His Heavy Eyes

di pseyda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** insonnia ***
Capitolo 2: *** Senza alternative ***



Capitolo 1
*** insonnia ***


Questa storia è una traduzione, autorizzata dall'autrice e divisa in capitoli, di questa lunga oneshot  http://www.fanfiction.net/s/9631641/1/His-Heavy-Eyes . L'ho trovata così semplicemente bella da volerla condividere con EFP e chiunque non parlasse inglese. Altre note del traduttore a fondo pagina, vi lascio alla lettura.

HIS HEAVY EYES - I SUOI OCCHI STANCHI

Capitolo 1: Insonnia
 

“Enjolras” sospirò Combeferre e poggiò la sua tazza di caffè sul tavolo accanto a quello dell’amico, che era circondato da un miscuglio di fogli di carta e penne senza tappo. Enjolras aveva il portatile aperto davanti a sé, gli occhi inchiodati sullo schermo mentre picchiettava furiosamente sui tasti.
“Hai dormito la notte scorsa?” 
Il biondo non rispose per praticamente per un minuto intero, la mente troppo presa dalla stesura del saggio, che semplicemente non voleva uscire fuori decentemente. Alla fine, alzò lo sguardo e scrollò le spalle “Non proprio” disse, bevendo un sorso di caffè.
Combeferre corrucciò la fronte e gli sottrasse la tazza dalle mani, guadagnandosi un’occhiataccia infastidita “E la notte prima?”
“Non ci sono riuscito”
All’amico occhialuto crollarono le braccia. Enjolras faceva la sua comparsa al café con occhiaie scure e capelli scompigliati da quasi un mese ormai. Era letargico e irritabile, e Combeferre sapeva che soffriva spesso di mal di testa, poiché era solito massaggiarsi la tempia destra quando accadeva. All'inizio sembrava solo un normale studente del college nel periodo che precede gli esami - troppo da studiare in un tempo non sufficiente per farlo. Ma gli esami erano arrivati e passati, e Enjolras continuava a presentarsi avvolto in una nuvola di stordimento, insonne e triste.
"Questo non è salutare, Enj. Devi fare qualcosa"
Il biondo scosse la testa. "Ho provato di tutto. Pillole, rumore bianco*, ma niente."
"Beh, non puoi vivere senza dormire!"
Enjolras sospirò e smise di battere al pc, prestando completa attenzione al suo amico per un breve istante. "C'è una marea di gente che soffre di insonnia nel mondo. Hanno imparato a sopravvivere, e io farò altrettanto." affermò con convinzione.
"Almeno, smettila di bere quel dannato caffè. Ti continuerà a tenere sveglio.."
"Come vuoi, madre." lo allontanò con un gesto e riprese a scrivere il suo saggio, una mano sollevata a massaggiarsi la tempia destra.
                                                                         ****
Circa due ore dopo, Grantaire si trascinò nel café e si accomodò al bancone per ordinare un cappuccino. Enjolras gli lanciò un'occhiata da sopra il suo laptop: aveva riconosciuto la voce dell'artista, chiara contro il basso mormorio degli altri consumatori. Grantaire lo vide e gli fece un gran sorriso, sventolando le dita in direzione del biondo. Questi gli restituì un sorriso tirato e ricambiò il saluto con la mano, poi riseppellì velocemente la faccia nel suo scritto.
"Hey" salutò R, ora in piedi davanti a lui con una tazza tra la mani. "Ti spiace se mi siedo?"
Enjolras lanciò un'occhiata alla sedia vuota davanti a lui e rispose con un'alzata di spalle, distraendosi per appena un secondo dallo schermo. "Certo." disse.
Grantaire si accomodò e osservò la stanza attorno a sé, tenendo la tazza vicino al viso, così che il vapore gli scaldasse la pelle. "Che scrivi?"
"Un saggio per Letteratura**"
"Sembra molto interessante" biascicò il moro, volgendo lo sguardo sull'altro.
"Effettivamente, lo è." Enjolras non era decisamente in grado di riconoscere il sarcasmo. Sollevò gli occhi dallo schermo, per scoccare un'occhiata furtiva al moro davanti a lui, che lo osservava con un mezzo sorriso, tamburellando le dita attorno alla sua tazza. "C'è qualcosa che ti occorre?"
