Serve the Servants

di Gyll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Burning Truth ***
Capitolo 3: *** In the blind zone ***
Capitolo 4: *** Dê ao Diabo o que é dele ***
Capitolo 5: *** White desert ***
Capitolo 6: *** Chicken Korma ***
Capitolo 7: *** Bright orange ***
Capitolo 8: *** Limbo ***
Capitolo 9: *** Mermaids singing each to each ***
Capitolo 10: *** Pulling Pigtails ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




© Copertina creata da Riot_girl




 L'acqua continuava a scendere a secchiate sotto il cielo plumbeo della Georgia. Non era l'unico a continuare a camminare sotto la tempesta tropicale; aveva imparato che almeno una volta al giorno per circa dieci minuti il cielo svuotava mezzo oceano sulla terraferma nel periodo estivo. Quel giorno aveva deciso di svuotare anche l'altra metà.
Entrò in un locale dove una serie di persone si stavano riparando dal temporale davanti alla porta, ben decisi a non avvicinarsi al bancone semi vuoto.
 Si sedette arruffandosi i capelli incollati alla fronte, cercando di far cadere un po' di acqua, e subito la cameriera arrivò, sporgendosi sul bancone davanti a lui.
 "Ciao, tesoro." Disse la ragazza con un accento del sud che si intonava perfettamente ai capelli biondissimi freschi di parrucchiere, e occhi azzurri e denti bianchi che spiccavano sulla pelle completamente marrone. Sembrava vernice, più che un'abbronzatura. "Che cosa ti porto?" Sfoderò la dentatura bianchissima che faceva sembrare il colore della sua pelle ancora più finto.
 Con un cenno del mento indicò l'omone tarchiato che stava asciugando dei bicchieri con uno strofinaccio. "Vorrei parlare con quello." Il sorriso della ragazza si curvò lentamente verso il basso, come una bambina che ha appena scoperto di non ricevere regali a Natale. Andò dall'uomo e gli parlò con la faccia di una che annunciava che qualcuno aveva vomitato in bagno.
 Un brivido percorse la pelle dell'uomo come un'onda, letteralmente, come se la sua pelle fosse ricoperta da squame invisibili che si alzarono e si riabbassarono tornando invisibili... All'occhio umano. O meglio, mondano. Quando il Nascosto puntò lo sguardo su di lui, le sue pupille si dilatarono, finchè l'intero occhio non assunse una tonalità turchese. Sebastian gli sorrise con malizia negli occhi, facendo ritrarre le pupille del Nascosto.
 "Che cosa ci fa nel mio locale il figlio di Valentine?" Chiese tirando fuori da sotto il bancone un bicchiere e una vecchia bottiglia di Whisky.
 Se non puoi uccidere il nemico, fallo ubriacare pensò Sebastian.
 "Dici bene," disse mandando già un sorso incandescente. " 'Figlio di Valentine', non 'Valentine' "
 "Stesso sangue nelle vene" Disse il Nascosto scrutando i capelli bianchi e bagnati. Quando parlava la sua voce faceva tanti piccoli schiocchi, come un delfino. Era raro trovare una creatura del mare asciutta e stabilita sulla terraferma.
 "Vengo in pace." Disse Sebastian alzando le mani davanti a sè. "Che cosa sai della Sword & Cross?" La pelle squamata del Nascosto ebbe un nuovo fremito e quello bastò a confermare le teorie di Sebastian.
"Non so nulla." Disse distogliendo lo sguardo e rivolgendo la sua attenzione ai bicchieri. "Ma si dice che sia un buco cieco."
"Un buco cieco per cosa?"
Il Nascosto aprì la bocca, ma la richiuse esitante. Le sue pupille si dilatarono nuovamente, ma questa volta si fissarono oltre la sua testa, le squame in preda a una serie di brividi. E poi anche Sebastian lo percepì. Sentiva l'ondata di potere come il calore di un fuoco sulla schiena. Non ebbe nemmeno bisogno di girarsi per sentire l'individuo che si era appena seduto accanto a lui al bancone.
"Ti stavo cercando." Disse Sebastian senza alzare gli occhi dal bicchiere.
"E io ti stavo evitando, figlio di Valentine, come anche tutti quelli della tua specie." Disse il demone accendendosi una sigaretta. Lanciò un'occhiata al Nascosto, che subito distolse lo sguardo e tornò ad asciugare i bicchieri.
"Ed è cambiato qualcosa ora?"
Cam incurvò leggermente in su un angolo della bocca prima di fare un tiro.
"Forse."

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Capitolo 2
*** Burning Truth ***


 "CHE DIAVOLO TI E' SALTATO IN TESTA, PEZZO D'IDIOTA CHE NON SEI ALTRO???" Urlò Arriane saltando sul letto di Cam con gli anfibi. Quale miglior risveglio di domenica mattina se non una passeggiata sulla tua schiena con sscarponi che pesano più della proprietaria? Cam poteva elencarne una serie, a cominciare dall'incenerimento della proprietaria degli anfibi.
 "Buongiorno anche a te." Cam si rigirò nel letto abbracciando il cuscino e facendo cadere Arriane da sopra la sua schiena.
Era più o meno metà Luglio di una deprimente estate alla Sword & Cross e Arriane aveva deciso sostituire Randy nel compito di "sveglia umana". 

 Arriane strappò brutalmente il cuscino da sotto la testa di Cam e lui dal suo sonno. "Non ci pensare nemmeno! Non finché non mi avrai detto che cosa succede fra te e il figlio di Valentine! Perchè interagisci con i Cacciatori???" La voce di Arriane sembrava amplificata dieci volte quando urlava alle sei del mattino.
 Cam si girò sulla schiena mettendosi un braccio davanti agli occhi per ripararsi dalla luce. "Lo dici come se me lo fossi scopato, Arriane. Biancaneve non è il mio tipo. E nemmeno del sesso giusto. E adesso levati e fammi dormire." Prima che Cam potesse girarsi sul fianco e ignorare Arriane tornando a dormire, lei lo afferrò per i capelli e contemporaneamente la mano di Cam strinse i capelli di Arriane sopra all'attaccatura della fronte. Ultimamente quella era diventata una posa familiare: afferrarsi a vicenda in modo doloroso e fissarsi in cagnesco sull'orlo di una rissa finchè Santo Roland non veniva a dividerli. 
 "Finitela voi due." Puntualmente arrivò Roland con la faccia di un padre che ha perso la speranza con i propri figli, chiudendo la porta senza far rumore. "Subito. Aprite le mani entrambi. Senza strappare capelli nel processo." Si sedette sopra alla scrivania scuotendo la testa. "Cam, lo sai che non dobbiamo interferire con i Cacciatori, specialmente tu con il figlio di Valentine." Roland lo fissò negli occhi così intensamente che sembrava che stesse cercando di scavare un buco attraverso gli occhi di Cam.
 "Cosa?" Chiese Arriane spostando lo sguardo da Cam a Roland ignara di ciò che stavano pensando i due demoni. "Che succede fra te e il figlio di Valentine?" 
 La domanda di Arriane diede una scusa a Cam per interrompere i lavori di scavo di Roland. "Nulla che ti riguardi, angioletto. E adesso esci, non vorrai mica vedermi nudo." Disse Cam scalciando via il lenzuolo non-più-così-bianco ricoperto di impronte di scarpe e alzandosi dal letto in mutande. 
 "CHE COSA NON MI STATE DICENDO???" Urlò Arriane dimenandosi fra le braccia di Roland, mentre la chiudeva fuori dalla porta. Quando pensarono che avrebbe distrutto la porta a colpi di scarponi, decise di arrendersi con una sorta di ruggito frustrato. Calò il silenzio fra i due e il peso dello sguardo di Roland stava diventando insostenibile senza una distrazione che lo interrompesse. "Anche tu Roland. Esci."
 "Dimmi solo che mi sto sbagliando. Dimmi che non c'entra." Gli occhi neri di Roland lo tennero ancora inchiodato sul posto.
 Cam spostò lo sguardo scuotendo la testa e alzando le spalle. "Non so di che parli, Roland." Disse andando in bagno ad accendere l'acqua della doccia.
 "Sai che non ti è permesso. Sei già in una posizione abbastanza compromessa, non peggiorare le cose." La porta si chiuse dietro le spalle di Roland, lasciando Cam solo con il battito del suo cuore che rimbombava forte nelle sue orecchie e l'acqua che scorreva. 
 Cam entrò nella doccia, appoggiò le braccia contro le mattonelle incrostate di calcare e chiuse gli occhi appoggiando la fronte alle braccia. Davanti agli occhi continuava a vedere flash rossi accessi. Non riusciva a tenere gli occhi chiusi.
 Perchè Roland doveva sempre avere stramaledettamente ragione?

