dissi una volta arrivati in albergo.
Justin si avvicinò al mio orecchio e sussurrò –mi scusi, non intendevo dire che lei è carina. alludevo a qualcos’altro, ma lascio a lei l’immaginazione.- poi mi prese la mano e mi trascinò fin dentro l’albergo.
Quando la porta fu chiusa alle nostre spalle, tornò ad una distanza normale.
-sei matta? ci saranno quanti? zero gradi? e tu te ne stai fuori.- disse imitandomi. Nella sua voce un tono divertito.
-ti stai preoccupando per me?- chiesi poi cercando di ignorare le parole di poco prima. Se lui le aveva dimenticate così in fretta allora potevo farlo anche io.
Che dici, Amy? Lui le ha dimenticate perché per lui non contano niente, ma tu..
-no, ma non voglio che la mia compagna di stanza abbia la febbre, perché potrei prenderla anche io.- disse facendo spallucce.
La mia espressione tramutò da divertita a infastidita e lo spinsi facendolo quasi cadere.
Quando si girò, mi rivolse uno sguardo che faceva intendere tutto.
D’un tratto mi ritrovai a correre verso l’ascensore, questa volta sarei arrivata prima io!
Una volta dentro, pigiai più volte il numero ‘1’.
Quando le porte si chiusero Justin non era ancora entrato e questo mi fece tirare un sospiro di sollievo.
Poi, appena fui al primo piano, iniziai a correre per il corridoio nella speranza che Justin non fosse ancora arrivato.
Velocemente uscii le chiavi dalla borsa e, impacciata com’ero, non riuscii ad aprire la porta.
Finalmente la chiave stava per girare nella toppa quando qualcuno mi caricò in spalla e iniziò a correre.
Lasciai uscire un gridolino, poi, capendo chi fosse, inizia a dargli pugni, non abbastanza forti da fargli male, sulla schiena.
-ti prego Justin, mettimi giù.- implorai, ma in tutta risposta ricevetti solo una sonora risata.
-dai, Justin, smettila.- dissi più forte, ma lui non ne voleva sapere.
Salimmo di nuovo sull’ascensore e lasciai uscire un sospiro frustrato.
-che c’è?- chiese.
-perché mi stai facendo questo?- chiesi.
-questo cosa?-
Sospirai ma non risposi.
Perché mi stai facendo innamorare più di quanto non lo sia già?
-sei così misteriosa, Ams.- disse in un sussurro, come se stesse pensando.
-non per te.- ammisi sentendo poi le guance andare a fuoco.
Ci fu un secondo di silenzio, poi le porte dell’ascensore si aprirono e Justin, questa volta camminando, mi portò fino alla piscina.
Non di nuovo, per favore.
-no, Justin, che cazzo hai intenzione di fare?-
-sta a vedere.- disse ridacchiando mentre ci avvicinavamo sempre più all’acqua.
-per favore, no.-
-e invece si.- disse poi buttandomi in acqua, ancora.
-fanculo, sei uno stronzo.- urlai in preda alla rabbia. Non nego che mi stessi divertendo, ma di sicuro non l’avrei lasciato vincere.
-non lo pensi davvero.-
-e invece si che lo penso, così come penso che sei un coglione.- dissi mettendo il broncio e dandogli le spalle.
-ti stai ribellando?- chiese con un pizzico di ironia nella sua voce.
Non risposi.
-stai cercando di non parlarmi?-
Non risposi.
Mentre lui continuava con le sue stupide domande, io uscii dall’acqua e mi diressi verso l’uscita.
Poco dopo sentii dei passi arrivare e un asciugamano avvolgermi completamente.
-mi dispiace tanto.- sussurrò divertito al mio orecchio, mentre aveva portato una mano sul mio fianco.
Istantaneamente rabbrividii.
Che cazzo sta facendo? Che cazzo mi sta facendo?
-perché non rispondi?- chiese.
Mi voltai a guardarlo mentre eravamo faccia a faccia.
-ho freddo.- mi lamentai, cercando di  non incontrare il suo sguardo.
-vieni.- mi prese in braccio e mi riportò in camera, poi riempì la vasca d’acqua calda e, una volta in bagno, mi lasciò da sola.
-se hai bisogno di qualcosa basta dirlo.- disse dall’altra parte della porta.
Sospirai.
E se non avessi bisogno di qualcosa, ma avessi bisogno di te, Justin? In questo caso che succederebbe?
 
Io e Justin scendemmo al piano di sotto per aspettare gli altri che tornassero dalla lezione di scii e Josh e Renée dal giro nelle vicinanze.
Tutti arrivarono circa venti minuti dopo e, insieme, cenammo al ristorante dell’albergo.
-che avete fatto?- mi sussurrò Renée mentre ce ne stavamo seduti al tavolo ad aspettare che ci portassero quello che avevamo ordinato.
-siamo andati ad una caffetteria qui vicino.- dissi facendo spallucce mentre, con la coda dell’occhio, osservavo Justin e Grace scambiarsi effusioni.
Un istante prima le loro mani erano incrociate e si guardavano negli occhi, quello dopo lei aveva poggiato la testa sul suo braccio e lui, con le dita, le sfiorava delicatamente la mano.
Perché ti comporti così, Amy? Smettila.
-vi siete divertiti?-
Feci cenno di si con la testa mentre cercavo di posare lo sguardo su qualsiasi cosa che non fossero Justin e Grace.
-e voi?- chiesi poi accorgendomi d’essere completamente assente.
-Josh mi ha fatto fare un giro qui nei dintorni. è un posto davvero carino.-
-so che non è Parigi e che vorresti essere con la tua famiglia piuttosto che con me, ma voglio che tu ti diverta.- dissi abbozzando un sorriso.
-lo sto già facendo.- sorrise anche lei.
-hai già avuto modo di parlare con Travis?- le chiesi mentre fissavo mio fratello che era intento a parlare con Josh di football.
Renée scosse la testa –sembra un tipo simpatico.-
-oh, aspetta che te lo presenti.- ridacchiammo.
-Trav..- lo chiamai per attirare la sua attenzione.- non vuoi conoscere Renée?- gli chiesi dopo che si fu girato.
–certo che si, aspettavo da interi minuti che me lo chiedessi.- rise. –ad ogni modo, se non me l’avessi presentata tu, ci avrei pensato io.-
-vuoi provarci con la mia migliore amica?- chiesi ridacchiando e mettendo Renée in imbarazzo di proposito. Lei lo faceva sempre con me al college.
-può darsi.- ridacchiò facendolo l’occhiolino e facendola arrossire. –oh, ma allora le parigine arrossiscono! qui in america è difficile vedere una ragazza arrossire.- scherzò.
-Amy esclusa, s’intende.- disse poi Josh facendo diventare la mia faccia d’un rosso acceso. –lei arrossisce sempre ai complimenti.- rise.
-molto simpatico, dico sul serio.- risi anche io.
-allora, Renée, com’è Parigi?- le chiese Travis ignorando completamente me e Josh.
-è una bella città, ma nel periodo di Natale lo è molto di più. l’aria natalizia coinvolge tutti.  anche semplicemente stare li ti fa sentire bene.- disse Renée con occhi sognanti.
Doveva mancarle davvero tanto.
-che ne dici se qualche volta vengo a trovarti?- dicemmo all’unisono io e Travis.
-sarete i benvenuti.- rise Renée. –anche tu, Josh.-
Continuavamo a parlare quando sentii Grace chiedere a Justin se l’avrebbe portata a Parigi. Lui le sorrise e annuì e..
MA SI, CHE VADANO A PARIGI.. MAGARI REGALO AD ENTRAMBI IL BIGLIETTO!
-Amy, ci sei?- chiese Travis passandomi più volte la mano davanti agli occhi.
-umh? si.-
-ma a che pensi?- mi chiese poi a bassa voce.
-niente.-
-sei sicura che vada tutto bene? non sembra.-
Annuii con la testa.. Andava tutto a meraviglia.
 
Quando uscimmo dall’albergo gli adulti erano già andati a dormire, mentre noi altri andavamo a fare un giro.
Josh conosceva un paio di posti carini e si era proposto di farcene conoscere qualcuno.
-prima le signore.- disse Josh una volta arrivati.
Quando entrammo mi guardai un po’ intorno.
Il locale era quasi completamente buio, c’erano solo delle luci soffuse e altre luci di vari colori che puntavano in più direzioni agli angoli e della musica rimbombava dalla postazione del dj.
Un forte odore di fumo si era già impresso sui miei vestiti e c’erano bicchieri di alcolici a destra e a sinistra.
-vado a bere qualcosa.- gridai quando tutti gli altri furono dentro.
-vengo con te.- mi sussurrò Josh all’orecchio, poi mi prese per mano e mi trascinò fino al bancone del barista.
-che prendete?- ci chiese un uomo sui trent’anni. Nonostante fuori ci fossero zero gradi, indossava una maglia nera a mezze maniche che lasciava vedere un tatuaggio sul braccio destro.
Erano dei simboli cinesi impressi sulla sua pelle a carattere cubitali. Subito mi fecero pensare ai tatuaggi che aveva Justin e al significato che potessero avere.
-un mojito.- dissi io rispondendo poi alla sua domanda.
-anche per me.- rispose subito dopo Josh.
Il barista fece cenno d’intesa, poi ci preparò i nostri cocktail e ce li porse.
-quant’è?- chiese Josh.
-questo giro lo offro io.- mi fece l’occhiolino.
Io e Josh ci spostammo in pista e iniziammo a ballare.
-che te ne pare?- mi chiese guardandosi attorno.
-non è male.- gli sorrisi.
-certo che tua sorella e il suo ragazzo sono proprio affiatati.- disse osservandoli.
Se ne stavano seduti su dei divanetti. O, meglio, Justin era seduto su un divanetto. Grace, invece, era seduta sulle sue gambe.
Justin aveva una mano sulla gamba scoperta di Grace e l’altra sulla sua schiena.
-già.- dissi per poi buttare istintivamente giù tutto il drink che tenevo in mano.
-vado a prendere da bere, vuoi qualcosa?- chiesi avvicinandomi all’orecchio di Josh per farmi sentire.
Lui scosse il capo.
Mi avviai verso il bancone e aspettai che i due baristi servissero tre o quattro persone che stavano davanti a me, poi, lo stesso barista di prima, mi chiese cosa volessi.
-qualcosa di forte.- risposi semplicemente e lui annuì.
Si girò, prese una bottiglia di cui non riuscivo a leggere il nome e mischiò varie cose in un solo bicchiere.
Mentre tenevo lo sguardo fisso sul suo tatuaggio, riuscii a scorgerne un altro.
Era una rosa ed era simile a quella che aveva Justin.
Cosa potrà mai significare?
Dopo aver preso il mio drink tornai vicino a Josh. Parlavamo, ballavamo, stavamo vicini, ma i miei occhi vagavano spesso alla ricerca di Justin e Grace ed ogni volta, puntualmente, sentivo l’aria mancarmi e il bisogno di bere sempre più.
 
Erano passate ore da quando avevamo fatto il nostro ingresso in quel locale, ma a me sembravano minuti.
Avevo bevuto sei o sette bicchierini di non so che cosa e..
Forse erano più di sette..
Me ne stavo al centro della pista a ballare con Josh, lui, però, era quasi completamente sobrio, aveva bevuto due drink al massimo.
-ti diverti?- mi chiese cingendomi i fianchi da dietro.
Io annuii e buttai all’indietro la testa, fino ad appoggiarmi alla sua spalla sinistra.
-sei bellissima.- disse e io portai le mani alla faccia, arrossendo a quel complimento.
-e tu sei un vero bugiardo.- ridacchiai.
Continuavamo a ballare quando sentii una voce dietro di me chiamarmi.
-Amy, è ora di andare.- disse Justin facendo staccare bruscamente Josh.
Scossi la testa –ma io voglio restare ancora un po’.- protestai con fare da bambina.
-dai, Ams.- disse, poco dopo arrivò Travis che mi caricò in spalla.
-piccola bambina, non fare storie.- disse coprendomi poi con il mio giubbino mentre ci dirigevamo fuori.
-ma io sto con Josh.- urlai.
-lo rivedrai domani, ciao Josh.- gli fece cenno con la mano destra e lui ricambiò mentre Renée l’affiancava.
Quando arrivammo all’albergo, Travis mi portò in camera e lasciò a Justin il compito di prendersi cura di me.
Mi buttai sul letto a pancia in giù e aspettai che Justin baciasse Grace.
Oh, fanculo, io so prendermi cura di me da sola!
Mi alzai velocemente e indossai il pigiama senza nemmeno curarmi di chi mi stesse guardando. Se fossi stata sobria di sicuro mi sarebbe importato qualcosa ma, come potete ben intuire, non lo ero.
-ehi, che cazzo fai?- mi chiese Justin chiudendosi velocemente la porta alle spalle.
-mi sto cambiando, non vedi?- chiesi con fare ovvio mentre sventolavo in aria la maglia che mi ero appena tolta.
-copriti, Amy.- mi sgridò.
-non sei nessuno per darmi ordini e smettila di far finta che ti importi qualcosa, lo so che non te ne frega niente, non ho bisogno che tu finga.-
-sei solo ubriaca.-

-no, sono solo fottutamente incazzata.- urlai.
-perché lo sei?- chiese mentre mi si avvicinava.
Scossi la testa –non importa.

 
**

Okay, perdonatemi per il ritardo. So che sto diventando monotona e ormai questa storia del ''non ho tempo'' vi ha annoiate, ma è la verità.
Ad ogni modo ho cercato di scrivere un capitolo più lungo.
Spero che vi piaccia, anche se so che non è proprio il massimo.

Ringrazio comunque tutte quelle che leggono e recensiscono la storia, quelle che l'hanno tra le preferite e\o seguite.
Siete gentilissime. 
Spero in una vostra recensione e scusatemi ancora per il ritardo, la prossima volta proverò ad essere più puntuale.

 

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Capitolo 11
*** 10. Mine. ***


SO CHE LO SPAZIO AUTRICE ALL'INIZIO E' DAVVERO FASTIDIOSO, 
MA VOLEVO SCUSARMI PER AVER FATTO PASSARE 3 MESI DALL'ULTIMO AGGIORNAMENTO.
MI DISPIACE DAVVERO TANTO.
SO CHE LE MIE SCUSE NON SERVONO A NIENTE E CHE QUESTO RITARDO E' IMPERDONABILE, 
MA, GIURO, NON HO AVUTO IL TEMPO. SO CHE ORMAI PUO' SEMBRARE UNA SCUSA E CHE SONO DIVENTATA MONOTONA, NOIOSA E RIPETITVA, MA E' LA VERITA'.
TENGO DAVVERO MOLTO A QUESTA FANFICTION  E MI DISPIACE ANCHE DI NON AVERVI AVVISATO DEL FATTO CHE PER MOLTO TEMPO NON AVREI POTUTO AGGIORNARE.
SO QUANTO SIA FASTIDIOSO DOVER ASPETTARE ANCHE SOLO UNA SETTIMANA PER UN AGGIORNAMENTO, QUINDI FIGURIAMOCI 3 MESI.
RIPETO, MI DISPIACE TANTISSIMO (ANCHE SE LE MIE SCUSE NON SERVONO A NIENTE). 
SO DI AVER PRESO UN IMPEGNO INIZIANDO A SCRIVERE, MA, VI ASSICURO, NON HO AVUTO MODO DI SCRIVERE. 
SPERO COMUNQUE CHE QUALCUNO SI RICORDI ANCORA DI QUESTA STORIA E CHE CONTINUI A SEGUIRLA, SPERO DI RIUSCIRE A METTERE UN ALTRO CAPITOLO AL PIU' PRESTO E, SE COSì NON DOVESSE ESSERE, VI AVVISERO' (OVVIAMENTE SEMPRE SE C'E' ANCORA QUALCUNO CHE LA LEGGE).
SPERO CHE NON VE NE SIATE DIMENTICATE.
SPERO COMUNQUE CHE VI PICCIA.. 




Capitolo 10.
''mine.''