Grantaire sollevò le sopracciglia e rise. "Solo una chiaccherata" ancora un sorriso " ma se sto interrompendo…"
"No, va bene. È solo che non sapevo.."
"Non fa niente, ti lascio tornare al tuo lavoro." Il ragazzo si alzò, stiracchiandosi la schiena in un modo che Enjolras trovò incredibilmente distraente. Il biondo corrugò le sopracciglia.
"Non devi per forza…"
"Ci si vede, Enj!" lo salutò, ingoiando il resto del suo cappuccino  e sventolando la mano mentre usciva.
"Non chiamarmi così!" gli gridò dietro, ma l'altro se n'era già andato. Riaffondò nella sua sedia e fissò lo schermo, benchè non stesse più digitando. Grantaire era così effimero. L'attimo prima era lì, e quello dopo semplicemente spariva, come se avesse sempre qualche posto migliore in cui stare,  o qualcuno di meglio da vedere. Questo creava problemi soprattutto quando filava via in anticipo dagli incontri. Il leader degli Amis riteneva la cosa inaccettabile. Se faceva parte del loro gruppo, allora doveva essere sempre presente, proprio come tutti gli altri. Eppure Enjolras continuava a lasciarlo partecipare agli incontri, con poco più di un rimprovero e un'evidente freddezza nei sui confronti per il resto della giornata.
Perfino ora, la rapidità dell'artista lo irritava. Si era appena seduto, e già se ne scorrazzava via. Almeno aveva avuto la decenza di chiacchierare un po'.
                                                                              ****
Ormai notte, Enjolras fece finalmente ritorno al suo appartamento. Erano quasi le 10, e benchè avesse finito il suo saggio, doveva ancora sistemare i volantini per la protesta di Sabato che Grantaire aveva promesso di lasciargli. Posò il portatile sul tavolo e si guardò intorno. La maggior parte degli Amis aveva le chiavi del suo appartamento: era decisamente più comodo così che dover essere ogni volta a casa  per farli entrare, e capitava spesso che dovessero prendere o lasciargli qualcosa. Nonostante oggi fosse proprio una di quelle occasioni, Enjolras non riusciva a trovare i volantini da nessuna parte. Dopo che una meticolosa ricerca per tutto l'appartamento si rivelò infruttuosa, il ragazzo rilasciò un gran sospiro. Ovviamente Grantaire non aveva fatto il suo dovere.
Afferrò il cappotto e si diresse all'appartamento dell'artista, che si trovava a pochi isolati di distanza da suo. Scocciato e pronto a una sfuriata, bussò rumorosamente alla porta. Ma non ebbe risposta. Bussò nuovamente e attesa, ma nessuno venne ad aprire. Sospirò e provò a girare la maniglia. Come sempre, Grantaire non aveva chiuso al porta a chiave. "Che idiota" pensò "qualcuno finirà per derubarlo prima o poi".
Il biondò scrutò all'interno. "R?" chiamò, entrando nel salotto e chiudendo la porta. "Sono venuto a prendere i volantini!"  
Enjolras era stato in quell'appartamento solo una volta, quando Grantaire ci si era trasferito. L'artista era così entusiasta di abbandonare il suo orrido ex compagno di stanza che aveva invitato tutti per una bevuta. Gli Amis si erano seduti sul nudo pavimento tra pile di scatole di cartone, ridendo e bevendo. Erano tutti così contenti di vederlo tanto felice, che a nessuno importò quando divenne terribilmente ubriaco, anche se l'essere a loro volta piuttosto alticci probabilmente facilitò le cose. In effetti, la mattina dopo la maggior parte dei presenti non riusciva a ricordare cosa fosse successo.
Ma Enjolras, che non superava mai i due bicchieri, poteva chiaramente rammentare che tutti avevano un largo sorriso stampato sul viso, e che Joly aveva preso in considerazione un eventuale uso della vodka come disinfettante, e che Eponine aveva provato a baciare un Jehan estremamente sorpreso. E Enjolras poteva ricordare Grantaire, il cui sorriso trasandato era il più largo di tutti, i suoi ricci selvaggi sparati in tutte le direzioni mentre il proprietario si stendeva sul grembo del biondo. Si era addormentato con la testa appoggiata su una gamba di Enjolras, il quale era rimasto lì per l'intera notte, come tutti, ma se ne era andato prima che chiunque si svegliasse.