 

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Capitolo 3
*** In the blind zone ***


 "Spiegami un'altra volta perché stiamo trattando con lui. Continua a sfuggirmi il motivo." Disse Jace sistemandosi Nakir nella cintura. Come se Nakir servisse a qualcosa contro un angelo caduto. 
 Uccidere angeli caduti non era come uccidere demoni. Solo armi forgiate dal cielo o dagli inferi potevano uccidere la loro razza, e tali segreti erano stati custoditi gelosamente e non erano stati tramandati agli Shadowhunters. Forse Raziel aveva paura che un giorno i Cacciatori si potessero ribellare al cielo, oltre che agli inferi.
 "Perchè ci insegna a fare gli angeli nella sabbia." Sbuffò Sebastian. "E adesso cammina." 
 Si fermarono davanti a degli imponenti cancelli in ferro battuto arrugginito con una spada e una croce ricoperti di muschio in cima e una telecamera che non poteva vederli a lato. All'interno del perimetro Sebastian vide edifici da caserma sul punto di crollare; non proprio come si immaginava un rifugio di angeli caduti. Jace tirò fuori lo Stilo e cominciò a tracciare una runa di apertura sulla serratura.
 "Non so tu, ma io mi aspettavo qualcosa di un po' più... integro." Disse Jace grattando via la ruggine dalla punta dello Stilo. La runa si dissolse, ma non successe nulla. Jace guardò la serratura come se gli avesse appena sputato in faccia. Sebastian fece per parlare, ma Jace alzò una mano per fermarlo. "Io so fare le rune di apertura! Funzionano sempre!" Tracciò un'altra runa e questa di nuovo si dissolse, lasciando il cancello chiuso.
 "Non sei tu il problema." Disse Sebastian togliendosi la giacca e lanciandola abbastanza in alto da farla passare dall'altra parte del cancello. "Ora sappiamo che siamo nel posto giusto." Afferrò una delle sbarre e mise il piede sulla serratura per vedere se avrebbe retto il peso. Era incredibilmente solida per quanto arrugginita. Dalla serratura con un salto riuscì a mettere l'altro piede in cima al muro evitando il filo spinato.
 "Non sapevo che fossi così bravo a fare le spaccate. Hai fatto danza classica?" Disse Jace ghignando prima di venire incenerito con lo sguardo da Sebastian.
 "Chiudi quella fottuta bocca e dammi una spinta."
 Jace intrecciò le dita e, quando Sebastian mise il piede sulle sue mani, diede lo slancio per far salire Sebastian sul muro. Sebastian dovette salire sul bordo del cancello in mezzo alle punte ferrate per evitare il filo spinato. Atterrò rotolando agilmente dopo il salto di tre metri e si girò verso Jace, che con un salto solo era arrivato in cima. "Spaccone." Disse rialzandosi e infilandosi la giacca.
 Camminarono lungo il perimetro del muro, evitando gli edifici come gli era stato detto da Cam. Lentamente lo spiazzo erboso lasciò posto al cimitero. La differenza di paesaggio era minima; l'erba era sempre alta e il terreno melmoso, ma cominciarono a punteggiare il prato lapidi più o meno imponenti.
 "Sicuro che non ci siano zombie da queste parti?" Commentò Jace guardando il vasto cimitero assumere una forma a conca. Al centro svettava un mausoleo che avrebbe dato i brividi perfino ad un Incubo. Mentre camminavano un' ombra solida sfrecciò sopra le loro teste, lasciando una scia di aria ghiacciata e che puzzava di muffa, diretta verso il mausoleo. 
 "No, stanno in Louisiana. Andiamo."
 Mentre raggiungevano il mausoleo, inciampando sulle lapidi e finendo nelle sabbie mobili, incontrarono altre ombre solide. Alcune si dirigevano verso il centro del cimitero, altre volteggiavano tranquille. Non avevano una presenza demoniaca, ma il buon senso diceva a Sebastian di tenere giù le mani dalla macchia nera che galleggiava davanti a lui.
 "Siete più rumorosi di due mucche con i campanacci al collo." Disse Cam comparso all'improvviso seduto sulla lapide a forma di croce. O forse semplicemente era sempre stato lì, perfettamente mimetizzato nel contesto. Due ombre solide volteggiavano sopra la sua testa emettendo un ronzio. 
 Jace continuava a fissare Cam scettico. "Sicuro di essere un angelo? Mi aspettavo un po' più... più."
 L'angolo della bocca di Cam guizzò all'insù in un mezzo sorriso sornione. Delle mani affiorarono dal terreno afferrarono Jace per le caviglie, e prima che questo potesse gridare "ZOMBIE" e invocare Nakir, le mani lo rovesciarono a terra e si dissolsero in fumo nero. L'unico rumore era il ronzio delle ombre solide. 
 "Perchè un angelo caduto decide di smettere di snobbare noi Shadowhunters dopo secoli di asocialità?" Chiese Jace rialzandosi da terra.
 "Interessi comuni, Riccioli d'oro." Disse Cam saltando giù dalla lapide. "Sono un Demone della Cerchia. E' così difficile da credere che detesti con tutto me stesso i Cacciatori in tutina nera di Raziel?" 
 "Tu sei un angelo caduto, dalla parte dei demoni." Disse Jace indicandolo con la punta di Nakir.
 Cam alzò il mento fissando Jace pensieroso, indeciso se incenerirlo subito o più tardi pensò Sebastian. "Già. Vedo che ti piace proprio ricordarmelo con il tuo giocattolino, ma adesso dobbiamo andarcene da qui."
 "Le rune non funzionano per aprire portali qui."
 Cam lo guardò come un bambino senza speranze. "Certo che no. Sei in un punto cieco." Prima che Jace potesse aprire bocca alzò il palmo della mano e una delle due ombre solide vi si posò sopra. Era fumosa, ma al tempo stesso malleabile, tanto che Cam la allungò fino a farle assumere le dimensioni in una persona. No, di una porta. 
Girò una maniglia immaginaria e la porta/ombra si aprì, facendo uscire una ventata di aria ghiacciata che puzzava di muffa e grotte umide. Lui entrò nel buio, e a Jace e Sebastian non restò che seguirlo. 
 
 

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Capitolo 4
*** Dê ao Diabo o que é dele ***


Uscirono dall'ombra nera che era già giorno. Eppure gli sembravano passati una manciata secondi lì dentro a seguire la figura fumosa del demone. "Quanto tempo è passato?" 
"Pochi secondi." Disse Cam levandosi la giacca ed infilandosi un paio di occhiali da sole rossi.
Era l'alba e stavano camminando su una spiaggia bianca. Non era proprio deserta: c'era un po' di gente che dormiva, chi completamente svaccato sulla sabbia come se fosse caduto in coma profondo, chi raggomitolato, chi in preda a conati di vomito dopo un'evidente sbronza... 
 "Rio." Disse Jace respirando l'aria di mare dopo la puzza di fango e muffa di poco prima. "Siamo a Rio." 
Sebastian seguì lo sguardo di Jace puntato verso l'interno e vide in lontananza l'inquietante Cristo Redentor che torreggiava sul Corcovado. "Tu dov'eri all'epoca di Cristo?" Chiese guardando Cam. Era ovvio che lui fosse sulla terra, ma Sebastian aveva sempre diffidato della storia scritta sui libri, angelica e non.
 "Ricordo a stento quello che ho fatto settimana scorsa." Disse avvicinandosi ad uno degli svaccati sulla sabbia e tirandogli qualche calcio per svegliarlo. "E la realtà del passato non è per voi del presente." Riuscì finalmente a svegliare uno dei ragazzi sbronzi con un ghigno, scoprendo i suoi denti bianchi e brillanti. Era un sorriso minaccioso come quello dei vampiri.
 "A questo si è fottuta qualche rotella all'impatto della caduta." Borbottò Jace. 
 Cam scambiò due parole in portoghese con il ragazzino sdraiato a terra, e più Sebastian lo fissava, più si rendeva conto che non era un semplice ragazzino. La sua pelle non solo era dello stesso colore della sabbia bagnata, era composta da tanti piccoli granelli compattati insieme. Era un Nascosto, ma di una razza che non aveva mai incontrato. Quando quei due finirono di chiacchierare in portoghese, il ragazzo si fuse con la sabbia sotto di lui, lasciando una macchia più scura a segnare il suo passaggio.
 "Quello era—"
 "Un figlio della terra." Disse Cam. "Io ho fame. Andiamo?"
 
