Fotografie

di Memento_B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cena di famiglia ***
Capitolo 3: *** Angels Fall First ***
Capitolo 4: *** A new Dawn ***
Capitolo 5: *** Sunbeams ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ho sognato un libro senza limiti,
un libro senza rilegatura,
le pagine sparse in fantastica abbondanza.
In ogni riga era tracciato un nuovo orizzonte,
nuovi cielo si indovinavano;
nuovi stati, nuove anime.(1)

Un’altra fredda giornata di novembre, ed io sono qui a casa, sola.
Piove, oggi, e sono seduta sul divano con un libro di poesia sulle ginocchia. Ogni tanto alzo lo sguardo e osservo i ghirigori che la pioggia crea sul vetro della finestra, mi rilassa farlo.
Se poi allungo un po’ il collo riesco a vedere il giardino della nostra casa, la casa della famiglia Weasley. Mi accorgo solo ora che mia nipote Katrina ha dimenticato il suo cappellino qui, è troppo tardi ormai, è già completamente bagnato ma… mi dispiace lasciarlo lì, in una pozzanghera. Infilo l’indice della mano destra fra le pagine del libro, che richiudo, mi alzo e mi guardo attorno attentamente, alla ricerca del segnalibro che sono sicura di aver lasciato qui in giro.
Lo vedo quasi subito, è in cima ad una montagna di libri accatastati sulla scrivania, e con passi più o meno veloci lo vado a prendere, per poi sostituirlo al dito. Poso infine il libro sul tavolo, insieme agli altri, ed esco in giardino. Così, senza ombrello, senza un giubbotto. E’ piacevole sentire le gocce di pioggia scivolare sulle mie guance, mentre ascolto il rumore dell’acqua sotto i miei piedi man mano che cammino.
Dall’alto della collina riesco a vedere tutto quanto è qui intorno. E’ semplicemente meraviglioso osservare la natura e guardarla mutare, concentrare la mia attenzione sulle nuvole grigie, sul quel poco di sole non nascosto dalle nubi, ascoltare il suono della pioggia che cade sul terreno, il rumore del vento, il canto di una cicala. Ricordo quando da ragazza ero seduta sul mio letto nel dormitorio di Grifondoro dopo una dura giornata di studi e scoperte. Osservavo il lago di Hogwarts sotto la pioggia, sempre con un libro in mano, e a volte il continuo e fastidioso ridacchiare di Lavanda e Calì come sottofondo.
Finalmente raggiungo il cappellino di Katrina: è rosa pallido con il bordo azzurro e un boccino d’oro ricamato. Del resto il Quidditch è sempre stata la passione di famiglia…
Mi piego per prenderlo, la mano sinistra sul fianco a mo’ di sostegno, la mano destra si allunga fino a raggiungere il cappello.
Mi rialzo e nel farlo osservo l’esterno della mia casa, finché il mio sguardo non cade sulla finestrella circolare ed impolverata della soffitta.
E’ diverso tempo che non salgo in mansarda, e questo mi dispiace. Lì sono raccolti tutti gli oggetti di una vita, la mia, quella di Ron, di Hugo, di Rose e di chiunque altro abbia condiviso la mia stessa strada, che abbia condiviso con me emozioni e momenti più o meno importanti. E anche tutto quel che riguardava la nostra vita ad Hogwarts, il vecchio calderone di Ron, i libri di Allock… Ho ancora una scatola dei Tiri Vispi Weasley… E’ passato così tanto tempo da quando la sequestrai, al quinto anno, eppure l’ho ancora. Non so quale istinto mi abbia trattenuto dal buttarla, ma ringrazio quella parte di me. La ringrazio per avermi fatto conservare una prova dell’esistenza di Fred, e del suo legame con George.
Sembra che sia passata una vita intera dalla morte di Fred, ma posso sentire ancora nella mia mente la sua ultima, fatale risata, suscitata da una battuta di Percy non riesco a cancellare il momento della sua morte, il suo cadavere, il suo ultimo sorriso che non si spense mai … Né posso dimenticare i corpi di Remus, di Tonks, di Colin e di chiunque abbia visto morire…
Decido quindi di salire in soffitta, dopo questi ricordi così dolorosi, ma allo stesso tempo così vivi. Lì ho le prove che loro sono esistiti davvero, che non si è trattato solo di un sogno che si è concluso nel peggiore dei modi. Ed ho anche le prove che sono esistiti tanti altri momenti belli, molti più di quelli tristi, in effetti. I giochi dei miei figli, ormai cresciuti; i primi scritti di Rosie, ed anche i miei, la divisa da portiere di Ron…
Salgo le scale, solo quando sono arrivata nel solaio mi accorgo di avere il fiatone, ho fatto le scale di corsa e non me ne sono accorta. Ho troppa fretta di rovistare nel mio passato, di gettare sale su ferite mai cicatrizzate, ma anche di ricordare ciò che è stata la mia vita, la vita di Hermione Granger, la ragazzina dai capelli crespi e secchiona, che in seguito sarebbe diventata Hermione Weasley.
Un brivido mi sale lungo la schiena, un brivido di eccitazione ma anche di terrore. Cosa sarebbe successo se mi fossi trovata davanti le foto dei miei genitori? Oppure avrei riconosciuto tutti i miei ex compagni di scuola? E se ho dimenticato qualche volto? E loro? Loro si ricordano di me?
Probabilmente ricordano il mio nome, ma si ricordano dei miei modi, delle mie passioni, del mio tono di voce, si ricordano di avermi conosciuto?
Ora ho improvvisamente paura, paura di scavare nel mio passato. Ma decido di andare avanti, di camminare fra i cumuli di polvere e la catasta di robaccia, facendomi strada fra le ragnatele. Dovrei decidermi a pulire un giorno o l’altro.
Recupero un cuscino blu scuro e lo butto per terra, vicino al primo scatolone. Con mani tremanti, impaziente ed impaurita al tempo stesso, stacco il magiscotch che lo sigilla.
E infine… lo apro. La prima cosa che mi capita fra le mani è una piccola scatola di legno, senza decorazioni né nulla. Sollevo il coperchio. Questa scatola altro non contiene che orecchini vecchissimi, bigliettini, spille, foto e disegni. Intuisco subito che appartengono alla mia vita babbana. Le spille sono banali, le foto non si muovono… Prendo con paura un biglietto e lo apro.

Her ti dico questo sincera mente sei strana le bambine di otto anni non sanno fare quello che fai tu. Mamma lo dice anche e dice anche che sei pericolosa ma io non so perché. Jenn(2)

Mi sento salire le lacrime agli occhi, ricaccio il biglietto nella scatola e la richiudo, posandola vicino a me. Jenn… chi è? Probabilmente si chiama, o si chiamava, Jennifer. Non la ricordo, sarà che ho cancellato ogni traccia della mia vita babbana, stravolta dalla magia.
Tiro ora fuori la mia divisa di Hogwarts, la mia prima divisa di Hogwarts. Decisamente troppo piccola, strappata, emanava un forte odore di umido. E’ davvero stata mia? L’ho davvero indossata? Ero davvero così minuta? Stento a crederlo, ma è così. Oh, quel mio primo anno scolastico. Come dimenticarlo? Segnò l’ingresso definitivo nel mondo magico, mondo dal quale non sono più uscita e mai ne uscirò. Durante il primo anno Ron ed io aiutammo Harry a salvare la Pietra Filosofale, prima di tante avventure.
Ma la mia attenzione viene attirata da un quadernetto posato sul fondo dello scatolone. La copertina è marrone, ma gli angoli sono laccati d’oro. Metto da parte la divisa facendola cadere sopra la scatola e allungo la mano, prendendo il quadernetto.
Sulla copertina è inciso ordinata Hermione Granger, Grifondoro, V anno. Subito sotto noto Hermione Weasley. Dal quadernetto, abbastanza spesso a dir la verità, spuntano fogli di pergamena, sicuramente appunti. Sorrido fra me e me, ero così studiosa, volli frequentare ad ogni costo il settimo anno dopo la morte di… di Voldemort.
Credo che quando andammo alla ricerca degli Horcrux il mio cuore era più grande del mio cervello.(3)
Apro il quadernetto, e al centro della pagina vi è scritto:

Ogni libro possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto
e di coloro che lo hanno letto,
di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso.(4)

Giro la pagina, mi trovo davanti ad una pagina di diario, quella del mio sedicesimo compleanno. Le altre dieci pagine erano altri giorni, ma poi il diario lascia posto ad appunti scritti con una calligrafia minuscola e quasi incomprensibile. Avevo indovinato, i fogli che spuntavano erano appunti. Appunti di Trasfigurazione, Incantesimi, persino Pozioni. Ma ovviamente non Difesa Contro le Arti Oscure, non avevamo appunti da prendere quell’anno. Era l’anno dell’E.S.
Ad un certo punto anche gli appunti si interruppero bruscamente, lasciando spazio a delle foto. Probabilmente avevo lasciato quel quadernetto e ripreso molti anni dopo, già Weasley.
La prima foto risale al primo anno di Hogwarts. Harry era al centro, io alla sua sinistra e Ron alla sua destra. Come eravamo diversi… più piccoli e ignoravamo il nostro destino. Giro la pagina.

(1) Clive Barker, Abarat. Giorni di magia, notti di guerra, Milano, Fabbri, 2002.
(2) Ovviamente il lessico, l'assenza di punteggiatura e quel sincera mente è voluto. Si tratta di biglietti scolastici di bambine di otto anni.
(3)“I mean,I love Hermione. She went with Ron and Harry because she has a really good heart. That's not about brain. Ultimately, she had a bigger heart than she had a brain and that's saying something for Hermione.” JKR on LK.Pottercast
(4) Carlos Ruiz Zafon, L’ombra del vento, Milano, Mondadori, 2004

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Capitolo 2
*** Cena di famiglia ***


Quanto segue è una one shot dedicata alla coppia Rose/Scorpius.
Ho cercato di rendere Scorpius diverso dal padre, di renderlo più gradevole {senza offesa alle fan di Draco}. Perché? Perché mi piace immaginare uno Scorpius così, diverso dalla sua famiglia. E perché Rose assomiglia tanto alla madre, e se Scorpius fosse stato il ritratto del padre, avrei scritto una Draco/Hermione.
Ho provato, inoltre, a rendere Scorpius un personaggio dinamico mentre ho lasciato Rose più o meno statica. Spero di esser riuscita a scrivere una one shot degna di essere letta.
Lucrezia

- Se è stato nemico di mio padre, costui
mi piace ancor meno! – esclamò la ragazza,
ora veramente preoccupata.
-Non vorreste parlargli, Maggiore Heyward,
in modo che io possa sentire la sua voce?
Per quanto ciò forse sia sciocco, mi avete spesso sentito sostenere
che ho fiducia nelle inflessioni della voce umana! – (1)