-dimmi perché sei arrabbiata, Ams.- quasi urlò.
Gli lanciai un’occhiata che avrebbe potuto fulminarlo.
-non chiamarmi Ams mentre stiamo litigando.- sbottai. –anzi, no. non devi chiamarmi Ams e basta.-
-smettila di fare la bambina.-
-e tu smettila di dirmi cosa devo o non devo fare.- indossai il pigiama.
-che cazzo ti prende?-
-no, che cazzo prende a te. smettila di comportarti così.-
-così come?-
Scossi la testa e mi misi sotto le coperte dando le spalle alla parte di letto in cui avrebbe dormito Justin.
-vedi, ti comporti sempre così. inizi un discorso e non lo termini mai. perché per una dannata volta non ti alzi e mi urli in faccia che sono un coglione?- disse chiaramente irritato.
Feci finta di niente e spensi la luce che si trovava sul comodino accanto alla mia parte di letto.
Sentii qualcosa sbattere contro una parete, poi la porta aprirsi e richiudersi violentemente.
Chiusi gli occhi sperando di bloccare le lacrime e dopo un po’ mi addormentai.
 
Quando il giorno dopo mi svegliai di Justin non c’era traccia. Guardai l’orologio che era appeso alla parete di fronte a me e vidi che erano le sette.
Velocemente mi vestii e scesi al ristorante. Presi una tazza di the e dei biscotti, anche se dopo la conversazione della sera precedente e tutto l’alcol che avevo in corpo mi si era chiuso lo stomaco.
Mentre sorseggiavo il the, il mio sguardo era fisso fuori dalla finestra dove riuscii a scorgere dei fiocchi di nevi cadere lenti fino a scontrarsi con il terreno che era ormai diventato bianco.
..E ovviamente ripensai anche a Justin e a quello che non c’eravamo detti la sera prima.
Capii che, per quanto la cosa non mi piacesse, io e lui non eravamo più i membri di una stessa equazione; che il nostro insieme di soluzioni non era più lo stesso; che io e lui non eravamo più equivalenti, ma che il valore delle nostre incognite era cambiato; che io e lui non eravamo più quelli di un tempo e dubitavo che saremmo potuti tornare ad esserlo.
Tra me e lui c’erano troppi silenzi ormai e nemmeno tutto il rumore di questo mondo avrebbe potuto colmarli.
Eravamo così cambiati, che a stento ci riconoscevamo, eppure, nonostante facessi finta di niente, le sue parole riuscivano ancora a ferirmi, così come i suoi sorrisi riuscivano ancora a farmi cedere le gambe e tremare il cuore.
Lui, nonostante tutto, era ancora la persona che amavo di più al mondo.
Dopo un lunghissimo periodo di tempo, rivolsi lo sguardo altrove, finché non vidi Justin fuori, vicino alla porta d’ingresso dell’albergo.
Se ne stava appoggiato contro un muro, con una sigaretta in mano e una bottiglia di birra nell’altra.
Quando si girò, incontrai il suo sguardo. Aveva gli occhi stanchi ed era pallido in viso.
Subito uscii fuori, nonostante non avessi con me il giubbino e andai verso di lui.
-Justin.-  lo chiamai.
Lo vidi girarsi e notai le occhiaie sotto i suoi occhi.
-vieni dentro, qui si gela.- dissi quando notai che tremava.
-torna dentro, voglio stare solo.- disse. Dal suo tono di voce capii che quella non era la prima birra che beveva.
-vieni Justin, dai, entriamo dentro.- dissi prendendolo per un braccio, ma lui mi allontanò.
-vattene Amy.-
-non entro dentro senza di te.-
-sei senza giubbotto, fa come ti ho detto.- disse mentre si lasciava cadere sulla neve.
Lo stesso feci io, mentre il contatto con la neve fredda mi fece raggelare.
-ti prego Amy.- le sue parole sembravano una supplica, ma non avevo intenzione di ascoltarlo.
-o spegni quella sigaretta e vieni dentro con me, o ci congeleremo tutti e due, come Jack e Rose.-
-ma Rose non si congela.-
-appunto.-
Sul suo viso comparì l’ombra di quello che sembrava un sorriso e spense la sigaretta che teneva in mano.
Poi, a fatica, si alzò e mi tese la mano. Io la presi e lo accompagnai fin dentro. Lui barcollava un po’ e io cercavo di non fargli perdere l’equilibrio.
Quando fummo dentro, lo condussi fino alla nostra camera e, una volta entrati, si sdraiò a letto e gli sistemai le coperte.
Poi indossai una giacca e mi avvicinai al calorifero caldo che stava attaccato al muro.
-quante ne hai bevute?- dissi indicando la bottiglia di birra che poco prima avevo posato sul comodino accanto al letto.
Justin fece finta di non sentirmi mentre posava lo sguardo altrove.
-rispondi, Justin.- dissi come se fossi sua mamma.
-perché dovrei? tu non lo fai mai.-
Respirai rumorosamente –dimmi quante ne hai bevute.-
-una quindicina.-
-perché l’hai fatto?-
-mi scoppia la testa.-
-dimmi perché.- dissi avvicinandomi a lui e porgendogli un’aspirina che tenevo in valigia.
-ero solo arrabbiato.-
-e perché eri arrabbiato?-
-non è evidente?-
-perché eri arrabbiato?-
-perché sei diventato un fottutissimo mistero. giuro che non ti capisco più, Amy. un giorno sei tranquilla e ti comporti come se niente fosse e l’altro mi tratti come se tutti i progressi fatti il giorno prima me li fossi immaginati.-
-io..-
-non ho bisogno di scuse, Amy. lo so che sei arrabbiata con me, so che non ho motivo di lamentarmi e non lo sto facendo. ma il fatto di non capirti più, il fatto di sentirmi così distante da te mi fa stare male. perché io ero l’unico che riusciva a capirti e ora sei un libro chiuso anche per me e io non riesco a sopportarlo.-
-Justin..- le parole mi morivano in gola e, ad essere sincera, non avevo idea di come rispondergli.
Per quanto avessi voluto negare tutto e dirgli che io ero quella di una volta, che lui avrebbe saputo leggermi sempre, non ci riuscii. Forse perché, in fondo, credevo anche io che non fosse così, o forse perché avevo paura che, se gli avessi detto che io per lui non sarei mai cambiata, non sarei più riuscita a lasciarlo e andare via sarebbe stato dieci volte più doloroso.
-vorrei solo che, dietro quella copertina da ragazza dura e fredda che ti sei creata, ci fosse ancora la mia Amy..- disse mentre buttava giù per la gola l’aspirina e beveva un po’ d’acqua.
Stavo per ribadire quando lo vidi chiudere gli occhi. Molto probabilmente l’alcol era in circolo nel suo corpo già da tempo, così come lo era nel mio, anche se qualsiasi effetto della sbornia era sparito quando avevo visto che Justin non era rientrato.
Stavo per andargli vicino ed accarezzargli una guancia quando bussarono alla porta.
Sussultai per lo spavento e biascicai un ‘avanti’ mentre me ne stavo impalata davanti alla porta, senza riuscire a compiere un passo.
Subito dopo la porta si aprì e rivelò la figura di Grace.
-ehi, dov’è Justin?- chiese non avendo ancora una visuale completa della stanza e, di conseguenza, non riuscendo a scorgere la figura del suo fidanzato che era sdraiato sul letto.
-dorme, non si sente molto bene.- dissi.
A quel punto Grace si precipitò in camera e l’unica cosa che riuscii a fare fu seguire la sua figura con gli occhi.
-cos’ha?- chiese.
-uh, mal di testa. forse ieri sera ha bevuto un po’ troppo e ora non sta molto bene.- feci spallucce cercando d’essere convincente.
Stava per chiamarlo quando, finalmente, riuscii a spostarmi.
-si è appena addormentato, forse è meglio se lo lasci riposare un po’.-
-è così pallido in viso.- disse sedendosi appena accanto a lui e accarezzandogli la guancia.
Stavo giusto per farlo io.. eppure mi aveva anticipato anche in questo.
-se vuoi resto io con lui, voi potete andare a sciare.-
Grace scosse la testa –no, assolutamente no. vai, resto qui con lui.-
-dico sul serio..-
-anche io. vai e divertiti.- disse preoccupandosi per entrambi.
Annuii semplicemente non avendo voglia di ribattere e andai in bagno a cambiarmi i vestiti che erano freddi e bagnati.
Quando uscii trovai Grace che dormiva nella mia parte di letto, mentre aveva la guancia appoggiata alla spalla di Justin.
Sospirai lentamente, nella speranza che nessuno dei due fosse sveglio, poi presi il giubbino e una sciarpa e uscii dalla camera senza far rumore.
Una volta fuori mandai un messaggio a Renée per sapere a che ora sarebbe arrivata alla reception, poi andai in camera di Travis e aspettai che si preparasse.
-come stai sorellina?- mi chiese dall’altra parte della stanza mentre stava davanti allo specchio ad aggiustarsi il ciuffo.
-tasto dolente.-
-okay, provo con un’altra domanda: credi che la tua amica sia interessata a me?-
Ridacchiai.
-chi, Renèe?-
Lui annuì.
-perché vuoi saperlo? ti piace?
-no, solo per sapere..-
-Trav, dimmi la verità.-
-dico sul serio, è solo una curiosità.-
-bene, allora la tua curiosità resterà tale, perché non ho nessuna intenzione di darti una risposta.-
-ehi, sei sleale.-
-anche tu lo sei.-
Lo sentii sbuffare, poi si avvicinò al letto dove ero sdraiata –potrebbe darsi..-
-che sei sleale?- chiesi di proposito, volevo sentirgli dire che gli piaceva.
-no, che mi piace.-
-ah, quindi lo ammetti?-
-n0, ho detto solo che potrebbe darsi.- disse imbarazzato.
-uh, ma allora anche i bad boys come te arrossiscono!-
-smettila di trattarmi così, mi fai sentire una femminuccia.- disse per poi scoppiare a ridere.
-comunque si, potrebbe darsi.-
-che cosa, che sono una femminuccia?- mi chiese guardandomi arrabbiato.
-no, che le piaci.-
Istintivamente sorrise.
-senti anche le farfalle nello stomaco?- chiesi ironica dopo aver visto il sorriso che gli si era stampato in faccia.
-guarda, al massimo le farfalle te le tiro in testa se non la smetti.-
-ma le farfalle non fanno male.-
-appunto, ma solo perché sei la mia sorellina.- disse poi facendomi ridere.
Qualche istante dopo, finalmente, finì di prepararsi e uscimmo dalla camera. Nel frattempo Renée mi aveva risposto dicendomi che ci saremmo viste tra qualche minuto alla hall.
Quando arrivammo, i miei genitori e quelli di Justin erano già arrivati.
-ehi mamma.- mi avvicinai schioccandole un bacio sulla guancia.
-ehi, Amy. dov’è tua sorella?- chiese guardandosi intorno.
-è rimasta in camera, con Justin, non si sente molto bene.-
Istintivamente Pattie, che era vicina a mia madre, prestò attenzione alla conversazione.
-cosa? cos’ha? vado subito da lui.- disse facendo per salire.
-non ce n’è di bisogno, Pattie, stai tranquilla. ha solo mal di testa, probabilmente ieri ha bevuto una birra di troppo..-
-sei sicura?-
Annuii sentendomi spudoratamente bugiarda.
-in ogni caso è meglio se vado a controllare.-
La presi delicatamente per un braccio per rassicurarla –forse è meglio di no, sai, sta dormendo. è meglio se lo lasciamo riposare e comunque c’è mia sorella con lui, non ti preoccupare.-
Lei annuì cercando di convincersi che fosse l’idea migliore, poi parlò con Jeremy.
-ehi, Ams!- disse Renée che si avvicinava a me e Trav.
-Renée.- dissi salutandola poi con un cenno della mano.
-come sta la qui presente bambina che ieri sera faceva i capricci?- disse quando si fu avvicinata.
Lei e Trav risero mentre io mi finsi offesa.
-oh, non sei simpatica.- dissi mettendo il broncio.
Solo in quel momento mi accorsi degli occhi di Travis che guardavano intensamente Renée, mentre rideva.
Aveva gli occhi fissi su di lei e le mani nascoste nella tasca dei jeans, molto probabilmente gli tremavano un po’. Aveva quegli occhi che facevano intendere tutto. Aveva gli occhi lucidi di chi crede d’aver davanti la creatura più bella del mondo.
E fu proprio in quel momento che sentii una stretta allo stomaco.
Era quello il modo in cui volevo che Justin mi guardasse, ma ero così dannatamente consapevole del fatto che i suoi occhi non mi avrebbero nemmeno mai notato.
-Ams, ti sei davvero offesa?- mi chiese qualche secondo dopo Renée mentre io avevo lo sguardo perso nel vuoto. Da quando ero tornata mi capitava davvero troppo spesso di sentirmi persa.
Ad un certo punto scoppia a ridere e scossi la testa.
Non avevo altre alternative. Capii che, se non avessi riso, gli occhi mi si sarebbero riempiti di lacrime.
-allora, andiamo?- chiesero gli altri.
Tutti annuimmo e uscimmo dall’albergo.
Appena fuori, sperai che sciare mi bastasse per togliermi dalla mente le parole di Justin, anche se sapevo che sarebbero stato più difficile del previsto.

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Capitolo 12
*** 11. Love you. ***


(QUANDO FINITE DI LEGGERE IL CAPITOLO, POTETE PER FAVORE DARE UN'OCCHIATA ALLO SPAZIO AUTRICE? E' IMPORTANTE.)

Capitolo 11.
''love you.''