 
 "Ancora fanno festa?" Chiese Jace mentre passavano davanti ad un locale da cui usciva musica brasiliana e risate. 
 "Siamo a Rio, stiamo passando dal 'ancora fanno festa' al 'già fanno festa'." Disse Cam con l'aria di una guida turistica professionista.
 Avevano superato la zona benestante da un po' e il cambio di paesaggio mentre camminavano nella favela era molto evidente.Tutti gli edifici erano rettangolari e ammassati uno addosso all'altro, quasi tutti con le facciate in mattoni e nessuno più alto di tre piani a differenza dei grattacieli della città. I Cacciatori seguivano il demone attraverso un intrico di stradine che si arrampicavano su per la collina, chiedendosi se almeno Cam sapesse dove stavano andando.
 Entrarono in un piccolo caffè che sembrava leggermente più curato rispetto agli altri edifici. Una donna di mezza età, con i capelli ricci che uscivano in ciocche ribelli da sotto la banana che le legava i capelli, molto robusta e  dalla pelle ambrata stava pulendo per terra. Sebastian e Jace rimasero sbalorditi quando Cam andò ad abbracciarla. "Bom dia, Izabela!" 
 Lei mollò la scopa e ricambiò l'abbraccio con affetto. "Pequeno! Eu senti tanto sua falta!" 
 "Eu tambèm, Izabela." Si girarono entrambi verso Sebastian e Jace sulla porta. "Estes são... meus companheiros. Café da manhã para três, por favor." La donna mise subito via la scopa e corse in cucina evidentemente contenta di aver appena rivisto Cam. 
 Un angelo caduto. Un angelo caduto nella Cerchia di Lucifero. Adoratrice del diavolo?
Cam si accomodò su una sedia di plastica al tavolo davanti la finestra e guardò fuori i ragazzini che correvano in giro urlando cose incomprensibili alle orecchie di Sebastian. La sua posa, coì rilassata e casuale, suggeriva più ad una vacanza non programmata più che una "riunione di lavoro". Jace lo fissò come se fosse sbarcato da Marte. Mentre si sedevano ad un tavolo Sebastian sentiva che Jace avrebbe presto fatto la seconda battutaccia in una notte che avrebbe fatto arrabbiare il demone — era del tutto certo che Jace se la sarebbe presto vista brutta. E invece non fu così. "Adesso voi due la finite di fare gli amiconi cattivoni e cominciate a spiegarmi che cosa succede." 
 "A voi mortali manca completamente la pazienza." Sbuffò Cam tamburellando le dita sul tavolo. "Che cosa non ti ha raccontato il tuo amico?"
 "Perchè ci stai aiutando?"
 Cam puntò i suoi occhi verdi fuori dalla finestra, su un altro edificio più malridotto rispetto agli altri. "Sai che gli Shadowhunters sono i Cacciatori di Raziel—"
 "Certo che lo so." Disse impaziente Jace prima di venire fulminato da Cam.
 "E sapete anche che siete l'unico motivo per cui là su ancora non scoppia qualche rivolta? Raziel non è benvoluto nemmeno in paradiso, figurati negli inferi. L'unico motivo per cui qualcuno non lo ha spodestato, cacciato, ucciso o fatto cadere ancora è che i suoi cacciatori evitano che gli inferi prendano il controllo della terra; quindi, voi pseudo Nephilim Cacciatori tornate utili al paradiso. Ora prova ad immaginare quanto l'odio per Raziel e gli Shadowhunters sia profondo negli inferi." 
 Izabela arrivò con un vassoio carico di cibo e tre tazze di caffè fumante dall'aroma molto forte. "Bolo de fuba calda com manteiga, queso fresco, manga e três cafés com leite. Me ligue se precisar de alguma coisa" Disse in portoghese. Sebastian non conosceva la lingua, ma percepiva la nota affettuosa e premurosa di una madre. Jace invece si era fiondato sulla torta di mais versandoci sopra il burro fuso, e Cam lo seguì a ruota dopo aver sorriso a Izabela, un sorriso del tutto di verso da quello precedente.
 " 'Pseudo Nephilim Cacciatori' ?" Chiese Jace con la bocca piena di torta.
 "Non siete veri Nephilim; non nel vero senso della parola." Disse Cam fra un pezzo di torta e l'altro. "I Nephilim sono il frutto dell'unione degli angeli caduti con le donne umane. Voi avete bevuto del sangue angelico da una tazza—"
 "Coppa."
 "Stessa cosa— loro lo sono per nascita. In ogni caso, fin dalla creazione del primo cacciatore in tutina nera è stato deciso di non mescolare le due razze, i Nephilim e i Nephilim di Raziel." Disse Cam infilandosi in bocca l'ultimo pezzo di torta. Jace sembrava troppo concentrato sul queso per aver veramente registrato quello che Cam aveva appena spiegato. "E io sono favorevole a questa legge."
 "Selezioni spesso le leggi che ti piacciono da seguire in un qualche codice?" chiese Sebastian con fare annoiato mentre aggiungeva il latte al caffè.
 "Intendi quando cambio paese, quando cambio epoca o quando cambio dimensione? In ogni caso la risposta è sì."
 "Sono come noi? Gli altri Nephilim?" Chiese Jace.
 "Non esattamente." Cam mise giù la tazza di caffè. "Non vanno in giro vesstiti da direttori di pompe funebri."

  "Sei vestito anche tu interamente di nero." Disse Sebastian da sopra la sua tazza di caffè. L'aroma straordinario era valso il viaggio nel tunnel della puzza.

  "E' la mia uniforme da detenuto."

  "Il tuo carceriere è ancora vivo?" 

  "Il mio carceriere senza sesso e senza età morde il culo alla morte." Disse Cam prendendo l'ultimo pezzo di torta. "Non sarò di certo io a uccidere Randy l'immortale."

  Jace lo fissò per un attimo, pensando alla risposta di Cam. "Era... metaforico?" 

  "Sapete, mi sembrate due bambini curiosi e stupidi che tartassano l'insegnante." Sorriso vampiresco ancora una volta.

 
 



 "Dove stiamo andando ora?" Chiese Jace. Quando erano usciti dal caffè, Cam aveva lasciato sul tavolo una mazzetta di banconote che aveva tirato fuori dal nulla e uscirono prima che arrivasse la donna a pulire. "E perchè siamo venuti qui?"
 "Perchè mi piace la colazione Brasiliana, ovviamente."  Stavano tornando verso la spiaggia e la zona benestante. "E ora tocca a voi con le vostre bacchette magiche. Stiamo andando nell'unico posto non rintracciabile: il vostro nascondiglio di supercattivi."

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Capitolo 5
*** White desert ***




Sebastian continuava a camminare senza sapere dove fosse o dove stesse andando.

 Intorno a lui c'era il nulla più totale, un deserto bianco dal terreno dello stesso colore del cielo senza sole. I piedi gli sanguinavano ma non lasciavano tracce al suo passaggio; camminava sanguinando, eppure non aveva un corpo; camminava sanguinando eppure sapeva che non poteva fermarsi, che doveva continuare a camminare.
 Continuò a camminare per un tempo indefinito, senza un sole che scandisse il tempo. L'unica cosa su cui poteva basarsi era il numero di passi che aveva compiuto, ma non essendo evidente nemmeno la distanza percorsa dubitava perfino di aver fatto tutti quei passi.
 Continuava a camminare nel deserto bianco chiedendosi se fosse lì veramente.
 
 Io sono morto.
 
 Sebastian continuava a camminare nel nulla sanguinando.