Ora non posso più trattenere le lacrime. Fisso la prima foto di Hugo con Rose. Era nel lontano 2008(2), Hugo aveva solo qualche mese, sul capo una leggera peluria rossa, il viso tondo e paffuto, gli occhi azzurri grandi, come quelli di tutti i bambini. E quegli occhi sono rimasti tali e quali, non sono cambiati nel tempo, specchio di verità e menzogne, amore e odio, gioia e amarezza. Il capo era leggermente inclinato a sinistra, scrutava la macchina fotografica con un’espressione buffa, espressione che in seguito sarebbe diventata la sua manifestazione di curiosità. Indossava una tutina azzurra che metteva in risalto i suoi occhioni. E se ci penso, Hugo è rimasto sempre lo stesso, anche ora che ha venticinque anni. Allegro, immaturo, disorganizzato, poco propenso allo studio impegnativo, anzi era piuttosto sfaticato; ma anche leale e sincero. Non è mai stato capace di mentire, perché sa che dai suoi occhi si comprende tutto. Le sue emozioni, i suoi sentimenti. Gli occhi di mio figlio sono acqua limpida.
Hugo era vicino alla sorellina, che ormai aveva due anni. Rose, al contrario del fratello, ha sempre amato leggere e studiare. E cerca di trasmettere questa passione a sua figlia Katrina, Katrina Rose Malfoy, benché abbia solo quattro anni. Ogni sera le legge una storia prima di andare a dormire, e la mattina dopo ne discute a colazione, come facevamo noi. I capelli castani le ricadevano a boccoli sulle spalle, gli occhi azzurri, più scuri di quelli del fratello, brillavano come zaffiri nel suo viso di porcellana, le lentiggini le macchiavano le gote. La bocca rosea era dischiusa in un sorriso. Dal vestitino bianco, come il capello di paglia che aveva sul capo, spuntavano le piccole gambe e i piedini nudi. Le mani erano raccolte vicino al petto, leggermente inclinate verso destra, stringeva un girasole raccolto in giardino.
Subito sotto vi sono altre due foto di Rose e Hugo. La prima risale al 2013. Hugo quindi doveva avere cinque anni e Rose sette. Lei indossava una salopette di jeans scura e una maglietta rossa, i capelli castani e mossi raccolti in due trecce, gli occhi semichiusi, come manifestazione di felicità ed allegria. Aveva un braccio intorno alle spalle del fratellino, che indossava una maglia gialla e un jeans chiaro. La foto era scattata dall’alto, e i bambini facevano una linguaccia all’obbiettivo. Erano seduti sull’altalena bianca in giardino, Rose aveva in grembo un libro di racconti aperto, l’indice della mano destra segnava un rigo del racconto che stava leggendo. The Tale Of The Three Brothers(3). Hugo invece aveva al fianco un manico di scopa, che sicuramente gli aveva regalato Ron per Natale. Se mi concentro posso ricordare tutto quel che Hugo combinò con quella scopa, tutti i disastri, i vasi rotti, gli inseguimenti della sorella urlante, le botte contro il muro, i lividi, i pianti e le grida di Hugo per il dolore, i pianti e le grida isteriche di Rose perché non riusciva a studiare. Nella foto era presente anche Alice, quella che fu la nostra cagnolina. Hugo la teneva in braccio, allora non poteva avere più di tre mesi. Era bella, col manto nero e le zampette sul giallo, gli occhi marroni, il collare rosso ed oro, i colori di tutta la famiglia.
La seconda risale al primo settembre del 2019, stazione di King’s Cross. Rose era al terzo anno, indossava già la divisa di Grifondoro in maniera impeccabile. Non c’era nulla fuori posto, perfino il nodo della cravatta era perfetto. I capelli erano anche questa volta raccolti, ma in una coda alta. Cercava di restare seria, ma era inutile. Si mordeva il labbro per non scoppiare a ridere ed era piegata in due: Hugo e Albus le facevano il solletico. E’ inutile dire che né Hugo né Albus avevano la divisa, ed erano tutt’altro che in ordine. Lily trotterellava attorno al fratello, Albus, incerta se intervenire o meno in aiuto della cugina. Sia Lily che Hugo dovevano salire per la prima volta sull’Espresso per Hogwarts. James era poco lontano, vicinissimo al treno e seduto sul suo baule. Conversava amabilmente con una ragazza bionda e carina.
I battiti del mio cuore accelerano nel vedere queste foto. Le foto dei miei figli, dei miei nipoti. Sembra passato così tanto tempo, che ciò non sia mai avvenuto, eppure un tempo vissi quei momenti, ero presente quando furono scattate quelle fotografie. Io c’ero. E se penso a ciò che sono diventati i miei figli, mi riempio d’orgoglio. Ma all’improvviso ecco che arriva la nostalgia. La nostalgia di quei bei momenti familiari, dei Natali passati intorno al camino con i regali ancora da scartare e i bambini seduti sul tappeto. Sento nuove lacrime rigarmi il volto, lacrime amare, lacrime felici, lacrime di una vita vissuta nel migliore dei modi. Il vento diventa più forte, riesce ad aprire la finestra. Mi scompiglia i capelli, mentre il pavimento inizia a bagnarsi. Il primo lampo, seguito da un fulmine. Ma non m’importa. M’importa solo di continuare a sfogliare i ricordi, di ricomporre la melodia della mia vita. Voglio rivedere le foto dei miei bambini, rivivere le emozioni di un tempo, voglio essere malinconica, voglio piangere. E così è. Perché nulla è più bello del guardarsi indietro, ed accorgersi di non aver rimpianti, di aver vissuto, nonostante tutto, una bella vita e di conseguenza sentirsi la nostalgia addosso.
A malincuore poso con movimenti lenti il quaderno con le fotografie sulla mia ex divisa scolastica e mi alzo. Vado alla finestra velocemente, per quanto veloce io possa essere e combattendo contro il vento la chiudo. Torno allora al mio posto e riprendo il quadernetto. Le due foto della pagina successiva mi mozzano il fiato.
La prima ha come soggetti Hugo e Rebecca, la sua ragazza. Lei è molto carina, con i capelli lunghi e neri, gli occhi azzurri.
Ma quella che più mi colpisce è la seconda, la fotografia che immortala il matrimonio di Rose e Scorpius. Chi avrebbe mai pensato che nostra figlia, una Weasley, una “traditrice del sangue” con una madre nata Babbana si sarebbe sposata con lui, Scorpius Malfoy, figlio e nipote di Mangiamorte?
Rose e Scorpius erano così belli quel giorno. Il loro volto sprigionava felicità, ed era impossibile restare impassibili.

∞ 3 luglio 2022.(4) Ricordo perfettamente quella data. Quel giorno presentai Scorpius alla mia famiglia, non potrei mai dimenticarlo. In genere i padri non sono mai felici di vedere la propria figlia fidanzata e temono che possa accadere alle loro bambine qualcosa di terribile, ma restano in silenzio, facendo però capire che non approvano. Ma ovviamente, mio padre deve sempre, sempre, esagerare. C’è da dire a sua discolpa che un po’ lo capisco, del resto Scorpius resta il figlio di Draco Malfoy, suo nemico dai tempi di Hogwarts.
Lo incontrai per la prima volta alla stazione di King’s Cross, ad undici anni. Sia io che Albus stavamo per andare ad Hogwarts per la prima volta, quindi non mi curai molto di un uomo con un cappotto scuro e della sua moglie, né del figlio.
Lo notai solo quando mio padre disse “E così quello è il piccolo Scorpius. Cerca di batterlo in tutti gli esami, Rose. Per fortuna hai il cervello di tua madre”. Ricordo esattamente quelle parole, così come quelle che seguirono “Non dargli troppa confidenza, Rosie. Nonno Arthur non ti perdonerebbe mai se sposassi un Purosangue”.(5)
Annuii e stavo per rispondere, ma fui interrotta da James.
Non m’importò di lui fino al quarto anno. Ogni anno mio padre mi ripeteva le stesse parole. “Non dargli troppa confidenza”. Voleva capire il perché. Voglio dire, sapevo benissimo di chi era figlio, e chi era suo nonno e cosa aveva fatto la sua famiglia. Appunto, della sua famiglia sapevo tutto, ma di lui? Conoscevo solo il suo nome, Scorpius Hyperion Malfoy, ed il suo aspetto. Biondo, occhi azzurri, mento appuntito. Avevo sempre ascoltato mio padre e non gli avevo mai rivolto la parola. Solo verso la metà del quarto anno quel ragazzo iniziò ad incuriosirmi. Passai tutta la seconda metà dell’anno ad osservarlo, seppur senza mai avvicinarmi.
Mi resi conto(6( che era solitario, come tutti i discendenti dei Mangiamorte. Ma mentre gli altri formavano un gruppetto a sé, lui rimaneva solo. Non mostrava interesse per nessuno di loro, anzi a volte li guardava sdegnoso.
Non avendo amici con cui passare il tempo, studiava ad ogni ora. Era sempre in biblioteca a studiare e se non aveva niente da studiare leggeva. Andava bene a scuola, aveva sempre i miei stessi voti, non lo superai mai.
Parlava poco. Lo sentivo parlare solo quando rispondeva alle domande dei professori. Se uno studente gli chiedeva una qualsiasi cosa, rispondeva a monosillabi. In effetti, sembrava inesistente.
Né Hugo né i miei cugini erano minimamente incuriositi da Scorpius.
Poi vennero le vacanze di Pasqua, che segnavano l’avvicinarsi degli esami. Dimenticai ogni distrazione, dovevo interessarmi solo allo studio. Passavo intere giornate in biblioteca, china su enormi volumi a prendere appunti –che, come sempre, risultarono inutili, dato che gli esami sono sempre stati facili, anche se Albus non è della stessa opinione.
Non mi accorsi nemmeno che lui, Scorpius, sedeva sempre ad un tavolo vicino al mio.
“Non mi piace, quello” mi disse un giorno Hugo.
“E’ normale, non è mai piaciuto a nessuno, Hugo” gli risposi sbuffando infastidita poiché distratta dai miei pensieri.
“E non mi piace nemmeno come ti guarda.”
“Perché, sa che esisto?” domandai scettica. Facevo di tutto per fargli capire che non volevo parlargli, che volevo essere lasciata sola.
“A giudicare dal modo con cui ti guarda… direi proprio di sì. Sono giorni che ti osserva studiare, sai?”
Arrossii, nascondendo il viso nei capelli. Che si fosse accorto del mio continuo studiarlo? alzai lo sguardo appena in tempo per vedere Hugo rivolgere uno sguardo irritato a Scorpius.
“La smetti?” gli chiesi, alterata “Ti immagini le cose”.

Arrivarono gli esami e, come ogni anno, li superai facilmente. Stavo leggendo i miei risultati quando sentii una voce.
“Complimenti” mi disse. Era una voce bassa e maschile.
Mi girai lentamente, probabilmente con una espressione buffa e terribile al tempo stesso. Ricordo solo che avevo gli occhi spalancati e la bocca semiaperta. Ero stupita e per poco non facevo cadere a terra i libri che stringevo al petto. “Grazie” risposi, probabilmente con un tono fin troppo freddo. Subito dopo mi voltai di lato, facendo sbattere involontariamente una mia treccia contro la sua spalla e me ne andai, forse troppo in fretta e rossa in volto.
Passai tutta l’estate a pensare a quel momento. Perché mi aveva rivolto la parola? Lui, quello che non parlava mai. Ed era vero quello che diceva Hugo? E poi, perché diamine davo così importanza a quel ragazzo? Non riuscivo a trovare una risposta a quella domanda.

La sera del trentuno agosto, il giorno prima della partenza per Hogwarts, eravamo in salotto. Io leggevo un libro seduta su un divano, con le gambe appoggiate ai braccioli. Ero diventata Prefetta {“L’avrei dovuto immaginare” sbuffò Hugo}. Mio fratello invece giocava con il suo gatto.
“Avete già finito tutti i compiti, vero?” domandò mia madre. Nel tono della voce s’intuiva tensione. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se uno dei due avesse risposto con un ‘no’.
Io annuii, naturalmente li avevo finiti tutti a luglio.
Hugo non rispose. Non era bravo a mentire ed entrambi sapevamo che non aveva nemmeno aperto libro.
“Chissà se quel ragazzo è diventato Prefetto come te, Miss So-Tutto-Io. Del resto va bene a scuola” commentò Hugo dopo un po’. Non capii subito a chi si riferiva, ma mio padre captò la parola ‘ragazzo’.
“Ragazzo? Quale ragazzo? Di chi parli? Rispondi, ora!” chiese a mio fratello. Mio padre ora era in piedi, i pugni stretti “Di chi parla, Rosie?”
“Non ne ho idea” risposi io, abbassando il libro e scuotendo il capo. Appena dissi quelle parole, compresi che mio fratello si riferiva a Scorpius.
“Il ragazzo Malfoy… Come si chiama? Samuel… Stephen…” replicò Hugo.
“Scorpius” lo corressi automaticamente e stupidamente io.
Per mio padre fu un duro colpo. A quanto pareva ai suoi figli interessava qualcosa di Scorpius Malfoy. Aveva qualcosa a che fare con noi, con me.
“Non ti avevo detto di non rivolgergli la parola? Di ignorarlo? Di non dargli confidenza?” urlò mio padre, rivolgendosi a me. Si voltò poi verso mio fratello “Ora tu mi dirai cos’è questa storia? Cosa v’importa del figlio dei Malfoy?”
“Ron…” lo richiamò mia madre, anche se era tesa quasi quanto lui.
“Ecco…” iniziò Hugo “Nulla, è semplicemente bravo a scuola ed ho pensato che fosse diventato Prefetto…”
A quanto pare mio padre non era soddisfatto della risposta “E tua sorella? Cosa c’entra con tua sorella?”
Non riuscivo più a muovere un muscolo. Ero terrorizzata, e non capivo perché. Alla fine mi convinsi che ero terrorizzata dalla risposta di Hugo.
“Beh, è un po’ di tempo che la guarda, si distrae dallo studio per osservarla studiare. Ma lei non gli ha mai parlato, non lo ha mai nemmeno rivolto uno sguardo” rispose Hugo.
Scattai in piedi “Ti ho detto che immagini fin troppe cose!” strillai a mio fratello, uscendo dalla stanza.