Adesso, l'appartamento era incredibilmente diverso. Era poveramente arredato, ma c'erano dipinti ovunque. Sulle sedie, sui tavoli, contro i muri, sul pavimento. Rifornimenti per lavori artistici erano disseminati su ogni superficie, e Enjolras pensò di aver anche visto un po' di argilla in un angolo. Esaminò alcune delle opere attraversando la stanza.
"Grantaire?" chiamò ancora. Magari aveva lasciato I volantini lì in giro. Enjolras passò in rassegna la stanza, cercando fogli dal colore sgargiante. Naturalmente, ce n'erano tantissimi. Ma in seguito a un'ulteriore ispezione, si rivelarono essere un po' di prove di origami e qualche acquerello stropicciato. Il leader infilò la testa nella piccola cucina e diede un'occhiata intorno, ma non ne ricavò nulla.
Alla fine, decise che non ci sarebbe stato niente di male a controllare nell'ultima stanza. In fondo ormai si trovava lì, sarebbe stato un spreco andarsene a mani vuote. Aprì delicatamente la porta della camera di Grantaire e sbirciò all'interno. Era buio, ma non del tutto, e il tenue bagliore di una fioca lampadina gli permise di gettare uno sguardo intorno alla ricerca dei fogli. Ciò su cui i suoi occhi si fermarono, tuttavia, non fu un volantino, ma un corpo.
Grantaire era raggomitolato sul suo letto, il lenzuolo attorcigliato attorno al basso ventre, un braccio piegato sotto di sé. Appariva così totalmente in pace che Enjolras dovette avvicinarsi di un passo, solo perché non aveva mai visto una simile espressione sulla faccia di quel cinico. Era calmo e senza pensieri. Enjolras sorrise suo malgrado. Chi avrebbe mai pensato che l'artista potesse vivere un momento senza fare una battuta o un commento sarcastico.
Forse fu la vista di Grantaire così beatamente addormentato, forse la mancanza di riposo che Enjolras aveva recentemente avuto, o una qualche sfortunata combinazione delle due, ma a un tratto il biondo fu talmente sopraffatto dalla stanchezza da sedersi sull'orlo del letto dell'artista per la paura di cadere in terra. Si passò una mano tra i ricci e sentì le proprie palpebre cedere. I volantini non c'erano. Era ora di tornare a casa. Ma il solo pensiero di dover camminare fino al suo appartamento, benchè si trovasse solo a pochi isolati, per poco non lo fece sentire male. La sua testa era pesante e il cuscino era così favolosamente invitante…
No, non poteva dormire nel letto di Grantaire. Sarebbe stata una bella sorpresa al risveglio dell'artista, e lui non aveva particolarmente voglia di spiegargli che quella sera era stato l'unico momento in cui si era sentito in grado di dormire negli ultimi tre giorni. Enjolras gemette interiormente e fece per alzarsi, ma se ne pentì immediatamente. Gli girò la testa e cadde nuovamente sulle lenzuola.
"Mon Dieu" biascicò, portandosi una mano alla fronte. Non riusciva a credere a quanto il tempismo potesse essere sbagliato. Guardò la figura addormentata dietro di sé e face un profondo respiro. Avrebbe sonnecchiato per un'ora o due e poi se ne sarebbe andato prima del risveglio di Grantaire.  Era così stanco…
Enjolras gli si sdraiò accanto e lasciò andare un gran sospiro. Pensò che il letto dell'artista era molto probabilmente la cosa più comoda che avesse mai provato prima. La morbidezza delle lenzuola combinata all'odore familiare dell'altro ragazzo lo fece addormentare così velocemente da non ricordare neanche di essersi sdraiato.
Quando si svegliò, era quasi l'alba. I suoi occhi si spalancarono e guardò l'orologio. Invece di un'ora, era stato lì per sei. La testa scattò in direzione di Grantaire, ma trovandolo nelle stessa, esatta posizione della notte prima, ebbe un sospiro di sollievo. Non perse tempo e corse fuori, abbastanza fortunato da essersi addormentato con le scarpe ai piedi.
 