                                                

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Capitolo 6
*** Chicken Korma ***


 Cam si lasciò cadere sul divano incrociando i piedi sul tavolino. Sembrava così dannatamente umano con una spaventosa aura di innaturale perfezione. Alto, magro, pallido, sembrava una via di mezzo fra un emo ed un punk uscito da un club degli anni ’80. Intrecciò le dita dietro alla testa e socchiuse gli occhi, ma anche da sotto le ciglia lunghe scrutava attento Jace. Gli ricordava Church quando teneva d'occhio uno scocciatore in una stanza prima di morderlo.

 "Perché continuiamo a spostarci?"

 Erano passati due giorni da quando l'angelo caduto si era 'unito' a Jace e Sebastian, due giorni da un mezzo discorso poco chiaro su angeli, demoni, Nephilim e cacciatori. Erano due giorni che Jace dormiva con un coltello sotto al cuscino. Erano due giorni che moriva dalla voglia di prendere a pugni Cam. Compariva, scompariva e non diceva nulla a nessuno. 

 "Perché alcuni cercano voi e altri cercano me. Qui possiamo stare tranquilli per ora."

 "E perché saremmo al sicuro qui?" Chiese Jace. Si sentiva un idiota a stare in piedi in mezzo al soggiorno, ma non aveva assolutamente intenzione di sedersi sul divano di fronte al demone. Non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, ma Cam gli metteva i brividi. La sensazione era quella di un cubetto di ghiaccio nelle mutande; decisamente sgradevole. 

 In più Cam non smetteva di scrutarlo come un felino incazzato.

 "Gli unici posti in cui siamo al sicuro sono i punti ciechi e i varchi interdimensionali. Il penitenziario è un punto cieco, questo è un varco interdimensionale." Scandì le ultime frasi come se stesse spiegando ad un bambino che due caramelle più due caramelle facevano quattro caramelle; o come pensò Jace, come uno stronzo che ti prende per ritardato. 

 "Adesso sì che è tutto più chiaro." Borbottò Jace dirigendosi verso la sua stanza. Era strano come ormai considerava quel posto 'la sua camera' nonostante fosse lì da pochi giorni. Sentiva più sua la stanza di quell'appartamento che quella dell'istituto; e la cosa incredibile era che ciò non lo turbava affatto.

 "Non ci possono trovare perché le forze angeliche indirette non funzionano nei punti ciechi. L'esempio sono le vostre rune e le vostre spade. Non funzionano: le lame sono semplici lame e le rune sono disegnini stupidi. E qui... bé, qui siamo ovunque e da nessuna parte, Jace." Il suo nome sulla bocca di Cam suonava sbagliato.  "Non puoi trovare qualcuno che è ovunque e da nessuna parte."

 "Dicono la stessa cosa di Dio." 

 "Dicono la stessa cosa del diavolo."

 "Pensare di essere come Dio era più allettante." 

 "Io ho fame." Disse Cam alzandosi dal divano e dirigendosi verso la cucina, mettendo così fine al battibecco. 

 Jace lo seguì e si sedette sul bancone mentre Cam apriva il frigo. "Comincio a pensare che tu venga qui solo per mangiare." Nemmeno dormire. Seb gli aveva offerto la camera degli ospiti (e Jace si domandava per quali ospiti doveva essere stata pensata quella stanza in un appartamento che cambiava continuamente posizione), ma non ci aveva mai messo piede. La controprova erano le sue occhiaie scurissime che risaltavano ancora di più sul pallore della sua pelle. 

 "Di che ti lamenti? Tu non fai altro che mangiare quello che cucino." Tirò fuori una confezione di petto di pollo e afferrò un grosso coltello, cominciando a sfilettare la carne con fare esperto.

 "Chiamalo scemo..." Disse Sebastian entrando in cucina con i capelli spettinati dal sonno e gli occhi gonfi. "Hai solo avuto qualche decina di secoli di esperienza." Sembrava più stanco i quando era andato a letto. Si sedette su uno degli sgabelli strofinandosi la faccia, e dopo aver fissato Cam alle prese con il pollo chiese: "Perché fai pollo a colazione?" 

 "Qui dentro evidentemente ognuno ha un orario sballato. Per me è pranzo." 

 "Per te tutti i pasti sono pranzo dato che non dormi mai." Considerò Jace. "Gli angeli caduti non dormono?"

 Una delle ombre appiccicose e fredde che ronzavano sempre intorno a Cam sfiorò la nuca di Jace, che rabbrividì al contatto, non tanto per il freddo quanto per  la sensazione di viscidume che gli colava per la schiena. "Ma cosa sono quegli affari? Sembra bava di ghoul."

 Cam accese il fuoco sotto la padella senza usare nemmeno usare il gas. "Sono Annunziatori: portali, sfere di cristallo, vecchi filmini in video cassetta, eccetera. Roba che non devi toccare." Mise l'olio nella padella e lanciò uno strofinaccio a Sebastian mezzo addormentato sul bancone. "Biancaneve, vai a metterti una maglietta che il tuo pallore è accecante quasi quanto quello dei vampiri sbrilluccicosi di Twilight."

 I due Nephilim lo guardarono con lo sguardo confuso e annebbiato. "Sarebbe un clan di vampiri festaioli?"

 "Dimenticavo che voi Shadowhunters vivete sotto delle rocce."

 Alcuni ingredienti come le spezie comparvero dal nulla nella dispensa o semplicemente in mano a Cam. Dopo che li usava in qualche modo finivano rovesciati in giro sul bancone o per terra e altrettanto velocemente con un gesto della mano del demone sparivano nel nulla. 

 "Che donna delle pulizie diligente." Commentò Jace mescolando il pollo al curry e yogurt con aria molto dubbiosa. "Non é che stai tentando di avvelenarci?"

 "Sarebbe una morte troppo buona per te." Disse Cam abbassando la fiamma. Si appoggiò al bancone con i gomiti e cominciò a giocherellare con una delle ombre appiccicose che ronzava. Era così preso da quell'affare che Jace pensò che stesse parlando con lui. 

 "Piani per oggi?" Chiese Sebastian distogliendo l'attenzione di Cam.

 "Io devo andare a caccia della rossa più stronza dell'Ovest, e  no, non potete venire." Disse precedendo il grugnito di Jace. "Ricordi una delle poche leggi che seguo riguardanti i Nephilim? Avrò già i miei problemi senza voi due." Tirò uno schiaffo alla mano di Jace, il quale stava intingendo un dito nella salsa. "E poi voi due avrete già il vostro da fare con quella stronza della corte di Seelie, parlando di rosse stronze."

"Allora é vero che esci solo con rosse stronze..." Commentò distrattamente Sebastian scacciando un'ombra solida con il cucchiaino del caffé. Jace si ripromise di tenere quel tipo il più lontano possibile da Clary, e non appena si rese conto del pensiero che aveva formulato sentì una fitta al petto. 

 Da quando lui e Sebstian erano scappati dal tetto dell'edificio aveva cercato di evitare il più possibile di pensare a Clary, ma in qualche modo era sempre lì in agguato nella sua mente, pronta per metterlo al tappeto invadendo i suoi pensieri. Ogni notte il desiderio di uscire e andare da lei lo faceva rigirare nel letto, ma ogni notte rimaneva in quel letto. Frustrante non cominciava nemmeno a descrivere qulla situazione. 

 "Rosse stronze e albini malvagi." Disse Cam spegnendo la fiamma. "E mettiti una maglietta. Vorrei digerire il pasto prima di partire."

"Io chiuderei a chiave la porta stanotte, se fossi in te." Commentò Jace in un finto bisbiglio.

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Capitolo 7
*** Bright orange ***


  Un profumo di pini marittimi e sole sulla sabbia sostituì  l'odore di marcio e zolfo dell'Annunziatore. Mancava poco al tramonto e dalla pineta sulla collina sopra alla spiaggia il rumore dell'incredibile folla era attutito dalle cicale. Cam poteva quasi dimenticare tutte le case costruite ai limiti della sabbia, affacciate al mare, sulle colline, fra gli alberi... ovunque si girasse, delle case deturpavano il paesaggio, e il peggio era ai suoi piedi sulla spiaggia. Nonostante il sole stesse per calare la spiaggia era riempita di gente, talmente tanta che per camminare le persone dovevano seguire un percorso più intricato di un labirinto. Poteva quasi dimenticare tutte quelle case e ricordare le spiagge della Sardegna per come erano un tempo.        Quasi.
  Scese giù per il sentiero e si tolse la maglietta nera e abbandonò le scarpe per confondersi meglio nella folla della spiaggia.
  Come se fosse possibile. Con la luce arancione del tramonto la sua pelle sembrava ancora più pallida e metallica.
  Infondo non doveva passare completamente inosservato. 