Mio fratello aveva ragione. Era diventato Prefetto.
Arrivò ottobre ed entrambi dovevamo sorvegliare i corridoi. Passai la prima mezz’ora facendo di tutto per ignorarlo. Non lo volevo guardare, non gli volevo parlare. Dovetti lottare con me stessa per farlo, qualcosa mi spingeva a parlargli.
“Allora, Weasley, vuoi passare tutta la sera così?” mi domandò Scorpius.
“E sentiamo, come dovrei passarlo?” replicai, fredda.
“Mmh… vediamo, in genere le persone parlano”.
“Strano sentirtelo dire. In cinque anni non hai mai rivolto una parola a nessuno, nemmeno ai figli degli amici di tuo padre” risposi, mantenendo un tono freddo. Mi sembrava un altro, non aveva mai parlato con nessuno. “O forse mi sbaglio, Malfoy?”
“No, non sbagli. Semplicemente non voglio avere niente a che fare con loro, Rose”. Scorpius pronunciò per la prima volta il mio nome e allora fui costretta a voltarmi.
I miei caldi occhi blu incontrarono i suoi freddi occhi azzurri per la prima volta. Lo fissai per qualche istante. Certo che aveva degli occhi davvero belli…
“Non vedo di cosa parlare, Malfoy” risposi poi, mettendo enfasi sul suo cognome. Mi rivoltai, cercando di rimanere impassibile. O almeno di mostrarmi tale, visto che il mio cuore batteva a mille e respiravo a fatica. Volevo tornare ad osservare quei suoi occhi…
Parlava, ma io non lo sentivo realmente. Ripensavo a quei due occhi azzurri e le sue parole scivolavano via dalla mia mente. Non gli risposi, e lasciò perdere.

Ma non accadde lo stesso le volte successive. Imparai a parlargli, a non guardarlo negli occhi. Scoprii molte cose su di lui che nessuno aveva mai lontanamente immaginato. Non sopportava la sua famiglia, era sempre felice di venire ad Hogwarts. Si vergognava delle azioni dei suoi familiari, dei suoi parenti.
Scoprii che Andromeda Tonks, la nonna di Teddy, è sua parente. Non mi era mai venuto in mente che Teddy e Scorpius potessero essere parenti, seppur lontani.
E si vergogna terribilmente di sua zia Bellatrix Lestrange, si vergogna del fatto che nelle sue vene scorre il sangue della Lestrange, della stessa donna che privò Neville Paciock, il nostro professore di Erbologia, dei genitori. Non riusciva a guardare Neville in faccia, nonostante la Lestrange fosse morta molto tempo prima della nostra nascita.
Eravamo forse diventati amici?
“Il tempo scorre, il mondo cambia e la gente con esso. Sei così diverso da tuo madre, da tuo nonno. Anche se discendi da loro, non potevi essere più diverso. Sei una persona migliore di loro, Scorpius, molto migliore” gli dissi un giorno, dopo un’ora di Storia della Magia.
“Sì, ma la gente si ricorda delle loro azioni”.
“Dimostra loro che tu sei diverso, che non sei come loro, che vuoi e puoi essere migliore. La gente deve imparare che tu sei una persona diversa. Si deve chiedere chi sei davvero, chi è in realtà Scorpius Malfoy.
Sì, eravamo amici. Nessuno lo sapeva. Né Hugo, né i miei cugini, né i miei amici. Non perché io me ne vergognassi, ma perché lui non voleva. Diceva che mi sarei messa nei guai, che sarei stata diseredata. Io continuavo a ripetergli che non sarebbe stato così, e che non m’importava.
A volte arrivavo per ultima in classe, in modo tale da essere obbligata a sedermi accanto a lui.
Venne dicembre, ed arrivai –come stabilito- in ritardo all’ora di incantesimi. Mi sedetti accanto a lui e, quando ci fu abbastanza chiasso in classe, iniziammo a parlare tranquillamente fra noi. Ero stufa di quella situazione, di quella ‘copertura’ ma… era il mio migliore amico.
“Er… Rose, domani c’è una visita ad Hogsmeade” disse lui ad un verso la fine della lezione.
“Sì, lo so” sorrisi io, riprovando l’incantesimo per la settima volta. Mi riuscì anche quella volta.
Scorpius respirò profondamente “Ci verresti con me?” mi domandò.
Rimasi senza parole, e non seppi il perché. “Sì, va bene…” risposi io, dopo qualche istante.
Suonò la campanella. Era l’ultima ora di lezione, per fortuna. Avevo bisogno di andare nel mio dormitorio, di stare da sola. “A domani” lo salutai e scappai in camera. Perché m’importava così tanto? Dannazione… Presi un libro, il primo che mi capitò sottomano e lo aprii.

Acqua e fuoco non vanno
particolarmente d’accordo.
Si potrebbe dire che non sono fatti
l’una per l’altro.
Ma quando si amano,
allora scoppia la passione.(7)

Chiusi il libro e capii. Io lo amavo. Lo amavo sin da quando lo osservai attentamente per la prima volta.

Il giorno dopo, il 18 dicembre 2021 andammo ad Hogsmeade.
Girammo un po’, entrambi in imbarazzo. Non riuscivo a guardarlo senza arrossire. Ora che conoscevo la risposta a tutte quelle domande mi riusciva difficile parlargli come prima.
Ci fermammo nei pressi della Stamberga Strillante, in prossimità di un mucchio di neve molto grosso.
Pian piano lui si avvicinò sempre più al cumulo finché non fu in grado di prenderne un po’ con la mano. Io parlavo, probabilmente al vento, e non mi accorsi di quel che succedeva, di quel che faceva. Parlavo dandogli le spalle, contemplando la sagoma della Stamberga Strillante. Scorpius lanciò la palla di neve che mi colpì in piena nuca. Mi girai con lentezza, lo sguardo che lasciava capire la mia –finta- ira. Feci due passi e lo raggiunsi. I suoi occhi… No, non dovevo perdere tempo. Lo spinsi all’indietro, mandandolo direttamente della neve. Scoppia a ridere, ma lui mi prese per il cappotto e mi tirò giù.
“Maledetto!” dissi, fra le risate. Il mio sguardo incrociò il suo. I capelli biondissimi erano pieni di neve, gli occhi freddi si riflettevano nei miei, le labbra aperte in un sorriso. Rideva. Bastò quell’immagine a farmi dimenticare tutto. Non m’importò più di nulla, nemmeno della neve che scendeva nel mio colletto. Lo baciai.

“Si può sapere cosa ti prende?” mi aggredì Hugo, quando tornai in Sala Comune.
“Cosa?” domandai io.
“Oh, non fare finta di non capire. Vi abbiamo visto oggi, ad Hogsmeade. E’ un Malfoy, Rose!”
“E con questo? Io l’amo! Sarà un Malfoy ma non è come loro!” gli strillai contro.
“Rose, rimane sempre un Malfoy, non può che essere come la sua famiglia! Parli di un figlio e nipote di Mangiamorte!” mi ringhiò lui contro “Ti sta usando, Rose!”
“Sta’ zitto!” urlai, per poi andare in camera mia e scoppiare a piangere. Rovinava sempre tutto.

3 luglio 2022.
Erano più di sei mesi che Scorpius ed io stavamo insieme. Il cinque avrebbe compiuto sedici anni ed io lo avevo invitato a cena quella sera. Non avevo detto nulla ai miei.
Sarebbe arrivato alle sette, perciò alle sei andai da mio padre per avvisarlo.
“Er… papà?” lo chiamai.
“Sì, Rosie? Qualche problema?” mi domandò lui, sorridendo. Oddio, come potevo… deluderlo così? Dovevo.
“Questa sera potrebbe… venire a cena… una persona?” domandai, avvicinandomi al tavolo. Spostavo il peso del corpo da un piede all’altro. Contorcevo le mani ed intrecciavo le dita. Ero nervosa.
“Certo, Rosie” rispose lui, continuando a sorridere. Ah, se avesse saputo… “La tua amica Leanne, vero? Mi ricordo l’ultima volta: mangiò più di noi quattro messi insieme ed è magrissima… Rosie, non stai bene?”
Ero sbiancata, lo sapevo. “Er…sì, va tutto bene…” mentii “Vedi, in realtà non si tratta di Leanne…” “E di chi?” mi domandò mio padre, ora incuriosito.
“Vedi…” feci dei passi indietro “del mio ragazzo” dissi, per poi scappare in camera mia.
“ROSE!” mi chiamò lui, inutilmente.

Alle sette, puntuale come sempre, Scorpius suonò alla porta.
Avevo i capelli sciolti, ed indossavo il migliore dei miei jeans e la mia maglia più bella. Azzurra, come il colore dei suoi occhi.
Andai ad aprire. Gli sorrisi e lo salutai. “Non so come reagiranno…” gli sussurrai poi. Tremavo, avevo paura di quel che sarebbe potuto succedere.
“Non ti preoccupare” mi rispose Scorpius. Entrammo nel salotto, dov’era la tavola già apparecchiata. “Buonasera” salutò “Io sono Scorpius, Scorpius Mal…”
“NON – VOGLIO – PUROSANGUE – IN – CASA –MIA” gridò mio padre, a mo’ di benvenuto.
Benissimo, la serata iniziava nel migliore dei modi. “Ron, ti prego…” intervenne mia madre, anche se era senza parole. Il ragazzo Malfoy era il mio ragazzo.
“Ah, no! Mille nemici fuori dalla porta sono meglio di uno dei loro figli in casa!” continuò a sbraitare mio padre.
Hugo mi fissava, senza dire nulla. Lo avevo davvero fatto, lo avevo davvero portato a casa.
Decisi di intervenire “Papà, senti, capisco che suo pa…”
“Capire? Cosa vuoi capire Rose?! Non sai com’è fatta questa gente!” mi rispose papà. “Purosangue…” aggiunse poi con tono schifato.
Quelle parole furono la goccia che fa traboccare il vaso “Quella gente!” strillai “Vi siete mai chiesto chi è lui? Se è davvero come la sua famiglia?”
“Rose, non c’è bisogno…” intervenne Scorpius, che non aveva perso la calma.
Calò il silenzio nella stanza. Qualche istante dopo mia madre intervenne “Allora, ceniamo?” domandò, seppur mantenendo un tono piatto. Era allibita.
Annuimmo e ci sedemmo attorno al tavolo. Mio padre a capotavola, mia madre alla sua destra e Scorpius alla sua sinistra. In un’altra situazione questa scena mi avrebbe fatto ridere.
Nessuno fiatò fino al secondo.
“Allora, che si dice nel covo dei Mangiamorte?” domandò mio padre, con pesante sarcasmo.
“A dire la verità non ne ho idea. Ho incontrato i miei genitori solo una o due volte da quando sono tornato” rispose Scorpius, senza minimamente scomporsi.
“Li delude il fatto che ottieni gli stessi risultati di una Weasley, forse?” continuò mio padre, con lo stesso tono.
“Più che altro ti da fastidio che un Malfoy ottenga i miei stessi risultati” sbuffai io “Non t’importa se si tratta del massimo dei voti”.
“No, più che altro sono io che non voglio aver niente a che fare con loro” rispose Scorpius, ignorando la mia risposta.
Papà impugnò la forchetta con più forza.
“Allora, Scorpius, cosa farai una volta finita la scuola?” intervenne mia madre, senza guardarlo o mostrare interesse.
“A dir la verità non ne ho idea, credo che entrerò nel Ministero” replicò Scorpius, abbozzando un sorriso.
“Oh, ma non credo che Kingsley si lascerà corrompere dalla tua famiglia come i suoi predecess…” commentò mio padre, incapace di trattenersi.
“Scorpius ha a cuore l’interesse degli Elfi Domestici, sai mamma?” lo interruppi con un sorriso.
Il volto di mia madre s’illuminò “Davvero? E cosa ne pensi de…”
“Certo, più che altro ha a cuore i suoi interessi a spese degli Elf…” buttò nuovamente mio padre.
Lo interruppi anche questa volta. “E gioca come Portiere nella squadra di Serpeverde”
“Ha comprato anche lui l’ammissione con delle scope nuo…?”
Dovevo continuare ad interromperlo. Nemmeno Scorpius ha una pazienza infinita. “La sua materia preferita è Difesa Contro le Arti Oscure”
“Beh, la materia preferita della famiglia è sempre stata Arti Oscure e bast…”
“BASTA!”
Chiusi gli occhi. Lo sapevo. Scorpius non avrebbe retto a lungo. Quando li riaprii mi accorsi che non era stato Scorpius a parlare, ma Hugo. “Basta” ripeté. Sembrò sul punto di aggiungere altro, ma ci ripensò, per riprendere a mangiare.
Dopo parecchi attimi di silenzio, mia madre riprese a parlare.
“Cos’hanno detto i tuoi quando hai raccontato loro di Rose?”
“A dir la verità non ho ancora avuto modo di dirlo. Vedete, signora, loro sanno che sono a cena fuori, ma non mi hanno chiesto dove andavo” rispose Scorpius, con la sua sorprendente calma.
“Ti vergogni di mia figlia?” domandò mio padre, inarcando un sopracciglio.
“Papà…” intervenni io, sbuffando.
“No, non mi vergogno di lei. Mi vergogno della mia famiglia, e temo che le possano fare qualcosa” le parole di Scorpius mi fecero sorridere. Era così diverso dalla sua famiglia…
Ma evidentemente non fecero lo stesso effetto a mio padre. Si alzò in piedi, rosso in volto per la collera “Se solo accadrà qualcosa a mia figlia, se le verrà torto un capello da te o dalla tua famiglia, ti giuro… vi giuro, che non avrò pietà”.
“Non ce ne sarà bisogno, perché non le accadrà nulla”.