-non mi ero mai divertita così tanto.-  affermai mentre, ormai sera, facevamo ritorno all’albergo.
Avevamo passato l’intera giornata sulle piste da scii e mentre io, Travis, Renée e Josh –che si era unito a noi dopo aver finito le sue ore di lezione- correvamo per vedere chi sarebbe arrivato prima dentro, mi sentivo davvero felice.
Tutte le preoccupazioni di quella stessa mattina sembravano svanite e sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene.
-ho vinto io!- urlai appena aprii la porta dell’albergo facendo in modo che l’aria fredda che c’era fuori si mischiasse con quella calda che c’era dentro.
-ehi, non vale! tu sei partita prima.- esclamarono tutti e tre all’unisono, poi scoppiammo a ridere.
-non è vero.- ribadii io mentre non riuscivo a smettere di ridere.
-ho un’idea.- esclamò Travis dopo aver ripreso fiato.
-quale?- chiese Renée.
-chi arriva per ultimo al piano di sopra deve pagare una penitenza.- disse per poi iniziare a correre verso le scale.
Anche io inizia a correre e salii i gradini a due a due per non arrivare ultima.
-ehi Renée, la penitenza tocca a te.-  disse Travis mentre si lasciò cadere a terra ormai sfinito.
-no.- scosse velocemente la testa mentre io appoggiai le spalle contro la parete che si trovava di fronte alla porta della camera di Travis.
-si.- ripetei  mentre mi tenevo un fianco con una mano.
-ma non è giusto. facciamo un’altra gara.- chiese sperando che accettassimo.
Travis scosse la testa –tocca a noi decidere cosa dovrai fare.-
-dai, per favore.- disse implorandoci.
-ci sono!- dissi ignorando completamente le sue parole.
-cosa?- chiese sperando che stessi per dire che non ci sarebbe stata nessuna penitenza.
-devi baciare Travis.- dissi tranquilla.
-cosa?- chiese incredula, credeva che stessi scherzando.
-hai perso l’udito?- chiese Josh divertito.
Cercai di trattenere una risata, mentre lei mi lanciava un’occhiataccia. Ovviamente l’avevo fatto di proposito. Sapevo che questo avrebbe fatto arrabbiare entrambi, nonostante Travis non ne fosse del tutto contrario.
Velocemente mi voltai verso mio fratello che si passava le mani fra i capelli, evidentemente imbarazzato.
-dai, non c’è un'altra penitenza?- chiese con un tono di supplica.
Josh scosse la testa.
-Travis?- chiese sperando in un suo aiuto.
Lui alzò le mani in segno di resa, facendole capire che non poteva mettersi contro me.
-okay, okay, ma, sappiate una cosa..- fece una pausa.- siete tutti degli stronzi.-
Io e Josh ridemmo, poi io ci fece il dito medio e si avvicinò a Travis.
-giuro che la farò pagare anche a te.- disse in tono minaccioso a mio fratello.
Prima che potesse dire qualcosa premette le sue labbra contro quelle di lui e, al contrario di quanto ci aspettavamo, legò le braccia attorno al suo collo e lo baciò con passione.
Lezione ricevuta, dobbiamo smetterla di fare i coglioni.
Dopo qualche istante si staccò dolcemente da Travis e, facendo finta di niente, percorse il corridoi fino ad avviarsi alle scale che portavano al piano di sopra.
Tutti e tre scoppiammo a ridere.
-dannazione Amy, sei una stronza.- mi disse mio fratello cercando di tornare serio.
-forse un po’ hai ragione, ma dimmi che non ti è piaciuto.-
-non mi è piaciuto.- negò spudoratamente.
-Trav, sei un imbroglione.- dissi mentre ridevo ancora.
-è inutile che lo nascondi, si vede che sei felice.-
-e allora? è per il pomeriggio passato sulla pista da scii.-
Josh rise –amico, puoi negare quanto vuoi. fatto sta che ti tremano ancora le mani.- gli fece notare.
Travis sbiancò all’istante ed entrò in camera sua senza nemmeno salutarci.
-sei una grande.- si complimentò Josh. -ma l’hai visto anche tu? aveva un sorriso stampato in faccia che gli durerà minimo fino a Natale.-
Risi per quanto buffo fosse suonato quello che aveva detto –hai ragione.-
-a proposito.- disse avvicinandosi a me. –che fate tu e la tua famiglia per Natale?-
-non so, credo che pranzeremo in un posto che hanno visto qualche giorno fa, è qui vicino.-
-e nel pomeriggio?-
Feci spallucce. –tu?-
-niente. che ne dici di fare un giro? potrei portati in un posto qui vicino, è davvero carino..-
-okay.- dissi sorridendogli dolcemente. –ora entro in camera, ci vediamo a cena.- dissi per poi schioccargli furtivamente un bacio sulla guancia e rientrare velocemente in camera.
Quando fui dentro, dopo aver chiuso la porta, mi ci appoggiai e sorrisi istintivamente come un’idiota non curandomi di chi ci fosse in camera.
-ciao.- disse Justin facendomi sussultare.
-oh..e-ehi.- balbettai come se fossi stata appena colta sul fatto.
-che ti prende?- mi chiese.
-umh, niente, ero solo sovrappensiero.- dissi mentre mi avviai verso la valigia per prendere dei vestiti puliti da indossare dopo che avrei fatto la doccia.
-perché sorridi?-
Mi voltai a guardarlo e notai che se ne stava sotto le coperte. Aveva i capelli arruffati e gli occhi leggermente assonnati.
-dov’è Grace?- chiesi ignorando la sua risposta.
-è andata in camera a fare una doccia.- disse passandosi la mano fra i capelli. –ma hai ignorato la mia domanda.-
-oh, perché mi sono divertita tantissimo oggi.-
-che avete fatto?-
-umh, niente, abbiamo sciato.-
-perché ridevate prima?-
-perché Renée ha baciato Travis.-
-oh.. e per..-non gli feci finire la frase che mi voltai a guardarlo tenendo in mano dei vestiti puliti.
-ma cos’è, un interrogatorio?-
-no, ma..-
-senti Justin, non c’è bisogno che cerchi di toglierti dall’imbarazzo per quello che è successo stamattina. è tutto okay. sono felice che tu mi abbia detto quello che pensavi.-
Avevo seriamente bisogno di dimenticare quello che era accaduto quella mattina e quel suo modo di comportarsi non era proprio il massimo per far finta di niente.
-e tu, Amy? tu cosa ne pensi di quello che ti ho detto io oggi?- mi chiese togliendosi le coperte di dosso e alzandosi.
A quella domanda mi sentii improvvisamente insicura –io.. penso che andrò a fare una doccia.-
Mi chiusi velocemente in bagno non avendo voglia di rispondere a quella domanda.
Cosa voleva che gli rispondessi? Che anche lui mi mancava incredibilmente tanto? Che quella situazione tra di noi mi faceva male?
Lui tutte quelle cose le sapeva già. Justin lo sapeva che ci stavo tanto male quanto ce ne stava lui; che mi manca e che quell’anno passato lontana era stato doloroso; che avevo bisogno di lui e che senza non riuscivo a starci.  
Era vero che un anno senza di lui l’avevo passato, ma questo non significava che fosse stato tutto rose e fiori. Perché io la sua mancanza non l’avevo accettata, ma mi c’ero semplicemente abituata.
Qualche minuto dopo lasciai fuori da quella porta Justin e le sue domande, feci la doccia e mi preparai per andare a cenare.
-io vado di sotto, gli altri ci aspettano per mangiare.- dissi appena uscita dal bagno cercando di evitare lo sguardo di Justin.
-ciao Amy.- disse Grace mentre velocemente si metteva composta.
Che cazz..?
-oh, Grace.- dissi girandomi verso di lei e sorridendole imbarazzata cercando di mascherare la delusione.
Avevo creduto che Justin quella mattina fosse serio e avevo dato troppo peso alle sue parole, quando in realtà avevo dimenticato che lui stava con mia sorella e che le cose tra noi non sarebbero più tornate come prima.
-non scendete per cenare?- chiesi cercando di fingermi disinvolta.
Justin scosse la testa, poi avvicinò mia sorella al suo petto.
Annuii mentre sentivo un nodo allo stomaco.
-ci vediamo dopo.- dissi uscendo.
 
Quando qualche ora dopo tornai in camera ormai sfinita, aprendo la porta, trovai Grace che stava per uscire.
-ciao Amy, ci vediamo domani.- disse abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio, poi aspettai che raggiungesse Travis e, dopo essere entrata, mi chiusi la porta dietro le spalle.
Senza dare importanza allo sguardo di Justin, mi sfilai gli Ugg dai piedi e presi il pigiama.
-abbiamo lasciato un discorso in sospeso.- disse Justin indifferente.
-per favore Justin, non ho voglia di parlarne.-
-e allora quando ne avrai voglia? quando tornerai al college e dovrò aspettare un altro anno per vederti?- chiese arrabbiato.
Mi girai a guardarlo, non sopportando più quel suo tono e quelle sue parole.
-che cazzo vuoi che ti dica, Justin? vuoi che mi prenda tutte le responsabilità per essermene andata senza dirti niente? vuoi che ti dica che non è colpa tua se sono andata via? vuoi che ti dica che ti ho perdonato per aver letto il mio diario? vuoi che ti dica che avrei voluto che ti fossi fatto sentire in questi mesi? o che io avrei voluto scriverti? vuoi che ti dica che non me ne frega un cazzo se non hai nemmeno avuto il coraggio di dirmi che ti sei fidanzato con mia sorella? vuoi che ti dica che ogni fottutissimo giorno non mi chiedo se tu la amavi già quando hai scoperto che mi ero innamorata di te?- urlai. –no Justin, non aspettarti questo da me. dannazione, cosa vuoi sapere?- feci una pausa passandomi una mano fra i capelli ormai esausta. -si, cazzo, si che avrei voluto che ti fossi fatto vivo e si, avrei anche voluto scriverti, ma non l’ho fatto, perché sapevo che tu ti saresti rifatto una vita e non mi andava di disturbare. credi che io non abbia sofferto per la tua mancanza? o credi che tornare e trovarti a baciare mia sorella, senza nemmeno sapere che vi eravate fidanzati, mi abbia fatto estremamente piacere?-
Sospirai. –si, Justin, anche a me manchi dannatamente tanto, ma non aspettarti che io ti dica che la colpa non è tua se me ne sono andata o che ho dimenticato quello che è successo tra di noi, perché non è così. ho passato un anno lontana da te, mettendo da parte quel ‘noi’ che sin da bambini credevo che contasse qualcosa anche per te..- mi interruppe.
-ma a me importa.-
Scossi la testa. –a te non è mai importato.- dissi mentre ormai le lacrime mi rigavano gli occhi.
-ma tu..?- disse tutto d’un fiato.
-se è questo che vuoi sapere, no, Justin, non ti amo più.- le parole mi morivano in gola. –e ora, per favore, basta parlare di questo.- dissi per poi andare in bagno e indossare il pigiama.
Quando rientrai in camera mi precipitai sotto le coperte e spensi la luce che stava accanto al letto.
Diedi le spalle a Justin, non avendo voglia di guardarlo in faccia.
Poco dopo spense tutte le luci della camera e si mise sotto le coperte.
Sentii la sua mano sfiorare delicatamente e involontariamente la mia, cosa che mi fece battere il cuore all’impazzata.
Una scia di brividi mi percorse tutto il corpo e velocemente mi scostai da lui, cercando di mantenere le distanze.
-mi dispiace Amy.- parlò all’improvviso con la voce spezzata.
L’ultima volta che avevo sentito quella voce stavo attraversando il vialetto di casa sua, dopo aver discusso con lui e aver deciso di partire.
Il mio cuore perse un battito, mentre le mani e le gambe iniziarono a tremare.
Questa volta l’impulso fu troppo forte, così mi girai e lo abbracciai. Lo accolsi tra le mie braccia e gli accarezzai dolcemente i capelli. Profumavano di vaniglia.
Avevano lo stesso profumo dell’anno precedente.
Lui poggiò la testa sul mio petto mentre avvolgeva le braccia attorno alla mia vita.
Sentii le farfalle scatenarsi nel mio stomaco e ripensai al coraggio che mi ci era voluto per dirgli che non lo amavo più.
Restammo avvolti in quel silenzio per minuti che sembravano secoli. Di tanto in tanto accarezzavo la sua schiena, mentre il suo petto si muoveva su e giù regolarmente.
-ti voglio bene, Amy.-
-ti voglio bene anche io.- dissi baciandogli delicatamente la fronte.

 
**
Hola! 
Eccomi qua con un nuovo, schifosissimo capitolo!
So che sono passate due settimane da quando ho pubblicato il capitolo 10, ma credo comunque che un ritardo di due settimane, al contrario di uno di due mesi, si possa perdonare (almeno è quello che spero).
Che dire, spero vi piaccia e, nel caso in cui dovessero esserci errori, scusatemi.
Ho letto e riletto il capitolo, ho corretto quelli che ho visto ma non si sa mai, può essere che qualcuno mi sia sfuggito. 

Comunque ammetto che avevo iniziato a scrivere qualche riga due settimane fa, ma non avevo molte idee, poi ,fortunatamente (?), in questi giorni l'ispirazione mi è tornata e avevo un così tale bisogno di scrivere che il capitolo l'ho buttato giù tutto in un pomeriggio. 

Ripeto, spero vi piaccia e VI RINGRAZIO PER LE NOVE RECENSIONI DEL CAPITOLO PRECEDENTE.
Credevo seriamente che tutte vi foste dimenticate della storia e invece quello è stato, fino ad adesso, il capitolo con più recensioni. 
Quindi, spero che non ci sia bisogno di aspettare altri 3 mesi per poter riavere così tante recensioni. 
Vi ringrazio anche perché continuate a leggere la storia, perché senza di voi per me sarebbe inutile continuare a pubblicarla e ringrazio anche quelle che hanno la storia tra le preferite e\o seguite (noto con mio grande piacere che aumentate ogni volta) e ringrazio anche quelle che leggono ma non hanno il tempo di recensire.

Ultima cosa -ma non meno importante- e poi conlcudo il mio solito poema, 
ho iniziato a scrivere una nuova storia -so cosa state pensando, ma no, cercherò di essere più puntuale con gli aggiornamenti di entrambe!- e mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate.
Ho ancora pubblicato solo il prologo -e vi avverto che non lascia intendere niente e che probabilmente a molte di voi non piacere (non piace nemmeno a me!)- ma mi farebbe piacere se passaste a dare un'occhiata e se mi lasciaste una recensione per sapere se avete intenzione di seguirla o meno e se la trama vi piace.
Qui c'è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2608799&i=1


Grazie ancora, siete fantastiche! (vi aspetto in molte a seguire l'altra storia!)

 

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Capitolo 13
*** 12. Kiss. ***


Capitolo 12.
"kiss.''

Quando quella mattina mi svegliai, Justin aveva il viso dolcemente premuto contro il mio collo.
Era la vigilia di Natale. Dalla lite con Justin erano passati due giorni e né io, né lui, avevamo ripreso quell’argomento.
Ci eravamo comportati come se niente fosse, le cose tra noi andavano decisamente meglio ed era quasi come se quella discussione, più che farci del male, ci avesse fatto del bene.
Era già la seconda mattina che trovavo Justin incollato a me e, nonostante i miei tentativi di non far caso alle farfalle nello stomaco, mi sentivo sempre stranamente meglio.
Prima che lui si svegliasse gli avevo delicatamente passato una mano fra i capelli e mi ero chiesta che cosa sarebbe successo quando sarei tornata al college. Mi ero chiesta come avrei fatto a lasciarlo per la seconda volta, come avrei trascorso quell’anno lontana da lui.
Lo avevo già fatto una volta, ed era vero, ma se ci pensavo in quel momento sentivo una stretta allo stomaco e mi chiedevo come sarei riuscita a superare tutto, una seconda volta.
 
Quel pomeriggio passò piuttosto velocemente. Ero stata con Josh, ovviamente promettendo a mia mamma di far ritorno in albergo prima delle sei, in modo da poter essere puntuale per la cena che avevano organizzato.
Josh mi aveva portata in un piccolo paesino vicino. Quando eravamo arrivati la prima cosa che avevo notato erano le piccolissime luci che decoravano i balconi delle casette che si trovavano a poca distanza l’una dall’altra. Sulla porta d’ingresso di ogni casa stava  attaccata una ghirlanda e in giro c’erano svariati pupazzi di neve, segno che li vivevano anche dei bambini.
Non c’erano negozietti, a parte qualcuno che poteva al massimo vendere una trentina di regali natalizi all’anno.
Era comunque un posto molto accogliente, anche se assomigliava molto ad un paesino abitato solo durante quel periodo dell’anno, e quelle poche persone che avevamo visto in giro sembravano tutte felici.
Josh riuscì a farmi vedere tutto nel più breve tempo possibile.

Quando entrai in camera erano esattamente le sei e sorrisi come una stupida per la mia puntualità.
Questa volta, però, Justin non c’era, così ne approfittai per fare un bagno rilassante.
Seppur avevamo camminato molto, non ero stanca, ma avevo un disperato bisogno di stare un po’ al caldo.
La temperatura, rispetto ai giorni precedenti, era nettamente scesa e fuori si gelava sul serio.
Restai immersa in acqua per circa mezz’ora, aggiungendo ulteriore acqua calda di tanto in tanto.
Quando poi finii, non trovando l’accappatoio, avvolsi il corpo con un asciugamano e i capelli con un altro, poi uscii dal bagno e mi sedetti per qualche minuto sul letto.
Appena rientrai in bagno per asciugare i capelli, sentii la porta della camera aprirsi e poi richiudersi.
-Amy, sei qui?- chiese Justin.
-si.- risposi dal bagno mentre pettinavo i capelli.
-impieghi molto tempo?-
-forse.-
-allora torno dopo.-
Detto questo accesi il phon e asciuga i capelli mentre l’aria calda mi solleticava la pelle.
Una ventina di minuti dopo, Justin tornò e, mentre lui era in bagno, io mi vestii e mi truccai, usando lo specchio che si trovava in camera.
-sei pronta?- mi chiese uscendo con soli dei pantaloni neri.
-quasi.- mugugnai mentre cercavo una giacca che potesse star bene con ciò che indossavo. –tu?- chiesi cercando di non fare caso ai suoi tatuaggi in bella vista.
-per caso hai visto la mia camicia?- chiese mentre ispezionava alcuni vestiti.
-quale?- chiesi prendendo una giacca blu elettrico.
-quella bianca.-
-mm, credo che sia quella sul letto.- ridacchiai.
-sono un coglione.- esclamò ridendo e rientrando in bagno, tenendo la camicia in mano.
 