 

  Jasmine lanciò nel gommone la sua borsa da spiaggia. "Aaahiiia." Mugolò Dawn seduta a terra nello scafo. Lanciò la borsa di tela a prua e si risistemò il cappello di paglia in testa sbuffando. "Non c'era bisogno di lanciarmela addosso."
  Certe volte a Jasmine veniva voglia di strangolarla, e quello era uno di quei momenti. Dawn era diventata di un color gambero in poco tempo e aveva sulla interrotto i flirt serali delle ragazze in spiaggia costringendo tutte a tornare sullo yacht di Regin, gentile concessione del papino che vomitava soldi per il loro viaggio di post diploma. La crociera nel Mediterraneo sullo yacht privato era l'unico motivo per cui Regin rivolgeva ancora la parola a suo padre. 
  Jasmine si sentiva un po' in colpa, ma era segretamente contenta di questi litigi fra padre e figlia. Le conseguenze erano sempre viaggi gratis in posti mozzafiato per lei e le sue amiche.
  "Certo che c'era bisogno." Borbottò Regin aiutando Jasmine a spingere il gommone in mare. 
  Cominciò a tirare la corda di avviamento e assestò una gomitata ad una delle ragazze dietro di lei. Dopo tre tentativi, una gomitata e un taglio sulla mano, passò la palla a Jasmine. Nonostante possedesse barche e motoscafi a non finire, Gin non era in grado di far partire il motore di un gommone. 
   "Serve aiuto?" Quando sentirono una voce melliflua rivolgersi a loro in inglese, e non in italiano, tutte e cinque le ragazze si girarono verso il ragazzo con l'acqua alla vita e i capelli neri. Lo stomaco di Jasmine si attorcigliò in una mossa acrobatica strana come succedeva ogni volta che vedeva Cameron Briel. Tutte le ragazze cambiarono improvvisamente postura sul gommone, schiena dritta e petto in fuori. Jasmine fu ancora più contenta di aver indossato il costume rosso rivestito di pizzo bianco.
  Prima che qualunque di loro riuscisse ad aprire bocca, Cameron Briel si issò sul gommone (Jasmine fece del suo meglio per cercare di non fissarlo in modo troppo evidente mentre fletteva i bicipiti e i muscoli dorsali). Nonostante indossasse dei jeans neri, quando salì non sgocciolò acqua in tutto lo scafo. L'acqua evaporava prima che toccasse il fondo del gommone. 
  "Buonasera, ragazze." Disse sorridendo. Le interiora di Jasmine divennero di gomma e tutto ciò che usciva dalla sua bocca era più simile ad uno squittio che un saluto. La consolò sentire che anche le altre ragazze ebbero reazioni simili. 
  "Cameron Briel!" Squittì Dawn. "Ciao! Che ci fai qui?!" Jasmine si tirò uno schiaffo in fronte mentalmente.
  Briel la fissò per un attimo che a Jasmine parve interminabile. Sapeva quello che vedeva; era ciò che da mesi vedevano Francesca e Steven quando la guardavano in classe, ciò che vedevano Shelby e Miles, ciò che tutta la Shoreline vedeva in Dawn da quell'autunno: Lucinda Price. Agli occhi di Jasmine, Dawn era ancora Dawn, ma anche lei non poteva negare di aver pensato a Luce guardando Dawn qualche volta. In realtà non era necessaria la somiglianza fisica di Dawn con Lucinda Price per pensare al mito di Luce e Daniel. Alla Shoreline non si era parlato d'altro per mesi, il grande amore eterno di Luce e Daniel finalmente trovava una conclusione. Il gran finale atteso da tanto. Un po' era triste - per lei Luce e Daniel erano ciò che per gli umani erano Romeo e Giulietta, solo molto più ardente. Letteralmente.
  Jasmine avrebbe dato qualunque cosa per essere fissata così intensamente dagli occhi smeraldo di Cam.
  Finalmente spostò lo sguardo e sorrise. "Quale buon demone lascerebbe cinque belle ragazze su un gommone che non parte senza dare una mano?" Chiese prendendo il posto di Gin accanto al motore, di fronte a Jasmine. Lo fissò mentre svitava il tappo del serbatoio di benzina, e una scintilla gli illuminò gli occhi. Fu solo un attimo, ma il cervello di Jasmine non era in grado di formulare pensieri coerenti. Non si accorse nemmeno che il motore stava rombando e che Cam la stava fissando a sua volta con un sorriso malizioso sulle labbra. Si ricordò troppo tardi di distolgiere lo sguardo.
  "Allora, dove vi porto?" Chiese guardando le altre ragazze. La domanda implicava che lui sarebbe venuto con loro. Lo stomaco di Jasmine cominciò a fare una serie di capriole.
  "La baia dietro a quella collina. Sulla barca." Disse Lilith senza una minima flessione nella voce. Jasmine sospettava che fosse lesbica. Cam non era evidentemente dello stesso parere. O forse era dello stesso parere e non gli interessava. Se lo sguardo che aveva rivolto a Dawn le sembrava intenso, questo sembrava che potesse scavare nel corpo di Lilith fino alla sua anima; e Lilith lo sostenne senza battere ciglio. 
  Cam distolse lo sguardo e annuì, il suo mezzo sorriso di nuovo sulla sua bocca. "Agli ordini capitano."

 
  Cam fischiò piano. "Credevo avessi detto barca, non palazzo galleggiante. Tuo?" Chiese a Lilith. 
  "Mio." Rispose Gin saltando sulla passerella e legando la cima del gommone. Cam la seguì subito dopo aver spento il motore e aiutò le ragazze a scendere. Non era veramente necessario, ma ogni occasione per toccare Cameron Briel meritava di essere sfruttata. Se Jasmine era in iperventilazione prima,rischiò un infarto quando Cam la prese per la vita come se fosse poco più pesante di un cuscino.
  Fu come salire di nuovo per la prima volta sullo yacht di Gin. Tutte le ragazze erano di nuovo in preda alla stessa euforia, saltellando in giro sui vari piani dello yacht, convincendosi che avrebbero passato un mese lì sopra visitando i luoghi più belli del Mediterraneo. Regin aveva aperto il mini bar e avevo dato mostra del suo talento. Non era stata soprannominata 'Gin' per nulla, dopotutto.
  L'unica differenza era la causa scatenante dell'euforia. Cam.
  Kora era appesa al suo bicipite sinistro, Dawn a quello destro. Entrambe avevano un sorriso stampato sul volto che cominciava da un orecchio e finiva all'altro. 
  "Che ne dici di un drink, Cameron Briel?" Urlò Gin dal piano di sopra. Jasmine salì le scale di corsa per non perdersi le sue magie. C'era qualcosa di ipnotico nel guardarla far volteggiare le bottiglie intorno alle sue mani. Sembra che non fossero soggette alla forza di gravità, ali invisibili sui colli delle bottiglie. 
  "Non rifiuterei per nulla al mondo." Disse da dietro la testa di Jasmine. La sua voce, improvvisamente dietro di lei, la fece saltare in aria. Nonostante il suo insegnante fosse un demone, non era abituata ai loro poteri. Dawn e Kora corsero su per le scale per raggiungere il demone scomparso improvvisamente dai loro tentacoli. Un briciolo di soddisfazione sfiorò la sua mente.
  Gin fece afferrò un'altra bottiglia per il collo e la fece volteggiare in un modo che sembrava impossibile per le sue mani piccole. Le tornò in mente la prima volta che le mostrò questo suo talento quando le ragazze andarono a casa sua a quindici anni. Mio padre contava le bottiglie del mini bar aveva detto semplicemente, come se fosse una spiegazione. Con il tempo Jasmine capì che Regin amava sfidare la sorte sul limite del pericolo: doveva dimostrare di saper giocare con il fuoco senza bruciarsi, far volteggiare bottiglie di gin senza farle cadere. 
  "Spero ti piacciano i caipirinha, Cameron Briel." Disse Gin facendo sfoggio del suo melodico accento portoghese (Brasiliano, puntualizzava sempre Gin). Mise sei bicchieri sul bancone del mini bar (mini era veramente un insulto a quel mini bar) e versò in ognuno il drink aggiungendo altro lime. 
  "Brasileira." Disse Cam sorridendo malizioso. Ne prese uno e lo alzò davanti a lui come per fare un brindisi a Gin. "Chiamami Cam."
  Tutte le ragazze si fiondarono sui bicchieri sul bancone e ci fu un cin-cin molto caotico. Salirono tutti sul tetto in tempo per vedere il sole che scompariva dietro le colline tingendo tutto di arancione. C'era qualcosa di affascinante nel tramonto; da soli, in compagnia, sobri, con un caipirinha in mano o con un demone che rifletteva la luce rosa arancione nei suoi occhi verdi, il tramonto era sempre stato il momento della giornata preferito di Jasmine. Era innamorata del concetto di tramonto, dell'improvvisa sensibilità che possiede per una manciata di minuti coloro che si fermano ad ammirare i colori del cielo, dell'aggettivo "romantico" che le persone associavano al tramonto. In quel momento 
  Jasmine era innamorata del riflesso arancione negli occhi verdi di Cam, gemme perse nel vuoto, assenti e allo stesso tempo brillanti.