“Non ce ne sarà bisogno, perché non le accadrà nulla?”domandai un’ora dopo ridendo, quando eravamo soli nel giardino.
“Beh, Weasley, non potevo certo dirgli che la mia più grande aspirazione è quella di ucciderti, non trovi?” mi rispose lui, fingendosi serio. Per un momento ci cascai, ma vidi l’ombra di un sorriso sul suo volto.
“A dir la verità, Malfoy, credo che mio padre avrebbe preferito quelle parole. Ma hai visto la faccia che ha fatto? Lo hai shockato!” scoppiai in una sonora risata.
“Sì, in effetti non mi è sembrato molto contento della tua… scelta” disse lui, fingendosi pensieroso “Non è parso anche a te?”
“Mmh… probabile, sì” concordai io, divertita “Ma, sinceramente, non m’importa.”
Mi baciò, seppur per pochi istanti. Avevamo entrambi il terrore che mio padre spuntasse da un momento all’altro. Sarebbe stato troppo, per lui.
Era il 3 luglio 2022, Scorpius ed io eravamo fidanzati da più di sei mesi e da allora venne a cena quasi tutti i giorni.

∞ Erano così belli insieme.(8) E adesso che hanno una figlia, sono ancora più belli.
Aveva decisamente ragione Rose, sì. Scorpius non ha nulla a che fare con la sua famiglia, ma del resto questa è la vita.
Giro la pagina.

(1)James Fenimore Cooper, L’ultimo dei Mohicani, Milano, Garzanti, 2003
(2)Ogni data è stata da me calcolata e controllata con Wikipedia.
(3) La storia dei tre fratelli
(4)Da questo momento sarà Rose a narrare
(5)Harry Potter e i Doni della Morte, J.K. Rowling, Milano, Salani, 2008
(6)Non avendo informazioni su Scorpius se non riguardo l’aspetto fisico, l’ho descritto a modo mio
(7)Veleno d’Inchiostro, Cornelia Funke, Milano, Mondadori, 2006
(8)Torna a narrare Hermione.

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Capitolo 3
*** Angels Fall First ***


Angels Fall First

<< Com’è possibile >> disse il Leopardo
<< Che questo posto sia così esclusivamente buio
eppure tanto pieno di piccoli sprazzi di luce? >>(1).

Quando giro la pagina mi si stringe il cuore. Non mi aspettavo di vederli così all’improvviso, prima di foto del genere bisogna essere avvisati. Non riesco ancora a capacitarmi della loro… morte.
Remus e Tonks. E Teddy con loro.
Tonks rideva, felice. Quella risata che non potrò mai dimenticare, che risuona nella mia testa quando penso a lei e alla sua vita. I suoi capelli erano del solito rosa cicca, corti e disordinati. Gli occhi erano semichiusi per le risate e quello sinistro era semicoperto da una ciocca di capelli. Indossava vesti dai colori allegri, decisamente poco adatti a quel tempo di guerra, poco adatti alla recente morte del padre, poco adatti a quel che l’aspettava. Ma non c’è forse bisogno di allegria anche nei tempi più bui? Tonks, come tutti noi, passava un periodo orribile certo, ma aveva le sue stelle, Teddy e Remus. Tutti abbiamo una persona pronta ad aiutarci in ogni occasione, la nostra stella, sia essa un coniuge, un amico o un familiare. Questa persona ha la capacità di indicarci la via della luce, di aiutarci a scegliere ciò che è giusto per noi. Basta guardare dentro di noi, e possiamo star certi che la troveremo. Da soli siamo nullità, da soli non abbiamo poteri, da soli perderemo sempre, da soli non esistiamo. Perfino il più potente degli uomini ha bisogno di qualcuno al suo fianco. Con qualcuno al nostro fianco pronto ad aiutarci siamo come fenici: continuiamo a vivere, riusciamo ad alzarci se cadiamo, c’è sempre la luce dopo il buio. E quando ci saremo ricongiunti ai nostri defunti, quella persona racconterà la nostra storia, racconterà la storia dell’amico, del coniuge, del familiare scomparso lottando per creare un mondo migliore se non per tutti, per loro due.
Al suo fianco c’era Remus, i capelli ingrigiti prima del dovuto, un sorriso sul volto, gli occhi marroni risaltavano nel pallore del suo volto. Quasi sicuramente era vicina la Luna Piena. La Luna Piena, il suo enorme problema. Non era forse per colpa del suo essere mannaro che ha rinunciato a molte cose? Non era forse per colpa del suo essere mannaro che stava rinunciando a Tonks?
In braccio avevano Teddy, nato da poco meno di una settimana. Il terrore di Remus non aveva trovato riscontro nella realtà. Teddy non è mannaro, bensì metamorfomagus come la madre. Aveva pochi capelli, blu. Gli occhi invece erano marroni, come quelli del padre. Chi avrebbe mai potuto immaginare che il 2 Maggio 2008 quella famiglia sarebbe andata distrutta? Solo il pensiero che il 2 Maggio ricorre l’anniversario della morte di Remus, di Tonks, di Fred e… di tutti gli altri caduti mi sento male e ricomincio a piangere. Ma gli angeli non dormono mai, anche se sono i primi a morire. Gli angeli sono immortali, sono astri dormienti. Gli angeli sono indistruttibili, come si può distruggere un essere fatto di luce? Si può distruggere un corpo, ma non si potrà mai lacerare le ali dell’angelo luminoso. Si può uccidere la persona, ma non cancellarne il ricordo. Gli angeli sono indimenticabili, sebbene alla storia passano le loro azioni e i loro nomi, mentre i loro volti e il loro vero “io” sono destinati a passare in secondo piano. Ma no, loro non verranno mai dimenticati. Non si può dimenticare chi è morto per noi, chi è morto per darci una speranza, chi è morto per un mondo migliore che no, non esisteva ancora.

∞ << Oh, guardate chi arriva, l’orfanello >>
Sospirai, sapevo benissimo chi parlava. Howard. E’ incredibile quanto si possa essere crudeli ad otto anni. Provava gioia nel ricordarmi che ero orfano, che non avevo genitori ed era felice quando mi vedeva piangere. Se solo avesse saputo. Se solo avesse saputo che Remus Lupin e Ninfadora Tonks non erano semplicemente due tizi con un nome strano, ma due eroi. Due eroi che contribuirono a migliorare il loro mondo. I suoi genitori e sua sorella ricordano benissimo gli avvenimenti del 1997-1998.
Non frequentavo la scuola Babbana, non avrei retto intere mattinate a contatto con Howard, avrei sicuramente perso il controllo della mia magia. Sono sempre stato fin troppo paziente, solo lui riusciva a farmi perdere la calma. E tutti i miei amici sanno cosa succede quando perdo la calma: divento goffo, e non oso immaginare cosa avrei potuto combinare con i miei poteri durante i miei momenti di goffaggine.
Continuai a camminare per la strada dov’è la villa di mia nonna Andromeda e strinsi i pugni. Non sarei tornato indietro, anche se l’idea di altre battute sulla mia famiglia m’irritava. E anche volendo, non avrei potuto: casa mia era esattamente venti metri dopo il punto dove si erano fermati Howard e i suoi amici. Non volevo arrivare tardi a casa di Harry, quindi decisi di ignorarli.
Purtroppo non sempre le nostre decisione coincidono col destino e quando fui vicinissimo a loro, mi fermarono.
<< Ciao Howard, scusa, ma non ho tempo >> sbuffai, tentando di proseguire.
<< Oh, il piccolo orfanello con i capelli blu non ha tempo… sai che sei davvero strano? Così come quella tua nonna, completamente fuori di testa >> mi rispose lui, poi si voltò verso i suoi amici << Ma avete visto come si veste? Sembra impaglinata… >>
<< Impagliata >> lo corressi automaticamente << E comunque non è impagliata, e nemmeno strana! >>
<< E quella figlia? Capelli rosa, ma per favore. Per non parlare del papà di Teddy, mamma dice che sembrava uscito da una discarica per com’era vestito >> intervenne uno degli amici di Howard. Dovevo stare calmo, ma iniziavo a diventare rosso per la rabbia. Dovevo controllarmi.
Alle risate dei bambini provai voglia di picchiarli, ciò era strano, io ero un bambino mite.
<< Oppure quel signore coi capelli neri? Secondo me si crede una rockstar, avete visto i capelli? E quel taglio assurdo li in mezzo gli occhi? >>
Fu troppo. Non potevano insultare in quel modo anche Harry. Non avevano la minima idea di quanto la loro vita sia stata condizionata da Harry. << Tu non puoi parlare così del mio padrino. Tu non sai chi è lui >>
<< Un povero fallito? >> sghignazzò Howard << Come i tuoi genitori, del resto. Nessuno li ha mai visto lavorare, quei fal…>>
Lo colpii sul naso con un pugno con tutta la forza che avevo, ma era pur sempre troppo poca. I miei genitori dei falliti, Harry un fallito. Ansimavo di rabbia, stavo per perdere il controllo. Volevo fargli male, volevo vederlo sanguinare. Pensai ai miei genitori e mi vergognai di quella mia voglia. Loro non avrebbero mai voluto un figlio così.
<< Teddy! >> mia nonna mi chiamò dal giardino di casa. << Ted, vieni subito qui! >>
Perfetto, mia nonna aveva visto tutto, chissà cosa mi avrebbe fatto. Ma non ci pensai, mi allontanò dai Babbani prima che la parte irrazionale di me avesse la meglio su quella razionale. Ero rosso in volto per la rabbia e tremavo, i pugni ancora stretti.
Solo dopo esser arrivato davanti alla soglia di casa ed aver incrociato lo sguardo di mia nonna iniziai ad aver paura, chinai il capo. << N.. nonna, io posso spiegarti tutto… Loro ha… hanno insultato mamma e p…papà >> dissi iniziando a piangere.
Misteriosamente mia nonna cambiò espressione. Ora era arrabbiata con quei bambini, bestemmiava contro di loro come mai aveva fatto in vita sua.
Entrammo in casa e dopo qualche minuto di silenzio parlai. << Nonna? >> la chiamai.
<< Sì? >>
<< Mi parli ancora di mamma e papà? >>