-stai benissimo.- mi sorrise Travis mentre salivamo in macchina. Papà e Jeremy l’avevano noleggiata per evitare di gelare mentre ci dirigevamo al ristorante in cui avremmo cenato. Era questo l’unico motivo per cui avevo indossato una gonna.
L’aria nell’abitacolo era tiepida e per la prima volta dopo tempo mi sentii realmente felice.
-grazie.- arrossii leggermente mentre le mie guance si coloravano di rosso.
Travis mi sorrise e rivolse lo stesso complimento a Grace che, dopo aver preso posto, fu seguita da Justin.
Lui, oltre a dei pantaloni neri, indossava una camicia bianca, una giacca nera e delle scarpe bianche.
Aveva i capelli tirati su e per una frazione di secondo i miei occhi vagarono sul suo viso, alla ricerca di qualcosa che non risultasse perfetto. Ovviamente non trovai nulla.
Quando la macchina partì, guardai mamma, papà,  Pattie, Jeremy e tutti gli altri e notai come i loro volti fossero tutti incorniciati da un meraviglioso sorriso.
A quella visione, uno si dipinse anche sul mio viso e ebbi la fantastica sensazione che quella sarebbe stata una delle sere più belle della mia vita.
 
Quando arrivammo al ristorante, Travis, da bravo cavaliere quale era, prese me e Renée a braccetto.
Quella era la penultima sera che passava insieme a noi. Era finalmente riuscita a trovare un volo per la Francia e sarebbe partita il giorno seguente, subito dopo cena.
Non vederla per le prossime due settimane un po’ mi dispiaceva, ma ero felice che potesse almeno passare il capodanno con la sua famiglia.
Appena entrati la cameriera che ci accolse ci sorrise amichevolmente.
-seguitemi.- disse per poi condurci ad un tavolo che si trovava vicino ad una grande finestra dalla quale si riuscivano a scorgere candidi fiocchi di neve che accarezzavano dolcemente il suolo.
Tutti prendemmo posto e, solo dopo essermi seduta, notai l’orologio al polso di Grace. Sicuramente era nuovo e, senza ombra di dubbio, gliel’aveva regalato Justin.
Sentii un nodo crearsi nello stomaco, anche se credo che fosse lo stesso nodo che mi accompagnava già da anni e che si ripresentava ogni singola volta in cui Justin faceva qualcosa di bello per qualche ragazza che non ero io.
-come fa a non amarti?- mi sussurrò Renée, seguendo il mio sguardo e fissando Justin.
Scossi le spalle e le rivolsi un sorriso –quel vestito ti sta benissimo.-
-se c’è una persona che questa sera sta benissimo, non sono di certo io.-  disse alludendo a me.
Ridacchiai –spero che tu stia scherzando.- feci una pausa –a proposito, dove hai preso quella borsa? è meravigliosa.-
-l’ho comprata quando tu eri già tornata a Los Angeles. ti ricordi quel negozietto vicino al college?-
Annuii.
-ecco, la. stava facendo gli sconti e ne ho approfittato.-
-prima o poi me la presterai.- scherzai.
-quando vuoi.- mi fece l’occhiolino.
 
La cena era passata tra una risata e un’altra e ben presto quella sensazione che mi attanagliava lo stomaco era scomparsa.
Erano le 23:55 quando tutti avevamo indossato le giacche ed eravamo usciti fuori, intenti a fare pupazzi di neve e a fissare le stelle, nella speranza di vederne una cadente.
-Trav smettila.- dissi quando della neve fredda mi colpì bruscamente la schiena.
-e perché?- chiese.
Mi girai di scatto per urlargli che era un cretino, quando Travis iniziò a correre per cercare di scappare.
I miei Ugg affondavano nella neve mentre lo rincorrevo. Ovviamente non lo avrei mai preso, ma mi stavo divertendo e non m’importava se apparivo come una bambina di cinque anni.
Sentivo le guance colorarsi di rosso e il respiro farsi sempre più affannato.
-tanto non mi prendi.- disse facendomi la linguaccia.
Risi e mi lasciai cadere sulla neve morbida.
La mia schiena aderiva con quello strato spesso di neve, ma non sentivo freddo.
Quella era la magia del Natale.
-Amy, sei matta.- scherzò Renée e io risi di gusto, come se d’un tratto tutta la tristezza fosse sparita, come se ci fosse posto solo per i sorrisi.
Sembrava che il peso di quell’amore non corrisposto stesse diminuendo e per un momento sperai che fosse realmente così, sperai di sentirmi più leggera.
Mia mamma, qualche secondo dopo, annunciò che era appena scoccata la mezzanotte, così, velocemente, mi alzai e mi fiondai tra le braccia di mio fratello per abbracciarlo. Poi la stessa cosa feci con tutti gli altri, mentre dicevo, puntualmente, la parola ‘auguri’.
Da bambina mi ero sempre chiesta per quale strana ragione si facessero gli auguri il giorno di Natale e solo in quel momento capii. Si augurava alla gente che, almeno per un giorno, i loro problemi si alleggerissero, che l’aria natalizia li facesse sentire un po’ più.. leggeri.
Una strana idea mi balenò in mente e, mentre mio padre si diresse in macchina per prendere i regali, presi un fazzoletto di carta dalla borsa e ci scrissi sopra.
‘A tutti quelli che hanno bisogno di sentirsi più leggeri.’
Quando finii lo piegai e lo lasciai volare. Magari, se qualcuno l’avesse trovato, si sarebbe davvero sentito più leggero.
Qualche minuto dopo mio padre tornò con tantissime buste e sorrisi. Nonostante tutto, avevo la famiglia migliore che potessi desiderare, e non lo dicevo semplicemente per i regali.
-Grace, questo è per te.- disse, poi si avvicinò a me –questo è per te, Amy.- e dopo andò anche da Travis.
Quando tutti avemmo in mano i nostri regali, li scartammo, curiosi di sapere cosa si nascondeva dietro quella carta regalo rossa.
Sorrisi ancora di più, sempre detto che potessi, e indossai subito la catenina che mi avevano regalato. Alla fine c’era un cuore su cui era scritto ‘please, return to Tiffany & Co’.
-grazie.- dissi abbracciando i miei genitori. Sapevo che, in qualche modo, quello era un modo per dirmi di tornare da loro.
 
 
Molte ore dopo, quando la luna stava quasi per lasciare il suo posto al sole, rientrammo in camera.
Quando Justin chiuse la porta, mi sfilai le scarpe dai piedi e restai per qualche secondo con lo sguardo perso nel vuoto.
-allora, dov’è il mio regalo?- mi chiese avvicinandosi poi a me.
-oh.- mi avviai velocemente verso la valigiai, un po’ imbarazzata per essermene dimenticata.
Lo sentii compiere qualche passo, ma non ci prestai attenzione.
Quando ebbi tirato fuori il suo regalo, mi avvicinai a lui e glielo porsi.
Le sue mani, però, non erano vuote. In quella destra teneva una scatolina di Tiffany.
Il cuore iniziò a martellarmi nel petto, forse perché ero stupita del fatto che mi avesse fatto un regalo o forse perché avevo un po’ di timore di scoprire cos’era.
-cosa aspetti a prenderla?- chiese guardando la sua mano.
Me la porse e, dopo averla presa, gli diedi il mio regalo, sentendomi improvvisamente imbarazzata per ciò che gli avevo comprato.
Quando sciolsi il fiocchetto e sollevai la parte superiore, svelai un ciondolino che legai al bracciale che era agganciato al mio polso.  
Per il mio diciottesimo compleanno Justin mi aveva regalato quel bracciale portafortuna e mi aveva fatto promettere che, per ogni evento importante, avrei aggiunto un ciondolo che lo simboleggiasse.
Quello che mi aveva regalato era una luna.
In fondo alla scatolina c’era un bigliettino che lessi, mentre cercavo di non piangere.
Aprii il fogliettino.

“ti ricordi di quel film? quello che vedemmo insieme e di cui poi mi parlasti per settimane intere. come si chiamava? dear John? beh, John disse a Savannah che, ovunque lui si trovasse, le sarebbe bastato guardare la luna, per ricordare che era la stessa che guardava lui.
ecco. questo ciondolo significa proprio questo. da quando sei partita, guardo la luna per ricordarmi che è la stessa che guardi tu, nella speranza che anche tu la stia osservando.
vorrei tanto che potessimo tornare a guardarla insieme.
-Justin.”


Le lacrime mi rigavano veloci il viso, mentre piegavo il bigliettino che avevo appena finito di leggere.
-questo è per un nuovo inizio, che ha però, per colonna sonora, la stessa vecchia canzone.- Justin lesse ciò che c’era scritto nel mio di biglietto.
Gli avevo regalato un ipod e avevo messo la nostra canzone, sperando che, comunque avesse iniziato, non si sarebbe dimenticato di me.
-Amy..- pronunciò a bassa voce, quasi come se quelle parole ci avessero ferito entrambi.
Si avvicinò e mi asciugò le lacrime.
-se mai dovessi ricominciare da capo, tu sarei sempre la mia colonna sonora.. ma ho un dubbio.- disse e io non ebbi il coraggio di chiedergli quale fosse quel dubbio di cui parlava.
-io non voglio iniziare di nuovo, senza di te.-
Scoppiai in un pianto silenzioso, quando mi accolse tra le sue braccia e affondai il mio viso nel suo petto.
-quando ti sei buttata nella neve, dopo aver rincorso Travis..- disse rompendo il silenzio che da ormai qualche secondo regnava nella stanza. –mi sono reso conto che ho un disperato bisogno di te, Amy.- disse.
Mi staccai da lui e lo fissai per qualche secondo.
-prima ho trovato questo.- disse tirando fuori dalla tasca il fazzolettino che avevo affidato al vento. –sai cos’è che potrebbe farmi sentire più leggero?- chiese e io scossi la testa, quasi come se le parole non volessero uscire.
Prima che potessi capire cosa stesse succedendo, mi accarezzò dolcemente il viso e con l’indice tracciò i contorni delle mie labbra.
Poi si avvicinò e le sue labbra sfiorarono le mie, prima di baciarmi.
Sentii il cuore battere all’impazzata e giurai che la sensazione delle sue labbra sulle mie era distante milioni di anni luce rispetto a come la immaginavo da anni.
Era una sensazione fantastica, decisamente migliore.
Le mani iniziarono a tremare e mi resi conto che non avevo mai smesso d’amarlo, nemmeno per un secondo.

 
**
Aye!

So che questo capitolo è orrendo e che vi aspettavate di meglio.
Ho provato a scrivere qualcosa di più bello, che vi piacesse davvero, perché mi avete chiesto in molte che succedesse qualcosa tra Justin e Amy, ma non sono riuscita a fare di meglio.

Comunque, vi ringrazio tantissimo per le DIECI recensioni del capitolo precedente. Voi siete fantastiche!
Volevo che questo capitolo fosse ''speciale'' perché è come un modo per dirvi grazie per le recensioni che mi lasciate, ma mi dispiace che non sia niente di ciò che avevo in mente.

Comunque, ripeto, siete fantastiche. Inoltre, il numero delle persone che ha la storia tra le preferite e\o seguite, aumenta di giorno in giorno, quindi, davvero, grazie.

Ringrazio davvero tutte voi, da chi trova cinque minuti per recensire, a chi il tempo per recensire non ce l'ha, ma non rinuncia a seguire la storia.

Spero comunque che il capitolo vi piaccia e aspetto una vostra recensione, se avete il tempo, per dirmi cosa ne pensate.

Se vi va, sto scrivendo un'altra storia. La trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2608799&i=1

 

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Capitolo 14
*** 13. Christmas day. ***


Capitolo 13.
''Christmas day.''

Quando mi staccai lentamente da Justin, un po’ indecisa sul da farsi, i brividi si fecero spazio nel mio corpo, come se il calore del suo corpo si stesse disperdendo e io non potessi più recuperarlo.
-cosa..?- chiesi insicura.
Il mio corpo ed il mio cuore erano troppo presi da quel bacio per poter permettere alla mia mente di ragionare lucidamente e ricordarmi che Justin era il fidanzato di mia sorella.
Ovviamente, nel momento in cui mi resi davvero conto di ciò che Justin aveva fatto, insieme alla certezza che quel bacio per lui non aveva significato nulla, arrivarono anche la tristezza e la rabbia.
Justin mi scrutò da capo a piedi, senza dire nulla, e questo mi fece capire che nemmeno lui sapeva il vero motivo per cui mi aveva baciata.
Le mani tremarono di più e il cuore sembrava voler uscire dalla gabbia toracica, ma non per l’emozione.
-dimmi che non l’hai fatto solo per sentirti dire che scherzavo, solo per sentirti dire che io ti amo ancora.- pronunciai con voce debole –per favore, Justin, dimmi che non è così.-
Niente, ancora il silenzio.
La verità si faceva spazio veloce tra i miei pensieri e, ad ogni battito di ciglia, mi si presentava davanti. Era Justin che se ne stava impalato senza dire niente.
Mi girai velocemente, mentre le lacrime che scorrevano sul mio viso sembravano fiumi.
Lui mi stava riducendo a niente, di nuovo. E io glielo stavo permettendo, di nuovo.
-è..-la voce tremava. –è okay. avevi i tuoi motivi per farlo e, si, lo riconfermo, non ti amo più.- dissi.
Quelle parole mi fecero più male del previsto e dovetti trattenermi per non scoppiare in un pianto rumoroso.
-volevo solo sapere questo.- disse con voce calma, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Io annuii, mentre quelle parole prendevano il mio cuore e lo calpestavano, fino a coinvolgere tutto il corpo in quel dolore che sembrava essere insopportabile.
Sentii lo stomaco chiudersi, il respiro farsi affannato, la vista annebbiarsi, la testa scoppiare e le gambe cedere.
Il battito però si andava regolarizzando, come se fosse stanco di fare a botte con quella crudele verità.
-vado a dormire.- biascicai e, incurante del suo sguardo, mi tolsi i vestiti di dosso ed indossai il pigiama.
Poi, senza dire una parola, mi misi a letto, mentre il buio avvolgeva la stanza e il silenzio parlava per me.
 