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Capitolo 8
*** Limbo ***


Sebastian continuava a camminare senza sapere dove fosse o dove stesse andando.

 
Continuava a camminare nel deserto bianco chiedendosi se fosse lì veramente.
 
 
   Io sono morto.
 
 
Quando si cammina in un limbo si percorre veramente una distanza o il movimento è solo un'illusione e tu sei fermo nello stesso punto? Cammini veramente se ciò che ti circonda rimane immutato in eterno?

 
  Un limbo.
   
 
   Sì, tu sei morto. Sebastian percepì il pensiero come un rumore sott'acqua. Un pensiero non suo. Una donna dai capelli rossi come il sangue si materializzò davanti alla figura sporca di polvere bianca di Sebastian. Bianco su bianco. Era come essere in un sogno: vivere la scena dall'alto ma al tempo stesso essere protagonista in prima persona. Sapeva che davanti a lui c'era Lilith, una figura così umana e demoniaca al tempo stesso. 
  Poteva una persona sembrare amorevole e pronta a farti penare le pene dell'inferno? Poteva Lilith essere definita una persona?


 
  Ma non per molto.
 

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Capitolo 9
*** Mermaids singing each to each ***


  Jace venne travolto da un'ondata di nostalgia camminando per i sentieri di Central Park. Nei suoi primi tempi all'istituto di New York aveva fatto gli incontri più interessanti proprio a Central Park di notte. Demoni, vampiri, lupi mannari, giurò perfino di aver visto un ragazzo vestito da mondano in groppa ad un pegaso con una spada grande quanto quelle che non doveva toccare nell'armeria dell'Istituto,  ma Izzy lo aveva zittito subito ridacchiando con la cattiveria che solo i bambini possono avere. "Un pixie ha rimbambito Jace! Il grande valoroso guerriero fregato da un folletto!" canticchiava scappando in giro per l'istituto da un Jace molto più irascibile e permaloso. Jace le aveva incollato i capelli al cuscino la notte dopo per vendetta. Lei gli aveva tenuto il muso per settimane, Alec rideva ogni volta che vedeva Isabelle con il suo orrendo taglio a caschetto.

  E infine affiorarono i ricordi di Clary, tante piccole lame di carta, tanti piccoli tagli invisibili ma dolorosi. A quell'ora della notte era probabilmente nel suo letto a Brooklyn, con le gambe intrecciate al lenzuolo in una presa da lotta libera, e i capelli sparpagliati sul cuscino, e le labbra socchiuse che...

  "Ehi, malato d'amore," Sebastian gli schioccò le dita davanti agli occhi un paio di volte. "Niente pensieri sdolcinati mentre siamo in missione." 

  Missione. Sembravano passati secoli dall'ultima missione con Alec e Izzy.

  "Non sapevo che il pacchetto regalo post mortem comprendesse la lettura del pensiero." Disse Jace con voce fredda. Alle sue orecchie sembrava incrinata, come se la sua voce fosse su una sottile lastra di ghiaccio che si incrinava di più ad ogni parola.

  "No," Sebastian fece una smorfia prima di curvare la bocca in un mezzo sorriso a cui ormai Jace si era abituato; poteva tollerarlo senza essere assalito dalla voglia di tirargli un pugno sui denti. "Hai un sorriso idiota stampato in faccia."

  Il pugno sui denti avrebbe voluto tirarglielo indipendentemente dal sorrisetto bastardo, ma sarebbe stato masochismo. Quello che uccide me uccide anche te, quello che ferisce te ferisce anche me, un legame parabatai esasperato e perverso.

  Camminarono lungo i sentieri del parco incontrando Mondani drogati e Nascosi altrettanto fatti di polveri fatate. 

  Sebastian bloccò sul posto Jace. "Quello non è un kelpie?" mormorò piano. Dall'oscurità della boscaglia priva di lampioni emerse la figura di un cavallo. Jace estrasse Nakir e il bagliore della lama si riflesse negli occhi spettrali del cavallo demoniaco.

  I kelpie agli occhi dei mondani potevano apparire come cavalli scappati da una delle stalle del parco, dei bellissimi cavalli neri di razza pura. Loro non vedevano i riflessi grigi, verdi e azzurri sul suo pelo, le escrescenze di alghe attorno agli zoccoli e sotto la pancia, il muso allungato, le ossa spigolose e i denti aguzzi che fuoriuscivano dalla bocca. Ma soprattutto non vedevano lo sguardo assassino nei loro occhi, solo un bellissimo cavallo e come ipnotizzati, erano spinti a montarlo. Finché non morivano affogati e poi divorati dal cavallo demoniaco. Una volta in groppa ai kelpie non si poteva più scendere, si poteva solo cavalcare verso la morte in modo molto poco metaforico.

  "Non sembra molto contento di vederci. " Disse sguainando due lame corte dalla cintura. 

  "Non sono contenti finché non ti affogano."

  Il kelpie nitrì, un suono più simile all'eco delle grida che le sue vittime non potevano emettere sott'acqua. Scalpitava, agitando le alghe che crescevano attorno ai suoi zoccoli.

  "Mettete via le armi." Ordinò una voce calda e melodica dal buio. Entrambi i ragazzi misero via le armi all'istante con sguardi stupefatti. Le loro mani agivano fuori dal loro controllo.

  Una donna completamente nuda con dei lunghissimi capelli neri emerse dalla boscaglia. Inizialmente Jace notò solo il pallore della pelle al buio, le curve e il corpo da lasciare a bocca aperta, ma mano a mano che si avvicinò ai due cacciatori, si accorse di altri dettagli: i capelli lunghi fino alle cosce e talmente neri da sembrare blu, erano bagnati; gli occhi di argento vivo sembravano avere una luce propria; le gambe erano coperte da resti di scaglie perlacee, membrane semitrasparenti collegavano le dita delle mani; denti appuntiti e più bianchi della sua pelle componevano un sorriso suadente e pericoloso su un viso dalla bellezza sovraumana.

  Una sirena con le gambe.

  Un Kelpie ed una sirena con le gambe.

  Jace tentò invano di allungare una mano verso la cintura, cercando di ricordare tutto ciò che sapeva sulle sirene. 

  Primo: le sirene hanno la coda. Non molto utile in quel caso. 
  Secondo: creature non aggressive al di fuori dei loro territori. Affermazione alquanto dubbia.
  Terzo: la loro voce è ipnotica per gli uomini. Le sue mani si rifiutavano ancora di toccare le lame. 
  Quarto: non si fissano troppo a lungo i loro occhi. Potrebbero convincerti ad annegare volontariamente. Non lo metteva in dubbio.

  "Credevo che potessero trasformare la coda in gambe solo in una sola notte di luna piena all'anno," Bisbigliò Jace a Sebastian. "Per... sai... rimanere incinte." 

  "Mi stai dicendo che è qui per fare una cosa a tre?"