*white noise: non so se in italiano si traduca letteralmente, comunque sono quei sottofondi rilassanti che dovrebbero facilitare il sonno.
**essay for Lit: ho dato per scontato che Lit stia per Letteratura. un "essay" ha struttura un po' diversa rispetto a quello che in Italia chiamiamo saggio (mi riferisco a quello scolastico, ovviamente), ma è all'incirca quel tipo di scritto.

Come detto all'inizio, la storia originale è una oneshot: essendo molto lunga ho preferito dividerla in capitoli, all'incira tre. 
Grazie a chiunque sia arrivato a leggere sin qui! Se vorrete lasciare un commento, avrò il piacere di tradurre per l'autrice le vostre impressioni (e se avete dimestichezza con l'inglese siete caldamente invitati/e a scrivere di vostro pugno!)
Au revoir, Pseyda

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Capitolo 2
*** Senza alternative ***


Capitolo 2: Senza alternative

“Aspetta un momento” Combeferre bloccò Enjolras mentre erano in fila al bancone, afferrandolo per le spalle ed esaminando attentamente i suoi occhi. “Hai dormito stanotte.”
Enjolras arrossì. Lo sapeva. Combeferre sapeva cosa era successo, e ora lo avrebbe rimproverato. Cielo, cosa aveva combinato? “Ecco… si, un po’..” Balbettò incerto. L’altro sorrise e gli diede una pacca sulla schiena. “Come ci sei riuscito? Pillole? Latte caldo prima di andare a letto?”

“Qualcuno ti ha letto una storiella della buona notte?” Enjolras si voltò nell’udire l’atra voce e gelò alla vista di Grantaire che passeggiava in mezzo alla fila, prima di piazzarsi sorridente davanti a loro. “Buongiorno, Splendore”. Combeferre roteò gli occhi, ma non protestò per la manovra di superamento “Immagino tu sia qui per il tuo cappuccino-cura-sbornia quotidiano”. Grantaire fece l’occhiolino e si rivolse al bancone “Un cappuccino-cura-sbornia, per favore” la barista rise e prese l’ordine.
“Ieri sera hai bevuto?” chiese Enjolras. Quando aveva trovato il moro addormentato era piuttosto presto, le dieci circa. E odorava di vaniglia e acrilici, non di alcol… in effetti, un buon odore.
“Nah, semplicemente credo di essere in sbornia perpetua”
“Magari, se tu non bevessi così spesso..” disse Combeferre.
 “Oh, sei adorabile, ‘Ferre. Cerchi di nuovo di prenderti cura della mia salute” Grantaire rise e con fare drammatico depositò un bacio sulla fronte del ragazzo; quindi si voltò per prendere la sua tazza di cappuccino dalle mani della barista, che gli sorrideva ammiccante “Sfortunatamente, temo di aver già promesso a me stesso un attacco cardiaco intorno a quarant’anni, perciò dovrò tener fede alla mia parola.”