Quando la mattina seguente mi sveglia, Justin dormiva ancora, così ne approfittai per vestirmi ed uscire a schiarirmi le idee.
Quando varcai la porta d’ingresso dell’albergo che mi portava fuori, il freddo era pungente, ma non ci prestai molta attenzione.
Camminavo a grandi falcate, come per togliermi di dosso quella terribile sensazione che mi si era attaccata al corpo quella stessa notte.
Non sapevo ancora quale fosse la mia meta e alla fine mi ritrovai a percorrere più volte lo stesso percorso, trovandomi sempre davanti l’albergo.
Era forse un altro scherzo del destino quello? Voleva forse farmi capire che dovevo entrare in quella stanza e parlare con Justin?
Scossi la testa, cercando di togliermi dalla mente pensieri su cui avrei potuto costruire milioni di illusioni che alla fine mi avrebbero solo fatto stare peggio.
Solo una quindicina di minuti dopo mi decisi a rientrare in albergo, ma non andai in camera. Mi diressi al ristorante e, dopo aver preso una tazza di caffè, presi posto in uno dei pochi tavoli che era rimasto libero.
Appena posai la tazza sul tavolo il mio telefono iniziò a squillare.
Lo presi dalla borsa a tracolla che avevo ancora in spalla e risposi alla chiamata di mia madre.
-mamma?-
-Amy, dove sei?- mi chiese.
-dove credi che possa essere?-
-Justin ha detto che non sei in camera.-
Un nodo mi si formò nello stomaco appena sentii il suo nome. Tuttavia cercai di ignorarlo, proprio come facevo da anni ormai.
-infatti, sono al ristorante.-
-sei già pronta per il pranzo?-
-no, sto solo bevendo un caffè. fra una decina di minuti sarò in camera per prepararmi.-
-okay, ma sbrigati.-
Riattaccai senza nemmeno rispondere e dopo aver preso posto, bevvi un po’ di caffè.
Passarono svariati minuti, poi mi accorsi di qualcuno che si avvicinava al mio tavolo.
Mi girai a guardarlo e mi accorsi che era Justin.
Sentii il cuore perdere un battito prima di iniziare ad accelerare.
-Amy, ciao.- disse indifferente quando fu abbastanza vicino.
-oh, Justin.-
Prese posto al mio stesso tavolo e, togliendomi la tazza dalle mani mandò giù tutto il caffè.
-perché sei uscita così presto questa mattina?-
-sono fuori solo da una mezz’ora.- dissi controllando l’orario.
-sembra passata un’eternità.-
Scossi le spalle, non sapendo cosa aggiungere a quel finto commento.
-visto che hai bevuto tutto il mio caffè, vado a vestirmi.- dissi alzandomi dalla sedia.
-vengo anche io.- mi seguì.
Non dissi niente, seppur infastidita da quel suo comportamento. Non sapevo perché lo stesse facendo e, in quel momento, non m’importava.
Volevo solo che quel giorno passasse in fretta, per poter fare le valigie e tornare nel New Jersey.
Quando arrivai in camera, presi i vestiti che avrei dovuto indossare e, chiudendomi in bagno, mi preparai.
Quando fui pronta, mi sedetti sul letto e chiamai mia madre per avvertirla –andare in camera sua sarebbe stato troppo faticoso.
-stai benissimo vestita così.- commentò Justin mentre portava su i capelli con  del gel.
-grazie.- risposi atona non avendo voglia di sentirlo parlare.
Stava per ribattere quando qualcuno bussò alla porta.
Ringraziai mentalmente chiunque fosse per avermi salvata da un discorso che non avevo voglia di iniziare.
Mi alzai di scatto ed andai ad aprire.
La figura che ebbi davanti era quella di Renée che indossava un bellissimo vestito rosso che le arrivava poco più su del ginocchio. Era davvero stupenda.
-Renée sei bellissima.- l’abbracciai.
Lei ricambiò l’abbraccio e quando ci staccammo, salutò anche Justin.
Durante quei pochi giorni che era stata con noi, aveva conosciuto Justin e l’odio che provava nei suoi confronti –come previsto- si era rivelato semplicemente un’impressione sbagliata dovuta all’idea che si era fatta di lui.
Nonostante ciò, però, ero consapevole che quando le avrei detto del bacio lei l’avrebbe odiato, davvero, così decisi che le avrei raccontato tutto quando ci saremmo riviste al college, dopo le vacanze.
-Amy ha ragione, sei davvero bellissima.- sentimmo dire mentre Renée scambiava qualche parola con Justin.
Tutti e tre ci girammo e potemmo vedere Travis sulla soglia della porta.
Subito rivolsi uno sguardo a Renée, che arrossì prima di ringraziare mio fratello.
-siete pronti?- chiese Grace comparendo dietro Travis ed entrando in camera, per poi attaccarsi alle labbra di Justin.
Le stesse labbra che la notte precedente avevano baciato le mie. Le stesse labbra che sognavo da tutta la vita.
Guardai altrove, cercando di non dare nell’occhio e ascoltai Renée e Travis che parlavano.
-allora andiamo?-propose mia sorella aggiungendosi alla conversazione.
Tutti annuimmo e ci dirigemmo fuori dall’albergo, dove i nostri genitori ci aspettavano da minuti ormai.
Salimmo tutti sull’auto e mi chiesi quali fossero stati poco prima i pensieri di Justin mentre baciava mia sorella.
-a che ora parti questa sera?- chiesi alla mia migliore amica.
-credo che avrò solo il tempo per pranzare, poi dovrò andare all’aeroporto.-
-pensavo che te ne andassi questa sera.-
 -ho paura di non fare in tempo.-
Annuii capendo cosa volesse dire, anche se un po’ mi dispiaceva lasciarla andare.
-chi ti accompagnerà?- si intromise Travis.
-prenderò un taxi.-
-posso accompagnarti io.- si propose.
-con quale macchina?- chiesi di rimando.
-prenderò questa.-
Mia madre che aveva sentito la conversazione si girò a guardare Travis, non capendo cosa avesse in mente.
-noi ragazzi potremmo accompagnare Renée, subito dopo mangiare, mentre voi fate un giro della zona.- ci spiegò.
Mia madre si rivelò d’accordo e fui felice non dover fare aspettare la mia migliore amica da sola all’aeroporto il giorno di Natale.
 
Erano le tre quando facemmo ritorno in albergo per prendere le valigie di Renée.
Quando furono messe in macchina, ci dirigemmo verso l’aeroporto che distava un’ora circa.  
-allora, Renée, cosa ne pensi della mia pazza famiglia?- chiese divertito Travis.
Tutti ridemmo e mi sembrò di vedere Renée asciugarsi qualche lacrima.
-è davvero la migliore pazza famiglia che conosco.- ridacchiò.
-poi ci farai conoscere la tua, vero?- chiese Grace.
Renée annuì –ovviamente. quando verranno in America verremo a trovarvi.-
-sono davvero curioso di conoscere tuo fratello.- disse Justin.
-oh, vi troverete bene insieme, avete entrambi l’aria da bad boys.- scherzò.
-credo che mi piacerà.- aggiunse Justin ridendo.
 
-ragazzi, devo andare in bagno.- annunciai una ventina di minuti dopo.
-non puoi aspettare fin quando non arriviamo all’aeroporto?- chiese Travis infastidito.
-no. se avessi potuto aspettare mica l’avrei detto.- dissi ovvia facendo ridere gli altri. –dai, per favore.- quasi lo supplicai.
-va bene. però devi sbrigarti.- disse.
Appena trovammo un’aria di servizio, Travis svoltò a destra e parcheggiò non troppo lontano dall’ingresso.
-voi non scendete?- chiesi.
Gli altri scossero la testa.
-se fra cinque minuti non sarai di nuovo in macchina ti lascio qui.- disse.
-cosa?- speravo che scherzasse, ma la paura che potesse davvero lasciarmi li era tanta –allora qualcuno potrebbe gentilmente scendere con me? almeno se non farò in tempo non sarò sola.-
Nessuno si propose, così, arrabbiata mi diressi verso i bagni.
Cercai di fare il più in fretta possibile, nonostante ci fossero solo pochi bagni e fossero tutti occupati.
Controllai varie volte l’orologio fin quando una signora non uscì da un bagno e mi sbrigai ad entrarci.
Quando poi mi lavai le mani ed uscii dalla porta, vidi Justin che mi aspettava fuori, mentre si sfregava le mani per riscaldarsi.
-oh, che ci fai qui?- chiesi curiosa.
-sono sceso subito dopo te, non mi hai visto?-
Scossi la testa.
-andiamo in macchina.- dissi facendo per dirigermi dove poco prima Travis aveva parcheggiato.
Justin restò immobile, cosa che mi fece preoccupare.
-ci ha lasciati qui?- quasi urlai.
-temo di si.- disse infilando poi le mani nella tasca del giubbino.
-cosa? stai scherzando, vero?- chiesi incredula.
Il biondo scosse la testa e la voglia di gridare più forte che potevo mi assalì.
-e ora cosa facciamo?-
-come prima cosa potremmo entrare dentro, per evitare di congelarci fuori.- disse dando un’occhiata al mio vestito e alle mie gambe coperte solo da delle calze. –poi potremmo chiamare un taxi.- propose.
Annuii e entrambi ci dirigemmo silenziosamente all’ingresso della caffetteria che si trovava la.
-prendi qualcosa?- mi chiese.
Scossi la testa, poi lui si diresse verso il bancone per ordinare.
Presi posto ad un tavolo che si trovava vicino ad una grande vetrata dalla quale si potevano vedere solo macchine e poco dopo Justin tornò con una tazza fumante di cioccolata.
-vuoi?- chiese.
-no, grazie.- risposi.
Stranamente tutta la rabbia che nutrivo nei suoi confronti sembrava non essere mai esistita.
Mentre ce ne stavamo seduti ad un tavolo di una caffetteria sperduta nel giorno di Natale, sentivo solo una vaga tristezza che mi attanagliava il corpo.
-buffo, no?- la voce di Justin mi riportò alla realtà.
-cosa?-
-è il giorno di Natale e siamo bloccati nella caffetteria di un’aria di servizio.-
-già, è buffo.- concordai con lui.
-non credevo che Travis potesse davvero lasciarci qui.-
-nemmeno io lo credevo. ma ora so per certo che devo prendere sul serio tutto quello che dice.-
Justin ridacchiò, poggiando sul tavolo la tazza.
-non l’ho ancora detto a Grace.-
-cosa?- ripetei per la seconda volta.
-del bacio..- lasciò che quelle due parole mi volteggiassero in mente.
-io..-
-le dirò che non è colpa tua.- mi rassicurò.
-non è per questo..-
-e allora per cosa?-
-per niente.- scossi la testa.
Justin mi fissò per qualche istante, poi guardò altrove.
-chiamo il taxi e arrivo.- disse alzandosi dal tavolo.
Lo seguii con lo sguardo e lo vidi parlare al telefono. Quando poi terminò la chiamata si sedette allo stesso posto di prima.
-ora voglio che facciamo una cosa.-  disse serio, guardandomi fisso negli occhi.
Gli rivolsi uno sguardo curioso, non capendo di cosa stesse parlando.
-fin quando qualcuno non viene a riprenderci parleremo. tu mi chiederai tutto quello che ti passa per la testa ed io farò la stessa cosa con te.-
-perché?-
-facciamolo e basta.- 

 
**
Salve!
Allora, questa volta sarò molto sbrigativa (si spera).
Parto col dire che so d'essere in ritardo, ma ho avuto le mie ragioni (visto che devo essere sbrigativa non posso dilungarmi troppo).
Avevo iniziato a scrivere il capitolo la settimana scorsa ma volevo chiarirmi le idee sull'andamento della storia e oggi mi sono finalmente decisa a finire di scriverlo.
Spero sul serio che vi piaccia, nonostante non sia un granché, e ci tengo a dirvi che questo capitolo è decisivo perché succederanno davvero tante cose nel prossimo!
Prima di pubblicare il capitolo l'ho riletto una sola volta, quindi se ci sono errori è per questo. 
Aspetto una vostra recensione e ne approfitto per ringraziare tutte le ragazze che hanno la storia tra le preferite e\o seguite, quelle che leggono e recensiscono e anche quelle che leggono ma non hanno il tempo e\o la voglia per farmi sapere cosa ne pensano.
Ci tengo a ringraziare soprattutto le dieci ragazze che hanno trovato cinque minuti per recensire il capitolo precedente, non potete capire quanto mi fate felici!

Ultima cosa: come ben sapete ho iniziato da poco a scrivere una nuova storia. Sono ancora agli inizi, ma mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate. 
Ho visto che ci sono alcune ragazze che seguono questa storia che hanno iniziato a leggere anche l'altra e ne sono davvero felice.
Se vi va, qui c'è il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2608799 

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Capitolo 15
*** 14. You hurt me. ***


Capitolo 14.
"you hurt me."


Lo guardai confusa e lui, notando il mio sguardo, iniziò a parlare.
-credi che Renée e Travis si metteranno insieme?- chiese.
Ci pensai qualche secondo.
–non so con esattezza, ma sembrano attratti l’uno dall’altra.-
Lui annuì.
-tocca a te.-
-umh..- ci pensai su qualche istante. -quanti anni dai a quella signora che ti fissa incessantemente da quando siamo arrivati?- ridacchiai.
Justin si girò con finta indifferenza per guardare la signora sui quaranta che non gli toglieva gli occhi di dosso.
Qualche istante dopo il biondo tornò a guardarmi e non riuscì a trattenere una risata –quarantacinque.-
Risi insieme a lui, mentre mi rendevo conto che il suo era il più bel sorriso che avessi mai visto.
-sei per caso gelosa di lei?- continuò a ridere mentre cercava di regolarizzare il suo respiro.
-io?- risi più forte e mi sembrò che le poche persone presenti avessero iniziato a fissarmi, poi scossi la testa più energicamente che potei. –ma scherzi? ovvio che no!- esclamai con troppa enfasi.
Mi portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e pensai ad una domanda da fare al ragazzo che stava seduto di fronte a me.
-c’è qualcosa che rimpiangi di non aver fatto? se si, cosa?- avevo smesso di ridere, ma sul mio viso era ancora presente uno stupido sorrisino.
Justin annuì per la seconda volta in dieci minuti.
-rimpiango di non aver fatto l’impossibile per non perderti.- disse tornando serio.
Il mio cuore iniziò a battere più lentamente e sentii una stretta allo stomaco. Stavo per ribattere quando Justin mi precedette, ignorando le sue stesse parole.
-e tu, Amy? c’è qualcosa che rimpiangi di non aver fatto?- mi chiese e io faticai a rispondere, mentre mi sentivo quasi soffocata da ciò che aveva detto poco prima.
-rimpiango di non averti detto che mi piacevi.- ammisi.
Avrei dovuto dirglielo io che l’amavo, non doveva leggerlo dal mio diario.
-amavi già mia sorella quando hai letto il mio diario?- mi ci volle tutto il coraggio di questo mondo per chiederglielo, ma era un peso che non riuscivo più a portare dentro.
Quando glielo chiesi il suo sguardo sembrava spento, quasi come se la consapevolezza che quel discorso avrebbe preso una piega dolorosa lo stesse travolgendo.
Non parlò per altri secondi, che mi sembrarono secoli, poi lo vidi scuotere la testa e d’un tratto mi sentii più leggera.
Sembrava che stesse per aggiungere qualcosa, ma poi si passò una mano fra i capelli e continuò con le domande.
-perché non mi hai detto che te ne saresti andata al college?- chiese.
Nella mia mente riformulai milioni di volte quella domanda, mentre ripensavo a quella sera in cui mi aveva chiesto la stessa cosa.
Ricordai che non avevo avuto il coraggio di rispondere e mi chiesi se avrei dovuto evitare quella domanda per la seconda volta.
Poi respirai rumorosamente, quasi come per incoraggiarmi.
-perché mi avevi ferita, Justin. avevi scoperto l’unica cosa che non dovevi sapere di me. questo mi ha fatta sentire debole e insicura. quel pomeriggio ero venuta per dirti che mi avevano accetta a Princeton.. ma sai com’è andata poi.- la mia voce era debole mentre pronunciavo a fatica quelle parole che sembravano non voler uscire.
Ci fu qualche istante di silenzio, poi mi decisi a parlare.
-qual è il significato della rosa che ti sei tatuato?-
Lo vidi guardare il suo braccio, seppur coperto da strati di vestiti.
-è il simbolo dell’amore assoluto.- disse grattandosi poi la nuca, come se fosse imbarazzato.
Io annuii, facendogli intendere d’aver capito.
Nonostante tra noi aleggiasse della tensione, scaturita dalle domande che ci stavamo facendo a vicenda, né io, né lui avevamo intenzione di smettere.
Entrambi sapevamo che quella sarebbe stata la svolta decisiva. Che di li a poco il nostro rapporto sarebbe cambiato, per sempre, che noi saremmo cambiati per sempre, perché non ci sarebbero stati più segreti, perché le cose che non ci eravamo detti nel tempo stavano venendo fuori e forse ci avrebbero fatto un po’ male, ma era necessario.
-hai conosciuto qualcuno al college?- mi chiese poi, fissando un punto indefinito oltre la mia spalla.
Stava cercando in tutti i modi di evitarmi, di evitare i miei occhi, segno che era parecchio nervoso.
-vado a prendere una cioccolata.- dissi alzandomi dal tavolo e interrompendo poi bruscamente la nostra conversazione.
Due minuti di pausa ci avrebbero aiutati a metabolizzare tutte quelle risposte che avevano lasciato entrambi un po’ spiazzati.
Quando ritirai la mia ordinazione ripresi posto al tavolo e finsi di non ricordare quale fosse la domanda, anche se in realtà non ero riuscita a togliermela dalla mente nemmeno per un istante.
-dicevamo?-
Lo vidi appoggiarsi più comodamente allo schienale della sedia, poi corrugò la fronte, non ricordando di cosa stessimo parlando, facendomi rimanere un po’ delusa.
-oh,- esclamò come se gli fosse venuta in mente un’idea geniale –hai conosciuto qualcuno al college?-
-un paio di persone.- finsi di non capire ciò che realmente intendesse. –quanti altri tatuaggi hai fatto da quando me ne sono andata?-
-una decina.- disse con nonchalance, poi fece una pausa. –hai conosciuto qualche ragazzo al college?- chiese questa volta specificando.
-alcuni. perché ti interessa?-
Lui fece spallucce. –non mi interessa, è solo curiosità.- sfilò dalla tasca il cellulare che gli era appena squillato e digitò qualcosa velocemente, poi lo infilò nella tasca del giubbino. –sei uscita con qualcuno di loro?-
-ho frequentato un ragazzo per un po’ di tempo.- girai il cucchiaino dentro la tazza –e tu? quando ti sei fidanzato con mia sorella?- nel mio tono c’era una finta disinvoltura che aveva colto alla sprovvista anche me.
-circa tre settimane dopo che sei partita.- disse e mi sentii come se il terreno si stesse sgretolando sotto i miei piedi e io non avessi nessun appiglio.
Gli era davvero bastato così poco per innamorarsi di mia sorella?
Justin non sembrò notare il tremolio delle mie mani e, per la prima volta da quando eravamo arrivati, puntò i suoi occhi nei miei. –come si chiama quel ragazzo? come è andata tra voi due?-
-Chris. era amico di un ragazzo che sta nel mio stesso corso di lettere. siamo usciti molte volte e devo dire che mi divertivo molto con lui.-
-e poi? cosa è successo?- chiese impaziente.
Ignorai la sua domanda, perché non avevo assolutamente intenzione di rispondere.
-ehi, è il mio turno.- mi finsi quasi offesa. –come fai a ricordare ancora il testo della mia canzone preferita?-
Lui fece spallucce –non so.- si limitò a dire. –e, ora, dimmi. cosa è successo tra te e Chris?-
-fammi un’altra domanda.-
-rispondi prima a questa.-
-no.- scossi la testa.
-sono le regole.-
-non ci sono regole.-
-le ho appena inventate.- sembrava sul punto di alzarsi e andarsene.
-e io le ho appena infrante.- annunciai, infastidita da quella sua insistenza.
-Amy, rispondi.-
-il gioco è finito, Justin. stop. non ho intenzione di discutere.- cercai di mantenere un tono di voce basso per non attirare l’attenzione della ragazza dietro al bancone.
-davvero? eppure mi sembra che noi lo stiamo già facendo.- lo disse come se volesse discutere.
-vado fuori. quando ti sarai calmato magari ne riparliamo.- dissi alzandomi dalla sedia, indossando il giubbino e dirigendomi fuori dal locale.
Ne avevo fin sopra la testa di quelle sue stupide scenate che alla fine non portavano a niente.
-Amy..- lo sentii dire con tono di voce basso, ma non mi girai a guardarlo.
Appena fuori l’aria fredda mi pizzicò la pelle, cosa che mi fece rabbrividire all’istante.
Circa dieci minuti dopo, vidi un taxi arrivare e mi diressi verso l’auto senza nemmeno avvisare Justin, che, ero sicura, stesse seguendo tutti i miei movimenti.
Come previsto passarono pochi secondi prima che sentissi la porta aprirsi e richiudersi alle mie spalle, ma non gli rivolsi nemmeno uno sguardo.
-posso?- chiesi al tassista che se ne stava avvolto in un giubbino marrone.
L’uomo annuì e io salii in macchina, poco dopo anche Justin salii e gli disse di riportarci in albergo.
-voglio andare all’aeroporto a salutare Renée.- parlai a Justin, nonostante il mio orgoglio mi dicesse di non farlo.
Justin ignorò la mia domanda, cosa che mi fece infuriare.
Mi girai, guardando fuori dal finestrino mentre sentivo le lacrime agli occhi.
Le ricacciai indietro, perché non volevo che lui sapesse che aveva vinto un’altra volta. Perché, in fin dei conti, lui avrebbe sempre vinto, che lo volessi o meno.
 