Mezz’ora dopo avevamo avvisato Harry che saremmo rimasti a casa ed eravamo seduti in salotto. Mia nonna aveva preso delle vecchie fotografie, le fotografie che ormai conoscevo a memoria. Mia madre appena nata con nonna Andromeda e nonno Ted, mia madre ad Hogwarts, mia madre nell’Ordine della Fenice, il matrimonio dei miei genitori, foto varie dei miei genitori, innumerevoli foto che mi ritraevano con i miei genitori.
Mia madre era così bella, me ne sarei innamorato anche io. E da quel che dicono tutti, era goffa, allegra e terribilmente simpatica, come del resto diceva lo stesso nome, Ninfadora. Ninfadora non è certo un nome da persona triste e cupa. Avrei voluto conoscerla, l’avrei sicuramente adorata. Lavorava come Auror al Ministero, era la protetta di Malocchio Moody. Non l’ho mai conosciuto, è morto prima di mia madre, ma anche lui faceva parte dell’Ordine. Come mia madre, morì da eroe.
Mamma conobbe papà attraverso l’Ordine. Mio padre era amico di Sirius Black e James Potter, il padre di Harry. Era un licantropo ed era terrorizzato dall’idea di avermi passato la sua maledizione.
Nelle foto immediatamente precedenti alla sua morte indossava vestiti trasandati, capelli tendenti al grigio, gli occhi marroni, lo stesso colore originario dei miei occhi. Aveva un’aria ammalata, ma questo dipendeva dal suo essere licantropo.
Chi mai avrebbe immaginato che avrebbe frequentato Hogwarts? Albus Silente, quel che definiscono il miglior preside di Hogwarts, l’ha concesso.
Fu anche assunto come insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, ma si dimise alla fine del primo anno. Mi sarebbe piaciuto conoscere anche Silente, e Fred Weasley, e mio nonno e tanti altri, ma a quanto pare i migliori muoiono per primi.
<< Devi sapere >> mia nonna iniziò a parlare, ed io la fissai << Che tua madre s’innamorò subito di tuo padre. Il loro era un amore ricambiato, ma lui lo rinnegava, cercava di sopprimerlo. Lui era considerato un reietto dalla società, diceva che Dora avrebbe dovuto sposare un giovane sano e bello. Alla fine cedette e la sposò. >>
Iniziò a piangere, io l’abbracciai. Iniziai a piangere anche io, i miei genitori…
<< Il loro amore era fortissimo, ma non era destinato a durare. M… >> mia nonna si fermò, tremante << morirono insieme combattendo per costruire un mondo migliore dove il loro figlio avrebbe vissuto. Tu sei il frutto del loro fortissimo legame, Teddy, simbolo della morte dopo la vita. Nella morte c’è la vita, e nella vita c’è la morte. Tutti sono pronti a m… morire per proteggere i propri cari >> i suoi occhi si spostarono. Li seguii.
Fissammo una fotografia dov’era ritratta tutta, tutta, la nostra famiglia. I miei nonni erano seduti sul divano dove eravamo seduti ora io e mia nonna, mia madre era seduta sul bracciolo e aveva una mano sul ventre. Doveva aver appena scoperto di essere incinta. Mio padre le cingeva le spalle.
Mio nonno e mia madre sorridevano, lei più di tutti. Un sorriso luminoso che mi ha sempre incantato, mentre mio padre e mia nonna erano più seri.
Quella foto l’ho sempre con me, non la lascio mai, la foto della mia famiglia, la foto degli eroi.

∞ Teddy John Lupin ha in sé l’essenza di Remus e l’essenza di Tonks. Studioso e paziente come il padre, goffo e allegro come la madre.
Degno figlio di uno dei Malandrini, ha passato i suoi sette anni ad Hogwarts in punizione, erano rare le sere libere. Ma, nessuno sa come, non ha mai preso un voto negativo, mai. Ci sono solo tre persone che conoscono la risposta a questa domanda, ma non potranno mai rispondere.
Con un sospiro, giro la pagina.

(1) Kipling, Rudyard, Come fece il Leopardo ad avere le macchie, Storie proprio così, Milano, Mondadori, 2003

Ringrazio la mia padra, che come ogni volta ha il fegato di leggere tutto e di farmi notare cosa non va, grazie Chiara.
Ringrazio la Rowling per Remus e Tonks, due dei miei quindici personaggi preferiti di Harry Potter.
E ringrazio i Nightwish, la mia droga, per il titolo della fiction

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Capitolo 4
*** A new Dawn ***


A new dawn

Gli angeli, loro caddero per primi ma io sono ancora qui
Solo mentre loro si stanno avvicinando
In paradiso il mio capolavoro sarà finalmente cantato(1)

Victoire stringeva una bambolina al petto, non poteva avere più di sette anni. I capelli erano fissati sulla nuca con un fermaglio. Gli occhi azzurri erano semichiusi e fissava il basso, sul volto le labbra rosee erano aperte nel classico sorriso di chi aveva appena combinato qualcosa. Ha ereditato la bellezza da Fleur, sua madre, e l’allegria tipica dei Weasley dai Bill, suo padre.
La luce della luna si rifletteva sui suoi capelli, dando loro una sfumatura argentea. E’ sempre stata molto simile alla madre, anche se ormai il sangue Veela va pian piano scomparendo. Triste data è quella del suo compleanno, il due maggio. Le venne dato il nome Victoire proprio perché nacque il giorno del primo anniversario.
Indossava una maglietta azzurra con delle scritte in francese e un jeans chiaro, che la rendevano innocente agli occhi degli estranei. In realtà Victorie è forse la più pestifera della nuova generazione Weasley. Mai lasciarla da sola con James! Se da soli entrambi erano in grado di creare un disordine immane in cinque minuti potevi star certo che in coppia avrebbero distrutto tutto quel che capitava loro sotto mano.
Alla sua destra c’era Dominique, più piccola di lei di un anno. Fisicamente le assomiglia incredibilmente eccetto per il colore degli occhi. Se quelli di Victoire sono così chiari da sembrare quasi trasparenti, quelli di Dominique sono di un marrone scurissimo.
Se assomiglia moltissimo alla sorella fisicamente è completamente diversa caratterialmente. Di indole mite, non ha mai apprezzato il comportamento della sorella, ma non se n’è mai lamentata. Fino a dieci anni parlava solo per rispondere alle domande, sembrava chiusa in se stessa, ma la realtà che è che esprimeva, ed esprime tutt’ora, i suoi sentimenti con la sua arte.
Lei è un’artista. Fin da piccola dipingeva tutto quel che trovava: muri, carta, scatole, scarpe. E se non aveva i colori allora bagnava la terra fino a creare del fango. Non è importante il mezzo, diceva, ma è il modo. Se osservi i suoi quadri non puoi fare a meno di commuoverti. Riesci a percepire quel che Dominique voleva comunicare quasi ci fosse lei a sussurrartelo nell’orecchio o come se fosse scritto.
A undici anni tenne il suo primo concerto di pianoforte. Se suonata da lei ogni musica diventa viva, ogni nota produce immagini, ogni accordo produce emozioni, ogni pausa provoca ansia e curiosità, ogni fatidica ultima nota causa tristezza, anche se l’ultima di un Allegro. Ogni volta che finisce un brano resti confuso. Si è insieme felici o commossi per il brano appena ascoltato e tristi perché quelle note sono giunte al termine.
Effettivamente tutti i suoi silenzi sono stati colmati dalle sue note e dai suoi dipinti. Non c’è maniera più bella e più pura di esprimere le proprie sensazioni con l’arte. Magari non sarai capito da qualcuno, non verrai definito bravo, ma con l’arte non puoi mentire. C’è un solo significato: quello che vuoi esprimere. Può essere capito o meno, ma tu sai che è quello e che non si sfugge.
Se con le parole puoi mentire, puoi fingerti allegro, puoi tacere, con l’arte non puoi farlo. Non si è in grado di dipingere, scrivere o suonare qualcosa di allegro se non lo si è. L’arte è lo specchio dell’anima.
La prima impressione se si osserva Dominique è sempre negativa, spesso se affiancata da Victoire. La sorella, così allegra e spontanea, suscita subito la simpatia di tutti. Dominique, invece, fredda e riservata con gli estranei, viene definita apatica.
Alla sinistra di Victoire c’era invece Louis, il più piccolo dei tre fratelli Weasley.
Più scuro di carnagione delle sorelle, ha ereditato i capelli rossi dal padre e gli occhi blu dalla madre. Ha sempre voluto bene alla sua famiglia e per i suoi primi quindici anni di vita ha venerato Victoire. La sorella era il suo modello ideale di perfezione, simpatica, allegra, confusionaria, lo faceva sempre ridere. Provò ad imitarla, con scarsi risultati, rimanendo così timido ed impacciato. Fu Victoire la seconda della “nuova generazione” ad andare ad Hogwarts, e la prima Weasley che ci rimise piede dopo il due maggio 1998.

<< Vic, rentre immédiatement en la maison >> {Vic, ritorna subito a casa}
<< Oui maman >> (2) sospirai e mi alzai dalla sabbia su cui ero seduta. Con i piedi nudi e bagnati, come le gambe e il vestito, corsi verso casa, sporcandomi di sabbia, i capelli al vento. Aprii il cancello di Shell Cottage e sorrisi a mia madre, il solito sorriso colpevole che mostravo quando sapevo di aver fatto qualcosa.
<< Comme…? Comment as-tu osé …? Ta soeur... Les cadres de ta soeur ! >> {Come…? Come hai osato…? Tua sorella… i quadri di tua sorella!} urlò mia madre. Ecco, lo sapevo. Non era stata una buona idea rovesciare l’acqua sui nuovi dipinti di Domenique, ma era stato un piccolo incidente!
<< Maman, je ne l'ai pas fait exprès… è… è stato un incidente! >> mormorai io difendendomi in un misto di francese e inglese, mia maniera di dimostrare l’ansia.
Mia madre aprì la bocca per replicare, un’ombra di rabbia sul bellissimo volto. Dovevo difendermi, dovevo giocare sul suo punto debole << Aujourd'hui il est le dernier soir à la maison…>> {Oggi è l’ultima sera a casa}.
Era vero, il giorno dopo sarei partita per Hogwarts, il mio primo giorno ad Hogwarts.
<< E’ vero, ma petite… >> sospirò mia madre, il volto raddolcito.

Il giorno dopo arrivammo a King’s Cross alle dieci e mezza con Teddy e Andromeda. Lui avrebbe frequentato il secondo anno. A salutarci c’erano anche mio zio Harry e i suoi figli.

Attraversai la barriera tremante. Da quel che ricordo avevo sempre sognato di andare ad Hogwarts, ma ora che il sogno si stava per avverare avevo paura. Paura di non essere all’altezza. Avevo sentito tante cose di quel posto: dalla battaglia del due maggio alle scale che – non so perché – devo tenere d’occhio. Mio padre non mi ha mai voluto dire più di tanto, faceva solo allusioni con quel suo sorriso di chi la sa lunga. Non voleva rovinarmi il piacere di scoprire ogni giorno cose nuove, diceva. Ma intanto mio zio George mi aveva passato la lista dei passaggi segreti e altre cose, come ad esempio le istruzioni per arrivare in cucina.
> Alle undici meno un quarto dovevamo salire sul treno, ma io non volevo. Non volevo andare lì, volevo tornare a casa. Dominique era al mio fianco, silente. Mi fissava quasi mi stesse studiando.
> Louis invece mi tirava la maglia << Vic? Victoire? Non vai? Non vuoi andare? >>
<< No >> risposi, sorprendendo tutti. E sorprendendo anche me. Mi fissarono e perfino Domenique mi chiese il perché. Ci riflettei un po’ e poi risposi << Perché lì sono successe cose brutte alla mia famiglia >> chinai il capo, rossa di vergogna.
Calò il silenzio, e fu Teddy a romperlo << Vicky >> mi disse, avvicinandosi a me << Ad Hogwarts sono successo cose brutte a tutti ma pensare al passato non ne vale la pena. Pensi che forse tutti coloro che sono morti per permetterci di vivere bene, e perché no: di frequentare Hogwarts, siano contenti di questa tua scelta? Io non credo, loro non ci sono più, ma noi siamo ancora qui, grazie a loro. E’ una nuova alba, Vicky. Un nuovo giorno da vivere finché possiamo, prima che l’ultimo petalo cada(3). Andiamo? Vedrai che ti piacerà lì. >>
Annuii. Teddy mi stupiva ogni volta, aveva sempre delle parole che riuscivano a convincermi. Ed era l’unico ad andare davvero d’accordo con Dominique.
<< Au revoir >> salutai la mia famiglia, baciandoli su entrambe le guance.
<< Ciao Vic! >> mi salutò James, un po’ triste, e lo capivo: era il mio compagno di giochi.
<< Ciao peste >> lo salutai facendogli l’occhiolino << Ci vediamo a Natale! >>