Enjolras si accigliò e fece un passo avanti per ordinare il suo caffè, ma poi si girò per guardare dritto in faccia Grantaire. Non c’era possibilità che lui sapesse, giusto?
“Sono contento che tu non abbia bevuto la scorsa notte” disse.
 L’altro lo guardò e sorrise. “Davvero?”
Il leader si sentì avvampare e cambiò argomento “Non mi hai più portato i volantini” borbottò.
“Sì, invece! Li ho dati a Courfeyrac! L’ho incontrato venendo da te e lui ha detto che te li avrebbe portati. Non l’ha fatto?”
Il biondo gemette e prese il caffè dalla cameriera, che non sorrideva neanche la metà di prima “Ti sei fidato di Courf per qualcosa che richiedesse puntualità?”
Grantaire sollevò entrambe le sopracciglia “Si è offerto lui…”
 
 “Probabilmente ha incontrato una ragazza per strada e ha deciso che lei era più importante” decretò Enjolras con disgusto. Aspettò che Combeferre prendesse il suo drink e condusse tutti al tavolo accanto alla finestra.
“Si sistemerà tutto” lo rassicurò ‘Ferre, sorseggiando il suo the.
“Quei volantini mi servono!”
“Rilassati.” Grantaire sospirò e aggiunse “Te ne farò altri oggi e te li consegnerò personalmente”
Enjolras si agitò sulla sedia e osservò l’artista. “Niente intermediari?”
“Niente intermediari.”
                                                                              ****

Grantaire mantenne la parola. Quella sera, giunse all’appartamento di Enjolras con un gran sorriso e un grosso pacco di carta verde fosforescente.
“Ti ho portato un regalo!” canticchiò, entrando senza chiedere il permesso. Enjolras chiuse la porta e gli prese il pacco dalle mani. “Cosa potrà mai essere?” Grantaire spostò lo sguardo intorno all’appartamento. C’era stato già un sacco di volte, ma ancora si meravigliava di come apparisse immacolato. I tavoli puliti, il pavimento sgombro, e non c’erano mai piatti sporchi nel lavello. L’artista si chiedeva se Enjolras comprasse di proposito libri della stessa grandezza, così che apparissero perfettamente in ordine sugli scaffali.

 “Duecento volantini per cambiare la mente di milioni di persone, freschi di stampa” rispose allegramente, riportando il suo sguardo sul biondo. Il leader osservò uno dei volantini. Il grosso titolo che lui aveva creato spiccava in cima al foglio, l’articolo scritto da Combeferre stava direttamente sotto. Avevano riservato un spazio a Grantaire, per un disegno che rispecchiasse l’argomento dello scritto, ma ora quello spazio era occupato dalla notevole rappresentazione di un uomo sbattuto contro un albero. Era ingobbito e accasciato, i vestiti strappati e gli occhi cavi. L’immagine era violenta senza essere troppo cruda, e toccante senza essere offensiva. Era perfetta. Lo sguardo di Enjolras incontrò gli occhi di Grantaire.

“Fantastico” disse.
“Li ho solo portati al negozio…”
“Il disegno, Grantaire. Il disegno è perfetto.”
Il moro sollevò un braccio per passarsi le dita tra i capelli e si lasciò andare a una breve risata “Grazie Enjy.”
Il biondo corrugò il sopracciglio “Ti ho detto di non chiamarmi così.”
 "E io ti ho detto di non chiudere l'ultimo bottone della tua camicia perchè quando lo fai sembri un uomo di mezza età, ma non sempre si può avere ciò che si vuole." sorrise e si infilò le mani nelle tasche, dondolandosi sui talloni. Enjolras incassò la presa in giro e roteò gli occhi.
"Io dovrei andare."
"oh, ehm..hai voglia di qualcosa? Caffè o acqua o da mangiare o qualcos'altro?" chiese il leader, improvvisamente consapevole di quanto fosse tardi. Sentiva che un'altra notte insonne era in arrivo, e non era entusiasta al pensiero che lo aspettavano intere ore da passare steso sul letto -perfettamente sveglio - oppure a scrivere al computer. Forse la cosa peggiore dell'insonnia era proprio che non ci fosse mai nessuno che stesse con lui o con cui parlare, un qualcuno di cui aveva scoperto di desiderare la presenza in quelle ore morte prima dell'alba, proprio quando è impossibile trovare anima viva - o sveglia, che dir si voglia.
Nel momento stesso in cui Grantaire se ne fosse andato, lui sarebbe rimasto di nuovo solo, con le sue stesse palpebre come unica compagnia.