  "Proposta molto interessante. Ma oggi non c'è la luna piena."

  La luna era un pallido sorriso, sottile ed inquietante in un cielo notturno inquinato dalla luce delle strade di New York. La somiglianza con il sorriso della sirena era allarmante.

  Il Kelpie avanzò accanto alla sirena, scalpitando ed emettendo versi sommessi, finché la sirena non si fermò davanti a Jace e Sebastian. Il Kelpie morse l'aria davanti a Sebastian, facendo schioccare i denti a pochi centimetri dal suo naso. Jace sghignazzò alla scena e alla  reazione di Sebastian, ma guardando bene la bocca dell'animale si accorse che cosa stava realmente mordendo: dal morso del Kelpie scendeva una catena argentata e luminosa, compariva e scompariva dalla vista, appena visibile, e gli circondava ampiamente il collo, appoggiata sulla criniera. Briglie di magia fatata.
  
  "Una sirena con le gambe che ha imbrigliato un cavallo demoniaco?" Chiese Jace con un cenno del mento verso la catena fatata. Forse era l'unico materiale che sarebbe riuscito a tenerlo fermo, a parte il ferro.

  La sirena allargò il sorriso composto da tanti piccoli denti aguzzi e accarezzò il fianco del Kelpie, che sembrò subito tranquillizzarsi al suo tocco. "Una creatura magnifica, vero?" La sua voce era miele, un miele acido che corrodeva dolcemente. "Chiunque riesca ad imbrigliare un Kelpie, si garantisce la sua fedeltà eterna. Finché morte non ci separi. O finché  la catena non si spezzi." 
 
  "Nulla può spezzare una catena fatata se non la mano del creatore stesso." Considerò Sebastian.

  "Esattamente." Il suo sorriso assunse agli occhi di Jace una nuova sfumatura minacciosa.
 
  "Che cosa ti porta sulla terra ferma" chiese Jace cercando di assumere un tono casuale e rilassato, con un cenno al cielo. "In questo periodo del mese in particolare?"

  Il sorriso del sirena si spense, rimanendo però agli angoli degli occhi. Se si dimenticavano gli occhi luccicanti, i denti affilati come rasoi ed escrescenze varie sul corpo, quando una sirena assumeva sembianze umane (o perlomeno al posto di una coda aveva delle gambe) poteva quasi passare per una mondana; una top model mondana, ma pur sempre mondana. Jace preferiva quando le cose inquietanti assumevano forme mostruose. Era più semplice sbarazzarsene. "Vengo dalla corte della mia signora per portarvi al suo regno. È stata informata dei piani di Camriel Della Cerchia ed è interessata ad offrirvi ciò che vi serve." Il suo tono era quanto di più serio e professionale ci si potesse immaginare da una donna completamente nuda di fronte a due Cacciatori.

  Camriel Della Cerchia. Cameron Briel. Il demone si era appena trovato un nuovo nome.

   Ma qualcosa non quadrava in ciò che aveva detto la sirena. Lo vedeva nel modo in cui Sebastian la fissava, come se stesse calcolando, lo sentiva in ciò che la sirena aveva detto, come se ci fosse un buco nelle parole. Neanche la regina delle sirene aveva il potere di 'indossare' le gambe in qualunque momento, e ciò poteva significare solo...
 
  "Chi è la tua signora?" Sebastian anticipò la sua domanda. "Chiaramente non sei al servizio della Signora del Mare e la Regina delle Fate non avrebbe motivo di venirci incontro se sa che stiamo a dando a cercare di ottenere un suo favore."

  La sirena sorrise, sfoderando la sua dentatura aguzza. "Seelie non è l'unica corte dell'altro mondo." 

  A Jace si gelò il sangue. Unseelie.
  
  "La regina della corte di Unseelie vi attende." Disse accarezzando il Kelpie. "E io sono qui per condurvi da lei, ma i miei servigi non vengono di certo gratis." 

  Sebastian la fissò perplesso. "E in cosa si paga una sirena? Conchiglie?"
 
  La sirena lo fissò, sorrise e si lanciò contro di lui. Il primo istinto di Jace fu quello di tirare fuori Nakir, ma le sue mani ancora non potevano toccare le armi, come per forza magnetica opposta; ma poi spalancò la bocca. Lei lo stava baciando. E non solo baciando, sembrava quasi che la sua vita dipendesse dalle loro labbra incollate, come se lei stesse traendo forza vitale attraverso le labbra di Sebastian. Jace non sentiva nulla, dolore o fiacchezza o pericolo di morte imminente, ma quando la sirena si staccò da Sebastian, il volto pallido di lui sembrò ancora più pallido, contorto in una smorfia di stupore misto a dolore. Lei, d'altro canto, sembrava raggiante. "No, si paga in canzoni, le più nascoste e preziose nella tua memoria."

  Saltò agilmente in groppa al Kelpie, un procedimento che metteva in risalto la nudità della sirena interamente. "La tua canzone mi soddisfa, Jonathan Morgenstern. Vi garantirò un viaggio veloce e un attraversamento sicuro del regno Unseelie." Nonostante la carenza di vestiti, sedeva in groppa all'amale con una fierezza regale. Il Kelpie cominciò ad agitarsi in fibrillazione.

  Sebastian si issò in groppa al cavallo dietro alla sirena con una notevole fatica, del tutto sgraziato in confronto all'agile salto di lei. Jace sapeva che montare un cavallo a pelo e per di più in movimento continuo era un notevole lavoro di braccia e addominali. Jace saltò semplicemente, un salto da Jace, e si chiese perché Sebastian non aveva fatto lo stesso. Il legame fra i due aveva condiviso anche il loro modo di muoversi. 

  "Non eccitarti troppo." Gli disse aggrappandosi a lui. Tre persone in groppa ad un cavallo non avevano esattamente molto spazio a disposizione, quindi Jace si trovò seduto sulla punta del sedere dell'animale, schiacciato contro Sebastian. Il sedere del Kelpie scalpitava mentre procedeva sotto il sedere di Jace.
  
  "Credimi, sei l'ultimo dei miei pensieri." Rispose Sebastian, abbracciato alla sirena con un mezzo sorriso da pugno sui denti. 

  "Dato che ci manca poco che lui ti scopi mentre io sono seduto qui dietro di voi," Jace si stava rivolgendo alla sirena sopra alla spalla di Sebastian, ma l'ultima frase era chiaramente indirizzata a Lui. "hai un nome, o rimarrai solo 'la sirena nuda con le gambe'?"

  La sirena emise un suono celestiale, una risata limpida e cristallina che annebbiò la mente di Jace. "Ho molti nomi e ho avuto molti nomi. Ceasg, Creiddylad, Lage, mi è piaciuto molto in passato Araxie... Ma potete chiamarmi Meg."

  "Meg?" Chiese sorpreso Sebastian. Lei si girò abbastanza da squadrarlo da sopra la sua spalla, il sopracciglio delicatamente sollevato, come in attesa. "È così... Normale.”




  Il Kelpie si fermò davanti allo stagno di Central Park, l'ingresso della corte di Seelie quando la luna si rifletteva sull'acqua. "Credevo stessimo andando alla corte di Unseelie." 

  "L'ingresso di Unseelie è molto lontano. Per questo viaggio con un Kelpie." Meg lo disse con un tono che sembrava così ovvio, come se avesse detto ad un bambino che le sirene hanno la coda. Si girò per guardarli entrambi in faccia, e Jace pensò che doveva avere una notevole elasticità per riuscire a muoversi in quel poco spazio a loro disposizione. "Kelpie, acqua, veloci? Suona familiare?" Era tutto tranne che familiare per Jace, era troppo intento a pensare al suo accento e a cercare di collocarlo in una zona del mondo. Sembrava antico, un po' irlandese, un po' gaelico, ma c'era qualcosa che indicava che non era la sua lingua, come l'inglese parlato nelle regioni scandinave; buono, ma non perfetto. Forse in fondo al mare parlavano con un accento russo o indiano o tedesco. Forse parlavano con l'accento della lingua delle foche o delle balene. Meg sbuffò sdegnata. "I Kelpie possono passare da una pozza d'acqua ad un'altra dall'altra  parte del mondo in un battito di ciglia sfruttandol e correnti. Ma che cosa vi insegnano in quegli istituti?" 