(4) Teddy ed io ci sistemammo in uno scompartimento vuoto. Ancora non ci credevo: sarei andata ad Hogwarts. Per anni avevo sognato quel luogo, di correre fra la foresta e camminare a piedi nudi sull’erba. Teddy giurava di aver visto qualcosa spuntare dall’acqua del lago e questo non faceva che accrescere la mia curiosità. Fino al giorno prima sognavo quel che sarebbe stata la mia carriera ad Hogwarts, ingresso effettivo nel mondo della Magia.
I sedili di pelle e tessuto marroncino del vagone erano completamente puliti, così come lo scompartimento.
Guardavo fuori dal finestrino e vedevo foreste e paesi scorrere davanti ai miei occhi. Facevo di tutto pur di evitare la domanda “Cosa farò una volta ad Hogwarts?”
Verso mezzogiorno passò una vecchia sorridente che portava un carrello pieno di dolci << Desiderate qualcosa del carrello? >> domandò.
Sia Teddy che io avevamo fame e prendemmo un numero sconcertante di dolci, ma ero tremendamente tesa, non riuscivo a mangiare.
Teddy non parlava, probabilmente sapeva cosa stessi provando, probabilmente anche lui aveva reagito così. E’ sempre stato discreto, non domandava mai ma capiva gli amici al volo.
Decisi di rompere il silenzio << E così fra qualche ora arriveremo a scuola… >> sospirai.
<< Sì, verso sera >> annuì lui, sorridendo. Nonostante la sua indole a volte il silenzio lo imbarazzava.
<< E dimmi… zio George dice attraverseremo un lago ghiacciato a nuoto, è vero? >> domandai, la voce piena d’ansia. Amavo nuotare, amavo l’acqua ma… attraversare un intero lago! << Potremo usare la magia, no? Anche se non sappiamo fare nulla… >>
Ero disperata.
Teddy si morse il labbro e sorrise << Chi lo sa, può darsi… >>
<< E lo smistamento? E’ davvero così terribile e doloroso? >>
<< Lo smistamento? >> una figura femminile aprì la porta << Oh, signore! Mio padre dice che non è nulla di che, si deve in… >>
<< Si deve incendiare un albero con la magia! >> intervenne Teddy, incenerendo con lo sguardo la nuova arrivata.
<< Ma non capisco… Come può questa prova decidere in che casa capiteremo? >> domandai perplessa.
<< Capirai a tempo debito >> mi disse Teddy.
La nuova arrivata aveva capelli lunghi e castani, occhi azzurri e lineamenti affilati. I suoi tratti non erano certo delicati e le conferivano un aspetto troppo severo per la sua età. Aveva undici anni. Non era certo bella e al mio fianco sfigurava, proprio come tutte. In tutta la mia vita ho conosciuto solo una persona bella come me, Dominique. E solo due più belle di me: mia madre e mia nonna.
<< Io sono Zoe Anderson >> si presentò << Anche per voi è la prima volta ad Hogwarts? >> chiese. Lei era molto più tranquilla di me, sorrideva felice << Sapete, io discendo da una famiglia di maghi e sarebbe un grande onore capitare in Grifondoro, la casa dei Potter e dei Weasley. Ma ci pensate? Vi rendete conto che cammineremo sullo stesso pavimento su cui hanno camminato Harry Potter, Ronald Weasley ed Hermione Granger? Dicono che lei sia sempre stata bravissima a scuola… Mamma era sua compagna di casata, sapete? >>
Teddy ed io ci scambiammo uno sguardo. Io sorridevo per la prima volta, lui era più che altro annoiato, sicuramente aveva sentito queste cose più e più volte.
La ragazza non se ne accorse, continuò a parlare, lo sguardo perso nel vuoto e la voce adorante << E sapete che ad Hogwarts insegnò un lupo mannaro? Tale Remus Lupin, fu professore di mia madre al secondo anno. Cioè, deve essere stata una cosa curiosa, non trovate? Un lupo mannaro! Strano, ma anche pericoloso >>
Non sorridevo più, conoscevo la reazione di Teddy anche al solo nome dei genitori pronunciato da estranei. Lui incrociò le braccia e non mi guardò più.
<< Voi chi siete? Tu sei metamorfomagus, vero? >> ci chiese ora la ragazza, anche se era palese il suo disinteresse.
<< Teddy, Teddy Lupin >> rispose Teddy senza guardarla << E sì, sono metamorfomagus >>
<< Ed io sono Victoire Weasley >> mi presentai con un sorriso. Ero curiosa di conoscere la sua reazione.
<< Lu… Weas… >> la ragazza era confusa << Oh, bene. Posso sedermi? >> domandò indicando il posto accanto al mio. Io annuii e lei si sedette. Non ero certa di essere felice della sua compagnia ma una volta arrivata ad Hogwarts speravo di liberarmi di Zoe. E avevo ragione, l’intravedevo solo alle lezioni.
Volevamo restare in silenzio, ma la ragazza a quanto pareva si sentiva in dovere di parlare. << Tu non sei completamente umana, vero? Devi avere del sangue Veela, no? Mamma conobbe una ragazza con sangue Veela, mi pare che si chiamasse Flore, era di Beauxbatouns. A sentire mia madre era snob, antipatica e smorfiosa. Non la sopportava, così come tutte le sue amiche. Sposò un Weas… >> si morse la lingua, rendendosi conto che era sicuramente mia parente. << E’ tua parente vero? >> mi chiese abbassando lo sguardo << Voglio dire, è mia madre che lo pensa… io non lo so… non l’ho mai conosciuta… io… >>
<< Sì, è mia madre. Si chiama Fleur >> dissi io con un tono di voce secco. Teddy guardava ancora il paesaggio fuori dal finestrino silente e decisi di intraprendere la sua stessa attività. La mia speranza era che la ragazza se ne andasse. Speranza vana.
Quando ormai il sole era tramontato già da un bel po’ di tempo una voce risuonò per tutto il treno: << Tra cinque minuti arriveremo ad Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente. (5) >>Ci fermammo. Zoe scivolò fuori dallo scompartimento, Teddy ed io aspettammo un po’ per non trovarci nella confusione. Tremavo.
<< Andrà tutto bene >> mi sussurrò lui dandomi un bacio sulla guancia.
<< E se non fossi adatta? Se mi rispedissero a casa? >>
<< Ciò non è possibile Vicky. Tu sei una strega, hai potere, non potrai mai tornare indietro. Troverai il tuo posto ad Hogwarts: tutti lo trovano >>.

<< Primo anno! Primo anno da questa parte! >> la figura di Hagrid sovrastava tutti. Era impossibile confonderlo o perderlo di vista. Mi è sempre stato simpatico Hagrid. Teddy ed io ci avvicinammo << Tutto bene Teddy? Victoire? >>
<< Tutto bene grazie, Hagrid >> risposi io mostrando un sorriso nervoso. Mi separai dal mio amico e compagno di viaggio: io proseguii con Hagrid e lui si unì ai suoi amici.
<< Ti ci piacerà qui, vedrai >> mi diceva Hagrid. Aprivamo il corteo di studenti novizi e fummo i primi a scorgere Hogwarts. Rimasi senza fiato, nonostante avessi già visto precedentemente moltissime foto. Nulla può essere paragonato a quelle mie sensazioni, nessuna foto può ritrarre Hogwarts come la vidi la prima volta, avvolta nel buio della sera. Alla fine del sentiero vi era il famoso lago di Hogwarts. Mi bloccai. Dovevo veramente attraversarlo a nuoto?
<< Non più di quattro per battello! >> gridò Hagrid e solo allora mi accorsi di moltissime barchette. Tirai un sospiro di sollievo.
Capitai nella barca con tre ragazzi, non ci parlammo.
Ci arrampicammo su un lungo passaggio erboso nella roccia, io affiancavo sempre Hagrid sebbene a fatica. Il mezzogigante stringeva in mano una lampada che teneva in alto, in modo tale da illuminare il terreno.
Quando arrivammo ad una scalinata di pietra le mie gambe erano verdi per l’erba. Alla fine della scalinata ci trovammo di fronte ad un enorme, imponente portone di quercia.
Hagrid bussò tre volte.
Una strega alta, dai capelli grigi, con un volto molto severo e vestita di verde aprì il portone. Non avevo mai visto Minerva McGranitt così severa. Quando a volte veniva a cena da noi –o comunque ci ritrovavamo insieme- era sì severa, ma quando la vidi quasi non la riconobbi.
Camminammo sul pavimento di lastre e giungemmo davanti al portone della Sala Grande. Mi si strinse il cuore.
Alla destra del portone vi era un lastrone di pietra che copriva il muro per metà della sua altezza ma era comunque leggibile in tutto e per tutto.

We the people celebrate
all those people
that they perished
for us
during the Voldemort’s War.
We the people remember
all those people
that sacrificed themselves
for us.
We the people remember
all those people
that were ours
friends and relatives.
The time will not cancel
their memories
their hopes
their common dream
their silent tears
their devout souls.
The time will not cancel
what they left us
the life that gave to us.
And you, wayfarer, respect their memories
honour their name
remember who fought
for our freedom
or the greatest malediction
it comes down on you. (6)

La lapide procedeva con una lunghissima lista di nomi, i nomi di tutti i caduti della guerra di Voldemort secondo un ordine cronologico. Potter James, Potter Lily, Black Sirius, Silente Albus, Dobby the free House-elf, Moody Alastor, Tonks Ted, Lupin Remus, Lupin Ninfadora, Weasley Fred, Canon Colin, Piton Severus… Conoscevo tutti questi nomi, ma non vi erano solo nomi di membri dell’Ordine della Fenice o persone appartenenti alla comunità magica. C’erano anche i nomi di tutti i Babbani che, inconsapevolmente, sono morti durante la più grande guerra magica. E sotto tutti questi nomi vi era inciso:

Rest in peace.

Ab imo pectore
Absit inuria verbis
Hic est (7)

Sarei rimasta tutta la mia vita ad osservare quella lapide. Non ho mai conosciuto nessuna di quelle persone elencate ovviamente, ma sentivo comunque che stavo per piangere. Avevo sempre sentito parlare di loro, non c’era giorno in cui non si faceva riferimento a mio zio Fred.
La McGranitt parlava ma io non la ascoltavo, contemplavo quella lapide e mi destai solo quando il portone della Sala Grande si aprì.
Ora avevo davvero paura. Come avrei potuto incendiare quell’albero o compiere la prova che mi attendeva? Non sapevo nulla di magia, ero lì per imparare!
Entrai nella Sala Grande e mi guardai attorno in cerca del famoso albero. Non lo trovai, ovviamente. Rimasi sconcertata da tanta bellezza. La Sala era illuminata da tantissime candele sospese a mezz’aria e sembrava che non ci fosse soffitto: al suo posto c’era una perfetta riproduzione del cielo esterno. Quattro lunghissimi tavoli ed otto panche altrettanto lunghe percorrevano verticalmente la Sala e tutti gli studenti più grandi sedevano sulle panche divise per case. Scorsi immediatamente Teddy a Grifondoro. Impossibile non notarlo. Verso il fondo della sala vi era un tavolo posizionato orizzontalmente dove vi erano seduti tutti i professori, al centro il nuovo preside di Hogwarts, alla sua destra un posto vuoto.
Ogni tanto scorgevo dei fantasmi, velate luci argentee. Sorrisi, sì, non era poi così male. Ma come sarei stata smistata?
Guardai di fronte a me: la professoressa McGranitt posizionava uno sgabello a quattro gambe davanti al tavolo del professori, davanti a noi. Su di esso un capello vecchio e logoro, con la punta bruciata.
Il cappello si contrasse e uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca. Cantò. E alla fine tutti applaudirono. Ero tranquillizzata: dovevo solo indossare un cappello!

<< Anderson, Zoe >> chiamò la professoressa McGranitt. Finì a Tassorosso.
<< Boot, Hilary >>
<< CORVONERO >>
Altri cinque studenti finirono a Corvonero, il primo Serpeverde fu Friedman Livius, mentre il primo Grifondoro Hunt Will.
Man mano che ci si avvicinava alla fine dell’elenco la mia paura iniziava. E se fossi finita a Serpeverde? Come avrei osato dirlo a casa?
<< Weasley, Victoire >> mi chiamarono. Trattenendo il fiato avanzai. Mi sedetti tremante sullo sgabello e…
<< GRIFONDORO! >> urlò il Cappello Parlante dopo cinque secondi. Felice mi avviai al tavolo di Grifondoro e mi sedetti vicino a Teddy che mi sorrise << Bravissima Vicky! >> mi sussurrò.
Dopo il discorso del Preside i piatti si colmarono di pietanze. Mai avevo visto un tavolo così pieno di cibo, nemmeno alle cene natalizie organizzate da nonna Molly.