Quando arrivammo in albergo non c’era ancora nessuno, così, rapidamente andai in camera, senza nemmeno curarmi di Justin.
Appena entrata il mio cellulare squillò e, notando il nome sul display, mi ricordai di dover vedere Josh.
Mi sbattei una mano in fronte, sentendomi una completa stupida e rispondendo alla chiamata, mi scusai col mio amico che mi propose di vederci quella stessa sera.
Accettai volentieri, mentre ripensavo al pomeriggio appena passato con Justin.
Quando la chiamata terminò mi accorsi che il biondo aveva ascoltato ogni mia singola parola.
-non andrai con lui questa sera.- disse e sentii la rabbia ribollirmi nelle vene. Questa volta, però, non riuscii a trattenermi e gli diedi uno schiaffo sulla guancia.
Si portò una mano sul punto che avevo colpito, quasi incurante di quel mio gesto.
-che ti prende?- nel suo tono c’era una calma innaturale che mi fece andare su tutte le furie.
-no, che cazzo prende a te. ti stai comportando come un vero e proprio coglione.- gli urlai contro.
-è questo quello che voglio.- disse, alzando anche lui il tono di voce. –voglio che mi urli contro tutto quello che ti passa per la testa, voglio che mi urli contro tutto quello che non mi hai detto.-
-ah si?- feci una pausa e lo vidi annuire.
-sono così incazzata con te, Justin. vorrei odiarti, dico sul serio. vorrei odiarti per il modo in cui ti comporti, vorrei odiarti perché l’istante prima ti comporti come se ti importasse e quello dopo come se non te ne fregasse niente. vorrei odiarti perché sono stata male per te e perché non hai nemmeno voluto chiarire quello che era successo tra noi. vorrei odiarti perché mi hai ferita e non mi riferisco solo a quel dannatissimo diario.- mi muovevo avanti e indietro per la stanza, incapace di fermarmi o di trattenere un’altra parola. –mi riferisco al fatto che non mi hai mai amata e che mai lo farai. questo mi ha ferita davvero, sai? le tue parole mi si ripetono in testa da quando me ne sono andata da casa tua, quel giorno. “mi dispiace Amy, tu per me sei solo un’amica”. ogni dannata volta in cui sono pronta a ricominciare, l’eco di quelle parole mi rimbomba forte in testa, con una forza maggiore, facendomi sempre più male.- mi odiai per quello che gli stavo dicendo. –ma non è solo questo. vorrei odiarti anche perché ci hai messo solo tre fottutissime settimane per innamorarti di mia sorella e solo ora mi sono resa conto che non ti basterebbe un’intera vita per innamorarti di me. e vorrei odiarti Justin, vorrei davvero farlo, ma non ci riesco e so che non posso biasimarti se non mi ami.- feci una breve pausa.- e non chiedermi il perché di tutto quello che ti sto dicendo.- mi sentivo quasi stanca. –non chiedermi il perché, non ho assolutamente intenzione di dirti che ti amo come mai ho fatto. non chiedermelo, Justin, perché non ho assolutamente intenzione di dirtelo.-
Lasciai uscire le lacrime e, insieme a loro, anche tutto il dolore che mi era rimasto incastrato nel petto per tutto quel tempo.
Qualche secondo dopo Justin mi si avvicinò e mi strinse forte a sé.
-non abbracciarmi.- gridai mentre cercavo di divincolarmi dalla sua presa. -per favore, Justin, non farlo.- piagnucolai con un tono di voce più basso.
-shh..- sussurrò mentre mi accarezzava i capelli.
-lasciami andare, per favore.- mi lamentai mentre sapevo che se fossi rimasta solo un secondo in più tra le sue braccia non sarei più riuscita a lasciarlo.
-non voglio.- disse e mi abbracciò ancora più forte, come se questo servisse a rinforzare il nostro legame.
-non ho bisogno di te.- mentii, sperando che questo gli facesse allentare la presa, ma niente.
-ma io si.- disse e il mio cuore perse svariati battiti.
-io ho bisogno di te, Amy, e mi dispiace se mi sono comportato da stupido, ma non sopporto l’idea che qualcuno possa uscire con te e renderti felice, perché so che quello è il mio compito e che ho lasciato correre troppe volte, fingendo di non provare niente per te.-
Non dissi nulla, incapace di credere a quello che stavo ascoltando.
-ma ora, Amy. ora che sei tra le mie braccia, io non ci riesco. non ci riesco più a lasciarti andare, fingendo che vada tutto bene e che ognuno debba vivere la propria vita. non ci riesco, perché mi sei mancata così tanto e non c’è stato un solo, singolo giorno in cui non ho pensato a te, ascoltando la tua canzone preferita e immaginando come sarebbe stato cantartela mentre te ne stavi accoccolata sul mio petto.-
Ci fu un attimo di silenzio in cui meditai di fuggire, di correre via lontano dalle sue parole, dai suoi sentimenti, da lui, da noi. Ma i miei piedi non ne volevano sapere di muoversi, perché volevo sentire le sue parole, volevo sapere cosa gli stesse passando per la testa.
Prese un lungo respiro mentre trovai il coraggio di compiere solo qualche passo indietro.
-io mi sono innamorato di te, Amy.- disse tutto d’un fiato.
Raccolsi quel poco di coraggio che mi restava e mi chiesi se stare insieme sarebbe stata la cosa migliore per entrambi.
Ripensai poi a mia sorella e sentii una stretta al petto.
-non importa, ormai è troppo tardi.-
Le lacrime scendevano come se fossero fiumi in piena e la consapevolezza che quel mio pensiero fosse vero mi fece quasi mancare l’aria.
-stai mentendo.-
Si avvicinò sempre più, mentre io indietreggiavo ancora e ancora, poi sentii le mie spalle scontrarsi contro qualcosa.
La mia schiena era contro la parete fredda della camera d’albergo.
-sono solo un’amica, Justin.- dissi mentre sentivo le lacrime bruciarmi maggiormente sul volto.
Il biondo poggiò le mani sulla parete, quasi intrappolandomi e scosse ripetutamente la testa, quasi per negarmi le parole che mi aveva detto l’anno precedente.
-non sei mai stata solo un’amica, Amy.- poggiò la sua fronte contro la mia e il mio petto andava su e giù, velocemente, senza che io potessi realmente controllarlo.
-non..- le parole mi morivano in gola. –non è vero.-
-io ti amo, Amy.-disse e le mie gambe iniziarono a tremare.
Quelle parole si scontrarono con il mio corpo con una tale velocità che quasi non me ne accorsi e d’un tratto sembrava che tutto il dolore fosse sparito.
Voltai lo sguardo, cercando di evitarlo, sapendo che se l’avessi guardato negli occhi l’avrei baciato, ma lui mi prese il viso fra le mani e fece in modo che lo guardassi.
-io ti amo, Amy, l’ho sempre fatto.- disse per poi unire le nostre labbra.
In quel momento era come se esistessimo solo io e lui e potei giurare di sentirmi quasi felice.
Potei giurare d’essere davvero felice.

 
**
Salve! 
Eccomi qua, gente.
Allora, so che vi avevo ''promesso'' che questo capitolo sarebbe stato più bello e che sarebbero successe più cose, ma sono sicurissima di avervi deluse.
Lo so che vi aspettavate qualcosa di fantastico e mi dispiace per aver deluso le vostre aspettative, ma quest'idea nella mia mente sembrava decente.

Questa volta sarò molto sintetica, quindi passo direttamente ai ringraziementi (mi dileguo per il pessimo capitolo che ho scritto).
Allora, voglio ringraziare tutte le ragazze che hanno la storia tra le preferite e\o seguite, quelle che leggono e che non hanno il tempo per recensire e, soprattutto, le 11 ragazze che hanno recensito il capitolo precedente.
Un enorme grazie va a loro, giuro, vi ringrazio di cuore.
Non sapete quanto mi avete resa felice, siete davvero fantastiche!

Spero sinceramente che questo capitolo, nonostante tutto, vi piaccia e aspetto una vostra recensione per sapere cosa ne pensate.

Ah, scusatemi per eventuali errori. Ho rivisto il capitolo un paio di volte ma non sono riuscita a corregere granché. 


 

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Capitolo 16
*** 15. Stay with me. ***


Capitolo 15.
''stay with me.''

Tantissimi brividi mi percorsero la schiena, mentre un esercito di farfalle mi si scatenava nello stomaco.
Era la sensazione migliore che avessi mai provato.
Avevo un po’ di timore nel lasciare andare le sue labbra che sapevano di fragola e, quando questo successe, ricordai che quello che avevamo appena fatto era sbagliato.
Subito mi spostai, lasciandolo con le mani ancora appoggiate al muro, e sentii le lacrime riaffiorare.
-dove vai?- chiese Justin mentre mi avvicinavo a grandi passi alla porta.
Non risposi alla domanda e andai via, senza voltarmi.
Avevo baciato il fidanzato di mia sorella e avevo bisogno di andare fuori a schiarirmi le idee.
Scesi le scale a due a due, mentre le lacrime mi annebbiavano la vista.
Cosa ho fatto?
Appena fui fuori dall’albergo il freddo pungente mi colpì ogni parte del corpo, ma non ci feci molto caso.
Non riuscivo a smettere di piangere mentre ricordavo di me e Justin in quella camera. Mentre non riuscivo a sentirmi minimamente in colpa per essermi comportata davvero male.
Cercai di non singhiozzare, ma in quel momento sembrava una cosa impossibile.
Sentivo le gambe cedere, così mi lasciai andare sulla neve gelida.
-Amy, che stai facendo?- sentii alle mie spalle, ma non mi girai per vedere chi fosse. Sapevo già di chi si trattasse.
-va via, per favore.- dissi a bassa voce mentre il mascara già rovinato mi rigava le guance.
Justin si avvicinò sempre più e, tirandomi su, mi strinse forte a sé.
-Ams, va tutto bene.- mi baciò i capelli, mentre sentivo una sensazione di assoluta sicurezza invadermi.
Sapevo che lui era l’unico che riusciva a farmi sentire così, ma sapevo anche che lui era l’unico a non poterlo fare.
Scossi ripetutamente la testa, consapevole che tra me e lui non poteva esserci niente.
Nonostante i miei rifiuti, mi trascinò fino in camera e mi fece sedere sul letto, mentre prendeva una coperta con cui avvolgermi.
Al contrario di quanto pensassi, non era minimamente arrabbiato per quel mio comportamento.
-che ti prende, Amy?- mi chiese tranquillo, sedendosi accanto a me e facendomi appoggiare la testa contro la sua spalla.
-sto peggio di prima.- ammisi, mentre mi rendevo sempre più conto che io e Justin non saremmo mai potuti stare insieme.
-perché?- chiese allarmato. –ho detto qualcosa che non va?-
-hai detto di amarmi, Justin.-
-è la verità.- disse baciandomi la fronte.
Mi scostai da lui, seppur desiderassi quelle sue attenzioni da tutta la vita.
-questo fa male, anzi no, fa malissimo.- la mia voce era quasi un sussurro, mentre le lacrime riprendevano a scendere.
-giuro che non ti capisco.- si prese la testa fra le mani. –ti ho detto che ti amo e sei fuggita via. credevo che mi amassi anche tu.-
-sei il fidanzato di mia sorella, Justin.- dissi alzandomi dal letto. –non possiamo stare insieme.- gli diedi le spalle, incapace anche solo di guardarlo mentre gli parlavo. –sapere che non mi amavi mi faceva stare male, ma sapere che mi ami e che non possiamo stare insieme è terribile.-
-Amy..- lo interruppi.
-come farò a guardare mia sorella negli occhi facendo finta di niente? come farò a tornare al college?-
-non tornarci.-
Mi girai a osservalo –dici davvero?-
-resta con me.-
-io..- sospirai mentre l’unica cosa che volevo davvero fare era prendere il primo volo per il New Jersey e non rivederlo mai più.
Forse, se avessi voluto, avrei anche potuto dimenticarmi di lui. Forse, se mi ci fossi messa d’impegno, sarei potuta andare avanti, senza guardarmi indietro.
Per quanto quell’idea fosse assurda, in quel momento mi sembrò l’unica soluzione.
-noi due possiamo stare insieme. devi solo promettermi che non scapperai anche questa volta.- si alzò e mi venne vicino. Così vicino che i nostri nasi si toccavano.
-io ti amo Amy, ti amo davvero.- era la terza volta che me lo ripeteva in meno di un’ora e pensai che se lo avesse detto un’altra volta ci avrei creduto veramente.
Gli lasciai un bacio all’angolo della bocca, mentre sapevo che non potevo promettergli niente.
Per quanto volessi restare, per quanto lui fosse l’unica cosa bella che avevo mai avuto, per quanto tutto questo sembrasse così reale, per quanto noi sembrassimo così reali, sapevo che non potevo promettergli una cosa del genere.
Non potevo fargli una promessa che non ero sicura di saper mantenere, perché lui era la persona più importante per me e io non volevo tradire la sua fiducia.
-ora devo andare.- dissi divincolandomi dalla sua presa, recuperano la borsa dal letto e dirigendomi verso la hall.
Prima di incontrare Josh andai in bagno, per togliermi il trucco colato sulle guance.
Quando guardai il mio riflesso nello specchio avevo gli occhi arrossati e un’espressione indecifrabile in volto.
Non avevo voglia di uscire, ma sapevo che stare un po’ lontana da Justin mi avrebbe fatto bene.
 