Grantaire sorrise e scosse la testa "Nah, sto bene così. Devo andare a letto."
"Perché così presto? Ti avevo etichettato come un gufo notturno" chiese Enjolras con nonchalance.
"Di mia natura lo sono, ma sto prendendo queste pillole per dormire, così da regolare il mio ciclo di sonno. Devo prenderle tutte le sere alla stessa ora."
Enjolras sentì una fitta al petto. Se solo una pillola avesse potuto costringere i suoi occhi a chiudersi e farlo sprofondare in un sonno abbastanza profondo da non essere interrotto, neanche da un uomo che strilla per tutta la sua casa oppure sdraiato al suo fianco..
"Queste pillole - ti procurano un buon sonno profondo? Ti fanno sentire riposato?"
Grantaire annuì "Sì, dovresti provarle. Io dormo per quasi nove ore e non mi sono mai svegliato in mezzo alla notte da quando le prendo. Questo fa quasi paura, ma non sono sedativi. Mi sveglierei, se ce ne fosse bisogno." Prese un pezzo di carta e una penna dal tavolo vicino e scribacchiò il nome delle pillole, poi lo passò a Enjolras. Il biondo studiò il nome per un momento, perso nei suoi pensieri. "Dovrò provarle."
"Oppure fare qualunque cosa tu abbia fatto ieri notte" disse Grantaire in un'alzata di spalle "sembravi davvero molto riposato oggi, come ha notato Combeferre."
Enjolras sentì il rossore insinuarsi sulle sue guance, malgrado le sue proteste interne. "Ehm..si, credo che proverò le pillole" borbottò, accartocciando il foglio in mano e infilandolo in tasca. Grantaire alzò un sopracciglio, ma non insistette ulteriormente.
“Beh sarà meglio che vada, allora. Mi aspetta un lungo e profondo sonno. Ti auguro lo stesso.”
“Grazie” Enjolras offrì un sorriso tirato e lo accompagnò alla porta, salutando con la mano mentre l’altro percorreva il corridoio.
Se solo le cose fossero così facili.
                                                                            ****

Le tre notti seguenti furono lunghe e insonni. Enjolras tentò una marea di possibili soluzioni, tra cui anche le pillole suggerite da Grantaire. Lo fecero sentire assonnato e lento nei movimenti e riflessi, ma non gli impedirono di giacere sul letto e fissare il soffitto, facendo finta di essere sul punto di dormire. Alla fine si ritrovava sempre di nuovo davanti al computer, inviando e-mail o leggendo i blog sulla giustizia sociale che seguiva. La mancanza di sonno era fastidiosa e a volte persino dolorosa, ma almeno gli lasciava più tempo per lavorare. Ad ogni modo, dopo tre giorni senza riposo, non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe potuto gestirla.