Dopo cena i prefetti scortarono noi primini alla Sala Comune di Grifondoro. Scoprii che le scale erano in grado di cambiare direzione a loro piacere e questo mi causò subito un piccolo inconveniente.
Ci fermammo davanti ad un quadro raffigurante una donna grassa, il prefetto pronunciò la parola d’ordine e il quadro si scostò rivelando la nostra Sala Comune.
Salii una scala a chiocciola e mi ritrovai nella mia stanza. Mi resi conto di quel che mi era capitato nelle ultime ore solo quando fui stesa nel mio letto in uno stato di dormiveglia.
Ero ad Hogwarts, ero Grifondoro, dormivo per la prima volta in quello che sarebbe stato il mio letto per sette anni. Il giorno dopo avrei iniziato a frequentare le lezioni, ad usare la magia. Avrei avuto dei nuovi amici, avrei giocato a Quidditch. Avrei riso, pianto, giocato, parlato, studiato. Sì, non era male, affatto. Tutti i miei terrori erano insensati, mi dissi, questa è Hogwarts. E’ sempre stata la casa di tutti, lo è e lo sarà. Teddy aveva ragione: chiunque trova il suo posto ad Hogwarts. Nonostante fossi arrivata ad Hogwarts da poco più di qualche ora e stessi condividendo la camera con delle perfette sconosciute mi sentivo a casa.
Le mie quattro compagne erano diversissime fra loro. Una aveva l’accento irlandese, capelli rossi e ricci, occhi neri e le guance completamente ricoperte da lentiggini.
Un’altra era di Londra, corti capelli biondi ed occhi azzurri, volto piuttosto grassoccio. Poi c’era una scozzese, abitava poco distante da Hogwarts, aveva capelli castani, occhi verdi e un colorito più pallido del normale. La ragazza che dormiva alla mia sinistra veniva da Brighton, aveva dei bellissimi capelli neri che parevano seta e glaciali occhi azzurri, si chiamava Lauren Adams e in seguito sarebbe diventata la mia migliore amica.
Fu lei la prima a parlare << Avete dei parenti ad Hogwarts? >> domandò.

Io, assonnata risposi di no, ma che avevo già un amico e che presto sarei stata raggiunta dai miei fratelli e dai miei cugini. Non parlai più, mi limitai ad ascoltare.
L’irlandese si chiamava Lilac Lewis era figlia di Babbani ed era figlia unica, viveva a Dublino con i suoi genitori e sua nonna. Era rimasta terrorizzata quando il preside si presentò a casa sua e la definì “strega”. Svenne quando le provò l’esistenza della magia.
La bionda si chiamava Rachelle Clark ed aveva un fratello al terzo anno di Grifondoro. Viveva nella periferia di Londra e temeva di non raggiungere mai il fratello, temeva di non aver ereditato i poteri dalla madre ma di essere Babbana come il padre.
Sheila McWilson, la scozzese, aveva un gran brutto caratteraccio, era nervosa, isterica ed antipatica. Non mi dispiace averla persa di vista.
Lauren invece si era dimostrata simpatica fin dal primo momento, allegra, solare, con un tono di voce piuttosto alto, sorrideva sempre. Facemmo amicizia molto velocemente, fu la mia compagna di malefatte ad Hogwarts ed addestrammo insieme James quando ci raggiunse. Inseparabili, ogni momento era buono per portare scompiglio e fare danni. Era figlia unica.

Ciao Vic, il venerdì pomeriggio sei libera, ti va di venire a prendere una tazza di tè con me?

P> Ovviamente accettai l’invito di Hagrid e il venerdì io, Teddy e Lauren ci presentammo alla capanna. Il sole era ancora caldo e la luce illuminava il giardino, sembrava di stare ancora a luglio. Hagrid ci accolse con tre enormi tazze di tè bollenti e dei biscotti che nessuno ebbe il coraggio di toccare. Teddy ed io avevamo già sperimentato abbastanza la cucina di Hagrid ed avvisammo Lauren di non toccare cibo se non voleva ritrovarsi senza qualche dente.
Parlammo a lungo di quella bellissima settimana. Il primo giorno io e la mia amica ci eravamo perse per le scale, ma grazie ai consigli di mio zio riuscimmo a ritrovare la strada.
Il secondo pomeriggio lo passammo nelle cucine a mangiare come mai avevamo fatto in vita nostra al posto di svolgere il tema di Trasfigurazione che facemmo la notte alle tre. Le lezioni erano piacevoli, nonostante non tutti gli insegnanti fossero gentili e cordiali. Ma era giusto così. L’unico fattore negativo erano i troppi compiti, ma forse era anche colpa nostra: già il secondo giorno non volevamo più studiare. Quando dissi questo a Teddy il mio amico rimase sconvolto e mi obbligo a stare china sui libri. Secchione.
Il terzo giorno riuscimmo a far esplodere il calderone di Pozioni sporcandoci tutte – e sporcando anche alcuni Serpeverde – di fumo e liquidi verdi. O meglio, era colpa di Lauren, aveva alzato troppo la fiamma del pentolone. E dire che stavamo preparando una pozione semplicissima. (“Non sono neanche in grado di respirare senza fare danni” fu il commento della McWilson.)
La materia più interessante era senza dubbio Difesa Contro le Arti Oscure. Quella materia mi ha sempre affascinata, probabilmente influenzata dai ricordi di famiglia. Ma le materie in cui riuscivo meglio erano Trasfigurazione ed Incantesimi.
Riuscii a far perdere la pazienza a Rf per le troppe domande. A sentire i discorsi in famiglia quasi nessuno seguiva con interesse Storia della Magia, ma io amavo quella materia. Non è forse magnifico sapere la propria storia? Amavo sentire tutte quelle battaglie, quelle guerre fra razze, leggere tutti gli statuti… Erano cose che mi facevano venire i brividi per il piacere.
Mi accorsi quanto stupida fui quel primo settembre a non voler andare ad Hogwarts, avrei perso una parte della mia vita, la parte più bella.

Hogwarts non è mai cambiata nel tempo. Affascina tutti, cattura il cuore delle persone, lascia un segno incancellabile nel cuore di tutti coloro che hanno studiato lì o che comunque anno avuto un motivo per passare un po’ di tempo nel castello.
Ripensai a Victoire, a tutto quello che trovò ad Hogwarts, al suo pianto la sera della vigilia del settimo anno. Non voleva lasciare Hogwarts, penso di farsi bocciare ogni anno, ma alla fine si convinse che tutto deve giungere al termine.
Giro la pagina, con un sorriso.

(1) End of all hope – Nightwish
(2) Ringrazio Paola e Vale per le correzioni del mio francese improvvisato.
(3) Love me before the last petal falls – The beauty and the beast – Nightwish
(4) E’ logico che tutto quello che segue è mia fantasia. Non ho abbastanza informazioni sulla nuova Hogwarts, tuttavia mi piace immaginarla così. In caso di ulteriori informazioni NON modificherò. Sono assenti alcuni nomi.
(5) Harry Potter e la Pietra Filosofale, pagina 108.
(6) Noi popolo celebriamo
tutti coloro
che sono periti
per noi
durante la Guerra di Voldemort.
Noi popolo ricordiamo
tutti coloro
che si sono sacrificati
per noi.
Noi popolo ricordiamo
tutti coloro
che furono nostri
amici e parenti.
Il tempo non cancellerà
le loro memorie
le loro speranze
il loro comune sogno
le loro lacrime silenziose
le loro anime pie.
Il tempo non cancellerà
ciò che ci hanno lasciato
la vita che ci hanno donato.
E tu, viandante, rispetta le loro memorie
onora i loro nomi
ricorda chi combatté
per la nostra libertà
o che la più grande della maledizione
scenda su di te.

(7) Raccolta di proverbi latini:
Dal più profondo del cuore
Non ci sia offesa nelle parole
Così è.

Ora che ho capito come lasciare un commento vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno lasciato una recensione *_* Grazie mille!
A Vale e Paola: grazie ancora *-*
A Nunki: Zoe al principio doveva essere figlia di Romilda Vane e McLaggen, ma poi ho cambiato idea °_° Guarda io sono CONVINTA che ci sia una scritta {migliore senza dubbio} nella nuova Hogwarts.

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Capitolo 5
*** Sunbeams ***


Sunbeams

I have to try to break free
from the thoughts in my mind.
Use the time that I have,
I can't say goodbye.(1)

Il sorriso con cui poco prima girai la pagina mi si gela.
Angelina aveva i capelli neri raccolti nelle solite treccine con cui la conobbi, le labbra rosse erano aperte in un sorriso, il flash della macchina fotografica brillava sulla sua pelle scura. Indossava una maglia rossa e dei jeans. Su di lei era seduta Roxanne. Aveva due anni allora, i capelli erano dello stesso colore di quelli della madre, gli occhi erano però marroni, la pelle scura. Sorrideva, in mano stringeva un peluche a forma di cavallo che sventolava davanti alla madre per la coda.
Al fianco di Angelina era seduto George, i capelli coprivano l’orecchio mancante. Sorrideva, benché il suo sorriso non fosse più quello di una volta. Sollevava in aria Fred, suo figlio di quattro anni. E’ incredibile come Fred assomigli al suo defunto zio. I capelli rossi, gli occhi marroni, l’allegria, il sorriso, la risata.
Quale estraneo potrebbe immaginare che dietro quel sorriso di George si celassero tante di quelle lacrime mai sgorgate dal suo cuore e tante ferite troppo profonde per rimarginarsi?
George non si è mai ripreso – e mai si riprenderà, credo – dalla morte del suo gemello. E’ comprensibile. La morte di Fred ci ha lasciato un vuoto incolmabile ed ogni accenno alla sua persona faceva del male a tutti.
George cadde in depressione per parecchio tempo e se ne è parzialmente uscito è solo merito di Angelina.
Ancora oggi, a volte, si volta alla sua destra chiedendo “Non è così Fred?” ed ogni volta ricorda che purtroppo Fred non è più in grado di assentire. Si ricorda che “Fred e George” non ci sono più fisicamente, adesso c’è solo “George Weasley, proprietario dei Tiri Vispi Weasley”.
Soffre. Soffre ogni volta che vede una sua foto, che lo sente nominare, che si guarda allo specchio. I primi tempi tentava il suicidio tre volte a settimana ed una volta quasi riuscì a raggiungere il fratello.
Poi arrivò Angelina. Era la migliore amica dei gemelli, capiva cosa provava George. Chiese un mese di ferie al lavoro, fu anche licenziata ma non le importava. Voleva solo stare vicino a George in quel periodo. Fece –e fa tutt’ora – di tutto per fargli dimenticare momentaneamente la morte del fratello.
Tuttavia quando il sonno s’impossessava di George non poteva fare nulla. George rivede il momento in cui scoprì la morte del fratello, sente la sua anima lacerarsi nuovamente, sente la rabbia ribollirgli dentro, la sete di vendetta, la disperazione. “E’ giusto vivere così –si chiedeva- senza mio fratello? E’ giusto vivere ancora mentre lui non c’è più? Non sarebbe meglio rinunciare a quei pochi piaceri che la vita può ancora darmi per raggiungere mio fratello? Ha forse un senso la mia esistenza qui senza di lui?”

<< Ron, io torno a casa, occupati del negozio >> dissi a nostro fratello. Non sarei riuscito a reggere un’altra ora nel negozio. Il nostro negozio, Fred. Adesso Ron mi aiuta con gli affari, ma non è lontanamente alla tua altezza, tu sei insostituibile.
Troppe tue foto, troppe nostre foto, articoli sul nostro negozio, tutto questo fa male, sai?
Percorsi in fretta la strada che mi portava a casa, volevo vedere i miei figli, la mia famiglia, i miei raggi di sole. Erano loro ad illuminarmi la via, a mostrami che c’è luce anche fra le tenebre.
Vidi il mio riflesso in una vetrina e mi fermai. Avevo trentasette anni e nello specchiarmi vidi te. Non vidi lo sguardo vacuo di un trentasettenne, ma il sorriso di un ragazzo di vent’anni morto troppo presto.
Il giorno dopo era la vigilia di Natale, il diciassettesimo dalla tua morte. Ti ricordi i nostri Natali ad Hogwarts? Quelli erano bei tempi, quella era vita.
Quando arrivai a casa osservai a lungo Fred, mio figlio. Ti assomiglia, e tanto. Non hai idea di quanto soffra al solo tuo ricordo. Mi fa male il pensiero di sapere che tu non tornerai più, mentre io sono ancora qui, vivo. Una vita con molti bassi e pochi alti, ma vivo.
Non voglio pensare a cosa sarebbe la mia vita se tu fossi ancora qui. Oh, Fred. Non mi riconosco più, ho davvero condiviso vent’anni della mia vita con te? Ero davvero allegro e confusionario come dicono? Mi riesce difficile crederci, eppure deve essere stato così, non può essere stato solo un bel sogno.
Mio figlio mi parlava della sua giornata, della lite che ha avuto con sua sorella, dei dispetti che le ha fatto. Dopo un po’ mi accorsi che lo guardavo senza ascoltarlo, osservavo i suoi movimenti, i suoi gesti, il suo sorriso quando sentì l’odore della torta che sua madre gli stava preparando.
Ti ricordi quante volte facemmo sparire le torte che nostra madre preparava? Ti ricordi che ci inseguiva col matterello ma alla fine non ci faceva mai nulla? Ricordi l’odore degli alberi intorno a casa, i nostri giochi, le nostre trasfigurazioni sui giocattoli di Ron?
Ricordi le nostre corse e i nostri giochi nella foresta? E la serra di Erbologia, la ricordi? Rubammo una pianta che poi ci esplose in mano e ci riempì di pustole per una settimana, dandoci così ispirazione per una delle nostre Merendine Marinare.
Tutto questo è così lontano e irraggiungibile, sfiora il limite fra la realtà e il sogno. Se la mia vita fosse un sogno, sarebbe il più brutto di tutti. Odo le nostre risate nella mia testa, nel mio cuore nuove ferite vengono aperte.