-posso prendere un pezzetto della tua pizza?- chiese Josh.
Annuii col capo mentre guardavo oltre la sua spalla.
Non m’importava veramente della pizza e, ad essere sincera, non avevo nemmeno fame.
Per tutta la serata non avevo fatto altro che annuire e rispondere a monosillabi. Ero totalmente assente e credo che Josh se ne fosse accorto. Mi sentivo terribilmente in colpa per come mi stavo comportando, ma la scena di quel pomeriggio mi si ripeteva infinite volte in mente e io non riuscivo a non pensare a come avrei affrontato i giorni a seguire, a come sarei tornata al college, a come avrei lasciato Justin, una seconda volta.
-Amy, stai bene?-
-umh?- portai lo sguardo su di lui. –scusa, sono un po’ distratta oggi.-
-l’avevo notato.- scherzò. –sono serio, stai bene? se vuoi possiamo tornare in albergo, non è un problema per me.-
-si, sto benissimo.- accennai un sorriso. –restiamo, è bello qui.- mi guardai attorno.
Eravamo in un ristorante che distava un’ora dall’albergo. All’interno c’erano pochi tavoli che, quella sera, erano occupati. I camerieri erano tutti sorridenti, come se la sera di Natale non preferissero stare altrove.
In sottofondo c’era della musica classica e di tanto in tanto qualche coppia, tra una portata e l’altra, si alzava e si dirigeva in una zona vuota dove si poteva ballare.
Proprio in quel momento due anziani si tenevano stretti, muovendo piccoli passi sulle note di un lento di cui mi sfuggiva il nome. Chissà, magari quella era la loro canzone sin da quando erano giovani.
-è un ristorante che c’è da poco. non è molto grande, ma è caldo e accogliente e mi ricorda una pizzeria a Wilmington in cui andavo sempre quando ero piccolo.-
-oh, vivevi a Wilmington?-
-prima che la gestione dell’albergo passasse ai miei genitori.- fece una pausa.- ho vissuto la fino all’età di otto anni. poi mio nonno, per problemi di salute, non è più riuscito a gestire tutto, quindi ha lasciato l’albergo in mano a mio padre.-
-avevate una casa vostra?-
Annuì. –ce l’abbiamo ancora.-
-non ti manca stare la?-
-un po’ si. devo anche ammettere che delle volte vorrei tornarci, anche solo per qualche giorno.-
-perché non ci vai?-
-tra lo studio e l’albergo non ho mai un attimo libero. passo tutto il semestre a studiare e quando non studio i miei mi vogliono qui a lavorare.-
-ah.- gli feci intendere d’aver capito. –ti piace lavorare qui?-
-è divertente..- lasciò la frase a mezz’aria, facendomi intuire che avrebbe voluto aggiungere qualcosa.
-ma?- chiesi.
-ma non è quello che vorrei fare.-
-cosa vorresti fare?- chiesi di rimando
-sto studiando per diventare un avvocato. mi piacerebbe lavorare a Wilmington e vivere nella mia vecchia casa.- un sorriso gli fece incurvare le labbra.
Sorrisi anche io, capendo che quello era il suo sogno di una vita e, per la prima volta dopo tanto, mi chiesi quale fosse il mio di sogno.
La prima cosa che immaginai fummo io e Justin e rabbrividii all’istante.
-ti va di ballare?- chiese dopo alcuni minuti.
Rivolsi uno sguardo alla pista, sempre che potesse essere chiamata così, e annuii.
Ci alzammo e ci dirigemmo verso quell’angolo di locale.
Josh fece un passo avanti e mi avvicinò a sé, poi iniziammo a ballare.
-te la cavi bene.- mi sussurrò all’orecchio.
Sorrisi. –quand’ero piccola ballavo.-
-una ballerina di danza classica?- chiese allontanandosi di poco e guardandomi negli occhi, inarcando un sopracciglio, divertito.
Annuii un po’ imbarazzata. Era un periodo della mia vita che non tiravo fuori da tempo. Forse perché quella non era la mia vera passione, o forse perché mi ero sempre sentita in imbarazzo a parlare di cose in cui non ero molto brava.
-i miei, qualche anno fa, hanno anche insistito perché prendessi qualche lezione di ballo, pensavano che potesse essere utile.-
-e lo è stata?-
Ridacchiai. –spero di si.-
Lui rise e sentii una vaga felicità riaffiorare, mentre capii che i ricordi di quel pomeriggio potevano aspettare.
 
-sei fantastica.- Josh rise più forte, mentre improvvisavo alcune piroette sulla neve.
Stavo per cadere, quando mi venne più vicino e mi tenne saldamente.
Scossi la testa e risi anche io. -i tuoi complimenti non mi conquisteranno.- scherzai.
-non voglio mica conquistarti io.- sorrise. –voglio solo farti sparire la tristezza che hai negli occhi.-
Cercai di non tornare seria e finsi una risata, come se la sua ultima frase non mi avesse scosso nemmeno un po’.
Non provai nemmeno a negare ciò che aveva detto e continuai a parlare.
-allora, come si chiama la tua ragazza?- chiesi sfacciatamente per poi pentirmene subito.
-umh?-
Arrossii, imbarazzata per la domanda troppo intima che gli avevo fatto.
-quale è il nome della tua fidanzata?- richiesi, ironica, non potendo più tirarmi indietro.
-come fai a sapere che ho una fidanzata?- chiese grattandosi la testa.
-il modo in cui parli, il modo in cui mi fai i complimenti, il modo in cui mi guardi, il modo in cui ti avvicini a me.- sorrisi fiera d’aver capito qualcosa di lui che non mi aveva detto. –ho solo provato ad indovinare.- gli feci l’occhiolino.
Si allontanò leggermente. –Michelle.- mi rivolese un sorriso triste.
-perché hai quest’aria?- chiesi mentre infilavo le mani nelle tasche del cappotto e affondavo il viso contro la mia sciarpa.
-vorrei che fosse qui.- fece spallucce.
Gli rivolsi uno sguardo confuso e subito si affrettò ad aggiungere –è del Canada e i suoi l’hanno voluta a casa per le vacanze.-
-va a Princeton?-
Lui annuì e io sentii una stretta allo stomaco, ripensando a me, Justin e agli stati che di li a poco ci avrebbero separato di nuovo.
-è tutto okay?- disse notando il mio sguardo perso nel vuoto.
-si.- annuii energicamente. –che ore sono?-
-l’una.-
-possiamo tornare in albergo? sono un po’ stanca.-
Lui mi sorrise e, mettendomi una mano sul fianco, mi avvicinò maggiormente a lui.
 
Rientrai piano in camera, sperando di non svegliare Justin, nel caso in cui stesse dormendo, ma, al mio ingresso, notai che nel mio letto c’era Travis.
-ehi Ams.- disse con la voce impastata dal sonno, quando chiusi la porta.
-perché sei qui?- chiesi mentre mi sfilavo le scarpe dai piedi e mettevo il cappotto dentro la valigia aperta.
-Justin dorme in camera con Grace, per stanotte.- sentii le mani che iniziarono a tremare. –ma non dire niente a mamma e papà. fra qualche ora comunque faremo cambio.- disse.
-oh.- avevo la voce spezzata dal pianto, così mi risultò impossibile aggiungere dell’altro e, dopo essermi cambiata, tornai in camera e mi misi sotto le coperte.
-è tutto okay?- quella era la centesima volta che qualcuno mi chiedeva se stessi bene e l’unica cosa che volevo fare era rispondere che no, non stavo bene. Volevo dire che mi sentivo malissimo, che avevo tradito la fiducia di mia sorella e che avrei solo voluto che in quel letto, con me, ci fosse Justin e che avrei voluto abbracciarlo e non lasciarlo andare più, ma non dissi niente e annuii, incapace di aprir bocca.
Affondai il mio viso contro il petto di Travis e cercai di prendere sonno, ma non ci riuscii, così aspettai che Justin tornasse.
Erano circa le cinque del mattino quando Travis si alzò dal letto e, poco dopo, la porta della camera si aprì, rivelando un Justin mezzo assonnato e con i capelli spettinati.
Indossava una maglia a maniche lunghe grigia e dei pantaloni larghi neri.
Entrambi non dissero niente e io finsi di essermi appena svegliata quando Justin si lasciò cadere a peso morto sul letto e si mise sotto le coperte.
-perché sei andata con lui?- chiese Justin, nella sua voce si poteva percepire la rabbia.
-potrei farti la stessa domanda.-
-ero troppo incazzato per vederti tornare dall’appuntamento che avevi con Josh.-
-non era un appuntamento e questa non è una buona scusa!- esclamai infastidita che avesse passato la notte con mia sorella e non con me.
-e invece si che lo è.- mi avvicinò a sé e io cercai di divincolarmi, ma non ci riuscii.
Le sue mani erano attorno alla mia vita e la mia schiena era premuta contro il suo petto.
Le farfalle si scatenavano nel mio stomaco e l’invidia che poco prima provavo nei confronti di mia sorella ora era del tutto svanita.
-sapevi che mi dava fastidio, eppure ci sei andata.- pronunciò a bassa voce. –ma non credere che questo mi terrà lontana da te.- affondò il suo viso nei miei capelli. –e non puoi dire che questo non era un appuntamento, di sicuro lui crede che siete da un passo dal mettervi insieme e..-
Scoppiai a ridere piano, interrompendolo.
-è fidanzato, Justin.- risi di più.
-oh, davvero?- la calma nel suo tono di voce.
Ridacchiò anche lui, mentre mi spostava i capelli e mi lasciava una scia di baci sul collo.
-avrei comunque voluto che fossi con me e non con lui.-
-potrei dire la stessa cosa di te e mia sorella. chissà cosa..- un groppo mi si formò in gola quando realmente capii ciò che stavo per dire.
D’un tratto mi irrigidii, mentre sembrava che il calore del corpo di Justin non bastasse più.
Fece in modo che mi girassi e tracciò i contorni del mio viso poco visibili al chiarore della luna.
-le mie labbra hanno bisogno solo delle tue.-
Stavo per ribadire quando sentii le sue labbra poggiarsi delicatamente sulle mie, per poi coinvolgerle in uno di quei baci che ti fanno quasi dimenticare tutto ciò che ti circonda.
Una sensazione di calma e spensieratezza mi invase e tutta la preoccupazione che avevo accumulato durante il giorno precedente  sembrava non essere esistita.
Era questo ciò che lui riusciva a fare. Riusciva a farmi star bene, anche quando sembrava che tutto andasse male.
Sorrisi sulle sue labbra e scossi la testa, mentre non riuscivo a togliermi quell’espressione che mi incorniciava il volto.
Quando Justin si staccò da me, gli passai una mano fra i capelli, mentre non riuscivo a non essere felice tra le sue braccia.
-sei bellissima.- disse e io mi sentii terribilmente in imbarazzo, mentre le mie gote si dipingevano d’un rosso acceso che, per mia fortuna, il buio riusciva a mascherare.
-oggi staremo insieme tutto il tempo.- continuò, senza aspettare che anche io gli dicessi qualcosa di carino.
Anche se avrei voluto, comunque, non sarei riuscita a dirgli che lui era bellissimo.
-perché?- chiesi inarcando un sopracciglio, mentre mi immaginavo accoccolata sul suo petto, a guardare dalla finestra, mentre fuori nevicava.
-gli altri hanno lezione di sci.-
-ma anche noi..-
Scosse la testa. –ora non più.- mi fece l’occhiolino e io risi, affondando poi la faccia contro il suo petto.
-ti amo, Amy.- e in quel momento mi sembrò che nulla fosse impossibile e che io e lui fossimo fatti per stare insieme.
Mentre l’eco di quelle parole mi faceva battere forte il cuore, ripensai a tutte le volte in cui mi ero addormentata, fingendo che Justin mi stesse accarezzando i capelli, fingendo che mi amasse.
Le mani mi tremavano, quando mi resi conto che tutto ciò di cui avevo sempre avuto bisogno era proprio accanto a me e non mi sembrò inopportuno credere che stare con lui non fosse sbagliato.

 
**
Sono pessima, lo so. 
Credevo che con le vacanze estive potessi portarmi avanti con la storia ed invece è stato tutto il contrario.
Il capitolo 14 l'ho postato due mesi e sei giorni fa e io non so come scusarmi per avervi fatto attendere così tanto per questo capitolo, che tra l'altro è orribile.
Non ho scuse, se non quella che, davvero, non sapevo come continuare. 
Il bacio tra Amy e Justin è stato un po' inaspettato anche per me, perché avevo programmato di far succedere qualche altra cosa prima che quei due si baciassero, ma non ho resistito e vi ho volute regalare quel momento tra i due. 
Il problema, quindi, è stato che dovevo capire cosa realmente volevo che succedesse a questo punto e sto cercando in tutti i modi di non risultare banale e scontata.
So che questa spiegazione, se vogliamo chiamarla così, non è abbastanza e mi dispiace davvero tanto.
Volevo comunque ringraziarvi per le splendide 13 recensioni che mi avete lasciato al capitolo precedente.
Vi ringrazio davvero di cuore e mi dispiace ancora di più, perché voi siete fantastiche e mi lasciate recensioni bellissime e io vi faccio aspettare così tanto per dei capitoli che fanno pena. 
Spero comunque che non abbiate abbandonato la storia e vorrei davvero leggere tante vostre recensioni, perché mi fa davvero tantissimo piacere sapere cosa ne pensate.
Spero di riuscire ad aggiornare il prima possibile, ora ho le idee abbastanza chiare e ne ho anche molte.
Spero solo che seguiate ancora la storia.
Ripeto, siete fantastiche e grazie ancora.

(scusate per eventuali errori nel testo. l'ho letto e riletto ma può essere che qualcuno mi sia sfuggito.)

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Capitolo 17
*** 16. I think about us. ***


Capitolo 16.
''i think about us.''