  "Ma non ha senso. Questo è uno stagno, non confluisce con nulla."

  "La magia non ha senso."

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Capitolo 10
*** Pulling Pigtails ***


 

  "Ti prego, se sto sognando, lasciami dormire per altri mille anni." Disse Regin appoggiandosi alla balaustra gomito a gomito con Jasmine. Indossava degli occhiali da sole che le coprivano metà faccia, ma la curva della bocca leggermente aperta e la lingua premuta contro gli incisivi erano più che sufficienti per dipingere la sua espressione di totale apprezzamento del panorama. Jasmine si domandava ogni volta come espressioni tanto sexy riuscissero a venirle in maniera così apparentemente naturale.
 
  Di tutte le tappe nel Mediterraneo su quella barca (anche se chiamarla barca era un'offesa vera e propria per quel capolavoro colossale di meccanica che solcava le onde), nessuna sarebbe mai stata ricordata come quella in Sardegna. Lo spettacolo era magnifico. Mare azzurro, colline verdi, demone che galleggiava sull'acqua. Magnifico.
 
  "Pensavo che il testosterone non ti interessasse." Disse Lilith appoggiandosi alla balaustra all'altro fianco di Regin, allungando la catena di braccia e gomiti. "E, sai, quella cosa rivoltante che i maschi hanno in mezzo alle gambe." Concluse con un ghigno e un finto tono schifato appoggiando il mento alle braccia. Con un ghigno uguale al suo, Regin le piantò un dito dritto nelle costole e Lilith rispose con un colpo d'anca. 
 
  "Non significa che io non sappia apprezzare l'incarto del regalo, pequena." Jasmine adorava il suo accento portoghese ("Brazileiro!"), ma continuava a sostenere che "pequena" non fosse il soprannome più adatto per Lilith, con quelle gambe più lunghe di un'autostrada.
 
  Cam continuò a galleggiare facendo il morto sull'acqua come se stesse meditando. "Siete sempre così rumorose voi tre a quest'ora del mattino?" Mosse leggermente le braccia, invertendo la direzione che lo faceva ruotare sull'acqua. Aveva un'espressione così rilassata e distesa che sembrava completamente in pace con tutto. "Saltate in acqua o tacete per sempre."
 
   Non importava affatto che fossero sul secondo deck a circa dieci metri di altezza dall'acqua, i vestiti di Gin erano già a terra e lei in piedi sulla balaustra con agilità incredibile. Alzò le braccia sopra la testa, ma poi ci ripensò e prese un grande slancio con le gambe. La traiettoria del salto finiva dritta sopra Cam, come se ci fosse una grande X disegnata sul suo petto. Lui cercò di scansarsi all'ultimo momento, ma finirono entrambi sott'acqua con un grande schizzo. Riemersero sputando acqua e ridendo come dei dannati e annaspando per tenersi a galla. "Saltate voi due!" Urlò Gin ridendo. 
  
  Lanciando un'occhiata a Lilith, Jasmine giocherellò con uno dei lacci del costume. Non aveva nemmeno bisogno di togliersi i vestiti dato che la notte prima si era addormentata vestita— o meglio, svestita. Dopo il tramonto della sera prima, Gin aveva esibito tutto ciò che il mini-bar conteneva, e in qualche modo si erano trovati tutti sul deck superiore a ballare; Kora si era seduta per terra ridendo e poi vomitando oltre il parapetto, e Dawn era svanita, salvo poi ritrovarla addormentata sul divano al piano di sotto. Cam aveva preso in spalla Kora e l'aveva lasciata sul letto in camera sua e di Lilith; Regin aveva aperto la porta di camera sua, l'immensa stanza del padrone di casa (o di barca, o di nave, o di castello galleggiante) con un letto largo abbastanza per dieci, e aveva spinto tutti dentro buttandosi sul materasso e  borbottando qualcosa sul non essere ubriaca abbastanza per qualcosa, prima di cadere in un sonno più profondo di un coma. Cam si era lasciato cadere sul materasso in modo simile a pancia in giù e Jasmine e Lilith avevano fatto lo stesso accanto a lui su ciascuno dei due lati. Era sobria abbastanza da accorgersi del corpo di Cam che si spostava impercettibilmente in direzione di Lilith.
 
  Lilith mise un piede sulla balaustra, incerta su come rimanere in equilibrio. "Se mi rompo un piede, è solo colpa tua." Cam la fissò dall'acqua senza sorridere, con la sfida nello sguardo. Con il piede sul parapetto diede abbastanza spinta da riuscire a mettersi in piedi e saltare abbastanza lontano in una mossa sola. Volò con la grazia di un falco in caduta libera, senza emettere un fiato. La nuvola di capelli rossi si muoveva sotto la superficie, in contrasto con il blu intenso del mare, e riemerse a pochi centimetri dal viso di Cam. Per alcuni istanti sembrò che perfino le onde avessero smesso di muoversi, fermate dalla forza magnetica dei loro sguardi. E poi Jasmine lanciò un grido, ritrovandosi in aria contro il petto di Cam in caduta libera verso l'acqua. Lo stomaco le saltò in gola per quegli interminabili secondi, vuoi per il salto o per il contatto improvviso o per i dannati poteri dei demoni, e prese fiato all'ultimo aggrappandosi al braccio di Cam stretto alla vita. 
 
  L'impatto con l'acqua fredda era duro abbastanza da farle pizzicare i piedi e fischiare le orecchie, ma la mente le si schiarì all'istante. Cam lasciò subito la presa sulla sua vita e Jasmine lo perse in mezzo al ciclone di bolle che li avvolse all'impatto. Aveva sempre amato fare i tuffi da piccola per le bolle che si formano, lasciando sempre che le accarezzassero la pelle e le facessero il solletico finché non fossero tutte risalite a galla. Quando riemerse trovò Cam nella stessa posizione galleggiante a contemplare il cielo con Lilith e Gin che gli nuotavano intorno. 
 
  "Potrei rimanere qui per altri mille anni a guardare questo cielo senza nuvole a formare alghe sul mio corpo." Sospirò teatralmente Cam.
  
  "Ma sarebbe un grande spreco." Completò Regin scimmiottandolo e Cam scoppiò a ridere, il suono di una risata calcolata di chi sa di essere irresistibile. Lilith gli spinse la testa sott'acqua con una mano sbuffando. Invece che risalire per prendere fiato, Cam scivolò sotto la superficie dell'acqua e afferrò per i fianchi Lilith, che lanciò un gridolino e venne trascinata sotto. 
 
  Regin sollevò un sopracciglio e un angolo della bocca, lanciando a Jasmine uno sguardo malizioso quando delle bolle emersero. "Meglio di un film, no?" Altre bolle emersero. Il sorriso di Regin cominciò a svanire al passare dei secondi senza traccia dei due. Jasmine non riusciva nemmeno ad individuarli sott'acqua, non c'era un riflesso rosso, una macchia bianca che ne indicasse la posizione.
 
  "Prova a guardare sotto lo scafo. Alle sirene piace nascondersi." Disse Cam, comparso improvvisamente sul deck sopra alla scaletta. Era completamente asciutto, i capelli leggermente umidi tirati indietro, scoprendogli completamente il viso pallidissimo su cui spiccavano gli occhi verdi e un mezzo sorriso di un gatto che ha appena mangiato il canarino. Lilith, grondante d'acqua, tossí aggrappandosi al parapetto e Jasmine pensò che più che una sirena, con la dua criniera rossa e gonfia anche da bagnata, Lilith sembrava una leonessa sul punto di uccidere.
 
  Cam le sfiorò la tempia con un bacio, così veloce e casuale che con un battito di ciglia Jasmine non lo avrebbe visto. L'espressione di Lilith si trasformò da rabbia cieca in confusione, veloce come quel bacio, con la bocca spalancata e le sopracciglia che schizzarono verso l'alto prima di aggrottarsi Lilith se ne andò a grandi falcate, gelida, pestando i piedi come se camminasse su un tappeto di corpi.
 
  Cam si girò con un sorriso più soddisfatto di prima e salì sul deck superiore con aria trionfante.
 
  "Non ho idea di cosa sia appena successo, ma questa sarà la vacanza del secolo." Disse Regin con un sorrisetto malizioso.
 
 
  

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