Grantaire aveva continuato a presentarsi al café tutte le mattine, sempre vispo e sarcastico. Enjolras invidiava la sua vivacità. Già era difficile dover sopportare la continua preoccupazione di Combeferre per la sua salute, in più il successo di Grantaire con le pillole era come uno schiaffo in piena faccia, e lui si ritrovava continuamente a ritornare col pensiero a quell’unica notte in cui era riuscito ad ottenere una quantità di riposo accettabile. Se solo le circostanze fossero state altrettanto accettabili!
Alla quarta nottata insonne, Enjolras cominciò a rivalutare le sue opzioni. Era così stanco da aver cominciato a sentire un tintinnio di sottofondo che in realtà era solo nella sua testa, e la sua vista iniziava ad appannarsi ai margini del campo visivo. Ma in qualunque momento si sdraiasse per dormire, non importava quanto esausto potesse essere, il sonno non arrivava. Alla fine, dopo aver ingoiato due delle pillole di Grantaire (invece di una, come suggerito) e aver sbattuto ripetutamente la testa contro l'armadio, Enjolras afferrò il cappotto. Semplicemente, non aveva scelta.

Si lasciò scivolare nell'abitazione dell’artista una seconda volta, chiudendo la porta dietro di sé e camminando delicatamente per l’appartamento. Essere lì gli sembrava sbagliato. Essenzialmente stava entrando di nascosto in casa dell’amico, e probabilmente il suo intento poteva essere considerato come una qualche forma di molestia sessuale. Ma era così stanco. Entrò in camera di Grantaire e lo trovò raggomitolato attorno al cuscino, posizionato più verso il centro del letto rispetto alla volta precedente. Posò il cappotto e le scarpe su una sedia in un angolo della stanza e stette in piedi di fronte al letto. Per un momento, si fermò a osservare il sollevarsi e abbassarsi del petto nudo del moro, la delicatezza dei suoi tratti mentre dormiva, e il modo in cui i suoi capelli si spargevano selvaggiamente sul suo viso, anche quando non era cosciente. Davvero stava per farlo?

Scoprì che sì, stava per farlo. Si infilò nel letto, sotto le coperte questa volta, e lasciò andare un profondo respiro quando la sua testa toccò il cuscino. Immediatamente, sentì la sonnolenza sopraffarlo. Le premise di impossessarsi del suo corpo senza protestare, e sorrise mentre scivolava in un sonno di cui non poteva essere più riconoscente.
Si risvegliò con la sensazione di un fiato caldo contro il collo. All’inizio non si rese conto che tutta quella situazione era anormale – l’implicazione di essere con un’altra persona e il fatto che si era addirittura svegliato (poiché questo voleva dire che in precedenza si era addormentato). Dopo un minuto di puro godimento del calore e della sensazione di un peso lungo i suoi addominali, finalmente spalancò gli occhi.

Erano le 6.26 della mattina, e un braccio di Grantaire avvolgeva la vita di Enjolras. Le sue labbra sfioravano il collo del biondo sotto la nuca, e il suo respiro era percepibile non solo dall’aria calda che usciva dalla sua bocca, ma anche dal movimento ritmico del suo petto contro la schiena dell’altro. Il leader si impanicò in silenzio. Come aveva potuto lasciare che accadesse? Grantaire si era svegliato? Si sarebbe svegliato (magari nuovamente) se Enjolras si fosse mosso?

Alla fine, il biondo decise che valeva la pena di tentare. Se Grantaire non si era svegliato, e si era semplicemente mosso nel sonno, allora questo avrebbe sollevato un sacco di domande a cui preferiva non rispondere. E se Enjolras non si fosse mosso, rispondere a queste domande sarebbe stato inevitabile. Rotolò via delicatamente dalla presa del moro, sperando per un momento di poter ancora sentire il suo fiato caldo contro il collo. Con un’ultima occhiata al ragazzo addormentato, scacciò il pensiero dalla mente e recuperò il cappotto e le scarpe, quindi fece ritorno a casa.
 
 
Ed ecco il secondo capitolo, spero sia di vostro gradimento. Come sempre, grazie di essere giunti fin qui e i commenti sono sempre ben accetti. Soprattutto, vi prego di segnalarmi se ci sono parti poco chiare o in cui l’italiano non è molto scorrevole: tradurre i lunghissimi periodi inglesi è stato spesso complicato.
Au revoir, Pseyda.
 

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