Quando quel mattino mi svegliai avevo il viso premuto contro il petto di Justin e la mia mano era appoggiata sul suo fianco.
Cercai di alzarmi senza svegliarlo, ma poi sentii delle labbra posarsi sulla mia fronte e mi resi conto che lo era già.
-buongiorno.- disse.
-buongiorno.- sorrisi sfiorandogli appena con l’indice gli addominali.
Lui ridacchiò e mi accarezzò i capelli.
-che ore sono?- chiesi mentre mi passavano una mano sugli occhi e sbadigliavo.
-le dieci, credo.-
Mi sollevai di scatto, voltandomi verso il mio comodino e allungando la mano destra fino a prendere il mio cellulare per controllare l’orario.
-perché nessuno mi ha svegliata?-
Stavo per scendere dal letto e correre in giro per la camera a prendere i vestiti e prepararmi quando due mani mi afferrarono prontamente per i fianchi, impedendomi di muovermi.
-oggi staremo soli.- posò le sue labbra sul mio collo e milioni di brividi mi percorsero la schiena. –tutto il giorno.- aggiunse dopo.
-ma..-
-ho detto agli altri che stai male e mi sono offerto di stare con te, per non privarli di una bellissima giornata tra le piste da sci.-
Mi spostai e lo guardai, un po’ imbarazzata per quei baci e quelle carezze che non avevo mai ricevuto prima.
-e dove andremo?- chiesi curiosa.
-è una sorpresa.- stava per avvicinarsi quando lo scansai di poco e riuscì solo a lasciarmi un bacio all’angolo della bocca.
Mi guardò confuso e io gli feci un occhiolino.
Desideravo i suoi baci, ma lo avrei fatto attendere per avere i miei. Avevo intenzione di giocare un po’ con lui, per vedere se quello che continuava a dirmi fosse vero oppure no.
-che devo mettermi?- chiesi.
-qualcosa di comodo.- detto questo si alzò e scomparì in bagno.
A quel punto presi dalla valigia dei jeans scuri ed un maglioncino panna e mi vestii mentre Justin non poteva vedermi.
-sei pronta?- chiese mentre riuscivo a sentire il suono dell’acqua che usciva dal rubinetto.
-si.- mi sedetti sul letto e lessi un paio di messaggi ricevuti mentre aspettavo che il biondo uscisse dal bagno.
C’era un messaggio che Renée mi aveva mandato la sera precedente dove mi diceva che l’aereo era decollato e un altro di quella stessa mattina che mi avvertiva che era appena arrivata, così subito la chiamai per sapere come stava, come era andato il viaggio e, soprattutto, per scusarmi.
Dovetti aspettare alcuni secondi prima che la mia migliore amica rispondesse al telefono e per una frazione di secondo l’idea che fosse arrabbiata con me mi balenò in mente.
-Amy.- rispose. La sua voce era squillante e mi tranquillizzai un po’.
-Renée, come stai?-
-bene, tu?-
-mi dispiace tantissimo per ieri. non sapevo che mio fratello potesse davvero lasciarmi li. davv..- mi interruppe ridacchiando, come se le mie scuse la divertissero.
-Ams, è tutto okay. ora mi dici come stai?-
-io..- ripensai a Justin e non riuscii a non sorridere. –io sto bene.- sospirai mentre ricordavo delle sue labbra sulle mie.
-come è andata con Justin?- chiese.
-io..- cercavo le parole giuste per raccontarle tutto, ma, prima che ci riuscissi, la sentii ridere ancora e mi convinsi che c’era qualcosa che non andava. –cosa mi nascondi?-
-niente. cosa dovrei nasconderti?- dal suo tono capii che mentiva.
Stavo per dirle di raccontarmi la verità quando si affrettò a dirmi che doveva andare e che mi avrebbe richiamata appena avrebbe potuto.
Non mi diede nemmeno il tempo di salutarla che riattaccò e in quel momento ebbi la conferma che non mi aveva detto tutto.
Restai qualche secondo a fissare lo schermo del cellulare, poi la porta del bagno si aprì e Justin mi si avvicinò.
-tutto okay?- chiese notando la mia strana espressione.
Annuii e mi alzai velocemente, indossando il cappotto, proprio come stava facendo lui.
-andiamo.- disse aprendomi la porta della camera e uscii fuori, seguita da lui.
 
Justin guidava da un’ora e mezza ormai e non avevo la più pallida idea di dove mi stesse portando.
Da quando eravamo partiti avevo visto al massimo tre cartelli stradali che segnalavano semplicemente la possibile presenza di animali in giro.
Le strade erano state spalate da poco, ma Justin guidava comunque con prudenza.
-quando arriveremo?- domandai per la milionesima volta cercando di sovrastare il volume della musica.
Ovviamente la canzone che c’era in radio era ‘I need your love’ e mi chiesi se quella fosse solo una coincidenza.
-manca poco ormai.-
-lo ripeti da mezz’ora.-
-lo so.- sorrise e le farfalle si scatenarono nel mio stomaco.
Un lieve sorriso comparve anche sul mio viso e, dopo essere rimasta interi secondi ad osservare il profilo perfetto di Justin, riportai lo sguardo fuori dal finestrino, perché non volevo che mi sorprendesse a fissarlo. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante, nonostante sapesse che mi piaceva.
Dieci minuti dopo, finalmente, Justin parcheggiò la macchina e ci avviammo, fianco a fianco, verso una baita affiancata da un capanno le cui porte erano aperte.
Quando entrammo nella baita riuscii a vedere, dietro un bancone, un uomo anziano che aveva lo sguardo fisso su alcuni fogli.
-salve.- dicemmo avvicinandoci.
-buongiorno.- l’anziano distolse lo sguardo da quello che riconobbi come il New York Times e ci sorrise. –io sono Ben.- si presentò cordialmente. –cosa desiderate?-
-vorremmo noleggiare una motoslitta.- rispose Justin e fu a quel punto che capii cosa avremmo fatto.
Con una mano toccai il braccio di Justin, che però sembrò non far caso a quel mio gesto, e il cuore accelerò un po’, pensando alla giornata che ci aspettava.
-seguitemi.- disse l’uomo dirigendosi verso una porta sul retro e conducendoci al capanno che avevo visto poco prima.
-potete scegliere una motoslitta. avete a disposizione due ore, poi dovrete riportarla indietro.-
Justin annuì, facendogli capire d’avere inteso e ne indicò una qualsiasi.
-vado a prendervi le chiavi.- ci sorrise e ripercorse il vialetto su cui eravamo passati poco prima.
-tu sei matto.- dissi a Justin quando fummo soli.
-perché?-
-perché lo sei e basta.-
Justin mi strinse a sé e mi sentii come una ragazzina alle prese con la prima cotta, ed effettivamente era un po’ così.
Passarono alcuni minuti e Ben tornò con una chiave in mano ed una cartina nell’altra.
-queste sono vostre.- disse porgendocele, poi si avviò verso uno scaffale su cui stavano dei caschi e ci diede anche quelli.
-nella mappa troverete i punti in cui potete andare e quelli dove non potete. siate puntuali e, mi raccomando, indossate i caschi e state attenti.- ci rivolse un sorriso gentile e tornò dentro, sfregandosi le mani per combattere il freddo.
Justin portò la motoslitta fuori, poi indossò il casco e lo stesso feci io.
-sei pronta?- chiese quando entrambi salimmo.
Annuii, legando le mani intorno alla sua vita e tenendomi più stretta che potevo.
A quel punto mise a moto e partì. Dapprima andava più lentamente, in seguito accelerò sempre più e sentii il cuore martellarmi nel petto.
Non avevo minimamente paura e, mentre il vento scompigliava i capelli che non erano intrappolati dal casco, pensai che avrei voluto che quel momento durasse per sempre.
 
Quelle due ore passarono davvero troppo in fretta e, mentre sfrecciavamo tra gli alberi di un bosco completamente ricoperto di neve, tenevo la testa sulla spalla di Justin, mentre il mio petto era premuto contro la sua schiena.
Quando arrivammo al capanno, Ben uscì fuori e aiutò Justin a sistemare la motoslitta, mentre io riponevo i caschi sullo scaffale dal quale erano stati presi qualche ore prima.
Quando tutto fu sistemato tornammo tutti e tre dentro quella piccola baita e, dopo aver pagato, salutammo. Poi io e Justin ci avviammo verso la macchina.
-ti sei divertita?- chiese Justin mentre con un bracciò mi cingeva un fianco.
-e me lo chiedi pure?- dissi euforica. –certo che si.-
La temperatura, rispetto a quella mattina, era un po’ scesa e, appena fummo in macchina, aprii velocemente lo sportello e mi sedetti sul sedile del passeggero.
Mi guardai allo specchio mentre Justin prendeva chissà cosa dal cofano e notai il mio aspetto orribile.
Avevo i capelli scompigliati e le guance arrossate.
Quando il biondo salì in macchina, mi osservò per qualche istante.
-che succede?- chiese mentre non mi decidevo a distogliere lo sguardo dal mio riflesso nello specchietto.
-sono terribile.- annunciai portando lo sguardo su di lui e notando una borsa termica che prima non avevo visto.
A quelle parole mi accarezzò dolcemente la guancia e sorrise appena.
-non sei terribile.- mi baciò il naso, facendomi sorridere.
-ora tieni questo.- disse estraendo dalla borsa un panino.
-quando li hai preparati?- chiesi scartandolo e addentandolo, accorgendomi solo in quel momento del brontolio del mio stomaco.
-ho chiesto a Travis di prenderli prima di andare a sciare.- fece spallucce e poi  anche lui addentò il suo panino con pollo e lattuga.
-sei pieno di sorprese.- dissi e lui ridacchiò fiero di sé con la bocca ancora piena. –e anche maleducato.- aggiunsi e risi anche io.
Quando finimmo di mangiare Justin mise di nuovo in moto la macchina e ripartimmo verso un’altra meta a me sconosciuta.
-e ora dove andiamo?- chiesi richiudendo la bottiglietta d’acqua da cui avevo bevuto.
Prima che Justin aprisse bocca lo anticipai dicendo –è una sorpresa.- e lui finse d’essere offeso.
Tenne il muso per cinque minuti circa e io, in quel breve arco di tempo, non smisi nemmeno per un momento di fissarlo.
La sua mandibola era serrata e aveva le labbra chiuse, mentre si sforzava di non ridere.
Mentre notavo quanto impegno ci stesse mettendo per restare serio, scoppiai a ridere, cercando di reprimere la voglia che avevo di baciarlo. Da quella mattina lui non ci aveva più provato e io mi ero mantenuta a distanza dalle sue labbra, non volendo cedere.
Poco dopo anche Justin rise e riuscivo solo a pensare a quanto lui contasse per me e a quanto fosse grande il mio amore per lui.
Quando Justin fermò la macchina, vicino a quello che doveva essere un parco, mi squillò il cellulare, così lo presi e lessi il messaggio di mia madre che sperava stessi bene e che mi avvertiva sarebbero tornati in albergo subito dopo cena.
-chi è?- chiese Justin avvicinandosi e prendendomi per mano.
Quando la sua mano sfiorò la mia io rabbrividii, mentre le lacrime volevano rigarmi il volto. Fortunatamente le bloccai prima che potessero uscire e cercai di rimandarle indietro.
Justin, ancora una volta, sembrò indifferente, mentre il mio cuore, invece, iniziò a battere più veloce e le mie gambe minacciavano di cedere.
-mia madre.- lui annuì e io non riuscii a distogliere i miei pensieri da quello che stava succedendo tra noi due.
Stavo vivendo tutto quello che sognavo da anni e mi chiesi se quella fosse la cosa giusta. Nonostante tutto, comunque, non pensai al fatto che io e Justin non stessimo insieme, tantomeno che lui fosse il fidanzato di mia sorella.
Non avevo alcuna intenzione di rovinarmi la giornata, quello era il mio giorno ed ero decisa a viverlo fino all’ultimo istante.
-questo posto è bellissimo.- mi guardai attorno e notai come la neve avesse dipinto tutto ciò che ci circondava di bianco.
Gli altissimi alberi, che costeggiavano il vialetto dove si camminava, erano bianchi, così come le panchine e quello che, in primavera, doveva essere un verde e rigoglioso prato.
Immaginai come sarebbe stato passeggiare li in primavera. Immaginai i fiori e gli scoiattoli, i bambini che giocavano ad acchiapparella e i ragazzi che, seduti sulle panchine, davano il loro primo bacio.
-dovremmo farci una foto.-
Io annuii col capo, mentre non riuscivo a staccare gli occhi da tanta bellezza.
Camminammo per un paio di chilometri, poi arrivammo ad una pista da pattinaggio non troppo affollata.
Mi trattenni dal lanciare un urletto e sentivo di non poter essere più felice di così. Justin sapeva quanto amassi pattinare.
-ti va?- il mio tono era supplichevole mentre alludevo alla pista che si trovava difronte a noi.
-no.- scosse la testa divertito.
-per favore.- ripetei più e più volte, finché si decise ad annuire.
Andammo a fare i biglietti e, dopo aver pagato, ci infilammo i pattini che la signora della biglietteria ci aveva gentilmente dato.
-andiamo?- mi chiese il biondo.
-andiamo.- pronunciai ed iniziammo a pattinare mano nella mano, come una coppia di fidanzati. Seppur non fossimo una coppia, mi piaceva immaginare che le persone lo pensassero.
Le nostre mani erano saldamente intrecciate e non riuscivo a trovare delle parole che descrivessero il modo in cui mi sentivo. Dire che ero felice, emozionata, stupita, era decisamente troppo poco. Quelle semplici parole non sarebbero mai bastate ad esprimere il modo in cui mi sentivo, così come la parola amore non bastava ad esprimere tutto quello che provavo per Justin.
 
-a cosa pensi?- mi chiese Justin mentre ce ne stavamo seduti su di una panchina gelata da cui avevamo tolto della neve.
-penso a noi.-
-è positivo?-
Feci spallucce. –penso a cosa potrebbero immaginare le persone che ci vedono insieme, in questo istante. penso a cosa potrebbero significare le nostre mani intrecciate che si sono lasciate solo per qualche istante da quando siamo arrivati qui e penso che questa sia la miglior giornata della mia vita, e che non voglio pensare a cosa succederà quando finirà, tantomeno a come mi sentirò.-
Justin mi baciò la fronte e mi convinsi che non mi sarei mai abituata al contatto delle sue morbide labbra sulla mia pelle.
-tu? a cosa pensi?-
-penso che sei bellissima e che vorrei che questa giornata non finisse mai.- disse e io arrossii, non riuscendo a credere che Justin avesse davvero detto che io ero bellissima.
Ero convinta che per lui sarei stata sempre e solo Amy. Amy la migliore amica, Amy la compagna di banco, Amy la confidente, mai Amy la ragazza bellissima.
-ti ricordi di quella volta in cui, tornando dalla festa in spiaggia, non mi parlasti per tutto il tragitto perché Ian Thomas mi aveva detto che ero bellissima?-
Justin annuì sorridendo appena.
-giuro che non capivo perché eri così arrabbiato.-
-non ero arrabbiato, ma furioso.-
-già, ma perché?-
-perché lui non poteva dirti cose del genere.-
-e allora chi poteva?- inarcai un sopracciglio ridacchiando.
-solo io.-
-ma non l’hai mai fatto.-
-te l’ho detto ora.- disse accarezzandomi i capelli.
-sai, credevo che non mi avresti mai detto niente del genere.-
-aspettavo solo di rendermi conto che sei l’unica cosa bella che io abbia mai avuto.- a quelle parole lo abbracciai e lui mi strinse dolcemente, poi chiusi gli occhi e desiderai che quel momento durasse in eterno.

 
**
Eccomi qua!
Questa volta mi sono messa d'impegno e, visto che il capitolo 15 l'ho pubblicato la settimana scorsa, stavolta sono stata piuttosto puntuale.
Il capitolo l'ho scritto ieri due ore circa, l'ho buttato giù tutto in una volta e, anche se non volevo farvi aspettare un altro giorno per leggerlo, ero troppo stanca per rivederlo e correggere eventuali errori.
A proposito di errori, ho letto e riletto il capitolo e ho cercato di correggerli tutti, ma può darsi che qualcuno mi sia sfuggito.

Non voglio scrivere il solito poema, così passo direttamente ai ringrazimenti.
Ringrazio tutte le ragazze che hanno la storia tra le seguite e\o preferite (noto con mio grande piacere che aumentate sempre più), quelle che la leggono ma che non recensiscono e un grazie enorme va alle cinque fantastiche ragazze che hanno recensito il capitolo precedente. Siete meravigliose, davvero. 

Spero seriamente che il capitolo vi piaccia, era da molto che avevo in mente questa cosa e ho voluto regalarvi questa giornata sdolcinata tra loro due. 
Spero anche di leggere tante vostre recensioni per sapere cosa ne pensate. 


Ultima cosa: sto scrivendo un'altra storia (sono ancora agli inizi), se vi va passate a leggerla, si chiama 'I wanna be the one to remind you what it is to smile, I will show you what true love can really do.'
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2608799&i=1

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