La sera della vigilia arrivammo alla Tana alle sette. Fred ed io indossavamo dei cappelli babbani, rossi con un pon pon bianchi all’estremità.
Eravamo in ritardo, come ogni anno. Harry e Ginny, invece, erano arrivati quella mattina. Ti ricordi quell’indimenticabile San Valentino musicale che Ginny diede ad Harry quando il professore di Difesa era Allock? Ti ricordi tutte le risate che ci siamo fatti?
James era seduto per terra in un angolino, aveva la stessa età di Roxanne ma era mille volte più esagitato, tanto da fornire spunti a Victoire per i suoi dispetti. Albus, invece, sarebbe nato tre mesi dopo quel Natale. Probabilmente stava combinando qualche altro danno.
E ti ricordi quante volte prendemmo in giro Ron durante il suo sesto anno dicendogli che alla fine si sarebbe sposato con quella ragazza che lo odiava? Alla fine le nostre previsioni si sono rivelate esatte, potrei pensare di diventare insegnante di Divinazione, anche se credo che chiunque lo capii, ma questi sono dettagli. Alla faccia di chi lo credeva un perdente. Dovevi sentire gli strilli di Rose, aveva solo quattro mesi ma già allora era dotata di una bella voce.
Fleur, la cara vecchia Flebo, era in cucina con nostra madre, l’aiutava. Incredibilmente da quando Bill ebbe quell’incidente non hanno litigato più di tanto. Era così piacevole alzarsi la mattina e guardare quelle due litigare quel qualsiasi cosa, l’espressioni che nostra madre faceva ad ogni lamentela di Fleur erano semplicemente fantastiche. Dominique era seduta vicino al tavolo e disegnava senza però impegnarsi troppo. Victoire e Louis invece facevano la corte al cibo. Giravano intorno al tavolo affamati, tentando inutilmente di prendere qualcosa da mangiare. Ma nostra madre no, combatteva contro di loro brandendo forchetta e cucchiaio e minacciava i nipoti, senza però mai toccarli. Alla fine però cedette, le nonne dicono sempre di sì, specialmente se si chiama Molly Weasley.
E poi c’era Percy. Perce… le ultime parole che sentisti furono le sue. La tua ultima risata fu scatenata da una sua battuta, lui fu l’ultimo a starti accanto in vita e il primo ad aver pianto per te. Lui ti vide combattere, ti vide morire, ti udì ridere, udì il tuo cadere, piegato da una forza superiore, ti vide inchinarti al destino e dare la mano alla mietitrice di vite.
La lacrima che solcò la sua guancia fu la prima a cadere per te, la lacrima più mesta che abbia mai rigato la sua guancia. Urlò quando tu ancora ridevi, quando ti veniva offerta la possibilità di tornare indietro. Ma tu non sei tornato, hai voluto proseguire, scoprire il mondo che condiziona la vita umana e che affascina le menti.
Era lì, appoggiato al muro, volto contrito, occhi bassi, vestiti marroni e grigi. Al suo fianco c’era Audrey, sua moglie. Carina, sì, capelli castani, occhi castani, altezza e peso nella media, nulla di significante. Ma è spettacolare imitarla: ha un accento strascicato e gesticola tantissimo –quasi quanto gli italiani, ricordi quando imitammo quella ragazza alla Coppa del Mondo? Audrey gesticola quasi come lei. Lucy e Molly, le figlie di Perce, erano sedute su due sedia, composte, Fred ed io scoppiammo a ridere: rigide com’erano sembravano parte integrante della sedia.
Eravamo tutti lì, anche tu. Sulla mensola del camino vi era una lunghissima fila di nostre fotografie. Appena nato, ad un anno, la prima volta a mare, con zia Muriel –ricordi che le macchiasti tutto il vestito nuovo con l’inchiostro a quattro anni?-, ad un matrimonio di qualche cugino, il nostro primo anno ad Hogwarts, con i nostri orrendi maglio fatti a mano, al matrimonio di Bill, al lavoro, con l’Ordine…
Ci sedemmo a tavola, al mio fianco c’era un posto apparentemente vuoto ma che in realtà era occupato. Sì, occupato da ricordi. Era il posto che occupavi sempre tu, la sedia su cui da piccolo hai inciso “Fred e George”, per questo nostra madre ci inseguì per tutta la casa urlando, il matterello nella mano destra e la sinistra stretta in un pugno. Ovviamente non ci volle prendere. Nostra madre servì la prima portata.
<< A Fred >> brindai.
<< A Fred >> mi fecero eco.

<< A Fred… >> mormoro. Ogni anno brindiamo a lui. Né George né chiunque altro ha mai aggiunto altre parole, non ce n’è bisogno. Non c’è bisogno di raccontare la sua vita, la sua allegria, il suo sorriso, la sua bellezza anche. Una sola parola racchiude tutto questo, e quella è Fred, il suo nome.
Giro la pagina.

(1) Pale – Within Temptation.

Kokky: Grazie mille! Mi fa sempre piacere vedere che gli sforzi di una settimana non sono completamente vani. Oh, sì, i Weasley, adoro quella famiglia!!

BambolinaROssa: Grazie mille anche a te! Posso capire la tua crisi di piano, il settimo libro di Harry Potter - il mi preferito - mi ha fatto piangere dal secondo capitolo fino alla fine, e Fred e George erano anche due dei miei quindici personaggi preferiti {in vita ne sono rimasti solo cinque}.

Nunki: Grazie Nun *_* Guarda, io ho pianto come una cretina mentre scrivevo, non credo che riuscirò mai a superare ç_ç E pensare che ad agosto, proprio oggi ed ora, inziavo il libro ignorando ogni cosa... Comunque no, ho riletto e non ho ritrovato quello che hai detto. Ho scritto che erano passati diciassette anni dalla morte di Fred, ma non dell'anniversario °-° Anche perché il due maggio è ben lontano °-°

Elly692: Grazie mille *___* Mmh, sì, forse è anche la mia one shot preferita per ora xD

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Ebbene sì, siamo giunti alla fine. Perché non ho parlato dei figli di Luna, di Scorpius, di Neville e su tutti gli altri personaggi? Perché questa raccolta è dedicata alla famiglia Weasley, degli altri personaggi avrò modo di scrivere nelle prossime settimane, nei prossimi mesi. Allora perché ho parlato di Teddy, mi son domandata e sicuramente vi chiederete anche voi. Per dirlo in termini semplici credo che Teddy sia quasi stato “adottato” dai Weasley {o meglio, dai Potter} tanto da entrare nella famiglia. E non è forse il ragazzo di Victoire? Detto ciò, pubblico ora l’epilogo della storia, la mia prima Fan Fiction conclusa. Tonerò, spero, ma questa volta con una originale.

Epilogo

Inside my heart is breaking
My make-up may be flaking
But my smile still stays on. (1)


Scoppio a ridere. Luna storceva le labbra e il naso, faceva la linguaccia alla macchina fotografica, sventolava orecchini a forma di ravanello. Non aveva più di quindici anni, i capelli biondi sciolti sulle spalle, gli occhi vacui le davano un’aria assente. In un’altra ballava un valzer con Ginny per i corridoi di Hogwarts, i mantelli delle divise svolazzanti, i capelli biondi di una e rossi dell’altra s’intrecciavano, la bionda rideva col capo reclinato all’indietro mentre la rossa era letteralmente piegata in due.
In un’altra eravamo più grandi, sulla ventina d’anni. Eravamo a Londra, lo intuisco dal Tamigi che faceva da sfondo. Ginny era appoggiata allo schienale di una panchina scrostato e pieno di scritte, compresa una color blu elettrico che recitava “Here were Herm, Ginny and Luna, the most beauty and clever girls in the world, yeah”. Indossava un giubbotto di pelle di drago nera, come i pantaloni. Il braccio destro al petto, la mano sinistra abbassava di poco gli occhiali da sole, in testa un cappello scuro. Cercava inutilmente di trattenere una risata e di assumere un’aria seria ma non ci riuscì.
Io ero seduta sulla panchina, davo le spalle a Ginny ma il mio capo era piegato all’indietro verso l’obbiettivo, sul volto una finta espressione arrogante.
Luna era appoggiata all’albero che dava ombra alla panchina. Era vestita completamente di lilla, sulla maglia vi erano dei piccoli fiorellini blu, ai piedi dei sandali bianchi e dalla tasca del pantalone spuntava una strana piantina. Al collo portava la sua solita collana di tappi di Burrobirra, dietro l’orecchio il pennarello color blu elettrico, sulle guance delle spirali del medesimo colore, le braccia a penzoloni lungo i fianchi. Aria assente, ovviamente.
I bordi della fotografia sono scritti con inchiostro rosso, riconosco la grafia di Luna. Cerco di dare un senso a tutti quei simboli che sembrano formare parole tipo “Gnè, gnah, wah”. Percorro i bordi, osservo i disegni, tento di decifrare quei versi. Alla fine mi è tutto chiaro. Sul bordo inferiore della foto c’è scritto “Incantesimo di nonna Petronella per scacciare i Gorgosprizzi, perché davvero Herm, ne hai bisogno”.
Un’altra foto ritrae me, Ron, Harry e Ginny a mare. Noi due ragazze eravamo in acqua e giocavamo con una palla azzurra che quasi sicuramente era stregata, i due ragazzi erano sulla spiaggia.
Giro la pagina, rimango delusa dal sapere che non ci sono più foto. Dopo un po’ di tempo chiudo il quadernetto e lo rimetto nella scatola. Mi alzo e torno in salotto. Non faccio in tempo a sedermi che suona il campanello, vado ad aprire ed ecco Rose con mia nipote. Dai loro vestiti e dai loro capelli completamente bagnati capisco che non ha ancora finito di piovere.
Rose entra come un tornado in casa, si toglie il giubbotto e lo butta vicino al camino << Ciao mamma, hai trovato il cappellino di Katie? Dice di averlo dimenticato qui, se n’è accorta quando ormai eravamo tornate a casa e stava piovendo troppo forte e…>> continua a parlare, ma io non l’ascolto. La osservo togliere il cappotto, il capello e la sciarpa a Katrina e asciugarle i capelli con un asciugamano.
<< Allora, mamma, hai trovato il cappello? >> mi domanda nuovamente Rose, distogliendomi dai miei pensieri.
Le rispondo di sì e ritorno in soffitta per riprenderlo. E pensare che solo mezz’ora prima avevo rivisto le sue foto da bambina, l’avevo rivista bambina, l’avevo immaginata di nuovo fra le mie braccia, avevo ricordato i pianti che seguivano un incubo oppure le speranze e le volontà per il giorno dopo. Ora invece è seduta sul mio divano, i capelli castani bagnati, la bambina in braccio, molto più grande e madre. Madre, la mia Rosie.
Sento qualcosa picchiare alla finestra, mi volto e vedo un gufo marroncino. Apro la finestra e prendo la lettera. E’ di Luna. Luna, una delle mie due più grandi amiche, una delle poche persone che frequento ancora dopo la fine della Guerra. Luna Lovegood, la quattordicenne definita dai più pazza visionaria ma in realtà dotata di un formidabile intelletto e sempre onesta, compagna di vita. Apro la lettera, mi invita –come ogni settimana- a cena da lei e come sempre accetto. Sorrido, ripensando a tutte le avventure che abbiamo vissuto insieme, agli orrori che abbiamo sopportato, alle nostre risate prive di senso. Le lacrime, i sorrisi, le risate, la gioia… è rimasto tutto immutato, nonostante tutto questo tempo.
The show must go on.

(1) The show must go on – Queen
Si ringrazia quella santa di Chiara, la mia padrah, che mi ha sempre sopportato e ha sempre letto tutti i capitoli in anteprima.

Kokò: uh, sei tu allora ** Grazie mille ** In teoria ho in progetto una one shot su i figli di Luna, che credo scriverò dopo una piccolissima originale, il tempo di tornare dalla Grecia e mi metto al lavoro. Non potevo non scrivere di Luna, io l'adoro, mi assomiglia terribilmente. Grazie!

Dew: Grazie anche a te *__* Probabilmente mi ammazzerai, ma uno dei miei intenti era far piangere un probabile lettore °° Grazie, grazie!

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